Karate Do

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空手の修行は一生である · KARATE NO SHUGYO WA ISSHO DE ARU · IL KARATE SI PRATICA TUTTA LA VITA

· Gichin Funakoshi

TRIMESTRALE DI SPORT, CULTURA, MODO D’ESSERE GENNAIO / FEBBRAIO / MARZO 2012 · ANNO VI IN VENDITA SOLO TRAMITE ABBONAMENTO POSTE ITALIANE s.p.a. SPEDIZIONE IN A.P. -70% - DRTV

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RADUNO DELLE NAZIONALI FIKTA/ISI STAGE TECNICO M° SHUHEI MATSUYAMA


Oss! KARATE DO TRIMESTRALE DI SPORT, CULTURA, MODO D’ESSERE GENNAIO / FEBBRAIO / MARZO 2012 · ANNO VI IN VENDITA SOLO TRAMITE ABBONAMENTO Registrazione al Tribunale di Treviso 38/06 del 26-05-06 DIRETTORE RESPONSABILE Lucio Dal Molin luciodalmolin@libero.it REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Associazione culturale Karate Do Davide Michielan, Susanna Rubatto Via Serena, 22 · 31100 Treviso Tel/fax 0422.260833 PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Michele Alemanno STAMPA Linea Grafica Srl Via della Borsa, 9 · 31033 Salvarosa di Castelfranco Veneto (TV) ABBONAMENTI Per l’Italia (Annuale/4 Numeri) Euro 30 Per l’Europa (Annuale/4 Numeri) Euro 50

Tutti i diritti riservati. È vietata ogni forma di copia, estrazione, reimpiego, collegamento ed ogni altro uso non espressamente autorizzato di ogni informazione contenuta in tutte le pagine della rivista.

Cari lettori, chi pratica da molti anni il karate tradizionale sa bene che la tecnica di questa disciplina non si basa solo sul fare molto allenamento, su numerose ripetizioni dello stesso gesto, sulla conoscenza dei propri limiti, sullo sviluppo di capacità fisiche e quant’altro. Colui che realmente è “entrato” in quest’arte e ha intrapreso un lungo viaggio di conoscenza, sa quanta parte abbia, oltre ai requisiti suddetti, il tempo del silenzio. Arrivando addirittura a comprendere che buona parte della riuscita esecuzione di una tecnica di karate si fonda sulla capacità di realizzare il silenzio interiore. Questo è un momento sostanziale sia nella formazione personale, sia per la realizzazione piena del gesto che si andrà a compiere. Il SILENZIO INTERIORE è colmo di ascolto, di abbandono, di umiltà. Penso che l’azione tecnica del karate preveda tre momenti che potremmo definire “non strettamente tecnici”: • l’atteggiamento mentale – ossia uno spirito di positiva determinazione in preparazione all’azione; • la corretta distanza – la consapevolezza di sé nello

spazio e in relazione all’Altro; • il momento giusto – che non è solo il timing, ma la capacità di scegliere anche di non agire, di stare in attesa. Questi momenti non sono specificatamente abbinati alla tecnica, ma si allenano, appunto, creando il silenzio interiore. Porsi in questo tipo di silenzio è al momento la scelta redazionale di KARATE DO rispetto al dibattito, che troverete in numerose pagine di questo numero, apertosi in merito al PROTOCOLLO D’INTESA stipulato tra FIJLKAM e FIKTA. Com’è nostra consuetudine noi ospitiamo sempre le diversità di opinione, per la scelta di adottare “una corretta distanza”, la quale presuppone di per sé la presenza di una controparte e il corrispondente rispetto da dare. Il nostro atteggiamento ogni volta è quello di offrire al lettore la possibilità di un ampio panorama di idee sul quale costruire la propria opinione, senza obbligarlo alle nostre scelte. La nostra posizione potremmo pargonarla a quella del saggio barcaiolo che, nel romanzo Siddharta di Hermann Hesse, assunse in qualità di proprio Maestro il fiume presso cui abitava. Sicuri che molti giovani ancora lo leggano, nel fiume ritroveranno, tra le altre, la metafora di quella vita che scorre e che molto insegna a chi sa ascoltarla. Come accade al barcaiolo stesso che, fermo per tutta la sua esistenza sulle sue rive, da esso impara più che il protagonista Siddharta il quale, per buona parte della sua vita, è stato in peregrinante ed affannosa ricerca dell’ “unica” verità. Il fiume scorre, nonostante noi. Nel silenzio accogliamo le mille voci che ci porta... e questo è “atteggiamento mentale”. Oss. M°Ofelio Michielan


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SOMMARIO

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Sommario25

ATTUALITÀ 04 Energia positiva nella Nazionale FERRARA, 29 GENNAIO 2012

10 All’anno prossimo!

STAGE TECNICI A SALSOMAGGIORE TERME 21-22 GENNAIO 2012

14 Campionato italiano di karate tradizionale centro-sud Italia

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16 Mattia Bacchilega solleva l’ambito premio

19° TROFEO MUSOKAN “MEMORIAL FRANCESCO MASINA”. CREMA, 18 MARZO 2012

ATTIVITÀ REGIONALI

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18 Abbadonare la zavorra inutile

LA MIA ESPERIENZA ALLO STAGE KATA BUNKAI ROMA, 14 FEBBRAIO 2012

20 Corso di Kata Bunkai con il M° Hiroshi Shirai

RAVARINO (MO) 25 FEBBRAIO 2012

22 Il Karate torna a scuola

EDUCAZIONE ALLA DISCIPLINA AI BAMBINI DELLA SCUOLA PRIMARIA

TECNICA

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24 Ensu Engi Bunkai

INTERVISTE 34 M°Shuhei Matsuyama

PREPARAZIONE E SALUTE 38 Chi ti credi di essere?

AUTOSTIMA E DONNA: BINOMIO IN PRECARIO EQUILIBRIO

48 La percezione di sé in equilibrio

CULTURA 40 Temporalità Zen 42 Jugyuzu

INCONTRO CON IL MONACO BUDDHISTA M°MITSUTAKA KOSO. SALSOMAGGIORE (PR) 21 GENNAIO 2012

46 33 anni dopo

RIFLESSIONI PERSONALI SUL PROTOCOLLO FIJLKAMFIKTA

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47 I vantaggi per le società Fikta 50 La Posta di Karate Do


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ATTUALITĂ€

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ATTUALITÀ

ENERGIA POSITIVA NELLA NAZIONALE FERRARA, 29 GENNAIO 2012 DI FEDERICA ACHILLI · FOTO DI MORENO DONÀ

SONO STATI OLTRE 100 I RAGAZZI E LE RAGAZZE CHE SI SONO RITROVATI SUL TATAMI A FERRARA PER UN ALLENAMENTO INTENSIVO: TECNICA PER IL KATA, TIMING, DISTANZA NEL KUMITE E TANTA PREPARAZIONE ATLETICA CON LA VALUTAZIONE DEL PROF. VALTER DURIGON E LA SUPERVISIONE DEL M° OFELIO MICHIELAN www.karatedomagazine.com

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IN BASSO A SINISTRA I MAESTRI PASQUALE ACRI E ALESSANDRO CARDINALE.

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ATTUALITÀ

Azzurri e azzurrini, la nuova linfa della Fikta, la federazione del tradizionale e dell’Isi – Ente Morale, la scuola di alta specializzazione del M° Hiroshi Shirai in Italia. Oltre 100 i ragazzi e le ragazze, dai 15 ai 35 anni, che hanno affollato il parquet ferrarese della Palestra Boschetto, domenica 29 gennaio, con lo staff degli allenatori Itkf ed Eska al completo e l’occhio attento del commissario Tecnico delle nazionali Ofelio Michielan. Una mole di lavoro imponente, per giovani e meno giovani: veterani e nuove leve a confronto con uno sguardo attento sulla preparazione atletica, assieme al professor Valter Durigon, docente alla facoltà di scienze motorie dell'Università degli studi di Verona, che ha anche saggiato la loro preparazione preesistente valutando, atleta per atleta, il rendimento degli stessi con appositi esercizi specifici sul metodo e sulle capacità tecniche acquisite dai ragazzi. «Siamo partiti dall’analisi fatta durante l’ultimo raduno di agosto di Bellaria, Igea Marina – sottolinea il M° Michielan www.karatedomagazine.com

– e dalle ultime gare, mondiali compresi, con la consapevolezza di dover migliorare tutti, dalla strategia alla scelta di tempo nel kumite». Parte centrale dell’allenamento l’esecuzione delle tecniche fondamentali, preceduto da una prima parte di studio di kihon tradizionale con l’esecuzione da parte di tutti, docenti e allievi, di una ventina di minuti di intenso studio. La lezione è stata tenuta dal M° Loris Guidetti, coach della squadra di kumite Fikta, per potenziare e allargare la preparazione motoria di base insita nel karate tradizionale cui tutti debbono attingere. «Abbiamo proseguito con tecniche e pratica di Uchikomi, per poi lasciare la parte finale dell’allenamento nelle mani del M° Elio Giacobini, allenatore del kumite Eska». E mentre i gruppi lavoravano in maniera autonoma anche nel kata, con le due squadre seniores maschili e femminili presenti a bordo campo e impegnate nella preparazione dei relativi bunkai dei kata di finale, ecco prendere forma una delle novità proposte dalla Fikta: la presenza di un


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ATTUALITÀ

È IL RISULTATO CHE VALE E, VISTO CHE IL LIVELLO DI QUESTI RAGAZZINI È GIÀ ALTO DI SUO, È UN PUNTO DI PARTENZA CHE CI FA BEN GUARDARE CON FIDUCIA AL FUTURO.

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gruppo di "azzurrini", ovvero, ragazzi e ragazze dai 15 ai 17 anni che, insieme al M° Silvio Campari, prendevano dimestichezza con le tecniche di kumite ad alto livello. «Questo allenamento – prosegue il M° Michielan – aveva fondamentalmente due obiettivi principali: far divertire i ragazzi durante la pratica e dare loro la possibilità di farlo in un clima sereno, applicando schemi di allenamento completi. Il M° Campari è decisamente capace in questo, visto che propone un allenamento molto tecnico, ma molto tosto allo stesso tempo, con lo scopo di tirare fuori il meglio di questi giovanissimi talenti, la linfa vitale della nostra federazione. D'altra parte è il risultato che vale e, visto che il livello di questi ragazzini è già alto di suo, è un punto di partenza che ci fa ben guardare con fiducia al futuro». Molto impegnativo e tecnico anche l’allenamento delle squadre di kata affidato ai due coach Alessandro Cardinale e Pasquale Acri. «Divisi in gruppi i ragazzi hanno sostenuto un’ ulteriore selezione, allenandosi con la massima costan-


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ATTUALITÀ

ABBIAMO FATTO UN LAVORO DECISAMENTE CAPILLARE MISURANDO OGNI ATLETA SOTTO IL PROFILO DELLA FORZA, DELLA DINAMICA, DELLA RESISTENZA, DELL'ELASTICITÀ, DELL'EQUILIBRIO, DELLE ABILITÀ MOTORIE E DELLE CAPACITÀ ARTICOLARI. IL TUTTO SOTTO L’OCCHIO ATTENTO DEL PROF. DURIGON.

FOTO DI GRUPPO DI TUTTI I PARTECIPANTI ALLA FINE DEI DURI ALLENAMENTI.

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za e serietà, sostenuti da allenatori con una grande preparazione tecnica alle spalle». Un capitolo a parte è stato dedicato alla preparazione atletica. «Abbiamo fatto un lavoro decisamente capillare – sottolinea il C.T. – misurando ogni atleta sotto il profilo della forza, della dinamica, della resistenza, dell'elasticità, dell'equilibrio, delle abilità motorie e delle capacità articolari. Il tutto per poi inserirli in un database di verifica affidato alle mani esperte del professor Durigon. Questo aspetto, soprattutto per chi legge, è decisamente molto


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IL M° SILVIO CAMPARI È DECISAMENTE CAPACE IN QUESTO, VISTO CHE PROPONE UN ALLENAMENTO MOLTO TECNICO, MA MOLTO TOSTO ALLO STESSO TEMPO CON LO SCOPO DI TIRARE FUORI IL MEGLIO DI QUESTI GIOVANISSIMI TALENTI, LA LINFA VITALE DELLA NOSTRA FEDERAZIONE.

importante: la preparazione atletica è la base, l'abc per migliorare l'abilità dell'atleta e fondamentale è che gli esercizi vengano eseguiti anche nelle diverse palestre di appartenenza per non vanificare l'imponente lavoro che i tecnici della federazione stanno facendo con questi ragazzi. La nostra federazione non è fatta solo di calci e di pugni, ma ha uno staff qualificato a tutto tondo e adatto allo sviluppo psicofisico dei ragazzi, per creare una struttura atta a difendere il loro organismo e a preservarli da infortuni o incidenti durante la pratica. Un plauso va sicuramente al lavoro degli allenatori della nazionale della Fikta per quanto riguarda l’Itkf di kumite, Loris Guidetti con gli assistenti Alberto Bacchi e Carlo Casarini, di kata Alessandro Cardinale coadiuvato da Nazario www.karatedomagazine.com

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Moffa ed enbu Silvio Campari con l’assistente Mirko Saffioti. Lo stesso dicasi per i coach del kumite della rappresentativa dell’Isi nell’Eska con Elio Giacobini allenatore della squadra di kumite con gli assistenti Silvio Campari e Alberto Bacchi». «Grande il pathos che si è creato all'interno del gruppo nazionale e azzurrini – sottolinea il M° Michielan – e il rapporto diretto che si è creato fra loro e gli stessi allenatori, come in una grande famiglia, dove non ci sono tensioni e dove tutti lavorano insieme e, cosa importante, sono ben accetti i suggerimenti di tutti. Importantissimo, infatti, il messaggio che vorrei lasciare a tutti gli allenatori del Csak, ovvero, quello di essere presenti il più possibile a questi raduni, per unificare in un certo qual modo le metodologie di allenamento e per ottenere un risultato comune. Questo deve essere il nostro obiettivo: non siamo una casta chiusa, accettiamo gli insegnamenti di tutti, li analizziamo e insieme andiamo avanti in un percorso unitario».


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ATTUALITÀ

ALL’ANNO PROSSIMO! STAGE TECNICI A SALSOMAGGIORE TERME 21-22 GENNAIO 2012 DI FEDERICA ACHILLI · FOTO DI FEDERICA ACHILLI

Sensei Shirai saluta i Tecnici provenienti da tutta Italia, dando appuntamento ancora a Salsomaggiore Terme dopo una due giorni di appassionante allenamento. A sorpresa la cerimonia di consegna delle nuove cinture nere 7° e 8° dan, insieme a quella di fine corso agli aspiranti tecnici e la lezione con il monaco Mitsutaka Koso

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ATTUALITÀ

Sensei Hiroshi Shirai saluta i numerosissimi tecnici accorsi da tutta Italia per partecipare alla due giorni di stage di aggiornamento nazionale che si è svolto a Salsomaggiore Terme. Organizzato dall’Akr del M° Paolo Lazzarini, il percorso tecnico ha visto una full immersion di intenso studio, pratica e lavoro. Tecniche di kihon e di kumite, lo studio della forma con i bunkai, con le applicazioni dei kata Heian Godan, Tekki Shodan, Nidan e Sandan, Bassai sho e Gojushiho sho. Queste le basi per un anno di lavoro nei propri dojo, per istruttori e maestri, ma anche per i corsisti, che hanno concluso il loro percorso durato due anni di studio, con lezioni di teoria e pratica alternati alle sedute full immersion e la presenza a tutte le manifestazioni federali, compresi stage ed esami, con la consegna del diploma di tecnici della Fikta. E una cerimonia a sorpresa ha calamitato l’attenzione dei partecipanti con il presidente federale Gabriele Achilli che ha informato i presenti della decisione del consiglio federale e la federazione stessa “di conferire il grado di 7° dan a diversi Maestri, fra i quali, Severino Colombo, Loris Zannin, Riccardo Pesce, Giovanni Ferrari, Francesco Bonometti, Gianni Sudati e Franco Gatti”. Un lunghissimo applauso ha rotto il silenzio cui è seguita la cerimonia di consegna della pergamena NON CI SI PUÒ MAI per mano di Sensei Shirai ai nuovi ACCONTENTARE DI QUELLO gradi. Subito dopo altri tre nomi, semCHE SI HA O SI È, MA BISOGNA pre per voce del presidente Achilli, in un silenzio quasi solenne: Giuseppe SEMPRE GUARDARE AVANTI.

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Perlati, Dino Contarelli e Carlo Fugazza. A loro la federazione ha riconosciuto il grado di cintura nera 8° dan. Ecco ora alcune voci dei protagonisti inattesi del primo giorno del raduno, come il M° Giancarlo Vignoli. Bolognese, inizia la pratica del karate nel 1965 all’età di 24 anni, 6° dan dal 1996, istruttore nel ‘76 e maestro l’anno successivo. Nel 1984 diviene uno dei primi arbitri internazionali e nel ‘90 è arbitro mondiale; è ora segretario della Commissione superiore federale. Allievo del M° Giuseppe Perlati al Musokan Yudanshakai di Bologna, insegna a Sasso Marconi alla Polisportiva Ardor. «Le motivazioni che hanno portato il consiglio federale ad attribuirmi questo importante grado le ascrivo, in primis, al M° Shirai e al M° Perlati, cui va tutta la mia gratitudine, così come a tutti gli altri tecnici della F ikta. Da 7° dan mi sento come prima, nel senso che ora sono investito di un’ulteriore responsabilità nella ricerca e nella pratica quotidiana del karate tradizionale. Non ci si può mai accontentare di quello che si ha o si è, ma bisogna sempre guardare avanti. Ho imparato a migliorare la mia tecnica, nel mio modo di essere e di allenarmi, ma soprattutto la mia persona. Prima ero molto meno malleabile e quello che facevo non era modificabile tant’è che un giorno il M° Shirai venne da me e mi disse: “Giancarlo non si piega, ma si spezza”. Continuare a fare sempre meglio, questo è il mio pensiero. Non è un traguardo, il grado, ma un punto di partenza». Fondatore e caposcuola della Shotokan Ryu di Verderio Superiore, il M° Severino Colombo inizia la pratica nel 1972, diventando cintura nera dopo soli due anni. Insegnante


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dal 1974, maestro dal ‘78 e 6° dan dal 1996. I suoi agonisti hanno ottenuto risultati di prestigio: titoli mondiali, europei e nazionali individuali e a squadre e sotto la sua guida si sono formati numerosi istruttori e maestri. «Ho conosciuto il M° Shirai nel lontano 1973 a uno stage in via Maffei e facendo due conti ormai sono 37 anni. Dentro di me la consegna del diploma è stata una grande emozione, particolare. Ho sentito che, in tutti questi anni, ho fatto davvero qualcosa per il tradizionale e la federazione. Dal presidente Achilli, che io considero una persona molto vera e che ha sempre detto la realtà delle cose, il quale ha letto ad alta voce il mio nome e la consegna per mano del M° Shirai, sono passate grandi emozioni che mi hanno invaso, tant’è che non so davvero spiegare, anche se ho 64 anni, questa grande gioia». A lui segue il M° Riccardo Pesce, direttore tecnico dello Shitei di San Giovanni in Persiceto, è stato cintura nera 6° dan per 16 anni. Ha iniziato a praticare karate il 25 novembre del 1965 con il suo maestro di allora Ferdinando Balzarro e poi con il M° Perlati che lo è tutt’ora. È arbitro nazionale da oltre 30 anni e fa parte della commissione tecnica nazionale della Fikta. «Quello che mi sento in questo momento, è

HO ORGANIZZATO MOLTI CORSI DI FORMAZIONE EDUCATIVOSPORTIVI PROPRIO DOVE NON ESISTEVANO E CONTINUO A PRESTARE LA MIA OPERA DI DIVULGAZIONE DEL KARATE OLTRE IL KIMONO, PER FARLO CONOSCERE AL DI LÀ DELLA PALESTRA.

IN TECNICHE DI KIME WAZA I MAESTRI DINO CONTARELLI E CARLO FUGAZZA CON SHIRAI SENSEI.

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l’impegno, come del resto ho sempre sentito per tutti i gradi, l’impegno di diventare 7° dan, di diventarlo personalmente e non solo sulla carta. È certamente un punto di partenza, un grado pesante, un dovere». Il M° Loris Zannin inizia a praticare karate nel 1970: 6° dan dal 1996, conobbe Sensei Shirai quando ancora era cintura marrone. «Dopo la consegna della pergamena in me c’è una viva soddisfazione e anche un senso di forte apprensione mista ad attenzione ad essere all’altezza di questo importante grado. È un gradino sempre più alto nella pratica che mi investe di una certa dose di responsabilità sempre crescente e che mi porta a pensare di esserne all’altezza. Certamente è uno stimolo per me a mantenermi a quel livello che, chi di dovere, mi ha riconosciuto». Ma c’è anche chi conobbe Sensei Shirai nel lontano 1965 nel dojo Jigoro Kano e si allena con lui incessantemente da 47 anni. Diviene istruttore nel ‘72 e maestro nel ‘75, 6° dan nel 1996. Ricopre la carica di membro della commissione tecnica nazionale della Fikta e di tecnico regionale fino a pochi anni fa, compreso il ruolo di responsabile regionale degli arbitri. È il M° Gianni Sudati, 79 anni compiuti che dice: «Non mi sembrava giusto che in una federazione come la nostra ci fossero solo pochi settimi dan. Era necessario incrementare il parco dei tecnici ad alto livello. Non vedevo giusto che i miei allievi, quinti o sesti dan diventassero pari grado al loro maestro dopo così tanti anni di pratica, cariche ricoperte, co-


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stanza nel lavoro ed esperienza accumulata. Il 7° dan? Meglio tardi che mai, ho pensato a Salsomaggiore». Il M° Francesco Bonometti 6° dan da 16 anni è direttore tecnico dell’associazione Hiroshi Shirai di RodengoSaiano in provincia di Brescia. «Il grado è arrivato inatteso e ora il percorso è tutto in salita, con questa grande voglia che ancora rimane di imparare e approfondire, nello studio e nella pratica del tradizionale. Molto miei allievi, anche sui social network, mi hanno detto che era ora che tagliassi questo traguardo: alcuni sono ancora all’inizio e mi hanno scritto che era il minimo. Sono sempre cose che fanno piacere anche se dette dai neofiti». E la sua esperienza nel bresciano in campo sportivo dura da parecchi anni: è stato assessore allo sport per 15 anni «quando ancora il karate, nella mia provincia, era quasi clandestino. Ma dopo diversi anni e tanto lavoro è diventato lo sport primo per importanza a livello sociale e, perché no, anche politico. Ho organizzato molti corsi di formazione educativo-sportivi proprio dove non esistevano e continuo a prestare la mia opera di divulgazione del karate oltre il kimono, per farlo conoscere al di là della palestra» continuando a formare istruttori e maestri con solide basi di conoscenza e di pratica. «Ho iniziato a praticare con il M°Shirai quando ero ancora

HO CONOSCIUTO IL M° SHIRAI NEL LONTANO 1973 A UNO STAGE IN VIA MAFFEI E FACENDO DUE CONTI ORMAI SONO 37 ANNI.

FOTO DI GRUPPO CON I NUOVI SETTIMI E OTTAVI DAN: DA SINISTRA I MAESTRI GABRIELE ACHILLI, SEVERINO COLOMBO, GIUSEPPE PERLATI, LORIS ZANNIN, DINO CONTARELLI, SENSEI HIROSHI SHIRAI, CARLO FUGAZZA, RICCARDO PESCE, GIOVANNI FERRARI, FRANCESCO BONOMETTI, GIANNI SUDATI E FRANCO GATTI.

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cintura marrone nel 1968 e non ho mai smesso di seguirlo. Ho fatto il mio primo allenamento importante con lui a Brescia, quando il giovanissimo Carlo Fugazza era fresco di cintura nera 1° dan. Ho frequentato con lui il corso istruttori ‘70-‘72 e non ho mai cambiato. Ma ci vorrebbero meno anni per i gradi più alti, perché ad una certa età è tutto ancora più in salita». 6° dan dal 1996, chi parla è il M° Giovanni Ferrari «Allievo prima del M° Orfeo e di Sensei Shirai, con cui mi alleno ancora tutti i mercoledì a Milano, poi e in seguito con il M° Dino Contarelli. Vado avanti cercando di migliorare sempre, giorno dopo giorno: ho già fatto sotto di me 18, fra maestri e istruttori, e tutti si allenano ancora con me, anche i miei vecchi allievi, già laureati o padri di famiglia. Sono orgoglioso del mio percorso fatto con loro, un lungo cammino di condivisione nel karate tradizionale, fatto di armonia, perché nel karate non c’è solo la tecnica, ma è una cosa che ti avvolge a 360°». Insieme a loro il M° Franco Gatti, direttore tecnico delle società Steam Boiler e Karate Club Bagnolo. Presente alla due giorni salsese anche il monaco buddista e maestro Mitsutaka Koso che, come sempre affiancato e coadiuvato nella traduzione dal giapponese all’italiano dal maestro ed artista Shuhei Matsuyama, al termine dello stage di sabato, dopo aver assistito all’allenamento, ha tenuto una lezione sul significato del “Jugyuzu”. Il M° Koso, invitato dal M° Shirai, è dal 2006 che partecipa sempre con attenzione e curiosità all’aggiornamento dei tecnici della Fikta.


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CAMPIONATO ITALIANO DI KARATE TRADIZIONALE CENTRO-SUD ITALIA Il campionato del centro-sud si è svolto presso il palazzetto dello sport di Frosinone durante il fine settimana del 31-1 aprile. La competizione ha previsto una partecipazione agonistica di circa 350 atleti delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Marche, Umbria, Puglia, Sardegna e Sicilia. Presenti per tutta la durata della manifestazione, la Federazione nella sua totalità e il suo fondatore Maestro Hiroshi Shirai. Essendo una competizione di carattere agonistico nazionale sono intervenuti alla stessa, come partecipanti attivi, i campioni in carica degli ultimi Mondiali di Karate svoltisi in Brasile a novembre 2011. Alla manifestazione hanno inoltre presenziato le autorità del Comune di Frosinone: il sindaco Marini e l’assessore allo sport prof. Luigi Conte. Abbiamo chiesto al consigliere Perciballi un commento all’evento: «Sono contento della manifestazione, che ha riscosso la partecipazione in primis di tanti giovani agonisti, ma anche per la partecipazione di numerosi appassionati e non solo di arti marziali. Dal punto di vista agonistico abbiamo riscontrato una straordinaria qualità tecnica, non per niente sui tatami si sono visti atleti di qualità internazionale, abbiamo avuto la partecipazione dell’attuale detentore del titolo GLI ORGANI FEDERATIVI Mondiale Leone Matteo del Ken Sho Vieste, che ha confermato il suo stato ALL’UNISONO HANNO di eccellenza ottenendo il primo poMANIFESTATO UN GRANDE sto nel kumite individuale maschile

RINGRAZIAMENTO PER LA RIUSCITA DELLA MANIFESTAZIONE E IN PARTICOLARE HANNO APPREZZATO IL CALOROSO ABBRACCIO CHE DA TUTTI È ARRIVATO IN TERMINI DI QUALITÀ E ACCOGLIENZA.

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+ 75kg. Per quanto riguarda il nostro territorio, Veroli ha risposto con due 1° posti assoluti: Cironi Fabiana e Carnassale Barbara, nelle rispettive specialità di appartenenza. Mattacola Marco 2° classificato nel kata maschile, Mattacola Luca 3° classificato kata, Zeppieri Roberta 2° classificata kumite, Leva Andrea 4° classificato kata, 2° classificato kumite femminile D’Angelo Federica». Che cosa ha significato l’evento? «Sicuramente abbiamo dato un chiaro messaggio di grande sensibilità agli eventi sportivi con una risposta qualitativa, e non poteva essere meno, in una manifestazione di carattere nazionale. Va ricordato che sono arrivati più di 1.000 tra atleti e operatori nell’organizzazione sul nostro territorio per circa tre giorni, inoltre, nella giornata di sabato pomeriggio abbiamo riscontrato il pienone all’interno del palazzetto con punte superiori alle 2.000 persone tra addetti e spettatori. Voglio anche ricordare che i tre giorni di manifestazione sono stati ripresi da primarie agenzie televisive e da testate giornalistiche sia nazionali sia locali, nonché da riviste di settore come Samurai e Karate Do». Chi sente di ringraziare? «Ho avuto modo di parlare con gli organi federativi che all’unisono hanno manifestato un grande ringraziamento per la riuscita della manifestazione e in particolare hanno apprezzato il caloroso abbraccio che da tutti (amministrazione e cittadini) è arrivato in termini di qualità e accoglienza. Ho notato che il sindaco Marini si è mostrato entusiasta per la disciplina praticata dai ragazzi ciociari, cercando di entrare nello spirito della competizione. Una manifestazione che, con soddisfazione, ci ha aiutato a far conoscere meglio i valori etico - morali del Karate alla nostra comunità».


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ATTUALITÀ

MATTIA BACCHILEGA SOLLEVA L’AMBITO PREMIO 19° TROFEO MUSOKAN “MEMORIAL FRANCESCO MASINA” CREMA, 18 MARZO 2012 DI LUIGI FASOLI

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ATTUALITÀ

Il 19° Trofeo Musokan “Memorial Masina” si è svolto a Crema domenica 18 marzo ed è stato organizzato dal KARATE CLUB STADERA del M° Corti Laura, presso la palestra Alina Donati, punto stabile di ritrovo per gli atleti della FIKTA. Una gara a invito per atleti della Federazione che hanno ottenuto piazzamenti in competizioni nazionali ed internazionali. Dopo i saluti di rito alla presenza del Presidente Nazionale M° Gabriele Achilli, del Vice presidente Nazionale M° Giuseppe Perlati e del Presidente della regione Lombardia M° Gabriele Loffredo, 130 atleti, in rappresentanza delle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, hanno dato vita ad incontri di Fukugo catturando l’attenzione del folto pubblico. Sui tre tatami, che i ragazzi del M° Corti fin dalla sera prima avevano preparato, si sono svolte le gare di fukugo individuale delle categorie Seniores, Juniores e Speranze. Al termine delle gare del mattino e stato offerto a Maestri, Presidenti di giuria e autorità un gradito buffet durante il quale il Presidente Achilli ha elogiato l’organizzazione dell’evento da parte del Karate Club Stadera. Alla ripresa della manifestazione un tatami era dedicato alla gara dei cadetti, gli altri due per il kata a squadre e il bunkai. Terminata la gara dei cadetti e la prima fase del kata si è svolta la prova del Tameshiwari gara in cui, un’atleta femmina e un atleta maschio per regione devono rompere con un pugno o un calcio una tavoletta di legno, il M° Perlati ha spiegato al numeroso pubblico che l’esito positivo dimostra il controllo da parte dell’atleta delle tecniche Tzuchi, Keri e Uchi.

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Terminata l’esibizione, nella quale quasi tutti gli atleti riescono a rompere la tavoletta, si riprende con le fasi finali del kata bunkai, dove la rappresentativa della Lombardia si qualifica al primo posto, seguita dall’Emilia Romagna, dal Piemonte e Toscana. Il trofeo Masina conclude l’evento. Si svolge la gara di kumite a squadre dove, dopo una serie d’incontri appassionanti, si aggiudica la vittoria il Veneto per un singolo wazari sulla Lombardia, terze Toscana ed Emilia Romagna . È quindi un atleta veneto, Mattia Bacchilega, scelto per sfidare il 7 volte campione Gianpaolo Girotti G.P.A. nel “Memorial Francesco Masina”. Dopo due incontri, finiti in parità, l’ultimo decreta vincitore Mattia Bacchilega che solleva l’ambito trofeo: la statuetta del Buddha, consegnatogli al termine di tutte le premiazioni direttamente da Girotti. Dopo la premiazione, durante il discorso finale, il presidente Achilli si è soffermato sul protocollo d’intesa da poco stipulato tra la FIKTA e FIJKAM, sottolineando che in base a quest’accordo sarà avviato un comune programma tecnico, agonistico e culturale, che porrà le basi per azioni sinergiche da realizzare nel pieno rispetto delle autonomie funzionali ed organizzative di ciascuna Federazione, mantenendo saldo l’aggettivo tradizionale della nostra Federazione. La perfetta macchina organizzatrice messa in atto dal M° Corti e dai suoi allievi ha permesso che la manifestazione si svolgesse senza grossi ritardi e nei tempi previsti, fatto che ha portato il Presidente a congratularsi con il Maestro, che spera che i prossimi due eventi organizzati a Crema, i campionati Regionali di kata e soprattutto la Coppa Shotokan di dicembre, abbiano lo stesso esito.


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ATTIVITÀ REGIONALI

ABBADONARE LA ZAVORRA INUTILE LA MIA ESPERIENZA ALLO STAGE KATA BUNKAI ROMA, 14 FEBBRAIO 2012 DI ENRICO CEMBRAN

Quest’anno scrivere dello stage di Kata bunkai del M° Shirai, svoltosi a Roma il 14 febbraio, sarebbe molto semplice. La riuscita? Il miglior stage di tutti quelli finora svoltisi: 132 iscritti, provenienti da quasi tutte le regioni del centro sud Italia e da alcune delle restanti, segno di continua crescita. I temi trattati? Tekki ni dan, Bassai dai, Hangetsu, Gankaku, questa volta senza nemmeno i 5 minuti di pausa “idrica”, per tre ore “secche”… Il livello dei partecipanti? Migliorato notevolmente, e non lo dico io, segno che il lavoro svolto dalla Commissione Tecnica Regionale (Schicchi, Savelloni, Basile, con assistenti Klepfer, Ceneri e Binaco) e dal Responsabile ISI (Giusti), oltre alla pazienza e dedizione del nostro grande Maestro Hiroshi Shirai, sta sortendo gli sperati frutti. I collaboratori del Maestro? Sempre più maturi e punto di riferimento: i Maestri Ceruti, Giordano, Torre, Moffa, quest’anno “rinforzati” da Mirko Saffioti, atleta poliedrico e completo, che vediamo combattere sempre meglio, oltre a fare degli enbu da “pelle d’oca” e volutamente non parlo delle sue performance nei kata, cosa potrei dire?… rischierei solo di ripetermi pleonasticamente. Voglio invece parlare di qualcosa che è successo e che mi ha toccato profondamente, che col tema trattato c’entra solo marginalmente. Prologo: lunedì sera vengo informato che il Maestro dewww.karatedomagazine.com

sidererebbe che il bunkai di Bassai Dai venisse eseguito “al centro” anche dal sottoscritto, in coppia con l’amico di sempre Roberto “Bobo” Schicchi. Noi facciamo frequentemente i bunkai kata in palestra (oltretutto siamo anche arbitri nazionali...) magari non tanto quanto vorremmo, ma li facciamo, fra mille difficoltà organizzative e, a dire il vero, ci piacciono sempre di più, però fra questo e sentirsi sicuri di farli davanti a tutti, al centro, ce ne passa... Abbiamo cominciato un programma intensivo durante la settimana precedente lo stage, ci siamo anche dati appuntamento il sabato prima dell’evento alle 11 in palestra, rubando tempo al lavoro di tutti i giorni, siamo professionisti, ma di altri settori. Con noi si è allenato il M° Mamo, giunto dalla Sicilia con molta dedizione e disponibilità. Gli avventori della palestra si fermavano, ci guardavano, tre persone mature molto concentrate e determinate che ripetevano, ripetevano e ripetevano. Poi arriva il momento di andare: un pasto veloce, l’arrivo a Casal Palocco, la percezione di un’affluenza notevole, volti amici, tutti in completa armonia, tutti in attesa di un pomeriggio speciale, le formalità, tutto dev’essere perfetto! Ahimè gli immancabili contrattempi, il Maestro anche stavolta ha dimostrato una pazienza e adattabilità incredibili.


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ATTIVITÀ REGIONALI

Finalmente si comincia: Tekki ni dan. Con i Maestri Claudio e Salvatore che sono l’uno di una sapienza e potenza devastante, l’altro di una duttilità ed elasticità in continua crescita, nonostante la stazza, due giganti in tutti sensi. Belli a vedersi! Poi arriva il momento: «Enrico, vieni al centro». La salivazione si riduce, le pulsazioni crescono, le tempie pulsano. «Fai la prima parte di Bassai dai. Piano! Mi raccomando». Sembra discreta, il Maestro DIMENTICARE IN FRETTA però giustamente dice: «Troppo rigiL’ERRORE, PERCHÉ CI do» «Oss!». Adesso tocca a Roberto, CONDIZIONEREBBE anche lui discreto, dopo chiama NaNEGATIVAMENTE AL zario e Mirko: straripanti, il confronto è improponibile, ma interessante, TENTATIVO SUCCESSIVO. si può praticare anche non essendo “mostri sacri!”. Questo credo sia il senso voluto dare dal Maestro. «Adesso bunkai prima parte» Lo eseguiamo discretamente, sempre considerando le dovute differenze. Via la seconda parte con annesso bunkai, ...come sopra. «Adesso terza parte»: il dramma! Entro al centro e comincio come fosse la sequenza più o meno corrispondente di Hejan Godan, mi rendo conto che qualcosa non va, il Maestro è più dispiaciuto di me, adesso mi butta fuori penso. Guardo il M° Claudio apparentemente imperturbabile (in realtà, conoscendolo, sono sicuro che soffre per ed insieme a me). Guardo “Santo” Salvatore, mi suggerisce senza IL MAESTRO CEMBRAN farsi vedere (anche se credo che il Maestro abbia visto e CONSEGNA IL REGALO AL abbia condiviso). Riparto, ancora un errore, ma ce la facMAESTRO SHIRAI IN ONORE DEL cio a finire, «Enrico, stai calmo, non emozionare!» «Oss!» SUO DECIMO DAN .

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mi sembra tutto surreale, penso “non è possibile, non sta succedendo a me... questo kata l’avrò fatto 100.000 volte nella mia vita e l’avrò insegnato almeno a 500 persone!”. Si riparte, l’ultimo spezzone, pensavo di crollare definitivamente, invece mi dicono che vado molto meglio di prima. Arriva il Bunkai, il Maestro con un gran sorriso (forse è contento di non avermi buttato fuori...) dice: «Ce la fai a sollevare Roberto, né?». Beh, effettivamente, la disparità c’è ed è notevole, pur non essendo io un “fringuellino”, ma rispondo: «Certo!» e in qualche modo ce la faccio, poi tocca agli altri, finalmente si finisce. Che stress!! Tutto il resto si potrebbe definire “normale amministrazione”, se di questo si può parlare: i kata Hangetsu e Gankaku (oltre di nuovo a Bassai Dai) spezzettati, scorporati e applicati in mille pezzi e poi ricomposti. Il saluto finale, la cerimonia di chiusura con la presentazione della nuova Associazione che abbiamo fondato a Roma, l’ASD TAIKYOKU KARATE KAI, della quale mi onoro di essere il Presidente, il mio vice e altro amico di sempre Stefano Falcioni, che legge la pergamena introduttiva al regalo che abbiamo voluto fare al M° Shirai per ringraziarlo e celebrare il suo più che meritato 10° dan. Gli applausi interminabili, la foto commemorativa, le tante pacche sulle spalle ed i sorrisi pieni di affetto e di comprensione, i complimenti dei Maestri Claudio e Salvatore. Credo che questa esperienza mi abbia cambiato e sono felice e grato al Maestro per avermela fatta fare. L’insegnamento ricevuto: dimenticare in fretta l’errore, perché ci condizionerebbe negativamente al tentativo successivo, “abbandonare zavorra inutile!”. Il Maestro e i miei allievi sanno a cosa mi riferisco...


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CORSO DI KATA BUNKAI CON IL M° HIROSHI SHIRAI. RAVARINO (MO) 25 FEBBRAIO 2012. DI MAURIZIO MOGGI · FOTO DI GIOVANNA MOLINARI

IL M°SHIRAI E MIRKO SAFFIOTTI DURANTE LA DIMOSTRAZIONE DI UNA TECNICA DEL BUNKAI.

Iniziare un’articolo dove l’argomento da trattare riguarda il lavoro svolto dal Maestro Shirai nel Karate tradizionale e sul quale non sia già stato detto tanto, non è cosa facile. Il Maestro è un personaggio dal carisma eccezionale, è un profondo Tecnico, con vedute evolute sul karate Shotokan, una mente fervida e sempre attiva, a cui adeguarsi non è sempre semplice, ma con il quale allenarsi reputo sia un privilegio che tutti ci invidiano. Essere uno dei tanti che cerca di comprendere le tecniche eseguite sul tatami dai suoi allievi più fidati e cercare di svilupparle con il compagno di turno, è una grande occasione. Seguirlo non è assolutamente facile, almeno per il sottoscritto, occorrono modestia e discrezione, perché una volta che sei al suo cospetto anche i grandi diventano piccoli: la sua presenza esigente, la calma che traspare dai suoi occhi www.karatedomagazine.com

attenti ad osservare la moltitudine di atleti che si muove, la sua ombra che ci “sovrasta”... Tutto ciò ci mette in vibrazione, ma non è riverenza o timore, è rispetto. Quando ci chiama per spiegare una tecnica, come uno sciame di api ci raduniamo intorno al Maestro in rigoroso silenzio, attenti a non perderci una parola del concetto espresso. In quei momenti di silenzio, anche se sei in mezzo ad altri, sei solo con tutto il tuo essere, proteso a cercare di non perdere neppure una parola, mentre gli occhi cercano di farsi largo tra le teste dei tanti. La neve che è scesa copiosa, nei giorni precedenti l’appuntamento, ha lasciato il posto ad una magnifica giornata di sole quasi primaverile e, complice la temperatura mite, ci accingiamo al ripasso degli Engi Bunkai, dei cinque Heian (come inizio non è male), seguiti dai Tekki Shodan, Nidan e


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OGGI MI È SEMBRATO DI COGLIERE ANCHE SUL VOLTO DEL MAESTRO UN SORRISO PIÙ RADIOSO O FORSE ERA SEMPLICEMENTE FELICE DI AVERCI NUMEROSI ATTORNO A LUI.

IN ALTO IL M°FUGAZZA DURANTE UNA DIMOSTRAZIONE TECNICA DEL BUNKAI.

Sandan, abbinati ai Kata Jitte, Jiin, Bassai Sho dove le tecniche di Bunkai sono dimostrate magistralmente dai Maestri Cardinale, Acri, Fugazza, Marchini e Contarelli. Grazie a loro l’Engi Bunkai dà il vero senso dell’applicazione, mentre per lo scrivente tutto si riduceva ad una movenza che cercava di “riprodurre” la Tecnica, perché è di tecnica che stiamo parlando. Infine, stanco ma felice, mi accingo insieme agli altri verso gli spogliatoi, alcuni di noi sono mesti altri baldanzosi, ma comunque sono tanti i sorrisi, le riflessioni e i saluti. E non so se complice la giornata di sole, ma oggi mi è sembrato di cogliere anche sul volto del Maestro un sorriso più radioso o forse era semplicemente felice di averci numerosi attorno a lui. Al momento dell’apertura dello stage, alla presenza del www.karatedomagazine.com

Maestro Shirai, sono intervenuti il Sindaco di Ravarino Gatti Marino, il Consigliere Comunale sig. Tavernari, Conventi Stefano Consigliere Comunale con delega allo sport ed un mio allievo che ha tenuto un breve discorso ringraziando i presenti. Il Karate per il sociale è ritenuto un dovere? Assolutamente no, è un piacere. Di fronte alla grande fila di cinture nere ho voluto strappare un applauso per Pintonato Giorgio, allievo e caro amico, che per circa una decina d’anni ha sponsorizzato manifestazioni della Federazione e della UISP/ADO e che non ha potuto essere dei nostri per una malattia che lo ha ultimamente debilitato; il tributo caloroso e sincero a lui dedicato mi hanno commosso, perché non solo Karate dunque, ma uomini e donne con il cuore rivolto anche a chi soffre.


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ATTIVITÀ REGIONALI

IL KARATE TORNA A SCUOLA

EDUCAZIONE ALLA DISCIPLINA AI BAMBINI DELLA SCUOLA PRIMARIA DI ANDREA SILENZI

Il karate torna a scuola: per la settima volta alla scuola primaria di San Mauro Pascoli (Forlì-Cesena) il karate ripropone le sue lezioni di disciplina grazie ad un progetto sperimentato nel 2005, che ha ottenuto nel 2006 il patrocinio dell’Ufficio Scolastico Provinciale, e che si è evoluto nel corso di questi anni per merito anche del confronto con docenti e dirigenti scolastici. Sono state quattro le classi coinvolte: due seconde, una quarta e una quinta. Circa cento i bambini fra i 7 e i 10 anni che hanno provato a scuola le tecniche di karate, esercizi di ginnastica e giochi, imparando parallelamente il rispetto delle regole con gli istruttori Daniele Arcangeli e Andrea Silenzi del Budokan Karate San Mauro Pascoli. Il progetto, nato come esperimento per fare conoscere il www.karatedomagazine.com

karate a bambini, insegnanti scolastici e genitori, ha suscitato maggior interesse nel corso degli anni per il suo aspetto educativo, pur mantenendo le caratteristiche di ottimo strumento per una corretta attività motoria e per la socializzazione. I motivi di questa evoluzione sono tanti: classi sempre più numerose, episodi di bullismo ormai diffusi in tante scuole e necessità di creare un legame e un linguaggio comuni fra scuola, genitori e attività sportive. Così, al contrario di tante associazioni sportive che intervengono nelle scuole a scopo promozionale piuttosto che correttivo, abbiamo adottato una metodologia meno ludica e più marziale, puntando cioè meno sull’apparenza per concentrarci di più sulla realizzazione di obiettivi concreti.


Un programma così severo e rigoroso nelle regole, che avrebbe potuto penalizzare l’arrivo di nuovi allievi nel nostro dojo, si è invece rivelato un ottimo sistema per fare apprezzare ancora di più il nostro operato. In questo modo ogni gioco o esercizio proposto con norme ben definite, diventava più ordinato, più silenzioso, più sicuro e, quindi, più divertente. Rispettando rigorosamente ogni regola tutti i bambini, sia quelli timidi sia quelli più vivaci, si sono trovati allo stesso livello e hanno lavorato in un clima ideale per la socializzazione e l’apprendimento. L’altra arma vincente di questo progetto, che a volte può sfuggire anche ai maestri più esperti, è stata quella di proporre senza imporre, facendo cioè sembrare le regole non un obbligo, ma qualcosa che rende più piacevole ed

efficace la pratica. Ci siamo quindi caricati di quella dose di umiltà e complicità che ci ha reso, agli occhi dei bambini, più credibili e spesso anche più divertenti. È stato piacevole anche metterci in discussione con loro su norme e principi che a noi sembrano scontati, ma che per i bambini richiedono spiegazioni e dimostrazioni. La gara finale, con tanto di diplomi e medaglie per i vincitori, è stato un momento ricco di emozioni, ugualmente lo è stato compilare il questionario su ciò che si era imparato del karate. Infine, ad ogni genitore è stata consegnata una lettera per condividere con loro i valori che l’associazione Budokan San Mauro trasmette da anni ai propri allievi e che ogni genitore, in fondo, insegna da sempre ai propri figli.



1200 PARTECIPANTI, 7 NAZIONI PRESENTI, OLTRE 100 SOCIETÀ ADERENTI... UN GRANDE SUCCESSO ORGANIZZATIVO! IL RESOCONTO NEL PROSSIMO NUMERO!

GUARDA LE CLASSIFICHE SU


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TECNICA

UNSU ENGI BUNKAI Abbiamo pensato di fare cosa gradita ai nostri lettori e a tutti i praticanti proponendo una nuova rubrica che ha come tema gli Engi bunkai dello stile Shotokan. Come noto, grazie al lavoro svolto dal Maestro Hiroshi Shirai, gli Engi bunkai fanno ormai parte della nostra cultura e da diversi anni ci accompagnano nelle competizioni federali. Pur consapevoli che lo studio di tali applicazioni è in continua evoluzione, riteniamo comunque che i bunkai siano un importante punto di partenza per l’apprendimento delle applicazioni da parte di qualsiasi karateka. La parte tecnica di questo progetto è stata assegnata al M° Pasquale Acri, allenatore della nazionale kata ISI (Istituto Shotokan Italia), il quale sarà coadiuvato dai Maestri Stefano Mezzalira, Riccardo Frare e Moris Carazza.

REI

KATA UNSU Si tratta di un kata proveniente dalla Cina che viene aggregato alla Suola di Tomari-te. È stato tramandato dal M° Arakai, ma si dice che lo abbia introdotto a Okinawa il M° Bushi Sakiyama. I due caratteri che compongono il nome Unsu sono Onu e Shu, “la nube” e “la mano”. Quindi, potrebbe essere interpretato come “la nube passa”, “mano della nube”, “mani nelle nubi”, “mani come le nubi” ecc., ma “spazzare via le nubi” è probabilmente la traduzione migliore. La difficoltà di questo kata, sta nel tenere la correttezza delle posizioni malgrado il dinamismo dell’esecuzione ed i continui cambi di ritmo e di direzione, che però lo rendono molto bello da vedere. Si deve inoltre porre particolare attenzione alla respirazione che aiuta ad arrivare, con la necessaria vitalità, alla parte conclusiva che comprende un’alternanza di potenza ed armoniosa fluidità, con il salto e le successive combinazioni. Un giro di 360° nell’aria è una delle tecniche più difficili da eseguire ed è molto apprezzato dal pubblico. Le tecniche rotonde effettuate da terra sono create per essere indicative del kata stesso, colpisce velocemente dalla terra verso l’alto nel cielo. Infine, vi è di nuovo calma nella tempesta ed allora, per concludere, il salto gigante è fatto per essere come un ciclone. Il kata consta di 45 movimenti ed il tempo necessario per eseguire l’intera sequenza è di circa 1 minuto.

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UNSU ENGI BUNKAI

YOI


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MOROTE TEISHO UKE-MOROTE TATE SHUTO UKE

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CONTRO L’ATTACCO DI PUGNO DESTRO USARE SHO HARAI UKE SINISTRO E CHUDAN KEITO KAKE UKE DESTRO

CONTRATTACCARE CON GEDAN IPPON NUKITE DESTRO

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PROIETTARE L’AVVERSARIO USANDO SHO JODAN KAKE NAGE DESTRO

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COLPIRE CON GEDANZUKI DESTRO

MOROTE CHUDAN KEITO UKE SINISTRO E GEDAN IPPON NUKITE SINISTRO

MOROTE CHUDAN KEITO UKE DESTRO E GEDAN IPPON NUKITE DESTRO

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SINISTRO CHUDAN TATE SHUTO UKE

DESTRO CHUDAN GYAKUZUKI

DESTRO CHUDAN TATE SHUTO UKE

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SINISTRO CHUDAN GYAKUZUKI

SINISTRO CHUDAN TATE SHUTO UKE

DESTRO CHUDAN GYAKUZUKI

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CONTRO L’ATTACCO DI PUGNO SINISTRO PARARE CON CHUDAN TATE SHUTO UKE DESTRO

CONTRATTACCARE CON CHUDAN GYAKUZUKI SINISTRO

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COLPIRE DA TERRA CON MAWASHI GERI SINISTRO

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DIFENDERE L’ATTACCO DI PUGNO DESTRO E CONTRATTACCARE CON MAWASHI GERI DESTRO

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DESTRO MOROTE TATE SHUTO UKE

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SINISTRO CHUDAN KEITO UKE E DESTRO GEDAN TEISHO UKE

DESTRO CHUDAN KEITO UKE E SINISTRO GEDAN TEISHO UKE

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SINISTRO JODAN HAITO UCHI

SINISTRO MAEGERI

DESTRO JODAN SOTO UKE SINISTRO CHUDAN GYAKUZUKI

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DIFENDERE L’ATTACCO DI PUGNO DESTRO CON JODAN TSUKAMI UKE SINISTRO E CONTRATTACCARE CON JODAN HAITO UCHI DESTRO

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COLPIRE CON MAEGERI DESTRO

CONTRO L’ATTACCO DI PUGNO DESTRO RUOTARE DI 180°, USARE JODAN SOTO UKE SINISTRO E CONTRATTACCARE CON CHUDAN GYAKUZUKI DESTRO

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AFFERRARE L’AVVERSARIO (TSUKAMI DESTRO) E ASSUMERE GEDAN MOROTE KAMAE

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DESTRO JODAN KENSEI E DESTRO GEDAN ZUKI

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SINISTRO GEDAN UKE ZUKI

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DESTRO GEDAN UKE ZUKI

CONTRO L’ATTACCO DI PUGNO DESTRO USARE CHUDAN TATE SHUTO UKE SINISTRO

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CONTRO UN SECONDO PUGNO SINISTRO USARE CHUDAN TEISHO UKE SINISTRO, AFFERRARE IL BRACCIO DELL’AVVERSARIO E COLPIRE IL SUO GOMITO CON TEISHO UCHI DESTRO

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COLPIRE CON GEDAN KAKATO GERI DESTRO

COLPIRE PRIMA CON CHUDAN GYAKUZUKI SINISTRO E INFINE CON JUNZUKI DESTRO

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DESTRO GEDANBARAI

SINISTRO JODAN HAITO UKE

SINISTRO SHUTO GEDANBARAI

DESTRO JODAN HAITO UKE

SINISTRO CHUDAN GYAKUZUKI

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USARE CHUDAN TATE SHUTO SINISTRO COME GUARDIA (KAMAE)

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TOBI KAITEN GERI E ASSUMERE FUSHI KAMAE

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CONTRO L’ATTACCO DI PUGNO SINISTRO USARE MAWASHI TEKUBI KAKE UKE SINISTRO, COLPIRE IL GOMITO DELL’AVVERSARIO CON TEISHO ZUKI DESTRO E, SPOSTANDO IN AVANTI LA GAMBA DESTRA, COLPIRE CON CHUDAN URAZUKI SINISTRO

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COLPIRE, SIMULTANEAMENTE, CON JODAN TEISHO ZUKI SINISTRO E CHUDAN TEISHO URA ZUKI DESTRO

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CONTRO L’ATTACCO DI PUGNO SINISTRO RUOTARE DI 180° E USARE JODAN AGEUKE SINISTRO

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AFFERRANDO IL BRACCIO DELL’AVVERSARIO COLPIRE CON CHUDAN GYAKUZUKI DESTRO

YAME REI NAOTTE

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LE INTERVISTE DI KARATE DO

LE INTERVISTE DI KARATE DO A CURA DI YUMI SHIRAI

Shuhei Matsuyama nasce a Tokyo nel 1955. Nel 1976, dopo aver conseguito il diploma all’Accademia di Belle Arti di Tokyo, si trasferisce in Italia per approfondire i suoi studi di arte pittorica presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia. Si tratta di una scelta decisiva che segna per sempre la sua vita di artista e di uomo: a Perugia, infatti, il Maestro conosce Mari, sua futura moglie e mamma dei suoi tre figli Naoki, Ryuhei e Tatsuhiko e, proprio a Perugia, inizia la pratica del karate. Sempre qui, presso l’antico Palazzo dei Priori, il M° Matsuyama, nel 1979, espone la sua prima mostra personale. Da allora presenterà le proprie opere in oltre cento mostre personali in Europa, Giappone e Stati Uniti d’America. Dopo l’esperienza di vita a Perugia, il Maestro si trasferisce a Rieti dove rimane per sette anni. Qui nascono i suoi tre figli e qui il Maestro incontrerà un gruppo di persone fantastiche che egli ricorda tuttora con grande stima e riconoscenza. All’inizio degli anni ‘90 si trasferisce con la famiglia a Milano, dove attualmente vive e lavora, sia come artista sia come maestro di karate. Sabato 18 febbraio 2012 è stata un’occasione un po’ speciale, perché ci ha aperto le porte del suo studio di pittura a Milano, per concederci gentilmente questa intervista. Immersi nell’atmosfera artistica del suo laboratorio e accompagnati dalle emozioni che ci trasmettono le sue opere, scopriamo insieme la storia di un uomo che, oltre ad essere oramai un pittore di fama internazionale, pratica e insegna karate in Italia da oltre 36 anni.

M°SHUHEI MATSUYAMA www.karatedomagazine.com


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esprimere attraverso la pittura. Questo è stato il principale motivo che mi ha spinto a trasferirmi in Italia. Per certi aspetti credo che quello che sto cercando di realizzare qui attraverso la pittura, è ciò che ha fatto e sta cercando di fare il M° Shirai attraverso la pratica e l’insegnamento del karate in Italia. Quando ha iniziato la pratica del karate e quando ha conosciuto per la prima volta il M° Shirai? È strano che un giapponese inizi la pratica del karate in Italia, ma così, effettivamente, è stato per me, ho iniziato a praticare il karate nel 1976 a Perugia, sotto la guida del M° Ogawa. Ho conosciuto per la prima volta il M° Shirai proprio tramite il M° Ogawa che frequentava un suo corso di karate a Firenze. Nel 1977, ho iniziato ad allenarmi con il M° Shirai a Milano: all’epoca ero ancora cintura marrone e mi allenavo per diverse ore ogni giorno. M° Matsuyama, lei pratica e insegna karate sin dal 1976: qual è oggi la sua più grande motivazione nel continuare a praticare e insegnare quest’arte marziale? Il karate do è uno straordinario strumento di crescita e di miglioramento personale: attraverso la pratica del karate abbiamo la possibilità di conoscere e apprendere, mediante l’esperienza diretta, i valori e i principi fondamentali di un’arte marziale.

Maestro Matsuyama, perché ha scelto di trasferirsi proprio in Italia? L’Italia è un Paese di grande storia e cultura artistica: è stata la culla della cultura nel periodo rinascimentale e le tracce della sua grandezza sono rimaste nelle opere di eccelsi uomini e artisti. Appena arrivato ho preso in affitto una casa nel centro storico di Perugia e, quando mi sono reso conto che in quella casa risalente al 1500 moltissime persone prima di me avevano pensato “questa è casa mia”, ho subìto un vero e proprio “shock” culturale. Dopo aver vissuto a Tokio nel periodo di trasformazione culturale, dovuto al processo di modernizzazione del Giappone, l’incontro con la storia e la cultura artistica italiana, il contatto con la natura dei bellissimi paesaggi umbri, la vista di splendidi monumenti come la basilica di San Francesco di Assisi e la scoperta dei sapori della cucina tradizionale, hanno profondamente arricchito la mia esperienza umana e la mia sensibilità artistica. Ciò nonostante, è in Giappone che risiedono le radici delle mie origini culturali. L’Italia e il Giappone hanno degli aspetti molto belli e, per certi versi, molto simili. Ho sempre pensato che dall’unione di questi due mondi culturali sarebbe nato qualcosa di bellissimo e di unico, qualcosa che avrei potuto

Per avvicinarci alla comprensione di alcuni principi fondamentali del karate do, il Maestro ci mostra alcuni ideogrammi giapponesi. Uno di cui il Maestro inizia a parlarci è quello che rappresenta il concetto di Ku. Maestro, che cos’è il Ku? La prima cosa che possiamo dire è che è difficile spiegare che cos’è. Ku significa “vuoto”, lo stesso concetto che ritroviamo anche nel termine karate che significa “mano vuota”. Per comprendere meglio il significato di Ku pensiamo ad un bicchiere pieno d’acqua: se aggiungiamo altra acqua, quella in eccesso uscirà dal bicchiere… allo stesso modo funzioniamo noi. Per accogliere qualcosa di nuovo, dobbiamo imparare a fare un nuovo spazio interiore e se comprendiamo questo tipo di atteggiamento, ci avviciniamo alla comprensione del concetto di Ku. Significa essere liberi dai giudizi e “svuotarsi in ogni istante”, mantenendo sempre un atteggiamento di massima concentrazione e di apertura mentale. “Essere vuoti” significa al tempo stesso anche “essere pieni” di tutte le proprie esperienze personali. Se prendiamo l’unico libro che c’è su uno scaffale, lo scaffale rimane vuoto, ma se leggiamo quel libro, la conoscenza di ciò che abbiamo appreso rimarrà sempre dentro di noi. Possiamo avere un atteggiamento mentale vuoto pur mantenendo, al tempo stesso, tutto ciò che abbiamo acquisito e imparato attraverso le nostre esperienze personali. Allo stesso modo, un praticante di karate può imparare ad assumere

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un atteggiamento mentale vuoto e, contemporaneamente, essere pieno di tutta l’esperienza acquisita nel tempo attraverso la pratica. “Che cosa succede quando il ghiaccio si scioglie? È primavera…”. Maestro può spiegarci il significato che si nasconde dietro queste sue semplici, ma bellissime parole? Ciascuno di noi è libero di interpretare la realtà e di vedere le cose in maniera diversa, in base al proprio vissuto e alle proprie esperienze personali. Un bicchiere d’acqua riempito fino a metà, può essere contemporaneamente visto come “mezzo pieno” o come “mezzo vuoto”: dipende da ciò che ognuno di noi vede in quel momento. Entrambe le due visioni sono possibili, dobbiamo renderci conto, tuttavia, che quello che noi vediamo è diverso da quello che possono vedere gli altri. Alla domanda “che cosa succede quando il ghiaccio si scioglie”, qualcuno potrebbe rispondere giustamente, che il ghiaccio diventa acqua, qualcun altro potrebbe immediatamente sentire, invece, l’inizio della primavera… Ognuno sceglie liberamente il proprio modo di vedere e interpretare la realtà che ci circonda. Per quanto mi riguarda, cerco sempre di interpretare il significato delle cose in maniera positiva, per riuscire il più possibile a vivere ogni istante con gioia. Quale consiglio darebbe ad un giovane praticante di karate? Il fine ultimo del karate non è vincere o perdere, ma il miglioramento del proprio carattere e della propria personalità. È importante anche saper perdere per imparare dai propri stessi errori. Maestro, in che modo è concretamente possibile mettere in pratica i principi fondamentali del karate do? Il M° Shirai è l’esempio più grande che abbiamo davanti. La sua grande esperienza maturata attraverso la costante pratica dello stile Shotokan, unita - al tempo stesso - ad un atteggiamento mentale sempre libero dagli schemi acquisiti ed aperto alle nuove ed infinite possibilità applicative del karate do, hanno permesso al Maestro di andare “oltre la forma” e di creare qualcosa di nuovo. Frutto di questo continuo lavoro di studio e di ricerca è il Goshin-do o “via di difesa personale”. Ciò che conta a un certo punto - e agli alti livelli raggiunti grazie alla pratica dello stile tradizionale del karate Shotokan - non è tanto la pratica di uno stile piuttosto che di un altro, non è il vincere o il perdere una competizione, ciò che veramente conta è se le tecniche di karate che noi pratichiamo “funzionano” oppure “non funzionano”. E proprio da qui nasce il grande impegno del Maestro nello studio dell’applicazione pratica del kata attraverso il Bunkai e l’Engi Bunkai. Da questo punto di vista, penso che tutti noi dovremmo essere profondamente grati al M° Shirai per quello che di veramente grande sta cercando di trasmetterci attraverso questi insegnamenti. La pratica di un’arte marziale non si limita all’ac-


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Vuole esprimere un sincero ringraziamento per qualche persona o per qualcosa in particolare? Ringrazio mia moglie Mari che mi è sempre stata vicina nel mio percorso di artista e di karateka, fin da quando ci siamo incontrati per la prima volta a Perugia. Vorrei poi esprimere un ringraziamento speciale per il M° Shirai che riconosco come mio unico vero maestro, non solo nel karate, ma anche nella pittura. Forse qualcuno pensa ancora che il Maestro ci stia insegnando solo il karate… ma non è così, almeno dal mio punto di vista. Grazie a lui e ai suoi insegnamenti, il karate è diventato per me anche “arte della vita”. Il mio scopo più grande è vivere ogni istante con gioia e a volte questo non è per niente facile, ma il karate mi aiuta anche a perseguire questo scopo. Ichigo Ichie significa “ogni incontro è irripetibile”: ogni combattimento che facciamo con il nostro avversario è “qui ed ora”. Dobbiamo renderci conto che non ci sarà un’altra occasione uguale a quella che abbiamo appena vissuto: per questo motivo, dobbiamo sforzarci di dare il massimo in ogni momento, per renderlo davvero unico.

KU

SEISHI (VITA E MORTE)

quisizione della cintura nera o alla vincita di una gara. Alcune persone perdono lo stimolo nel continuare la pratica del karate proprio nel momento in cui devono smettere le competizioni, dimenticandosi che “il karate do si pratica tutta la vita”. Il Maestro ci sta offrendo continuamente nuovi stimoli per mettere concretamente in pratica questo principio fondamentale. Maestro, che cosa significa Shin – On e che cosa esprime la sua arte? Sin dall’inizio, quando ho dovuto spiegare il significato di Shin–On ho sempre detto che è una sorta di grido del cuore, un’espressione in sintonia con il sé. On significa “suono” mentre Shin rappresenta le diverse qualità del suono. Shin-On in giapponese racchiude sedici significati diversi. Attraverso lo Shin - On dipingo il suono delle cose, quella musica che le origina e le esprime. Il colore diventa così un “suono interiore” e, attraverso la pittura, posso esprimere quello che veramente sento in ogni singolo momento. In questo modo, quando rivedrò le mie opere anche in futuro, potrò riprovare le stesse sensazioni che

ICHIGO ICHIE hanno vibrato dentro di me mentre dipingevo. Esprimermi attraverso la pittura è un po’ come scrivere in un diario personale: se scrivo ciò che provo veramente, in futuro potrò ritrovare nei miei scritti una traccia di me stesso. Diversamente, rileggerei solo delle menzogne e ciò non avrebbe alcuna importanza. Maestro, qual è il suo sogno più grande dal punto di vista della sua produzione artistica? Da tempo penso di realizzare un mio vecchio sogno. Attraverso una piccola opera chiamata Shin-On che racchiude l’esperienza della mia vita, della mia espressione artistica e del legame tra il mio paese di provenienza e quello che mi ha visto maturare come artista, voglio lasciare un segno del mio pensiero per il futuro. Lo Shin-On è un’opera di forma circolare: il disco base, di diametro di diciotto centimetri, vorrei diventasse il primo punto del luogo di una circonferenza che abbia un diametro pari a quello terrestre. Con un primo disco ci si può avvicinare al pensiero che mi ha coinvolto in Shin –On. Wa in giapponese significa cerchio, amicizia e armonia.

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Il M° Matsuyama, ci mostra l’ideogramma giapponese che è stato scritto da Suzuki Kakusen, un grande maestro di buddismo zen, che ha insegnato presso l’università di Komazawa a Tokyo. L’ideogramma Seishi – ci spiega – rappresentata la vita e la morte come qualcosa di strettamente collegato e fa immediatamente riflettere su qualcosa di molto importante: prima di arrabbiarsi per niente o di rispondere male a qualcuno, prima di perdere anche per un solo istante della nostra vita la gioia, dovremmo chiederci se ne vale veramente la pena. Anche quest’atteggiamento mentale dipende da noi e dalla qualità dei nostri pensieri. Sta a noi rendere la nostra vita un inferno o un paradiso… e in questa scelta pensare agli altri può davvero fare una grande differenza. Proprio il M° Shirai, all’ultimo stage di aggiornamento dei tecnici, ha sottolineato l’importanza di “pensare agli altri” anche durante le competizioni di kumite, mantenendo il massimo rispetto possibile per il nostro avversario. Pensare agli altri è qualcosa di fondamentale per la nostra stessa felicità. Immaginiamo di essere a un grande banchetto imbandito e, tuttavia, di non poter mangiare perché abbiamo una mano legata alla sedia e una forchetta lunghissima nell’altra mano. In questo momento, pensare agli altri potrebbe fare una grande differenza. Se pensiamo solo a noi stessi, prima o poi moriremo di fame. Se invece pensiamo di usare la forchetta lunghissima che abbiamo in una mano per imboccare gli altri, qualcuno potrebbe fare poi lo stesso con noi. Ringraziamo il M° Matsuyama per la sua disponibilità e il tempo che ci ha concesso per l’intervista. Invitiamo tutti i lettori a vedere le sue opere e a visitare il suo sito internet: www.shuheimatsuyama.com


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LE INTERVISTE DI KARATE DO

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Qui ho appreso molte cose nuove che hanno giovato al mio spirito, come dicono gli amici, ma devo al Giappone l'esperienza e lo stimolo che mi con- sentono di esprimermi con gioia nella vita, che altro non è se non arte. Proprio la gioia credo sia la cosa più importante nella vita e la si può ottenere solo con la temperanza. In questo caso si condurrà una vita semplice, quindi creativa, dove fra il prendere e il dare esiste un perfetto equilibrio, perché, se così non fosse, il dislivello porterebbe l'uomo all'infelicità. L'artista (l'uomo) deve essere libero e ciò è possibile solo conoscendo molte cose. Voglio, per questo, vedere, provare, toccare tutte le cose per restituirle poi nel grande capolavoro di ogni artista. Commuoversi, avventurarsi e poi esprimere se stessi non è altro che immergersi nell'arte ma, per il fatto che la conoscenza non si esaurisce nel presente, bisogna guardarsi dalla passi- vità e dalla staticità: solo guardando avanti lo spirito può giungere alla maturazione. A chi mi chiede: perché lavori? Rispondo: per crescere. Perché vuoi crescere? Per conoscermi. Perché vuoi conoscerti? Per esprimermi. Perché vuoi esprimerti? Per essere artista (uomo). Perché vuoi essere artista? Per essere libero. Perché vuoi essere libero? Per aver gioia dalla vita.

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PREPARAZIONE E SALUTE

LE RUBRICHE DI KARATE DO AUTO-DIFESA FEMMINILE A CURA DI CHIARA GNESI

Psicologa, lavora privatamente a Crema e collabora con varie Associazioni ed Istituzioni. Si allena nella palestra A.S.D. Taiji Kase Pianengo (CR).

CHI TI CREDI DI ESSERE? AUTOSTIMA E DONNA BINOMIO IN PRECARIO EQUILIBRIO

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PREPARAZIONE E SALUTE

L’Autostima si esprime in un valore dato a se so unico “L’uomo che non deve chiedere mai”. stessi, in funzione del grado di somiglianza fra, Per una donna, invece, prevale l’essere in buoni da un lato, esperienze personali, comportamenti, rapporti con gli altri, l’alimentare buone relaziosuccessi o insuccessi (Sé reale), e dall’altro lato: ni in famiglia e con gli amici. Pare che le donne, aspirazioni, pretese, obiettivi (Sé ideale), (James, entrando nell’età adulta, si allontanino dal loro un padre della psicologia, 1890; Block e Robins ideale e/o perdano le speranze di raggiungerlo. Le donne con elevata 1993, Caffarelli e Autostima attribuiAmoruso, 1999). Solo scono valore ai rapse questo rapporto porti intimi con gli alfra idealità e realtà PERSONE CON BASSA tri e meno facilmente è positivo, l’Autosti- AUTOSTIMA SOFFRONO PIÙ si rassegnano o si ma è alta. Una parte FACILMENTE DI DISTURBI adeguano a condiziodell’Autostima, detta di tratto, viene man- ANSIOSO-DEPRESSIVI CON FORTE ni lavorative, familiari e relazionali percepite tenuta costante ed è TENDENZA ALL’AUTOCRITICA. come umilianti, ofampiamente indipenfensive, maltrattanti dente dal feedback e violente – anche oggettivo che può sul piano psicologico, confermare o connon solo su quello fitraddire il concetto di sico. Sé in situazioni speAncora Diener ha cifiche. Infatti, l’Autrovato una correlatostima risulta solo zione significativa fra parzialmente influenAutostima e life sazata dai parametri tisfaction, dove l’una imposti dalla società, è un forte predittore come canone di beldell’altra. Ma la sodlezza fisica, efficienza disfazione generale della prestazione, ponella vita è basata tere, denaro; filtrati e rivisti alla luce dei parametri personali, prima di su variabili molto diverse in culture diverse, ad essere più o meno assorbiti nella personale gam- esempio: stare bene con se stessi, possedere dema di valori. Il concetto di Autostima non è solo naro, fare carriera, in culture individualiste; poter una variabile della propria attività e della propria contare sulla famiglia e sull’amicizia in culture vita, valutata più o meno soggettivamente. È mo- collettiviste come quella giapponese, che condulata anche dalla valutazione e dal giudizio, ver- cede approvazione in cambio dell’obbedienza al bale e non, di altri significativi per noi e, in senso gruppo sociale o parentale e dell’esecuzione di lato, della società e delle istituzioni. (Caffarelli e compiti assegnati, più che scelti in modo autonomo. Amoruso, 1999). È fondamentale, ad ogni modo, che il Sé ideale Sentirsi inadeguati, per quanto spiacevole, non è resti un costrutto funzionale, flessibile e verifi- di per se stesso patologico, anzi può fungere da cabile nell’esperienza. Se il Sé ideale diventa di- sprone a migliorarsi – quello che nel Karate disumano, irrealizzabile, persecutorio, l’Autostima venta la motivazione ad apprendere, a continuane risente fortemente, la motivazione e l’azione re la pratica, ad impegnarsi per progressi imperrisulteranno inibite. Rogers (1961) sostenne che cettibili ma quotidiani. Chi si stima poco spesso si chiude in sé stesso, si l’Autostima si trova alla base del cambiamento. Rosenberg (1965) realizzò un test per la valuta- sente rifiutato e respinto; in questo meccanismo zione del livello di Autostima (S-ES, Self-Esteem si può inserire una sorta di profezia autoavveranScale) tuttora impiegato in Psicologia Clinica e tesi. Oppure esibisce un falso atteggiamento di fiducia in se stesso, talora portato agli estremi nella ricerca. Il tono dell’umore e l’Autostima sono senza dub- della superbia, del culto narcisistico, dell’eccesbio correlati; persone con bassa Autostima sof- siva considerazione delle proprie capacità, per frono più facilmente di disturbi ansioso-depres- dimostrare di essere all’altezza della situazione. sivi con forte tendenza all’autocritica – disturbi Ogni persona ha un proprio e personalissimo di cui peraltro le donne soffrono in percentuale spazio di vita (Lewin, 1935, trad. it. 1968), organizmaggiore rispetto agli uomini, così come (Diener zato in una molteplicità di campi, con rilevanze 1995) le donne presentano un livello di Self-este- diverse e diversi gradi di investimento emotiem generalmente più basso rispetto ai maschi; vo e cognitivo (famiglia, lavoro, karate, amici, fattore imputabile forse alla tradizionale condi- hobbies). L’Autostima è influenzata anche dalla varietà dello spazio di vita: una limitatezza di zione femminile. Josephs, Markus e Tafarodi (1992) puntualizzano campi ed una scarsa differenziazione fra le priole diverse componenti su cui si fonda l’Autostima rità degli stessi comportano che un insuccesso in nei due generi. Per un uomo è più importante – e un ambito abbia pesanti ricadute sull’omeostasi fonte di Autostima – essere autonomo, indipen- (equilibrio) globale. dente, con incarichi importanti, in un certo sen- Autostima significa anche avere auto-consapewww.karatedomagazine.com

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volezza (bisogni, desideri, disagi) e sapersi monitorare (motivazione all’azione, ricerca di soluzioni efficaci), (Salvini et al., 1989). Una recente ricerca scientifica, condotta da Wood et al. e pubblicata su Psychological Science (2009, July 3), ha indagato il legame tra stato d’animo e livello di Autostima delle persone che seguono le indicazioni dei libri di auto-aiuto. Le frasi positive di auto-affermazione suggerite in questi libri, come “Sono una persona amabile” o “Avrò successo” sono programmate per aumentare la bassa Autostima di una persona, ma possono avere l’effetto opposto: queste autoconvinzioni forzate possono provocare pensieri contraddittori ed avvilenti, laddove il pensiero negativo su di sé venga negato e disconosciuto. Quali sono i punti nevralgici che minano l’Autostima di noi donne? Un marito noioso, i fallimenti scolastici dei figli, i dissapori con la suocera o con il capufficio e mille altre piccole sconfitte personali: le rughe, la cellulite, la ciccia in eccesso… Ma la simpaticissima Mafalda, creatura di Quino per fumetti ricchi di saggezza, ci viene in aiuto: “Mano a mano che passa il tempo noi donne aumentiamo di peso. Ciò avviene perchè nella nostra testa accumuliamo molte informazioni. Però, ovviamente, arriva un momento in cui tante informazioni non entrano più nella nostra testolina. Così questi dati accumulati cominciano a distribuirsi in tutto il corpo. E ora capisco tutto… Non ho chili in eccedenza!! Non sono grassa!! Sono cólta!! MOOOLTO cólta!!” Basta poco, basta riuscire a guardare le cose da un differente punto di vista, perché si accenda quella lampadina che fa accrescere il nostro livello di Autostima.

BLOCK, J., & ROBINS, RW. (1993). A LONGITUDINAL STUDY OF CONSISTENCY AND CHANGE IN SELF-ESTEEM FROM EARLY ADOLESCENCE TO EARLY ADULTHOOD. CHILD. DEV., 64, 909-23. CAFFARELLI, E., AMORUSO, G., (1999). SPECIALE NOI E L’AUTOSTIMA. IL DELFINO, I, 10-30. DIENER, E., DIENER, M., (1995). CROSS-CULTURAL CORRELATES OF LIFE SATISFACTION AND SELF-ESTEEM. J. OF PERS.SOC. PSY, 68, 4, 653-663. JOSEPHS, R.A., TAFARODI, R.W., MARKUS, H.R., (1992). GENDER AND SELF-ESTEEM. J. OF PERS.SOC. PSY, 63, 3, 391-402. LEWIN, K., (1935). TEORIA DINAMICA DELLA PERSONALITÀ. TRAD. IT.1968, GIUNTI BARBERA, FIRENZE. ROGERS, C. R., (1961, 2000). LA TERAPIA CENTRATA SUL CLIENTE. FIRENZE, PSYCHO. ROSENBERG, H., (1965). SOCIETY AND THE ADOLESCENT SELFIMAGE. PRINCETON UNIVERSITY PRESS, NY. SALVINI, A., CONTI, S., TURCHI, P., (1989). MONITORAGGIO DI SÉ E FORME DI AUTOCONSAPEVOLEZZA. BOLL. PSIC. APPL, 189, 37-48. WOOD ET AL. (2009). POSITIVE SELF-STATEMENTS: POWER FOR SOME, PERIL FOR OTHERS. PSY. SC.


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EDUCAZIONE ZEN

LE RUBRICHE DI KARATE DO EDUCAZIONE ZEN A CURA DI NELLO ZAVATTINI

Dottore in Lingue e Letterature Orientali e Religioni e Filosofia dell’Asia Orientale (Università Ca’ Foscari), studia karate alla Ren Bu Kan ed è praticante Zen. Studia al Mainichi Karatedo Kyokai.

TEMPORALITÀ ZEN Una concezione di base della temporalità secondo la dottrina Zen, può essere resa graficamente con due linee: una orizzontale rappresentativa del tempo ordinario e lineare qual è precisato nei termini di ieri, oggi, domani, e da una linea verticale che definisce il tempo assoluto, eterno, quale espressione della forza e pienezza di tutto il tempo. Quando la natura originale dell’essere è realizzata, si manifesta precisamente nel punto d’incontro di queste linee in quello spazio dove relativo e assoluto si uniscono senza ostruirsi. La comprensione di questa dimensione temporale implica la risoluzione delle dinamiche duali, soggetto-oggetto, che relegano l’essere nella sfera concettuale paradigma di una limitata visione della realtà. Anche nella Via del karate è importante capire la dualità e i limiti che pone al nostro agire confinandoci in un ristretto ambito individuale che attiva una costante barriera concettuale che ci isola dalla nostra natura più intima e intuitiva. Sulla pietra tombale del M° Funakoshi è inciso il principio: “Karate ni sente nashi”, “Il karate non è iniziare per primi”, a indicare la profondità della sua realizzazione che poggia su una piena libertà da se stessi, dal proprio ego, condizione imprescindibile per dare espressione a un’autentica libertà di spirito. Questa condizione permette di comprendere appieno l’altro e coniugare la nostra azione empaticamente con quanto ci si trova a fronteggiare nel modo più adeguato ed equilibrato. www.karatedomagazine.com


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EDUCAZIONE ZEN

Per muoversi appropriatamente entro questa dimensione da una prospettiva di studio della Via del karate alcune deduzioni, su cosa s’intende con il situarsi nel luogo in cui essere e tempo coincidono e non sono più due, possono svilupparsi dal fascicolo Genjō kōan (Kōan realizzato) di Dōgen, NON esso dice:

QUINDI, AGE UKE DIVENTA GYAKU TSUKI, LA LEGNA È LEGNA (“UN MONDO ALLA VOLTA” DIREBBE SAWAKI RŌSHI), È MOLTO IMPORTANTE CHE AGE UKE SIA SOLO CIÒ CHE È, DEVE ESSERE SOLO AGE UKE.

“La legna diventa cenere e non torna a essere legna. Ciononostante non si deve pensare che la cenere sia il dopo e la legna sia il prima. Bisogna conoscere che la legna, proprio in quanto legna, ha un prima e un dopo, però il prima e il dopo sono separati. La cenere, proprio in quanto cenere, ha un dopo e ha un prima. Come la legna, così anche l’uomo, dopo che è morto, non diventa di nuovo vivo.”[1]

Qui si afferma una “separazione” (legna-cenere, vita-morte, prima-dopo), proprio per sancire la a-dualità necessaria per realizzare la verità del “prima” e del “dopo”, irrealizzabile se l’uno aspetto intrudesse a contaminare l’altro. Prima e dopo, possono essere realmente compresi nel loro portato solo se possiamo essere totalmente “prima” e totalmente “dopo” senza concedere alcuno spazio all’idea del divenire, ma essere solo ciò che si è in questo momento. In questo modo, l’assenza di pensiero attinente al divenire, che stabilisce la separazione di legna e cenere, produce la condizione a-duale necessaria che permette la risoluzione della dualità stessa. Di fatto, la frase “La legna diventa cenere” è utilizzata per indicare una comprensione ordinaria di tempo e fenomeni, mentre la reale intenzione del contesto è stabilire che “la legna non diventa cenere”. Quindi, age uke non diventa gyaku tsuki, la legna è legna (“un mondo alla volta” direbbe Sawaki rōshi), è molto importante che age uke sia solo ciò che è, deve essere solo age uke. Così come nello zanshin non ci sono osservante e osservato, o meditante e oggetto di meditazione, fattori che statuirebbero la dualità con tutte le problematiche ad essa riconducibili, ma la scomparsa di ambedue questi aspetti senza produrre alcuna idea di unità. Resta solo l’essere prima che possa attivare alcuna idea di sé, stabile nella sua natura originale. Un esempio che ci permette di chiarire la qualità di una mente non contaminata dal pensiero ordinario posto dal divenire, si può rendere richiamando l’immagine di una qualsiasi delle nostre tecniche. DI FATTO, SE NON SI È Di fatto, se non si è completamente COMPLETAMENTE QUELLA quella tecnica, quindi a-duali rispetto TECNICA, QUINDI A-DUALI ad essa, non c’è verità nella medesiRISPETTO AD ESSA, NON C’È ma e risulta viziata, lesa nella sua essenza. Quindi, nell’esecuzione di un VERITÀ NELLA MEDESIMA E kata o in un confronto di kumite, lo RISULTA VIZIATA, LESA NELLA spazio e il tempo devono poter esseSUA ESSENZA. re emancipati, inverati da una energia assoluta che è il veicolo per dare senso a ogni tempo e spazio, e come indica il M° Kase, non contano tanto gli anni di pratica, pure importanti, ma come li si è spesi, la loro qualità… verità. Quindi, per Dōgen, i dharma, i fenomeni, costituiscono la totalità del tempo e dello spazio, essi sono sempre qui www.karatedomagazine.com

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ora (nikon) condensazione transitoria della totale attività (zenki) dei fenomeni prodotta dalla pienezza del tempo (kyōryaku). Egli chiarisce nel Genjō kōan: “Mentre il maestro Hotetsu del monte Mayoku stava usando un ventaglio, venne un monaco che gli chiese: ‘La natura del vento non cambia: non c’è un luogo dove non giunge. Perché allora tu usi il ventaglio?’ Il maestro disse: ‘Tu sai solo che il vento ha una natura che non cambia. Però non sai la ragione per cui non c’è un luogo ove non giunga.’ Disse il monaco: ‘Allora, qual è la ragione per cui non c’è un luogo ove il vento non giunga?’ Al che, il maestro semplicemente agitò il ventaglio. Il monaco si inchinò.” [2] Il monaco afferma la sua comprensione duale e ordinaria della realtà. Egli cita “la natura del vento” (o natura-di-buddha) come avente un’esistenza sua propria immutabile e immanente, quindi, per lui esistono gli esseri, in questo caso il maestro, e la natura del vento o natura-di-buddha. Afferma in questo modo il più evidente dei dualismi, una sorta di eresia buddhista, in quanto egli pone il maestro come soggetto che si attiva in funzione di qualcosa (oggetto). Il maestro gli dice, ok, hai capito che la natura della verità non cambia, tuttavia non ne cogli l’essenza originale che è il cambiamento stesso, l’impermanenza (mujō). Il monaco ipostatizza, reifica la natura del vento, le attribuisce delle qualificazioni, le ascrive un’identità, la circoscrive, la delimita, la colloca, di fatto la imprigiona e la nega nella sua verità. Il maestro gli dimostra che non è in grado di capire perché sia ovunque in quanto si sta trattando dell’”ovun que” stesso e non di qualcosa contenuto nell’ovunque. In sostanza, per il monaco esiste un luogo definito “ovunque”, ma dimostra di non capire l’ovunque in sé. Non capisce che solo il vento, in quanto vento, realizza il vento. Quindi, nessuna idea di vento, ma il vento stesso. Agitando semplicemente il ventaglio il maestro lo realizza, muove l’universo stesso. Egli afferma la sua totale unità con la natura delle cose, tranciando ogni dualismo per fondarsi nella natura stessa delle cose. Quindi, quello spazio-tempo definito, age uke realizza la verità di se stesso solo quando è se stesso, niente altro. Per chiarire, mai fino in fondo, cosa sia “se stesso”, i maestri della tradizione lo hanno usato e sperimentato migliaia di volte, e poi ancora migliaia di volte, e ancora migliaia di volte... perché non è facile comprendere l’inesauribile.

[1] DOGHEN EIHEI, DIVENIRE L’ESSERE-SHOBOGHENZO GENJOKOAN, [SIC!], A CURA DI COMUNITÀ VANGELO E ZEN, BOLOGNA, EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA, 1997, P. 23. [2] ALDO TOLLINI, PRATICA E ILLUMINAZIONE NELLO SHŌBŌGENZŌ, ROMA, ASTROLABIO-UBALDINI EDITORE, 2001, PP.180-181.


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LE RUBRICHE DI KARATE DO EDUCAZIONE ZEN A CURA DI GASSHO, M° MITSUTAKA KOSO Traduzione: M°Shuhei Matsuyama e Michele Gambolò

JŪGYŪZU INCONTRO CON IL MONACO BUDDHISTA M° MITSUTAKA KOSO. SALSOMAGGIORE (PR) 21 GENNAIO 2012 La lezione del M° Koso del gennaio 2012 è iniziata come di consueto con il saluto a tutti i presenti. Prima di ogni visita a voi qui in Italia, passo a trovare la Famiglia del M° Kase. Così faccio anche al mio ritorno a Parigi. L’incontro con le persone è sempre qualcosa d’incredibile. prima di conoscervi non avrei mai potuto immaginare l’incontro con tutti voi. Quando ci ritroviamo sento sempre una grande gratitudine. Sto imparando dal M° Kase [ripensando alla sua figura N.d.T.] dal M° Shirai e da voi tutti. Quindi, vi ringrazio per questo. Sento che siamo in una particolare sintonia che ci collega. È incredibile come si trova a un certo punto della vita un aiuto o un insegnamento da qualcuno che non si poteva nemmeno immaginare. Forse, il collegamento con costui esisteva già da prima… Com’è iniziato per voi il 2012? Dico sempre che quando non ci s’incontra per più di tre giorni, qualcosa è cambiato. Cosa c’è di nuovo per voi? www.karatedomagazine.com

In questo incontro voglio presentarvi Jūgyūzu in parallelo al racconto della “Tecnica Miracolosa del Gatto”. Jūgyūzu è utilizzato nello studio di approfondimento del cammino Zen. È la spiegazione di una serie d’immagini che rappresentano diversi momenti di una storia fra un ragazzo e un bue. Chiaramente si tratta di una rappresentazione simbolica dell’animo umano e la speranza, il sogno, il lavoro, il successo e l’onore. Per voi il bue potrebbe rappresentare il percorso della pratica del Karate-dō. Vorrei che ognuno di voi cercasse di capire in quale dei dieci disegni si trova oggi. C’è un modo di dire del Buddhismo jito futaiten che significa “l’impegno a mantenere un livello conquistato”. Provate a ricordare il racconto della “Tecnica Miracolosa del Gatto” scritto da Issai Chozanshi (v. incontro di gennaio 2010 a Castellanza VA) [pubblicato in Karate do n.17, N.d.R.]. Dopo avere letto questo racconto seguite la spiegazione delle dieci immagini del Jūgyūzu.


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1) Jingyu = alla ricerca del bue. Il ragazzo (il devoto) decide di trovare il bue (l’illuminazione) e lo cerca in territorio deserto. Si tratta della ricerca del destino, di qualcosa di veramente sconosciuto e mai visto prima d’ora. Oppure, potrebbe trattarsi di qualcosa già incontrato: come per un bambino tanti oggetti visti la prima volta suscitano curiosità e interesse, poi quando li si rincontra in età adulta quasi non ci si accorge più di loro. Paragonandolo al Karate-dō si può pensare alla prima lezione, quando non si conosce ancora nulla e si seguono solo le prime indicazioni del Maestro. Quel giorno non si conosce il significato delle tecniche, nè del saluto, ma la cosa importante è l’incontro con il Maestro giusto. 2) Kenseki = la scoperta (vista) delle impronte del bue. Il ragazzo vede qualcosa: sono le impronte del bue. L’animale ancora non si mostra, ma egli può intuire in quale direwww.karatedomagazine.com

zione cercarlo. Nella pratica del Karate-dō succede che dopo poco si sente che qualche tecnica è andata bene, così, aumenta la fiducia ad andare avanti, anche se ancora non c’è un’idea chiara del Karate-dō. 3) Kengyu = s’intravede il bue in parte, solo da dietro. Il ragazzo ha una prima visione del bue, riesce a scorgerlo mentre fugge e ne vede solo il posteriore. A un certo punto della pratica si cominciano ad avere delle soddisfazioni dalla tecnica e aumenta il desiderio di andare avanti. 4) Tokugyu = la cattura del bue. Il ragazzo riesce a inseguire e a catturare l’animale. Il bue gli resiste e si divincola con forza. L’esito della lotta è ancora incerto. Non si vede la faccia del bue. Il primo obiettivo importante è a portata di mano, si è già


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capito come indirizzare la propria forza e la tecnica riesce efficace. S’intuisce allo stesso tempo che non c’è la totale certezza della padronanza della tecnica e di conseguenza c’è la consapevolezza di dovere andare avanti nello studio e nella pratica. Come per il ragazzo, c’è il confronto con la forza del bue e il confronto con la propria volontà. È il momento critico dove si combatte contro i propri dubbi e le proprie paure, dove incombe la rinuncia. 5) Bokugyu = il bue è domato. Finalmente, il ragazzo ha la meglio sul bue. Nel disegno è importante osservare come la corda con cui lo conduce non è tesa, a significare che l’animale ha accettato la sottomissione. Il muso dell’animale ora è visibile chiaramente. Per la pratica del Karate-dō significa che si è raggiunto un buon livello di maturazione, si comprende l’essenza dei kata. Al contempo questo è un momento problematico. Il M° Mabuni diceva che praticare solo la tecnica toglie l’armonia. Subentra il rischio di essere superbi e vanitosi, mancando il rispetto verso gli altri. 6) Kigyu kika = il ritorno a casa sopra al bue. Dal disegno si vede che il ragazzo monta il dorso dell’animale e insieme (ittai) camminano verso casa. Osservate come il ragazzo si disinteressa delle redini e suona il flauto facendosi portare dal bue, che a sua volta ha lo sguardo rivolto verso l’alto. Il movimento, nella pratica del Karate-dō, si svolge spontaneo e segue il proprio pensiero. L’azione si sviluppa nella piena soddisfazione, come per il ragazzo in sella al bue che si gode la brezza sul viso. Tutto funziona senza che intervengano fattori esterni d’aiuto. Sembra che questo sia il punto d’arrivo. Il problema nasce da questo momento. Per esempio, la FIKTA ha fatto suo il principio del nijukun “Il Karate-dō si pratica tutta la vita”, perché non c’è un obiettivo della singola persona. Se così fosse finirebbe il Karate-dō. Così come il vecchio gatto Maestro che riuscì a catturare il ratto gigante in casa di Katsuken, il quale raccontò di quel gatto che dormiva tutto il giorno e intorno a lui non si trovavano topi, diceva che, pur avendo egli sviluppato una tecnica elevata, c’era chi era ancora più avanti di lui. 7) Bogyusonjin = dimenticare il bue. Nel disegno il bue non si vede più, il ragazzo è sulla soglia di casa che prega e contempla il paesaggio. L’animale è nei dintorni, il ragazzo è tranquillo: forse la figura del bue vive dentro di lui e così non c’è bisogno che appaia. Oppure, si può pensare che l’obiettivo della vita del ragazzo non fosse

veramente la ricerca del bue e, ora che questo non si vede più, lui sia comunque in pace. Durante la vita può succedere qualcosa di grave. Un incidente o un’operazione chirurgica fanno meditare e sentire l’importanza della salute e il valore della vita stessa. Si dice che chi è dimesso dall’ospedale senta il profumo del vento. Le negatività della vita possono fare crescere l’amore e il sentimento verso la vita stessa. Nel Buddhismo questo è il momento dove esce qualcosa della vita precedente che si porta dentro in forma di reincarnazione. È il momento in cui si sente il bisogno della preghiera per il ringraziamento verso l’esistenza. Per esempio, il M° Mabuni diceva che eseguendo un kata si combatte contro il proprio ego e, allo stesso tempo, si esprime la gratitudine per ciò che ci fa vivere. 8) Ningyugubo = non c’è l’uomo, non c’è il bue. Il disegno è vuoto, c’è solo una cornice tonda che dà la sensazione di essere circondata dalla luminosità. L’impressione è che questo senso di vuoto e pieno allo stesso tempo rappresenti la fine di qualcosa. Potrebbe essere che il ragazzo abbia perso il suo obiettivo, oppure, che abbia raggiunto lo scopo. È un momento d’incertezza tra la fine e la percezione della luce di qualcos’altro. Quando si raggiunge l’apice dell’allenamento, potrebbe subentrare la sensazione che si è al proprio massimo. In quel momento esiste la possibilità di sentire che si può ancora migliorare. 9) Hembongengen = ritorno all’origine. Nel disegno c’è solo un’immagine di natura con la rappresentazione delle acque di una fonte, intesa come origine e l’immagine non è più quella di prima, non c’è l’uomo e non c’è il bue: il modo di vedere le cose è superato dalla valutazione della necessità di ricercare il bue. È una sorta di rinascita. Per il Karate-dō è uno stato d’animo dove non ha più importanza se si è forte o non lo si è, se c’è l’avversario o non c’è l’avversario.

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10) Nyutensuishu = ritorno nel mondo quotidiano per dare una mano. Si vede un uomo con la pancia. Sembra strano, ma incontrandolo egli dà una sensazione di diffondere felicità, di non avere problemi. L’incontro con lui trasmette qualcosa che fa stare bene. Il punto d’arrivo potrebbe essere proprio la trasmissione della felicità verso gli altri. Nella figura l’uomo a destra potrebbe essere il ragazzo, oppure potrebbe essere diventato l’uomo con la pancia…! Questo uomo senza alcun attaccamento a se stesso si rivolge all’altro con un’armonia particolare. Il Karate-dō in apparenza è difesa personale, tramite la sua pratica si può invece dare la vita alle persone, la felicità. [Il M° Matsuyama vuole aggiungere come nota personale che, probabilmente, il M° Koso qui si sta riferendo alla figura del M° Kase, a come egli alla fine della sua vita facesse tra-

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sparire una sensazione di pace e di felicità, quasi a sancire il raggiungimento della consapevolezza di volere dare tutto se stesso alle persone intorno a lui. La vera applicazione di jinkaku kansei ni tsutomuru koto è proprio questo. N.d.T.] In realtà, nella vita potrebbe accadere di passare da una figura all’altra, a volte andando anche all’indietro. Bisogna cercare di non cadere completamente e di non perdere il livello raggiunto. Voi in quale momento di questi disegni vi riconoscete? Vi lascio con questa riflessione. Grazie come sempre per la vostra attenzione.

Gassho, M° Mitsutaka Koso. Trad. M° Shuhei Matsuyama e Michele Gambolò

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RIFLESSIONI

LE RUBRICHE DI KARATE DO RIFLESSIONI A CURA DI SERGIO ROEDNER

Laureato in Filosofia e Lettere Classiche, insegnante di Letteratura italiana, Psicologia e Teoria della Conoscenza presso la Scuola Britannica di Milano.

33 ANNI DOPO

RIFLESSIONI PERSONALI SUL PROTOCOLLO FIJLKAM-FIKTA Scorrendo le righe del comunicato ufficiale pubblicato sul sito della Fijlkam, appare evidente che quella tra le due organizzazioni non è una fusione: me l’aveva già assicurato il vicepresidente Perlati e d’altra parte, per sciogliere un’associazione, è necessario il voto dell’assemblea dei soci, proprio come avvenne a Milano nel lontano 1978 in occasione della confluenza della Fesika nella neonata Fikda. Tuttavia, per molti validi motivi, mi sembra riduttivo considerare questo accordo come una semplice “convenzione”, dello stesso peso di quella firmata a Ferrara nel 2005 tra Fikta e Fiam (alla quale, per quanto io possa ricordare, non ha mai fatto seguito alcuna iniziativa concreta): 1) Anzitutto perché la Fijlkam non è un’organizzazione qualunque, ma la federazione ufficiale del karate sportivo, riconosciuta dal CONI e membro della WKF. 2) In secondo luogo, perché l’accordo tra i presidenti Pellicone e Achilli è la replica, a 33 anni di distanza, di quell’intesa del 1979 che portò a dieci anni di convivenza e fu seguita da una rottura durata 22 anni. Difficile pensare che sia stato stipulato a cuor leggero e che una delle due parti voglia esporsi ai rischi del ridicolo dopo un nuovo fallimento. 3) La ragione principale per pensare che questa intesa non sia “solo” una convenzione, ma il preludio a un’intesa più stretta si trova nella formulazione stessa del comunicato. Si va molto oltre la collaborazione a iniziative come il “simposio” sul karate o le manifestazioni di bambini, alle quali mi aveva accennato telefonicamente il M° Perlati: si parla esplicitamente di “un comune programma tecnico, agonistico e culturale”, di cooperare per “corsi ed esami di graduazione e formazione di tecnici e ufficiali di gara”. Soprattutto, ed è per me la novità

più sorprendente, si parla di “consentire la doppia affiliazione delle Società sportive”. In altre parole, le società della Fikta, che attualmente all’atto del rinnovo dell’affiliazione devono impegnarsi per iscritto a non svolgere attività organizzate dalla Jka Italia, potranno aprirsi al karate sportivo. Maestri e praticanti, ai quali è fatto divieto di allenarsi col M° Naito, potranno, se lo vorranno, allenarsi col prof. Aschieri. Sorprendente! 4) Mi hanno infine fatto riflettere i recenti, peraltro meritatissimi, passaggi di dan ai vertici della Fikta. Qualcosa di simile avvenne nel 1978, alla vigilia dell’unificazione, per dare un riconoscimento ai nostri migliori atleti e maestri prima che le regole del gioco fossero cambiate: ma la mia è solo una congettura e potrebbe trattarsi di una semplice coincidenza. Quali potrebbero essere, al di là della dichiarata convinzione comune “che il Karate, in quanto sport, costituisce un fenomeno culturale ed educativo ed è, quindi, un elemento essenziale nella formazione fisica e morale della gioventù” (una convinzione che sicuramente non è una scoperta recente, ma che fino ad ora non aveva prodotto alcun effetto a livello pratico), quali potrebbero essere, ripeto, le ragioni che hanno portato le due rivali storiche a un riavvicinamento? Il karate italiano ha conosciuto il suo momento di maggior compattezza nel decennio del matrimonio, più o meno felice, tra Fik e Fesika, e viceversa la sua fase di maggior dispersione dopo il fallimento dell’unificazione e il mancato riconoscimento da

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parte del CIO come disciplina olimpica: riconoscimento andato invece ai “cugini” del taekwondo. Soprattutto negli ultimi tempi le due maggiori organizzazioni hanno conosciuto diaspore ed emorragie più o meno consistenti di maestri ed iscritti. Se pezzi rilevanti del karate sportivo sono confluiti nella Fesika, nella Fiam e nella nuova Fik, sul nostro fronte abbiamo assistito all’uscita della Jka Italia. Nulla di strano perciò che Fijlkam e Fikta, tramite il riconoscimento reciproco, vogliano riaffermare di costituire complessivamente la “confederazione” più significativa del karate italiano a livello sia numerico che qualitativo. È una mossa che obiettivamente relega a un ruolo marginale le altre organizzazioni che si sono costituite nel tempo. Per la Fijlkam è motivo di prestigio collaborare con il M° Shirai, l’esponente più prestigioso del karate “tradizionale”; la Fikta (riecheggiando nuovamente il mio colloquio con Perlati) avrà più agevole accesso alle strutture sportive e forse un nuovo sbocco agonistico per quanti al proprio interno hanno particolare predilezione per le gare. Si può anche pensare che il Maestro, in vista di un suo futuro disimpegno dall’attività, voglia affidare la sua creatura a un’entità legalmente riconosciuta per garantirne la sopravvivenza. È arduo prevedere invece quali potranno essere le ricadute per i semplici praticanti che non hanno particolare feeling per il karate sportivo. Torneranno gli stage tecnici obbligatori con Aschieri? Verranno modificati programmi e commissioni d’esami? Ci saranno gare comuni? Ci ritroveremo fra un anno o due come “settore tradizionale” di una nuova organizzazione? A queste domande solo il tempo potrà dare una risposta, una volta che l’accordo sarà stato ratificato (e su questo esistono pochi dubbi) dalle rispettive assemblee.


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LE RUBRICHE DI KARATE DO RIFLESSIONI A CURA DEL MAESTRO BEPPE PERLATI

Caro Sergio, per quanto riguarda le tue “riflessioni personali sul protocollo Fijlkam-Fikta”, le contraddizioni sono evidenti. Abbiamo inviato una circolare a tutte le Società, con allegato il protocollo, alcuni giorni dopo la firma del documento, perché non conosciamo mezzi più rapidi per informare i nostri associati: anche in questo caso sono graditi suggerimenti. Affermi che “non è una fusione” per poi dire che è la replica dell’intesa del 1979, quando sai bene che allora ci fu una fusione. Sai anche che un protocollo deve avere dei contenuti programmatici, ma se è chiara la c ompleta autonomia delle due parti, com’è stato con la Fiam, non vedo quali problemi potrebbero sorgere. Non ci sarà nessun obbligo, da entrambe le parti, anche perché il protocollo si riferisce esclusivamente all’affiliazione delle Società Fikta, del tutto gratuita, e non al tesseramento degli atleti e dei tecnici. Ho già avuto modo di dire allo stage di kata bunkai, così come ho dichiarato al Presidente della Fijlkam, che non scioglieremo mai la Fikta e che non siamo disponibili a compromessi (lo sostengo da sempre: non faremo un “rosè” mettendo insieme il vino rosso col vino bianco!). Le due componenti, autonome, potranno trovare dei punti d’incontro e

I VANTAGGI PER LE SOCIETÀ FIKTA avvicinarsi, così come potranno allontanarsi per attività non condivise. Caro Sergio comunica ai tuoi amici, geni della politica, che non ci sono soluzioni facili, che la vita è fatta di scelte e che, come ha detto il buon Don Primo Mazzolari, “a cosa serve avere le mani pulite se le tieni sempre in tasca”. Ti assicuro che gli anni non sono trascorsi inutilmente e che non siamo degli sprovveduti. Un po’ di umiltà e di rispetto per chi ha a cuore la Fikta e il karate italiano, farebbero vedere le cose in modo più sereno e si capirebbero i vantaggi che le Società Fikta avranno in futuro con la firma del protocollo. Anche tutte le considerazioni sulla democrazia sono affermazioni generiche e senza fondamento: 1) Si tratta di un protocollo che può benissimo essere sottoscritto dal Consiglio di Presidenza sentito il parere dei Consiglieri Federali. Se si fosse trattato di uno scioglimento o di altro, sarebbe stata necessaria un’assemblea straordinaria: in questo caso il protocollo verrà sottoposto all’approvazione dell’assemblea ordinaria di agosto, (non mi risulta che tu abbia partecipato a tante assemblee). 2) Nella circolare è ben specificato che non esiste alcun obbligo di adesione e ciascuna ASD potrà decidere liberamente anche se, a mio parere, chi non aderirà perderà un treno favorevole perché è la prima volta che su un documento ufficiale, la Fikta risulta essere la Federazione Italiana che disciplina il karate tradizionale.

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Sarebbe stato meglio che invece della Fikta fosse stata qualche altra Organizzazione, oppure che all’interno della Fijlkam avessero istituito un settore tradizionale? La Fijlkam ha già diramato a tutti i CONI regionali e provinciali il protocollo a tutto vantaggio per le ASD che aderiranno. Comunque, a quelli che affermano di avere grande stima del M° Shirai devo dire che sarebbe dovuto bastare loro la foto del Maestro con il Dott. Pellicone: per me sarebbe stata una garanzia, anche se non avessi saputo nulla dell’incontro. Per quanto riguarda il rapporto con la JKA Italia la frase che hai riportato non è completa (…fino a che non sarà, eventualmente, siglato un protocollo di collaborazione tra la Fikta e la JKA Italia): stiamo aspettando che si verifichi la seconda parte. Sorvolo sull’attribuzione dei Dan, perché significa che non conosci la procedura. Proponi agli amici che ti leggono di dare un’occhiata su KARATE DO a quello che ha scritto il M° Shirai nel suo “manuale” e all’intervista del M° Baleotti: può darsi che vi trovino degli spunti positivi per se stessi. Accidenti! Ho sempre saputo che vale più una goccia di pratica che un mare di teoria e sono qui seduto a scrivere. Comunque, questa è l’ultima volta che perdo tempo a rispondere a considerazioni e opinioni espresse su siti non ufficiali. Se ci sono domande, suggerimenti o altro, credo che sia più corretto, educato e opportuno presentarli sui siti della Fikta o alla mia rubrica in KARATE DO e solo a quelli risponderò, tenendo presente che la Fikta parla ufficialmente solo attraverso le circolari ed i comunicati federali. Adesso ti saluto e vado in palestra (non è come un dojo di Okinawa, ma nella mia mente e nel mio cuore è un “dojo” così come lo è la Fikta).


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LE SCHEDE DI KARATE DO

LE SCHEDE DI KARATE DO KARATE PER TUTTI

Semplici consigli e esercizi da eseguire ovunque si voglia per ottenere benessere, elasticità, e vitalità nel corpo. A CURA DI THOMAS ROSSETTO Dottore in Scienze Motorie, insegnante di KarateDo - thomas.rossetto@alice.it

LA PERCEZIONE DI SÉ IN EQUILIBRIO

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Dopo aver trattato nel precedente numero la colonna vertebrale e la sua peculiare struttura verticale, emerge ora la necessità di soffermarci un po’ di più su un tema ad essa collegato: l’equilibrio, come percepirsi in equilibrio e come migliorare questo aspetto così fondamentale per la pratica marziale. Tratteremo questo aspetto nei suoi punti essenziali che, come vedremo, meriterebbero ciascuno un articolo a sé. L’equilibrio dal punto di vista motorio fa parte dell’insieme delle “capacità coordinative specifiche”. Culturalmente lo stare in equilibrio viene ricondotto ad un’esperienza puramente corporea. Chiunque pratichi una disciplina orientale può osservare che la visione dualistica (mente≠corpo) dell’essere umano è irreale e contradditoria con gli insegnamenti trasmessi dai Maestri e pure con la propria esperienza personale come praticante. Inoltre, proprio in questi ultimi anni sono numerose le scoperte scientifiche, dalla neurofisiologia (es. i neuroni a specchio), alla fisica teorica quantistica (l’osservatore, “la coscienza”, come parte integrante e influente di un esperimento), alla psicologia somatica (identità funzionale fra mente e corpo), che confermano gli antichi insegnamenti. Ciò che avviene nella mente si riflette sul corpo e agendo nella nostra sfera corporea, vi è un riflesso anche “cognitivo”, cioè una modificazione della nostra visione del mondo. Quindi, superando l’idea che esista un equilibrio corporeo ed un equilibrio mentale, possiamo parlare di persona in equilibrio. È esperienza comune che quando siamo in equilibrio, magari in appoggio su una gamba sola, aspetti interni quali la distrazione, il fantasticare, l’osservare con attenzione qualcuno o qualcosa, oppure l’arrivo di un’emozione (provare a piangere o ridere in equilibrio su una gamba è una bella impresa!), impediscono di mantenerci in tale equilibrio. Lo stato d’animo stesso può, in ultima, influire positivamente/negativamente con la nostra capacità d’equilibrio. Viceversa può essere interessante vedere se è possibile compiere il percorso a ritroso: un buon equilibrio statico, messo alla prova da vari livelli di difficoltà, può influire sulla nostra attenzione, concentrazione, calma e rilassamento? Può un corpo in equilibrio modificare lo stato d’animo? Le discipline orientali compiono questo percorso. La semplice sequenza presentata, rivolta a qualsiasi persona, di qualunque livello sia esso principiante o avanzato, inizia da facile a difficile per poi tornare facile, con abilità accresciuta. Meglio farla scalzi.


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Tre sono le indicazioni di base per la pratica dell’equilibrio. Sono molto semplici e ciascuna può essere stimolata e sottolineata nella sua importanza tramite semplici test e giochi vari: 1. Il silenzio: prova a conversare con qualcuno. Poi ripeti dopo qualche secondo, cercando il silenzio. (Io ho provato parlando al cellulare…). 2. Guarda un punto fisso: fissare qualcuno o qualcosa in movimento rende più difficile avere dei riferimenti… e non rispondere e non girarti se qualcuno ti chiama, magari con il tuo nome! 3. Cerca di tenere basso il tuo baricentro. Prova a farti dare delle leggere spintarelle, prima a gamba distesa, poi con il ginocchio leggermente flesso. Respira in modo naturale, cioè profondo e leggero. Ora prendiamo come strumento di lavoro il caricamento del calcio mawashigeri.

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PROVIAMO AD EFFETTUARE IL CARICAMENTO IN QUADRUPEDIA, ALTERNANDO PRIMA UNA GAMBA E POI L’ALTRA. COSCIA E GAMBA PARALLELA AL TERRENO. GINOCCHIO VICINO ALLA SPALLA.

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IN PIEDI CON UN SUPPORTO ESTERNO. (ES. BASTONE)

IN PIEDI IN POSIZIONE SOPRAELEVATA. GLI OCCHI VENGONO LEGGERMENTE INGANNATI DALLA POSIZIONE SOPRAELEVATA E I RIFERIMENTI SPAZIALI CAMBIANO. INOLTRE, EMERGONO LE COMPONENTI EMOTIVE, COME LA PAURA DI CADERE O LA SODDISFAZIONE DI FARCELA, UTILISSIME ALLA DISTRAZIONE E... ALLA CONSEGUENTE PERDITA DI EQUILIBRIO!

IN PIEDI SENZA SUPPORTO.

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IN PENDENZA.

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IN PIEDI SU UN MATERASSINO. IL MATERASSINO, ESSENDO MORBIDO E CEDEVOLE OFFRE UNA RISPOSTA RITARDATA E POCO POTENTE ALLA CAVIGLIA CHE COSÌ DEVE LAVORARE MAGGIORMENTE CON INTERVENTI PIÙ FREQUENTI E FATICOSI.

Aspetti motivazionali: a volte è necessario creare delle motivazioni che spingano gli allievi oppure noi stessi verso il superamento dei propri limiti. Un esempio può essere una piccola competizione: vietato saltellare o barcollare, chi appoggia il piede a terra si siede, vince l’ultimo ecc., oppure provare a contare lentamente, ponendosi di arrivare a 20-30 secondi all’inizio, per poi cercare di superarsi. Anche il fatto di creare delle postazioni ordinate secondo livelli crescenti di difficoltà può aiutare molto. Trascorsi 15/20 min. con questi semplici esercizi in equilibrio, alternando le gambe e i vari livelli di difficoltà, appoggia di nuovo (finalmente!) entrambi i piedi a terra. Osserva il respiro. È agitato o calmo e profondo? I pensieri scorrono veloci o con calma? Ho un buon appoggio dei piedi a terra? Il corpo è rilassato e naturalmente pesante verso il basso? Buona pratica, oss!


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LA POSTA DI KARATE DO

LA POSTA DI KARATE DO

A CURA DEL MAESTRO BEPPE PERLATI «Oriente ed occidente sono molto lontani, ma possono essere anche molto vicini. Certi concetti orientali, se sono accettati senza spirito critico, rimangono in superficie. Perché siano interiorizzati occorre che vengano appresi, elaborati e “digeriti” dalla nostra mentalità, tradizione

Caro Maestro Perlati, Non è la prima volta che ho l’onore di essere chiamato in causa (e citato con nome e cognome) da Lei. Questa volta si tratta della sua replica al mio articolo Nostalgia di Fesika (Karate Do n.23). Prima di tutto mi spiace di averla innervosita, ma al tempo stesso mi chiedo perché pensi che valga la pena di replicare se, come si legge tra le righe, giudica le riflessioni espresse dagli intervistati a livello di “chiacchiere da bar sport”. Immagino e spero che ci sia un comitato di redazione che valuti se un articolo meriti o meno la pubblicazione su Karate Do e so per certo che alcuni collaboratori della rivista non sono iscritti alla Fikta: do quindi per scontato che il suo intervento sia quello di un lettore esperto e non la “voce ufficiale” della federazione. Fatta questa premessa e prima di entrare nel merito del suo articolo, vorrei ricordare, non certo a lei, che mi occupo di editoria marziale, gratuitamente e per passione, dai primi anni 80: sono stato direttore editoriale di Yoi (ottenendo all’epoca il riconoscimento ufficiale della EAKF) e successivamente redattore e co-fondatore di Karate Oggi, oltre che collaboratore di Karate Do e di Samurai. Credo di poter affermare, senza paura di essere smentito, che in questi trent’anni non ho mai deflettuto di una virgola dalla mia posizione “ideologica”: la difesa intransigente dei valori del “nostro” karate, anche nel decennio travagliato della cosiddetta “unificazione” con la Fik. Altrettanto intransigente sono però sempre stato nel rifiuto di un giornalismo “ufficiale”, “inamidato”, “federale”, secondo il quale tutte le gare sono splendidamente organizzate e a tutte le decisioni ufficiali si risponde solo con un “Oss”. Per me un conto è il dojo, un altro conto la federazione, un altro conto ancora un giornale. Quando ho pensato che una notizia fosse interessante, l’ho pubblicata, senza chiedermi se fosse “scomoda”. Il M° Naito esce dalla Fikta? Perché far finta di niente? Tanti atleti vivono il doloroso dilemma di dover scegliere fra due insegnanti ai quali sono affezionati: è un argomento tabù? Un centinaio di praticanti ed ex-praticanti parlano tra loro della vecchia Fesika, discutendone pregi e difetti e sognando di ritrovarsi: qual è il problema? Il limite maggiore del suo articolo, secondo me, è quello di giudicare un po’ sommariamente coloro che non hanno condiviso le scelte (politiche,

e cultura: solo in questo modo potranno andare in profondità e diventeranno parte dalla nostra personalità. Dopo oltre 40 anni di pratica, è opportuno verificare se siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Questa rubrica ha lo scopo ambizioso di realizzare un collegamento diretto con i praticanti di karate, creando un’occasione di dialogo, di confronto e di verifica delle interpretazioni dei principi del karate-do e del budo, tenendo sempre presente che vale di più una goccia di pratica di un oceano di teoria».

non tecniche) del gruppo di cui lei ed io facciamo tuttora parte. Davvero tanti maestri “hanno perduto l’entusiasmo” per colpa propria e non per scelte federali subìte e non condivise? È davvero sufficiente rammentare loro che “La Fikta è qui! Il M° Shirai è qui, nella Fikta!” come fa lei, per convertirli sulla via di Damasco? Io certo apprezzo la sua fiducia incondizionata nel Maestro, ma vorrei ricordarle che la parola d’ordine, nel 1979, era “entriamo nel CONI”. C’è da stupirsi che qualcuno dei “vecchi” (come Montanari, Demichelis, Tammaccaro) non ne fosse così entusiasta? E c’è da stupirsi che al contrordine del 1889 “Rifacciamo la nostra federazione” qualcun altro sia rimasto di là? Cosa accadrebbe oggi se ci fosse un nuovo dietro-front? Non credo che le nostre “perdite” siano dovute a mancanza di stima verso il M° Shirai o alla priorità data “all’aspetto fisicoatletico”; molti praticanti e maestri non trovano agevole scegliere tra la coerenza alle proprie convinzioni e l’obbedienza a direttive che non riescono a comprendere e condividere. Oggi certamente, come dice Lei, sotto tanti aspetti, “pratichiamo un karate che è avanti anni luce rispetto a quello di 30 anni fa”, ma a questa crescita tecnica e spirituale non sempre corrisponde la capacità di richiamare ed entusiasmare nuovi praticanti, come accadeva invece negli anni della Fesika. È vero, il sole volge al tramonto per la nostra generazione, ma è un po’ supponente immaginare che i “nani” si trovino tutti dall’altra parte! Sergio Roedner Caro Sergio, dopo aver ricevuto la tua lettera ti ho cercato per parlarti ritenendo che si trattasse di considerazioni personali inviate direttamente al sottoscritto. Come sai ci siamo sentiti il 6 c.m., proprio mentre ero all’aeroporto di Roma, ed ero convinto che ci fossimo chiariti. Ci sono rimasto molto male quando, qualche giorno dopo, mi è stato comunicato che la tua lettera era pubblicata su un sito a me del tutto sconosciuto. È proprio questo che non mi piace: l’uso scorretto di un mezzo straordinario come internet. La pubblicazione di notizie che, se non vengono smentite, diventano verità anche se gli interessati non sanno dove e quando sono state pubblicate.

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Ho già avuto modo di dirti che io sono per un giornalismo completamente libero di esprimersi, ma che prima di tutto occorre conoscere nel dettaglio i fatti dopo di che qualsiasi critica costruttiva, utile a migliorare, è ben accetta. Per gli associati alla FIKTA non solo è un diritto criticare, ma lo ritengo un dovere, perché solo in questo modo si può fare meglio. Ogni volta che mi hai interpellato sono stato completamente disponibile, ma non sono disposto a relazionarmi con chi, senza conoscere i fatti, parla di ipocrisia, di vergogna o ci invita ad andare dallo psichiatra (non mi riferisco a te, ma a quelli che tu indirettamente supporti). A questo punto devo rispondere pubblicamente alla tua lettera. 1) “Replico” e sono costretto a rispondere anche alle “chiacchiere da bar sport”, perché me lo chiedono dei membri della FIKTA e lo faccio direttamente, mettendoci la faccia, inoltre ritengo dannosa per l’immagine della Federazione la diffusione di notizie approssimative, soprattutto per i giovani praticanti. 2) Sul giornalismo “ufficiale”, “inanimato”, “federale” ti ho già risposto. Per esempio, come tu sai, hai spesso criticato il kumite shiai della FIKTA senza conoscerlo e, quando sei stato autorizzato a filmare il Campionato Assoluto, ti sei ricreduto, complimentandoti con il M° Shirai e con me. Forse se ti fossi informato prima avresti evitato commenti inopportuni. 3) Il rapporto FIKTA – JKA Italia non è mai stato un “tabù” dato che, per almeno 2 anni, abbiamo mandato circolari federali sull’argomento ed io personalmente ne ho parlato con tutti quelli che mi hanno interpellato, anche con te. 4) Non è un problema se si parla della vecchia FESIKA (Federazione Sportiva Italiana Karate) che, tra l’altro, io conosco bene, così come conosco bene tutta la sua storia, ma non apprezzo chi ha nostalgia per il passato e, soprattutto, quando si fanno affermazioni del tipo “capacità di richiamare ed entusiasmare nuovi praticanti, come accadeva negli anni della FESIKA!”. Meglio sarebbe indicare “come” richiamare ed entusiasmare anziché fare affermazioni


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generiche. Per inciso ti comunico che ho ricevuto i complimenti di Luigi Zoja per il protocollo con la FIJLKAM e mi ha ringraziato, a nome di suo padre Giacomo, perché siamo riusciti a realizzare il suo sogno: penso che il Dott. Giacomo Zoja ne sapesse qualcosa della FESIKA. 5) Non “giudico” mai nessuno, ma esprimo pareri “sommari”, senza “stupirmi” per chi ha delle opinioni e fa delle scelte avendo una conoscenza “sommaria” dei fatti (posso esprimere anch’io delle opinioni?). 6) Confermo che una buona parte di praticanti non segue il Maestro oltre l’aspetto “fisicoatletico”. La “stima” è legata alla “fiducia” che non significa affatto “obbedienza”. Per “comprendere” occorre “informarsi” e per informarsi bisogna “chiedere”. Questo tipo di praticanti è lo stesso che afferma che il maestro va rispettato in palestra, ma che fuori è una persona come le altre, mentre dovrebbe sapere che in palestra il maestro dev’essere sfidato e al di fuori dev’essere onorato. 7) Non ho mai pensato che i “nani” si trovino tutti da una parte. Ognuno di noi può essere un “nano” dipende dal suo atteggiamento. Comunque, chi non si sente nano può leggere la frase al contrario: “attenzione, quando l’ombra dei nani si allunga significa che il sole sta volgendo al tramonto”. Colgo l’occasione per chiarire alcuni concetti: 1) È improprio parlare di karate tradizionale e di karate sportivo. Tutti pratichiamo karate sportivo, ma può essere finalizzato ai principi della tradizione oppure più indirizzato alla prestazione ginnico-atletica nelle competizioni: in questo caso è più corretto il termine “karate moderno”. (Vedi M° Nishiyama, “Due sport, uno tradizionale uno moderno”). È ovvio che, se non basta il battesimo per essere dei buoni cattolici, non basta la tessera FIKTA per essere un buon praticante di karate tradizionale. 2) Partecipare agli stage è inutile ed illusorio se non è legato al proprio Maestro. Lo so anch’io che ognuno è maestro di se stesso, ma per sapere se uno è pronto a fare a meno di un maestro lo può verificare dallo

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sviluppo tecnico e mentale dei propri allievi e, soprattutto, dal comportamento personale: se non rispetta gli altri non è pronto. A questo proposito, per favore, informa i tuoi amici del web che la partecipazione agli stage è consentita solo ai tesserati, perché così è stabilito dalle nome fiscali, in caso contrario è attività commerciale, e che non si tratta di una chiusura settaria. La FIKTA ha sempre lasciato ampia libertà chiedendo solamente di essere informata per evitare contrasti tra i membri della FIKTA stessa. Credo che nessun maestro sarebbe contento di sapere che un suo

allievo ha partecipato ad una gara o ad uno stage senza parlargliene, almeno per educazione. Anche per quanto riguarda la presenza di spettatori agli stage, informali che esistono delle leggi sulla sicurezza che impongono specifiche modalità se sono previsti spettatori e che non si tratta di tenere segreti gli allenamenti, ma di evitare procedure impegnative nell’organizzazione degli stage stessi: prima di parlare sarebbe opportuno conoscerle. Beppe Perlati

Caro Beppe, è con piacere che ho saputo dell’accordo fra la Fikta e la federazione di karate del Coni. Vorrei che estendessi le mie congratulazioni al presidente Achilli e a tutti voi dirigenti della Fikta che avete lavorato per concluderlo. È chiaro che la strada del Coni è la strada maestra e va percorsa continuamente fino al successo, anche malgrado possibili fallimenti lungo il suo cammino. A mio avviso avete dimostrato larghezza e profondità di vedute, tempismo e leadership nello stipulare un accordo che, per le sue premesse, è difficile, ma ha modalità esecutive che assicurano i tempi necessari per evitare una fusione affrettata e una perdita d’identità della Fikta. Se la finalità del karate-do non è di annientare l’avversario, la Fikta ha fatto la mossa giusta, in linea con la sua anima morale. I tempi sembrano maturi affinché questa unificazione possa reggere. Capisco che qualcuno internamente alla federazione sarà titubante, forse perché legato (e identificato) all’idea di una superiorità morale basata su aspetti tecnici o di gradi di Dan. Ma sono sicuro che chi ha veramente capito l’eredità morale dell’insegnamento del M° Shirai e degli altri nostri maestri giapponesi, ha già fatto il passaggio di trasformazione interna e pur vivendo e accettando la necessità e l’utilità degli aspetti tecnici e dei simboli e riconoscimenti esteriori, li percepisce come lustrini, collanine, perline, e in questo contesto saprà dimostrare la forza morale del Do attraverso l’umiltà e la fratellanza. Perché, che cos’è il karate tradizionale se non la pratica per lo sviluppo del Do? Se il karate tradizionale fosse solamente il virtuosismo di posizioni migliori o la preferenza per la pratica di palestra piuttosto che l’agonistica, allora vanterebbe solo una differenza tecnica e nella sostanza non sarebbe che la stessa cosa del karate sportivo. Il Do e la capacità di viverlo con umiltà, in uno spirito di continua ricerca è, a mio avviso, la differenza sostanziale fra karate sportivo e il karate tradizionale della Fikta. Questo accordo, grazie a voi, potrebbe diventare il simbolo di una vittoria dello spirito del Do. Un accordo di unificazione con la nostra “ombra”, l’unificazione dello yin e dello yang. Un ippon che celebra la vera vittoria: la fine della lotta e l’inizio della cooperazione. Ancora congratulazioni e un caro saluto in ricordo dello spirito con cui ci siamo sempre allenati e delle tante avventure passate insieme. Luigi Zoia

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A

sessantasette anni, (dopo la pubblicazione di dieci romanzi di Ferdinando Balzarro successo) il celebre Maestro Michele Scutaro Ilio Semino bolognese, storico pioniere Sauro Somigli del Karate italiano, col Davide Nizza suo inconfondibile stile, sapientemente in bilico fra asciuttezza e ridondanza, oltre la tecnica ci consegna la suggestiva, a beyond the technique tratti drammatica, persino poetica testimonianza di un’intera vita dedicata allo studio delle arti marziali… ma non solo. Un emozionante accavallarsi di pensieri, crude riflessioni, incredibili aneddoti, originali spunti tecnici, caratterizzano la romanzesca esistenza di un uomo che, con cocciuta determinazione, non ha mai smesso di inseguire ed amare le sue grandi passioni.

Ferdinando Balzarro

fotografie di

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