Architetti catanzaro 01 2014

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Poste Italiane - Spedizione in A.P. Tabella D - Autorizzazione S/CZ/67/2009 Valida dal 30/07/2009 - Distribuzione Gratuita

RIVISTA SEMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI CATANZARO

architetticatanzaro


AC - ArchitettiCatanzaro Rivista Bimestrale dell’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Catanzaro Anno IV - n. 01 aprile 2014 direttore responsabile Arch. Giuseppe Macrì redazione:

Arch. Francesca Savari

Arch. Jole Tropeano

Arch. Junior Francesco Materazzo in collaborazione con: Accademia di Belle Arti di Catanzaro hanno collaborato in questo numero: Arch. Francesco Pirroncello Arch. Maria Rosa Agresta Arch. Andrea Lonetti Arch. Silvia Aloisio Arch. Giovanni Laganà Arch. Marisa Raffaela Gigliotti Arch. Mario Amelio Arch. Domenico Conaci Arch. Salvatore Taverniti I Professionisti del Lab. Bioarchitettura Santo Rizzuto - Poligonilab Accademia di Belle Arti di Catanzaro progetto grafico e impaginazione Graziella Pittelli stampa SudGrafica - Davoli Marina (CZ)

012014 OAPPC Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Catanzaro Via Paparo, 13 88100 (Catanzaro) segreteria Angela Calabretta Costantina Talarico Tel. 0961 741120 Fax 0961 743493 registrazione al tribunale di Catanzaro n. 130 del 12/06/2002 www.archicz.it info@archicz.it in copertina Logo vincitore del concorso Genius Logo di Santo Rizzuto - poligonilab Consiglio dell’Ordine: Giuseppe Macrì Presidente Andrea Lonetti Vice Presidente Silvia Aloisio Vice Presidente Eros Corapi Segretario Pino La Scala Tesoriere Salvatore Aiello Consigliere Giuseppe Giampà Consigliere Francesca Savari Consigliere Jole Tropeano Consigliere Biagio Cantisani Consigliere Francesco Materazzo Consigliere Arch. Junior Chiunque volesse collaborare con noi può inviare materiale e foto all’indirizzo e mail: info@archicz.it


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SALUTI DEL PRESIDENTE CONCORSI

- Riorganizzazione funzionale di Puerta del Sol - Andrea Lonetti - Una piazza per Madrid - Giovanni Laganà

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- Genius Logo - Santo Rizzuto

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ARSARTIS a cura dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro

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CONTEMPORANEAMENTE

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TERRITORIALMENTE

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- Navigando con Renzo Piano - Silvia Aloisio

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- Ricominciare… dallo spazio - Anna Russo - Arte senza barriere - Luca Pietro Vasta - Nuovi spazi, nuove costruzioni - Simona Caramia

- Gae Aulenti. “Solo per differenza si capiscono le cose” - Maria Rosa Agresta - Intervista a Francesco Pirroncello

GOODESIGNEWS

Notizie dal mondo del design Italia e Europa - Salvatore Taverniti e Claudio De Filippi

GENIUSLOCI - Identità-Genius Loci - Marisa Raffaela Gigliotti

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BIOARCHITETTURA

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ARCHI_JUNIOR a cura di Francesco Materazzo

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DIARIODIBORDO

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- Conferenza degli Ordini 14-15 Marzo, Padova - Silvia Aloisio

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TIMELINE a cura di Francesca Savari

- Progettazione Sostenibile e Rigenerazione Urbana nella Piana Lametina - Professioni tecniche di serie “A” e di serie “B”

- San Paolo - Domenico Conaci

ARCHIBOOK

- Paralleli minimi - Mario Amelio

ARCHIWORD a cura di Jole Tropeano FOTOCONTEST

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Cari lettori e lettrici, benvenuti sulle pagine della nuova Rivista dell’Ordine degli Architetti PPC di Catanzaro! Questo prodotto editoriale, che vide il suo primo numero nel 2009, è diventata una realtà consolidata per i suoi iscritti e non solo. I suoi contenuti, tra i quali anche interviste a professionisti del panorama internazionale, ci accompagnano ormai da qualche anno. Nel raccogliere il testimone dei suoi predecessori, il nuovo direttore, l’Arch. Giuseppe Macrì (Presidente dell’Ordine), la nuova redazione, composta dall’Arch. Francesca Savari, dall’Arch. Jole Tropeano, dall’Arch. Jr Francesco Materazzo e in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, hanno deciso di rinnovare la Rivista nel formato, nei contenuti e nella grafica. Nuovi spazi, dunque, per l’Architettura in tutte le sue forme, dal design contemporaneo alla formazione professionale, dalla tradizione locale all’arte, dalla fotografia alla scelta dei materiali di costruzione. Vi aggiorneremo con la rubrica “Concorsi” sui contest a scala nazionale e internazionale, “Territorialmente” raccoglierà le vostre esperienze lavorative o di aggiornamento professionale, “Goodesignews” vi presenterà le novità nel campo del design, “Genius Loci” vi inviterà a dare uno sguardo sul territorio sotto tutti i punti di vista, interagendo sui concetti di luogo e identità, “Diario di bordo” vi racconterà le città attraverso gli occhi dell’architetto viaggiatore, “Contemporaneamente” darà spazio ai protagonisti dell’architettura (in particolare, in questo primo numero, abbiamo voluto rendere omaggio a Gae Aulenti, architetto italiana di fama internazionale deceduta nel 2012), “Archibook” vi recensirà i libri scritti da nostri colleghi o altri professionisti di settore, “Bioarchitettura” sarà l’anima green di questa rivista. Per rendere questo prodotto ancor più partecipativo, abbiamo pensato di indire un contest fotografico per ogni numero in uscita, un modo per condividere le vostre esperienze con tutti noi. La collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro sancirà lo storico connubio tra arte e architettura; l’arch. Jr Francesco Materazzo vi terrà informati sugli aggiornamenti normativi e sulle competenze professionali relativi alla sezione “B” dell’Ordine; l’arch. Francesca Savari, con la sua “Time Line”, vi selezionerà le prossime mostre, gli eventi e le fiere del territorio regionale, nazionale, internazionale; l’arch. Jole Tropeano raccoglierà in “Archiword”, dalla A alla Z, le terminologie contemporanee o non più in uso del mondo dell’architettura. Non ci resta che augurarvi buona lettura! La redazione.


Occupo questo spazio per porgere il saluto mio personale e del nuovo consiglio dell’Ordine, ai colleghi tutti che si trovano di fronte a questo nuovo numero della nostra rivista. Mi pare doveroso rappresentarVi l’onore che avverto nel potermi presentare oggi a Voi in veste di Presidente del Consiglio dell’Ordine, per la prima volta dalla nostra elezione, insieme all’onere che forse ancor più forte sento nel tentare di dare risposta alle urgenze che la nostra professione, in particolare in una terra difficile come la nostra, non manca di presentare. Non sono poche le difficoltà che stiamo affrontando ma il conforto della Vostra costante vicinanza e l’apprezzamento per quanto stiamo mettendo in campo, con il prezioso aiuto di un Consiglio giovane ma volitivo ed entusiasta, ci sprona ogni giorno di più a proseguire sulla strada che questi primi mesi ci hanno visti fortemente segnare. Una strada fatta di continui scambi, di incontri e confronti serrati e costruttivi, di quotidianità. Una strada che ci vede tutti impegnati a fare dell’Ordine la casa comune di tutti quegli architetti che mettono ogni giorno nella nostra professione tutta la forza di cui sono capaci. Tutta la forza necessaria per sovvertire le infauste tendenze di una terra che sebbene paia non ripagare l’amore di chi, con difficoltà, ogni mattina, ad ogni ineluttabile sorgere del sole decide di esserci, dall’altra testimonia con i suoi ineguagliabili colori, con i suoi profumi, con il suo tepore che andare via sarebbe una sconfitta inaccettabile ed allora obbligo è tentare ancora ed ancora, nella certezza che quell’amore, con amor sarà pagato. E tra i punti cui teniamo particolarmente c’è senza dubbio questo: la nostra rivista. Uno dei nostri spazi comuni. Una di quelle aree in cui poter lasciare sublimare in Architettura

l’esperienza della nostra quotidianità. Perché è questo che siamo chiamati a fare: Architettura. È questo che ciascuno di noi, anni addietro, ha deciso avrebbe voluto nel proprio futuro. Quale meraviglia era ai nostri occhi questa parola e che universo di speranze si portava dietro… Sono passati certo anni da quel tempo, ma quello spirto guerrier ancora pervade il nostro animo ogni qual volta possiamo riconciliarci con la passione che ci unisce, ammirando i grandi progetti dei nostri colleghi che purtroppo trovano posto lontano dalla nostra terra. Ed allora anche da qui passi il grande rinnovamento che avete voluto per la nostra comunità. Ecco uno di quei compiti che attraverso questa pubblicazione deve trovare giusta risposta. Eccoci, tutti quanti noi, insieme, a cercare di darla. Saluto ciascuno di Voi rammentando a me stesso che se oggi, caro collega, stai leggendo queste righe, lo devo alla fiducia che molti di Voi hanno ritenuto riporre nella persona mia e dei Consiglieri che insieme a me stanno operando. Non dubitare, questa circostanza ci guida come una stella polare, ogni giorno, nel tentativo di poter fare della nostra professione la concreta la risposta alle tue speranze. Che questa pubblicazione ti sia gradita. Che il nostro lavoro ti sia proficuo. Con gratitudine arch. Giuseppe Macrì 3


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CONCORSI Riorganizzazione funzionale di Puerta del Sol di Andrea Lonetti

Concorso internazionale di Architettura Partecipazione Aperta COAM (Colegio Oficial de Arquitectos de Madrid) Il concorso bandito nel settembre 2013 dal Collegio degli Architetti di Madrid mirava a definire la strategia d’intervento per la gestione dello spazio pubblico attorno al “SOL”. La piazza storica e rappresentativa della città e della nazione è caratterizzata da un intreccio di diverse funzioni pubbliche. L’obiettivo del concorso era di individuare una proposta che non cercasse solo di cristallizzare il progetto in un atto estetico ma che provasse, analizzando e anticipando le possibili evoluzioni della piazza, a dare al “SOL” una soluzione unitaria, versatile e contemporanea.

Imponente la macchina mediatica e partecipativa messa in campo dagli organizzatori. Sondaggi e dibattiti pubblici tra professionisti e rappresentanti dei cittadini sono stati messi a disposizione dei 508 partecipanti attraverso un sito ad hoc. Consegna degli elaborati attraverso e-mail e flessibilità nella gestione amministrativa hanno reso il “Concorso per la riorganizzazione funzionale di Puerta del Sol” un modello di trasparenza e partecipazione della cittadinanza ad un momento di definizione dello spazio pubblico. Le proposte pervenute alla commissione sono state 145. Tra queste il primo premio è andato a “EL SOL DEL MEMBRILLO” dello studio Linazasoro y Sánchez, un progetto sobrio, impegnato a esaltare la purezza delle linee di Sol e a spogliarla di ogni orpello non necessario, chioschi ed edicole comprese. Per esaltare gli allineamenti dello spazio sono state spostate le statue attualmente presenti nella piazza; sono state aggiunte fioriere e panchine, esaltando così la vocazione di Sol come centro per la socializzazione e l’incontro; sono stati eliminati edicole e chioschi, che sebbene facciano parte dell’anima del luogo, contribuiscono a dare un senso di disordine alla sua attuale immagine.


Tra i dieci gruppi finalisti anche un gruppo italiano formato da architetti calabresi e siciliani. Giovanni Laganà (RC), Andrea Lonetti (CZ), Giuseppe Anania (CZ), Chiara Saraceno (SR), Federica Silipo (CZ), Daniela Cricrì (VV), Raimondo de Raffele (VV), Massimo Scalzo (CZ), Alfonso Sanfile (CZ) e Sonia Lo Schiavo (VV), grazie ad una proposta dal forte gusto spagnolo sono riusciti a catturare l’attenzione della giuria.

La loro proposta “EL ABANICO G-10” è oggetto del nostro approfondimento.

Una piazza per Madrid di Giovanni Laganà Il Concorso Piensa Sol ha rappresentato un’ottima occasione di confronto internazionale sul tema dello spazio pubblico contemporaneo, in questo caso specifico sul ripensamento della piazza più importante di Madrid, Puerta del Sol. Ricco di spunti, interattivo e partecipato il Concorso ha avuto come esito finale una serie di visioni differenti anche avanguardistiche che dimostrano come uno spazio banalizzato nel tempo può conquistare alte soglie di significato culturale così come si evince dalle undici proposte arrivate in finale. Puerta del Sol è un’enorme spazio minerale di forma ellittica (di circa 11.000 mq) orientato secondo l’asse longitudinale est/ovest, attraversato nel sottosuolo dalla principale metropolitana della Capitale e contrassegnato nella superficie da un’insieme di elementi eterogenei (statue, fontane, uscite metro, segnaletica verticale, illuminazione, etc.) stratificati

nel tempo senza alcuna relazione formale nonchè materica. Una cortina di edifici di particolare pregio monumentale tra

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6 cui l’ex Real Casa de Correos oggi Presidencia dell’Asemblea de Madrid ne sottolinea il perimetro esaltando ancor di più lo spazio vuoto centrale che, per alcuni versi, rasenta una dimensione surreale, quasi “De Chirichiana”. In gene-

rale, il bando richiedeva di risemantizzare tutto lo spazio fluido incoerente che oggi occupa la piazza, ovvero di tramutarlo da stereotipo in luogo. La proposta El ABANICO - G10 nasce da una idea maturata attraverso tracce, indizi, rappresentazioni e suggestioni, una sorta di ologramma che pian piano si è fatto avanti tramutandosi rapidamente in un’immagine-icona alla grande scala: un semplice ventaglio come un eccellente dispositivo per caratterizzare la piazza. Un suolo artificiale suddiviso in trentaquattro trapezi colorati con una bicromia giocata su due tonalità di rosso, ha raffigurato un layer geometrico di matrice astratta utile a scandire l’intera spazialità e a renderla dinamica, vivace e flessibile, un supporto ideale alle anarchiche presenze tridimensionali preesistenti. La strategia adottata è stata quella di non “azzerare” o spostare elementi ma, al contrario, di creare delle unità semantiche proprio a partire dalle situazioni antecedenti con la giusta tensione emotiva e una chiara riconoscibilità tra la nuova conformazione e il vecchio assetto per la comunità. Il suolo, un grande drappo, è marcato da segni del passato e del presente che simboleggiano la tradizione e l’innovazione dell’identità madrilena e da “ricami”, che rievocano appunto quelli di un ventaglio iberico, rappresentati nel progetto dal sistema delle pergole, veri e propri giardini verticali, dalle sedute, dai dissuasori, dai nebulizzatori, dall’illuminazione, dalle uscite della metro e da tutto l’apparato monumentale. Delle insolite relazioni sono state appositamente create per stimolare la curiosità dei visitatori: ad esempio le sette stelle in cemento alla base del ventaglio, una citazione all’antico consiglio territoriale della “Tierra de Madrid”, che fanno sistema con la targa del primo Km O, origine delle strade radiali spagnole, o la pianta del Corbezzolo (una pianta simbolo adottata negli anni dalla capitale madrilena) piantumata a siepe e collocata ai bordi delle fermate della metro. Gli elementi che contraddistinguono il progetto sono quindi la pavimentazione di colore rosso (un forte richiamo alla bandiera nazionale); il sistema delle pergole piantumate a vite americana; il sistema di arredo urbano dal design contemporaneo in cemento prefabbricato; il sistema dell’illuminazione a LED verticale e orizzontale; il sistema podotattile per gli ipo e non vedenti; il sistema dei nebulizzatori. Ritmo, movimento, luce, cromaticità e matericità hanno rappresentato infine i canoni fondamentali adoperati per la valorizzazione paesaggistica dell’intera piazza.


OUT_ORE Genius Logo Concorso per il nuovo logo dell’ordine vincitore Santo Rizzuto

Il nuovo consiglio dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Catanzaro ha bandito nel mese di novembre 2013 il suo primo concorso di idee finalizzato all’ideazione e progettazione grafica del nuovo logo, ad oggi utilizzato come immagine esclusiva dell’Ente stesso. La giuria preposta, formata da quattro membri interni al consiglio, gli arch. Silvia Aloisio, Andrea Lonetti, Francesca Savari e Jole Tropeano e da un membro esterno, il Prof. Bruno La Vergata, docente di grafica presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro ha avuto il compito di scegliere tra più di 75 proposte pervenute. Molti partecipanti hanno optato per la territorialità del capoluogo di Regione, altri per i colori caratteristici della città di Catanzaro o, ancora, le opere architettoniche - ingegneristiche che caratterizzano e si impongono all’interno dello stesso capoluogo. Ha in particolar modo incuriosito la giuria la scelta di numerose proposte in cui venivano riassunti tutti gli elementi sopra citati in un unica rappresentazione, arricchen-

dola e facendola diventare “urbanamente carica”. Altre hanno invece affrontato il brief ricercando un taglio più innovativo, ritraendo il tutto fuori dal contesto della città capoluogo ed estendendolo a tutta la provincia. L’Ordine degli Architetti P.P.C, infatti, è un organismo rivolto a

tutto il territorio della provincia che storicamente rappresenta un punto di riferimento tanto per gli iscritti quanto per 7


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il primo premio a Santo Rizzuto, grafico e web designer della provincia di Cosenza, cofondatore dell’agenzia PoligoniLab assieme all’ ingegnere architetto Giorgia Musacchio, che ha anche partecipato al concorso ottenendo una menzione speciale. Sono altresì state assegnate altre due menzioni speciali a Luigi Bellicchi (MB) e Raimondo de Raffaele (VV), capogruppo di un team composto da vari professionisti. Santo Rizzuto e Giorgia Musacchio della PoligoniLab descrivono così la loro scelta progettuale: le istituzioni e la società civile di tutto il territorio. È stato un compito difficile: tutti avrebbero meritato un premio, qualcuno per la spontaneità, qualcuno per l’originalità o i sentimenti espressi. La giuria ha dovuto fare il proprio lavoro e sceglierne solo uno, quello che più ha voluto catturare l’idea di “rinnovamento”, quella voglia di guardare al futuro della progettazione con originalità senza mai abbandonare la semplicità. Pertanto, per tutti i requisiti a cui questo logo ha risposto, quali: l’originalità, l’efficacia estetica, la facile distinguibilità ed adattabilità a qualsiasi supporto, dimensione, superficie o materiale cartaceo o elettronico, nonché per le motivazioni sopra citate, la commissione ha deciso di assegnare

Il logo che ci ha fatto vincere il concorso “Genius Logo” è il frutto di un approfondito lavoro di sintesi mirato ad ottenere un segno grafico efficace, riconoscibile e immediatamente riconducibile alle attività legate al disegno geometrico, alla progettazione e quindi alle attività degli iscritti all’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. L’obiettivo era progettare un logo dal design curato e minimalista, in linea con le tendenze del settore e dal forte valore iconico. L’Ordine degli Architetti PPC è un’istituzione a cui fanno riferimento tutti i professionisti operanti nel territorio della provincia di Catanzaro, pertanto abbiamo voluto rappresentare nel logo tutto il territorio provinciale piuttosto che dei simboli della città capoluogo. Quando abbiamo iniziato a sviluppa-

re questa idea, ci siamo resi conto che potevamo seguire due strade entrambe valide e pertanto abbiamo deciso di partecipare al concorso con due proposte separate. Nella prima proposta, che è quella vincitrice, c’è una ricostruzione tridimensionale del territorio della provincia di Catanzaro; nella seconda proposta, che è stata premiata invece con una menzione speciale della giuria, è il territorio esterno alla provincia ad essere rappresentato con dei poligoni colorati che simulano l’orografia della regione, mentre il territorio della provincia di Catanzaro è una macchia bianca, una sorta di foglio bianco nelle mani dei professionisti dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. Il nuovo logo dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Catanzaro è composto quindi da una parte grafica La redazione della rivista ha scelto di dedicare la sua prima copertina del 2014 al logo vincitore del concorso, che ha già preso posto anche nella carta intestata dell’Ordine e nelle locandine per i corsi di aggiornamento professionali. Di seguito riportiamo le immagini che hanno convinto la giuria nell’assegnazione dei premi e anche tutti i progetti partecipanti pervenuti dall’intero territorio nazionale. Ancora una volta, Grazie!


ed una parte testuale. Il segno grafico simula una ricostruzione tridimensionale del territorio della provincia di Catanzaro ed è ottenuto dall’accostamento di diversi poligoni, così come avviene nelle rappresentazioni della moderna grafica tridimensionale. Il disegno che un tempo veniva realizzato con carta, matita e china è diventato prerogativa degli strumenti digitali, che restituiscono modelli tridimensionali utilizzando un numero incredibile di poligoni. Nella realizzazione del logo, si è voluto semplificare simbolicamente la rappresentazione del territorio della provincia di Catanzaro utilizzando un numero minimo di poligoni: giusto pochi segni funzionali all’efficacia della comunicazione visiva.

Il risultato è un logo estremamente versatile, proprio per la semplicità e per il minimalismo del segno grafico: il logo si presta infatti ad essere utilizzato sia nella sua versione originale (logo nero su sfondo bianco o trasparente), sia nella versione in negativo (logo bianco o trasparente su sfondo nero), sia utilizzando qualsiasi combinazione di colori per il logo e lo sfondo. Il forte valore iconico del logo lo rende infine riconoscibile ed efficace anche se utilizzato nella sola componente grafica, che può perciò diventare di volta in volta un pattern, uno sfondo, un semplice elemento iconografico. È stato un piacere partecipare lo scorso dicembre alla cerimonia di premiazione

del concorso e ci ha molto emozionato vedere il logo già in uso ed il nostro lavoro apprezzato da così tante persone. Inoltre è stato molto incoraggiante scoprire nella nostra regione un gruppo di giovani motivati, professionali e competenti quale quello dell’OAPPC di Catanzaro, che hanno organizzato e gestito questo concorso in maniera veloce, puntuale e senza ombre. Vogliamo perciò ringraziare la giuria del concorso Genius Logo per questi due importanti riconoscimenti che ci danno la giusta carica per continuare a lavorare con passione e serietà, nonostante il contesto ed il periodo storico così difficili. Grazie.”

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ARSARTIS

a cura dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro

Ricominciare… dallo spazio Direttore Anna Russo Architetto Lo spazio è fisicità dell’arte che è costruzione… Agostino Bonalumi

C’è una corrispondenza diretta tra i sistemi linguistici di arte ed architettura, una corrispondenza che ci permette di individuare un’interferenza reciproca e di unire progettazione architettonica, funzionalità e i valori prettamente artistici di bellezza e di comunicabilità. Questa unione sancita nel corso di tutto il Novecento (dagli espedienti futuristi di Fortunato Depero e Giacomo Balla all’Ambiente dei Proun di El Lisitskij, da Lucio Fontana ad Agostino Bonalumi ad Enrico Castellani, per arrivare alle più recenti opere scultoree d’ambiente, di cui sono esempio i lavori istallativi di Alberto Biasi, Cesare Berlingeri o Luca Vitone) corrisponde ad una nuova organizzazione nello e dello spazio. Progettare, disegnare o ridefinire l’ambiente diventa il terreno comune di arte ed architettura a partire dagli anni Sessanta: Gianni Colombo, Nanda Vigo, Getullio Alviani, Paolo Scirpa realizzano nel corso delle loro singole ricerche, tutte particolarissime, una sintesi visiva e linguistica verso un nuovo terreno giovane, sempre aperto alle contaminazioni e a innumerevoli possibilità espressive. Proprio questa sintesi realmente professata nel campo complesso dell’estetica, fa sì che sia possibile parlare di un importante rinnovamento che, superando le diatribe tra le discipline, vede realizzarsi una proficua collaborazione tra gli Ordini degli Architetti e l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Il sodalizio si compie attraverso questa rubrica scientifica, offertaci dall’arch. Giuseppe Macrì, Presidente dell’Ordine

Agostino Bonalumi, Bianco, 2008

- che ringraziamo per “l’ospitalità” -, che rappresenta metaforicamente una finestra sul mondo, dalla quale avviare un flusso continuo di scambi tra interno ed esterno, tra didattica ed extra-didattica accademica ed “il mondo là fuori”. Per questa occasione, la nostra attenzione è rivolta ad una giornata studio indetta dall’Accademia, nell’ambito della mostra Artisti nello spazio, promossa ed organizzata dalla Fondazione Rocco Guglielmo presso il Complesso Monumentale del San Giovanni, a cura di Marco Meneguzzo, Bruno Di Martino ed Andrea La Porta, nostro collega. La collettiva in primis, ma ancora di più la giornata studio diventano l’occasione propizia per illustrare come il rapporto tra arte ed architettura, arte e spazio si sia consolidato nel corso del tempo.


Di seguito riportiamo un estratto degli interventi dei docenti coinvolti: Luca Vasta (Storia dell’arte), Simona Caramia (Storia dell’Arte), i cui testi, nella loro versione integrale, faranno parte de “I Quaderni dell’Accademia”, una ben più approfondita pubblicazione, che darà ampio spazio anche ai curatori della mostra.

Arte senza barriere di Luca Pietro Vasta Storico dell’arte

Arte ambientale è una definizione che indica la ricostruzione artificiale di uno spazio (sia esso reale che immaginario), in cui è fondamentale la nostra partecipazione diretta (ovvero entrare e uscire da esso). I quaranta artisti qui presentati, ci forniscono altrettante stanze/dimensioni, una sorta di percorso per tappe in cui poter sostare il tempo necessario per poterci ricaricare di nuovi modelli archetipici ed emotivi da integrare a quelli già esistenti all’interno del nostro inconscio. L’arte ha sempre avuto il ruolo di modificare, in un modo o nell’altro, la nostra percezione e visione del reale1. Cosa vuol dire ri – creare uno spazio? Secondo Mircea Eliade: È importante capire bene che la cosmizzazione dei territori sconosciuti è sempre una consacrazione: organizzando uno spazio si ripete l’opera esemplare degli dèi.2

Cesare Berlingeri, Avvolgere la notte

L’artista, come il demiurgo platonico, crea un luogo in cui gli accadimenti dipendono non solo dagli oggetti in esso disposti, ma dagli occhi e dai sensi di chi vi accede. È un lavoro che prevede determinate reazioni e ne scopre altre ancora da parte dello spettatore. L’opera, in definitiva, è completa solo

se viene vissuta, abitata, introiettata come modello3. A questo si aggiungono nuovi contenuti e una nuova titolazione del luogo che ne confermi la rinnovata funzione. Come afferma, sempre, Mircea Eliade: Stabilirsi su un territorio in ultima analisi equivale a consacrarlo. […] “Sta-

1 Modifica che ci permette una maggiore apertura e un’ampia capacità di confronto (sia con noi stessi, sia con gli altri). 2 Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Universale Bollati Boringhieri, p. 26 3 È la stessa definizione di installazione, ovvero di un qualcosa che si attiva, si mette in moto solo se viene percepita dallo spettatore.

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12 ma anche il piano dell’individuale. Ha assunto carattere collettivo e pertanto tocca e interessa non pochi prescelti, ma la massa. Ciò che resta di individuale è il metodo della rappresentazione, lo stile e la qualità dell’opera d’arte.6

Carlo Bernardini, La luce che genera lo spazio, 2009

bilirsi” in un determinato luogo, organizzarlo, abitarlo, sono altrettante azioni che presuppongono una scelta esistenziale: la scelta dell’Universo che si è pronti a fare nostro “creandolo”.4

Certo, nell’arte del XX secolo avviene una traslitterazione, uno spostamento, del concetto di spazio e di tempo e conseguentemente di fruizione dell’opera stessa. Come scrive Aniela Jaffé:

Consideriamo l’arte uno spazio senza barriere, se non quelle date dal giudizio estetico e dall’ideologia sociale e temporale. Ma, questi sono elementi transitori e a posteriori rispetto la realizzazione dell’opera5.

[…] scopo dell’artista moderno è di esprimere le proprie visioni interiori, di individuare il fondo spirituale della vita. La moderna opera d’arte ha abbandonato non soltanto il piano delle cose concrete «naturali», sensitive,

Quando Lucio Fontana taglia una tela, fino ad allora pensata come spazio sacro del fare arte, si apre un mondo: l’arte esce dai propri confini per liberarsi nell’ambiente esterno. L’arte arriva ad investire ogni cosa intorno e lo spettatore/fruitore guarda ciò che lo circonda con occhi nuovi. Essa diventa gusto, abito, costruzione, seconda pelle. Ma poi, tutto questo finisce col diventare moda, abitudine che, con noncuranza, assimiliamo e rigettiamo. La ri - creazione di spazi vivibili allora diventa fondamentale, intesi come luoghi in cui ricercare la meraviglia, lo stupore, la concentrazione necessari per ritrovare la nostra stessa dimensione e riscoprire il nostro naturale rapporto con il fenomenico. Si tratta di dimensioni in cui la nostra (le nostre) percezione (percezioni) viene stimolata ad un superamento dello stato abituale di apatica sopravvivenza. Il nuovo ambiente diviene una occasione per esplorare noi stessi, col cambiare di luogo cambia necessariamente il nostro atteggiamento (nel tentativo estremo di rapportarci ad esso). Già prima degli Spazialisti, i Futuristi e i Dadaisti creavano situazioni teatrali

4 Mircea Eliade, idem, p. 27 5 Per questo motivo la documentabilità è un fatto di straordinaria importanza, perché ci permette di rivedere a posteriori, di rivivere e di apportare nuovi contenuti a ciò che ora osserviamo. 6 Carl Gustav Jung, L’Uomo e i suoi simboli, TEADUE, p. 238


tali (gli happenings) da far emergere dallo spazio ristretto della galleria o del museo, dei contenuti forti, tenendo necessariamente conto della reazione del pubblico7. I Surrealisti, poi, avevano già creato degli spazi in cui la sofisticazione strutturale prevedeva una predisposizione psicologica tale (un abbandono momentaneo e totale della parte razionale) a cui lo spettatore non era abituato, creando in tal modo dei veri e propri shock8. Lo spazio inizia a diventare un luogo di accadimento e fondamentale solo per il fatto che lì accade qualcosa di importante e di focalizzante. Questa traslazione da luogo deputato solo all’arte (le gallerie d’arte per esempio) a luogo in cui accade qualcosa di significativo per chi vi partecipa attivamente come spettatore cambia completamente la definizione di stato del luogo stesso, lo storicizza. In questo scambio di azioni, interviene il concetto junghiano di sincronicità. Il concetto di sincronicità di Jung spiega come tra il luogo in cui succede qualcosa e lo spettatore presente si leghi un filo diretto: la creazione di nuovi archetipi.

La sincronicità indica la «coincidenza significativa» degli eventi esteriori con quelli interiori, che non sono peraltro, in se stessi, fra loro casualmente collegati. […] Tutte le volte che il dottor Jung aveva occasione di individuare simili coincidenze significative nella vita di qualche soggetto, aveva l’impressione (del resto avvalorata dai sogni del soggetto stesso) che venisse attivato un archetipo nell’inconscio dell’individuo in esame. L’arte inizia dunque quel percorso di conquista dello spazio che avrà come punto massimo gli anni sessanta con la Land Art e sfocerà in seguito con il Fluxus. L’unica cosa che rimane degli accadimenti, a fare da loro testimone, è la fotografia e i video, che assumono la funzione di narratori a posteriori degli avvenimenti stessi, in uno spazio e in un tempo sempre diversi (e che hanno la potenza derivata dai continui giudizi che nel tempo si sommano). Gli artisti presentati in questa esposizione (Artisti nello spazio, da Lucio Fontana ad oggi...) sono un esempio di come nel tempo, la percezione del

fenomeno artistico e il suo rapporto nel sociale sia mutato radicalmente. Vi sono altri due fattori (oltre a quello dello spazio) che contribuiscono alla lettura di questi lavori, rinnovandone continuamente il senso e la percezione: il tempo e il sogno come dimensione parallela a quella dell’arte. Assistiamo così a più momenti dell’arte ambientale, tra cui: 1) la ri - costruzione della natura; 2) il paesaggio d’interni; 3) l’esterno interno (video) che abbatte definitivamente la struttura spaziotemporale dell’avvenimento narrato. Nel primo contesto (la ricostruzione della natura) possiamo inserire l’opera di Pinot Gallizio La caverna dell’antimateria (1958-59) in cui la ricostruzione di un ambiente naturale si carica di significati profondi, con rimandi alle grotte in cui santi e filosofi amavano entrare per perdersi entro i limiti della loro anima, per meditare e riflettere al di là dei rumori del mondo. Un elemento naturale ricostruito a misura d’uomo, non avviene il contrario. Così l’ambiente si trasforma (e ci trasforma) seguendo canoni detta-

Gianni Colombo, Spazio elastico, 1967

7 Ed in cui la barriera ideale tra spettatore e attori veniva infranta in un continuum relazionale. 8 A tal proposito basti citare due film surrealisti: Un cane andaluso e L’Age dor, in cui è inesistente il confine tra sogno e realtà.

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14 ti dalla mente e non dalla natura. Il rapporto percettivo avviene inversamente: siamo noi che riconosciamo in questa struttura la caverna, la grotta e grazie alle nostre metastrutture immaginative e ricordative (qui la memoria visiva gioca un ruolo importante), abitiamo questo spazio con tutte le sue parti evocative. Allo stesso modo gli “ambienti” ricostruiti di Giuliano Mauri, in cui l’elemento naturale viene a sostituirsi a quello classico edile, per una nuova visione, decisamente più intimistica, dello spirito religioso (La terra del cielo 1986) o Kounellis stesso, che sembra dare una sintesi degli altri due (Senza titolo, 1969 – 2006). Nel secondo caso (il paesaggio d’interni), rientrano le opere di Nanda Vigo, che con Ambiente crono topico

ridisegna uno spazio all’interno di un altro, creando così una sovrastruttura dimensionale, che valica e anzi dirige quella già esistente, sostituendosi ad essa. O quella di Alberto Biasi e Gianni Colombo, in cui è la luce a ridisegnare gli spazi, in un gioco di percezione dell’effimero (Cinoreticolo spaziale, Spazio elastico). Il terzo caso (esterno – interno) è quello che, sicuramente si serve meno della materia, se non prima della documentazione, come scena da comporre e riprodurre alterata dalla realtà) se non del supporto su cui viene proiettato. A questo possiamo inserire Lo Studio Azzurro, ad esempio, con il giardino delle cose (1992). Il nuovo spazio percepito diventa allora esperienza, contatto non solo

con una possibilità di lettura altra della realtà ma, al tempo stesso, permette in noi stessi un cambiamento profondo del nostro immaginario inconscio (arricchendolo di nuovi spunti) che ci portiamo dentro una volta usciti da lì. Del sogno, poi mantiene anche la possibilità che, una volta usciti, possiamo risvegliarci, ma nel nostro inconscio i meccanismi del cambiamento oramai sono stati messi in moto. Questa mostra, dunque, è un percorso diretto ad esperire i nostri sensi attraverso stanze/stati, in un continuo scambio tra memoria e presente, in un intrecciarsi di avvenimenti storici e loro interpretazione a posteriori ed in cui i limiti spazio – temporali assumono di volta in volta significati diversi.

Nuovi spazi, nuove costruzioni… di Simona Caramia Critico d’arte La necessità di relazionarsi allo spazio attiene all’arte tout court, fin dalle origini. Nel corso dei secoli ed in particolare nel Novecento, tale necessità si è trasformata nella volontà di conquista o nell’effettiva costruzione dello spazio fisico a partire dall’opera d’arte. Da necessità prettamente pittorica come dimostrano i tentativi sperimentali delle Avanguardie storiche, primo fra tutti Picasso che, attraverso l’intermediazione dell’arte africana e la lezione di Cézanne, ha scomposto le

tre dimensioni del reale, visualizzando una relazione inedita tra le forme - a vibrazione nello spazio - nella scultura di fine Ottocento di Medardo Rosso e Auguste Rodin, cui al valore plastico si somma il carattere non-monumentale che determina “la perdita del luogo”, una sorta di nomadismo attraverso cui l’opera “si perde” nel contesto ambientale - sino agli interventi visionari di Lucio Fontana e Yves Klein. Se Fontana con il Concetto spaziale giunge a fondare l’extrapittorico, determinando un’innovazione formale e contenutistica, implicando con i tagli e

i buchi un percorso gnoseologico che porta ad identificare l’arte come interazione continua con il vissuto esperito; Klein con Le Vide, ovvero l’esposizione delle stanze vuote della galleria parigina di Iris Clert, semplicemente dipinta di bianco brillante, e con Saut dans le vide, storico fotomontaggio in cui l’artista si lancia nel vuoto da un muretto, intuisce la tattilità dello spazio, esaltandone il valore vitale di pura energia. Vuoto -e spazio- non come negazione, ma come positività e possibilità illimitata, che nel corso dei decenni si lega sempre più alla sperimentazione


visiva e all’evoluzione - dettata da continuità e rotture - del fare arte. Difatti, i tagli di Fontana e l’epoca pneumatica di Klein, nonché lo sradicamento assoluto contenuto in germe dalla scultura di tardo Ottocento ed esibito dalle forme di Brancusi, Giacometti o Moore, portano gradualmente all’istituzione di un “campo allargato” in cui costruire luoghi. Tutti gli earthworks rientrano in questo campo allargato, in cui costruzione equivale a misurazione dello spazio reale. I lavori di Long, De Maria, Oppenheim, Flanagan, Boezem, Heizer, Smithson - documentati dal film di Jerry Schum nel 1969 - entrano anche invasivamente nel “paesaggio”, partecipando ai ritmi della natura, nuovo oggetto

molle di un’opera open air ascrivibile perfino all’architettura. Basti citare Robert Irwin che con lo scim (tessuto sintetico bianco e leggero) riveste pareti e ambienti, creando “strutture assiomatiche” attraverso le variazioni della luce naturale e l’annullamento dei limiti spaziali; o Christo e Jean-Claude con i loro celebri impacchettamenti o gli Skyspace di James Turrel, in cui si assiste all’invenzione di un luogo quale risultato della commistione di elementi già dati ed inserimenti ex novo. In Italia, a questi interventi di Land Art - cui fanno riferimento pochi artisti, come Giuseppe Penone, Piero Gilardi o Giuliano Mauri, seppur con specifiche differenze - corrisponde una costruzione dei luoghi che si dipana dall’idea di architettura intesa quale spazio sociale, dalla quale non può prescindere la relazione con l’uomo: Ugo La Pietra, ad esempio, compie dei rilevamenti analitici nell’ambito della sociologia urbana; indagini sul territorio legati all’abitare ed al tessuto sociale, tra cui I Gradi di Libertà o Recupero e reinvenzione, che si sofferma proprio sul recupero degli scarti nella società consumista. Muoversi in questa direzione permette all’artista di creare «strumenti di provocazione, di coinvolgimento e di rilevamento critico, richiamo e condizione esistenziale presente, occasione di una discussione pubblica collettiva» (Mauro

Staccioli), poiché «La scultura è la forma del luogo, anzi il luogo stesso. Il recente orientamento del fare arte non può che definirsi “arte dello spazio”, tendente al superamento delle settorialità disciplinari, pittura, scultura, architettura, per una integrazione interattiva finalizzata alla fruizione pubblica e alla produttività sociale» (Nicola Carrino). Parallelamente a questi interventi sul territorio urbano e naturale, si pone la visualizzazione e relativa costruzione di spazi attraverso una progressiva smaterializzazione della materia. Con la complicità dei nuovi media, il virtuale permette di documentare - anche solo a livello fotografico - e di progettare nuovi luoghi, giacché «In un mondo già colmo di artefatti le tecnologie portano all’eccesso la saturazione semiotica, ma offrono anche all’arte gli strumenti del togliere anziché del mettere. Riportando la forma all’invisibile e scongiurando la sparizione dell’arte attraverso l’arte della sparizione» (Andrea Balzola, Paolo Rosa). Artisti come Gianni Colombo, Carlo Bernardini, Studio Azzurro, Massimo Bartolini, Bianco-Valente lavorano in direzione di un assottigliamento della forma, che muta in luce o che scompare e si perde in una traccia sonora. Diventa così verosimile sognare ambienti in cui perder le proprie coordinate spazio-temporali, in cui fibre elastiche diventano le griglie luminose di suggestive ambientazioni non asettiche o neutre - come lascerebbe

Pinot Gallizio, La RÇalitÇ provisoire, 1959

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16 intendere l’impiego della griglia geometrica - ma palpitanti, dall’efficacia comunicativa ed emotiva, ambienti che turbano ed alterano la visione del fruitore, la cui resa percettiva è fondante dell’opera stessa (Colombo); Spazi permanenti, scanditi da lenti mutamenti cromatici, attraverso fibre ottiche (Bernardini); ma è anche possibile visualizzare una spazialità psichica, oltre che fisica, attraverso una fitta rete neuro-astrale in cui tutto - uomo ed eventi - appaiono in stretta relazione, in Relation Domain (BiancoValente); stimolando la percezione in un processo cognitivo che va dall’astrazione - del suono o dell’odore allo spazio reale (Bartolini).

Queste sperimentazioni visive, nonché l’inevitabile riformulazione socio-antropologica scandita, nei tempi e nelle modalità di interazione, dall’universo tecnologico, lasciano intuire che ulteriore passo in avanti è la reinvenzione del cyberspazio. Assistiamo dunque al passaggio dalla datità reale (il concreto tangibile della Land Art), alla progressiva sottrazionesmaterializzazione per mezzo del multimediale (Light Art, Video Art, videoistallazioni), per giungere sino alla costruzione dello spazio (e conseguentemente dell’opera) nel solo virtuale. La Rete informatica permette di muoversi idealmente e velocemente in infiniti spazi condivisi, operando come “connettore semantico”, mediante il quale si compiono le interconnessioni tra programmatori, artisti e utenti. Pratiche artistico-politiche (là dove politico è usato nella sua accezione di “pubblico”) si dispiegano nella Net Art, “l’arte della connessione”, in un processo collettivo di ricombinazione formale, linguistica, estetica e politica, secondo l’intuizione di Vuk Cosic. L’esperienza occasionale dell’artista - che scopre nella sua casella di posta elettronica un messaggio di segni incomprensibili, una trasposizione automatica dovuta

all’incompatibilità di software diversi - porta allo sviluppo di forme narrative sempre inedite, potenzialmente illimitate. Ne sono prova i diversi risultati - per citarne solo alcuni - di Nanni Balestrini, precursore della Net Art con Tape Mark I, primo esempio di poesia combinatoria realizzata al computer e datata 1961, e di Ai Wei Wei che da anni trasforma i social network - e il suo blog - in luogo di protesta e di denuncia contro un sistema anti-democratico. Lontano da ogni - naturale, ma prevenuta - aspettativa, proprio la nuova arte del cyberspace apre e riformula lo spazio del dialogo e del confronto, permettendo di interrogarsi - ancora una volta, ma in chiave attuale - sulle tematiche “classiche” dell’arte e della critica d’arte: compiere un’analisi formale e metalinguistica, soffermandosi sui meccanismi della Rete e dei software; riflettere sui poteri forti della società e dell’economia globalizzata, sul controllo e sulla libertà dell’individuo nella contemporaneità; ridefinire il ruolo dell’artista, il processo di produzionecreazione ed il valore della partecipazione nella fruizione dell’opera.

Nel prossimo numero saranno pubblicati gli interventi dei proff.ri Francesco Brancato, Rosaria Iazzetta, Fiormario Cilvini, a completamento della giornata studio svolta al Complesso Monumentale del San Giovanni.

Harry Shunk, L’uomo nello spazio, 1960.


CONTEPORANEAMENTE Gae Aulenti. “Solo per differenza si capiscono le cose”

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di Maria Rosa Agresta Architetto Gae Aulenti (Gaetana Aulenti 04 dicembre 1927 Palazzolo della Stella (UD) - 31 ottobre 2012 Milano), figura rilevante della scena intellettuale e culturale italiana ed internazionale, formatasi nel periodo della controversa vicenda dell’architettura italiana del dopoguerra, ha saputo affermarsi a livello nazionale ed internazionale non solo come architetto ma anche come designer, grafico e scenografo. Ha sintetizzato nella propria esperienza i momenti più significativi, i passaggi più critici, le fasi di maggior travaglio del proprio periodo storico, difficile e sostanzialmente ostile ed in prevalenza dominato da soli uomini. Questa posizione di apparente svantaggio, insieme ad una buona dose di caparbia tenacia, hanno generato uno stimolante lavoro, fatto di studio paziente e dedizione appassionata, durante tutta la sua vita. La sua ricerca progettuale, riconduce sin dal principio ad un minimo comune denominatore architettonico che produce un 1

“segno” stilistico unitario ma sempre diverso perché contestualizzato. La ricerca delle differenze che generano unicità interposte ad un processo di sintesi, saranno il filo conduttore della operatività progettuale, riconoscibile in tutta la sua opera. “Fabbricare le differenze è molto più importante che produrre omogeneità” e “solo per differenza si capiscono le cose” (Cit.) Il pensiero di Gae Aulenti, secondo cui la tradizione di una cultura non è qualche cosa che si eredita passivamente ma al contrario è qualcosa che si costruisce giorno per giorno, diventa un’aspirazione a creare un effetto di continuità della cultura, a costruire le sue forme e le sue figure, dal contenuto

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“L’architettura è spazio concreto, cosa positiva che si costituisce con la città dove fatti privati e fatti collettivi partecipano alla trasformazione della natura con l’azione della ragione e della memoria. Qualunque oggetto dell’uomo, monumento o tana, non può eludere un suo rapporto con la città, luogo di rappresentazione della condizione umana, la sua analisi è quindi possibile solo se si puo’ definire l’oggetto come una forma discorsiva dell’insieme…”. 1 Gae Aulenti Design as Postulation (The New Domestic Landascape catalogo della mostra al Museum of Modern Art di New York, Ed. Centro di Firenze, 1972).


personale e contemporaneo. In base a questo principio, l’architettura ed il lavoro dell’architetto, derivano da tre capacità fondamentali, fortemente connesse l’una all’altra. La capacità analitica, la capacità sintetica e la capacità profetica. La prima è il riconoscimento di quelle tracce urbane e geografiche, concettuali e fisiche, come essenze specifiche dell’architettura, sempre differenti tra loro. Ovvero la capacità di analizzare, riconoscere e costruire le differenze di ogni architettura che rendono specifiche le singole soluzioni, mettendole sempre in relazione alle condizioni del contesto. La seconda è sapere operare le sintesi necessarie a rendere prioritari ed evidenti i princìpi dell’architettura. La terza è la capacità profetica ovvero la capacità di creare, inventare, costruire cose che durino nel tempo. Gae Aulenti culturalmente e professionalmente responsabile della propria pratica progettuale, esplicita e sviluppa il proprio modus operandi, riducendo al massimo ogni possibile limitazione specialistica, applicando questo processo sia all’architettura, che al design di oggetti, all’architettura di interni, alla grafica ed al teatro. Ciascuna di queste espressioni progettuali infatti, si integra pur nell’osservanza delle necessarie specificità, in un quadro di produzione di idee e di fatti spaziali formali e figurativi estremamente coerente. Il design di oggetti si sviluppa e manifesta come esigenza di precisazione dell’architettura di interni, così come il design grafico diventa ambito di verifica di una disciplina intesa anche come spettro di riferimento di certi schemi insediativi, accomunati da quell’unità di metodo che sembra attraversare tutta la sua esperienza.

4 Gae Aulenti donna architetto, ha sin dal principio una lucida e radicata coscienza di essere prima di ogni altra cosa un architetto, ovvero cosciente della indipendenza della propria capacità critica. Alla domanda che spesso le veniva posta, se il fatto di essere donna fosse stato in qualche modo limitante alla sua professione, lei rispondeva che non vi era nessuna differenza e che nell’architettura si è accettati per il proprio sapere e non per cosa si è”. Risposta, questa, valida per qualsiasi altro ambito. In principio infatti, rifiutò la partnership

maschile nell’esercizio della professione, atteggiamento che oggi può sembrare abbastanza marginale, ma non nell’Italia degli anni ’50 (è il ‘54 quando si laurea presso la Facoltà di Architettura di Milano), quando la situazione era certamente ossificata ed irrigidita da radicate limitazioni e prevenzioni. Ne è esempio la partecipazione al gruppo dei discepoli di Ernesto N. Rogers, tra il 1955 al 1965 periodo durante il quale curò le vesti grafiche per «Casabella» pur non firmandovi mai nessun articolo. Fatto significativo del tipo di limitazioni al tempo praticate nei confronti delle donne. “L’architettura è un mestiere da uomini, ma ho sempre fatto finta di nulla.” (Cit.) Questa frase trasmette nella sua essenza, l’interezza di un’intelligente ironia e forza e permette inoltre di sostenere che Gae Aulenti è stato il primo architetto che abbia dimostrato in tutta evidenza che Architettura può essere sostantivo di genere femminile.

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Dopo anni di esperienza, affermava con convinzione che lo studio costante, la pazienza smisurata e la grande passione per questa professione fanno di una donna o di un uomo l’Architetto e che 5

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quindi non vi sono differenze tra i due. È infatti vero che, le diversità sono insite nell’unicità dell’individuo che in quanto tale “fabbricheranno differenze”.

Riferimenti Bibliografici “Gae Aulenti” a cura di Margherita Petranzan Ed. Rizzoli “Gae Aulenti Design as Postulation“ (The New Domestic Landascape catalogo della mostra al Museum of Modern Art di New York, Ed. Centro di Firenze, 1972). Catalogo della mostra personale di Gae Aulenti – PAC 1979 di Emilio Battisti “Avanguardia e Professione” in Lotus International 25/1979 Gae Aulenti, Vittorio Gregotti, Oriol Bohigas VideoIntervista a Gae Aulenti – Convegno Miss Architect Pisa 2009 di Marta Capuano Riferimenti Fotografici Foto Foto Foto Foto Foto Foto Foto Foto Foto

1 Gae Aulenti (foto di Silvano Bergamaschi) 2 Gae Aulenti (foto di Silvano Bergamaschi) 3 Museo d’Orsay, Parigi 1980 – 1986 (foto di Mario Carrieri) 4 Archivio Fotografico della Scala di Milano (foto Lelly e Masotti) 5 Piazza Cadorna Milano 2000 5 Lampada Pipistrello della Martinelli Luci 1963 6 Tour Table per Fontana Arte 1993 7 Museo d’Orsay, Parigi 1980 – 1986 Disegno 8 Progetto per la Ex Stazione Leopolda – 1996 Disegno



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TERRITORIALMENTE L’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha indetto un corso di formazione specialistica in amministrazione municipale per l’A.A. 2012/2013. Noi abbiamo incontrato presso il suo studio di Petrizzi l’Arch. Francesco Pirroncello, che ci ha raccontato la sua esperienza. Architetto Francesco Pirroncello cosa è il “corso” organizzato dell’Associazione nazionali dei Comuni Italiani? Il corso è organizzato dall’Anci in collaborazione con tre Università italiane, quali Roma Due “Tor Vergata” (Economia), l’Università degli Studi di Torino

(Diritto amministrativo) e la seconda Università di Napoli (Marketing territoriale), nonché importanti professionisti e alcuni Sindaci che vogliono condividere la loro esperienza. È l’insegnamento sulle tematiche non solo prettamente di gestione comunale, ma anzi si configura come un’apertura mentale verso la conoscenza di nuovi temi di carattere Culturale che sono inevitabilmente legati ai territori urbani e peri-urbani delle nostre città, o meglio ai Comuni.

Come si accede a questo corso? A chi è rivolto? Il corso è aperto a tutte le categorie professionali, possono partecipare amministratori e non, previa selezione curriculare, test attitudinali, e colloquio finale. Per l’A.A. 2012/2013 sono stato l’unico rappresentante della Calabria, ed ho avuto la fortuna di incontrare altri professionisti, oggi amici, con i quali abbiamo fondato a seguito di questo corso un’associazione, Next Polis, il cui tema principale è la Città, intesa come incubatore di arti, di temi e perché no di Architetture. Come e dove si è svolto il corso? Ci sono delle borse di studio? Il corso si è svolto in due sessioni generali: una Summer School di una settimana full-time ad Arona (NO), e una seconda fase di lezioni della durata di due giorni con cadenza quindicinale a Roma nella sede Anci. Ci sono delle borse di studio che ricoprono una parte della quota di iscrizione e vengono assegnate in base a criteri di redditività. Personalmente non ho avuto la borsa di studio ed inoltre ho comunque scelto di non avanzare la richiesta di rimborso spese o quant’altro al mio Comune, in cui sono stato Amministratore, in conseguenza della situazione di bilancio non rosea. Ho preferito investire in questo corso personalmente e quindi sostenermi a mie spese.

Perché un giovane Architetto dovrebbe seguire un corso di questo tipo? Motivi ce ne sarebbero parecchi, ma mi soffermo su quelli che sento più miei: la voglia di imparare, di conoscere, di arricchirsi professionalmente, la passione e l’impegno che ogni Architetto ha dentro di se. E i temi attinenti alla nostra professione? Tutti!!! Beh...a cominciare dalle “Smart Cities” (città intelligenti), con applicazioni per smart phone scaricabili da un semplice lampione della pubblica illuminazione, risparmio energetico, piani strutturali comunali super perequativi, sistema di trasporti pubblici ordinati ed efficienti. I modelli di queste città (ahimè) sono molto lontani dalle nostre piccole realtà, ho capito che il gap da colmare è ancora tanto, anche se ritengo che le vocazioni dei territori siano legate anche a scelte politiche, quindi le città, oggi ed in futuro, saranno solo dei substrati amministrativi che se non vengono regolati dai piani di assetto urbanistici-culturali di carattere Regionale, fino ad arrivare ai PSC, non produrranno mai un miglioramento sostanziale. Vede, mi sono trovato molto spesso durante questo corso a trattare il tema delle città, e la conclusione è stata che, a mio avviso, non esiste il modello ideale, quasi utopico, non si può neanche generalizzare un sistema di


regole ed applicarlo in tutti i luoghi, ma sta forse all’insieme di utenti che vivono un luogo decidere cosa e come migliorare e, mi permetto di dire, a sviluppare una città. L’architettura è di per se l’insieme delle conoscenze, ossia con scienze, e noi architetti, quindi, abbiamo grossissime responsabilità in tema di città. Durante la frequenza del corso il modulo sulle Regole riguardante gli appalti pubblici, lavori e forniture, è stato trattato con grande rigore e precisione. Personalmente mi espongo nel dire che molte delle procedure di gara che vengono svolte dalle varie amministrazioni locali non sono molto performanti alle regole del Codice, quindi penso che questo modulo sia stato per me e per i miei colleghi molto utile. Se consideriamo la casa come cellula della città, sotto quali aspetti è stata affrontata? La casa è considerata sotto diversi aspetti. Quelli regolati dai tributi co-

munali, Imu, Tares, e sotto gli aspetti energetici di consumo in base alla classificazione che noi tutti sappiamo della certificazione energetica. Il corso prevedeva esami di profitto? Si. Alla fine di ogni modulo didattico il corso prevedeva degli esami, in forma scritta e a risposta aperta. Una serie di domande inerenti il tema del modulo trattato nelle lezioni. Naturalmente alla correzione dei test, veniva attribuito anche la qualità di profitto conseguita. La somma delle valutazioni di profitto per i vari moduli, alla fine del corso, ha dato luogo al risultato di profitto finale per ogni singolo partecipante. La riunione annuale di Anci giovani per il 2012 si è tenuta a Mirandola, centro terremotato dell’Emilia, perché è stato scelto questo luogo? La riunione annuale di Anci giovani, si è tenuta a Mirandola proprio per dare un segno di vicinanza alle popolazioni

terremotate della zona. Il dibattito e le testimonianze degli amministratori locali hanno messo il luce la tematica sulla logistica dei primi soccorsi, hanno spiegato l’importanza dei piani di protezione civile proprio a partire da un luogo simbolo del sisma. In estrema sintesi si è arrivati alla conclusione che sarebbe opportuno se non obbligatorio far eseguire alla popolazione di un dato centro urbano una vera e propria simulazione di un evento calamitoso, per essere preparati se mai dovesse accadere una tale calamità. È stato previsto un riconoscimento finale? Alla fine della due giorni di lavori ci è stato consegnato l’attestato di merito e di frequenza al corso da parte dell’Anci, e soprattutto gli attestati con delibera di crediti formativi delle tre università che hanno collaborato alla riuscita del corso. Gli attestati conseguiti hanno infatti valore di esami universitari.


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Navigando con Renzo Piano RPBW, Pezzo per Pezzo, Palazzo della Ragione - Padova di Silvia Aloisio Architetto

“Non è una mostra, è un museo delle scienze naturali, è la sala lettura di una strana biblioteca del costruire. È un’aula universitaria. È un po’ tutte queste cose.”

E lo fa durante una lectio magistralis in cui prende garbatamente per mano il suo pubblico e lo conduce attraverso un viaggio che illustra le meraviglie di una professione.

Così Renzo Piano presenta la mostra dei suoi lavori, ospitata dal Palazzo della Ragione di Padova in occasione della Biennale internazionale di Architettura «Barbara Cappochin».

Il viaggio comincia in un cantiere del dopoguerra, è un’immagine tributo al padre costruttore, che tanto ha segnato la sensibilità dell’architetto-artigiano. Alle qualità del costruttore, Piano, però,


associa quelle del militante, del poeta. Al desiderio del bello unisce l’ansia del sociale. Ringrazia subito i partners, sottolineando che i progetti sono frutto di un lavoro corale, in cui “nessuno ha mai tenuto la contabilità di chi ha avuto le idee” e dove quello che conta è la condivisione dei valori. Illustra progetti che non sono riconducibili ad uno stile unico, ripetuto, ma che rimandano ad un’integrità di fondo, ad una coerenza data dal fatto che “ogni progetto è un’avventura nuova, perché ogni volta l’emozione che costruisci è diversa, cambiano i luoghi e le persone”. E, così facendo, ci mette davanti alla ”straordinaria bellezza del nostro mestiere”. L’obiettivo della mostra è spiegare come l’architettura sia un’arte pubblica, di cui mette a nudo, attraverso il percorso espositivo, la sofferenza, lo struggimento ed i pentimenti, evidenzia le cose finite e le cose da fare. L’allestimento vede 32 grandi tavoli, circondati da sedie da regista in legno e

tela colorata. Sono isole, a cui si approda navigando in quel mare che l’architetto spesso cita come il suo “local”, fatto di “fantasmi di migliaia di anni e di culture diverse”. Al di sopra dei tavoli volano, sospesi nell’enorme volta del Salone, i modelli e le immagini dei progetti. “Mi piace pensare che questa mostra possa essere, ancora una volta, il navigare nello spazio” afferma Piano. E questo spazio si compone di diversi mondi: “quello sociale della polis che si trasforma; quello poetico dell’assenza di gravità; quello più strettamente progettuale della costruzione; quello ideale che considera l’arte come potente strumento di coscienza collettiva, che continuamente dialogano ed interagiscono”. Sono quattro le aree tematiche in cui i progetti sono suddivisi: “L’intelligenza leggera della città” che vede inserimenti in tessuti urbani complessi; “Cominciare dal fare: spazi senza forme, strutture senza peso” che vanno dalla sperimentazione dei primi lavori alla ricerca di leggerezza degli ultimi; “Architetture per la musica e per il silenzio”, luoghi di emozioni e funzioni come chiese, monasteri e auditorium; “Luoghi di cultura, spazi per l’arte di incontro”, gli edifici che hanno il potere di rendere viva la città. I “pezzi”, citati dal titolo della mostra, sono i frammenti delle proprie costruzioni, riprodotte con modelli e plastici; sono i materiali ed i particolari esecutivi; sono i disegni, gli schizzi e le idee; che, ricomponendosi, danno vita al racconto di un mestiere, alla visione dell’architettura come complesso processo attraverso il quale gli edifici sono ideati, costruiti e poi abitati dalle persone. È un viaggio, più che una mostra, in cui l’architettura si lascia ammirare, toccare e comprendere.

Dove Palazzo della Ragione Piazza dei Frutti, Padova Quando dal 15/03/2014 al 15/07/2014 Costo Biglietto intero: 9 euro Biglietto ridotto: 7 euro In occasione della mostra “Renzo Piano Building Workshop pezzo per pezzo” è uscito per Electa un ricco volume monografico a cura di Francesco Dal Co e con il progetto grafico dello studio Tassinari/Vetta. Il volume, che racconta attraverso materiali inediti i maggiori progetti dell’architetto, è consultabile da tutti gli iscritti presso la sede dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Catanzaro.

F. Dal Co, Renzo Piano, Electa, Milano 2014. Formato 25×28 cm, 544 pagine.

www.electaweb.it www.tassinarivetta.it www.barbaracappochinfoundation.net

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GOODESIGNEWS Architetti Salvatore Taverniti e Claudio De Filippi

Professore a Contratto di Arredamento nel “Laboratorio di Architettura degli Interni 1” della Facoltà di Architettura di Firenze

Forbici da tosa (1730) Designer sconosciuto tratto da Design in 1000 oggetti-Phaidon Design Classic Gruppo editoriale L’Espresso 2008 La storia del design ripercorsa seguendo il cammino degli oggetti più umili. Le forbici da tosa, capolavori ignorati del design che esistono così come sono, nella loro forma essenziale, da migliaia di anni.

Una lunga tradizione manifatturiera sta alla base della grande storia italiana del “design”, nell’eccezione di “industrial design”: produzione standardizzata e industrializzata di prodotti, oggetti, “mobili” che arredano sia gli spazi architettonici che quelli urbani e che con un salto di scala, inventa e produce ogni sorta di oggetto possa esserci utile a svolgere le molteplici attività della nostra quotidianità: “dal cucchiaio alla città” recitava una vecchia massima che inquadrava la filosofia razionalista dei primi decenni del secolo scorso. Quindi una lunga e secolare tradizione che già prima dell’industrializzazione, standardizzazione e serializzazione della produzione, ha da sempre vantato una diffusa e alta competenza artigianale e artistica capace di inventare e realizzare arredi, mobili e decori nella più prolifica sintonia con gli stili e le tendenze dell’architettura di cui ne fu, ed è, il massimo compimento e completamento unitario. Una forza culturale tale che, arredo e design si raccontano indipendentemente dall’architettura, alla quale sono connaturati, in quanto racconto di singoli oggetti, prodotti e allestimenti di spazi pubblici e privati. Non ci meraviglia che per l’alta qualità di ogni singolo prodotto corrisponda un suo

valore specifico, una intrinseca identità artistica e in definitiva anche un considerevole apprezzamento economico e di mercato. Sono state più di una le stagioni che hanno identificato stili, tendenze e produzioni del design che a vario titolo hanno coinvolto i paesi europei. Dapprima l’“arts and crafts”, fenomeno legato agli sviluppi produttivi successivi alla prima industrializzazione inglese, che cercò una mediazione tra industria e artigianato e mise le basi per una creatività tipica e specifica della produzione industriale, poi, dopo la prima guerra mondiale, il razionalismo che portò in tutto il nord Europa, la forza delle idee delle avanguardie artistiche dalle quali nacquero le prime sperimentazioni per riprogettare l’intero mondo architettonico, le spazialità interne, la nuova distribuzione funzionale, gli arredi e gli oggetti d’uso verso la nuova modernità: il Bauhaus in tutto questo ebbe un ruolo fondamentale e di punta nell’innovare forme, materiali e tecniche costruttive e il “museo del Bauhaus” a Berlino, progettato da Walter Gropius, lo sta a dimostrare. In quegli anni l’Italia non fu da meno nell’innovare e sperimentare: grandi furono i nostri progettisti: da Giuseppe Terragni a Franco Albini, da Giò Ponti a Luciano


Baldessari, solo per citarne alcuni. Arriviamo così negli anni del secondo dopoguerra e negli anni sessanta che videro l’industria italiana elevarsi in tutta la sua grandezza creativa, sperimentazione, forza propositiva. Architetti, designer, creativi trovarono un fertile connubio con imprenditori illuminati, forti della tradizione artigianale e poi industriale, supportati, nel territorio, da interi comparti industriali specializzati, che non ebbero paura di investire in innovazione e nei sogni della moderna quotidianità di un’Italia finalmente vicina all’Europa, anzi Europa, portando la nostra creatività ad affermarsi in tutto il mondo.

A seguire l’esperienza della fine degli anni sessanta e poi settanta, denominata “Radicale” che generò una nuova scintilla prolifica ed epica. La riduzione semantica dell’architettura (non stop city, monumento continuo), le visioni utopistiche, fantastiche e macro strutturali (plug-in-city, walking city, instant city, movimento metabolista giapponese) innescarono nel “design” una nuova strada indipendente e sperimentale che si assunse il difficile ruolo di interpretare in forme poetiche le nuove ed emergenti modalità del vivere, del socializzare, dello stare e dell’operare che si tradussero negli oggetti innovativi che ben conosciamo, che tanto abbiamo amato e continuiamo ad amare, celebrati nella grande mostra del 1972 al MoMA di New York “Italy. The New Domestic Landscape”. Da questi eventi si consolidò una lunga stagione di successi, di mosse progettuali giuste, di prolifici connubi tra designers e produttori, di creatività, alta ingegnerizzazione, strategie di mercato e allargamento dei comparti produttivi in aree precedentemente non votate a questo tipo di attività, specialmente nel sud della penisola: insomma tutto ciò che ha fatto del “Design Made in Italy” il settore leader nel mondo. Attualmente questo grande settore industriale attraversa una fase negativa, critica. Le circostanze sono molteplici, oltre la crisi strutturale che attraversiamo, oltre il consolidamento reale del settore che con fatica tiene le postazioni dei buoni risultati raggiunti nei decenni passati. Certo non rimane invisibile lo scollamento dell’industria italiana da quella che doveva essere la ricerca e la promozione delle nuove leve della creatività italiana: dove sono nuovi e futuri designers della scuola italiana? Dove sono le vitali visioni? Sostituiti da una schiera di “autori stranieri”, ci dice Alessandro Mendini nell’introduzione che fa al bel saggio di Chiara Alessi “Dopo gli anni Zero”, senza niente di pregiudi-

Burgon & Ball di Sheffield, 1730 tratto da Design in 1000 oggetti-Phaidon Design Classic Gruppo editoriale L’Espresso 2008

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28 ziale o nazionalistico aggiungo. Ma la sensazione è che, nel nostro paese, si sia fatta terra bruciata e si è ostacolato il contagio creativo e la rete di relazioni culturali e ideologiche, che ad ogni stagione si propagano spontaneamente tra le nuove menti che sono alla ricerca di strade espressive e formative. Si aggiungano, lo sfaldamento delle certezze sociali, economiche e comportamentali, dove tutto sembra liquido e il fruitore finale è diventato enigmatico negli orientamenti di acquisto dei prodotti (siamo nell’epoca del “disorientamento” e dello “sconcerto” ci dice il sociologo Domenico De Masi, con un’analisi puntuale e chiara dei gruppi sociali, nel suo ultimo libro “Mappa Mundi”) e il fenomeno di internet che sta scompaginando la vecchia rete distributiva e di mercato: si trovano siti di vendita on line, che effettuano comparazioni tra diversi showroom, dove è possibile trovare mobili di grandi marchi italiani in promozione con sconti dal 30 al 70 per cento. E principalmente la rete internet è diventata la spinta al fenomeno che più si sta diffondendo: l’autoproduzione. Per anni abbiamo sentito dire nei dibattiti che una delle possibilità dei giovani designers di entrare nel mondo del mercato, era l’au-

toproduzione: per anni ciò non è mai avvenuto in forme potenziali e considerevoli. Invece internet ha dato e da la possibilità, a chi ne ha bisogno, di inventarsi un mercato, una vetrina. Allo stesso modo sta incentivando una iper proliferazione di idee, di prodotti che come un magma si muovono senza regole o indirizzi culturali e sono lo sbocco delle tante sperimentazioni e approcci che vedono l’impiego di software di modellazione e di animazione e nuove tecnologie di produzione: dai sistemi robotici e apparecchiature a controllo numerico ai dispositivi per la stampa 3D fino ad arrivano a nuove figure di produttoriprogettisti (makers) che autogestiscono tutta la linea creativa. Occorre con pazienza interpretare questo magma e sposarlo a usi e comportamenti coerenti, reali e di mercato. Occorre che istituzioni culturali, testate editoriali, critici e storici contribuiscano a gestire il fenomeno design in tutti i suoi aspetti e complessità proponendo ...“periodicamente nuove problematiche ai professionisti”, come ci raccontava Andrea Branzi, nel 1996, nell’introduzione del catalogo “Il Design italiano, 1964-1990” per la mostra di preparazione alla realizzazione del “Museo del Design italiano” alla Triennale di Milano.

di Vincenzo Costa

PORTE BLINDATE LEGNO ALLUMINIO PERSIANE ZANZARIERE Via Usito - CARDINALE Cell. 339.4068403


GENIUSLOCI Identità - Genius Loci di Marisa Raffaela Gigliotti architetto

Nel mese di ottobre 2013 si è svolto a Salerno il congresso nazionale dell’INU (Istituto nazionale di Urbanistica). Al centro dei lavori e del dibattito la “Città come motore di sviluppo del paese”con un’articolazione su tre temi: la rigenerazione urbana, la forma del Piano Urbanistico e le risorse per il governo del territorio... A distanza di qualche mese, nasce ancora più forte il bisogno di riflettere su alcune parole chiave che erano al centro del Position paper che la sezione INU CALABRIA ha presentato in sede di congresso: paesaggi, difesa del suolo, sistemi urbani, riqualificazione, qualità urbana, identità, degrado, sviluppo, rete, connettività, sostenibilità, recupero, servizi, progetto, rurale, urbano, patrimonio naturalistico-ambientale e storicoculturale, mobilità accessibilità, sicurezza, rischio, conoscenza, spopolamento, prevenzione, partecipazione, cittadini. Da queste parole chiave nasce una ulteriore riflessione sul legame tra identità e paesaggio, sull’identità, più o meno forte, più o meno esplicita che ha il luogo. Intendendo per luogo il luogo “culturale” o comunque di pubblico interesse e penso all’identità come elemento determinato dal sito stesso, dall’architettura (il contenitore) e dai contenuti. “I luoghi hanno una loro posizione geografica, spaziale, ma sono sempre, ovunque, una costruzione antropologica “. Questo concetto di Vito Teti, professore di Etnologia presso l’Università della Calabria, contenuto nella prefazione de “Il senso dei luoghi –paesi abbandonati di Calabria– è un punto di vista da cui partire. Il celebre teorico svedese dell’architettura, Christian Norberg-Schulz, nel suo fondamentale testo “Genius Loci: Towards a Phenomenology of Architecture” affermava che: “Un luogo è uno spazio dotato di carattere distintivo. Fare dell’architettura significa visualizzare il genius loci: il compito

“...Se ascolti il suono di Fallingwater ascolti la quiete della campagna...” È Wright stesso ad aver pronunciato queste parole nel 1955 in un incontro con amici e colleghi a Taliesin ed è in questa descrizione che lui stesso fa della sua opera che si coglie l’essenza dell’architettura organica: perfetta sintesi armonica realizzata tra la foresta, l’acqua, le rocce e gli elementi dell’edificio. dell’architetto è quello di creare luoghi significativi per aiutare l’uomo ad abitare”. È in questo continuo evolvere dei luoghi, del paesaggio, che risulta affascinante il ruolo dell’architetto progettista. Se è vero che “tra gli abitanti ed i loro luoghi si produceva in passato –e si produce ancora oggi in forma diversa e meno pregnante– una sorta di rapporto simbiotico, allora bisogna prendere atto che si è come si è in relazione a come il luogo è, ed il luogo stesso è come è in relazione a come sono i suoi abitanti”. (Francesco Bevilacqua) Il paesaggio non può non subire trasformazioni ad opera dell’uomo, esso è anzi esattamente il prodotto dell’interazione tra lo spazio naturale e l’azione culturale. Il nostro ruolo in alcuni casi dovrebbe essere quello di non far prevalere il desiderio di lasciare un segno forte ed inequivocabile del nostro essere progettisti. Ma è nello sforzo di entrare in un rapporto intimo con il territorio, con la sua storia che si misura la “capacità di progettare dei cambiamenti che non sfigurano l’identità estetica dei luoghi pur trasformandola ove questo è necessario” (Francesco Bevilacqua). Identità non significa immobilità, rigidità. Èuna unità in cui lo spirito dei luoghi (genius loci) incontra elementi immateriali ma anche elementi più fisici dell’architettura, o di quelli che caratterizzano l’ambiente. 29


Fallingwater: Immagini tratte da AA. VV. Frank Lloyd Wright, I maestri dell’architettura, Pubblicazione periodica quattordicinale, Collana Hachette Fascicoli s.r.l., 2009

Suggestioni, sensazioni, stratificazioni La nostra formazione, le nostre ricerche e le nostre esperienze di conoscitori e progettisti di città, è fondamentale per interpretare i fenomeni e le forme urbane. Le continue modifiche degli assetti funzionali, contribuiscono alla definizione dello spirito del luogo, nella misura in cui fanno parte di una sedimentazione “condivisa”, di una stratificazione in cui gli stessi abitanti si riconoscono e ne fanno parte. Luoghi, città, architetture, paesaggi vanno continuamente interpretati chiamando in causa le forme, le espressioni architettoniche ma anche la vita degli abitanti: questo insieme costituisce il carattere indelebile di città o di ambienti rurali. L’opera architettonica crea comunque un nuovo sistema. Il luogo, l’intorno del sito oggetto della nuova opera architettonica, generano nuovi elementi. In una visione dinamica quindi il genius loci si arricchisce di nuovi significati consegnandoci

un’identità ancora più forte. Questo accade quando entriamo in sintonia con il luogo, quando ascoltiamo la natura lasciandoci guidare dalle suggestioni e dalle sensazioni. La progettazione architettonica deve creare un’armonia tra l’uomo e la natura, costruire un nuovo sistema in equilibrio tra ambiente costruito e ambiente naturale. La poetica dell’architettura organica ci aiuta capire queste relazioni. La casa sulla cascata di Frank Lloyd Wright del 1936 è l’esempio più pragmatico ed eccezionale di Architettura organica. Nella Storia dell’Architettura di Bruno Zevi (Einaudi editore 1975) viene riportato il messaggio di Frank Lloyd Wright.” Io vi porto una nuova dichiarazione d’Indipendenza…Architettura organica vuol dire, né più né meno, società organica. Gli ideali organici rifiutano le regole imposte dall’estetismo epidermico o dal mero buon gusto, e la gente cui apparterrà questa architettura ricuserà le imposizioni che sono in disaccordo con


la natura e il carattere dell’uomo. Troppe volte nel passato la bellezza ha contrastato il buon senso; io credo che sia giunta l’ora in cui debba avere un senso…Nell’era moderna l’arte,la scienza e la religione s’incontreranno, sino ad identificarsi: tale unità sarà conseguita mediante un processo in cui l’architettura organica eserciterà un ruolo centrale”. Nella casa sulla cascata, l’asimmetria della natura che si presenta con la cascata e quindi con un suono di acqua che scorre e con i massi rocciosi tutti diversi e straordinariamente in equilibrio, viene riproposta nella composizione architettonica dei nuovi elementi costruiti (i grandi terrazzi a sbalzo) che interpretano la forza della natura di quel luogo esaltando l’equilibrio ottenuto dall’arretramento graduale dalla base rocciosa. Un equilibrio attento che nulla ha a che vedere con lo scempio cui assistiamo di frequente nei luoghi più suggestivi, un equilibrio che con questa nuova architettura si è tradotto in una stratificazione assolutamente in armonia con lo spirito di quel luogo. Architettura organica negli Insediamenti rupestri L’immagine della casa sulla cascata mi riporta ad un luogo altrettanto suggestivo: Cleto. La presenza di un insediamento rupestre e sulla sommità del costone roccioso il castello che sovrasta il borgo arroccato, difeso naturalmente da strapiombi. Il tutto avvolto da un’atmosfera fiabesca fatta da una cascata di casette e palazzotti che si adagiano con discrezione sul pendio rivolto a valle, lasciando inalterati i fronti rocciosi che si ergono imponenti sui valloni. Questo è Cleto,piccolo paese della provincia di Cosenza,ma il sito era denominato Pietramala dall’età medievale sino all’unità d’Italia. Nel suo studio il dott. Maggiorino Iusi, Università della Calabria – Dipartimento di Filologia, spiega e descrive le motte calabresi, in Filologia Antica e Moderna XV, 30-31, 2006 Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ) ..“…Acquista credibilità

l’ipotesi di Pietramala come luogo roccioso. Si tratta di qualcosa di più di un generico luogo. Si tratta piuttosto di un fenomeno storico-antropologico riferito a un particolare tipo di insediamento rupestre, che fa capo alla parola Petra e su cui conviene riflettere per evitare che rimanga <un problema castellologico ancora aperto>.”…. Di Cleto si sono occupati da anni insigni studiosi: Prof. Francesco A. Cuteri, Archeologo e Professore di Archeologia Medievale presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, l’architetto Stefania Aiello, Conservatore dei Beni Architettonici e Ambientali e docente di Storia dell’arte, Il Prof. Vito Teti, docente di Etnologia presso l’Università della Calabria e tanti altri. A Cleto ci troviamo di fronte ad un villaggio -monumento di eccezionale interesse e suggestione costruito sulla roccia nuda,o meglio adagiato sulla rupe da cui trae energia. Su di essa si modellano abitazioni, torri di difesa e grandi magazzini ricavati nella roccia per la raccolta delle derrate alimentari e per le cisterne d’acqua. Dalla rupe trae origine l’abitato, che con l’inserimento di nuove funzioni nel contesto naturalistico vive nello spirito del luogo e lo arricchisce di nuove suggestioni rafforzandone l’identità.

Bibliografia Christian Norberg-Schulz, Genius Loci: Paesaggio, ambiente, architettura, traduzione di Anna Maria Norberg-Schulz, collana Documenti di Architettura, Electa, 1992 Francesco Bevilacqua, AA. VV. Frank Lloyd Wright, I maestri dell’architettura, Pubblicazione periodica quattordicinale, Collana Hachette Fascicoli s.r.l., 2009 Bruno Zevi, Storia dell’Architettura, Einaudi editore 1975.

Cleto Fotografie: Architetto Marisa Raffaela Gigliotti

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BIOARchitettura Progettazione Sostenibile e Rigenerazione Urbana nella Piana Lametina Masterplan per il Risanamento e la riconversione dell’Area di Sviluppo Industriale di Lamezia Terme a distretto tecnologico e porto turistico finalizzato alla renaturalizzazione dei suoli e lo start up della Green Economy locale.

Laboratorio progettuale di Bioarchitettura 2012 in convenzione con l’Università di Bologna e ASI Lamezia Terme. Supervisori: Arch. Joachim Eble_Tubinga (D), Atelier Dreiseitl_Arch. Gerhard Hauber_Ueberlingen (D) Direttori: Univ. Prof. Carlo Monti_Bologna, Univ. Prof Wittfrida Mitterer_Innsbruck Tutor: Ing. Giovanni Renda, Dirigente Ufficio Tecnico Asicat, Arch.Francesco Morabito, Arch. Mariagrazia Santoro Team: Arch. Agostino, Arch. Alfano, Arch. Bartucca, Ing. Calidonna, Arch. D’audino, Arch. Gallo, Arch. Lorusso, Arch. Naccari, Geol. Pellegrino, Ing. Roperto, Ing. Saraco, Ing. Sole, Arch. Tropea, Arch. Tropeano, Ing. Trunzo

L’area industriale di Lamezia è stata in passato investita da grandi progetti, per lo più settoriali, che hanno portato oggi ad avere una serie di paesaggi stratificati: il paesaggio antico, che aveva un suo equilibrio e di cui sono rimaste tracce limitate, il paesaggio della bonifica e il non-paesaggio industriale che si è giustapposto al precedente senza giungere a consolidarsi. Pertanto, non avendo un paesaggio ancora riconoscibile da “restaurare”, dobbiamo progettare le relazioni pensando all’edificazione del contesto e, quindi, progettare un nuovo paesaggio che riconosca i dati strutturali, a grande scala: la morfologia, il rapporto col mare, il microclima e la natura dei terreni, la presenza di elementi storici e artificiali dominanti, all’interno e nell’intor-


no, che sono prevalentemente legati all’acqua. Tutto questo si confronta con gli usi attuali, le reti e gli oggetti esistenti e con le prospettive realistiche di sviluppo, legate ad un turismo di qualità, accompagnato da attività produttive compatibili: servizi, attrezzature per il turismo, agricoltura specializzata, produzione diffusa di energia da fonti rinnovabili, sviluppo di tecnologie connesse a tutte queste attività. La realtà dell’area industriale di Lamezia richiede, dunque, un insieme coordinato di interventi, data la situazione attuale, caratterizzata dalla dispersione di relitti delle iniziative precedenti. Il progetto deve essere legato al territorio con un approccio interdisciplinare, riguardare diversi settori di servizi e di produzione e, soprattutto, esse33


34 al fine di generare e non distruggere ancora, partendo dal recupero della memoria storica per capire la vocazione dell’area e ridarle un volto dai lineamenti definiti, secondo quello che il luogo stesso ha inscritto nel DNA, una progettazione basata sulle relazioni, integrata e partecipata, che trae la sua forza da operazioni già consolidate. La proposta di Masterplan parte dalla constatazione di un’urbanistica oggi inesistente che deve essere ricostruita per ridare al sito una continuità tramite un’ipotesi di sviluppo biocompatibile che possa favorire un rilancio dell’area piuttosto che la sua abolizione in chiave ricettivo-turistica. Il tema di base è la “riconversione dell’area a distretto tecnologico e polo turistico” da attuare attraverso un’operazione congiunta tra tutti gli attori dello sviluppo locale. Si propone il progetto ecologico come processo per un divenire del paesaggio, in una logica di dialogo e ibridazione sostenibile dell’area. E sarà proprio la trasmissione del processo l’attrattore dell’area industriale che diventa il POLO ECOLOGICO d’Italia e, perché no, anche d’Europa, promuovendo un TURISMO PARTECIPATIVO, oltre che culturale. re graduale, individuando una serie di interventi iniziali che possano crescere nel tempo attraendo nuove iniziative e alimentando quelle in programma, pur mantenendo una certa flessibilità, necessaria per tenere conto di nuove esigenze, nuovi limiti o nuove opportunità. Si è reso indispensabile lo sviluppo di una terapia di ricostruzione urbana

Si è dunque elaborato un programma di intervento partendo dalla definizione dei possibili scenari progettuali, considerando costanti comuni a tutti gli ambiti del masterplan il rapporto con il paesaggio, con particolare riguardo al rapporto con il mare, la bioclimatica, l’autosufficienza energetica, l’integrazione con la natura e l’utilizzo delle risorse del luogo.

Scenario 1 La porta d’ingresso. Polo intermodale e zona Expo-Fiera. Diffusione permacultura. Partendo da una diversa gestione dei vari livelli di traffico, l’ingresso all’area è regolato da tre accessi dislocati in punti strategici lungo la statale: a nord, sarà l’arrivo massiccio dei visitatori (tenuto conto anche della connessione con l’aeroporto), dove è previsto un’area di scambio intermodale in cui lasciare la propria auto e proseguire 1

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Tav. 1, Arch. Tarquinia Alfano Tav. 2, Arch. Angela Caridà


all’interno dell’area con altre modalità di trasporto, al fine di ridurre i mezzi privati e privilegiare quelli pubblici ed eco; al centro, lo snodo logistico per l’area industriale da cui si gestisce ingresso e uscita dei mezzi pesanti e dei lavoratori; a sud, lo snodo logistico per il traffico legato agli impianti di purificazione e gestione dei rifiuti. All’interno dell’area, il sistema relazionale è ripensato secondo una concezione sostenibile degli spostamenti, con distanze brevi e piacevoli da percorrere, la realizzazione di greenways, di piste ciclabili e di un eco-trail per i visitatori. L’accesso a nord diviene quindi la Porta d’ingresso alla rinnovata area lametina, individuato da infopoints come landmarks, i cui elementi costruttivi devono provenire da elementi dismessi dell’area industriale (ciminiere, canne fumarie, binari..) dandogli nuova vita.

la ad est della statale) ed avviare una nuova organizzazione dell’agricoltura come strategia per l’hinterland, attraverso la coltivazione e giustapposizione di colture che il territorio può vantare (quali cedro, ulivo, ciliegio, carrubo, zucchino, etc. La permacultura diffusa in tutto il sito è il vettore che innesca il turismo partecipativo, culturale, fatto di seminari e workshops, favorendo lo scambio continuo di informazioni e di istruzione - formazione permanente - secondo formule temporanee o giornaliere o fieristiche. A questo proposito, a nord dell’ASI, lungo il collettore, trova spazio una zona espositivo-fieristica di circa 97000 mq, con sale congressi e posti auto annessi, in una cornice ambientale che annuncia il progetto ecologico all’interno dell’area. Dietro l’ASI,

Un aspetto fondamentale della proposta progettuale messa in atto è la diffusione di una nuova idea di fare agricoltura, secondo una configurazione economica più efficiente: la permacultura, ovvero un’agricoltura integrata dai sistemi urbani e che permea tutte le realtà esistenti. Il clima favorevole e le tradizioni locali già oggi consentono ad alcune aziende agricole di mettere sul mercato ed esportare prodotti tipici di qualità e la presenza di un centro di ricerca collocato nell’area della Porta Amato non è certo casuale perché assolverebbe alla formazione di una “vetrina” delle produzioni di qualità e di una rete commerciale rivolta all’esportazione. Si vuole dare slancio al potenziamento del sistema agricolo esistente (da considerare gli ettari a salvaguardia agricoTavola Arch. Annalisa Gallo

invece, si vuole creare una dimensione più intima per la facoltà di agraria, partendo dalle coltivazioni di piante madri attualmente esistenti. Una sorta di grande mercato ecologico che alimenta e accresce l’interesse per il nuovo polo lametino.

Scenario 2 L’ecovillaggio e la cooling spine Gli eco-villaggi sono insediamenti a misura d’uomo, rurali o urbani, che aspirano a creare modelli di vita sostenibile. Nel progetto di tutta la parte destinata ad ecovillaggio emerge lo sviluppo di alcuni principi base:


Tavola Arch. Giuseppina Agostino

> la determinazione di un assetto morfologico-planimetrico che si armonizzi con gli elementi naturali (terra, acqua, sole e vento); > la gerarchizzazione della viabilità di accesso e di collegamento interno all’area in maniera da impedire la circolazione di veicoli a motore all’interno dell’abitato; > la strutturazione di un sistema di percorsi ciclopedonali affiancati da corsi d’acqua che collega gli spazi naturali agli elementi di attrazione presenti, come chioschi e aree gioco; > la definizione di spazi collettivi immersi nel verde, a disposizione dei residenti del complesso e di coloro che, lavorando lì, possono trovare, a due passi, un’immensa area verde per leggere un libro e per rilassarsi, anche durante la pausa pranzo. Tavola Arch. Eugenio D’audino

Le residenze si articolano in 5 tipologie abitative: 1- Area con funzione abitativa di tipo naturalistico: residenze a duna nella fascia di ripristino dell’ecosistema originale, ove ritroviamo attività di agriturismo, birdwatching e altre attività ambientali, nonché una stazione ecologica, centro di una cooperazione transregionale. 2- Area con funzione abitativa di tipo sociale: residenze sul mare dotate di posti barca con servizi pubblici sulla fascia retrostante; è privilegiato un intimo rapporto con il mare. 3- Area con funzione abitativa di tipo di pregio: residenze di valore che si interfacciano con il mare. 4- Area con funzione abitativa di tipo residenziale-ricettiva: residenze per chi, all’interno dell’area, svolge la funzione ricettiva e lavoro in genere, e per i turisti o alloggio temporaneo legato all’attività di rimessaggio; dotazione di servizi per la ricettività turistica e servizi di intrattenimento; presenza di permacultura diffusa dove sperimentare questa attività e imparare best practise. 5- Area con funzione abitativa di tipo residenziale-artigianale: per chi lavora nell’area; abitazioni in contiguità ai laboratori, per l’artigiano e la sua famiglia. Quest’ambito svolge la funzione di un passaggio graduale dalla scala dei processi industriali alla scala dei processi artigianali. La fascia stradale ad anelli che corre da nord a sud, con aree a verde interposte, viene ripensata come parco lineare articolato in episodi: in alcuni anelli, sfruttando il naturale dislivello si destineranno aree a fitodepurazione con le relative specie arboree, intervallando con alberi

da frutto e alberi ad alto fusto, così da rivitalizzare zone ora abbandonate e contribuire al raffrescamento e alla generazione del microclima.

Scenario 3 Risanamento dell’area industriale. Raffrescamento delle heat islands, nuove tipologie industriali ed ecomarina Partendo dalla realtà esistente di aziende già insediate e di prossima collocazione, si progettano gli spazi rimanenti in termini di riorganizzazione ecologica del comparto industriale con l’intento di ricucire i frammenti di industrie sparse nel territorio e allo stesso tempo prevedere una corretta espansione e controllo urbanistico per i nuovi insediamenti. Gli spazi vuoti sono occasione di sviluppo di una nuova idea di costruzione industriale secondo una strutturazione più articolata ma flessibile, proponendo un diverso modo di lavorare e interagire tra le attività. Le

Tavola Arch. Jole Tropeano


Tavola Arch. Rosaria Lorusso

aziende dovranno essere dotate di un sistema di purificazione locale delle acque per poi rientrare nel management totale che innerva l’area. Infiltrazioni di spazi verdi tra le aziende e zone d’acqua sono parte dell’idea di integrazione e di rivitalizzazione del paesaggio, oltre che di migliore qualità di vita e di lavoro, così da eludere il formarsi di isole di calore che rendono la permanenza nell’area tutt’altro che confortevole. Inoltre, si è rilevata l’opportunità di insediare un polo tecnologico, un Business Innovation Centre per l’assistenza start-up alle aziende. La darsena darà luogo allo sviluppo di un’ecomarina per la gestione delle attività di rimessaggio e manutenzione delle barche, servizi che mancano in tutti gli approdi turistici lungo la fascia costiera intorno a Lamezia (e che ben si inseriscono in un’area con industrie già avviate che necessitano di esse-

re coinvolte in questa riformulazione dell’area). Questo potrebbe produrre occupazione, anche specializzata, valorizzando inoltre capacità artigianali già presenti nel comprensorio.

Scenario 4 Suolo e non solo. Terra preta system Secondo i parametri innovativi che caratterizzeranno l’area, sulla fascia dell’entroterra a ridosso della pineta, è previsto un sistema di capannoni per la gestione di un impianto di terra preta e dei processi annessi. La Terra preta è un prodotto innovativo, una terra incredibilmente fertile, economica da produrre e assolutamente sostenibile. Si articola in due filiere: una raccoglie la biomassa prodotta in tutta l’area in

progetto (ed eventualmente quella proveniente dal circondario), quindi l’organico e gli scarti dell’agricoltura, da cui si produce, dopo il processo di fermentazione, terra nobile molto fertile da utilizzare nelle serre per la coltivazione di varie piante. L’altra filiera, invece, utilizza le acque di scarico. Si generano flussi dalle risorse in loco e otteniamo suolo fertile, energia e purificazione dell’acqua. Non solo: il biogas liberato dalla fermentazione può essere convogliato nelle serre. Insomma, nessuno spreco. In ogni caso, il processo è lineare e richiede solo l’utilizzo di alcuni capannoni con compartimentati all’interno dove far fermentare la biomassa. È necessario sviluppare un’economia capace di usare l’energia e le materie prime, di investire sugli ecosistemi senza danneggiarli, di guardare ai rifiuti come a una fase del continuo divenire 37


38 delle merci e non come a un elemento da espellere con fastidio dal ciclo produttivo.

Scenario 5 Lagunaggio e fitodepurazione. Ricreazione dell’ecosistema Non si può e non si deve prescindere dalle risorse naturali del luogo. Sul sito insiste una rete idrografica che innerva l’area e tale ricchezza idrica deve essere sfruttata. Si propone pertanto di riqualificare il sistema acqua al fine di garantire il bilancio idrico (dato che l’area è soggetta ad allagamenti) nonché riportare la biodiversità e avere funzione bioclimatica. Si parte dalla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua perché non si può prescindere da essa se si vuole riqualificare l’ambiente; tale visione abbraccia infatti tutto il comprensorio andando a definire una rete di purificazione. Connessa a questa operazione di cleaning landscape, da portare anche all’interno dell’area, è il sistema di lagunaggio che diventa lo spazio del troppo pieno e funziona come fitodepurazione, sfruttando il naturale declivio dell’area. Il lagunaggio interessa la fascia retrostante quella litoranea, dove si vuole recuperare il paesaggio e l’habitat originari della piana, in osmosi col territorio. In quest’ottica di purificazione dell’acqua prima che arrivi al mare, (anche al fine di favorire il turismo), non si esclude una proposta di rinaturalizzazione del delta dell’Amato, attraverso una formulazione apposita per il coinvolgimento degli attori necessari.

Scenario 6 La darsena e l’attività di rimessaggio Motore del ripristino del paesaggio lagunare è la darsena con forte valenza paesaggistica, struttura portante del nuovo paesaggio e, con il suo indotto, parte fondamentale del turismo. L’ipotesi progettuale è la proposta di una darsena di rimessaggio, che faccia da volano per uno sviluppo industriale ed artigianale dell’area con un mercato di riferimento Europeo e Nordafricano. Punto di partenza delle analisi condotte, è l’individuazione di una nicchia di mercato industriale ed artigianale, rappresentato dall’enorme richiesta di spazi per la cantieristica e rimessagio invernale, nel mercato della nautica di diporto; considerata anche la favorevole posizione baricentrica nel Mediterraneo e la presenza di un aeroporto internazionale nell’intorno e snodi autostradali e ferroviari nell’area. Dal punto di vista energetico, l’area deve essere dotata di tutte le attrezzature necessarie per approvvigionarsi di energia ed acqua ed essere autosufficiente. Tutto quello che contiene energia va recuperato e messo a sistema, dando vita ad un distretto energetico. In questa fase progettuale prevede l’utilizzo dei tetti dei capannoni esistenti per installazione di impianti solari, unendo alla riqualificazione la dotazione energetica necessaria alle attività insediate. Sarà inoltre valutata la fattibilità e la convenienza di altre risorse rinnovabili (geotermia, eolico ad

asse verticale, pirogassificazione, mini idroelettrico, scambiatore di calore da acque di scarico,etc.). Tutto ciò che è nuovo viene concepito in ottica ecosostenibile secondo la regola di zero emissioni di CO2. Un’operazione sulla piana di Lamezia, se vuole avere una proiezione futura, deve avere valenze per la Green Economy. La così detta Green Economy, che non è una rivoluzione, ma una graduale e incrementale riforma dell’economia odierna, non è un colpo di spugna che cancella l’esistente, ma un’evoluzione, con lo scopo di raggiungere un’economia sostenibile. Implica lo sviluppo di azioni di riconversione dell’offerta, della domanda, della formazione e dell’occupazione. Questa riformulazione dell’area porta con sé un rinnovato modo di consumare, di produrre, di industrializzare e quindi di vivere il lavoro e l’economia nel senso più ampio del termine. Per trasformare una sommatoria di tecnologie e materiali - ovviamente biocompatibili ed ecosostenibili – nell’Asi, e allo stesso tempo nella casa dell’uomo (ma anche della donna, dell’anziano, del bambino, del disabile, degli abitanti del Sud del mondo), nel luogo dove in futuro si potrà lavorare e vivere, è necessario coinvolgersi nelle tradizioni, nei codici, nei linguaggi adottando un’ottica complessiva (inevitabilmente urbana) che richiede scelte consapevoli e responsabili. Si tratta di una sorta di nuovo umanesimo che pone la vita e la sua qualità come obiettivo primario del progetto. Tempo e spazio, riferimenti classici dell’architettura, vengono letti come necessità di adesione alla storia e alla geografia, cioè alle persone ed ai luoghi.


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ARCHI_JUNIOR a cura di Francesco Materazzo architetto

Professioni tecniche di serie A e di serie B: sterili polemiche e necessari chiarimenti. Come è noto, il Decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, ha introdotto le modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti. In particolare, l’Art. 15 che disciplina Sezioni e titoli professionali della professione di ARCHITETTO, PIANIFICATORE, PAESAGGISTA E CONSERVATORE, definisce quanto di seguito: 1. Nell’albo professionale dell’ordine degli architetti, che assume la denominazione: “Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori”, sono istituite la sezione A e la sezione B. 2. La sezione A è ripartita nei seguenti settori: a) architettura; b) pianificazione territoriale; c) paesaggistica; d) conservazione dei beni architettonici ed ambientali. 3. Agli iscritti nella sezione A spettano i seguenti titoli professionali: a) agli iscritti nel settore “architettura” spetta il titolo di architetto; b) agli iscritti nel settore “pianificazione territoriale” spetta il titolo di pianificatore territoriale; c) agli iscritti nel settore “paesaggistica” spetta il titolo di paesaggista; d) agli iscritti nel settore “conservazione dei beni architettonici ed ambientali” spetta il titolo di conservatore dei beni architettonici ed ambientali.

4. La sezione B è ripartita nei seguenti settori: a) architettura; b) pianificazione. 5. Agli iscritti nella sezione B spettano i seguenti titoli professionali: a) agli iscritti nel settore “architettura” spetta il titolo di architetto iunior; b) agli iscritti nel settore “pianificazione” spetta il titolo di pianificatore iunior. 6. L’iscrizione all’albo professionale è accompagnata dalle dizioni: “Sezione A - settore architettura”, “Sezione A - settore pianificazione territoriale”, “Sezione A - settore paesaggistica”, “Sezione A - settore conservazione dei beni architettonici ed ambientali”, “Sezione B - settore architettura”, “Sezione B - settore pianificazione”. Mentre l’Art. 16 specifica gli ambiti entro i quali si possono svolgere le attività professionali. Nello specifico: 1. Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione A - settore “architettura”, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1, comma 2, restando immutate le riserve e attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, le attività già stabilite dalle disposizioni vigenti nazionali ed europee per la professione di architetto, ed in particolare quelle che implicano l’uso di metodologie avanzate, innovative o sperimentali. 2. Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione A - settore “pianificazione territoriale”: a) la pianificazione del territorio, del paesaggio, dell’ambiente e della città;


b) lo svolgimento e il coordinamento di analisi complesse e specialistiche delle strutture urbane, territoriali, paesaggistiche e ambientali, il coordinamento e la gestione di attività di valutazione ambientale e di fattibilità dei piani e dei progetti urbani e territoriali; c) strategie, politiche e progetti di trasformazione urbana e territoriale. 3. Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione A - settore “paesaggistica”: a) la progettazione e la direzione relative a giardini e parchi; b) la redazione di piani paesistici; c) il restauro di parchi e giardini storici, contemplati dalla legge 20 giugno 1909, n. 364, ad esclusione delle loro componenti edilizie. 4. Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione A - settore “conservazione dei beni architettonici ed ambientali”: a) la diagnosi dei processi di degrado e dissesto dei beni architettonici e ambientali e la individuazione degli interventi e delle tecniche miranti alla loro conservazione. 5. Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione B, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1, comma 2, restando immutate le riserve e attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa: a) per il settore “architettura”: 1) le attività basate sull’applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie, comprese le opere pubbliche; 2) la progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la misura, la contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate; 3) i rilievi diretti e strumentali sull’edilizia attuale e storica. b) per il settore “pianificazione”: 1) le attività basate sull’applicazione delle scienze volte al concorso e alla collaborazione alle attività di pianificazione; 2) la costruzione e gestione di sistemi informativi per l’analisi e la gestione della città e del territorio; 3) l’analisi, il monitoraggio e la valutazione territoriale ed ambientale; 4) procedure di gestione e di valutazione di atti di pianificazione territoriale e relativi programmi complessi.

Quanto sopra risulta essere sufficientemente chiaro pur lasciando margini di interpretazione soprattutto per ciò che riguarda il punto a) 2) del comma 5 dell’art. 16, che recita “costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate”, frase che induce chi ha poco interesse ad approfondire l’argomento a trarre conclusioni affrettate. In tale direzione è opportuno citare la Sentenza n. 00686/2012 del Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale Sezione Quarta, che ha attribuito alla laurea di primo livello, quell›effettivo valore, non compreso dall›attuale mondo professionale, sentenziando in maniera inequivocabile sul «limite» sotto il quale non è permesso progettare e dirigere un progetto in zone vincolate sismicamente. La sentenza ha accolto il ricorso proposto dal Sindacato Nazionale Ingegneri Iuniores e Architetti Iuniores SINDINAR3 contro la Regione Calabria, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, per la riforma della sentenza del T.A.R. della Calabria n° 02795/2010, concernente “Progetto per la realizzazione di un fabbricato da adibire ad abitazione rurale” ricadente in zona sismica. In base alla suddetta sentenza del Consiglio di Stato gli ingegneri iscritti nella sezione B (si veda l’art. 46 del citato DPR), analogamente anche gli architetti iscritti nella sezione B, hanno competenza autonoma per quanto attiene alla progettazione in zona sismica. In sintesi, il giudice d’appello giunge alla conclusione che sia necessaria “una valutazione caso per caso, che tenga conto in concreto dell’opera prevista, delle metodologie di calcolo utilizzate, e che potrà essere tanto più rigida e “preclusiva”, allorché l’area sia classificata con un maggiore rischio sismico”. Altro riferimento informativo è la Circolare n° 180/2013 del CNAPPC che chiarisce in modo approfondito l’ambito entro il quale esercitare correttamente l’attività professionale. Si rammenta, in ultimo, ma non per importanza, che la figura del laureato triennale si è collocata tra diplomati e laureati “senior” assorbendo le continue discussioni e controversie sulle presunte invasioni di campo che nel corso degli anni hanno animato l’ambiente delle professioni tecniche. Sarebbe forse opportuno un momento di riflessione sull’attuale panorama nazionale riguardante il mondo delle professioni tecniche, già sufficientemente complesso, per cercare di condividere piuttosto che dissentire sulle problematiche varie che ci riguardano.

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DIARIODIBORDO San Paolo di Domenico Conaci - Architetto

Nel giugno del 2014 la partita inaugurale dei mondiali di calcio si svolgerà nel nuovo stadio Corinthians nella zona di Itaquera della città di San Paolo. Evento che accenderà i riflettori su una delle città più importanti del Sud America, abitata da circa 12 milioni di abitanti che diventano quasi 30 milioni calcolando tutta l’estensione dell’area urbana che la fa diventare una delle città più popolose del mondo. Considerata come la Manhattan del Sud America, centro finanziario ed industriale e città dove si produce più ricchezza di quanta se ne produca nel resto del Brasile. San Paolo è una città multiculturale e cosmopolita, con comunità straniere molto numerose tra cui quella italiana che raggiunge insieme ai suoi discendenti oltre il milione di abitanti. Cresciuta a dismisura da quando fu fondata nel 1952 dai Portoghesi, anche oggi continua ad espandersi, diversamente da come Le Corbusier, quando negli anni 30 vi tenne una conferenza, illustrava la sua visione urbanistica di sviluppo delle città prevedendo la costruzione di mega edifici cruciformi alti

200 metri “immersi nell’area e nella luce”, con trasporto pubblico sotterraneo e infinite aree libere. Oggi si inglobano e si convertono experiferie degradate in nuovi centri abitati e si urbanizzano vaste nuove aree a sud verso i laghi dove il concetto di confine, di limite della città urbanizzata, subisce la realtà ed è perennemente in ritardo. Attraversando la città e ritrovarsi immersi in una delle sue grandi strade che attraversano il centro, costantemente intasate dal traffico, produce un certo disorientamento, senza trasmettere l’effettiva idea della dimensione e dei contrasti sociali ed economici che attanagliano la città, i quali si palesano invece osservandola dal cielo. Occorrono tutte e due le percezioni, quella dal basso e quella dall’alto, per cominciare a farsi un’idea della sostanza di questa immensa città. Infatti, dall’alto, dai grattacieli si colgono le molteplici identità e forme della città come il contrasto tra nuovi edifici residenziali o anonime scatole vetrate per uffici e un quartiere Jardin al di la della strada, ancora sotto l’ombra dei

grattacieli formato da ville private inserite nel verde. Tra tutte le sue ricchezze e zone d’ombra, San Paolo è una città piena di verde, di spazi aperti e di natura, dove a breve distanza l’uno dall’altro si trovano piazze più o meno frequentate e parchi fitti di vegetazione autoctona, a volte talmente fitta da trasmettere la memoria delle foreste, oggi perlopiù scomparse, che un tempo caratterizzavano la costa del Brasile da nord a sud, come il fitto parco lungo l’Avenida Paulista appena davanti al Museo d’Arte di San Paolo. Alla costante espansione urbana non è corrisposto un coerente sviluppo delle infrastrutture per la mobilità urbana. Infatti il sistema di mobilità si basa in gran parte sul trasporto su gomma dove una fitta rete di autobus inquinanti, serve su scala megalopolitana, insieme alla rete ferroviaria che si articola all’interno del paese. Il sistema della metropolitana per quanto diffuso e articolato su cinque linee non riesce a soddisfare il bisogno di mobilità di una città in continua evoluzione.


L’architettura di San Paolo a differenza di Brasilia la città resa celebre dai propri monumenti moderni ci sottopone edifici-icone, localizzati in prevalenza nelle aree centrali, soprattutto a destinazione culturale. Per esempio: il MASP o il centro culturale-sportivo SESC Fàbrica Pompéia di Lina Bo Bardi, l’architetto italiana moglie di P.M. Bardi, il mercante d’arte, che insieme nel 1946 si trasferirono a San Paolo. Oppure le architetture del Premio Pritzker Paolo Mendez da Rocha o le architetture-sculture di Oscar Niemeyer. Tutte contengono in dote l’idea che San Paolo possieda il codice genetico della contemporaneità architettonica, soprattutto grazie all’utilizzo, nella loro forte composizione volumetrica, anche di elementi costruttivi tradizionali come travi e pilastri. Camminare sotto alcuni di questi edifici trasmette una gradevole sensazione di protezione, gli spazi al piano terra diventano piazze coperte che appartengono insieme all’edificio e alla città. Ci si sente riparati, sotto il parallelepipedo sospeso di cemento armato lungo 80 metri

ai bordi dell’Avenida Paulista, che funge da portale strutturale del MASP, inaugurato nel 1968. In modo analogo, ripara dal sole il rigido monolite scultoreo del Museo della Scultura Brasiliana, realizzato nel 1995 su progetto di Paulo Mendes da Rocha che con una dimensione 12m x 2m di altezza con una luce libera di oltre 60 metri è l’unico elemento visibile, mentre tutte le funzioni museali si trovano sotto la piazza a quota strada. Una sensazione simile si ha anche percorrendo la Marquise del Parque Ibirapuera, di Oscar Niemeyer; qui la sagoma stilizzata di un uomo definisce un percorso coperto che attraversa il parco e collega più edifici tra cui il MAM (Museo di Arte Moderna) progettato da Lina Bo Bardi, nel rispetto delle sinuosità di Niemeyer. Le stesse sinuosità che si trovano negli spazi espositivi dell’edificio Oca in contrapposizione alla spigolosa forma geometrica dell’Auditòrio Ibirapuera sempre all’interno del parco. Più recentemente, a queste icone urbane si sono aggiunti edifici privati di minori dimensioni come le residenze di Marcio Kogan o come il negozio di mobili Forma, firmato da Mendez da Rocha. Si tratta di un parallelepipedo quasi totalmente chiuso, sollevato da terra e con


44 appoggi solo sui lati minori. Il piano terra è sostituito da un vuoto che fa da piazza ma anche da parcheggio clienti, l’ingresso baricentrico è una leggera scala in acciaio che nelle ore notturne ruota scomparendo nella struttura. Altri edifici simbolo sono il sinuoso edificio in calcestruzzo Copan, firmato da Niemeyer e l’edificio Italia che con i suoi 45 piani e i 168 metri di altezza permette nelle giornate chiare di avvistare punti lontani come l’Avenida Paulista, Pico do Jaraguá e perfino la Serra do Mar, la catena costiera. Allontanandosi dal centro dove stanno la finanza e i quartieri residenziali più agiati a volte recintati come dei fortini, si scopre, l’altra faccia della capitale, composta dalle numerose favelas, città nella città, densi agglomerati urba-

ni formati da baracche impilate le une sulle altre, costruiti senza regole ma soprattutto senza le minime dotazioni igieniche. Negli ultimi anni, San Paolo ha intrapreso una politica che fosse in grado di trasformare le favelas da luoghi di passaggio, per chi quotidianamente arriva qui dalla campagna, a punti di riscatto sociale e di coinvolgimento dei residenti alla vita sociale, cercando di far diventare le favelas luoghi di vita permanente e di investimento da parte di chi ci abita. Si sta cercando di vincere questa scommessa attraverso interventi di riqualificazione di spazi pubblici e tramite la realizzazione di nuovi edifici in particolare scuole, realizzate con materiali semplici e molto simili a quelli usati abitualmente, per non perdere il senso di appartenenza al luogo.

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Conferenza degli Ordini 14-15 Marzo, Padova: Eco quartieri, best practices e strategie di rigenerazione urbana. di Silvia Aloisio Architetto Fitto il calendario di eventi che Padova ha ospitato in occasione della Conferenza Nazionale degli Ordini e nell’ambito della Biennale Internazionale di Architettura “Barbara Cappochin”, promossa dall’omonima Fondazione e dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Padova, insieme al Comune di Padova, e realizzata in collaborazione con la Regione del Veneto, il Consiglio Nazionale degli Architetti e l’Unione Internazionale degli Architetti. Sostenibilità, riuso e rigenerazione le parole chiave che hanno segnato gli incontri e le conferenze.

Sono state messe a confronto quattro esperienze europee, quattro quartieri eco-sostenibili, di cui sono stati ascoltati gli amministratori ed i progettisti, sono state individuate le criticità e le best practices, il tutto con l’obiettivo di avere gli strumenti giusti per agire nella realtà italiana. Il risultato, solo parziale, di questo lavoro è un documento che vuole essere un manifesto attraverso il quale ci riappropriamo della possibilità di produrre un disegno di qualità della città e cerchiamo di stimolare un cambiamento nel fare urbanistica nel nostro paese. La definizione di programmi di 45


46 rigenerazione urbana sostenibile, l’affermazione di un Comitato interministeriale per le Politiche Urbane, in grado di coordinare il lavoro dei vari Ministeri, la costituzione di un Agenzia Nazionale per la Rigenerazione Urbana Sostenibile e la definizione dei rapporti tra enti pubblici, banche e società private, sono alcuni dei punti focali del documento approvato. Inoltre, il CNA ha deliberato che, in risposta alla richiesta del governo e coerenti con lo spirito che anima il progetto Ri.u.so, rigenerazione urbana sostenibile, gli architetti italiani offrono la loro disponibilità ai piccoli Comuni per la valutazione tecnica gratuita delle condizione delle scuole presenti nel loro territorio per consentire di rientrare nel programma di finanziamento deciso dal Governo. “Condividiamo in pieno l’iniziativa del Governo di rigenerare gli edifici scolastici, simbolo e realtà delle vita civile e del futuro della società italiana: poichè conosciamo le difficoltà che le più piccole realtà locali potrebbero avere nel segnalare al Governo la situazione delle loro scuole per avere accesso alla iniziativa lanciata dall’E-

Servizi alle Imprese

secutivo - specialmente laddove queste Amministrazioni sono carenti di risorse professionali - siamo pronti a coordinarci con le strutture dell’ANCI, l’associazione dei Comuni italiani, mettendo a disposizione, su tutto il territorio nazionale, architetti volontari, scelti anche tra quanti fanno parte dei nostri Presidi di Protezione Civile”. Nel corso della Conferenza degli Ordini degli Architetti è stato inoltre deciso di mettere immediatamente a disposizione del Governo professionalità qualificate e strumenti sofisticati, quali la piattaforma on line, per l’organizzazione di Concorsi di Architettura, rapidi e trasparenti, affinchè gruppi integrati di progettazione possano risolvere i problemi degli edifici scolastici, al fine siano rigenerati in luoghi più belli, sicuri e energeticamente efficienti, utili all’istruzione dei ragazzi e adatti ad essere luoghi di socializzazione ed incontro. “Esigete dagli architetti scuole e istituti bellissimi, civili, luminosi per i vostri figli”: questo È quanto scriveva Giò Ponti. E noi siamo pronti a farlo”

Cropani Marina (CZ)


ARCHIBOOK Paralleli minimi di Mario Amelio di Guido Mignolli architetto Atmosfere montane e aria rarefatta accompagnano un racconto che è una testimonianza d’amore verso la propria terra e le comunità che la abitano. Boschi di castagni secolari, “gallerie di rami e di foglie” che richiamano alla mente i freschi ripari dalle calure estive, canti di uccellini e odori della natura fanno da cornice al ‘paese’, che è il vero protagonista della storia. Il paese nelle sue fisicità, le case con i giardini, le strade vissute, le porte di legno, le tegole antiche dei tetti, i balconi infiorati, il vecchio cimitero, non rappresenta l’ambientazione della vicenda, ma uno degli attori, il principale, che superate le aggressioni del nuovo che tende a uniformare, determina gli umori e le volontà, avvicina gli abitanti alla propria identità. Il paese nei ‘riti’ della sua gente, le processioni, le passeggiate, le riunioni negli angoli della piazzetta, i bicchierini di vetro spesso sorseggiati davanti al bar, che dalle pagine emergono come gli odori delle cucine che fuggono dalle finestre e inondano le strette vie. L’esperienza nel progettare per vivere i luoghi fisici delle comunità umane, ha condotto Mario Amelio, architetto di professione, ad un cammino di ricerca diverso, ma appunto “parallelo”. È così che il paese si apre agli spazi dell’anima e, come dovrebbe essere, lo spazio che viviamo rappresenta ciò

È l’architetto Mario Amelio l’autore del racconto “Paralleli Minimi”. Vive a Fossato Serralta, da quando vi è nato e lì svolge la propria attività di libero professionista, autore di opere d’arte di pittura e scultura. Da sempre impegnato nel campo del sociale, appassionato di storia e di letteratura, è grande lettore di romanzi. Profondo conoscitore della vita delle comunità locali e delle vicende che ne hanno segnato il carattere, del tutto autodidatta, coniuga l’impegno professionale con la passione per la scrittura.

Editore Iena Reader Nardini Editore, Via delle Vecchie Carceri, 3 50122 Firenze - www.ienareader.it

che noi siamo: le nostre aspirazioni, i nostri incontri, le speranze e le disillusioni. Non si può dire pertanto che Mario Amelio abbia cambiato mestiere, ma piuttosto che ha fatto una nuova esperienza della sua professionalità, rappresentandola nelle pagine della sua prima opera: “Paralleli Minimi”. È la storia di un piccolo paese, Borgo Casale, dove generazioni diverse, di chi è rimasto e di chi se ne è andato, si incontrano e si confrontano, facendo i conti con un passato dal quale qualcuno si è riscattato, a prezzo però di perdere in parte la propria identità nei muri scrostati dei palazzi signorili non più abitati. Serpeggiano tra le pagine echi de “I vecchi e i giovani” di Pirandello; d’altronde è anche questa una storia del sud, che racconta le profondità della gente comune, la saggezza di chi è avanti con gli anni, la curiosità di chi vuole imparare e sperimentare. Il tutto è narrato attraverso calde tinte ed odori familiari, suggestivi paesaggi di mare e di monti e con una lingua semplice, “di casa”, che parla un linguaggio immediato e vero, quello della gente nelle prime alture della Sila. “Dimenticare le origini, l’idioma – diceva il rimpianto attore calabrese Pino Michienzi – vuol dire rischiare la perdita della propria identità sociale e culturale. La lingua deve essere, invece, memoria viva, conservata eternamente giovane da quell’amore che ogni uomo dovrebbe avere per le proprie radici, collegamento con la nostra storia. E non è cosa da poco!”. Dimenticare le origini è il rischio che corre chi va via. Quelli che per volontà o necessità lasciano il paese, si sradicano dal proprio terreno e vanno altrove. Anche se solo nella città vicina. Dimenticano realmente? Molti no. Accantonano il pensiero, per non soffrire. Che non siano, invece, quelli che amano di più? Come i ‘fuggitivi’ dei paralleli minimi… 47


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TIMELINE a cura di Francesca Savari architetto Tutte le mostre in corso segnalate in questa pagina sono elencate in forma di calendario secondo la data di inaugurazione.

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“RENZO PIANO BUILDING WORKSHOP PEZZO PER PEZZO” Palazzo della Ragione, Padova 15 marzo/15 luglio 2014 Gli architetti potranno richiedere ai rispettivi Ordini di appartenenza il riconoscimento di n. 2 (due) CFP (Crediti Formativi Professionali

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» La principale fiera dedicata all’illuminazione e all’architettura 30 MAR/4 APR 2014 Frankfurt - GERMANY Messe Frankfurt Ludwig-Erhard-Anlage 1

MAD - MATERIAL ART DESIGN. PERCORSI CREATIVI DEL FARE E DEL PENSARE CONTEMPORANEO Dal 26 Marzo 2014 al 26 Aprile 2014 MILANO

è un evento annuale che in un solo week end consente l’apertura gratuita di centinaia di edifici notevoli per le peculiarità architettoniche e artistiche, e che, a differenza di iniziative simili, rivolge particolare attenzione oltre che al patrimonio storico, anche e soprattutto a quello moderno e contemporaneo, fino ad aprire la visita anche dei cantieri della città in trasformazione.

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dal 10/05/14 all’11/05/14

SALONE INTERNAZIONALE DEL MOBILE 54° edizione 8/13 APR 2014 Salone Internazionale del Mobile, del Complemento d’Arredo, dell’Ufficio, Euroluce, Salone Satellite. Appuntamento annuale con le anteprime delle migliori case Italiane e non di Arredamento, illuminotecnica, ceramiche, arredo bagno e tanto altro ancora. Rho (MI) - Fiera di Milano - s. s. del sempione, 28

MOA CASA edizione di primavera APR/MAG 2014 - Roma Mostra dedicata all’arredamento e al design Nuova Fiera di Roma Via Portuense, 1647 - Tel.06/72900200

22/26 SETTEMBRE 2014 Salone Internazionale de la Ceramica per Edilizia e l’Arredobagno Bologna (BO) Bologna Fiere


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» OTTOBRE 2014 MADE EXPO Milano Architettura Design Edilizia Manifestazione fieristica internazionale dedicata all’architettura, all’edilizia e al design. Rho (MI) - Fiera di Milano S.S. del Sempione, 2

23-25 OTTOBRE RIMINI FIERA Un salone completo e ricercato di prodotti e progetti per il vivere all’aria aperta

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Reggio Calabria Museo Diocesano “Aurelio Sorrentino” dal 26/03/2014 al 28/04/2014 Mattia Preti - San Luca dipinge la Madonna e Gesù Bambino Mostra del dipinto San Luca dipinge la Madonna e Gesù Bambino, rarissima opera datata e firmata del Cavalier calabrese, gentilmente concessa dai Frati Francescani Minori di Malta.

Fiera di Genova 2 -7 ottobre 2014 Appuntamento annuale

» » OTTOBRE 2014 SAIE Evento Internazionale dedicato all’Edilizia e alle nuove culture del costruire. All’interno: SaieEnergia: energie rinnovabili e tecnologie per il costruire sostenibile Bologna (BO) - BolognaFiere

» Frida Kahlo Dal 20 Marzo 2014 al 31 Agosto 2014 ROMA - Scuderie del Quirinale

AGOSTINO BONALUMI Museo MARCA, Catanzaro 22 febbraio-31 maggio 2014

Associazione accreditata presso

INARSVILUPPO Centro Studi Italiano per lo Sviluppo delle Professioni

(Fondo Paritetico Interprofessionale Nazionale per la formazione continua negli studi professionali e nelle aziende ad essi collegate) con Dispositivo della Presidenza n. 74/05 del 26/10/2005. Associazione Iscritta nel Registro delle Associazioni, Fondazioni ed Istituti Culturali tenuto presso la Regione Calabria con il n. 679 Assessorato ISTRUZIONE - CULTURA - UNIVERSITÀ - ALTA FORMAZIONE INNOVAZIONE TECNOLOGICA - Decreto N. 10476 del 17/07/2007.

Via Poliporto, 14 - 88060 SOVERATO (CZ) e-mail: inarsviluppo@gmail.com


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ARCHIWORD il glossario di Architettura a cura di Jole Tropeano architetto

AGENDA 21 è il documento di intenti e obiettivi programmatici in materia di ambiente e sviluppo sottoscritto da oltre 170 paesi in tutto il mondo nella Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992. Si compone di 40 capitoli e 4 sezioni ed in particolare nel capitolo 28 viene introdotto il tema dell’Agenda 21 locale: “Dal momento che gran parte dei problemi e delle soluzioni cui si rivolge Agenda 21 hanno origine in attività locali, la partecipazione e la cooperazione delle amministrazioni locali rappresenta un fattore determinante per il raggiungimento dei suoi obiettivi”... “Le amministrazioni locali dovrebbero dialogare con i cittadini, le organizzazioni locali e le imprese private ed adottare una proprio “Agenda 21 locale”. BIOEDILIZIA termine utilizzato per indicare materiali, processi e metodi edilizi rispettosi della salute dei fruitori di un manufatto, preferibilmente di origine naturale e a basso impatto ambientale. Storicamente nato come traduzione del termine “baubiologie” dell’Istituto indipendente di Ricerca fondato nel 1976 a Neubern, in Germania a sostegno del “costruire ecologico”, la bioedilizia ha spostato i termini dell’indagine sul costruito dal singolo manufatto alle sue incidenze sull’uomo che lo abita. Anche la scelta dei materiali per la bioedilizia ricade su tutto il ciclo di vita del prodotto e si rapporta con il contesto territoriale cui si collocherà il manufatto; tra i suoi obiettivi principali vi è infatti quello di ridurre da una parte l’impatto ambientale delle tecniche di costruzione e dall’altro di migliorare la qualità degli ambienti. CURTAIN WALL o “Facciata continua” è una tipologia di involucro esterno verticale dell’edificio. Esistono diverse modalità di intelaiatura e di correlazione tra gli elementi, il telaio portante della facciata continua è visibile all’esterno e moduli di mascheramento possono essere opachi o trasparenti. Gli elementi della facciata sono sollecitati essenzialmente

dal peso proprio e dal vento, anche se non trascurabili sono gli effetti delle dilatazioni termiche. La manutenzione è possibile solo dall’esterno, con ponti sospesi. Le normative afferenti a questa tipologia di involucro sono le stesse vigenti per i serramenti. Storicamente, uno dei “5 punti della nuova architettura”di Le Corbusier è costituito dalla facciata continua o libera. DIAGRAMMA DI GANTT (o altresì “Cronoprogramma”), è uno strumento che rappresenta l’andamento temporale delle lavorazioni da eseguire in campo edilizio. Storicamente ideato nel 1917 dall’ingegnere statunitense Henry Laurence Gantt, è uno degli strumenti del project management. Nel diagramma vengono indicate sull’asse delle ordinate gli importi progressivi a partire da zero, ovvero all’inizio dei lavori, fino all’importo complessivo di tutti i lavori, ovvero alla data di ultimazione; sull’asse delle ascisse vengono inseriti i tempi di esecuzione. ECHìNO parte principale del capitello di ordine dorico avente superficie liscia e profilo convesso, oppure a forma di tronco di cono ribaltato. Nel capitello ionico, tale elemento, assume una forma schiacciata, è inserito tra le volute ed è decorato con ovuli. FITODEPURAZIONE è l’insieme di processi naturali di trattamento di acque inquinate basati sullo sfruttamento del sistema substrato-vegetazione quale filtro per la depurazione dell’acqua. I sistemi di fitodepurazione possono essere classificati in diversi modi, a seconda che si considerino le funzioni, la naturalità, la struttura, il regime idrico e la scala di lavoro. La scelta e la gestione delle piante sono elementi fondamentali per la buona riuscita dell’impianto in quanto è proprio la vegetazione la componente attiva e imprescindibile. GONIOMETRO è lo strumento per la misurazione degli angoli. Il più diffuso è quello di forma circolare o semi-


circolare con la circonferenza graduata e il puntatore al centro.

di mobili e armadi, nella struttura interna delle porte o come divisorio per ambienti anche per la sua facilità di taglio.

HE (secondo la UNI 5397-78 “E” sta per European, “H” richiama la forma) sono profilati in acciaio di sezione a doppia T con base circa uguale all’altezza. Vengono prodotti in 3 tipi a seconda dello spessore crescente dell’ala che è comunque maggiore di quello dell’anima. L’acronimo HE viene seguito da una lettera indicante la serie e da un numero che ne specifica l’altezza in millimetri (ad esempio HEA100). Avendo un’ellisse centrale d’inerzia quasi rotonda sono molto utilizzati come pilastri poiché garantiscono un minor rischio di innesco di fenomeni di instabilità.

NORMOGRAFO alcuni di noi lo hanno a lungo utilizzato, altri sono già cresciuti sotto la guida del pc e degli innumerevoli tipi di font oggi scaricabili da internet, ma è comunque stato per anni uno strumento utilissimo per la quotatura e per la descrizione dei progetti nelle tavole tecniche. È un particolare tipo di righello, utilizzato per la scrittura di caratteri uniformi sul quale sono incise le lettere dell’alfabeto, la numerazione e alcuni simboli che, mediante l’ausilio di un pennino, potevano essere riportati sugli elaborati.

ISO INTERNATIONAL ORGANIZATION FOR STANDARDIZATION, fondata il 23 febbraio 1947, costituisce oggi la più importante organizzazione a livello mondiale per la definizione delle norme tecniche, con sede a Ginevra, in Svizzera. Il termine ha origini greche; difatti “ISO” deriva da (isos) , il cui significato sta per “uguale”. Le norme ISO 9000, in particolare, riguardano il sistema di gestione della qualità e per ciò che concerne i processi aziendali, di migliorare l’efficacia e l’efficienza nella realizzazione dei prodotti e dei servizi. La certificazione di qualità aziendale è sottoposta alla ISO 9001.

ORTI URBANI nato nel 1800 in Germania e oggi fenomeno europeo, per orto urbano si intende un appezzamento di terreno destinato alla produzione di fiori, frutta, ortaggi collocato all’interno della città. Tali spazi si stanno sempre più diffondendo sia in piccole realtà che nelle grandi metropoli, in primis con lo scopo di favorire l’aggregazione sociale, ma anche di recuperare un rapporto diretto con la terra e la natura, diversamente assente in contesto urbano. Le coltivazioni non hanno scopo di lucro e forniscono prodotti destinati al consumo familiare.

L.S.A. (LIFE CICLE ASSESSMENT), che tradotto in italiano sta per “valutazione del ciclo di vita”, è la metodologia usata per calcolare l’interazione di un processo o di un prodotto con l’ambiente circostante e valutarne l’impatto ambientale e opportunità di miglioramento. Secondo la definizione prodotta dalla Society of Environmental Toxicology and Chemistry (SETAC) nel 1990 la “LCA comprende l’intero ciclo di vita del prodotto, processo o attività, passando dall’estrazione e trasformazione delle materie prime, alla fabbricazione del prodotto, al trasporto e distribuzione, all’utilizzo, riuso, stoccaggio, riciclaggio fino alla dismissione”.

PEREQUAZIONE nel linguaggio urbanistico si intende generalmente quel principio la cui applicazione tende ad ottenere due effetti concomitanti e speculari: la giustizia distributiva nei confronti dei proprietari dei suoli chiamati ad usi urbani e la formazione, senza espropri e spese, di un patrimonio pubblico di aree a servizio della collettività. Nella L.U. della Regione Calabria n° 19/2002: “La perequazione urbanistica persegue l’equa distribuzione dei valori immobiliari prodotti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazione territoriali.”... “L’attuazione della perequazione urbanistica si realizza attraverso un accordo di tipo convenzionale che prevede la compensazione tra suolo ceduto o acquisito e diritti edificatori acquisiti o ceduti.”

MDF (MEDIUM-DENSITY FIBREBOARD), pannello di fibra a media densità; è un derivato del legno, in particolare il più conosciuto della famiglia dei pannelli di fibra che vengono classificati in base al processo impiegato e alla densità in bassa (LDF), media (MDF) e alta (HDF). La materia prima utilizzata nella produzione dei pannelli comprende diversi tipi di legno, dal tondame, scarto o cascame di lavorazione, preferibilmente di Conifera e ha due tipi di procedimenti : per via secca o per via umida. Viene utilizzato nella realizzazione

QUARTIERE etimologicamente potrebbe derivare dal termine latino quartarius che propriamente fa riferimento alla misura quartus. Trasposto alla configurazione urbanistica potrebbe indicare la quarta parte di una città , quella che anticamente era suddivisa proprio in quattro parti dalle due strade principali di impianto Romano: il cardo e il decumano. Oggi con il termine quartiere, in urbanistica, si intende un’area della città in cui il suo insieme di edifici, infrastrutture (e/o servizi) costituiscono una unità definita e definibile. 51


52 ROTATION MODLING che tradotto in italiano sta per “stampaggio rotazionale” (o più semplicemente “rotostampaggio”), è una tecnica di stampaggio che permette di creare oggetti cavi di diverse dimensioni in materiale plastico, senza saldature, privi di tensioni interne e con spessore uniforme a partire dall’iniziale conformazione del polimero in polvere. La peculiarità di questa tecnologia è quella di far ruotare lo stampo lungo due assi: uno primario, a rotazione fissa, e uno secondario, a rotazione variabile, all’interno di una macchina in cui viene trasformato il materiale dal suo stato in polvere allo stato solido. Tra gli oggetti più comuni creati con questa tecnica ritroviamo i coni stradali, ma ci sono numerosi esempi nel campo del design, dalle sedute, alle lampade, ai tavoli. SOLID SURFACE è un materiale composito avanzato, formato da polimeri come polvere di marmo, bauxite, tri-idrato di alluminio, resina e eventualmente arricchito da pigmenti colorati. Un materiale ad alte prestazioni funzionali ed estetiche, utilizzato per realizzare superfici piane e curve di forte impatto visivo nell›interior, quali top di cucina, lavabi, docce. Estremamente duttile, può infatti essere intagliato, modellato, fresato o lavorato come il legno; tra i suoi vantaggi vanta un›altissima resistenza all’usura, incollaggi praticamente invisibili, massima igiene, estrema leggerezza e una vasta gamma di colorazioni. Tra i più conosciuti ritroviamo il Corian®, inventato e prodotto da DuPont, ma appartengono alla famiglia dei solid surface anche il Duralight®(Teuco), il Cristalplant® e il Tecnoril®. TERMOARREDO questo termine potrebbe indicare la trasposizione al campo del design dei termosifoni (o radiatori). Oggi, infatti, anche il singolo corpo radiante può essere considerato parte integrante dell’arredamento di un ambiente, sia esso un soggiorno o un bagno, anzi può essere fortemente caratterizzante. La vasta gamma presente oggi sul mercato permette infatti di avere, in un ambiente come il bagno, un comfort termico dell’aria e allo stesso tempo, grazie alle svariate forme con cui un termoarredo può essere prodotto, asciugamani e accappatoi riscaldati. URBANIZZAZIONE è l’insieme delle opere previste dalle normative vigenti in maniera di urbanistica per rendere abitabile un luogo destinato alla residenza. Si dividono in primarie (strade, spazi per la sosta, rete idrica, fognatura, rete di distribuzione dell’energia elettrica e gas, illuminazione pubblica,

spazi per il verde attrezzato) e secondarie (asili nido e scuole materne, scuole del’obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, impianti sportivi di quartiere, chiese o altri edifici per il culto, attrezzature culturali e sanitarie, aree verdi di quartiere). V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) Introdotta nella Comunità Europea dalla Direttiva 2001/42/ CE, detta Direttiva Vas, entrata in vigore il 21 luglio 2001 riguarda la valutazione di piani e programmi che possono avere un significativo impatto sull’ambiente. A livello nazionale è stata recepita con la parte seconda del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 entrata in vigore il 31 luglio 2007, modificata e integrata dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 entrato in vigore il 13/02/2008 e dal D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 pubblicato nella Gazz. Uff. 11 agosto 2010, n. 186. Riportando parte dell’art. 4 del D. Lgs. 152/2006 la VAS “ha la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile”. Z.P.S. (ZONE DI PROTEZIONE SPECIALE) sono aree caratterizzate da elevata biodiversità di uccelli selvatici. Costituiscono assieme ai S.I.C. (Siti di Importanza Comunitaria) e alle Z.S.C. (Zone Speciali di Conservazione) la rete dei siti Natura 2000. In particolare, per le Z.P.S., la normativa di riferimento è la Direttiva 79/409/CEE, denominata “Direttiva Uccelli”, che si prefigge l’obiettivo di proteggere e gestire le speci di uccelli, in particolare migratori, che vivono allo stato selvatico sul territorio europeo e il loro habitat.

Bibliografia AA. VV., Il nuovo manuale Europeo di Bioarchitettura, Gruppo Mancosu Editore srl, Roma, 2007 AA. VV., Il nuovissimo manuale dell’Architetto, Gruppo Mancosu Editore srl, Roma, 2006 AA. VV., La guida alle città sostenibili delle bambine e dei bambini, Ministero dell’Ambiente, Roma, 1998 Legge Urbanistica Regionale n°19/2002 Helmut C. Schulitz, Werner Sobek, Karl J. Habermann, Atlante dell’acciaio, UTET, Torino, 2001 (Ristampa)


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FOTOCONTEST

Incontri minimalisti, Bressanone (hotel pupp) giugno-luglio 2013 Foto: Gennaro Procopio Architetto

Progetto: Progettista: Inizio progetto: Fine costruzione: Committenza: Luogo:

casa “Girasole” Arch. Luigi Moretti 1947 1950 Adolfo Fossataro; Roma, quartiere Parioli

Ciò che a molti sfugge di questo progetto interessantissimo è il dettaglio della scala di accesso, staccata dal pianerottolo generando nello spettatore un momento di smarrimento e di assoluta eleganza. Foto: Luigi Arrotta Architetto

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Rudy Ricciotti MusĂŠe Jean Cocteau Menton (Francia) - 2007 Foto: Domenico Conaci Architetto

HERZOG & DE MEURON Casa in pietra, Tavole (Imperia) Foto: Domenico Conaci Architetto


SCARABOCCHIO SU EDIFICI Luogo in cui è stata scattata: Java Eiland - AMSTERDAMIl ponte che attraversa il canale Brantasgracht, ponte in metallo disegnato dalla coppia di artisti Guy Rombouts e Monika Droste, contribuisce alla lettura della città di Amsterdam. Una tra le opere d’arte, nell’architettura dell’isola artificiale di Java, che garantisce l’unicità di quel luogo, quasi a voler schizzare sullo sfondo la nuova isola e i collegamenti al centro della città. Foto: Chiara Saraceno Architetto

Padiglione Tedesco di Mies Van Der Rohe: Particolare del “Pouf Barcelona”; Foto: Fabio Montesano Architetto

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Casa Milà “La Pedrera”, Antoni Gaudí: L’architettura contorta di Gaudì a Casa Milà;

Foto: Fabio Montesano Architetto



e n o i z a t t e g o r p a l Da l alla realizzazione Via Provinciale - 88062 CARDINALE (CZ) - Tel./ Fax 0967.93767 abitarecardinale@virgilio.it - www.abitarearredamenticardinale.it


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