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Pubblicazione semestrale della sezione U.I.L.D.M. di Ancona - ONLUS - Poste Italiane S.P.A. - Spedizione in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) Art. 1 comma 2 D.C.B. Ancona

ANNO XV _ N. 2

EDITORIALE INTERVISTA SPORT

ITALIA, IL PAESE DOVE SI TAGLIA CIÒ CHE NON SI PUÒ MA NON SI TAGLIA CIÒ CHE SI DEVE INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA UILDM ALBERTO FONTANA: “OCCORRE SUPERARE LA PAURA DELLA DISABILITÀ” MONDIALI: DELUSIONE ITALIA, LA GERMANIA VINCE IL TITOLO PER LA PRIMA VOLTA

APPROFONDIMENTO

LEGGE DI STABILITÀ 2011: LA SCURE DEL GOVERNO SUI SERVIZI AI DISABILI


DICEMBRE 2010

Semestrale della Sezione di Ancona della UILDM Via M. Bufalini, 3 - 60023 Collemarino (AN) Tel. 071887255 - Fax 071912422 e-mail: uildman@uildmancona.it Autorizzazione Tribunale di Ancona del 15/11/95 iscritta al n. 35 del registro periodici Direttore responsabile: Giovanni Marcelli In redazione: Massimo Cortese Roberto Frullini Simone Giangiacomi Cosetta Greco Stefano Occhialini Progetto grafico e impaginazione: Cooperativa sociale Oblò Monte S. Vito (AN) Foto di copertina: Tratta dal sito www.uildm.org Stampa: Tipografia Stampa Nova Jesi

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Editoriale Italia, il Paese dove si taglia ciò che non si può ma non si taglia ciò che si deve

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Intervista Il presidente della UILDM Alberto Fontana: “Occorre superare la paura della disabilità”

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Approfondimento Legge di Stabilità 2011: la scure del Governo sui servizi ai disabili

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Sport Mondiali: delusione Italia, la Germania vince il titolo per la prima volta

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Dolphins Ancona: è ora di tornare grandi!

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Dolphins ottavi al 6° torneo internazionale degli “Iron Cats”

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Inizia bene la stagione: delfini sul podio di coppa

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Fondazione Paladini “Insieme in rete’’ al convegno sulla gestione riabilitativa delle malattie neuromuscolari”

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Serata alla Rotonda

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Cortese...mente Peccati di gola

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Attività Associazione La UILDM Ancona sostiene Telethon e la ricerca Auguri di Natale al “Finis Africae” con la UILDM Ancona


Editoriale

Italia, il Paese dove si taglia ciÒ che non si può ma non si taglia ciÒ che si deve “Soldi, soldi, soldi...” cantava Betty Curtis negli anni ‘60, sulla scia del boom economico. Tanto tempo è passato ed oggi l’incipit di quella ingenua canzonetta andrebbe parafrasato così: “Tagli, tagli, tagli...” Questa, infatti, sembra essere la caratteristica principale delle politiche sociali ed economiche di un’Italia sempre più malandata, in questa prima decade del 2000 che va concludendosi. Non che alcune sane e serie sforbiciate non siano necessarie in un Paese come il nostro, vissuto ampiamente e per un lungo periodo al di sopra delle proprie possibilità, ma si deve considerare con che criterio si va a tagliare e in quali settori. Il problema è che ultimamente e troppo spesso, in Italia, si sono decisi tagli lineari ed orizzontali, che hanno decurtato risorse indiscriminatamente e in qualunque campo, non tenendo conto dell’effettiva utilità o, peggio, dell’eventuale dannosità per i cittadini più deboli dei tagli stessi. In tema di disabilità questo infausto concetto si evidenzia in maniera emblematica. Si è passati quest’anno dalla riduzione del 70% del fondo nazionale per l’inserimento lavorativo delle persone disabili – oltretutto senza che sia stata valutata e “misurata” concretamente l’attuazione delle legge 68/99 – alla cancellazione del fondo per le non autosufficienze, che finora ammontava a 400 milioni di euro annui. Per quanto riguarda il mancato sostegno all’ingresso nel lavoro dei disabili, si va nella direzione opposta di quanto suggerito da un organismo internazionale come l’OCSE che ha chiaramente consigliato agli stati industrializzati di agevolare l’accesso all’occupazione di chi è disabile, in modo da “ammortizzare” il costo per la società di prestazioni pensionistiche, mediche e sociali erogate proprio in favore di questa

categoria di soggetti. Per ciò che attiene invece all’eliminazione del fondo per le non autosufficienze, esso si tradurrà in un sicuro ridimensionamento dei servizi di assistenza socio-sanitaria alle persone non autosufficienti, in costante aumento con l’avanzamento dell’età media negli ultimi anni. Qualcuno potrebbe dire, in buona fede, che non c’è alternativa a tutto ciò, come non c’è alternativa alla precarizzazione selvaggia del lavoro o magari alla previsione di una pensione ridicola per chi oggi ha meno di 35 anni. La verità è che la spesa pubblica, in Italia, è distorta, mal distribuita, iniqua. Pensiamo, infatti, all’abnorme capitolo della spesa pubblica che in questa nazione coincide con sprechi e/o privilegi. C’è l’imbarazzo della scelta. Cominciamo dagli enti pubblici: le province e le comunità montane. Da tempo immemore, ormai, si disquisisce sull’opportunità di abolire

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queste emanazioni territoriali dello Stato, considerate per lo più baracconi mangia-soldi e dispensatrici di posti di lavoro sicuri per parenti e amici di alcuni politici. Si sappia che più del 70% dei bilanci delle province se ne va in spese correnti, mentre solo il 27% in investimenti. In pratica 3/4 dei soldi che i cittadini versano a questi enti servono esclusivamente per il loro... mantenimento. Come se non bastasse, le province sono passate da 95 a 107 negli ultimi 20 anni ed ora tenerle in piedi ci costa circa 15 miliardi di euro all’anno. Le comunità montane sono meno care, è vero, perché le paghiamo “soltanto” poco meno di 200 milioni di euro ogni anno, ma in compenso ce ne sono alcune al livello del mare e tante altre quasi perfettamente sovrapponibili con gli Enti Parco. Non solo: le comunità montane sono costituite da comuni che continuano ad esistere nonostante siano il più delle volte abitati da pochissime persone. A tal proposito, va notato che in Italia esistono più di 8.000 comuni, molti dei quali hanno una popolazione che non raggiunge i 1.000 residenti e dunque con un costo procapite spropositato dei servizi comunali. Hai voglia a spendere... Ma non basta. Lo scandalo maggiore è che, in un’epoca in cui la maggior parte di coloro che appartengono alle nuove generazioni e al ceto medio-basso – tanto più chi delle nuove generazioni e del ceto medio-basso rappresenta la nicchia fisiologicamente più debole, come il disabile – è chiamato a fare inevitabili sacrifici, esiste una classe politica che si permette di conservare privilegi imbarazzanti e soprattutto vergognosamente ed economicamente insostenibili. Il riferimento va ai parlamentari e agli assessori e consiglieri regionali. A costoro, infatti, è garantita una pensione, o meglio, una rendita vitalizia, che matura già dopo una legislatura, ovvero 5 anni di mandato (in realtà per i nostri deputati e senatori basta arrivare a 2 anni, 6 mesi e un giorno). Una 4

rendita che, in soldoni, corrisponde a poco più di 3.000 € mensili per chi in Parlamento ci è stato una volta sola, a salire fino a cifre luculliane per chi invece in Parlamento ci ha fatto carriera. Peraltro si tratta di una rendita cumulabile con altri redditi, tanto per non farsi mancare nulla. A proposito, è recentissima la notizia dell’approvazione di un emendamento bipartisan alla legge di bilancio regionale delle Marche, il quale introduce – si badi bene – la facoltà di scegliere, da parte dei consiglieri regionali, se usufruire della rendita vitalizia oppure no. E’ evidente che si tratta di una presa in giro bella e buona nei confronti dei cittadini comuni, formalizzata dal Consiglio regionale quale ipocrita risposta alla proposta avanzata dal consigliere regionale Binci, di Sinistra Ecologia Libertà (si cita l’appartenenza partitica come mero dato di cronaca e non già per spirito di fazione, quanto mai inopportuno in questo contesto), che avrebbe previsto l’abolizione tout court dei vitalizi a partire dalla prossima legislatura. Come dire: noi consiglieri regionali non escludiamo di toglierci la rendita, ma a nostra discrezione; mica possiamo far passare una legge che la elimini in automatico... Insomma, tagliare si può e si deve, ma dove è igienico farlo. Qualcuno potrebbe obiettare: non è sufficiente, occorre fare ben altri tagli. Tutto vero; nel frattempo, però, cominciamo da questi. Giovanni Marcelli


Intervista Intervista con il massimo esponente dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

IL PRESIDENTE DELLA UILDM ALBERTO FONTANA: “OCCORRE SUPERARE LA PAURA DELLA DISABILITÀ” In un periodo di crisi prolungato e strutturale come quello che l’Italia sta ormai attraversando da tempo, anche la UILDM - associazione no-profit che opera da quasi 50 anni al fine di promuovere la ricerca scientifica e sanitaria sulla distrofia muscolare e sulle altre patologie neuromuscolari oltre a favorire in generale l’integrazione sociale delle persone con disabilità – ha sentito la necessità di adottare per se stessa strumenti organizzativi e d’azione che le permettano di affrontare nel modo migliore il contesto socio-economico attuale, con particolare riferimento ai rapporti con gli enti pubblici. In questo senso uno dei passi significativi della UILDM è stata l’approvazione del nuovo statuto nel mese di giugno. Alberto Fontana, 39enne presidente nazionale della UILDM nonché presidente di una cooperativa sociale in quel di Milano, spiega le ragioni di questa scelta: “Il rinnovato statuto dell’associazione nasce dall’esigenza di accrescere la capacità delle sedi locali UILDM di rispondere alle varie normative regionali, cercando nel contempo di intercettarne con più efficacia le ricadute positive per la loro attività”. In pratica cosa cambia per le UILDM locali presenti sul territorio? “Esse hanno ora la possibilità di richiedere, come O.N.L.U.S., il riconoscimento di una propria personalità giuridica, con annessa autonomia patrimoniale e rappresentanza legale. Ovviamente nessuna UILDM locale è obbligata a scegliere questa strada, anche perché bisogna giustificare alla UILDM. nazionale la richiesta dello status di organizzazione autonoma. A tutte le sedi territoriali, comunque, anche a quelle – come la UILDM. Ancona – che non intendono modificare la loro definizione giuridica attuale, è garantita una

maggiore indipendenza nella gestione delle risorse finanziarie”. In sostanza, lo statuto rivisto a giugno ha l’obiettivo prosaico, ma anche imprescindibile, di fornire alle UILDM territoriali gli strumenti idonei per poter continuare a raccogliere, e magari incrementare, i contributi pubblici (ma non solo) a sostegno della loro attività. E’ così? “E’ innegabile che questo sia uno dei motivi principali che ci ha spinto ad innovare ed integrare il vecchio statuto. Il fatto è che negli ultimi anni si sono moltiplicate esponenzialmente le richieste di sostegno economico pubblico da parte di sempre più numerose associazioni non lucrative, che operano nel sociale al pari della UILDM; il problema è che sono sempre meno i soldi pubblici che vengono devoluti a queste associazioni, pur meritevoli. Purtroppo, al di là della crisi di sistema che sta mettendo in ginocchio questo Paese e da cui associazioni come la UILDM. non possono essere esenti, c’è una contraddizione di base che nasconde una ben più grave ipocrisia ascrivibile alla politica: da un lato si celebra con tutti i crismi e nelle più autorevoli sedi istituzionali il volontariato quale elemento di ricchezza e di coesione sociale della nostra nazione; dall’altro, in concreto, quando occorre prendere decisioni forti a supporto di questa fondamentale attività prevedendo contestualmente degli investimenti, la politica latita o, peggio, taglia indiscriminatamente. Penso, tanto per rimanere in tema, allo scandaloso azzeramento del fondo per le non autosufficienze a partire dal 2011 per non parlare del drastico taglio al 5 per mille”. A tal proposito, cosa implicano i tagli governativi e, a cascata, regionali nell’ambito del sostegno alla disabilità? “E’ presto detto: minori risorse per

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l’assistenza domiciliare e per l’inserimento lavorativo e diminuzione dell’assistenza scolastica a favore degli studenti disabili. Quest’ultimo aspetto è, a mio parere, il più deleterio nella fase storica che stiamo vivendo: senza assistenza scolastica i ragazzi disabili subiscono un’ineluttabile discriminazione nel vedere riconosciuto il proprio diritto allo studio. Già oggi, infatti, i disabili fisici hanno un grado di scolarizzazione molto più basso dei propri coetanei; ciò dipende dal grave disagio, spesso anche logistico, a proseguire adeguatamente il percorso di studi. Se le risorse destinate ad ovviare a questa iniquità verranno ulteriormente ridotte il divario diventerà ancora più ampio”. In questo periodo si discute molto della riforma scolastica ed universitaria avanzata dal ministro Gelmini. Molti paventano conseguenze negative per il mondo della ricerca, soprattutto quella di carattere prettamente scientifico. Quanto può incidere un’eventuale difficoltà di questo settore per la ricerca medica sul trattamento e la cura della distrofia muscolare? “La ricerca, con tutta evidenza, è fondamentale per ogni malato, specialmente per chi soffre di patologie genetiche. Devo dire che se la UILDM non si fosse attivata 20 anni fa per lanciare la grande ‘macchina’ di Telethon oggi in Italia, di ricerca scientifica sulla distrofia muscolare e sulle malattie genetiche in genere, se ne farebbe ben poca o addirittura per nulla. Certo, se il nostro Paese non avrà più la capacità di formare i ricercatori del domani, non ci sarà un futuro roseo non solo per coloro che devono o dovranno fare i conti in prima persona con la malattia, ma anche per il resto della società, che dovrà pagare il ritardo accumulato dall’Italia rispetto ad altre nazioni guida nel campo

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scientifico”. Cosa chiede la UILDM per migliorare le condizioni dei vita dei distrofici? E cosa è stato fatto in questa direzione in Italia, negli ultimi anni? “Grazie all’attività della UILDM e di alcuni enti ad essa correlati – mi viene in mente l’esempio virtuoso della Fondazione Paladini - la qualità della vita dei malati di distrofia è sicuramente cresciuta. Non è un caso che l’aspettativa media di vita per le persone affette da alcune tipologie di distrofia muscolare fosse, soltanto una decina di anni fa, molto più bassa di oggi. Di assoluta importanza, poi, è l’impegno profuso dalla UILDM per far emergere l’orgoglio delle famiglie con persone disabili ed accompagnarle ad un’apertura sempre più convinta verso l’esterno. Bisogna considerare, infatti, che il 62% degli italiani ha ancora paura del fenomeno della disabilità e tende a volerlo ignorare ad ogni costo. Se si vuole rafforzare l’inclusione sociale delle persone disabili occorre combattere questa mentalità, facendo capire che non si deve temere il rapporto con la disabilità e soprattutto con chi è disabile. Va promossa una cultura della persona a tutto tondo, che vada oltre l’apparenza della mera fisicità”. Quali sono le prossime mete da raggiungere per la UILDM? “Fra due anni scadrà il mio mandato di presidente, ruolo che peraltro ricopro da sette anni. Lascerò dunque spazio ad altri, ma rimarrò pienamente a disposizione dell’associazione. Che sia io o meno alla testa della UILDM, la finalità deve continuare ad essere quella di divulgare ed approfondire la conoscenza e la cura delle distrofie muscolari e, contestualmente, cercare di migliorare sempre più la vita di chi ne soffre”. Giovanni Marcelli


Approfondimento

Legge di Stabilità 2011: la scure del Governo sui servizi ai disabili Sono molto consistenti i tagli del bilancio Statale per il 2011 riguardanti gli interventi sociali. Politiche per la famiglia, non autosufficienza, diritto al lavoro dei disabili, servizio civile, attività sociali delle regioni: sono tutti settori mutilati da parte del Governo che preferisce continuare il taglio dei finanziamenti piuttosto che perseguire la strada delle riforme strutturali. Le risorse destinate al Sociale passerebbero dai 2 miliardi e 527 milioni del 2008 ai circa 545 milioni previsti per il 2011 (dati de “Il sole 24ore”). Saranno purtroppo i più deboli a pagare le conseguenze di tali scelte politiche, perché Regioni ed Enti Locali non saranno in grado di assicurare servizi essenziali come assistenza domiciliare agli anziani, servizi di supporto alla famiglia, contributi economici, interventi per i bambini e ragazzi con problemi di disagio sociale e quelli in favore delle persone disabili. Tagliare questi tipi di sostegno è anche un “danno esistenziale” e si rischia davvero di riaprire le porte degli Istituti, di favorire la reclusione a casa delle persone con disabilità che si troveranno senza assistenza domiciliare, senza servizi e senza politiche di sostegno alla vita indipendente. Misure drastiche come quelle contenute nella cosiddetta “Legge di Stabilità 2011” rischiano di distruggere i progressi che si sono faticosamente compiuti grazie all’impegno di alcune Regioni. In particolare, secondo una prima lettura del Bilancio dello Stato per il 2011, il Fondo delle Politiche per la famiglia viene ridotto a meno di un quinto rispetto al 2008, passando dai 276 milioni di euro per quell’anno ai 52 previsti per il 2011. Drammaticamente ridotte anche le risorse destinate al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, il Fondo per le attività sociali delle Regioni, il Fondo per le Politiche Giovanili, il Fondo per il Diritto al Lavoro dei disabili. Non va molto meglio per altri settori: in caduta libera anche le risorse destinate al Servizio Civile Volontario (passate da 300 milioni di euro del 2008 ai 113 milioni di euro del 2011), così come quelle destinate alla Cooperazione e allo Sviluppo (scese a 179 milioni di euro). La famiglia e le politiche sociali non possono essere sostenute solo a parole, non si può gettare via in un solo colpo quanto si è tentato di costruire in questi anni per garantire un barlume di inclusione sociale per le persone con disabilità. Il definitivo azzeramento del Fondo Nazionale per le non Autosufficienze,

(istitutito nel 2006 con l’obiettivo di sviluppare prestazioni mirate all’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali) metterà fine a molti percorsi di presa in carico delle persone con disabilità da parte dei servizi. Da ricordare anche che a questo vuoto si sommerà la già accennata riduzione del Fondo per le Politiche Sociali; si tratta di una combinazione di tagli indiscriminati che rappresenta una spallata contro moltissimi tentativi di fare uscire le persone con disabilità dagli istituti. Diritti, come quello ad una vita indipendente, ai quali il Governo risponde con uno stop definitivo a tutti quei progetti mirati alla permanenza nella comunità degli individui disabili, a cominciare da quelli che non hanno più una famiglia in grado di supportarle. E per concludere si può parlare del lavoro, altra questione in cui viene esplicitata ulteriormente la spinta verso gli istituti, alla luce del significativo taglio che interesserà il Fondo Nazionale per il Diritto al Lavoro dei Disabili. Infatti, senza servizi, senza opportunità e senza reddito, l’unica alternativa possibile è quella della “reclusione”. E che dire del taglio al 5 per mille? Non viene escluso dai tagli neppure il noprofit. Il maxi emendamento della finanziaria riduce a soli 100 milioni di euro il gettito del 5 per mille, con un taglio cioè del 75% rispetto allo scorso anno. Si tratta di una scelta pericolosa perché porta a ridurre il sostegno a soggetti associativi capaci di mobilitare risorse umane ed economiche importanti e il cui ruolo si è sempre rivelato cruciale per ricostruire coesione ed inclusione sociale. E’ oltremodo una scelta grave, perché in aperta contraddizione con quanto dichiarato dallo stesso Governo, che da un lato non perde occasione di lodare il volontariato e il Terzo settore, dall’altro però cancella l’unico strumento di sostegno alle sue attività (in barba al principio di sussidiarietà). C’è da notare infine la consueta latitanza dei media nel racconto sui contenuti reali della Legge di Stabilità: le poche cose che sono state scritte sembrano provenire direttamente dalla cartella stampa del Ministero dell’Economia. Come ci si può fidare allora? Considerando, fra l’altro, che questa drammatica fase si inserisce nel contesto della più tortuosa e logorante crisi politica della cosiddetta Seconda Repubblica per i cittadini disabili si prospetta un futuro non proprio roseo. Cosetta Greco

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Sport

Mondiali: delusione Italia, la Germania vince il titolo per la prima volta

Avremmo voluto scrivere su queste pagine di una sorprendente Italia arrivata per la prima volta in finale; avremmo voluto raccontare la gioia del Presidente Spinelli, del c.t. Luca Maino, degli azzurri... avremmo voluto, ma purtroppo non possiamo. E allora racconteremo la gioia dei tedeschi, quella di capitan Oguz e del mister Genc, e di tutti i tifosi arrivati a Lignano dalla Germania. Ma andiamo con ordine e cominciamo dall’inizio. I primi Mondiali italiani, disputatisi a Lignano Sabbiadoro dal 3 al 7 novembre, dovevano essere per la Federazione Italiana Wheelchair Hockey e per tutto il movimento il palcoscenico ideale per vedere finalmente la Nazionale azzurra giocarsi una finale e magari provare a vincere. In effetti questa Italia è stata sì una sorpresa, ma una brutta sorpresa. Già all’esordio contro la Germania, in un girone in cui erano presenti anche Belgio e Svizzera, l’Italia di Mai-

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no dimostra che le premesse non sono affatto buone. Gli azzurri escono sconfitti 4 a 5 contro i teutonici, dopo un primo tempo conclusosi addirittura 4 a 1 per i tedeschi, complice un atteggiamento iniziale degli azzurri troppo difensivista, riscattato in parte dalla seconda fase del match in cui i padroni di casa mettono letteralmente sotto gli avversari, dimostrando grandi potenzialità, pur con tanti errori sotto porta. Alla fine ha la meglio la Germania, dimostratasi sostanzialmente più cinica e ordinata; è stata questa la differenza maggiore. Nella seconda gara di qualificazione l’Italia si trova di fronte il combattivo Belgio di uno stratosferico Sarazin, probabilmente una delle individualità migliori di tutto il panorama hockeistico mondiale. L’incontro è agonisticamente intenso, con gli azzurri usciti alla fine vittoriosi col punteggio di 8 a 5. Nella terza ed ultima gara di qualificazione, arriva la netta vittoria per 11 a 0 contro una modesta Svizzera, che comunque serra le fila nella prima frazione di gara limitando il passivo a 0 a 3. In virtù del secondo posto ottenuto nel proprio gruppo di qualificazione gli azzurri si trovano di fronte i campioni dell’Olanda, compagine imbattuta da anni. Come da copione l’Italia esce ma non senza lottare: sono le troppe indecisioni dietro però a pesare di più e a far uscire l’Italia dalla contesa per il titolo. In finale a giocarsela sono l’immancabile Olanda e la Germania, vittoriosa senza troppi sforzi su un’incolore Finlandia, in quella che da molti anni è oramai la finale classica di Mondiali ed Europei. Domenica 7 novembre è invece il tempo della “finalina” tra Italia e Finlandia. Dopo la delusione per il mancato accesso alla finale maggiore gli azzurri sembrano grintosi e, come mai in questo Mondiale, partono subito a gran ritmo portandosi in vantaggio e gestendo già dai primi minuti. Col passare del tempo però l’Italia cala, più di testa che di fisico, e forse già appagata e troppo sicura di vincere concede troppo agli scandinavi. A pochi minuti dalla fine della gara il risultato è in bilico 5 a 4 per i padroni di casa (dopo un parziale di 5 a 2), quando accade l’impensabile: complici forse i troppi cambi e una squadra troppo stravolta, nonché i gravi svarioni difensivi, i finlandesi trovano il pareggio e poi, clamorosamente a pochi secondi dalla fine della gara, addirittura il


vantaggio, ad essere sinceri anche meritato. I tifosi sugli spalti continuano a sostenere capitan Carelli e compagni, ma ormai non c’è più nulla da fare. Finisce clamorosamente 6 a 5 per i nordici, con l’Italia a prendere comunque gli applausi sotto la curva tinta d’azzurro. Le sorprese mondiali però non finiscono qui. Nella finalissima tra Oranje e Panzer, succede davvero di tutto. Una Germania molto ordinata e orchestrata da uno splendido Oguz non mostra alcun timore reverenziale al cospetto dei rivali e nei primi minuti passa in vantaggio, arrivando addirittura sul 3 a 1 a metà gara, complici anche clamorosi ed insoliti errori in fase di impostazione da parte degli olandesi, oltre ad un pizzico di fortuna che non guasta mai. Nel secondo tempo sembra compiersi il solito copione degli ultimi anni, con i tedeschi che soffrono ma ribattono colpo su colpo ai gol degli olandesi. Alla fine dei tempi regolamentari Hommel acciuffa il sospirato 6 a 6 e già tutto il pubblico presente pensa all’ennesima vittoria dei tulipani. Ma la partita più bella della storia del wheelchair hockey - così sarà definita a fine gara il match - non poteva che chiudersi nel modo più imprevisto: al secondo minuto di extra time Paul Emmering, trova una traiettoria incredibile con la palla che colpisce la traversa e va in rete. È 7 a 6, è’ golden gol, la Germania di wheelchair hockey è meritatamente Campione del Mondo per la prima volta nella sua storia! Spazio alle lacrime, a magliette lanciate in aria, a bottigliette d’acqua svuotate dai tifosi su giocatori e mister, alla pacifica invasione di campo e alle urla e ai cori di vittoria degli spettatori di fede tede-

sca. Lacrime anche per i finora imbattuti campioni olandesi, che, increduli e storditi, ricevono un lungo applauso dai propri tanti e colorati tifosi arancioni: forse sono proprio occasioni così che ti fanno amare lo sport. È stato un bel Mondiale, ben organizzato e con un livello tecnico mai visto fino ad ora. È stato il Mondiale della Germania, della sorprendente Finlandia, delle deluse Olanda e Australia, arrivata ottava e orfana del suo migliore giocatore, squalificato dalla Commissione Medica Iternazionale alla vigilia delle gare per mancanza di un documento. È stato però anche il Mondiale del peggior piazzamento dell’Italia in una competizione internazionale ufficiale, quello delle tante aspettative azzurre ma dei pochi risultati. Il rammarico è acuito dal fatto che, a detta di molti, questa era realmente l’Italia più forte di sempre. Ma in fin dei conti ai giocatori non si può rimproverare nulla, in campo hanno messo il cuore, sempre…. Perciò, pazienza: quando si cade bisogna rialzarsi subito e di sicuro l’Italia sarà in grado di farlo.

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DOLPHINS ANCONA: È ORA DI TORNARE GRANDI! Dopo l’ennesima stagione deludente culminata con la retrocessione in A2, novità della stagione entrante, per i Dolphins Ancona dovrà essere davvero la stagione della rinascita. Avevamo infatti lasciato i nostri a maggio, come è ormai una cattiva abitudine per i nostri, ai piani bassi dell’hockey italiano: per l’esattezza quarti, con solo Pescara dietro (in virtù di un pareggio soffertissimo ottenuto in casa abruzzese), e con Bologna, Albano Laziale e Viterbo rispettivamente prima, seconda e terza (un po’ a sorpresa, in verità, quest’ultima) del girone C. L’ultimo campionato tuttavia si era concluso con serenità e con la consapevolezza che da lì bisognava ripartire per essere grandi. A febbraio si riapriranno i giochi e questa volta i Dolphins non si accontenteranno di partecipare, ma vorranno anche vincere. Quello della prossima serie A2, infatti, sembra essere un girone alla portata. Le avversarie? Pescara, ormai una classica, e poi Avellino (che probabilmente si ritirerà ancor prima di iniziare) e Scandicci, queste ultime due nuove realtà di un campionato già rimandato a febbraio ancor prima di iniziare. Chi concluderà il campionato in prima posizione dovrà vedersela in seguito con la prima del girone B, verosimilmente Modena o la neonata Bolzano… Ma è ancora presto per pensare già alla finale promozione: per ora concentriamoci sul campionato!

DOLPHINS OTTAVI AL 6° TORNEO INTERNAZIONALE DEGLI “IRON CATS”

Ottavo posto per i Dolphins Ancona al 6° Torneo internazionale degli “Iron Cats” disputatosi il 2 e 3 ottobre scorsi a Uster, cittadina a 20 Km da Zurigo. In quella che è una delle competizioni più importanti d’Europa a dominare sono stati, un po’ secondo pronostico, gli Skorpions di Tiziano Fattore (senza capitan Carelli ma con lo special guest Claudio Salvo) e i pluri campioni di Germania dei Torpedo Ladenburg. Per i Dolphins, soprattutto per i più giovani, si è trat-

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tato di una buona esperienza in vista del prossimo campionato di serie A2, anche se sicuramente i risultati potevano essere migliori, date le defezioni delle avversarie del girone, in primis quella degli Animals di Monaco di Baviera. Prima avversaria dei Dorici è stata la formazione dei Red Devils Belgium, compagine che racchiude in sostanza tutta o quasi la nazionale belga. E’ stata una partenza a razzo per i nostri, che dopo cinque minuti si sono trovati a sorpresa già in vantaggio per 3 a 0. Poi Sarazin (capocannoniere finale del torneo) e compagni, prese le giuste contromisure, hanno imposto un parziale pesantissimo di 14 a 3 che di fatto annienta i ragazzi di mister Venturi. Alla fine il risultato recitava un pesante 14-6, figlio della bravura degli avversari, ma anche di una difesa dorica che ha fatto acqua da tutte le parti e non è riuscita a disinnescare in alcun modo le bocche da fuoco avversarie. D’altronde la difesa si è rivelata il tallone di Achille anche nella sconfitta (2-4) patita contro i Munich Animals privi di tanti titolari rimasti in Baviera (tra i quali addirittura due delle tre mazze titolari). Un uno-due micidiale nei primissimi minuti di gara ha tagliato letteralmente le gambe ai nostri che, tuttavia, hanno provato in maniera caparbia a ribaltare un risultato che però, per demeriti propri e meriti del portiere tedesco, non sono riusciti proprio ad aggiustare. Forte il rammarico a fine gara per le occasioni sprecate, viste poi le numerose assenze degli avversari Ancora errori e ancora un’altra sconfitta contro i padroni di casa degli Iron Cats. Nonostante l’l a 0 iniziale degli ospiti i “Gatti” hanno ribaltato il risultato mettendo sempre in evidenza la-


cune difensive piuttosto preoccupanti. Il 2 a 5 subito alla fine è stato forse un risultato troppo pesante per i Dolphins, ma la sconfitta ci può sicuramente stare. Gli unici tre punti del girone eliminatorio sono arrivati dall’ultima gara contro la compagine svizzera dei Thunder Berna, capace nell’esordio di impattare contro gli Animals. I Dolphins sono partiti concentrati e caparbi, mettendosi tre gol avanti agli avversari. Il secondo tempo ha visto la partita molto più equilibrata con Ancona che ha controllato la gara mantenendo sempre almeno 3 reti di vantaggio sui propri avversari. Alla fine il risultato è stato di 6 a 3, una vittoria che dava morale ai Delfini, consentendo loro di disputare la giornata seguente la finale per il settimo posto nel derby tutto italiano contro i Blue Devils Genova. Si è giocata dunque il 3 ottobre la gara contro una Genova priva di Ginesi, Merlino e Boschini, ma con Locatelli e Prima in “prestito”. Il match è stato da subito vivace e maschio, ma sostanzialmente corretto. Ha aperto le marcature Genova alla quale Ancona ha risposto due volte prima della fine del primo tempo; per i Liguri da segnalare anche uno shot out sbagliato e una traversa. Nella seconda metà di gara il solito paio di amnesie difensive (non una novità del torneo purtroppo) hanno rimesso davanti i liguri, che, dopo aver colpito un altro palo e aver nuovamente sbagliato uno shot out, si sono visti raggiungere a pochi minuti dalla fine dagli avversari. La doccia fredda per i Dorici è arrivata a poco più di due minuti dal fischio finale, quando in mischia il punteggio si è fissato sul definitivo 3 a 4 per i genovesi. Un disordinato arrembaggio finale, infatti, non ha cambiato il risultato per i Dolphins Ancona, costretti alla sconfitta e all’ottava posizione nel torneo. Nelle semifinali, intanto, Ladenburgo si imponeva con più problemi del previsto sui Red Devils Belgium mentre Varese aveva vita facile sui padroni di casa degli Iron Cats. La finale per il terzo posto ha visto poi vincitori i Belgi che, come nel girone eliminatorio, si sono imposti fin troppo facilmente sui gatti svizzeri padroni di casa. La finalissima del torneo è stata disputata tra gli Skorpions Varese e i Torpedo Ladenburg, sfida fi-

nita precedentemente 3 a 2 per i campioni d’Italia nel girone eliminatorio. Le due squadre si sono studiate nei primi minuti, senza creare tantissime occasioni per segnare, quasi si trattasse di una partita a scacchi. Varese però passava per prima in vantaggio, cercando anche il raddoppio su un avversario che sembrava intimorito. I lombardi però subivano il pareggio sull’unica mezza disattenzione difensiva. Tuttavia, senza scomporsi, gli Scoprioni hanno continuato a giocare da par loro e, pur patendo alcuni temibili attacchi dei tedeschi, si sono riportati in vantaggio. Nel secondo tempo, con un Ladenburg sbilanciato, Varese ha colpito ancora due volte i Torpedo che però si sono riportati in partita grazie ad un rigore discusso a 5’ dalla fine. Gli ultimi minuti di gara sono stati un arrembaggio alla porta biancorossa, protetta perfettamente dalla propria difesa, fino a quando a 30 secondi dal termine Fattore, eletto a fine torneo Miglior Giocatoredel torneo, siglava in azione solitaria il quinto e ultimo gol della gara, consegnando in maniera ancor più decisa il torneo a Varese. Ritornando ai Dolphins, se questo torneo è servito a fare esperienza, sicuramente ciò è avvenuto e bisogna essere comunque soddisfatti. Purtroppo però, per come sono andate le gare, c’è un po’ di dispiacere per non essere riusciti ad ottenere un piazzamento migliore, soprattutto per come è andata a finire la sfida contro Monaco, che avrebbe potuto regalare la finale per il quinto posto. Al di là di tutto: Forza Delfini!!!!

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INIZIA BENE LA STAGIONE: DELFINI SUL PODIO DI COPPA I Dolphins confermano la loro buona tradizione in Coppa Italia (in quattro edizioni disputate finora hanno ottenute due terzi posti ed un secondo), conquistando il gradino più basso del podio della competizione 2010, le cui semifinali e finali si sono disputate nei giorni 17 e 18 ottobre scorso negli impianti della Santa Lucia, a Roma. In semifinale i Dorici hanno affrontato i padroni di casa dei Thunder Roma. La gara, come da pronostico, è stata vinta dai capitolini ma il risultato finale di 7 a 4, rende merito ad un Ancona che ha giocato bene, a tratti alla pari dei più quotati avversari. I Dolphins, nell’ultimo quarto, hanno addirittura messo il fiato sul collo di una Roma “sperimentale” che si è concessa di far rifiatare il quintetto titolare in vista della finalissima contro Varese. Buona prova, comunque, dei Delfini, usciti dalla gara a testa alta. Nell’altra semifinale netta vittoria degli Skorpions sui Dragons di Grugliasco. Domenica 18 sono andate in scena le due finali: in quella per il terzo e quarto posto i Dolphins hanno affrontato la sorprendente Grugliasco, alla sua prima storica semifinale nella competizione. I Dolphins, dopo aver iniziato la gara con un doppio vantaggio nei primi minuti, hanno controllato la prima metà dell’incontro. Scoppiettanti il secondo e terzo quarto, grazie ai frequenti cambi di mister Ventri che ha voluto e dovuto sfruttare tutta la rosa a disposizione (solo 8 giocatori), con i piemontesi che hanno

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risposto colpo su colpo ai gol dei marchigiani, sempre sopra di almeno due gol. Alla fine della gara il risultato recitava 7 a 5 per i Dorici, che hanno così messo in bacheca un bel terzo posto. Nella finale per il primo posto, i Thunder (privi del portiere titolare Rizzi) sorprendono i campioni d’Italia nonché detentori in carica della Coppa, gli Skorpions Varese (privi a loro volta di capitan Carelli, fuori per infortunio). Il risultato finale della gara è un netto 5 a 1 per i Romani, sorretti per tutta la gara da un pubblico caldissimo e rumorosissimo. L’eroe di giornata è il giovane ma già espertissimo stick Marco Ferrazza, perno del suo club e della Nazionale Italiana. Per lui la soddisfazione di segnare ben due gol, uno realmente da grande bomber con tanto di finta. A fine gara giocatori e tifosi scoppiano di gioia, per Varese è “solo” secondo posto.


Attività Associazione

LA UILDM ANCONA SOSTIENE TELETHON E LA RICERCA La Sezione UILDM di Ancona, in concomitanza con la maratona televisiva benefica di Telethon, ha partecipato e programmato nelle giornate del 17 e 18 Dicembre 2010 alcuni punti di raccolta fondi per sconfiggere le malattie genetiche. Così anche quest’anno sono stati riproposti alcuni gadget, fra cui le tazze per la colazione decorate con il simpatico personaggio “Snoopy”, le portacandele natalizie decorate e le sciarpe di varie colorazioni. La raccolta fondi è stata promossa anzitutto con l’allestimento dei banchetti Telethon nella giornata di venerdì 17 dicembre presso gli “Ospedali Riuniti” di Torrette di Ancona e al Centro Commerciale “Oceano” di Moie. Sabato 18 dicembre, poi, i volontari della UILDM sono riusciti ad organizzare nuovi punti di raccolta - grazie soprattutto all’aiuto della famiglia Venturi - presso il Centro Commerciale “la Fornace” di Jesi. Nella stessa giornata altri volontari hanno allestito il banchetto di raccolta fondi presso gli “Ospedali Riuniti” di Torrette di Ancona. Simone Giangiacomi

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Auguri di Natale al “Finis Africae” con la UILDM Ancona

La nostra Sezione UILDM., insieme all’Associazione Sportiva Dilettantistica Dolphins Ancona Hockey Club, , ha organizzato, nella giornata del 12 dicembre, un incontro conviviale presso l’hotel ristorante “Finis Africæ Country House” a Senigallia (AN). A questo incontro hanno partecipato tutti gli atleti della squadra dell’hockey in carrozzina, soci, amici e sostenitori per concludere in compagnia un anno ricco di attività e risultati. Il tradizionale appuntamento è stato molto partecipato, dato che i presenti sono stati oltre 60. Durante la partecipazione si è anche festeggiato il record di soci iscritti alla UILDM Ancona nel 2010, che ha superato il numero di 282 soci. Il menù a buffet era ricco di specialità culinarie

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davvero appetitose, a partire dagli antipasti (formaggi e fritti misti), passando per i primi piatti (lasagnette al ragù e i passatelli al cappone) fino al succulento secondo (filetto di maiale bardato al fumè). Il gran finale se lo sono meritati lenticchie e cotechino. A corredo dell’evento, una maxi tombolata con ricchi premi e animazione di musica sotto la regia del nostro amico Massimiliano Venturi. Questa occasione è stata utile per incontrarsi e per ringraziare tutti coloro che hanno fornito un aiuto prezioso alle nostre associazioni, e soprattutto per scambiarsi gli auguri di buone feste, trascorrendo in compagnia una giornata ad alto gradimento. Simone Giangiacomi


Fondazione Paladini Iniziative attuali e prossime venture della Fondazione Paladini

Da “Insieme in rete” al convegno sulla gestione riabilitativa delle malattie neuromuscolari Da circa un anno la Fondazione Dr. Dante Paladini onlus ha attivato un progetto dal titolo “Insieme in rete” con l’obiettivo di coinvolgere le associazioni territoriali che si occupano di malattie neuromuscolari, per raccogliere proposte e criticità e muoversi all’unisono per migliorare i servizi offerti ai pazienti. Le associazione aderenti sono: UILDM, A.I.S.L.A. (Associazione Italia Sclerosi Laterale Amiotrofica), Famiglie SMA (per la ricerca contro l’atrofia muscolare spinale) e Mitocon. Oltre agli incontri dei referenti associativi è in programma un convegno dal titolo “La gestione riabilitativa delle malattie neuromuscolari: quando, dove, come, perché”. L’evento formativo, previsto per il 17 e 18 febbraio presso l’Ospedale di Torrette di Ancona, è stato strutturato focalizzando gli interventi sull’età evolutiva e l’età adulta rispettivamente nella prima e seconda mattinata. Le sessioni pomeridiane invece saranno dedicate all’offerta riabilitativa del territorio nazionale e regionale. Parteciperanno esperti di varie specializzazioni mediche (Manuela Lodesani, Francesco Turturro, Sonia Messina, Nadia Cellotto, Andrea Vianello, Adriano Chiò, Marco Caligari ed altri), mentre per la tavola rotonda abbiamo ricevuto già la conferma di Alberto Fontana, Mario Melazzini e Daniela Lauro. Per il programma dettagliato e l’iscrizione consultare il sito www. fondazionepaladini.it Roberto Frullini

Alla pagina successiva il programma completo del Convegno

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LA GESTIONE RIABILITATIVA DELLE MALATTIE NEUROMUSCOLARI: QUANDO, DOVE, COME E PERCHè Auditorium “Sandro Totti” - A.O. Ospedali Riuniti di Ancona

17 FEBBRAIO 2011 La gestione della disabilità emergente e del disagio in età evolutiva ore 9.00

Iscrizione partecipanti

ore 9.30 Introduzione e saluti

Alberto Fontana (UILDM) Daniela Lauro (Famiglie SMA) Mario Melazzini (AISLA)

18 FEBBRAIO 2011 La gestione della disabilità emergente e del disagio in età adulta: la malattia del motoneurone

OBIETTIVO: AUTONOMIA ore 9.45 Presupposti e strategie per il raggiungimento e mantenimento del cammino autonomo Manuela Lodesani - Reggio Emilia

OBIETTIVO: QUALITà DI VITA: 1^ sessione ore 9.15 Fattori prognostici del declino funzionale Adriano Chiò - Torino

ore 10.15 Prescrizione degli ausili: carrozzina SI, NO, QUANDO? Antonella Cersosimo - Bologna

ore 9.45 Alimentazione e specificità dell’apporto nutrizionale Massimiliano Petrelli - Ancona

ore 10.45 La gestione della ventilazione non invasiva nelle SMA: il ruolo del caregiver Alessia Franceschi - Genova

ore 10.15 L’assistenza ventilatoria: quando iniziare e come proseguire Andrea Vianello - Padova

ore 11.15 Coffee Break

ore 10.45 Coffee Break

OBIETTIVO: PREVENZIONE ore 11.30 L’ uso di tutori e ortesi: SI, NO, QUANDO? Daniela Morelli - Roma

OBIETTIVO: QUALITà DI VITA: 2^ sessione ore 11.00 La tecnologia al servizio della comunicazione: quali ausili per quali utilizzatori? Marco Caligari - Pavia

ore 12.00 Le opzioni chirurgiche Francesco Turturro - Roma ore 12.30 Problematiche nutrizionali: come valutarle e come trattarle Sonia Messina - Messina ore 13.00 Cardiopatia e distrofie Gian Piero Perna - Ancona ore 13.30 Pausa pranzo ore 14.30 Vantaggi e (possibili) svantaggi dell’attività motoria nelle Malattie neuromuscolari. Presupposti biologici Marco Sandri - Padova ore 15.00 Vantaggi e (possibili) svantaggi dell’attività motoria nelle Malattie neuromuscolari. Evidenze cliniche Nadia Cellotto - Milano

ore 15.30 “Dalle linee guida alla pratica clinica: l’offerta riabilitativa sul territorio: esperienze regionali a confronto” Interverranno: Nadia Cellotto (Centro Clinico Nemo – Milano) Daniela Morelli (I.R.C.C.S. Fondazione Santa Lucia – Roma) Andrea Martinuzzi (I.R.C.C.S. “e. Medea” - La nostra Famiglia – Conegliano)

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ore 11.30 Come ridurre il disagio: gli approcci farmacologici al con tenimento della scialorrea, del dolore e disturbi del sonno Luca Costantini - Ancona ore 12.00 Le problematiche psicologiche e le strategie di co ping del malato e del caregiver Arianna Palmieri - Padova ore 12.30 Pausa pranzo ore 13.30 “L’offerta riabilitativa sul territorio: Quali risposte per quali bisogni? L’esperienza della Regione Marche” Interverranno: Giorgio Caraffa (Direttore sanitario – ASUR Regione Marche) Lucia Di Furia (Servizio Salute Regione Marche) Antonio Bortone (Direttore dei centri ambulatoriali del Santo Stefano) Maria Gabriella Ceravolo (Clinica di Neuroriabilitazione A.O. Ospedali Riuniti – Ancona) Roberto Frullini (Fondazione Dr. Dante Paladini) Fabio Ragaini (CAT – Comitato Associazioni di Tutela)


Serata alla Rotonda

E’ andata in scena, venerdì 10 dicembre, la seconda edizione de “Il gusto della solidarietà” Ha appena vissuto la sua seconda edizione l’evento “Il gusto della solidarietà”, caratterizzato, nella versione 2010, da un’ambientazione anni ‘50 e, come sempre, dai prelibati piatti preparati con maestria da Mauro Uliassi e Moreno Cedroni. L’appuntamento, organizzato dalla Fondazione Dr. Dante Paladini onlus, si è tenuto nella serata del 10 dicembre con la partecipazione di circa 80 commensali, che ancora una volta hanno dimostrato il loro coinvolgimento nel sostenere le finalità che la Fondazione si propone di raggiungere in favore delle persone affette da patologie neuromuscolari. La serata è stata scandita da un susseguirsi di piatti degustati con il sottofondo musicale del gruppo “Concertino Burro e Salvia” che ha proposto un classico repertorio anni ‘50. La musica è stata sospesa da alcuni interventi magistralmente diretti dallo staff della società di comunicazione “Segni e Suoni”. L’apertura della serata ha visto il presidente Roberto Frullini salutare e ringraziare tutti i presenti, seguito dai saluti dell’assessore regionale Marco Luchetti e l’assessore provinciale Gianni Fiorentini. L’amministrazione di Senigallia non è riuscita ad essere presente, ma ha inviato un caloroso ed affettuoso saluto al presidente rinnovando la propria adesione alla Fondazione. Nella seconda parte della serata c’è stato un approfondimento sull’attività del Centro Clinico per le malattie

neuromuscolari di Ancona con due brevi interventi della Prof.ssa Maria Gabriella Ceravolo della clinica di Neuroribilitazione e del Dr. Francesco Logullo della Clinica di Neurologia. A termine dei loro interventi, Sara Baldinelli, la vincitrice della borsa di studio messa in palio dalla Fondazione con il ricavato della prima edizione del gala, ha illustrato il progetto che sta portando avanti all’interno del Centro. Momento clou della serata è stata l’assegnazione del Premio “Mario Di Cicco”, riconoscimento che porta il nome del giornalista marchigiano caro alla UILDM di Ancona per la sua disponibilità, professionalità ed umanità. Il premio 2010 è andato a Giancarlo Trapanese per la sua continua attività di sensibilizzazione rispetto alle tematiche sociali. Come dono gli è stata consegnata un’opera realizzata ad hoc per la serata dall’artista Nazzareno Rocchetti. Positivi i commenti di chi ha partecipato e per questo la Fondazione desidera ringraziare tutti gli intervenuti e chi si è impegnato nella realizzazione della serata: Mauro e Catia Uliassi, Moreno Cedroni, Simone Socionovo e tutto la staff di “Segni e Suoni”, Nazzareno Rocchetti, Arredofest, Regione Marche, Provincia di Ancona, Comune di Senigallia, l’Istituto Alberghiero “Panzini” di Senigallia, la band “Concertino Burro e Salvia”. Roberto Frullini

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Cortese... mente

PECCATI DI GOLA Quando, da bambino, con mia madre andavo a far visita a qualcuno, e mi venivano offerte le paste o un dolcetto, debbo ancora comprendere per quale strana ragione mia madre mi costringesse a rifiutare quelle buonissime cose, al punto da costringermi ad essere maleducato. “Grazie signora, non si deve disturbare e il bambino non può accettare”. E quella a insistere, e io, nonostante mi dissociassi totalmente dalla volontà espressa, confermavo il gran rifiuto. Quando poi io cedevo, nel senso che nonostante le indicazioni materne, non ce la facevo più a mascherare il mio dissenso, era la mamma ad intervenire in mio sostegno, che in realtà non era il mio, ma il suo. In fondo, per quale ragione avrei dovuto rifiutare le paste, al punto da apparire un “incivile”? Eppure, nonostante i miei appelli alla mamma, affinché potessi avere almeno una qualche deroga, in modo da poter accettare le paste, sia pure – diremmo oggi – in modo controllato, il responso materno era irremovibile: io non dovevo accettare e basta. Penso che la ragione di un tale comportamento fosse da ricondursi ad una qualche umiliazione subita da mia madre quando era piccola: ma, se questa ci fosse anche stata, era forse legittimata, la povera donna, a creare problemi e angosce all’infanzia mia a causa dei problemi suoi? Comunque, a questo caso di coscienza tra ciò che ero costretto a dire e quello che invece avrei desiderato, fu ben presto posto rimedio, e sapete da chi? Da mio padre, al quale sarò sempre grato. Infatti, quando mi vennero offerte le paste, in sua presenza, egli sentenziò, senza mezzi termini: “Ringrazia e mangia le paste”. Voi non ci crederete, ma per me la vita era cambiata di colpo, si apriva un spiraglio, una breccia, era come se avessero creato una nuova era. Lo stupore era enorme, ero troppo contento, ma subito dopo l’ubriacatura, si fa per dire, venne alla mia mente la seguente riflessione angosciante: “Ma se mia madre vuole che io rifiuti le paste, mentre mio padre accetta volentieri che le possa mangiare, chi avrà ragione?” Sta comunque di fatto che la decisione del papà

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ebbe delle ripercussioni immediate nella mia esistenza: infatti, da quel giorno, mia madre si allineò alla volontà paterna, avendo probabilmente riconosciuto ridicola la sua posizione, e così io ebbi la possibilità, quando si presentava l’occasione, di mangiare le paste. Oggi posso dire che si trattava di una questione di poco conto, ma per me aveva un grande interesse, rappresentando uno dei primi interrogativi che la mia persona, benché in tenerissima età, si trovò costretta ad affrontare. In fondo, si tratta di stabilire il ruolo del rapporto col cibo, o meglio, l’accorgersi del messaggio che le cose da mangiare sono in grado di trasmettere. Prendiamo per esempio la mozzarella, un alimento che a me è sempre piaciuto molto. Io, tramite la mozzarella, ho scoperto il significato dell’amore, dell’attrazione che si viene a creare tra un uomo e una donna. Mia sorella era intenta a mangiare una mozzarella, quand’ecco che riceve la telefonata del fidanzato, allora lei abbandona quel boccone appetitoso, lasciandomi nell’imbarazzo più totale: se uno abbandona una cosa che gli piace, è certo che l’oggetto del distacco è d’importanza inferiore a ciò che si desidera in quell’istante. Ma il sapore del cibo che maggiormente segnava le mie giornate era quello che si consumava durante i giorni di festa che, a seconda dei casi, poteva avere un suo significato particolare. Oggi questa tradizione si è perduta, nel senso che nelle case non esiste più il cibo della domenica, che era diverso da quello che veniva mangiato negli altri giorni. Mi ha sempre colpito una pubblicità di diversi anni fa che, per reclamizzare un piatto pronto, lanciava il seguente slogan: “Ma oggi è forse domenica?” Eppure il pasto del giorno della festa non era importante solo per le pietanze che appunto si consumavano, ma dava vita a degli incontri tra le persone che oggi non ci sono più. Le tavolate di Natale non me le ricordo per quel che si mangiava, ma con chi condividevo quel gesto: dove siete, dove sono quelle persone? Certo, le riunioni tra gli individui avvengono in base ad una circostanza, che può anche essere drammatica, come quella appunto


che sto per raccontarvi, ma carica di un suo fascino. Nel giugno del 1972 io avevo undici anni, e in quel mese Ancona venne scossa da un brutto terremoto che, oltre ai danni, aveva generato molta paura in tutti noi. Ricordo le notti passate con i genitori in una sala d’aspetto della stazione ferroviaria, perché qualcuno aveva avuto il buon gusto di dire che tutto sarebbe potuto crollare, tranne il palazzo delle ferrovie. Da via Corinaldo, dove appunto abitavo con i miei, visto che mia sorella stava a Roma, tutti erano scappati, a parte la mia ed altre tre famiglie, e allora venne adottata la seguente decisione: alla sera, ci si riuniva nel garage di casa nostra, dove sul tavolo di marmo della cantina veniva allestita una sala da pranzo di fortuna, nota alla mia memoria per le fantastiche cene a base di tagliatelle con i moscioli e pesce a volontà. A pensarci bene, non è rimasto nulla di quelle cene, neanche una fotografia, a parte quella con il capitone che, non capisco bene come sia stato possibile, venne pescato da mio padre, dal signor Rodolfo e dal suocero, o forse l’avranno comprato e a me hanno dato da intendere che era il risultato di una pesca fortunata. Eppure, in quello spazio ridottissimo, sembra davvero incredibile che ci potesse entrare non so quanta gente, e nessuno si è mai lamentato del fatto che – a parte i muri, il tavolo di marmo del nonno e le persone con le loro interminabili chiacchiere – nel garage non ci fosse il bagno, la cucina, niente insomma. In fondo, a pensarci bene, le comodità sono delle cose superflue rispetto allo stare insieme. In buona sostanza, il rapporto con il cibo non solo riporta alla luce tante vicende di ciascuno di noi, come ho dimostrato parlando di me, ma storicizza la storia dell’Umanità. Per dirla in parole povere, quando ci sono guerre, carestie e calamità non si trova da mangiare, quando torna la pace il cibo è di nuovo sulle tavole, come fosse una festa, segno dell’abbondanza. Quindi, il cibo è sempre stato associato al benessere, alla stregua di un termometro misuratore del grado di civiltà raggiunto dalla singola comunità, almeno fino a quando è comparso un elemento drammatico,

che è lo spartiacque tra l’Età Antica e quella Contemporanea: il buffet. Fra poco comprenderete la ragione per la quale, quando penso al buffet, entro in uno stato di confusione, misto a compassione, perché penso sempre a quello che mi capitò in una torrida serata estiva dei primi Anni Ottanta. L’Italia aveva vinto i mondiali di calcio in Spagna, ed io ero stato invitato ad un banchetto nuziale dove la classica cena servita al tavolo veniva sostituita da un moderno buffet, vera novità per quei tempi, almeno dalle nostre parti. In realtà, ben presto la sosta al buffet si rivelò una sorta di assalto all’arma bianca, a causa dell’accaparramento del cibo che qualche invitato volle porre in essere, lasciando a bocca asciutta il sottoscritto ed altri amici. Decisi allora di sfidare la sorte, ponendomi a capo di un manipolo di disperati, al solo fine di mettere qualcosa di solido sotto i denti: feci le cose con cura, attesi con certosina pazienza che il cameriere portasse qualcosa da mangiare. Mi avventai allora sul piatto di portata, con un colpo di mano che sorprese persino il cameriere, che osò pure protestare per la mia ingordigia. Ormai giustizia era fatta, me ne stavo tornando al tavolino da cui ero partito tutto timoroso sull’esito della mia impresa, quand’ecco che accadde un imprevisto non calcolato: una forchetta cadde dal mio piatto colmo, ed allora, educatamente, mi chinai per raccoglierla, tenendo ben saldo il mio bottino sull’altra mano. Fu un attimo, ma fatale: nella frazione di secondo che mi separava dalla visione beatifica del mio piatto, un altro invitato, forse un buontempone, approfittando della bolgia che si era scatenata, lo aveva ripulito della vivanda di cui andavo giustamente fiero. Appena mi resi conto del furto malandrino, decisi di sfogare nelle bevande la delusione per quella dura realtà da digerire. Quando sento parlare di buffet, entro in uno stato di profonda inquietudine: non mi spolvereranno il piatto anche stavolta?

Massimo Cortese

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