Catalogo Primo Tratto

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“Primo Tratto” Opere su carta dal XVI al XX sec. e

Giò Ponti “L’architetto in scarpe da tennis”

Annibale Carracci Lionello Spada Francesco Albani Lelio Orsi Francesco Michetti Plinio Nomellini Giacomo Balla Gino Rossi Lorenzo Viani Carlo Carrà Giorgio De Chirico Mario Sironi Gino Severini Felice Casorati Adolfo Wildt Cagnaccio di San Pietro Osvaldo Licini Andy Warhol Leoncillo Leonardi Lucio Fontana




Un particolare ringraziamento a Riccardo e Marion per l’affettuosa collaborazione, si ringrazia inoltre Luca Barbieri, Gabriele Dadati, Paolo Dallanoce, Barbara Giacomello, Marco Horak, Matteo Prati.

"Primo Tratto” Opere su carta dal XVI al XX sec. e Giò Ponti “L’architetto in scarpe da tennis” di Davide Cammi e Elenja Sarchi I diritti sono d’esclusiva proprietà dell’autore I^ edizione maggio 2015 © Edizioni L.I.R. Via Romagnosi 31 29100 Piacenza tel.0523-338474 per ordini: libri@libreriaromagnosi.com www.libreriaromagnosi.it


“Primo Tratto” Opere su carta dal XVI al XX sec. e

Giò Ponti “L’architetto in scarpe da tennis” 16 Maggio – 4 luglio 2015

ED Gallery snc Via Mazzini 27 29121 Piacenza



PRIMO TRATTO, il titolo dell’esposizione di opere su carta, per noi ha un significato di rinnovamento. Dal gennaio 2015 il “Vittoriale Antichità” chiude il suo ciclo di lavoro, diverse sono state le mostre in questi anni, dalla prima sul Futurismo, passando per le ceramiche del novecento, toccando i vetri veneziani fino ad arrivare all’esposizione di fotografie degli anni ‘50. Oggi nasce con “ Primo Tratto “ la ED Gallery: il foglio è ancora bianco e la matita ha cominciato a tracciare i primi segni, sperando che in futuro questo spazio bianco possa diventare ricco di storia e pieno di “ tratti “. Ringrazio tutti gli amici che ci sono stati accanto in questi anni, che hanno creduto nel nostro lavoro, fatto non solo di commercio, ma anche di ricerca, studio e di grande e immensa passione per il mondo dell’arte. Davide Cammi

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“Il disegno è traccia di un’ idea che, attraverso il gesto, si fissa sul foglio. Questo gesto può essere edotto a imitare il vero, o libero di documentare una espressione interiore”, in effetti sul vocabolario della lingua italiana, il significato di “disegnare”, dal latino “signum” che corrisponde all’italiano “segno”, è quello di: “rappresentare con segni, con linee tracciate a matita, a carboncino e penna, cose immaginate o prese dalla natura”. E’ da questa traccia, che si è voluto ricavare il titolo “Primo Tratto” dell’esposizione di opere su carta, dove proveremo a raccontare il complicato mondo del disegno. Due mostre, quarantacinque opere, l’arte del disegno, il gesto creativo, le ombre, le linee, la traccia, il chiaroscuro, le forme, la luce, la qualità assoluta, lo spessore culturale. Un’eccezionale carrellata di opere su carta, una selezione attenta e preziosa che spazierà dal XVI al XX secolo. Da Annibale Carracci a Francesco Albani, da Cagnaccio di San Pietro a Carlo Carrà e Mario Sironi, passando per Lionello Spada e Giorgio De Chirico, arrivando a Lucio Fontana ed Andy Warhol, in più una selezione in cui troveranno spazio anche diciotto disegni di Giò Ponti (1891-1979), celebre architetto milanese e designer riconosciuto a livello internazionale, uno degli indiscussi maestri del Novecento. All’interno di questi confini artistici si svilupperanno le collettive “Primo tratto” e “Giò Ponti, l’architetto in scarpe da tennis”. L’intento dei curatori ed organizzatori, nonché padroni di casa, Davide Cammi e Elenja Sarchi, è quello di rendere omaggio all’evoluzione del disegno: studi preparatori, schizzi, modelli su carta, composizioni apparentemente non concluse ma in realtà opere autonome. Il visitatore potrà appassionarsi ad un’esposizione capace di accogliere un “parterre” di autori di primissima fascia e stampo museale e, alla fine del percorso, pensarla come Francisco de Hollanda, pittore, filosofo del 1500, amico di Michelangelo, che scrisse, nei suoi dialoghi, una frase citata dal Buonarroti: «... il disegno, che con altro nome chiamiamo tratto, è la fonte di tutti i generi d’arte...». Matteo Prati e Davide Cammi 7



È lecito, per tutti coloro che fanno parte della comunità che prova innamoramento per il fatto artistico, sviluppare col tempo un desiderio ulteriore rispetto al semplice appagamento dei sensi e dell’intelletto di fronte alle opere predilette: il desiderio di condividere con gli artisti che quelle opere hanno prodotto un certo grado di intimità. Entrare cioè nel silenzio dei loro processi, e dentro quel silenzio instaurare al contrario un dialogo che renda gli appassionati più consapevoli di come dal niente si arriva all’opera, di modo da avere ancor più piacere nell’accostarvisi, così come si prova maggior piacere degustando prodotti di cui si conosce l’origine sana e il processo di lavorazione. Tuttavia non solo l’impossibilità materiale – che gli artisti siano morti o inaccessibili – sembra rendere vano questo desiderio di intimità, ma anche e soprattutto un altro fatto: come sa bene ogni antropologo (è questo infatti un principio base della disciplina), non ci si può immergere in un contesto senza turbarlo con la propria presenza. L’ingresso in certi ambiti infatti li inquina e rende vano il fatto di avervi avuto accesso. Potremmo mai scrutare un artista al lavoro senza che per questo stesso fatto egli non diventi in qualche modo dimostrativo? Potremmo parlare con lui e sperare davvero che ci sveli cosa avviene nella chimica del suo fare, traducendo a parole quanto non è fatto di parole? Pretese vane. Sembrerebbe quindi esserci precluso quell’avvicinamento che abbiamo detto essere lecito si sviluppi col tempo. E tuttavia: non è certo precluso del tutto, e una mostra come “Primo tratto” lo dimostra. Una delle poche, senz’altro la più genuina delle vie d’accesso ai laboratori dell’arte intesi come intimità del talento e del pensiero è quella dell’esame del disegno, sia esso veloce appunto o più elaborato bozzetto. È qui infatti che possiamo misurare lo slancio e le incertezze che si alternano – o magari si alimentano l’uno con le altre – nella progettualità degli artisti ammirati. È qui, stante la velocità con cui si può operare, la dimensione sovente contenuta, i materiali non troppo impegnativi, che quell’intimità cui vorremo accedere lascia traccia. Ancor prima che in studi più compiu9


ti, magari già coi colori per la pittura, nei bozzetti per la scultura, è sulla carta che dobbiamo appuntare la nostra attenzione. Nella presente mostra, quindi, come non ammirare quello che ci dicono di sè Giacomo Balla che si innamorò del dinamismo, Mario Sironi con quel suo perentorio vigore, Felice Casorati con il suo senso di volumetria e profondità degli interni, ancora Lorenzo Viani che fu un disegnatore così dotato d’umore tra il malinconico e il tetro? Insieme a loro Gino Rossi, Osvaldo Licini, Giorgio De Chirico e via via gli altri protagonisti del secolo scorso, compresa una puntata oltre i confini, ma pienamente dentro alla nostra cultura visiva, con Andy Warhol. Non si ferma però a questo “Primo tratto”, che presenta anche opere su carta che non hanno il valore laboratoriale che si può scorgere nei pezzi citati. Vengono infatti esposti anche brani d’arte che sono l’esito finale della riflessione, fatti per essere fruiti in pienezza. Ci si riferisce ad esempio alla Maria che benevolmente sovrasta i pargoli cristiani, in cui ammiriamo il Wildt che conosciamo nella sua purezza di tratto e nella sua ricchezza raffinata, che alla carta abbina l’oro. Oppure guardiamo a Leoncillo, con la sua tecnica mista che rappresenta un cespuglio per come era nella sua sensibilità renderlo. E ancora Lucio Fontana, e soprattutto Cagnaccio di San Pietro. Quest’ultimo è il caso di un’opera di grandi dimensioni in cui non solo il lavoro del disegno è portato a compimento con un impegno pieno e grandioso, ma anche il soggetto appare centrale, essendo il volto della donna amata e condotta all’altare. È dunque, questa “Primo tratto”, una mostra sentimentale e istruttiva, che ci porta a passeggiare, oltre che nei secoli passati, dettagliatamente lungo i decenni del Novecento, vale a dire il laboratorio del nostro attuale gusto, del nostro odierno sentire. Senza imbroglio alcuno, visto che nel disegno non è possibile (per citare il già troppo citato Dalì, che lo vedeva possibile solo con due carature: o bello o brutto), eccoci al cospetto di un progetto espositivo preziosissimo, stante anche l’alto numero di inediti che vi si presentano. Gabriele Dadati 10


“Primo Tratto” Opere su carta dal XVI al XX sec.

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ANNIBALE CARRACCI (Bologna 1560 – Roma 1609) “IL GRANDE ALBERO” 1600 ca. Penna e inchiostro bruno su carta vergellata 25,2 x 20,8 cm Provenienza: Già collezione Jan Pieter Van Sùchtelen (1751 – 1836) generale e diplomatico russo, San Pietroburgo (come da scritta nel retro con num. Inventario 906); timbro “S sormontato da corona” della collezione Sùchtelen in basso a sinistra, “S3” nella parte inferiore a destra. Al verso compare sull’antico cartoncino di montaggio la lettera “C”, al centro del foglio e nell’angolo in basso a sinistra, il numero di inventario n° 112, entrambi in inchiostro bruno. Montato su antico passpartout (XIX sec.) Bibliografia per raffronto cfr. “Paesaggio pastorale con figure” (Oxford Ashmolean Museum) e “Paesaggio con l’impiccagione di Giuda” (Parigi Louvre), entrambi pubblicati nel catalogo “Mostra dei Carracci-Disegni” catalogo a cura di Denis Mahon, ed. Alfa Bologna 1956 figg. 81-82. Ancora la figura “Grande Albero”, pag. 112 del volume Disegno Italiano Antico a cura di M. di Giampaolo, fenice 2000-1994. Per la provenienza vedi Frits Lugt – Les Marques de collections, Amsterdam 1921 n° 2332 pag. 436.

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LIONELLO SPADA ( Bologna 1576 – Parma 1622 ) “LA MORTE DI CESARE” 1605 ca. Matita penna e inchiostro seppia su carta vergellata 29 x 20,8 cm., al verso del cartoncino di montaggio antica attribuzione a Lionello Spada, con numero inventario in inchiostro blù n° 661, ripetuto al recto nell’angolo alto a sinistra. A destra troviamo il numero “3”. Nell’angolo in alto a destra, notasi per trasparenza altra antica nota manoscritta “ Leonello”. Provenienza: Collezione privata Parma, già collezione privata Piacenza.

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SCUOLA ROMANA XVII SEC. “APOLLO E DAFNE“ 1660-70 ca. Matita, penna, seppia, acquerello grigio chiaro e grigio scuro su carta vergellata cm. 46,4 x 33,3 con filigrana “agnello pasquale in doppio cerchio” con lettera N e P, databile attorno all’ ultimo quarto del XVII sec. Provenienza: Collezione privata Parma, già collezione privata Piacenza.

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FRANCESCO ALBANI (Bologna 1578 – 1660) “DANZA DI AMORINI” 1638 ca. Sanguigna su carta vergellata cm. 27,8 x 65,5. Filigrana “giglio nel cerchio” sormontato dalla lettere C e G divise da una croce simile a Heawood n° 1610, databile al II° quarto del XVII sec. (Roma 1638). Verosimilmente, vista la qualità ottima del tratto, può considerarsi studio preparatorio per il rame conservato a Brera. Provenienza: Collezione privata Parma, già collezione privata Piacenza.

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LELIO ORSI (1511– 1587) “PROGETTO PER DUE TELAMONI E CARIATIDE” 1550 ca. Penna e inchiostro bistro su carta giallina vergellata, cm. 20,8 x 21,8. Al verso dell’antico cartoncino di montaggio, la scritta in antica grafia “Mazzola, o vero il Parmigianino” su due righe, ed il numero d’inventario in inchiostro più moderno blù, con numero n° 431. Lo stesso numero è riportato al recto, mentre in basso una scritta a matita riporta “Parmigianino”. L’attribuzione all’architetto di Novellara, è basata sul raffronto con i disegni dell’Art Museum di Seattle ed altro in collezione privata, entrambi pubblicati nella monografia a cura di E. Monducci e M. Pirondini, “Lelio Orsi” (Amilcare Pizzi 1987), a pag. 115 figg. 99-100. La quadrettatura sulle due figure, suggerisce ad un utilizzo successivo. Provenienza: Collezione privata Parma, già collezione privata Piacenza.

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FRANCESCO PAOLO MICHETTI (Tocco di Casauria 1851 – Francavilla al mare 1929) “GUIDANDO IL GREGGE” 1880-1890 Matita su carta applicata su tela 32 x 20,7 cm. Firmati in basso a destra F.P.M. Provenienza: Collezione privata Piacenza. Bibliografia riferimento: Cfr. catalogo dipinti Ricci Oddi Piacenza.

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PLINIO NOMELLINI (Livorno 1866 – 1943) “LA CASA FIORITA” 1910 Matita su carta 33,5 X 25,5 cm. Provenienza: Collezione privata Piacenza; Già collezione Alceste Nomellini; Collezione Alfredo Righi. Bibliografia riferimento: Cfr. Il Liberty in Italia a cura di Fabio Benzi, Chiostro del Bramante Roma 2001; La casa Fiorita dipinto pagg. 46-47.

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GIACOMO BALLA (Torino 1871 – Roma 1958) “STUDIO DI VELOCITA’ DI AUTOMOBILE” 1910-11 Matita su carta 8,2 x 12,6 cm. Fronte e retro Provenienza: Collezione privata Piacenza; già collezione Casa Balla Roma. Bibliografia riferimento: Cfr. Archivi del Futurismo Gambillo e Fiori, De Luca editore fig.30

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GINO ROSSI (Venezia 1884 – Treviso 1947) “BRUGES” 1912 ca. Acquerello e inchiostro su carta 13,5 x 13,5 cm. Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione privata Galleria Annunciata Milano; Galleria Arco Farnese Roma. Esposizioni: Venezia XV Biennale Internazionale d’Arte 1926. Roma Galleria Arco Farnese 1991 in Disegno Italiano 1900-1960. Pubblicazioni: Catalogo XV Biennale Arte città di Venezia 1926 pag. 102 inventario num. 6 già collezione Levi. Mostra Disegno Italiano 1900-1960 Roma Galleria Arco Farnese 1991 num. 119 illustrato.

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GIACOMO BALLA (Torino 1871 – Roma 1958) “PUGNO DI BOCCIONI studio” 1915 Matita su carta 44,5 x 50,5 cm. firmato in basso al centro BALLA. Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione privata Casa Balla con numero inventario 758; Galleria Arco Farnese Roma. Esposizioni: Verona Museo di Castelvecchio; Modena Galleria Civica d’Arte Moderna (Giacomo Balla Studi e Ricerche e oggetti 1976). Roma Galleria Arco Farnese (Balla, dall’Autospalla all’ Autodolore opere 1902 – 1947). Pubblicazioni: Giacomo Balla Studi e Ricerche e oggetti 1976 pag. 27 numero 13 illustrato; (Balla, dall’Autospalla all’ Autodolore opere 1902 – 1947 e 1994 – 1995 pagg. 50 e 76 – 77 numero 49 illustrato. Bibliografia: Giovanni Lista “ Balla “ Modena 1982 pag. 244 fig. 447 illustrato.

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LORENZO VIANI (VIAREGGIO 1882 – OSTIA 1936) “REUCCIO” Vittorio Emanuele III di Savoia 1917 Pastello su carta 31 x 20,7 cm. firmato e datato in basso al centro Lorenzo Viani 1917. Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione personale dell’artista, donato in data 1936 come da scritta autografa nel retro. Inedito.

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CARLO CARRA’ (Quargnento 1881 – Milano 1966) “OLIMPIA” 1917 Matita su carta 15,5 x 12,7 cm. firmato e datato in basso a destra C. Carrà 1917 titolo al centro. Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione privata Castiglione Olona; Galleria Don Chisciotte Roma inventario num. 80; Galleria Arco farnese. Esposizioni: Roma Galleria Arco farnese in Disegno Italiano 1989; Galleria Arte Moderna di Bergamo (Carlo Carrà la matita e il pennello num. IV - 17). Bibliografia: Osvaldo Patani Il Disegno Fantastico in Italia, Ed. La seggiola Oggiono 1977 fig. 18 pag. 181.

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GIORGIO DE CHIRICO (Volo Grecia 1888 – Roma 1978) “ALICE” 1920 Matita e punta di argento su carta 23,5 x 17,3 cm. firmato e datato in basso a destra G. De Chirico 1920 titolo al centro. Provenienza: Collezione privata Piacenza, collezione Galleria Arco Farnese Roma, già collezione Savinio. Bibliografia: L’opera completa di De Chirico 1908 – 1924 Rizzoli Editore Milano 1984 Maurizio Fagiolo dell’Arco pagg. 107 – 109 num. D 50.

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MARIO SIRONI (Tempio Pausania 1885 – Milano 1961) “Acrobata” 1920 ca. Matita e pastello su carta 10 x 7 cm. firmato in basso a destra Sironi. Provenienza: Collezione privata Milano. Inedito.

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GINO SEVERINI (Cortona 1883 – Parigi 1966) “I DUE PULCINELLA studio” 1921 Matita su carta 33 X 18,4 cm Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione Galleria Arco Farnese Roma. Bibliografia: Cfr. Gino Severini Catalogo Generale num. 390C Maurizio Fagiolo dell’ Arco 1983 pag. 43

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FELICE CASORATI (Novara 1883 – Torino 1963) “RAGAZZA CON SCODELLA studio” 1919 ca. Matita su carta 30 x 21 cm. Provenienza: Collezione privata Piacenza, già Galleria Arco Farnese Roma, Galleria La Bussola Torino con numero archivio 103/D, Galleria d’Arte La Chiocciola Padova. Bibliografia: Cfr. Catalogo Generale Felice Casorati pag. 225 num. 152.

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ADOLFO WILDT (Milano 1868 – Milano 1931) “MARIA DA LUCE AI PARGOLI CRISTIANI” 1922 Grafite e oro su pergamena 26,5 x 19,4cm. firmato in basso a sinistra A. Wildt. Nel retro titolo e firma autografa con etichetta Biennale Arte Venezia. Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione Galleria Art & Craft Piacenza. Esposizioni: XIII Biennale Internazionale città di Venezia 1922 Bibliografia: Catalogo XIII Biennale Internazionale città di Venezia 1922 pag. 72 num. 30; cfr. Anima Mundi i Marmi di Adolfo Wildt, Museo Civico Bodini Gemonio 2007 Silvana editoriale fig. 24.

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MARIO SIRONI (Tempio Pausania 1885 – Milano 1961) “DUCE” 1926 ca. Matita e pastello su carta 29,2 X 21,8 cm. firmato in basso a destra Sir. Provenienza: Collezione ED Gallery, già collezione Popolo d’Italia sezione di Genova, dicitura “non contabilizzare scarico documenti” con timbro e firma in rosso a pastello. Inedito.

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CAGNACCIO DI SAN PIETRO (Natale Scarpa) (Desenzano del Garda 1897 – Venezia 1946) “RITRATTO DELLA MOGLIE” 1929 ca. Matita e pastello su carta 68 X 46 cm. firmato e datato in basso a destra 11-1929 Cagnaccio di San Pietro Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione privata Treviso Inedito.

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MARIO SIRONI (Tempio Pausania 1885 – Milano 1961) “Figura e Studi” 1934 ca. Matita e pastello su carta 52,5 x 53 cm. firmato in basso a destra Sironi. Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione Galleria del Milione con numero archivio 5788/1, Galleria dell’Ariete Milano. Inedito.

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OSVALDO LICINI (Monte Vidon Corrado 1894 – 1958) “LEOPARDI” 1946 ca. Matita su carta 17,4 x 23,5 cm. Provenienza: Collezione privata Milano, già collezione galleria Braga Piacenza, galleria Ceribelli Bergamo - Milano. Inedito.

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GINO SEVERINI (Cortona 1883 – Parigi 1966) “NATURA MORTA” 1921 China su carta 27,5 x 19,5 cm. Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione Galleria Parametro Roma, Collezione Gina Severini Franchina Roma (cert. 18 maggio 1989). Inedito.

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GIORGIO DE CHIRICO (Volo Grecia 1888 – Roma 1978) “SOCRATE” 1950 ca. Matita su carta 14 x 9,5 cm. firmato e datato in basso a sinistra G. De C. Provenienza: Collezione privata Milano, acquistata direttamente dall’artista fine anni 60. (cert. Fondazione De Chirico). Inedito.

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ANDY WARHOL (Pittsburgh 1928 – New York 1987) “BOY HOLDING IS FOOT” 1954 - 56 Inchiostro su carta 35 x 42,6 cm. Provenienza: Collezione privata Milano, già collezione Studio Guenzani Milano. (Cert. A. Warhol Art Authentication Board Inc. A111.979). Inedito.

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ANDY WARHOL (Pittsburgh 1928 – New York 1987) “CAT (crouching)” 1957 Penna a sfera e inchiostro 35,6 x 45,7 cm. Provenienza: Collezione privata Milano, già collezione Studio Guenzani Milano. (216.026 Estate of Andy Warhol). Inedito.

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LEONCILLO LEONARDI (Spoleto 1915 – Roma 1968) “CESPUGLIO” 1956 - 57 Tecnica mista su carta panno 34 x 23,5 cm. firmato in basso a destra Leoncillo. Provenienza: Collezione privata Milano, già collezione Galleria Arco Farnese Roma. inedito.

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CARLO CARRA’ (Quargnento 1881 – Milano 1966) “NUDO FEMMINILE” 1962 China e acquerello su carta 46 x 65 cm. firmato e datato in basso a sinistra C. Carrà 962. Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione Massimo Carrà Milano. (Cert. Fondazione Carrà). Inedito.

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LUCIO FONTANA (Rosario Argentina 1899 – Varese 1968) “CONCETTO SPAZIALE” 1965 12 Buchi su carta Fabriano 35,5 x 25,5 cm. firmato in basso a destra L. Fontana. (Arch. Fontana 1709/14). Provenienza: Collezione privata Piacenza, già collezione privata Galleria Rosenberg Milano. Bibliografia: Apocalisse di G. Ungaretti Edizione Bucciarelli Ancona 1965. Inedito.

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Giò Ponti “L’architetto in scarpe da tennis”

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GIO’ PONTI L’architetto con le scarpe da tennis. In quel pomeriggio del 1973 alla Rotonda della Besana l’architetto Ponti era là, elegante, con i capelli bianchissimi, appoggiato ad una robusta stampella dalla forma inconsueta che, mi dissero poi, era stata costruita apposta per lui su suo disegno per ovviare ad alcuni problemi ad una gamba. Avevo saputo che presentava una mostra di arte moderna con artisti molto noti tra cui Nanda Vigo, Agostino Bonalumi, e molti altri che aprivano nuove prospettive alle arti figurative ed oggettuali. Erano anni fervidi di attività con una economia in accelerazione progressive e veloce e tutto aveva il gusto del nuovo e di florido futuro e la città, le cose, la tecnologia crescevano e l’architettura aveva un ruolo sociale a tutti i livelli culturali. Il design d’arredamento legato alle arti figurative ed oggettuali, le nuove tecniche edilizie costruttive, il sorgere dei primi edifici multipiano con dimensioni tali da rappresentare i nuovi “land mark” delle città come il Pirelli, il Galfa, la Torre Velasca,davano ormai per certo uno sviluppo elettrizzante. All’interno di questa realtà culturale ed operativa Giò Ponti, l’architetto in scarpe da tennis “come era soprannominato per l’abitudine di portare queste scarpe anche nelle occasioni ufficiali, aveva un ruolo assolutamente preminente e tutto era dovuto alla sua incredibile figura di artista a tutto tondo che spaziava dalla progettazione architettonica alla pittura, alla ceramica, al design industriale per scendere fino ai minimi dettagli del design domestico, dalle posate alle tappezzerie. I salti dimensionali nella sua progettazione erano e sono ancora, all’analisi di oggi, sorprendenti. Dal progetto dettagliato di una sedia alla concezione di quinte urbane colossali, dalla creazione di cattedrali o musei dalle algide linee razionaliste alle creazione di piatti, ciste dall’aspetto antichissimo ed attuale allo stesso tempo, alla civetteria di piccole costruzioni dai nomi femminili, ad arredi interni dove la furia creativa e volutamente staccata da ogni schema classico crea variabili visuali quasi ipnotiche nei pavimenti e negli spazi interni. Rappresentava inoltre a livello internazionale con questa sua poliedricità una figura molto simile agli architetti rinascimentali che hanno condizionato l’immagine italiana nel mondo 71


dell’arte mondiale. Nato agli inizi del secolo (1909) negli anni del primo dopoguerra giovanissimo aveva già percorse tutte le strade più idonee a fare emergere la sua specificità di architetto ed artista. Così scriveva, nell’aprile del 1934, Edoardo Persico in un editoriale di Casabella, la rivista da lui diretta insieme a Pagano circa la figura di Giovanni Ponti: la sua opera di architetto e di organizzatore ha un valore non trascurabile nell’evoluzione del gusto italiano dell’architettura e della decorazione. L’opera di Ponti, qualunque giudizio se ne possa dare non è mai stata di ispirazione dilettantesca o in antitesi all’attuale arte italiana. Per lui, e per molti artisti attuali, la conquista del gusto moderno è consistita nel ritrovare il senso della della propria attività in un mondo di idee che superasse i limiti angusti della tradizione paesana e stabilisse contro di essa i termini di in conflitto irriducibile. La presenza del giovane architetto si faceva notare e la notorietà crebbe in progressione con opere che sempre più si discostavano dalla provincialità ereditata da anni di sudditanza ad un pesante accademismo ancora umbertino che aveva rappresentanti ingombranti come Coppedè, Arata, ed altri accademici “pompières” che ancora dettavano legge sulle opere più significative malgrado la situazione politica avesse in atto tutta una serie di forti messaggi formali e culturali che venivano emergendo con l’aiuto appunto di giovani energie. Alcuni giovani, Moretti, Terragni, Albini, Samonà e molti altri avevano cominciato a porre in essere il concetto di un’architettura nuova derivata si da una robusta cultura classica di fondo che era alla base delle preparazioni scolastiche di allora ma legata ormai in modo palese all’aria che si respirava in Europa, in special modo in Germania ed in Francia. La vicenda artistica di Giò Ponti traccia in un lungo periodo di tempo fino agli anni settanta un continuo fuoco artificiale di idee, di realizzazioni, di progetti più disparati ma sempre legati ad una ribellione concettuale a tutti gli schemi seguiti fino ad allora. Basta dare un’occhiata alle sue tessiture di pavimentazioni, di arredi e di edifici dove la disgregazione degli spazi e dei volumi “troppo ovvi” è la sua principale preoccupazione. Vedere sui disegni le annotazioni puntuali sulle planimetrie degli edifici per la ricerca degli assi visuali che fanno cogliere il rapporto 72


dell’interno con l’esterno dell’edificio, la ricerca degli orientamenti solari e delle illuminazioni naturali ed artificiali per cogliere nell’opera di Ponti qualcosa di modernissimo e di antico nello stesso tempo nella cura della ricerca fisiologica ed organicistica del vivere una casa, uno spazio. La lettura delle opere, anche nei disegni più immediati ed istintivi, è sorprendentemente variabile ed alle volte distorta verso significati apparentemente elementari o volutamente ironici ma sempre caricati di valenze che ne rivelano un significato profondo. I disegni che possiamo vedere sono l’esempio di come da una semplice citazione grafica possa emergere una indicazione poetica e formale che non risulta mai casuale e priva di significato. L’elenco delle realizzazioni in tutti i campi dell’operare architettonico risulta estenuante per varietà, dislocazione, dimensione, importanza concettuale. L’aspetto più interessante che emerge prepotente dalla creatività progettuale di Ponti sta nella facilità di passare a diversi stadi dimensionali dello spazio architettonico dal design minuto di un attrezzo di cucina o da tavola ad un complesso urbano tale da cambiare completamente la spazialità di una parte di città. Ponti ha vissuto e lavorato in un periodo che ha visto nascere i più importanti movimenti artistici e culturali, tra luci abbaglianti e cupezze estreme della storia. Malgrado questo la cosa che sorprende di più alla vista ed all’analisi delle sue innumerevoli opere è una serenità di fondo, una ricerca della bellezza quasi infantile, un mescolanza di durezze tecnologiche e trovate illusionistiche. Cosa dire delle sue ceramiche che sprofondano nelle fiabe e nel mito risolti con colori e forme che pur classiche sono improntate di modernità. Cosa dire di un tavolino con le gambe divaricate all’incontrario come un disegno di Escher. E la altissima quinta verticale della facciata del duomo di Taranto perforata di finestre ad intravvedere il vuoto azzurro del cielo come una cattedrale romanica. Architettura forte, concettualmente precisa ma, sempre, poesia. Paolo Dallanoce

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“MASCHERE“ BIRO SU CARTA 28,2 X 21,1 CM. 75


“PROFILO DI ARCHITETTO” MATITA SU CARTA 21 X 14,6 CM. 76


“BUONA ANNATA” BIRO SU CARTA 28,5 X 22,5 CM. 77


“BUONA ANNATA 2” BIRO SU CARTA 28,5 X 22,5 CM. 78


“BUONA ANNATA 3” BIRO SU CARTA 28,5 X 22,5 CM. 79


“LETTERA DEL CUORE” BIRO SU CARTA 29,7 X 21 CM. 80


“PAROLE DEI CUORI” BIRO SU CARTA 29,7 X 20,8 CM. 81


“PAROLE ALLA RADIO” BIRO SU CARTA 29,6 X 21 CM. 82


“LA MANO” BIRO SU CARTA 28,5 X 22,5 CM. 83


“BANDIERE” BIRO SU CARTA 27,8 X 21,9 CM. 84


“STUDIO DI TAVOLO” BIRO SU CARTA 28,2 X 22 CM. 85


“STUDIO PER ORFEO” MATITA SU CARTA 27,8 X 20,5 CM. 86


“OMAGGIO A LEONARDO” CHINA E BIRO COLORATA SU CARTA 21,8 X 14 CM. 87


“GIOIELLI” BIRO COLORATE SU CARTA 28,5 X 22,5 CM. 88


“CATTEDRALE DI TARANTO” BIRO SU CARTA 27,9 X 21,1 CM. 89


“GRANDI MAGAZZINI AMSTERDAM” BIRO SU CARTA 27,9 X 21,8 CM. 90


“CHIESA VIA GIOVIO” BIRO SU CARTA 22 X 27,8 CM. 91


“CATTEDRALE DI TRAPANI” BIRO COLORATE SU CARTA 28,5 X 22,5 CM. 92


“STUDIO DI CASA” BIRO SU CARTA 22,1 X 28,2 CM. 93


“VILLA SOTTO LA FOGLIA o VILLA SCARABEO” COPIA ELIOGRAFICA PEZZO UNICO 62,8 X 46,5 CM. FIRMATA E DATATA IN BASSO A DESTRA GIO’ PONTI 1964 94


L’ultima “Italian Sale” di Sotheby’s (2014) ha scolpito nella storia un venerdì 17 ottobre memorabile. Facendosi beffa di qualunque superstizione. Il catalogo prometteva bene: 49 opere, tutte perfettamente conservate e provenienti dalle più prestigiose collezioni private. Si parte con un’opera su carta di Giacomo Balla che nel giro di pochi rilanci supera le stime e arriva a £338,500. Seguono un Morandi, un “Cavaliere” di Marino Marini da oltre £1 milione, e un de Chirico battuto a £674,500. Poi prende il via la carrellata dei nomi più attesi. Un Fontana “bianco con due tagli” (794 mila sterline). Un Agostino Bonalumi “nero” (206.200). E a seguire cinque capolavori assoluti tutti bianchi. Quattro dei quali con una storia bellissima. Da raccontare. Cinquant’anni fa, nel maggio 1964, Gio Ponti, direttore della rivista “Domus”, sfidò i propri lettori. Avrebbe regalato il suo progetto “Lo Scarabeo Sotto la Foglia” a chi avesse per primo raccolto l’invito per costruire questa abitazione. Giobatta Meneguzzo, ingegnere e collezionista, raccolse il guanto. Nel 1965 sulle colline di Malo, vicino a Vicenza, iniziarono i lavori per una visionaria abitazione che ebbe, come interior designer, Nanda Vigo. Subito nella villa furono chiamati alcuni artisti del “Gruppo ZERO” che insieme realizzarono, con quattro opere pregnanti, una sorta di Manifesto titolato ovviamente “Lo Scarabeo Sotto la Foglia”. Eccoli qui ora, nell’asta Sotheby’s, a comporre una specie di fil rouge del bianco.

Fonte Corriere della Sera 95


Finito di stampare nel mese di Maggio 2015 in Italia





ED Gallery snc - Via Mazzini 27 - 29121 Piacenza


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