Lidia Fassio Carlo Magaletti
IL MAESTRO
INTERIORE
Spazio Interiore
Lidia Fassio
INNAMORAMENTO
E CREATIVITÀ
Innamoramento e creatività
Il momento più bello di una relazione è probabilmente la fase dell’innamoramento. Di solito si pensa che l’inizio di un rapporto sia solo un preludio all’amore, ma è possibile vedere questa condizione anche come un nucleo carico di possibilità. Se è vero che non tutti gli innamoramenti diventano amore, di sicuro qualsiasi amore è passato dall’innamoramento. In genere pensiamo all’innamoramento come a una fase meravigliosa, idilliaca, onirica, ma dietro questo momento ci sono motivazioni psicologiche, biologiche, esistenziali e uno scopo ben preciso, che cercheremo di decodificare. In astrologia, all’innamoramento viene addirittura dedicata una Casa in particolare, la Quinta, che corrisponde al Sole e al segno del Leone. L’innamoramento, proprio come vuole il Re della Foresta, troneggia e si porta dietro una serie di simboli 9
e di significati interessanti. Il Leone è molto legato all’immaginazione, è un segno di fuoco, vive con un senso di eternità e ha l’impressione che tutte le cose non finiscano mai. Il Leone si sente eterno, immutabile, e ha un Io molto forte che, in alcuni casi, sfiora il delirio di onnipotenza. Alcune di queste caratteristiche le troviamo anche nell’innamoramento. Le grandi delusioni che le persone vivono nella relazione di coppia sono spesso legate al falso mito che i rapporti possano continuare con le stesse modalità che si sono sperimentate durante l’innamoramento. In questa fase si vive come in una favola, in un delirio di forza e di energia: espandiamo totalmente i nostri confini personali, andando oltre noi stessi. Spesso, nel bene e nel male, imputiamo esclusivamente all’altro tutto ciò che ci succede; in realtà, la Casa Quinta è una Casa personale che ci ricorda che l’innamoramento è qualcosa che riguarda più noi che l’altro. Ovviamente non ci può essere un innamoramento senza una buona dose di proiezioni; tuttavia, in questa fase è come se si accendesse un faro su tutte le nostre potenzialità: vediamo la parte migliore di noi, la parte senza limiti, quella stessa parte che poi, finito l’innamoramento, sembrerà scomparire. L’innamoramento ha il compito di portare l’Io ben oltre i suoi confini, permettendoci di 10
vivere per un certo periodo con una sensazione di pienezza e di illimitatezza, una condizione a cui tutti aspiriamo. In sostanza, ci fa vivere senza fatica e senza sforzo (e senza consapevolezza) ciò di cui dovremmo fare esperienza al termine del nostro percorso d’individuazione, cioè l’unità e la completezza al nostro interno. Da un punto di vista psicologico viviamo quindi una sorta di illusione, perché sentiamo di aver trovato una pienezza e una gratificazione immense, a cui si aggiungono una grande energia e una grande visione del futuro della vita, che sembrano arrivare dall’esterno, dall’altro da noi, da ciò di cui ci siamo innamorati. È proprio questo uno dei punti fondamentali, perché quando siamo innamorati vorremmo che il rapporto rimanesse fermo in quello stato, come se potessimo fermare l’istante nel tempo. La mia grande maestra di astrologia, Lisa Morpurgo, diceva che il Leone è signore del tempo poiché è colui che lo governa. In questa fase, ci sembra che la sensazione di enorme condivisione emotiva e psicologica che stiamo vivendo non terminerà. Questo può indurci a prendere degli abbagli mostruosi, tanto che, troppo spesso, finita questa fase, ne arriva un’altra altrettanto forte di delusione e disillusione. Comprendiamo a questo punto che quello che abbiamo visto non appartiene all’altro, e ci sentiamo 11
Carlo Magaletti
MAESTRI DI
SE STESSI
Maestri di se stessi
Vorrei iniziare raccontandovi una storia che non potete conoscere. È una storia vera, che ha avuto inizio durante la seconda guerra mondiale. All’epoca la mia famiglia, mio nonno e mia nonna paterni, vivevano come coloni in Africa, ad Asmara, dove nacquero mio padre e mia zia. Mia zia, appena nata, si trovava in gravi condizioni di salute ed era quasi in fin di vita. Nel frattempo mio nonno era partito per la guerra, era stato catturato e mandato in India come prigioniero. Tra difficoltà economiche e bombardamenti, i miei familiari furono infine rimpatriati in Italia grazie alla Croce Rossa. Mia zia riuscì a salvarsi ma rimase sordomuta. Finita la guerra, la mia famiglia tornò a vivere a Bari. Mia nonna le provò tutte per cercare di trovare una soluzione, un rimedio che potesse aiutare mia zia a tornare normale. I medici non poterono 43
fare nulla e allora mia nonna cominciò a tentare anche le cose più improbabili. A quei tempi c’era Padre Pio, ancora in vita, che faceva prodigi e miracoli. Era molto popolare e viveva a San Giovanni Rotondo. Mia nonna provò allora a convincere mio nonno – uno scettico non molto propenso a questo genere di cose – a portare la bambina da Padre Pio per chiedere il miracolo. Ovviamente mio nonno si oppose e iniziò allora una lunga battaglia: mia nonna chiese a vicini, conoscenti e a quanti avessero avuto testimonianza diretta dei miracoli di Padre Pio di andare a parlare con lui per convincerlo. Messo di fronte a questa situazione, alla fine mio nonno cedette e disse: «Va bene, domenica prossima andiamo da Padre Pio». La domenica andarono dunque da Padre Pio. Mio nonno, mia nonna e la bambina entrarono in chiesa, dove una folla di fedeli era in attesa di un miracolo, e presero posto. La messa iniziò, ma a un certo punto Padre Pio si fermò, guardò nella direzione dove erano seduti i miei nonni, puntò il dito minaccioso e disse: «Tu, uomo senza fede, esci da questa chiesa!» Siccome nessuno si muoveva, Padre Pio fece alcuni passi, indicò direttamente mio nonno e ripeté: «Esci da questa chiesa, uomo senza fede!» Quando mio nonno capì che il dito era puntato proprio verso di lui, si alzò e uscì dalla chiesa. 44
Finita la messa, tornarono a Bari. Mia zia rimase sordomuta. Mio nonno, quando si parlava di questa storia, scopriva di avere sempre qualcosa di importante da fare e cercava di dribblare l’argomento. Mia nonna restò sempre convinta che il mancato miracolo fosse responsabilità della miscredenza di mio nonno. Ovviamente, negli anni, abbiamo più volte provato a farla ragionare: Padre Pio, o chi per lui, doveva essere un tipo piuttosto crudele se davvero aveva condannato una bambina a rimanere sordomuta a causa del padre miscredente! Però mia nonna ne era convinta. Per lei la dimostrazione della santità di Padre Pio stava nel fatto che aveva individuato quel miscredente di mio nonno in mezzo a una folla di persone. Io ho un’idea differente della questione e vi ho raccontato questa storia per introdurre il tema della conferenza. Adesso guardatemi, guardate bene il mio viso. [Carlo Magaletti assume un’espressione supponente, muove il capo spazientito e sbuffa leggermente] Che cosa comunico? Mio nonno era un tipo a cui non la si dava a bere facilmente: aveva vissuto tante esperienze nella vita e appena si provava a dirgli qualche cosa che poco poco non quadrava, assumeva un atteggiamento di sufficienza, di distacco, di miscredenza... Se voi, che non siete Padre Pio, riuscite a riconoscere questo 45