La terra dai sette colori
Il sole e un prato, mamma e papĂ :
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ecco l’immagine della felicitĂ
Nonna Carla
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Una volpe dalla folta coda rossiccia vagava per fame intorno all’immondizia; al buio, attenta, guardinga e timorosa, osservava con cautela ogni cosa. Dietro le siepi c’erano i piccoli nati che attendevano la mamma affamati: “È dura la vita senza i nostri boschi,
l’uomo si allarga anche per fini loschi; noi animali non riusciamo più a trovare né cibo, né altre cose da mangiare. A volte temo dell’uomo la presenza, ma adoro l’idea della convivenza; se tutti quanti abitiamo questa terra, perché ci dobbiamo fare la guerra? L’uomo ha un cuore tenero e capace, ha un intelletto pronto ed è sagace… Avrei preferito restar nella boscaglia, tra i miei simili e lontan dalla marmaglia. L’uomo ha grosse responsabilità, ci ha tolto anche la nostra intimità, ci costringe sempre a perdere terreno, ad uscire allo scoperto, niente meno!
Ma vedo, in una mano c’è qualcosa: è di una donna che dona, generosa; ma che profumo di cibo invitante, io mi avvicino con passo costante. Due occhi buoni parlano di giustizia, io in fondo cerco soprattutto amicizia. Questo è un sentimento che non ha pari, speriamo che gli uomini sian tutti uguali. Aver fiducia cieca forse è un po’ troppo, ma provarci non crea nessun intoppo!”
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caccia “Povera me, tutta la mia vita è finita da quando è comparsa una formica!” esclama Dolabella disperata ché nessuna pietanza ha cucinata. “Ormai comincerà la caccia grossa;
forza e coraggio, partiamo alla riscossa!” All’attacco del nemico si prepara, bigodini in testa e l’antizanzara! Per un’ora resta sul pavimento, senza dar segni d’alcun cedimento; inviperita Dolabella ed infuriata, quando si gira, una formica è spuntata! Eccola! Fa capolino dietro un pomodoro… “Ed ora tutta la cucina esploro! Col matterello le assesto un bel fendente!” …E colpisce la pila d’acqua bollente che scivola per terra piano piano trasformando la cucina in un pantano! Prende straccio, secchio e scopettone e cerca di sanar la situazione; intanto di lontano una vedetta controlla e le altre formiche aspetta per sferrare l’attacco decisivo, mentre Dolabella prende il detersivo.
di
Spuntano sul tavolo e sopra la cucina… “Forza, miei prodi!” dice una vocina. Dolabella ha finito di lavare, alza la testa e la va a picchiare sul tavolo. Leste le formichine vanno cercando nuove bricioline; ora è pulito tutto il pavimento… ma la cucina si riempie in un momento! Dolabella si alza dolorante, il tavolo ormai è traballante; col canovaccio mena a desta e a manca, poi crolla sulla sedia fiacca e stanca! A quella vista, come una gran magia le formichine di corsa vanno via… per riapparire quasi per incanto; sono di più o almeno altrettanto! Riempiono tutti gli angoletti incominciando a fare dei dispetti; una formica scende, l’altra sale, l’unica è Dolabella che sta male! Le formiche alla fine son trionfanti; però i danni in cucina sono tanti! Da che mondo è mondo, vi assicuro, per le formiche c’è sempre un futuro!
formiche
Il cane
Era un fustaccio bello e dinoccolato, con le zampe più lunghe del creato, un muso affusolato e malandrino, sul nasone una macchia a fiorellino; grazie poi al suo splendido mantello avrebbe potuto fare anche il modello! Sembra dolce, magari bonaccione, invece ha un caratterino che s‟impone: trotta con la falcata di un destriero, ha un occhio bianco e l‟altro invece nero. In barba a tutto si sente assai piccino, forse una pulce, pensa il signorino, che danza in un negozio di cristalli, ma a tutti quanti poi calpesta i calli! S‟imbuca per strettoie, piccoli spazi in cui resta infilato, tra schiamazzi, bau bau inferociti e disperati; per liberarlo si finisce calpestati! In casa deve muoversi a ritroso perché è convinto d‟esser più sinuoso; ma sgusciando tra mobili e poltrone manda all‟aria le sedie e le persone! Quando pretende d‟esser coccolato sulle ginocchia vuol essere accettato, ma il poveretto a cui finisce in grembo rischia di rimanere storto e sghembo. Con questa grave crisi di identità forse un bravo psichiatra ci vorrà, perché lui è convinto, lo sappiamo, d‟essere pulce e noi non lo capiamo!
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che si sentiva
una pulce!
Lavora nell‟ufficio pacchi e spedizioni Giuditta, cicogna di grandi ambizioni, che prontamente dovrebbe consegnare i piccoli di chi stava ad aspettare; il suo è un lavoro molto delicato, di cui nessuno mai s‟è lamentato. Cano Pelli, ch‟è un capo esigente, con lei si mostra assai benevolente, ma un giorno riceve una chiamata da mamma gatta, molto costernata perché avvolto nel suo fagottino non c‟era un micio, ma un topolino! La stessa cosa accade a mucca Angelica a cui venne una bella crisi isterica. A mamma Orango avevano portato un riccio piccolino, appena nato: ninnandolo tra tutti quegli strilli, è diventata proprio un puntaspilli!
La cicogna con gli
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Ma c‟è di peggio: alla tigre Carolina un ippopotamo è arrivato stamattina: un pacco con skotch rosso fu recapitato, anche espresso, ma era un po‟ strappato. Ed ora lei consegna un elefante: a chi lo porterà così pesante? Come una freccia lancia quel fardello che arriva in casa di mamma Asinello. Ma perché diventò così distratta Giuditta: è innamorata oppure matta? Per quanto abbia un bel navigatore ancor di più si ostina nell‟errore. L‟enigma misterioso è presto sciolto: manca un particolare nel suo volto, perché per le consegne sue speciali occorre certamente…un paio d‟occhiali! Tutte le mamme fanno una colletta, la consegna così sarà perfetta!
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De fronte a casa mia c‟è tanto verde, un bel prato finché l‟occhio se perde: arberi grossi o co‟ l‟arbusto fino, cespuji , cespujetti e un ber giardino; c‟è qualche sopravvissuta panchina, d‟estate, a primavera è cosa divina: è fresco e all‟ombra se sta bene quanno er sole „n mezzo ar cielo vene. L‟aria un ber profumo sprigiona, allarga li pormoni a „gni persona. Pe‟ l‟ucelli questo è „n vero paradiso: fischieno finché non t‟hanno rimbambito; „gni tanto quarche cornacchia prepotente, spavalda balzella tra la gente. M‟ha fatto ride ieri ch‟una faceva da padrona, inseguiva „n gatto che passava nella zona e chiacchierava e baccajava coi “cra cra”, e ar poro gatto: “Ahò, nun passà più de qua!” „O vedi, cocca, qui è proprio „n casino: „na vorta commannava er gatto su l‟ucellino; è questione tranquilla de misura: chi è più grosso fa la sua figura. Forse me dovrei „nquartà „n pochetto pe‟ riuscì a „avé dall‟artri „n po‟ de rispetto.
Drago
Dice mamma drago al figlio Arturo: “Devi imparare ad esser più sicuro; con la lingua di fuoco che hai in bocca attenzione e prudenza ora ti tocca; bisogna nei boschi star molto attenti a non provocare mai degli incendi, perché tutti gli alberi nella natura respirando ci danno l‟aria pura. Ti chiedo, se poi uno scherzo vuoi fare, di non far linguacce, non ci provare. Quando è freddo una mano dar potrai e chi ne avrà bisogno aiuterai. Davanti ai libri, tieni la bocca chiusa!” “Oh, quante cose, ho già la testa fusa!” “Se ti comporterai bene, senti me, troverai un lavoro fatto per te, con cui ti metterai molto in vista: sarai nei treni un perfetto fuochista!”
Arturo
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Dentro il paesello di Vattelapesca si svolge una festa pittoresca: quando ad agosto cadono le stelle si balla e si mangiano frittelle. Dalla contrada di Gattomammone arrivano intonando una canzone tutti quelli invitati a festeggiare che voglion nella danza gareggiare. Si balla proprio in mezzo alla natura: la balera è una grandissima radura. Marlène la volpe dalla coda rossa, che quando balla fa pure la mossa, s‟avvinghia al cinghiale Ronf il bello nella lambada oppur nel salterello. Nel ballo caraibico l‟esperto risulta essere l‟orso Dagoberto: danzerà con Molly la pantera, occhi truccati e bandana nera. Invece chi è provetto nel fandango è Bellamore, sai?, l‟orangotango: con Sdulcinea fa coppia permanente. Nel valzer c‟è Bubbolo, il serpente, che spopola con la sua Gioconda, la seducente sexy anaconda.
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Festa ... E il cha cha cha, chi lo farà mai? Cloe, la giraffa, oppure saran guai: suo partner ideale è Rigasciolta, la zebra che con grazia si rivolta. Elsa, l‟elefantina un poco stramba danza con gran perizia una samba; il cavaliere che con lei ancheggia è Sor Anguilla, detto “Mastro Scheggia”. Chiude il programma di questa serata la grande macarena appassionata. Ma, come si suol dire, sul più bello, proprio quand‟era in corso il salterello, col cuore che battea per l‟emozione arriva giù dall‟alto uno sgrullone e così la radura, piano piano, diventa un fangosissimo pantano. Della volpe s‟affloscia la parrucca che diviene più dura d‟una zucca e la vamp, che è fradicia e inzuppata, trascina la sua coda ch‟è ammosciata.
...da ballo
Indifferente, Dagoberto l‟orso si gratta sopra un pino con il dorso; guardando Molly, poi, resta di stucco: dagli occhi le è colato tutto il trucco… E pensare che aveva l‟intenzione di fare a lei la sua dichiarazione: quello però non è proprio il momento e quindi se ne scappa come il vento! Mentre Ronf il bello, il cinghiale, perde le scarpe in quel gran temporale, le due scimmie, dal tango travolte, nuotano nel fango e son sconvolte. Bubbolo e Gioconda, abbracciati, finiscono per terra annodati e il nodo poi risulta così stretto che durerà una vita, quel balletto! Quanto poi alla zebra Rigasciolta, è arrivata purtroppo ad una svolta: le strisce bianche e nere ha perduto, il pelo d‟un solo colore è divenuto. La giraffa Cloe dinoccolata cerca le sue due effe disperata; mentre annaspava son schizzate via: son sulla testa di Elsa, mamma mia! Per giunta in quella grande confusione Elsa ha perduto il suo caro nasone: questo a quanto sembra è proprio evaso e Anguilla prende il posto di quel naso. Mentre era in corso il gran parapiglia, spunta il riccio Cluny con la bottiglia e chiede ingenuamente “È qui la festa?” …Boati di pernacchie sulla testa!
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Sai, c‟è un paese particolare dove gli unici a governare possono essere gli animali, compreso il gatto con gli stivali che dalla favola se n‟è scappato, così anche lui s‟è liberato! Qui niente palio, rodeo o selle, combattimenti, guinzagli e bretelle: qui solo l‟uomo può andare al maneggio quando il cavallo lo porta a passeggio. Mentre ogni cane riposa in poltrona nella sua cuccia sta l‟ex padrona e suo marito si gusta un bell‟osso quando le pulci s‟è tolto di dosso. Due grossi micioni, ingegnere e architetto, fanno salire la gente sul tetto per lucidare le antenne, la luna, anche le stelle, pulite una ad una.
La giustizia 11 degli animali
Giù per la strada c‟è gran confusione: attenti, ecco l‟acchiappapersone; l‟hanno chiamato molosso e bracco perché rinchiuda dentro al suo sacco un uomo grosso, iroso e malvagio, che tutti temono perché randagio; abbaia, ringhia e morde tutti e per finire ruba i prosciutti. Chi poi possiede voci sonore, bassi, soprani e qualche tenore, prendendo il posto dei cardellini, di cinciallegre e pappagallini, finisce in gabbia a svolazzare oppur sul trespolo a cinguettare.
Sta razzolando qualche comare che non sapeva che altro fare: e taglia e cuci sulle vicine… Chi ci ricorda? Ma le galline! Co-co di qua, co-co di là, pettegolezzi a volontà; ce n‟è per tutti: papere, oche, serpenti, gufi e pure foche… Colleghe son delle vere comari, pregi e difetti sono ereditari!
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In questo mondo così ribaltato c‟è però un angolo in cui prender fiato, in cui l‟uomo riesce a salvare la faccia in barba alla pesca e perfino alla caccia: in un piccolo studio una donna lavora, ricuce, impecetta, vaccina ogni ora, aggiusta zampine, codine e musetti per farli tornare al più presto perfetti. Così gli animali a lei sono grati perché con amore si senton curati; ognuno le dona di sé un pezzettino: un osso, una piuma, un verme piccino, un piccolo grande prezioso tesoro per dirle un bel grazie di tanto lavoro!
Questo qui, che non è sciocco, ha capito ch‟è un farlocco ed invece della cena fa partir la messa in scena. Con la voce quasi spenta di chi molto trema e stenta dice a lui con un singhiozzo quasi avesse un nodo al gozzo: “Ho bisogno del tuo aiuto; giacché adesso sei venuto mi potresti un po‟ aiutare a trovarmi da mangiare? Son malato gravemente, nella tana non c‟è niente”. Era il corvo speranzoso, or però è più dubbioso; la sospetta malattia la sua cena fa andar via.
MULTA
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Il lombrico scanzonato sta sul ramo abbarbicato, dondolandosi sereno si diverte senza freno senza mai immaginare quel che sta per capitare. In agguato dietro un ramo c‟era un corvo menagramo: quatto quatto lui s‟apposta col pretesto della posta. Con la voce assai suadente: “Ma che gioco divertente! A te devo consegnare una multa da pagare perché ti sei dondolato sopra il ramo d‟un privato.” Sotto sotto l‟intenzione di quel corvo furbacchione è di farsi un bel pranzetto col lombrico poveretto.
Il lombrico intanto dice: “Io un tempo ero felice, ma mi sono rovinato per aver ingurgitato un insetto velenoso: or son tutto appiccicoso, quindi non t‟avvicinare se tu non ti vuoi incollare!” Ora il corvo malandrino, rinunciando al suo spuntino, è talmente spaventato che una scusa ha inventato: “Per la multa non fa niente! Ho un appuntamento urgente, quando io ritornerò la tua spesa porterò”. Il lombrico tira il fiato su quel ramo abbarbicato e riprende l‟altalena della vita sua serena.
Tronfia, vanitosa e anche un po‟ sciocchina va per l‟aia gongolando la gallina, poi d‟improvviso si ferma di botto tentenna il capo e il silenzio è rotto; fa “co co co”, cerca chicchi di grano che donna Rosa ha sparso con la mano; Cina si chiama la sua cara gallina che dorme sotto il tavolo in cucina. Gatto Meeoo, che padrone vuol restare, intende la gallina spodestare: sotto la coperta di Cina, nel cesto, agendo silenzioso e molto lesto, infila di ricci una famigliola che ha fatto entrare dalla gattaiola. Quando Cina, stanca, se ne va dormire, sente scomodo e pungente quel sedile; anche quando cambia la posizione non riesce a migliorar la situazione. Seccata, dopo aver passato una notte in cui ne ha viste di crude e di cotte, scappa di casa stanca e disgustata giurando che non sarebbe più tornata! Meeoo è di nuovo solo, finalmente e, sentendosi davvero intraprendente, dopo aver del buon cibo distribuito ai ricci dice che il compito è finito. Meeoo ringrazia la brava famigliola, e per paura chiude la gattaiola.
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& China
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Al mercato paesano di Rocca Gagliarda ogni animale s‟attiene alla propria targa: ognuno mangia solo quello che gli spetta e l‟altro, anche se è un nemico, si rispetta; ciascuno proviene da contrade lontane comperando e vendendo le cose più strane. Al mercato paesano di Rocca Gagliarda si trova di tutto fuorché la bombarda! All‟alba già si montano le bancarelle con esposte cose serie e bagattelle: per i cani ci sono cucce riscaldate; per i gatti grandissime lune argentate complete di tetti e di camini fumanti, di sciarpe di lana e di morbidi guanti.
Per le galline stanche di star a covare e di far le casalinghe, c‟è da comprare un robot ultimo modello per la cova, specializzato nel riscaldare le uova. Ottimo cuoco, molto esperto di cucina, è lui il sogno più prezioso di ogni gallina! Al mercato paesano di Rocca Gagliarda ogni cosa viene condita con la mostarda. Per i pappagalli c‟è un bel registratore, che incida una voce che parlerà per ore al loro posto, perché è troppa la fatica di ripetere: “Coccorito e coccorita!”
Una prolunga cerca invece l‟elefante per rendere lo spruzzo più abbondante: per la sua doccia privata ed esclusiva, la proboscide alla coda non arriva! Alla giraffa serve in fretta un ascensore perché ha deciso di fare il traslocatore. Al mercato paesano di Rocca Gagliarda si vendono ville ma senza mansarda! La zebra, che delle righe vuol fare a meno, è lieta ché di pois è arrivato un treno! Per i canguri ci sono borse griffate, cucite con paillettes e rose ricamate; l‟orso, per lenire i pruriti della schiena, compra una poltrona che lo gratti con lena! Ali di ricambio, di diverso colore, vuole la farfalla per rompere il grigiore; le api, invece, noleggiano un vespone e ora corrono più veloci d‟un ciclone.
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Al mercato paesano di Rocca Gagliarda agli ultimi si dà per premio una coccarda! Agli uccellini serve un amplificatore e alle formiche un carrello elevatore; ai serpenti occorrono occhiali da sera, ai leoni spelacchiati una nuova criniera; al gallo, che all‟alba si sgola da lassù, un preciso ed elegante orologio a cucù. A tutte le cavalle è venuto il bernoccolo d‟acquistare lo smalto per lo zoccolo, il gel per la criniera dei loro mariti che senza le loro cure sono finiti! Al mercato paesano di Rocca Gagliarda si balla di tutto, compresa la czarda!
Chi dice che i gatti saran tutti uguali non sa proprio niente di questi animali! Tra loro Mimì, Micione e Pascià, che ho conosciuto ormai un mese fa, sono una famigliola di tre gatti che insieme la notte fanno i matti. Micione è andato a presentare il più famoso “Gattogiornale”: vestito senza giacche né cravatte, coi baffi a posto e le unghie fatte, il pelo di colore grigio e bianco, sempre vivace, allegro, mai stanco. “Da Miciolandia, tre, due, uno; andiamo in onda, manca nessuno? Mici, Micioni, Micetti e Micini, siamo sicuramente tra i primi a presentare un “Gattogiornale” tutto da noi redatto e singolare.
In uno sterrato un camioncino si è ribaltato, il poverino; 17 s‟è rovesciato a terra il contenuto perché all‟autista venne uno starnuto. Così tutte le uova di giornata sono finite in una gran frittata. Cani e gatti, un fast food improvvisato vi fornirà un pranzetto inaspettato! L‟uomo prosegue nell‟occupazione: è suo il mondo, questa è l‟intenzione!. Prendiamocene cura noi animali, con affetto, coccole e similari; deve rendersi conto che serenità è vivere insieme in piena umiltà; fa parte dell‟idea «Mondosicuro», senza l‟amore non c‟è davver futuro. Da Miciolandia è tutto per ora, ma presto torneremo ancora!” “Bravissimo, hai fatto un buon lavoro! ” Tutti, Mici e Micine ripetono in coro. “Sei gattogenico, sei stato perfetto, un fine dicitore assai provetto. Questa è solo la prima trasmissione, sarai il divo della Gattovisione!”
L’oca pasticciona L‟oca Palmira vuole far la pasticciera; pensa, legge, s‟informa mattina e sera; un dolce in grande stile deve preparare per un evento davvero particolare. Son giorni che non dorme per il gran pensiero per il matrimonio di Ada e di Gualtiero dei casati De‟ Pollis e De‟ Gallinetti, entrambi d‟antico lignaggio baronetti. E poiché Palmira dovrà ben figurare un libro d‟alta cucina va a spulciare; alla fine, scelta la torta Mimosa, prende l‟occorrente e pesa ogni cosa. Uova, zucchero, farina e cioccolata, fecola, burro, rum e panna montata… Comincia ad impastare tutta la farina, ma ecco, si alza una nuvola in cucina: tossisce, starnutisce, si tocca la faccia, intanto i suoi due gatti cominciano la caccia e mentre lei nello sforzo è concentrata, i mici fanno fuori la panna montata!
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Sei sicura che sia lo zucchero e non sale? Perché dall‟aspetto sembra tutto uguale. Mah! L‟impasto, lo sai, dev‟esser lavorato altrimenti sarà tutto ammalloppato! Palmira non batte ciglio, perché è convinta che alla fine riuscirà lei ad averla vinta… Ma le sue dita sono tutte inzaccherate e l‟una all‟altra seriamente appiccicate e mentre lei si lava e poi si sciacquetta il cane arraffa di cacao la tavoletta. “Bene, adesso è pronta, ho messo tutto!” Ed allora unge la teglia con lo strutto. Apre il forno, che fino allora, disgustato, quegli strani preparativi ha osservato: “E questa sarebbe un‟ oca pasticciera? Una gran pasticciona, altro non era!” Si gonfia tutto, si fa di tutti i colori e con un gran soffio… risputa tutto fuori!
Purtroppo, sapete?, da che mondo è mondo in questo pianeta più ovale che tondo non c‟è stato alcun amore per il lupo presentato da animale tristo e cupo. Non è forse lui che minaccia l‟ovile? Le pecore gli fanno venir la bile quando sporcano davanti alla sua tana lasciando…una minutaglia tanto strana! Loro ed i pastori fanno un gran sparlare della sua gola che lo fa ingurgitare tutto ciò che lungo il suo cammino trova. comprese galline e relative uova! Vi siete però mai chiesti la ragione di questa ricorrente tentazione? È la gran fame che, quando lo attanaglia, lo spinge a caccia fuori della boscaglia! L‟inverno è brutto e quando viene la neve la carestia diventerà molto greve!
Per il lupo…
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hip
Urrà! h! Urrà! h! hip
Ma non fu lui a mangiarsi la nonna, poi, non soddisfatto della sola donna, divorò pure la bella nipotina, dolce, fragile e tenera piccina! Scherzate? In realtà Cappuccetto Rosso, petulante e bugiarda a più non posso, era arrivata tardi dalla nonnina, ch‟era morta di fame, la poverina! Fu così che quello sfortunato lupo fu ucciso e poi gettato in un dirupo dal cacciatore, che ne guastò la fama inventando di getto un‟altra trama. Ma non è lui il terrore di tutti i boschi? Chi di voi incontrò questi tipacci loschi facendo gite oppure scampagnate? I lupi sono creature riservate che possono reagire con violenza solo per difesa oppur per indigenza. E poi non dobbiamo mai dimenticare che il lupo al cane possiamo avvicinare: si tratta del suo antenato, ciò è sicuro, per cui al lupo diciamo: “Buon futuro!”
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Pippirilla, puzzola schizzinosa: allergica all‟olezzo di famiglia, solo amava l‟odore della rosa. I genitori, in quel parapiglia, per curare quest‟idiosincrasia portarono dal medico la figlia, ma era grave la sua malattia! Per guarirla bisogna trovare un odore che sollievo le dia. In casa tutti iniziano a cercare l‟odore per la loro figlioletta e vanno tutti in giro ad annusare. Alle puzzole or sembra perfetta la fragranza sentita nel porcile, ma storce il naso, la nostra puzzoletta e fugge inorridita dal cortile. Intrigante l‟odore della stalla o magari anche quello dell‟ovile, ma la puzzola, che intanto gioca a palla non s‟interessa affatto della cosa e rincorre una bella farfalla che volando su un bel fiore si posa. C‟è il pantano in cui vive zi‟ Ranocchia: fragranza questa assai acquitrinosa; risponde Pippirilla con gran spocchia: “L‟odore è davvero nauseante!”
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E per mandarlo via, una pannocchia si mette a sgranocchiare all‟istante. I due genitori, disperati, distrutti dalla storia allucinante, si gettano per terra sconsolati: “La caccia non ci ha portati a niente, da tutti questi odor siam frastornati; la nostra puzzoletta è avvilente: questo profumo è simbolo di classe che ci distingue geneticamente! Oh se davvero lei lo apprezzasse!!!... Ma…dov‟è il nostro odore? Non lo sento! Ci vorrebbe qualcun che lo cercasse! Ma per caso lo portò via il vento? Ohimè, l‟olezzo nostro è ormai sparito, s‟è dissolto nell‟aria in un momento. Ditemi voi, dove sarà finito? A forza di sentire tanti odori, il nostro naso è confuso e stordito, e non avvertiamo neanche più i sapori”. Puzzoletta, felice della cosa, può accantonare adesso i suoi timori e torna ad annusare la sua rosa.
La rana chiacchierona, sguazzando nel pantano, riconosce che il rospo è un gran bravo sovrano; però tutto sommato non riesce ad evitare di andar gironzolando qua e là a spettegolare. “Sparlando sparlando, suvvia, che male faccio? Che importa a me se l‟altro diventa un canovaccio?..”. La rana chiacchierona però l‟ha fatta grossa; alle spalle del re la sua voce s‟è mossa; in giro ha raccontato, e senza alcun ritegno, che di notte qualcosa succede nel suo regno: nelle stanze del sovrano si sente abbaiare, e nel letto disfatto nessun c‟è a riposare. Ma dite, che succede nelle stanze reali? Nel giardino accadono fatti madornali. Lì nel canile, dove abita il molosso, re rospo abbaia davvero a più non posso; nella cuccia così, ma proprio accanto al cane, dorme il più grande personaggio del reame.
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Come un tam tam rimbalza la notizia; bel colpo per la stampa, è una primizia! Il povero re rospo, depresso e sconsolato, non dà udienza a nessuno restando isolato; anche se chiama medici, sapienti e professori, un responso preciso non riesce a saltar fuori! Povero rospo! Di giorno coi sudditi è perfetto ma di notte presenta un curioso difetto. Così, dopo un consulto lungo e laborioso, viene emesso un responso, ahimè!, poco glorioso: Re Rospo è un sonnambulo, è questo il suo patema; se troviamo una cura risolverà il problema! A scanso di equivoci, per non saper che fare fu allargata la cuccia e resa più…regale!
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Il serpente Spiroammiro è incantato da un fachiro con un flauto ben sonante, con un cesto e il suo turbante. L‟occhio suo ammaliato non è affatto incantato; lui si sente imbarazzato, forse ha sonno o torpore, il serpente incantatore… perché il nostro Spiroammiro ingoiò un ferro da stiro… Sfruttando la situazione, pensò ad un bell‟affarone e decise con allegria d‟ aprire una sua tintoria.
Il serpente
Spiro ammiro
Chiamò la sarta gallina, buona non solo in cucina, ché con l‟ago ci sa fare: sa cucire e rammendare. L‟orso Gigi fa il bucato, ben pulito e profumato, che poi stende sotto il sole in un prato di viole; quando arriva per lo stiro al serpente Spiroammiro, sputa il lama per l‟appretto e…il bucato vien perfetto! Il commercio prende il via, funziona ben la tintoria; tutti quanti i suoi clienti sono grati e son contenti!
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Re Sor Leone attaccabrighe e un po‟ fuori dalle righe, se n‟è uscito stamattina con un‟aria frizzantina: “Co‟ sta bborza de gran costo, so‟ davero un tipo tosto!” Lui, guardandosi allo specchio stamattina, sull‟orecchio, ha trovato un pelo bianco: “Mo lo levo!...Ma so stanco de vedemmelo spuntà; da quarcuno devo annà!” Dirigendosi in palestra per i muscoli s‟addestra: “Per un fisicaccio snello, sembro uscito dar pennello; che ber posto ch‟ho trovato, so „n leone fortunato! Er lavoro po‟ aspettà, morto mejio è sembrà!
Ma che bello, so‟ perfetto, ma „an vedi che tipetto che me guarda a pesce lesso! Mo‟ me butto; no so fesso! De sicuro ho fatto corpo, me c‟attacco come un porpo! Mo‟ me faccio „na notata.. Ahiomamma! Che panzata! Ma quant‟acqua qui ce sta, qui c‟è er rischio d‟affogà! Se m‟aggrappo ar collo altrui? C‟è er bagnino, me sarva lui! Che figura!! An dov‟è la tipa? Da quer dì che se n‟è ita! Ma quarcosa ho „mparato da sto tuffo sciagurato: perché esse e divenì so‟ più mejio ch‟apparì!”
Mazzabubbù! Che ciovetta c‟è lassù! Ner via vai della matina mentre annaffia „na piantina, passa mastro Serpentello che va a scola co l‟ombrello: “Er mio callo avea ragione; mo‟ c‟arriva „no sgrullone!” La ciovetta, ch‟è portiera, come sempre mattiniera, quanno arriva er postino, je fa sempre l‟occhiolino perché lei è un po‟ cecata, ed è puro un po‟ sdentata; quanno parla fischia assai per capilla mo‟ so‟ guai! Ma l‟orecchio è morto fino: sa di tutti un pochettino! Per esempio Cornacchione, ch‟era un divo der trombone, s‟è venduto puro er letto pe‟ magnasse „no spaghetto.
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Sora Ciovetta Calla Stracci cardellina, della Scala ballerina, s‟è stortata puro er becco pe‟ tentare „no sgambetto. Gufolone Lamascotte, che lavora tutta notte rimestando la farina, vo‟ dormì tutta „a matina e baccaja fino a sera co‟ la stessa tiritera. La ciovetta, un po‟ scocciata, dice: “Datte „na carmata! Mo‟ s‟acchiappo er dottore, Tordo, l‟amministratore, je ne canto „na sequela sinnò buschi „na querela!” Le commari Lava e Cuci, espertissime d‟inciuci, so‟ ll‟amiche sue der core con cui chiacchiera pe‟ ore; sente i fatti e li trasmette, pare proprio tivvù sette! Mazzabubbù! Che ciovetta c‟è quaggiù!
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sul bagnasciuga Pliiiiicche ploooooccche sul bagnasciuga ecco arriva una tartaruga: Zampallegra Ilciellaiuta, tutta un po‟ bitorzoluta, porta occhiali a lenti spesse e procede come un‟esse… È difficile arrivare tentennando a questo mare: com‟è lungo il bagnasciuga per la vecchia tartaruga! Suda, arranca, si stiracchia tra i cespugli d‟una macchia riprendendo un poco il fiato; un granchietto ha avvistato. “Che figura impertinente! Non potendo fare niente mi punzecchia con le chele e diventa assai crudele”.
Il granchietto Noiosino non si schioda da vicino alla vecchia tartaruga che ritorna al bagnasciuga. Petulante e fastidioso, nel procedere a ritroso, non s‟accorge dell‟ondata che intanto è arrivata: lo risucchia il cavallone e lo sbatte su un barcone. Il granchietto, spaventato, resta lì tutto intronato e non più come una palla non riesce a stare a galla.
Pliiiiicche ploooooccche la tartaruga ha lasciato il bagnasciuga: s‟avventura adesso al mare perché aiuto vuol portare. Mentre beve il granchiettino, arrivandogli vicino sopra il guscio lei l‟afferra e lo porta in salvo in terra; poi, per farlo rinvenire, lo massaggia per riuscire a rimetterlo un po‟ in sesto e lui si riprende presto. Vergognoso, granchiettino, che si trova lì vicino il bersaglio dei suoi motti, non riceve dei rimbrotti, ma salvezza, molta cura e un‟amica sua futura.
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Bau bau
Cip cip
Hiiii
Hi ho
“Cip cip”, fa l‟uccellino; “ronf ronf”, il maialino; l‟asinello fa “hi ho”, la gallina “co co co”; “squit squit”, fa il topolino; “miao miao”, fa un bel gattino; il cavallo fa “hiiii” ed il gallo “chicchirichì”; “bau bau”,fa il cagnolino; “glu glu glu”, fa il tacchino. Questa è l‟aia, in conclusione: che allegria! Che confusione!
Miao miao
Co co co
Glu glu
Ronf ronf Squit squit
Chicchirichì
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Immobile e felice sopra un sasso, al riparo e lontana dal gran chiasso, Lucerto Lina s‟arrostisce al sole tra profumi di rose e di viole. Sulla sua testa svolazza impertinente una zanzara noiosa ed insolente: “Zizzizzì zizzizzì, ti sei guardata? Sei brutta, racchia e spellacchiata! Muta, Lina la osserva di sottecchi senza intenzione di fare battibecchi… Si stava così bene al sole pieno, era un momento davvero sereno! “Zizzizzì zizzizzì, Zizzizzì zizzizzà! Ma guarda tu che labbra ha questa qua! Forse le ha fatte con il silicone, certo è stato uno sconto d‟occasione! A che gli serve questa bocca a forno? A mangiare un bisonte col contorno?!”.
La zanzara irritante derideva Lina, che però non rispondeva, ma poi con bel un balzo repentino acchiappa al volo il lauto bocconcino… Si pente infine e lo molla all‟istante: “Di sciocchezze, carina, ne fai tante; adesso sono sazia, brutta sciocca. Che fortuna hai avuto, bella cocca! In futuro, parlando, pensa bene, così eviterai diverse pene!” Lina, con un piccolo sospiro, s‟addormenta di nuovo come un ghiro; sotto il sole, tranquilla e soddisfatta: quel dì una buona azione lei l‟ha fatta.
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L‟aria s‟addolcisce e si profuma, la neve a poco a poco si consuma; timido e schivo fa capolino dalla terra Germoglio piccolino. Ancora infreddolito e spaesato, si guarda intorno un po‟ frastornato dicendo a un albero poco lontano: ”Dimmi, sono piccolo o sono nano? Dove mi trovo? Sono un po‟ confuso! Quante forze per crescere ho profuso!” Seccato, gli risponde messer Pino: “Stavo ancora schiacciando un pisolino! Ragazzo mio, quante domande fai, un mal di chioma mi provocherai! Tu sei soltanto un piccolo virgulto e stai tranquillo, ché non è un insulto! Dal lungo sonno ancora intorpiditi dal brutto tempo ancora immusoniti, a poco a poco noi ci risvegliamo, ci guardiamo intorno e sbadigliamo. Parlagli tu, a questo signor coso, ché io sono stanco e un po‟ nervoso!”
Disse Pino rivolto a una mimosa che s‟aggiustava la chioma vaporosa: “Bisogna cominciare a far toeletta perché la Primavera se l‟aspetta. Madonna Primavera è assai esigente, quando arriva non trova divertente che siamo tutti spogli ed ingrigiti, vuole vederci vispi e coloriti!” “Chi è che passeggia sulla mia corteccia? C‟è uno scoiattolo che su di me sfreccia!” “Son io, son io, Pino, stai pur tranquillo!” disse lo scoiattolo veloce e arzillo. “Che solletico avverto lungo i rami! Della moda son gli ultimi dettami? Da quando in qua non si chiede permesso? Ci si metton anche gli uccellini, adesso!” “Suvvia, fatti una bella risatina, godiamoci tutti il sole stamattina! ” - disse dolcemente un passerotto – “Per fortuna con l‟inverno abbiamo rotto! Guardate che colori tutt‟intorno, sentite che tepore porta il giorno!”
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Un ghiro, che dormiva della grossa sbucò fuori stiracchiandosi le ossa: “Ma chi è che fa tutto „sto rumore? Vi dispiace finirla, per favore? Va bene, adesso che mi sono svegliato, chi mi dà del cibo? Sono affamato!” Nel frattempo gli insetti vengono fuori e scappano di corsa…o sono dolori! Sdraiata su una bella margherita, Corolle la farfalla si lecca le dita, mentre l‟apina Cheronza s‟ingrassa col nettare di cui fa man bassa. D‟improvviso si sente una folata: ecco, Monna Primavera è già arrivata!
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“Io sto crescendo, sto crescendo ancora!”, disse Germoglio nella calda aurora. “È vero, non sei più una piantina!” - commentò la mimosa, sua vicina. “In compenso sei ancor più petulante, piccolo Germoglio un po‟ birbante!” - lo sgrida Pino con il suo vocione e Cincia, allegra, intona una canzone. “Perché quel campo ora è tutto giallo? Cos‟è quel fiore di color corallo? Cos‟è quest‟aria fresca e frizzantina?” “Tu non conosci nulla: è la Marina! Quel giallo che tu vedi invece è il grano che ondeggia al caldo sole di lontano: è il dono più prezioso per il mondo a cui porta il fragrante pane biondo. …Ecco, attenti stanno per arrivare, sono stati finora in riva al mare!”
“Di chi stai parlando? Chi hai visto laggiù?” Chiese Germoglio con la testina in su. “Stanno arrivando per una merenda le famigliole munite di tenda; tra poco, Germoglio, potrai incontrare, l‟uomo di cui avrai sentito parlare.” Sudati, stanchi e tutti un po‟ accaldati… Chi beve, chi mangia…alcuni infervorati da una lunga e noiosa discussione portata avanti senza convinzione… Quando finalmente se ne son andati, tutti gli alberi restan sconcertati: ”Che orrore e che gran desolazione: carte e cartacce gettate a profusione! Meglio guardare il mare ch‟è pacato!” - commenta il vecchio Pino desolato.
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“Ma gli uomini non sono tutti uguali! Non sono brutte specie d‟animali… E forse tu sei un poco brontolone e non dai più fiducia alle persone! Guarda quel campo dove un contadino lavora sodo fino dal mattino! Messi e frutti trae dal suo terreno per dare ai suoi un futuro sereno; affronteranno il mare i pescatori per dare alle famiglie giorni migliori…” “Va bene, basta, non mi far la morale! smettila ora con questa paternale! Godiamo il caldo che ci dà Monna Estate, la luce e il sole di queste giornate.”
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“Ma come mai tante foglie sul terreno? Guardate, il boschetto ne è tutto pieno!” A parlare è sempre piccolo Germoglio che ora è una piantina in pieno rigoglio; è un fustaccio allungato ed elegante che di foglie in testa ne ha davvero tante! Pino guarda il suo pupillo, orgoglioso di avere uno scolaretto così curioso: “Eh, eh, eh, messer autunno è arrivato, le foglie delle piante ha colorato; chi come noi non è un sempreverde le foglie a poco a poco se le perde.” “A chi lo dici?! – piagnucola Mimosa nascondendo i rami nudi, vergognosa – l‟autunno per me è una gran iattura, ma guarda che colori ha la natura! C‟è il giallo, c‟è l‟arancio, c‟è il marrone, toni tutti dorati e in gradazione; il vento birichino con le sue mani le sparpaglia in tanti mulinelli strani. La pioggerella arriva a ciel sereno, ma poi ecco apparir l‟arcobaleno!”
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“Guardate voi che strani animali, hanno gli spini al posto delle ali! Non si muovono, eppure sembran ricci; alcuni sono aperti e malaticci!” Squassati da un‟omerica risata, Pino e Mimosa si danno una guardata: “Ma caro, senza far tanti pasticci, di certo quelli che vedi sono ricci, ma non sono animali, son castagne e nascono tra i boschi e le montagne. Quest‟odore che mi stuzzica i fogliami e che fa venir l‟acquolina ai miei rami è quello buono delle caldarroste cotte al camino tra ceneri nascoste.” Un funghetto, spuntato quel mattino, dice: “Di qua, nel mio mondo piccino, ferve il lavoro e si parte alla conquista della migliore e succulenta provvista, perché il vento gelido ora s‟avvicina e la giornata diventa più piccina.” Tacciono le piante, tese ad ascoltare i passi dell‟inverno scalpicciare nella prima neve che da lontano sfiora le cime con una fredda mano.
A passi di lupo l‟inverno è arrivato, nel bosco tutto quanto s‟è imbiancato, regna il silenzio in quel candor d‟ovatta fatto di neve zuccherosa e compatta. Dagli alberi, intirizziti e raffreddati, pendono lunghi candelotti ghiacciati che il vento come flauti fa suonare di ninne nanne tutte da cantare. Nella radura qualcuno ha modellato un pupazzo di neve che, annoiato, fuma assorto la sua pipetta spenta ed una sciarpa colorata ostenta. Tossicchia raffreddato il vecchio Pino al fumo che proviene da un camino in cui le fiamme, rosse e scoppiettanti, cuociono pani odorosi e fragranti; intorno alla tavola, in quel gran tepore una famiglia è unita nell‟amore.
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Dorme tranquilla la dolce Mimosa così come è assopita ogni cosa, mentre Germoglio, un po‟ meravigliato, esclama: “Oh, come sono diventato! Son alto e forte, sono sempre più grosso!” E si scrolla la neve che ha addosso… In quel silenzio si sente un poco solo; dorme pure l‟amico usignolo; si sentono fruscii, voci lontane degli animali nelle loro tane. Il Funghetto, ch‟è tutto incappucciato, sotto una coltre di neve dorme beato; si sente di Pino il profondo ronfare… Adesso tocca proprio a lui vegliare: da Germoglio una quercia è diventato, proteggerà lei quel mondo addormentato…
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Il protagonista di questa vicenda ha un nome un po‟ strano, Dario Calenda: è il guardiano del tempo che, distratto, gironzola intorno al mondo come un matto, mettendo in ordine fusi e meridiani, treni, corriere, macchine ed aeroplani, pioggia, neve, sole, terra, stagioni, regolando bufere, venti e cicloni. Dunque un giorno il nostro Dario Calenda si munì d‟una penna e d‟un‟agenda, di righe, righelli, strumenti astrali, mentre inforcava un bel paio d‟occhiali. Tutto quanto cominciò a calcolare e poi ricominciò per non sbagliare: trenta, settanta, cinquanta e quarantotto… decise di giocarli tutti al Lotto! Vinse un terno secco su Giove, sì, però di ritirar la vincita dimenticò.
Nel frattempo era scoppiata una tregenda perché s‟era distratto il sor Calenda che si comprò una calcolatrice, poi chiese aiuto ad un‟operatrice; ma di questa alla fine s‟innamorò e il tempo ancora una volta s‟ingolfò. Lei, sdegnosa, non ne volle sapere; lui preparava già le bomboniere; lei lo piantò e Dario, ch‟era disperato, si gettò nei suoi conti a perdifiato. Già era distratto, ma con questa faccenda lo diventò ancor di più Dario Calenda: la neve fece scendere in pieno luglio, tra tutti i mesi creò un gran subbuglio; il sole spuntò in cielo a mezzanotte… Insomma ne fece di crude e di cotte! Per uscire dall‟impasse Dario Calenda di meteorologi fondò un‟azienda: lavorarono sodo, con grande impegno, del tempo fu tracciato un bel disegno: dodici i mesi, quattro le stagioni, tutti ordinati, senza distrazioni, di Dario Calenda fu scritto il diario… Così lui si chiamò poi …Calendario
La notte è buia: appoggiato ad un lampione, tamburellando col suo grande piedone e guardando irrequieto il suo orologio, Babbo Natale aspetta mogio mogio, quella ritardataria della Befana che forse ha perso la metropolitana. Alcune renne dormicchiano tranquille altre sbadigliano mostrando le tonsille; una di loro, ch‟è la più birichina, passa il tempo mordendo una panchina. Nella slitta, parcheggiata in doppia fila, i pacchetti saranno trecentomila: tutti quanti però non li ha portati, alcuni in pony express li ha mandati; altri, per evitare un‟inutile sosta, li ha inviati con la celere posta. “Eccola laggiù, con la gerla arriva… Mi sbaglio, oppur si muove alla deriva? Sembra una nave che beccheggia e rulla! Ma quanto s‟è caricata, „sta citrulla!?”
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Lei suda, bofonchia e s‟arrabatta…: “In metro ho perso pure una ciabatta! Fortuna che ho il calzino colorato e non si vede che un dito è bucato! Vorrei sapere perché questa riunione!” “Stai zitta, ora non fare confusione! È presto detto, cara la mia comare, siam troppo vecchi per far come ci pare! Con questa pancia non entro nei camini; tu sulla scopa ti perdi anche i calzini; siamo vecchi e dobbiamo stare quieti, cerchiam mezzi moderni, non obosoleti.” “Di questo sono stata antesignana! Vedi? Ho preso la metropolitana!” I due, a braccetto, con pacchi e pacchetti, al treno Freccia Rossa si son diretti; messa la slitta al parking a pagamento, han comprato alle renne del frumento. Al controllore che chiedeva “Bigliettoo!” hanno rifilato solo un regaletto…
Questa è la storia d‟un mese piccoletto che s‟allunga e s‟accorcia da organetto; può esser da ventinove o da ventotto, sa di frappe, castagnole e di pancotto, ma soprattutto è un mese scanzonato: con risate e coriandoli s‟è annunciato, le strade di maschere ha riempito… ma in fondo nella cenere è finito! Però, tranquilli, prima di bruciare, le sue maschere ha fatto danzare… Guarda laggiù, dal proscenio viene fuori un Arlecchino dai mille colori: “Sior paròn”, ripete come una ballata mentre si becca una bella legnata. Tutte le maschere son col dito alzato: “Insomma, si può sapere chi è stato?” Colombina si nasconde vezzosa: ”Non io di certo ho fatto questa cosa!”
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Più in là c‟è qualcuno che salterella: “Vuoi vedere che è stato Brighella?” Pantalone nel frattempo si è schermito e Balanzone serio l‟ha redarguito. “Voglia di litigar con me non attacca; ricordate, me chiamo Meo Patacca!” Gianduia, per sanare la situazione, offre a tutti una bella colazione, ma Pulcinella, che è sempre affamato, la merenda…da mo‟s‟è spazzolato! Queste sono le maschere della storia ed è bello conservarne la memoria, ma anche quelle un poco arrangiate e fatte a mano, sono apprezzate; applaudiamo insieme alla fantasia che per noi è il miglior dono che ci sia!
Marzo, pazzo, distratto e strampalato, deve ancora capir com‟è arrivato; cammina con un bel paio di ghette, cappotto, sciarpa e tante nuvolette adatte per cambiar le situazioni… vuoi pioggia, pioggerella o acquazzoni? Quando esci, vestiti sempre a cipolla; se non vuoi bagnarti fino alle midolla porta l‟impermeabile e l‟ombrello, ma non fidarti, stringiti il cappello: marzo è capace con una folata di fare del tuo ombrello una frittata, oppure lo gira come un calzino e tu ti inzupperai come un pulcino! Marzo sa essere anche un gran signore e donarti spiragli di tepore, così, quando te l‟aspetti di meno, ecco sbucar un bell‟arcobaleno!
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La neve in città se n‟è quasi andata, ma la montagna è ancora incappucciata: una stella di neve sopra i tetti chiacchiera ancora con i passeretti: “Qui oramai tanto tempo ho trascorso da quando son venuta l‟anno scorso, ma ora è il momento d‟andare via perché d‟altri luoghi sento nostalgia.” “Mi mancherà un poco il tuo candore, anche se aspetto con ansia il tepore.” – teneramente dice il passerotto – “Il mio nido si riempirà di botto, quando nasceranno i piccolini tu sarai laggiù, oltre i confini e quando finalmente ritornerai dei gran bei fustacci troverai!” Arriva di vento una gran folata; Stellina di neve, che s‟è attardata, chiedendo un passaggio fa la vezzosa, e da lontano saluta ogni cosa.
Marzo passa avanti il testimone ad Aprile, un poco dormiglione: lui dirada le nubi e accende il sole; anche se è freddo, ci son le viole. S‟apre la porta della primavera e nel calore ognun di noi spera; i fiori spalancano le corolle, i contadini rivoltano le zolle; la terra poi riprende a respirare, ogni pianta comincia a germogliare. A questo il nome “aprile” è dovuto: vuol dir che “apre” e ciò è risaputo!
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Si schiudono le uova piano piano, anche quelle di un colore strano: a portarle son dei buffi conigli, a dipingerle, le mamme con i figli; le pareti sono di cioccolata, tra i dolci sono cosa prelibata. Per l‟interno c‟è sempre grande attesa: ognun di noi aspetta la sorpresa! “Ma che uova, che fiori, è la mia festa! Ancora non ve lo mettete in testa? Per festeggiare me, che sono un pesce, guardate se lo scherzo vi riesce; se ne farete veder delle belle, dopo ci riderete a crepapelle!”
“Senti che aria fresca e profumata, si sta pure allungando la giornata… Maggio è il mese alle rose dedicato, son la più bella e ognuno mi ha ammirato! Negli anni è cresciuta la mia gloria!” - dice una viola: “Insieme anche la boria!” “Stai zitta tu,che sei poco importante e di corbellerie ne dici tante! Io sono un fiore generoso e fine!” - e la viola: “Di che? Sei tutta spine!” “Guardami bene, sono alta e slanciata!” “Ma con me la primavera s‟è annunciata!” Ora Messer Maggio arriva di filato con l‟elenco ben scritto e programmato: “Voi pettegole, basta litigare! Ci sono molte cose ancor da fare!
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La primavera tra poco arriverà e preparare per lei bisognerà! Prima cosa: tinteggiare tutti i fiori; secondo: dal letargo tutti fuori! È necessario fare un bel bucato per lucidare il verde ch‟è appannato. Il sole dobbiam poi riattizzare, il cielo dalla nebbia sgomberare; alle nubi mettiam l‟ammorbidente per farle più fioccose…Che altro? Niente! Se mi son dimenticato qualcosa, parla tu, viola, o anche tu, rosa! Per monna primavera, hip hip hurrà! In suo onore la banda suonerà!”
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Nei campi assolati il grano è cresciuto in un oceano d‟oro e di velluto; il cielo è tutto smaltato d‟azzurro, ovunque la luce arriva in un sussurro di ali, di foglie nuove e di colori, il vento lieve vibra in mezzo ai fiori. Trattiene il suo respiro la natura quando scende prepotente la calura, scende di colpo un silenzio innaturale… Ma ecco, la cicala comincia a cantare: è lei che scandisce il ritmo della vita che per un attimo s‟era assopita. Stesa languidamente su di un prato, mentre il mondo è come addormentato, sorseggia il suo succoso aperitivo dalla corolla di un fiore estivo; continua le sue vacanze a gustare senza al suo domani troppo pensare.
Petulante, un‟ape la punzecchia: “Cos‟è quest‟animale che sonnecchia? Non c‟è più rispetto per chi lavora; smetti di poltrire, questa è già l‟ora d‟ alzarsi in piedi e rimboccarsi le ali; non hai letto le notizie sui giornali del sussidio ai lavoratori dei campi? Per evitar che la crisi divampi bisogna lavorare tutti insieme e del futuro gettare il giusto seme! Noi api ci uniamo in cooperativa per fare una proposta costruttiva: cera e miele come prodotti di filiera saranno beni dell‟umanità intera. E tu cosa farai, così assonnata?” “Io canto una canzone appassionata: parla di sole, di caldo e d‟estate… E voi, dimmi, senza di me che fate? Questa musica vi fa da sottofondo, proprio per me vi divertite un mondo!”
I portoni della scuola sono chiusi, qualcuno è felice, altri sono delusi; l‟imperativo è per tutti la vacanza, di varie località c‟è ormai la danza. “Che facciamo? –fa la papera seccata ad una grossa palla colorata – anche quest‟anno ci toccherà il mare sempre con gente che non sa nuotare!” Al discorso s‟unisce una ciambella: “A chi lo dite? È proprio una gran iella tenere a galla figli e genitori che “fanno il morto” con le pance fuori ottenendo che granchi e pesciolini preferiscano la frittura ai bambini!”
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Anche l‟alta montagna è disperata perché la sua intimità è spezzata: c‟è chi scia, chi strilla forte, chi fa l‟eco, chi saltella come un cercopiteco, chi fa trekking, chi fa alte scalate, chi prende in testa delle gran sassate! E poi, invero, c‟è anche la campagna, buona per chi del traffico si lagna! “Ma come mai ci sono tanti insetti?” “Ma quanta confusione, „sti uccelletti!” “Ci son formiche, api e calabroni!” “Le zanzare pungono pure sui calzoni!” “Ma che noia questo verde tutto uguale! Davvero quest‟altr‟anno andiamo al mare!” È proprio vero: nessuno è mai contento; sarebbe bene chiudersi in convento!
…E mentre le ferie sono ormai avanzate le città si sono tutte spopolate; per le strade si può andare in bicicletta, in giro non c‟è gente che s‟affretta; c‟è più calma e più voglia di gustare ciò che non si ha tempo di guardare. C‟è uno spicchio di cielo tra i palazzi; regna la quiete, non ci son schiamazzi; una notte, di lassù, piovono stelle che inondano i tetti di fiammelle; se vuoi, è il tuo sogno che s‟avvera poiché nel desiderio ognuno spera. Quella notte, tutti con il naso in su fanno a gara a chi ne conterà di più; si ritorna in quell‟attimo bambini, ci si sente tutti un po‟ più vicini.
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Il nostro lungo “sogno di mezz‟estate” si popola di elfi, gnomi e fate: c‟è Puck, lo spiritello birichino, che a tutti gioca un tiro mancino: trascina per la coda le comete, cavalca sulla groppa dell‟Ariete. La splendida Titania, addormentata, destandosi si scopre innamorata di uno dei Gemelli, che in cielo regna, mentre l‟altro la snobba e la disdegna. Oberon riuscirà a riconquistarla e nel suo mondo di stelle a riportarla. È in fondo la storia di ognuno di noi che in sogno ci sentiamo tutti eroi… Poi ci si sveglia…Mamma mia, che calore! Ma mi si è rotto pure il ventilatore!
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Sul tralcio chicchi d‟uva s‟accendono tra lucide foglie che risplendono; il fico tutto lucido ora occhieggia e l‟ape scanzonata lo corteggia: “Un po‟ di nettare vorrei succhiare, perché ho una regina da sfamare…” L‟ultima roca cicala racconta la fine dell‟estate che tramonta:
“Si respira un‟atmosfera d‟attesa tra le cime degli alberi sospesa, tra le nubi che non sanno che fare, se pioggia o sole sul mondo portare. C‟è però chi, come la formichina, s‟affaccenda da sera alla mattina in tutto questo frenetico lavorio per dare all‟estate l‟ultimo addio. C‟è chi, come me, non pensa al domani, per cui non stringe nulla tra le mani, e a poco a poco cade nel torpore ma il ricordo custodisce del calore. ”
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Scampanellio lontano e un gran vociare: a scuola è il momento di tornare; saltellano tra libri e grembiulini urla e risate allegre di bambini. Materno li abbraccia il portone; c‟è il vecchio bidello brontolone, c‟è la maestra che li accompagnerà, un libro nuovo per loro si aprirà… Passerotto becca le mollichine sbriciolate da tante merendine sul davanzale; quando s‟è saziato, comincia a chiacchierare a perdifiato:
“Se voi foste capaci di volare, quante cose vi farei imparare! In campagna l‟uva è maturata, gente alla raccolta s‟è radunata; tutti rimesteranno dentro i tini, venite anche voi, cari bambini! Il vinello nelle botti dormirà finché il contadino non lo spillerà: colorirà di rosso le castagne, dono generoso delle montagne. Un venticello allegro e birichino ingarbuglia le stoppie nel camino; il primo fuoco acceso nella sera saluterà la notte ch‟è più nera, più povera di lucciole e di stelle, ma più ricca di fiabe e di novelle. Ho fretta pure io di andar via per trovare riparo a casa mia…”
Pioggerella punzecchia rami e foglie; il vento a mulinelli le raccoglie, le spazza via, ci gioca e le accartoccia, e con le goccioline fa bisboccia. Signora Lumachina e le compagne, tra urletti di stizza e varie lagne, sotto un gran fungo vanno a rifugiarsi per evitare, invano, di inzupparsi. “Manca all‟appello solo Daddolino, chissà perché non spunta al mattino?” “Al tuo richiamo oramai è sordo: vive là, nella terra del ricordo, dove s‟incontrano umani e animali non più con differenze, ma da uguali.
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Questo mese alla memoria è dedicato di chi è partito e non è più tornato…” “Che dite? Che discorsi sono questi? Non vi sembra che siano troppo mesti? Nessuno se ne va dal nostro cuore, ma vive nel ricordo e nell‟amore”. Brontola Funghetto per consolarle, cercando poi qualcosa per distrarle: “Guardate quello spolverio di neve, stanotte scenderà sottile e lieve… Piuttosto sono io che devo andare, ché le massaie mi vogliono lessare e mettermi sott‟olio e sotto aceto, ma io sono forte e porrò un veto!”
Scende la neve sui monti lontani, coprendo le valli e gli altipiani; con una coltre bianca e silenziosa avvolge lentamente ogni cosa. Riparano il gregge nell‟ovile i pastori, intanto nel cortile l‟uno con l‟altro cercano calore gli animali. Da lontano il rumore delle ciaramelle diventa melodia e per le valli si spande l‟armonia. Si accendono le luci delle case, di profumi e di risate pervase, che i comignoli scrivono nel cielo insieme al fumo che riscalda il gelo. Gli artigiani finiscono il lavoro: si spegne piano il ronfare sonoro degli attrezzi che vengono riposti. Al mercato gli ultimi banchi esposti offrono i succosi doni della terra.
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Per incanto ovunque si ferma la guerra, ovunque mani straniere si stringono e il coraggio della pace attendono… Anche i potenti si mettono in cammino: ognuno di loro torna bambino nel desiderio ansioso di cercare qualcosa o qualcuno da poter amare: portano doni che non sono costosi, ma sono i loro sogni più preziosi. In una misera casa un bimbo nasce: è coperto solo da povere fasce; mamma e papà hanno poco da dargli, solo l‟amore che posson portargli, ma la vita è più forte d‟ogni cosa e sempre è una sfida coraggiosa… Nel cielo si fa strada una grande stella che nel tempo racconta una novella; illumina la gente, la casa, il prato e riflette l‟amore del creato.
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Fila, fila, filastrocca anche se è un poco sciocca.
Fila, fila, filastrocca corri ché nessun ti tocca.
Filastrocche delle fate, quelle che vi raccontate; filastrocca della storia, si ricorda a memoria; filastrocca della sera che sarà la più sincera, mentre quella del mattino la cattura uno gnomino e la porta in un castello dove il re porta il cappello, perché ha perso la corona che la strega brontolona dalla testa gli ha soffiato poi fuggendo a perdifiato.
Filastrocca della nanna, cuor di fragola e di panna; filastrocca del gelato che il bambino s‟è mangiato; filastrocca del ciucciotto e del tenero orsacchiotto, tutti i sogni sa cullare e ti porta in riva al mare col secchiello e la paletta, col pallone e la racchetta, le conchiglie e i sassolini, le formine e i pesciolini, con la sabbia del castello, ora dormi, bimbo bello.
Fila, fila, filastrocca l’orologio l’ora scocca.
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Filastrocca dei mestieri, quelli d’oggi e pur di ieri.
Lo stagnaro è stato chiamato perché lo scarico s‟è otturato: toglie un tubo sotto il muretto e… schizza fuori un bel rospetto! Il rospetto è tutto arrabbiato perché ahimè! è stato svegliato; quindi chiama i carabinieri che in fila arrivano tutti seri: dalla caserma son stati cacciati perché tutti i muri son crollati; sono arrivati però i muratori che in fretta faranno i lavori. Intanto è scoccato mezzogiorno e il cuoco mette la pizza in forno; la servirà di corsa il cameriere portando in equilibrio un bicchiere che mastro vetraio ha soffiato e l‟oste di birra ha ricolmato.
Con la pizza arrivano i panini, il fornaio li ha cotti coi grissini: le bricioline cadon sulla strada, il netturbin pulisce la contrada. Il fabbro gli ha fatto il carretto, il cappellaio invece il berretto. Lenta e silenziosa vien la notte, la massaia farà le mele cotte; l‟elettricista ch‟è arrivato accende le luci anche sul prato. I negozi comincian la chiusura: l‟ortolano toglie la verdura; il macellaio ha venduto un osso a tutti i cani, anche all‟ingrosso. Le erbe va a cercare il farmacista: non vuole più i rimedi della lista; col suo carretto arriva il gelataio, inseguito di corsa dal notaio. Il giudice è stato denunciato perché ha leccato gratis un gelato; l‟avvocato pronuncia un‟arringa mangiando pensoso una meringa.
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L‟impiegato, stanco del lavoro, va dal dentista per un dente d‟oro; il dottore, che intanto s‟è ammalato, da tre civette è stato curato. Coi libri in mano torna la maestra pregustando felice la minestra; il fioraio però non è sereno perché ha un raffreddore da fieno. Il giornalaio ha perso i suoi occhiali, li trova dentro un paio di stivali che il calzolaio ha appena riparato e che dall‟ottico aveva acquistato. L‟informatico… informa tutti quanti che s‟è comprato un paio di guanti; il ragioniere gli fa i conti in tasca, il bagnino si lancia nella vasca. Mamma mia, i mestieri sono troppi, a dirli tutti avremmo degli intoppi; resta da dir però una cosa sola: ci sono i bimbi che tornano da scuola; il loro è il mestiere più sicuro per costruire il nostro futuro. Filastrocca dei mestieri, quelli d’oggi e pur di ieri.
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1, 2, 3: fante, cavallo e re. 4,5,6: a giocar ti porterei. 7 sono le scarpette, però i piedi sono 8, che aggiungiamo là di sotto? Noi dovremmo andare a 9 e su questo non ci piove, però 10 s‟è arrabbiato perché 11 vuole il gelato. 12, un anno intero, 13 ha lo sguardo severo. 14, due settimane che cerco 15 befane; ne ho trovate 16 sul tetto, 17 gli ha messo il rossetto, 18 le ha pettinate, 19 le ha scortate, 20 ha fatto una magia portandole alla festa della zia.
21 il solstizio è caduto, non ci avrei mai creduto; 22 presto l‟ha raccolto in un bosco verde e folto. 23 lo giochi al lotto e se vinci fai il botto; 24 è un po‟ bislungo, 25 sta su un fungo. 26, a giocar t‟ho già portato, 27 sta sul prato e 28 è un giorno bello, 29 è senza ombrello. Oggi 30 è uscito il sole e con 31 finiscon le parole. Se la filastrocca vuoi continuare, altri numeri dovrai imparare.
Ninna nanna dei rumori, ci son dentro e pure fuori. “Wuuu!!! Eeeh!!!” Chi l‟ha detto che la ninna si fa al mare senza pinna? “Splash! Splash! Glu glu glu!” E se vai nella campagna c‟è la pioggia che ti bagna. “Sssh! Sssh! Sssh!” Se calpesti un ramo secco, una foglia od uno stecco… “Crac! Crac! Crac!” Se tu bussi ad una porta, la vuoi dritta oppure storta. “Toc, toc toc!” Se ti sbatte poi la porta non sei stata molto accorta. “Sbam! Sbam!” E se suoni il campanello il rumore è sempre quello: “Drin! Drin! Drin!” Mentre invece la campana ha una voce un po‟ più strana: “Din don dan!”
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Se la luce poi pretendi col ditino tu l‟accendi. “Clic, clic clic!” Ecco il treno in lontananza, sferragliando lui avanza. “Ciuf! Ciuf! Ciuf!” Se una moto s‟avvicina sentirai la canzoncina “Wrum wrum wrum!” Senti il nonno là in poltrona: un bel ronf! in alto suona. “Ronf! Ronf!” E se poi vuoi fare danni usa pure il battipanni. “Panfete! Panfete!” Non confonderti, però; se tu cadi, sentirò: “Patapunfete Quando tu sei raffreddato lo starnuto è assicurato: “Etcì! Etcì! Etcì!” Quando invece io m‟ingozzo, mi verrà un bel singhiozzo: “Hic! Hic!” ! Patapunfete!”
Quando prendo la mia pappa dico sempre ad ogni tappa: ”Ahm! Ahm! Ahm!” Se la pappa è saporita Io mi lecco anche le dita. “Slurp! Slurp!” Se qualcuno parla piano o ti chiama da lontano… “Psss! Psss! Psss!” Se un bacino mi vuoi dare Sono qui ad aspettare. “Smack! Smack!” E se devi far pipì, è uguale a questo qui! “Psh! Psh! Psh!” Non confonderti, però, quando il clacson fa “po pò!”
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In un tango scatenati Bi e Bu sono allacciati; un,due, tre, questo è il momento d‟un casquè senza tormento. Si rialza senza intoppo: “Un altro, no, mi sembra troppo! Caro Bu, mio cavaliere, ho bisogno d‟un bicchiere di sciroppo al mandarino per riprendermi un pochino.” Bu le prende una poltrona dalla papera baffona e la fa accomodare per poterla sventolare. Bi di certo è innamorata e farà la sceneggiata! Languida ed arrendevole, fa tutta la svenevole: batte poi le sopracciglia e si chiude a conchiglia; sospirando lentamente dice che non ha più niente e che può ricominciare col compagno suo a ballare. Ricomincia l‟un, due,tre in quel tango col casquè.
Filastrocca del minestrone che ti cuoce cose buone, lo prepara la tua mamma mentre tu farai la nanna e se poi ne mangerai grande e forte crescerai. Prende una cipollina, che però è malandrina; una lacrima fa uscire, pizzicore fa sentire. L‟addolcisce la carota che nell‟acqua poi nuota; l‟accompagna la zucchina, un po‟ sciapa, poverina! La rincuora il pomodoro, col suo rosso ch‟è un tesoro, a lei dona il suo colore esaltandone il sapore. Hanno il ferro gli spinaci, a dar forza son capaci; mentre bieta e fagiolini verdi son come zucchini.
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Anche il sedano, si sa, buon sapore porterà. Poi, unita alla patata, un‟intera fagiolata ed un pizzico di sale che di certo non fa male. Cuoci, cuoci, minestrone, dentro il grande pentolone; danza in aria un fil di fumo che diffonde un buon profumo. Filastrocca del minestrone che ti ha cotto cose buone; una pioggia di formaggio, alla mamma il primo assaggio per sentire se è bollente e se poi non manca niente; serve d‟olio un bel filino… Ora svegliati, bambino, perché se ne mangerai grande e forte crescerai.
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“Abracadabra”, dice Smemorina, diventa un rospo chi s‟avvicina… E che succede a chi s‟allontana? Tutto d‟un botto diventa una rana!
“Pallacadulamagicabulabidibibodibibù”, l‟ho sentita alla TV, proprio al telegiornale e durante un temporale!
“Supercalifragilisticespiralidoso” è lungo e anche un po‟ “pizzoso”, di pizze ne facciamo solo tre, per me, per lui e per te!
“Ambarababàcicicocò”, questa è vecchia, io la so; le civette sono fuori, son scappati anche i dottori!
“Simsalabim” è un gran richiamo per un personaggio strano che nel cilindro mette un coniglio con le ghette.
“Apriti sesamo”, se ti vuoi aprire, questa filastrocca è l‟ora di finire, se invece vuoi continuare qualche altra formula devi trovare.
A come un‟Ape che ronza sui fiori in una Barchetta di tanti colori. C, un bel Cane che vuole abbaiare perché la padrona andrà a salutare. Dado si disse una volta: “È tratto!” e invece mi ha dato un bel scacco matto. E, Elefante che fa il giocoliere e sta in equilibrio sopra un bicchiere. F, Farfalla la vispa Teresa che gioca felice…nessuno l‟ha presa! Gioca col Gatto e con la sua G, chi li riprende se scappan di qui? H, che da sola non vuol proprio stare, da C e da G si fa accompagnare. La I è invece un punto allungato o un Ippopotamo un poco ingrassato. La Luna si dondola allegramente, sul Mare s‟affaccia timidamente e sopra il suo Naso di panna montata si posa contenta una Nave pirata. Un‟Oca sul lago giuliva starnazza: tranquilli, signori, non è poi una Pazza! Son Pazze la Prugna, la Pera e la Palla e Pure un Pescetto che viene su a galla. Su, prendi un Quaderno che insieme scriviamo la R di Rana, di Roma e di Ramo! Strisciando arriva Sinuosa la S che dame e regine trasporta in caleSSe.
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La T è un Tamburo d‟un piccolo indiano che suona sul Tetto d‟un monTe lonTano. “UUUUUU” Ulula il lupo nella foresta, e l‟Upupa allegra organizza una festa. Vasino da notte ti convoca qui: è sullo Zerbino, fai lì la pipì!
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Bruco Lombrico, dopo aver brucato sereno e tranquillo l‟erba del prato, lentamente, da bravo brucolino, se ne va a schiacciare un pisolino. La notte è tanto bella per dormire sogni d‟oro cercando di imbastire, qualche volta però può capitare che un brutto incubo si possa affacciare. Pregustando un prato pieno di fiori scintillante d‟aromi e di colori, serafico Bruchino s‟addormenta senza sapere ciò che si presenta… Vede un laghetto azzurro d‟acque chiare, nell‟aria frizzante da respirare; sulla sponda seduto è un pescatore che se ne sta tranquillo…Ma che orrore!!! Cosa appende alla sua canna da pesca? “Non penserà proprio a me come un‟esca!?” Invece infilando la mano nel cestino trova… un gustoso, fragrante panino!
Filastrocca inscatolata quattro uova e una frittata cotte dentro una padella messe poi in una scodella se le mangia un bambino che poi fa un bel ruttino lui è stufo di mangiare e comincia a sbuffare cosÏ fa una nuvoletta che va in cielo in tutta fretta corre corre in campagna e di pioggia poi la bagna con la pioggia cresce il grano lo raccoglie una mano che lo getta alle galline nella cova son vicine passa poi la contadina che ne prende una dozzina le dispone in un cestino e le porta al mercatino dove mamma va a comprare una frittata ti vuol fare filastrocca inscatolata quattro uova e una frittata
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Dice bimbo a mamma e papà: “Nel mio sogno chi verrà? Voglio una ferrovia che riempia casa mia con tantissimi vagoni, con i ponti e le stazioni. Salirò su quel trenino, passerò per il camino, fino in cielo arriverò, a una stella chiederò di portarmi in un castello dov‟è un mago col cappello, dove io farò da re. I ministri saran tre; porterò una gran corona, siederò in una poltrona, avrò cani in quantità che lascerò in libertà. Avrò dame e cavalieri e magnifici destrieri, tanti dolci da ordinare, tante torte da mangiare; anzi tutta la mia stanza diverrà una pietanza: la finestra di cioccolata, le pareti di panna montata, una vasca di caramelle ed un letto di frittelle.
Una fata mi insegnerà a volar di qua e di là ed un mago volentieri mi darà i suoi poteri per dar vita ai soldatini, animare i burattini con i quali giocherò ed il tempo passerò… E capire gli animali e parlar con lor da eguali sarà proprio uno scherzetto per me, re un po‟ maghetto. Sulle ali di un gabbiano salirò e andrò lontano, nel camino rientrerò e qui a casa tornerò, perché sento nostalgia di questa stanza mia. Nel mio sogno chi verrà? Voglio solo mamma e papà!”
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State a sentire, vi racconto per un po‟ la vera, incredibile storia di zia Rò. È peggio d‟una vecchietta brontolona, la sua voce nelle stanze risuona, “se non risuonerebbe” – come lei dice, di strane sintassi non “fosse” l‟autrice. Appena esce al mattino, sul più bello, ecco che suona di nuovo il campanello: già, lei è sempre costretta a ritornare perché si scorda le chiavi o il cellulare! Con quest‟ultimo ha poi un rapporto strano: due cellulari s‟è comprata invano… Con uno chiama l‟altro, senza pensare; si risponde da sola…ma ti pare? Poi inveisce perché non ha risposta …e „sta telefonata cara le costa!
******** Ma perché nessuno risponde ?????
Gli occhiali se li piazza sulla testa e quando fa la spesa, lancia in resta, con la scusa degli sconti di giornata compra di tutto…ma la guerra è scoppiata? Tonnellate di zucchero e di farina, cinquanta uova di struzzo e di gallina, per lei servirebbe un magazzino intero e per la frutta ci vorrebbe un pero! A parole si direbbe un Rodomonte, a sentirla è molto peggio d‟un bisonte; ma sapete come la cosa va a finire? È un cuore tenero tutto da scoprire! Dunque siete stati a sentire, si o no? la storia del cuore grande di zia Rò…
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Sapete voi che cosa vuol dire distrazione? È ciò che fanno, senza pensarci, le persone. Ambrogio, il direttore di una grande azienda, incappò un giorno in un‟insolita vicenda. Nel suo lussuoso ufficio pieno di vetrate si accingeva a fare le cose programmate, ma quella mattina aveva un gran mal di schiena, qualunque movimento per lui era una pena. Filtrava un bel sole caldo nella sua stanza, per cui pensò di sfruttare quella circostanza: alzata la camicia, si siede alla finestra e poi, con una mossa piuttosto maldestra, s‟allenta un poco la cintura del pantalone dopodiché si slaccia anche il primo bottone. “Prendere tutto questo tepore è proprio bello, ma come riscalda bene questo solicello! Sarà una mano santa per la mia schiena, questo solo pensiero già mi rasserena!” Mentre attento si leggeva la rassegna stampa e pensava: “in questo paese non si campa!”, qualcuno all‟improvviso bussò alla sua porta e fu tutt‟uno: da persona poco accorta si alzò in piedi per accogliere chi entrava, ma alle sue gambe qualcosa si impigliava… Entra il suo capo, sbigottito all‟occasione, perché ad Ambrogio era caduto…il pantalone!
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Sapete voi che vuol dire disattenzione? È più o meno come la distrazione… Era un uomo proprio sportivo e tranquillo e di nome lui si chiamava Camillo. Come sempre, la domenica mattina si faceva la sua passeggiatina, ma siccome quel giorno era freschetto uscì dopo aver preso il suo giacchetto. Con tuta, scarpe, maglietta e cuor contento, esce sereno dal suo appartamento; fa una bella corsetta per il prato e torna indietro quasi senza fiato; sulle spalle si sistema la giacchetta, s‟asciuga la fronte con una salvietta. Va all‟edicola per comprare il giornale, sente la giacca dalle spalle scivolare, tira le maniche un poco sul davanti, ma queste s‟allungano in pochi istanti; altro che maniche, altro che giaccone, sulle sue spalle aveva…un bel pantalone
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Consolata era una donnona alta e bruna, ma a lei non ne andava bene neanche una; ironia della sorte, si chiamava Consolata, ma la sua vita era una gran bidonata! Una mattina, quando se ne va al mercato, non s‟accorge che il suo carrello è bucato; quando sale sul tram, soltanto un melone è rimasto dentro il suo grande borsone; quando la vettura comincia a spostarsi sotto i piedi dell‟autista va a incastrarsi! Un bel giorno, volendo economizzare e la sua casa di nuovo imbiancare, decide di comprar pennelli e tintura per provvedere da sola alla pittura, ma mentre è sopra la scala, sul più bello, scivola e cade col piede nel secchiello: sembra che abbia una scarpa ed un calzino che, come la vernice, è azzurrino…
Quando cucina, spesso lei è distratta, poi esce con una scarpa e una ciabatta; cammina traballando come un‟oca… e non s‟accorge che la sua casa infuoca! Rincasando, i pompieri ha ritrovato ed era in allarme tutto il caseggiato! In fondo aveva lessato due patate, che però nel frattempo s‟eran bruciate. Una sera, come al solito, mette la sveglia regolata per le sette; al suo trillo, puntuale lei si alza e dal letto con un grande salto balza; si prepara svelta, in quattro e quattr‟otto, ma subito dopo…si blocca di botto: l‟orologio segna la mezzanotte, s‟era sbagliata pure quella notte! Meglio dormire e contar le pecorelle: così forse potrà vedere cose belle! Ma c‟è una cosa da dir di Consolata: è una frana, ma in compenso è molto amata!
“La macchina non vuole partire stamattina e per giunta c‟è un‟aria molto frizzantina; sono uscito leggero col vestito di cotone, arrivare in ufficio era la mia aspirazione. Il motore fa le bizze, sputacchia, grugnisce e poi, con un singhiozzo, borbottando finisce. Il meccanico sicuramente è da chiamare… ma perché mai non mi risponde al cellulare? Poiché da poco è stata fatta la revisione, che sarà mai? Risolvo io questa situazione!” Tolta la giacca, l‟aria da grand‟intenditore, si mette a visitarla quasi fosse un dottore: “Vediamo, fosse il pistone, magari la biella… Dove han messo i cilindri?Oh, questa è bella! Forse devo dare una buona occhiata di sotto… „Sto pezzo è quasi sbullonato, che s‟è rotto?” Una pioggia di olio gli cade sulla faccia; mentre tenta di uscire s‟impiglia nelle braccia… addio, camicia bianca, elegante per l‟ufficio!
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Un bel sette premia il consistente sacrificio! Con le dita nere cerca invano un fazzoletto, ma inciampa e urta con un braccio lo specchietto che cade e finisce in mille pezzi sul selciato. Vola la scarpa…(“Ohimè, il calzino è bucato!”), mentre sta passando il commendator Tommaso, proprio quello che ha la puzza sotto il naso! “Non mi resta che riprovare al cellulare!” Un cane che passa la scarpa va ad annusare… Miracolo! Ora il suo meccanico risponde. “Son infuriato nero e forse ne ho ben donde!” Il meccanico arriva dopo qualche oretta; povero papà! Lui fa la muffa, mentre aspetta! È tutto elegante, il meccanico, azzimato, “Ci penso io!” gli dice con fare compassato; certo il suo sguardo su papà non è lusinghiero perché lo vede sporco, sconvolto e tutto nero. Con aria competente comincia il suo lavoro, ma con cautela, per mantenere il suo decoro; una sola occhiata e pronuncia la sentenza: “Caro signore, ha commesso un‟imprudenza! Lei è veramente fortunato stamattina, alla sua macchina manca solo la benzina!”
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Nell‟angolino di una lavanderia, tra detersivi e montagne di panni sgualciti, pronti per la stireria, una lavatrice ormai da tanti anni lavora con decoro e molta lena: ormai è proprio vecchia e stanca, anche se fa ancora la sua scena perché il bucato pulisce e sbianca. Le dolgono però un poco gli ingranaggi, la scuote un po‟ troppo quel vibrare, senza contare che tutti quei lavaggi rischiano di farla dissestare! “Povera me! Non son più giovincella! Di biancherie ne ho viste proprio tante! Un tempo anch‟io ero giovane e bella e mi ammirava un gran frigo aitante! Dacché ho cominciato a lavorare, quel mio vecchio sogno nel cassetto, al quale ohimé! dovetti rinunciare, l‟ho riposto dentro un fazzoletto! Avrei voluto essere una nave che nuota tra meduse e pesciolini nel fruscio delle onde ch‟è soave, tra conchiglie, coralli e sassolini.
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Avrei voluto che il mio grande oblò fosse un occhio puntato sul mare a veder ciò che la sirena raccontò sotto la luce di mille lampare. Ma nel cassetto del mio detersivo il sogno sbiadì con l‟ammorbidente; e delle speranze di cui io gioivo non se ne fece proprio un bel niente.” D‟improvviso s‟odon dei vagiti: in casa sono nati due gemelli! “I miei tubi si sono rinverditi per lavare i panni dei pupi belli!”
La porta sbatte, entra la mammina che riempie la sua vecchia lavatrice; piena di panni in bilico cammina: “Meno male che ci sei!”, le dice. La lavatrice, ormai ringalluzzita, freme con i suoi tubi, emozionata: “Ecco di nuovo il senso alla mia vita che tornerà ad essere appagata! Questa è una cosa per me importante che mi fa vivere così bene in armonia e il mio lavoro rende più esaltante. Resti l‟antico sogno in fotografia!”
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Pimpilisa la stampante arriva a casa mia, nuova fiammante: è bianca con tante cromature che l‟incorniciano di impunture. È brava, puntuale e competente, senza di lei non si fa proprio niente! Però come ogni cosa ha un difetto: ogni tanto mi fa uno scherzetto. Anche se siamo amiche per la pelle, Pimpilisa è una stampante ribelle: se le chiedo un foglio di stampare, rende solo quello che le pare! Stampa solo quando ne ha voglia, pezzi di carta ad uno ad uno sfoglia; tossisce, sembra quasi raffreddata; s‟inceppa, riparte, emozionata… Però quando io proprio non voglio, eccola sputar fuori un altro foglio e poi un altro ed un altro ancora finché non la spedisco alla malora! Quando a scrivere poi sei sul più bello, parte sola suonando un campanello: non sai da dove viene, né cos‟è, non sai neppure quando, né perché; certo talvolta appare un po‟ inquietante Pimpilisa la nostra stampante!
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Ninna nanna della notte: ci son tante stelle a frotte, câ€&#x;è una luna tutta gialla che nel ciel sembra una palla; una nube bianca e nera che il sereno domani spera.
Ninna nanna sulla terra: dorme il fiore nella serra, dorme pure il pipistrello con le ali chiuse a ombrello; câ€&#x;è sul ramo la civetta che stanotte è di vedetta.
Ninna nanna sopra il mare: tante luci di lampare, il sussurro delle onde, la sirena si nasconde e dormicchia il pesciolino con la mamma a lui vicino.
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Ninna nanna sopra i monti: del silenzio i racconti delle streghe e delle fate che le valli han popolate; poi la neve li raccoglie, e nell‟eco li discioglie.
Ninna nanna in città, ma chi mai la canterà? Un motore la trasporta, batte forte ad una porta, è la casa della mamma che ti canterà la nanna.
Ninna nanna sopra i campi: non temer se vedi i lampi, c‟è la pioggia salutare che la terra fa fruttare; ora dorme il contadino ed è nato un agnellino.
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Nanna ninna del primo dentino, un giorno esce a fare capolino nella bocca rosea del bambino dove è ancora solo, poverino! Cerca l‟amicizia un bel mattino: gli hanno parlato di un topolino che ogni tanto spunta sul cuscino a controllare il dente piccolino.
Ninna nanna ninna dolcemente, di madreperla è il primo dente; nel tuo sorriso teneramente s‟affaccia un mondo fatto di niente. Mentre la notte va via silente, il sole ritornerà da oriente: per mamma e papà sicuramente del creato sarai il più splendente.
La mamma di notte t‟ha vegliato tra nubi di panna e cioccolato; una falce di luna t‟ha cullato, di miele e di zucchero filato; tra gli angioletti ti ha lasciato in un bel cielo tutto stellato, in un sogno tutto colorato di bianco latte e pampepato.
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Ninna nanna senza senso, io la scrivo e non ci penso; una catena di parole lì o là come si vuole. Nella casa una cipolla, un maghetto nell‟ampolla, mangia solo le carote, le scodelle sono vuote.
Ninna nanna senza senso, questo sonno è proprio denso: ci son sogni appiccicati ai miei occhi addormentati, che fatica è il risveglio, se io dormo, non è meglio?
Ninna nanna senza senso, l‟ho trovato, ma è melenso, sa di zucchero e cannella, di sciroppo e mortadella… Non mi piace, mamma mia! Beh, tu dormi e vado via.
Ninna nanna senza senso che profuma un po‟ d‟incenso, ha l‟odore del mattino, del caffè e del cappuccino, della torta della zia, ha l‟odor di casa mia.
Ninna nanna senza senso, né leggero né intenso; piano piano cresce il fiore che non ha nessun odore, l‟ha perduto in una zolla, scende giù con la corolla, lo ripesca, se lo mette, lo regala alle violette.
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Con un giovane cavallo devi sempre farci il callo Con tutti i giovani, si sa, tanta pazienza ci vorrà; se talvolta poi ti scappa, anche l’ira poi t’acchiappa, l’indirizzo devi dare e lasciarli maturare.
A caval donato non si guarda in bocca …Perché il dono è sacrosanto e non c’è da dire tanto, solamente ringraziare chi te l’ha voluto dare .
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Campa cavallo che l’erba cresce L’erba cresce sul bel prato se un cavallo ha pascolato; quindi entrambi vivon bene senza fatica e senza pene.
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Il gatto nella dispensa ciò che fa pensa.
La gallina che razzola per casa se non beccola ha già beccolato Perché chi ha già mangiato non sarà più affamato; non si lascerà tentare da leccornie che vuoi dare.
Prova un po‟ ad immaginare un gattone tuttofare che, a caccia di prosciutti, pensa che li rubin tutti! Hai capito che vuol dire? La storiella va a finire che se fai una marachella e vai via alla chetichella, certamente puoi pensare: anche gli altri fan del male!
Se il gatto starnuta il tempo muta Gatto che fa toeletta acqua aspetta È notorio, è risaputo che se il gatto fa starnuto e la gatta si fa bella viene giù la pioggerella; quindi con questo animale non sentir telegiornale.
Chi non ha il gatto, mantiene i topi e chi l’ha, mantiene i topi e il gatto Di questo proverbio la morale è…che i topi ci stanno uguale!
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Quando il gatto non c’è i topi ballano È un balletto un po’ maldestro perché occorre tanto estro; quando il capo se ne andrà, la sarabanda partirà… è così che s’approfitta una personcina dritta!
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Quando la rondine vola male s’avvicina il temporale …Perché cerca un rifugio nella tana o in un pertugio, o in cima al campanile, o sul tetto dell’ovile… Ma se basso volerà, temporale annuncerà.
Una rondine non fa primavera Se le rondini vengono a frotte non fa più molto freddo di notte; di giorno s’annuncia un bel tepore, della primavera si sente l’odore
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In un‟aiola pulita e ordinata un‟erba piccina stamani è sbucata; ci sono rose a caspuglio variopinte ed ortensie che davvero sembran finte: chi spunta è un filino prepotente che si fa largo in modo impertinente: “Oggi sembro un‟erbetta qualunque, ma vedrete quando sarà al dunque; sono un fiore bello e profumato, «fresia»,è il nome che mi han dato…”
Dice la rosa da gran signora: “Non darti arie, carino, per ora, cresci, rifletti e non snobbare chi da tempo fatica a campare. Non basta di certo aver bellezza, occorre avere tanta accortezza rispettando chi vive accanto e chi si impegna nel dare tanto. Ognuno, seguendo la natura, offra quel che può anche se è dura cercando di fare la cosa migliore con tutto se stesso e con il cuore.”
A questo punto la fresia tossisce e per l‟imbarazzo poi arrossisce; guarda la rosa, scrolla il capino… il sole sorride in quel mondo piccino.
Lassù nel grande firmamento turchino apparve un bel giorno il pianeta Paolino. Si capiva che era un pianeta monello perché correva come un pazzerello: sulla via Lattea non dava precedenze, non rispettava mai le convenienze, per Sole e Luna non aveva rispetto e tutti i pianeti prendeva a braccetto. “Guarda il piccino com‟è maleducato! Ma questo a scuola cosa avrà imparato?” - dice Nettuno pianeta brontolone – Devo insegnargli io l‟educazione!” Ma Paolino proprio non gli dava retta e correva come un pazzo in bicicletta; le comete trascinava per la coda; sgommando per le stelle in testa-coda annodava le nuvole tra di loro e tutte queste protestavano in coro.
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Tra le tante, infinite sue marachelle c‟era quella di spengere le stelle e lo faceva di nascosto, di notte, perché era un furbacchione di tre cotte. Sole e Luna, che, entrati in confusione, del tempo avevan perso la gestione, un bel momento, al clou della faccenda, litigarono tra loro, cosa orrenda, perché non sapevano, girando intorno, quand‟era notte e quando, invece, giorno! Non mostrando segni di pentimento, fu convocato al foro del firmamento dove Giove in pianeta lo condannò e ai satelliti sociali lo affidò: Paolino ebbe il compito di spolverare le stelle, che dovevano controllare, di fare una permanente alle comete che di cambiare look furono ben liete. Per Sole e Luna? Un orologio a cucù che regolasse bene i turni di lassù…
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Nell‟orticello di messer Scontroso che, in barba al nome, è un uomo generoso, in mezzo alla terra e alle piantine c‟eran cipolle, melanzane e zucchine, che ciacolavano da buone comari facendo ciarle e pettegolezzi vari. Il peperone, che le ascolta perplesso con una faccia un po‟…da pesce lesso, si rivolge seccato ai fagiolini: “Questi sono discorsi un po‟ sciocchini! Io sto sulle mie, penso al mercato; chissà stamane a che prezzo son quotato!?” La carota, con aria un po‟ vezzosa, si pettina bene il ciuffo, vanitosa: “Non è certo per me questo discorso; io mi sto preparando ad un concorso: io Miss Carota voglio diventare e quindi la mia immagine curare!” La bieta, sventolandosi a foglia tesa, ad invecchiare ancora non s‟è arresa e col fango si fa un gran bell‟impacco… prima d‟essere infilata dentro un sacco!
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Ma chi c‟è lì in un angolo nascosta? Sembra qualcuno che si ritragga apposta… Spunta dalla terra un gran pancione di colore tra il biondo e l‟arancione: sembra quasi che indossi una parrucca… Ma sì, è proprio lei, solo una zucca! Dice un sedano, giovane e distinto: “Come son bello! Io sembro dipinto! Mangia di meno, forza, per favore, non vedi che scateni il terrore? E poi il tuo nome serve come insulto!” La zucca replicò con un singulto… Tutti gli altri ortaggi, udite quelle offese, della zucca vollero prender le difese: “Le sue proprietà sono un gran tesoro!” Replicò un po‟ piccato il pomodoro.
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“In cucina serve più di tutti noi, può far dolce e salato, se lo vuoi!” Pontifica dall‟alto il peperone e prende la seguente decisione: ”Se noi vogliamo farci perdonare, una festa le dobbiamo dedicare! Sarà una festa dedicata a tutti, non solo a quelli belli, ma ai brutti, una grande occasione che ci scusi con quelli che sovente sono esclusi! La zucca diventerà la reginetta di fantasmi, mostri e d‟una rimetta che coinvolgerà anche i bambini. Busseranno alle porte dei vicini chiedendo a tutti: «Dolcetto o scherzetto?» E in un cestino poi raccoglieranno tutti i dolci che gli adulti offriranno!” “Ognuno di noi ha il proprio sapore; di tutti è bellissimo il colore!” Il basilico dice acutamente agli altri che ascoltano attentamente: “Se stiamo insieme la vita è più sensata!” ..Insieme crearono una bell‟insalata!
Un ordinato esercito di passeretti se ne volava in fila sopra i tetti a caccia di vicende molto strane, misteri e cose veramente arcane. In divisa, piuma bianca sopra il petto, controllavan che il mondo fosse retto. Merlow, pipa ed impermeabile allacciato, era il capo del servizio di Stato; detective in zampa, andatura da duro, mostrava a tutti d‟esser più che sicuro. Un giorno accadde un fatto importante: una bella levriera, grande cantante, ch‟era per nascita d‟alto lignaggio, perse la voce durante un viaggio che la portava a fare un concerto in un teatro tutto all‟aperto. Fu un guaio grosso e ne fu informato detective Merlow del servizio di Stato.
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Fu interrogata parecchia gente ma della voce non si seppe niente, finché un bel giorno madama Stella, che sfilava da splendida gazzella, (gambe lunghe, slanciata ed elegante, ben truccata, ma anche un po‟ arrogante) disse altezzosa: “Io so dove cercare, non certo in terra ma neppure in mare, i miei presentimenti son reali: la voce è in una tasca con due ali!” Detective Merlow del servizio di Stato a tal sortita non era preparato; chiamò a raccolta i suoi prodi passeretti sguinzagliandoli a terra e sopra i tetti: che cosa era accaduto alla levriera grande soprano di lunga carriera?
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Nel frattempo arrivò un messaggio cifrato al detective Merlow del servizio di Stato: “Controllate e trovate la tasca con due ali” le parole son quelle e son sempre uguali. Pensa e ripensa, Merlow è depresso: “Qui c‟è qualcuno che vuol farmi fesso!” Finché sora Tirchietta, formichina, riceve una soffiata una mattina. Lesta e solerte, va in commissariato a cercar Merlow detective di Stato; quel che si dissero resta un bel mistero in questa storia che sta fra giallo e nero. Venne arrestato mister Cornacchiola da “Cosaloro” detto “Don Nicola”, che astutamente in tasca conservava tutte le voci che in giro rubacchiava. Poiché il bel canto per lui era un piacere soltanto per sé lo voleva tenere. Il bravo Merlow detective di stato per questo con medaglia fu premiato.
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Il vecchio libraio cala la serranda… e in libreria è già la sarabanda: volumi polverosi e libriccini, dizionari, atlanti ed affini scendono giù dalle librerie facendo schiamazzi e scorrerie; addio silenzio e concentrazione, regna solo una grande confusione! L‟atlante è il primo a prender la parola tra volumi e volumetti di scuola: “Sono un viaggiatore, state accorti! Ascoltatemi, non ho tutti i torti: successe giorni fa una cosa strana, sparì una raccolta mozartiana! Era di gran pregio e ci faceva onore, qualcun di voi l‟ha vista, per favore?”
Tutti i libri si guardano in tralice e alfine è un ricettario quel che dice: “Io songh‟e Napule o‟ pizzettaro, magari ebbi nu pensiero amaro: guagliò, uno di noi è nu mariuolo, è „o vero comme i‟ so‟ pizzaiolo!” “Ho visto un tizio con fare sospetto che infilava qualcosa nel corsetto” - fa l‟eroina del romanzo rosa con vocina esile e vezzosa. – Un libro ridotto un po‟ malino, ossia il dizionario di latino, prende il discorso con voce tonante parlando con tono altisonante: “Qui c‟è soltanto gente sicura perché ci regna solo la cultura; quindi non possiamo parlare di quel che non abbiamo visto fare!”
Ma un vecchio tomo di filosofia, visto da tutti con antipatia, cominciò un lunghissimo sermone per tenere agli altri una lezione: “Conciosiacosacché quinci per cui…” Ma in fondo si capisce solo lui! Si leva un fruscio di sottofondo, comincia a parlare il mappamondo: “Ciance la banda, bamba le ciance, ciccie le bambe..Bando alle ciance! Investighiamo uno scrutatore… Eehm! Chiamiamo un investigatore!” Come sempre il mappamondo s‟inceppa perché bofonchia spesso con la zeppa!
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“L‟idea però è buona!” Dicono in coro; “Chiamiamo Holmes che fa un buon lavoro!” Scherlock arriva con la pipa in bocca: “Elementare, Watson, qui si tocca la banalità…Il caso è chiuso senza bisogno d‟un cervello fuso. Questo fitto mistero ormai è sciolto e il giallo prontamente è risolto: fu proprio la raccolta pucciniana, invidiosa di quella mozartiana, che la fece cader dagli scaffali dietro ad una pila di giornali!” “An‟ vedi quant‟è bravo „sto sor coso!” Dice un Trilussa quanto mai scontroso… D‟improvviso si sente un gran rumore: la serranda s‟è alzata con fragore… “Tutti a posto ed ognun stia zitto!” - ordina il manuale di diritto.
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Nel deserto il cammello Gedeone è arrivato all‟età della ragione; fa il suo primo viaggio in carovana portando sacchi, borsoni e bandana. Da poco aveva preso la patente da un vecchio dromedario suo parente: partirà quindi per la prima impresa con la borraccia al lungo collo appesa. Il sole picchia forte sulla testa, ma lui a far chilometri s‟appresta; non si stanca neppure un pochettino, né si ferma per fare uno spuntino: vuol dimostrare le sue capacità, la forza, il coraggio e l‟abilità. Accanto a lui ondeggia la sua bella, la dolce cammellina Arabella ch‟è già una viaggiatrice navigata: per lei non è la prima traversata! Bella mostra di sé lui vuole fare perché così lei lo possa ammirare.
Un giorno tutti fecero una sosta in una stazione della posta: l‟oasi offriva una dolce frescura ch‟era un riparo per quella calura. Il cammelliere che invece ha fretta per un grosso affare che l‟aspetta, prosegue il viaggio con Gedeone mentre lì restano tutte le persone; anche Arabella si era fermata per prendere il fresco ed un‟orzata. A denti stretti Gedeone cammina e per poco per terra non rovina; alla meta però, con gran fatica, arrivò in men che non si dica. Tirò un gran sospiro di sollievo: “Ora tutti „sti pacchi me li levo!” A quel punto, con grande meraviglia, disse: “E adesso che mi piglia?! Qualcosa mi manca sulla schiena; vedo una gobba sola, a malapena! E l‟altra gobba? Chi me l‟ha rubata?” Urlò con una voce disperata.
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Un cactus verde che era lì vicino, sentendo strillare il cammellino, si propose come Agatha Christie perché gialli così non s‟eran visti! “Sono un‟investigatrice assai famosa e ti risolverò qualunque cosa!” Dopo aver ascoltato la questione esposta dal cammello Gedeone, gli chiede: “Quanto hai camminato? Questo tuo viaggio quanto è durato?” E quando seppe della sua prodezza e della sua infinita stanchezza, scoppiò in una grandissima risata per tutta quella storia strampalata. Poi alla fine pronunciò il verdetto lasciando sconcertato il poveretto: “La gobba che pensavi ormai sparita si è solo sciolta, s‟è rimpicciolita per la fatica, la fame e la sete… Ma voi cammelli la ritroverete fermandovi a far rifornimento d‟erbe, d‟acqua e pure di frumento!”
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Siamo i pirati padroni del mare e da nessun ci facciam catturare; nei grandi velieri noi nascondiamo tante ricchezze che deprediamo. Su tutte le navi, allâ€&#x;arrembaggio noi ci lanciamo con tanto coraggio; di immensi tesori facciamo man bassa, a tutti i velieri rubiamo la cassa: collane, smeraldi, dobloni e bracciali, anelli, diamanti ed oro a quintali. Siamo i pirati padroni del mare. UrrĂ ! UrrĂ ! Dobbiamo brindare! Ma che pirati son questi qua? Sono i corsari di BarbapapĂ !
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Cin Ciun Fu ho conosciuto quest‟estate: è un fan sperticato del gran karate, non fa che pensare da mane a sera: “Solo questa per me è la vita vera!” Quando arriva in palestra è già gasato, quando esce è ancor più emozionato; picchia, dà fendenti, liscia con la mano, se lo osservi però non sembra sano. Veloce come una lepre, guizza e scalcia, se va per strada il traffico intralcia; è vorticoso come un aeratore, muove l‟aria più di un ventilatore. È addestrato, veloce, è una gazzella, a tutte le angherie lui si ribella, però dentro al negozio in cui lavora che si tranquillizzi non vedon l‟ora; sono pazienti, ma non insensibili. Lui lavora in un negozio di mobili; li prova, li saggia e li sconocchia, poi con aria innocente e senza spocchia, dice: “Non capite che fatica è la mia, quella di offrire una bella garanzia!” Ci credereste? È romano! S‟è saputo che il suo nome in Giappone è sconosciuto; pare che invero si chiami Mario Ciaccio e la sua casa è nel quartiere di Testaccio.
Dormiva un castello sulla collina avvolto da un anello d‟acqua chiara con un nuvoletta piccolina; un ponte levatoio lo separa dal resto del villaggio che lo snobba perché lo sa dagli spettri infestato, tra i quali c‟era uno con la gobba che era molto ghiotto di gelato. Erasmo si chiamava, era un burlone, che tormentava tutti i pasticcieri a cui voleva estorcere un cannone di cioccolato, non di quelli veri! Poi c‟era la fantasma Petronilla che s‟aggirava sui camminamenti armata d‟ago, filo e d‟una spilla con cui cuciva a tutti gli indumenti; ogni spettro però si scoraggiava nel veder decorati sul lenzuolo fiori e foglie che lei ricamava; ognuno si sentiva…un tovagliolo!
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Gocciadoro s‟annuncia fragoroso, starnutisce tirando su col naso, la tosse lo fa essere scontroso, indossa anche la sciarpa, non a caso. Insomma ce ne son di tante razze, burloni, nevrastenici e chiassosi, che di cose ne fanno tante pazze: ce n‟è di allegri e di piagnucolosi. Di tutti quei fantasmi il beniamino, da tutti gli altri molto coccolato, era Guglielmo, strano fantasmino, il più piccolo perché l‟ultimo arrivato. Era alto una spanna e timidone, voleva un buon fantasma diventare, così, per non andare in depressione, a scuola lui cercava di imparare ad agitar catene, a fare urlacci, a oltrepassare i muri, a scomparire, a suonare campane e campanacci e poi magicamente a riapparire.
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Ma il povero fantasma Guglielmino era davvero un grande pasticcione; era agghindato come un damerino, voleva farsi amiche le persone, le catene suonava a campanello, andava sempre a sbattere nei muri, come paracadute avea un ombrello per rendere i suoi voli più sicuri. Bocciato dalla scuola di magia. da tutti poi deriso ed evitato, si rifugiò dalla maga sua zia che gli facesse un corso accelerato. Apprese molto bene la lezione, a passar muri, ad agitar catene, però alla sua prima esibizione - sentimi adesso e annota molto bene – quando si fece un grande capannello dei suoi colleghi venuti a vedere, un coniglio sbucò dal suo cappello: ormai era un fantasma giocoliere!
Un giovin fornaio che di notte lavorava e poi il pane caldo ogni mattina sfornava per le famiglie che abitavano nel quartiere, era un uomo affabile e di bellissime maniere. Aveva un grande amore per tutti gli animali, che abitavano in una via con i cancelli uguali; uscendo dal suo negozio in un sacco infilava tanti bei panini che il panificio sfornava e cominciava il suo allegro pellegrinaggio: a tutti gli amici cani portava un assaggio. In silenzioso accordo con il loro fornaio non abbaiavano per evitare un guaio; si sa che i padroni non sono mai contenti di vedere gli altri in faccende strane intenti. Allâ€&#x;orario fissato partiva la consegna: un buon panino che nessun cane disdegna! Quatta quatta una mano si infilava nel cancello e depositava il suo fragrante e buon fardello!
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Luna, cagnolina vezzosa e smorfiosetta, apprezzava più d‟ogni altra cosa la rosetta; più su c‟era il bassotto che si chiamava Rino ch‟era innamorato pazzo dello sfilatino. La sofisticata barboncina Lisette era invece ghiottissima della baguette; a Manola, caliente levriera spagnola, veniva l‟acquolina in bocca per la ciriola; Luana, spinona borgatara e un po‟ coatta, smaniava invece per una croccante ciabatta. Poi c‟era Poldo, che del quartiere era il bullo, ma in fondo era un cagnone grosso e un po‟ citrullo: lui non stava tanto a guardar per il sottile, mangiava tutto quello che passava il…canile! Lesto, silenzioso e furbo come una faina, nascondeva la sua preda sotto una piantina; a grandi zampate scavava e la sotterrava, al momento opportuno, vorace, la mangiava. Univa i cani una grande riconoscenza: quel fornaio era davvero la provvidenza!
Lin Cion Cin era un piccolo monaco Shaolin; sulla testa pelata aveva un ciuffo che lo rendeva piuttosto buffo. “Uaaah! Uoooh! Uiii!” Così gridava forte Lin Cion Cin, mentre agli esercizi si allenava ed i muscoli suoi rinforzava. Con la mente così concentrata la sua paura era superata; con le mani di dritto e di taglio apriva l‟aria come un ventaglio. Forza e destrezza d‟ogni animale impara per difendersi dal male: nasce del kung fu ogni figura presa a prestito da madre natura.
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Lin Cion Cin, da bravo monachello Shaolin, cerca dalla tigre la destrezza per librarsi nel salto ad ogni altezza. Silenzioso e veloce come un dardo, prende grazia e ferocia dal leopardo. Il coraggio del re della foresta imita, col suo ciuffo sulla testa; diventa curioso come lo gnu… e forse come sei anche tu. Piccolo drago dal cuore di fiamma, tenero agnellino nel cuor di mamma, combatte nel caldo e pur nel gelo sempre con il consueto zelo. W Lin Cion Cin, bravo piccolo monaco Shaolin!
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Dieci lune fa, nella tribù dei Piedi Neri, arroccati tra i monti, su ripidi sentieri, in un teepee nasceva un tenero indianino con una voglia a stella sul naso piccolino: voglia di luna, di nubi e di cieli infiniti, a cui fece arrivare i primi suoi vagiti. La madre, rotondetta, era Torta di Mele, il padre lo chiamavano invece Fior di fiele. Sognava l‟indianino col naso tutto giallo d‟aver per il suoi giochi un veloce cavallo. E quando l‟indianino compì le lune adatte, nonostante i capricci e le sue malefatte, in dono ricevette un maestoso cavallo; che festa, che sorpresa, per il Nasino Giallo! A lezione di guida s‟iscrive prontamente: comincia a cavalcar sotto il sole caliente: Pennacelere, ch‟è il suo bravo maestro, gli insegna a galoppare e a trottare con estro, dicendogli però di andare sempre piano, non a briglie sciolte, ma strette nella mano.
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Ma in barba alle sue tante raccomandazioni, quando Nasino Giallo si mette a cavalcioni, correndo a perdifiato terrorizza il villaggio per poter dare prova del suo… “grande coraggio”. Il capo lo rimprovera, lo sgrida lo sciamano, …la sua corsa continua più forte e più lontano, finché proprio il cavallo, da bravo giustiziere, s‟impunta con le zampe facendolo cadere. Cocciuto l‟animale non si muove di lì e si sposta soltanto per portarlo al teepee: tenendolo coi denti un poco a penzoloni, finisce col levargli perfino i pantaloni. Il povero indianino, ch‟è rimasto in mutande, s‟accorge che non è né audace, né grande: di fronte alla sua gente, che ormai lo prende in giro, lui prova a rimettersi di nuovo “tutto in tiro”, ma il suo nasino giallo, per questo grande smacco, divenne tutto rosso e questo fu il suo scacco perché tutti lo chiamano da allor “Nasino rosso” …e lui, per la vergogna, si nascose in un fosso. Invece il suo cavallo, più saggio e intraprendente, fu soprannominato “Sedere splendente”.
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La regina Isa bella ha acquistato una parrucca color cioccolato, piena di riccioli inanellati con fiocchi e nastri messi alternati: così fine e di splendida fattura che sul capo farà la sua figura. Era proprio quel che giusto ci voleva per la festa che a breve si svolgeva nei saloni bellissimi del regno con re, regine e principi a convegno.
La regina Elisa betta, con ugual pensiero, voleva una parrucca di colore nero; se ne provò tante fino allo sfinimento, ne scelse una che pareva un monumento: era con riccioli color cioccolato, con nastri e perline soltanto da un lato.
La pronta consegna sarebbe avvenuta ai due maggiordomi, ma con ricevuta, ma un fato burlone i pacchi scambiò ed un collo diverso ad ognuna portò… Più che colli, scambiò le due parrucche che quindi andaron su due diverse zucche! Le due regine, un po‟ rammaricate, le misero, per quanto contrariate.
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Venne il giorno della festa da ballo: la sala splendea di luci e di cristallo; donne inguainate in tessuti preziosi e uomini eleganti e un po‟ noiosi. Nel vortice incessante della danza, si verificò una strana circostanza: le due regine, messe faccia a faccia, si esposero ad una figuraccia; ognuna guardando l‟altra sulla testa attonita e sorpresa alquanto resta; riconoscendo la parrucca scelta, fa l‟atto di ghermirla, svelta svelta. Però nell‟aria il gesto si blocca, continuare è una cosa molto sciocca: son due regine e quindi raffinate, non possono non essere educate. Con regal gesto si prendono per mano e vanno in una sala un po‟ lontano: adesso è l‟ora di un cambio veloce, ma subito interviene un dubbio atroce... Suvvia, regine, perché vi fermate? Perché le due parrucche non cambiate? Ma le vostre due crape son pelate!?
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Un mestiere non ce l‟ho e neppure l‟ho trovato, sono un po‟ disoccupato; quindi a tutti do un consiglio: via, lasciate quel cipiglio! Se vuoi essere sereno fatti un po‟ di “paglia e fieno”, i tuoi guai lascia da parte, con impegno datti all‟arte, pensa a chi ti sta vicino e regalagli un cuscino perché possa riposare e sognar quel che gli pare. Tanto basta la salute!
… Nella valle ch’è del Do tante cose io le ho!
Per ampliare le vedute un buon libro può andar bene e per togliere le pene tanti amici da incontrare con cui ridere e scherzare. Un bel paio di stivali, anche lenti e cannocchiali per viaggiare in tutto il mondo e abbracciarlo in un secondo. Quando a casa tornerai la sorpresa troverai: il tuo tempo hai ritrovato, non sei più disoccupato!
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…Dove tutti son solo cortigiani, nessuno mangia il pollo con le mani. Il ciambellano è ghiotto di cornetti, il connestabile confeziona confetti, il maggiordomo non si chiama Battista e il giocoliere non è un grande artista. Il maniscalco batte il ferro quando è caldo, il maestro di cappella si chiama Gesualdo; il palafreniere all‟ippica s‟è dato, ma il cavallo è rimasto sconcertato. Il giullar non fa ridere nessuno, per punirsi si mette un po‟ a digiuno e poi, giusto per farsi perdonare, apre le danze per chi vuol ballare.
Il primo ministro è l‟ultimo del mondo, grasso e rubizzo, gioca al girotondo; il governatore di tutto il reame fa la scarpetta dentro ogni tegame. E che dire, peraltro, dei balivi? Amministrano viti e pure ulivi; fanno olio e vinello e la bruschetta ben condita riesce in ogni fetta. I soldati combattono per finta il castello dipingon d‟ogni tinta; cameriere ed ancelle puoi trovare tutto il giorno tranquille a “ciacolare”.
…Cosa fan tutti nella valle del Re? Ansiosi aspettano me e te.
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Lo sai cosa accade nella valle del Mi? Che ogni cicala d‟estate nitrì, che ogni cavallo perplesso frinì, che il grillo sorpreso d‟istinto barrì, che il gallo cedrone di getto bramì e che l‟ippopotamo fece cri cri. Perché questo accade nella valle del Mi? Perché ogni parola finisce così ed ogni vocale diventa una i. Infatti il papà diventa pipì, la pappa, ohimè!, si dice così, la mamma, volendo, diventa mimì; se poi chiedi un bacio ottieni un bicì. Non chieder la pera, ti danno un pirì La rosa la mangi: diventa risì! Adesso fai tu, ti dico così: che cos‟è la rini che misci mingì? Suvvia, ti diverti a gicire con mi?
Ti piace pensare alla valle del Mi? Ti prego, bambino, dimmi di sì!
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Si danno da far nella valle del Fa, ognuno facendo come gli va: il fabbro piallando intona un lallà ed il falegname il legno non ha, ma con fantasia lui inventerà. Nel fango un porcello si rotolerà ed una farfalla lo saluterà La sora Faustina al mercato sen va con uova e farina lei cucinerà e tanti dolcetti e tortine farà: la cena fastosa e ricca sarà; fagioli si mangiano a volontà Nessuno fa nulla nella valle del Fa, perfino chi dorme qualcosa farà, facendo un bel sogno lui lavorerà. Qui ogni fanciullo si divertirà giocando al fantino lui cavalcherà. Il vecchio fantasma si scatenerà dall‟alto maniero un urlaccio farà e ogni suo fan lo acclamerà. Al porto il facchino si imbarcherà, fantastici tour intraprenderà ed un fazzoletto lui sventolerà. Il controfagotto lo saluterà, la banda famosa per lui suonerà.
Ci vieni anche tu nella valle del Fa? Fai presto, altrimenti ognun se ne andrà.
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C‟è un torero intelligente che ai tori non fa niente; ha deciso di provare a cacciare le zanzare. Picador per imitarlo fa la guerra con un tarlo e imbracciando uno stecchino mangia olive e spezzatino. Don Chisciotte della Mancia, con il fido Sancho Pancha, se ne vanno a cuor contento, mentre sui mulini a vento sta sospesa Dulcinea che per loro è una dea.
Poi c‟è un piccolo sombrero ch‟è volato sopra un pero, e lassù fa la sua siesta mentre intorno c‟è la fiesta. Un flamenco scatenato col tanghéro un po‟ suonato con due nacchere e mantiglia beve il vino di Siviglia. Anche il Cid diventa cuoco e si mette accanto al fuoco: la paella sua è squisita e si leccano le dita.
....E su tutti il Sol risplende e il colore lì s’accende!
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Se ti sposti un pochino più in qua troverai la valle del La, dove nessuno giammai partirà ma ognuno in fretta qui ritornerà. Quale segreto ha la valle del La? Perché tanta gente si affretterà ad arrivar nella valle del La? Perché qui soltanto il bel canto ci sta e chi è stonato a cantar riuscirà; tutta la banda felice sarà per la ritrovata sua libertà: il piano le scale rifiuterà, gli accordi lo stesso lui troverà. L‟argento gli ottoni luciderà: ognuno prezioso diventerà.
Il violino azzurro diventerà, da Fata Turchina suonare potrà. Il tamburo, cicciotto, dimagrirà; i piatti sicuro non laverà perché ognun di essi di vetro sarà. Il mandolino non mandolerà e mandorle a casa lui manderà. Madama chitarra si cucinerà i quattro spaghetti che poi mangerà. Il fagotto alla posta arriverà ed un telegramma lo annuncerà, ma poi a partire lui rinuncerà per star con gli amici con serenità.
Si canta e si suona con felicità rimani con noi nella valle del La!
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La valle del Si è la più misteriosa perché ad incontrarsi sarà ogni cosa, perché tra la gente non c‟è mai distanza, i no, come i forse, non hanno importanza. La valle del Si è un grandissimo abbraccio in cui non incontri neppure un tipaccio, nessun ti minaccia o ti fa paura, la valle del Si è sempre sicura. Le fedi si incontrano di tutto il mondo, le lingue si mescolan in un girotondo; nessuno è più bravo, nessuno è più bello,
c‟è il sole, non piove, non serve l‟ombrello; quaggiù non c‟è niente da cui ripararsi e dei propri errori ognun può rifarsi. Nessuno ha bisogno di chieder perdono, per tutte le cose c‟è sempre un condono; non c‟è spazio chiuso, neppure prigioni perché tutti quanti quaggiù sono buoni. Nessun perde tempo, nessuno si stanca, nessun resta indietro, nessuno mai arranca; a fianco dell‟altro ognuno cammina ed ogni persona all‟altro è vicina.
Puoi farla anche tu la valle del Si, purché ti comporti sempre così!
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Dal vecchio baule della nonna quello conservato in soffitta, esce Babbo Natale con la slitta, un lampada con la sottogonna, un prato verde pieno di viole, un bastone con un quadro astratto e sai cosa esce pure di soppiatto? un vassoio di frappe e castagnole. Un bel vestito rosso un poâ€&#x; retrò che balla un folle tango appassionato; un cavallo a dondolo pezzato e poi, se aspetti ancora un poâ€&#x;, salta fuori perfino un grande cocchio con nobili, regine e cavalieri (tirato da due focosi destrieri), compreso il principe ranocchio.
Un grammofono a tromba un po‟ stonato, che ha perso ormai la sua manovella e poi, cercando l‟anima gemella, della ballerina d‟un carillon s‟è innamorato.
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Trine, merletti e pure un occhialino, un binocolo e il palco della Scala, una festa da ballo di gran gala e un frac che pensa d‟essere un pinguino. E rovistando in mezzo ad ogni cosa, tra domeniche al mare in bicicletta, un castello di sabbia e una paletta, esce sontuoso un abito da sposa. Sbucan fuori una radio un po‟ gracchiante, album di foto dagli anni appannate, libri di streghe, di maghi e di fate, sacchetti profumati di spigo olezzante.
In un fruscio di tulle, seta e lana, sotto riccioli biondi un po‟ disfatti, tra un orsetto di pezza e vecchi gatti appare una bambola di porcellana. Quando il baule è vuoto, molto in fondo, resta ancora qualcosa di piccolo e lucente, che quasi non si vede e sembra niente, è invece il ricordo più bello del mondo.
Oggi in casa succede un parapiglia: nessun si desta, in questa famiglia: il papà dorme, la mamma sonnecchia, la gatta di casa tutti punzecchia nel tentativo di farli svegliare, ma non c‟è proprio niente da fare! Ognun si gira dall‟altro lato, perfino il cane è disperato! Ma che succede? Sai dirmi perché? Dorme anche il filino di caffè. Lo sveglia d‟improvviso un odorino per cui gli viene un certo languorino; incuriosito si muove sinuoso spostandosi un po‟ avanti, un po‟ a ritroso, sguscia dalla finestra cautamente, questo filino molto intraprendente, passa sulla famiglia addormentata inciampando nei sogni di giornata. Ma che succede? Sai dirmi perché? Ora è sveglio il filino di caffè
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S‟arrampica sui tetti come un gatto, s‟inoltra nelle case di soppiatto; osserva, cerca, come uno della Cia, così capita pure in casa mia dove la nonna è intenta alla cucina: lei s‟è svegliata presto stamattina per preparare intingoli e salsine, stufati, pasta asciutta con zucchine.
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Ma che succede? Sai dirmi dov‟è? Dove è andato il filino di caffè? Mentre i bambini se ne vanno a scuola bolle e sfrigola in pentola la pomarola; Filino, fra il perplesso e l‟intronato, diventa d‟improvviso un po‟ snodato: dalla pila fuoriesce una rossa procace che gli toglierà il sonno e la pace. Filino innamorato perde il senno; la Filina sensuale gli fa un cenno. Ma che accade? Sai dirmi che c‟è? Cosa fa il filino di caffè?
I due Filini, ormai molto innamorati, felici d‟essersi finalmente incontrati, creano intrecciando i loro fumi una nuova fragranza di profumi. Per la cucina che li ha fatti incontrare qualcosa di nuovo vogliono inventare. Ci crederesti? Proprio grazie a loro nacque…il caffè al pomodoro! Ma che cos‟è? L‟hai mai assaggiato? Prova a chiedere a chi l‟ha già provato…
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È roca, squillante; fina in alto tocca, sembra venire proprio dalla bocca; scende, sale e dopo in basso va; vola ed al cuore presto arriverà. Mille toni diversi può spaziare; mille note può stringere o allargare. Rende l‟anima tenera e leggera e la persona si fa libera e fiera. Per riuscire a raggiungere alte vette solo studio alfine ci permette. Per ognuno è un dono molto grande quella voce che nell‟aere si spande; ci fa sempre sorridere e pensare, a volte ti fa piangere e sospirare. È cantare ed è uno spirito folletto e con il cielo è in filo diretto.
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Su di una fabbrica due vecchie ciminiere svettano grigiastre, rigide e severe; con le bocche annerite ed impastate parlano fitto tra loro un po‟ alterate: “A forza di sputar fumo e di tossire, oramai non riusciamo più a smaltire e se ci riflettiamo, la cosa primaria è che avveleniam noi stesse e l‟aria. I nostri figli, dimmi, cosa faranno, per riparare il grigio e questo danno? Questo mondo senza più regole e colori, con scarso verde e con ben pochi fiori con tutte questa case tristi e affrante, sopporta una vita sempre più pesante. Però questa fabbrica ha tanti operai, se chiuderà passeranno seri guai; cerchiamo di sistemare questa cosa per rendere la vita più armoniosa e fare sì che il ciel che ci sovrasta non possa e non voglia dire “basta”! Notiam con amarezza e delusione che molte specie andranno in estinzione e il verde che un tempo era rigoglioso fatica a crescer sano e vigoroso. L‟invito a cambiare è da accettar per intero se alla vita del pianeta teniamo davvero”.
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C‟è un concerto a Roccabagnata che si terrà nella tarda serata: Mastro Mozarto, il poverino, dirige tutti con un grissino; e dov‟è mai la sua bacchetta? È in camerino e lì l‟aspetta! Con una latta del pomodoro tutto d‟un botto comincia il coro: e la grancassa e il bombardone? Sotto la sedia del primo trombone. E cosa fa il secondo violino? In piedi si alza per un topolino! E gli altri strumenti dell‟orchestra? Son tutti fuori della finestra… Si chiude la porta, la sala è riempita, suonare in tal modo costa fatica; con una sola battuta di mano parte un accordo ancora un po‟ strano… Via! Ogni cosa torni al suo posto! Sarà il miglior concerto d‟agosto!
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Nel porto di Chissò nacque Procopio, il sottomarino con il periscopio. Sua madre era una motovedetta che andava per i mari in tutta fretta, mentre suo padre era un incrociatore che aveva un potentissimo motore. Procopio se ne stava lì attraccato nel porto al quale era abituato; di tutte le navi era il beniamino, ma il suo migliore amico era un delfino che lo veniva ogni giorno a trovare e le storie del mare a raccontare. Per nuove imprese non era ancor partito ed in silenzio aspettava l‟invito e quando infine venne il grande giorno, le navi fecero posto tutto intorno. Procopio era molto emozionato e per lo sforzo era tutto sudato, ma quando prese il largo dentro il mare s‟accorse che non sapeva nuotare! Finora infatti lui restava a galla, ma non scendeva più giù d‟una spalla; ora però immergersi doveva… ma una grande fifa lui aveva!
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Vani furono gli incoraggiamenti delle altre navi; i suoi movimenti risultavano goffi ed impacciati. Infine tutti se n‟erano andati! Procopio di vergogna era rosso, sbuffava ed annaspava a più non posso, però ad un tratto si ritrovò vicino il carissimo amico suo delfino, che con tanta pazienza e comprensione gli insegnò a fare una vera immersione. Dopo vari allenamenti, per benino imparò a comportarsi da sottomarino. Venne di nuovo il giorno dell‟esame: Procopio, tutto unto di catrame, si lanciò in mare come un siluro e nuotò sempre più veloce e sicuro. Tutte le navi gli fecero festa; tutti applaudivano alle sue gesta… Improvvisamente lui fece un guizzo disegnando in aria un ghiribizzo: ch‟era successo a quel sottomarino? Niente, nuotava ormai come un delfino!
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Il trattore rosso e blu come un treno fa “tu-tu!”
Tu tuuuuu!!!!!
È un trattore piccolino, crede d‟essere un trenino; ha una buffa ciminiera che in realtà è una pera; come una locomotiva, da lontano si sentiva tutto il giorno in su e in giù sferragliando a far “tu-tu!” Come una “Freccia rossa”, lui partiva alla riscossa: troppe arie, troppa boria, per la terra non c‟è storia, lui non vuol più lavorare, né la terra vuole arare e zappar non vuole più, tutto il giorno fa “tu-tu!” Quelle povere patate, or per terra abbandonate, vanno a chieder un passaggio a un carretto del villaggio che, più semplice e modesto, le trasporta dentro un cesto. Non ci sono più verdure, non abbiamo le strutture! Il trenino sbuffa e fugge, di viaggiare lui si strugge.
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Mentre corre, fischia e scappa, scorge una motozappa che faceva la graziosa, ma era anche laboriosa. Pazzamente innamorato, l‟aspettava sopra un prato: ed a lei ch‟era un bijou, intonava il suo “tu-tu!” Lei però non arrivava perché molto lavorava; perder tempo non poteva perché arare lei doveva. Lui, facendosi notare, si metteva a sferragliare lucidando i suoi colori per sbollire i suoi ardori. Lei, per nulla interessata, un po‟ stanca e accalorata, le faccende proseguiva ed i frutti garantiva. Il trattore, sfaccendato, solo e pure un po‟ frustrato, non si muove da laggiù e non vuole far “tu-tu!”
129 Mio eroe!!!
Gufosaggio, che lo vede, a un consiglio lui provvede: “Se ritorni al tuo lavoro tu conquisti il tuo tesoro!” Ai suoi sogni rinunciare e la vita sua cambiare? Vale il gioco la candela se alla motozappa anela! Lui di botto scende in campo e nessuna erbaccia ha scampo; suda e sbuffa ma è contento, nel lavoro ora è un portento! Motozappa, la smorfiosa, segue attenta ogni cosa; il compagno ora ha trovato anche se sporco e sudato. Zappettine e trattorini ora allietano i giardini con lo sguardo amoroso della sposa e dello sposo; ma tra tutti quei piccini, trattoretti e zappettini - non ne posso proprio più! c‟è qualcun che fa “tu-tu!”
Pistaaaa! !!!!
Tu tuuuuu !!!!!
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La fata dell‟aria sonnecchia sconsolata sospesa nel suo regno trasparente; ormai da lungo tempo s‟è annoiata d‟essere regina d‟un mondo inconsistente. Sopra un fiocco di nuvole sospesa, vuol qualcosa che un senso riesca a dare a un mondo che resterà in attesa di un sogno che lo possa colorare. Il vento, complice dei suoi pensieri, le gira intorno sussurrando piano; indovinando i suoi desideri le parla di un mistero arcano: “Lontano, nel mondo di fuori, c‟è la terra dei sette colori.”
La fatina decide di partire, lasciandosi alle spalle quel torpore, per un viaggio che la porti a scoprire la magia che riaccenda ogni colore. Chiede al cielo, l‟amico più vicino, il grande sortilegio dell‟azzurro che avvolge tutto il mondo in un giardino. Risponde con un flebile sussurro: “Là dove finisce l‟arcobaleno si nasconde un grandissimo tesoro; chi lo trova vivrà sempre sereno perché è una pentola tutta piena d‟oro”. “Ma – dubita la fatina – quei tesori non valgono la terra dei sette colori!”
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Il sole affaticato sta calando in un rosso bagnato d‟arancione; lesta la fata lo raggiunge rubando il segreto dell‟eterna sua canzone, quella che incendia il mondo di bagliori, che sulla terra fa crescere ogni cosa, che certo è il più grande di tutti i tesori! “Mi fai una domanda molto oziosa! - tuona il sole con voce prepotente – La vita che io dono a tutti quanti è il mistero che affannosamente cerchi tra terre straniere e distanti”. “Ma – obietta la fatina – sulla terra non c‟è soltanto vita, ma anche guerra!”
Si dondola tranquilla su una duna, tra le strade del cielo e delle stelle, un‟incantevole falce di luna in un mare di luce e di fiammelle. La fata, stanca, su di lei riposa: la dondola la luna dolcemente ninnandola con voce armoniosa nella sua tenera culla avvolgente. “Cara bambina che vieni dall‟altrove, l‟enigma che ti posso rivelare è il tempo, che scandisce cose nuove e antiche, né mai si può fermare.” “Ma il tempo alle cose resta fuori! Io voglio la terra dai sette colori!”
Nel grembo morbido di madre natura si tuffa la fatina mollemente: là c‟è il nido di ogni creatura che l‟abbraccerà amorevolmente.
Sulla spiaggia, dopo tanto cammino 133 si siede la fatina a riposare; guarda lontano, pensa al suo destino; la culla il canto dell‟amico mare.
“Troverai qui ciò di cui hai bisogno, possiedo io le chiavi della vita: libertà, amore, speranza e sogno, senza i quali ogni cosa è appassita.
D‟improvviso però una gocciolina si posa lieve sopra la sua mano, trasportata da un‟onda birichina che viene da un punto assai lontano. Un raggio batte sulla gocciolina facendola pian piano scintillare: adesso brilla come una perlina, tutti i colori riesce a catturare.
In me ognuno trova la sua libertà di essere, d‟amare e di fiorire, possiedo le chiavi della verità che fa sognare, riflettere e capire.”
“Proprio tra questi mille bagliori si cela la terra dei sette colori!
Si chiede la fatina: “Tra questi fiori, dove sarà la terra dei sette colori?” L‟ho cercata nel lungo mio viaggiare, tra cose grandi e spazi infiniti; ho creduto di poterla trovare… ma i miei sforzi sono tutti falliti. L‟immensa terra che tutti cerchiamo si nasconde nelle cose piccoline, quelle che solitamente non guardiamo; sembrano banali perché troppo vicine. Ecco la terra dei sette colori: è quella in cui ogni giorno viviamo: è riposta nel piccolo dei nostri cuori; ci sfugge perché non ce ne accorgiamo.”
Durante una partita di tressette, quattro vecchietti con baffi e basette, nel paese di Nonsochecosasia, nel bar della signorina Rosalia, in un pomeriggio caldo e sereno si misero a parlar del più e del meno. Don Peppino, masticando il tabacco, tossiva e si lagnava d‟ogni acciacco; per animare la conversazione intraprese una bella discussione. Volendo i suoi compagni stuzzicare e magari un pochino provocare, fece il punto di tutti i suoi ricordi… strillando perché gli altri erano sordi! “U sapiti che un giorno succediu ero ancora caruso, menne iu alla cascata delle Ciaramelle che si trova lontano, alle Seychelles. Ve lo dico, proprio nuddu lu sapiu quali mondo spirdiatu che vitti iu! Signuruzzi mei, fu un viaggio lungo assai, nun sapiti quanti sordi c‟appizzai!”
134 Don Nicola, don Pasquale e don Peppino, che stavano bevendo un goccettino, non avendo capito proprio niente lo fissarono con lo sguardo assente. Dandogli un buffetto sulla mano, don Nicola dice:”Parla italiano!” Prosegue il suo racconto don Peppino, parlando chiaro e pure un po‟ pianino: “Dicevo quindi che questa cascata era per prima cosa profumata; inoltre, quando poi la sera scende, del color caramello lei s‟accende. Se ci fai il bagno, come dolce crema ogni acciacco ti cura e ti sistema.” Ride sotto i suoi baffi don Pasquale: “Ma dai, è uno sfondone senza uguale! L‟ho vista anch‟io questa bella fontana su una strana rivista americana: Spilbergo per un film l‟aveva fatta: era crema di sapone liquefatta!”
...Charamel
Ora, con piglio severo, don Ciccio s‟inserisce di forza in quel bisticcio:135 “Sta‟ zitto e non essere irriverente, quella cascata esiste veramente; disse anni fa la nonna del compare che quando l‟acqua sua si getta in mare fa quasi un rumor di ciaramelle… E poi non si trova alle Seychelles!” “Ma quanto siete informati male!” - disse con voce secca don Pasquale “Si chiama così perché i sassolini son dolci caramelle per bambini!” Che pasticcio! Son quattro persone e ognuna ha la sua interpretazione; ma se per caso fosser state cento sai che spasso e che divertimento! Il fatto è che ognun si sente autorizzato, per il gusto d‟aprir bocca e darle fiato, a parlare di tutto ciò che ignora anche se mai l‟ha vissuto finora! Ma non scordiamo che la nostra fantasia senz‟altro è il più bel dono che ci sia!
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Alla fonte del Caramello c‟è la rivolta del secchiello. Ancora la gente non ha proprio capito che ormai il caramello è quasi finito. Così tutti i giorni da mane a sera si ripete immutabile la stessa tiritera: avanti e indietro con un secchiello tutti ad accaparrarsi il Caramello. Ma un pozzo finisce e per non restar senza la gente organizza la sua conferenza: un‟ora ciascuno da rispettare in cui alla fonte potersi recare. Accadde però che quelle persone non seppero accettar la decisione; ognuno rimaneva proprio sordo, facendo naufragare quell‟accordo. Fu così che tutto questo litigare valicò i monti ed arrivò al mare, dove non si sapeva del Caramello né c‟era la rivolta del secchiello. Ma la notizia volò oltre frontiera incuriosì la gente forestiera; quindi una notte, con camion e trattori, si risucchiaron quei pochi liquori e litigando, litigando non fu un caso che ognun restò con un palmo di naso. Ora alla fonte del Caramello non è rimasto neppure il secchiello.
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Chi conosce la storia del Lago incantato? C‟è forse qualcuno che laggiù è mai andato? È lontano, nel Paesino di Chissapoi, dove non vivono né divi e neppure eroi; i personaggi che le fiabe hanno scartato sulle sue sponde accoglienza hanno trovato. Chi s‟immergerà nella sua acqua infinita cambierà il corso di tutta la sua vita. Di Cenerentola le due brutte sorelle, che con i fanghi sono diventate belle, hanno sposato i principi da lor sognati, non proprio azzurri, ma sempre colorati: Adalgisa sposò il principe turchino, Genoveffa invece il principe verdino. E la matrigna? Adesso è una nonnetta e ai nipotini narra questa favoletta… La vecchia strega della bella Biancaneve ha dovuto fare un percorso meno breve: poiché sognava di essere la più bella, di tutti i concorsi diventò la stella e finalmente, a forza di partecipare, il titolo di Miss Mondo poté strappare. I sette nani, dopo così tanto lavoro, se ne andarono in pensione pure loro: adesso, sdraiati sulle loro poltrone, si gustano in pace la televisione.
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Agriturismo "Il Risveglio"
OASI WWF
La bella, che nel bosco s‟era addormentata, una nuova attività s‟è poi inventata: un agriturismo ha aperto laggiù e se lo vuoi puoi andarci anche tu. Grillo parlante, stanco ormai di consigliare, ha pensato di rimettersi a studiare: frequenta l‟Università della Terza Età perché oramai è vecchietto, ben si sa; ha conseguito un ottimo risultato ed oggi è un brillante, illustre scienziato. I quaranta ladroni si sono pentiti, per un‟importante campagna son partiti: contro tutte le guerre si vanno battendo e grandi successi stanno raccogliendo; come premio del loro sforzo tenace hanno conseguito il Nobel per la pace! La famosa Principessa sul pisello, che non dormiva se solo c‟era un capello, ebbe come dono un bel materasso a molle ed ora, felice, se ne sta in panciolle. Orchi, streghe e maghi d‟ogni caratura, ora son persone di grande levatura: vivono oggi in una zona ben protetta dal WWF… E la storia è stretta, non lo è più la foglia e neppure la via; dite la vostra, io vi racconto la mia!
Univeristà "La sapienza"
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Dolce Micio dal naso tutto rosa, ti incuriosisci per ogni cosa; a volte, pensieroso, aspetti di sicuro un‟ombra improvvisa sopra il muro. Occhi di smeraldo fissi sulla parete, sembra dica “C‟è…c‟è…poi vedrete”. Qualcosa si muove, non è uno schiribizzo, è un filo d‟ombra, lo insegui con un guizzo; giochi saltando con gioia e precisione, ti basta la tua ombra, in conclusione. Con le zampette fai stampi sul muro… “Ci provo ancora e forse la catturo!” Dolce bambino dal nasino in su, contempli incuriosito anche tu; osservi il grande infinito cielo e provi a scoprirne il mistero; le nuvole tu cerchi di fermare, l‟azzurro con un dito vuoi bucare; afferri le stelle nel cielo d‟estate, cogli la luna abitata da fate. Vorresti mettere il mare in un secchiello, certo che possa bastare solo quello; poi in una scatola chiudi il tuo sogno per riaprirla quando ne avrai bisogno. Un micio e un bimbo raccontano l‟eternità.
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Un giorno una montagna si mise in testa di raggiungere il mare e far gran festa: comincia ad adagiarsi piano piano fino a sdraiarsi in modo un poco strano. La cosa più bella, una volta arrivata, era quella di fare una bella nuotata; ma mentre dolcemente si immergeva le forme e dimensioni sue perdeva; quindi si ferma al largo, un po‟ lontano e si guarda d‟intorno piano piano: “Invece di restar ferma sulla riva, vedo le cose con altra prospettiva: or sono un‟isola immersa dentro al mare e chiunque passa mi viene a salutare.” Insomma in poco tempo era divenuta una meta ambita e conosciuta. Si popolò di piante, di fiori e di animali e di certo l‟isola più bella…non ha eguali.
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Oh pescatore, mio bel pescatore, che cosa cerchi in questo chiarore? Cerchi la luna che illumina il mare e un pesciolino con cui conversare. Stendi una rete per prender le stelle e ascolti nel buio le raganelle. Una sirena ti viene a portare tutti i segreti profondi del mare: terre lontane, scogli e velieri in cui sâ€&#x;annidano fitti misteri; nuovi paesi ci son da esplorare, un mondo intero da navigare.
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Oh pescatore, mio bel pescatore, che cosa cerchi in questo chiarore? Cerchi un viaggio da incominciare, cerchi la via della stella polare. Cerchi il tuo nord e lâ€&#x;amico faro che dalla notte ti offre riparo; cerchi un bel porto in cui approdare e tante immagini da catturare. Cerchi avventure da vivere ancora‌ la nostalgia talvolta riaffiora. Cerchi i colori di albe e tramonti nellâ€&#x;infinito dei tuoi orizzonti.
Oh pescatore, mio bel pescatore, che cosa cerchi in questo chiarore? Forse qualcuno vorresti incontrare, forse qualcuno che si faccia amare. Certo i viaggi son lunghi, estenuanti tra tanti soli e lune calanti; i tuoi ricordi da ritrovare, il tuo passato da reincontrare. Forse soltanto una casa hai sognato con dei bambini che giocan sul prato. Il tuo ritorno vuoi ritrovare lungo i sentieri tortuosi del mare.
C‟è un grande scompiglio, il mare ribolle laggiù nella Baia delle Sette Cipolle. Che c‟è? Che succede? Chi ronfa là sotto? Cos‟è questo strano brusio ininterrotto? Conchiglie, coralli son tutti sconvolti, granchietti e aragoste si son capovolti; sono imbizzarriti i cavalli marini, turbati le cernie, le orate e i branzini! Che c‟è? Che succede? Chi grida là sotto? Cos‟è questo strano brusio ininterrotto? Perfin le sirene sono in agitazione e allora hanno indetto la prima riunione; chi vive nel mare intende aderire, per cui alla seduta dovrà intervenire! Che c‟è? Che succede? Che fate là sotto? Cos‟è questo strano brusio ininterrotto? Con l‟altoparlante arriva Malvisa, che per l‟occasione s‟è messa in divisa; tra tutte senz‟altro la più agguerrita, in vena di bolle, è la piccola Ghita. Melanialalania piagnucola piano; s‟è tolto lo smalto alla piccola mano. Fumetta, che ha messo su un po‟ di chili perché mangia spesso fagioli con chili, arriva con Pilla la sua figlioletta, col pesce pagliaccio nella borsetta.
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Fidelacastrina non perde occasione: è sempre presente ad ogni riunione! Svampira, distratta e un po‟ scordarella, ha intanto perduto penna e cartella; Solamejo la vamp gliel‟ha ritrovata: una conchiglia gliel‟aveva ingoiata! Ma insomma che c‟è? Che succede là sotto? Perché è scoppiato „sto gran quarantotto? “Quaggiù in fondo al mare c‟è un gran disservizio, perché di inquinare non si perde il vizio! Il mare è ridotto come una stalla!” - chi parla è Paolino, il pesce palla “Da un po‟ di tempo non funziona lo spurgo, parola mia, ché son pesce chirurgo!” “Adesso prendo in mano l‟intera situazione!” replica Pippo, pesce napoleone. “Orsù, seguitemi, pesci giovani e baldi!” -arringa imperioso il pesce garibaldi – “Per l‟unità lottiamo, alziamo le bandiere!” Urlano pesce soldato e pesce fuciliere Lo squalo sega, che i denti si limava, dalla grande rabbia cigola e sbava; con una pinnata esclama arrabbiato: “Basta! Fondiamo il nostro sindacato! Però a rappresentarci saran le sirene perché con gli umani si intendono bene! La loro natura di donna e di pesce il loro carisma senz‟altro accresce!”
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Fidelacastrina ha scritto un cartello: “Salviamo il mare, che non è più bello! È pien di petrolio, gli uccelli sono unti; i pesci e le alghe son gracili e smunti. Nelle ore di punta, tra barche e barconi, se non ti nascondi di te fan bocconi! Il traffico in mare è da rivedere; mettiam come vigile il fuciliere! Questa per noi sarà la grande battaglia! Che ognuno combatta! Nessun più si squaglia! ” Il mare si gonfia però a dismisura… Oddio che spavento! Oddio che paura! C‟è nebbia, scompiglio, c‟è gran confusione: si scioglie di botto la prima riunione. Tontiny la triglia, da dietro uno scoglio, commenta contrita: “E adesso ti voglio! Quando le cose sembravano lisce… E come ti sbagli? A schifio si finisce!”
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Una stellina che si chiamava Annaluna nacque tra le nebulose in una laguna, tra il Sagittario e Venere splendente …ma lei scintillava solo debolmente. Era triste perché una gran coda voleva e quindi dietro Cassiopea si nascondeva; infatti si sentiva pallida e sbiadita, da ciò la sua malinconia era acuita. Un giorno arrivò lassù Mago Merlino; il suo mantello era ridotto al lumicino, tutto strappato, liso e povero di stelle, ma pieno di varie patacche e di frittelle; aveva bisogno di una ravvivata e tutta la via Lattea si era attivata. Acquario attaccò la lavabiancheria, dopo, mago Merlino passò in stireria, ma anche quando il suo mantello fu pulito, il chiarore delle stelline era sbiadito. Merlino rimase un poco costernato perché il mantello non era ben rassettato: con quello straccio non poteva certo andare il Convegno dei Maghi a rappresentare.
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Annaluna, che ne sapeva la potenza, si avvicinò senza nessuna diffidenza: “Scusa se ora ti disturbo, mago Merlino, io avrei da domandarti un piacerino… Vorrei una coda bella, lunga e luminosa che riesca ad offuscare qualunque cosa. In cambio di ciò, negli orari di sportello, verrò con te ad illuminare il tuo mantello; in tal modo ai convegni, ne sono sicura, riuscirai a fare una splendida figura!” Impietosito da quell‟esile vocina, Merlino decise d‟aiutare la stellina. “Potrei riempire il mio manto di splendore, però ti aiuto e ti faccio quel favore.” Presa dalle enormi tasche la sua bacchetta, pronunciò la frase: “Lampo, fulmine, saetta! Nasca ora, all‟istante la coda a questa stella!” … E lei diventò radiosa e davvero bella! Da quel giorno, oltre che ad illuminare, la stellina trovò qualcos‟altro da fare: diventò del mago lo sponsor prediletto e di giorno riposava nel suo cassetto. Di notte, quando lei nel cielo scorrazzava, la più felice delle stelle diventava.
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149 Ma sarà davvero così normale quest'amministrazione condominiale? Questo posto quant'è stretto, quanto è scomodo 'sto letto! Ci si dorme in verticale, non compaiono le scale; non è un letto a castello, ma assomiglia a un gran cestello! Ma che brutto è il mattino senza odor di cappuccino! Che cos'è questa poltiglia che beviam senza bottiglia? È un self service naturale o brodaglia da ospedale? Non c'è manco una finestra! "Se mi giro, alla mia destra, c'è una tizia un po' ingombrante!" "Taci, tu, che sei un brigante! Tutta notte stai a calciare, non mi lasci riposare! Non sai dar che gomitate!" "Tu le dita mi hai ficcate dentro gli occhi e pur nel naso! Ho evitato per un caso un bel calcio sul ginocchio!" "Taci tu, brutto marmocchio!" Peggio è d'un temporale quest'amministrazione condominiale! Ma che barba, ma che noia, siam due olive in salamoia! Non c'è un piccolo balcone, neppur la televisione; che ci resta ormai da fare?
Possiam solo litigare e per ingannare il tempo non c'è altro passatempo! Che cos'è questo rollio? Spingi tu che spingo io! Or con questo beccheggiare ci verrà il mal di mare! "C'è qualcuno che ci porta?" "Finalmente ti sei accorta!" Ma non è un pacco postale quest'amministrazione condominiale! "Ma chi è che ci accarezza con amore e con dolcezza? Credi poi che ci chiamerà ancora «Belli di papà?»" "Se ci pensi, in fondo in fondo, non è male questo mondo: se fa freddo, abbiam calore e ci culla questo cuore: è una musica divina questo cuore di mammina!" "Non sei ansioso di incontrare chi con ansia sta a aspettare?" "Presto, dammi la manina ché la nascita è vicina!" "Ma, gemella, siamo intesi: aspettiamo i nove mesi!" È davvero assai speciale il condominio...gemellare!
Gli animali raccontano Amica volpe A caccia di formiche Il cane che si sentiva una pulce La cicogna con gli occhiali Davanti a casa mia Drago Arturo Festa da ballo La giustizia degli animali Il lombrico scanzonato Meeeoooo & China Al mercato di Roccagagliarda Miciolandia L'oca pasticciona Per il lupo hip hip urrah! Pippirilla La rana chiacchierona Il serpente Spiroammiro Re Leone Sora Ciovetta Tartaruga sul bagnasciuga La voce degli animali Zzzzzzi zzzzzzi Zzzzzza zzzzzza
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La danza del tempo Monna Primavera Monna Estate Messer Autunno Messer Inverno
Fila...fila... filastrocche
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Dario Calenda Dario Calenda Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
Fila...fila...filastrocca Filastrocca dei mestieri Filastrocca dei numeri Filastrocca dei rumori Filastrocca del casquè Filastrocca del minestrone Filastrocca della magia Filastrocca dell'alfabeto Filastrocca di Bruco Lombrico Filastrocca inscatolata Nel mio sogno chi verrà?
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La galleria dei pasticcioni Zia Ro Ambrogio il distratto Camillo il disattento Consolata la sconsolata Papà fa il meccanico
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Storielle corsare
Le macchine sognano La lavatrice che voleva essere una nave Pimpilisa la stampante
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Nanne ninne Nanna ninna degli abitanti della notte Nanna ninna del primo dentino Nanna ninna senza senso
Proverbi proverbiali Cavalli & Co. Pappa & digiuno Gatti & Co. Rondini & allodole
Il sorriso della natura La piccola aiola Il pianeta Paolino
Storie... quasi gialle L'orto di Halloween Merlow detective di stato Mistero in libreria Il mistero della gobba sparita
I corsari ParbapapĂ Er karatoke Il fantasmino Guglielmo Il fornaio di Poldo Lin Cion Cin Naso Giallo l'indianino La regina Isa Bella
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La valle delle note La La La La La La La
valle valle valle valle valle valle valle
del del del del del del del
Do Re Mi Fa Sol La Si
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La voce delle cose Il baule della nonna Filino di caffè Indovina? Le due ciminiere L'orchestra strampalata Il sottomarino che voleva essere una nave Il trattore rosso e blu
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La terra dei sette colori La terra dei sette colori La cascata Charamel Alle fonti del Caramello Il lago incantato Micio & Bimbo Montisola Il pescatore di stelle Il sindacato delle sirene La stellina senza coda
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....E per finire... Il condominio
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