

PARIS BORDON Itinerari Trevigiani
Fabrizio Malachin
Paolo Barbisan Rossella Riscica e Chiara Voltarel
coordinamento Luigi Zoppelli
progetto grafico Massimo Bazzo
fotografie
Luigi Baldin, Arcangelo Piai, Corrado Piccoli stampa
CPESSE Industria Grafica, Castelfranco Veneto (TV)
© 2022 Comune di Treviso - Musei Civici
© 2022 ODE Multichannel Editions & Communications [www.ode.mobi]
“
Un itinerario che valorizza il rapporto di Paris Bordon con la sua terra”
Paris Bordon a Treviso
La Città di Treviso, che ha dato i natali a Paris Bordon, uno dei più sorprendenti pittori del Cinquecento, ospita una grande mostra mono grafica per celebrare un artista che Marco Boschini, storiografo vene ziano, definì il “Divin Pittor”.
Dopo la mostra “Canova gloria trevigiana”, l’Amministrazione ha vo luto così dedicare un altro grande evento a un figlio della Marca che, senza dimenticare Arturo Martini, Giorgione da Castelfranco e Cima da Conegliano, rappresenta uno degli straordinari ambasciatori dell’ar te veneta e italiana nel mondo.
Un appuntamento fortemente voluto che testimonia anche il forte legame tra Treviso e il suo territorio con l’artista, ricercando nelle opere che realizzò e che qui ancora si conservano quelle vicende e testimo nianze che lo rendono ancora presente.
Questa guida intende proporre un vero e proprio viaggio alla scoperta di Bordon, che prende le mosse dal Museo Santa Caterina, scrigno di tesori, per portarci poi nelle vie cittadine alla scoperta delle facciate af frescate nel rinascimento, e poi nella straordinaria cappella Malchiostro del Duomo, fino ai centri di Biancade e Valdobbiadene, dove si con servano opere bordoniane. Si potrebbero aggiungere la Castelfranco di Giorgione, Santa Cristina di Quinto e Asolo con opere di Lotto, tanta è la varietà della produzione del “Divin Pitor”. Un invito a visitare Treviso, dunque, ma anche a scoprire le sue meraviglie.
Il Sindaco
L’Assessore ai Beni Culturali e Turismo Mario Conte Lavinia Colonna Preti
Museo Santa Caterina
Fabrizio MalachinParis Bordon (Treviso 1500–Venezia 1571) è uno dei più grandi ar tisti cui Treviso e la Marca hanno dato i natali. Ambasciatore dell’arte veneta e italiana nel mondo, il cui percorso di valorizzazione e riscoper ta passa, prevalentemente, da Treviso.
Se la mostra allestita al Museo Santa Caterina esalta la dimensio ne internazionale del pittore, questo itinerario trevigiano valorizza il rapporto con la sua terra. Non potendo esaurire in questa guida tutte le possibili evidenze presenti nel territorio, assieme agli altri autori, si è deciso di proporre un itinerario che tocchi la Pinacoteca Civica del Museo Santa Caterina, il Duomo, la città con le sue facciate dipinte, e poi Biancade. Si potrebbe aggiungere ancora Valdobbiadene (una pala di Bordon in Duomo), e poi allargare il cerchio a Giorgione, Lotto, Fiumicelli eccetera. Consapevoli quindi di aver dovuto selezionare, non dimentichiamo che molto ancora si può aggiungere.
Nella Pinacoteca Civica è stata così allestita una sezione della mostra, una prima tappa dell’itinerario, che espone documenti inediti relativi agli eventi del passato, le mostre del 1900 e del 1984, accanto alle opere di proprietà comunale: un nucleo significativo e prezioso.
La prima, in ordine cronologico, si riferisce al periodo della giovanile formazione veneziana. È la tavola con il Riposo nella fuga in Egitto, che dimostra nella delicata composizione, nella morbidezza dei colori e dei contorni, l’attenzione ai modelli giorgioneschi, tizianeschi e di Palma il Vecchio. Di quest’ultimo è recentemente pervenuto al museo una Sacra Conversazione con due Sante: un capolavoro databile al 1520-1525
recentemente reso noto, proveniente da una collezione privata. Esposta accanto al Riposo di Paris Bordon, testimonia il debito nei confronti del pittore di origine bergamasca.
Altre opere bordoniane sono la pala con Sant’Antonio abate in trono tra san Vincenzo Ferrer e san Biagio, proveniente dalla soppressa chiesa veneziana di Santa Maria della Celestia, e quella con Madonna con il Bambino, san Giovanni Battista e san Girolamo, dalla chiesa di san Giro lamo di Treviso. Si collocano entrambe negli anni della maturità (15501555). Quest’ultima, in particolare, si caratterizza per i volti e le pose manieristicamente forzate, ma anche per quel riuscito brano paesistico e colori delicati.
Le due opere più rappresentative, esposte nella sezione di Santa Ca terina, si trovavano in origine nella chiesa di Ognissanti: la piccola te letta con la Resurrezione di Cristo e il monumentale Paradiso, databili entrambe tra il 1560 e il 1562. L’inquietudine nei moti fisici, in torsioni forzate e manieristicamente tirate, appartengono a entrambe le compo sizioni, anche se, nella prima, l’insieme risulta efficacemente addolcito dall’importanza assunta dal paesaggio rispetto alla parte figurale. Completano la sezione alcune opere un tempo attribuite a Bordon e successivamente espunte dal suo catalogo. Tra queste un’inedita copia, di piccolo formato (cm 48x60), della Consegna dell’anello al doge oggi conservata alle Gallerie dell’Accademia: per questo capolavoro, una vi sita a Venezia è d’obbligo.
Si tratta, come noto, di una delle più celebri opere del pittore. Il te lero fu realizzato per la sala dell’Albergo della Scuola Grande di San Marco dopo il 19 gennaio 1534, allorché il Capitolo aveva deliberato di “far far uno o doi teleri” per quel vano. La decisione sottendeva infatti l’esecuzione della tela con la Consegna, ma anche il completamento della Tempesta di mare, anche questa alle Gallerie. Quest’ultima era sta ta commissionata sin dal 1509 a Giorgione e, da lui appena impostata, portata avanti da Palma il Vecchio che, a sua volta, non la concludeva, e
così alla data della delibera richiedeva di essere portata a termine, come avvenne, da Paris Bordon.
La Consegna e la Tempesta introducevano nella Sala dell’Albergo, sul le cui pareti Gentile e Giovanni Bellini avevano dipinto scene della vita dell’evangelista Marco, e si riferiscono a episodi capitali di una leggenda apocrifa, elaborata dopo la disastrosa “acqua alta” che mise a rischio la sopravvivenza fisica di Venezia nel 1341. Nella Tempesta, gli attimi concitati in cui i santi Giorgio, Marco e Nicolò si trovarono di fronte alla nave demoniaca mentre nella Consegna dell’anello, l’epilogo con il pescatore che consegna l’anello al doge, che si scoprì poi essere quello di san Marco.
Straordinaria la scenografia architettonica che si sviluppa in profon dità attraverso un’articolata successione di piani. È ispirata agli schemi della prospettiva teatrale indicati da Sebastiano Serlio nel suo trattato I Sette libri dell’architettura.
Bordon è il primo ad inserire nelle opere complessi motivi architet tonici e scenografici derivati dal Serlio: la costruzione della scala, in particolare, è presa direttamente in prestito dal Libro II. Oltre a Serlio, e accanto all’influsso di Tiziano (Presentazione della Vergine al Tempio delle Gallerie dell’Accademia), ma anche di Tintoretto (Lavanda dei piedi del Prado), è evidente l’adesione del Bordon allo stile degli artisti manieristi toscani presenti in laguna in quegli anni, a partire dal fioren tino Jacopo Sansovino.
Entrambe le opere ebbero una notevole fortuna, come attestano le riproduzioni a stampa che fin dal Settecento ne furono tratte. Successo certificato anche da copie pittoriche, come la Consegna dell’anello al doge di Antonio Guardi, datata al 1740 circa e conservata al Museo Correr: copia commissionata da Pietro Gradenigo, un discendente del doge protagonista della scena e così rispetto all’originale vi è l’aggiunta dello stemma della famiglia.
La copia esposta in mostra, acquisita sul mercato antiquario svedese,
non dipende da quella di Guardi ma si deve ritenere copiata diretta mente dall’originale. Non esistono indizi utili per ipotizzarne le circo stanze dell’esecuzione, anche se la provenienza potrebbe far congettu rare la commissione di un viaggiatore del “Grand Tour”.
La teletta (con i caratteri quasi del bozzetto) ha una sua macchietti stica briosità, che riesce a tradurre con gradevole disinvoltura la ridu zione in piccole dimensioni dell’originale, senza pesanti omissioni, e documenta nuovamente la fortuna di Bordon e di uno dei più singolari capolavori della pittura veneziana del Cinquecento nel Settecento.
Le opere al Museo sintetizzano in sostanza il percorso artistico di Bordon dalla prima formazione - utili confronti con le opere di Ti ziano, suo maestro come riporta già Vasari, Pordenone, Lotto eccetera - alla piena maturità, nonché le peculiarità stilistiche. Si potrà apprez zare in quelle opere la personale reazione alla crisi manierista, diver sa per esempio da quella di Tiziano: il cadorino, arriva a un concetto astratto della forma in una ricerca coloristica esasperata e sciolta nella luce, mentre Bordon mantiene costantemente la saldezza della forma (espressiva e rivoluzionaria).
Un nucleo importante che documenta l’essenza di Paris Bordon: lin guaggio ricercato, colori morbidi, espressività manierista, ritratti raffi nati con un tono sentimentale intriso di una certa malinconia, da leg gere in chiave intimistica.
Le fotografie da pagina 12 a pagina 28 sono di Luigi Baldin.
Opere


Riposo dalla fuga in Egitto Secolo XVI, c. 1525, Tavola cm 90,5 x 110,5, Mu seo Santa Caterina, Treviso [INV P98]
Maria e Giuseppe, con il Bambino, hanno trovato riparo in quello che sembra un edificio diroccato: è rimasto in piedi un arco, mentre un secondo è semi crollato, e un albero è cresciuto al suo interno. L’apertura dell’arco a sinistra, e di quello crollato al centro, lasciano intravve dere due brani paesaggistici mattutini, con una torre e con una montagna sullo sfondo: prove raffinate e in tono con la serenità, l’intimità, e la tenerezza che comunica questa Sacra Famiglia.
Il Riposo nella fuga in Egitto, per la delicatezza della composizione, la morbidezza dei colori e dei contorni, deve essere confermato alla fase giovanile quando prevale l’adesione a quel clas sicismo cromatico proprio della poetica tizia nesca, quasi un omaggio al suo maestro, come pure al giorgionismo per quelle espressioni e sentimentali dei protagonisti e nella resa del paesaggio, tutto mediato da un gusto intimisti co tipico di Bordon.
Non manca l’attenzione ai modelli di Palma il Vecchio, come ben testimonia il confronto in mostra con la Sacra Conversazione con due Sante recentemente pervenuta al museo da una col lezione privata (vedi foto piccola della pagina a fronte).

Resurrezione di Gesù Cristo Secolo XVI, c. 1560-62, Olio su tela, cm 80,5 x 91, Iscrizioni: sul masso in basso a sinistra, “PAR.is BOR.o”, Treviso, Museo Santa Caterina [INV P95]
La tela, firmata in basso a sinistra, si trovava in origine sull’altare maggiore della chiesa delle monache benedettine di Ognissanti a Treviso. Era parte di un trittico: al centro, la grande pala raffigurante il Paradiso e, ai lati, due quadretti con la Resurrezione e l’Ascensione.
Il Risorto domina il centro compositivo, mentre sale al cielo su una nuvola che traccia una linea orizzontale a partire dal sepolcro a si nistra. Al di sotto due soldati sono stati sorpresi all’alba dall’inatteso evento miracoloso, mentre il terzo, in primo piano, continua inconsapevole a dormire. La parte figurale comprende un an gioletto ai piedi del Cristo, e un secondo seduto sul sepolcro in contemplazione del sudario.
L’inquietudine nei moti fisici, in torsioni for zate e manieristicamente tirate, risulta efficace mente addolcita dall’importanza, o meglio dal la prevalenza, assunta dal paesaggio collinare, con alte montagne sullo sfondo (alla sinistra del Risorto si nota il Golgota con le tre croci). Un brano di assoluto valore che qualifica l’opera come una delle migliori prove mature del pittore.

Il Paradiso
Secolo XVI, c. 1560-62, Olio su tela, cm 332 x 166,5, Iscrizioni: in basso al destra, “O PARIDIS BORDONO”, Treviso, Museo Santa Caterina [INV P99]
Una pala imponente, ricca e complessa. Raf figura la moltitudine dei santi nella gloria del Paradiso, con una foltissima schiera di compar se: un vero trionfo.
Tutto si svolge nel cielo, tanto che anche il primo piano, dove si trova san Cristoforo, sdraiato con la palma a formare una diagonale, poggia su nubi soffici. Dal basso verso dall’alto, la costruzione prosegue lungo una immaginaria linea verticale, e per cerchi concentrici, come in una sorta di spirale. Nell’ordine troviamo i Santi, al primo livello, i Martiri, sul piano inter medio, e poi gli Apostoli, i Profeti, gli Angeli e i Cherubini. Al vertice della spirale si colloca la colomba dello Spirito Santo, che entra in scena squarciando le nubi, e infondendo luce su ogni schiera, e subito sotto, il Padre con il Figlio in coronano la Vergine Maria.
Firmata in basso a destra, in un cartiglio attor cigliato al fusto della palma di san Cristoforo, l’imponente pala si trovava in origine sull’altare maggiore della chiesa di Ognissanti a Treviso.
Si caratterizza per le pose manieristicamente forzate, la miniaturizzazione delle figure, e una grande cura dei particolari.

Sant’Antonio abate in trono tra san Vincenzo Fer rer e san Biagio Secolo XVI, metà, Olio su tela, cm 202 x 120,5, Iscrizioni: al centro, sul piedistallo, “S. V[INCENTIUS] – S. A[N]TONIVS – S. BLASIVS”, Tre viso, Museo Santa Caterina [INV P96]
La pala presenta un’iscrizione, sul fronte del piedistallo, che risulta determinante per identi ficare i tre santi raffigurati: sant’Antonio abate, seduto in alto sull’ottagonale basamento mar moreo, con i paramenti vescovili; san Vincenzo Ferrer, a sinistra con il saio domenicano, e i tra dizionali attributi, giglio e Bibbia; e san Biagio, sulla destra, con un libro. I primi due dialogano con lo sguardo, mentre san Biagio si volge al l’osservatore.
Proviene dalla chiesa veneziana delle mona che cistercensi di Santa Maria Assunta (della Celestia). Appartiene alle prove della fase ma tura, in sintonia con altre meno originali, dove prevale una rinnovata devozionalità controri formistica rigorosa che lascia poco spazio alla sperimentazione e a una certa impostazione tradizionale.

Madonna con il Bambino, san Giovanni Battista e san Girolamo Secolo XVI, c. 1550-55, Olio su tela, cm 280 x 174, Iscrizioni: in basso al centro sotto l’ovale, “O. PARIDIS BORDONO”; sul secondo gradino, “HOC OPVS FR[ANCISCVS] IOSEPH / VICENTIN VS / FIERI FECIT”, Treviso, Museo Santa Caterina [INV P100]
Una Sacra Conversazione svelata agli occhi del pubblico da un angioletto che, in alto a si nistra, solleva un grande drappo verde, quasi si trattasse di una quinta teatrale. La rappresen tazione è messa in scena su un pavimento visto in un’ardita prospettiva. Lo sfondo è invece un brano paesaggistico bordoniano di grande de licatezza.
La Madonna con il Bambino in trono è posta su un alto piedistallo, con ai lati san Girolamo e san Giovanni Battista, collocati molto più in basso. Efficace il dialogo di sguardi: il Bambi no è in relazione con il santo precursore, con il primo che indica la mela mentre il secondo tiene l’agnello (simboli della redenzione dopo il peccato attraverso la Passione di Cristo); la Madonna è invece in dialogo con san Girolamo al quale porge il cappello cardinalizio.
La tela proviene dall’altare maggiore della chiesa di san Girolamo a Treviso, retta inizial mente dai Gesuati, poi dai Carmelitani Scalzi.

Pittore veneto, Ritratto d’uomo malinconico (L’uomo col melangolo) Secolo XVI, c. 1530-1440, Olio su tela, cm 91 x 71, Treviso, Museo Santa Caterina [INV P97]
Il dipinto entrò nelle collezioni museali nel 1899 per iniziativa del direttore Luigi Bailo che, pensando di aver individuato il ritratto del pittore, lo acquistò sul mercato antiquario milanese in previsione delle imminenti celebra zioni per il IV centenario della nascita dell’ar tista (1900).
Raffigura un giovane uomo a mezza figura e in posizione frontale. Regge con la sinistra un frutto: un melangolo, un’arancia amara associa ta all’amore e, in particolare, alle pene d’amore per quell’acceso colore rosso, ma dal gusto aspro. L’opera risulta così particolarmente inte ressante per l’accostamento uomo-frutto, visto che all’epoca era assolutamente disdicevole per un maschio raccontare, e forse anche provare, pene d’amore.
Quest’opera sembra così porsi nell’ambito di quella ‘rivoluzione culturale’ iniziata dal Bembo che per primo descrisse le pene d’amore, sia al maschile che al femminile, nel suo trattato in 3 libri, Gli Asolani: un dialogo sull’amore, am bientato nella Asolo del XV secolo, presso la corte di Caterina Cornaro, scritto tra il 1497 e il 1502.

Antonio Carlini, Ritratto di Paris Bordon 1900, Marmo, Treviso, Biblioteca “Giovanni Co misso”, deposito Ateneo di Treviso
Nel 1900, in occasione del IV° centenario dalla nascita di Paris Bordon, Treviso, per ini ziativa del suo Ateneo, decise di celebrare il “proprio figlio” per la prima volta. Ne uscì la prima mostra (prevalentemente fotografica), e soprattutto il primo catalogo, a cura di Gero lamo Biscaro e Luigi Bailo, che a lungo rimase il punto di riferimento per la futura indagine bordoniana.
L’euforia delle celebrazioni per il centenario portò con sé anche il desiderio di dare forma al volto del famoso concittadino, tanto che l’Ateneo promosse la realizzazione di questo busto del pittore. Lo scultore utilizzò (forse), come riferimento per il suo ritratto idealizzato, l’in cisione inserita nel profilo che gli dedicò Carlo Ridolfi ne’ Le Maraviglie del 1648: in occasione di questa mostra è stato ritrovato anche il gesso preparatorio – restaurato ed esposto in mostra assieme al marmo, oltre ad altri documenti e reperti. Tra questi ultimi anche l’inedita meda glia commemorativa, realizzata per l’occasione da Antonio Carlini, qui riprodotta.



Domenico Sacillo (da Sacile ?), Madonna con il Bambino e i santi Francesco d’Assisi e Girolamo da Paris Bordon, Secolo XVI, Olio su tela, cm 78 x 97, Iscrizioni: in basso al centro, “Haec pi[n]xit Paris Bordonus/quae Dom[eni]cus Sacillo exempl[la]tus est/Tarvisii”, Treviso, Museo Santa Caterina [INV P390]
Il dipinto entrò nelle collezioni civiche nel 1901, all’indomani del centenario celebrato a Treviso con la prima mostra dedicata a Paris Bordon, curata da Gerolamo Biscaro e Luigi Bailo.
Protagonisti la Madonna e il Bambino: la Vergine conversa con san Francesco, seduto e intento nella lettura mentre regge un crocefisso (quasi fosse una penna) che allude alle stim mate; il Bambino è ripreso con il cappello car dinalizio di san Gerolamo in mano, a metà tra il gioco e il gesto dell’imposizione sul capo del santo. Quest’ultimo, inginocchiato, si protende per accoglierlo tra le braccia. Domina una certa malinconia nei volti dei santi e, in particolare, della Madonna, da leggere in chiave sottilmen te intimistica e come presagio della Passione di Gesù. Il tono malinconico è addolcito dal bel paesaggio che si apre prospetticamente al cen tro.
La tela è una copia antica dall’originale di Pa ris Bordon conservato al County Museum di Los Angeles. Marca una netta distanza dall’ori ginale una certa rigidità nella resa delle figure e dei panneggi. Documenta comunque la fortuna di Bordon presso i contemporanei che vedeva no e copiavano i suoi capolavori.

Pittore veneto, Consegna dell’anello al doge da Paris Bordon, Secolo XVIII, seconda metà, Olio su tela, cm 48x60, Collezione privata
La piccola teletta, inedita, proviene da una collezione privata, e fu acquistata negli anni ‘90 del secolo scorso sul mercato antiquario sve dese. È una copia del celebre telero, oggi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia e deriva direttamente dall’originale. Non esistono indizi utili per ipotizzare le circostanze dell’esecuzio ne, anche se la provenienza potrebbe far con getturare la commissione di un viaggiatore del “Grand Tour”.
La contraddistingue una macchiettistica brio sità (quasi da bozzetto) riuscendo, senza pesanti omissioni, a tradurre con gradevole disinvoltura la riduzione in piccole dimensioni dell’originale.
Si rinvia alle pagine 8-9 della presente guida per ulteriori approfondimenti.
Il Duomo
Paolo BarbisanLa mostra “Paris Bordon 1500-1571. Pittore divino” al Museo di Santa Caterina si presenta come un’occasione di conoscenza e valoriz zazione di uno degli artisti che meglio hanno interpretato lo spirito del Rinascimento nell’arte veneta, esportandolo presso le corti europee in anni in cui si guardava a Venezia come a una delle capitali della peniso la più raffinate della cultura e del gusto.
Ma la volontà, assolutamente lodevole ed opportuna da parte del l’Amministrazione locale, di allestire proprio a Treviso una mostra su un artista non può essere motivata solo dal fatto che questo artista sia nato nella città della Marca.
Risulta pertanto necessario sottolineare le ragioni capaci di rinsaldare il legame tra la città - intesa sempre e solo come civitas, la comunità dei cittadini - e Paris Bordon ricercando nelle vicende e nei protagonisti della Treviso rinascimentale che egli visse e frequentò durante tutta la sua vita, le testimonianze e le opere ancor oggi presenti nel territorio.
La questione, soprattutto dal punto di vista della ricerca d’archivio, fu affrontata in maniera sistematica più di un secolo fa nel catalogomonografia, edito a Treviso per i tipi di Luigi Zoppelli in occasione delle celebrazioni del quarto anniversario della morte del pittore scritto dall’abate Bailo e da Girolamo Biscaro, che resta ancor oggi il punto di partenza per ogni ricerca, dotato di moderni apparati sulla figura del l’artista e la storia critica delle opere fino ad allora conosciute.
Ritornare al territorio, valorizzandone le testimonianze del patrimo
nio storico-artistico, aumentando la consapevolezza della comunità che in quel territorio vive, è l’unica premessa per rilanciare i ponti che que sta cultura nei secoli ha creato.
Sono grato pertanto al Sindaco, all’Assessore e al dott. Fabrizio Ma lachin per aver condiviso e sostenuto l’esposizione, fuori mostra, di un piccolo ma significativo gruppo di opere di arte sacra oggi presenti nel la Cattedrale cittadina che, insieme alla pala della parrocchiale di Bian cade, furono eseguite dal pittore a partire dagli anni ‘50 per le chiese della diocesi di Treviso.
L’esposizione delle tre opere del Duomo, volutamente allestita nel vestibolo della cinquecentesca Cappella Malchiostro di fronte all’An nunciazione di Tiziano da poco restaurata, vuol riproporre in questo luogo così esclusivo un confronto tra la celebre tavola del maestro e i dipinti del discepolo trevigiano.
Un dialogo tra i due che in vita, fu tutt’altro che sereno ed idilliaco, come si evince dalla fonte vasariana, e che ebbe come epilogo l’abban dono precoce della bottega tizianesca da parte del giovane Paris.
I dipinti che qui di seguito si presentano sono un piccolo resto dei numerosi presenti in città, che, all’indomani delle soppressioni napo leoniche di chiese e conventi trevigiani, furono requisiti e oggi in parte riuniti a Brera e nel nostro Museo civico. Essi testimoniano i legami che Paris Bordon coltivò con diversi esponenti trevigiani della nobiltà e della chiesa, come emerge peraltro dalle notizie che Vasari pubblicò nelle Vite del 1568, che raccolse a Venezia probabilmente dalla viva voce dell’ormai anziano pittore trevigiano.
La preziosa tavoletta dei Sacri Misteri, databile al 1551 e dopo tanti anni visibile al grande pubblico, testimonia le relazioni di Bordon con Andrea Salomon, canonico di origine veneziana e plenipotenziario del vescovo trevigiano, il cardinale Alvise Pisani.
Il pittore giustappone vari quadretti della vita di Cristo, delineando così, in maniera commovente, la spiritualità del prelato in una sorta di
dramma sacro disseminato nel paesaggio veneto.
Ma non mancano anche le relazioni del pittore con le nobili famiglie trevigiane. Nella pregevole pala dell’Adorazione dei pastori, ricordata da Vasari in poi come uno dei capolavori di Bordon, si fa ritrarre devota mente il nobile Alvise Rovero con la moglie Aurelia Pola per l’altare di famiglia a San Francesco.
La pala con San Lorenzo e santi, proveniente dall’omonima perduta chiesa trevigiana e commissionata nel 1562 dal tesoriere vescovile Ber nardo de’ Gastaldi, ripropone probabilmente la più tipica composizione di stampo belliniano che rispondeva al gusto conservatore del prelato, già adombrando i dettami artistici ratificati proprio l’anno dopo dal Concilio di Trento in materia di arte sacra.
Al confronto appare molto diversa, la Madonna con Bambino e san ti per il piccolo villaggio di Biancade, opera dei primi anni ‘50 di un pittore all’altezza dei grandi artisti suoi contemporanei, assolutamente aggiornato agli esiti del più moderno manierismo italiano.
La temperie religiosa e culturale che percorre tutto il Cinquecento, dalla Riforma luterana attraverso il tempo del concilio tridentino fino alle guerre di religione, coincise con la vicenda biografica di Paris Bor don e certamente innervò tutta la sua produzione, anche quella desti nata a chiese e conventi.
La sua inconfondibile cifra pittorica, pur mitigata nelle opere reli giose, si esprime nei corpi di santi arrovellati come fiamme, nell’uso di colori decisi e cangianti lontani dalla natura pacificata dei pittori veneti di primo Cinquecento, nelle lumeggiature capillari di una luce ‘spirituale’ che dall’alto intride le vesti insinuandosi nelle pieghe fitte e serrate delle vesti.
Anche nella poetica ‘sacra’ di Paris Bordon si esprime dunque il
concetto più autentico di “crisi”, che è sempre destrutturazione del l’esistente, ma anche concepimento del nuovo che avanza, e trova nel pittore trevigiano un interprete di assoluto respiro italiano ed interna zionale del suo ma anche del nostro tempo.
Le fotografie da pagina 36 a pagina 50 sono di Luigi Baldin.
Opere

Sacri Misteri 1551, olio su tavola, cm 86,5 x 129, Cattedrale di San Pietro, Sagrestia dei Canonici
Il dipinto, ricordato da Vasari nelle Vite come “la Natività di Gesù Cristo, ed appresso una Resurrezione”, è oggi custodito nella sagrestia dei Canonici adiacente alla Cattedrale di San Pietro anche se anticamente il piccolo altare che tutt’oggi la custodisce si trovava addossato ad un pilastro della navata centrale dell’antica Cattedrale romanica. Fu il canonico Andrea Salomon, luogotenente e vicario generale del cardinale Alvise Pisani, all’epoca vescovo di Treviso, che “erexit ac dotavit” l’altare nel 1551, anno al quale va dunque ascritta l’esecuzione del dipinto.
La tavola, alla quale Luigi Coletti riconosce va “una piacevole eterogeneità di sapore fiam mingo” è caratterizzata dal susseguirsi di vari episodi della vita di Cristo e di Maria inseri ti in una singolare unità di tempo e di spazio, ritmata in maniera fresca e vivace entro archi tetture poste in un ampio paesaggio: l’episodio dell’Annunciazione è ambientato in un edificio, che all’esterno cita la grammatica architettonica dei trattati di Serlio e che all’interno si rifà al precedente gusto lombardesco.
La nascita di Gesù trova spazio in un fortuito rifugio di antiche vestigia classiche coperte da un tetto in legno a capriate dal quale penetra la luce radiosa della stella e la divina armonia degli angeli cantori. In lontananza, su un pic colo promontorio che diventa il Golgota, ecco

la scena della Crocifissione e, lì vicino, il corpo di Cristo deposto poco più innanzi intorno al quale stanno i discepoli fedeli e le Marie. La Vergine assunta - figura talmente estempo ranea da costituire di sicuro un desiderio del committente esaudito dal pittore - si mostra circonfusa di luce dorata. Un albero rigoglioso funge da fondale al quadro della Resurrezione, nel quale, sopra un plinto marmoreo, Cristo si erge trionfante con il vessillo crucigero mentre ai suoi piedi cadono tramortiti i soldati di guar dia. Appena dietro, da un passaggio al di sotto di un colle, sbuca all’improvviso una lunga ca rovana di cavalli e cammelli condotta dai magi con i loro doni e, al di sopra, l’episodio della Trasfigurazione sul monte Tabor.
La tavola si pone come cesura temporale e stilistica al soggiorno milanese di Bordon, met tendo in luce la freschezza e la vivacità dell’in venzione dell’artista, l’omaggio al conterraneo Giorgione nel paesaggio lussurreggiante di prati, boschi e montagne illuminate da una luce, ora aurora, ora crepuscolo, e quel lumeggiare delle vesti che dà origine alla cifra stilistica del le “pieghe fitte e strizzate” che caratterizzano la produzione del pittore.
Nei Misteri si respira il sapore del ‘dramma sacro’, fonte letteraria molto cara alla devozio ne popolare e che fin dal Medioevo si diffuse in Italia ad opera degli ordini mendicanti. Le rappresentazioni della storia sacra animavano i tempi forti dell’anno liturgico, l’Avvento e la Quaresima, inscenando dei veri e propri ‘quadri viventi’ che spesso poi venivano illustrati al po polo dai sermoni dei predicatori.

Adorazione dei pastori 1557, olio su tela, cm 333 x 182, Cattedrale di San Pietro, vestibolo della Cappella Malchiostro
La pala, di grandi dimensioni, proviene dal l’altare della famiglia Rovero nella chiesa di San Francesco e si trovava nei pressi della “porta pic ciola”. Con la soppressione di chiesa e conven to, all’indomani della prima invasione francese, l’opera, considerata il vero capolavoro trevigia no di Bordon, fu rivendicata da Pietro Edwards per le nascenti Gallerie dell’Accademia vene ziana. Ma la ferma volontà del prefetto di allo ra insieme al podestà Nascinben, riuscì a far sì che l’opera rientrasse a Treviso nel 1829 e fosse esposta in Cattedrale.
La pala subì alcuni danni già nel XVIII se colo quando, ancora a San Francesco, era stata defraudata della testa del committente sulla sinistra della scena, asportata da “un pittore ultramontano che ne faceva copia”, ma che fu poi fortunatamente restituita. Lo stesso furto accadde nel 1830 quando l’opera fu sistemata in Duomo nella cappella semicircolare della navata destra, con l’aggravante che non si trovò più il maltolto, fu solo negli anni ‘90 che il pit tore austriaco, naturalizzato a Treviso, Heinrich Reinhardt vi dipinse la testa che ancor oggi noi vediamo.
La coppia dei committenti ritratti è da iden tificarsi con il cavaliere Alvise Rovero e la mo glie Aurelia Pola, sposati nel 1530. La datazio

ne più probabile per la pala potrebbe essere il 1557, anno nel quale il pittore era stabilmente a Treviso per la realizzazione di alcuni dipinti e della decorazione di alcune cappelle nel con vento domenicano di San Paolo a Treviso.
Il dipinto si presenta come un’intima ed ef ficace poesia sull’incarnazione di Cristo, nella quale il gruppo della Sacra Famiglia sprigiona la forza dei gesti semplici della tenerezza e della cura.
Questa poetica dell’intimo e del quotidiano si riverbera intorno nella rustica bellezza della ca panna, vera e propria citazione dello stesso ma nufatto nell’Adorazione dei magi di Pordenone a Santa Maria di Campagna di Piacenza, oppure nella breccia della copertura che fa entrare nella stalla la luce dorata della stella. Più su ancora l’ambiente collinare dalle tinte dorate, indagato in un’ampia prospettiva, dà la possibilità al pit tore di celebrare ancora una volta la straordina ria poetica della campagna veneta in un idillio pastorale di gusto bassanesco.
L’immancabile presenza dell’architettura nei dipinti di Paris si esprime nella descrizione di questo rudere di arco e colonne che si pone inevitabilmente come citazione del capolavoro tizianesco della Pala Pesaro ai Frari.

San Lorenzo e i santi Girolamo, Pietro, Giovanni Battista e Sebastiano 1562, olio su tela, cm 332 x 182, Cattedrale di San Pietro, vestibolo della Cappella Malchiostro
Iscrizioni: nel cartiglio sul basamento dove si trova san Lorenzo “o[pus] paridis bordono/ taervi sinus” sulla base della colonna cui è legato san Sebastiano “[...]onis fabricae et p[resbiteri] bernardi de gast/aldis cura et diligentia f f ”.
La pala proviene dall’altare maggiore dall’an tica chiesa trevigiana di San Lorenzo, soppressa nel 1810. Dall’edificio però non furono subito asportati i dipinti e, alcuni anni dopo, quando fu demolita, il dipinto di Paris Bordon fu ceduto alla Cattedrale trevigiana.
Sotto una loggia costituita da tre campate con colonne e volte a crociera, al di là della quale si apre un paesaggio collinare ricco di boschi, il diacono martire Lorenzo, sopra un basamento marmoreo ricoperto da un tappeto, è rivestito della dalmatica e si appoggia alla graticola, strumento del suo martirio. Il suo volto in piena luce si volge verso l’alto mentre un angioletto gli porge la corona di gloria e la palma del martirio. A sinistra del santo martire san Girolamo peni tente ricoperto del solo manto cardinalizio volge lo sguardo a Lorenzo, accanto a lui san Pietro; a destra san Giovanni Battista e san Sebastiano legato alla colonna, alla base della quale sta la dedica dei committenti. Ai piedi della base mar morea di san Lorenzo, un cartiglio con la data e la firma del pittore e appena sotto, in ombra, lo stemma del committente, il prete Bernardo de’ Gastaldi, “thesaurarius episcopalis Tarvisii”, ricordato anche nell’iscrizione del dipinto insie

me ai fabbricieri come committente della pala, il quale si era fatto costruire la sua tomba in San Lorenzo fin dal 1547. La relazione del sacer dote con Paris Bordon doveva essere tutt’altro che occasionale, dato che quest’ultimo, abitante a Venezia, nel 1553 lo nominò suo procuratore in una vertenza con il colono per i proventi del suo podere di Lovadina.
Dalle notizie del manoscritto trevigiano di Nicolò Cima si evince che lo spazio dipinto occupato dai due angeli adoranti sul fondo del l’opera fu aggiunto verosimilmente intorno alla prima metà del XVII secolo da un altro pittore per inserire “un nobilissimo tabernacolo di pie tre finissime” che altrimenti avrebbe occultato buona parte della pala.
Dal punto di vista compositivo, il dipinto ri propone lo schema piramidale della cosiddetta “Sacra conversazione” di ascendenza belliniana, indice di un gusto “conservatore” della commit tenza. È interessante notare l’elemento di cultura materiale costituito dalla precisione con la quale il pittore descrive la dalmatica cremisi indossata da san Lorenzo, realizzata in velluto broccato dal tipico motivo ‘a griccia’ e impreziosita dal l’applicazione di ricami con santi raffigurati in nicchie: va ricordato che proprio Venezia fu un importantissimo centro di produzione di velluti e ricami a partire dal Quattrocento.
Infine è necessario ricordare l’importante ruolo che l’architettura gioca nell’opera di Pa ris Bordon che si ritrova presente anche nella pala di San Lorenzo, con l’inserzione di un dado sopra il capitello che evidenzia l’aggiornamento del pittore sui trattati architettonici rinascimen tali, in particolare di Sebastiano Serlio.

Madonna col Bambino e i santi Giuseppe, Pietro, Giovanni Battista, Marco e Liberale 1550-1552, olio su tela, cm 295 x 185, Biancade, Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista
Iscrizioni: sul secondo gradino del trono “o.d. paris bordon ”
Sono vari i punti oscuri sulla genesi della celebre pala di Biancade. L’opera arrivò proba bilmente nella chiesa parrocchiale solo nel Sei cento, provenendo verosimilmente dalla vicina chiesa di Santa Maria che sorge nel sito del l’antico castello di Biancade.
Con un primo contratto in data 16 agosto 1531 i fabbricieri di santa Maria incaricarono i due pittori trevigiani Francesco Beccaruzzi e Ludovico Fiumicelli di eseguire una pala d’al tare con cornice intagliata e l’uso di colori finis simi nella quale dovevano apparire sei figure, al centro delle quali stava la Vergine Maria. Ad un certo punto, per motivi ad oggi a noi non noti, la commissione della pala dovette passare a Paris Bordon che, durante la sua vita, fu in stretta relazione professionale con i due pittori appena citati operanti nella Marca. Allo stesso modo il dipinto posto nel timpano andrebbe messo in relazione con un’ “imaginem Patris aeterni triangulatam”, ricordata in un contratto con Fiumicelli intorno al 1543, che il pittore si impegnava a consegnare e che la critica ascrive anch’essa a Bordon.
Su un alto trono dai gradini decorati, in un equilibrio quasi instabile, siede una giovanis sima Maria, segnata in volto da una velata tristezza, che trattiene con fare protettivo il Bambino per un braccio. Accanto a loro sulla

sinistra veglia meditabondo l’anziano Giusep pe appoggiato al bastone. Accanto in basso la figura imponente e plastica di Pietro si pone in un dialogo silenzioso ed estatico con la Vergine, mentre con la mano sinistra porge in avanti le chiavi. Il piccolo san Giovannino porge il car tiglio rivolgendosi al Bambino che lo guarda interessato, mentre si appoggia sull’inseparabi le agnellino. L’evangelista Marco alza anch’egli lo sguardo rapito alla Sacra Famiglia mentre il fiero san Liberale, nelle vesti di defensor civitatis e patrono della Diocesi, ostende con lo sguar do diretto ai fedeli, il modelletto della città di Treviso.
Il curioso elemento architettonico dell’alta scala sulla quale è posto il trono della Vergi ne potrebbe adombrare il ruolo di Maria, ianua coeli, mediatrice tra gli uomini e il Figlio e ri torna puntuale nella pala della chiesa di Taibon Agordino oggi alle Gallerie dell’Accademia e nella pala per la cappella della famiglia Tanzi nella Cattedrale di Bari, ora nella Pinacoteca provinciale della città.
L’opera, pur riproponendo l’antica imposta zione di tipo simmetrico-piramidale della ‘Sa cra Conversazione’ veneta nella quale la Ver gine è posta su un alto trono intorno al quale sta la corona dei santi, si distingue per l’incon fondibile tratto stilistico di Bordon, che cita, in particolare nell’anatomia dei corpi vigorosi e monumentali, le suggestioni del manierismo di Pordenone, e lo squillante cromatismo della tavola dei Misteri della Cattedrale. Quest’ulti mo elemento orienta la datazione dell’opera ai primi anni ‘50.
Paris Bordon tra le facciate affrescate di Treviso del Cinquecento
Rossella Riscica e Chiara VoltarelChiunque nel Cinquecento avesse percorso le vie di Treviso avrebbe potuto alzare lo sguardo e restare incantato dalla bellezza delle facciate dipinte: la città era una vera e propria pinacoteca a cielo aperto con colori, figure, scene d’ogni genere. Grandi maestri della pittura, seguiti da artisti meno noti, erano usciti dagli studi, salendo sui ponteggi per apporre le loro vigorose pennellate sulle pareti, portando l’arte a di sposizione di tutti: tra i più celebri, Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore, 1488/1490 – Venezia, 27 agosto 1576) che dipinge un Cristo Risorto sulla facciata delle Scuola del Santissimo [167]* e Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone (Pordenone, 1483 o 1484 – Ferrara, 14 gennaio 1539), pittore moderno per eccellenza, che dipinge in piazza Vittoria la facciata di casa Tiretta [475]*, della quale dopo il bombarda mento del 1944 restano solo alcune fotografie in bianco e nero.
Tra i grandi frescanti si può annoverare il trevigiano Paris Bordon: ricorda Giorgio Vasari che dopo essere stato a Vicenza, dove dipinse ad affresco nella Loggia della Piazza Noè coi figlioli, rivaleggiando con il Giudizio di Salomone dipinto lì vicino da Tiziano, andò a Venezia dove realizzò un affresco ai piedi del Ponte di Rialto; venne quindi chiamato
a Treviso dove dipinse, oltre a quadri da cavalletto, anche diverse faccia te, purtroppo andate tutte perdute.
Erano certamente di sua mano la bellissima facciata di casa Tiretta sulla Roggia [053]*, con Storie di Atalanta e varie altre figure; la fac ciata di Ca’ Spineda a San Leonardo [340]* dipinta assieme all’amico Ludovico Fiumicelli con soggetti mitologici che raffiguravano il Ratto di Proserpina, la Morte di Adone, Pallade, Nettuno e le quattro stagioni; la fascia con putti sulla facciata di casa Rovero [544]*, realizzata fra il 1557 e il 1558, quando si trovava a Treviso, impegnato a dipingere i perduti affreschi nella chiesa di San Paolo.
Passeggiando oggi per le vie di Treviso si possono vedere alcuni edi fici che conservano tracce degli impareggiabili affreschi rinascimentali, di grandi maestri o anonimi frescanti, che ricordano lo sfarzo, la gran diosità e la varietà cromatica di questa città, che vanta l’appellativo per eccellenza di urbs picta.
A fronte: Casa Secco, Mappa 8.
*Il numero tra parentesi quadra fa riferimento alla banca dati della Fondazione Benetton Studi Ricerche consultabile liberamente on line all’indirizzo trevisourbspicta.fbsr.it, realizzata nell’ambito del progetto Treviso urbs picta, della Fondazione stessa. Per approfondimenti si rimanda al volume Treviso urbs picta. Facciate affrescate della città dal XIII al XXI secolo: conoscenza e futuro di un bene comune, a cura di Rossella Riscica e Chiara Voltarel, Fondazione Benetton Studi Ricerche-Antiga Edizioni, Treviso 2017.
Le fotografie di Arcangelo Piai e Corrado Piccoli - pagine 56, 58, 60, 62, 64, 68, 72, 76, 78, 80, 82, qui pubblicate - appartengono alla Fondazione Benetton Studi Ricerche e sono state realizzate nell’ambito del progetto Treviso urbs picta, della Fondazione stessa. Le fotografie a pagina 55, 66, 70, 74 sono di Arcangelo Piai e Corrado Piccoli.




Palazzo Bologna via Sant’Agostino 77-81 [ 404 ]*
L’ampio palazzo conserva una raffinata de corazione in monocromo giallo ocra, realizza ta verso la metà del Cinquecento da Ludovico Fiumicelli (Vicenza 1500 circa - Treviso 1582), pittore particolarmente attivo in città.
Nella parte superiore a sinistra si può rico noscere Venere, dea dell’amore e della bellezza, nuda e coricata, con Marte, dio della guerra, in abiti guerrieri, che si appoggia su di lei; nel ri quadro più a destra, è dipinta la figura di un vecchio canuto steso che regge una falce, pos sibile allegoria del Tempo; al centro, ai lati della finestra, due putti in piedi sopra a tartarughe o animali fantastici; tra le coppie di finestre cen trali sono raffigurate due statue.
Il primo e secondo piano sono separati da una finta cornice con effetto digradante, soste nuta da modiglioni tra i quali ci sono festoni di foglie con frutta. Al centro uno stemma a car toccio e a destra un frammento di figura an tropomorfa. La parte inferiore della facciata è decorata a finto bugnato.



Palazzo Antoniutti via Sant’Agostino 46-48 [ 408 ]*
Delle decorazioni a grottesche e ovali che oc cupavano le due larghe fasce visibili sulle faccia te oggi si percepiscono solo lievi tracce, mentre sono ancora in parte leggibili le quattro storie di Ercole fanciullo, sotto lo sporto del terrazzo.
La prima scena non è identificabile, ma nel la seconda, pur molto rovinata, si riconoscono rosei bimbetti e in un cartiglio si legge tempo pasa / e la morte, in ricordo della leggenda che narra di quando Ercole, di appena pochi mesi, strangola con le mani due pericolosi ser penti. Negli ultimi due riquadri sono rappre sentate scene di lotte: in una Ercole muove vio lentemente la clava contro un vecchio su una creatura marina dal corpo di cavallo e la parte inferiore di serpente; nell’altra si distinguono numerose figure in lotta e avvinghiate.
Nel sottoportico è dipinta anche un’interes sante Madonna con Bambino e San Giovannino.



Casa in Via Sant’Agostino via Sant’Agostino 61 [ 389 ]*
Non si conosce il nome del frescante che ha decorato questa facciata, raffigurando la scena tratta dalla famosa vicenda del Giudizio di Pa ride: a destra la figura del bel giovane, seminudo e insolitamente barbuto, posto di fronte alle tre dee, colto nel momento in cui sceglie la più bel la e le consegna la fatidica mela.
La scena si svolge all’aperto, tra un albero e una colonna di un edificio classico, in una gior nata con un limpido cielo azzurro. Nella parte alta una fascia con una serie di putti danzanti e giocanti che si intrecciano a elementi vegetali, cespi di foglie e racemi, mentre quelli al cen tro cavalcano un mostro marino dal volto quasi umano e corpo di pesce.
All’altezza dell’arco del portico è interessante notare che, al di sotto dell’intonaco cinquecen tesco, emerge la decorazione quattrocentesca a finti mattoni rossi.



Casa Federici via Stangade 12 [ 424 ]*
La facciata di questa piccola casa è intera mente istoriata con scene tratte dalla mitologia classica che la rendono un piccolo gioiello, sep pur rovinato. Venne fatta costruire da Nicolò Federici nel secondo quarto del XVI secolo, come ricordano la scritta sotto al poggiolo si nistro nico feder / vetuit maiora/facultas e l’effigie dello stesso, un uomo barbuto, nel tondo a fianco. Ignoto il frescante che, per la qualità e raffinatezza delle forme, delle figure, dei volumi e dei paesaggi scenografici, è stato ricondotto all’ambito del Pordenone, attivo an che a Treviso.
In alto, tra le finestre del mezzanino, si rico nosce Cleopatra coricata, con un serpente per ogni mano e vicino a lei un putto con una co rona di alloro. Sotto, due scene tratte dalla sto ria di Troia: nel riquadro superiore Enea fugge da Troia, con la città in fiamme sullo sfondo, portando il padre Anchise sulle sue spalle e il figlioletto Ascanio per mano; in quello sotto stante Didone, la regina di Cartagine, che si tra figge con la spada di Enea, dopo essere stata da lui abbandonata.
Le altre parti della facciata sono decorate con figure, come quelle distese sotto ai poggioli o quelle tra le finestre dell’ultimo piano, e da ovali con raffinati paesaggi.

Chiesa di Santa Maria Maggiore Piazza Santa Maria Maggiore
La chiesa santuario di Santa Maria Maggiore ha origini antiche: oggi esternamente appare quale esempio monumentale a Treviso di stile tardo gotico veneziano, mentre all’interno con serva importanti testimonianze riconducibili a varie epoche.
Di particolare interesse, per i riferimenti a Paris Bordon, risulta il ciclo di affreschi della cappella Greco, eseguiti tra il 1539 e 1540 da Ludovico Fiumicelli (Vicenza 1500 circa - Tre viso 1582) con l’aiuto del cremonese Giovan Pietro Meloni. Pitture che, per lo stile, si inse riscono perfettamente nel panorama culturale del momento, dove oltre all’influenza di Bordon, a cui Fiumicelli è molto vicino, si possono riconoscere suggestioni tizianesche e soprattut to pordenoniane.
Le pitture raccontano episodi evangelici: la lettura inizia dalle lunette sopra le porte d’in gresso con la Vergine e l’Angelo annunziante; immediatamente sotto vediamo i due meda glioni con le sibille Delfica ed Eritrea. Nella lu netta sopra l’altare la scena della Resurrezione di Cristo con ai lati i profeti Isaia e Daniele; nel registro superiore della cappella sono rappre sentati entro lunette la Natività, l’Adorazione dei Magi e la Fuga in Egitto; in quello inferiore la Resurrezione di Lazzaro, l’Entrata in Gerusa lemme, l’Ultima Cena, l’Orazione nell’Orto e Gesù condotto davanti a Pilato; infine, nei pennacchi i quattro evangelisti e nella cupola la Colomba dello Spirito Santo e teste di angeli.



Palazzo Zignoli Calmaggiore 4-6 [ 225 ]*
Affacciato sulla principale via cittadina il pa lazzo è caratterizzato da una tonalità calda che fa da fondo a finte architetture che definiscono le decorazioni. Sulla fascia del sottotetto sono leggibili l’Allegoria della Terra, una donna flori da coricata che regge una cornucopia ricolma di foglie, fiori e frutta; l’Allegoria dell’Acqua, altra figura femminile con un tridente e un vaso dal quale sgorga l’acqua; l’Allegoria del Fuoco, figura di tergo immersa in un cielo grigio-azzurro che stringe in mano tre saette, e, a fianco, l’Allegoria dell’Aria, colta frontalmente su una nuvola gri gio-violacea con alle spalle un’alba infuocata, su cui si stagliano bellissime rondini e anatre. Al secondo piano nobile la grande figura femminile con le ali è forse la personificazio ne della Fortezza, che regge con la mano destra una mazza.
Il grandioso intervento decorativo fu realiz zato dal pittore di origine fiamminga Lodewijk Toeput (Anversa o Malines, 1550 circa – Tre viso, 1604 o 1605), italianizzato in Ludovico Pozzoserrato. L’artista fu particolarmente atti vo nel territorio, si trasferì a Treviso negli anni ‘80 del ‘500, dove mise radici, lavorò, si sposò e morì dopo l’8 settembre 1604.



Casa in via Bianchetti 14-16 [ 204 ]*
Questa facciata è un raro e pregevole esem pio di decorazione a graffito conservata in città. La tecnica utilizzata, molto diffusa nel centro e sud Italia, consiste nella stesura di un intonaco di finitura, in questo caso bianco, su uno stra to di base di diverso colore e nella successiva rimozione di parte della malta superficiale per lasciar trasparire quella sottostante.
Il prospetto, istoriato con scene mitologiche e di storia romana, è suddiviso con fasce a racemi alternati a leoni affrontati che reggono dei ton di con putti, aquile e stemmi. In alto a destra, nel riquadro tra le due finestre, Leda e il cigno; nella parte centrale a destra l’Eroismo di Muzio Scevola, dove il protagonista in abiti rinasci mentali è colto mentre si appresta a mettere la mano nel fuoco; nella specchiatura di sinistra è raffigurato un cavaliere: la scena è arricchita da curiosi dettagli, come il cane che corre tra le zampe del cavallo, i coniglietti sul terreno o la città che chiude l’orizzonte.
Nella specchiatura del primo piano è rap presentata la Giustizia di Traiano con al centro della scena l’imperatore a cavallo, affiancato da un altro cavaliere.



Casa Secco via Roggia 56-58, angolo via Marzolo [ 155 ]*
Il palazzo venne affrescato verso la metà del Cinquecento da Ludovico Fiumicelli (Vicenza 1500 circa - Treviso 1582), quasi interamente in monocromo ocra, con raffigurazioni tratte dalla mitologia classica.
Nella fascia del sottotetto, all’interno di spec chiature, in via Marzolo si riconoscono a destra Nettuno, dio del mare e dei terremoti, coricato con un tridente; a sinistra Venere distesa con Cupido; sulla facciata su via Roggia è dipinto Prometeo con l’aquila, simbolo della ribellione contro il potere. Alternati alle grandi figure mitologiche vari putti: particolare quello che fa pipì, sorretto dal compare, rappresentato nel riquadro a destra della canna fumaria.
Di particolare grazia, si distingue policroma una Madonna con Bambino dipinta sopra l’arco d’ingresso al portico da via Marzolo. La parte inferiore del palazzo è decorata a finto bugnato.



Casa Robegan via Canova 40 [ 013 ]*
Questa casa venne fatta costruire dal nobile notaio trevigiano Costantino di Robegan nel 1527 e decorare nel 1528, data che compare sot to il poggiolo insieme ad altre iscrizioni, ricor dando il periodo appena superato della guerra di Cambrai, di carestia e pestilenza. Sottoposta a un importante restauro nel 1985, oggi è sede museale. L’opera è stata attribuita dalla critica a Domenico Capriolo (Venezia, 1494 – Treviso, 1528), artista di origine veneziana che trascor re parte della sua breve carriera a Treviso, dove muore giovanissimo.
Il programma iconografico della facciata po trebbe essere un richiamo alla dedizione di Tre viso a Venezia nella difficile contingenza della guerra di Cambrai: la figura femminile dalla lunga veste violacea della scena principale rap presenta l’Allegoria della città di Treviso; il solda to di fronte, con in mano uno scudo e una veste bianca e vermiglia ricorda la livrea di Bartolo meo d’Alviano, condottiero della Repubblica e comandante delle armate veneziane durante la guerra di Cambrai, che coinvolse Treviso fin dal 1509. Tra le finestre dell’ultimo piano sono raffigurate le tre Parche, divinità rappresentanti l’allegoria della vita, e tre uomini che si disco stano da queste.
Tra gli archi del portico erano dipinte tre fi gure: Ercole, un Filosofo e una Verità nuda; nel 1884, le cattive condizioni della muratura e degli intonaci spinsero l’abate Luigi Bailo a stac care i tre pezzi d’affresco che sono oggi conser vati ai Musei Civici.



Scuola del Santissimo Sacramento Piazza Duomo 53
Paris Bordon viene spesso avvicinato a Tizia no Vecellio (Pieve di Cadore, 1488/1490 – Ve nezia, 27 agosto 1576) che, già pittore ufficiale della Serenissima, dipinse sulla porzione cen trale della Scuola del Santissimo Sacramento un imponente Cristo Risorto in “eroica maestà”: con la mano sinistra regge l’asta dal vessillo cro ciato, mentre il braccio destro è alzato in segno di benedizione. Questa testimonianza è di no tevole importanza perché si tratta dell’unico af fresco esterno del grande maestro conservatosi fino ai giorni nostri, seppure molto rovinato.
Dopo l’attento restauro si colgono il roseo incarnato, il candore del perizoma che scende sui fianchi con un morbido panneggio, l’ovale del volto e i lacerti del vessillo, nonché le tracce di azzurro chiarissimo del cielo, delicatamente illuminato dalle prime luci del mattino da de stra in alto, mentre dalla parte opposta, in basso, si contrappongono i toni scuri del buio e della vegetazione.
Raffinati fregi, opera di Matteo Teutonico (fine XV - Treviso, 1530?), corrono sotto i da vanzali delle finestre, in origine dipinti in giallo su fondo azzurro, motivi ornamentali che rien trano nel caratteristico gusto antiquario diffuso all’inizio del Cinquecento.



Casa in via San Nicolò 74 [ 432 ]*
In questo piccolo edificio a due piani con portico a due archi, al centro, tra le due finestre del primo piano, vi è una decorazione ad affre sco con l’immagine di San Teonisto.
È questo il primo affresco realizzato a Trevi so da Ludovico Fiumicelli (Vicenza 1500 circa - Treviso 1582): l’artista in quegli anni frequen tava infatti la contrada. Sopra l’immagine del “santo vescovo” benedicente seduto in cattedra vi è un’iscrizione oggi illeggibile ma documen tata in due acquerelli: «mdxxx die septembris, sanctus theonistus», mentre sotto c’è uno stemma con ai lati le lettere «L.F.», interpretate dagli studiosi come le iniziali del Fiumicelli.
L’iscrizione specifica quindi che si tratta del l’effige di San Teonisto e che l’opera è stata ese guita nel settembre del 1530.



Casa Bellausa via San Nicolò 18-20 [ 462 ]*
Ricca e raffinata si presenta la facciata di casa dall’Oro o Bellausa affrescata nel 1525, come ci indica l’iscrizione al centro: a grandi caratteri, è scritto “md” corrispondente alla data 1500, che si completa a destra, sopra al riquadro con uomo pensante, dove con uguali caratteri tro viamo scritto, sempre in numeri romani, “xxv ”; in tale periodo era abitata dai ricchi orefici Da Rio, detti appunto Dall’Oro.
Nella fascia del sottotetto si nota uno stemma con due spade bianche su scudo azzurro con due stelle, sorretto da putti, identificato però con la famiglia Bellausa, che probabilmente acquistò successivamente l’immobile. La decorazione è tutta organizzata da finte architetture in terret ta gialla. Due eleganti fregi con girali d’acanto con coppe e ovali, che racchiudono paesaggi con varie scene, scorrono sotto le finestre.
Nelle specchiature tra le finestre dell’ultimo piano sono dipinti putti impegnati in varie at tività. Infine, tra le monofore del piano nobile, erano decorate delle figure di cui resta ricono scibile solo il Re con scettro e corona.



Casa Zanchetta via San Nicolò 5-7 [ 466 ]*
Casa Zanchetta, pur sviluppandosi su una struttura trecentesca, viene rimaneggiata e de corata nel XVI secolo con fregi di gusto anti quario caratterizzati da delfini, racemi e girali.
Nella specchiatura tra le due monofore di si nistra si staglia l’immagine di un grande cavallo impennato, ripreso dalla tradizione classica.
Tra le due finestre centrali si riconosce il sim bolo di San Bernardino dal caratteristico sole rag giante, mentre a lato della monofora sinistra si leggono ancora tracce di una figura femminile.



Casa della Niobe via Pescatori 27 [ 526 ]*
Questa piccola casetta viene chiamata “casa della Niobe” per l’affresco che ricopre intera mente la facciata.
Dipinta esclusivamente in terretta gialla, alla metà del Cinquecento, da Ludovico Fiumicelli (Vicenza 1500 circa - Treviso 1582), mostra al centro del primo piano, tra le finestre, la scena mitologica in cui Apollo, armato di scudo e dar di, volando in un cielo carico di nubi, si appre sta a trafiggere i sette figli maschi di Niobe, che fuggono terrorizzati.
Sopra le finestre, due coppie di putti con festo ne sostengono due targhe sulle quali è inserita la sentenza: «melius est odium malorum» (a sinistra), «quam eorum consortium» (a de stra): “Meglio l’odio dei malvagi che averli vi cini”, massima attribuita a Sant’Isidoro. Anche per questa casa il pittore ripropone la consueta impostazione con la parte inferiore decorata a finto bugnato, sormontato da una trabeazione dorica con trofei nelle metope.
Indice dei Contenuti
pg 5 Paris Bordon ai Musei Civici di Treviso, Sindaco di Treviso e Assessore ai Beni Culturali e Turismo pg 7 Museo Santa Caterina, Fabrizio Malachin, pg 31 Il Duomo, Paolo Barbisan pg 53 Paris Bordon tra le facciate affrescate di Treviso del cinquecento, Rossella Riscica e Chiara Voltarel
OPERE
pg 12 Riposo dalla fuga in Egitto, c. 1525, Mappa 15 pg 14 Resurrezione di Gesù Cristo, c. 1560-62, Mappa 15 pg 16 Il Paradiso, c. 1560-62, Mappa 15 pg 18 Sant’Antonio abate in trono tra san Vincenzo Ferrer e san Biagio, Secolo XVI, metà, Mappa 15
pg 20 Madonna con il Bambino, san Giovanni Battista e san Girolamo, c. 1550-55, Mappa 15 pg 22 Pittore veneto, Ritratto d’uomo malinconico (L’uomo col melangolo), c. 1530-1440, Mappa 15 pg 24 Antonio Carlini, Ritratto di Paris Bordon, 1900, Mappa 15
pg 26 Domenico Sacillo (da Sacile ?), Madonna con il Bambino e i santi Francesco d’Assisi e Girolamo da Paris Bordon, Secolo XVI, Mappa 15
pg 28 Pittore veneto, Consegna dell’anello al doge da Paris Bordon, Secolo XVIII, seconda metà, Mappa 15
pg 36 Sacri Misteri, 1551, Mappa 16 pg 40 Adorazione dei pastori, 1557, Mappa 16 pg 44 San Lorenzo tra i santi Girolamo, Pietro, Giovanni Battista e Sebastiano, 1562, Mappa 16
pg 48 Madonna col Bambino e i santi Giuseppe, Pietro, Giovanni Battista, Marco e Liberale, 1550-1552, Mappa 16
ITINERARI
pg 56 Palazzo Bologna, via Sant’Agostino 77-81, Mappa 1 pg 58 Palazzo Antoniutti, via Sant’Agostino 46-48, Mappa 2 pg 60 Casa in Via Sant’Agostino, via Sant’Agostino 61, Mappa 3 pg 62 Casa Federici, via Stangade 12, Mappa 4
pg 64 Chiesa di Santa Maria Maggiore, Piazza Santa Maria Maggiore, Mappa 5 pg 66 Palazzo Zignoli, Calmaggiore 4-6, Mappa 6 pg 68 Casa in via Bianchetti 14-16, Mappa 7 pg 70 Casa Secco, via Roggia 56-58, angolo via Marzolo Mappa 8 pg 72 Casa Robegan, via Canova 40, Mappa 9
pg 74 Scuola del Santissimo Sacramento, Piazza Duomo 53, Mappa 10 pg 76 Casa in via San Nicolò 74, Mappa 11 pg 78 Casa Bellausa, via San Nicolò 18-20, Mappa 12 pg 80 Casa Zanchetta, via San Nicolò 5-7, Mappa 13 pg 82 Casa della Niobe, via Pescatori 27, Mappa 14
Bibliografia essenziale
G. Vasari, Delle vite d’ più eccellenti Pittori Scultori et Architettori Scritte da M. Giorgio Vasari Pittore et Architetto Aretino, Fiorenza 1568, …. ed. Milanesi 1881.
C. Ridolfi, Le Maraviglie dell’Arte, ovvero le Vite de gl’Illustri Pittori Veneti e dello Stato (…) descritte dal Cavalier Carlo Ridolfi, Venezia 1648, Berlin 1914-1924, ed. Von Hadeln. M. Boschini, La carta del navegar pitoresco, Venezia 1660, Venezia-Firenze 1966, ed. Pallucchini. N. Cima, Le tre faccie di Trivigi, 1699, Treviso, Biblioteca Comunale, ms. 643. D. M. Federici, Memorie trevigiane sulle opere di disegno (…), 2 voll., Venezia 1803.
L. Bailo-G. Biscaro, Della vita e delle opere di Paris Bordon, Treviso 1900.
L. Coletti, Treviso. Catalogo delle cose d’arte e antichità d’Italia, Roma 1935.
B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento. Catalogo dei principali artisti e delle loro opere con un indice dei luoghi, Milano 1936.
G. Mariani Canova, Paris Bordon, Venezia 1964.
Paris Bordon, catalogo della mostra di Treviso (settembre-dicembre 1984), a cura di E. Manzato, Mi lano 1984.
A. Donati, Paris Bordone: catalogo ragionato, Soncino (CR) 2014.
Finito di stampare da CPESSE Industria Grafica, Castelfranco Veneto (TV) nel mese di settembre 2022 DUCK Edizioni ISBN 978-8889562932