AUTORIZZAZIONE SANITARIA ALL’ESERCIZIO N°168 DEL 12/12/2008 RIL DAL COMUNE DI LATINA DIRETTORE SANITARIO Dott. Antonio TRANQUILLI Specializzato in Patologia Generale, iscritto all’Ordine dei Medici della provincia di Latina dal 08/06/1979 con n° Ordine 1130
Idrocolon Terapia «Puliamo esternamente il nostro corpo per la nostra salute, dovremmo farlo anche internamente»
PRIMO CENTRO A LATINA Che cos’è? L’idrocolonterapia è la più moderna e sana applicazione di quelle pratiche, oggi quasi scomparse, che per secoli sono state associate al lavaggio intestinale, come i clisteri. Liberatasi dalle controindicazioni, imprecisioni e goffaggini dei sistemi più antichi, è finalmente innocua e rilassante. Perché il lavaggio intestinale. Oggi la maggior parte delle persone presenta un colon deformato e una stitichezza cronica causata da un’alimentazione innaturale. L’intestino crasso perde la sua forma normale e presenta sempre maggiori incrostazioni fino a che rimane solo una piccola apertura nel centro. Da rapporti di autopsie ospedaliere si nota che quasi tutte le persone presentano delle incrostazioni imputridite pari a circa 2-4 kg di peso, senza rendersene conto. Queste particelle accumulate possono avvelenare l’intero corpo, producono gas e flatulenza e possono estendere il perimetro del colon fino a 38 cm, il che porta inevitabilmente ad un indebolimento delle funzioni degli altri sistemi
organici. Le malattie, anche se non vengono collegate direttamente ai disturbi digestivi, sono la logica conseguenza. Programmare una serie di profilassi ha dei vantaggi sotto il punto di vista della qualità della vita e di prevenzione. INDICAZIONI CAMPI DI APPLICAZIONE La Colon-Idroterapia ha avuto effetti positivi nei seguenti quadri clinici locali: Stitichezza - Colite - Depressione Allergie - Emorroidi - Prostata - Mal di testa - Perdita della libido - Impotenza Cellulite - Rughe - Acne - Eccesso di peso. La terapia è inoltre efficace per la preparazione all’esame diagnostico del colon: Clistere di contrasto - Rettoscopia - Sigmoidescopia - Pulizia intestinale pre e post intervento chirurgico Come si svolge il trattamento Il paziente rimane disteso supino su un lettino. Attraverso un tubo di plastica l’acqua entra nell’intestino. Con il sistema chiuso di scarico, l’acqua con il contenuto intestinale sciolto
viene condotta fuori. Ulteriori misure come il massaggio addominale, la respirazione diaframmatica, il massaggio riflesso del piede, le tecniche di rilassamento autogene, favoriscono lo scioglimento e l’eliminazione degli accumuli fecali. Attraverso il sistema chiuso vengono evitati odori o contaminazioni. Per una completa guarigione di tutto il tratto del colon sono necessari circa 2-3 anni, con una serie consigliata di 20-30 lavaggi. Eliminando il deposito di feci si elimina anche il sintomo. L’effetto della terapia, con il diminuire dei sintomi e della manifestazione del malessere, è una crescente vitalità caratterizzata da una minore tendenza alle malattie in generale (rafforzamento del sistema immunitario), maggiore energia fisica, gioia di vivere ed equilibrio mentale, fino a raggiungere uno stato di salute stabile e duraturo. Come funziona Ben più raffinata di un antiquato clistere, l’Idrocolonterapia consta di quattro fasi fondamentali:
- Una fase Diagnostica, in cui si verificano le condizioni del soggetto e la sua patologia; - Una fase Preparatoria, dove si modifica la consistenza del contenuto intestinale e si risolvono i possibili ostacoli al trattamento; - Una fase di Lavaggio, momento centrale della terapia, con lo scopo di rimuovere tutto il materiale fecale, ripulendo il colon; - Un Post-Trattamento, in cui vengono effettuate le pratiche accessorie a perfezionamento del lavaggio, come la rieducazione intestinale o la ricolonizzazione aubiotica. La terapia è indolore e dopo i pazienti provano una condizione di benessere. La pressione al ventre scompare e il paziente riesce nuovamente a respirare; la sensazione di angoscia causata da un cattivo stato del diaframma e la pressione sanguigna troppo alta o troppo bassa migliorano già dopo un primo trattamento. L’Idrocolon Terapia è una delle migliori profilassi mai conosciuta per la prevenzione del tumore del colon.
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L’editoriale di ALBERTO REGGIANI
La zona di rimozione Quando il senso del pudore non è più comune La scena va descritta in tutta la sua melodrammaticità: un carro attrezzi sta per portare via un’auto oscenamente parcheggiata di traverso in un posto riservato ai disabili, in corrispondenza dell’ufficio anagrafe di Latina. Non in una zona qualsiasi, quindi, ma in una delle più battute della città. La stessa vettura, nera e sportiva, si segnala quasi quotidianamente per acrobatiche ed anarchiche soste sui cordoli del marciapiede della stessa via, incurante di qualsiasi divieto e col senso civico di un black bloc. Chi frequenta quel tratto di strada si pone giornalmente la domanda: ma Zorro non andava a cavallo? Assistiamo tronfi e compiaciuti alla rimozione del veicolo libertino, finalmente consegnato alle patrie ganasce, e immortaliamo la scena col telefonino, immaginando di farne un poster per l’ufficio o uno sfondo del computer. Non passiamo inosservati: vigili e attrezzisti ci buttano occhiatacce intimidatorie che sortiscono effetto immediato. Il cellulare torna in saccoccia, per istinto più che per timore. In quel momento, dalla rampetta con corrimano dell’anagrafe sbuca trafelata una persona che s’indirizza verso i sanzionatori. Ha l’aria di essere un dipendente comunale e precisa di
non essere il proprietario dell’auto, ma esorta tutti ad attenderlo per evitare asportazione e conseguenze affini. Ha la faccia da pietas michelangiolesca, invoca comprensione e pazienza, quando ormai il carro attrezzi ha già imbracato la vettura e teso gli ormeggi. Sembra troppo tardi ormai, anzi tutti noi vogliamo gustarci la scena del reprobo che viene giustiziato in presa diretta. Visto il tipo di macchina, ci aspettiamo un tipo alla Banderas ma, con grande sorpresa, esce fuori un clone di Danny De Vito, con un plico di scartoffie sottobraccio. Neanche nell’avanspettacolo esordirebbero con una battuta simile: “se c’è da pagare, pago” ma il signorotto dice proprio così. Capita l’antifona? E’ un uomo responsabile. Ci aspettiamo la reazione indignata di tutti gli astanti ma è un’illusione. In pochi minuti la macchina è liberata e il carro attrezzi se ne va a digiuno. Il colpevole paga solo il disturbo. Non è finita: due donne in divisa vengono a chiederci il motivo dei nostri scatti. Le rassicuriamo, somministrazione per uso personale. La vera infrazione della giornata sembra la nostra, l’unica rimozione richiesta è quella delle nostre foto. Che poi hanno ripreso un rigore sbagliato a porta vuota. Non sappiamo che farcene.
Magazine mensile di attualità, costume e società DIRETTORE EDITORIALE Marco Tomeo DIRETTORE RESPONSABILE Alberto Reggiani COLLABORATORI DI REDAZIONE Pasquale De Rosa, Domenico Incollingo, Marco Fiorito, Marco Nardi, Alessia Fratini, Riccardo Angelo Colabattista, Marco Petrone, Chiara Bovolenta, Gianluca Amodio, Patricia Saurini, Stefania Pusterla, Francesco Miscioscia CON IL CONTRIBUTO DI: Santa Pazienza
PROGETTO GRAFICO // Giuseppe Cesaro IMPAGINAZIONE E GRAFICA // Giuseppe Cesaro e Paola Nardi FOTOGRAFIE // Claudia Mastracco EDIZIONE E PUBBLICITÀ CNS - LATINA Via Milazzo - Tel. 327.9713164 STAMPA Tipolitografica C.O.R.E. Via Tre Ponti, sc - Loc. Rezzole - 04022 - Fondi (LT) Registrazione Tribunale concessa
10.2013 | NUMERO ZERO | 09
Una immagine di Corso della Repubblica ad inizio anni Sessanta quando si era già affermata come la strada principale di Latina
IN QUESTO NUMERO #9 // OTTOBRE DUEMILATREDICI
SIAMO ANCHE ON LINE
14
Gli sparamulte
26
Latina etrusca
34
Mosche bianche
42
Via di passeggio
52
Bella di notte
64
Uomini in vena
72
Il Piave mormorò
76
Buio in sala
86
Intorno al parco
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100
Gli ausiliari del traffico e le leggi sui parchimetri
L’antico sito di Satricum, a 10 km dal capoluogo
Il difficile e solitario lavoro dei tassinari di Latina
Corso della Repubblica, tra shopping e passerelle
Il fascino oscuro della città addormentata
La straordinaria storia dell’Avis di Latina
Il borgo della rotonda e delle casermette
La malinconica parabola dei cinema latinensi
I nuovi quartieri e il loro polmone verde
Piccole vesti La moda baby alla prova dell’inverno
10.2013 | NUMERO ZERO | 11
L’eroe mascherato di SERGENTE GARCIA
Padroni… sporcaccioni! Il problema della raccolta delle deiezioni canine sui marciapiedi
Amici di Zero, e di Zerro, questa settimana riceviamo e pubblichiamo lo sfogo di Fabio, il quale ci scrive che avrebbe piacere di fare lo slalom in inverno, durante la settimana bianca su una bella pista da sci, piuttosto che sul marciapiede che divide il portone del condominio dove vive dal garage dove è posteggiata la sua auto, per evitare la ‘popò’ dei cani. “Escrementi – continua -, non solo frutto dei fisiologici ed intrattenibili bisogni delle povere bestiole, ma soprattutto dell’inciviltà dei loro padroni”. Un tratto di strada breve, ma assolutamente impervio e denso di insidie. “Quand’è che le persone che vivono la nostra città impareranno a rispettare le regole?... Anche cominciando a ripulire le deiezioni dei propri cani?” Bella domanda caro Fabio… La stessa che centinai di migliaia di cittadini, amici di fido o meno, si pongono tutti i giorni. La raccolta delle deiezioni dei cani da parte dei loro proprietari rappresenta uno dei temi più “spinosi” della pacifica convivenza tra i cittadini. Chi non raccoglie le deiezione del proprio cane arreca un danno a tutti: chi non possiede un animale sarà più intollerante nel vedere i marciapiedi trasformati in “percorsi di guerra” e nei luoghi pubblici aumenteranno i divieti. Occorre ricordare 12 | NUMERO ZERO | 10.2013
ai padroni ‘sporcaccioni, che raccogliere le deiezioni canine, non è soltanto un’espressione di buon senso ma un obbligo giuridico. L’obbligo di raccogliere le feci del cane è stato regolamentato da tempo nella legislazione del nostro Paese, grazie a numerose ordinanze del Ministero della Salute in materia digestione di cani. L’Ordinanza del Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali del 3 marzo 2009 articolo 2, comma 2, punto 4 di che “è fatto obbligo a chiunque conduca il cane in ambito urbano raccoglierne le feci e avere con sé strumenti idonei alla raccolta delle stesse” Sono numerose ordinanze comunali che regolamentano la questione e specificano il comportamento che i proprietari di pet devono tenere. Sarebbe carino,ma le leggi sulla privacy ci metterebbero nei guai, riprendere con una telecamera nascosta chi porta a spasso il proprio cane. Attendere se raccoglie o meno la popò del suo cane e quindi, nella seconda ipotesi, raccoglierla, e riporla in un pacco regalo. Seguire fino alla porta di casa il padrone incivile, bussare e consegnare nelle sue mani il pacchettino. Chissà se servirà da lezione… Zerro è pronto a sperimentarlo!
Una mattinata a stretto contatto con i funzionari del traffico Per capirne l’operato e le tecniche di multa Le umane debolezze degli incubi degli automobilisti, tra sanzioni a campione e soste prolungate
SIAMO
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C
appellino e casacca blu, taccuino in mano, stazza quasi sempre imponente, pendolante andatura. E soprattutto ghigno perfido e mefistofelico. Possiamo non aggiungere altro, avete già capito di chi stiamo parlando. Quanti di voi, automobilisti spavaldi, lavoratori o residenti del centro urbano, possono dire di non aver, almeno una volta nella vita, preso una multa o perlomeno sfidato la sorte con lor signori, gli Ausiliari del Traffico? Certamente pochi, solo i maniaci della diligenza, gli integerrimi abbonati, gli spaccasecondi del ticket, quelli che anche se crolla il mondo corrono ad aggiornare il biglietto salvasanzione. Ma sono un elite assai minoritaria, rispetto alla marea di indisciplinati e temerari patentati. La verità è che ogni giorno, quando si tratta di parcheggiare e soprattutto pagare il ticket per le strisce blu, è estremamente facile accorgersi di quanta fantasia siano dotati gli automobilisti pontini: soste in doppia fila, sulle strisce pedonali, sui marciapiedi, e ancora, luci di posizione accese, pezzi di carta scritti a penna e poggiati sul cruscotto che somigliano più a poesie d’amore dedicate ai funzionari, piuttosto che scuse più o meno opinabili con le quali giustificare il momentaneo parcheggio scellerato. Ma anche animali, o nel peggiore dei casi anziani e bambini, abbandonati in auto e adibiti ad improbabili antifurto e anti-multe, quasi a voler dire “tranquilli, per forza di cose dovrò tornare alla mia
auto per non lasciar morire di sete mio figlio”. Ma fermiamoci a riflettere, provando per un istante di calarci nei panni di quello che nell’immaginario collettivo è visto come il vero e proprio antagonista dell’automobilista medio; il Joker di Batman, il Goblin di Spiderman, il cattivo per eccellenza insomma, colui che sembra godere nel farsi odiare ponendosi come incontrastato antieroe. Non ce ne vogliano gli Ausiliari del Traffico, dalla beffarda nominazione amichevole, ma questa è la sensazione che quotidianamente si percepisce. Ormai sono entrati nel ristretto club delle iatture da strada, si posizionano tra gatti neri e carri funebri vuoti. E allora, per non restare nell’ignoranza e con la speranza di poter capire qualco-
sa in più della complicata psicologia dei funzionari “cattivi”, li abbiamo studiati, spiati e pedinati per una intera mattinata, appuntandoci ogni loro mossa, controllando il loro operato da vicino, pronti a coglierli in fallo, ma senza ovviamente ledere la loro privacy personale. Come fanno alcuni di loro, quando multano per una questione di minuti o non sentono ragioni verso chi contesta l’odiato biglietto sul parabrezza, a volte addirittura con buone dosi di ragione. Anche noi abbiamo il nostro taccuino, la sanzione non è amministrativa e pecuniaria ma morale. E tanto ci basta. L’impresa è ardua, la ricerca richiede energie fisiche e mentali, il soggetto in questione è furbo, molto furbo, ma dalla nostra parte sentiamo di avere il supporto di migliaia di automobilisti che da tempo agognano una qualche rivincita nei confronti degli sparamulte in divisa. Ci ergiamo noi a paladini pronti al rischio e a qualunque avversità pur di scovare i più nascosti segreti del nemico. Scegliamo un giovedì qualunque, comune giorno lavorativo, emblema del solito tran tran quotidiano e dunque campo di battaglia perfetto per raggiungere il nostro obiettivo. Ore 10, la truppa è al completo, lui avrà il suo taccuino, io il mio; lui il suo berretto blu, io il mio verde; con gli occhiali da sole sono irriconoscibile e con la macchina fotografica ci sentiamo invincibili. Appena il tempo di una rapida colazione, giusto per tenere alte le motivazioni, e la caccia inizia. Partiamo
Botta e risposta tra Comune e Bugia Blu Dopo l’avvio delle procedure per il nuovo Piano Sosta, il comitato Bugia Blu, che si dedica a informazione, verifica e controllo della gestione dei parcheggi a pagamento nel Comune di Latina, ha espresso i propri suggerimenti in merito e non è mancata la risposta da parte degli uffici competenti. Ausiliari del traffico - Il comitato richiede di uniformare questa figura per legge, la Corte di Cassazione ha infatti sancito che il personale dipendente delle società può rilevare solo violazioni che riguardano le aree contrassegnate con le strisce blu (Sentenza n. 5621/09). Questione risolta secondo il Comune, che assi-
cura gli ausiliari stanno rilevando solo sanzioni per mancato pagamento della striscia blu. Riscossione monetaria dei parcometri Finora il gestore privato aveva accesso ai parcometri e riscuoteva l’intero importo per poi devolverne una percentuale al Comune (65,34%). Il comitato spera che l’amministrazione riprenda presto in mano la riscossione, come annunciato dalla Commissione che se ne occupa. Tutti ora sembrano convergere sulla necessità di riscuotere direttamente i proventi della sosta. Tasse – Il comitato propone d’inserire il pagamento delle tasse nel bando di gara, questo il suggerimento di evidente validità, forse nato dall’esperienza con
Urbania: TARSU e TIA mai riscosse dal Comune. In questo caso il Comune pensa a una verifica semestrale. Controllo su società privata - L’operato del gestore di un servizio pubblico dovrebbe essere controllato così da evitare irregolarità. Negli ultimi anni il comitato ne ha denunciate molte, a partire dal posizionamento delle strisce blu fino ad arrivare al mancato corrispettivo del dovuto all’amministrazione. Il Comune promette però che, per una “strategia di trasparenza”, verrà “affisso su ogni parcometro un vero e proprio regolamento della sosta così che i cittadini siano informati su tutto quello presente nel piano sosta”.
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ovviamente da Piazza del Popolo, centro nevralgico e cuore pulsante di Latina: la prima curiosità riguarda il fatto che proprio la centralissima piazza pare essere sotto il controllo esclusivo della Polizia Municipale. Due volanti parcheggiate davanti al Comune e una mezza dozzina di poliziotti a presidiare la via. Tra una passeggiata verso il Bar Poeta e un giro neanche troppo distratto, l’obiettivo degli agenti appare subito chiaro: mettersi in bella mostra così da spingere gli automobilisti più audaci a stare lontano anche dal solo pensiero di poter effettuare una qualunque infrazione col proprio veicolo in questa zona della città. Meglio non scherzare col fuoco, il nostro obiettivo non sono i pubblici ufficiali, ma la loro declinazione ausiliaria. Decidiamo di spostarci, voltiamo in Corso Matteotti,
Parcheggi bianchi sono obbligatori? Nonostante la legge obblighi di disporre delle aree di sosta libere nelle immediate vicinanze delle strisce blu, il Comune di Latina con una delibera ha tentato di aggirare una Legge nazionale classificando tutto il centro cittadino, ben 100 ettari di superficie, come zona di particolare valenza urbanistica (Deliberazione di Giunta n. 576/2006). In effetti, il Codice della Strada prevede la possibilità di avvalersi dei parcheggi a pagamento senza sosta libera, rinunciando al giusto equilibrio tra parcheggi liberi e a pagamento, se si tratta di aree di pregio ambientale e di elevata intensità di traffico (D.Lgs 30/04/1992 n. 285 art. 7). Così l’amministrazione comunale, con una delibera di Giunta, ha deciso di classificare il centro di Latina come zona “A”, ovvero una “Zona territoriale omogenea urbana” che riveste carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale e con “particolari” condizioni di traffico (Decreto del Ministero dei LL.PP. n. 1444 del 2/02/1968). Fatta la legge, trovato l’inganno. Anzi, la delibera!
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percorriamo la strada quasi interamente con passo calmo ma deciso; nell’aria inizia a salire la tensione, la preda è vicina, l’odore nell’aria, il traffico crescente è un’iniezione di fiducia. Socchiudo gli occhi per aumentare il raggio di azione, vedo un berretto, forse no, anzi, adesso sì, ne sono certo, metto a fuoco, la sagoma inizia a distinguersi, sento che ci siamo, è lui!!! Subito mi appiattisco su una parete in stile 007, mi affaccio impavido e sprezzante del pericolo, e armato di carta e penna comincio ad appuntarmi i suoi movimenti. Non possiamo svelarne la fisionomia per motivi di privacy ma il nostro mister X è determinato: incontra subito una Smart parcheggiata a spina di pesce e con le luci di posizione accese, si guarda intorno, non pare apprestar-
si a multare; da un negozio lì di fronte esce scapicollandosi un gestore, il nostro uomo non sembra preoccupato e, anzi, i due iniziano a scherzare. Il gestore torna dentro, avverte un cliente il quale, con relativa rapidità, mette in moto il veicolo incriminato e va via. La prima battaglia si è conclusa con un nulla di fatto per il nostro Ausiliario, ma siamo certi che l’adrenalina in lui stia crescendo e che di li a poco ci sarà ben poco da scherzare; si riparte, è rapidissimo, sorvola una fila di veicoli la cui metà non dispone di alcun ticket, sembra neanche farci caso, chissà cosa brama! La sfortuna si abbatte sul proprietario di un’utilitaria, rea, forse più delle precedenti graziate, di non rientrare nelle fortune del nostro aspirante “cattivo”, certamente più avvezzo a modelli
Troppe macchine e poche piste ciclabili, quanto è vivibile Latina?
Il nuovo Piano Sosta del Comune produrrà, come scritto nella delibera, migliori condizioni di circolazione e di sicurezza stradale, insieme alla riduzione dell’inquinamento acustico ed atmosferico? Dopo anni di sosta a pagamento la situazione non sembra migliore. Qualche dato significativo proviene da Ecosistema Urbano, il dossier che ogni anno Legambiente pubblica per valutare la vivibilità ambientale delle città italiane. Anche quest’anno Latina, con 29% dei punti disponibili, si trova in coda alla classifica tra le città di medie dimensioni (Taranto, Catanzaro, Latina, Siracusa e Reggio Calabria) sportivi e magari anche cabriolet: con la penna comincia a scrivere sul taccuino, il verbale si conclude in una manciata di minuti, foglio strappato e parabrezza della vettura pronto ad ospitare il motivo di qualche certa futura imprecazione. La domanda nasce spontanea: perché quella macchina si e le altre no? E’ una rivelazione a campione? Una disposizione di multare a targhe alterne? E’ il gioco dell’oca? Verrebbe voglia di chiedere spiegazioni ma ci sovviene di essere in incognito. L’avventura riparte e l’Ausiliare, forse già sazio per il salasso appena comminato, sembra non badare più di tanto alle vetture che ora incontra; giungiamo in Via Oberdan, per i negozianti è uno di casa e l’affiatamento comporta enormi sorrisi e vantaggi nel dover pagare o
e gli indicatori che si riferiscono alla mobilità urbana sono tra i peggiori. Con 73 auto ogni 100 abitanti, Latina è ultima in classifica tra le città di medie dimensioni. L’alto tasso di motorizzazione va di pari passo con l’inadeguatezza del trasporto pubblico e delle misure di mobilità sostenibile. Il capoluogo pontino è ultimo in classifica anche per quanto riguarda il trasporto pubblico (solo 8 i passeggeri trasportati annualmente per abitante). E non va bene neanche con isole pedonali o ZTL, inesistenti nonstante la necessità di “decongestionare il traffico nel centro storico”, e piste ciclabili (soli 2,81 metri ogni 100 abitanti). Anche la qualità dell’aria non è delle migliori, almeno per quanto riguarda il Biossido d’azoto: valore medio annuo registrato dalle centraline urbane, pari a 45, supera il limite di legge previsto, che è di 40 µg/mc. Il dossier evidenzia le carenze di Latina e dà degli spunti interessanti. Non è sufficiente far pagare i parcheggi per migliorare le “condizioni di circolazione e di sicurezza stradale, e ridurre l’inquinamento acustico e atmosferico”, speriamo che il nuovo piano sosta contribuisca a rendere Latina una città più vivibile.
I consumatori diffidano il Comune Il coordinamento consumatori di Latina, che raggruppa diverse associazioni del capoluogo, ha inviato una diffida al Comune di Latina, minacciando un ricorso al T.A.R. e un possibile annullamento delle procedure per il nuovo Piano Parcheggi. L’Ufficio Viabilità e Trasporti avrebbe infatti attivato le procedure per il nuovo Piano senza alcuna comunicazione alle associazioni interessate che, invece, richiedono di essere consultate, come previsto dalla leg-
ge, e di predisporre nel contratto norme che permettano loro di monitorare del servizio. Non una richiesta, ma un obbligo: è la legge che impone alle amministrazioni di consultare le associazioni dei consumatori col fine di tutelare i diritti di consumatori e utenti dei servizi pubblici locali e di garantire qualità, universalità ed economicità dei servizi (art. 2, comma 461 legge 244 del 2007 - finanziaria del 2008).
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Quanti parcheggi? Nel nuovo Piano la sosta a pagamento rappresenta circa il 75% dei posti nel centro storico (per un totale di 4242) e l’offerta di sosta libera è di 1022 complessivi. Ecco i numeri in dettaglio:
3530
a pagamento a tariffa normale
500
a pagamento ad alta rotazione
212
a pagamento a tariffa ridotta
216
libera disciplinata da disco orario
806
libera in adiacenza area anello circonvallazione
90
riservati ai diversamente abili
46
riservati allo scarico e carico merci
70
riservati alle Forze dell’Ordine
26
riservati agli Enti
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meno il famigerato ticket. Il sole è adesso oscurato da una fastidiosa nuvola e probabilmente l’umore del nostro uomo ne risente a tal punto da non riuscire più a trovare la giusta ispirazione per redigere nuovi verbali: è fermo, si guarda intorno, prende il taccuino e scrive qualcosa. Che sia anche lui un giornalista e che in realtà stia prendendo appunti su di me? Il dubbio mi rimbalza in testa e pesa come un macigno, mi siedo un attimo e decido
di cambiare obiettivo. Mi dirigo verso il Tribunale, zona da sempre pullulante di automobili parcheggiate anche a causa delle due scuole superiori adiacenti; giro l’angolo e l’ausiliaria è lì, mimetizzata tra suv e alberi, ma io non la perdo di vista e mi soffermo nuovamente ad osservarla: scherza con un’automobilista tornata appena in tempo al proprio abitacolo per evitare una probabile contravvenzione, si imbatte in una station wagon priva di
Novità nel nuovo piano Sosta Si spera che il nuovo Piano Sosta, che ha come obiettivo quello di “decongestionare il traffico nel centro storico e favorire l’utenza a recarsi in centro a piedi, in bicicletta o utilizzando i mezzi pubblici” migliori effettivamente quello attualmente in vigore, vediamo le novità. Verranno introdotti 1.022 posti bianchi, gratuiti, di cui 806 liberi per l’intera giornata e i restanti regolamentati da sosta con disco orario, nelle vicinanze delle grandi utenze (sede ASL, le poste centrali, il mercato annonario e il tribunale). Diventeranno gratuiti per l’intera giornata i posti che affiancano i Giardinetti pubblici - Parco Arnaldo Mussolini
(tranne via Fabio Filzi) e il lato esterno della circonvallazione, piazzale Prampolini, via Neghelli, l’ex Orsal. Saranno anche introdotti 260 stalli per i motocicli, per le zone frequentate da studenti e professionisti e 20 stalli per le rastrelliere dedicate alle biciclette. Scomparsi i 4 settori in cui era diviso il centro (sostituiti da 2 settori concentrici), i residenti potranno parcheggiare ovunque nel settore B, quello più esterno, fatta eccezione per le zone ad alta rotazione e il settore A (piazza del Popolo e immediate vicinanze). Verrà inoltre posticipato l’orario di inizio sosta dalle ore 8.00 alle ore 8.30.
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ticket e...multa stilata e collocata con un sorriso di quelli che faranno male (al multato senza dubbio). Ripartiamo su due marciapiedi paralleli, andatura da passeggiata al mare, incontra un’amica, si fermano a parlare; convengono di dover ripartire per adempiere al meglio ai propri doveri e allora il compromesso sembra quello di arrivare insieme in fondo alla strada. Immagino stiano per salutarsi quando all’improvviso accade l’imprevedibile: sono le 11.45 e le due entrano in un bar in Via Toti. Noi ci appostiamo appena fuori ma non riusciamo ad intuire cosa stiano ordinando. Cerchiamo l’ombra più vicina per rifiatare, i minuti passano e noi ci sforziamo di immaginare cosa stiano gustando le due amiche: senza dubbio cibi che donano super poteri, altrimenti non si spiegherebbe il quotidiano operato degli Ausiliari. 12.15, 12.20, 12.30: è ora di pranzo, l’Ausiliare se la gode, l’appetito vien multando, ma assale anche il sottoscritto costringendomi ad abbandonare il campo. E’ ora di stilare il verbale e la severità ci assale, la legge del contrappasso non lascia scampo agli imputati: la disciplina di queste caricature di vigili sembra direttamente proporzionale a quella degli automobilisti latinensi. Non esistono più buoni o cattivi. Siamo tutti i colpevoli, tutti da multare. Facciamo tutti ricorso.
Urbania non paga, nessun controllo Esposto alla Corte dei Conti Oltre 3 milioni di euro è il danno alla casse comunali causato dalla vicenda di Urbania, gestore del servizio da febbraio 2010 a novembre 2012. Secondo l’esposto presentato alla Corte dei Conti, la società non ha mai dato al Comune il corrispettivo economico per la gestione delle strisce blu, circa 1 milione e 250mila euro, e non ha neanche applicato le penali previste: 100 euro per ogni giorno di ritardo. In totale, si stima un ammanco di 1,7 milioni di euro. Il delegato dell’Ufficio Mobilità ha comunicato però che che Urbania si è impegnata a ripianare il debito con una rateizzazione mensile di 42.500 euro, al momento sono state versate le prime due rate, e che il valore dei parcometri (valutato da un “tecnico di fiducia” dell’amministrazione) è stato defalcato dal debito di Urbania. Tutti i calcoli si basano però sul
rendiconto fatto dal “Consorzio Urbania”, colpito da una informativa antimafia a febbraio 2012. L’amministrazione infatti ha delegato la società per la riscossione, ma non risulta abbia mai fatto verifiche sull’effettivo incasso dei parcometri. Il servizio è stato in seguito ceduto alla Urbania Multiservizi spa, anch’essa parte del medesimo consorzio, e poi affidato per un mese all’Atral. Invece sono già passati 9 mesi di gestione straordinaria e, dopo un anno dall’approvazione del Piano, non è stato fatto nessun bando di gara. Nel frattempo l’Avvocatura Comunale denuncia polizze fidejussorie forse non valide e documenti richiesti mai ottenuti, ma l’Ufficio Mobilità smentisce. Vedremo come continuerà il botta&risposta interno all’Amministrazione comunale.
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ZERO POSITIVO
Rubrica medico-scientifica a cura del dr. GIOVANNI FARINA
Caduta dei capelli: ecco tutti i rimedi naturali per prevenirla La caduta dei capelli in questo periodo dell’anno è un fenomeno tanto sgradevole quanto naturale. A volte ci prende completamente alla sprovvista, come comincia l’autunno, il nostro orologio biologico evidentemente segna il passo, e così trascorriamo settimane intere a raccogliere i capelli che generosamente spargiamo per tutta la casa, sulle spazzole, sui nostri maglioncini, e infine nello scarico della doccia. Questa caduta copiosa non ci deve spaventare, è un ricambio stagionale che si verifica anche in primavera, seppur con minor intensità. Teniamo conto che anche una caduta di oltre 100 capelli al giorno, in questo periodo è più che normale, e se ci si mette anche un po’ di normale stress da cambio di stagione magari ne perdiamo ancora di più. Dunque, a meno che non ci rendiamo contro che si stia verificando un diradamento – sintomo di un disturbo diverso, di natura ormonale o dovuto a forti stress, da trattare con il dermatologo – non possiamo che vivere questa fase della nostra chioma serenamente, ma non senza fare nulla! Per mantenere la capigliatura in salute e agevolare quanto più possibile il processo di ricrescita, dobbiamo nutrire e rinforzare il cuoio capelluto e i follicoli piliferi. Come? Dall’interno, naturalmente. Per prevenire la caduta dei capelli, o meglio, per accelerare il processo di ricrescita, dobbiamo puntare sulla giusta alimentazione ed, eventualmente, l’uso di buoni integratori. In farmacia ne trovate diversi di ottima qualità e di comprovata efficacia, come Bioscalin, Vichy-Dercos e Arkocapil. Sono costituiti da pastiglie ricche di sostanze naturali, vitamine e minerali che rinforzano il capello e aiutano a combattere 24 | NUMERO ZERO | 10.2013
i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento della pelle (e quindi, anche del cuoio capelluto), il cui unico inconveniente è quello di essere un po’ indigeste. Se volete risparmiarvi gli integratori potete assumere direttamente dalla vostra dieta le sostanze che vi possono aiutare, allora ecco cosa dovete privilegiare. Tanta frutta e tanta verdura, e in particolare via libera a uva, melograno, mirtilli, agrumi, vegetali a foglia verde, broccoli e cavolfiori, carote e pomodori… E poi, siccome avete bisogno di tante vitamine del gruppo B ed E e minerali come rame, zinco, ferro, vi servono lievito di birra, latticini, uova, legumi, cereali integrali, frutta secca, frutti di mare, fegato, molluschi e pesce azzurro, yogurt, olio d’oliva. Tutto qua? No, ad uso esterno è utilissimo usare delle fiale rinforzanti tre volte a settimana
per due-tre mesi, degli shampoo e delle maschere appropriate da fare almeno una volta alla settimana. Anche in questo caso troviamo in farmacia prodotti molto validi sempre della linea Vichy-Dercos , Bioscalin e prodotti completamente naturali come quelli della linea Phyto (Lierac) e Rene Furterer. Evitate il fumo e… aspettate, tra qualche mese li ritroverete tutti lì, che spuntano pieni di speranza!
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Latina,
2500
anni fa
I resti del Tempio dedicato a Mater Matuta, nell’area archeologica di Satricum
L’area archeologica di Satricum è testimonianza della grande città latina che prosperò sulle sponde dell’Astura, oggi Le Ferriere, prima ancora che Roma nascesse
U
di alessia fratini
na bonifica al contrario, a ritroso nel tempo. La palude che scompare man mano che, scavallando i secoli dell’era moderna e medievale, si ritorna indietro in epoca romana e, prima ancora, in quella latina. Civiltà di grande spessore culturale e commerciale che resero l’attuale piana pontina uno snodo fondamentale per gli scambi mercantili tra le popolazioni dell’epo-
ca, ben prima che la Lupa capitolina fagocitasse ogni segno distintivo. Tutte testimonianze di un valore archeologico inestimabile, seppellite dalla storia ma anche dall’incuria e dall’indifferenza, il cui recupero fisico e concettuale, portato avanti di recente, riabilita la nostra stessa provenienza. Non siamo nati nella palude come giovani zanzare, discendiamo da un popolo più antico di Roma, nasciamo prima dell’ab urbe condita. Nasciamo a Satricum.
l’antica città latina di satricum Satricum è forse il sito archeologico più importante e meno conosciuto del comune di Latina. L’antica città, che aveva un’estensione di oltre quaranta ettari, conobbe il suo periodo d’oro tra il VII e il VI secolo a.C.. Oltre 2500 anni fa prosperava sulle rive del fiume Astura un’importante città con contatti in tutto il bacino del mediterraneo orientale. Dobbiamo immaginare il fiume, all’epoca molto più grande di ora, come una direttrice viaria e commerciale. Da qui il fiume non era più navigabile, quindi si scaricavano le merci e intorno a questo Satricum ha conosciuto diverse fasi architettoniche, che corrispondono grosso modo alle fasi architettoniche del Tempio che sorgeva sull’acropoli, la parte più alta del pianoro occupato dalla città. La prima fase costruttiva risale al VIII secolo a.C. quando sulla collina dell’acropoli sorgono le prime capanne. In questo periodo qui, come nel resto d’Italia, si viveva ancora in capanne rotonde o ovali scavate in parte nel terreno. Anche il Tempio era una capanna, con
grande mercato sono sorte prima le capanne e poi l’importante città… Un antico terminal commerciale dove oltre ai Latini, s’incontravano Etruschi, Greci, Volsci e forse Fenici. La città occupava un pianoro sopraelevato, nella zona oggi chiamata Le Ferriere. Qui la pianura Pontina non era una palude disabitata, anzi vi si trovava Satricum, una fiorente città fondata dai Latini in epoca preromana, e una rete di strade che la collegava ad altre città. Agli inizi del V secolo a.C. a Satricum cominciarono ad arrivare i Volsci, un popolo montanaro e nomade che scese nella regione pontina verso i centri urbani della costa. Col tempo la componente volsca diventò più cospicua e in mano ai Volsci la città lentamente iniziò a decadere. Nonostante ciò, Satricum costituì fino al IV secolo uno dei principali baluardi dei Volsci contro l’espansione romana verso la pianura Pontina. Venne infine distrutta a più riprese, nel 377, e ancora nel 346 e finì lentamente dimenticata: a giudicare dai dati archeologici, la zona doveva essere
abbandonata già nel II secolo a.C. Città distrutta più volte, ma fu sempre risparmiato l’importante tempio della Mater Matuta.
il tempio di Mater Matuta Il fulcro intorno a cui ruotava la vita della città, sia da un punto di vista spirituale e sociale che architettonico, era il Tempio dedicato alla Mater Matuta, dea dell’alba e dell’aurora, colei che tutte le mattine faceva nascere il sole. La divinità latina della vita che comincia e come tale nume tutelare delle donne in gravidanza e della vita stessa. In realtà non si tratta di un solo tempio, ma di una serie di luoghi sacri edificati l’uno sull’altro nello stesso posto nel corso di 7 secoli. L’ultima costruzione, realizzata da maestranze provenienti dalla Magna Grecia, è un rarissimo esempio di tempio arcaico su modello greco: in Italia centrale si conosce solo un altro caso, il tempio B di Pyrgi, più antico di pochi anni.
Dall’alto: Le ricostruzioni del primo abitato di Satricum (VIII sec. a.C.) e del Tempio II, all’epoca di maggior splendore. Una statuetta che rappresenta la divinità latina Mater Matuta. I maggiori centri dell’età arcaica e del ferro nel basso Lazio.
un focolare al centro e un deposito votivo per conservare oggetti di culto donati (statuine, vasi in ceramica e oggetti riferiti alla sfera delle attività femminili). Dal VII secolo a.C. si comincia a costruire in muratura gli edifici più importanti. Sull’acropoli si construisce il “sacello”, una stanza rettangolare con tetto in elementi leggeri, per celebrare il culto.
Intorno al 540 a.C. al posto del sacello viene costruito il “Tempio I”, contornato da colonne su tutti i lati tranne che sul retro e con il tetto ricoperto da tegole e “terrecotte archiettoniche”. La città in questa terza fase è si dota di un muro di cinta costruito con la tecnica del terrapieno. All’inizio del V secolo il tempio, diventato ancora più importante, necessita di una nuova ricostruzione. Si abbatte quindi il Tempio I per far posto a uno più grande, ma con un orientamento diverso rispetto ai precedenti. Il nuovo tempio ha una architettura ancora più complessa: colonne lo contornano per intero e il tetto è decorato con una grande varietà di figure e di statue a grandezza naturale. Nella costruzione di quest’ultimo tempio è stato utilizzato un blocco di tufo che si è poi rivelato come uno dei ritrovamenti più importanti provenienti dal sito: il Lapis Satricanus. Qui è incisa la famosa iscrizione, che contiene una dedica al console romano Publio Valerio.
Satricum, foto aerea e mappa dell’antica città. In alto i resti di una magnifica statua di Zeus che decorava il tempio.
Una città dimenticata Satricum fu scoperta il 24 gennaio 1896 da un archeologo francese, Henri Graillot, che andava alla ricerca di antiche città latine seguendo “La storia di Roma” di Tito Livio. Secondo lo storico nell’Agro pontino sorgeva una città chiamata Satricum,, abitata prima dai Latini, poi dai Volsci e distrutta nel 346 dai Romani, dopo molte guerre. L’archeologo francese individuò il tempio della Mater Matuta sulla collina delle Ferriere ma dopo pochi mesi, forse per l’importanza della scoperta, furono messi a capo delle ricerche tre archeologi italiani allora molto famosi: Felice Barnabei, Adolfo Cozza e Raniero Mengarelli. Gli scavi proseguirono per due anni (1896-98) e con i reperti trovati riempirono senza difficoltà due intere sale del Museo
di Villa Giulia a Roma, allora appena istituito. Poi, 80 anni di buio, come dimenticato. Nel 1976 per salvare il sito, nel frattempo trasformato in vigneto, dalla speculazione edilizia, il Comitato per l’Archeologia Laziale, creato per difendere il patrimonio archeologico del Lazio pre-romano, chiese aiuto all’Istituto Olandese di Roma. Con l’approvazione del Ministero dei Beni Culturali un gruppo di archeologi dell’Istituto Olandese dette così l’avvio, nel 1977, alla prima di una lunga serie di campagne, durante la quale Conrad Stibbe portò alla luce uno dei più importanti reperti della città: il Lapis Satricanus, una iscrizione in latino arcaico dedicata a Publio Valerio. Le ricerche da parte Olandese sono andate avanti e continuano, prima in collaborazione con l’Università di Groningen e poi con l’Università di Amsterdam guidati dalla Dott.ssa Marijke Gnade, docente di Archeologia delle culture preromane dell’Italia Centrale e responsabile dei lavori di scavo di Satricum e Casale del Giglio. Satricum è una testimonianza storica importantissima e tuttora poco conosciuta, un sito archeologico da valorizzare e un’occasione per il turismo, ma è anche la dimostrazione che questo è un territorio ricco di storia, storia antica. Sfatiamo quindi un mito: prima della bonifica qui non c’era solo palude!
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Prof. Michelangelo La Rosa Per spiegare l’importanza degli scavi di Satricum ci siamo avvalsi dell’aiuto del paletnologo Michelangelo La Rosa, Vicepresidente dell’Ecomuseo dell’Agro pontino – Nuovo Mater Matuta, associazione che si prodiga per promuovere la consapevolezza delle radici storiche e culturali delle comunità. Il professor La Rosa è anche docente di Archeologia del territorio pontino nelle scuole di ogni ordine e grado della provincia di Latina.
Antichi commerci internazionali
Scarabei egizi e la testa di una statua in stile greco a testimoniare i rapporti dei Latini con le altre popolazioni del tempo
Nasce a Satricum l’agro “pontino” Secondo molti archeologi la città in precedenza aveva un altro nome. Satricum sarebbe il nome dato successivamente dai Volsci: si tratta, infatti, di un nome volsco, come si deduce dall’esistenza di un’altra Satricum, anch’essa volsca, nella valle del Liri. L’ipotesi più accreditata nel mondo accademico è che la città latina anticamente si chiamasse Pometia, il che potrebbe spiegare anche il toponimo “Agro Pontino”. La zona circostante alla città in latino era denominata ager, quindi Ager Pometinus che nel tempo è cambiata in Pomptinus e e poi in Pontino… da qui Agro Pontino. Se fosse stata realmente la storia a guidare la scelta del nome, questa città avrebbe potuto chiamarsi invece di Littoria o Latina, Satrico in memoria della grande città latina che 2500 anni fa prosperava a soli 10 kilometri da qui.
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La varietà di reperti archeologici ritrovati a Satricum dà un’idea dei molteplici rapporti commerciali intrattenuti con le popolazioni del mediterraneo centro-orientale: Etruschi, Greci e Fenici Si può immaginare la città di Satricum come un terminal commerciale: nel VII secolo già s’importava il vino dalla Grecia e si commerciava vasellame con gli Etruschi, che vivevano oltre il Tevere. Probabilmente portati dai Fenici, sono qui stati ritrovati anche scarabei egiziani e perfino tazze di bronzo provenienti dalla Siria.
L’alfabeto più usato nel mondo, è nato qui Nella prima campagna di scavo olandese, Conrad Stibbe recuperò il Lapis Satricanus, una pietra con l’iscrizione arcaica in latino dedicata a Publio Valerio, poi riutilizzata come materiale da costruzione nelle fondazioni del tempio. L’iscrizione, risalente al V secolo a.C., è un importante conferma storica dell’esistenza di Publio Valerio Publicola, console della repubblica ritenuto uno dei padri fondatori della Repubblica di Roma. Ma soprattutto, il Lapis Satricanus, citato anche dai libri scolastici tra i documenti all’origine della lingua latina, è una delle prime testimonianze dell’alfabeto latino, tuttora l’alfabeto più usato nel mondo. Qui infatti, nella terra madre dei Latini, tra il fiume Tevere e il monte Circeo, si è formato il popolo che ha elaborato l’alfabeto latino, sulla base di quello greco (così come avevano fatto gli Etruschi). L’alfabeto è stato poi usato e diffuso dai Romani in tutta Europa e da lì al resto del globo, ma ad inventarlo sono stati i Latini! Dopo tanti anni passati negli scantinati questo importante reperto è finalmente esposto nella sezione epigrafica del Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano. “[…] iei hanno eretto (questo monumento) come amici di Publius Valerius a Marte.”
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I reperti a Roma Solo da pochi anni, i reperti archeologici ritrovati a Satricum nell’800 sono stati sistemati, in quattro nuove sale della Villa Poniatowski. Finalmente si possono ammirare in una sezione dedicata nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, fondato allo scopo di raccogliere insieme tutte le antichità pre-romane del Lazio.
Visitare Satricum Si può visitare in gruppo, bisogna inviare un fax alla Soprintendenza archeologica del Lazio che nell’arco di qualche giorno manderà un addetto per aprire il cancello. All’interno c’è una struttura che copre e preserva i resti del tempio, un percorso didattico all’ingresso del parco archeologico e uno all’interno delle ex-ferriere, in una struttura denominata “area documentale”. Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio: Tel. 06 3265961 Fax 06 3214447
Un museo alla fine del 2013? Lo scorso 26 luglio, con la consegna della vecchia scuola di Borgo Le Ferriere, dal Comune di Latina all’Università di Amsterdam, è partito il rilancio dell’area storica di Satricum. I locali della scuola, ristrutturati dal Comune, saranno utilizzati come laboratorio per i reperti trovati e come dormitorio per gli studenti olandesi impegnati nei lavori di scavo nell’area di Satricum. La consegna della struttura alla dottoressa Marijke Gnade, direttrice del gruppo di archeologi olandesi che da più di trenta anni lavora sul sito, ci avvicina quindi all’apertura di un museo dedicato a Satricum. Sarebbe uno dei più importanti musei pre-romani d’Italia e un potenziale volano sotto il profilo turistico. L’amministrazione comunale si occuperà della messa in sicurezza della struttura museale e la Soprintendenza curerà la parte scientifica del progetto; se tutto procederà come previsto, è probabile che questo patrimonio sarà
L’iscrizione col nome di Mamarcus. In basso satiri danzanti, una delle tante antefisse che decoravano il tetto del tempio
inaugurato e finalmente aperto ai turisti entro la fine dell’anno, magari per il 18 dicembre, compleanno della città di Latina.
Latini vs Volsci Satricum fu fondata intorno al IX secolo a.C. dai Latini, una popolazione urbanizzata e con rapporti commerciali con diversi paesi del bacino mediterraneo, Marsiglia, Cartagine, Grecia, Spagna, Egitto. Alla fine del VI secolo a.C. inizia la migrazione dei Volsci, popolo montanaro e nomade, proveniente dalle valli del Liri e del Sacco e attratto dalla ricchezza dei centri urbani Latini della costa.
Mamarcus, un abitante di Satricum
fino alla sera, per immergersi nell’antica Satricum e conoscere usi e costumi del tempo.
Sotto le discariche Anche dove oggi sono le discariche, c’erano dei resti archeologici. Erano probabilmente delle ville romane, informazione che all’epoca si è deciso semplicemente d’ignorare nonostante vi fossero già autorevoli testimonianze a conferma. Infatti, era già noto lo studio topografico pubblicato nel 1977 da Fabio Piccarreta, uno dei maggiori esperti in topografia antica, riportato anche nella mappa archeologica della valle dell’Astura, pubblicata dall’università di Groningen.
Mamarcus è il nome, l’unico che conosciamo, di un abitante vissuto nel VI secolo a.C. a Satricum. La sua casa si trovava di fronte al tempio di Mater matuta sull’acropoli, qui è stata ritrovata l’iscrizione incisa su un frammento di un vaso, “Viva il buon Mamarcus”, indizi che fanno pensare a un benestante, forse un ricco commerciante. Questi reperti sono stati infatti lo spunto per una ricostruzione delle abitudini degli abitanti della città fatta dal prof. Michelangelo La Rosa, in collaborazione con la prof. ssa Gnade, in occasione di un recente convegno. Un suggestivo racconto della giornata di Mamarcus, dall’alba
10.2013 | NUMERO ZERO | 33
Taxisti a Latina: un lungo lavoro di attesa, nella speranza della sporadica “chiamata”
12diore
solitudine Il racconto dei drivers del capoluogo, città in cui manca la cultura della “corsa” sull’auto bianca di RICCARDO ANGELO COLABATTISTA
“Dodici ore al volante e non riesco a dormire... Porco mondo! I giorni sono interminabili, non finiscono mai”. E’ una delle frasi celebri pronunciate da Robert De Niro nella pellicola “Taxi Driver” diretta da Martin Scorzese. La vita fatta di eccessi e situazioni estreme del tassista Travis Bickle (quello del “You talking to me?” -“Ma dici a me?” pronunciato davanti allo specchio) non può essere paragonata a quella dei colleghi reali di Latina, certamente più serafici e meno stressati. Ma, al di là delle condizioni ambientali e psicologiche in cui ci si trova, questo è un lavoro che ha dei capisaldi imprescindibili, che valgono a qualsiasi latitudine, da Manhattan a Campo Boario. Se ogni tassista può variare il proprio atteggiamento nei confronti del cliente, renderlo confidenziale piuttosto che convenzionale per coinvolgere il trasportato nel suo
lavoro, il rapporto che questi stakanovisti della strada instaurano con il proprio strumento di lavoro è pressoché identico. Se per tutti gli altri lavoratori del globo l’auto è soltanto un mezzo di locomozione per andare e tornare da lavoro, per il tassista la sua vettura tirata a lucido è “il” luogo di lavoro. Lì seduto nel suo posto di guida ci passa intere giornate, spesso consuma le notti, ci mangia, beve, legge, chiacchiera, va su internet e si riposa. Insomma, ci vive. E’ un animale da strada, un centauro a quattro ruote, metà uomo e metà macchina. A Latina il mondo del servizio taxi sembra appartenere al sommerso: ogni tanto qualche auto bianca con tassametro transita per le vie cittadine, ma viene inghiottita dall’indifferenza. In pochi utilizzano questo mezzo, che non ha modo neanche di farsi notare: le
strade latinensi larghe e spaziose non prevedono corridoi preferenziali per i taxi, solo aree esclusive per il parcheggio. Troppo poco, forse, per percepirne l’utilità. Ma questa è solo una distratta e disincantata osservazione: andando a curiosare nel loro universo parallelo abbiamo scoperto una realtà completamente diversa da quella che appare. Il driver di Latina, nella sua cabinata solitudine, ha una sua storia romantica e suggestiva, cadenzata da abitudini, riti, problemi quotidiani od occasionali, ma anche lati positivi che difficilmente risaltano. E’ una storia da riportare in superficie, facendocela raccontare proprio da loro, i tassisti che incontriamo in Piazza del Popolo e che ci accompagnano in giro per la città. Solo vedendoli al lavoro ne comprendiamo segreti e sfumature, i turni, le tariffe, numeri e luoghi di un servizio parastatale.
La dura vita del tassista a Latina La squadra dei tassisti di Latina è formata da 18 vetture, tutte bianche, e altrettanti guidatori. Le “stazioni” di riferimento sono invece tre: la Stazione di Latina Scalo (dove ce ne sono sei) Piazza del Popolo (con otto vetture) e le Autolinee (con un taxi sempre a disposizione). Il taxi è un servizio comunale, e proprio per questo, è lo stesso comune di Latina che stabilisce le tariffe. Da comune a comune, quindi, le tariffe sono differenti e l’organizzazione cambia. Per la città pontina le tariffe sono le seguenti: € 2,90 per lo scatto alla partenza, € 1,40 a chilometro, mentre
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2,90
Gli euro per lo scatto alla partenza
1,40
La tariffa per chilometro percorso
2,00
Gli euro extra per la corsa “notturna”
100
Gli euro di una corsa da Latina a Gaeta
7.00
L’orario di inizio dell’attività a Latina
per il servizio notturno si pagano € 2,00 in aggiunta al costo della tratta. Il tassista è costretto a vivere la sua professione a metà tra servizio pubblico e libero professionista. Infatti, il taxi è un servizio gestito dal Comune per quanto riguarda le licenze, le tariffe e l’organizzazione lavorativa delle postazioni. Ma per chi lo esercita non c’è uno stipendio comunale, si guadagna sulle singole corse con ricevuta a partita Iva personale. Se un giorno il telefono di Piazza del Popolo non dovesse squillare mai, gli otto tassisti di sta-
zione in centro, tornerebbero a casa con nessun euro in tasca e con dodici ore di lavoro non retribuite. “Il nostro è un lavoro strano – afferma Pasquale - Noi stiamo fuori casa dalle dieci alle dodici ore ma, in effetti, lavoriamo un’ora al giorno. Il resto del tempo lo passiamo in fila, aspettando che i colleghi partano per le loro corse, così da scalare le posizioni e arrivare pronti alla prossima chiamata. Le nostre giornate iniziano la mattina presto: alle sette, massimo sette e mezza, siamo già sul posto di lavoro e ci rimaniamo fino a tardo pomeriggio. Alcuni
colleghi scelgono di tornare a casa per pranzo, mentre altri preferiscono mangiarsi un panino al volo sul luogo di lavoro, per non perdere la priorità sulle chiamate”. È proprio così, i tassisti sono sempre in fila, nel rispetto dei turni e delle chiamate. Se all’ora di pranzo un tassista “ha conquistato”, dopo alcune ore, la seconda posizione, non può andarsene tranquillamente a pranzo a casa. Se così fosse, al suo ritorno, dovrebbe ricominciare la fila dall’ultima posizione e questo vorrebbe dire una corsa in meno e meno introiti.
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Numero Zero sul taxi Prendere il taxi, per molti, è proibitivo. Il servizio costa. Per capire quanto siamo saliti sopra una vettura bianca di Latina ed abbiamo percorso il centro città. Siamo partiti da Piazza del Popolo, siamo passati per piazza delle Libertà, visitato Piazza san Marco, transitato davanti piazza Roma e siamo ritornati tornati alla base, fronte Palazzo del Comune. Un viaggetto di pochi chilometri e di pochi minuti, venutoci a costare 7 euro e 50 centesimi, senza ricevuta. Un costo significativo per il cliente ma che rappresenta un guadagno minimo per il tassista. “Nella tariffa di 1,40 euro noi dobbiamo inserire tutti i costi che abbiamo – affermano in massa i tassisti di Latina -. In quell’euro e quaranta, infatti, c’è la benzina, il bollo, l’assicurazione, le tasse, il commercialista, le spese di manutenzione, gli eventuali incidenti e riparazioni, le multe. Solo dopo tutte queste detrazioni possiamo quantificare il guadagno
del nostro lavoro. Insomma, i margini sono minimi, irrisori”. A volte le cose vanno addirittura peggio, gli imprevisti sono sempre in agguato, come racconta Luigi “Una volta ho fatto una corsa da Latina a Gaeta. La tariffa applicata è stata di 100 euro. In quell’occasione ho preso due multe da 55 euro per eccesso di velocità negli autovelox della Flacca. Praticamente, in una giornata di lavoro, pagando 110 euro di multa, ci ho rimesso 10 euro, senza contare benzina ed altre spese”. Al di là di entrate ed uscite, conti comuni in qualsiasi attività professionale, l’unicità del lavoro di tassista a
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Latina è in questa malinconica attesa della chiamata. Rinchiusi dentro la loro fortezza Bastiani a quattro ruote, guardando fuori dal finestrino il Deserto dei Tartari che li attende, nell’illusione dell’arrivo dei clienti. E’ in questa speranza che la monotonia si rompa da un momento all’altro che risiede il fascino di questo lavoro, molto complicato a livello psicologico e scarsamente tutelato.
Auto bianche snobbate Ma perché Latina, città che supera i 100mila abitanti, non usa le biciclette, non usa i bus e…non usa nemmeno i taxi? Una chiacchierata fatta con Luigi, tassista ormai da un decennio, ci chiarisce le idee: “A Latina non c’è la cultura del taxi – afferma Luigi - Le persone preferiscono prendere ogni giorno la propria auto, farsi dare un passaggio da un amico o parente, aspettare decine di minuti per un bus pur di non scomodare il portafoglio e
prendere un taxi. È questione di mentalità. Nelle grandi città, l’abitudine a chiamare il taxi non è solo dei professionisti ma anche di studenti e turisti. Qui a Latina, invece, i cittadini non ci chiamano mai, di turisti ne abbiamo pochissimi e siamo costretti a lavorare solo con i pochi professionisti che, da Roma o Napoli, vengono a lavorare a Latina”. I clienti dei tassisti di Latina sono proprio questi: avvocati, professionisti, dottori o imprenditori che, dalle grandi metropoli, devono passare una giornata lavorativa nel capoluogo e, dalla Stazione FS in centro città, scelgono il taxi come mezzo di trasporto per raggiungere il luogo di lavoro. Per il resto, invece, i clienti scarseggiano soprattutto durante il mese di agosto. “In estate si lavora veramente poco – afferma Luca, giovane tassista - A Latina non c’è turismo, quindi non lavoriamo per questa tipologia di cliente, come invece avviene in altre città. Durante l’estate ci capita più di frequente di accompagnare clienti a Sabaudia e San Felice piuttosto che prenderli a Latina Scalo
e portarlo al Lido di Latina. Oltre a ciò, nei mesi estivi ci viene a mancare anche il lavoro sicuro, quelli degli avvocati e dei professionisti che, stando in vacanza, non vengono a Latina per lavoro. E così il mese che potrebbe essere quello più remunerativo, diventa il più magro di guadagni”. Per una città di mare e per una città in cui, sulla carta e nelle mura del palazzo comunale, si continua a parlare di sviluppo della marina di Latina, sembra un paradosso. Di certo, se i grandi progetti di cui si parla da anni, in primis porto e aeroporto, un giorno dovessero vedere la luce, anche il servizio taxi ne trarrebbe istantaneo giovamento.
Un lavoro in controluce Ogni lavoro ha i suoi pro ed i suoi contro. Una regola che vale per tutti e, quindi, anche per i tassisti. Abbiamo chiesto loro proprio di elencare quali siano gli aspetti più negativi e i più positivi della loro professione. Tra i primi ci sono le preoccupazioni legate
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alla pensione e la sicurezza durante le ore notturne. “Il primo assillo, specialmente per i più anziani – afferma Luigi, un tassista di lungo corso – è rappresentato dalla pensione. Noi, non essendo dipendenti ma liberi professionisti, non avremo una pensione sicura ed equivalente alla nostra mole di lavoro ma soltanto la pensione sociale. Se fossimo stipendiati direttamente dal Comune, invece, avremmo sicuramente più diritti, più stabilità e più sicurezza per la futura pensione. La sicurezza? Sinceramente è un problema che viene in secondo piano. Chi decide di fare questo mestiere deve mettere in preventivo che alcuni episodi spiacevoli possano accadere. Noi, essendo un servizio pubblico, siamo costretti a dare un passaggio a tutti, anche a persone apparentemente poco affidabili. È il nostro lavoro e questo lo sappiamo dal primo giorno in cui prendiamo la guida del nostro taxi”. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, la positività del “Sicuramente tra gli aspetti benefici di questa professione c’è quello di poter lavorare all’aria aperta, di stare tutto il giorno in giro per la città o al centro nella confortevole piazza del Popolo – affermano Luigi e Pasquale - Lo stare a contatto con molte persone ti fa sentire bene, si conoscono tanti professionisti, avvocati e lavoratori di Latina. Questo è l’aspetto più bello. Oltre a ciò – continua Pasquale – c’è il rapporto che si instaura con il cliente. Latina non è una grande città ed i clienti diventano abitudinari. Quindi va a finire che dopo anni che porti la stessa persona a Latina Scalo, ti scambi confidenze, sai a che ora chiama per chiedere un passaggio, ti prendi un caffè insieme o scambi due chiacchiere quando lo incontri per strada. A Roma avranno più lavoro ma questo non capita. Ed è un punto a nostro vantaggio”.
L’episodio della beffa: la paga in fumo Lo dicono tutti, l’episodio spiacevole bisogna metterlo sempre in conto. Ma a volte, la sventura si tinge di beffa e dopo un po’ diventa leggenda metropolitana. Si parla di una signora, apparentemente distinta e conosciuta
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da tutti i tassisti, che ha l’abitudine di farsi fare credito per le proprie chiamate. In poche parole, una volta scesa dal taxi, rimanda il pagamento ai giorni seguenti, onorando quasi sempre la promessa. Già, quasi sempre, come racconta il più sfortunato tra coloro che hanno confidato nella cliente in questione:. “Ebbene – racconta Luca, l’ultimo arrivato tra i tassisti di Latina - Ho dato un passaggio ad una signora, l’ho accompagnata a Roccagorga e, una volta arrivato a destinazione, mi ha detto che non aveva soldi per la corsa e che me li avrebbe dati una volta riscossa la
pensione. È capitato altre volte, ai miei colleghi, di dare un passaggio a questa persona che alla fine, anche se con ritardo, ha sempre pagato. A me è andata diversamente: dopo qualche giorno è arrivata anche la beffa. Lei mi chiama, io pensavo fosse per pagarmi la corsa a Roccagorga e, invece di darmi i soldi, mi chiede se potevo comprarle un pacchetto di sigarette”. Un episodio spiacevole per Luca, che ha perso il guadagno di una corsa, ma divertente per i colleghi che non perdono occasione per raccontarla. Le donne ne sanno una in più anche dei tassisti.
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Una veduta aerea di Corso della Repubblica nella seconda metĂ degli anni Cinquanta
Evoluzione e destino della via principale di Latina, inizialmente intitolata a Vittorio Emanuele III La vita della cittĂ trascorsa sotto i portici, tra negozi storici e le mode delle passerelle
CORSO e RICORSI di alberto reggiani
Corso Vittorio Emanuele III visto da Piazza Littorio sul finire degli anni Trenta
I
l fantomatico Peppe non fu mai trovato. Qualcuno pensò di averlo individuato in un giovane latinense che ammiccava alle ragazze sotto i portici di Corso della Repubblica e completava il suo mitizzato giro lambendo Piazza del Popolo, svoltando verso la Prefettura e tornando alla strada maestra in direzione Piazza San Marco. Visto dall’alto il “giro di Peppe” formava una grande P e ciò lascia pensare che il rimorchiatore solitario, pur nell’anonimato, volesse firmare le sue imprese, e che il suo itinerario, battuto per anni da diverse generazioni di suoi concittadini, fosse frutto di un disegno premeditato. Il vanaglorioso percorso, in auge negli anni Sessanta e Settanta, perse fascino e richiamo quando nel decennio seguente la moda della passeggiata autoespositiva si concentrò tutta sul rettilineo porticato del Corso, dando vita alla consuetudine della “vasca”, il monotono up and down che dalla Piazza del Comune conduceva all’incrocio con viale XXI Aprile di fronte Palazzo M, col giro di boa individuato nei pressi del Bar Friuli. Una fiumana di gente, per lo più giovani, occupava tutti i pomeriggi i marciapiedi della via maestra, fino all’occlusione generale dei giorni fe-
stivi. Un caos spontaneo e contagioso che segnò probabilmente il raggiungimento dell’obiettivo che i progettisti di Latina, all’atto della fondazione, avevano idealmente assegnato a quella via principale della città, nel momento in cui si consacrò come luogo della frequentazione generale, dell’identità popolare ma anche dello shopping borghese e della passerella celebrativa. A detta dei maggiori esperti del settore di regolazione urbanistica, il disegnatore di Latina Oriolo Frezzotti ebbe un colpo di genio nella disposizione territoriale delle strade cittadine, derogando alla concezione esistente che la via maestra della città dovesse necessariamente coincidere con quella parallela al collegamento con altri grandi centri urbani. Rispettando questo modello, Littoria avrebbe conosciuto il suo corso principale nella bisettrice formata da Via Emanuele Filiberto, che volge verso Roma, e Viale Cesare Augusto, che guarda verso Napoli, passando per Piazza del Popolo e i Giardini Pubblici. L’architetto romano uscì fuori dagli schemi e pennellò altre soluzioni creative, sotto l’influenza di concezioni urbanistiche innovative provenienti dall’altra parte del globo, per-
fino dall’Australia dove era da poco sorta la capitale giardino di Camberra, e individuò nell’attuale Corso della Repubblica la strada principale della città, il fulcro delle attività vitali e commerciali. Come l’intera toponomastica di Littoria, la via fu inizialmente intitolata ad un personaggio gradito al regime fascista. Probabilmente il più gradito, quel Re Vittorio Emanuele III che si era dimostrato il più grande alleato nell’ascesa mussoliniana verso il potere. Alla fine del Ventennio, per la legge del contrappasso, il Corso diventò della Repubblica, a segnare un drastico taglio con il passato e il sovvertimento ideologico rispetto ai criteri della fondazione. Questa netta separazione d’intenti nei decenni seguenti servì da pretesto alle sopraggiunte amministrazioni per cambiare artatamente le fondamenta del progetto frezzottiano, per mutare radicalmente l’idea di massima del centro cittadino e per sconfessarne la destinazione. Anche Corso della Repubblica seguì questo destino, vedendo spuntare palazzoni e padiglioni in netto contrasto con il razionalismo originario, ma bene o male conservò, soprattutto nel tratto al di là della piazza comunale, l’austerità consona alla sua genesi storica.
la via degli esordi Corso Vittorio Emanuele è stata la strada dove si sono insediate da subito le prime attività commerciali e i primi negozi della città. Addirittura nei giorni dell’inaugurazione, quando di costruito non c’era ancora nulla ma i primi palazzi erano in cantiere, quell’accenno di via ancora polverosa, così come altre strade adiacenti, venne bardata con allestimenti di cartone in cui furono rappresentati i nascenti locali. Una coreografia di parata che doveva dare l’idea della futura architettura comunale e che, nel caso del Corso, anticipava l’indirizzo commerciale. Il delineamento portante della strada si cominciò ad intravedere nel 1937 Le Autolinee viste dai giardini di fronte
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La Stazione delle Autolinee che lambiva il Corso Vittorio
quando iniziarono le vendite delle aree edificabili del Piano Regolatore alle prime società interessate, in primis la ditta Ferrazza, la Società Romana Elettrica, l’Ina e il Monte dei Paschi di Siena. Si sviluppò dapprima il settore che volgeva verso il Foro Boario, il quartiere Shangai (dove si parlavano tutti i dialetti d’Italia) seguendo l’idea originaria della crescita urbanistica della città in direzione stazione ferroviaria, ma ben presto il Corso iniziò a scivolare verso occidente, per la combinazione di costruzioni a rilevanza sociale che resero quel tratto particolare il passaggio più frenetico e vitale del neonato centro abitato. Su quella strada infatti sorsero il bar Poeta, da subito identificato come locale di riferimento e ristoro di coloni e cittadini, il cinema Corso e la stazione Autolinee. Se si aggiunge che essa lambiva Piazza Savoia (attuale Piazza San Marco) dove intorno alla Cattedrale si radunò la prima comunità religiosa ed oratoriale e all’angolo della quale si insediò la prima farmacia di Littoria, quella del dottor Ruggeri, si intuisce che la popolazione prese presto familiarità con quella porzione di via da subito vivace e interessante. Quando nel 1942 fu ultimato Palazzo M, il corso principale della città ebbe disegnò anche il suo confine. L’esercizio totem della strada è sempre stato il Bar Poeta, che ancora
I Palazzi del Monte dei Paschi e dell’Ina, che ospitavano anche molte abitazioni civili
oggi, ristrutturato nelle fondamenta e rinnovato nel servizio, conserva l’originaria intestazione. Il locale prende il nome da Alessandro Poeta, il primo proprietario, un pioniere della città che si insediò sin dai primissimi anni dalla fondazione. Il destino non fu benevolo nè con il bar nè che con il suo gestore: il primo fu duramente danneggiato durante la Guerra (e conobbe grandi periodi di semi abbandono verso fine secolo), il secondo fu vinto dalla malaria nell’ottobre del 1945, a conflitto appena terminato, a causa di una somministrazione errata del chinino. Una morte improvvisa che suscitò grande sgomento nella comunità dell’epoca, che perse una delle prime figure rappresentative. Nell’anno precedente lo sbarco di Anzio e l’arrivo della Guerra a Littoria, Corso Vittorio Emanuele III aveva già assunto al ruolo di strada con il maggior numero di negozi: di fronte al bar Poeta, imponenti e ben articolati s’erano insediati i magazzini Be-
La trasformazione del Corso ad inizio Anni 60
nedetti al civico 29, uno spaccio alimentare che era al contempo anche pizzicheria e drogheria e fu subito tra i locali più frequentati dalla popolazione, in quanto rivenditore di generi di prima necessità. A ridosso di Benedetti sorgeva la macelleria di Alfredo Massa, che fu per anni la sede scelta
per chi desiderasse carne di qualità. Qualche metro più avanti si trovava il rivenditore di birra e ghiaccio Bufarini. Fu il lato sinistro della via (guardando dalla piazza) quello che si sviluppò maggiormente dal punto di vista architettonico. Dall’altra parte della
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strada, le attività si alternarono su costruzioni improvvisate e successivamente demolite e riedificate. A parte la tabaccheria Gabrielli che era a fianco del bar Poeta, e il cinema Corso, aperto nel 1940, c’era il negozio di impianti e forniture elettriche Scotto, che sorgeva su Palazzo Zazzaretto, lo stesso che per qualche anno ospitò anche l’altra macelleria, quella Gugliano. Poi un grande spazio aperto, che fu adibito a giardino, interrotto in prossimità di piazza Savoia (piazza San Marco) dove era stato costruito il Palazzo Senesi con l’omonimo Ristorante e la Farmacia Ruggeri che faceva angolo (nello stesso posto dove oggi sorge la farmacia San Marco). Quest’ultima, diretta dal dottor D’Agostino, profugo
istriano, aveva rilevato l’avamposto medico della Croce Rossa, nato anni addietro per la lotta alla malaria. Il quadro di quel lato strada era completato dalla Banca Nazionale del Lavoro e da Palazzo M, terminato nel 1942, che divenne sede della Federazione Fascista. Tornando al di là della strada, oltre a Benedetti e alla macelleria Massa chiudeva il cerchio del primo caseggiato l’armeria Maione, rivenditore di pistole e fucili. Scivolando in direzione mare, spiccava in prossimità dell’attuale imbocco di via Eugenio di Savoia l’imponente sagoma delle Autolinee Atal, realizzate con speciali materali marmorei e contraddistinti sulla facciata da un vistosissimo fascio littorio. Più avanti, anch’esso
monumentale, era sorto il Palazzo del Monte dei Paschi di Siena, il primo con i portici, che ospitava anche una ricevitoria e l’unione provinciale fascista dei professionisti e degli artisti. Ancora più giù, a proseguire il colonnato, un altro grande stabile adibito a civili abitazioni e uffici professionali e medici. Al civico 67 di Corso Vittorio abitavano o esercitavano tra gli altri l’avvocato Lauro Mario Pietrosanti, il dottor Carlo Zannelli, il professor Pasquale Monaco, il ragionier Crocco ma anche attivisti politici come Felice Zaccheo e Leandro D’Erme. Per finire, sempre su quel lato di strada e in quel contesto storico c’erano il negozio di casalinghi e ferramenta di Alfredo Rosella e la Coloreria Angelo Sciarretta
Palazzo M, da sede della Federazione Fascista a Palazzo degli Studi
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I patimenti e i danneggiamenti del conflitto mondiale resero necessarie pazienti opere di ricostruzione. Nei mesi dell’assedio parecchi negozi della città erano stati distrutti dalle bombe e saccheggiati da gente in preda alla disperazione e alla fame. Nell’immediato dopoguerra però, con l’ordine ristabilito, la voglia di normalità favorì una florida ripresa delle attività commerciali e anche la strada maestra del centro cittadino, nel frattempo ribattezzata Corso della Repubblica, ricominciò a pulsare di un propizio dinamismo. Fu in questi anni che comparvero, su lati opposti del tratto a ridosso di Piazza del Popolo, due esercizi che hanno fatto la storia della città: il negozio di tessuti Porfiri, aperto dal capostipite Achille, e la pasticceria Figini che in realtà già esisteva ma che, dalle originarie sedi di via Diaz e Piazza della Libertà, traslocò definitivamente sul corso sul finire degli anni Quaranta. Contraddistinto dall’enorme insegna che campeggiava all’ingresso del vastissimo locale, Porfiri scalò presto posizioni nelle simpatie dei latinensi, attratti dalla qualità della sartoria e dall’affabilità dei proprietari, in primis la signora Maria Corsetti, quasi maniacale nell’ordine e nella gentilezza verso i clienti, ai quali riservava spesso anche prolungate aperture di credito, molto gradite soprattutto nei primi anni della difficile ripresa economica. Proprio di fronte a Porfiri, si stabilì Luigi Figini, pasticcere friulano già molto conosciuto per la bontà dei suoi prodotti e in particolar modo per la sua torta polentina e salito agli onori della cronaca per aver organizzato il rinfresco per Mussolini e i suoi sodali il giorno dell’inaugurazione di Littoria. A proposito del Duce, una voce popolare racconta che egli intrattenesse soventi e clandestini incontri di amorosi sensi nella mansarda sopra l’edificio del bar Poeta, che fu abbattuta negli anni 50. Affianco a Figini, in netto contrasto con quel tipo di attività, aprì la prima gioielleria della città, quella di Dante Wiquel, un poliedrico alsaziano che aveva venduto la propria vetreria a Saint Bonnet e indirizzato la propria bussola affaristica verso la crescente comunità dell’agro pontino, fiutandone l’enorme potenzialità di sviluppo commerciale, tant’è che anni dopo l’insediamento nella city fu anche uno dei primi ad investire sul Lungomare costruendo l’Hotel Tirreno.
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Anni Cinquanta: una foto notturna del Corso all’attuale angolo con via Eugenio di Savoia
Littoria 1942 Piazza del Littorio Magazzini Benedetti
Caffè Poeta Tabacchi Gabrielli Cinema Corso Macelleria Gagliano Scotto elettroforniture
Giardino Pubblico
Farmacia Ruggieri
Corso Vittorio Emanuele III
Il dopoguerra
Macelleria Massa Maione Armeria
STAZIONE AUTOLINEE
PALAZZO MONTE DEI PASCHI PALAZZO INA
Piazza Savoia
PALAZZO M
Campo
mentale Palazzo degli Studi, ospitando in paricolar modo il Liceo Classico Dante Alighieri. Tra il 1955 ed il 1960 il Corso assunse l’attuale e definitivo aspetto architettonico con la costruzione di due imponenti palazzi in due diversi punti della tratta. Il primo è quello di fronte il Monte dei Paschi, costruito dalla ditta Asfalti Bologna su un area inizialmente destinata a verde pubblico. Per intenderci, è quello, adiacente al Palazzo Senesi, sotto il quale si trovano oggi, tra gli altri, la Gioielleria Giovannetti e il negozio di abbigliamento Mancinelli. All’angolo di quello stabile, tranne il recente insediamento del franchising Tezenis, c’è stato per anni un bar: dapprima quello di Teresa, dai grandi tendoni colorati, in seguito il Bar Centrale gestito da una famiglia di origine
Corso della Repubblica negli anni Cinquanta
Anni cinquanta e sessanta
Piazza del Popolo Palazzo COMUNALE
Palazzo COMUNALE Biblioteca
Palazzo Cinema Corso Palazzo Zazzaretto
Palazzo Asfalti Bologna Palazo Senesi
Palazzo INA Palazzo D’Ercole
PALAZZO M
Corso della Repubblica
Negli anni Cinquanta e Sessanta la fisionomia del Corso cambiò radicalmente, per la comparsa di tanti nuovi esercizi commerciali, molti dei quali sorti su palazzoni di moderna e contrastante fattura edilizia, e per il trasferimento o il cambiamento d’uso di alcuni simboli dell’epoca prefascista. Nel 1954 tolse le tende l’ingombrante Stazione Autolinee, traslocata tout court cento metri più avanti in linea d’aria, in via Pio VI nell’avveniristica ed enfatizzata location progettata dall’architetto Vittorio D’Erme e costruita dalla ditta Pegasol in una zona in cui originariamente doveva sorgere una piazza. In realtà fu un flop architettonico, quella che doveva essere la più bella stazione autolinee d’Europa fu bersagliata dalle critiche per l’orrendo palazzo sulle quali si appoggiava, un pugno nell’occhio al razionalismo del centro storico. L’abbattimento dell’Atal liberò il varco a ridosso del Monte Paschi per l’allargamento di via Eugenio di Savoia, sulle quale sorsero di li a poco altri stabili di contestata convenienza urbanistica. Anche Palazzo M, cattedrale laica del fascismo, cambiò destinazione d’uso e dopo qualche anno in cui si improvvisò centro di accoglienza di disagiati e profughi di guerra, divenne il Monu-
I Palazzi del Corso
Palazzo D’Ercole
Palazzo MPS Palazzo INPS Palazzo INA
Palazzo EMPAM Palazzo Supercinema
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Corso Story
L’imbocco di Corso della Repubblica da via XXI Aprile. Siamo in pieni anni ‘60. Sotto in evidenza la scritta Supercinema
1932: Nascita di Littoria. Corso Vittorio Emauele è una delle sei vie che confluisce su Piazza del Littorio 1933: A ridosso della piazza apre il Bar Poeta, primo locale cittadino. Seguiranno poi la Drogheria Benedetti, le Macellerie Massa e Gagliano, l’Armeria Maglione e il negozio di elettronica Scotto 1936: Inaugurazione del Palazzo della Questura, all’angolo con l’attuale Piazza Roma 1937: Vengono edificate le autolinee, il Palazzo del Monte dei Paschi, quello dell’Inps e dell’Ina. 1940: Apre il Cinema Corso 1942: Ultimazione di Palazzo M
ciociara. L’altro Palazzo dalla caratteristica fattezza è quello di fronte a Palazzo M, ribattezzato successivamente col nome del Supercinema (aperto nel 1967), ma che venne su nel 1957 ad opera di un consorzio di costruttori, tra i quali spiccava l’ingegner Tabellini, al quale apparteneva in quota unica anche l’adiacente Palazzo Empam. Quel maestoso Palazzo, progettato dall’architetto Fagiolo di Velletri, screditò nuovamente lo spartito del piano regolatore, che in quel preciso posto aveva immaginato un “foro verde” che collegasse Palazzo M con il teatro e la caserma Gil. Sopra e sotto i portici dei due caseggiati iniziò a pulsare una fervida attività lavorativa e a svilupparsi la classica passeggiata di aggregazione popolare. Oltre al bar Friuli, steccato finale della via e ancora oggi esistente così come il Supercinema, protetti dal colonnato c’erano le assicurazioni Sai, il negozio Olivetti, la Cartolibreria Manzoni, l’Italica Assicurazioni e Zarfati. Sempre nel 1957 all’angolo del Palazzo Empam si stabilì la famiglia Lo Bianco, titolare di una storica tabaccheria ancora oggi portata avanti dagli eredi, mentre nel Palazzo Ina in
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direzione centro si trasferì il Cavaliere Giulio Adinolfi, con il suo negozio di ottica. A completare il quadro della trasformazione ci pensò nel 1967 Domenico D’Ercole che acquistò la bassa palazzina situata all’angolo tra il Corso e via Eugenio di Savoia con l’unico obiettivo di abbatterla e riconvertirla in un grande fabbricato che ospitasse un innovativo negozio di abbigliamento. Detto, fatto: nel 1971 aprì Latin Moda, 2000 mq di locale su due piani collegati da una scala mobile. Allo stesso D’Ercole apparteneva, ed è tuttora suo, anche il palazzo affianco Palazzo M, dove c’è il bar Viennese.
1944: Gravi danni su tutta la strada a causa dei bombardamenti: colpiti il Bar Poeta, la Farmacia Ruggeri e Palazzo M, la cui torretta è distrutta 1949: Apre Porfiri, storico rivenditore di tessuti 1950: Di fronte Porfiri si trasferisce la Pasticceria Figini 1954: Demolizione del Palazzo delle autolinee, che si trasferiscono in via Pio VI 1956: Costruzione del Palazzo Asfalti Bologna di fronte il Monte dei Paschi 1957: Tabellini e soci edificano l’imponente stabile di fronte Palazzo M 1957: Sempre la Ditta Tabellini costruisce Palazzo Empam, dove si stabilizza la Tabaccheria Lo Bianco 1967: Apre il Supercinema 1971: Nasce Latin Moda, sul nuovo stabile all’incrocio con via Eugenio di Savoia 1988: al primo piano del Palazzo Senesi, al civico 200 apre la redazione di Latina Oggi, primo quotidiano della Città
I cambiamenti recenti Dagli anni Settanta in poi, Corso della Repubblica è, architettonicamente, la stessa che vediamo oggi. Caseggiati e palazzi sono rimasti gli stessi dell’ultima ondata di cementificazione. A cambiare, con ritmi vertiginosamente cresciuti, sono stati i negozi presenti sui due marciapiedi della strada maestra. Molti esercizi storici hanno abbassato la saracinesca: negli anni 80 Figini, Benedetti, Martignago Calzature e la salumeria Roccato; negli anni 90 la profumeria Batya e la Casa del disco; nel nuovo Millennio hanno salutato Porfiri, Latina Moda, le profumerie Muzio e il bar Centrale. Altri continuano la loro datata avventura, come Wiquel, Andreoli, Fanella, Cinelli, Manzoni, Friuli e la farmacia San Marco; altri negozi subentrano a quelli storici, molti dei quali del settore moda giovane come H&M, sorto sulla stessa struttura di Latin Moda, ed Exstyle laddove una volta c’erano i magazzini Benedetti. L’unico locale che non ha ancora riaperto i battenti a quattro anni dalla chiusura, è quello che ha ospitato per settant’anni Porfiri, per il resto le vetrine del Corso, nonostante gli affitti sempre più alti, continuano ad essere appetibili e occupate.
Liberatasi anche delle appendici a bordo strada, come i due distributori di benzina Aquila ed Eni presenti su lati differenti e l’edicola Soldi, spostatasi a Via Umberto I, la circolazione stradale del Corso oggi è senza dubbio più scorrevole rispetto agli anni finali del vecchio Millennio. Anche la coinvolgente promenade sotto i portici, caratteristica degli intasati anni ruggenti, ha segnato il passo. La vita sembra essere tornata alla relativa
tranquillità degli anni iniziali, in una sorta di parabola esistenziale, condizionata dall’incedere delle relazioni virtuali. Sono passate le mode delle vasche, dell’affollamento giovanile, dei ritrovi tradizionali. Il latinense contemporaneo passeggia su computer e telefonini e si ritrova nelle chat. Per questo oggi Corso della Repubblica sembra in crisi di identità, quasi in uno stato di quiescenza. Peppe se ci sei batti un colpo.
Sopra, una domenica a piedi sul Corso negli anni Settanta. Sotto la stessa strada durante i giorni feriali, già convulsa e caotica
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Viaggio nella città che dorme tra centro, stazione e lungomare
La
buona
NOTTE Dalle due fino alle prime luci dell’alba Il volto oscuro di una Latina silenziosa e romantica di MARCO PETRONE
“La notte è più bello, si vive meglio, per chi fino alle cinque non conosce sbadiglio”. Era il 1991 e Jovanotti riusciva a regalarci in un unico testo la perfetta fotografia di ciò che accade a luci spente in una città; facile immedesimarsi in almeno un verso di “Gente della notte”, chi almeno una volta durante la propria giovinezza non si è fermato “a parlare in una macchina davanti ad un portone e alle quattro e mezza fare colazione con i cornetti caldi e il caffelatte”? Latina di notte, Latina di pochi, una città che sa essere tanto frenetica con la luce del sole quanto silenziosa, quasi attraente nel momento in cui per la popolazione giunge il momento di andare a riposare; di notte “la città riprende fiato e sembra che dorma, e il buio la trasforma e le cambia forma”. La nostra idea è quella di percorrerla in lungo e in largo, osservan-
done le sembianze e facendo attenzione a non destarla dalla sua onirica condizione. Alle 2 passate ci mettiamo in macchina, curiosi di scoprire cosa si possa nascondere nella luna oscura della città: partiamo dal quartiere Q5, il più periferico e distaccato, accompagnati dall’assordante silenzio dei dintorni. C’è una calma così piatta che, se spegnessimo il motore, riusciremmo a sentire il ronfo proveniente dalle case dove il sonno è più pesante. Un concertino di quartiere che si perpetua ad ogni chiaror di luna. Entrando in Via del Lido siamo subito sorpresi da una visione di piacevole rarità: mettendo bene a fuoco, infatti, siamo in grado di intravedere l’intera fila di semafori fino all’incrocio di Via Quarto! Una prospettiva di un chilometro senza ostacoli davanti, cosa impensabile nelle diurne traversate, specie quelle nell’ora di punta,
quando un’unica fila di automobili ostruisce qualsiasi visuale. Inutile sottolineare la quasi totale assenza di vetture che viaggiano nel nostro senso di marcia, per lo più ne incrociamo un paio che probabilmente stanno rientrando alla base dopo una serata passata in centro. In un amen giungiamo sulla circonvallazione prima e in pieno centro poi: preferiamo allungare un poco il tragitto ed è così che ci troviamo in Viale don Morosini dove incontriamo la prima anima viva. Ma è un’anima in pena: infreddolito e assonnato, un senzatetto sta coricandosi su una panchina nel mezzo dei giardini, proprio sotto un lampione; immortaliamo la scena, lui cerca la giusta posizione sotto le coperte, non vogliamo disturbarlo e andiamo via. Miriamo Piazza del Popolo e la raggiungiamo, un New Beetle ci supera e taglia la Piazza nel mezzo, proprio
dove ci sarebbe il divieto di transito nell’unica micro-zona pedonale della città; purtroppo Latina di notte è anche questa, evidentemente esiste una legge a noi sconosciuta grazie alla quale al calar delle tenebre il Codice Stradale perde validità. Sostiamo qualche minuto, giusto il tempo di ammirare un’insolita calma generale perchè, per l’appunto, “non esiste traffico e non c’è casino, almeno quello brutto, quello che stressa”; in tutta la Piazza contiamo appena sei automobili parcheggiate e ci viene da sorridere nel pensare a cosa succederà in quella zona di lì a qualche ora. Anche il Caos evidentemente crolla dal sonno. A piedi raggiungiamo la famosa “via dei Pub”, nell’aria soltanto i fantasmi delle centinaia di giovani che ogni fine settimana si riversano in strada e nei locali; in terra piatti e bicchieri di plastica, fastidioso residuo della serata appena trascorsa, e primi netturbini che si mettono all’opera nel tentativo di ridare decenza agli spazi in questione. Tutti i pub hanno le inferriate già serrate ad eccezione di uno, l’unico ad ospitare ancora un gruppetto di ragazzi che probabilmente hanno eletto il locale in questione a proprio Quartier Generale: ci
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fermiamo a parlare con uno di loro e gli diamo atto di come dignitosamente stia riuscendo a resistere al sonno e soprattutto all’alcol. Ci racconta di questa serata nata quasi per caso dopo una partita di calcetto e di cosa sia diventata dopo un “andiamoci a bere una birra”; notiamo che anche l’ultimo dipendente tuttofare del locale sta salendo in sella alla propria bicicletta per raggiungere, con ogni probabilità, il proprio agognato letto. Salutiamo i ragazzi e, tirando le somme di questa prima ora ormai già passata, ci viene in mente per caso che i locali della via avrebbero la licenza per restare aperti e per servire alcolici soltanto fino alle due... Ma forse vale solo per i week end, quando l’atmosfera è decisamente più calda. Nella mezz’ora successiva vaghiamo in auto tra le piazze principali, ma anche nelle zone più nascoste e la realtà ci conferma almeno in parte ciò che Jovanotti già sapeva, ovvero che “La gente della notte fa lavori strani, certi nascono oggi e finiscono domani, baristi, spacciatori, puttane e giornalai, poliziotti, travestiti, gente in cerca di guai, padroni di locali, spogliarelliste, camionisti, metronotte, ladri e giornalisti, fornai e pasticceri, fotomodelle...”. Gente che porta a spasso il cane,
tre pattuglie dei Carabinieri ferme davanti ad una famosa cornetteria, gruppetti di ragazzi che volutamente o meno si ritrovano a quest’ora con i postumi di una bella serata o con del “lavoro” da poter sbrigare solo adesso, persone quantomeno originali che scelgono quest’ora per una salutare passeggiata in bicicletta. Insomma, Latina di notte fino ad ora è un bel vedere, eccezion fatta per i cassonetti strabordanti di rifiuti ancora in attesa di essere svuotati, eredità scontata di un’intera giornata di lavoro. Ci rimettiamo in macchina, radio accesa a farci compagnia con alcuni interventi di ascoltatori in delirio da insonnia: destinazione Latina Scalo, obiettivo Stazione Ferroviaria. Via Epitaffio si presenta tirata a lucido, i lampioni accesi ne risaltano le qualità estetiche nascoste dal caotico traffico quotidiano che la fa odiare ai più. Incrociando l’Appia contiamo tre o quattro tir di grosse dimensioni che si eleggono a padroni assoluti delle vie notturne; proseguiamo, attraversiamo il centro di Latina Scalo in un battibaleno e voltiamo nel parcheggio della Stazione: qualche decina di autovetture parcheggiate dai proprietari, probabilmente abitanti dei dintorni ma anche pendolari che magari più di
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qualche volta dormono in trasferta. Nel piazzale principale il silenzio è assoluto, l’hotel deserto, le uniche luci di un edificio provengono proprio dalla sala d’attesa della Stazione dove troviamo giusto qualche barbone nel pieno dei sogni, ingegnoso nello sfruttare il tepore di quattro mura e soprattutto il silenzio di un luogo che in un paio d’ore tornerà ad essere il peggior incubo di qualsiasi viaggiatore. Lo spettacolo adesso, ci rattrista, decidiamo dunque di far ritorno nel capoluogo e in cinque minuti al massimo siamo nuovamente in centro: ora le piazze sono affogate dagli irrigatori accesi nei prati, per le vie si contano soltanto gli ultimi vù cumprà che in bici fanno ritorno alle proprie dimore, o presunte tali. Sono quasi le cinque, la lucidità comincia a venir meno, e allora optiamo per la formula vincente già adottata in precedenza da qualche carabiniere: cornetto con la nutella, bevuta gelata alla fon-
Mentre i pub abbassano le serrande cominciano a passare i primi netturbini, le coppiette consumano gli ultimi baci e amici goliardici aspettano l’alba La stazione diventa rifugio per i senzatetto tanella fronte Stadio, due passi per sgranchire le gambe e siamo rigenerati. Lasciamo a questo punto il centro, con gli ultimi ristoratori e dipendenti vari intenti a ripulire, gettare i rifiuti, magari parlare al telefono con qualcuno per il quale di giorno, alla luce del sole, non hanno voluto o potuto trovare un pò di tempo; tutt’altro romanticismo, invece, si respira in
automobili parcheggiate qua e là sotto qualche abitazione, piene di coppie novelle magari alla prima uscita che, vista l’ora che si è fatta, sembra non essere andata poi così male: “Di notte le parole scorrono più lente, però è molto più facile parlare con la gente, conoscere le storie, ognuna originale, sapere che nel mondo nessuno è normale”. Si potrebbe definire la tecnica
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per sfinimento: fare le ore piccole con la persona che si ama o che semplicemente si sta corteggiando, restare coscientemente svegli fino a tardi per giocarsi le proprie possibilità, nonostante l’indomani si abbiano impegni importantissimi ed improrogabili, mettendo in preventivo che non si riusciranno ad affrontare come si sarebbe voluto; ma il fascino di queste nottate sta proprio in queste ore di sonno perse, trascorrere tempo prezioso con una persona che ci auguriamo possa diventare altrettanto preziosa. Percorrendo Via del Lido, nonostante l’ora a questo punto davvero proibitiva, incontriamo ancora due bar aperti, uno è nel Centro Morbella con una decina di giovani che imperterriti sembrano non volersi rassegnare a far terminare la loro uscita serale. Allunghiamo il nostro piacevole giro entrando ed uscendo dal tratto più battuto della Strada Pontina dove, quasi stupiti, notiamo che la zona di lavoro sul ciglio della strada più frequentata da donne e ragazze in abiti succinti dell’intera provincia è desolatamente vuota. Due le possibilità: che siano cambiati i tempi e che il mestiere più antico del mondo vada oggi più di moda alla luce del sole piuttosto che di notte? Oppure, tutt’altro che improbabile, il campo lasciato apparentemente libero è sinonimo di picco lavorativo a quest’ora della notte. Per i quartieri Q4 e Q5 la calma regna sovrana, spiando le finestre dei condomini si notano ora soventemente luci e televisioni accese: anziani che hanno già esaurito il sonno, qualche sfortunato con problemi che gli impediscono di regalarsi una bella dormita, impavidi lavoratori che prima di tutti mettono in moto la città, uscendo in strada ancora con il buio e il freddo, qualunque sia la stagione corrente. Ci dirigiamo verso il mare, Latina ha la fortuna di averlo a due passi, ma chissà in quanti hanno ammirato l’alba in spiaggia almeno una volta; per la Via del Mare si contano appena due auto ma è a bordo strada che notiamo una scena di comicità surreale: ad una fermata dell’autobus, in maglia e pantaloni corti nonostante i 13° non proprio estivi, sosta un ragazzo, seduto, fermo ed imperterrito. Man mano che ci avviciniamo a lui notiamo che il giovane non è in meditazione, bensì è caduto in un sonno profondo, con
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la bocca lasciata aperta e una postura non proprio impeccabile: “Aspettando un autobus che non passò mai!” potrebbe essere il titolo del film appena visto. Tiriamo dritto e, ancora divertiti dalla scena, voltiamo a sinistra sul Lungomare; la situazione che si presenta è prevedibile ma noi ci leggiamo un qualcosa in più visto l’orario: un conto è appartarsi al buio per beffare i genitori o per garantirsi intimità nonostante l’assenza di una casa; altro è nascondersi da chissà chi alle cinque e trenta del mattino, orario troppo sospetto per consumazioni fedifraghe. Meglio soprassedere, facciamo dietrofront, cerchiamo fortuna sul versante destro del Lungomare ma tutto tace, adesso è davvero troppo tardi per incontrare gente della notte e vista l’ora cominciamo a definirlo
l’esercito della mattina; raggiungiamo Via Sabotino e chiudiamo il quadrato con Via Nascosa, incrociamo i primi pendolari diretti verso la Stazione, i primi braccianti pronti ad un’altra giornata di fatiche e torniamo al nostro punto di partenza. La notte adesso fa meno paura, la luce comincia a prendere il sopravvento e i galli rompono il silenzio che dura ormai da ore; tra poco si riparte, lavoro, gente, auto, caos...è il momento migliore per andare a dormire, da domani si torna a far parte di molti giorni e poche notti, consapevoli però, che soltanto al calar del sole c’è chi comincia davvero a vivere. “A me piace la notte, gli voglio bene, che vedo tante albe e pochissime mattine, la notte mi ha adottato e mi ha dato un lavoro che mi piace un sacco, anzi io l’adoro”.
La leggenda dei cornetti del panificio di Nino Cepollaro
La grande abbuffata
Cornetti al chiaro di luna di GIANLUCA AMODIO
Come gli orsi col miele. La stessa famelica ed irrefrenabile attrazione. Quella che ha sempre generato file di macchine in doppia fila, orde di giovani in scomposta addentatura, abbuffate memorabili e conseguenti complicanze digestive. Scene da un panificio. Quello di Nino Cepollaro, l’antesignano di tutte le cornetterie notturne di Latina e del Lazio, colui che ha generato la moda del lievito caldo al chiaro di luna, con soventi appendici alle prime luci dell’alba, quando la colazione chiudeva il cerchio di una dispendiosa serata. Un rito, iniziato per caso a metà degli anni Settanta, in via Isonzo, sotto il più esposto dei Palazzi Barletta, e ancora oggi in voga, ripreso da altri panifici della città. E’ nel decennio dei pantaloni a zampa che a Latina si inaugura la moda del cornetto e della bomba nelle ore piccole. Cepollaro intuisce la potenzialità di un servizio che offre ad intere comitive di reduci da serate festose e danzanti (era da poco scoppiata la mania della discoteca Noa Noa sul Lungomare) la possibilità di rigenerarsi con prodotti da forno fragranti e particolarmente graditi per congedarsi in compagnia, riempirsi lo stomaco e conciliare il sonno ormai sopraggiunto. In poco tempo Via Isonzo diventa il meridiano di aggregazione e incontro dei latinensi nottambuli, quella strada di transito periferico uno dei simboli della mo-
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vida pontina, quel marciapiede a ridosso del colosso di dodici piani uno dei posti più battuti per darsi appuntamento dopo il tramonto. Crema, cioccolata, marmellata, le generose farciture del Panificio Cepollaro, unite alla bisunta pizza al pomodoro dal sapore irresistibile, diventano in poco tempo un cult che contagia l’intera cittadinanza. E non solo, il nome del locale, la sua gustosa specialità, comincia ad espandersi in provincia e oltrecortina. I languori notturni abbattono le frontiere e spingono a sacrifici chilometrici. Oggi, a quasi quaranta anni da quegli esordi, i ricordi sono ancora nitidi, il profumo di quelle notti da tregenda ancora vivo e inebriante. Guido Tedesco, uno dei primi panettieri del forno Cepollaro, rammenta quel periodo con enorme piacere. “Oggi uscire e mangiare un cornetto verso mezzanotte è come prendere un caffè. Però posso assicurare che oltre trenta anni fa non era così. Le difficoltà erano tante e il ciclo di lavoro iniziava già nel pomeriggio. La soddisfazione era vedere i tanti giovani che arrivavano da noi verso le undici e mettersi in fila ad attendere le prime sfornate. Molti ragazzi arrivavano anche da fuori (Sezze, Priverno, Cisterna, Velletri, Anzio ed altri paesi), dopo aver ripulito interi vassoi di cornetti se ne tornavano a casa pieni e contenti”. Mario e Fabrizio, i figli di Nino Cepollaro scomparso nel 2007, aprono il libro dei ricordi di famiglia. “Impossibile quantificare quanti giovani di una volta, e parliamo di ragazzi che oggi hanno superato i quarant’anni, siano passati davanti al nostro forno – dice il primogenito Mario – nè stabilire quante serate si siano consumate insieme ai nostri cornetti. Mi ricordo che le tappe obbligate all’epoca erano due: cornetto da Cepollaro e, dopo un po’ di chiacchiere e qualche battuta, tutti alla birreria Leone Rosso poco distante dal forno”. Aperto da Nino nel 1968, il panificio ha cominciato la vendita notturna qualche anno più tardi, non senza problemi visto il divieto imposto dagli inflessibili vigili circa questo tipo di commercializzazione oltre gli orari convenzionali. Diciamo che ci si arrangiava, come svela lo stesso Mario: “All’inizio papà teneva la serranda abbassata e, quando i ragazzi si avvicinavano, li serviva tramite un paio di maglie allargate appositamente.
Dopo, visto anche il notevole aumento del lavoro, decise di aprire completamente e le multe dei vigili, per vendite fuori orario, divennero una prassi normale”. Ma, per restare in tema, assai digeribili. Ancora più coinvolto nell’attività era Fabrizio, impiegato nel forno già negli anni ’70. “Aiutando papà mi guadagnavo quella che una volta era la paghetta. Poi questo è diventato il mio lavoro e ho ereditato la passione trasmessami da mio padre. I ricordi di quegli anni sono fantastici. Come iniziò la moda dei cornetti? Semplice, la sera noi dovevamo preparare i cornetti per alcuni fornitori, ma sempre più spesso passavano da noi persone che lavoravano di notte e i ragazzi di ritorno dalle discoteche. Così papa’ capì che, vendendoli la sera, era possibile creare il businnes”. Via Isonzo era diventata proprio per questo motivo una delle strade più conosciute della città. Se chiedevi un’informazione il riferimento Via Isonzo\forno Cepollaro erano una indicazione sicura: pochissimi non conoscevano il posto dove la sera si
vendevano i cornetti. “Sembrerà assurdo, ma dovete sapere che il nome del nostro forno aveva sconfinato fuori provincia. Dalla Ciociaria partivano gruppi di giovani per gustarsi i cornetti, oggi è impensabile fare 80\100 km per andare in un’altra città e chiudere la serata mangiando cornetti o bombe appena fatti, Ma una volta tutto ciò si faceva volentieri”. E poi, su tutti, c’era lui Nino, uomo di infinita simpatia e grande bontà, contagiosa verso tutti. Uno dei personaggi più conosciuti in città, oggi ricordato in un Premio culturale che porta il suo nome e che ne immortala il ruolo di benefattore della comunità latinense, come promotore di feste di aggregazione popolare. Difficile poi dimenticare, per chi abitava nei pressi del locale, i suoi titanici botti la notte di Capodanno, una fuorigrotta in miniatura che faceva tremare le fondamenta dei palazzi circostanti. Rimase con le mani in pasta all’interno del suo locale fino al 2003, prima di lasciare il testimone al figlio Fabrizio ed ai giovani aiutanti che erano cresciuti con lui. E il suo cornetto diventò leggenda.
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FRATELLI DI L’Avis di Latina, quando la solidarietà entra nelle vene della città
sangue
Una storia di amore e generosità tra passato, presente e futuro Gli inviti e le regole da seguire per una corretta e sicura donazione di MARCO TOMEO
L
a storia dell’Avis di Latina è di quelle importanti, una storia solida che unisce tutta la città di Latina ai tantissimi volontari che negli anni hanno dato il loro grande contributo per la donazione del sangue. E proprio la solidarietà e l’altruismo dei cittadini
latinensi, hanno portato la sede del capoluogo ad essere una delle più efficienti e funzionali, non solo della Regione Lazio, ma dell’intero paese. “Il dodici maggio millenovecentocinquantasette, in una tiepida giornata della primavera pontina, alla presenza del Prefetto di Latina e di tutte le autorità civili, religiose e militari del
capoluogo, fu inaugurato il Centro Trasfusionale del Sangue e fu tenuta a battesimo l’Associazione Volontari Italiani del Sangue”; proprio cosi il professor Vincenzo Tasciotti, primo Presidente della sezione di Latina, ricorda la nascita dell’Avis nel capoluogo, in una città ancora giovane, ma da subito chiamata a dare una risposta
concreta alle difficoltà sulla disponibilità del sangue fresco di cui necessitava l’allora Ospedale Cittadino. E bastato poco, però, per trasformare una piccola sezione di campagna, in uno dei centri più avanzati della Regione Lazio. In pochissimi anni l’Avis di Latina è cresciuta a dismisura, anche grazie al prezioso contributo di personaggi come il Dott. Ermanno D’Erme e Dario Gatti, il professor Vincenzo Tasciotti e ancora Oreste Barboni e Ezio Fioravante, che hanno portano la Sezione pontina a registrare risultati di rilievo già dal 1961 facendola diventare la più importante realtà del Lazio dopo l’Avis di Roma e nel 1978 una delle sezioni più efficienti a livello Nazionale. Avis Latina, dimostra la sua sensibilità non solo per i bisogni della città, ma è sempre pronta a rispondere con prontezza alle richieste di aiuto come nel novembre del 1980 dopo il grave terremoto che colpisce l’Italia meridionale. Subito dopo il tragico evento il centro trasfusionale consegna le prime sacche di sangue alla polizia di stato per le necessità di soccorso. Da questo evento tragico, nasce lo spunto per il gemellaggio con la città di Potenza, che fu suggellato intitolando la sede del capoluogo lucano a Ezio Fioravante. Sempre nello stesso periodo fu promossa anche la raccolta fondi per l’acquisto di un’autoemoteca da donare sempre all’Avis di Potenza. Le idee, i buoni progetti, camminano sulle gambe delle persone, e Tasciotti, D’Erme, Gatti, Fioravante, Barboni hanno contribuito a posare la su una terra fertile un seme di solidarietà che oggi vive e continua a crescere anche nel loro ricordo in tutta la città di Latina. Da quella prima pietra, molta è stata la strada che è stata percorsa e fondamentale per l’associazione è stato il ruolo dei presidenti che si sono susseguiti.
Presidenti Avis dalla istituzione ad oggi PRESIDENTE
PERIODO
Vincenzo Tasciotti Ermanno D’Erme Oreste Barboni Ignazio Di Stefano Marco Fioravante Massimiliano Bellizia
1957-1966 1966-1989 1989- 1996/1999-2004 1996-1999 2004- 2010 In carica dal 2010
Responsabili della sezione, ma anche punto fermo di riferimento per tutti i donatori latinensi. Come in un’ideale passaggio del testimone, sembra lontano un secolo quel giorno del 1957 in cui un gruppo di diciotto volontari effettuarono per la prima volta una donazione collettiva. L’istituzione del servizio di Medicina preventiva per i donatori, il trasferimento all’attuale sede di Corso Matteotti, l’attenzione speciale verso i giovani, il progetto plasmaferesi, sono tutte tappe che hanno permesso di diffondere la cultura del dono del sangue, nella nostra città.
sanitari, in particolare quelli ematici, che oltre a tradursi in una forma di prevenzione, consentendo la diagnosi precoce di patologie, garantiscono un controllo strettissimo sulla qualità e salubrità del sangue. In questo senso diventare donatore conviene, si offre con un piccolo gesto un’opportunità di vita e al tempo stesso si monitora in maniera costante il proprio stato di salute. Per sensibilizzare sempre più persone a donare, la sede di Latina nel suo programma di comunicazione sociale, ha deciso di avvalersi anche di illustri collaborazioni e testimonial, nel modo dello sport e dello Spettacolo. Il pilota
L’Avis di Oggi si evolve in una città che cresce Oramai dopo cinquantasei anni di attività è diventata una realtà radicata sul territorio. Oggi la Sezione Comunale di Latina, conta più di seimila donatori abituali che seguono l’esempio altruistico di quei diciotto pionieri della solidarietà. Attraverso i presidenti e gli organi direttivi che si sono susseguiti nel tempo, una attenta e sempre più attiva attività di volontariato che coinvolge i donatori, ha permesso all’Avis di Latina di impegnarsi su diversi fronti. L’obiettivo è sempre quello di diffondere il concetto di donazione di sangue non solo come gesto altruistico, ma anche atto per diffondere corretti stili di vita. Chi si reca presso la struttura di Corso Matteotti per donare il sangue, viene sottoposto periodicamente a controlli
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Il presidente Massimiliano Bellizia
Fabrizio del Monte, la tennista Mara Santangelo, i campioni Olimpionici di Canottaggio Romano Battisti e Alessio Sartori hanno contribuito con i loro successi sportivi a diffondere il messaggio solidale della donazione del sangue. Dal 2006 inoltre, Tiziano Ferro è, non solo testimonial pontino della sezione pontina ma è anche uno dei testimonial nazionali dell’Avis. L’impegno dell’Avis di Latina passa attraverso lo sport con attività sociali concrete in tutti gli eventi sportivi che vedono impegnate le squadre di Calcio, Basket e Volley di Latina in tutte le competizioni sia in campionati di serie che in quelli minori.
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La foto di gruppo per i 50 anni dell’Avis di Latina. A destra Andreotti e le auto pronte per il trasporto sangue da Latina a Potenza
L’Avis del Futuro La sede di Latina punta a mantenere sempre alti gli standard di qualità e migliorare il processo di controllo di tutta la filiera della donazione, dal donatore al ricevente. Nuovi locali, migliore accoglienza, macchinari all’avanguardia, nuovi modi di comunicare con i cittadini sono tra le novità che l’associazione sta cercando di realizzare, per mantenersi al passo coi tempi. Il donatore è fulcro dell’associazione e tutte le iniziative future saranno rivolte a migliorare l’attenzione verso chi compie un gesto di solidarietà cosi importante. Attività convenzionate, permetteranno al donatore di avere un servizio ancora più ampio nell’ottica della prevenzione e della tutela alla salute, campagne di screening mirate, eventi ludici e dibattiti saranno realizzati per portare l’associazione, e quindi la donazione, in mezzo alla gente e nelle piazze … non solo virtuali.
Chi può essere donatore Per essere donatore basta avere un’ età compresa tra 18 anni e i 60 anni, o fino ai 65 anni, a secondo del giudizio del medico e con un peso corporeo superiore ai 50 kg. Il donatore deve essere in buona salute generale e avere uno stile di vita sano, ossia senza nessun comportamento potenzialmente di rischio. La pressione arteriosa deve rientrare nei parametri di normalità tra 110 e 180 mm di mercurio
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(Sistolica o MASSIMA) e tra 60 e 100 mm di mercurio (Diastolica o MINIMA) e con Pulsazioni comprese tra 50-100 battiti/ min (anche con frequenza inferiore per chi pratica attività sportive). L’intervallo minimo tra una donazione di sangue intero e l’altra è di 90 giorni. e nel complesso la frequenza annua non deve essere superiore a 4 volte l’anno per gli uomini e 2 volte l’anno per le donne. “Chi si avvicina per la prima volta al mondo dell’Avis – afferma il presidente Massimiliano Bellizia - deve stare tranquillo. La professionalità dello staff sanitario farà sentire il nuovo donatore come a casa, protetto come in una grande famiglia. Il disciplinare applicato è rigoroso a tutela della salute, sia verso chi da che verso chi riceve il sangue. Chi dona, viene sottoposto ad un Colloquio con il medico che aiuterà a stabilire l’idoneità e ad individuare quale tipo di donazione è più indicata: sangue intero o aferesi”.
Le modalità di controllo, di fatto, sono semplici quanto ferree. Dopo la visita medica viene effettuato il prelievo necessario per eseguire gli esami di laboratorio prescritti per accertare l’idoneità al dono. Superato con successo questo passaggio, avviene la donazione. Ogni qual volta che questa operazione si ripete, il medico è tenuto ad effettuare una valutazione clinica (battito cardiaco, pressione arteriosa, emoglobina), quindi l’intervista per l’accertamento di eventuali situazioni che portino al sorgere di controindicazioni. Il prelievo è innocuo per il donatore e ha una durata di circa 5-8 minuti. Il volume massimo di sangue prelevato, stabilito per legge, è uguale a 450 centimetri cubici +/- 10%., alla fine del quale viene offerta una colazione post prelievo con l’obiettivo di reintegrare i liquidi. Chi lavora ha poi diritto ad aver riconosciuta la giornata di riposo retribuita cosi come prevede la legge. Foto di gruppo storica del Centro Trasfusionale
Il progetto Aferesi Con il termine aferesi si indica comunemente un procedimento mediante il quale dopo il prelievo, si “estrae” dal sangue un solo componente, ad esempio le piastrine, mentre tutti gli altri componenti (plasma, globuli rossi, globuli bianchi) vengono “restituiti” al donatore. L’aferesi viene praticata grazie all’uso di una macchina computerizzata detta separatore cellulare. A seconda
delle finalità, questa moderna tecnica trasfusionale produttiva, permette di estrarre piastrine, plasma, globuli rossi o globuli bianchi, singolarmente dal sangue di un donatore per destinarli a pazienti che ne hanno particolare necessità; I kit usati sono assolutamente sterili e monouso. “Nel nostro centro Avis – spiega Bellizia - la postazione è molto comoda e confortevole (si può leggere, ascoltare musica o guardare la Tv o anche solo rilassarsi e colloquiare con
il personale operante). Donare, è un grande gesto che esprime solidarietà verso il prossimo e che va fatto con grande senso di responsabilità da chiunque si appresti a farlo. Ognuno deve ricordare sempre che il sangue che dona, viene sottoposto a scrupolosissime analisi cliniche a salvaguardia anche della salute di chi si trova in condizioni di difficoltà e necessità di trasfusioni, si pensi agli interventi chirurgici, o al trattamento di malattie importanti”.
REGOLE PERdonazione LA Presentarsi a digiuno: Si può bere un caffè o un tè poco zuccherato Età: 18/65 anni se donatore; 18/60 anni se prima donazione Peso: Minimo 50 Kg Emoglobina: 13,5 gr/dl nell’uomo; 12,5 gr/dl nella donna Pressione: Sistolica 110/180; diastolica 50/100 Frequenza cardiaca: 50/100 battiti al minuto Intervallo di donazione: 90 giorni La donna: Può donare due volte l’anno Le persone microcitemiche: Possono donare 1 volta l’anno Antinfiammatori (Aspirina, Mesulid, Moment...): 5 giorni Antibiotici: 10 giorni Contraccettivi orali: 0 giorni Ciclo mestruale: Da 2 giorni prima a 5 giorni dopo Trasfusioni: 5 anni Gravidanza/Aborto/Contatto con epatici/Antiepatite: 1 anno Antipolio/Morbillo/Parotite/Febbre gialla: 14 giorni/4 settimane Rosolia: 28 giorni/2 mesi Rabbia: 3-15 giorni se sicuri che l’animale non è affetto da rabbia, altrimenti 1 anno dopo la fine della terapia Endoscopia: 6/12 mesi Vaccinazione anti tetanica: 1 mese Cure dimagranti drastiche: 1 mese dopo la cura e la stabilizzazione del peso
Tetraclicine/farmaci antiacne: 1 mese Soggiorno in zone endemiche per malaria: 6 mesi se non ha contratto la malattia, 3 anni dopo il trattamento profilattico Mononucleosi/Toxoplasmosi: 1 anno Varicella: 3 mesi Brucellosi: 2 anni Interventi chirurgici maggiori (con anestesia generale): 6 mesi Interventi chirurgici minori (con anestesia locale): 3 mesi Cure odontoiatriche (compresa pulizia dei denti): 1 mese Tatuaggi/Piercing: 6 mesi/1 anno (a discrezione del medico) Agopuntura: 6 mesi Trasfusioni: 5 anni Flebiti: 6 mesi Trapianto di tessuti e/o cellule: 5 anni Raffreddore, influenza, herpes: Fino a completo ristabilimento Trapianto di organi (compresa cornea e dura madre); Rapporti sessuali a rischio; Malattie veneree; Assunzione di droghe; Epatite; Ittero; Favismo; Positività per il test della Sifilide/ AIDS/Epatite B/Epatite C; Ipertensione in trattamento on Betabloccanti e/o con due o più farmaci Esclusione
L’Avis di Latina aspetta chiunque voglia compiere un gesto così importante presso il centro di raccolta di CORSO MATTEOTTI, 238 a LATINA che è aperto per i prelievi tutti i Lunedì, Mercoledì, Venerdì, Domenica e festivi dalle ore 8.00 alle 11.00; oppure presso: LATINA SCALO in via della stazione 185 nella quale si può donare la prima e la terza Domenica di ogni mese presso il poliambulatorio di Latina Scalo. BORGO SABOTINO via Foceverde 149 che è aperta la seconda Domenica di ogni mese BORGO PODGORA la terza domenica del mese. Ha collaborato Mirco Testa
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Alta qualità al servizio del cliente
Il ristorante “Il Castagno” propone una cucina genuina e ricercata, alla riscoperta dei sapori di una volta, mettendo in tavola tutto ciò che l’azienda Valle Pepe produce, dall’olio alle carni, dai salumi ai formaggi. In un locale caldo ed accogliente dove non mancano gentilezza e cortesia del personale e
dettagli che sottolineano il legame con la vita contadina seppur in un contesto volutamente elegante. La pasta è fatta a mano quotidianamente così come tutti i piatti ed i dolci sono preparati al momento dell’ordinazione. Grande importanza è data al prosciutto, stagionatura oltre 16 mesi, che viene tagliato
a mano al momento della richiesta. Golosa particolarità estiva è il gelato artigianale al latte di capra da variegare a seconda dei gusti e adatto a clienti di qualsiasi età. Il Castagno dispone di un’ampia e comoda sala, con travi di legno e colonne in mattoncini, un caldo camino per le fredde giornate invernali dove passare pranzi e cene al caldo dell’accogliente locale; la cucina e il braciere sono a vista proprio come la bottega, dove è possibile acquistare i prodotti Valle Pepe. L’esterno è caratterizzato da un vasto e curato giardino ideale per chi vuole rilassarsi e per le famiglie. Il Castagno è il luogo perfetto dove natura e tradizione si fondono insieme garantendo ai suoi clienti piatti unici, genuini e naturali. L’azienda agricola e di allevamento Valle Pepe, infatti, è la meta ideale per un distacco dalla frenesia quotidiana, il piacere della passeggiata in montagna, del ritemprarsi nel verde, nel condividere la cura degli animali e della vita dei pastori. Sita ai piedi della Semprevisa, a circa 15 km dal capoluogo, immersa nel verde dei Monti Lepini, Valle Pepe si estende tra un mosaico di uliveti, pascoli, boschi, radure e conserva gelosamente le tradizioni ed i paesaggi tipici Bassianesi. Gli allevamenti, allo stato brado e semibrado, sono con alimentazione biologica. La filosofia aziendale si basa sulla voglia di riportare alla luce il potenziale gastronomico del territorio lepino, nell’assoluto rispetto dei tempi della natura, difendendo la terra Bassianese, proteggendo e recuperando razze originarie e in via di estinzione. Valle Pepe alleva: suini di razza “Baioccato” e “Cintarella Bassianese”; ovini di razza “Appenninica”; tra i caprini, esperti, hanno riconosciuto esemplari di centenaria e autoctona razza; oltre a bovini, equidi e animali di bassa corte. Lucia Ricci, titolare dell’azienda, crede fermamente nella successo della sua “creatura” e il futuro sarà sicuramente da “gustare”.
Soc. Agr. e di Allevamento Valle Pepe srl
Ristorante IL CASTAGNO BASSIANO Via Carpinetana Vecchia Per info e prenotazioni 0773.355635 - 347.0362514
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LISTA ZERO
Politica e comunicazione di FRANCESCO MISCIOSCIA
Un videomessaggio che sa di resa in un paese che non segue più nessuno Alcuni giorni fa ho letto con interesse molte intervista tra le quali quella di Francesco Pira, docente di Comunicazione nonché ricercatore in sociologia della comunicazione all’Università di Messina, in cui il professore proponeva un’analisi controcorrente del criticato videomessaggio di Silvio Berlusconi, evidenziando come il Cavaliere avesse fatto ancora una volta “centro”. Prendo spunto da questo argomento per concentrare l’attenzione su quanto sta accadendo, mentre andiamo in stampa, sulle vicende che ci riguardano come cittadini/elettori del nostro Paese. Sono convinto, come Pira evidenzia, che ogni singola parola dell’ex premier fosse pensata come chiamata alle armi per l’elettorato di centro-destra, il suo elettorato. E nessuno può discutere le doti da prestigiatore della parola, da fagocitatore di istinti e emozioni del Cavaliere, ma la questione per me, come consulente di comunicazione politica, si pone in altri termini, che per una volta non riguardano la contabilità da perenne campagna elettorale a cui fa riferimento il docente dell’Università di Messina. Nelle condizioni attuali del nostro Paese e dei suoi cittadini sempre meno disposti a essere elettori, poco importa se Berlusconi ha riconquistato tre o quattro punti percentuali: verrebbe poi da dire, rispetto a cosa? Alle ultime elezioni che hanno visto il PdL lasciare per strada milioni di voti, oppure nei confronti della trionfale cavalcata del 2008. Per non dire che oggi pochi sondaggi da urne aperte hanno un senso effettivo, con partiti e schieramenti in vorticoso movimento, leader ancora in cerca di incoronazione, un Governo di larghe intese dalla durata incerta e un possibile nuovo voto vissuto come un
pugno nello stomaco dalla maggioranza dei cittadini, indifferentemente a destra come a sinistra. Il videomessaggio di Berlusconi credo, invece, che segni la sconfitta dell’imprenditore fattosi politico che voleva diventare statista. Quei sedici minuti, che in questo investono con forza la responsabilità di consulenti e uomini di comunicazione del Cavaliere, chiudono, probabilmente per l’ultima volta, la possibilità per l’uomo di Arcore di farsi uomo di Stato, più delle condanne e delle interdizioni probabili. Non ultima la scelta di ritirare la lista dei Ministri al Governo Letta, peraltro non condivisa da tutte le anime del PDL/Forza Italia. Le parole di Berlusconi scorrono veloci a confermare un’assenza totale di etica della comunicazione politica, di mancanza di senso dello Stato, in una situazione, è bene ripeterlo, in cui l’Italia avrebbe più di ogni altra cosa bisogno di questo. Ancora una volta risuona l’attacco frontale alla magistratura, con una insopportabile confusione ormai quasi fatta propria dal dibattito pubblico fra giustizia, il fare leggi di cui è titolare il Parlamento e quindi la politica, e il farle rispettare con gli strumenti propri della magistratura. Ancora una volta c’è un gioco di nascondimento e di fuga dalla verità, nello scollegare le vicende della nuova Forza Italia dalle scelte di un Governo. Oggi come vent’anni fa, con meno assi nella manica e uno sguardo spento in video che dice più di tante parole d’ordine ripetute ossessivamente, c’è un solo uomo a interpretare le ragioni degli italiani, un solo interesse a coprire tutto il resto. Inutile ricordare che dalla “discesa in campo” è trascorsa il tempo di un’intera generazione e che quel solo uomo ri-
schia di ritrovarsi un uomo solo, con un Paese in ginocchio difficilmente pronto a seguirlo nuovamente. I prossimi mesi ci diranno se il Cavaliere vedrà nuovamente trionfare la propria strategia, ma io credo che, allargando il ragionamento a tutte le forze in campo, chi lavora nella comunicazione politica debba iniziare a vedere le cose diversamente, con maggiore attenzione verso un Paese che semplicemente sta voltando le spalle in blocco a chi ci ha governato negli ultimi due decenni. Il senso profondo delle Istituzioni, del bene comune che unico identifica l’interesse di una Nazione, deve tornare al centro delle strategie e delle parole d’ordine della comunicazione. Quel farsi statista che è il vestito che anche questa volta Berlusconi non è riuscito a indossare credo debba essere il primo valore che gli uomini di comunicazione devono riuscire a trasferire ai protagonisti della nuova classe dirigente. Un insegnamento che giunge chiaro dalla Germania, dopo le elezioni che hanno incoronato per la terza volta la Merkel alla guida del Paese. Un segnale evidente non solo nelle altissime preferenze per la Cancelliera, ma anche e direi, soprattutto, per la vasta partecipazione al voto dei tedeschi, un elemento in assoluta controtendenza rispetto a quanto avviene oggi in tutta Europa. La Merkel, al di là dei differenti giudizi sulle politiche messe in campo in questi anni, ha mostrato con atteggiamenti, stile, impegno, coerenza e competenza cosa differenzi un uomo di Stato da un politico che guarda unicamente a interessi di parte: i tedeschi hanno mostrato di capire e apprezzare, rendendola padrona incontrastata del destino non solo del loro Paese ma dell’intera Europa. 10.2013 | NUMERO ZERO | 71
Il borgo del benvenuto ormai inglobato interamente nella cittĂ
Una
rotonda
Piave
sul
L’antico Passo Barabini da antica frontiera commerciale ad attuale snodo viario pluridirezionale Le Casermette simbolo resistente della difesa del territorio di RICCARDO ANGELO COLABATTISTA
austro ungarico. Durante la prima guerra mondiale, sul fronte italiano, il generale Cadorna, dopo la ritirata di Caporetto, vista l’impossibilità di arrestare il nemico al Tagliamento ordinò il ripiegamento al Piave, completato il 9 novembre 1917. Appoggiandosi a questa nuova linea difensiva, che si stendeva verso nord fino al Grappa e all’altopiano di Asiago, le truppe italiane riuscirono ad arginare validamente gli attacchi austro‑tedeschi dando origine alla battaglia d’arresto del Piave. Nel corso del conflitto, chiamato anche battaglia del Solstizio, gli Austriaci persero 149.000 uomini, gli Italiani 84.600. Nell’ottobre 1918 il settore del Piave fu nuovamente teatro di combattimenti durante la vittoriosa offensiva finale italiana. Insomma la località che fu Passo Barabini porta sulle spalle un’eredità molto importante. Peccato che a Borgo Piave, come in tutti gli altri borghi della città, non ci sia nemmeno una targa che spieghi, a giovani e passanti, l’importante origine del nome e delle battaglie che costituirono un fondamentale viatico per la creazione dell’attuale Repubblica italiana.
Un borgo con tutti i servizi, dalla chiesa all’acquedotto
Ogni borgo ha la sua storia e la sua identità (perduta). Borgo Piave è tra quelli, insieme a Borgo Isonzo, più vicini al centro città e quindi tra i primi ad essere inglobati dall’espansione della vecchia città di Littoria. Come altri piccoli centri periferici anche Borgo Piave è nato per accogliere famiglie scese dal nord Italia per coltivare e bonificare la terra pontina. A caratterizzare il centro abitato, oggi, sono una rotonda, l’importante snodo stradale e il centro “le casermette”, strategico luogo per la difesa aerea nazionale. Un tempo invece, quando Borgo Piave si chiamava ancora Passo Barabini, il luogo rappresentava una terra a metà tra Santa Maria, Borgo Carso e Littoria. Un pezzo di terra incastrato tra il Canale delle Acque Alte
ed il Gorgolicino. Insomma, una località di benvenuto per chi arrivava da Roma e di duro lavoro per chi era sceso a Littoria per bonificare una zona ancora paludosa ed inospitale.
Il Piave, il fiume della resistenza italica Tutti i borghi presenti nella pianura pontina hanno preso il nome dai teatri di battaglia più importanti della prima guerra mondiale. Il Grappa, il Faiti, l’Isonzo. Il fiume Piave è sicuramente il luogo che più ricorda la dura resistenza che il popolo italiano oppose all’avanzata dell’esercito
Borgo Piave è stato il settimo centro rurale costruito dall’ONC ed il terzo nella zona nord della città, dopo Borgo Podgora e Borgo Sabotino. Nato tra il 1931 e il 1933, borgo Piave aveva la funzione di centro aziendale fornito anche di un acquedotto, di una chiese e di diversi edifici di scambio. Il centro rurale, proprio per la sua posizione strategica, era un luogo di passaggio e di commercio, Ancora oggi Borgo Piave è al centro di numerose arterie stradali che collegano Latina a Terracina, Cisterna, Nettuno e Roma. Un punto nevralgico dove, oltre alle strade, confluivano, nelle vicinanze, i numerosi canali costruiti per portare l’acqua al mare e bonificare, così, le paludi pontine. Ad oggi, come in altri centri, poco rimane delle costruzioni effettuate in tempi di bonifica. Alla costruzione selvaggia di nuove palazzine ed attività commerciali a Borgo Piave è pesata enormemente la sua posizione vicina al centro città. Proprio per questo l’identità del borgo sta andando pian piano scomparendo rientrando, di diritto, tra i quartieri della città di Latina senza più una vita autonoma.
Le “casermette” e l’importante centro militare Aeroporto si o aeroporto no. Aere‑ onautica si o aereonautica no. Pro‑ prio in questi ultimi anni a Latina il dibattito sul volo civile e militare ha coinvolto cittadini, associazioni e istituzioni, a tutti i livelli, dal nazio‑ nale al locale. Le vicende legate all’a‑ eroporto “Comani” di Latina Scalo fanno passare, molto spesso, in secondo piano l’importanza strategica del DAT (Difesa Aerea del Territorio) da tutti conosciuto come il centro “Le Casermette”. Quanti genitori vi han‑ no svolto il servizio militare e quanti giovani volontari dell’aeronautica, ancora oggi, passano negli alloggi e nelle strutture delle Casermette? La storia racconta che, dopo la seconda guerra mondiale, l’aeroporto, dopo un lungo periodo di abbandono, rischiò di tornare ad essere un campo agricolo. La neocostituita Aeronauti‑ ca Militare Italiana, sorta dalle ceneri della Regia Aeronautica, il 10 giugno del 1950, decise di rendere di nuo‑ vo efficiente la struttura e, un anno dopo, venne costituita una scuola specializzata in apparecchiature di
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difesa aerea e RADAR (Radio Detec‑ tion And Ranging), il Centro Tecnico Addestrativo –Difesa Aerea del Ter‑ ritorio (C.T.A. ‑ D.A.T.) (1951‑1952). Alla fine del 1952, fu trasferita nella località Chiesuola nei pressi di Borgo Piave divenendo poi il futuro BTA‑ DA. Nell’estate del 1952, lo Stato Maggiore diede mandato alla 3^ ZAT (Zona Aerea Territoriale), di avviare le procedure per un imminente tra‑ sferimento del 36° Stormo Trasporti dall’aeroporto di Guidonia a Latina.
Borgo Piave, quale l’originale? Borgo Piave, Borgo Piave, Borgo Piave. In Italia sono almeno tre le località con la stessa denominazione. Tre luoghi, frazioni di città, con lo stesso nome ma con caratteristiche completamente di‑ verse. Una al nord, una al centro ed una al sud. Infatti, oltre al borgo a noi più famigliare ne esiste un altro nel comu‑ ne di Belluno ed un altro a pochi chilo‑ metri da Lecce. Il Borgo Piave del nord lo potremmo definire come “l’origina‑ le” perché nasce proprio sulle sponde del fiume Piave. La località è ben nota essendo stata, per secoli, al centro di un’intensissima attività commerciale e portuale. Sorge nella parte più a val‑
le della città di Belluno ed è limitato a nord‑est dal torrente Ardo, che conflui‑ sce nel Piave, ed è noto per l’intensa at‑ tività portuale che ha avuto per secoli il commercio di legname e, più in genera‑ le, allo sfruttamento dell’energia idraulica nel vicino torrente Ardo. Zattieri, fabbri, falegnami e segantini erano i principali operatori in quello che un tempo fu un ferventissimo quartiere di attività. La località presente a 10 chilo‑ metri da Lecce e ad appena 3 chilometri dal mare è invece caratterizzata dalla presenza di un’ex Caserma della Mari‑ na Militare. Insomma, Belluno, Latina e Lecce hanno in comune una località, Borgo Piave, quindi attenti a quando fate qualche ricerca sul navigatore, le indicazioni potrebbero portarvi lonta‑ no, molto lontano.
LA LUNGA STORIA DEI CINEMA A LATINA Dal boom del dopoguerra all’attuale crisi di spettatori
filmgià visto
Un
Dall’Aquila all’Oxer, dal cinemascope al 3D, ottant’anni di proiezioni sul grande schermo del capoluogo pontino di CHIARA BOVOLENTA
- “Che facciamo stasera? Andiamo al cinema?” - “Non so, ma se andassimo a bere una cosa in centro invece? Poi stasera metto a scaricare un film e ce lo vediamo da te una di queste sere no!?” Quante volte abbiamo ascoltato o partecipato ad un conciliabolo del genere? Tante, senza dubbio, quelle che bastano per farci chiamare in correità nella crisi del cinematografo, diffusa a livello nazionale e persistente anche a Latina. E’ sufficiente farsi un giro per le sale del capoluogo per comprenderne immediatamente la portata. Parcheggi vuoti, scarse file al botteghino, poltrone centrali quasi sempre libere. In poche parole flessione totale degli spettatori, pesanti flop anche nelle programmazioni di punta. I quattro cinema latinensi, Corso, Supercinema, Giacomini e Oxer, non sono risparmiati dalla disaffezione che ha contagiato l’intera penisola. Ognuno con la sua storia, la sua pro-
grammazione, le sue esclusive, prova a invertire la tendenza, ma ormai l’istituzione cinema non tira più come una volta e, in un periodo di crisi economica marcata, finisce anch’essa nel mirino della forbice nei conti delle spese. Neanche il 3D ha fatto il miracolo, anzi: ciò che all’inizio veniva descritta come una rivoluzione copernicana nel campo della cinematografia, si è rivelato un boomerang. Invece di attirare spettatori, ha suscitato polemiche, in primis quella riguardante le condizioni igieniche degli appositi occhiali e dei possibili contagi dovuti all’uso promiscuo di questi strumenti messi a disposizione dai gestori. Nonostante le smentite di rito, oggi la doppia dimensione continua ad essere largamente preferita e a generare maggiore profitto. Chiacchierando un martedì pomeriggio, giorno preso a campione come anonimo e per questo ancor più indicativo, con il titolare del “Corso” sco-
priamo che su quattro sale solo una è attiva, con meno di venti spettatori. Questi aumentano solo il mercoledì (giorno in cui il prezzo del biglietto è ridotto), e nelle sere del week end, tradizionalmente dedicate alle visioni del grande schermo. Per il resto sono solo avventurieri o amanti indefessi del genere. Nei giorni feriali l’uscita al cinema è roba per pochi intimi. Il primo colpevole di questo fenomeno involutivo potrebbe quindi essere il fattore economico; 7 o 8 euro non sono certo una cifra da capogiro, ma se pensiamo ai portafogli dei giovani latinensi (riconosciuti dagli addetti ai lavori come i maggiori fruitori), forse possono fare la differenza: caffè, aperitivi, cene, bevute del dopocena, A che cosa si rinuncia con più facilità? Bypassare il cinema a Latina sembra essere una delle opzioni più frequenti. Questo discorso ovviamente si amplifica se rapportato ad una famiglia
media di quattro persone: due interi, 14 euro, due ridotti 10 euro, totale 24. Con l’aggiunta di popcorn e bibite si arriva a più di 30 euro. Il tutto per un’ora e mezzo di intrattenimento. Oggi pesano. La seconda considerazione riguarda la programmazione: nella maggior parte dei cinema vengono proiettati film di intrattenimento di massa, i cosiddetti blockbuster, che attirano un maggior numero di spettatori, ma occasionali e non veri e propri cinefili. Quelli che invece servirebbero per una fidelizzazione tra produttore e consumatore. Last but not least, elementi come download, pay tv e streaming, contribuiscono ad allontare il pubblico dalle poltrone delle sale, penalizzando il fenomeno aggregativo intorno al quale è nato il mito del cinema stesso. Un discorso a parte merita il noleggio. Le videoteche, sebbene nel decennio scorso abbiano temporaneamente inciso sull’andamento generale degli incassi cinematografici, da tempo ormai sono in forte crisi: in tre anni hanno dimezzato il fatturato medio (a livello nazionale). Il fatto è che, al
di là della pirateria, il mercato delle merci e dei supporti sta lasciando il posto a quella che potremmo definire “l’Era dell’accesso”. E se un colosso mondiale come Blockbuster non è riuscito ad emancipare il suo mercato, nonostante strategiche mosse di marketing finalizzate a competere con la nuova offerta (quella illegale in primis), si può dire che la sua morte sia stata ampiamente annunciata. Ed ecco che la stessa catena che, nel caso di Latina, aveva minato la stabilità delle piccole realtà di quartiere, circa un anno fa ha chiuso i battenti, con tanto di servizio de Le Iene (marzo 2012) su quella dubbia ondata di lettere inviate dall’ufficio recupero crediti ai tesserati in merito a degli insoluti fittizi. Al di là di questo, poche sono ormai le videoteche superstiti, come Punto Hollywood, con sede in via Romagnoli e viale XVIII dicembre. Ma la sopravvivenza è dovuta più che altro ai nuovi business come noleggio di videogiochi e vendita stessa di console e accessori. Tutto ciò non può essere considerato un dato concorrenziale alla visione dei film al cinema.
Cinema dell’Aquila La storia del cinema a Latina è parallela a quella della città stessa. Già il piano regolatore progettato nel 1932 prevedeva che in piazza del Littorio si trovassero tutti gli edifici pubblici ed i servizi, tra cui l’albergo Littoria (oggi sede della Biblioteca Aldo Manuzio e degli uffici comunali) ed il cinema dell’Aquila, denominato “edificio per un cinematografo e civili abitazioni.” Nella nascente società dell’agro redento, una sala di proiezione in cinemascope fu ritenuta essenziale per sviluppare da subito il fenomeno dell’aggregazione e della socializzazione, indispensabile per fondere e plasmare una popolazione composta da diverse etnie. In quel periodo, tra l’altro, impazzava l’Istituto Luce, la casa cinematografica direttamente collegata col regime, la cui costante proiezione di documentari di propaganda sulla bonifica e sulle opere somme del fascismo favoriva ancor di più l’affermarsi di quel cameratismo ideologico ritenuto strategico per la formazione culturale delle genti pon-
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tine. Il Cinema, che ospitava anche un omonimo bar ristoro, prese il nome dalla famiglia dei primi gestori, i Dell’Aquila, il cui capostipite Arturo era un gerarca fascista e il cui figlio Adriano era un vice federale del regime. L’ingresso, proprio in ossequio al concetto dell’auspicata partecipazione di massa, era inizialmente gratuito. Lo stabile era situato nell’attuale via Diaz e si sviluppava su un piano terra e due piani rialzati, essendo questa la volumetria prevista dal piano Frezzotti per quell’area che doveva essere di collegamento e scorrimento tra le due principali piazze della Città. Questo principio venne impunitamente sconfessato quando i Dell’Aquila, cessata l’attività cinematografica, cedettero il complesso alla società Scap che, con il benestare della giunta democristiana di Igino Salvezza, costruì il palazzo dove trovò ubicazione per decenni la Standa e che oggi ospita la Feltrinelli. L’unica porzione conservata dell’edificio originale è il piccolo negozio di foto ancora oggi esistente, sorto su quelli che erano i locali di servizio del cinema. Il cinema Dell’Aquila è stato anche il
primo ad ospitare un’arena all’aperto durante la stagione estiva, dove vennero invitati attori e personaggi dell’avanspettacolo in voga nel periodo a ridosso della Seconda Guerra mondiale, e prima ancora convegni delle confederazioni fasciste. Su quel palco si esibirono tra gli altri Totò, la soubrette Bianca Del Campo, Nino Taranto e l’Orchestra Camingi. L’ultimo ad essere invitato, prima della chiusura del 1957, fu Renato Rascel che nel presentare il suo ultimo lavoro “Rascel Marine” effettuò dentro il cinema una ricostruzione di grotte e fondali, scenario della trama del film. Figure leggendarie si sono alternate nei primi anni di proiezione: dal primo operatore di pellicole, Archimede, al suo allievo Mario Musco, fino alla prima maschera, tale Umberto. Quest’ultimo lavorava di giorno presso la Farmacia Ruggeri, la prima della città, poi la sera correva a strappare i biglietti al Cinema Dell’Aquila. Tutto ciò, ininterrottamente, dal giorno dell’apertura fino al 1947, quando Umberto fu assunto presso il Comitato Provinciale antimalarico. Dieci anni dopo calò il sipario sullo stesso complesso dei Dell’Aquila.
Cinema Corso Il secondo cinema in ordine di tempo è il Corso, costruito su Corso Vittorio Emanuele III (attuale Corso della Repubblica) nel 1940 come alternativa al vicino Dell’Aquila. La particolarità rispetto a quest’ultimo fu la presenza dell’arena che nei mesi estivi consentiva la visione dei film all’aperto. Subito dopo la guerra il locale ospitò anche manifestazioni di carattere socioculturale, si ricorda quella promossa dalla sede del P.C.I in favore dei bambini poveri della città il 13 marzo del 1947. Nel 1963 Il complesso fu ceduto dal Comune alla famiglia Tabelloni che ristrutturò gli interni sotto la direzione dell’architetto Vittorio Fagiolo. Una storia di famiglia, tuttora portata avanti dagli eredi del signor Adelmo: cinquant’anni di spettacoli, di biglietti strappati, migliaia di pop corn sgranocchiati. Anche il cinema Corso inizialmente prevedeva un’unica sala, dotata di atrio e platea, suddivisa poi nel 1993 per ricavare quattro diversi ambienti. Anche nel caso del cinema Corso negli ultimi anni, con l’avvento
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della diffusione della tecnologia “fai da te”, il calo registrato è stato notevole. Interessante è la diversificazione del pubblico che i titolari hanno rilevato tra spettatori “classici” e quelli del cinema all’aperto, iniziativa che viene proposta tutti gli anni durante il periodo estivo. Mentre per il primo caso l’età media dei frequentatori è molto bassa, per quanto riguarda il secondo il pubblico è decisamente più adulto e di nicchia. I titoli riproposti all’aperto vengono selezionati sulla base dell’andamento della stagione invernale, completamente a discrezione dei titolari: mentre la prassi normale prevede contratti, vincoli, accordi, spesso faticosi, con le case di distribuzione, per quanto riguarda l’iniziativa estiva la selezione è completamente a cura dei proprietari, scevra da qualsiasi influenza o costrizione esterna se non la loro esperienza. Con l’avvento del digitale, però (quattro anni fa), le modalità di acquisizione dei titoli si sono modificate, per non dire semplificate: i file sono più accessibili e più facilmente reperibili. Tutto è, più o meno, a disposizione di tutti, e ciò ha reso più snello e lineare il procedimento.
Giacomini e Supercinema Il Giacomini prese il nome dall’omonimo costruttore Giovanni che il 6 settembre 1949 presentò domanda in Comune per farsi approvare, insieme all’impresario edile Angella, un “progetto per cinematografo, Albergo e abitazioni, a lato del Monte dei Paschi di Siena” a cura dell’architetto Orzali. L’edificio di tre piani prevedeva l’entrata in via Costa, all’interno di esso era attrezzato il botteghino per la vendita dei biglietti: a fianco dell’atrio c’era il bar e in fondo l’accesso alla sala. Al secondo piano c’era la galleria, dotata di una copertura apribile. Il cinema-teatro Giacomini venne inaugurato il 20 dicembre del 1952 con la proiezione del primo film “Tempi Moderni” di Charlie Chaplin. Negli anni a seguire, cavalcò l’onda del successo del cinema come forma di intrattenimento più diffusa: ciò vale in generale per il mezzo di comunicazione stesso. Quando non erano a disposizione tv, radio, cellulari, internet e tutto quello che ne è seguito, andare al cinema rappresenta-
va “l’uscita” vera e propria, luogo di primi appuntamenti, di risate, di evasione. Essendo l’unico cinema-teatro di Latina, la struttura ha ospitato negli anni precedenti all’avvio dei lavori per la realizzazione del teatro comunale G. D’Annunzio (1982) numerose rassegne, manifestazioni scolastiche, concerti, operette, successivamente veicolate sul programma del teatro. Su tutte, quella storica del Cantabimbo, organizzata nel periodo carnevalesco dall’emittente Radio Latina 1. Nel 1991 iniziarono i lavori per la suddivisione delle sale, al fine di garantire un’offerta eterogenea e che potesse accontentare un maggior numero di spettatori (motivo comune a tutti cinema che intrapresero questo tipo di ristrutturazione). Nacquero perciò tre sale distinte, di diversa capienza, che decretarono, d’altra parte, la fine delle proiezioni e delle rappresentazioni all’aperto. La copertura fu definitivamente chiusa in quell’occasione. A detta dei proprietari, fino al 1998 il cinema non subì flessioni particolari. Fu poi con l’avvento dell’era digitale che le cose presero un’altra via: soprattutto i ragazzi, con la ristrettezza economica che il paese in senso lato si è trovato ad affrontare, hanno iniziato a diradare la frequenza al cinema. “Il motivo principale della crisi del cinema di oggi – sostiene il gestore del Giacomini – è l’avvento dei social network, che ha modificato completamente l’approccio
e la comunicazione dei rapporti personali. Una volta i giovani si incontravano sotto i portici di Latina, Corso della Repubblica era pieno di ragazzi che amavano il contatto e il dialogo diretto. Oggi non si vede più nessuno in giro, sono tutti al computer o al telefonino a scambiarsi chiacchiere a distanza. In una situazione del genere, il cinema inteso come principale luogo di svago, sembra non servire”. Eppure gli sforzi per rivitalizzare il Giacomini sono stati fatti come ci conferma lo stesso affittuario (che ha in gestione anche il Supercinema): “Per rimanere al passo
con i tempi, abbiamo dotato il Giacomini dei più moderni sistemi audio video, a cominciare dal proiettore digitale che è costato 160mila euro (che ha sostituito la “pizza” del cinemascope) e dal servizio dell’open sky che ci costa 6 mila euro per la fruizione dei film satellitari. Per non parlare degli altoparlanti con casse JBL. Oggi possiamo tranquillamente dire che una sala di un cinema completa arriva a costare un milione di euro” Oggi voci incontrollate sostengono che lo stabile del Cinema Giacomini sia in vendita, che addirittura potrebbe diventare un centro commerciale, l’ennesimo della città, con la solita magia del cambio di destinazione d’uso. Sarebbe una vera sciagura per Latina, che perderebbe uno dei simboli della sua storia, oltre a vedersi deturpare un centro storico già fortemente compromesso. Della stessa proprietà della famiglia Giacomini, il Supercinema fu inaugurato ufficialmente nel 1967. Il Palazzo che lo ospita di fronte a Palazzo M venne costruito tra il 1955 e il 1960 su un’area che nel piano Frezzotti era destinata ad una piazza, ideale collegamento con la Caserma della Gil e il Teatro. Anche il Supercinema è nato con un’unica sala, costituita da platea e galleria, successivamente suddivisa in due. A differenza del primo, però, non prevedeva il tetto apribile. I criteri di selezione dei titoli dei due cinema da sempre vertono intorno ad accordi e contratti stipulati con le case di distribuzione.
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Multisala Oxer Il multisala Oxer rappresenta la realtà cinematografica più giovane del capoluogo pontino, progettato dal geometra Edoardo Papa (D.I.A. del 17 dicembre 2007). In poco tempo si è ritagliata uno spazio all’interno della realtà cinematografica latinense, facendosi forte di scelte in un certo senso più audaci. I titoli proposti dall’Oxer non risiedono nel filone più propriamente commerciale del mercato di riferimento: cinema d’autore, prodotti di nicchia, documentari, distributori indipendenti. Anche a livello pubblicitario, non sono state La sala dell’Oratorio Don Bosco adibita a cinema
FOTOGRAMMI 1932: Apertura del cinema Dell’Aquila, nell’attuale via Diaz 1940: Nasce il Cinema Corso 1948: I salesiani adibiscono una sala dell’oratorio Don Bosco alla proiezione di film
1952: Inaugurazione del cinema Giacomini 1963: Introduzione al Giacomini del servizio di beverage 1967: Inaugurazione del Supercinema 1991: Il Giacomini diventa il primo cinema multisala 1997: Proiezione del “Titanic”, il film che ha riscosso più
successo ai botteghini latinensi
2007: Apre i battenti l’Oxer 2009: Avatar è il primo film trasmesso in 3D al cinema Corso
e all’Oxer
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intraprese campagne promozionali vere e proprie nella fase di start up: il più è stato fatto tramite passaparola, messo in atto dai primi spettatori del cinema, che ha fatto conoscere alla città l’esistenza di questa nuova realtà. In particolare la Sala 4 viene tendenzialmente riservata alle iniziative più “coraggiose”. Il cinema offre 7 sale, di cui una adibita alla proiezione in 3D; numerose sono state le iniziative che ha proposto in questi anni, tanti sono stati i film presentati alla prime dagli stessi registi o attori del cast. Grazie a questa vitalità oggi l’Oxer può essere considerato l’unico cinema un po’ in controtendenza rispetto agli altri, anche per il moderno e confortevole allestimento delle sale rispetto alle datate strutture degli altri complessi, ad eccezione del Giacomini che invece ha completamente rinnovato
le poltrone due anni fa e si presenta oggi in una veste decisamente ammiccante. La speranza è che il lungo film iniziato ottant’anni fa non abbia quel brutto finale che in tanti già hanno preventivato ma che come tutte le ciclicità delle mode, anche quella del Grande Schermo torni in auge al più presto. Da Via col Vento ad Avatar, sono migliaia le pellicole che hanno emozionato e fatto innamorare di-
verse generazioni di latinensi. Nessuno potrà mai cancellare le sensazioni provate davanti gli enormi brachiosauri di Jurassic Park o alle musiche del Re Leone. Niente può sostituire la gioia di “volare al cinema”, come recitava la reclame, neanche ora che è messa a dura prova da questa persistente bonaccia economica ed ideologica. Come disse Rossella O’Hara nel film più visto di sempre: domani è un altro giorno.
Cinque anni di cinema a Latina: 2007-2011 (fonte Siae) 2007
2008
2009
2010
2011
4.380
5.049
4.794
6.117
8.665
336.211
315.065
306.783
381.776
367.584
Giornate solari
3.882
4.294
4.258
5.116
5.328
Prezzo medio
5,66
5,63
6,02
6,35
5,86
1.773.775,39
1.845.977,72
2.423.712,99
2.153.360,87
16
18
18
23
Spettacoli visti Ingressi
Spesa al botteghino 1.901.742,21 Numero di schermi
19
TOTALE Spettacoli visti: 28.995
Giornate solari: 22.928
Spesa al botteghino: 10.098.569,18
Ingressi: 1.707.419
Prezzo medio: 5,91
Numero di schermi: 94
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ZERO LIMITI
Il mondo della notte di MAURO BRUNO
Club 42, intuizione vincente La disco per soli over 30 entra nel vivo della stagione Dopo la strepitosa inaugurazione di fine settembre la stagione del Club 42 entra nel vivo! Rino Polverino, imprenditore della notte con una delle discoteche più in voga del centro Italia, il 24.000 Baci, inseguiva da anni il sogno di un locale, un club aperto solamente ad un pubblico over 30. E a distanza di tre anni quella scommessa può dirsi vinta, proprio come testimoniato dal grande successo. La storia del Club 24 è un’ascesa di continui successi. Un inizio a ridosso delle vacanze di Natale del 2011, in tutta fretta, proprio perché il capodanno alle porte doveva dare modo ai meno giovani di trovare il proprio ambiente. E da subito si capì che l’intuizione era giusta. La curiosità fu tanta e dalle prime serate il Club 42 non ha mai mancato un appuntamento. Anzi ogni settimana la clientela aumentava, in virtù anche di toccare con mano la novità. Poi piano piano i clienti sono diventati affezionati e dalla curiosità è nata la convizione che il locale “over 30” era la formula giusta del periodo. Per il terzo anno consecutivo il Club 42 tornerà ad essere protagonista della notte pontina, dopo anche due stagioni di successo con l’esperienza estiva dell’Hotel Mediterraneo. E la formula vincente non si cambia, anzi vengono affinati gli aspetti musicali e dell’accoglienza. Se inizialmente il palco del 42 ha aperto le porte al dancing ed alle sonorità della disco 70/80/90, durante l’estate è diventato più commerciale e house gallery sempre con chiari e ripetuti riferimenti alla 70/80/90 e alla musica italiana. La formula di questo inverno sarà quella già vista, dove non mancherà la musica dal vivo con Umberto, Riccardo e Patty nella vincente 84 | NUMERO ZERO | 10.2013
formula del passato e con selezioni musicali rigorosamente dance e commerciali. Si aprirà, inoltre, una finestra nel venerdi, dove il palco del 42 tornerà ad essere protagonista. Musica dal Vivo, spettacoli live, cabaret, accompagneranno il pubblico del 42 nell’apertura del week end, mentre gli appassionati della salsa e merengue avranno modo di ritrovarsi ancora la domenica sera con la collaudata “domenica latina”. E il Club 42 sarà anche quest’anno scuola di ballo con rinomati maestri ci si potrà cimentare proprio nei balli latino americani e come già fatto lo scorso anno anche con il tango argentino.
Arriva l’Autunno… ma è tempo di mare al Centro Ippico Del Principe Presso il maneggio in via Litoranea riparte la stagione delle escursioni sulle spiagge
L’estate è appena terminata, ma per chi ha voglia di godersi ancora le nostre spiagge, occasione migliore non può che esserci con le escursioni organizzate dal Centro Ippico del Principe. Il fascino, la bellezza e la suggestione del mare autunnale ed invernale, da vivere in sella ad uno dei tanti splendidi cavalli del maneggio della famiglia Ceci. Le escursioni guidate in spiaggia, costituiscono ormai da anni una immancabile attrazione per chi ama vivere il mare tutto l’anno. Ogni week diventa un appuntamento fisso per trascorrere una giornata diversa. Adulti, ragazzi e bambini, guidati dagli istruttori del Centro Ippico, entreranno in contatto con un modo divertente e piacevole per trascor-
rere un po’ di tempo a pieno contatto con la natura. Ci sono diverse possibilità che permettono sia ai più esperti che ai principianti di muoversi a cavallo in luoghi diversi della zona, a cominciare dagli splendidi scenari di Villa Fogliano, dei Prati di Coppola, della Tenuta Ganci, per arrivare infine sul lungomare. Non resta che controllare il meteo del fine settimana e prenotare la Vostra escursione. Le passeggiate a cavallo e la natura, Vi aspettano…
CENTRO IPPICO “Del Principe” LATINA Via Litoranea, 5730 Tel. 0773.273524 Mob. 380.3634356 10.2013 | NUMERO ZERO | 85
Nuova Latina e Nascosa, il miraggio dell’altra Città
LATINA DUE
L’oasi che
Il grande Parco Verde e le associazioni dei residenti non bastano ancora per il riscatto totale dell’ex quartiere dormitorio Contraddizioni e proposte, degrado e soluzioni intorno al polmone periferico del capoluogo
non c’è di marco tomeo
Quartieri incompiuti e dormitorio della città. Q4 e Q5, successivamente Nuova Latina e Nascosa, ne hanno fatta di strada per scrollarsi di dosso l’etichetta di essere luogo emarginato di periferia, lontano dal cuore della città. Tanta, ma non abbastanza, per superare le numerose contraddizioni che ancora oggi la vasta area urbanizzata, che più di ogni altra si è sviluppata verso il mare, vive quotidianamente lungo le sue strade dissestate e i suoi parchi invasi da cartacce e buste di plastica. I servizi, migliorati certo, ma ancora approssimativi, una urbanizzazione disordinata che ha portato a colate indiscriminate di cemento, la nascita e la successiva
decadenza di attività commerciali, cumuli di rifiuti qua e là: tutti aspetti ancora all’ordine del giorno in una zona, che con i suoi oltre trentamila residenti, costituisce ormai una città nella città, e che reclama a voce alta un’attenzione maggiore da parte delle istituzioni, ma anche da parte dei residenti stessi che la vivono, a torto o a ragione responsabili anche loro dell’incuria e del degrado presenti. Negli anni la situazione è andata comunque migliorando. Qualche attenzione in più da parte dell’amministrazione comunale, le associazioni che operano sul territorio, la presenza di un parroco di levatura come don Mario Sbarigia, e quella ingombrante,
nel senso buono della parola, di una delle arre verdi più belle della Provincia intera, stanno cercando faticosamente di costruire, passo dopo passo, una comunità ed una realtà diversa da quella che fino a non troppi anni fa si viveva da quelle parti: terreni incolti in mano ai consorzi sui quali dal giorno alla notte, senza badare troppe a regole di urbanizzazione, spuntavano fuori palazzi, con tanto di oneri di urbanizzazione mai spesi dai costruttori per la realizzazione di opere e servizi. Il lavoro da fare è ancora tanto, ma basterebbe davvero poco, in termine di servizi e organizzazione, per portare la zona ad essere una delle belle e vivibili della città.
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Il grande parco urbano dell’Oasi Verde Inutile dirlo, se la zona non può essere considerata solo un dormitorio cittadino, il merito è soprattutto da attribuire alla presenza dell’ ‘Oasi Verde’, il grande parco urbano che si estende per 32 ettari e che abbraccia i due quartieri da Via Nascosa sino a Viale Paganini. La nascita dell’Oasi Verde avviene quasi per caso. Tutto comincia con la stabilizzazione delle sponde del canale Paoloni, danneggiate dai continui ammassamenti di terra provenienti dai numerosi cantieri della zona. Quell’intervento dà il via al progressivo recupero dei terreni che si estendono lungo il Paoloni a discapito proprio della speculazione edilizia. Il tutto parte da una proposta dell’allora Consigliere regionale Fabrizio Cirilli, che innesca un’importante sinergia tra enti pubblici, ed individua il finanziamento per la realizzazione dell’opera. Vengono coinvolti tutti i residenti che rinunciano ai contenziosi con i costrut-
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tori inerenti gli oneri di urbanizzazione, in cambio dell’area verde. L’Oasi, così, prende forma: 4000 metri lineari di corsi d’acqua vengono riconvertiti alla loro funzione originale, 8000 metri di sponde fluviali vengono stabilizzate e rinaturalizzate attraverso la piantumazione di essenze vegetali autoctone, 10 ettari di prati e boschetti vengono resi fruibili e soprattutto vengono realizzati 6000 metri di piste ciclabili e percorsi natura, oltre a una grande area giochi per bambini. Laddove sarebbero dovuti sorgere altri palazzi, c’è spazio solo per il verde e per il relax delle persone. Negli anni il parco ha vissuto però momenti difficili. La mancanza di manutenzione da parte dell’amministrazione comunale e l’incuria e il vandalismo dei cittadini avevano trasformato l’area in un luogo di degrado e abbandono. Con l’avvento della nuova amministrazione, invece, il parco è tornato a risplendere. L’assessorato all’ambiente ha provveduto a finanziare due lotti di lavori. Il primo ha previsto la riqualificazione e la messa in sicurezza del parco: sono state ripristinate le staccionate, rifatto il percorso ciclabile/pedonale, con l’ag-
giunta di nuovi percorsi e soprattutto il parco è stato illuminato e posto sotto controllo con l’installazione di lampioni e videocamere per la sorveglianza diurna e notturna. Il secondo lotto, il cui cantiere è stato inaugurato il mese scorso con la consegna dei lavori prevista per febbraio 2014, prevede invece la realizzazione del proseguimento della pista ciclabile dell’Oasi Verde con l’attraversamento di Via Nascosa ed il ricongiungimento di Via del Lido, con il percorso che avrà il suo naturale proseguimento lungo le sponde del canale Paoloni nei terreni del consorzi, per poi costeggiare quelle del canale Cicerchia. Dalla Scuola Milani, quindi sarà possibile raggiungere via del Lido sempre ed esclusivamente su percorso ciclabile. Il grande parco urbano dei quartieri Q4 e Q5 rappresenta dunque una delle risorse naturali da conservare e tutelare perché, oltre a rappresentare la memoria storica del territorio, esprime contenuti ecologici, paesaggistici ed infrastrutturali di pregio. Un patrimonio non solo per il quartiere, ma per l’intera città, e che dunque va rispettato e tutelato. E’ a dir poco indecente lo spettacolo che si
presenta davanti agli occhi di chi fruisce del parco ogni qual volta viene effettuato lo sfalcio dell’erba: buste di plastica, cartacce, vestiti e addirittura rifiuti ingombranti emergono dalla macchia in tutta la loro irritante presenza. Il Comune ha posto cartelli in tutto il parco con la scritta: il parco è anche tuo… rispettalo. E’evidente che molti ancora non l’hanno capito.
Le contraddizioni, il degrado e l’incuria Nati all’inizio degli anni 80 in una zona dove regole e pianificazione non hanno mai fatto parte del gioco della corsa al mattone, Nuova Latina e Nascosa, hanno vissuto il loto sviluppo urbanistico in maniera a dir poco contraddittoria. A pochi metri da palazzi di pregio, sono sorti veri e propri alveari da centinaia e centinaia di appartamenti. Strade senza marciapiedi, fino a qualche anno fa nemmeno censite nella toponomastica del Comune, sono spuntate fuori come labirinti in tutto il quartiere. A tutto ciò si è unita la nascita di attività commerciali, molte delle quali durate dal giorno alla notte. A fare da esempio in questo scenario, il centro commerciale Lestrella e il Palazzo abbandonato di Via Respighi. Il primo, nel quartiere Nuova Latina, ha pagato a caro prezzo il fallimento della società di costruzione degli stabili
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che sovrastano le attività commerciali. Moltissimi degli appartamenti rimasti invenduti sono stati occupati, e col tempo il luogo si è svalutato e degradato. Una mega asta fallimentare, avvenuta lo scorso anno, ha praticamente svenduto i lotti immobiliari, sia privati che commerciali, a nuovi proprietari, ma la zona stenta ancora a decollare ed a recuperare i fasti del passato. ‘Il giallo del palazzo giallo’, invece, è il titolo più appropriato per raccontare la storia dello stabile di Via Respighi, nel cuore del quartiere Nascosa. Ed in effetti i misteri che av-
volgono questo immobile non sono mai stati chiariti. Per un certo periodo si vociferava addirittura che l’immobile fosse stato confiscato alla camorra. Poi invece che appartenesse ad una società non più interessata a ristrutturalo. L’amministrazione Zaccheo voleva farne una caserma dei carabinieri per controllare una zona dove furti e intrusioni nelle abitazioni sono quasi all’ordine del giorno. Del presidio dell’Arma non s’è ne è fatto nulla, e dopo ulteriori anni di abbandono, famiglie in piena emergenza abitativa, nulla tenenti e disperati dell’ultima ora, hanno rotto gli indugi occupandola circa un anno e mezzo fa. Ad oggi il giallo del palazzo giallo è ancora lì, in attesa di una spiegazione che probabilmente tarderà ad arrivare in tempi brevi. Ma cemento a parte, uno dei problemi più gravi che interessa i due quartieri è quello della sporcizia e dei rifiuti gettati sui marciapiedi. Un problema che riguarda tutta la città certo, ma che in Q4 e Q5 ha fatto registrare picchi preoccupanti. Un sistema di raccolta a dir poco discutibile ed un sempre più diffusa inosservanza delle regole, sono alla base di un problema che l’amministrazione comunale ha cercato di arginare con l’installazione di isole di conferimento, che però sono servite a poco. I giorni (anzi il giorno… venerdì…) e gli orari di conferimento non vengono rispettati dai residenti, molti dei quali ormai abituati a gettare a
terra anche i rifiuti indifferenziati e l’umido. Una vergogna che il Comune spera di risolvere con l’imminente progetto di raccolta porta a porta.
Il lavoro della Parrocchia di San Luca e delle associazioni Don Mario Sbarigia è uno dei parroci che hanno visto trasformare la città di Latina. Per lui, quindi, trovarsi in una zona in pieno sviluppo, che negli anni ha visto modificata la sua fisionomia, non solo urbanistica, ma anche socia-
le, non ha certo costituito un trauma. Tutt’altro. Negli anni la parrocchia di San Luca è stata sempre più il riferimento per entrambi i quartieri, sino a diventare oggi il centro nevralgico per l’organizzazione di moltissime iniziative culturali e sociali, che interessano una fascia di età larghissima. Oltre alle attività meramente parrocchiali, c’è spazio per quelle sportive e ludico ricreative. Un oratorio composto da un campo da calcio, uno di basket, uno da volley, una area skate, e giostre per i più piccoli, costituiscono una delle poche, se non l’unica, valvola di sfogo per gli adolescenti della zona. E’ il numerosissimo gruppo giovanile, impegnato in una serie variegata di attività, ha costituire però l’indicatore più attendi-
bile del grande lavoro della parrocchia. Proprio il coinvolgimento dei ragazzi del quartiere da la possibilità ai residenti di godere di servizi importanti e soprattutto low coast, come quello della colonia estiva per i bambini dai 3 ai 10 anni, con i giovani che si occupano dei bambini sotto il coordinamento dell’altrettanto giovane don Fabrizio Cavone. Di rilevante importanza anche il lavoro svolto dalle associazioni che operano nel quartiere. Oltre all’organizzazione di eventi e dibattiti, a disposizione dei residenti c’è anche il sito Q4Q5. it, un portale dove segnalare problemi e disservizi, che fino ad oggi è stato di grande aiuto per l’intervento e la risoluzione di molte problematiche che interessavano la zona. La chiesa di San Luca
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I progetti futuri per migliorare Come detto in premessa non occorre molto a Nuova Latina e Nascosa per compiere il salto di qualità che è nelle corde dei due quartieri. Amministratori e residenti devono fare la loro parte in piena sinergia, i primi rispondendo alle esigenze della comunità, i secondi cominciando a rispettare e tutelare di più il luogo nel quale vivono. Il primo banco di prova importante sarà il progetto di raccolta differenziata porta a porta dei rifiuti, che prevede nei prossimi mesi la distribuzione in ogni condominio dei due quartieri degli appositi contenitori. L’affidamento del servizio da parte della Latina Ambiente è già stato espletato con i ritardi dell’avvio del progetto dovuti proprio ai problemi interni alla partecipata, comunque in via di risoluzione. A questo importantissimo servizio, che eliminerà le pattumiere dalle strade, vanno aggiunti quelli delle isole itineranti e di pulizia dei parchi degli automobilisti ai quali è stata ritirata la patente per guida in stato di ubriachezza (già attivi) e il progetto smart park, per la supervisione delle aree verdi. Il Q4Q5 Express è l’esempio di come i trasporti pubblici possono essere calibrati anche in base alle esigenze di un
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quartiere molto popoloso e distante dai servizi del centro. Anche le altre linee andrebbero potenziate però. La sicurezza urbana: la zona è sempre oggetto di furti e rapine e la presenza delle forze dell’ordine è sempre più rada, soprattutto dopo la chiusura dell’ufficio decentrato della polizia municipale di Via Peri. La rotatoria sulla Pontina, un intervento infrastrutturale fondamentale per collegare i due quartieri alla città. Il semaforo a raso ad oggi presente, oltre
a creare interminabili code, non garantisce comunque la sicurezza sia di automobilisti che pedoni. Annunciata più volte, in ultimo sotto il periodo commissariale dell’amministrazione, l’importante opera sembra essere caduta nel dimenticatoio. Proprio nei giorni scorsi, il consigliere regionale Forte si è impegnato a raccogliere i vari appelli arrivati negli anni da residenti, amministratori locali e consiglieri comunali, impegnandosi per il rilancio del progetto sia presso la Regione Lazio che presso l’Astral.
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I fischi del mestiere Per Gavillucci il sogno raggiunto della massima serie
Quasi vent’anni fa un giovane ragazzo, come succede a tanti altri, prova l’esperienza di arbitro. Molti scelgono questo delicato ruolo solamente per avere la possibilità di entrare gratis allo stadio per vedere la propria squadra del cuore o per racimolare qualche soldo all’apparenza comodo, per altri è una vera e propria vocazione. Lui, Claudio Gavillucci della sezione AIA di Latina, fa parte della seconda categoria di persone. E i risultati sono qui a dimostrarlo: vent’anni dopo quel giovane ragazzo diventato ormai un uomo calca i campionati di serie A e B. Al suo fischietto Domenico Messina, responsabile della categoria, affida le partite più importanti e delicate della serie B: per citarne una ad inizio stagione l’arbitro pontino ha diretto Palermo – Empoli quando ancora Gennaro Gattuso era l’allenatore dei rosanero. Poi diverse apparizioni in massima serie come addizionale, i cosiddetti arbitri di porta, con la soddisfazione finora unica di aver arbitrato sul finire dello scorso campionato, precisamente il 27 Aprile, Atalanta – Bologna. A distanza di qualche tempo i ricordi e le emozioni sono ancora freschi nella sua mente e Claudio li rivive con naturalezza: “è stato un insieme di gioia, emozioni, adrenalina pura che come in ogni esordio fatto nelle varie catego-
rie sono svaniti al momento del fischio d’inizio. In quei 30 secondi che passano dall’uscita del tunnel per arrivare al centro del campo ti passa davanti tutta la tua carriera: i sacrifici, le rinunce, le soddisfazioni e le gioie che insieme ai miei familiari presenti in tribuna ho affrontato durante la mia avventura per arrivare fino a quel momento unico ed irripetibile”. Un lungo percorso fatto di tappe e di gradini da scalare per giungere sempre più in alto: dai campi di periferia della provincia passando per i vari stadi italiani a dirigere nei campionati dilettantistici ed in lega Pro. Il battesimo in serie A visto come un punto di partenza che stimola a fare sempre meglio per cercare di migliorarsi ancora: “raggiunto un traguardo bisogna sempre puntarne un altro. Sono sempre stato abituato a fare così e fino a quando ne avrò la possibilità cercherò di raggiungere l’obiettivo più in alto. Sono cresciuto in una realtà popolare dove giocare a calcio in strada sognando di essere a San Siro o all’Olimpico era il massimo del divertimento. Oggi il sogno si è avverato e questo mi spinge a lavorare ancora con maggiore determinazione, impegno e sacrificio. Il prossimo step è sicuramente essere promosso in pianta stabile nell’organico degli arbitri di serie A, e non solo per una mia soddisfazione personale, ma anche per quella di questa splendida città che adoro, a cui devo tanto e che sta dimostrando di meritare su tutti i fronti sportivi di raggiungere i massimi livelli “. Nella realtà italiana il direttore di gara è sempre al centro dell’attenzione, come si vive questa pressione fuori dal campo: “bisogna mantenere sempre grande equilibrio, saper accettare critiche e giudizi di giornali e tifosi con tranquillità è il modo giusto per andare avanti, ma con la consapevolezza di capire le cause degli eventuali errori fatti in campo, correggerli ed evitarli la volta successiva ”. 10.2013 | NUMERO ZERO | 99
Il
Praticità ed eleganza nelle scelte dell’abbigliamento invernale dei più piccoli
babylookper i
mesi freddi I consigli dei negozianti di settore per riempire al meglio il guardaroba dei bambini
L
a stagione fredda è alle porte e anche se le temperature sono ancora piuttosto gradevoli non possiamo far a meno di fermarci a guardare le vetrine dei negozi che ci svelano tutte le novità dell’abbigliamento pesante Scegliere per noi è già un’impresa non troppo facile, figuriamoci pensare al guardaroba dei nostri figli! Che siano bebè, kids o teenager ci daranno del filo da torcere durante la ricerca dei look più utili ed appropriati. E’ bene, dunque, armarsi di santa pazienza e partire dal principio, cioè il cambio di stagione negli armadi delle loro camerette aprendo i bauli dei capi
di stefania pusterla
conservati dallo scorso anno, farglieli provare, accorgersi che ormai in quasi tutti la testa non entra e le gambe spuntano troppo, salvare il salvabile e fare una lista di ciò che andrà nuovamente acquistato. E’ ora dello shopping, ma per renderlo un momento di condivisione con i figli piacevole e speciale e non tornare a casa con sacchetti pieni di cose inutili o inadatte abbiamo chiesto ai negozianti della città esperti nel settore di regalarci i loro consigli e suggerimenti. Sveliamo il primo arcano: la taglia. In genere i cartellini riportano due nume-
ri: gli anni e i centimetri di altezza. Il valore da tenere in considerazione è il secondo. Certo, perché non è detto che tutti i bambini della stessa età siano alti uguali. Scegliamo, allora, la lunghezza più vicina a quella del nostro bambino e consideriamo che quel capo è adatto a partire da quei centimetri fino a quelli della taglia successiva. E’ sconsigliato scegliere una misura troppo giusta, primo perché il bambino deve sentirsi comodo ed avere molta facilità nei movimenti e secondo perché cresce così in fretta che rischiamo di non arrivare nemmeno alla fine della
stagione. Ma attenzione: una misura troppo abbondante lo farebbe sembrare goffo e impacciato, dunque, meglio non esagerare. Per quanto riguarda i tessuti è sempre meglio optare per fibre e filati naturali come lana e caldo cotone o per i nuovi materiali ultra tecnologici che garantiscono la morbidezza, l’elasticità e la traspirazione. No ai sintetici che si caricano di elettrostaticità, fanno sudare assumendo un cattivo odore e al primo lavaggio perdono forma e consistenza. Controllatene anche la provenienza e preferite sempre il made in Italy. E’ importante stare attenti alla qualità, specialmente nella scelta delle scarpine, che devono essere resistenti e rispettare l’anatomia del piede del bambino, e dei giubbotti che devono garantire impermeabilità, sicurezza e calore. Ma quanto dobbiamo coprirli? A volte l’apprensione e l’eccesso di capi pesanti addosso causano più malanni dell’aria fredda. Dobbiamo pensare che nostro figlio non è più sensibile di noi alle basse temperature, anzi, dal momento che è sempre in
movimento, meglio non imbacuccarlo troppo o lo faremo sudare e il raffreddore sarà assicurato. Vestiamolo con il classico metodo a “cipolla” per togliere o aggiungere strati a seconda dell’ambiente dove è e copriamolo bene all’ aperto con sciarpa, guanti e cappellino per proteggere le estremità dal vento. Questa regola vale anche per i neonati. Nonostante sia istintivo pensare che siano più suscettibili al freddo rispetto ai più grandi, in realtà è vero solo nei primi giorni di vita, giorni che solitamente si passano in ospedale. Dopo tale periodo il bebè è in grado di mantenere la sua temperatura corporea costante come un adulto e anche se spesso le manine ed i piedini sono freddi in realtà questo non è indice della sua reale temperatura, è una sua caratteristica naturale. Le parole d’ordine per il vestiario dei piccoli sono: praticità e comodità. Di giorno vanno a scuola, poi frequentano i corsi e soprattutto giocano; ecco perché non dobbiamo renderli schiavi di ciò che indossano ma far si che si trovino a loro agio e che a noi non venga un colpo quando li vediamo buttarsi per terra al parco. Meglio optare per graziosi
ma facili abiti casual e di poche pretese economiche per tutti i giorni e limitare il glamour e l’ eleganza alle occasioni speciali. Si potrà cercare di mixare capi di più alta qualità e di estetica piacevole che non devono essere per forza all’ultimo grido, a completi più low cost da sfruttare tutti i giorni. Dividete quindi l’armadio del bambino o della bambina in sezioni ben precise, studiate bene più look per la scuola, altrettanti per il tempo libero e due o tre più ricercati ed eleganti per le feste, saranno sufficienti. Meglio poco ma ben scelto, che tanti capi abbinati alla rinfusa. e lo stile chi lo sceglie? Al giorno d’oggi anche i più piccini fanno valere con forza i loro gusti e le loro opinioni. Preferiscono le stampe con i loro beniamini dei cartoni animati, le femminucce adorano agghindarsi con lustrini e paillettes e i teenagers sono già fashion victims. E’ giusto rispettare i loro pareri ed esaltare le loro diverse personalità, ma è anche importantissimo guidarli, consigliarli e far in modo che la loro immagine sia sempre coerente con la loro età. In fondo per diventare adulti c’è sempre tempo.
1 - Piumino con cappuccio bordato di eco pelliccia. CATIMINI. 2 - Abitino in maglia con balza e fiocco in chiffon. VIA ELISA UNA STORIA ITALIANA. 3 - Giacchina in tessuto stile astrakan. I-DO. 4 - Sciarpa e cuffietta in lana. I-DO. 5 - Felpa fullzip in jersone 100% cotone, t-shirt in caldo cotone con stampa, pantaloni camouflage URBAN STYLE BY I-DO. 6 - Pashmina colorate I-DO e SARABANDA. Da 3 a 16 anni
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7 - Abito in cotone e tulle ricamato e leggins con bande laterali di strass MONNALISA. 8 - Pelliccia di lapin con interno maculato reversibile MONNALISA. 9 - Scarpine in vernice BIKKEMBERGS Taglie da 0 a 24 mesi 10 - Camicia con papillon e cardigan ASTON MARTIN. Jeans SPIT FIRE. 11 - Sneaker CULT. 12 - Polacchini BIKKEMBERGS. 13 - Giubbotto in panno con piumino all’ interno SPIT FIRE Taglie da 2 a 16 anni NIFÙ NIFÀ LATINA Via Duce del Mare, 69 Tel. 0773.473178
Mini occhiali: moda e salute Fino a non molti anni fa pochissimi bambini in età prescolare indossavano gli occhiali così ci si accorgeva dei problemi alla vista dei piccoli solo con l’arrivo sui banchi di scuola, anche se in qualche caso era troppo tardi per poter intervenire in maniera efficace su organi ormai del tutto formati. L’occhio di un bimbo è infatti molto “malleabile” fino ai 5 anni; dopo, ogni intervento correttivo perde efficacia. Fortunatamente oggi è aumentata la sensibilità di molti genitori verso una perfetta efficienza visiva dei figli che vengono sottoposti a controlli e visite precocemente. I 3 anni rappresentano l’età giusta per un primo controllo oculistico, in seguito al quale il bambino dovrà o no, mettere gli occhiali . Una buona osservazione, inoltre, può aiutare a capire se il bimbo ha qualche carenza di diottrie; è importante osservarlo quando legge, una lettura con la testa inclinata o con lo sguardo stretto possono essere sinonimi di
qualche problema di vista. Per quelli da sole invece, da indossare anche senza prescrizione medica, il consiglio è di acquistarli dall’ottico perchè hanno lenti protettive anti UV certificate. La moda per i più piccoli ricalca lo stile dei grandi: Italia Independent, il brand di Lapo Elkann che ha spopolato con una collezione di occhiali originale e di tendenza, ha pensato ai bambini riproponendo i modelli cult, velluto e colori sgargianti, in versione mini. Anche Ray-Ban, un classico sempre attuale, propone una linea di montature da sole e da vista di impatto per i bimbi.
Occhiale tecnico in titanio che lascia scoperto il viso. È snodabile, un unico pezzo senza saldature e pesa solo 3 g. LINDBRG
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un diavoletto per capello Andare dal parrucchiere con i propri figli può essere un incubo per la maggior parte delle mamme. Che siano loro a farsi belle o, peggio ancora, i piccoli a doversi tagliare le chiome, la paura e la noia creano momenti davvero spiacevoli. A risolvere questo problema a Latina ci ha pensato Nenes. Nato da un’idea americana, è il primo coiffeur in Italia completamente a misura di bambino. L’obiettivo che si pone è, prima di tutto, quello di sconfiggere la paura che il bimbo ha nei confronti di un’estraneo armato di forbice che lo costringerà all’immobilità per almeno dieci minuti buoni, attraverso piccoli passi che porteranno all’instaurazione di un rapporto di fiducia tra acconciatore e cliente, mille distrazioni e tanta pazienza.
Il divertimento comincia in sala d’attesa o sarebbe meglio chiamarla ludoteca visto che è piena di giochi, seggioline, tavolini, e tutto l’ occorrente per disegnare. Qui si aspetta o il proprio turno o che il genitore faccia il suo trattamento. Quando ci si siede in postazione taglio, poi, si può scegliere di salire a bordo di una macchinina o di un’aeroplanino e, come per magia, nello specchio di fronte apparirà uno schermo tv con dvd e videogiochi. Allora al via i tagli più di tendenza: per i maschi mini creste e rasature laterali decorate con strisce stile Balotelli e El Shaarawy, e per le femminucce nessuna via di mezzo: o corti asimmetrici o lunghissimi come Rapunzel anche a costo di ricorrere alle extention colorate.
Per le bimbe di tutte le età vanitose e attente al look si organizzano “beauty party” durante i quali saranno pettinate, truccate e dotate di nails art. Potranno agghindarsi con svariati accessori scintillanti ed essere, così, pronte per affrontare una vera sfilata con tanto di fotografo! … Piccole top crescono… parruCCHiere nenes LATINA Via Villafranca, 6
modagioco
Grande successo della prima edizione di “A Spasso con Mamma”
Quando la si mette in La 1^ edizione di “A Spasso con Mamma” è proprio il caso di dirlo è stata un grande successo in termini di presenze e non solo. Le organizzatrici non hanno lasciato nulla al caso e gli ospiti non hanno avuto un momento di noia dato il susseguirsi di tanti momenti di intrattenimento che hanno visto protagonisti grandi e piccini. La serata ha avuto inizio con il defilé delle mamme e i loro bambini che, con molta ironia, si sono prestati a fare da modelli sfilando la collezione autunno/inverno di Nifù Nifà abbigliamento per bambini e Idea di Pina Sorrentino che ha curato l’outfit delle mamme. Il negozio di abbigliamento uomo “Arnaldo Grechi” ha curato l’uscita a sorpresa dei papà. Tra i flash del fotografo Pierangelo De Persio, i caldi applausi del pubblico, le strabilianti luci di e-venti12 multimedia group nonché gli allestimenti ad opera di Stella Party, sembrava di stare in una vera e propria sfilata e ciò anche grazie al prezioso contributo di Kalì Parrucchieri e Carmine Aversano che hanno reso le mamme delle vere top model!! La festa, perché di ciò si è trattato, come spiegano le organizzatrici Ilaria e Monica della MONILA CONTRO CORRENTE EVENTI e Alessia, in arte ACCIPICCHIA, che ha collaborato alla realizzazione della serata, ha visto come protagonista l’intera famiglia deliziata dalla buona musica di Barbara Sorrisi che si è dimostrata anche una bravissima presentatrice e dall’ottima cucina dell’agriturismo L’Ovile. La parola chiave per spiegare questo evento è “originalità”, infatti ai bambini è stata dedicata una esclusiva attività di animazione grazie a Emanuele Serafini “Dipingi con l’Artista” con il quale i picco-
li si sono cimentati a diventare dei piccoli pittori. Emanuele, artista eclettico originario di Sora che si occupa di ristrutturazione del quotidiano mediante l’utilizzo di differenti linguaggi che spaziano da una pratica prettamente comunicativorelazionale, alla performance, al video, alla fotografia e al disegno, spiega come ha iniziato a lavorare con i bambini: “ho iniziato per gioco tre anni fa, ero a Pescasseroli a dipingere in piazza, finché una mattina si avvicina una bimba accompagnata dalla nonna, mi chiesero se potevo far dipingere la bimba. Dopo un paio di giorni mi ero organizzato per fare un piccolo corso di pittura con una modalità fresca, e veloce. E’ nato tutto quasi per caso, quella è stata la prima bimba che ho fatto dipingere.” Un grande in bocca al lupo al giovane artista che il 12 Ottobre a Bucarest, in Romania, presso la Citadella Art Gallery vedrà la sua prima personale. Perciò sia i bambini che le mamme, nonne, zie hanno potuto portare a casa un ricordo, i piccoli la tela da loro dipinta, le signore le spille fatte a mano con prodotti rigorosamente naturali realizzate dalle mani d’oro di Accipicchia e donate da MONILA CONTRO CORRENTE EVENTI. Le padrone di casa, Ilaria e Monica, spiegano come mai hanno scelto il nome di MONILA CONTRO CORRENTE EVENTI “vorremmo distinguerci dalle altre organizzazioni di eventi, proponendoci
Un evento a dimensione familiare con i bambini grandi protagonisti
di creare momenti low cost ma chic, i cui protagonisti siano esclusivamente i partecipanti, come è avvenuto in questa serata, durante la quale abbiamo voluto dedicare loro un piccolo regalo per ringraziarli della loro preziosa presenza”. Ma il regalo da parte della organizzazione dell’evento non è stato il solo che i partecipanti hanno portato a casa, infatti, ogni invitato ha trovato sul proprio tavolo il sacchetto dello “Shopping con Mamma” per uno shopping consapevole, composto da una serie di offerte e sconti appositamente pensati da diversi negozi di Latina. La serata si è conclusa con una divertente lotteria in favore del Centro Italiano Femminile – Alessia e i suoi angeli – ass. ne Matteo Fabrizio. Fortunati gli 8 vincitori della lotteria che si sono aggiudicati un foulard offerto da “Idea”, due buoni messi a disposizione da Nifù Nifà e Arnaldo Grechi, una cinta uomo e una donna regalati dal negozio di calzature “Shoes”, un gioco da tavola di “Giochiamo”, un orologio da bambino della Gioielleria Fabrizio, un simpatico elefante ferma porta offerto da Mentelocale e, infine, una graziosa pianta del vivaio Dionigi. Insomma non rimane altro che attendere la prossima edizione. Nel frattempo, Ilaria, Monica, Alessia e i negozi partecipanti ringraziano tutte le famiglie per aver preso parte a questa fantastica festa e aver giocato alla moda con loro!!!
Chocoday, un “dolce evento” da non perdere
Ingresso area Chocoday Si rinnova l’appuntamento con il CHOCODAY – La Festa del Cioccolato. L’evento, giunto ormai alla 6’ edizione, si svolgerà il 13 Ottobre a Norma presso il museo del cioccolato “Antica Norba”. Per tutti i visitatori la possibilità di passare una piacevole giornata in un posto dove il cioccolato è l’elemento
dotto esclusivamente ottenuto con l’utilizzo di burro e massa di cacao, senza grassi e oli vegetali aggiunti. Il buon cioccolato deve essere privo di organismi geneticamente modificati, non implicare lo sfruttamento della manodopera minorile e garantire la giusta remunerazione al produttore di cacao e ad ogni altro soggetto impegnato nella filiera produttiva. Il Chocoday inizierà alle 9:00 con l’apertura dei vari stands presenti all’interno della struttura e proseguirà fino alla sera con una serie di iniziative che coinvolgeranno tutti i visitatori. Anche quest’anno sarà possibile, su prenotazione, effettuare una visita guidata all’interno della moderna fabbrica del cioccolato “Antica Norba”. La manifestazione prevede anche la visita GRATUITA al Museo del Cioccolato dove ad ogni visitatore sarà offerta una degustazione gratuita del “Cibo degli Dei” direttamente dalla “Fonte del Cioccolato” dove il cioccolato sgorga caldo e profumato. Nel Museo vengono illustrate le origini, la storia e la diffusione della pianta di cacao. Sono presenti strumenti Maya, alcune indicazioni sulla piantagione di Cacao, confezioni e pubblicità del primo novecento e anche un’antica fabbrica di Cioccolato completamente ricostruita con macchinari originali. Inoltre nella sala video verranno proiettate interessanti notizie sulla lavorazione del cioccolato. Durante la giornata verranno anche presentati i nuovi prodotti dietetici senza glutine. Nello stand gastronomico sarà possibile pranzare e cenare con piatti tipici. Un “Dolce Evento” da non perdere!
che si prende e cattura la scena, conquista i più piccoli che non riescono a frenare il loro entusiasmo davanti a tanta bontà arrivando ai più grandi che rimangono a loro volta ammirati nella stessa maniera. L’idea di dedicare una giornata al cioccolato nasce per celebrare e promuovere il buon cioccolato, cioè il proMastri cioccolatieri distribuiscono dolcetti a base di cioccolato. A destra una dimostrazione di lavorazione del cioccolato.
Per maggiori informazioni www.museodelcioccolato.com info@museodelcioccolato.com Tel. 0773.354548
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Le onde d’urto in ortopedia
- nelle patologie tendinee o nelle patologie da sovraccarico, in particolare nelle tendinopatie croniche resistenti ad altre terapie, con una chiara e circoscritta localizzazione anatomo-funzionale; ad esempio nelle classiche epicondiliti (tennis elbow), nelle sofferenze del tendine d’achille, nella tendinopatia calcifica di spalla, nelle fasciti plantari associate o meno a spina calcaneale. CONTROINDICAZIONI: Non possono essere utilizzate in caso di infezioni ossee, sulle cartilagini di accrescimento e nei disordini della coagulazione. Inoltre vi sono delle controindicazioni relative come nel caso di tumori ossei, in caso di gravidanza e nei portatori di pace-maker. Altra controindicazione relativa è rappresentata da infiltrazioni cortisoniche recenti, poiché queste possono alterare la risposta dei tessuti e ridurre significativamente l’effetto biologico cellulare conseguente alla terapia. Particolare attenzione deve essere posta ai possibili effetti indesiderati sui tessuti nervosi e vascolari, che possono venire danneggiati dal trattamento stesso. La terapia ad onde d’urto non deve essere quindi utilizzata a livello della colonna vertebrale, del cranio e del torace.
Il trattamento con onde d’urto è stato introdotto in medicina già negli anni ’80 e utilizzato nel trattamento della calcolosi renale. Le onde d’urto venivano, e vengono, in questo caso sfruttate per le loro caratteristiche fisiche finalizzate alla frantumazione del calcolo. Da queste esperienze si passa all’uso sperimentale delle onde d’urto nella stimolazione dei monconi ossei. Nel 1986 vengono avviati i primi esperimenti sulle ossa di animali, e successivamente tale metodica viene applicata nella Osteogenesis Stimulated Shockwave Application (O.S.S.A.) per il trattamento delle patologie ossee in caso di mancata riparazione delle fratture (pseudoartrosi). Nel 1991 viene presentata la prima apparecchiatura dedicata a questo trattamento e da allora si è registrato un rapido sviluppo della “Extracorporeal ShockWave Therapy (E.S.W.T.)” utilizzata anche in altri ambiti terapeutici: dapprima nelle calcificazioni intramuscolari, e successivamente nelle patologie inserzionali tendinee. Dalla sperimentazione si è passati recentemente all’utilizzo pratico di questa metodica sfruttando le potenzialità specifiche degli ef-
fetti delle onde d’urto: • a livello del passaggio osteo-tendineo, • a livello delle calcificazioni intramuscolari, • a livello delle discontinuità ossee nelle patologie di mancata saldatura dei monconi ossei. La traduzione pratica si è quindi rivelata di grande interesse nella patologia muscoloscheletrica in tre specifici ambiti di intervento: - nel ripristino dei processi di riparazione ossea ove si registri un ritardo di consolidazione o una evidente pseudoartrosi; tali situazioni sono relativamente frequenti nelle fratture di tibia o di femore, nelle fratture ulnari e soprattutto a carico dello scafoide carpale. - nel caso di esiti fibrotici e/o calcifici delle lesioni muscolari, quali strappi e lesioni da schiacciamento o da taglio; in tutte quelle situazioni in cui si verifica un versamento ematico è facile la formazione di raccolte inframuscolari che possono organizzarsi e risolversi con un residuo cicatriziale e/o calcifico di difficile trattamento. Tali evoluzioni patologiche possono verificarsi anche in caso di interventi chirurgici ed in particolare di re-interventi.
DOLORABILITA’ LOCALE Bisogna ricordare che il trattamento può essere doloroso a livello del sito di applicazione, in alcuni casi, soprattutto a seconda del tessuto e la zona da trattare è consigliabile eseguire una piccolo anestesia locale. Comunque nel post-trattamento è consigliabile utilizzare il ghiaccio come antidolorifico e in rari casi qualche compressa di antinfiammatorio. RISULTATI In generale, per ciò che si evince dalla letteratura scientifica internazionale, i risultati di tale trattamento, con 3-5 sedute, sono intorno all’85% di soddisfacenza
Dott. Gianluca Martini Specialista ortopedico
LATINA Largo Cirri, 10 Tel. 0773/600733 DOGANELLA DI NINFA Via corana, 2 - Tel. 06/97625694 VALMONTONE - Via Kennedy snc Tel. 06/9596699
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ZENZERO
Rubrica di cucina di PASQUALE DE ROSA
Un tortino per tutti i palati Una golosa tentazione per gli amanti del dolce Se siete tra gli amanti del cioccolato saprete che Ottobre è il suo mese. In questo periodo lungo tutto lo stivale ci sono fiere e degustazioni di vario genere dedicate al cosiddetto“ cibo degli dei”: dolce, amaro, bianco, fondente, al latte, solido, morbido, proposto in tantissime varianti rimane tra i pochi piaceri ai quali è sempre difficile rinunciarvi. In questo numero non potevamo esimerci dal presentarvi una ricetta a base di cioccolato e con il nostro chef Mario, proprietario dell’Olimpo della Birra, abbiamo puntato sul tortino al cioccolato con cuore caldo.
Tortino al cioccolato con cuore caldo Ingredienti per quattro tortini 200 ml panna fresca liquida 200 gr cioccolato fondente 20 gr farina 00 30 gr zucchero semolato 2 uova zucchero a velo
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E’ un dolce monoporzione pratico e sfizioso: il suo ripieno ne rappresenta l’essenza stessa, il suo sapore è una golosa tentazione alla quale è difficile resistere. Il segreto della sua riuscita sta nella cottura, facile e veloce da realizzare è un dolce che può essere preparato in anticipo e cotto al momento.
Sbattete le uova con lo zucchero. A parte portate a bollore la panna e scioglietevi dentro il cioccolato. Unite alle uova sbattute in precedenza ed infine la farina setacciata. Versate negli stampini precedentemente imburrati e infarinati. Cuocere in forno alto (circa 200 gradi) per circa 5 minuti. Servite caldo cosparso di zucchero a velo. Si consiglia l’abbinamento con il vino Elisir Gambrinus.
ZERO TITULI
Sport e tempo libero di PASQUALE DE ROSA
Latina, i benefici della cura Breda Contro il Brescia di Gigi Maifredi è arrivata la prima storica vittoria in serie B Il sabato da leoni è finalmente arrivato: dopo sei appuntamenti andati a vuoto (due sconfitte e quattro pareggi) il 28 Settembre 2013 il Latina ha centrato la sua prima storica vittoria in serie B. A farne le spese una big della categoria, il Brescia, che si è presentato malconcio dinanzi ai 5000 del “Domenico Francioni” e ne è uscito con le ossa rotta. Morrone e Jonathas sono stati i giustizieri delle rondinelle, i nerazzurri hanno conquistato il successo pieno a conclusione di una prestazione convincente sul piano della determinazione e del gioco. La cura Breda ha funzionato da subito e lo scetticismo iniziale dovuto al suo arrivo in qualche modo inaspettato, mentre si rincorrevano in città e tra i media locali e nazionali voci di nomi sicuramente più blasonati dopo la cacciata di Auteri, sta lentamente svanendo tra gli addetti ai lavori facendo spazio ad una consapevolezza confortata dai numeri che nel calcio contano sempre qualcosa. Dopo il ko interno con il Varese Gaetano Auteri è stato allontanato e Roberto Breda ha preso la guida della squadra con grande umiltà ottenendo tre pareggi di fila e la già citata vittoria con il Brescia in un settembre che ha risollevato nelle gambe e nella testa i nerazzurri. Senza fronzoli e badando molto alla concretezza il Latina si è accontentato a Cittadella, all’esordio stagionale del tecnico, e a Padova, ci ha provato con il Lanciano senza avere grossa fortuna ed ha raccolto meritatamente il bottino pieno con il Brescia. Il tecnico trevigiano non ha ridisegnato la squadra tatticamente, ha effettuato solo qualche accorgimento essenziale per garantire maggiore equilibrio tra i reparti e non consegnarsi nelle mani dell’avversario nei momenti topici delle gare. Soprat110 | NUMERO ZERO | 10.2013
Morrone esulta dopo il gol con il Brescia
tutto nell’ambiente ha riportato quella tranquillità necessaria in un gruppo che ne aveva assolutamente bisogno in quel momento. Per affrontare un campionato lungo e logorante come quello cadetto c’è bisogno di equilibrio nei risultati e nei giudizi: Roberto Breda lo ha capito immediatamente e anche muovere la classifica un piccolo passo alla volta ha garantito ai suoi ragazzi quel beneficio mentale che può rap-
presentare la vera scossa positiva per il campionato nerazzurro. D’altronde il pubblico non ha mai abbandonato la squadra e la media di 4500 presenze del “Francioni” ne è la testimonianza viva di una città che vuole accompagnare i giocatori verso la salvezza. Per questo nelle partite interne contro Modena e Reggina ci aspettiamo uno stadio gremito sopra la media registrata finora, per vivere altre giornate da leoni.
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Film e libri del mese di STEFANIA PUSTERLA
Il cinema delle icone Arrivano sul grande schermo le vite di Lady D e Steve Jobs DIANA-LA STORIA SEGRETA DI LADY D. In programmazione dal 3 Ottobre è il primo vero biopic sulla principessa e si propone di raccontare i due anni d’amore con Dodi Fayed cominciati durante il divorzio dal principe Carlo e conclusi con il tragico incidente mortale dei due. Ad interpretarla sarà la bravissima Naomi Watts. Il 17 sarà la volta di Ashton Kutcher nei panni di STEVE JOBS; l’omonimo film racconterà la sua giovinezza prima di diventare un colosso dell’industria informatica del ventunesimo secolo. Sempre il 17 tornerà con il suo nuovo film Rocco Papaleo. UNA PICCOLA IMPRESA MERIDIONALE è una frizzante e coinvolgente commedia di equivoci che vede protagonista al fianco dello stesso Papaleo, Riccardo Scamarcio.
GLI ALTRI TITOLI DEL MESE GRAVITY Catastrofico film di fantascienza con Sandra Bullock e George Clooney. IL CACCIATORE DI DONNE Nicolas Cage alle prese con un serial killer che ha terrorizzato l’America. Basato su una storia vera. ANNI FELICI Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti interpretano le vicende amorose di una strampalata famiglia degli anni ’70. CATTIVISSIMO ME 2 Atteso sequel del fortunato film di animazione. ASPIRANTE VEDOVO Lettizzetto e De Luigi nel remake dell’omonima commedia di Risi. COSE NOSTRE-MALAVITA Luc Besson ci propone una storia di mafia interpretata da Robert De Niro e Michel-
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le Pfeiffer. LA PRIMA NEVE Film drammatico che analizza i rapporti umani nati dal dolore. DON JON Commedia romantica sulle scorribande di un Casanova dei nostri giorni. RUNNER RUNNER Film drammatico sul mondo del gioco d’ azzardo online. ENDER’S GAMER Adattamento cinematografico di un romanzo di fantascienza di successo. SOLE A CATINELLE Nuova commedia di Checco Zalone. CAPTAIN PHILLIPS-ATTACCO IN MARE APERTO Film d’azione con protagonista Tom Hanks. SPOTTY IL DINOSAURO Storia di dinosauri animata in 3D.
di PASQUALE DE ROSA
Altro che zero… zero spaccato La macchina del comune parcheggiata sulle strisce pedonali Lo scoop è stato del giornale online Latina24ore.it. Già perché un auto del Comune di Latina, per giunta del servizio ‘Mobilità’, parcheggiata sulle strisce pedonali poco prima dell’uscita di scuola dei bambini del 7°circolo di Via Bachelet, non può non costituire un evento più unico che raro. Si potrebbe dire che a Latina, nella nostra ‘amata’ città, fatti del genere sono ormai all’ordine del giorno, ma noi vogliamo ancora indignarci di fronte a tali spropositate inosservanze! Qualsiasi sia il motivo per il quale il nostro ‘zelante’ impiegato abbia posteggiato l’auto sulle strisce, questo non può essere un’attenuante al gesto compiuto. Stiamo esagerando?! Proprio no, anche perché se una volta preso atto che chi dovrebbe dare
l’esempio, si rende protagonisti di certe ‘leggerezze’, allora converrebbe ad ogni cittadino di buon senso rimasto, di fare fagotto e trasferirsi verso altre mete più civili. In una città dove i pedoni attraversano in diagonale le strade, o quelli che lo fanno sulle strisce vengono schivati e ‘ammoniti’ (… se non maledetti) dagli automobilisti, lasciar passare anche certi atteggiamenti, sarebbe davvero arrendersi all’anarchia ed all’inciviltà. Non sappiamo chi sia e nemmeno vogliamo saperlo, ma il nostro concittadino nonché dipendente comunale, questo mese entra di diritto nella hit parade dei ‘sei uno zero’… anzi considerato che il misfatto lo ha compiuto davanti ad una scuola, un bello zero spaccato non glie lo toglie proprio nessuno!
La scuola di via Bechelet
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COMMA ZERO
Consulenza legale e contabile di PASQUALE DE ROSA
Professionalità e competenza al servizio di aziende e lavoratori Forza sul mercato, specializzazione, reputazione, clienti e strategia commerciale sono le caratteristiche vincenti dello Studio Legale Associato Marchionne & Muzio. Punto di forza del pool di avvocati sono sicuramente tutte le tematiche del diritto del lavoro e comprende sia attività di contenzioso sia supporto stragiudiziale a favore di clienti che siano aziende o lavoratori. In particolare quindi: istituti del licenziamento nelle varie forme che l’ordinamento giuridico italiano consente al datore di lavoro di adottare (quali ad es., il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, soggettivo, disciplinare, per giusta causa), della impugnativa dello stesso, della retribuzione del lavoratore, dei rapporti di lavoro privati e della pubblica amministrazione; alla gestione del personale dipendente e non: con particolare riferimento al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro nei confronti del proprio prestatore di lavoro nell’ambito dell’attività di impresa. Assiste le società nell’ambito di procedure per licenziamento collettivo e di trasferimento d’azienda, approfondendo la conoscenza degli ammortizzatori sociali, quali la cassa integrazione guadagni. Si occupa di diritti e rapporti sindacali all’interno dell’azienda e nei luoghi di lavoro, intrattenendo relazioni con delegati delle organizzazioni sindacali rappresentative nel territorio nazionale. Ha avuto modo di approfondire la struttura degli enti bilaterali con particolare riferimento alla mutualizzazione degli obblighi retributivi, alla formazione professionale, alla sicurezza del lavoro alla lotta alle discriminazioni ed alle pre114 | NUMERO ZERO | 10.2013
stazioni previdenziali e assistenziali. E’ stato studio fiduciario del Patronato EPAS – Ente di Patronato e di Assistenza Sociale, con particolare riferimento alla assistenza e tutela legale utile al riconoscimento dei trattamenti pensionistici di invalidità delle persone ipovedenti. Inoltre: - diritto civile e societario, svolge attività di consulenza ed assistenza giuridica in favore di società e di associazioni non riconosciute, onlus; è impegnato in attività stragiudiziale inerente le problematiche aziendali connesse al governo dell’impresa (governance, codici etici), - diritto assicurativo, svolge attività di assistenza e consulenza con riferimento ai contratti di assicurazioni, ai rapporti agenziali. - arbitrati, rituali ed irrituali, per il rilievo della figura dell’Arbitro d’Equità e di Diritto. Alla luce della recente disciplina della mediazione, lo Studio annovera, all’interno della propria struttura, anche la figura del mediatore professionista, iscritto all’albo dei mediatori - diritto amministrativo e disciplinare del lavoro dei pubblici dipendenti per enti del parastato aventi come attività statutaria il controllo delle libere professioni; per enti locali, organizzazioni non governative, società che hanno rapporti con enti locali in relazione ad appalti di servizi, occupandosi altresì dell’ordinamento economico degli enti locali.
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Il Nostro servizio legale è finalizzato al risultato che l’azienda e il lavoratore si prefigge e non alla lungaggine