Provita Ottobre 2015 - Anteprima

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POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003

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“nel nome di chi non può parlare” Anno IV | Rivista Mensile N. 34 - Ottobre 2015

Più siamo meglio stiamo! Aborto, matrimonio gay e satanismo

Basta bugie! L’ideologia gender al potere?


- Sommario Editoriale

Notizie

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“nel nome di chi non può parlare”

Lo sapevi che...

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RIVISTA MENSILE N. 34 - OTTOBRE 2015

Primo Piano Spendiamo la vita per la vita

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Giulia Tanel

Unioni civili (o matrimoni gay), demografia e stato sociale 19 Michael Galster

Neo-malthusianesimo: bugie grosse, danni irreparabili

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Francesca Romana Poleggi

Siamo veramente troppi?

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La Rosa Bianca

Impaginazione Massimo Festini Tipografia

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Laura Bencetti

Il Giglio e la Rosa

Direttore responsabile Antonio Brandi

Direttore ProVita Onlus Andrea Giovanazzi

Attualità

Il suicidio dopo l’aborto: un dramma vero di cui non si parla

Redazione Antonio Brandi, Alessandro Fiore, Andrea Giovanazzi Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) www.notizieprovita.it/contatti - Tel. 329 0349089

Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi

Antonio Brandi

Basta bugie!

Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182

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Francesca

Distribuzione MOPAK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova

Claudia Cirami

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Gian Paolo Babini, Laura Bencetti, Antonio Brandi, Federico Catani, Claudia Cirami, Michael Galster, La Rosa Bianca, Francesca, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel

Scienza e Morale

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Il “tanto” di chi può fare poco

Aborto, matrimonio gay e satanismo

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Federico Catani

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Famiglia ed Economia La Scuola Libera “G.K. Chestrerton” Gian Paolo Babini

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Editoriale

Editoriale

In Italia, dal 1994, sono più quelli che muoiono che quelli che nascono. E recentemente abbiamo conquistato un triste primato in quanto abbiamo raggiunto il “punto di non ritorno”: il numero di persone sopra i sessant’anni supera quello di coloro che sono sotto i venti. Le proiezioni dicono che è molto improbabile che si riesca ad invertire la tendenza. Questo è il segno che l’ideologia neo–malthusiana qui da noi ha avuto un’efficacia più distruttiva che altrove e si è diffusa capillarmente a livello culturale. Del resto la propaganda del pensiero “denatalista” gode dell’appoggio di potenti lobby finanziarie internazionali e di organizzazioni “umanitarie”: basterà per esempio rileggere il numero di maggio di questa rivista. In queste pagine aggiungiamo dati e fatti sulla questione demografica che è bene sapere, visto che i mass media di regime non ne parleranno mai: bisogna saper controbattere a chi dice che siamo troppi e che l’uomo è una specie di cancro della Terra la cui riproduzione va limitata: più siamo meglio stiamo, invece. Anche per sconfiggere la crisi economica! E la cosa è comprovata dai dati pubblicati dalla FAO e da giornali laici come il Sole 24 Ore. Sarà anche un utile spunto di riflessione considerare che le stesse istanze dei neo-malthusiani (contraccezione, aborto, matrimonio gay) sono ampiamente ed esplicitamente condivise dalle sette sataniche. Potete leggere in proposito l’articolo a pag. 25. Vi offriamo poi il completamento del discorso cominciato lo scorso mese: luoghi, date e fatti degli ultimi decenni che spiegano l’affermarsi nei centri di potere dell’ideologia gender (fortemente imparentata con il neo-malthusianesimo, in quanto tende all’annichilimento dell’essere umano). Con buona pace di chi dice che l’ideologia gender non esiste.

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Più siamo, meglio stiamo!

E infine potrete leggere una bella testimonianza su una scuola parentale che funziona molto bene, da anni, a San Benedetto del Tronto: un incoraggiamento per quelle che stanno sorgendo in questi ultimi mesi in altre regioni italiane. Laddove è possibile, i genitori possono e debbono riappropriarsi del diritto di educare i propri figli, soprattutto se la scuola ostacola la trasmissione dei valori condivisi in famiglia. Parleremo anche di post aborto, e poi vedremo l’esperienza di un gruppo di Siciliani coraggiosi che hanno - nel loro piccolo - avviato grandi progetti, per… cambiare il mondo. Perché noi tutti possiamo e dobbiamo darci da fare per raddrizzare questo “mondo alla rovescia”. La nostra cultura e le nostre strutture sociali costringono le donne a reprimere il desiderio legittimo e naturale di un figlio (la prima gravidanza, in media, è ormai dopo i trent’anni). L’orologio biologico, però, dice che più si va in là, più è difficile restare incinta - specie dopo anni di contraccettivi ormonali o pillole abortive. Allora si offre a pagamento il “figlio a tutti i costi”, quello sintetico, prodotto in laboratorio, o - peggio - partorito da una schiava che dà l’utero in affitto. Sta a ciascuno di noi contrastare tutto questo e promuovere la cultura della vita. Qualcuno ha detto: “Crescete e moltiplicatevi”: e se l’ha detto Lui vuol dire che è giusto così, per il nostro bene. Antonio Brandi


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N. 34 - OTTOBRE 2015

Lo sapevi che... È stata una bella testimonianza quella di alcuni giovani americani: una vacanza pro vita camminando per l’America. Durante le scorse vacanze estive, 39 studenti universitari hanno camminato attraverso gli Stati Uniti, per 36 Stati, accumulando un totale di 564 mila chilometri. I ragazzi, tutti giovanissimi dai 18 ai 26 anni, si sono uniti sotto la bandiera della causa pro life. Durante il cammino facevano sosta in una chiesa al giorno, davano una mano laddove ce ne fosse stato bisogno e invitavano a pregare e a impegnarsi maggiormente nella difesa della vita umana dando informazioni a chi ne avesse bisogno, ma soprattutto hanno saputo fare opera di consulenza per donne incinte in crisi. Alla fine, tutti i gruppi di “camminatori” si sono riuniti il 15 agosto a Washington per una manifestazione al fine di incoraggiare i legislatori a difendere con maggiore concretezza la causa della vita. Questo tipo di marcia si ripete annualmente da 22 anni, da quando, nel 1993, Papa Giovanni Paolo II ha incoraggiato i giovani a girare per il mondo diffondendo la cultura della vita. Kim Devis, un’impiegata del Kentucky, si è rifiutata di rilasciare licenze per la celebrazione di matrimoni gay. La donna ha scelto di avvalersi del diritto all’obiezione di coscienza, peraltro tutelato dalla Costituzione americana. E’ stata arrestata (poi rilasciata con la condizionale). L’accusa mossa alla donna è di oltraggio alla Corte Suprema. Il giudice distrettuale David Bunning ha scritto nella motivazione che l’idea di un diritto naturale superiore all’autorità di una corte sarebbe un precedente pericoloso. Nonostante gli sforzi propagandistici delle lobby LGBT e delle cliniche che ci guadagnano sopra, la pratica ignobile dell’utero in affitto crea non pochi problemi nei Paesi dove è maggiormente diffusa. Dopo la Tailandia, anche il Nepal e l’India hanno cominciato a emanare norme restrittive. A Kathmandu, il massimo tribunale nepalese ha stabilito che, almeno provvisoriamente, dovrà cessare ogni affitto di utero da parte di coppie straniere. In India, il giudice della Corte Suprema Ranjan Gogoi ha fissato un’udienza in cui si dibatterà se limitare, o magari addirittura

proibire, questa attività. Davvero paradossale che, mentre chi vive sulla propria pelle simili esperienze vuole porre dei limiti o addirittura abrogare l’utero in affitto, in Italia, con il ddl Cirinnà, che prevede la stepchild adoption, si vuole invece legittimarne la pratica. 100 ginecologi uruguaiani hanno vinto la battaglia legale contro il governo per il diritto all`obiezione di coscienza e l`astensione dalla pratica dell`aborto. Avevano presentato un ricorso contro 11 dei 42 articoli della legge sull’aborto emanata nel 2012, che permette l’aborto libero fino alla dodicesima settimana di gravidanza. Finora i medici potevano esercitare l`obiezione di coscienza e rifiutare di praticare l’aborto, ma erano costretti a partecipare alle fasi di pre- e post- aborto. Né potevano consigliare le loro pazienti al fine di prospettare soluzioni alternative all’aborto, né informarle sulle conseguenze psicofisiche che potrebbero scaturirne. Come era facile ipotizzare, il via libera alla fecondazione eterologa si sta rivelando un autentico boomerang per le amministrazioni locali. Lo scorso anno la conferenza delle regioni ha emanato delle linee guida in materia, pur in assenza di centri autorizzati per l’eterologa e di un registro nazionale dei venditori di gameti. Il sì sbrigativo (spinto da interessi delle cliniche private) all’eterologa non ha permesso di cogliere a pieno la complessità della tematica. Si è così incentivato il business delle cliniche private e il mercato nero dei gameti, il tutto a scapito della salute delle donne. Se la vendita di spermatozoi è, infatti, più semplice, la donna deve invece sottoporsi a iperstimolazione ovarica e poi a un intervento chirurgico in anestesia. Insomma, una tecnica invasiva come la donazione di midollo. La cultura della morte ha subito una sonora sconfitta in Portogallo, grazie ad un’iniziativa popolare. I cittadini portoghesi, tra l’ottobre 2014 e il febbraio 2015 hanno raccolto 48.000 firme (ne bastavano 35.000), hanno soddisfatto gli altri adempimenti previsti dalla legge e hanno costretto un Parlamento molto riluttante a modificare in senso restrittivo la legge sull’aborto. Alcune norme sono immediatamente applicabili: per


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esempio è stato abolito il registro degli obiettori di coscienza (che ricordava le antiche liste di proscrizione: venivano schedati e subivano ingiuste discriminazioni professionali e amministrative) e ora questi medici sono liberi di svolgere attività di consulenza (tipo consultorio) alle madri in difficoltà. La maternità e la paternità sono valori sociali fondamentali, e la legge protegge sia la donna che l’uomo (interessante che finalmente contempli la figura paterna: forse che il figlio è anche del padre?!) da qualsiasi pressione o deminutio a motivo dei figli. Alle donne che chiedono l’aborto vanno offerte informazioni chiare sui sostegni sociali pubblici e privati esistenti e sulle “indennità genitoriali” cui hanno diritto per la gravidanza e il parto. Prima dell’aborto, durante un periodo di riflessione, i genitori devono essere accompagnati da consulenti o psicologi e la consulenza di questi è obbligatoria.

si stanno moltiplicando in modo preoccupante. Il distaccamento del Ministero che ha sede a Ottawa, ha dichiarato che in un anno nella sua zona di competenza, c’è stato un aumento generale del 76%. In più del 90% di questo 76% dei casi si tratta di uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini. Nella città di Newfoundland, recentemente, è stato emanato un pubblico avviso che invita i gay a fare il test. Anche nel Regno Unito, un rapporto scientifico di questa estate invitava a considerare una priorità di pubblica salute la prevenzione e la cura della sifilide e della gonorrea, visto il considerevole aumento dei casi diagnosticati tra la popolazione omosessuale, rispetto ai casi che si riscontrano in generale. Della diffusione e della recrudescenza delle malattie sessualmente trasmissibili tra gli omosessuali si tende sottacere. Non si può dire, per non essere bollati come “omofobi”. Ma se è omofobo chi “vuole male” agli omosessuali, non sarà davvero omofobo chi nasconde o minimizza i seri problemi di salute in cui essi possono incorrere?

Laddove la natura non cede il passo, si rimedia con la scienza scientista e prometeica che inventa la fecondazione artificiale e l’utero in affitto per far comprare figli a chi non può averne. Un’altra bella invenzione (un po’ più facile ed economica, in realtà) è in vendita sul celebre sito per acquisti on line di nome Amazon: Mr. Milker, che letteralmente vuol dire qualcosa tipo “Signor Lattaio”. Per soli 47$ e 50 cent ora anche gli uomini possono allattare al seno! Si tratta a quanto pare di una specie di giubetto dotato di appositi orifizi che – immagino – si riempia di latte per bambini. Dalla pagina di Amazon: “Mr Milker è l’apparecchio originale per l’allattamento al seno, disegnato specificamente per gli uomini. Taglia unica, ma perfettamente vestibile, incorpora due separati biberon facilmente assemblabili. Materiale atossico e privo di piombo. Consegna in due o tre giorni”. Chissà se potranno usarlo anche quelle mamme che non hanno latte, pur avendo il seno, e che finora si sono arrese alla natura e si sono accontentate del classico biberon.

I media continuano il loro battage pubblicitario a favore dell’eutanasia (o suicidio assistito), dicendo che serve ai casi limite, ai malati terminali. Mentono sapendo di mentire. E’ sotto gli occhi di tutti (quelli che vogliono vedere) cosa accade laddove l’eutanasia sia stata legalizzata: in Europa (e ora anche in Canada), nel giro di pochissimo tempo i paletti sono caduti. Si uccidono persone sane, solo perché stanche della vita, si uccidono persone non consenzienti, perfino all’insaputa dei parenti. In Colorado è stato proposto un emendamento costituzionale per cui “gli adulti con capacità d’intendere e di volere, residenti nello Stato, sono sovrani in fatto di decisioni sanitarie personali e hanno la libertà di decidere del tempo e del modo della loro morte, senza dover chiedere permesso a chicchessia”. E chiunque (anche non medico), qualsiasi persona o gruppo che assista un individuo capace di intendere e di volere per aiutarlo a morire, non è imputabile di alcun reato. Una proposta di legge avanzata in California, invece, prevede che i documenti raccolti a proposito del desiderio di morire di persona sana di mente ecc. ecc. devono essere secretatati per rispetto della privacy del paziente e del medico e non possono essere usati in alcun modo in un eventuale processo: neanche per dimostrare che il paziente non voleva morire!

In Canada, quello che da noi è il Ministero della Salute, ha lanciato un allarme nella comunità LGBT: i casi di sifilide, in alcune zone più popolose,

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Primo Piano

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Spendiamo la vita per la vita

L’Italia invecchia e muore nell’indifferenza dei governanti e dell’opinione pubblica. Ma ci sono ancora dei giovani semi di speranza… di Giulia Tanel In Italia non nascono più bambini. Visto il trend degli ultimi anni, solo parzialmente mitigato dalle nascite di bambini figli di stranieri, questa affermazione non rappresenta una novità, se non fosse che nel 2014 il dato registrato è quello peggiore dai tempi dell’Unità d’Italia. Nell’arco dei dodici mesi sono state, infatti, registrate solamente 509 mila nascite, cinquemila in meno rispetto al 2013, mentre i decessi sono stati 597 mila. Il numero medio di figli per donna è pari a 1,39, come nel 2013, mentre l’età media al parto è salita a 31,5 anni. Riassumendo, dunque, lo scorso anno la popolazione residente ha registrato un incremento demografico dello 0,4 per mille, il più basso degli ultimi dieci anni. In termini assoluti esso è pari a 26 mila unità in più, per una popolazione totale, al 1° gennaio 2015, di 60 milioni 808 mila residenti. L’età media della popolazione ha oramai raggiunto i 44,4 anni, così distribuita: il 13,8% fino a 14 anni di età, il 64,4% da 15 a 64 anni e il 21,7% da 65 anni in su. In questa ultima fetta circa 19 mila persone sono ultracentenarie. Le statistiche Istat non lasciano quindi margini a dubbi interpretativi: se non cambierà qualcosa, il futuro del Bel Paese non si prospetta roseo. In tal senso la politica dovrebbe cominciare a interrogarsi seriamente su come dare ai giovani i mezzi e il contesto necessari per aiutarli a riacquistare fiducia in se stessi e nella società, tanto da incentivarli a ‘correre il rischio’ di fare famiglia e mettere al mondo dei figli. Perché in realtà nei giovani questo desiderio è ancora vivo: una recente ricerca condotta dall’Istituto Toniolo ha acclarato che il 70% di essi considera la famiglia un pilastro essenziale della propria vita e che ben il 94% desidera costituire una

famiglia e avere dei figli. Un altro studio dello stesso Istituto – condotto in collaborazione con diversi docenti dell’Università Cattolica su un campione di circa 9.000 giovani tra i 18 e i 29 anni – ha accertato inoltre che circa il 58% del campione (con una lieve differenza percentuale a vantaggio delle donne) desidera avere almeno due figli; un risicato 8% dichiara di volere solamente un figlio, mentre un buon 15% si spinge ad affermare che ne vorrebbe tre. Questi dati, che infondono speranza, si accompagnano però a un dato che non va sottovalutato: i giovani, anche una volta che hanno dato vita a una propria famiglia e dato alla luce dei figli, tendono a rimanere legati al nucleo familiare d’origine: per motivi economici (il 90,38% richiede ai genitori un aiuto economico occasionale, mentre il 54,51% riceve un’integrazione fissa al proprio reddito), per accudire ai figli (93,23%), ma anche nello svolgimento delle faccende domestiche (55,26%). Insomma, viviamo in un frangente storico di grande difficoltà. In tale contesto vi sono tuttavia anche dei giovani che hanno il coraggio di andare controcorrente, dando vita a famiglie numerose. Marcello ed Emanuela, genitori di sette figli, sono una testimonianza vivente che ‘sfidare la crisi’ è possibile e, anzi, è fonte d’immensa gioia.

Nel 2014 sono state registrate 509 mila nascite, cinquemila in meno rispetto al 2013, mentre i decessi sono stati 597 mila. L’età media della popolazione è di 44,4 anni.

“Un po’ di figli” con la mamma

Giulia Tanel

Laureata in Filologia e Critica Letteraria, scrive per passione. Collabora con www.libertaepersona.org e con altri siti internet e riviste; è inoltre autrice, con Francesco Agnoli, di Miracoli - L’irruzione del soprannaturale nella storia (Ed. Lindau).


16 N. 34 - OTTOBRE 2015

Elia e Giacomo

Come mai avete deciso di formare una famiglia numerosa? Vi destabilizziamo subito: è la famiglia numerosa che ha scelto noi. All’inizio di tutto c’è stato un incontro, una corrispondenza d’amore, un’attrazione profonda, non da ultimo fisica. Dopo un percorso anche un po’ accidentato abbiamo compreso entrambi che lo snodo fondamentale non poteva che essere il matrimonio. Per noi il matrimonio cristiano. Un’esperienza di offerta reciproca che ci chiedeva tutto, senza riserve, fondata non solo sul sentimento, ma soprattutto sulla volontà, sulla decisione di spendersi liberamente in un impegno grande, definitivo e irrevocabile ma anche consolante perché innestato in un amore che sovrabbonda il nostro. Ci siamo sposati giovani, rispettivamente a 26 e 22 anni. Dopo quattro anni di matrimonio avevamo già tre figli: Elia, Sara e Giacomo, che oggi hanno 18, 17 e 15 anni. Dopo una ‘pausa’ di quattro anni sono arrivate due gemelline: Anna ed Emma, che oggi hanno quasi 11 anni. Questo è stato un passaggio incredibile: la doppia gravidanza, totalmente inaspettata, ci ha chiamato a maturare una nuova fiduciosa apertura alla vita che bussava. E così anche dopo, con l’arrivo di un altro maschio, Tommaso, e della più piccola di casa, Veronica, che oggi hanno 6 e 3 anni.

Per tornare alla domanda, la decisione c’è stata, ma in modo dinamico. Sono stati i figli, arrivando uno per volta – o quasi! –, a farci maturare lungo il cammino. Riempiendoci la vita di gioia, di desiderio di bene, d’incontenibile confusione e, certo, anche di tanta fatica. Abbiamo scoperto un passo per volta che andare controcorrente ha reso ancora più entusiasmante la nostra storia. Non abbiamo stabilito come ‘ragionieri’ un numero di figli prefissato, ma neppure ci siamo messi a figliare così all’impazzata, indiscriminatamente, senza fare discernimento, senza interrogarci sul bene della nostra famiglia. Abbiamo intrapreso un percorso che ci ha portato, pian piano, dalla tipica ‘mentalità contraccettiva’, così pervasiva e per nulla messa in dubbio, alla scoperta dei metodi naturali, grazie ai quali siamo cresciuti in maturità e accoglienza della verità integrale di noi stessi. L’obiezione più comune, in chi è contrario ad avere tanti figli, è quella economica. Voi come fate ad arrivare alla fine del mese? Avete stipendi stellari, vi hanno svelato una ricetta segreta…? In effetti, l’obiezione economica è quella che più ci viene rinfacciata. Si imposta il giudizio a partire da standard di benessere quantomeno dubbi, mentre invece secondo noi tutto dipende da quello che si ritiene veramente essenziale. Noi ci chiediamo costantemente: “Di cosa hanno veramente bisogno i nostri figli?”. Emanuela non lavora, perché si è dedicata con tutta se stessa alla nostra famiglia, con gioia, con grande pazienza e con un amore commovente. Negli anni è diventata una maga dell’economia domestica! Certamente abbiamo fatto una scelta molto impegnativa, soprattutto in Italia dove lo Stato disattende in modo vergognoso quanto è scritto nella Costituzione, che promette di agevolare con “particolare riguardo” le famiglie numerose. Di sicuro se ci fossimo fatti prendere troppo dai conti ora non avremmo neppure un figlio. Saremmo ancora lì a tentennare, a tergiversare, a risparmiare per affrontare chissà quale calamità di là da venire, perché in fondo non esiste mai il momento perfetto

In Italia, purtroppo non è più un problema di mancanza di famiglie numerose, ma di famiglie con almeno due figli, il minimo per non far crollare tutto il sistema. E quello che è più sconvolgente è che i nostri politici continuano pervicacemente a ignorare l’allarme. Chi si sposa oggi e fa dei figli, anziché essere sostenuto è disincentivato. Panni da lavare…


Primo Piano

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le giornate cambiano piega dalla sera alla mattina e tanti scogli che sembravano insormontabili, ce li ritroviamo stupefatti alle spalle. Non di rado ci capita di incontrare coppie con un solo figlio che sono prostrate dall’ansia, costantemente agitate e in apprensione sul da farsi. Per noi i figli sono un dono grande, ne sentiamo tutta la responsabilità, ma non ci appartengono, ci sono stati affidati. In una famiglia numerosa si hanno pochi attimi per intervenire e prendere posizione quando i figli tendono all’anarchia ribelle. Questo ha affinato in noi un approccio, in apparenza forse spiccio e brutale, con il quale affidiamo compiti diversi ai nostri figli a seconda dell’età, e che ci aiuta a risolvere sul nascere quella tendenza all’egocentrismo capriccioso e indolente tipica di ogni uomo. Tutti noi, se siamo diventati adulti e padroni di noi stessi, capaci di amare e provvedere alle persone che ci stanno vicine, dobbiamo ringraziare chi si è caricato di questo lavoro che si chiama ‘educazione’. Come vivono i vostri figli il far parte di una famiglia numerosa? Elia nel giorno del suo diciottesimo compleanno

per fare un figlio. Sembra non esserci mai posto, sembra mancare sempre qualcosa: soldi, spazio, forze, tempo… Naturalmente è doveroso essere responsabili e prudenti, ma lasciando aperta la porta a qualcosa che ci supera. Non possiamo governare tutto ciò che accade secondo i nostri progetti. Cosa rispondete a chi vi apostrofa con la classica domanda: “Ma sono tutti vostri?” In quasi vent’anni di matrimonio ci è successo di tutto: tanto sdegno e giudizi, ovviamente non richiesti e forniti a bruciapelo, ma anche tanti sorrisi, tanta generosità, tanti incoraggiamenti e anche un certo senso di gratitudine. La frase più gettonata in assoluto, usata a profusione, è l’originalissima: “Ma a casa non avete la televisione?”. Oppure, già al terzo figlio e senza nessun tipo di confidenza pregressa, arrivavano reprimende morali del tipo: “Adesso basta, vero?”. Un’altra domanda che scatta quando c’è un minimo di frequentazione in più è questa: “Ma sono tutti voluti?”. A noi piace rispondere: “Se ci sono, visto che oggi si possono orribilmente eliminare – e guai a contestare questo ‘diritto’! – significa che sono voluti!”. Così come è voluto il fatto che oltre ai nostri figli spesso teniamo anche nipoti e amichetti: più si dona amore, più la vita si riempie. Questa è la nostra vocazione. Siamo persone normalissime; semplicemente abbiamo acconsentito alla vita di allargarci il cuore!

Occupandosi sempre uno dell’altro e facendolo con naturalezza; condividendo quello che hanno tra di loro, non solamente cose materiali ma anche gli affanni adolescenziali; chiacchierando e consigliandosi fino a notte fonda… e anche litigando a non finire per stupidate inenarrabili. Recentemente Giacomo, il nostro terzo figlio quindicenne, ha cominciato a provocarci sulla nostra scelta di avere più figli delle famiglie ‘normali’, in questo modo: “Se aveste fatto solo tre figli (furbo!), potremmo avere oggi più opportunità come famiglia: più soldi, più vacanze, più tutto”. E noi abbiamo risposto: “Certo, Giacomo, avremmo potuto farne solo uno o al massimo due, come le famiglie ‘normali’ di oggi e TU non ci saresti!”. Silenzio.

Con tanti figli aumentano anche le difficoltà nel gestire la quotidianità e le preoccupazioni. Come riuscite ad affrontare tutto? Un passo per volta, giorno dopo giorno, cercando di vivere nel presente senza affannarci inutilmente per un futuro che non sta tutto nelle nostre mani. Spesso

…ma alla fine c’è sempre posto per tutti!


18 N. 34 - OTTOBRE 2015

Pian piano, dalla tipica ‘mentalità contraccettiva’, così pervasiva e per nulla messa in dubbio, siamo giunti alla scoperta dei metodi naturali, grazie ai quali siamo cresciuti in maturità e accoglienza della verità integrale di noi stessi: il matrimonio è una chiamata a uscire da se stessi, a perdere la propria vita per ritrovarsela moltiplicata. Trattenerla non fa che avvizzirci. Non è una metafora e nemmeno un’esperienza circoscritta alla coppia. È tutta la società che rinsecchisce.

Tommaso, Anna e Emma cominciano la scuola

Al di là di questo episodio, i nostri figli sono piuttosto sereni e, abituati come sono alla compagnia abbondante, appena per qualche ora manca qualcuno in casa, subito chiedono: “Dove sono gli altri?”. Sono così ‘addestrati’ all’interazione reciproca, a passare il tempo insieme, a sgomitare per trovare il loro spazio, che quando sono fuori di casa sono già pronti ad affrontare la fatica e la bellezza delle relazioni senza troppe pretese di protagonismo. Infine, un’ultima domanda. In un periodo in cui l’Europa, il Giappone e altri Paesi stanno letteralmente morendo a causa della denatalità, cosa vi sentite di dire alle giovani famiglie? Perché vale la pena fare tanti figli? Diremo loro queste parole, adatte anche per chi non vive la Fede: “Giovani innamorati, lasciatevi interrogare almeno dal vostro cuore – inteso come nucleo profondo della persona tutta e non come riduttivo simbolo di sentimento, che è sempre ondivago – e abbiate il coraggio di rispondere all’amore, quello vero, che chiede tutto!”. La vita donata genera altra vita. E questo è lo specifico dell’unione tra maschio e femmina, differenti ma reciproci, complementari. Il matrimonio è una chiamata a uscire da se stessi, a perdere la propria vita per ritrovarsela moltiplicata. Trattenerla non fa che avvizzirci. Non è una metafora e nemmeno un’esperienza circoscritta alla coppia. È tutta la società che rinsecchisce. Non esiste un numero di figli in qualche modo da imporre… ma permetteteci di dire che i figli

crescono meglio con qualche fratello, crescono più forti, più ‘vaccinati’ e pronti ad affrontare il mondo. Il figlio unico può ritrovarsi molto più facilmente alle soglie dell’età adulta ancora convinto di essere il “centro dell’universo”. Certo un figlio, anche uno solo, cambia la vita per sempre: saremo per sempre padri e madri, non si torna indietro. Non facciamoci fregare da questo pensiero debolissimo, come un liquido in cui siamo immersi, che disprezza qualsiasi decisione ferma, qualsiasi gesto di offerta totale di sé. Ci ritroviamo la vita tra le mani, senza averla richiesta, e nel momento in cui decidiamo di accoglierla, dobbiamo decidere cosa farne. Ci sono solo due opzioni: trattenerla per sé, o spenderla per qualcuno. Noi abbiamo scelto questa seconda via e non ne siamo rimasti fregati, anzi! Abbiamo una vita piena, anche di sacrifici e di fatica, ma cento volte più ricca in umanità. In ogni caso, almeno in Italia, purtroppo non è più un problema di mancanza di famiglie numerose, ma di famiglie con almeno due figli, il minimo per non far crollare tutto il sistema. E quello che è più sconvolgente è che i nostri politici continuano pervicacemente a ignorare l’allarme. Chi si sposa oggi e fa dei figli, anziché essere sostenuto è disincentivato. Basti pensare che se noi ci separassimo avremmo un sacco di vantaggi fiscali. Una follia! Il problema ha anche risvolti di ingiustizia sociale, per la quale va certamente portata avanti una battaglia, ma se avessimo aspettato che ci venisse incontro lo Stato non avremmo la famiglia che abbiamo. Quindi coraggio, spendiamo la vita per la vita, perché è questo che primariamente le dà senso e che, contemporaneamente, riedifica il futuro anche in termini economici. ■


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