Numero Zero Magazine Luglio 2013

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L’editoriale di MARCO TOMEO

L’allegoria del pallone I successi calcistici nella città che rotola Siamo una città da serie B. Ma stavolta la seconda lettera dell’alfabeto, che nel suo significato più intrinseco rappresenta un’accezione negativa, di sudditanza, si accosta al nome di Latina con lo stesso valore di una medaglia sul petto. Quella compiuta dai leoni nerazzurri non è solo un’impresa sportiva, ma una scintilla che apre alla speranza di una nuova stagione, che attraverso lo sport, nella circostanza quello più amato e popolare di sempre, il pallone, sembra quasi tirare per le orecchie una città per ricordarle quante potenzialità sia in grado di esprimere e quanto siano immeritati i bassifondi che mestamente occupa nelle graduatorie nazionali. L’esempio di una squadra di calcio, ripartita dalla promozione e capace di bruciare in poco tempo le tappe conquistando palcoscenici da favola sportiva, è come se imponesse alla città un obbligo morale al quale non può sottrarsi: risalire anche altre chine. Quella della vivibilità per le sue vecchie e nuove generazione, di una cultura sempre più impolverata, della salvaguardia e della salubrità delle sue risorse naturali, di una coesione sociale vera, che passi attraverso il principio di solidarietà. Per farlo deve avere la capacità di prendere di petto le troppe criticità che la attanagliano, smettendo in tal modo di rincorrere le emergenze che ha ereditato e cominciare a programmare quella rinascita che è nelle sue corde, ma che inspiegabilmente resta cementificata ad una zavorra che non le permette di irrompere. Per farlo ognuno deve fare la sua parte, e la drammatica fase congiunturale non deve costituire un alibi all’inedia ma piuttosto essere un ulteriore spunto. Deve darsi una mossa chi pensa ancora solo al proprio orticello, in larga parte proprio quelli che ruotano nelle stanze dei palazzi, ma soprattutto la gente, incline ad esprime la propria insofferenza ed il proprio disappunto solo attraverso sfoghi mediatici è troppo raramente attraverso una partecipazione fatta di una reale cittadinanza attiva. La

parola d’ordine deve essere costruire, dal basso, proprio come ha fatto una squadra arrivata nel calcio che conta. Latina non può e non deve accontentarsi della serie B. La serie A, non solo quella calcistica, in fondo non è poi così lontana.

Magazine mensile di attualità, costume e società

DIRETTORE EDITORIALE Marco Tomeo DIRETTORE RESPONSABILE Alberto Reggiani HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Alessandro Zaffarano, Luca Morazzano, Pasquale De Rosa, Riccardo Angelo Colabattista, Gianluca Amodio, Giacomo Reggiani, Stefania Pusterla, Ivan Eotvos, Patricia Saurini, Gianmarco Valenza, Francesco Miscioscia, Marco Nardi CON IL CONTRIBUTO DI: Massimo Sconforto e Santa Pazienza PROGETTO GRAFICO // Giuseppe Cesaro IMPAGINAZIONE E GRAFICA // Giuseppe Cesaro e Paola Nardi FOTOGRAFIE Claudia Mastracco EDIZIONE E PUBBLICITÀ Pubblieditoriale srl - Via Sardegna 69 - 00197 - ROMA UFFICI Pubblieditoriale srl Via Tagliamento, 9 - 04100 - LATINA Tel. 0773.660382 - Fax 0773.405629 INFO E PUBBLICITÀ Tel. 328.1380545 – 328.8226893 numerozeromagazine@gmail.com STAMPA Gescom SPA Strada Teverina Km 7 - Località Acquarossa - Viterbo Testi, foto e ogni altri materiale, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I materiali pervenuti e le collaborazioni prestate, si intendono esclusivamente a titolo gratuito

Chiuso in redazione il 1 Luglio 2013 Registrazione del Tribunale di Latina 308/13 SFOGLIA LE COPIE ARRETRATE SUL NOSTRO SITO www.numerozeromagazine.it

07.2013 | NUMERO ZERO | 09


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Il Parco Arnaldo Mussolini ritrovo abituale del latinensi dal 1935 ad oggi

IN QUESTO NUMERO #6 // LUGLIO DUEMILATREDICI

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Calcio Story

30

Chiosco Bello

42

Codice Nero

52

Sotto Processo

66

Figure Sinistre

81

Dietro l’Angolo

92

Verde Speranza

100

La promozione in serie B dopo settant’anni di passione

Il ciclo continuo di lidi e stabilimenti balneari

Patimenti e problematiche del Pronto Soccorso del S. Maria Goretti

Gli storici casi giudiziari del Tribunale di Latina

La vita all’opposizione dei postcomunisti nella città “nera” Da Ninfa a Sermoneta, gli itinerari da favola a due passi dal capoluogo

Il Parco Arnaldo Mussolini tra reminiscenze storiche e prospettive future

Moda Mare I consigli e gli avvertimenti per un perfetto look da spiaggia

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LISTA ZERO

Politica e comunicazione di FRANCESCO MISCIOSCIA

Brand Italia con tanti punti interrogativi Le potenzialità di crescita del tessuto industriale e artigianale tricolore L’Italia che siede al tavolo del G8, nonostante la crisi (certo oggi un po’ più defilata che in passato), porta ancora in dote nel mondo un asset decisivo di comunicazione, riconoscibile, sempre amato, inimitabile: è il nostro stesso brand nazionale, un nome che si associa immediatamente a bellezza e cultura, ma anche a una produzione industriale e artigianale di eccellenza, in un rimando inscindibile fra stile e creatività. Bisogna essere consapevoli e orgogliosi di questo patrimonio materiale e immateriale, che rappresenta la nostra prima fonte di ricchezza con grandi potenzialità di crescita per i prossimi anni. Bisogna però investire con convinzione e idee, con capacità strategica e creando un sistema fra le diverse parti coinvolte, pubbliche e private. Sediamo ancora su una montagna d’oro, ma questo tesoro sta franando via veloce e l’attuale congiuntura economica impone scelte decise e il supporto di tutti. Dei ritardi e delle mancanze della politica, ne abbiamo parlato più volte, saremmo felici che il Governo Letta, al fianco delle estenuanti discussioni su Imu e Iva, affrontasse seriamente anche la questione della valorizzazione del nostro brand nazionale, che significa, ad esempio, chiarire ruolo e competenze dell’Enit, avviare finalmente una riorganizzazione delle nostre sedi diplomatiche, definendo e allargando le mansioni “commerciali” e di promozione del sistema Paese delle nostre rappresentanze estere, coinvolgendo in maniera strutturale attori privati nella tutela del nostro patrimonio storico e artistico, come sta avvenendo con tanta fatica per il restauro del Colosseo finanziato da Della Valle. Infine compiere attività 12 | NUMERO ZERO | 07.2013

di comunicazione e promozione che abbiano un senso e non siano solo un inutile spreco di denaro come il portale Italia. Per ovvie ragioni cito solo alcuni dei possibili interventi che, in modi totalmente diversi, possono contribuire a rafforzare il marchio Italia nel mondo. Perché troppo spesso, ad esempio quando si parla della nostra credibilità internazionale e di come questa influenzi il flottare dei mercati, ci si sofferma unicamente sul profilo debole della nostra politica, ma in realtà la forza di un brand, anche quello di una Nazione, si misura su una grande quantità di parametri. E certamente dare risposte concrete a situazioni lasciate in sospeso da anni sarebbe già un’azione forte e credibile. Al fianco delle responsabilità della politica, però, nel processo di appannamento del nostro “marchio” nazionale, pesano sicuramente altri fattori, a cominciare dal modo di agire dei nostri imprenditori. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito a una costante campagna acquisti di grandi gruppi internazionali verso alcune delle nostre imprese

di maggior charme e successo. Insomma non è solo il calcio italiano a vedere sempre più spesso emigrare i propri top player, anche il “made in Italy” parla sempre più spesso straniero. Se, infatti, nel passato recente ha fatto scalpore il passaggio nelle mani di magnati stranieri di marchi icona dell’italian style, da Valentino a Gucci, passando per Bottega Veneta, il processo riguarda purtroppo tutti i nostri principali ambiti produttivi, dall’agroalimentare con la vendita di Parmalat ai francesi di Lactalis, a nicchie di eccellenza, come la produzione di moto, con il passaggio di Ducati al Gruppo Audi e della mitica Husqvarna prima a Bmw e poi all’austriaca KTM. E ancora voglio ricordare un marchio celebre del made in Italy come Richard Ginori, oltre duecento anni di storia e una vicenda legata a personalità come Giò Ponti: l’azienda di Sesto Fiorentino dopo una lenta agonia è fallita, per poi essere “salvata” da Gucci, marchio italiano ma come detto di proprietà francese. Queste situazioni, soprattutto se si considera il pericoloso progredire del fenomeno, oltre a rappresentare un segnale di debolezza della nostra economica e del sistema produttivo nazionale, con ovvie, deleterie, conseguenze sul piano occupazionale, nell’insieme configurano anche un decisivo deficit di comunicazione del nostro Paese. Un’economia avanzata che è nata e si è sviluppata intorno a imprese caratterizzate da eccellenza produttiva, innovazione e legame a quell’universo genericamente detto italian style, che faccia mostra quando i propri campioni hanno proprietari di altre Nazioni? Marketicando francescomiscioscia.it



Vitamina Latina nella cadetteria calcistica, l’occasione unica per il rilancio della città

Il sogno e la realtà Sfruttare la ribalta del pallone per migliorare la qualità della vita

B di ALBERTO REGGIANI

P

uò una bombata letterina eccitare una intera città? Se è la seconda dell’alfabeto ed è riferita ad una catalogazione calcistica nazionale certamente si. Del resto siamo in Italia, le classifiche di qualità della vita, sicurezza e livelli occupazionali sono importanti, ma di fronte a quella del pallone scivolano inesorabilmente in secondo piano. Anche perché, si è già detto e scritto da più parti, una ribalta importante come la cadetteria può e deve rappresentare la leva per il rilancio socio-economico di un’intera comunità, la spinta fiduciaria per riabilitare le risorse interne, per scacciare i fantasmi di una crisi che nella piana pontina ha fatto danni abissali. Più che il rigore della classe amministrativa per risanare i conti di un bilancio in deficit, potrebbe essere quello realizzato da Cejas contro il Pisa a far ripartire la città. Del resto,


nel momento della celebrazione, sul carro dei vincitori spiccavano le due personalità istituzionali più importanti di Latina, il sindaco Di Giorgi e l’onorevole Maietta, artefici principali del successo calcistico intendendone sicuramente il riflesso fondamentale per l’opera di riabilitazione della città. Non sarà mica un caso che due acclarati uomini di sport, una volta posizionatisi sugli stimabili scranni, abbiano dato impulso alle gesta del football, puntando forte sull’effetto livellatore dell’indotto calcistico, capace di appiattire tutto, buchi di bilancio e buche di strada, di

sotterrare criticità e pessimismo. Ora viene il bello, ora che Latina ha lasciato a Sassari il triste primato tra i comuni più popolosi d’Italia a non aver mai raggiunto la serie B, altre barriere devono necessariamente cadere. Ora la città che ha il mare, il bel clima, le vicine colline, itinerari incantevoli, la capitale a due passi, possiede anche la ribalta sportiva. Deve saper sfruttare l’occasione e sapersela meritare, intuendo che su di essa si accenderanno i riflettori della popolarità. E’ il momento di unificare le aspettative calcistiche con quelle dell’ordinaria vivibilità e di

migliorare la propria immagine, cominciando dal restyling urbano e dalle strutture di ricettività. Tra due mesi da queste parti arriveranno baresi, palermitani, bresciani, padovani e reggini, le telecamere di Sky e quelle della Rai, ci si confronterà con città storiche e popolose e con i loro abitanti, molti dei quali magari ci visiteranno per la prima volta. Abbiamo una chance fondamentale per rilanciare il turismo e le nostre potenzialità interne, dobbiamo sfruttarla senza condizionamenti. E’ l’assist d’oro del calcio, bisogna metterla dentro.


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SALVATORE BURRAI

MAXIMILIANO ROLDAN CEJAS

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L’uomo degli spareggi. Sasà, il pirata sardo, è sbarcato a Latina nel Gennaio 2012 6 tra qualche mugugno ed una diffidenza L’architetto del centrocampo 9 iniziale presto superata con prestazioni sopra le 8 4 PASQUALE MAIETTA nerazzurro. Ingaggiato la scorsa estate righe. Per i tifosi nerazzurri Burrai è come un vero Il vice presidente nerazzurro, insieme per la sua grande esperienza in mezzo PIERLUIGI SPERDUTI FABRIZIO COLLETTI ANTONIO BERTIZZOLO amico, quando serve c’è sempre. E così è lui a firmare al presidente Michele Condò, è stato al campo ha dato tutto e anche di più. Molti lo riconoscono per In modo quasi spavaldo all’ e sterno Non ce ne vogliano gli altri colleghi la scorsa stagione con la sua doppietta in casa della il primo promotore di questo progetto E stato il perno della manovra il semplice fatto di alzare il cartellone della società ha affrontato il delicato giornalisti che seguono con grande Triestina una salvezza storica. E dopo un campionato chiamato Unione Sportiva Latina. Con un sogno nerazzurra e ha messo dentro del recupero e dei cambi durante le partite ruolo di vice presidente, il voler professionalità il Latina, ma il Bertiz è tra di Prima Divisione tra alti e bassi è sempre nel cassetto mai nascosto e sempre dichiarato il rigore della promozione dei nerazzurri, ma è molto di più all’interno dimostrare a tutti di essere in grado i più grandi conoscitori del mondo nerazzurro, suo il destro da fuori area che annichilisce di toccare il punto più alto di una storia calcistica con il Pisa. della società. Dopo l’iniziale di meritarsi una poltrona così importante uno di quelli che ha seguito la squadra il Pisa e manda in paradiso spesso avara di soddisfazione, è riuscito 14 ambientamento dovuto ad una posizione è stata la sua forza. La sua passione del capoluogo sempre e ovunque: su tutti una città intera. orgogliosamente nell’impresa. In un arco nuova si è guadagnato la fi ducia di tutti, contagiosa e la sua voglia di fare RAFFAELE IOIME la trasferta in solitario a Castelsardo sul finire temporale di quattro anni, in modo quasi soprattutto dei giocatori, che gli hanno hanno trascinato l’ambiente 2 Ci sono giocatori che ci mettono degli anni Novanta, dopo un giorno di navigazione. stupefacente, il Latina si ritrova per riconosciuto l’importanza di essere nei momenti di sconforto 11 poco per lasciare il segno, anche una sola Si è guadagnato sul “campo” un posto STEFANO MAZZANTI merito suo, con una gestione oculata un tramite importante e difficoltà stagione. Il “Gatto” Ioime è uno di quelli privilegiato sul pullman dei festeggiamenti Dietro le quinte del palcoscenico della società, a vivere una realtà MARCELLO COTTAFAVA 7 con la società. che ha stregato la piazza nerazzurra con nerazzurri per immortalare ogni secondo nerazzurro si muovono e lavorano chiamata serie B. Lo speaker del Francioni urlava ad la sua grinta e la sua spontaneità partenopea. di una festa irripetibile. PAOLA CAVICCHI figure essenziali come la sua. Insieme ogni formazione annunciata 5 10 Secondo in campionato alle spalle di Bindi, Alla sua prima esperienza al mitico Bicio, alias Fabrizio Roma, “il Senatore del calcio italiano”, lui ha è stato il titolare di Coppa che ha griffato in ambito calcistico e sportivo ha fatto GIOVANNI DI GIORGI ANDREA MILANI nei magazzini dello stadio Francioni risposto sul campo senza mai tradire le attese. con prestazioni maiuscole che gli hanno subito centro. E che colpo quello di Sembrerà banale e per certi versi Profeta in patria, che goduria e che e dell’Ex Fulgorcavi il suo lavoro Il suo peso specifico e la sua presenza al centro 3 permesso di sentirsi protagonista regalare ad una città intera una promozione scontato, ma se Latina si ritrova in serie B soddisfazione per l’unico giocatore è fondamentale per risolvere della difesa, insieme agli altri compagni e godersi fino in fondo questo storica e sensazionale. La presidentessa lo deve all’impegno forte e necessario del suo della rosa titolare nato a Latina. Dopo una vita GIANFRANCO ogni minimo problema del reparto arretrato, è stato un fattore meritato trionfo. si è da subito guadagnata il rispetto di tutto sindaco. Come poche altre volte è successo nella passata in altri lidi, nelle categorie superiori, ai giocatori MANNARELLI determinante per blindare la difesa l’ambiente non tanto per la figura storia di questo club, la vicinanza con la fascia di capitano al braccio, si è rimesso Ufficialmente nell’organigramma nerazzurra e rimanere l’unica squadra ingombrante che rivestiva in società, dell’amministrazione comunale è stata un valore in gioco nella sua città con la consapevolezza societario riveste il ruolo di direttore imbattuta in casa nei campionati 12 ma per atteggiamenti spontanei aggiunto. La scorsa estate, il Latina calcio di essere il punto di riferimento dentro e fuori tecnico, ma sarebbe riduttivo per un professionistici italiani. LUCA RICCIARDI e semplici che ne hanno fatto ha rischiato di non iscriversi al campionato. dal campo. La promozione e la vittoria della personaggio che ha fatto la storia del Latina La lunga militanza con la casacca apprezzare a tutti Il suo intervento ed il suo interesse Coppa Italia alzata davanti al proprio calcio, in tutti i sensi. D giocatore ha fatto nerazzurra gli vale l’appellativo di Nonno le sue qualità umane. hanno fatto in modo di raccontare pubblico lo ripagano del lavoro impazzire le difese avversarie e gioire che rappresenta l’emblema e la favola della un’altra storia. e della scelta iniziale. i tifosi nerazzurri più volte, da D.T. si scalata del Latina. Nativo di Gaeta nel 2007 1 2 è mosso con la stessa destrezza, si lega in promozione alla Virtus Latina della insieme al D.S. Fabio Facci. quale lo convince il progetto. E da allora il Nonno 13 5 non ha più lasciato il Latina. Quattro promozioni, 6 compresa l’ultima in B, e la coppa Italia 8 vinta da protagonista sono il biglietto 10 4 12 9 da visita del talismano 3 nerazzurro

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Sul carro dei vincitori


La lunga storia del Latina calcio, dalla nascita alla serie B

L’EPOPEA NERAZZURRA N di PASQUALE DE ROSA

ei giorni del massimo trionfo, il pensiero degli appassionati pontini è andato a tutti quelli che, lontani nel tempo e nello spazio, hanno contribuito al percorso storico del club nerazzurro, onorandone la maglia, aggiungendo piccoli frammenti ad un film lunghissimo, che solo di recente ha avuto il lieto fine. Le gesta del club di Piazzale Prampolini iniziano nell’immediato Dopoguerra, nel 1945, e sono un condensato avvincente di fatti, uomini e situazioni più disparate, di cadute vertiginose e riesumazioni improvvise, di delusioni storiche e di successi memorabili. La storia del Latina Calcio è un romanzo d’antan, ogni pagina è scritta col sudore di calciatori, tecnici e dirigenti ma anche di tifosi e appassionati vari, tutti simboleggiati da un’unica bandiera. Ne abbiamo ripercorso le tappe più significative e suggestive, con l’intento di suscitare gli stessi brividi emozionali in chi parte di quella storia l’ha vissuta in prima persona o in chi se l’è fatta raccontare.

Promozione Interregionale Girone I 1948 – 1949: il primo campionato vinto. A quattro anni di distanza dalla sua nascita sportiva il Latina, che aveva già cambiato la sua denominazione societaria in La Pontina Latina, si aggiudicò il campionato di Promozione Interregionale e venne promossa in serie C. Nel raggruppamento, a carattere regionale, spiccavano tante

La formazione del primo campionato vinto dal Latina nella stagione 1948-1949

formazioni romane e il Frosinone, diventato poi antagonista storico del Latina. Il torneo fu avvincente e si caratterizzò per il grande equilibrio, con l’alternanza di diverse squadre al vertice della classifica durante la stagione. Il Latina partì con i favori del pronostico ed alla fine li rispettò grazie ad un finale strepitoso quando ottenne otto risultati utili consecutivi, sei vittorie e due pareggi, che la piazzarano davanti a tutti. Il presidente era Gaetano Loffredo, l’allenatore Walter Crociani ed i trascinatori in campo Plini, Modesti ed Esposito che segnarono rispettivamente 21, 19 e 14 reti. Il 28 Giugno 1949 il Latina vinse a Viterbo tre a uno e raggiunse la terza serie nazionale. Il calcio diventò il simbolo di una identità collettiva che cresceva nella giovanissima città e

favoriva un’unione sociale tra popolazione di origine diversa. Gli Anni Cinquanta: l’inizio della fine. La promozione in serie C, invece di fungere da slancio per una ripartenza forte nel dopoguerra, fu segnata da una involuzione per certi versi incredibile in ambito calcistico. Dopo due sofferte salvezze in C, alla terza apparizione a livello nazionale il Latina, con la nuova denominazione societaria di Associazione Sportiva, chiuse desolatamente all’ultimo posto. L’anno seguente cambiò il panorama calcistico italiano con l’introduzione della quarta serie che non discostava nella sostanza dalla vecchia serie C e nel 1953 il Latina retrocesse ancora chiudendo nuovamente ultimo in classifica. Questi risultati disastrosi


erano frutto di una mancata organizzazione a livello societario che fecero precipitare la squadra nerazzurra fino alla promozione laziale, fino a farle toccare il fondo 1956 quando, perdendo lo spareggio salvezza con il Gaeta, retrocesse in Prima Divisione. Praticamente dopo vent’anni dopo la sua nascita la squadra pontina si ritrovò al punto di partenza. L’agonia durò solo un anno, visto che la stagione seguente i nerazzurri vinsero a mani basse il loro campionato provinciale, con inserite alcune formazioni ciociare, con il ritorno in Promozione. Metà Anni Sessanta: il ritorno in serie D La nuova riforma dei campionati a livello nazionale del 1959, con l’introduzione della serie D al posto della quarta serie, ed il conseguente annullamento della Promozione Laziale, denominato I Categoria, non cambiò molto la vita al Latina che si barcamenò nei primi Anni Sessanta in campionati provinciali duri e avari di soddisfazioni. La svolta arrivò nel 1964 quando Biagio De Pasquale, dopo alcuni trascorsi da dirigente, ne diventò il presidente. Insieme a Sante Palumbo, che rivestì sempre in quegli anni la carica di presidente onorario, il Latina si riguadagnò nel 1965 la Serie D dominando il campionato e vincendo lo spareggio regionale con la Stefer Roma. All’andata, in un Comunale stracolmo di tifosi, finì senza reti ma nella gara di ritorno Tacelli firmò l’eroico gol vittoria. Un successo che fece riesplodere la passione del tifo in città, da quel momento il Latina tornò a guardare al futuro sportivo con ritrovato ottimismo. Erano anni di splendore con l’ulteriore prestigio di ospitare tra le mura amiche per gare amichevoli le rinomate squadre inglesi: prima toccò al Cardiff, in cui militava John Charles ex bandiera della Juventus, poi arrivò l’Arsenal e nell’occasione il gigante buono vestì proprio la casacca nerazzurra. La rivalità con il Frosinone Fu nel campionato di serie D della stagione 1965-66 che si accese forte la rivalità con il Frosinone. Pontini e ciociari si giocarono la promozione in serie C punto a punto, ma alla fine la spuntò il Frosinone di una lunghezza. Le due sfide incrociate terminarano entrambe per 1 a 1 e rimanese epica la gara d’andata giocata sotto una fitta nevicata. Nella sfida di ritorno, valida per la penultima di ritorno e giocata il 15 Maggio 1966, il Latina si ritrovava in classifica sotto di un punto dalla capolista Frosinone con

La squadra che centrò la promozione in serie C nel 1969 dopo la beffa di Olbia

l’obbligo della vittoria a tutti i costi. La rivalità tra le due squadre rimase confinata sempre sul rettangolo di gioco, si videro scontri al limite della regolarità, ma sugli spalti la passione per i propri colori non sfociò mai nella violenza come sarebbe successo molti anni dopo. Il Frosinone finì in C, il Latina avrebbe dovuto attendere qualche anno. La spedizione dei Mille... 26 Maggio 1968. Per molti un giorno senza particolari significati, per il Latina e i suoi tifosi una data storica. Si giocò l’ultima di campionato, Olbia e Latina si affrontarono per decretare la vittoria per il titolo di serie D con il conseguente salto di categoria. Prima della gara il Latina vantava un fondamentale punto di vantaggio sull’Olbia. Ci si giocò tutto in novanta minuti, come una vera finale. Melloni e compagni avevano mandato in estasi per tutta la stagione i tifosi nerazzurri, nessuno volle mancare all’appuntamento più importante. E così successe. Dal porto di Civitavecchia partì la carovana nerazzurra: mille tifosi seguirono i loro beniamini in Sardegna, i più fortunati partirono in aereo. Fu un esodo mai visto fino ad allora, un vero e proprio evento sociale che coinvolse tutta la comunità latinense, non solo quella sportiva. E mentre quei mille tifosi spingevano il Latina verso una vittoria storica firmata da Cassin, sotto la redazione del Messaggero in via Diaz un altro migliaio di appassionati aspettavano frementi notizie via

telefono. I collegamenti erano scarsi e frammentari, ma una volta confermata la notizia della vittoria esplose la festa in città, che durò tutta la notte, mentre il traghetto di ritorno da Olbia fu una vera e propria bolgia a tinte nerazzurre. La beffa e la rivincita sul campo Ma la felicità per la vittoria del campionato ed il ritorno in C svanì i primi di luglio dell’estate seguente. La Commissione disciplinare della Lega Nazionale semiprofessionisti condannò il Latina ad una penalizzazione di tredici punti per un illecito sportivo addossato al suo presidente onorario Sante Palumbo nei confronti di due giocatori del Tempio, Ronzetti e Dolza, ai quali era stato chiesto di non impegnarsi a fondo nel recupero Tempio – Latina, chiuso tra l’altro senza reti, in cambio di un premio in denaro. Senza uno stralcio di prova, solo in base alla testimonianza dei due giocatori, il Latina venne condannato e retrocesso in sesta posizione con l’Olbia che salì in serie C. I tifosi nerazzurri rimasero frastornati dalla sentenza, ma convinti della buona fede del loro patron, si schierarono al suo fianco. Palombo fu interdetto dal ricoprire cariche sociali, vista la sua squalifica, ma garantì il suo impegno economico. A prendere in mano la situazione ci pensò Alfredo Loffredo, divenuto presidente, con altri cinque consiglieri. Respinto il ricorso nerazzurro, il Latina si tuffò nel campionato di serie D della stagione 1969 e lo vinse meritatamente


La formazione del 1976-1977 che stradominò il campionato di serie C

con un vantaggio di quattro punti sulle seconde Viterbese e Formia. Basta poco... Tornato in serie C dopo diciassette anni il Latina ottenne una sofferta salvezza sul campo, ma ancora una volta venne retrocesso in serie D per illecito sportivo con otto punti di penalizzazione. La partita incriminata fu l’ultima di campionato Matera – Latina vinta per 1 a 0 dai nerazzurri. Alla vigilia di questa gara a Pizzi e compagni bastava un punto per essere matematicamente salvi. Il giorno precedente al match, un cugino del presidente Pietro Berti, tale Leonardo, contattò telefonicamente il segretario del Matera Gennaro Martino per accomodare la partita, dietro il versamento della somma di 500 mila lire. Martino contattò l’ufficio inchieste, finse di aderire e registrò la telefonata presentandosi all’appuntamento e ricevendo la somma pattuita. In fase processuale Leonardo Berti confessò tutto, ma dichiarò di aver agito completamente di testa propria, senza informare nessuno dei dirigenti del Latina presenti a Matera. La sentenza della giustizia sportiva, sebbene contraddittoria, non risparmiò il Latina: i dirigenti nerazzurri furono assolti per insufficienza di prove, compreso il presidente Berti, ma il concetto di responsabilità oggettiva si abbattè sul club pontino che venne penaliz-

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zato e retrocesso. Sali e scendi: promossi nel 73, si retrocede l’anno dopo Nella quarta serie nazionale, il Latina disputò campionati da protagonista. Nel 1971, sotto la guida di Francisco Ramon Lojacono, terminò al secondo posto dopo un nuovo appassionante duello con il Frosinone. L’anno seguente fu ancora piazza d’onore, a pari merito con il Velletri in un campionato vinto dalla Torres. Nella stagione 1972-73 si vide sul campo uno dei migliori Latina di sempre: sulla panchina dei pontini c’era Francesco Lamberti ed in mezzo al campo si muoveva Franco Morano, detto il Professore (insegnava Educazione Fisica), capocannoniere della squadra con nove reti. Il gruppo nerazzurro era compatto, tosto e nei numeri era rappresentata la forza della squadra: imbattuti per le prime ventiquattro giornate, con vittorie spesso di misura e con due sole sconfitte finali. Una vera corazzata che chiuse il campionato con otto punti di vantaggio sulla seconda. Si tornò così in C, ma la crisi societaria e i tre cambi in panchina non permisero ai nerazzurri di giocarsi possibilità di salvezza, chiudendo ancora una volta all’ultimo posto. L’unico raggio di sole lo portò il giovane Alessandro Altobelli, per tutti Spillo, che si mise in grande evidenza: dieci anni più

tardi sarebbe diventato campione del mondo. La cura Leonardi Nella stagione 1976/77 arrivò sulla panchina del Latina Lamberto Leonardi ed ai suoi ordini c’era un gruppo di giocatori che hanno fatto la storia nerazzurra. L’undici Del Prete, Carannante, Ronzulli, Pezzuoli, Bernabucci, Rispoli, Venturini, Petrella, Morano Fadigati e Caiazza suonò come musica per le orecchie dei tifosi che assistettero a partite epiche che valsero il successo in un campionato dominato in lungo e largo. La soddisfazione maggiore fu data dal fatto che, alle spalle dei leoni pontini, finì finalmente l’avversario di sempre, il Frosinone, che chiuse secondo con otto lunghezze di ritardo. Le vittorie rotonde su Calangianus (5-1) e Bancoroma (5-2 in trasferta) restano ancora indelebili nella mente di chi ha visto e vissuto quelle gare dal vivo. Per la prima volta nella sua storia l’approdo in C non fu portatore di sventure e il Latina finì al quinto posto dopo un campionato brillante e ricco di soddisfazioni, su tutte la vittoria al Cibali di Catania firmata da Caiazza. Il piazzamento finale valse l’ingresso nella nuova serie C1 per via della riforma operata nei campionati con la suddivisione in due leghe della terza serie nazionale. La nuova C1 era di altissimo livello ed i neraz-


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Rondinella Firenze per la serie C1. Si giocò punto a punto per tutta la stagione fino alla resa dei conti del 17 Maggio del 1981 in cui i nerazzurri regolarano i toscani con un secco 2 a 0 in un Comunale straripante di gente insieme ad una curva festante e minacciosa (la scritta: “Rondinella boia, oggi morirai” rimanese per anni impressa sulla facciata inferiore della curva). Il Latina festeggiò la promozione in serie C1 con la vittoria sull’Avezzano in rimonta, arrivando a pari punti con la Casertana ma giungendo seconda per via degli scontri diretti favorevoli ai campani. L’anno seguente la C1 fu ancora una volta una chimera, una specie di calvario che culminò con una serie di addii: alla terza serie innanzitutto, al tecnico Trebiciani e, last but not least, al presidente Lorenzi, stanco del poco sostegno ricevuto dalle istituzioni. Il costruttore romano lasciò in eredità alla città una squadra comunque ancora in serie C2 con l’agognata salvezza conquistata da Policano e compagni nella sfida interna con il Siracusa. Baffo, Manna-gol e il ritorno in C2 Nel 1984 il Latina retrocesse in Interregionale e sulla panchina nerazzurra ritornò Giancarlo Sibilia, dopo l’esperienza formativa di qualche anno prima coincisa con la retrocessione in C1 per cause certamente

non sue. Il Baffo, così lo chiamavano amichevolmente tutti, era un sergente di ferro e non lasciava nulla al caso. In quegli anni il Latina conobbe un nuovo avvincente derby, quello con il Pro Cisterna che infiammò gli spalti delle due tifoserie. Le due squadre pontine diedero vita ad un appassionante duello per il salto di categoria ma alla fine la spuntarono i cugini meno nobili, che beffarono i nerazzurri proprio sul filo di lana. Una delusione cocente, riscattata prontamente l’anno seguente. Nel campionato interregionale della stagione 1985/86 il Latina prevalse su Cynthia e Foro d’Ischia dopo una battaglia durissima. Il match decisivo arrivò alla penultima di campionato quando al Comunale i nerazzurri batterono di misura proprio il Forio. Il marcatore decisivo, neanche a dirlo, fu Gianfranco Mannarelli, per tutti Manna – gol, vera icona e simbolo di quella squadra. Il centravanti pontino segnò quell’anno la bellezza di 26 reti in 28 gare e tuttora detiene il record di realizzazione in una sola stagione con la casacca nerazzurra. La forza di questo Latina risiedeva proprio nel gruppo fatto prevalentemente di ragazzi pontini: Mannarelli, Montecalvo, Morgagni, Polidori e Piochi Duranti gol...La salvezza impossibile.

Agli ordini di Trebiciani il team che raggiunse la serie C1 nel 1981

La stagione 1987/88 rimane negli annali calcistici della società, da molti è considerata come la più bella di sempre, nonostante una squadra concepita per vincere il campionato (che aveva sfiorato l’anno prima arrendendosi a Frosinone e Ischia) si dovette accontentare di brindare alla salvezza all’ultima giornata. Ma che salvezza! Un vero miracolo di tenacia e caparbietà, a cui diede il proprio contributo una tifoseria sempre al fianco della squadra, nonostante lo shock di una partenza drammatica. Alla fine del girone di andata, i nerazzurri girarono all’ultimo posto a quota sette punti, con una sola vittoria in diciassette partite e a ben sette punti dalla zona salvezza. La serie C2 a quel punto sembrava un sogno. Nel girone di ritorno, invece, l’incredibile metamorfosi: i nerazzurri giocarano alla grande, trascinati dalla reti di Doto e Garritano, e conquistarano ben ventidue punti (esattamente come la capolista Palermo) e portarono a compimento un’impresa rimasta storica. Il capolavoro arrivò alla quintultima di campionato quando in un Comunale stracolmo all’inverosimile i nerazzurri sfidarono e sconfissero la capolista Palermo grazie ad una rete di Duranti. Il sogno del Latina si trasformò in realtà con la vittoria all’ultima giornata sul campo “amico” di Siracusa. Gli Anni Novanta: tanta, troppa serie D Altri quattro anni di serie C2 consecutivi, con risultati amari alternati a qualche sporadica soddisfazione, ed il Latina ripiombò nella stagione 1992/93 nella vecchia Interregionale, all’epoca chiamata Campionato Nazionale Dilettanti. Erano gli anni di Roberto Papaverone presidente ed ai tifosi nerazzurri rimasero pochissime gioie per esultare: su tutte si ricorda la vittoria esterna contro gli odiati cugini del Frosinone firmata da Monti il 5 Settembre del 1993. Salvezze sofferte, quasi sempre conquistate per il rotto della cuffia, diventarono il pane quotidiano dei sempre meno affezionati supporters nerazzurri. Il presidente Papaverone, sempre nell’occhio del ciclone, passò la mano nel 1996 e subentrò, dopo il fallimento societario, il nuovo corso con Luciano Giungarelli al comando e Bruno Canini vicepresidente. Niente da fare sotto il sole

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il presidente Michele Condò al comando.

La squadra della miracolosa salvezza del campionato 1987-1988

Altri quattro anni di serie C2 consecutivi, con risultati amari alternati a qualche sporadica soddisfazione, ed il Latina ripiombò nella stagione 1992/93 nella vecchia Interregionale, all’epoca chiamata Campionato Nazionale Dilettanti. Erano gli anni di Roberto Papaverone presidente ed ai tifosi nerazzurri rimasero pochissime gioie per esultare: su tutte si ricorda la vittoria esterna contro gli odiati cugini del Frosinone firmata da Monti il 5 Settembre del 1993. Salvezze sofferte, quasi sempre conquistate per il rotto della cuffia, diventarono il pane quotidiano dei sempre meno affezionati supporters nerazzurri. Il presidente Papaverone, sempre nell’occhio del ciclone, passò la mano nel 1996 e subentrò, dopo il fallimento societario, il nuovo corso con Luciano Giungarelli al comando e Bruno Canini vicepresidente. Niente da fare sotto il sole pontino: i risultati non arrivarono ugualmente, con un andirivieni di giocatori, allenatori, manager e preparatori. Il piazzamento migliore di quel decennio fu il secondo posto della stagione 1998/1999, alle spalle del Castelnuovo Garfagnana, in una stagione coincisa anche con la sconfitta in finale di Coppa Italia con il Casale. Bentornata serie C2 Il 2 Agosto 2002 il Latina rimise piede tra i professionisti. Non per meriti sportivi, ma grazie ad un ripescaggio per completamento degli organici. Il

presidente dell’operazione rilancio era Antonio Sciarretta, proprietario della TV Teleetere, che si prodigò in sforzi considerevoli per rafforzare la squadra, ma con scarso mestiere e molta forse troppa prosopopea. I risultati furono perciò sempre al di sotto delle attese. Niente risultati, poco appeal con le amministrazioni e nel 2006 il Latina, perdendo il play-out retrocessione con il Rieti, tornò per l’ennesima volta in serie D. Sparisce il calcio a Latina, ci riprovano FC e Virtus Nella stagione 2006-07, proprio mentre il Frosinone disputava il primo campionato di Serie B sfidando Juventus, Napoli e Genova, il Latina non venne ammesso alla serie D e non partecipò ad alcun campionato. L’estate seguente il pallone tornò a rotolare con due diverse società: il Football Club Latina, nato per il cambio societario della Viribus Cisterna Montello, nel torneo di Eccellenza, e la Virtus Latina, che prese il posto del Real Latina in Promozione, vincendo subito il proprio campionato. Nella stagione 2008-09 entrambe giocarono nell’Eccellenza Laziale, ma si trovarono in due raggruppamenti diversi. Alla fine ottennero entrambe la promozione in serie D e rivendicaroro allo stesso modo l’eredità calcistica dell’Associazione Sportiva Latina. Dalla decisione più che saggia di unire le forze, il 26 Giugno 2009 nasceva l’Unione Sportiva Latina con

La storia siamo noi: promozione e salvezza nel segno di Sanderra Siamo alla storia recente: Il 4 Agosto 2010 il Latina si ritrovò ripescato in Lega Pro Seconda Divisione per il fallimento di numerose società calcistiche. L’allenatore scelto per questa nuova avventura fu Stefano Sanderra che mise in piedi una squadra davvero forte e capace di recitare un ruolo da protagonista in un campionato che inizialmente non doveva essere quello professionistico. Il Latina incamerò vittorie e risultati utili in serie su tutti i campi del raggruppamento fino ad un filotto consecutivo di venti partite. La prima sconfitta giunse nello scontro al vertice con il Trapani per tre a due, ma i nerazzurri non persero la testa del girone e soprattutto non smarrirono la bussola. Alla fine i nerazzurri chiusero il campionato davanti a tutti con sessantasette punti conquistati, frutto di diciannove vittorie, dieci pareggi ed una sola sconfitta, la migliore difesa, solo sedici reti al passivo, e la migliore differenza reti con + 29. Nella penultima giornata di campionato in casa della Vigor Lamezia, il 1 Maggio 2011, i nerazzurri festeggiarono la vittoria promozione con le reti di Giannusa e Cafiero. Lo stadio Francioni rimase inviolato per tutta la stagione e la settimana seguente si festeggiò davanti a 6000 tifosi festanti una storica promozione in serie C1 dopo ventinove anni di assenza dall’ultima apparizione. Il ritorno in serie C1 non è stata una passeggiata ma una lunga sofferenza per i tifosi nerazzurri, con l’allontanamento e il seguente richiamo alle armi di Sanderra. Il Latina terminò la stagione regolare al terzultimo posto e fu costretta allo spareggio playout con la Triestina. Due a zero per i nerazzurri tra le mura amiche del Francioni, reti di Bernardo e Tulli, due a due il ritorno al Nereo Rocco con la doppietta di Salvatore Burrai a replicare a quella di Riccardo Allegretti capitano dei giuliani. La prima storica salvezza in Prima Divisione, la vecchia e cara C, era servita per spalancare le porte al lungo sogno della serie B, diventato realtà.

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Cronistoria dei club organizzati della tifoseria del Latina

IL SIMBOLO DEL GRUPPO Striscioni, sciarpe e avventure dei supporters nerazzurri dal ’68 ai giorni d’oggi

Poi arrivarono Maroni, la tessera del tifoso e le necessarie autorizzazioni per qualsiasi esposizione sugli spalti. Scomparvero striscioni, drappi e vessilli di vario genere e lo stadio sembrò improvvisamente spoglio nonostante una tifoseria sonoramente presente. Oggi si vedono solo stendardi in ricordo di chi non c’è più, come Stefanino Presente o Carlo, ma per il resto nessuna voglia di andare in Questura a farsi avallare l’ingresso del proprio striscione con l’indicazione esatta della lunghezza e del contenuto. Prima dei diktat ministeriali, invece, nel Domenico Francioni (e in trasferta) ogni club organizzato aveva la sua tela riconoscitiva, fantasiosa, energica, a volte velatamente minacciosa. Siamo andati indietro nel tempo per riepilogare la storia della tifoseria nerazzurra, ricordando anno di nascita, estrazione e peculiarità dei vari club organizzati.

1968 In occasione della famosa trasferta del 26 maggio ad Olbia, si consacra la prima forma di tifo organizzato del Latina, i Fedelissimi, che organizzano il viaggio verso la Sardegna e i festeggiamenti sulla nave sulla via del ritorno.

1972 Nasce il Club Ultras che negli anni Ottanta sarà intitolato al compianto presidente del Latina e si chiamerà Ultras Sante Palumbo. Il Club Ultras è sempre stato in gradinata e in particolare in quella che si affaccia verso gli spogliatoi. E’ uno tra i più antichi di sempre, alcune volte e in occasioni di partite importanti (un derby di Coppa Italia nel 1989 contro il Frosinone) lo striscione del Club è stato posizionato in Nord, dove è ritornato anche tra il 2004 e il 2006 con lo striscione Ultras ‘72. E’ tra i più conosciuti e i più importanti.

1977 In uno dei periodi d’oro del Latina, compaiono i Commandos: il primo striscione è nero e azzurro con la scritta bianca, poi a metà degli Anni Ottanta avrà una scritta rossa su sfondo nero e azzurro, successivamente sarà azzurro con una scritta bianca. Il gruppo è stato sia nella gradinata centrale che in Curva Nord e ha avuto molto seguito. In un derby Latina-Frosinone del dicembre 2002 comparve uno striscione nuovo, azzurro con scritta bianca con scritto Commandos 77.

1978 E’ l’anno della Falange, uno dei gruppi ultras più conosciuti in tutta Italia, quello con il quale per anni si è identificata la tifoseria nerazzurra. Dalla gradinata, come si può vedere anche in alcune foto d’epoca, il gruppo si sposterà in Curva Nord. Indimenticabile il bandierone di Latina-Palermo del 1988, nero e azzurro con la scritta Falange, e inconfondibile anche il simbolo, un cerchio con tre lance. In quegli anni nascono anche le sezioni: quella di Borgo San Michele, quella denominata San Marco e infine quella di Sabaudia. Proprio i tifosi nerazzurri di Sabaudia sono quelli che hanno seguito con maggiore affetto il Latina sia in casa che in trasferta. Dopo lo scioglimento della Falange nacque infatti il Gruppo Sabaudia: uno striscione nero e azzurro con scritta gialla. La Falange è probabilmente il primo gruppo a realizzare una sciarpa alla fine degli anni Settanta, nera e azzurra in raso con la scritta Falange da una parte e Boia Chi Molla dall’altra, poi in molti si ricordano la sciarpa bianca con la scritta Latina Nel Cuore. Tra le altre sezioni anche quella dei Boys, un gruppo di ragazzi under 18, e quella Kamikaze, presente al Francioni con uno striscione.


1979 Compare allo Stadio anche il Latina Club Montello, lo striscione è a bande verticali nere e azzurre e il simbolo è un leone.

1984 Ecco i combattenti, gli Warriors Ultrà, il cui striscione è nero e azzurro con una scritta bianca e una mela morsicata, lo stesso simbolo della Apple! Oltre alle partite del Latina, il gruppo a metà degli Anni Ottanta, ha seguito anche alcune partite di basket della Rip Inox, che giocava il sabato. Sono stati in Curva Nord poi alla fine degli Anni Ottanta il gruppo si è sciolto.

1984 Allo Stadio fa capolino anche uno striscione nero con scritta bianca: Ultrà Gescal Korps Fighters, che sarà presente fino al 1986.

1984 In Curva a Latina si affacciano gli Indians. Il loro marchio ricorda quello della marca El Charro, realizzano anche degli adesivi per promuovere la loro attività.

1990 E’ l’anno della grande coalizione. Dalla fusione di Falange, Commandos e di una parte dei componenti del Club Ultras, nascono i Ragazzi della Nord, gruppo portante del tifo nerazzurro. Lo striscione lungo oltre novanta metri, uno tra i più lunghi, se non il più lungo di Italia, è bianco con caratteri tra il nero e l’azzurro, il disegno al centro dello striscione è molto ricercato. Lo striscione occupa tutta la curva, I ragazzi della Nord poi si scioglieranno agli inizi degli anni Duemila.

1996 Nasce il Feudo Nerazzurro da una piccola costola dei Ragazzi della Nord, che andrà avanti fino agli anni Duemila con diverse trasferte: il gruppo poi diventerà Latina Scalo Nerazzurra.

1999 Allo Stadio è presente uno striscione bianco con scritta nera e azzurra: Vecchia Guardia.

2002 Con il ripescaggio del Latina in serie C2 nasce la Brigata Littoria ‘32. Il drappo riconoscitivo per le partite in casa non è uno striscione ma un insieme di pannelli neri e azzurri che occupano tutta la curva Nord. Lo striscione da trasferta è metà nero e metà azzurro con scritta bianca, il gruppo traina la tifoseria nerazzurra e stringe rapporti di amicizia con la Curva Sud di Foggia. Diventa ben presto un punto di riferimento per tutti: in gergo si chiamerà Brigata e seguirà il Latina in tutte le trasferte della C2 e della serie D e poi in Eccellenza insieme agli altri gruppi. E’ stato uno tra i gruppi più importanti nella storia ultras di Latina, e quello ancora oggi più rappresentativo.

2002 Col ritorno tra i professionisti, nascono anche I Mascalzoni, che si posizionano in gradinata, e poi anche il gruppo di Piazza Moro. Negli anni a seguire da ricordare anche il gruppo Clan e poi Wild Dogs oltre all’Opposta Fazione e in curva compare anche uno striscione grigio con scritta nera e azzurra: si chiamerà Privè.

2009 Nasce il Leone Alato, in onore dello stemma del Latina calcio, formato da un gruppo di ragazzi molto giovani e anche casual che seguono il Latina in casa e in trasferta.

2011 Viene creato il Gruppo Diciotto Dicembre nella stagione, ultrapresenzialista sia nelle gare in casa che in trasferta.

2012 Nascono sia i Veterani che si posizionano nella gradinata centrale e allo stadio compaiono altri gruppi tra cui Norma Nerazzurra, Pisterzo- Prossedi.


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ZERO POSITIVO

Rubrica medico-scientifica a cura del dr. GIOVANNI FARINA

Gli afrodisiaci naturali Zafferano e ginseng meglio di ostriche e cioccolato Una delle problematiche moderne che più interessa l’uomo e la donna è quella della mancanza di desiderio sessuale. Impegni sempre più stringenti, stress, e, secondo le ultime ricerche sulle cause, una tecnologia sempre più pervasiva, portano il desiderio sessuale verso il partner ad essere uno dei degli aspetti meno preponderanti della quotidianità. Nella gran parte dei casi, il disturbo del desiderio sessuale consiste nell’insufficienza o assenza di fantasie sessuali e del desiderio di attività sessuale. Molte volte si corre ai ripari utilizzando farmaci,che però incidono unicamente sulla funzionalità sessuale che va quindi distinta dal desiderio. Sotto questo aspetto, è dunque possibile prendere in considerazione rimedi e aiuti, anche tradizionali. Una volta si parlava delle ostriche, poi del cioccolato. Oggi, secondo un’equipe di scienziati candesi, sono lo zafferano e il ginseng gli alimenti afrodisiaci per eccellenza. O meglio, quelli che, oltre a migliorare la funzionalità sessuale di chi li assume con regolarità, portano anche ad un regolare aumento del desiderio. Secondo gli ultimi studi, infatti, introdurre nella dieta quantità di zafferano e di ginseng migliorerebbe la qualità delle prestazioni sessuali. Rimanendo su sostanze più facilmente reperibili, anche il cioccolato è afrodisiaco, anche se in maniera indiretta e non valida per tutte le persone: la feniletilamina, contenuta nelle barret-

te, può aumentare l’eccitazione influenzando i livelli di serotonina e le endorfine nel cervello. Ma il processo non è valido in ogni soggetto. Anche l’aglio, lo zenzero e i chiodi di garofano svolgono la stessa funzione. Semaforo rosso invece per l’alcool, a torto ritenuto un potente afrodisiaco: se da una parte aumenta l’eccitazione, dall’altra ha degli effetti negativi sulla circolazione e, quindi, sulle prestazioni sessuali. Lo stesso dicasi per la cocaina e altre droghe. E’ bene precisare che non esiste ancora la prova clinica che le sostanza naturali possano sostituire i farmaci nel miglioramento delle prestazioni sessuali, ma gli ultimi studi basano la loro attendibilità su dati statistici rilevanti rispetto a quelli condotti in passato e soprattutto i risultati parlano di effetti comuni sui soggetti sui quali è stata condotta la sperimentazione. Tentare rimedi naturali, anche omeopatici e quindi presenti in farmacia, potrebbe dunque essere una via percorribile. 07.2013 | NUMERO ZERO | 29


Fior [ di ] chiosco

La gestione dei lidi sul Lungomare di Latina tra annosi problemi e ricorrenti speranze

Con l’estate sbocciano stabilimenti improvvisati accanto a quelli storici La scelta della zona migliore e i crescenti oneri dei gestori di IVAN EOTVOS


I

l vostro sogno è quello di lavorare sulla spiaggia? Stare a contatto con tante belle bagnanti o tanti bei ragazzi in costume? Volete unire il piacere della vacanza in spiaggia con ampi guadagni e una responsabilità solo stagionale? Sembra tutto così facile ma, prima di prendere decisioni avventate e concludere che il vostro posto sia tra le dune della spiaggia sotto l’ombra di un bel chiosco accogliente, permetteteci di raccontarvi questa storia. I lidi di Latina sono molti, il conteggio parte dal piazzale di Capoportiere e dalla faraonica rotonda che lo precede e che sembra, per dimensione, una frazione della città. A questo punto ci si pone la prima domanda: dove stabilire il nostro nuovo chiosco? La scelta è tra la sponda destra (denominata dal Comune area “A”) o la sponda sinistra (eloquentemente denominata area “B”). L’istinto suggerisce che la sponda A sia la risposta corretta, ma analizziamo bene la questione. Nella più comunemente nota “sponda sinistra” ci sono al-

cuni elementi che, se presi nella giusta considerazione, potrebbero aprirvi interessanti prospettive. Che dire di lavorare immersi nella meravigliosa natura offerta dalle “spiagge di Ulisse”? La flora e la fauna, rimasti inviolati tra il mare e le sponde del lago di Fogliano, sono meravigliose. Inoltre, la spiaggia è più vasta, e potete avere il vostro chiosco direttamente in strada. Te m i a m o però che i vantaggi finiscano qui. Se vi aspettate frotte di turisti tedeschi in ritorno dal meraviglioso lago, resterete delusi. Gli unici sentieri che si trova-

no sono disegnati dai passi degli avventori abituali e locali che conoscono bene la zona. Per il resto, per non turbare nella maniera più assoluta gli elementi della fauna locale, non troverete alcuna luce accesa di notte e pochissimi servizi. Il che ha reso la sponda sinistra del nostro litorale, uno dei luoghi d’incontro notturno più popolari d’Europa, dove probabilmente sono stati concepiti la maggior parte dei cittadini di Latina nelle lunghe nottate di religioso silenzio e rispettosa oscurità. I “chioschi” della sponda, in teoria, non potrebbero stare aperti oltre le 19 e solo in pochissimi, dei numerosi che abbiamo visitato, hanno un servizio di acqua corrente e di luce elettrica fornita dalla municipalità. Tutti gli altri hanno un paio di generatori elettrici che funzionano a gasolio


Le regole d’oro per l’estate Parte l’operazione bikini Se in questi mesi non hai prestato attenzione a ciò che hai mangiato è giunta l’ora di seguire un’alimentazione equilibrata in vista dell’estate, che ti aiuti ad eliminare anche i pochi chili di troppo, rimuovere le tossine e depurarti, per poter raggiungere nuovamente il tuo “PesoBenessereâ€?. Basta iniziare da qualche semplice regola base: t Tutti i pasti sono importanti; non devi saltarne nessuno. t Ăˆ meglio mangiare quantitĂ piccole e ripartite piuttosto che grandi in 2-3 pasti t Consumare alimenti appartenenti a tutti i gruppi t Mantenere una buona idratazione: è rac-

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comandabile bere 1-2 litri di acqua al giorno t Controllare l’apporto di sale ed eventualmente sostituirlo con erbe aromatiche, spezie e limone t Ăˆ consigliabile utilizzare olio di oliva t Mangiare almeno una volta alla settimana pesce azzurro perchĂŠ apporta acidi grassi omega-3 t Le bevande alcoliche non sono raccomandate t Assumere con moderazione le bevande stimolanti t Ăˆ molto importante prendersi del tempo ai pasti: cercare un ambiente rilassante e piacevole e masticare bene il cibo. A questi utili suggerimenti aggiungiamo

dell’esercizio fisico o almeno cerchiamo di rendere le nostre abitudini piĂš dinamiche: t 3JEVSSF M VUJMJ[[P EFMMB NBDDIJOB F EFJ NF[[J pubblici preferendo mezzi di trasporto come la bicicletta o muoversi a piedi (magari scendendo un paio di fermate di autobus prima!) t 3JEVSSF M VUJMJ[[P EFMM BTDFOTPSF t $FSDBSF EJ GBSF EJ FTFSDJ[JP ĂŤ TJDP BM HJPS no in modo continuativo t $BNNJOBSF B QBTTP DPOUJOVBUJWP F WFMPDF senza fermarsi. 2VFTUF TPOP TPMP BMDVOF EFMMF 3&(0-& % 030 EB TFHVJSF 4F WVPJ QSFQBSBSUJ BMMB “prova costumeâ€? vieni a scoprire i segreti EFMM 01&3";*0/& #*,*/* SJWPMHFOEPUJ BM QFSTPOBMF RVBMJĂŤ DBUP EFMJ OFHP[JP/" 563)064& NaturHouse nasce in Spagna nel 1992 e oggi, in poco piĂš di vent’anni, conta quasi 2000 punti vendita nel mondo e oltre 4 milioni di clienti che, grazie ad un metodo innovativo, hanno imparato a mangiare bene per vivere meglio, in modo sano e gustoso.

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(a detta di alcuni gestori la spesa complessiva si aggirerebbe intorno ai 15mila euro di carburante per tutta la stagione), l’acqua arriva con degli speciali container che hanno anch’essi un costo, e si devono fare frequenti spurghi di acque sporche perché non ci sono i tombini né tanto meno fognature. Il tutto, ci dicono alcuni gestori, aumenterebbe il costo stagionale di un chiosco di ben 30mila euro circa. Alcuni gestori di lidi inoltre, dichiarano di aver dovuto procedere alla riparazione delle rampe di scale in legno non sistemate dal Comune. In ogni caso, le rampe per l’accesso ai disabili, sempre secondo i gestori, sono insufficienti. E via, altre spese di adeguamenti. “L’anno scorso ci hanno fatto installare le bombole di ossigeno - dice il gestore di uno dei chioschi del lato sinistro - quest’anno il defibrillatore semi-automatico e il prossimo anno magari ci faranno anche assumere un medico di pronto soccorso. Noi seguiamo tutte le norme e forniamo i servizi migliori per quello che riguarda gli standard di sicurezza. Ma è davvero oneroso starci dietro”. Il bando di uno dei chioschi prevede che ci sia un certo numero di operatori stagionali contrattualizzati nello stabilimento e così, tra operatori di salvataggio, i cosiddetti “spiaggi-

ni” (che tengono pulita la spiaggia), il personale del servizio ristorazione e pulizie interne, ogni chiosco ci dichiara circa dieci collaboratori. Le problematiche sono molteplici in questo versante del mare pontino, allora dopo aver visto quanto do-

vrete spendere per tenere in piedi una attività che teoricamente non può fare nulla dopo le 19 per la suddetta tutela ambientale e “animale”, magari potreste volerla aprire nella “sponda destra”? Il fatto che si chiami area A ci consegna infatti l’illusione che si tratti di una sistemazione di categoria superiore. E in effetti, con i disagi che devono sopportare i chioschi della sponda sinistra per dare un servizio pulito e di qualità ai loro clienti, potrebbe essere così. I lidi della parte urbanizzata del Lungomare di Latina si contendono la spiaggia con pericolosi avversari cementificati, come per esempio un certo numero di case e palafitte presumibilmente abusive in origine e magari sanate in seguito, e l’avversario più ostico di tutti, di origine naturale: il mare. Proprio quel mare che dovrebbe essere la risorsa principale dell’attività balneare ma che, come cantava Pierangelo Bertoli, fa bestemmiare. Le acque salate si portano via ogni giorno centimetri preziosi di spiaggia, ormai si è ridotta al minimo, ad un misero fazzoletto di terra, da cui gli operatori del settore cercano di trarre un guadagno. “David Bersani, presidente della “Associazione

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Mare di Latina”, messa in piedi da tutti gli operatori dei lidi (che per inciso, non raccolgono nella loro associazione quelli della sponda sinistra perché invece i loro sono solo dei “chioschi”) lancia l’allarme “se non ci diamo una mossa qui, entro un anno, massimo due, non ci sarà più alcuna spiaggia - dice guardando preoccupato all’orizzonte - ci vorrebbe una fascia di frangiflutti che facciano rompere le onde più a largo impedendogli di portarci via sabbia e spazio vitale. Le palafitte degli anni scorsi sono state letteralmente divorate dal mare durante la stagione invernale e per costruirle occorrono più o meno 300mila euro”. Eppure i nostri lidi avrebbero tanto da offrire e tanto offrono già in queste condizioni di disagio. Il Lungomare di Latina oggi è come una clessidra a cui è quasi finita la sabbia e solo un intervento drastico sembra poterla salvare dall’incedere delle onde marine. “Gli interventi sono stati promessi, molto ci sarà da fare. Confidiamo che le istituzioni prendano degli impegni certi e li portino a compimento, altrimenti qui verranno spazzati via non solo molti soldi, ma anche molti sogni, e molto lavoro di gente che opera da più di trent’anni nel nostro lido portando benessere attraverso gli indotti turistici alla cittadinanza tutta”. L’augurio c’è, anche perché gli operatori del settore in fin dei conti sembrano disposti a rinunciare a servizi minimi o a rimpiazzarli per conto proprio e questo è segno che, seppur lavorando molto, un guadagno si riesce a trarre dalle difficili stagioni. Ma se il vostro sogno era quello di sorseggiare un drink ghiacciato dentro una noce di cocco unendo l’utile del guadagno al diletto della vacanza, Latina non fa per voi. Cercatevi un’isola deserta da popolare o qualche paradiso caraibico lontanissimo. Qui aprire un lido è un lavoraccio con risultati incerti, ma qualcuno deve pur farlo. Non possiamo che invocare una stabile estate di caldo e auspicare almeno migliori collegamenti per i cittadini che non vogliono avventurarsi nell’incubo di trovare parcheggio, perché c’è anche questo problema quando vai ad un Lido di Latina. Ma questa, è un’altra storia.

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Le regole da seguire per ottenere le licenze presso il PUA

Come accedere al bando di MARCO TOMEO

Apro un chiosco in spiaggia e il resto dell’anno mi riposo! A chi non è mai balenata per la testa l’idea di mettersi in braghette dietro un bancone a vendere gelati e bibite ai bagnanti o a preparare cocktail al suono della musica e al chiaro di luna nelle notti d’estate. La vocazione del nostro territorio, con chilometri di spiaggia e di duna, ma anche la crisi che porta proprio a puntare sulla riconversione di molte attività al settore turistico, ha probabilmente portato in tanti a fare questa pensata, ed in tantissimi sarebbero disposti ad investire per accaparrarsi un pezzo di spiaggia (persino quella esigua risparmiata dal fenomeno dell’erosione), che al di là o meno della qualità del nostro litorale, frutta comunque un buon guadagno, considerate le presenze annuali di turisti, seppur per la gran parte autoctoni. Ma come viene regolata la possibilità di ottenere una concessione demaniale e quindi avviare un’attività in riva al mare? A stabilire tutto è il piano di utilizzo dell’arenile, il cosiddetto PUA. E’ questo lo strumento che determina il numero di concessioni per le spiagge attrezzate e per gli stabilimenti. Il 10 giugno scorso il Comune di Latina ha approvato il nuovo PUA, aumentando quindi le concessioni per l’utilizzo di ulteriori porzioni di spiaggia sia da parte dei privati che dell’amministrazione comunale stessa, per l’istituzione di aree ludiche pubbliche e accessi per kitesurf e altri natanti. L’ultimo piano risaliva al 2003, a seguito dell’accordo di programma tra il Comune di Latina e la Regione Lazio, sottoscritto nel 2002 all’allora governatore Francesco Storace e il Sindaco Vincenzo Zaccheo. E in quegli anni che il Comune di Latina, attraverso una procedura ad evidenza pubblica, ha assegnato gran parte dei chioschi e degli stabilimenti che

oggi troviamo sul cosiddetto LATO B del litorale della Marina di Latina, ovvero il tratto di costa che va da Capo Portiere a Foce Verde. Che credenziali, quindi, occorre avere per aspirare ad un lotto di spiaggia? Di fatto, se la Regione Lazio in accordo con il Comune, stabilisce quali prescrizioni osservare e quante aree possono essere messe a bando, è esclusivamente quest’ultimo, per l’appunto attraverso un bando, nella fattispecie redatto in osservanza alle modalità previste dagli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, a stabilire i criteri e le discriminanti per l’assegnazione delle concessioni demaniali. L’ufficio demanio marittimo per il Lato B (Capoportiere – Foce Verde) e il SUAP (sportello unico per le attività produttive) per il Lato A (Capoportiere – Rio Martino), attraverso l’avviso pubblico richiede tutta una serie di documentazioni al partecipante che vanno dall’offerta economica alle certificazioni di cui deve essere in possesso,

come ad esempio di essere iscritto alla Camera di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato per l’esercizio e la gestione delle attività connesse allo stabilimento balneare e relativi locali pubblici. Una volta prodotta tutta la documentazione richiesta, si attende l’esito della gara che assegna le concessioni. E’ sempre il bando, poi, a stabilire la durata delle stesse, che vanno da un minino di sei anni ad un massimo di trenta! Facile evincere, dunque, che le scadenze ricadono in anni diversi e pertanto per chi volesse ‘ambire’ ad un pezzetto di spiaggia per il proprio chiosco o stabilimento, è consigliabile stare ogni anno con le antenne dritte, consultando il sito del Comune di Latina o rivolgendosi direttamente all’ufficio del demanio pubblico o quello del SUAP. Per il resto dovrebbe bastare affidarsi ad un bravo consulente (architetto, geometra etc) che istruisce tutta la documentazione tecnica richiesta e quindi incrociare le dita!

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Il racconto autobiografico del gestore del Lido Acquazzurra

Il ciclo continuo dello stabilimento di ALESSANDRO ZAFFARANO

Si, anche vista dalla parte del gestore è un’esperienza da vivere quella dello stabilimento balneare, anche se non sono tutte rose e fiori come qualcuno immagina. Mi riferisco a chi pensa che, essendo un’attività estiva, l’impegno si concentri e si esaurisca nel giro dei tre mesi canonici. Sfatiamo subito il primo mito: la preparazione alla stagione balneare, all inclusive, inizia ai primi tepori primaverili, ad aprile, e si conclude in autunno avviato, ad ottobre, questo perché al periodo di fruizione della struttura bisogna aggiungere quello dispendioso e pressante per l’installazione e lo smontaggio della baracca. In questo contesto lavorativo la spiaggia, il sole, l’abbronzatura e il mare diventano tutti elementi secondari a quello che, invece, è il fine primario, trarne profitto. Una giornata tipo in uno stabilimento inizia la mattina con la sveglia alle ore 6.30. L’adunata, in genere, è prevista per le ore 7. La prima cosa istintiva che si fa, una volta in piedi, è dare uno sguardo al cielo per capire che giornata sarà! Dopo di che si parte con allestimenti e approvvigionamenti: si comincia con la colazione, i cornetti da mettere in forno hanno la priorità su tutto, questo per garantire alle 7,30 ai primi clienti (quelli che amano respirare e godersi il fascino del mare alle prime ore) di iniziare bene una giornata con un breakfast delizioso e rigenerante. Man mano il giorno inizia a prendere forma, come fiori gli ombrelloni si aprono uno dopo l’altro. L’atmosfera silenziosa e rilassante del mattino muta in poco tempo con l’arrivo delle fa-

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miglie, i chiacchierii della gente e le piacevoli urla dei bambini animano la spiaggia. Il momento del pranzo è quello più impegnativo ma anche il più gratificante. Panini e piadine si alternano ai caffè e gelati. I gusti e le abitudini della gente rendono questa parte della giornata la più difficile ma anche quella più soddisfacente, il nostro compito è quello di assecondare le preferenze dei nostri clienti. Poi arriva l’ora della siesta: tutti o quasi, all’ombra, a schiacciare il classico pisolino, men-

tre qualche intrepido sfida le temperature sul lettino. Il pomeriggio fila via così fino alle 17 quando d’incanto musica, colori e suoni tornano prepotenti fino al tramonto, tra un aperitivo e quattro chiacchiere. Al calar del sole, la giornata dei bagnanti si conclude, ma non quella del gestore, il testimone passa ai frequentatori notturni. Musica, cocktail e dance sono gli ingredienti fondamentali per le nottate estive. Il tutto fino all’alba, quando è ora di ricominciare!



ZERO LIMITI

Il mondo della notte di MAURO BRUNO

Il Twentyfour raddoppia Serate a tema e grandi eventi al Bamboo Cult Club Doppia situazione, doppio divertimento. Così affronta l’estate l’organizzazione del 24.000 Baci con a capo l’imprenditore della notte Rino Polverino. Anche questa estate non mancheranno le proposte più esclusive dei locali cult della provincia: il twentyfour e il Club 42. Per loro la stagione non si ferma. Anzi affronta l’estate con una marcia in più ed una offerta a 360 gradi per un divertimento che va dai giovani ai meno giovani che non rinunciano a scaternarsi in pista. L’estate del Twentyfour e l’organizzazione affidata a Mattia Polverino è protagonista al Bamboo Cult Club su via Casilina Sud. Qui non mancheranno serate a tema, eventi esclusivi e animazione di qualità. Per una estate da incorniciare ed essere sempre protagonisti ed alla moda. Al Bamboo Cult Club il sabato sarà sempre e comunque esplosivo. Il 6 luglio special guest dai Club Dogo, Jake La Furia, mentre sette giorni dopo, il 13 luglio arriverà la rivela-

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zione hip hop: BABY K con la serata “killerparty”, omaggio a Tiziano Ferro e al bellissimo “pezzo” cantanto proprio con l’artista di Latina. Sabato 27 luglio torna dopo il successo di questo inverno al Twentyfour “Cristian Marchi” il dj produttore internazionale. Il Club 42 Beach, all’hotel Mediterraneo sarà in scena con il classico sabato vintage dedicato ad un pubblico “over 30”. Qui solo musica rigorosamente del passato con i successi dance 70/80/90 ed incurisioni nella commerciale del momento. La domenica, invece, solo balli latino americani con la sempre e collaudata domenica latina. Particolarmente “caliente” questa estate con l’animazione e la musica del dj cubano Alwin Gonzalez. Da qualche settimana il Club 42 Beach,apre anche la finestra a del giovedì. Ad ingresso libero la musica dance a 360 gradi. Commerciale, house, vintage per il giovedì del Mediterraneo. E mentre l’estate scorre ed entrerà nel vivo non mancheranno altri preziosi appuntamenti, come il tango argentino, il karaoke e l’animazione più travolgente. L’estate pontina ha due soli nomi ed una prestigiosa organizzazione: Bamboo Clut Club e Club 42 Beach sotto l’insegna del collaudato marchio 2 4 . 0 0 0 Baci.


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NOTTE

UNA

AL

pronto soccorso Nel racconto di un infermiere le storie di ordinaria follia nella sala d’attesa del Santa Maria Goretti

di RICCARDO ANGELO COLABATTISTA


C

hi non è passato almeno una volta al Pronto Soccorso? Quei pochi che hanno evitato la sala d’attesa dell’ospedale possono ritenersi fortunati, anche se simili esperienze possono servire a rendersi conto di quante contraddizioni esistano in un posto dove senso civico e miserie umane ingaggiano battaglie feroci e senza esclusioni di colpi, lasciando spesso sul campo un senso di diffusa e comune desolazione. L’ambulatorio del Santa Maria Goretti di Latina, rimasto il riferimento più attrezzato per i latinensi dopo il ridimensionamento degli ospedali limitrofi, non fa eccezione ed è anzi un campo di battaglia, un luogo che giornalmente ospita decine di pazienti con i loro problemi e lamentele, spesso preordinate e pretestuose, a volte sopra le righe del buonsenso e della buona educazione. L’apice del disordine relazionale si raggiunge nelle ore serali e notturne, quando si intensificano le visite e l’affollamento nelle anticamere, in questi momenti spesso la situazione degenera. Ad accendere le tensioni sono i biblici tempi di attesa e l’abituale distacco tra personale medico e pazienti, specie quelli catalogati in codici di modesta intensità. Siamo scesi in trincea, in una calda notte d’estate, per verificare di persona le tragicomiche vicende del Pronto Soccorso di Latina. Nelle ore di attesa abbiamo ascoltato i discorsi che si fanno per ingannare il passare delle ore, studiato i personaggi che popolano la sala e osservato il comportamento dei visitatori. Dismessa la veste

del paziente, siamo passati sull’altro fronte: ci siamo tolti bende e cerotti per infilarci il camice verde dell’infermiere. Grazie all’aiuto di Antonio (nome di fantasia di un vero infermiere) ci siamo fatti raccontare retroscena, episodi e storie che accadono dietro le quinte del Pronto Soccorso, del quale ci è sembrato opportuno ricordare le regole basilari, tra codici colore e accorgimenti utili a far funzionare

nel miglior modo possibile un luogo che troppo spesso viene scambiato per lo studio del proprio medico di famiglia.

Nervi d’acciaio Come valvola di sfogo, la sanità pubblica è un toccasana. Mette d’accordo tutti, è un punching ball sul quale si avventa tutta la frustrazione dell’intera categoria dei malati italiani. Ma è un muro di gomma, è un’astrazione contro la quale rimbalzano anche le più originali invettive, che tornano inesorabilmente al mittente. Quante volte ci siamo innervositi per le ore di attesa al Pronto Soccorso, per i problemi causati da errori medici spesso frutto della superficialità o dei tempi secolari per la prenotazione di una visita? In generale quante volte il paziente, che fa rima con cliente, ha ragione? In medio stat virtus, il rapporto di colpevolezza tra personale medico e aspiranti degenti potrebbe stare in equilibrio. E chi finisce per diventare il capro espiatorio di un sistema fallace e pieno di storture è sempre l’apparato meno protetto, quello degli infermieri, il più esposto al contatto con le giaculatorie dei pazienti. Sarebbe opportuno, invece,


sottolineare con forza il lavoro e la passione prestati dalla struttura sanitaria di base, quella paramedica, la prima ad assistere persone sempre bisognose di cure, di consigli e, perché no, anche di affetto. Tra turni massacranti, contratti a termine e un futuro quanto mai incerto, la figura dell’infermiere di Pronto Soccorso è in tutti i sensi quella dell’anticamera: un punto di riferimento fondamentale per tutti, ma col destino appeso ad un rinnovo. Per capire cosa accade realmente nel dietro le quinte, dunque, abbiamo ascoltato i racconti di Antonio, infermiere che da anni presta servizio al Santa Maria Goretti, testimone diretto delle batracomiomachie in sala d’attesa. “Al Pronto Soccorso arrivano persone con problematiche molto differenti – spiega - dall’incidente automobilistico all’infortunio sul lavoro, dal tossico che chiede aiuto all’anziano bisognoso solamente di essere lavato e rimesso in sesto. Il nostro è un lavoro fisico e mentale. Abbiamo il contatto diretto con il paziente e con ogni persona dobbiamo comportarci in maniera diversa ed essere pronti a tutto, anche a ricevere sputi ed insulti”. Un ruolo difficilissimo, uno sparring partner che deve mantenere mente lucida e stomaco forte. “Quando arrivano i tossici – continua Antonio nel suo racconto – cerchiamo ci rimetterli in sesto, li curiamo, li assistiamo e curiamo la loro igiene. Peccato che quando ritornano ad essere lucidi ci insultano, ci spintonano e arrivano anche a sputarci addosso. Ma c’è ancora di peggio: a volte arrivano pazienti con problemi psichici che ci minacciano, sostengono di avere con se coltelli e armi da taglio come lamette. Sono situazioni veramente spiacevoli ma a cui abbiamo pian piano fatto l’abitudine”. Insomma, la sala d’attesa si popola ogni notte di personaggi diversi, variegati, alcuni divertenti ma altri preoccupanti. I ragazzi con la divisa verde sono pronti ad aiutare tutti, ma è proprio questa disponibilità a volte ad essere fraintesa “Molti pensano che l’infermiere sia in servizio a completa disposizione del singolo paziente, del proprio figlio o del proprio parente. Purtroppo non è così. Abbiamo da assistere centinaia di persone e con il perso-

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nale ridotto all’osso non possiamo proprio rispondere ad ogni dubbio o piccola necessità di tutti. Ci vorrebbe un po’ più di comprensione verso il nostro lavoro e per le persone come noi che, nonostante le difficoltà, cercano di dare una risposta a tutti”.

Un sorriso ogni tanto L’ospedale è sempre visto come luogo di sofferenza. Ma anche qui possono capitare episodi che ti strappano un sorriso, una risata. Ci siamo fatti raccontare da Antonio quelli più buffi che gli sono capitati negli ultimi anni. “Nel nostro lavoro abbiamo a che fare con tantissime persone, ognuna con il suo modo di reagire e di vivere. Di episodi divertenti ne succedono molti. Per esempio una volta è arrivato un paziente residente in Svizzera, dopo le prime cure lo abbiamo messo su una barella ma lui, dopo qualche minuto di attesa, pretendeva che chiamassimo l’elicottero per trasportarlo in

Svizzera, dove lui pagava le tasse. Quando ha visto che l’elicottero non poteva arrivare, allora ci ha chiesto di fargli scegliere la stanza dove doveva essere ricoverato, neanche fosse un albergo. Un altro episodio divertente, invece, è stato quando un signore, con un cagnolino, si è presentato al Pronto Soccorso e, incurante di codici rossi o gialli, pretendeva ad alta voce che visitassimo il suo cane. Tra l’altro, non contento, in macchina aveva portato anche il suo gatto, come se si fosse recato presso una clinica veterinaria. Infine, uno degli episodi più divertenti da raccontare è accaduto quando un ragazzo, forse a causa di un eccitante preso in dosi eccessive, aveva il pene in erezione da due giorni. In quel caso siamo dovuti intervenire immediatamente per diminuire il flusso di sangue ma, non appena mettevamo in pausa il prelievo, il pene tornava ad essere eretto. Un episodio che a posteriori fa molto sorridere ma il paziente ha rischiato veramente di perdere la funzionalità dell’organo genitale a causa del sangue che si stava coagulando”.



Gli argomenti da sala d’attesa LA POLITICA

Al primo posto delle discussioni da “sala d’attesa” c’è sicuramente la politica. Quella da Pronto Soccorso. Le frasi più gettonate in questi “approfondimenti politici” improvvisati sono: “Loro si magnano tutto e noi qui a soffrire”, “Cosa gliene può importare di noi, tanto loro vanno nelle cliniche private” oppure “Sono tutti uguali, destra-sinistra, mai nessuno che pensi alla povera gente”. Queste le argomentazioni che, dopo quattro o cinque ore di attesa, se tutto va bene, diventano per forza di causa maggiore, condivisibili dalla maggioranza dei malati. È proprio su questo tema che le persone in attesa trovano un punto d’incontro salvo poi scontrarsi quando si tratta di individuare un responsabile

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specifico del penoso stato di cose. Qui, tra il caldo, il nervosismo e il dolore si può arrivare anche ad alzare la voce e ad affermare che la colpa è di Storace o del neo arrivato Zingaretti, passando per la Polverini ovviamente.

IL CALDO

Al secondo gradino del podio troviamo la stagione estiva e il caldo. Come in un bar, o nel bus o quando sei fermo in treno il tema delle previsioni meteo è sempre un “must”. Se d’inverno si parla di bronchiti, freddo e gelo, in questo periodo il caldo, l’afa e il sudore la fanno da padroni. Le frasi celebri sono: “Lo scorso anno faceva caldo, ma mai come in questi giorni” oppure “Avete sentito la televisione? Bisogna bere tanta acqua, mangiare frutta e verdura”. Il Pronto Soccorso è una delle risorse principali del meteo.it.

I MALANNI E LE DISGRAZIE

Sul gradino più basso della classifica, c’è la lista dei malanni passati, presenti e futuri. Un argomento che viene trattato dalla fascia d’età più avanzata. Sono soprattutto gli anziani, infatti, ad avere un background importante per quanto riguarda acciacchi, malesseri ed incidenti. Molto spesso, quando si inizia a trattare questo delicato argomento, la competizione tra chi ha avuto più disgrazie o incidenti si accende in un istante. Competizioni “tragicomiche” utili a far passare minuti, o anche ore, a chi aspetta una visita. Su questo tema gli anziani sono imbattibili e i giovani “sfortunati” devono rassegnarsi al silenzio e ascoltare in disparte le mille disavventure del passato millennio.


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I PERSONAGGI

Anche se il Pronto Soccorso è un luogo di sofferenza, qualche sorriso ce lo strappano alcuni personaggi che animano la sala d’attesa. Ognuno ha le proprie caratteristiche e le tipologie sono varie, ma abbiamo provato a raggrupparle in maniera sintetica e più fedele possibile.

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È colui che per un mal di pancia, un giramento di testa o per un taglietto in un dito continua a sollecitare l’intervento dei medici perché “lui sta male”. Tanta è la sua egocentrica angoscia che persone anziane, donne incinte, bambini e pazienti che arrivano in barella con l’autoambulanza non hanno la priorità.

Ebbene sì, al Pronto Soccorso ci sono anche gli sconfitti. E chi sono? Sono le persone che, dopo ore di attesa snervante e dopo aver studiato bene la gravità della situazione, si rendono conto che per loro, quella notte, non ci sarà spazio. Si fanno coraggio, chiamano amici e genitori e tornano mestamente a casa, aspettando che apra lo studio del medico di famiglia la mattina successiva.

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L’ HABITUÈ

Con il caldo, l’attesa snervante e qualche dolore alcuni vanno in escandescenza. C’è chi strilla, chi si butta a terra e sbatte i pugni e chi annuncia: “Adesso chiamo la Polizia”. Mentre tutta la sala è preoccupata per la reazione sconsiderata di qualcuno con la pazienza al limite, il personale infermieristico appare ormai abituato a certe performance e lasciano che il paziente si calmi da solo.

IL RASSEGNATO

Una categoria questa di cui fanno parte tutte quelle persone che, una volta arrivate al Pronto Soccorso, consapevoli di non avere un problema urgente e al quale il personale sanitario potrebbe dare una priorità, si siedono sulla sedia, si vanno a fare un passeggiata tra i corridoi o si fumano delle sigarette “rassegnati”. Sanno di dover aspettare molto tempo prima di essere visitati.

IL LAMENTOSO

LO SCONFITTO

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IL PAZZO

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L’ ACCOMPAGNATORE

La sala d’attesa è popolata da pazienti in attesa di essere visitati, ma la vera “massa” è costituita dagli accompagnatori. Parenti, amici, fidanzate, mogli e colleghi. Sono costoro che popolano e riempiono gli spazi del Pronto Soccorso. Il loro compito? Acquistare dai distributori patatine, bottiglie d’acqua, cioccolatini e esaudire tutti i desideri del malato.

Poi c’è chi va al Pronto Soccorso solo se trasportato in autoambulanza, chi solo per motivi gravi e chi ci va quasi ogni giorno. Questi sono gli habitué che scambiano le stanze del Pronto Soccorso con quelle di un medico di famiglia, di un amico o parente. A testimonianza di questo fenomeno ci sono, per esempio, le oltre mille segnalazioni di entrata di una signora che in ambulatorio ormai si sente come a casa propria.

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L’ANSIOSO

“Scusi, quando mi chiamate?”, “Dottoressa, credo che la situazione stia peggiorando”, “Signorina, sono tre ore che aspetto e il mio dolore è diventato insopportabile”. L’ansioso crea un rapporto personale con chi si trova all’accettazione. Peccato che alle ore 22, al cambio del turno, debba ricominciare tutto d’accapo con un nuovo operatore in camice bianco.

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L’OSTINATO

È colui che le tenta tutte pur di farsi visitare. Cerca agganci con amici portantini, infermieri e parenti di dottori. Tenta tutte le strade fregandosene delle priorità, dei codici e dei pazienti in più gravi condizioni. L’estrema soluzione è: “Adesso faccio come gli altri, vado a casa e chiamo l’autoambulanza così mi fanno entrare subito”. L’ostinato è tra i peggiori perché predica giustizia sociale, ma in realtà pretende privilegi per sé stesso.

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CODICE COLORE Il Codice colore assegnato in fase di triade, ovvero di accettazione, stabilisce la priorità da dare al paziente, in base alle sue condizioni. I Codici Colore assegnati durante il triage sono 4:

CODICE BIANCO Non c’è nessuna urgenza - il paziente non è in pericolo e non ha bisogno dell’intervento del Pronto Soccorso e può rivolgersi al proprio medico.

CODICE VERDE

Pronto soccorso, istruzioni per l’uso

addome, cranio e quando si è subito un trauma in grado di provocare lesioni. È bene, nella sostanza, utilizzare il Pronto Soccorso per problemi acuti urgenti e non risolvibili dal medico di famiglia, dal pediatra di libera scelta o dai medici della continuità assistenziale (ex guardia medica).

Che cos’è Il Pronto Soccorso ospedaliero è una struttura clinica fondata su un’organizzazione altamente complessa che garantisce esclusivamente il trattamento specializzato delle emergenze/urgenze ovvero quelle condizioni patologiche che richiedono una risposta rapida, a volte immediata, che necessitano cioè di interventi diagnostici e terapeutici in tempi veloci.

Quando non andare Non è opportuno accedere al Pronto Soccorso per situazioni cliniche note, magari cronicizzate, che non subiscano variazioni così improvvise da far temere una destabilizzazione clinica e un rischio di complicazioni imminenti. Discutibile è anche andare al Pronto Soccorso per problematiche di tipo sociale e/o assistenziale. In ogni caso, si deve evitare di ricorrere al Pronto Soccorso se esiste una possibilità alternativa (Medico di Famiglia, Servizio di continuità assistenziale, Servizi Socio-Sanitari territoriali etc.) e il quadro clinico non appare preoccupante.

Quando andare È opportuno rivolgersi al Pronto Soccorso ogni volta che compaiono sintomi, di solito in maniera repentina, che modificano la sensazione “di stare bene” e che riguardano lo stato di coscienza, l’equilibrio psichico, la funzione motoria o la sensibilità, la respirazione, la capacità di compiere degli sforzi, la normale funzione intestinale o urinaria, ogniqualvolta compaia un dolore mediamente intenso a livello di torace,

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IMPORTANTE Ogni visita inutile al Pronto Soccorso è un ostacolo a chi ha urgenza. Un corretto utilizzo delle strutture sanitarie evita disservizi per le strutture stesse e per gli altri utenti. Il buon funzionamento del Pronto Soccorso dipende da tutti.

Urgenza minore - il paziente riporta delle lesioni (traumi minori, fratture, ecc) o lamenta dei sintomi che però non interessano le funzioni vitali, ma ha necessità di ricevere delle cure.

CODICE GIALLO Urgenza - il paziente presenta una parziale compromissione delle funzioni dell’apparato circolatorio o respiratorio, lamenta dolori intensi; non c’è un immediato pericolo di vita, ma necessita quanto prima di un controllo da parte del medico.

CODICE ROSSO Emergenza - indica un soggetto con almeno una delle funzioni vitali compromessa, che si trova in immediato pericolo di vita. Stato di shock, perdita di coscienza, respirazione interrotta, arresto cardiaco, emorragie e traumi molto gravi.


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parrucchiere professionista, per non correre il rischio che il danno si sviluppa su tutta la chioma. Il cuoio capelluto, pero’, è formato anche dall’epidermide, che tende a seccarsi eccessivamente con il troppo sole, oltre a modificarsi il pH naturale del cuoio capelluto, i raggi infrarossi tendono a scatenare il fenomeno della forfora secca, perche’ il cuoio tende a desquamarsi. Il problema piu’ grave pero’ e’ dato dal rallentamento dell’evacuazione degli acidi grassi contenuti nel sebo, che tendono a ristagnare nell’epidermide e trasfor-

mandosi in tossine che comprimono e danneggiano l’attivita’ delle radici che a loro volta irrorando di meno il bulbo del capello, lo indeboliscono fino a farlo cadere dopo poche settimane. Quindi per concludere, i raggi UV provocano un cambiamento della composizione chimica del capello, che subisce un effetto di fotoossidazione. Quindi, in mancanza di prodotti specifici che possono essere richiesti nei Centri Bellezza Professionali, per evitare danneggiamenti dei capelli e della pelle del viso e del corpo, bisogna almeno proteggerli almeno con un cappello o con un fazzoletto, sulla spiaggia o in alta montagna. Anche in piscina, contro il cloro, od altri agenti disinfettanti, i capelli vanno protetti con due cuffie, una di stoffa e l’altra di silicone, cosi’ l’acqua non penetra fino a bagnare completamente i capelli. Sciacquare abbondantemente i capelli con acqua dolce dopo il bagno in piscina. Con l’aiuto di un serio professionista, pero’, si possono applicare degli olii ricchi di sostanze filmogene, delle ottime creme protettive con filtro solare, e maschere nutrienti ed idratanti che restituiscono forza e vitalita’ al capello che affrontera’ di nuovo l’aggressione quotidiana di agenti esterni.

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I processi più eclatanti del Tribunale di Latina

SCANDALI A CORTE di ALBERTO REGGIANI e IVAN EOTVOS

I mostri del Circeo Il drammatico caso del Massacro del Circeo, a detta di molti giuristi, segnò un’epoca. Sia per l’efferatezza del delitto, con i molteplici capi di imputazione che inchiodarono i colpevoli, sia per la risonanza socioculturale che quel fatto di sangue così brutale e gratuito scatenò sull’opinione pubblica italiana. Il Processo verso i tre re-

sponsabili della carneficina si svolse presso la Corte d’Assise di Latina nel luglio 1976, quasi un anno dopo le tragiche 36 ore che stravolsero la vita di due ragazze della borgata romana. Oltre mille pagine di istruttoria ricostruirono i ben noti fatti: il pomeriggio del 29 settembre 1975 due ragazzi della Roma bene, Gianni Guido e Angelo Izzo si incontrano presso il ristorante Il Fungo all’Eur con Rosaria Lopez e Daniela Colasanti convincendole a salire sulla loro Fiat 127 bianca per una serata presso un loro amico a San Felice Circeo. Giunti a Villa Moresca, di proprietà della famiglia di Andrea Ghi-

ra, il terzo della banda che si aggiunge ai due, le intenzioni dei ragazzi diventano palesi e per le due giovani scoppia l’inferno: vengono dapprima molestate e invitate a rapporti sessuali poi, dopo le loro resistenze e i loro rifiuti, vengono rinchiuse in bagno e poi a turno torturate e seviziate. Dopo 36 ore di infinite umiliazioni morali, fisiche e sessuali Guido, Izzo e Ghira, tutti gravitanti negli ambiente eversivi della destra romana, decidono di sbarazzarsi delle due ragazze: Rosaria Lopez viene affogata brutalmente nella vasca da bagno e muore, Daniela Colasanti viene colpita ripetutamente alla testa da Izzo e Guido e ritenuta morta. I tre assassini, a quel punto, tornano a Roma per sbarazzarsi dei cadaveri e, dopo aver lasciato l’auto in via Pola vicino l’abitazione di


Guido, vanno a mangiare, nell’attesa che alcuni amici del Fronte della Gioventù li raggiungano per aiutarli a far sparire i corpi delle due sventurate. Ma la Colasanti è ancora viva e, dal bagagliaio della 127, riesce a richiamare l’attenzione di una guardia notturna e a salvarsi. Per due dei tre responsabili non c’è scampo, Guido e Izzo vengono catturati nel giro di poche ore, Andrea Ghira invece riesce a fuggire grazie ad una soffiata e non verrà mai preso, cominciando una latitanza misteriosa che si conclude con la sua accertata morte nel 1994 a Melilla, dove si era arruolato presso la Legione Straniera La condanna dell’opinione pubblica sul massacro del Circeo fu unanime. Su molti giornali autorevoli firme della cultura italiana cercarono di capire le motivazioni di quella mattanza così brutale e se Italo Calvino sul Corriere della Sera individuò il movente nel consumismo e nella superficialità dell’apparato borghese, dalle colonne del Mondo Pier Paolo Pasolini replicò sottolineando che alla base di questi gesti non ci fosse una distinzione di classe ma che il malessere fosse diffuso e che la violenza si generasse sempre da una voglia repressa di riscatto sociale. Un anno dopo i drammatici fatti, nel luglio 1976, in un clima di forte sollevazione emotiva creato soprattutto dalle associazioni femministe, iniziò il processo in Corte d’Assise a Latina; presenti in aula solo Izzo e Guido. I capi d’accusa furono: omicidio volontario, tentato omicidio, ratto a fine di libidine, violenza carnale continuata, detenzione di arma da fuoco. Il processo andò avanti per un mese, tra le drammatiche e raccapriccianti deposizioni di Daniela Colasanti e le

La protesta delle associazioni femministe durante il processo del Circeo

pesanti controrepliche della difesa degli imputati che tentarono in tutti i modi di screditarla. La sentenza arrivò dopo sette ore di camera di consiglio: ergastolo per i tre imputati Izzo, Guido e Ghira (latitante). Nel gennaio del 1977 Gianni Guido e Angelo Izzo cercarono di evadere dal carcere di Latina, dove erano detenuti, prendendo in ostaggio una guardia carceraria, ma il tentativo fallì. Il 27 ottobre 1980, il processo d’appello, al termine di otto ore di camera di consiglio, confermò l’ergastolo per Andrea Ghira, sempre latitante, e per Angelo Izzo, e cambiò la pena per Gianni Guido dall’ergastolo a 30 anni (più 3 di libertà vigilata). Nella

Donella Colasanti (a sinistra) a colloquio con Tina Lagostena Bassi

decisione pesò la rinuncia dei familiari di Rosaria Lopez a costituirsi in giudizio parte civile dopo aver accettato cento milioni dalla famiglia di Guido a titolo di risarcimento. Nel settembre 1983, la Suprema Corte di Cassazione, respinse i ricorsi di Ghira, Guido e Izzo, e confermò le pene. Tutte le fasi dell’istruttoria processuale hanno fatto storia, anche per la presenza di illustri avvocati che crearono ad arte, intorno al caso giudiziario, un clima di rivolta sociale, di forte contrapposizione civile. La Colasanti fu rappresentata dall’Avvocato Tina Lagostena Bassi, icona delle associazioni femministe, molte delle quali si costituirono parte civile e urlarono di tutto contro gli stupratori. La giurista milanese era nota nei tribunali italiani come uno dei principali e più agguerriti avvocati per la difesa dei diritti delle donne. Celeberrime le sue arringhe in cui, con termini asettici e crudi, descriveva la violenza subita dalle sue assistite, rompendo così il muro di omertà che esisteva nella società dell’epoca sulla questione della violenza sessuale. Tra gli avvocati di parte civile c’era un giovane Nino Marazzita, che anni dopo si sarebbe specializzato nella difesa dei “mostri”, da Pacciani e Donato Bilancia, ma che in quella circostanza era tra gli accusatori dei bruti e della loro selvaggia e omicida ossessione. “Il Processo ai mostri del Circeo – ha dichiarato in seguito lo stesso Marazzita - ebbe il merito di sensibilizzare l’opinione pubblica e il legislatore su un reato gravissimo, quello della violenza carnale, che una volta era considerato come delitto contro l’onore sessuale. Si


La villa dell’orrore di proprietà della famiglia di Andrea Ghira

aprì un dibattito, una vera e propria battaglia che si concluse dopo una decina di anni: la violenza sessuale fu considerata come delitto contro la persona”. Noi avvocati, che come Parte Civile partecipavamo ai processi, abbiamo ritenuto che il processo per i fatti del Circeo fosse un “apripista” per discutere sul reato di violenza carnale. L’inizio si ebbe con il processo ai tre imputati celebrato al Tribunale di Latina, dove sia io che gli altri colleghi di Parte Civile, avemmo l’impressione di una sorta di... “comprensione” per gli imputati. Quel processo, dunque, fece capire quali danni gravissimi subisce un essere umano per effetto della violenza sessuale. Quanti anni ci sono voluti per arrivare a questo! Ed ancora oggi c’è chi ritiene che si debba avere una certa comprensione nei confronti di chi commette questo tipo di violenza. Debbo aggiungere che quel processo del Circeo si può considerare anche come un “processo politico”, oltre a quello più propriamente giudiziario? E questo perché quei tre “pariolini”, tutti borghesi e di sentimenti fascisti, ritenevano che le ragazze del popolo fossero merce da utilizzare come meglio credevano”. Altra figura di spicco del Processo fu quella del Pubblico Ministero Vito Giampietro, le cui richieste accusatorie furono accompagnate dall’enfasi necessaria che un simile caso richiedeva. Rimbombarono in aula le sue imputazioni: “Non vi è follia

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nel comportamento di Guido, Izzo e Ghira, non vi è follia che ottunde il sentimento, che ottenebra la volontà, che obnubila il cervello. Il delitto è lucido, freddo, spietatamente voluto per il perseguimento di un fine ben determinato! Ergastolo per Izzo, ergastolo per Ghira, ergastolo per Guido!” Il clamore intorno al Tribunale di Latina neo giorni del dibattimento in aula fu amplificato dalle telecamere della Rai che immortalarono i volti sprezzanti degli assassini e quello della vittima superstite, riuscendo a cogliere anche violenti conciliaboli tra le due parti. Quando Izzo rivolgendosi alla Colasanti che stava deponendo in aula le gridò: “mente sapendo di mentire”, quest’ultima si rivolse proprio alle camere del Tg2 affermando stizzita: “Izzo è un vigliacco, un vigliacco e basta. Hanno voluto fare i grandi con noi che eravamo delle ragazzine, però adesso tremano quando devono parlare. E’ una stupida farsa, se vede bene che recita, recita pure male”. La Colasanti fu eretta a simbolo del delitto operaio contro la sopraffazione borghese, che poteva contare sempre su collaborazioni esterne, omertà, aiuti di ogni genere. L’unica volta che la ragazza urlò in aula la sua disapprovazione fu proprio contro la reticenza di un’altra donna, la sua amica Nadia Campoli, colpevole a suo giudizio di non averla avvertita della pericolosità dei tre assassini, pur conoscendone benissimo la fattura violenta.

Lo stesso muro di protezione e di omertà riuscì a salvare dal carcere Andrea Ghira, nonostante la condanna in contumacia, e anzi dalla latitanza egli riuscì ad inviare una beffarda lettera ai suoi compagni, minatoria per la stessa Colasanti: «Cari amici sappiate che non mi avranno mai. Vi assicuro che quella bastarda la faccio fuori, per voi non c’è pericolo, a fine anno ’76 uscirete tutti per libertà provvisoria. Anche se sanno tutto, questi bastardi faranno una brutta fine, anche loro. Comunque non vi preoccupate per la mia latitanza, ho circa 13 milioni di lire, forse andrò via da Roma. Per quanto riguarda quella stronzetta, farà la fine della Lopez, state calmi. Berenguer Ghira (come il capo del Clan dei Marsigliesi di cui era un sostenitore).

Processo per stupro Il Tribunale di Latina divenne il teatro di uno dei più grandi processi pubblici della nostra storia contemporanea al quale, curiosamente, non venne dato un nome suggestivo, forse perché il muro di omertà del tempo non necessitava di altre suggestioni per essere infranto. Era il 1979 e se è vero che in tutto il nostro paese ancora erano da completarsi alcuni processi di emancipazione culturale, la provincia pontina mostrava sintomi preoccupanti di questa arretratezza. In quei giorni si consumarono due processi: uno penale, dentro all’aula del nostro tribunale, a carico di quattro persone, una delle quali, Rocco Vallone, era un conoscente della vittima di questa storia, Fiorella. La ragazza - il cui cognome non è mai stato reso noto - venne invitata da Vallone a discutere di una occasione di lavoro come segretaria all’interno di una ditta di nuova apertura a Nettuno. In realtà, una volta condotta nella villa, gli vennero riservate violenze sessuali prima dallo stesso Vallone, e poi da altre tre persone presenti nella casa. In seguito, gli imputati cercheranno di far credere di aver concordato un compenso per la ragazza di 200mila lire, ammettono che il giorno dopo le offrirono addirittura un milione e al momento dell’apertura del processo


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arrivarono a mettere sul piatto ben 2milioni. Questo imbarazzante gioco al rilancio venne interrotto da una avvocatessa che quel giorno sarebbe diventata una icona della difesa delle donne. Tina Lagostena Bassi, del foro di Roma, commentò con voce tranquilla ma sguardo tagliente il fatto. Liquidandola come “una mazzetta lasciata sul tavolo”. Non accettò transazioni economiche di nessun tipo, dichiarando che la sua cliente avrebbe accettato per se stessa un risarcimento di una lira, mentre avrebbe devoluto tutto ciò che il tribunale avrebbe ritenuto giusto ad una associazione che si batteva per i diritti delle donne. Da quel momento fu scontro. Gli avvocati della difesa usarono tutte le armi a loro disposizione. In seguito la Lagostena Bassi paragonerà il loro accanimento sui particolari ad un’altra violenza, pari quasi a quella degli stupratori. Tutti gli imputati vennero condannati a pene che andavano dagli 8 mesi ai 2 anni. Tutti beneficiarono delle attenuanti ed ebbero la libertà condizionale e vennero subito rilasciati. Pene lievi, nonostante tutto, aggiunte al fatto che dovettero risarcire una somma concordata dalla corte che, curiosamente, era anch’essa di due milioni di lire, la stessa somma che gli uomini si erano detti pronti a pagare dall’inizio. Ma il processo che venne svolto all’interno dell’aula di tribunale non fu tanto al calor bianco come quello che si svolse fuori, nelle strade, nelle piazze, nei bar e nei salotti di tutta Italia. Perché fu trasmesso dalla RAI, il 26 aprile del 1979 alle ore 22:00. Quella prima emissione fu vista da oltre 3 milioni di telespettatori, moltiplicando in maniera esponenziale anche il processo che si era tenuto fuori dall’aula. Un processo in cui gli imputati erano la vittima, la madre della vittima, la loro morale. Del perché la madre l’avesse lasciata andare da sola con un uomo che non gli era stato presentato, del fatto che i mariti avessero in fondo il diritto di avere delle fughe, perché tutto sommato la colpa era delle donne. Questo processo ruppe quel muro e da quel giorno, fu stato trasmesso in tutto il mondo. Nuda ferita alla morale ancora in parte sanguinante se si considera quanto sia attuale il dibattito sui diritti delle donne ancora oggi.

L’ingresso dell’aula per i procedimenti penali

Il delitto Calisi E’ il 26 settembre del 1956, in località “La Cona” nella campagna di S.Felice Circeo e un contadino era come sempre impegnato a dissodare la terra. E’ un lavoro monotono, duro, ripetitivo, e il contadino quasi può rimanere piacevolmente sorpreso della variabile creata da qualcosa di insolito che resiste ai suoi attrezzi che solcano la terra. Qualcosa è stato seppellito nella terra di quel campo. Smuovendo il terreno, il contadino si accorge presto che non si tratta di nulla di ciò che spesso si ritrova nei campi dell’agro pontino, come vecchie casse di munizione della guerra o attrezzi andati perduti. Nella terra di quel campo è stato sotterrato un cadavere. Si tratta del corpo di Angelo Calisi, di 56 anni che era stato ucciso il giorno prima a calci e pugni. Lo spettacolo che si presenta agli occhi del contadino è terribile, e in men che non si dica, lui sta già correndo per dare l’allarme. Per gli inquirenti non sarà difficile risalire alla dinamica del delitto, e in breve tempo si compiono alcuni arresti. Vengono arrestati due giovanissimi, Mario Tassini e Vittorio Capponi, rispettivamente di 17 e 19 anni. I motivi che hanno spinto i due giovani al gesto, restano misteriosi per alcune ore, ma gli interrogatori chiariscono

tutto. Angelo Calisi viveva da dodici anni in una località vicina al luogo del delitto con la sua compagna, Argentina Capponi. Aveva assunto alle sue dipendenze da qualche tempo il suo giovane assassino, Mario Tassini che la sera del 25 settembre del 1956, data fatidica per la nostra vicenda, si era recato al cinema inseme al suo amico e poi complice dell’omicidio, Vittorio Capponi. I due attendono in serata il ritorno del Calisi e lo assalgono, colpendolo con grande violenza, fino a causare lesioni gravi. Qui il particolare più macabro della vicenda: i due confessano di aver scavato la buca nel primo campo di terra che hanno trovato alternandosi nel lavoro e di avercelo gettato mentre il Calisi era ancora in vita. Prima gli sottraggono il denaro che aveva addosso, 3.170 lire, e poi lo gettano nella buca mentre ancora rantola e lo ricoprono impietosamente. Ma la rapina non può giustificare un gesto così efferato. Quello che è accaduto veramente è che la donna della vittima, Argentina Capponi di 30 anni, entra drammaticamente in scena come mente del proposito criminale. Da quando il giovane Tassini è alle dipendenze, tra la donna e il giovane bracciante si scatena una relazione. Lei, stufa del vecchio amante, convince il giovane Tassini ad ucciderlo, promettendogli di sposarlo subito dopo l’assassinio. Lui chiede aiuto al suo amico Vittorio Capponi al quale promette la somma di 10mila lire in cambio del suo inter-

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vento. Quella stessa notte, quando il giovane torna dalla donna per comunicare di aver eseguito il compito, lei lo ricompensa con un amplesso. Paradossalmente, è proprio l’efferatezza del delitto e alcune circostanze ad attenuare la situazione degli imputati. Viene esclusa la premeditazione e concesse le attenuanti generiche. La condanna più pesante arriva per la donna, confermando che per la legge la progettazione di un disegno criminoso e il convincere altri a compierlo è più grave che eseguirlo: materialmente Argentina Capponi verrà condannata a 27 anni di reclusione. Simile sorte al complice, Vittorio Capponi, il più giovane della compagnia che ha accettato di compiere un delitto in cambio di un matrimonio, Mario Tassini, esecutore materiale del delitto, viene condannato a 15 anni di reclusione. E’ proprio lui a scontare la pena minore, per aver accettato, in questa oscura storia, di compiere un delitto orrendo offuscato dall’amore di una donna. Il delitto fa clamore nella cronaca del tempo e verrà ricordato come “il delitto del Circeo” ben prima che altri, spaventosi crimini, macchino di sangue il ricordo di quei luoghi.

di assegni, di pagherò e di spostamenti che facevano parte di una rete di interessi, di falsi accrediti e di raggiro di denaro con le più moderne tecniche bancarie del tempo. Gli imputati erano tutti o quasi notabili del tempo, come Gaetano Aiuti, Presidente della cassa di Risparmio, accusato insieme ad altri 12 imputati di aver posto in essere un “vorticoso giro di assegni e cambiali per alcuni miliardi” da cui emerse appunto, il miliardo in questione. I reati erano peculato, emissione di assegni falsi e falso. Altra nota del processo, che non poteva che attirare l’attenzione del grande pubblico fu lo sfilare dei grandi principi del foro del tempo, come ad esempio De Marsico, Gatti e altri tra i migliori avvocati a livello nazionale. Questo, unitamente al fascino della grande truffa, la celebrità e l’ammon-

tare del maltolto, incoraggiarono la stampa a montare giustamente un caso di grande risonanza. Il processo venne condotto con tutti gli stratagemmi possibili da parte degli avvocati delle varie parti, in un fiume di udienze durato un anno che oggi sarebbe impensabile. Gli intrecci erano estremamente complicati, il caso comportava dover ricostruire solo in base alle carte atti che erano frutto anche solo di taciti consensi e alleanze stabilite in maniera flebile. Ricostruire la correità degli imputati fu difficile, ma alla fine furono tutti condannati con diversi ordini di sentenza. Il clamore del caso ebbe fortissima risonanza e, come poche volte era accaduto prima, una provincia si trovò ad affrontare i grandi temi e le difficoltà, gli intrighi e i misteri della nostra alta finanza.

Lo scandalo dei miliardi Gli scandali bancari sono antichi quanto il denaro stesso. In Italia il primo grande scandalo o comunque quello più famoso, è stato lo scandalo della Banca Romana che travolse Giolitti distruggendone quasi carriera politica. Prima ancora della Repubblica così come la conosciamo oggi, arrivando fino allo scandalo MPS. Anche Latina ha avuto il suo scandalo bancario di matrice storica che ha coinvolto personaggi importanti ed ha attratto l’attenzione di tutta la stampa nazionale. La vicenda venne denominata da inquirenti e giornalisti “il processo dei miliardi” sebbene il miliardo frutto del furto fosse uno solo, che per quei tempi non era davvero poco. Era infatti il 1957 quando iniziava un difficile processo, frutto di indagini complicatissime. Il tutto per districare una matassa di conti,

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La statua del seminatore di fronte l’entrata del Tribunale


I banchi per le udienze all’interno dell’aula dei processi

Il delitto Angelico Latina 9 ottobre 1985. Come dal riflesso di uno specchio maledetto, emerge dalla periferia del nostro quotidiano una di quelle storie che si scatenano in pochi attimi di assurda follia e che mettono tragicamente a nudo i confini oscuri dell’animo umano. Tre giovani, tutti residenti nel quartiere “Gescal” di Latina uccidono a bastonate una loro coetanea, Rossella Angelico, di 17 anni. Il movente dell’omicidio ha dell’incredibile nella sua assurda semplicità: i tre volevano soddisfare il desiderio di avere un rapporto di gruppo con la ragazza. I quartieri periferici di Latina sono spesso zona di mescolanza e non di stratificazione sociale. Persone di differenti ceti e livelli culturali convivono fianco a fianco in una sostanziale armonia. Rossella verrà poi descritta sia dalle cronache del tempo ma anche da molti fatti che quelle cronache evidenziarono, come una ragazza studiosa, attiva e impegnata socialmente, riservata. “Non aveva mai

avuto un ragazzo - si racconta nei giorni immediatamente successivi - nessuno gli piaceva abbastanza”. Alla fine la sua scelta cade su un giovane appena diciottenne, Giuseppe Pornaro. Dopo che i due cominciano a frequentarsi alcuni segnalano piccoli cambiamenti nel carattere della ragazza, che diviene più distratta, un po’ assente dalle sue attività sportive e di studio. Ma nulla di preoccupante, il solito sali e scendi di emozioni che segue l’incontro del primo rapporto significativo tra due giovani. Una sera, dopo essere tornata da nuoto, la ragazza si reca in un luogo dove doveva incontrarsi con altri amici per uscire. Ma Angela non arriverà mai all’appuntamento. Emilio Parisotto, un suo conoscente che è molto amico del fidanzatino di Angela, Giuseppe Pornaro, la raggiunge e, con il pretesto di scambiare qualche, la introduce nella sua autovettura con la quale la porta in una località di campagna. Da quel momento, comincia un incubo per la ragazza fatto di violenze inaudite perpetrate dal 22enne Parisotto, Claudio Chinellato, di anni 20 e lo stesso Giuseppe Pornaro. I tre vogliono avere un rapporto con la ra-

gazza che si oppone strenuamente. E’ una persona atletica, sportiva, oppone resistenza. E queste resistenze vengono piegate a botte e minacce. Ma la ragazza non cede, urla, si dibatte e annuncia che denuncerà tutto ai carabinieri se non la riportano immediatamente a casa. Se già questa penosa follia è difficile da descrivere, nei momenti di terrore che la ragazza deve aver vissuto, della cupa disperazione nel vedere il ragazzo che lei aveva scelto come suo primo amore dalla parte degli aguzzini, la storia entra ora nel suo gorgo più oscuro. La ricostruzione degli eventi sarà sempre difficile perché i tre, che pure prima erano animati da uno spirito di corpo che, come logica, imponeva che se uno di loro aveva avuto rapporti con Angelica, pure agli altri doveva toccare, in seguito si accuseranno a vicenda in una giostra di contraddizioni che li porterà a commettere errori sciocchi davanti agli inquirenti. La ragazza verrà trascinata fuori e colpita ripetutamente con un palo di legno divelto dagli assalitori. Una fine orribile per una ragazza che aveva deposto i suoi sogni nelle mani di chi non sapeva sognare. Ogni altra consi-

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derazione è superflua, come superflue sono le similitudini con altri tragici fatti di cronaca del passato remoto e del nostro recentissimo presente. Il processo che seguirà sarà clamoroso ma sulla vicenda la famiglia, distrutta dal dolore, implora il silenzio. In tutti i gradi di processo i tre verranno condannati a diverse pene detentive. Verranno poi ridotte per due dei tre imputati, Pornaro e Prisotto che sconteranno 15 e 16 anni. Ma fino all’approdo alla corte di appello di Roma, gli avvocati della difesa avevano chiesto per gli imputati l’assoluzione con “formula piena”. Il tutto di fronte ai sogni infranti e una vita finita nella polvere e nel buio, per la disperazione della famiglia e nella rabbia di chi troppe volte ha visto processi come questo concludersi con pene troppo lievi. La giustizia, di fronte a casi del genere, viene messa di fronte alla feroce logica di numeri e della burocrazia, mentre il ricordo vaga nel tempo, come un fantasma, alla ricerca di un perché, riverberandosi tra le pagine dei giornali, le opinioni tardive della gente e i più oscuri anfratti dell’animo umano.

La querelle Cecchi Gori Rusic Non solo delitti, violenze o ladrocini. Il Tribunale di Latina si è occupato anche della cosiddetta cronaca rosa, disciplinando e decidendo su fatti che hanno avuto risonanza soprattutto nel mondo del gossip e del pettegolezzo, mantenendo comunque una valenza impeccabile dal punto di vista giuridico. Il caso più eclatante è quello che ha visto protagonisti il produttore cinematografico Vittorio Cecchi e Gori e la ex moglie Rita Rusic, conosciuta sul set del film “Attila il flagello di Dio”, sposata qualche anno più tardi e diventata sua brillante socia in affari (insieme producono “La Vita è bella” di Benigni che vince l’Oscar) prima di una burrascosa separazione. Era il 15 giugno quando la Rusic, andata a Sabaudia insieme

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Mario Cecchi Gori in una foto d’epoca con l’allora consorte Rita Rusic

ai due figli per trascorrere qualche giorno di vacanza, trovò il cancello d’accesso di “Villa Vittoria” chiuso con una massiccia catena. L’ex marito, ancora presidente della Fiorentina, aveva pensato bene di riservare a sè ed ai suoi ospiti, il godimento pieno della villa e della brezza che da Ponza arrivava benefica sino alle Dune del quaternario. Per Rita Rusic fu l’inizio di una battaglia che ebbe come scenario il tribunale di Latina e che entrò nel vivo il 18 luglio di quello stesso anno. Dieci giorni dopo l’ex moglie di Vittorio Cecchi la spuntava. Il giudice Emilia Farnioli, dopo aver ascoltato le sue ragioni, la autorizzava a “rientrare nella immediata disponibilità del bene”. Disotterrata l’ascia di guerra i due coniugi, anche per la serenità dei due figli, Mario junior e Vittoria, decidevano di dividersi equamente il godimento della villa, soprattutto nel periodo estivo. Giugno e luglio sarebbero stati riservati alla Rusic; agosto e settembre all’ex marito. Tutto risolto dunque? Almeno questa fu la sensazione di allora. Nel frattempo le cose per Vittorio Cecchi Gori precipitavano. Ben altri problemi finivano per travolgerlo anche se la compagnia di Valeria Marini avrebbe fatto da balsamo. Ma era destino che dopo un anno e mezzo di calma apparente il “duello al sole” tra Rita Rusic e Vit-

torio Cecchi Gori su “Villa Vittoria” dovesse riprendere con rinnovato impeto. Il 10 novembre 2002 Rita Rusic decide di andare a Sabaudia. Vuole concedersi qualche giorno di relax e leggere qualche copione cinematografico. Ma la sorpresa è notevole. Questa volta Vittorio Cecchi Gori non si è limitato a bloccare con una catena l’accesso alla villa ma ha pensato bene di cambiare gran parte della serrature. All’ex moglie ha praticamente riservato soltanto due vani della villa. Ma Rita non è donna che cede facilmente. Per la seconda volta si rivolge al magistrato per ottenere soddisfazione. L’iter processuale è questa volta più lungo del previsto anche perchè si è complicata tutta la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ex marito. “Villa Vittoria” risulta per il 52 per cento di proprietà di Cecchi Gori e per il restante 48 per cento di Rita Rusic. E quindi un bene sostanzialmente indivisibile ma che entrambi gli ex coniugi hanno il diritto di godere. Ed è proprio in base a questa considerazione che il Tribunale di Latina ha disposto che Rita Rusic debba rientrare nel “pieno possesso” della villa sulle dune. Ciò non impedirà peraltro a Vittorio Cecchi Gori di dimorarvi insieme alle sue nuove compagne in periodi di tempo concordati con l’ex moglie.



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PARTO DA ZERO Storie di imprenditori

di PASQUALE DE ROSA

RSA, qualità ed eleganza I vent’anni di attività dell’azienda Foschini

La giornata lavorativa dei cittadini pontini corre spesso via a ritmi frenetici, ma la pausa caffè ed il break per uno snack restano momenti da godersi in assoluta libertà mentale. Anche pochi minuti davanti ad un distributore automatico diventano essenziali per staccare la spina da quella pratica che ci sta tormentando in quel momento, per scambiare una chiacchiera tra colleghi davanti ad un piacevole caffè. Per questo la RSA (ristorazione servizi automatici), gestita da Andrea Foschini e sua moglie Barbara, viene incontro alle richieste ed alle esigenze di chi la sceglie fornendo loro la soluzione più adatta al caso specifico. L’avventura inizia vent’anni

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L’infiltrazione eco-guidata all’anca

può ritardare la PROTESI L’artrosi è una delle più comuni malattie degenerative reumatiche e rappresenta una voce di costo elevata per la salute pubblica. Attualmente la comune terapia per l’artrosi prevede la riabilitazione muscolare, la perdita di peso, l’uso di FANS e le iniezioni intra-articolari di cortisonici o di acido ialuronico. La terapia con farmaci anti-infiammatori può comportare importanti effetti collaterali. L’acido ialuronico (HA) è una molecola naturale che gioca un ruolo importante nell’articolazione: contribuisce alla lubrificazione articolare e protegge il tessuto dalla penetrazione di cellule infiammatorie. L’INFILTRAZIONE di acido ialuronico (viscosupplementazione), è ampiamente usata nell’artrosi del ginocchio e serve a restaurare le proprietà fisiologiche del liquido sinoviale. Negli ultimi 10 anni sono stati eseguiti rigorosi studi clinici che hanno mostrato come la somministrazione per via iniettiva di HA per 3/5 settimane nel ginocchio artrosico sia superiore, in termini di efficacia, rispetto alla soluzione fisiologica, all’artrocentesi, ed alle terapie a base di FANS. Gli effetti indesiderati sono stati rari, di lieve entità, di tipo locale e comunque transitori: dolore e sensazione di pesantezza nel punto di iniezione. Non sono state riportate in nessuno studio interazioni farmacologiche nocive. La localizzazione coxofemorale dell’osteoartrosi è la più frequente dopo quella del ginocchio. Anche se l’infiltrazione all’anca può essere eseguita a cielo coperto, la prossimità della arteria femorale, con il conseguente rischio di iniezione intrarteriosa o di emorragia e/o soprattutto la possibilità di non iniettare il farmaco all’interno della cavità articolare, rendono tale pro-

cedura non eseguita nella comune pratica clinica. Noi eseguiamo l’infiltrazione all’anca con guida ecografica al fine di trasferire nell’anca i risultati ottenuti nel ginocchio con l’iniezione intra-articolare di prodotti ialuronici. I pazienti sono esaminati in posizione supina, viene utilizzata una sonda con applicata una guida sterile per biopsia. L’iniezione intra-articolare si effettua inserendo nella guida bioptica un ago spinale con un approccio anterosuperiore. Quindi, utilizzando un software di guida ecografica bioptica in “real-time”, l’ago viene introdotto nella porzione anteriore della capsula, a livello della testa del femore. Il farmaco è quindi iniettato nell’anca e la sua presenza all’interno dell’articolazione è evidenziata dal monitoraggio in tempo reale (visualizzazione diretta di liquido viscoso) utilizzando anche l’immagine di power-doppler (segnali di flusso nel recesso intraarticolare). La durata dell’esecuzione della tecnica iniettiva oscilla tra i 5 e i 10 minuti. Non occorre anestesia locale o generale. In nessun paziente sono stati osservati effetti collaterali o complicazioni sistemiche. Non si è riscontrata nessuna complicazione infettiva. In pochi pazienti localmente è stato riferito un lieve senso di peso a carico dell’articolazione infiltrata della durata di 1-2 giorni rispettivamente: in nessun caso i pazienti hanno dovuto interrompere la loro attività quotidiana o assumere una medicazione aggiuntiva. La guida ecografica risulta inoltre più economica e veloce rispetto alla guida TAC o fluoroscopica. Può essere ripetuta più volte senza problemi di carico di radiazioni né per l’operatore né per il paziente. La riduzione della disabililtà e del dolore sono stati

importanti e significativi. Il miglioramento della funzionalità articolare si associa alla ripresa dell’attività lavorativa e/o sociale. La durata dell’effetto terapeutico varia da sei mesi ad un anno per una singola iniezione. Tuttavia se le condizioni cliniche lo richiedono, l’iniezione può essere ripetuta ogni tre mesi. Gli utlimi dati della letteratura scientifica dimostrano che tale procedura può ritardare l’impianto protesico di oltre 10 anni. INDICAZIONE tutti i pazienti affetti da artrosi sintomatica dell’anca mono o bilaterale pazienti con alterazioni radiografiche caratteristiche di artrosi pazienti che non possono assumere anti-infiammatori pazienti anziani che già eseguono politerapia per altre malattie Sono esclusi I pazienti in terapia anticoagulante per evitare la possibilità di emorragie intra-articolari o peri-capsulari. I pazienti affetti da connettivopatie e/o in terapia con corticosteroidi (la terapia steroidea può essere complicata da necrosi della testa del femore). I pazienti con allergia alle uova o alla carne di pollo. I pazienti con grado avanzato di artrosi per i quali sia stata già posta indicazione alla protesi d’anca.

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L’eroe mascherato di SERGENTE GARCIA

Fido e il mare negato La mancanza di spiagge attrezzate per i cani

“Non posso portare il mio cane in spiaggia, perché spesso e volentieri gli altri bagnanti non tollerano la sua presenza”. Sono molte le segnalazioni che giungono a Numero Zero di chi possiede un cane e delle difficoltà a trovare spiagge attrezzate che prevedano la presenza di cani. Le vacanze, o per lo meno i week end al mare, stanno per entrare nel vivo, ma in effetti per chi ha un cane le giornate in spiaggia si trasformano spesso in una lunga ricerca di quell’angolino dove l’amico a quattro zampe è tollerato. Cartelli di divieto di balneazione per gli animali, infatti, spuntano come funghi sulle poche spiagge libere. Intanto, per i padroni disperati, è bene sapere che non sempre questi cartelli, sono in regola, seppur emessi dalle amministrazioni comunali. E’ bene sapere che per poter vietare l’ingresso ai bagnanti con Fido al seguito, occorre che i comuni emettano un’ordinanza che preveda il divieto motivato, l’estensione

oraria di tale divieto e che la medesima ordinanza firmata dal sindaco, da un assessore delegato o dal comandante dei vigili urbani, e pubblicata sugli albi pretori dei singoli comuni. Se manca solo una di queste indicazioni, l’ordinanza non è valida. Ma non è tutto: infatti anche i cartelli che prevedono tale divieto devono recare sul retro il numero dell’ordinanza comunale di riferimento e la data di scadenza. Altrimenti, seppure in presenza di una ordinanza regolarmente firmata, il divieto è da considerarsi nullo. Pertanto i proprietari di cani che decidono di portare Fido in spiaggia, devono verificare che esistano realmente le ordinanze e che i cartelli di divieto contengano le informazioni regolamentari. Altrimenti qualunque richiesta di allontanarsi dalla spiaggia con il proprio cane fatta anche dai vigili è illegale e ogni eventuale multa impugnabile davanti al giudice di pace e quindi contestabile senza essere preventivamente pagata. Fatta questa dovuta precisazione, che certo non risolve la problematica in esistenza di una ordinanza che segua tutte le prescrizioni previste dalla legge, la proposta di Zerro, rivolta all’amministrazione comunale, è quella di creare apposite aree pubbliche sul litorale della Marina di Latina, dove sia possibile accedere con il proprio cane. Molti stabilimenti, nei vari servizi offerti, già prevedono questa possibilità, ma nei lotti di spiaggia pubblici non esistono aree apposite. Zerro farà visita all’ufficio demanio marittimo del Comune di Latina, ed ovviamente cercherà di rendere piacevole anche l’estate di Fido e dei suoi padroni. 07.2013 | NUMERO ZERO | 65


Perché comunismo e le forze politiche di sinistra non hanno mai “conquistato” Latina

Divietodi svolta

Dalla Palude Rossa alla Città Nera, passando per l’epopea democristiana. La storia dell’emarginazione della gauche nel feudo mussoliniano Divisioni, mancanza di ideali comuni e di dibattito alla base dei deludenti risultati perpetrati negli anni di IVAN EOTVOS

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occagorga, 6 gennaio del 1913. Sotto la guida di una organizzazione che si dichiara non politicizzata e il benestare di alcune autorità locali, un gruppo di contadini si riunisce nella piazza principale per protestare. Il motivo del loro malcontento sta nelle cattive condizioni igieniche e logistiche in cui queste persone sono

costrette a lavorare e le impietose tasse che li riducono al minimo della sopravvivenza. Il contesto storico è complicato per il governo Giolitti; la sua popolarità è in forte declino, la situazione politica sta cambiando tanto rapidamente e inesorabilmente che di lì a poco sfocerà nella terribile prima guerra mondiale. Da una cronaca de “Il Messaggero” dell’epoca: “Questa mattina sono avvenuti

gravissimi fatti in seguito a una rivolta popolare contro il municipio che, secondo i rivoltosi, sarebbe colpevole di aver principalmente trascurato il servizio sanitario”. Il bilancio sarà pesante, 7 morti, tra cui un bambino di 5 anni e 23 feriti. Le cronache raccontano che gli oltre 50 agenti di sicurezza, tra esercito e carabinieri, quel giorno spararono 170 colpi di moschetto in meno di 20 secondi in mezzo alla


Disegno di Alceo Morelli, raffigura l’eccidio del 1913 a Roccagorga

folla. La strage ebbe conseguenze pesanti, occupando le prime pagine di molti giornali del tempo. Antonio Gramsci la riportò come fatto di grande rilevanza, mettendolo in netta correlazione con altri eventi importanti che segneranno quegli anni, come la cosiddetta “settimana rossa”, un periodo di scontri accesi che fu anch’esso gravido di funeste conseguenze con vittime e feriti che si consumò nel 1914. Scriveva Gramsci: “Se il fatto che diede origine agli avvenimenti si ebbe ad Ancona, bisogna ricordare che l’origine risale all’Eccidio di Roccagorga, tipicamente meridionale, e che si trattava di opporsi alla tradizionale politica di Giolitti, ma anche di tutti gli altri partiti, di passare immediatamente per le armi i contadini meridionali che elevassero una protesta pacifica, contro il malgoverno e le cattive amministrazioni di tutti i governi”. Ma Gramsci non fu l’unico esponente a prendere atto dell’importanza di quel momento storico. Anzi, molto prima e con maggiore vigore, tanto da costargli una incriminazione per vilipendio alle forze armate, un giornale di partito come “L’Avanti” urla alla “strage di Stato”. A dirigere il quotidiano era un giovane e rampante Benito Mussolini. Quello stesso Benito

L’eccidio di Roccasecca e la “settimana rossa” secondo Antonio Gramsci furono eventi di grande rilevanza storica e sociale Mussolini che comanderà una delle opere più monumentali mai messe in piedi dal fascismo: la bonifica dell’Agro Pontino e l’edificazione di molte città dal nulla, dove la più importante fu Littoria, oggi Latina. Quello stesso Mussolini che indisse, insieme ai suoi collaboratori, un processo di architettura sociale raccogliendo le derelitte masse di persone che cercavano fortuna avendo consegna dal regime tutto, dalla casa agli arredi e perfino gli attrezzi da lavoro. Conosceva bene, il Duce, la natura principalmente diffidente dei contadini e i residenti dei comuni dei monti Lepini che guardavano a quell’esodo come una minaccia e molti, infatti, vennero spostati dalle loro terre a beneficio del coloni veneti che arrivavano a frotte nella stazione di Littoria.

Rosso antico Capofila della storia di sinistra di quegli anni, quando Latina non era ancora nata, è certamente Temistocle Velletri, di cui recentemente lo scrittore Dario Petti ha redatto una lodevole opera storica intitolata “Palude Rossa”: “La Palude Rossa - spiega l’autore nell’introduzione del testo - non è uno slogan nostalgico bensì il modo in cui l’ “Avanti”, quotidiano del Psi, definì l’Agro Pontino all’indomani delle elezioni politiche del 1921 che confermarono lo straordinario radicamento dei socialisti nei paesi della palude”. Velletri sarà il primo sindaco socialista di Sezze e occuperà un posto d’onore nella storia della sinistra nel nostro territorio fino agli anni 40. Nella sua opera prima ancora del grande risultato elettorale, Velletri aveva guidato proteste, marce e fatto una impressione devastante sui tenutari dei vecchi poteri di rendita terriera. Tanto da arrivare a scalzarli nell’amministrazione di una delle più grandi e antiche città dell’area. Ma Velletri non è l’unico esponente a scrivere pa-



gine importanti nella storia della sinistra di quegli anni. Clementina Caligaris, moglie dello stesso Temistocle Velletri, nel 1945 fu inserita nella consulta nazionale per la costituente, una tra le prime 13 donne ad accedere nell’istituzione parlamentare italiana. E poi l’avvocato Giulio Bernardini, di cui sempre Dario Petti ha scritto la storia nel suo “Giulio Bernardini, le origini del socialismo a Bassiano”. Gli anni del grande esodo dai territori veneti per edificare la palude pontina sono anni concitati, dove la penetrazione nel territorio delle ideologie socialiste viene sradicata in maniera così capillare da apparire scientifica. Abbiamo visto come Mussolini fosse conscio della struttura ideologica pre-esistente nell’area, ma è anche vero che non solo dal Veneto, ma anche dall’Emilia vennero richiamate le braccia per costruire le città. C’era, nella sistemazione delle genti nell’Agro Pontino “redento” dalla palude, una logistica di tipo capillare e ordinata, tanto che molti dei coloni emiliani finirono uniformemente negli stessi territori, che poi diventeranno borghi “rossi”, dove dopo la Liberazione i dirigenti socialisti e comunisti cercheranno con una certa sicurezza voti fino agli anni sessanta. Non si tramanda quasi più se non oralmente la consapevolezza, per esempio, che Borgo Faiti fosse di fatto un borgo “rosso” perché abitato da braccianti emiliani di sensibilità molto più laica rispetto ai religiosissimi veneti che dopo la guerra voteranno prevalentemente Dc. Nonostante la molteplicità delle opinioni trasportate dalla grande affluenza di persone che arriveranno da sud negli anni 50, 60 e 70, l’orientamento favorirà prevalentemente lo strapotere della Dc al governo della nostra città, come in gran parte d’Italia. Ma l’immediato dopoguerra, da cui si esce con i principali partiti della sinistra che hanno già avviato i loro lavori congressuali a seguito della resa italiana, la fuga del re e la fondazione della Repubblica Sociale di Salò, non è stato immediatamente favorevole alla Dc.

Domenico Di Resta (PD) nel 93 sfidò al ballottaggio Ajmone Finestra (MSI)

La balena bianca Inizialmente, quando i fermenti post bellici cominciano a depositarsi lentamente a Latina, non più Littoria, c’è una figura molto forte, che governerà il Pci per quasi dieci anni dal ‘46 al ‘55. Si tratta di Severino Spaccatrosi, che l’onorevole Aldo D’Alessio definirà capace di “trasformare il marasma del partito comunista del dopoguerra in una formazione da combattimento”. E di or-

dine ce ne vuole molto in quegli anni, questo anti-fascista di ferro, mandato da Roma per prendere le redini del partito, sarà in grado di fare dei quadri del partito una plausibile classe dirigente. Il primo vero sindaco di Latina emerso dalle urne è il repubblicano Fernando Bassoli, che nel ‘46 metterà in piedi una giunta sostanzialmente di centrosinistra, dove verranno rappresentati anche assessori del Pci e dello schieramento socialista con la Dc in opposizione in quello che sarà il suo futuro feudo. L’esperimento poi si rivelerà privo di seguito, al-

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D’Alessio e Franco Luberti per il Pci o il senatore Angelo Tomassini per il Psi . Negli anni ’50 ’60 ’70 la sinistra a Latina continuò a crescere esprimendo anche una certa vivacità: gli scioperi a rovescio negli anni ’50, le lotte operaie e studentesche negli anni 60-70.

Sergio Sciaudone, esponente extra istituzionale comunista sempre impegnato nel sociale

Negli anni 50 la Democrazia Cristiana consolidò la sua egemonia politica 6LJQLƲ FDWLYR OƏLQJUHVVR GHOOD SULPD GRQQD in Consiglio comunale per il Pci

meno per molti anni a venire, per il grandissimo ridimensionamento che subirà il Partito Repubblicano in cui militava Bassoli, a beneficio della Democrazia cristiana. Lo stesso Bassoli abbandonerà lo schieramento per passare alla Dc. Da questo momento, una cappa bianca cade sulla città fondata da Mussolini, che di fatto è stata un feudo democristiano inespugnabile, impermeabile a tutti gli assalti di cambiamento. Dopo il ’55, con il cambio di dirigenza nel Pci e anche nel Partito socialista, accadono diversi avvenimenti rilevanti. Uno dei più simbolici è lo sbarco della prima donna in Consiglio Comunale per il Pci, Maria Grazia Delibato, che entra da un listino da cui si dimette un altro consigliere per farle posto. La Dc, che dopo il governo di Bassoli prenderà il potere, presenterà una lista di alcune persone sostanzialmente legate, in molti suoi punti fondamentali, al vecchio regime fascista. Ma di questa continuità non riesce ad approfittare la sinistra nonostante la presenza di molti esponenti di spicco come Mario Berti, Aldo

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Negli anni Settanta, nella giunta Provinciale ci saranno esperienze di governo interessanti, come una coalizione repubblicana con una forte componente di sinistra sia comunista che socialista (come accadde con Bassoli in Comune) fino ad arrivare ai fatidici anni 80, dove la Provincia ha una giunta di sinistra. Giovanni Ialongo, giovane esponente del partito socialista, ottiene un grande successo e passa agli onori delle cronache come un presidente di Provincia dentro al feudo bianco della Democrazia Cristiana, nato dal fascismo. La sua esperienza sarà breve, perché una malattia lo porterà via molto presto, a soli 46 anni.

Rosa Giancola recentemente eletta in consiglio regionale, emersa in seguito alle proteste operaie della TACCONI SUD


Le divisioni dopo Tangentopoli Uno degli eventi che sicuramente hanno segnato con maggiore forza la storia recente di Latina ci viene raccontato da Pietro Vitelli che ha rivestito importanti incarichi per il Pci e nella pubblica amministrazione (è stato sindaco di Cori e consigliere regionale a cavallo tra gli anni ottanta e novanta), vivendo da protagonista gran parte delle vicende della sinistra, e che molto ci ha aiutato durante la redazione di questo articolo. “Si stava entrando nel periodo di Tangentopoli e una parte della Dc, quella di base, ruppe con la Dc di corrente andreottiana dove il sindaco era Mansutti e il vicesindaco era Domenico di Resta. Questo governo durò poco - continua Vitelli - ma nessuna delle due parti in causa, Dc e Comu-

Pietro Vitelli (esponente PCI) a sinistra durante la presentazione di un libro

nisti, seppero interpretare bene quel momento. La prima volta che si eleggeva il sindaco con il sistema uninominale con ballottaggio, andarono allo scontro Ajmone Finestra e Domenico di Resta, che otteneva risultati elettorali molto promettenti, il missino contro il comunista. L’unico candidato sindaco di sinistra che ha preso più del 40%. Ma noi facemmo un gravissimo errore. Non si fece un accordo con un grande pezzo della Dc che si astenne dal ballottaggio perché noi avevamo delle posizioni troppo rigide nei loro confronti. Non siamo stati in grado di fornire garanzie per un’alleanza successiva, mentre Finestra aveva gioco facile a riunire gli spaesati delle correnti Dc più influenti prima di tangentopoli”. Così, la città “fascistissima” per eccellenza, rischiò di vedere un comunista sulla sua poltrona di comando.

Ma cosa è rimasto oggi della grande storia della sinistra a Latina a cent’anni dalla strage di Roccagorga da cui abbiamo cominciato il nostro racconto a volo d’uccello su una vicenda che meriterebbe ben altri approfondimenti che un solo articolo? Secondo Vitelli non resta molto: “Quello che manca qui sono le sezioni, che prima c’erano. Oggi si ha l’impressione che qualsiasi esponente sia un partito a sé. Vedere la chiusura dell’ultima campagna elettorale con Enrico Forte che la faceva da una parte e De Marchis dall’altra, per me è un segno molto deleterio di divisione. Anche se avversari, nei nostri partiti si stava insieme per un obbiettivo comune”. Di certo non restano quasi tracce della storia della sinistra negli stessi dirigenti, nella stessa cultura di sinistra. Dario Petti, il cui contributo è stato prezioso per la redazione di questo articolo, ha una sua opinione pre-

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cisa su questa involuzione culturale della sinistra a Latina: “Se sei un giovane e vai a scuola, all’università, allo stadio o in certe associazioni culturali, incontri la destra giovanile organizzata, dove esiste ancora una trasmissione di identità e radici storiche, a sinistra questo accade assai più raramente”. Mauro Visari, che nel film di Gianfranco Pannone “Latina-Littoria” appare quasi come l’icona del piccolo consigliere comunale di sinistra che si batte contro un gigante nero rappresentato dalla destra di Ajmone Finestra, ha una opinione interessante riguardo alla nascita della sua carriera politica e di quelli della sua generazione nella nostra città: “Chi ha la mia età e fa politica oggi a Latina, è figlio di Tangentopoli. Noi rappresentavamo un’alternativa anche a sinistra e abbiamo coperto degli spazi vuoti, che come è noto in politica non restano vuoti a lungo”. Questa mancanza di nerbo identitario forse si può rimproverare anche alle generazioni precedenti a quella di

Visari, che per esempio avevano lasciato in sospeso molti simboli. Basti pensare a quanto si prodigò Finestra per dare il nome del fratello di Mussolini al parco che per tutti era noto come “Giardinetti”. Solo per poter dire “quello è il parco Mussolini”. Un simbolo che per la sinistra andava bene senza nome, per Finestra sembrò naturale invece identificarlo. Del resto è difficile costruire una identità laddove non viene insegnato il proprio passato. Visari confessa: “Temistocle Velletri non lo conosco quasi, come non conosco se non vagamente la storia di Spaccatrosi o di altri che hanno segnato le tappe della sinistra a Latina”. Di ciò si dice molto sorpreso Vitelli: “Chi fa politica in uno schieramento – dice - dovrebbe sapere certe cose, dovrebbe conoscere la propria storia”. Su questo non ci sono dubbi, ma quali colpe si possono dare all’ultima generazione di sinistra se ancora oggi è difficile, se non grazie e divulgatori come Dario Petti, reperire informazioni su questa vicenda storica?

PD da sx a dx Enrico Forte, Mauro Visari e Claudio Moscardelli

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La babele democratica In conclusione, alla sinistra del potere nella nostra città non rimangono molte frecce nella propria faretra. Nella situazione attuale persistono alcune esperienze sempre extra-istituzionali come quella di Sergio Sciaudone, che da solo e con pochi mezzi riesce a raccogliere un po’ di attenzione nel corso di campagne altamente sociali, ma che è ben poca cosa nel panorama elettorale. Ci sono anche gli outsider come Rosa Giancola, che è diventata molto popolare a seguito di una protesta di fabbrica di cui si occupò anche la trasmissione di Michele Santoro. Ma oltre questo, ogni anima della sinistra sembra agire per conto proprio. Ogni corrente del PD non ha ancora preso la definitiva strada verso la fusione, pertanto, quando va bene, mancano i comuni presupposti ideologici




per una collaborazione. Nel peggiore dei casi, invece, non c’è più nessuna cultura o sub-cultura e sostegno della singola personalità, che si sente autorizzata, anzi quasi obbligata, ad agire in maniera del tutto personalistica. “C’è una sorta di autoreferenzialità generazionale - rimprovera Visari - molto marcata anche nella attuale classe dirigente del partito. L’unico rimprovero che mi sento di fare a chi ha le redini di questa nostra storia, come per esempio Claudio Moscardelli, è che non mi pare che si stia costruendo qualcosa per quelli che verranno dopo a livello ideologico”. Il fatto che il massimo esponente del PD al momento a Latina sia proprio Moscardelli, che è di limpida storia democristiana, la dice lunga sulla situazione storica di sostanziale oblio che attraversa la sinistra. Tommaso Conti, attuale sindaco di Cori, presenziando ad una riu-

Le diverse correnti del Pd non hanno preso OD GHƲ QLWLYD VWUDGD YHUVR OD IXVLRQH 0DXUR 9LVDUL Ƒ1RQ VL VWD FRVWUXHQGR XQƏLGHRORJLFD FRPXQH SHU OH IXWXUH JHQHUD]LRQLƒ

nione “autoconvocata” del Partito Democratico - a cui non partecipavano per scelta tutte le anime del PD a Latina - mostrava tutta la sua frustrazione per questa mancanza di luoghi di dibattito della sinistra a Latina e manifestava un’idea molto chiara di cosa dovrebbe essere un partito politico: “Un partito - diceva nel suo concitato intervento - non deve prendersi la responsabilità del paese, ma deve difendere le proprie idee e la visione del paese che

ha, se è in grado di averne una, altrimenti, non è un partito!” E poi proseguiva, rispetto ai grandi problemi sociali come la disoccupazione, la sanità, l’ambiente “noi come partito che risposte diamo? Uno dice una cosa, un altro ne dice un’altra e un terzo ne dice una terza. E queste dinamiche noi non le abbiamo mai capite. Negli ultimi decenni la Thatcher ha detto che la società non esiste e noi ci siamo andati dietro. Ma la società esiste perché esiste l’uguaglianza

Giorgio De Marchis esponente PD dal passato socialista

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Buon Gusto

RISTORANTE

PIZZERIA

Il ristorante Buon Gusto, grazie ai suoi proprietari, assume caratteristiche di simpatia e di tradizione gastronomica curata, offrendo specialità marinare, di carne, primi piatti e pizze. In estate, è possibile mangiare all'aperto a bordo piscina. Il ristorante dispone di un ambiente caldo e accogliente a conduzione familiare specializzato in ricevimenti nuziali, pranzi di battesimo, comunioni, cresime e ogni tipo di cerimonia.

www.ristorantebuongusto.it

LATINA Borgo Santa Maria - Strada Macchia Grande, 55 Tel. 0773.644066 - tizianofranchini@alice.it


sociale, la dignità del singolo, esiste la solidarietà, noi siamo qui a difendere questo! Se noi dobbiamo usare altre parole rispetto a questo - concluse battendo un pugno sul tavolo - allora io qui è l’ultima volta che vengo”. E detto questo si alzò, mentre il silenzio carico di attenzione s’infrangeva nel primo vero applauso sentito della giornata. Al di là del giudizio ideologico, gli antichi costruttori della sinistra a Latina, nascosti negli anfratti polverosi di un ricordo non rievocato, devono aver guardato con benevolenza a quello sguardo carico di passione e a quella voce rotta dall’emozione che un piccolo amministratore locale cercava nel cuore del proprio partito. Lo sanno bene i militanti di estrema destra, che si raccolgono in piccoli o grandi gruppi, come l’associazione culturale “Passepartout” o quella di “CasaPound” o i movimenti organizzati di destra che, al di là del proprio pensiero, cercano con forza un territorio dove far scaturire dibattiti con chiari riferimenti culturali comuni. Lo sapevano molto bene gli ex missini confluiti in AN che oggi rimpiangono in alcuni casi l’identità e l’ordine nel marasma dello scontro PDL contro Fratelli d’Italia. Lo sanno anche coloro che nella sinistra, cercano una risposta alle tante

Il gruppo Pd in Consiglio comunale a Latina, immagine del 2011

domande della contemporaneità. E forse, alcune risposte valide, per la sinistra di Latina, si trovano proprio nel passato. Del resto, che sia trascorso un secolo dalla strage di Roccagorga e quasi nessuno lo abbia osservato, è già di per sé una colpa grave, visto che a suo tempo perfino Gramsci aveva

dato ben altro peso a questo avvenimento. Ne aveva fatto un piccolo grande simbolo, ma la sinistra di un secolo dopo non ne ha ancora rimarcato la valenza storica e sociale. Nell’anno in cui riapre la sede del Partito Socialista a Latina, quel tragico evento avrà pure un significato.

Per saperne di più

La Palude Rossa storia di Temistocle Velletri autore Dario Petti

Severino Spaccatrosi Storia di un ragazzo dei Castelli Romani Tra Fascismo, Resistenza e Dopoguerra

Dario Petti giornalista e divulgatore storico ha redatto la biografia di molti e importanti esponenti della sinistra della nostra terra

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ZERO IN CONDOTTA Scuola e università

di ROSA MANAUZZI

Riciclare con l’arte La scuola media “Volta” e l’impegno ecologista Quanto materiale riciclabile si può raccogliere nelle scuole? Una quantità enorme di carta e plastica e anche penne, matite, gomme, e altri strumenti utili lasciati dagli alunni ogni giorno alla fine delle lezioni. Tutto finisce inesorabilmente nell’indifferenziata, creando spreco e inquinamento. Per arginare il fenomeno è stato creato il progetto Educazione Ambiente, presso la scuola media “A. Volta” di Latina. Considerando che non esiste a Latina un accordo tra enti preposti e scuole, si è trattato di cominciare da zero, incluso reperire personalmente i sacchi della differenziata presso Latina Ambiente. L’obiettivo fin dall’inizio è stato ambizioso: educare oltre 800 ragazzi e circa 100 adulti alla raccolta differenziata. In pratica si è trattato di separare, all’inizio con infinita pazienza, visto i numerosi errori, la carta dalla plastica e dal multi materiale. Nonostante l’iniziale indifferenza, a poco a poco sono state costruite scatole apposite per differenziare anche nelle aule, pian piano qualche alunno si è offerto di aiutare, e così, strada facendo, si è costituita una piccola squadra di giovani attivisti che si muoveva nella scuola portando sacchi di rifiuti differenziati dopo aver attentamente monitorato gli errori di conferimento dei compagni. Un’azione continua, che lentamente ha coinvolto anche qualche collaboratore scolastico e altri professori sono stati almeno attenti a rispettare i diversi contenitori. A un certo punto dell’anno scolastico è venuta l’idea di far trasformare i contenitori delle classi in piccole opere d’arte. Quindi sono stati stabiliti dei parametri per premiare la classe riciclona: correttezza nel differenziare, migliore realizzazione artistica, facilità di svuotamento, studi e ricerche sull’ecologia nei programmi. I titolari della galleria 78 | NUMERO ZERO | 07.2013

d’arte contemporanea COMEL di Latina, che organizzano annualmente l’importante premio d’arte internazionale “Vanna Migliorin”, venuti a conoscenza del progetto, hanno dato immediatamente la disponibilità a sponsorizzare uno dei premi per la classe: 30 chiavette usb in materiale eco certificato. A queste si sono aggiunti libri a tematica ecologista e interculturale e una performance della compagnia teatrale Opera Prima di Latina, che ha interpretato “L’uomo che piantava alberi” di Jean Giono. Le classi vincitrici si sono distinte per originalità e precisione nel differenziare: la 1° A, prima classificata, ha realizzato uno spaccato di una città ecologista con tanto di palazzi dotati di pannelli solari, pale eoliche e cassonetti di ogni tipo. Originali il faro e la grande nave in cartone “Ecologic” ad opera della classe 2° A, seconda classificata, (la nave ha cassetti estraibili in cui gettare i diversi materiali). Terza classificata la classe 1° E, con scatole finemente foderate di stoffe colorate. Tantissimo il materiale differenziato raccolto: circa dieci sacchi di plastica a settimana (pe, pp, pet ovvero tappi, bottigliette di plastica e flaconi di detersivi, sono stati raccolti direttamente presso la scuola dall’azienda locale R.M.P.) e tanta carta, soprattutto a fine anno scolastico. Alla fine almeno quindici grandi alberi salvati e la certezza di aver contribuito ad una scelta di civiltà che torna utile a tutta la città.


Tutto il fascino del cavallo Presso il maneggio in via Litoranea escursioni guidate, scuola di ippica e corsi di riabilitazione equestre

Francesco Ceci, istruttore e proprietario del Centro Ippico “Dei Principi”

Passeggiate suggestive sulla spiaggia e nei sentieri delle campagne circostanti, stage di preparazioni a gare nazionali ed internazionali, corsi per piccoli, adulti e persone diversamente abili, una pensione accogliente per il proprio animale. Tutto questo è il Centro Ippico Dei Principi, da venti anni punto di riferimento dell’Ippica del capoluogo pontino. Ai confini con la splendida cornice del lago di Fogliano è posto il maneggio della

famiglia Ceci, ed è proprio la sua collocazione che ne fa un luogo unico ed ideale per organizzare escursioni guidate a cavallo, negli splendidi scenari di Villa Fogliano, dei Prati di Coppola, della Tenuta Ganci, del lungomare e delle altre campagne adiacenti, il tutto sempre alla presenza accompagnatori qualificati, in grado di guidare e di far vivere una giornata di assoluto relax a contatto con il cavallo e con la natura anche ai neofiti che per la prima volta montano in sella. Prenotare una escursione è dun-

que quasi d’obbligo! La professionalità e la competenza degli istruttori, di fatto, sono l’altro punto di forza del Centro Ippico Dei Principi. Il maneggio è sede di una scuola di preparazione all’ippica affiliata FISE, che va dalle regole fondamentali che servono ad avvicinarsi a questo meraviglioso sport, fino alla preparazione mirata di gare e trofei nazionali ed internazionali. La struttura è poi abilitata anche a corsi per la riabilitazione equestre, vale a dire dei veri e propri percorsi di riabilitazione terapeutica attraverso un specifico programma di tecniche che coinvolgono il cavallo nel trattamento di alcune patologie di un paziente, che hanno come obiettivo quello di far raggiungere una propria autonomia al paziente stesso. Tra gli istruttori, nonché tra i proprietari del maneggio, Francesco Ceci, con un passato importante nell’ippica nazionale. Lui e la sua famiglia sono pronti ad accogliervi e farvi vivere nella maniera migliore la vostra esperienza a contatto con uno degli animali più affascinanti, misteriosi ed amichevoli che esistano: il cavallo.

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L’incantevole mondo a due passi da casa: da Ninfa al Fogliano, i paesaggi da riscoprire di LUCA MORAZZANO

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ntorno a noi. Avevamo “l’angolo più selvaggio e affascinante d’Europa” (Johann Wolfang Goethe nel suo viaggio in Italia sulle Paludi Pontine nel 1813). Ora abbiamo “il giardino più bello e romantico del mondo” (il New York Times sull’Oasi di Ninfa nel 2008), una “destinazione Europea d’Eccellenza” (il ministro del Turismo Europeo su Sermoneta nel 2010), una “zona umida di importanza internazionale” (Convenzione di Ramsar sul Borgo di Fogliano nel 1971). Come chiedere ad Adamo se credeva nel Paradiso. Lo spicchio di mondo su cui si posa Latina e il suo comprensorio è tra i più affascinanti e meno reclamizzati del pianeta, brilla di amenità intima e riservata, si fonda su una sacralità storica e su una casualità geografica che insieme creano una suggestione unica e speciale. Un eden paesaggistico che è lì, a due passi dal capoluogo, ad attendere visitatori da ogni emisfero ma anche e soprattutto a ricevere di tanto in tanto i vicini di casa, i latinensi, spesso distratti, a volte pigri, insomma quasi restii ad un saluto, ad una scappata veloce. Come i romani col Colosseo. L’attuale crisi economica però può cambiare il corso degli eventi e fare di necessità virtù: i tempi di magra condizionano anche le vacanze degli italiani e i pontini non fanno eccezione: ecco che invece di pensare a spendere soldi per viaggi in località esotiche e dispendiose, si può approfittare della bonaccia economica per riscoprire i luoghi incantanti che circondano Latina, ipotizzando week end in serie per soffermarsi col corpo e con lo spirito sulle loro spettacolari peculiarità. Luoghi, raggiungibili in pochi minuti di macchina, perfetti per un’uscita mordi e fuggi pure di un giorno solo, ma non per questo poco affascinanti visto che ogni anno sono la meta scelta da decine di migliaia di turisti provenienti da ogni dove. Eccoci pronti, per l’estate 2013, a riscoprire queste possibili mete in un breve excursus di luoghi e aneddoti legati di tesori a due passi da casa.


Il giardino... all’inglese Parlando di gioielli turistici nei pressi di Latina, il primo che viene alla mente è l’Oasi di Ninfa, raggiungibile dal capoluogo in pochi chilometri di macchina, ma per altre decine di migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo una meta lontanissima. Basti pensare che la coppia regale d’Inghilterra, quella composta dal principe Carlo e Lady Diana, fece più volte tappa nei giardini che furono dei Caetani e che costituiscono un tesoro paesaggistico e botanico senza eguali in tutta Europa. La fioritura di Ninfa (mai termine fu tanto azzeccato vista la presenza di innumerevoli qualità di fiori presenti nel piccolo borgo medievale, la cui architettura è impreziosita dalla presenza di un lago che consente di creare una sorta di microclima del tutto particolare) fu merito della principessa di Bassiano Marguerite Chapin Caetani, che volle gli splendidi giardini trasformati in un’oasi culturale per nobili ed intellettuali. Fu proprio la fondatrice della rivista «Commerce» a Parigi, a imprimere questa svolta a Ninfa. Tra i frequentatori del salotto letterario pontino, ci fu la presenza costante di Karen Blixen, anche se gli ospiti più assidui furono i letterati che scrivevano su «Botteghe Oscure», l’altra rivista voluta da Marguerite, per dare spazio alla nuova letteratura dopo gli anni oscuri del fascismo. Nei locali ancora conservati in maniera discreta grazie all’opera della fondazione Caetani che ne cura la gestione, passarono Alberto Moravia, Elsa Morante, Italo Calvino, Cassola, Giuseppe Ungaretti e Bassani. Ma anche scrittori stranieri come Carson McCullers, Isabel Bolton, Truman Capote, Tennesse Williams, Elizabeth Bowen, Bertold Brecht, Valery, Camus, Malreaux. Nei registri presenze di Ninfa ci sono anche tanti ambasciatori, re e regine, su tutti la regina madre d’Inghilterra, Elisabetta. Come detto, tra i fiori dell’Oasi, a più riprese, cercarono di accendere il loro amore anche il principe Carlo e Lady Diana.

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reali nella suggestiva oasi pontina, sotto forma di visita assolutamente privata, l’acclarata passione del principe del Galles per la botanica, la sua esperienza sopraffina verso piante, alberi e giardini. A trasmettere a Carlo questo forte interesse vivaistico è la nonna, la Regina Madre, che Ninfa la conosce bene, avendola visitata a più riprese negli Anni 60. E’ lei che consiglia al nipote la visita nei boschi della Città Morta. L’organizzazione dell’ospitata è curata dall’ambasciata britannica, che prende contatti con la Fondazione Caetani e si premunisce contro il prevedibile assalto mediatico alla coppia reale, nonostante non sia stata data alcuna anticipazione del loro arrivo: ogni documento ufficiale, foto, dichiarazione di quell’incontro è ritirato e conservato negli archivi privati inglesi, le uniche informazioni che si hanno derivano dal racconto dei testimoni oculari presenti

La visita di Carlo e Diana a Ninfa 28 aprile 1985 ore 10.00. Una lunga scia di autovetture con le insegne della Corona inglese attraversa Cisterna di Latina, svolta verso Doganella di Ninfa e da li prosegue verso i famosi Giardini, facendovi ingresso verso le 10.30. In una di quelle automobili ci sono Carlo e Diana d’Inghilterra, i principi più famosi e immortalati del mondo nel pieno della loro storia d’amore, coronata dalla nascita di due figli. A spingere i due

quella domenica di primavera. Che parlano di una giornata piacevolissima, che inizia alle 10.30 e termina ben oltre l’orario programmato per il ritorno e fissato per le 15. Diana indossa un abito di campagna molto semplice, Carlo il classico kilt scozzese. La principessa gradisce molto l’aria poco cerimoniale della visita (la coppia era in visita in Italia da una settimana e nei giorni precedenti era stata in udienza dal Santo Padre) e, mentre il marito si diletta nell’analisi di piante e fiori, Diana passeggia spensierata tra i prati avendo come unica preoccupazione quella di ricevere notizie sui due figli piccoli, affidati ad una bambinaia dell’ambasciata. I principi si trattengono per pranzo (per loro la “colazione”) e prendono la via del ritorno, estasiati, nel pomeriggio inoltrato, mentre

fuori all’ingresso del Giardino si è formata una enorme folla di curiosi e amanti del gossip. Al termine del soggiorno una dichiarazione ufficiale della famiglia reale magnificò i Giardini di Ninfa con parole di profondo elogio e in cui si rimarcava il fatto che da nessun’altra parte al mondo era possibile vedere piante vere di quel genere. La visita sebbene fosse privata ebbe una vasta eco nel mondo vivaistico mondiale. Molti esperti e proprietari di giardini arrivarono a Ninfa per vedere da vicino quelle meraviglie e la Fondazione Caetani. Il Principe Carlo, diversi anni più tardi – nel 1997 quando i coniugi si erano già da tempo separati - fu in procinto di ritornare a Ninfa ma ad agosto di quell’anno la Principessa Diana morì nel tragico incidente di Parigi e la visita fu annullata.

Il medioevo di Sermoneta Da Ninfa il passo verso l’abbazia del Valvisciolo è breve e permette un salto nel tempo assai suggestivo. Costruita in uno stile cistercense con pochi eguali non solo in Italia ma anche nel resto di Europa, i muri dell’abbazia sono intrisi di storia e di leggende, alcune legate ai fantomatici cavalieri templari della cui presenza e passaggio si possono ancora ammirare alcuni segni in stile Codice Da Vinci. Sempre da Ninfa ci si può spostare a Sermoneta, per fantasticare in uno dei borghi medievali più suggestivi d’Italia (a testimoniarlo ci sono il numero di presenze annue di turisti provenienti da ogni dove); in primis il castello che, narra la leggenda, ospitò anche qualche infuocata notte della tanto famosa quanto discussa Lucrezia Borgia. Ottimamente conservata è la cornice medievale offerta dal Sermoneta, tanto da essere stata scelta più volte, nel corso degli anni, come set naturale per le riprese di film di ambientazione. Produzioni italiane e anche straniere, ma su tutte, quella di Non ci resta che piangere” con Massimo Troisi e Roberto Benigni affacciati dalla loggia dei Mercanti nei pressi della piazza del paese.

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Norma la dolce Nel tour della riscoperta, eccoci arrivati Norma dove, oltre a tanto fresco, si può apprezzare uno scenario che con un pizzico di fantasia potrebbe farci immergere nella Fabbrica di Cioccolato immaginata con la sua macchina da presa da Tim Burton. Con una visita al Museo del Cioccolato infatti, oltre a conoscere la storia del nettare degli dei proveniente dall’America del Sud, tutte le sue declinazioni alimentari e ad assaggiarlo nelle innumerevoli lavorazioni, potrete ammirare scenari che rimandano alle peripezie di Willy Wonka e Charlie Bucket nella fabbrica gestita dagli Oompa Loompa. Ovviamente, prima o dopo questo bagno di cioccolato, con una visita ai resti dell’antica Norba, con un breve tragitto durante il quale potrete ammirare le evoluzioni dei tanti paracadutisti amanti del parapendio, avrete la possibilità di immergervi in un viaggio a ritroso lungo millenni.

Sulle orme della storia Se a predominare in voi è la passione per la storia più moderna, la meta da non mancare è Piana delle Orme, un museo tematico sui conflitti mondiali di inizio secolo scorso, che in pochi anni si è affermato come meta di scolaresche, appassionati e studiosi del settore. Tra mezzi ritrovati e ristrutturati (aerei, cannoni, carri armati, artiglierie varie e chi più ne ha più ne metta), ricostruzioni storiche multimediali e ambientazioni, l’immersione all’interno dello scenario storico bellico ricostruito è garantita.

Villa Fogliano Altro scenario paesaggistico consigliato è quello di Villa Fogliano, approdo sognato da ornitologi e zoologi di tutta Italia, ma anche

da tutti gli amanti della fauna selvatica. Li trovi frequentemente appostati tra i boschi che costeggiano lo splendido lago, all’interno del parco del Circeo in cui è incastonato, a prendere appunti e ad immortalare visioni ed osservazioni utili per lo studio e la recensione di testi del settore. La fama di Villa Fogliano è tanto ampia da essere meta anche per turisti provenienti dall’altra parte del mondo, come successo nei mesi scorsi quando la passeggiata prima attorno e poi sul lago, venne riservata al principe e alla principessa della Thailandia, giunti in Italia per il loro viaggio di nozze. Con paralisi della circolazione!

che ospitarono gli ultimi giorni di vita di San Tommaso oltre che il cammino di vescovi, papi e cavalieri che nel corso degli anni hanno arricchito il bagaglio di storie e leggende di luoghi tanto intensi da attirare, recentemente, i set cinematografici della fortunatissima serie tv “Il XIII Apostolo”.

Fossanova Se ancora non siete soddisfatti, e la passione per i periodi storici circondati da aloni di misteri è il vostro forte, tra le vostre destinazioni preferite non può mancare il borgo di Fossanova con l’annessa Abbazia. Avrete modo di vedere davanti ai vostri occhi i luoghi

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Lo spettro nucleare Oggi Borgo Sabotino viene identificato, oltre per la sua posizione vicina al mare, soprattutto per la presenza della centrale nucleare e per il futuristico progetto, ormai bloccato e bocciato, del porto turistico per la marina. Latina, infatti, è stata la prima città italiana ad “ospitare” una centrale nucleare. Costruita tra il novembre del 1958 ed il dicembre del 1962 è entrata in funzione il primo giugno del 1963. Alla sua inaugurazione il reattore unico da 200 MW rappresentava l’impianto più grande in Europa. Dal 1964 la proprietà dell’impianto passò interamente a Enel (dopo Agip Nucleare) e cessò la sua attività del 1987, subito dopo il referendum sul nucleare. Oggi la centrale è in dismissione, segno tangibile di ciò è la distruzione del pontile che dalla spiaggia entrava in mare per centinaia di metri.

Il sogno infranto del porto Da un progetto negativo realizzato ad un altro annunciato ma poi dimenticato. Stiamo parlando del porto di Foce Verde. La vecchia amministrazione guidata dal sindaco Vincenzo Zaccheo

Per il progetto del porto di Foce Verde sono andati via circa duecento mila euro

ci aveva puntato molto e, di conseguenza, aveva già speso tanto. Dalle casse comunali, infatti, se ne sono andati circa 200mila euro tra consulenze, progetti e verifiche ambientali. Soldi che, ad oggi, non sono serviti a nulla visto che il progetto si è arenato dopo il cambio amministrativo in comune. La comunità di borgo Sabotino, come quella dell’intera Latina, è rimasta senza porto e con 200mila euro in meno nelle casse comunali.

In alto la centrale nucleare di Borgo Sabotino. In basso il Procoio, edificio che oggi ospita l’Antiquarium Comunale

L’antica dimora delle bufale: il Procoio L’edificio che oggi ospita l’Antiquarium Comunale nell’800 rappresentava la sede di un allevamento di bufale da latte. Una struttura, quindi, nata prima della bonifica integrale e che testimonia l’attività commerciale e quotidiana delle paludi pontine prima dell’era industriale. “Struttura tipica del paesaggio e dell’economia del tempo antico – afferma Antonio Polselli nel libro “Latina Bene Culturale” -, il procoio era un manufatto esistente nel territorio, denominato già nella cartografica dell’Istituto Geografico Militare del 1927 come Casali di Passo Genovese; una azienda che si occupava esclusivamente dell’allevamento di bovino ed equino, che provvedeva al governo e all’allevamento del bestiame: bufali, cavalli, mucche. È appartenuto negli anni alla famiglia Caetani prima di passare nel 1931 all’ONC e successivamente al Comune di Latina come spazio per attività culturali”.

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Il Parco Arnaldo Mussolini, un’oasi o un miraggio?

IL

RAGGIO

VERDE

Valutazioni e contraddizioni dei Giardinetti di Latina, luogo della memoria e delle occasioni mancate di ALBERTO REGGIANI

L

’ombelico di Latina, il polmone verde, l’oasi della quiescenza. Lo storico luogo dove ci si è sempre ritrovati dopo aver marinato la scuola, dove sono sbocciati i primi amori, dove hanno giocato i bambini e scorrazzato i cani. Ma anche quello dove si è spesso imboscata la delinquenza, gli scippatori, gli spacciatori, gli attaccabrighe di ogni sorta. Il parco Arnaldo Mussolini, da tutti conosciuto come i Giardinetti di Latina, è il centro gravitazionale di tutte le generazioni di latinensi dagli anni della fondazione, il riferimento direzionale per qualsiasi itinerario cittadino, dal famoso giro di Peppe degli anni 60-70 fino alle attuali comitive ambulanti, il teatro di eventi fastosi e nefasti, di kermesse sportive, adunate oceaniche ma anche di solitarie immersio-


Un’immagine dei Giardinetti negli anni ‘50 quando le auto circolavano regolarmente

ni nella meditazione e nell’ispirazione. Nessun posto a Latina è così pirandelliano, interclassista, democratico. Nessun altro è così amato a prescindere, nonostante l’incuria e lo stato di semi abbandono in cui versa e al quale la cittadinanza sembra aver fatto l’abitudine. Negli anni sono stati istituiti diversi bandi per la riqualificazione del Parco ma, come la maggior parte di casi analoghi nel capoluogo, sono rimaste esercitazioni teoriche ed inespresse nei fatti. Ne è stato proposto un altro, di recente, ma solo gli ottimisti lo rincorrono. L’ultima volta che i Giardinetti assursero agli onori della cronaca correva l’anno 1995. Fu per una mera questione toponomastica: il neo sindaco Ajmone Finestra, repubblichino convinto e mai abiurante, ripristinò l’originario nome del Parco, intitolato ad Arnaldo Mussolini, fratello minore del Duce e direttore del Popolo d’Italia, morto prematuramente nel 1931. Apriti cielo: in piena era di svolta conservatrice della destra italiana, iniziata e dettata dal congresso di Fiuggi e trasversalmente riconosciuta, la mossa del primo cittadino non passò inosservata ed anzi ebbe una eco nazionale, sfruttata in maniera speculativa da chi altro non aspettava per rinfacciarne la giravolta nostalgica. Ma Finestra tenne duro e fu anche ben spalleggiato: “E’ giu-

sto intitolare il parco ad un uomo di cultura e consigliere ponderato dell’illustre fratello” – disse, petto in fuori, Finestra. Rincarò la dose colui che lo avrebbe succeduto sul più alto scranno comunale, l’allora deputato di AN Vincenzo Zaccheo che dopo aver messo a disposizione un busto di Arnaldo Mussolini, sfregiato durante la guerra, lanciò la più atomica delle provocazioni: “Dedichiamo il parco direttamente a Benito Mussolini, perché lui ha fatto molto per la nostra città: la bonifica delle paludi è stata un’impresa epocale, non va dimenticata, fa parte del nostro patrimonio storico”. Ipse dixit.

Realizzazione e destinazione Il concepimento del Parco fu inserito nel Piano Regolatore di Ampliamento del 1935. Fu realizzato allo scopo di dotare Latina di un’area verde, di cinque ettari, nella quale passeggiare e godersi la bellezza della natura, garantita dalla presenza di molti alberi e di un vasto prato. Essa è percorsa, riprendendo lo stesso schema urbanistico di Latina, da strade maggiori in asse con i punti nevralgici della città, ovvero Piazza San Marco e Piazza del Popolo. Ha sei entrate principali, mentre all’interno s’intersecano strade

secondarie che tagliano i prati a 45 gradi. Insomma, come è lecito immaginare, anche i Giardinetti rispecchiano la fisionomia razionalista del Ventennio, con il Monumento ai Caduti a santificare in maniera postuma l’anima pugnace del fascismo. Inizialmente il Parco era accessibile alle automobili ed anzi fino all’inizio degli anni ’60 la bisettrice sud-nord ha rappresentato la principale strada di transito cittadino sull’asse Napoli – Roma, scatenando le controversie inevitabili tra ambientalisti e operatori commerciali. I primi vedevano nei Giardini l’esclusiva location per la serenità dell’animo, i secondi erano più che altro interessati ai positivi riscontri sull’economia e sul commercio locale prodotti dal passaggio nel centro cittadino di auto e persone provenienti dalle due metropoli italiane. Vinsero i progenitori degli anti-tav e i Giardini Pubblici vennero, non senza polemiche, recintati. Dal 1960 in poi si interruppero anche le folcloristiche invasioni di tifosi partenopei che, quando erano diretti allo Stadio Olimpico per sfidare Roma o Lazio, passavano per Latina proprio attraverso i sentieri alberati a ridosso dell’Obelisco, generando spesso simpatici siparietti con i latinensi, che li aspettavano al varco per canzonarli, posizionandosi nei pressi del Bar Di Russo.


I cambiamenti Da servitù di passaggio, quindi, i Giardinetti si perpetuarono da allora come la transennata dimora del passeggio. Un cambio di destinazione d’uso che spinse ancor di più la cittadinanza a considerarlo lo zenit per il proprio tempo libero e lo svago. La superficie del parco cominciò ad avere i propri punti di riferimento, dal ristoro posizionato alla sinistra del Monumento ai caduti, la pista di pattinaggio che era proprio di fronte al chiosco, l’area giochi per bambini, i campi in terra battuta del Tennis Club Latina, la fontanella di fronte l’obelisco e, appena fuori dal recintato, la storica gelateria Polo Nord. Il Parco, che fu dotato di panchine, soprattutto nella bella stagione cominciò a rappresentare una meta quasi obbligata per le madri latinensi, che potevano portare i propri figli in un’area sicura al riparo dal traffico e attrezzata con altalene e altri giochi per bambini. L’unica a Latina, fino agli anni Ottanta. Tra i verdi prati dei Giardini Pubblici si sviluppò una fitta rete di relazioni sociali, nacquero e si consolidarono amicizie, tra adulti e ragazzi che si davano appuntamento quotidianamente nel proprio abituale spazio del parco. Ognuno aveva il proprio posto, la propria panchina, il proprio gradino sul quale rilassarsi o adagiarsi e le ore pomeridiane scorrevano tranquillaUna visione aerea di Piazza della Libertà davanti l’accesso principale del Parco

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mente. Nelle ore mattutine invece, la vicinanza con le tre scuole superiori, l’Istituto Tecnico Commerciale Vittorio Veneto, il Liceo Classico Dante Alighieri e il Liceo Artistico, lo rendeva particolarmente appetibile agli studenti in amore che, usciti dalle aule, vi si appartavano per scambiarsi le

prime effusioni, o a quelli che la scuola la marinavano e ingannavano il tempo trovando riparo tra le fronde. Pratiche, quest’ultime, in voga ancora oggi.

La questione sicurezza Ma non fu mai possibile considerarlo un bosco fatato: oltre alle attività ricreative e confidenziali, i Giardinetti di Latina, a partire dagli anni 70, hanno ospitato anche le più svariate forme di delinquenza. Era opinione comune non transitare nelle stradine del parco nelle ore di scarsa frequentazione, soprattutto la sera. Al calar delle tenebre, e quindi nei mesi freddi subito dopo le cinque, la possibilità di imbattersi in spacciatori, scippatori e canaglie di vario genere cresceva in maniera esponenziale. Soprattutto il dilagare del fenomeno della droga, oltre a


Panoramica dei Giardini Pubblici negli anni ‘60. Nel riquadro nel 1935

gli anfratti, i Giardinetti tornarono ad essere un luogo fruibile in maniera tranquilla, anche per l’installazione di telecamere di sicurezza.

La situazione attuale Passeggiando oggi per i viali del Parco l’idea che prevale è quella di avere di fronte un’opera ancora incompiuta, un mancato Central Park. L’Arnaldo Mussolini è rimasto all’idea iniziale di luogo di raccoglimento e rilassamento fisico e mentale, ma non ha ultimato la sua fase di crescita, la sua trasformazione in un’area dotata di servizi oltre che di spazi. Non c’è più lo storico punto di ristoro (smantellato nel 1999), non si trovano bagni anche se ogni tanto spunta un gabinetto pubblico prefabbricato, la pista di pattinaggio ha dei crateri enormi all’interno, le giostre per bambini vanno e vengono a seconda dei controlli sulle licenze. Per questo motivo è un posto più occasionale che abitudinario, quello delle baby gang soprattutto di stampo nomade, fece precipitare la sicurezza del parco: lacci, siringhe e altri armamenti da buco venivano spesso abbandonati sui prati dove in altre ore del giorno sostavano famiglie con bambini. Una situazione di pericolosità estrema che provocò non pochi richiami alla legalità da parte della popolazione civile. Sotto accusa sono sempre finite le varie amministrazioni comunali succedutesi alla guida della città, tutte incapaci di rilanciarne le condizioni di struttura e di sicurezza. L’unico intervento degno di nota fu, negli anni Novanta, la potatura delle piante di alloro dietro le quali si nascondevano gli spacciatori e gli esibizionisti, tutta gente che operava appartandosi. L’opera di sfoltimento fu direttamente proporzionale alla diminuzione delle clandestinità e agli episodi di denuncia penale. Fino al 2011, quando uno straniero evidentemente a spasso nel tempo fu fermato con 16 ovuli di eroina tra

buono soprattutto per gli eventi particolari. I Giardinetti sono stati il luogo della prima adunata degli Alpini il 7 maggio 2009, quello dove recentemente è stato installato il maxischermo per trasmettere la partita che ha sancito la promozione in serie B del Latina Calcio, è la base di partenza e arrivo dei Carri Mascherati nei giorni del Carnevale, o della corsa podistica Vivicittà. Ha quindi una gloria effimera, brilla ad intermittenza, non è più la stella polare della cittadinanza, anche perché nel frattempo altri parchi sono spuntati nel territorio comunale. I Giardini Pubblici puntano tutto sul loro fascino aprioristico, intramontabile, sulla loro memoria storica più che sulle amnesie attuali. Vedere la coppietta che si apparta sulla panchina, gli anziani che trovano refrigerio all’ombra, i giovani che prendono il sole sull’erba, il signore che legge il giornale in santa pace, cani bambini e piccioni che si rincorrono, ferma il tempo, azzera le distanze e annulla anche le carenze. Il Parco Arnaldo Mussolini è bello perché c’è e perché c’è sempre stato. L’interno dei Giardini Pubblici nell’area riservata ai giochi per i bambini

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I SIMBOLI DEL PARCO 2 3 1

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Il monumento ai Caduti Progettato dal geometra Amedeo Presunti, è un monolite alto 15 metri dedicato ai pionieri della Bonifica caduti sul campo di lavoro. E’ collocato dal 1959 al centro della piazza principale su un’ara-fontana progettata dall’architetto Oriolo Frezzotti, al cui interno è presente la scultura bronzea “Il Genio della Bonifica”, alto 1,35 metri, opera dello scultore bolognese Pasquale Rizzoli. L’originale della cuspide dell’obelisco, un’aquila, si trova all’interno della Casa del Combattente in Piazza San Marco. Le Giostre Altalene e altri giochi ludici ai Giardinetti ci sono sempre stati. Dallo storico trenino comunale che portava i bambini in giro per il Parco alle attuali attrazioni a pagamento, forse il viaggio è andato un po’ a ritroso. Recentemente si è risolta a favore dei proprietari delle giostre la controversia con il Comune che aveva portato al sequestro di macchinari, castelli di gomma e altri strumenti di divertimento infantile.

L’accusa di abusivismo è decaduta nel momento in cui è stato accertato che il Comune incassava dai giostrai la tassa per l’occupazione del suolo pubblico.

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Il Tennis Club Latina Nella parte sud il Parco Arnaldo Mussolini è riservato agli amanti della racchetta. Esistente da 50 anni, il Tennis Club Latina catalizza l’attenzione degli sportivi soprattutto in estate quando sui campi in terra battuta si gioca il tradizionale e ambito trofeo dell’Eighteen Games, aperto a classificati ed amatoriali e giunto alla trentaseiesima edizione. Ma gli impianti sono aperti tutto l’anno e sono una delle mete preferite dai tennisti latinensi soprattutto per la suggestiva cornice naturalistica.

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Polo Nord Non è solo una storica gelateria di Latina, è un punto cardinale di intere generazioni di latinensi che si sono sempre ritrovate in comitiva davanti alla caratteristica struttura a ridosso del Parco. Nell’immagina-

rio collettivo cittadino, anzi, i Giardinetti iniziano proprio davanti al Polo Nord. L’abitudine più diffusa è quella di consumare un buon gelato e andarlo subito a smaltire con una passeggiata tra i viali alberati.

5

La panchina di Tiziano Ferro E’ il simbolo più recente e quello che rende omaggio ad uno dei cittadini latinensi più illustri in Italia e nel resto del mondo. Come lo stesso cantautore pontino ha ricordato in una autobiografia proprio su una panchina dei Giardinetti, in una giornata di dicembre del 2000, trovò l’ispirazione per comporre Xdono. Mentre si stava recando allo studio del padre, ebbe una sorta di folgorazione e si adagiò su una panchina per iniziare a buttare giù le prime strofe del singolo che di lì a poco gli avrebbe dato la notorietà che inseguiva da anni, lanciandolo nell’elite musicale mondiale. Oggi quella panchina, uguale, a tante altre presenti nel Parco è diventata oggetto di culto ed è coperta di firme di fans del cantante

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ZERO SCOOP Lisci giornalistici

a cura del PALUDATO

Stampa che non si rassegna La chiusura dei giornali e la resistenza dell’informazione “Buongiorno amici telespettatori e benvenuti alla nostra rassegna stampa dei giornali che, come sempre, ci forniscono le notizie che tengono banco negli accesi dibattiti dei nostri locali, bar e ristoranti. Come sapete però, l’estinzione dei quotidiani ha dato un taglio molto diverso alla nostra consueta lettura. Una volta, la nostra consueta rubrica era occupata dalle prima pagine delle edizioni locali del Messaggero e del Tempo. Poi c’erano alcune meteore, come il Corriere Pontino, scomparso misteriosamente nello stesso periodo in cui è scomparsa anche la carriera da Consigliere Regionale del suo editore. C’era una volta anche il Territorio, o nuovo Territorio a secondo dei gusti e delle condizioni di umidità, che ci forniva sapide opinioni sui fatti con cui si poteva anche non essere d’accordo, ma che erano necessarie come l’aria. Resiste, nonostante le voci d’imminente chiusura La Provincia, ma dopo dieci anni di attività è più di là (Frosinone) che di qua (Latina). Era una delle redazioni più strutturate con quindici giornalisti professionisti, tra quelli a contratto e una marea di collaboratori, grafici, fotografi e impiegati. Quando muore un giornale non muore solo una voce, una opinione, un punto di vista, ma si perdono anche molti posti di lavoro. Ma noi non ci facciamo scoraggiare da questo clima di sconforto e siamo subito pronti a leggervi le prime pagine e le notizie più importanti delle nostre riviste di stringente attualità. Cominciamo come sempre dalla divulgazione religiosa di “Torre di Guardia” che ci incoraggia ad essere vigili

per il ritorno del profeta. Il titolo dice “lui camminerà tra di noi”. E la foto è del suddetto profeta. Di spalla un editoriale intitolato “nel tempo del peccato, come avvicinarsi alla fine del mondo”. Passiamo ora all’inchiesta di approfondimenti della rivista “orologi” che ha un titolo forte “il meccanismo perfetto non esiste”. Speriamo che non ci siano conseguenze troppo gravi per il mercato. E come sempre alla cronaca e l’attualità più stringente con il mensile “Sfera”. La notizia in prima pagina è di quelle forti: come superare la prova costume? E poi, la foto notizia, la vedete, una immagine di effetto “la dieta dell’anguria”. E con questa velina incoraggiante chiudiamo la nostra rassegna stampa che non si rassegna alla mancanza di una stampa. Purtroppo ci informano che questa è l’ultima puntata perché siamo stati cancellati anche noi. Grazie comunque di averci seguito”.

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mare con stile

Consigli e appunti per un perfetto look da spiaggia

S

di STEFANIA PUSTERLA

i è fatta desiderare come tutte le belle donne ma alla fine l’estate è arrivata con tutta la sua prorompente vitalità. L’apertura della stagione è slittata come il nostro cambio dell’armadio, aumentando in noi la voglia di scoprirci, tirare fuori dalle scatole i costumi dell’anno scorso per vedere se ancora ci calzano a pennello, mettere colori

sgargianti, allegri e fluo che tanto sono in voga. Unica nota positiva? E’ slittata anche la prova costume! Certo non si può pretendere che una dieta ferrea di un mese e qualche corsetta fino al mare sulla pista ciclabile ci modellino il corpo come quello di una super top; gioiamo del risultato ottenuto e completiamo l’opera con qualche astuzia cominciando dalla scelta del costume da bagno adatto a noi.


che tipo di donna sei? Scegli la forma fisica che più si avvicina alla tua e scopri il modello di costume che fa per te: La regola aurea è che qualsiasi capo di abbigliamento, e più che mai il costume, debba valorizzare i nostri punti di forza e mimetizzare con naturalezza i difetti e i piccoli inestetismi. Inoltre deve sempre farci sentire a nostro agio e non impedirci nei movimenti.

la donna a pera Ha le spalle strette, il busto minuto e la vita sottile. La parte inferiore del corpo è la più critica ed è lì che tende ad accumulare più ciccia: i fianchi sono abbondanti, il sedere è più largo delle spalle e le cosce sono rotonde. OK: E’ un fisico molto mediterraneo che va valorizzato riequilibrando la silhouette. Il suo costume ideale dovrà attirare l’attenzione verso la parte superiore del corpo tramite dettagli importanti come stampe oversize, volants, perline e tessuti voluminosi. Lo slip, al contrario, dovrà essere più discreto e di un colore possibilmente scuro. Il costume intero potrebbe valorizzare meno ma, se proprio non vi si può rinunciare, dovrà seguire la stessa logica. KO: Assolutamente vietati slip particolari con dettagli luccicanti, laccetti che ondeggiano, tanga o perizoma che catturerebbero tutti gli sguardi indiscreti! No anche agli hot pants e alle culottes perché mettono in evidenza fianchi e cosce segando e accorciando la gamba.

la pera rovesciata

donna a clessidra

Spalle larghe, torace pronunciato, seno medio-abbondante ma sedere piccolo e fianchi sottili. OK: I punti di forza sono tanti e per valorizzarli il bikini dovrà avere più dettagli sul pezzo sotto e, perché no, essere anche un po’ striminzito senza mai eccedere nella volgarità. Il reggiseno sarà perfetto con le spalline legate al collo per formare uno scollo a “V”, risalterà il seno e mimetizzerà le spalle. KO: Pezzi sopra appariscenti e ricchi di dettagli che farebbero apparire le spalle ancora più larghe. Se il seno è florido meglio evitare il reggiseno a fascia o a triangolino perché non sostiene.

E’ un fisico molto femminile con il vitino da vespa, il seno prosperoso e il sedere rotondo. I fianchi e le spalle sono della stessa larghezza. OK: E’ il classico fisico da pin up che fa girare tutti gli ometti della spiaggia. Il costume perfetto è sicuramente ispirato agli anni 50’,ottima e’ la tinta unita ed i dettagli sobri. E’ importantissimo sceglierne uno con una buona struttura, con un ottimo sostegno per il seno e che non sia troppo succinto per non scadere nella volgarità. KO: Triangolini striminziti e reggiseni a fascia che farebbero fuoriuscire punti tabù ad ogni piccolo movimento.

donna a rettangolo Questa donna può essere magra o di robusta costituzione, con un punto vita poco definito e spalle e fianchi della stessa larghezza. OK: essendo considerata una forma poco femminile, il costume dovrà esserlo al massimo. Meglio armonizzare il tutto con stampe e tessuti inusuali, con dettagli definiti e circoscritti nelle zone seno e fianchi che creino volumi che armonizzino la silhouette. Via libera, dunque, a costumi originali con spesse cinture sullo slip, oblo nel reggiseno e, solo se siete magre e toniche, anche ai monokini: ovvero i costumi da bagno che sembrano bikini e che vengono uniti in modo da apparire come costumi interi. KO: da evitare i costumi semplici e monocromatici, gli interi se non molto preziosi, le righe larghe orizzontali che allargano, i costumi sportivi.

donna a mela E’ un fisico tutto tondo con spalle e fianchi delle stesse proporzioni e con un addome sporgente, punto più critico per l’accumulo di volume. OK: Ciò che più bisogna valorizzare sono le gambe. Importantissima, quindi, sarà la sgambatura che dovrà essere profonda per dare slancio. Altro punto forte è il decoltè da risaltare con un’ampia scollatura e un buon sostegno per il seno. Il costume intero può rivelarsi un’ottima scelta se ha delle increspature ed un tessuto morbido che mimetizzano la pancetta. Va benissimo una tinta unita piuttosto scura, ma anche una stampa non troppo maxi. Un’idea originale per chi vuole celare di più è l’abito da bagno: ossia un costume intero con applicato un morbido minidress che arriva fino alla parte alta dei fianchi. KO: Bikini a triangolo e a fascia, trikini e monokini, colori fluo e bianco.


giochiamo con gli accessori per completare il nostro look 1

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7 8 1 - Sandali in PVC con borchie (da Cancellieri). 2 - Romeo Gigli, gigante nero avvolgente stile anni ’70 nero modello retrò (da Ottica Davoli). 3 - Intero con frange sullo scollo a V - Despi (da Fanella). 4 - Telo da bagno in spugna - Chloè (da Fanella). 5 - Abito in jersey color pistacchio decorazioni in tessuto quadrettato (da Carducci). 6 - Obag in gomma antisabbia (da Fanella). 7 - Orecchini in legno con fiori in cotone applicati (da Cancellieri). 8 - Costume reversibile (da Idea).

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Ora che abbiamo il costume perfetto arricchiamoci di accessori luminosi e divertenti che renderanno il nostro look da spiaggia davvero cool! Partiamo da un bel copricostume. Che sia un abitino semitrasparente o di lino grezzo, deve assolutamente essere fresco e non aderente altrimenti sarete bagnate prima ancora di esservi tuffate nel mare! Belli anche i pantaloncini maschili o una minigonna abbinati ad una morbida canotta. Ovviamente il tutto dovrà essere in armonia con il costume, ma non necessariamente identico, anzi, diciamolo, i pandant sono davvero out! L’inseparabile borsa in spiaggia diventa decisamente oversize. Ce ne sono di mille modelli e colori: in tessuto pratica e colorata, in paglia romantica e un po’ retrò, in pvc da poter poggiare per terra anche in riva al mare; dobbiamo solo scegliere quella più adatta al nostro stile. Sicuramente dovrà essere capiente ma molto leggera, le cose da mettere dentro sono davvero tante! Il cappello sarà un elegante e pratico alleato per evitare che il sole ci dia alla testa! Scegliamo una “pamela” a tesa larga ottima per ombreggiare il viso e lo sguardo, ma solo se siamo medio-alte altrimenti abbassa ancor di più. In questo caso meglio il classico panama bianco, magari con la fascia colorata, molto fine e glamour. Irrinunciabili gli occhiali da sole che schermano i nostri occhi dai raggi UV. E’ molto importante che abbiano buone lenti, dunque affidatevi per l’acquisto a negozi del settore. E’ vero che gli occhi vanno protetti ma toglieteli se prendete il sole o la sera avrete un antiestetico “effetto panda”. La spiaggia è l’unico luogo in cui ci è concesso di stare comodamente in ciabatte, dunque non perdiamo l’occasione! Questo non significa, però, approfittarne, bandite le ciabatte della nonna o quelle da piscina, valorizziamoci con colorate e pratiche infradito di gomma o, per le più sofisticate, con un sandaletto caprese rasoterra e ancora, per le più modaiole, con un bel paio di espadrillas. La suola piatta è ottima per tutte, ma


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se proprio a qualche centimetro non si può fare a meno, meglio utilizzare delle piccole zeppe in coda un po’ retrò. Assolutamente vietati invece sabot e zoccoli con i tacchi a stiletto o rischiate di profondare come nelle sabbie mobili! In ogni caso ciò che non dovrà mai mancare è un’impeccabile pedicure. Per quanto riguarda i bijoux, i più adatti sono gli orecchini da preferire anche grandi, colorati e vistosi; cattureranno l’attenzione sul viso disteso e riposato di chi si gode le vacanze! Da evitare, invece, le collane che potrebbero creare segni post-abbronzatura. Molto chic è anche la cavigliera, se abbiamo caviglie sottili naturalmente.

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9 1 - Abito scollo all’americana con rifiniture ricamate a mano (da Carducci). 2 - Infradito con fiocco in PVC (da Cancellieri). 3 - Orecchini in legno con cerchi multicolor (da Cancellieri). 4 - Ballerine open toe in PVC (da Cancellieri). 5 - Abito stile liberty in jersey fantasia (da Carducci). 6 - Ray-Ban Aviator Legend, lente rosa (da Ottica Davoli). 7 - Infradito di gomma con insetto centrale in smalto e strass (da Cancellieri). 8 - Zeppa in sughero con fascia in pelle intrecciata (da Cancellieri). 9 - Vestito bianco 11 a pois rossi in cotone - White (da Stay Foolish!). 10 - Cappello a tesa larga in paglia fucsia (da Idea). 11 - Cavigliere con perline e campanelli (da Cancellieri). 12 - Costume reversibile (da Idea). 13 - Borsa in paglia con manici in pelle e ricami fatti a mano in rilievo (da Idea). 14 - Panama con fascia rigata unisex (da Idea).

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2 1 - Costume intero con oblò sulla schiena - Chloè (da Fanella). 2 - Canotta con farfalle - Just for you (da Fifth). 3 - Sandalo con fascia di perline a frange (da Cancellieri). 4 - Marc by Marc Jacobs linea giovanile/moderna, color rosa, con sfumature trasparenti (da Ottica Davoli). 5 - Minigonna in denim- Fornarina (da Fifth). 6 - Bikini a triangolo con frange e slip con pietre - Despi (da Fanella). 7 - Espadrillas con borchie a ricami (da Cancellieri). 8 - Vestito bianco a righe nere in cotone - White (da Stay Foolish!). 9 - Abitino in cotone con fiori ricamati- Just for you (da Fifth). 10 - Pantaloncini donna in cotone - Le Goût Interieur (da Stay Foolish!). 11 - Costume a fascia, slip con volant e borsa abbinata (da Idea). 12 Copricostume morbido con fusciacca in vita (da Idea). 13 - Ferma capelli in legno con libellule in pietre dure colorate (da Idea). 14 - Cappello a tesa larga con fiocco (da Idea).

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qualche consiglio anche agli uomini Si sa, la scelta nel campo dell’abbigliamento per gli uomini è più ridotta. Ciò nonostante anche loro possono commettere errori. Ecco i vari tipi di costumi e chi li può indossare: SLIP E BOXER ADERENTI: dovete avere un fisico decisamente scolpito tipo David di Donatello se optate per questi modelli, altrimenti l’effetto ridicolo non mancherà. Solo chi è andato in palestra tutto l’anno e ha mangiato bistecca e insalata tutti i giorni è legittimato ad esibire il risultato di tanta fatica! BOXER: quelli di media lunghezza 7 sono adatti davvero a tutti, in particolar modo a chi ha fatto tanti tornei di calcetto e deve assottigliare la coscia muscolosa. Quelli a gamba corta hanno un’immagine più vintage e accontentano sia il modaiolo che il cinquantenne nostalgico, ma il fisico è meglio se non è troppo massiccio. BOXER LUNGO: è un modello più giovanile e sportivo. Camuffa anche un fisico non perfetto ma non è assolutamente adatto agli uomini bassi; ha, infatti, lo straordinario potere di dimezzare l’altezza! Altro inconveniente è che non permette una totale abbronzatura della coscia, ma se non è troppo aderente lo si può arrotolare un po’.

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11 1 - Telo mare in spugna - Marina Yachting (da Sottovento). 2 - Polo in piquet -Henri Lloyd e Bracciali marinari (da Sottovento). 3 - Boxer con stampe vintage limited edition - Pull-in (da Sottovento). 4 - Slip con teschi- MC2 Saint barth (da Mancinelli). 5 - T-shirt in cotone bianca con tasca disegnata a righe blue - Caracas (da Stay Foolish!). 6 - Sacca - Henri Lloyd (da Sottovento). 7 - T-shirt grigia maniche corte in cotone con particolare su manica e collo - Wasted99 (da Stay Foolish!) 8 - Telo da bagno in spugna con disegni vintage - MC2 Saint barth (da Mancinelli). 9 - Boxer lungo stampe fluo limited edition - Pull-in (da Sottovento). 10 - Boxer mare con stampa vintage - MC2 Saint barth (da Mancinelli). 11 - T-shirt bianca in cotone manica corta - White (da Stay Foolish!). 12 - Polo in piquet washed e bermuda cotone e lino Marina Yachting (da Sottovento). 13 - Boxer - Henri Lloyd e Slip rigati- Marina Yachting (da Sottovento).

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i consigli degli esperti

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Al mare più che mai pelle e capelli sono in evidenza ed anche soggetti ad agenti come il sole e la salsedine che li possono seccare e rovinare. Abbiamo chiesto il parere a due esperti su come porvi rimedio: PARRUCCHIERE G SALON Gigio, titolare del salone “G SALON” di C.so Matteotti, ci spiega che è fondamentale scegliere prodotti di qualità e che bisogna farsi consigliare nella scelta da chi questi prodotti li utilizza spesso e, quindi, ne testa i risultati. Noi ci affidiamo a lui che di teste ne ha viste e realizzate di tutti i colori! “Quasi tutti i prodotti di nuova generazione hanno al loro interno un fattore di protezione ai raggi UV. È ovvio che quelli specifici per il sole hanno questa caratteristica più sviluppata. Qualsiasi sia il prodotto che volete utilizzare dovrà’ essere altamente idratante ma ne troppo idrosolubile, poiché sarebbe troppo difficile da togliere e ingrasserebbe i capelli, ne troppo idrorepellente o sarete costretti a riapplicarlo dopo ogni bagno. I capelli sono come spugne; se avranno assorbito prima di andare in spiaggia una buona protezione permeeranno meno il sale e l’ umidità. Quando si torna a casa, poi, bisogna sempre lavarli con uno shampoo neutro e applicare una maschera idratante”.

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1 - Elasticate Shampoo e Conditioner: per ridare tono ed elasticità -TIGI (da G Salon). 2 - Curles Rock Amplifier: altamente idratante per asciugature naturali perfette per l’estate - TIGI (da G Salon). 3 Serius: trattamento dopo shampoo super idratante non grasso - TIGI (da G Salon). 4 - Gel rinfrescante che dona un immediato sollievo ed una sensazione di freschezza a gambe e piedi affaticati (da Bella X Te e nei migliori centri estetici). 5 - Latte Spray Solare Protettivo 10 - Angstrom e Spray Trasparente Solare Ultra Protettivo 50+ - Angstrom (da Farmacia Farina). 6 - Latte Solare Spray protezione molto alta 50+ - Bionike (da Farmacia Farina). 7 - Olio Nutriente Protettivo Invisibile, Anthelios XL 50+ La Roche Posay (da Farmacia Farina).

per i più piccoli

1 - Cappello da bimbo a righe colorate rosse e blue con laccetti al collo (da Cycle Band). 2 - Costume intero color rosso Fiocco bianco con brillantini (da Cycle Band).3 - Costume in slip bimbo bicolore (da Cycle Band). 4 - Costume boxer blue a righe bianco e rosso (da Cycle Band). 5 - Bikini color fuxia mutandina con volan fantasia cuoricini (da Cycle Band). 6 - Cappellino da bimba di cotone color rosa (da Cycle Band).

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FARMACIA FARINA Le creme solari servono in primis per proteggere la nostra pelle e poi per favorire l’abbronzatura. E’ ormai noto, infatti, che proteggersi al sole è importante, per prevenire tumori alla pelle in primis, ma anche per evitare eritemi o scottature che si sa, possono essere piuttosto fastidiosi. E’ bene chiarire innanzitutto un concetto: non è vero con protezioni solari alte ci si abbronza meno facilmente. Una protezione solare alta, di fatto, equivale a una protezione dai raggi UVA/UVB per un tempo maggiore, permettendovi di non dover riapplicare continuamente la protezione. Naturalmente le creme non sono uguali per tutti, e ognuno dovrà scegliere quella più adatta, in base al proprio fototipo. Quest’ultimo dipende dal colore della pelle e dei capelli, dalla predisposizione agli eritemi e dall’attitudine ad abbronzarsi. Ci sono fototipi più sensibili, indicati con numeri bassi, che richiedono una maggiore protezione (quindi quelle indicate con numeri alti). Se invece il vostro fototipo è alto vuol dire che avete una maggiore resistenza all’esposizione e quindi potete anche scegliere una crema con minore protezione. Per quanto riguarda l’uso corretto, la prima cosa che si consiglia è agitare il tubetto della nostra crema, in modo tale da renderla ancora più omogenea con una quantità sufficiente da applicare di cira 35 ml. Per essere ben consigliati è comunque preferibile rivolgervi al vostro farmacista di fiducia o in alternativa per i prodotti naturali, all’erborista.

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COMMA ZERO

Consulenza legale e contabile di ANNALISA MUZIO e MARCO BEDIN

Quando trionfa... il lavoro Il caso del prof. Cambareri del Liceo G. B. Grassi Sul luogo di lavoro si è spesso vittime sotto numerosi aspetti, molti dei quali, per legge, punibili dal giudizio del giudice del lavoro: mobbing, burn out, mancanza di condizioni per poter svolgere la propria attività lavorativa, fino ad arrivare alla mancata corresponsione delle spettanze e nei casi limite ad un licenziamento senza giusta causa. In ognuna di queste fattispecie e in molte altre previste dalla legge, se sussistono i presupposti per avviare un’azione giudiziaria verso il datore di lavoro occorre attivare una causa di lavoro. Proprio le cause di lavoro sono uno dei punti di forza dello Studio associato M2B, che grazie all’esperienza ed alla competenza degli avvocati Gianluca Marchionne ed Annalisa Muzio, in questi anni ha portato a termine con successo

numerose controversie di lavoro. Nell’articolo di questo mese riportiamo un esempio eclatante delle cause di lavoro seguite e portate a termine con successo dal settore legale dello Studio M2B: quello relativo al caso del professor Domenico Cambareri, ex insegnate del liceo scientifico Grassi di Latina, opposto all’allora dirigente scolastico Gaspare Cecconi. Il professore, affetto da una particolare e rara malattia (sensibilità chimica multipla) era impossibilitato a tollerare una certa esposizione ad ambienti e a classi di sostanze. Da qui alcune semplici richieste da parte del professore al dirigente scolastico, come ad esempio quella di poter evitare il suo ingresso a scuola in concomitanza con l’arrivo degli studenti sui motocicli, e quindi poter entrare alle seconda. Richieste sistematicamente rifiutate, che hanno costituito l’oggetto dell’azione legale mossa dal professore nei confronti del dirigente scolastico con l’assistenza dell’ufficio legale dello Studio M2B che ha subito individuato le violazioni commesse dalla scuola nei confronti del docente. Ad avvalorare il lavoro degli avvocato Muzio e Marchionne è stato il giudice del Tribunale del Lavoro di Latina Corradino Diana, che nella sua sentenza ha giudicato colpevole il dirigente scolastico di aver aggravato in maniera duratura e colpevole le condizioni di salute del professore. Per qualsiasi tipo di controversia che sorge sul luogo di lavoro è dunque importante tutelare i propri diritti. Lo Studio M2B, in particolare gli avvocati del suo settore legale, sono leader in questo campo e vi aspettano per una consulenza preliminare completamente gratuita presso il loro studio. 07.2013 | NUMERO ZERO | 109


ZERO CARBONELLA Rubrica poco seria

di GIANMARCO VALENZA

A.A. sbronzatissimo Con l’estate scocca l’ora dei tipi da spiaggia Dopo aver penato a lungo ad attenderne l’arrivo, l’estate è esplosa nella terra pontina, e, come un ghiro che esce dal letargo, il tipo da spiaggia latinense fa il suo esordio al mare. La preparazione però l’abbiamo affrontata nel numero precedente, dieta ferrea e tanta palestra per poter arrivare in tiro all’appuntamento dell’anno: la giornata al mare. Da buon latinense, l’abbronzatissimo si presenta sul litorale con un colorito marroncino dovuto alle molteplici sedute di solarium dell’inverno appena trascorso, infradito o scarpa da ginnastica per i più sportivi, pantaloncino rigorosamente di una squadra di calcio e canotta da basket o maglietta con il collo tagliato fino all’ombelico. Non manca di certo l’asciugamano sulla spalla a mo di “vucumprà” e tracolla o beautycase con dentro cellulare e chiavi della macchina. Per i più fortunati che si presentano con lo scooter, il casco in testa fino al bagnasciuga è d’obbligo per evitare di farsi male durante la discesa dalla scaletta. Approdati in spiaggia gli abbronzatissimi sciolgono il ciuffo da surfista, e tolta maglietta e pantaloncino, ecco in vista la mutanda degna dei più grandi bomber di serie A e di Antonio Zequila. Terminati i preparativi, i tipi da spiaggia si sdraiano dolcemente sul lettino ma prima di cospargersi di olio abbronzante, è di rito una foto delle cosce depilate e dei piedi callosi da postare su Facebook con tanto di registrazione del luogo e frase d’effetto per far vedere che loro sono lì senza far niente e far rosicchiare i gomiti a tutti gli impiegati d’Italia, beccandosi insulti 110 | NUMERO ZERO | 07.2013

a livello globale. Distesi sul lettino i nostri abbronzatissimi prendono il sole per tutto il giorno fino a quando non scatta l’ora ics e il lido di Latina improvvisamente diventa la nuova Formentera: aperitivi con Spritz, Birra e caraffe di Mojito animano il pomeriggio dello stabilimento. Mettendo benzina al loro corpo per presentarsi puntuali e poco lucidi alla partita del secolo di Beach Volley dove si esibiscono in accartocciamenti sulla rete e schiacciate sugli ombrelloni, i nostri tipi da spiaggia concludono il tutto con un bel tuffo in acqua, e, uscendo dal mare come i bagnini di Baywatch, si rivestono per prepararsi alla serata estiva più in voga del momento pronti a fare mattina per poi ripresentarsi puntuali il giorno dopo e raccontare al vicino di lettino la notte da leoni che hanno trascorso.


ZERO CULT

Film e libri del mese di ELENA ROCCA

Amori e intrighi in spiaggia Consigli sui libri da leggere durante l’estate UN ANNO IN PROVENZA di PETER MAYLE (EDT) Un romanzo, una guida, un diario…un modo spassoso e leggero per conoscere una terra, i suoi ristoranti, i suoi paesini caratteristici, visti attraverso gli occhi di un Inglese che vi si trasferisce per poterla vivere come residente e non come turista. Dallo stesso autore di “Un’ottima annata”, da cui è stato tratto l’omonimo film, una dichiarazione d’amore verso un paese caldo, colorato, profumato, e verso i suoi abitanti, accoglienti e ospitali come non ci si aspetta possano essere i francesi. Finito di leggerlo avrete solo voglia di partire… REQUIEM PER IL GIOVANE BORGIA di ELENA E MICHELA MARTIGNONI (TEA) Romanzo storico scritto come un giallo e narrato a più voci, ci racconta in modo scorrevole dell’omicidio di Juan, figlio prediletto di Rodrigo Borgia, alias Papa Alessandro VI. Il racconto si snoda attraverso i vari punti di vista di coloro che ne avrebbero desiderato la morte, dal fratello Cesare Borgia, ai Cardinali che non hanno digerito il modo in cui il padre è salito al soglio pontificio, ai nemici politici di una delle famiglie più odiate, invidiate e temute della storia di Roma. Attraverso un carosello di personaggi che riecheggiano da sempre nella nostra memoria, Ludovico il Moro, Pico della Mirandola, Ascanio Sfora, ci arriva la morale di una storia ancora attuale nell’Italia contemporanea e nelle sue dinamiche. LA NOTTE HA CAMBIATO RUMORE di MARIA DUENAS (MONDADORI) Il romanzo perfetto per i pomeriggi

d’estate, ben scritto, appassionante, coinvolgente. La storia è quella di Sira Quiroga, giovane e innocente ragazza spagnola che nella Madrid degli anni ’30 si innamora follemente della persona sbagliata, la segue in Marocco e presto si ritrova sola, piena di debiti ed in un paese straniero. Prendendo spunto da questa sua prima caduta, l’autrice ci racconta, in un’alternarsi di alti e bassi, della forza e dell’inventiva delle donne, delle loro mille risorse e della loro capacità di non abbattersi mai, ma di rimboccarsi le maniche e rinascere. Sira, da semplice sartina, diventa la proprietaria di uno dei più famosi atelier di moda del paese, ma è qui che la storia cambia improvvisamente, per trasformarsi in un noir meno personale e più inserito nel contesto storico dell’epoca, e della macchinazioni politiche della seconda guerra mondiale.

Il classico

IL DOTTOR ZIVAGO di BORIS PASTERNAK (FELTRINELLI) Storia d’amore tra le più belle e tormentate di tutti i tempi tra il medico e poeta Jurij Zivago e l’infermiera Lara. Juri torna a Mosca dopo aver combattuto nella prima guerra mondiale per mettere al sicuro la moglie e i figli dalla rivoluzione russa. Nel paesino di campagna dove si rifugia incontra Lara, crocerossina impiegata nel suo stesso reparto. Passando attraverso gli orrori della guerra, la cattura da parte dei partigiani russi, la poesia ,la balalaika e il freddo siberiano l’amore tra Juri e Lara cerca di vivere e ritagliarsi un angolo di felicità .Gli eventi incalzano e i due amanti alla fine sono costretti a separarsi senza potersi rivedere mai più. 07.2013 | NUMERO ZERO | 111


SIPARIO ZERO

Rappresentazioni teatrali di GIANLUCA CASSANDRA

Spettacoli all’aperto al via La piacevole novità estiva dei latinensi e dei turisti Anche se con qualche falsa partenza, l’estate è arrivata. E una città di mare come questa dovrebbe offrire ai suoi abitanti e ai numerosi turisti un’adeguata e variegata proposta culturale. Ma non è così. Spesso le proposte sono scarse e non sempre all’altezza delle aspettative del pubblico. Pubblico che c’è, esiste, è informato ed è anche preparato, ed al quale troppe volte vengono rifilati solo bidoni autoreferenziali, volgare cabaret o improbabili kermesse. In questo contesto, Teatro Moderno come sempre punta sulla qualità, sulla continuità e sulla credibilità. Si, sto parlando bene della mia struttura, però credo sia arrivato il momento di chiamare le cose con il proprio nome. La nostra proposta è frutto di un attento ‘lavoro’ insieme al pubblico, vera risorsa del teatro. Il nostro obiettivo principale è quello di “far vivere” il teatro: non deve essere un evento occasionale ma una piacevole abitudine. E quale momento migliore per stimolare il pubblico se non quello estivo? Abbiamo deciso, ancora una volta, di dare ascolto a quelle che sono state le richieste dei latinensi in ambito di cultura, cercando allo stesso tempo di dare un’impronta da ‘Teatro Moderno’. E così, in collaborazione con Roberto Becchimanzi, abbiamo presentato “Arena al Moderno”, un cartellone che fino al 3 agosto offrirà tante occasioni per trascorrere delle piacevoli serate sotto le stelle. Come sempre nella selezione degli spettacoli da mettere in cartellone siamo stati attenti alla bontà delle compagnie, tutte pluripremiate in ambito teatrale. 112 | NUMERO ZERO | 07.2013

Ma le iniziative estive del Moderno non finiscono qui. Come sempre la nostra attenzione è rivolta ai più giovani e abbiamo deciso di presentare addirittura 2 bandi per un totale di 30 borse di studio (per attori e ballerini) a disposizione dei ragazzi della nostra provincia. Si, perché vogliamo fortemente creare una compagnia stabile del Teatro Moderno che dovrà lavorare. Come sempre prima abbiamo creato il lavoro, il mercato, ed ora dobbiamo inserire gli attori che serviranno per soddisfare tutte le richieste locali ed in tournèe. L’iniziativa mira a riprendere il concetto di avviamento alla professione, predisponendo già i passi per l’inserimento nel mondo del lavoro. Si tratta, dunque, di un’ottima opportunità data ai ragazzi sulla scia dell’insegnamento e della formazione al lavoro dei giovani. Di solito la formazione è il fine. Da noi è il mezzo, attraverso il quale approdare ad una seria prospettiva di lavoro che già poggia si basi certe, ovvero almeno 80 repliche di produzione. Per questo numero vi ho aperto qualche finestra sul Moderno, nei prossimi scenderemo nei dettagli dell’intero panorama dell’intrattenimento culturale della nostra città.



di GUIDO PIANO

Un posto al sole in Provincia Il penoso caso della Parentopoli di Via Costa Quarantacinque persone denunciate, di cui cinque dirigenti, ed oltre cinque milioni di euro di danno verso l’erario. E’questo il risultato dell’indagine del sostituto procuratore della Repubblica Giuseppe Miliano, sulle assunzioni facili alla Provincia di Latina. Quaranta persone che, coincidenze della vita, risultano essere parenti o affini di politici o notabili del panorama provinciale, assunte in Provincia con procedure che secondo la Procura della Repubblica violano tutte le leggi vigenti in materia di assunzione pubblica. Per la serie ‘Ti piace vincere facile…’ per raggiungere l’agognato posto fisso, per di più blindato in un ente pubblico, ai quaranta fortunati, sarebbe bastato prendere parte ad un progetto che assegnava borse di lavoro per disoccupati ed essere poi stabilizzati come personale in organico all’ente di via Costa pur non avendone i requisiti. Ora sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere

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e soprattutto sarà curioso vedere se la stessa Amministrazione Provinciale targata Armando Cusani, sarà pronta a chiedere i danni di immagine nel successivo processo costituendosi parte civile. Curioso perché non è facile immaginare che chi abbia contribuito a dare ‘spintarelle’ all’amico o al parente, ora sia lo stesso a chiedere un risarcimento per i danni che quelle stesse spintarelle hanno determinato. Siamo un paese alla deriva perche siamo un paese di raccomandati. L’ente di via Costa ovviamente non fa eccezione, così come tanti altri enti pubblici, indifferentemente se amministrati dalla destra o dalla sinistra, che da sempre costituiscono lo strumento migliore nella gestione del potere, soprattutto quello di condizionare la volontà popolare al momento di scegliere gli amministratori che governeranno. “Sono sempre gli stessi a vincere le elezioni…”, ecco, provate a chiedervi il perché…




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