Alejandro Jodorowsky - Viaggio Essenziale

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Alejandro Jodorowsky

VIAGGIO ESSENZIALE Poema psicomagico

Prefazione Antonio Bertoli Traduzione Andrea Colamedici

SPAZIO INTERIORE


Alejandro Jodorowsky Viaggio essenziale titolo originale: Viaje esencial traduzione: Andrea Colamedici © 2012 Alejandro Jodorowsky © 2014 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli 46 • 00176 Roma Tel. 06.90160288 www.spaziointeriore.com info@spaziointeriore.com illustrazione in copertina Matlop I edizione: maggio 2014 ISBN 88-97864-42-4


indice

poesofia

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silencio silenzio

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sólo tratando solo cercando

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luz de la sombra luce dell’ombra

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convertido en manzana diventando una mela

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transparencia trasparenza

22 23

idioma remoto idioma remoto

24 25

verdad verità

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¡basta! basta!

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ovvero il viaggio essenziale di Alejandro Jodorowsky di Antonio Bertoli


huĂŠrfano orfano

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trance trance

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este es el mundo que te salta al cuello questo è il mondo che ti salta al collo

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derrame sparge

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Nota dal traduttore

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poesofia

ovvero il viaggio essenziale di Alejandro Jodorowsky di Antonio Bertoli

Khalil Gibran dice che «la poesia non è un modo di esprimere un’opinione. È un canto che sale da una ferita sanguinante o da labbra sorridenti». Condivido queste parole, perché la poesia non è tanto il lampeggio di un pensiero astratto quanto il riverbero sonoro di un’emozione che quasi non ci appartiene e però, al tempo stesso, fa parte di noi e si esprime con parole che spesso sembrano non bastarle. È come l’eco dello sconosciuto che ci abita, il quale si esprime anche arrotolandosi al pensiero e divenendo esso stesso pensiero. La poesia non è un discorso compiuto in senso stretto, infatti. È piuttosto la forma linguistica che assume un’ispirazione che è sempre collocata all’insegna di un vero e proprio mutamento del pensiero, e che non parte da questo. La poesia, cioè, sollecita e trasforma la forza indagatrice del pensiero in una forma particolare che non è digitale, ma analogica. È proprio questo uno dei cardini della poesia di Jodorowsky, ovvero di quel particolare percorso di scrittura – che si differenzia dagli altri per i quali è forse più famoso – che egli stesso ha spesso definito “poesofia”: il momento di congiunzione tra linguaggio immaginale e processo filosofico, l’unione dell’ispirazione col percorso del pensiero, la casualità della poesia che dialoga con l’ordine causale del processo logico del discorso, la sincronicità junghiana che attinge all’inconscio collettivo nella manifestazione del singolo e viceversa.

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In effetti la poesia di Jodorowsky, ora morbida preghiera e quasi inno, ora urlo e invocazione straziante, ora denuncia e proclama – ma sempre costituita come un grappolo di immagini foriero di senso – deroga dal miope orizzonte dell’uomo ordinario e della vita comune per abbracciare l’invisibile, il collettivo e l’anelito all’universo, e accogliere così le più grandi altezze, penetrando la conoscenza e assecondando il fluire della vita e del divenire. Ogni poesia diventa così un viaggio essenziale perché si pone e si dà come una marca di confine, una zona di margine, il tracciato di una rotta che fa innalzare e librare le parole in un’atmosfera di rinnovamento: una soglia che riconnette la misera e piccola vicenda umana di ciascuno alla grande vicenda della vita, del mondo e dell’umanità – e dunque all’essenza – in sintonia con il respiro dei versi che si portano sin dentro l’ombra dello stesso essere, della stessa vita, dell’universo stesso. È così che la poesia-poesofia di Jodorowsky diventa quasi impersonale e si avvicina al linguaggio dei libri sacri, assumendo a volte la caratteristica di una preghiera o di un mantra che supera e sconfigge i demoni interni ed esterni, che abbatte tutti i veli dell’illusione del mondo ordinario e favorisce la meditazione e l’elevazione di coscienza. Si tratta di poesia pedagogica, quindi, anche se per niente didascalica, come lo sono del resto tutti gli insegnamenti e come è solo la grande poesia: una sorta di protezione, amuleto e distacco contro l’angoscia e la banalità del vivere quotidiano e delle nostre piccole storie di piccoli esseri di fronte all’immensità e al mistero del tutto. Un canto, cioè, che riconnette alla vera salvezza, all’ultima liberazione, al definitivo riscatto: il viaggio essenziale che tutti dobbiamo intraprendere all’interno di noi stessi per recuperare il senso originale – essenziale – che la famiglia, la società, la cultura e le religioni hanno oscurato e occultato.

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Per questo alla base della poesia di Jodorowsky c’è anche una sorta di randagia instabilità interiore, una specie di vortice che fagocita e rimescola continuamente rabbia e quiete, solcando i sentieri del sogno, della bellezza e dell’immaginazione, così tanto estranei alla marcia inutile del mondo sociale, economico e culturale che conosciamo quotidianamente. L’impronta poetica non è però un sigillo chiuso, inamovibile, segregatore, ma il vivo contrassegno dell’intimo pulsare all’unisono del cuore dell’essere umano e dell’universo intero. Questo si esprime tramite una densa corposità visiva del linguaggio che reinventa, dilata e capovolge i passi erranti di un individuo che vuole essere connesso al tutto, di un essere che vuole librare le ali dall’adesso e qui per ricongiungersi al Sempre e Ovunque. È come se la poesia di Jodorowsky fosse volta a confermare continuamente l’immagine archetipica dell’essere umano come viandante che, nel continuo peregrinare tra i meandri dell’immaginazione e dell’ispirazione da una parte, nel mondo dei significati opachi e fissi della realtà dall’altra parte, procede senza mai scadere nella fissità dell’inazione senza meta, pur negandone una e facendo del proprio peregrinare la meta stessa. Un viandante, cioè, che più che alla meta è dedito al suo viaggiare, più che all’opera è dedito alla creazione. È così che Jodorowsky si fa portatore di un’assoluta attenzione alla vita: restituendo nella poesia l’immediatezza del suo dialogo interiore, si fa tramite di una visione integra e armonica dell’universo metaletterario, laddove ogni frattura si ricompone in una sostanziale e piena unità all’insegna della coscienza. Come nella migliore tradizione esoterica, come nella migliore filosofia e come nella migliore poesia, la grande opera è sempre e solo una: la trasformazione del metallo vile in metallo nobile, la metamorfosi dell’individuo e dell’ego nell’unità e nel “noi”, la fusione dell’inconscio individuale con l’inconscio col-

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lettivo. È l’annullamento della contraddittorietà degli opposti e del pensiero duale che li vuole oppositivi: trasformare il fisso in mutevole e viceversa, il secco e l’umido, l’individuo e la collettività, la parte e il tutto. Si tratta cioè di trasformare e mutare il piccolo in grande e il grande in piccolo, innalzando l’individuo all’umanità e il nostro piccolo tempo al Sempre. La fissità della vita, la sua brevità e futilità, si riconnettono al mutamento e all’eternità della Vita e fanno così emergere e fluire il senso che ricompatta tutti i significati. E che cosa è la poesofia di Jodorowsky, infine, se non il senso che sottende sia la poesia che la filosofia ? Che cosa, se non quella fascia semantica che scorre al di sopra e al di sotto dei significati di cui la filosofia si nutre, ma che può emergere solo con l’ausilio della poesia? La única manera de avanzar es extraer al ser de la palabra, al acto de la intención, a la emoción del adueñamiento y al deseo de su objeto imaginario; ir horadando el túnel, perder una y mil pieles, consumir lo superfluo en una fiesta de llamas, dejar que se desinflen los yo parásitos, no ser ni esto ni lo otro, unir los dos polos en un sólo círculo, atrapar la mirada que está detrás de la mirada, de ojo en ojo ascender hasta la conciencia donde todo lo injertado, tatuado, copiado, falsificado es llevado por el viento como un enjambre de pétalos. (A. Jodorowsky, Silencio)

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SILENCIO La única manera de avanzar es extraer al ser de la palabra, al acto de la intención, a la emoción del adueñamiento y al deseo de su objeto imaginario; ir horadando el túnel, perder una y mil pieles, consumir lo superfluo en una fiesta de llamas, dejar que se desinflen los yo parásitos, no ser ni esto ni lo otro, unir los dos polos en un sólo círculo, atrapar la mirada que está detrás de la mirada, de ojo en ojo ascender hasta la conciencia donde todo lo injertado, tatuado, copiado, falsificado es llevado por el viento como un enjambre de pétalos. Mente vacía, corazón lleno, calmando el deseo, deshaciendo los nudos ciegos, integrando el árbol acorazado al bosque desnudo, nunca más en mi pecho silbará la víbora, nunca más entre mis piernas el deseo de una carne sin alma afilará sus anzuelos, nunca más mi cuerpo aspirará a ser una máquina eterna. Elijo como camino la impalpable sombra y el sólido vacío, venzo al espejo que compara, demuelo la pirámide de ancestros que llevo incrustada en la espalda encadenándome a un tiempo estancado. Cavando hasta el fondo de mí mismo llego al origen donde la palabra se disuelve: placer incesante, orgasmo eterno, silencio que es la suma de todas las músicas. 14


SILENZIO L’unica maniera di avanzare è estrarre l’essere dalla parola l’atto dall’intenzione, l’emozione dal possesso e il desiderio dal suo oggetto immaginario; e scavando il tunnel, perdere una e mille pelli, consumare il superfluo in una festa di fiamme, lasciare che si sgonfino gli io parassiti, non essere né questo né quello, unire i due poli in un solo cerchio, catturare lo sguardo che sta dietro lo sguardo, di occhio in occhio ascendere fino alla coscienza, dove tutto l’iniettato, tatuato, copiato, falsificato è trasportato via dal vento come uno sciame di petali. Mente vuota, cuore pieno, calmando il desiderio, disfacendo i nodi ciechi, integrando l’albero blindato al bosco nudo, mai più nel mio petto sibilerà il serpente, mai più tra le mie gambe il desiderio di una carne senz’anima affilerà i suoi ami, mai più il mio corpo aspirerà a essere una macchina eterna. Scelgo come cammino l’impalpabile ombra e il solido vuoto, supero lo specchio che compara, demolisco la piramide degli antenati che porto incrostata sulla schiena incatenandomi a un tempo stagnante. Scavando fino al fondo di me stesso giungo all’origine, dove la parola si dissolve: piacere incessante, orgasmo eterno, silenzio che è la somma di tutte le musiche. 15



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