ProVita Settembre 2018

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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 NE/TN

Trento CDM Restituzione

Anno VII | Settembre 2018 Rivista Mensile N. 66

MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

Notizie

“Nel nome di chi non può parlare” Organo informativo ufficiale dell’associazione ProVita Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -

o l l e b è o i n Matrimo IL MATRIMONIO, PER SUA NATURA, È PER SEMPRE

COME I MEDIA DEMOLISCONO LA FAMIGLIA

SE MUORE LA FAMIGLIA...

di TOMMASO SCONDROGLIO, p. 15

di GIULIANO GUZZO, p. 19

di ALDO VITALE, p. 37


MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES Notizie

EDITORIALE

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NEWS

4

ARTICOLI Dillo

Anno VII | Settembre 2018 Rivista mensile N. 66 Editore ProVita Onlus Sede legale: viale Manzoni, 28 C 00185, Roma (RM) Codice ROC 24182 Redazione Toni Brandi, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio, 3 - 39040 Salorno (BZ) www.notizieprovita.it/contatti Cell. 377 4606227

@ ProVita 6

Versi per la Vita Silvio Ghielmi Dalla libertà del suicidio, al suicidio della libertà

Luca Scalise

Istruzione e indottrinamento

7

8 10

Gloria Pirro

PRIMO PIANO Il matrimonio, per sua natura, è per sempre 15

Tommaso Scandroglio

Giuliano Guzzo

Come i media demoliscono la famiglia

Direttore responsabile Antonio Brandi

19

La castità pre-matrimoniale è pro-matrimoniale 25

Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi

Giuseppe Spimpolo

Dono l’uno per l’altra, liberamente, per sempre

Progetto e impaginazione grafica

28

Confederazione Italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità

Tipografia

I sexy robot e l’affettività umana

Francesco Agnoli

Imparare la vita da mamma e papà

Distribuzione

31 33

Carlo Dionedi Hanno collaborato a questo numero: Francesco Agnoli, Marco Bertogna, Confederazione Italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità, Carlo Dionedi, Silvio Ghielmi, Giuliano Guzzo, Gloria Pirro, Luca Scalise, Tommaso Scandroglio, Giuseppe Spimpolo, Aldo Vitale

Se muore la famiglia...

37

Aldo Vitale

FILM: Gli Incredibili

41

Marco Bertogna

LETTURE PRO-LIFE

43

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28

33 L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto. La rivista Notizie ProVita non ti arriva con regolarità? Contatta la nostra Redazione per segnalare quali numeri non ti sono stati recapitati e invia un reclamo online a www.posteitaliane.it Grazie per la collaborazione! Le immagini presenti in questo numero sono state scaricate legalmente da www.pixabay.it

Toni Brandi

EDITORIALE

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La famiglia, la famiglia vera, quella che la natura ha stabilito fin dalle origini della società umana, composta da un uomo, una donna e i loro figli, è un valore sacro e fondante per ogni persona ragionevole. Sappiamo bene, però, che oggi la famiglia è presa di mira dalla cultura della morte: essa per isolare, asservire e annichilire gli individui ha bisogno innanzitutto di distruggere i corpi intermedi. Sono infatti le formazioni sociali i mezzi atti a dare ai loro membri quella sicurezza e quel senso di appartenenza necessari alla crescita e allo sviluppo armonico del singolo e della collettività. Del resto la storia ci insegna che, dovunque si è affermato, lo Stato totalitario calpesta e annulla innanzitutto il principio di sussidiarietà, che è teso a salvaguardare l’esistenza e l’autonomia proprio dei corpi intermedi. Con questo numero di Notizie ProVita, allora, proponiamo ai nostri Lettori una riflessione sulla famiglia e sul suo fondamento, che è il matrimonio. Avremo modo di riflettere sulla propaganda che da decenni vuole screditare e svilire l’istituto familiare; vedremo che il matrimonio – da un punto di vista naturale e razionale, non dogmatico – è vero matrimonio solo se ha determinate caratteristiche; parleremo di amore, educazione, istruzione, castità e rapporti pre-matrimoniali… Ancora una volta, cari Lettori, vorremmo contribuire alla formazione di quegli “anticorpi” necessari a tutti noi per combattere il veleno della propaganda mortifera che è votata alla decostruzione dell’essere umano e alla distruzione della sua dignità somma. È la dignità di essere umano ciò che rende speciale ciascuno di noi e, grazie a essa, ogni persona (dal più piccolo nel seno materno, al più anziano, handicappato e morente) ha un valore incommensurabilmente più grande di ogni altra creatura. È solo la dignità umana che ci rende davvero tutti uguali. Dignità umana che viene innanzitutto generata, accolta, riconosciuta e custodita in seno alla famiglia naturale.


NEWS UNA SCONFITTA PER LA DITTATURA DEL PENSIERO UNICO

È una decisione storica, quella della Corte Suprema del Wisconsin che ha ordinato all’Università Marquette, un ateneo cattolico, gestito da Gesuiti, di reintegrare immediatamente il professore John McAdams con il suo grado, le sue funzioni, le indennità e i benefici. Il contenzioso era cominciato nel 2014. McAdams, sul suo blog, aveva preso le difese di una studentessa che era stata messa a tacere da una docente che l’aveva accusata di omofobia, perché la ragazza voleva discutere in classe la questione del “matrimonio” gay. Con il solito piglio “democratico” che contraddistingue anche gli “educatori”, anche nelle università, la docente sosteneva che «l’atteggiamento omofobico» della ragazza «non poteva essere tollerato, in classe». McAdams ha provato a chiedere alla collega spiegazioni (e la sua versione dei fatti), ma questa non gli ha mai risposto. Allora lui ha preso le difese della studentessa e l’università gli ha intimato di ritrattarle e di scusarsi con la docente in questione. Il professore ha rifiutato ed è stato licenziato. Allora ha fatto causa all’Università per aver violato il suo contratto di lavoro, la sua libertà accademica e la sua libertà di parola. Alla fine, dopo il processo di primo grado e l’appello, la Corte Suprema ha fatto giustizia.

UTERO IN AFFITTO, UNA PRATICA CONTRARIA ALL’ORDINE PUBBLICO

Adeline Allen, docente presso la Trinity Law School, ha pubblicato sull’Harvard Journal of Law and Public Policy, un articolo sulla dimensione contrattuale dell’utero in affitto. Esiste un diritto fondamentale per i cittadini di essere liberi di stipulare contratti tra loro (come anche vuole il nostro art.1322 c.c.), ma questa libertà deve essere limitata dal governo al fine di evitare lo sfruttamento del “contraente debole”, dal lavoratore, all’incapace, al consumatore. Perciò, come lo Stato limita l’autonomia contrattuale per salvaguardare gli interessi del contraente debole, così lo Stato ha (avrebbe) tutte le ragioni per vietare con norme imperative lo sfruttamento che caratterizza i contratti di utero in affitto che poggiano sulla base di una relazione sociale squilibrata e sessista. La madre surrogata e la venditrice di ovuli sono gravemente penalizzate nel rapporto contrattuale (che mai è davvero gratuito/altruistico, proprio per i costi e per i rischi alla salute che esso comporta per le donne coinvolte); e il bambino è trattato come oggetto di diritti, ignorato all’interno del dibattito, e non può dare alcun consenso all’essere separato a vita da sua madre. Adeline Allen auspica l’abolizione di questa pratica perché contraria all’ordine pubblico, ossia a quel nucleo di norme fondamentali sulle quali si regge l’intera società. La tutela della dignità della persona, che la rende soggetto di diritto e non oggetto di diritti, rientra fra queste. Del resto, il nostro codice garantisce l’autonomia contrattuale purché sia tesa «a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico». Meritevoli di tutela non sono i desideri, tantomeno i capricci.


L’Austria è il terzo Paese europeo, dopo la Germania nel novembre del 2017 IN AUSTRIA APPROVATO e l’Olanda nel maggio del 2018, a introdurre per legge il cosiddetto “terzo IL TERZO SESSO sesso”. La Corte Costituzionale ha decretato che i cittadini hanno «il diritto all’identità di genere individuale» in base all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che tutela il «diritto al rispetto della vita privata e familiare». Ignora, però, la Corte austriaca quella parte del comma 2 dello stesso art. 8 ove si legittima un intervento dello Stato volto, se necessario, «[…] alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui». Assecondare le persone che non “si sentono” né maschi né femmine, assecondare i genitori che non vogliono che ai propri figli alla nascita venga “assegnato” il sesso serve a proteggere la salute e la morale dei soggetti interessati? E, soprattutto, che la legge neghi la realtà (biologica) serve alla protezione dei diritti? E quando per legge si decreterà che gli asini volano, ai ciuchini spunteranno le ali?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, Oms, nella undicesima edizione ANCHE IL SADO-MASO dell’Icd, l’International Classification of Diseases, ha cancellato dall’elenco È “NORMALE”. E POI? dei disturbi mentali la disforia di genere (il transessualismo). Così, anni fa, aveva fatto con l’omosessualità. E la cosa ha fatto contenti tutti gli ideologi del gender. Un po’ meno pubblicità ha avuto il fatto che dal nuovo manuale diagnostico sono scomparsi anche il sadomasochismo e il feticismo, perchè considerare certe tendenze condizioni patologiche non rispetta «gli standard dei diritti umani». L’Oms rivela così – finalmente – le finalità per le quali è nata: non è una organizzazione scientifica, bensì politica. Essa procede ideologicamente alla “normalizzazione” di ciò che normale non è e non sarà mai, per il sano principio della realtà: “A” è “A” e non è “non A”. Quale sarà il prossimo passo? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che già da tempo si fanno “studi” e conferenze dal titolo «La pedofilia è un orientamento sessuale naturale, come l’eterosessualità». Citiamo testualmente: «Noi non conosciamo la causa della pedofilia: ci sono fattori biologici, sociali e psicologici. […] Chiunque può nascere pedofilo. […] Secondo le ricerche più recenti la pedofilia è un orientamento sessuale immodificabile esattamente come, per esempio, l’eterosessualità. Nessuno sceglie di essere un pedofilo, nessuno può smettere di esserlo». Eliminata la metafisica dal pensiero Occidentale, questi sono gli esiti. È infatti la metafisica che ci dice come le cose dovrebbero essere. Già… i concetti di patologia e fisiologia non sono scientifici, bensì metafisici. Eliminata la metafisica, è l’ideologia a stabilire cosa è patologico e cosa non lo è. Non ci piace? Torniamo ad Aristotele e San Tommaso.


Dillo @ ProVita

A

rrivano numerose le vostre lettere a questa Redazione, cari Lettori, e vi ringraziamo. Privatamente rispondiamo a tutte, mentre qui ne pubblichiamo solamente alcune. Confidiamo però che questo non vi scoraggi: continuate a mandarci il vostro contributo a dillo@notizieprovita.it. Per rispettare la privacy pubblicheremo solo il nome di battesimo con cui firmate la vostra lettera, a meno che non ci diate esplicitamente altre indicazioni in merito.

Cara Redazione, dobbiamo lanciare un allarme coscienza! network, di messaggini, di Viviamo in una società sempre più complessa, fatta di social nti non fa più scoop, tutto immagini: tutto deve passare nelle ventiquattro ore, perché altrime tanto complesso che nostro deve essere intrattenimento, perfino la morte. Il mondo è già felice, positiva e indolore. dovere è quello di fare il possibile per garantire a tutti una vita questo mondo. La strada più Ognuno ha il diritto di realizzare se stesso e di essere online con il proprio essere con il fare veloce è quella di nascondere, in maniera efficiente e pragmatica, a una dimensione corporale e il piacere. E allora meglio che tutto resti a livello di epidermide, trovare il nostro silenzio, la e materiale, senza scavare troppo: il rischio sarebbe quello di restare in superficie, vivere nostra essenza, la nostra anima, la nostra spiritualità. No, meglio è lecito se ti fa stare bene, il meglio possibile basando tutto sui propri piaceri effimeri. Tutto permette di vivere o morire se ti priva della sofferenza, se ti priva delle preoccupazioni, se ti come vuoi, senza sacrifici. re cosa è bene e cosa è Ecco la grande conquista dell’uomo di oggi: sono io a decide o artificiale dell’Eden dove male per me. La società secolarizzata diventa il nuovo giardin o. In questa pluralità di l’uomo conquista il diritto di mangiare la mela diventando un semidi della coscienza che va a egocentrismi il diritto dei diritti è il proprio sé. Qualsiasi turbamento ostacolo alla liceità di tutto. ledere questa legittimazione va rimosso, diventa un pericoloso socialmente accettabile se Si perde il senso di Dio, e allora tutto è permesso, giustificato e stare meglio; così ognuno non disturba gli altri e se porta a realizzare il proprio volere per è un diritto, ancora più è ha il diritto di scegliersi la vita e la morte che preferisce. Se la vita asia diventano conquiste e un diritto essere felici. Secondo questa logica l’aborto e l’eutan a morte delle nostre anime. garanzie di libertà, quando invece non sono altro che la condanna essere un appello alle Forse quello che ho detto verrà considerato banale, ma vuole che pulsa già di eterno nel coscienze: la vita è un dono meraviglioso di Dio, c’è un’anima malato o logorato dal tempo silenzio del grembo materno, così come nel respiro di un corpo e amata così com’è. in una corsia di ospedale. Resta per sempre una vita che va difesa

Catia 6 N. 66


Versi per la Vita Silvio Ghielmi, classe 1926, laureato in chimica a Milano, Master alla Harvard Business School, lunga esperienza nella produzione di materie plastiche, è il meno giovane di una famiglia numerosa (85 membri). Già cofondatore e presidente di Mani Tese, nel 1978 è stato uno dei fondatori del Movimento per la Vita. Poi, insieme a Francesco Migliori, Mario Paolo Rocchi e Giuseppe Garrone [nella foto], nel 1994 ha dato avvio al Progetto Gemma, la nota “adozione prenatale a distanza”, per sottrarre all’aborto le mamme incinte in difficoltà (le donazioni arrivano specificamente e direttamente alla persona prescelta, non si tratta di una generica questua). Diffonde queste meditazioni in versi come strumento di legame con chi resiste in difesa di Verità e Vita. Lui ci ringrazia per questa pagina mensile dedicata ai suoi versi pro vita: noi ringraziamo lui e siamo onorati di ospitare il suo contributo. ALDER HEY Questa è la storia di un Ospedale Araldo. Permette di distinguere il gelido dal caldo. Le norme di Giustizia e di affermata Scienza, da tenera mestizia di Umana Appartenenza, che, in modo indefettibile origina dal Cuore, ch’è un povero residuo di un tempo ormai passato. Adesso l’individuo è un “coso” superato.

Fa parte del privato. È debole e deciduo granello dello Stato, che impone solennissimo l’orgoglio dell’Impero che un tempo, fu davvero padrone del pianeta e assume la consegna di dar la “Morte Degna”.

------Silvio 03.05.2018

STABAT MATER Il secolo più nero della storia da che l’umanità fu generata. Morte cresciuta a ritmo esponenziale e con Dottrina eretta a Minor Male, un grido scellerato di Vittoria: Il sommo abominevole delitto l’aborto eretto al grado di Diritto. Non tanto guerra, sparsa, fatta a pezzi, ma una battaglia solida e globale, con assemblaggio di svariati mezzi continua, sotterranea, orizzontale, inarrestato, turpe tritacarne con il divieto fermo di parlarne. ------Silvio 31.12.2018  7 N. 66


di Luca Scalise

Dalla libertà del suicidio, al suicidio della libertà Il 14 settembre è la Giornata mondiale della prevenzione del suicidio: una celebrazione alquanto ipocrita, laddove i Paesi sedicenti “progrediti” promuovono la cultura della morte e del suicidio assistito

Gli Stati Uniti d’America sono da molti considerati un mito, una società inarrivabile, un punto di riferimento verso il progresso, il successo, l’emancipazione. Un luogo ideale dove realizzare i propri sogni, le proprie aspirazioni e dove godere della “vera libertà”. Eppure, la felicità e l’indipendenza che caratterizzano il prototipo di “americano doc”, in 16 casi su 100.000 si traducono in suicidio. Pazzesco, non credete? Quasi 45.000 persone nel 2016 hanno deciso di togliersi la vita, proprio negli Stati Uniti. E negli anni che vanno dal 1999 fino al 2016 il tasso nazionale di suicidi è aumentato dal 25,4% a oltre il 30% (tra tutti costoro ricordiamo con costernazione che il 41% delle persone che, negli Usa, hanno subito un intervento chirurgico di “riassegnazione del sesso” – intervistate – alla domanda «Hai mai provato a suicidarti?» hanno risposto «Sì»). Qualcosa non torna, trattandosi di una nazione che è emblema di emancipazione. 8 N. 66

D’altronde, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) stima che ogni anno, in tutto il mondo, ben un milione di persone muoiano per suicidio. In Italia si parla di circa 4.000 persone all’anno che si tolgono la vita. In generale, si nota una forte attrazione verso la morte, specie da parte dei giovani. Gli esperti lo chiamano “Effetto Werther” e pare sia “contagioso”, specie se incentivato da chi fa profitto sulla morte altrui. Tempo fa, su una nota Tv pay-perview, è stata mandata in onda una serie sul suicidio di una

NEGLI USA IL TASSO NAZIONALE DI SUICIDI, TRA IL 1999 E IL 2016, È AUMENTATO DAL 25,4% A OLTRE IL 30%

adolescente, cui è conseguita sul web un’impennata di ricerche sul suicidio: tra le 900.000 e il milione e mezzo. Consistente, inoltre, tra chi si toglie la vita, la componente femminile (e tra le donne suicide, o con istinti suicidari, non possiamo dimenticare le tante che


– magari molti anni prima – hanno “scelto” l’aborto. Secondo uno studio danese, vi sono nessi anche tra contraccezione e suicidio). Ma in generale a favorire il decisivo incremento di tale fenomeno, vi è indubbiamente il fatto che le società genericamente considerate “moderne”, quelle che volgono lo sguardo verso il domani, o almeno che dicono di farlo, considerano l’eutanasia e il suicidio assistito come “diritti all’avanguardia”, tanto ambiti dai sostenitori della “libera autodeterminazione” di ciascun uomo. In merito a tali rivendicazioni sociali, niente affatto secondi agli Stati Uniti d’America sono i Paesi del nord Europa. Anch’essi noti per essere pionieri del “progresso”, hanno legalizzato l’eutanasia e il suicidio assistito e la morte “a richiesta” è diventata un fenomeno del tutto fuori controllo: ormai viene praticata l’eutanasia anche su soggetti non consenzienti. Intanto, solo dal 2010 al 2013, in Belgio il tasso di suicidi è aumentato del 90% e dal 2003 del 600%. Per non parlare dell’Olanda, dove da tempo i genitori hanno il diritto di “suicidare” i figli minorenni e dove ormai si pratica l’omicidio del consenziente (sarà forse il caso di smettere di usare l’espressione “suicidio assistito”...) per la sola depressione e addirittura per

gli anziani “che sentono di aver concluso la loro vita” . La cultura della morte produce una generale “ansia” nei confronti della morte, non dovuta tanto al comprensibile timore di questa, quanto, piuttosto, a un insano interesse che essa suscita. Ma perché la morte sembra essere così attraente? Forse la vita non lo è altrettanto? Quelli che sostengono il “diritto al suicidio” considerano disumano costringere a vivere chi soffre nel fisico o nella psiche. Ma si sono mai chiesti perché questi ultimi vorrebbero la morte? È davvero libera questa loro “scelta”? O forse non è proprio per niente una scelta, perché non viene data loro altra possibilità? Si sa che chi è nel dolore è molto vulnerabile. Offrire la morte (spesso gratis, mentre le cure sono costosissime) su un piatto d’argento, non sarà un po’ come dare una bella spinta al suicidio, o quasi costringere a farlo?

LA CULTURA DELLA MORTE PRODUCE UN INSANO INTERESSE NEI CONFRONTI DELLA MORTE: SE LA MORTE È UN “DIRITTO”, ALLORA VUOL DIRE CHE È UN “BENE”!

Chi chiede di morire lo fa perché si sente solo, indesiderato, un peso. E quando soffre fisicamente chiede di morire chi non ha nessuno con cui “condividere” il dolore (e non gli vengono offerte vere e adeguate cure palliative). Se invece ci deve essere il “diritto” di morire, cioè se la morte è un “diritto”, allora la morte è un “bene”? E che senso ha la Giornata per la prevenzione del suicidio, se si promuove la libertà del suicidio? Ma la libertà del suicidio e il suicidio della libertà diventano due facce di un’unica medaglia.

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Istruzione

di Gloria Pirro

e indottrinamento Non solo a scuola, ma anche all’università è in atto la propaganda e l’indottrinamento dei giovani al pensiero unico

Ce l’hanno insegnato sin da piccoli: la libertà di espressione e di parola è il fondamento della democrazia. Il dialogo, allo stesso modo, è ciò su cui si fonda la convivenza civile: «Non condivido la tua idea ma darei la vita affinché tu possa esprimerla», eccetera. Ed è proprio così. Fin qui, niente di strano. Sono valori, beninteso, non “diritti umani”. Sono i valori su cui si fonda l’Occidente e che hanno permesso il fiorire della scienza, della filosofia e delle lettere. Che cosa succede quando il dialogo, il dibattito, la ricerca del vero, l’onestà intellettuale vengono messe da parte in nome di una “libertà” in apparenza più grande? Si etichetta sempre più spesso la nostra epoca come “postmoderna”: in maniera molto sintetica, dal punto di vista filosofico, il postmodernismo è prendere atto della dissoluzione dei valori assoluti (caratterizzanti 10 N. 66

invece la modernità), politici, religiosi, economici che siano. Non si tratta di un violento rifiuto del passato, bensì di un superamento quasi inevitabile che relega il passato a un bibelot da collezione e lo rende quindi irrecuperabile e privo di forza creatrice. In questo quadro la libertà di affermazione dell’essere umano diventa il problema centrale: è l’alba di un nuovo umanesimo, di una liberazione dal giogo di una società occidentale sclerotica e passatista! Questa è la libertà più grande del nuovo mondo occidentale, da perseguire a ogni costo. Ma se davvero tutto è relativo, se davvero ogni idea ha esattamente lo stesso valore, come si spiega questo diffondersi di un “pensiero unico” in ambiente scolastico e universitario? In realtà il relativismo è un comodo alibi: la storia umana insegna che gli uomini non

OGGI SI INSEGNA, A OGNI LIVELLO, A CONSIDERARE LE PERSONE NON COME INDIVIDUI COMPLESSI, BENSÌ COME ENTITÀ DEFINITE DA ALCUNE QUALITÀ SECONDARIE


sanno essere “relativi” e hanno tendenza a considerare “più vera” la loro visione del mondo rispetto a quella altrui. Non sempre tale coscienza si basa su criteri oggettivi ma in ogni caso, nel profondo di sé, ciascuno è convinto di possedere le chiavi del mondo. Stiamo assistendo dunque all’ingresso di un “nuovo pensiero dominante” nelle scuole e nelle università, che nell’affermare una libertà assoluta e totale da un lato, la nega dall’altro. Partiamo dal caso delle università nord americane, dove la pressione di un certo modello ideologico è molto forte. È quanto sostiene il professore canadese di psicologia Jordan Peterson: il sistema educativo dovrebbe avere come compito precipuo quello di insegnare agli alunni a sviluppare un pensiero critico, a parlare e a scrivere bene, a trasmettere contenuti culturali. Non spetta invece alle agenzie educative veicolare ideologie, soprattutto se uno dei vanti della scuola pubblica è quella di rispettare la “diversità” e la libertà di opinione. Spiega Peterson che sono invece proprio i concetti di diversità, uguaglianza e inclusione a venir progressivamente piegati e

forgiati (dalla neolingua) sino a dare a queste parole un diverso significato. La diversità non è più diversità di opinione, ma di genere (sic!) o di razza; l’uguaglianza non è il diritto a ricevere un trattamento uguale in casi e condizioni uguali, ma è l’insistenza sull’essere uguali ad ogni costo; l’inclusione è diventata accettazione acritica di idee e pensieri alla moda. Si insegna a considerare le persone non come individui complessi, ma come entità definite da alcune qualità secondarie: la loro razza, la loro religione, il loro orientamento sessuale, che vengono ingigantite sino a fagocitare l’identità personale.

NON SPETTA ALLA SCUOLA E ALL’UNIVERSITÀ VEICOLARE IDEOLOGIE, SOPRATTUTTO SE UNO DEI VANTI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE È QUELLO DI RISPETTARE LA “DIVERSITÀ” E LA LIBERTÀ DI OPINIONE

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L’Italia non è estranea a esperienze simili: a Verona esiste il Centro di ricerca politiche e teorie della sessualità (POLITESSE), interno alla stessa università e coordinato da uno dei docenti, il professor Lorenzo Bernini. Si tratta di un centro di ricerca chiaramente militante e schierato dalla parte delle rivendicazioni Lgbtq. Se esistesse all’esterno dell’università, poco male: ma si tratta di un gruppo interno, ideologicamente schierato, e finanziato con i denari di tutti i contribuenti. Non esiste nessuna voce discorde, nessun parere contrario all’interno del gruppo. Si dirà che si tratta di un modo per lottare contro la discriminazione delle minoranze (?), ma un gruppo impostato in questo modo, che non

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Il professor Jordan Peterson, dell’università di Toronto, ha rischiato la cattedra e pesanti sanzioni per essersi rifiutato di adeguarsi alle regole imposte dall’ateneo sui pronomi con cui rivolgersi agli studenti, in base al “genere” che essi prescelgono. prevede confronto, viene meno all’essenza stessa dell’istruzione universitaria, eliminando la possibilità di un serio e reale dibattito critico, imponendo come dominante la sua visione. È questa la grande bugia educativa di oggi: il Pensiero Unico mascherato da libertà. Se veramente ci fosse libertà, le voci del dissenso verrebbero ascoltate. Si intavolerebbero dialoghi su basi reali, fatti, dati, statistiche e non su mere speculazioni ideologiche. Si dialogherebbe invece di bollare con vari epiteti («razzista», «omofobo» e varie ed eventuali) chi solleva un’obiezione. Soprattutto, tutto questo non verrebbe fatto sulla pelle delle nuove generazioni. In genere chi non si adegua al pensiero dominante è

considerato “criptocattofascista” e retrogado, motivo per cui ho scelto di far riferimento alla visione di una grande antropologa, scomparsa da qualche anno, assolutamente non cattolica e fiera femminista, sebbene politically uncorrect (leggi “intellettualmente onesta”), Ida Magli. Nel suo libro Figli dell’uomo, essa rifletteva su come l’infanzia, tanto difesa a parole, sia sfruttata e strumentalizzata in senso ideologico al giorno d’oggi tanto quanto era stata sfruttata “fisicamente” in passato. Dai bambini in miniera si è arrivati ai “diritti del bambino”, che per la Magli rappresentano tuttavia solo un modo di mascherare l’oppressione dell’infanzia da parte degli adulti.


Per la Magli, l’insegnamento delle teorie di genere a scuola è una di quelle operazioni di lavaggio del cervello mascherate da diritti. Che dire? Per la scuola non è mai stato un problema il credo politico e religioso di un professore, così come non lo è stato per l’università. Personalmente, durante la triennale, ho avuto un professore di storia greca fieramente leninista, senza peli sulla lingua, pronto a dare il suo parere su qualsiasi argomento. Ma, trattandosi di un professore di vecchio stampo, intellettualmente onesto, non ha mai nascosto che fosse la sua opinione, né ha mai preteso che condividessimo la sua posizione. Insegnava la sua materia in modo profondamente “filologico”. La propaganda ideologica è qualcosa di diverso. È contro il dialogo, è contro il confronto, è contro la parola. Il dialogo prevede la possibilità di una sconfitta. Il dialogo mette a confronto gli uomini, spesso anche in modo violento. Il dialogo, in effetti, inteso veramente nel suo senso etimologico e non nella maniera

Ida Magli (1925-2016)

odierna che ne privilegia il lato “buonista”, è l’unica cosa che può veramente rendere conto della varietà del mondo, e l’unico tramite del vero. Non a caso Platone scriveva dialoghi: una verità data per certa, senza possibilità di un serio confronto, non è forse poi così vera. La verità in quanto tale non teme il confronto, dal momento che è, appunto, vera. D’altronde Platone diffidava della scrittura proprio per il suo escludere il dialogo: «Tu offri ai discenti l’apparenza, non la verità della sapienza; perché quand’essi, mercé tua, avranno letto tante cose senza nessun insegnamento, si crederanno in possesso di molte cognizioni, pur essendo fondamentalmente rimasti ignoranti e saranno insopportabili agli altri perché avranno non la sapienza, ma la presunzione della sapienza» (Fedro). Sogno la scuola del pensiero critico, non dell’appiattimento delle differenze. Sogno la varietà del diverso e non il livellamento di ogni diversità. Sogno una scuola che dia a chiunque la possibilità di imparare a pensare e non metta a tacere il pensiero. Sogno il dialogo, non il monologo.

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A DIFFONDERE LA CULTURA DELLA VITA! Per abortire fino a sei mesi (e oltre) bisogna trovare una “buona scusa” (per esempio? Il piede torto, o il labbro leporino, o la Trisomia 21!...). Ma fino a dodici settimane la legge italiana consente l’uccisione dei bambini a richiesta, senza troppe spiegazioni. La spilletta colore oro che vedete è la riproduzione esatta della grandezza dei

piedini di un bambino alla dodicesima settimana di gestazione: per alcuni è ancora un «grumo di cellule» o il «prodotto del concepimento». Il bambino in plastica è invece la riproduzione di com’è un bimbo nella pancia a 10 settimane. Il portachiavi, infine, è un utile accessorio per ricordare i cinque anni della nostra Notizie ProVita.

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14 N. 66

“Michelino” portachiavi 2€ 2€


Il matrimonio, per sua natura, è per sempre... Il matrimonio è indissolubile perché questa è la “regola del gioco” cui hanno deciso di attenersi i due sposi, anche in un contesto non religioso di Tommaso Scandroglio

Il divorzio attenta prima di tutto alla proprietà dell’indissolubilità matrimoniale, ossia al fatto che il vincolo matrimoniale non si possa ordinariamente sciogliere (escludendo i casi che attengono ai cosiddetti privilegi paolino e petrino – più correttamente definiti come scioglimenti per il privilegio della fede – e in caso di matrimonio rato ma non consumato. Cfr. Codice di diritto canonico, cann. 11411150). E inoltre attenta anche alla proprietà dell’unità, ossia quella proprietà che rimanda all’esclusività del vincolo. Vi sono alcuni motivi di carattere praeter naturale secondo i quali il divorzio è illegittimo e questi sono indagati dalla teologia morale. Qui invece vogliamo indicare quei motivi di diritto naturale secondo i quali la scelta di divorziare non è eticamente valida, motivi studiati dalla filosofia morale. Primo piano

• Volontà. Un primo motivo per cui un matrimonio deve durare per sempre, e quindi per rigettare la scelta del divorzio, deve essere rinvenuto nella volontà di chi si sposa. Sono i nubendi medesimi che decidono per se stessi liberamente di escludere il divorzio come possibile opzione futura. Analizzando più in dettaglio le volontà espresse nel consenso matrimoniale, possiamo provare che i due

nubendi vogliono edificare una tipologia di relazione denotata dalla indissolubilità, nonché dall’esclusività. Il consenso che attualmente più si usa nella forma canonica del matrimonio cattolico è il seguente: «Io, N., prendo/accolgo te, N., come mia/o sposa/o. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita». In questa formula, i cui contenuti 15 N. 66


sono rintracciabili anche in altre tipologie di consenso laico, sono presenti delle caratteristiche attinenti alla qualità del legame che si vuole instaurare e che rimandano alla proprietà dell’indissolubilità. • Esclusività. Nel consenso, i nubendi esprimono una scelta esclusiva: «Prendo te», si promettono vicendevolmente l’uomo e la donna (ecco la proprietà dell’unità del matrimonio). Non dicono: «Prendo te e poi semmai un altro, un’altra», ma dicono solo «Prendo te». Questo sta a significare che quel “te” è per sempre, che la relazione con te durerà tutta la vita, dato che poi non ci sarà posto per “un altro te”. L’esclusività della scelta voluta senza apporre limiti temporali o condizioni allora non può che rimandare all’indissolubilità del legame matrimoniale. • Fedeltà. In realtà, questa caratteristica è contenuta implicitamente nella precedente, ma la vogliamo esplicitare perché essa stessa è esplicitata nel consenso matrimoniale nella sua forma canonica allorché si promette di essere fedeli per sempre. La fedeltà o è per sempre o non è fedeltà. L’unico modo cioè per essere fedeli è per tutta la vita. Infatti dire: «Ti sarò fedele fino a 16 N. 66

quando ti tradirò» significa affermare che «non è detto che ti sarò fedele». Equivarrebbe a dire: «Ti sarò fedele fino a quando ti sarò infedele», affermazione contraddittoria e autoconfutatoria. La fedeltà coniugale esiste solo nella prospettiva della durata vitalizia. Da notare che il dovere di fedeltà è richiesto ai nubendi (ancora) anche nel rito civile (art. 143 c.c.).

IL MATRIMONIO NON PUÒ CHE ESSERE INDISSOLUBILE, ALTRIMENTI NON SI TRATTA DI MATRIMONIO

• Inscindibilità. La scelta di accogliere l’altro è voluta come scelta duratura nel tempo. La volontà di amare e di onorare la/o sposa/o tutti i giorni della propria vita certifica senza ombra di dubbio che si vuole Primo piano


un legame vitalizio, inscindibile. Sono dunque gli sposi stessi che scelgono per se stessi questo specialissimo tipo di vincolo: un vincolo che duri per tutta la vita. L’espressione «tutti i giorni» non è stata imposta a loro con la forza, ma è stata eletta da loro stessi in piena libertà come modello di relazione. Diversamente potevano scegliere un legame precario, qual è ad esempio la convivenza. E infatti sempre più spesso chi non vuole un legame per tutta la vita opta per la convivenza, altra prova – a contrario – che il matrimonio per sua natura è per sempre. • Assolutezza. Il consenso matrimoniale esprime una scelta non sottoposta a condizioni, una scelta assoluta. Gli sposi non dicono: «Scelgo te fino a quando mi stancherò, fino a quando ti ammalerai, fino a

quando sarai giovane e bello, fino a quando troverò uno migliore». Nulla di tutto questo. La scelta è libera da condizionamenti. Infatti nel consenso religioso, ad esempio, vediamo che gli sposi promettono di essere fedeli «nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia…». Questo a significare che saranno uno per l’altra per sempre, in qualsiasi situazione si troveranno. Esprimono la volontà di amarsi senza condizioni. Nulla mai nel tempo – così hanno deciso – romperà questo loro legame, eccetto la morte. • Irrevocabilità. La scelta di amarsi non è una scelta qualsiasi, come per esempio la scelta di quale colore dipingere le pareti di casa. Questa scelta viene elevata per espresso volere dei nubendi a promessagiuramento. E le promesse,

come si sa, sono irrevocabili, altrimenti non si chiamerebbero promesse. Promettere di arrivare a un appuntamento prestabilito e poi cambiare idea sta a significare che si è venuti meno alla promessa fatta, si è tradita la parola data. Detto in altri termini, sono i nubendi stessi che scelgono che questo patto tra loro duri per sempre, proprio perché sigillato da una promessa, cioè da una volontà irrevocabile. E se la volontà è irrevocabile ciò comporta che il matrimonio non possa che durare tutta la vita. In breve, il matrimonio è indissolubile perché questa è la “regola del gioco” cui hanno deciso di attenersi i due sposi. Inoltre il matrimonio è indissolubile perché tale proprietà, come qualsiasi proprietà di un ente, è necessaria per soddisfare alcuni fini.

SI PUÒ ESSERE ATTRATTI FISICAMENTE E PSICOLOGICAMENTE A TEMPO, SI PUÒ PROVARE SIMPATIA O AFFETTO A TEMPO, MA NON SI PUÒ AMARE A TEMPO

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IL MATRIMONIO È ESCLUSIVO, FEDELE, INSCINDIBILE, ASSOLUTO, IRREVOCABILE: ALTRIMENTI NON È IDONEO A PERSEGUIRE IL SUO FINE (L’AMORE TRA I CONIUGI E PER I FIGLI)

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Per esemplificare: la sega è tale se dotata di denti al fine di segare, ossia se ha in sé questa proprietà per soddisfare uno scopo preciso. L’automobile è tale se possiede delle ruote che servono per far muovere la vettura. L’indissolubilità matrimoniale è requisito imprescindibile per soddisfare alcuni fini che sono l‘amore tra i coniugi e per i figli (cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 48; Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 20). In merito all’amore per i figli questo prende il nome di “educazione”: occorre che la coppia rimanga insieme stabilmente perché si possa educare il figlio in modo corretto ed efficace. La persistenza nel tempo del rapporto di coniugio è garanzia ed elemento indispensabile per assicurare l’educazione della prole e tale dovere educativo perdura, seppur in modalità differenti, anche quando i figli sono ormai grandi. Per rinvenire un’altra prova che il matrimonio non può che essere indissolubile, altrimenti non si tratta di matrimonio, ci rifacciamo al concetto di amore come donazione-accoglienza totale, approfondendo l’effetto della totalità in senso temporale di tale donazione. L’amore è donazione totale anche nel tempo. Si può essere attratti fisicamente e psicologicamente a tempo, si può provare simpatia o affetto a tempo, ma non si

può amare a tempo. Sull’amore non può esserci scritto: «Da consumarsi preferibilmente entro il…». Questo concetto non è frutto di vuoto sentimentalismo, ma poggia su basi filosofiche e quindi razionali. Se l’amore indica la relazione di carattere naturale migliore tra due persone non legate da vincoli di sangue, cioè il legame di ordine naturale più profondo, più intenso, più alto che possa esistere tra soggetti di sesso diverso non strettamente imparentati, è evidente che tale rapporto deve possedere tutte le qualità migliori espresse al massimo grado. In riferimento al tempo, il “per sempre” è migliore del “non per sempre”. Una relazione a tempo non è la relazione migliore che si possa immaginare e quindi una relazione a tempo non può fregiarsi della qualifica di “amore”. Pensare a un amore a termine, significa errare sul concetto di amore. E dunque l’amore o è per sempre o non è amore.

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Giuliano Guzzo di Giuliano Guzzo

Come i media demoliscono la famiglia

laureato in Sociologia e Ricerca Sociale, collabora con diverse riviste e portali web fra i quali Tempi.it, Libertaepersona.org, Campariedemaistre.com, Cogitoetvolo.it, Uccronline.it e Corrispondenzaromana.it. È membro dell’Equipe Nazionale Giovani del svolgono Movimento per la Vita italiano

Da decenni cinema, televisione e grande stampa un’intensa attività di svalutazione dell’istituzione familiare * giulianoguzzo@email.com @GiulianoGuzzo

: www.giulianoguzzo.com

Il primo numero di Playboy, dicembre 1953

LE STRATEGIE CON CUI I MEDIA HANNO CONTRIBUITO A SMANTELLARE L’ISTITUZIONE FAMILIARE SONO STATE MESSE IN ATTO FIN DAGLI ANNI CINQUANTA

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Nell’immaginario collettivo a smantellare l’istituzione la famiglia raccontata dai familiare. Un principio di aspra media è quella del Mulino critica alla famiglia si ebbe nel Bianco, permeata dalla serenità dicembre 1953 quando, a 50 domestica perenne, quasi centesimi di dollaro, uscì il Anna Mariadi Playboy, paradisiaca, degli spot della primo numero Pacchiotti celebre ditta di biscotti. La rivista che sarebbe presto realtà però è diversa; non solo divenuta celebre ma dietro la perché vita e rappresentazione quale, sin dall’inizio, si celarono Anna Maria Pacchiotti, presidente sovente divergono, ma interessi occulti. Basti ricordare dell’associazione “Onora la Vita onlus”. perché da decenni cinema, che essa era l’espressione di : www.onoralavita.it televisione e grande stampa un’omonima fondazione, svolgono un’intensa attività di la Playboy Foundation, che svalutazione dell’istituzione nel tempo si è distinta per familiare. Altro che battaglie quali la legalizzazione idealizzazione, insomma: la dell’aborto, delle droghe e famiglia viene messa spesso in perfino la liberalizzazione dei cattiva luce. Talvolta è proprio rapporti sessuali tra animali ridicolizzata. Invece quasi ed Giulia esseri umani, oltre che per mai, contrariamente a quanto generosi Tanelfinanziamenti alla si potrebbe pensare, viene National Gay Task Force, una celebrata. delle prime organizzazioni I motivi per cui ciò sia avvenuto, Laureata in Filologia eomosessuali Critica Letteraria. americane. Scrive per passione. Collabora con e continui ad avvenire, sono libertaepersona.org e con altri siti internet e lasciati alle libere riflessioni del autrice, con Francesco Agnoli, riviste; è inoltre Miracoli - L’irruzione del soprannaturale nella lettore. Quel che quidipreme storia (Ed. Lindau). porre in evidenza sono le situazioni, ma anche le strategie, con cui i media, nel corso dei decenni, hanno contribuito 19 N. 66


Quanto ai contenuti destabilizzanti la famiglia da parte della rivista, va sottolineato come essa abbia da una parte contribuito a un’eroticizzazione della società antitetica ai valori tradizionali e, dall’altra, si sia schierata contro di essi. E nel modo più subdolo, quindi non giocando a viso scoperto ma, per esempio, tramite le seguitissime «lettere al direttore» inviate da presunti lettori, una rubrica che ha di fatto concorso a irridere principi come quello della famiglia e della fedeltà coniugale. In aggiunta a questo, c’è da dire che Playboy – il cui successo è stato sì statunitense, ma pure planetario – ha contribuito a indebolire il nido familiare veicolando anche una visione delle relazioni quanto meno distorta. «Alla corrosione del nido – ha in questo senso osservato lo storico Edward Shorter nel suo The making of the modern family, un monumentale volume dedicato alle trasformazioni della famiglia occidentale – ha dato il proprio contributo anche una generazione di uomini, il cui vangelo di relazione tra i sessi è rappresentato dalla rivista Playboy.

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Desiderosi di vedere nelle mogli insieme delle conigliette e delle madri, costoro provavano risentimento e ansia solo quando, dopo ripetuti colpeggi di bacchetta magica, la coniglietta sexy rifiuta di saltar fuori dall’automobile». Curiosamente, sempre negli anni Cinquanta i mass media americani sembrano poi aver propiziato, o almeno accompagnato, una trasformazione delle dinamiche familiari anche in relazione al numero dei figli. Basti pensare alle pubblicità della Coca Cola degli anni Cinquanta: ritraggono sempre un nucleo familiare composto da una coppia con due figli. Una scelta ovvia? Non esattamente. Infatti, se si vanno a consultare le serie storiche del Pew Research Center, think tank con sede a Washington che raccoglie e diffonde statistiche su problemi sociali e opinione pubblica, si scopre che è proprio in quel periodo che in America la famiglia con tre o più figli iniziò ad essere soppiantata, a livello sociale, da quella con due figli soltanto. Nessuno, sia chiaro, intende attribuire ai soli spot della bevanda più nota del globo la responsabilità dell’evoluzione demografica statunitense, ma certo la coincidenza è abbastanza curiosa. Sempre che di coincidenza si tratti, chiaramente.

Il settimanale ABC, copertina del 17 dicembre 1967

Ad ogni modo, gli Stati Uniti non sono il solo Paese in cui i mass media hanno svolto un ruolo nel cambiamento della famiglia. In Italia, per esempio, la carta stampata ebbe una funzione strategica di primo piano nella campagna per il divorzio. Nell’estate del 1965 il settimanale Abc diede vita a un’apposita rubrica, intitolata «Lettere di separati», mediante la quale molti irregolari del matrimonio denunciavano la loro condizione. Un’iniziativa editoriale ispirata a I fuorilegge del matrimonio, film del 1963 dei fratelli Taviani, segno che anche il cinema concorse a promuovere il divorzio. Cosa già evidente con Divorzio all’italiana, pellicola con Primo piano


cui nel 1961 il regista Pietro Germi denunciava quella che, allora, era vista come una delle tante ingiustizie e paradossi del Codice penale, ossia il fatto che non si ammettesse il divorzio ma si perdonasse l’omicidio. La trama del film, infatti, vedeva il barone Fefè, interpretato da Marcello Mastroianni, spingere l’odiata moglie tra le braccia di un vecchio spasimante allo scopo di poterla uccidere poi scontando, con l’attenuante del delitto d’onore, una pena esigua. Tornando al settimanale Abc, edito e diretto da Enzo Sabato, c’è da dire come esso ebbe un ruolo fondamentale nelle svolta divorzista italiana: essendo un rotocalco di stampo nazional-popolare, era riuscito a trasformare un tema

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– quello sul divorzio, appunto – da contesa per esclusive sale convegni e per elitarie riviste specializzate ai più precluse, a dibattito con un nuovo, decisivo interlocutore: la gente comune. Tanto che, quando il socialista Loris Fortuna presentò il suo progetto di legge per il divorzio, lo fece inviando agli archivi di Montecitorio migliaia di lettere che erano apparse proprio su Abc. Anche altre testate, comunque, diedero forti appoggi alla campagna divorzista. Il 24 aprile del 1966, per esempio, L’Espresso annunciava che il divorzio era atteso da «un milione di coppie infelici», facendo seguito a quanto il 5 aprile aveva scritto il Corriere della Sera, secondo cui i

LO SMANTELLAMENTO DELLA FAMIGLIA È ANDATO DI PARI PASSO CON L’IPERSESSUALIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ

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divorzisti, in Italia, erano addirittura «più di dieci milioni». Per promuovere il divorzio la grande stampa dava dunque spazio a numeri con ogni probabilità completamente esagerati: lo stesso metodo che, pochi anni dopo, avrebbe impiegato gonfiando a dismisura le stime degli aborti clandestini e del numero di donne morte a causa di essi. Se gli argomenti fossero stati diversi, si sarebbe parlato di terrorismo psicologico: ma siccome il divorzio e l’aborto legali erano ritenuti tappe di progresso civile, pur di promuoverli ogni strategia doveva essere considerata lecita. Il settimanale Sorrisi, per esempio, aggregandosi alla campagna avviata da Abc, sempre nel 1966 ebbe un’idea senza dubbio originale per l’epoca: quella di lanciare un referendum sul divorzio tra i propri lettori. 22 N. 66

Considerando che Sorrisi era il giornale allora più letto dagli italiani, i risultati di quella consultazione – che avrebbe profeticamente anticipato di otto anni quella referendaria vera e propria del 1974 – non potevano non avere un certo peso. Ebbene, venne fuori che tra i lettori di Sorrisi il 96,4% era favorevole al divorzio. Un plebiscito. Ora, quei risultati corrispondevano al vero oppure potevano considerarsi in qualche misura gonfiati? Non abbiamo elementi per avanzare alcuna insinuazione ma, visto il contesto, neppure per escludere che si sia trattato di una geniale operazione propagandistica. Chissà. Sta di fatto che una volta che l’istituto del divorzio ha fatto effettivamente il suo ingresso

NON SOLO NON È VERO CHE “LA FAMIGLIA UCCIDE” E CHE LA MAGGIOR PARTE DELLE VIOLENZE ALLE DONNE TOCCHI NEL MATRIMONIO, MA È VERO L’OPPOSTO

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NON IMPORTA CIÒ CHE SI RACCONTA DELLA FAMIGLIA: L’IMPORTANTE È CHE SE NE SPARLI

nell’ordinamento giuridico italiano e, conseguentemente, nella mentalità popolare, che da eventualità l’ha progressivamente trasformato in prassi, la stampa e i media in generale non hanno affatto interrotto la campagna denigratoria nei confronti della famiglia giunta fino ai giorni nostri. Un esempio? Il 23 agosto 2012 il sito internet del Corriere della Sera pubblicava un articolo che esordiva – ed esordisce, dato che al momento risulta ancora consultabile – con le seguenti parole: «La famiglia uccide più dei criminali». Un’apertura che lascia pensare che, quanto a ferocia, Cosa nostra e la ‘Ndràngheta siano ben poca cosa, in fondo, rispetto alle mura domestiche. In effetti, ogni qualvolta purtroppo si verifica un “femminicidio” i mass media – televisione in testa – fanno

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a gara per ricordare, numeri alla mano, quanta violenza si consumi in famiglia, con il sottinteso che la famiglia sanguinaria per eccellenza sia quella naturale, unita nel matrimonio. Ma è davvero così? Veramente la famiglia tradizionalmente intesa è così violenta e pericolosa, soprattutto per l’incolumità delle donne? Il solo modo per vederci chiaro è quello di appoggiarsi all’evidenza dei numeri. Ebbene, a questo proposito fa al caso nostro un report Istat del giugno 2015, che ha illustrato le percentuali sulle donne dai 16 ai 70 anni rimaste vittime, in un arco temporale di cinque anni, di violenza fisica o sessuale agita da un uomo. Le risultanze dell’indagine sono le seguenti: la categoria più esposta a violenze da parte di un uomo è risultata quella delle nubili, seguite dalle separate o divorziate, con al terzo posto, solo dopo, le donne coniugate. Più al sicuro delle coniugate sono risultate solo le vedove, verosimilmente

perché donne più avanti con l’età e meno inclini a uscire di casa. Dunque, non solo non è vero che la famiglia uccide e che la maggior parte delle violenze contro le donne si verifichi nel matrimonio, bensì è vero l’opposto: la condizione coniugale è mediamente una garanzia, rispetto a tutte le altre, per la sicurezza femminile. Questo non significa, per prevenire facili obiezioni, che le violenze non avvengano anche in famiglia: sappiamo tutti che purtroppo la malvagità non ha confini. Tuttavia sostenere che la famiglia uccida «più dei criminali» o presentarla come una sorta di camera della tortura è una solenne sciocchezza, anche se raccontata dal più importante quotidiano del Paese. Il punto è che sui media, da qualche tempo a questa parte, non ci si limita a diffamare la famiglia naturale, ma pure coloro i quali intendono battersi in sua difesa, ritratti nei modi peggiori. 23 N. 66


A questo riguardo, il sociologo e giornalista Maurizio Caverzan ha notato come in diverse puntate di fiction Rai degli ultimi anni, da Sorelle a Romanzo famigliare, fino a Montalbano, da un lato i pro family, ossia coloro che sostengono il primato della famiglia naturale e disapprovano le nozze gay, siano stati presentati come crudeli, se non proprio come assassini, e dall’altro i figli vengano sovente concepiti fuori dal matrimonio. Come se non bastasse, i pro family vengono sbertucciati pure sui fumetti: in un numero di Dylan Dog uscito nell’autunno 2017, quella della difesa della famiglia è stata presentata come una battaglia appannaggio di pazzi, violenti e «idioti bigotti». E pensare che un insulto ancora più esplicito era venuto qualche mese prima in televisione quando, nella puntata della popolare trasmissione Le Iene del 12 marzo, i noti cantanti Fedez e J-Ax, davanti alle

LE FICTION DELLA RAI NON FANNO ALTRO CHE PRESENTARE I SOSTENITORI DELLA FAMIGLIA NATURALE COME PAZZI O CRIMINALI

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Il cast di Romanzo famigliare, di Francesca Archibugi telecamere, avevano alzato il dito medio indirizzando idealmente il gesto ai partecipanti al Family Day. Ora, provate a immaginare cosa accadrebbe se un simile trattamento mediatico fosse riservato a qualsiasi altra categoria sociale, dalle donne agli immigrati: scoppierebbe il finimondo. Si griderebbe al sessismo o al razzismo. Si convocherebbero manifestazioni di piazza per protestare. Intellettuali e scrittori à la page sottoscriverebbero in massa appelli per esprimere tutta la loro indignazione. Se però a essere insultati sono i sostenitori della famiglia, invece, allora niente, va tutto bene: nessun paladino della libertà di pensiero ha alcunché da ridire. Un fatto che dovrebbe far pensare.

Tornando ai media, c’è inoltre da aggiungere come, oltre a presentare a priori la famiglia come violenta e a mettere in cattiva luce i pro family, essi non siano teneri neppure con le famiglie numerose. Emblematico, a questo proposito, uno studio con cui si sono esaminati 1.100 articoli pubblicati dalle testate tedesche tra il 2011 ed il 2012, rilevando come di queste famiglie la stampa parli quasi solo in relazione a problemi – come i troppi oneri finanziari, i conflitti di convivenza e gli alloggi precari – e in oltre il 40% dei casi offrendo comunque un’immagine negativa della famiglia naturale. Della serie: non importa ciò che si racconta della famiglia... l’importante è che se ne sparli.

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La castità pre-matrimoniale? È pro-matrimoniale! di Giuseppe Spimpolo La castità prematrimoniale non è tale solo perché precede cronologicamente il matrimonio, bensì perché, sostanzialmente, lo prepara su un piano qualitativo

Prima di addentrarci nel grande tema della castità prematrimoniale, è bene spendere un paio di parole su quel tempo della vita affettiva di due giovani, che va sotto il nome di fidanzamento e che trova proprio nella castità una delle sue componenti essenziali. Il fidanzamento non è primariamente uno spazio e un tempo di conoscenza l’uno dell’altro; certo dentro tale spazio e tempo avviene un processo di progressiva conoscenza, processo che riguarda tuttavia ogni relazione umana in quanto tale. Riteniamo piuttosto che il fidanzamento sia principalmente luogo di discernimento, in cui i due giovani sono chiamati, attraverso la maturazione dell’affidabilità affettiva personale, a verificare (verum facere) «se proprio con quest’uomo, proprio con questa donna posso elaborare un progetto di coppia entro cui giocarmi la vita intera». Si tratta, attraverso questo tempo della vita decisamente Primo piano

ancora troppo sottostimato, di verificare la qualità e maturità di un’affettività in grado di dirsi e darsi come affidabile nella sua forma compiuta e piena: il matrimonio. È all’interno di questa situazione esistenziale che la castità è apprezzabile insieme come valore e come criterio di discernimento: essa appare come uno degli elementi essenziali per un adeguato cammino di discernimento e insieme come un valore di crescita e maturazione dell’affettività. La castità in questa sede è prematrimoniale

CHISSÀ SE PROPRIO CON QUEST’UOMO, PROPRIO CON QUESTA DONNA POSSO ELABORARE UN PROGETTO DI COPPIA ENTRO CUI GIOCARMI LA VITA INTERA

(foto: Animatori Salesiani) 25 N. 66


non semplicemente perché precede cronologicamente il matrimonio, ma perché, sostanzialmente, lo prepara su un piano qualitativo. Ogni fidanzato può chiedersi: «Sto maturando una disponibilità affettiva tale da poter dirmi per l’altro affidabile? Ossia una libertà tale da poter finalmente darmi all’altro in maniera incondizionata, ossia non condizionata originariamente da quanto accadrà nella vita?». In fondo, il matrimonio è davvero il massimo della libertà affettiva, perché si fonda sull’affidabilità affettiva incondizionata di un uomo e una donna; si fonda sulla libertà di donarsi per sempre all’altro senza controllarne preventivamente la risposta, ma promettendo di amarlo al di là dei comportamenti e atteggiamenti che eventualmente potrà assumere in futuro. Che razza di amore è un amore che rimane permanentemente impigliato nell’andamento che prendono le cose, incapace di rinnovarsi e reinventarsi dentro la vicenda affettiva umana, per quanto complicata e complessa? Il matrimonio appare come la forma adeguata di una simile affidabilità affettiva sviluppata propriamente nel tempo meraviglioso del fidanzamento anche attraverso l’avvaloramento che scaturisce dalla castità. 26 N. 66

A essa guardiamo attraverso quattro coordinate fondamentali: 1. La castità è gratuità: «Sto imparando ad amare l’altro per quanto mi dà, per quanto mi gratifica o sto imparando ad amarlo gratuitamente, per quello che è? Che qualità di vita di coppia stiamo gradualmente costruendo insieme?». D’altro canto, non è cosa rara che il rapporto sessuale venga vissuto per possedere e trattenere con sé l’altro, mossi dalla paura di perderlo, di restare soli, o di non essere sufficientemente amabili e interessanti ai suoi occhi, o dalla paura o incapacità di scoprire e affrontare insieme tensioni, conflitti… 2. La castità è verità erotica: solo nel matrimonio il rapporto sessuale diventa linguaggio espressivo della totalità di condivisione della

IL MATRIMONIO È DAVVERO IL MASSIMO DELLA LIBERTÀ AFFETTIVA, PERCHÉ SI FONDA SULL’AFFIDABILITÀ AFFETTIVA INCONDIZIONATA DI UN UOMO E UNA DONNA

vita. Per due fidanzati invece, vivere l’intimità sessuale significa introdurre una dimensione di non verità, di menzogna dentro il loro rapporto, perché significa voler vivere più di quanto essi sono: con il corpo vogliono dirsi «sono tutto/a tuo/a», con il corpo cioè vogliono condividere tutto in un momento in cui tuttavia tutto ancora li divide. Vi è perciò una non-integrazione adeguata del desiderio dentro una storia

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amato per quello che è. Diventa una scuola anche per imparare a gestire liberamente la propria pulsionalità: se per l’uomo è esperienza di virilità, di forza virile nell’esercizio dell’autodominio, per la donna è esperienza di bellezza nell’esaltazione della propria femminilità.

affettiva ancora incapace di totalità. Castità è imparare a integrare il desiderio dentro la storia erotica reale che stiamo vivendo. 3. La castità è autostima: senza voler dare un’accezione strettamente psicologica al termine, la castità attesta e promuove l’autostima, il riconoscimento del valore proprio e altrui. Castità non è banalmente privazione, rinuncia, astinenza… castità è un valore positivo: «So quanto valgo, perciò mi custodisco! So quanto vali, perciò ti custodisco!». È sapere che nel tempo del discernimento – della verifica sulla possibilità e sull’opportunità di costruire il matrimonio – è bene salvaguardare l’unicità delle persone. Perdere la castità significa anche perdere la possibilità di esprimere la nostra unicità. Primo piano

Castità è attesa piena e intelligente per poter dire all’altro, nel matrimonio: «Ho custodito e riservato per te, e per nessun altro, tutto me stesso». L’unicità del dono dice l’unicità della persona. 4. La castità è ebbrezza della differenza sessuale: saper aspettare – il che non è esattamente un’attitudine dell’uomo contemporaneo – e quindi degenitalizzare nel fidanzamento l’uso della sessualità significa imparare ad apprezzare la ricchezza della mascolinità e della femminilità in tutte le sue connotazioni, e dunque imparare cosa significhi amare una donna e amare un uomo anche attraverso la riscoperta di tanti gesti troppo spesso sviliti o sottostimati superficialmente. La differenza sessuale diventa una scuola per imparare a uscire da sé, per far sentire l’altro radicalmente

Vivere la castità significa alla fine diventare affettivamente adulti, capaci di un amore adulto; se è vero che la castità richiede volontà, decisione, spirito di sacrificio, anche senso della rinuncia…, essa proprio per tutto quanto detto favorisce l’integrazione delle varie dimensioni umane. Crescere, maturare – e quindi anche educare – non significa solo attualizzare delle potenzialità; ma anche permettere che ciò avvenga in modo armonico e armonioso, ossia integrato. La castità, chiedendo anche spirito di sacrificio, capacità di rinuncia… ci permette di uscire dalla logica infantile dell’onnipotenza del desiderio dove tutto è un diritto e di accedere alla vita adulta, favorendo lo sviluppo integrato di dimensioni umane ed esistenziali che potrebbero altrimenti restare trascurate e incompiute. In tal senso, da integrazione intrapersonale, diventa integrazione interpersonale.

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di Confederazione Italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità

DONO L’UNO PER L’ALTRA, LIBERAMENTE, PER SEMPRE

La CICRNF, fondata nel 1991, raccoglie attualmente varie scuole italiane che, con origini, storia e metodologie diverse, sono da anni impegnate nella formazione di insegnanti dei metodi di regolazione naturale della fertilità (www.confederazionemetodinaturali.it)

«Io accolgo te…» sono poche parole ma ricche di significato con le quali un uomo e una donna esprimono il proprio consenso davanti a Dio e agli uomini unendosi per sempre nel sacramento del matrimonio. Essi si riconoscono come dono l’uno per l’altro scegliendo liberamente, per amore e per sempre, di regalare all’altro la propria vita attraverso la quotidianità dei gesti come sposo/a. Nelle cose di ogni giorno, infatti, saranno chiamati a testimoniare l’impegno del proprio reciproco amore; ma c’è un gesto corporeo, carico di senso, che rappresenta il “luogo” in cui essi possono esprimerlo nel modo più alto e profondo ed è l’atto coniugale, il momento dell’unione fisica, che chiama gli sposi alla verità di quel dono

totale di sé che sta alla base dell’intera vita coniugale. Atto naturalmente teso alla procreazione. Ma la procreazione deve essere responsabile. E quindi l’atto stesso deve consumarsi tra due persone responsabili. La strada della responsabilità indicata dal Magistero della Chiesa è quella del metodo naturale. La scelta del metodo naturale è l’unica via capace di permettere e promuovere un autentico

amore di coppia basato sulla donazione reciproca e sull’accoglienza totale l’uno dell’altra rendendo vero nella carne ciò che è promesso nella celebrazione del matrimonio. È bene puntualizzare che i metodi naturali non sono un dono semplicemente per i credenti. Anche se forse solo la Chiesa ha investito molto in questa direzione e promosso e sollecitato la ricerca scientifica sui metodi naturali, è senz’altro vero che

LA SCELTA DEL METODO NATURALE È L’UNICA VIA CAPACE DI PERMETTERE E PROMUOVERE UN AUTENTICO AMORE DI COPPIA BASATO SULLA DONAZIONE RECIPROCA E SULL’ACCOGLIENZA TOTALE

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essi non sono un prodotto della Chiesa né una sua invenzione. I metodi naturali, infatti, poggiano originariamente e originalmente sulla struttura stessa dell’essere umano, sulla sua differenza di maschile e femminile, e sulla dinamica naturalmente inscritta nell’unica verità della sessualità coniugale possibile, quella tra uomo e donna, in ogni suo atto. In questo senso l’Enciclica Humanae Vitae del beato Paolo VI non fa che riconoscere quello che da sempre appartiene all’essere umano, a ogni essere umano e alla coppia. Questo significa che la proposta dei metodi naturali è per tutti e a disposizione di tutti e, in altre parole, usando un linguaggio moderno, è laica e aconfessionale. I metodi di Regolazione Naturale della Fertilità si basano sulla conoscenza dei ritmi biologici della fertilità, consentendo alla donna e/o alla coppia di individuare il periodo potenzialmente fertile e i tempi non fertili. Attraverso l’osservazione quotidiana dei cambiamenti di alcuni segni e sintomi della fertilità femminile correlati all’andamento ormonale di ciascun ciclo mestruale, questi segni e sintomi possono essere utilizzati per ricercare o evitare una gravidanza in ogni periodo Primo piano

Nota della Redazione I metodi naturali sono una opportunità che viene donata alla coppia di sposi. Tuttavia, nel farne uso è sempre importante mantenere a mente il fine naturale del matrimonio, che è quello di essere alla base della famiglia e dunque chiama gli sposi all’onore e all’onere della procreazione. Per questo i metodi naturali, che è senz’altro lecito utilizzare in presenza di seri motivi, non vanno concepiti e utilizzati secondo un’ottica contraccettiva, quali meri “sostituti” di mezzi contraccettivi di altro tipo.

della vita fertile della donna ma anche in condizioni particolari come in presenza di cicli irregolari, in allattamento, in premenopausa e anche quando la donna è sottoposta a turni di lavoro. I metodi naturali moderni, fondati su solide basi scientifiche, sono il metodo Billings, il metodo sintotermico CAMeN e il metodo sintotermico Roetzer. Tali metodi si differenziano per la diversa combinazione di segni e sintomi di fertilità prodotti dagli ormoni ovarici nel corso del ciclo mestruale, che dalla donna vengono osservati e dalla coppia interpretati. In questo modo, rendendo la coppia consapevole della propria fertilità, promuovono l’intimità nell’accoglienza reciproca. Conoscere i segni legati alla fertilità è un modo semplice e sicuro per seguire giorno

dopo giorno i ritmi biologici e scoprire con stupore la bellezza del funzionamento del proprio corpo. Il metodo naturale è l’apprendimento dell’alfabeto con cui è scritta la fisiologia della sessualità umana. Di conseguenza ogni donna in età fertile – dall’adolescente alla madre di famiglia – dovrebbe avere la possibilità di approfondire questa conoscenza di sé. Gli ultimi dati statistici autorevoli ricavati da uno studio multicentrico europeo e pubblicati sulla rivista Advances in Contraception (1999), presentano una percentuale di efficacia dei metodi pari al 97%. Ma l’efficacia dei moderni metodi naturali è più alta se questi vengono appresi correttamente, se le regole sono ben comprese e applicate in maniera rigorosa. 29 N. 66


IL METODO NATURALE È L’APPRENDIMENTO DELL’ALFABETO CON CUI È SCRITTA LA FISIOLOGIA DELLA SESSUALITÀ UMANA

Per questo sono sorti dei centri che si occupano della formazione di persone esperte che possono insegnare adeguatamente il metodo naturale per aver conseguito il diploma di insegnante dopo un adeguato periodo di studio. Tutti gli insegnanti dei metodi naturali ed educatori dell’affettività e della sessualità si ritrovano, attraverso i loro centri, in un coordinamento nazionale (CICRNF). La motivazione che accomuna gli insegnanti dei metodi naturali è di tipo pastorale: la scelta personale di vivere la sessualità con il metodo naturale e la scoperta che il metodo non è semplicemente una tecnica bensì un modo di vivere la relazione di coppia che esalta l’amore e la fedeltà, la fecondità e l’identità sessuale dell’uomo e della donna, li rende desiderosi di testimoniare il grande dono ricevuto. 30 N. 66

La Confederazione Italiana dei Centri per la regolazione naturale della fertilità (CICRNF) si sente particolarmente toccata in questo tempo di imminente santificazione di Paolo VI e vuole esprimere la propria gratitudine per il dono grande di Humanae Vitae a tutta l’umanità, continuando fedelmente a proporre attraverso i metodi naturali la bellezza e la verità dell’amore coniugale.

Siamo molto attenti all’ecologia dell’ambiente, ma poco ci importa della “ecologia dell’uomo”...

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I sexy robot e l’affettività umana di Francesco Agnoli

[...] L’ultima frontiera dei robot, sono i cosidetti sexy robot: automi che, nelle intenzioni di chi li progetta, soprattutto nel mondo anglosassone, dovrebbero fare le veci di mogli e fidanzate, «utili a chi è solo o non è in grado di stabilire una relazione». In soldoni, si tratta di robot che “migliorerebbero” le sexy doll, concepite per “fare sesso” senza la presenza di una persona in carne e ossa.

Primo piano

L’Autore condivide con i nostri Lettori un brano del suo Dieci brevi lezioni di filosofia (Gondolin, 2018)

Ma è possibile davvero sostituire una persona con un robot? Ed è davvero umano il «sesso senza amore», per usare l’espressione di un cantautore come Antonello Venditti? Alla prima domanda si è già risposto: i robot non hanno nulla a che vedere con le persone. Sono, per usare un’espressione che racchiude tutto ciò che si è detto, “senz’anima”. È dunque già chiara la risposta alla seconda domanda: il sesso senza amore è di per sè possibile, ma non è umano, nel senso che non corrisponde al vero desiderio dell’uomo, ma solo a una volontaria autoamputazione della natura umana. Infatti l’uomo può anche “fingere” di essere solo un fascio di istinti e di pulsioni cieche; può comportarsi come se fosse solo un corpo disanimato, come una macchina. Ma senza che questo gli permetta di essere felice, di vivere la grandezza della vera relazione tra persone. Il primo concetto da mettere

a fuoco è questo: il corpo è epifania, manifestazione, della persona. Non esiste da solo, di per se stesso. È sempre connesso all’anima. In quest’ottica guardare a una persona come se essa coincidesse con il suo corpo, e soltanto con esso, significherebbe reificare una persona, ridurre un soggetto a un oggetto. Esempi di reificazione sono la pornografia, lo stupro, il ricorso alla prostituzione, etc. In tutti questi casi un soggetto concupisce, in un altro soggetto, solo il suo corpo (o addirittura solo una parte di esso), e lo riduce così a un oggetto di piacere individuale.

È UMANO IL SESSO SENZA AMORE? UNA PERSONA PUÒ ESSERE RIDOTTA SOLO AL SUO CORPO?

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Con una conseguenza per lui forse inaspettata, ma logica: che lo stesso piacere che ne ricava è, non solo effimero, ma anche “avvelenato”. Perché? Perché il vero desiderio dell’uomo, se egli è anima e corpo, è amare con entrambi, amare consapevolemente, amare con tutto se stesso, amare nel rispetto della propria e dell’altrui libertà (senza essere schiavo, lui, dell’istinto, l’altra persona della sua forza bruta), e ciò, in caso di “sesso senza amore”, non avviene. C’è amore, dunque, quando un tutto, l’uomo come anima e corpo, abbraccia, di un altro tutto, il tutto e non la parte. E lo si chiama amore, e non solo piacere, perchè soddisfa non solo l’istinto corporeo, ma un desiderio più profondo. Perchè realizza un’aspirazione più grande, vivendo la relazione non come possesso, ma come dono; non come mera gratificazione egoistica, ma come

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IL PIACERE CHE SI RICAVA DAL SESSO FINE A SE STESSO È NON SOLO EFFIMERO, MA ANCHE “AVVELENATO”: PERCHÉ IL VERO DESIDERIO DELL’UOMO, SE EGLI È ANIMA E CORPO, È AMARE CON ENTRAMBI

incontro; non con egoismo, ma con altruismo; non con la concupiscenza di chi usa gli altri come fossero intercambiabili, ma con la responsabilità di chi comprende l’unicità di ogni singola persona («Amo te, solo te, proprio te come persona, e cioè non solo in un dato momento, ma fedelmente»). Vissuta bene la sessualità non è chiusura su di sé, ma apertura; non è pura genitalità, ma affettività; non esita nella violenza, ma rimane nell’amore. Così la natura sponsale del corpo (evidente negli organi genitali), convive armoniosamente con la natura

relazionale, sponsale, dell’anima umana. Nell’atto coniugale, cioè che congiunge, due persone si accolgono e si donano reciprocamente, integralmente, perchè si sono già accolte e riconosciute prima dell’atto corporeo stesso, nella loro mente e nel loro cuore. I visi si guardano, si parlano e si baciano (il viso è l’«immagine della soggettività» dell’altro, identifica la sua identità di persona razionale e libera); le braccia spalancate abbracciano: è l’accoglienza del cuore; gli organi genitali si uniscono, generando la vita. Così l’unione dei due corpi suggella e realizza l’unione spirituale degli sposi, permettendo a sua volta di generare un figlio (perché l’amore è davvero “creatore”). [...]

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di Carlo Dionedi

IMPARARE LA VITA DA MAMMA E PAPÀ

Il vicepresidente dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose ci propone una riflessione sul perché la famiglia fondata sul matrimonio sia il miglior contesto educativo e di crescita umana

Un grande equivoco percorre oggi il pensiero comune: famiglia è tutto ciò in cui c’è amore. I media, che si considerano “progressisti”, fanno un lavoro quotidiano per far passare questa idea farlocca di famiglia. Già Aristotele definiva la famiglia come il nucleo fondamentale della società, il suo primo mattone costitutivo senza il quale non esisterebbe il resto della comunità politica, cioè lo stesso Stato. Non parlava di amore, ma di asse portante del consesso umano. Anche sul concetto di “amore” c’è un grande equivoco: per la coppia lo si confonde ormai totalmente con l’innamoramento, cioè l’emozione iniziale e passeggera che porta un uomo e una donna a iniziare una storia insieme. Tanto che ci si lascia – anche da sposati – perché «non c’è più amore», intendendo appunto l’emozione originaria. Per gli altri legami familiari, si tende a confondere l’amore con un insieme di sentimenti positivi Primo piano

che sono “altro”: simpatia, empatia, amicizia, struggimento affettivo (il neonato che gorgheggia, il bambino che pasticcia con le prime parole, etc.). Il fatto è che l’amore non è un sentimento, bensì un atto della volontà, è la scelta di “stare” in una relazione a qualunque costo, anche di rinunciare a se stessi e al proprio bene, persino a prezzo della propria vita. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici», ha detto Gesù, e lo ha fatto. Il vero amore è impastato di sofferenza, di rinuncia, di dedizione totale, non è una gita romantica o un aperitivo al tramonto.

IL VERO AMORE È IMPASTATO DI SOFFERENZA, DI RINUNCIA, DI DEDIZIONE TOTALE, NON È UNA GITA ROMANTICA O UN APERITIVO AL TRAMONTO

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Una volta chiarito tutto questo, è facile capire che la famiglia è un laboratorio di relazioni in cui il figlio, a partire da quella originalissima invenzione che è l’unione del padre e della madre, riceve anzitutto la propria identità e al tempo stesso impara ad andare oltre se stesso. Le scienze umane danno ormai per assodato che un bambino forma la sua identità, la sua personalità, nei primi 5-6 anni di vita: certo, nasce con un suo temperamento, ma gran parte dell’uomo o della donna che sarà si plasma attraverso la relazione con la figura del padre e quella della madre. Naturalmente nel bene e nel male. Ogni bambino nasce sapendo di dipendere da un altro e costantemente sta a guardare al padre e alla

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madre per imparare la vita. Se questo punto di riferimento è stabile, se ha una salda spina dorsale – che nulla ha a che fare con l’amore-melassa che spesso soffoca in un abbraccio mortale – allora molto facilmente la sua personalità si potrà sviluppare in modo equilibrato, capace anch’esso di dedizione e di rinuncia e quindi capace di amare, capace di avere discernimento sulla realtà che lo circonda. E ancora la letteratura psicologica seria ci testimonia di quanto sia fondamentale la presenza complementare del padre-uomo e della madredonna: una cosa ovvia fino a pochi anni fa, eppure oggi si è costretti a ribadirlo. Il bambino ha bisogno di una mamma che lo accolga, che gli dia la tenerezza di cui ha bisogno, che

ne abbia cura, che lo introduca nel mondo delle emozioni e dei dolori; per questo la madre sa cogliere i bisogni del figlio piccolo che non sa ancora parlare. Ma ha anche bisogno di un padre che – pur senza tante parole – gli indichi la strada e le regole per percorrerla con successo. Il padre rappresenta l’appartenenza, ci dice da dove veniamo e ci dà il senso dell’obbedienza, valore oggi passato di moda. Tutti sappiamo che educare è il lavoro più difficile, tutti siamo consapevoli che, in quanto genitori, sbagliamo spesso, ma gli errori seri che provocano guasti riguardano proprio il tipo di relazione che i genitori – spesso inconsapevolmente – instaurano coi figli.

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OGNI BAMBINO NASCE SAPENDO DI DIPENDERE DA UN ALTRO E COSTANTEMENTE STA A GUARDARE AL PADRE E ALLA MADRE PER IMPARARE LA VITA

Primo piano

In particolare, ci sono: - i “genitori spazzaneve”, quelli cioè che rimuovono ai figli ogni difficoltà od ostacolo, non abituandoli così ad affrontare le asperità della vita e quindi rendendoli deboli. Sono coloro che tendono a creare il “bambino-tiranno”, un sovrano capriccioso cui non si può mai dire un «No». Una volta cresciuto, questo bambino avrà grosse difficoltà ad accettare i limiti dettati dalla realtà, non sopporterà la minima frustrazione o il più piccolo fallimento. Una volta adulto, faticherà a vivere relazioni affettive stabili e sane: il rapporto con il partner risulterà alienante perché in contrasto con l’idea di indipendenza e di autonomia che si era costruito; - i genitori “amici dei figli”, che credono di conquistarseli mettendosi pari a loro: tremendo, perché invece il

figlio, nel bailamme confuso del mondo contemporaneo, ha assoluto bisogno di punti fissi, di riferimenti solidi e saldi. Ha bisogno di vedere l’adulto che crede fermamente in un valore e su quel valore fonda tutta la sua esistenza, un genitore che gli indica una meta buona e un approdo sicuro. Il bambino è insicuro per definizione, anche se non lo dà a vedere, quindi si crea un eterno insicuro – o un eterno Peter Pan –, se non gli si offrono precise coordinate per navigare. Entrambe queste tipologie di genitori fanno sì che i figli, man mano che crescono, siano incapaci di riconoscere l’autorità. Cominciano a non riconoscere il ruolo della maestra, poi facilmente durante l’adolescenza avranno difficoltà a seguire gli insegnanti o peggio mancheranno loro di rispetto. Anche nella vita affettiva vivranno seri problemi, ad esempio nel saper accettare il rifiuto della persona di cui si sono innamorati, o nel gestire i rapporti con gli amici: sono capaci solo di ricevere, non di donarsi; sono capaci di parlare ma non di ascoltare. In questo senso, il ruolo del padre è fondamentale proprio perché è tipicamente suo il compito di rinviare costantemente il figlio alla realtà, spesso anche nella sua crudezza. 35 N. 66


Il padre ha il compito di allenare il figlio a confrontarsi con la frustrazione, con la sua finitezza. E invece il padre oggi è latitante, e i risultati sono purtroppo evidenti. E poi ci sono le famiglie che si disgregano. Se la separazione è sempre un momento drammatico per i coniugi, per i figli è una vera catastrofe. Oggi c’è la tendenza a minimizzare; per scacciare i sensi di colpa si dice: «Meglio per i figli che ci separiamo piuttosto che farli vivere nella tensione». Nulla di più falso e ci sono già ricerche serie che lo dimostrano. Perché per un figlio papà e mamma sono una cosa sola e la separazione crea un’insanabile spaccatura interiore; oltre al dolore si insinua una profonda insicurezza, perché la roccia cui era aggrappato si è sgretolata e non c’è più. Io bambino, io figlio, cresco sicuro ed equilibrato solo all’interno

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PER UN FIGLIO PAPÀ E MAMMA SONO UNA COSA SOLA E LA SEPARAZIONE CREA UN’INSANABILE SPACCATURA INTERIORE

di un “utero” – la famiglia – dove vedo e vivo la saldezza di una relazione, quella tra papà e mamma. Può essere una relazione difficile, anche tormentata, ma esiste. Con la separazione tutto crolla, tutto è messo in discussione. Il bambino che si chiede «Chi sono io?», «Da dove vengo, dove vado?», le domande centrali dell’esistenza, rimane senza risposta. È un vuoto che spesso gli adolescenti colmano con l’alcol, la droga, la pornografia, una vita affettiva e sessuale disordinata. O semplicemente con l’insuccesso scolastico.

Oggi più che mai il problema educativo non riguarda i giovani, riguarda seriamente gli adulti. I figli stanno soffrendo questa fragilità degli adulti: come fanno a crescere, a maturare, se hanno davanti a sé adulti rimasti adolescenti, in balia dei loro umori e dei loro desideri?

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. .. IA L IG M A F A L E R O U M SE

DIRITTO

di Aldo Vitale

Aldo Vi

La massima autorità nel diritto di famiglia inglese ha dichiarato che la famiglia non esiste più. Se ciò fosse vero, le conseguenze politiche e giuridiche sarebbero inquietanti

E MORTE

«Si sviluppano minacce contro il quale, lo scorso 30 maggio la struttura naturale della 2018, presso l’Università di famiglia, fondata sul matrimonio Liverpool, ha dichiarato che tra un uomo e una donna, è oramai finita l’epoca della e tentativi di relativizzarla famiglia classicamente intesa conferendole lo stesso statuto di e che tale fine è da accogliere un fattoforme giuridico divenire un attopositivamente e addirittura da di unione radicalmente dico mutando arbitrariamente diverse. Tutto ciò costituisce una applaudire. offesa alla famiglia Sir Munby, infatti, reputa che rpretazione della suae contribuisce stessa natura? a destabilizzarla, violandone si debba accettare il fatto che la specificità e il ruolo sociale in Inghilterra (ma la medesima unico»: così si esprimeva il valutazione può essere estesa Pontefice Benedetto XVI l’8 ovviamente anche ad altri Paesi) diritto e gennaio la morte si trovano in rapporti 2007 nel suo discorso al la famiglia assume oramai una Corpo Diplomatico accreditato molto stretti poiché la morte, come la presso la Santa Sede. ascita, è conosciuta dal diritto in quanto

o naturale, quindi di per sé extraIn cosa consisterebbero tali dico, cheminacce? tuttaviaSono diviene giuridicamente concrete? Quali ante per prospettive la sua capacità di incidere si possono delineare sulla per l’immediato giuridicaalmeno della persona e dellefuturo? relazioni A rispondere in modo esaustivo -giuridiche che la sottendono. e completo, descrivendo orte e il diritto, inoltre, sono in stretta lo scenario che si è venuto one poiché da sempre al ultimi fenomeno morte a determinare negli ricollegati istituti effetti giuridici di decenni, noned è una autorità natura. religiosa o cattolica, ma Sir

varietà infinita di forme poiché vi sono matrimoni tra persone di fede non cristiana, persone che vivono insieme come coppie sposate o non sposate con altre persone dello stesso o di diverso sesso, bambini allevati da uno, due o anche tre genitori, sposati o non sposati che possono essere e non essere i loro genitori naturali, bambini con genitori di diversa fede, etnia o nazionalità, bambini di relazioni poligame, bambini allevati

Sir James Munby

James Munby, presidente della Family Division della High che parole, il diritto ha sempre prestato Court e capo della Family Justice me attenzione al fenomeno della morte per l’Inghilterra e il Galles,

io per l’alta incisività di questa nel mondo ritto, cioè delle relazioni intersoggettive Primo piano e come legami giuridici.

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da genitori dello stesso sesso, concepiti tramite inseminazione artificiale con donatore di gameti o risultato degli accordi di maternità surrogata. Alla luce di ciò, secondo la massima autorità del diritto di famiglia inglese, non si può rimanere ancorati alla concezione tradizionale della famiglia e, quindi, sia l’ordinamento giuridico in genere, sia il diritto di famiglia in particolare devono adattarsi ai nuovi scenari. Da un punto di vista strettamente logico, prima ancora che giuridico, viene spontaneo chiedersi a quale scopo mantenere in vita il diritto di famiglia, con le sue regole, le sue procedure, perfino i suoi costi, se la famiglia è qualcosa che sostanzialmente non esiste più poiché se tutto è famiglia nulla è famiglia. Da tutto ciò, inoltre, non possono che emergere alcune considerazioni politiche, giuridiche, etiche e perfino teologiche. Da un punto di vista politico, infatti, occorre riconoscere che la famiglia è il presupposto di ogni fondabilità del legame politico poiché, come aveva già scoperto Aristotele, lo Stato, la comunità politica, la società si fondano su quel legame primigenio e originario che per natura è costituito dalla famiglia. 38 N. 66

Nella famiglia, infatti, l’uomo sperimenta la sua naturale relazionalità e i principi di giustizia e carità che dovrebbero guidare il suo agire etico e giuridico. Nella famiglia, dunque, la politicità dell’essere umano si rivela come elemento costitutivo della natura dell’umanità, e, per converso, la politicità dell’essere umano trova nella famiglia l’alveo naturale in cui può praticarsi la prima forma di relazionalità. Abolire la famiglia, ritenere perfino che sia un bene che la famiglia sia abolita, poiché non c’è, né può esserci, un modello unico di famiglia, significa minare alle basi le fondamenta su cui si regge l’intero legame politico, e quindi la stessa socialità in sé considerata.

NELLA FAMIGLIA LA POLITICITÀ DELL’ESSERE UMANO SI RIVELA COME ELEMENTO COSTITUTIVO DELLA NATURA DELL’UMANITÀ E LA POLITICITÀ DELL’ESSERE UMANO TROVA NELLA FAMIGLIA L’ALVEO NATURALE IN CUI PUÒ PRATICARSI LA PRIMA FORMA DI RELAZIONALITÀ

Da un punto di vista giuridico, inoltre, ritenere che la famiglia sia abolita, o comunque da abolire, significa negare il presupposto naturale di carattere pre-ordinamentale su cui le istituzioni e il diritto sostanzialmente si fondano. In questo senso la Costituzione italiana, fortunatamente, specifica, per esempio, tramite il verbo “riconoscere” utilizzato dall’articolo 29, che la Repubblica italiana tutela Primo piano


Un passo avanti verso il riconoscimento del poliamore: in Canada, un giudice del tribunale di San Giovanni di Terranova ha registrato, per la prima volta, due uomini e una donna come i genitori legali di un bimbo nato nel 2017.

LA FAMIGLIA È LA SOCIETÀ NATURALE SU CUI NON PUÒ NON FONDARSI UN SISTEMA POLITICO E GIURIDICO CHE SI PRESUME E SI PRETENDE DEMOCRATICO

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la famiglia poiché essa è, per l’appunto, la società naturale anteriore allo Stato che lo stesso Stato non può né negare, né abolire. Non è un caso, del resto, che proprio nei regimi totalitari, come per esempio nell’Unione Sovietica degli anni Venti e Trenta, abbiano sempre tentato di alterare la struttura della famiglia così da provocarne l’estinzione senza, tuttavia, prevedere che si sarebbe estinto anche il pilastro su cui il legame sociale si fonda in maniera ineludibile. La famiglia, quindi, è realmente il collante non soltanto del legame sociale che fonda lo Stato, ma anche e soprattutto la società naturale su cui non può non fondarsi un sistema politico e giuridico che si presume e si pretende democratico.

Si potrebbe addirittura affermare, proprio alla luce del dato storico prima ancora che di quello ideale o valoriale, che esiste un innegabile rapporto di proporzionalità diretta tra la democraticità di un sistema socio-politico e il rispetto per la famiglia quale società naturale pre-statale, così da ritenere legittimo concludere che più la famiglia è oggetto di manipolazioni ideologiche e di operazioni di vera e propria ingegneria sociale, minore sarà la democraticità del sistema in cui tali operazioni sono caldeggiate e compiute. Se una ulteriore riprova fosse necessaria, sia sufficiente ricordare il cosiddetto “Progetto Lebensborn” con cui la Germania nazionalsocialista intendeva “riprogettare” la struttura famigliare per asservirla ai propri obiettivi eugenetici e

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ideologici; non è un mistero, infatti, che Heinrich Himmler abbia fatto di tutto per modificare la famiglia tedesca per perseguire il suo disegno ideologico della creazione di una razza pura, incoraggiando, per esempio, anche la stessa poligamia, come riportano gli storici (cfr. Johann Chapoutot, La legge del sangue, Einaudi, Torino, 2016, p. 472), affinché si assicurasse alla Germania una nuova popolosa generazione di tedeschi dal sangue puro. La circostanza per cui nell’Inghilterra del XXI secolo si dichiari estinta la 40 N. 66

famiglia e si plauda per di più a tale evenienza, per esempio vedendo di buon grado i figli delle relazioni poligame, come accadeva nella Germania nazionalsocialista del XX secolo, dovrebbe indurre a riflettere sullo stato della democrazia reale in Occidente in genere e in Europa in particolare, poiché se la famiglia, come visto, è, come in effetti è, il fondamento della democrazia, la sua distruzione comporta sempre la correlata distruzione della democrazia stessa, tanto nel caso di una utopia totalitaria di matrice biologistica (come il

nazionalsocialismo), quanto nel caso del delirio individualistico di matrice nichilistica (come l’attuale post-capitalismo). In conclusione, allora, sarebbe necessario in un tale contesto tenere ben ferme, nella mente e nella coscienza, le parole di Leone XIII, che con l’intelligenza profetica tipica dei geni fuori dal comune, aveva già nel 1891 denunciato l’illegittimità degli interventi dello Stato per modificare e distruggere la famiglia, ossia la società domestica piccola, ma vera e anteriore a ogni civile società con diritti e obbligazioni indipendenti dallo Stato, così che «è un errore grande e dannoso volere che lo Stato possa intervenire a suo talento nel santuario della famiglia».

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di Marco Bertogna

Gli Incredibili

Fonte foto: www.mymovies.it

Titolo: Gli Incredibili – una “normale” famiglia di supereroi Stato e Anno: Stati Uniti, 2004 Regia: Brad Bird Durata: 115 min. Genere: Animazione

Nel panorama del cinema odierno segnaliamo alcuni film “controcorrente”, che trasmettano almeno in parte messaggi valoriali positivi e che stimolino il senso critico rispetto ai disvalori imperanti. Questo non implica la promozione, né l’approvazione globale delle opere recensite da parte di ProVita Onlus.

Quante volte, immersi nella nostra quotidianità, abbiamo pensato che mettere su famiglia, sposarsi e avere dei figli sia una attività coraggiosa o addirittura da supereroi? Gli Incredibili – una “normale” famiglia di supereroi è un film di animazione della Pixar del 2004 che ha come protagonisti un papà, una mamma e tre figli che, nascondendo i propri super poteri, vivono apparentemente una vita normale cercando di non usare, o di dosare, i loro doni. Purtroppo il papà (Mr. Incredibile) e la mamma (ElastiGirl), a seguito di una decisione governativa per la quale la loro identità doveva essere segreta con il divieto di esercitare i loro poteri in aiuto delle istituzioni, si ritrovano a gestire, contenere e comprimere le loro capacità, accumulando così una frustrazione che Mr. Incredibile cerca di sfogare in attività notturne con azioni di salvataggio e sventando crimini in maniera anonima. La situazione si complica nel momento in cui una vecchia conoscenza di Mr. Incredibile, Buddy (un ragazzino fan di Mr. Incredibile da giovanissimo respinto dal nostro supereroe per via della tenera età e dall’assenza di super poteri) escogita un piano per “ingaggiarlo” e fargli credere

di poter svolgere la sua attività di supereroe con missioni segrete, ma che in realtà ha il solo scopo di eliminarlo, come sta facendo con tutti i supereroi esistenti sulla terra, per prendere il loro posto utilizzando il nome “Sindrome”. L’involontario coinvolgimento della moglie (ElastiGirl) e dei tre figli (Flash, Violetta e Jack-Jack) farà sì che Mr. Incredibile riuscirà dapprima a sfuggire dalla cattura e poi, in collaborazione con tutta la famiglia, a sconfiggere definitivamente Sindrome. Significativo è un passaggio nel quale Flash e Violetta, rimasti soli e nascosti per proteggersi, si confrontano su ciò che stava accadendo loro ed esprimono un concetto chiaro: i cattivi non vogliono il matrimonio e la famiglia. Questo concetto traccia un comun denominatore tra noi e loro (i supereroi), poiché anche noi uomini e donne, papà e mamme, figlie e figli combattiamo, molte volte senza rendercene conto, contro un nemico multiforme, potente, seduttore, manipolatore e ingannatore che agisce contro la famiglia, il matrimonio e i più piccoli. Quindi anche noi (promatrimonio, pro-famiglia, profiglie e figli, pro-life) in un certo senso siamo dei “supereroi”!

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molti di .

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Letture Pro-life Antonio Morra

PORNOLESCENZA Ed. AbbiAbbè

Durante i suoi viaggi in Italia (e non solo) per presentare il progetto “Porno Tossina”, molti genitori ed educatori chiedevano a Morra come fare per proteggere i loro figli dai pericoli di internet. Il libro è nato allora per equipaggiare i genitori in questa ardua battaglia. Tanti sono ignari dei rischi che i minori corrono nell’uso di Internet, in modo particolare la pornografia, il sexting e il cyberbullismo. Purtroppo sono pochi quelli che si rendono conto del problema prima che abbia portato delle grosse disfunzionalità nella vita quotidiana dei loro ragazzi: spesso “si grida aiuto” quando l’abitudine è già radicata o – peggio – si è già trasformata in dipendenza. Il libro indica quindi ai genitori i segnali, molto spesso silenziosi, che servono a individuare il problema in modo precoce e propone delle indicazioni sia preventive, sia a posteriori.

Enrico Pagano

ABORTO. RAGIONI VERE E FALSE Ed. Il Cerchio

L’autore di L’olocausto bianco, uscito nel 2015, ha recentemente pubblicato quest’altro saggio sull’aborto, “frontiera intransitabile”. Nel libro vengono smontati uno per uno i principali argomenti a favore dell’aborto volontario, con argomentazioni del tutto “laiche”, basate sulla sola ragione naturale. Il problema, in fondo, è solo uno: quando l’ideologia acceca, quando il lavaggio del cervello è stato praticato in modo efficace, la ragione soccombe e la morte segna punti a suo favore. Perché è vero: è sufficiente la sola ragione per sconfiggere la cultura della morte. Ma bisogna – appunto – conservarla la ragione, la razionalità, la logica legata al principio di realtà (“A” è “A” e non è “non A”) per poterla usare!

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30 N. 42 - GIUGNO 2016

DIFENDI LA

FAMIGLIA

E I TUOI FIGLI

SOSTIENI

Alessandro Fiore, portavoce di ProVita, e Mario Agnelli, Il bene comune può essere realizzato solo attraverso la promozione senza comprom portavoce dei Sindaci che hanno sollevato obiezione di coscienza alle unioni civili. e della Famiglia naturale fondata sul matrimonio. Notizie

ProVita ha pubblicato un “Patto per la famiglia naturale” con il quale i candid capoluoghi di Provincia e i candidati Sindaci e Consiglieri nei capoluoghi di Regione

a difendere la Famiglia, la Vita e Saudita, i bambini e a lavorare nell’interesse e per il maggio offrire servizi in Mauritania, Arabia Yemen, il popolo della realtà territoriale in cui sono candidati. Somalia, in altri paesi dove l’omosessualità può essere Vai sul sito www.notizieprovita.it per leggere il “Patto per la famiglia naturale” e co dei candidati “nel nomeche di lo chihanno può parlare” punita con la pena di morte, enonsottoscritto! in Nigeria, dove il WWW.NOTIZIEPROVITA.IT comportamento omosessuale può essere punito con la fustigazione, la prigione, o la morte per lapidazione. 12. Salesforce, una società di software, ha minacciato che avrebbe ridotto gli investimenti in Georgia. Ma Salesforce opera serenamente in India dove Human Rights Watch spiega che il codice penale ha rafforzato l’idea che la discriminazione e i maltrattamenti delle persone LGBT sono accettabili. 13. Apple Inc.: protesta negli USA, ma produce in Cina e vende nei Paesi Arabi. 14. National Basketball Association (NBA): è preoccupata per l’omofobia in USA, ma organizza manifestazioni sportive in Sud Africa, dove il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha scritto in una relazione della sua preoccupazione per il razzismo e la xenofobia. 15. Netflix, leader mondiale della TV via Internet, ‘è una società inclusiva’, dice. Ma offre i suoi servizi per esempio in Libia, la patria delle violazioni del dirittoUTERO internazionale. SPECIALE IN AFFI di donne e bambini tollerato dalla “societ 16. Sony: ha un ufficio inIl mercato Kazakhstan, dove Amnesty International segnala che si pratica la tortura e dove le libertà di espressione, associazione e riunione pacifica sono limitate. POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

Padova CMP Restituzione

Anno IV | Rivista Mensile N. 37 - Gennaio 2016

PROVITA

salva le madri Una testimone davvero eccezionale: Margherita Borsalino Garrone

Proposta di legalizzare l’eutanasia alla Camera

Molte grandi imprese si indignano per ‘l’omofobia’ dei governi federati (che riconoscono il diritto all’obiezione di coscienza), ma che fanno affari d’oro fuori dagli USA, in Paesi dove l’omosessualità è addirittura reato, passibile di condanna a morte

9. General Electric Co., si dà da fare in Arabia Saudita, un Paese che criminalizza il comportamento omosessuale (nel 2014, un uomo saudita è stato condannato a tre anni di carcere e 450 frustate: aveva usato Twitter per organizzare incontri con uomini). 10. The Coca-Cola Co.: nel 2006, gli impianti di imbottigliamento della Coca-Cola sono stati accusati di interferire con i problemi di irrigazione nelle regioni dell’India e America Latina che soffrono per scarsità d’acqua. Più di recente, la Coca-Cola è stata accusata di rifornirsi di zucchero beneficiando di espropri non etici. Il sito della Coca-Cola, però, elenca la bio-diversità, la tutela dei diritti delle popolazioni locali, la sostenibilità come valori fondamentali (oltre che ‘l’inclusività’). Anche essa ha levato vibrata protesta contro le leggi omofobe della Georgia ecc. 11. PayPal addirittura è intervenuta nella polemica sulla legge per i bagni unisex. Ma PayPal continua a

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Gli attivisti LGBTQIA(...) pretendono che ognuno sia libero di andare nello spogliatoio o nel bagno ‘che si sente’: un uomo che apparentemente ha gli attributi da uomo, ma che ‘si sente donna’ dovrebbe poter andare nello spogliatoio (o nel bagno) delle donne

Insomma, sappiamo bene quanto sia faticoso, per tutte queste grandi imprese, barcamenarsi tra gli ideali e il portafoglio. Ma, alla fine, tutto sommato pare che conti di più il dio quattrino, non è vero?

www.notizieprovita.it “nel nome di chi non può parlare”

cuore

Anno V | Rivista Mensile N. 41 - Maggio 2016

Padova CMP Restituzione

hi salva i bambini,

POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

chi non può parlare”

Mensile N. 39 - Marzo 2016

5. La Weinstein Co., un grande studio cinematografico, ha minacciato che non avrebbe mai più girato un film in Georgia, ma gira e produce Shanghai, in Cina; No Escape in Tailandia. 6. AMC Networks Inc., produttrice della fortunata serie The Walking Dead, lavora in Russia, Paese ‘omofobo’ per eccellenza. 7. Time Warner: non avrebbe lavorato mai più in Georgia, ma a Singapore sì (un altro Paese che vieta penalmente l’attività omosessuale, secondo l’ International LGBTI). 8. La Walt Disney Co.: e la sua controllata Marvel Entertainment sono ‘aziende inclusive’, ma continuano ad espandersi in Cina, dove tra l’altro investono 5.5 miliardi di dollari per un parco a tema a Shanghai.

il

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