Oltreconfine 14 - ASTROLOGIA

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Cronache dai mondi visibili e invisibili | n° 14

aSTROLoGIA

Lo Zodiaco è tanto evidente da risultare invisibile.



oltreconfine 14 Cronache dai mondi visibili e invisibili

ASTROLOGIA

SPAZIO INTERIORE


Oltreconfine 14 Astrologia © 2014 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati L’editore ha soddisfatto tutti i crediti fotografici. Nel caso gli aventi diritto siano stati irreperibili, è a disposizione per eventuali spettanze.

Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli, 46 • 00176 Roma Tel. 06.90160288 www.spaziointeriore.com info@spaziointeriore.com illustrazione in copertina Michela Filippini I edizione: dicembre 2014 ISBN 88-97864-58-5


L’astrologia, secondo me, è una grande signora, molto bella e venuta cosĂŹ da lontano che non posso fare a meno di sottomettermi al suo fascino. AndrĂŠ Breton Astrologie Moderne, n. 12, 1954


SommarioU Oltreconfine 14 • Astrologia

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di Maura Gancitano

di Lisa Morpurgo

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di Giovanni Pelosini

Contattare il Profondo tramite l’Emozione di Irene Zanier

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Il nostro bisogno di consolazione

La ragione della scienza e la scienza della ragione

Alla scoperta dell’Astrologia (neo)antica di Margherita Fiorello

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La storia dell’Astrologia: un’altra prospettiva di Robert Hand

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Ere astrologiche e Astrologia siderale di Paolo Bashir Ansaloni

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Introduzione all’Astrologia

La dinamica Luna-Plutone

L’Ascendente in Astrologia esoterica di Alessandro Pandolfi

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Devo prendere l’Astrologia realmente sul serio? di Stephen Arroyo

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L’Astrologia in un mondo in crisi di Richard Tarnas

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Astrologia karmica hindu

Astrologia e Psicologia: connessioni e differenze

di Meskalila (Nunzia Coppola)

di Paolo Crimaldi

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La dinamica della relazione di Liz Greene

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Riflessioni sulla metafora di Fabrizio Corrias

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Urano: nuove intuizioni di Lidia Fassio

L’importanza dell’Astrologia archetipica per la Psicologia di Stanislav Grof

102 L’Astrologia come strumento di counseling L’approccio integrato all’Astrologia Archetipica Sistemica di U. Carmignani, L. Postacchini e S. Bongiovanni


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di Gisella Lochmuller

Un approccio astrologico all’alchimia di coppia di Mariavittoria Spina

Edgar Cayce e l’Astrologia

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Astrologia mondiale di Tommaso Palamidessi

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Sigismondo Fanti, il maestro di Nostradamus di Angelo Iacovella

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Le affinità elettive

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James Hillman: mentore immaginale sulla via delle stelle di Naja Campanini

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L’astrologo dei defunti di Nicola Bonimelli

La meraviglia è nel cielo stellato

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Intervista a Piero Boitani di Anna Maria Morsucci

L’astrologologo di Andrea Colamedici

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L’Astrologia cabalistica di Nadav Hadar Crivelli

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La natura dell’Astrologia e l’arte della Natura di Silvia Tusi

Astrologia Guida alla lettura


IL NOSTRO BISOGNO DI CONSOLAZIONE .........................................

di Maura Gancitano

Guarda come il pavimento del cielo è fittamente intarsiato di patene d’oro splendente: non c’è la più piccola stella che tu contempli la quale non canti nel suo moto come un angelo e non si intoni coi cherubini dagli occhi sempre giovani. Tale armonia è nelle anime immortali, ma finché le nostre sono rinchiuse in questo corruttibile involucro d’argilla noi non la possiamo udire. W. Shakespeare, Il mercante di Venezia (atto v, scena i)

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Qual è il nostro posto nel sistema solare, dove ci troviamo esattamente, perché, a quali leggi sottostiamo, come possiamo sfuggirle. La vita ordinaria ci aiuta a schivare questi grossi macigni, ma costituisce solo un rifugio momentaneo. Sono sempre dietro l’angolo, si affacciano alla mente mentre prendiamo un caffè, fumiamo una sigaretta, abbiamo tre-quattro pesanti buste della spesa da caricare in macchina, o abbiamo appena fatto l’amore. Che cos’è questo manto che ci sovrasta e che cambia in continuazione, dal giorno alla notte? Cosa c’è fuori? La notte nelle città non fa mai totalmente buio, e il gelo di questa sensazione si può lievemente schivare, ma in campagna è ancora possibile vedere a occhio nudo le costellazioni, indovinarle in base alla forma, e stupirsi di quanto siano incredibili le sembianze che assumono, in effetti. Da dove viene tutto questo? La condizione in cui ci troviamo è sconcertante, e dovrebbe spingere tutti noi a lavorare insieme, a cercare di sco8

prirla. Anche se probabilmente non servirà a niente, perché questo spazio sembra davvero infinito, e complesso, e profondo per essere totalmente scoperto, raccontato, misurato. Osservare davvero il buio non può che spiazzarci, perché siamo piccoli, piccoli, piccoli, e «non sappiamo niente, non capiamo niente, non possiamo fare niente, non immaginiamo niente», come ha scritto Maupassant. La vita ordinaria è un’àncora straordinaria, ci inchioda alle piccole cose e fa in modo che il buco nero dell’universo non ci divori. Ci radica, ci permette di crescere e discendere. E ciascuno di noi, nella vita ordinaria, può decidere di dimenticare totalmente tutto ciò che si trova fuori dalla Terra e sopra la sua testa, oppure può scegliere di farsene un’idea. Che sarà sempre parziale e fallibile, dato che si trova in una mente umana che, per sua stessa natura, è incapace di cogliere la totalità del cosmo. Ciascuno di noi, dicevo, può scegliere di credere a tutto ciò che è considera-


to scientifico, ottenuto in base a misurazioni riproducibili, oppure a tutto ciò (o a parte di ciò) che è considerato spirituale. Questa divisione manichea, in realtà, lascia il tempo che trova, eppure oggi pare che le cose stiano così. Cionondimeno, l’astronomo e l’astrologo condividono dentro di sé – a mio parere – un dolore simile, simili dubbi, l’identico senso di solitudine e di abbandono. In sostanza, entrambi stanno cercando di capirci qualcosa, di trovare una risposta, e ciascuno ha scelto il proprio strumento, che quasi sicuramente riterrà l’unico in grado di dare delle risposte. Ma ciascuno dei due preferisce trincerarsi nel proprio mondo – che è ordinario, quindi limitato – anziché considerare che il motivo che l’ha spinto verso quello studio, forse, è lo stesso che ha spinto l’altro. E quale sarebbe? Il bisogno di consolazione, probabilmente. Vivere con la percezione costante di trovarsi in un universo sconosciuto, smisurato, potentissimo non può che atterrire, e prima di riuscire a sentire che Tutto è Uno occorre imparare a sostenere questa consapevolezza. Ha qualcosa a che vedere con l’idea che si possa morire da un momento all’altro. Perché siamo così indifesi che basterebbe un nonnulla per ammazzarci. Se sono animati da un’autentica vocazione, credo che astronomi (e scienziati) e astrologi (o scienziati alternativi) condividano questa fortissima percezione interiore, un fuoco che brucia costantemente, anche se all’esterno ciò non trapela. Astrologia e astronomia, se scelte per vocazione, possono costituire dei modi per contrastare lo scorrere del tempo,

la sensazione di essere in mare aperto. Una zattera. Ne Il nostro bisogno di consolazione, lo scrittore svedese Stig Dagerman ha scritto: «Mi manca la fede e non potrò mai, quindi, essere un uomo felice, perché un uomo felice non può avere il timore che la propria vita sia solo un vagare insensato verso una morte certa. Non ho ereditato né un dio né un punto fermo sulla Terra da cui poter attirare l’attenzione di un dio. Non ho ereditato nemmeno il ben celato furore dello scettico, il gusto del deserto del razionalista o l’ardente innocenza dell’ateo. Non oso dunque gettare pietre sulla donna che crede in cose di cui io dubito o sull’uomo che venera il suo dubbio come se non fosse anch’esso circondato dalle tenebre. Quelle pietre colpirebbero me stesso, perché di una cosa sono convinto: che il bisogno di consolazione che ha l’uomo non può essere soddisfatto».1 Astrologia e astronomia, in modi diversi, possono dare un senso alla vita, ancorandoci all’idea che non sia «solo un vagare insensato verso una morte certa». Ma se diventano una petizione di principio, se si aderisce a queste idee per partito preso, se l’adesione diventa una scusa per «gettare pietre sulla donna che crede in cose di cui io dubito», allora entrambe ci avranno aiutato a contrastare l’idea che tutto muore, svanisce e si dilegua, ma saranno diventate una religione, qualcosa a cui ubbidire sempre, senza pensiero, rinunciando alla libertà. D’altra parte, una scelta a volte è necessaria, perché gli assunti dei metodi scientifici ufficiali e di quelli alternativi possono essere davvero inconciliabili,

1. S. Dagerman, Il nostro bisogno di consolazione, Iperborea 1991.

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Paola Paramatti, Ariete


Paola Paramatti, Toro


LA RAGIONE DELLA SCIENZA E LA SCIENZA DELLA RAGIONE .........................................

di Giovanni Pelosini www.giovannipelosini.com

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Chi conosce i miei studi scientifici mi chiede spesso con stupore se credo nell’astrologia. La mia risposta è invariabilmente «No», proprio per via del mio approccio scientifico nei confronti della realtà. Credere implica l’accettazione di un dogma, di una verità assoluta, e ha a che fare con la religione o con la superstizione, non certo con l’astrologia, né con la scienza. Dispiace leggere su una rivista australiana che il 25% dei cittadini crede nell’astrologia,1 considerata un inutile, se non dannoso, retaggio delle superstizioni del passato e una “pseudoscienza”. Dispiace per la superficialità e l’incompetenza con cui sui media si affronta l’argomento, e per il fatto stesso che ci sia chi crede nell’astrologia, che non è né vuole essere una scienza che funziona con le regole della moderna astronomia, e non è nem1. 2. 3. 4.

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meno una superstizione in cui credere ciecamente. Sulla stessa rivista si legge che uno studio effettuato sui dati di più di 15.000 persone non ha trovato alcuna relazione fra la data di nascita e la personalità. Questo è un argomento mal presentato, ma pertinente. Lo stesso che affrontai anch’io una quarantina di anni fa, quando mi chiesi se, come e perché funzionasse l’astrologia. Ancora non ho tutte le risposte. Forse alcune potranno venire dalla fisica quantistica, dalla teoria di Pauli e Jung sulla sincronicità2 o dagli studi statistici dello stesso psichiatra svizzero,3 o da quelli di Pierino Marazzani sulle frequenze significative di relazioni (test del chi quadro) fra data di nascita e scelte professionali.4 Un giorno il saggio indiano Sri Yukteswar (1855-1936) volle istruire il discepolo Paramahansa Yogananda sull’astrologia,

Personality, studio statistico del 2006. Carl G. Jung, Wolfgang Pauli, Naturerklärung und Psyche, Rascher 1952. Carl G. Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri 1980, pp. 55-80. Cfr. Pierino Marazzani, La suddivisione della specie, Ariele 2012.


chiarendo che non era una credenza, e specificando come ignoranti e ciarlatani avessero gettato discredito su questa antica arte: «Non è questione di credere; l’unico atteggiamento scientifico che si dovrebbe assumere di fronte a qualsiasi argomento è quello di sapere se sia vero. La legge della gravitazione era ugualmente attiva prima e dopo Newton. Il cosmo sarebbe davvero piuttosto caotico se le sue leggi non potessero operare senza la sanzione della credenza umana».5 Credere o non credere nell’astrologia, quindi, non ha alcuna importanza, è più razionale cercare di scoprire se il mezzo funzioni e se possa essere utile. E nemmeno, ritengo, dobbiamo inchinarci agli astri come ai signori del nostro destino, perché non possono avere alcun potere su di noi, se non quello di aiutarci a capire noi stessi e il mondo che ci circonda. Se un potere materiale esiste sul corpo fisico che ci ospita, questo è il medesimo che opera a carico di ogni oggetto dell’universo – stelle e pianeti compresi – aggregandone gli atomi secondo le leggi fisiche (note e ancora ignote) e disgregandone i corpi entropicamente. Ogni essere umano davvero consapevole del vero Sé è, ipso facto, al di fuori del vortice di tali trasmutazioni. Viceversa, l’uomo identificato con l’ego, nel vortice delle passioni e degli attaccamenti materiali, si ritiene influenzato nel comportamento e nelle scelte dai capricci delle stelle, dei Tarocchi o del caso. Essere scettici è un corretto approccio razionale e scientifico all’argomento. Esserlo senza conoscere la materia non solo non è scientifico, è anche risibile, così come lo sono certe obsolete critiche tese

Carl Gustav Jung

Sri Yukteswar

a screditare l’astrologia. Esistono addirittura delle organizzazioni che spendono tempo e denaro – che sarebbero degni di migliore causa – per dimostrare che essa non è che una sciocchezza priva di senso e fondamento. A tal fine si ricorre perio-

5. Paramahansa Yogananda, Autobiografia di uno Yogi, Astrolabio-Ubaldini 1971, p. 159.

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LA STORIA DELL’ASTROLOGIA: UN’ALTRA PROSPETTIVA .........................................

di Robert Hand www.arhatmedia.com Traduzione di Mariavittoria Spina

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Questo resoconto deriva perlopiù dalle principali fonti accademiche convenzionali, sebbene faccia riferimento anche ad alcune teorie speculative in ambiti nei quali non ci sono prove evidenti. Non presento queste speculazioni per capriccio, ma solo dove prove interne sembrano giustificarle, e comunque esse sono sempre chiaramente indicate come ipotesi. D’altro canto, poiché abbiamo attinto dalle fonti accademiche occidentali, si potrebbe obiettare che questo resoconto non prende in considerazione possibili prospettive alternative, derivate, ad esempio, dallo studio dell’Astrologia in India. Questa potrebbe essere una valida obiezione, ma vorremmo assicurare il lettore sul fatto che non accettiamo posizioni accademiche sulla storia dell’Astrologia in modo acritico. Cerchiamo di considerare solo ciò che è coerente con le prove interne ai testi stessi. Inoltre, ciò che affermiamo non deve essere considerato come definitivo. C’è ancora molto da imparare sulla storia dell’Astrologia, specialmente adesso che viene studiata accuratamente da quanti non sono ostili all’argomento. 28

La mia idea è che l’Astrologia a noi nota apparve in un preciso periodo e in un luogo definito: quel luogo era la Mesopotamia, approssimativamente l’odierno Iraq. Per Astrologia a noi nota intendiamo l’Astrologia oroscopica, la cui intenzione è cogliere i momenti favorevoli per svolgere determinate mansioni, rispondere a delle domande, prevedere eventi ordinari e analizzare il destino individuale, basando tutto ciò su uno strumento particolare: il tema, genesi o carta natale. E questa carta ha un preciso grado o segno che si contraddistingue come punto di inizio dell’analisi. Di solito è il grado o segno Ascendente, sebbene per scopi particolari potrebbero altresì essere utilizzati il Sole, la Luna o la Parte di Fortuna. La ragione della formulazione di questa definizione molto specifica di Astrologia a noi nota è che in senso più ampio l’Astrologia è conosciuta quasi universalmente tra i popoli antichi e non si limita né a un periodo temporale, né a un luogo d’origine specifico. Infatti, quasi tutti i popoli antichi disponevano di un qualche sistema per esaminare i cieli a scopo divinatorio: nativi americani, Gre-


ci (molto prima di incontrare l’Astrologia mesopotamica), popoli dell’India, chiunque abbia costruito Stonehenge e New Grange nelle isole britanniche, e gli antichi popoli nordici, solo per citarne alcuni. Gran parte della controversia riguardo al grado di antichità dell’Astrologia di diversi popoli deriva dalla confusione proprio riguardo a questo punto. Lo studio degli auspici celesti non costituisce l’Astrologia a noi nota.

origini mesopotamiche La Mesopotamia, la “terra tra i due fiumi”, è una delle cosiddette culle della civiltà,

accanto a Egitto, Cina e valle dell’Indo. Sembra anche la più antica. Le testimonianze indicano la presenza di una civiltà urbanizzata risalente al 4000 a.C. Il primo popolo in questa zona era noto come popolo degli Ubaiditi, di cui praticamente non sappiamo niente, tranne che in un periodo piuttosto antico un altro popolo iniziò a trasferirsi in quell’area e a contrarre matrimoni con questa gente. Erano i Sumeri, che divennero i dominatori della zona e la cui lingua sostituì l’idioma ubaidita, qualunque esso fosse. I Sumeri inventarono anche la più antica forma di scrittura conosciuta, quella cuneiforme, 29


ERE ASTROLOGICHE E ASTROLOGIA SIDERALE .........................................

di Paolo Bashir Ansaloni www.astrobashir.it

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Il nostro pianeta è ormai entrato in una profonda fase di mutamento, non solo a livello umano e sociale, ma anche geologico. Ne sono prova lo spostamento dell’asse magnetico, i terremoti sempre più frequenti, ma soprattutto i cambiamenti climatici, inusualmente potenti e ormai difficilmente reversibili. È in corso un animato dibattito internazionale sulle possibili cause, umane e naturali. Ma siamo astrologi, e guardiamo gli eventi attraverso un’ottica particolare, che ci è stata tramandata dagli antichi babilonesi, dagli egizi, dagli ellenici e dai vedici: secondo la conoscenza antica, il nostro pianeta non sarebbe altro che un essere vitale, soggetto all’influenza delle potenze celesti tanto quanto ogni altro essere vivente, anche se su cicli molto più lunghi. Dal punto di vista squisitamente astrologico, quindi, i segni di transizione sono i chiari indizi dell’avvicinarsi della fine dell’Era astrologica dei Pisces e dell’inizio di quella dell’Aquarius. Gli orientamenti tecnologici – che hanno allontanato l’uomo da uno stile di vita ecologico – hanno evidenti qualità acquariane, e tratti simili sono riscontrabili nel crescente controllo della vita dei cittadini, nel bisogno di liberarsi dalle catene dei sistemi repressivi e, non ulti40

mo, nell’affiorare di vie spirituali slegate dalle religioni tradizionali. Le Ere astrologiche prendono il nome dalla costellazione celeste – costellazione reale, non segno solare – in cui sorge il Sole all’equinozio di primavera. Questo punto di riferimento si sposta lentamente a ritroso rispetto alle stelle fisse. Il fenomeno, detto precessione degli equinozi, è causato da un lento movimento conico dell’asse terrestre rispetto alle stelle. Il ciclo precessionale completo dura circa 25.900 anni e corrisponde al ritorno del sorgere del Sole nella stessa costellazione all’equinozio di primavera, dopo aver migrato per tutto lo Zodiaco celeste. È indubbio che il passaggio da un’Era all’altra abbia sempre segnato la psicologia del mondo, e ciò accade perché in ogni Era l’umanità esprime le caratteristiche della costellazione che la governa. Dal 4.100 al 2.000 a.C. circa è stata l’Era del Taurus, e il simbolo del toro è apparso a Creta come Minotauro, in India come manifestazione di Shiva e anche nel culto del Vitello d’Oro di biblica memoria. Quest’epoca, governata da Venere, che unisce la bellezza alla solidità tradizionale, ha visto sorgere le grandi opere dei Faraoni. La sua fine si è espressa simbolicamente nella tauromachia di Mitra.


Dal 2.000 a.C. al 221 d.C. è stata l’Era dell’Aries, governata da Marte: il popolo ariano, nomade, pastore e guerriero, a cui si attribuisce la tecnologia del ferro (metallo di Marte), ha invaso quasi tutto il mondo conosciuto. In quest’epoca è avvenuta l’espansione dei grandi imperi, dalle conquiste di Alessandro il Grande all’impero di Roma. Nel 221 d.C. è cominciata l’Era dei Pisces, governata da Nettuno: si è assistito al declino dell’impero romano, alla dispersione della conoscenza antica con la distruzione della biblioteca di Alessandria, all’imporsi del dogma delle religioni monoteiste, cristiana e musulmana, e all’affermarsi del sistema tolemaico. Oggi ci sono diverse opinioni riguardo all’inizio dell’Era dell’Aquarius. Già negli anni ’70, Garth Allen, a cui va il merito di avere ricostruito, insieme a Cyril Fagan, l’antico Zodiaco siderale babilonese, affermava: «Questa non è sicuramente l’alba dell’Età dell’Acquario. Non importa ciò che annunciano la canzone [Aquarius, dal musical Hair] e astrologi opportunisti. Scientificamente e storicamente parlando, l’Età dell’Acquario inizierà nell’anno 2376 d.C., tra quasi quattro secoli da oggi».1 Non è ancora l’alba, dunque, ma è sicuramente l’aurora. Come la luce del Sole schiarisce il cielo già prima che sorga, così l’influenza del cambiamento di un’Era comincia a farsi sentire prima, con un anticipo di almeno 5° precessionali, ovvero circa 360 anni. Questo periodo di transizione ci porta giusto ai giorni nostri, e il fenomeno della New Age può essere interpretato come una prima risposta collettiva al cambiamento epocale in atto. Nella tradizione hindu, secondo la scuo-

Androgino alchemico

la di Sri Yukteswar, astrologo e maestro spirituale di Yogananda Paramahansa, l’inizio dell’era dei Pisces è considerato il punto più basso del Kali Yuga, epoca dell’oscuramento della verità, mentre il passaggio verso l’Aquarius corrisponde alla fine del periodo di Kali Yuga. Questa visione, in effetti, coincide con il crescente e rapido movimento di risveglio della coscienza che sta vibrando sul pianeta. L’era dell’Aquarius, governata da Urano, si distinguerà per un incredibile sviluppo tecnologico, per un forte bisogno di libertà, anche sul piano spirituale, e di possibile rivolta contro i sistemi di controllo, sociali e religiosi. Urano è il Dio della volta celeste e il cielo stellato è il suo manto, dunque viene considerato patrono dell’astronomia e dell’Astrologia. L’avvicinarsi del suo governo sta portando una grande evoluzione in campo astronomico, grazie alla nuova visione dello spazio profondo. Si stanno manifestando le premesse di notevoli rivoluzioni in campo astrologico, tra le quali l’auspicabile ritorno o l’integrazione del sistema siderale nell’Astrologia occidentale. L’Astrologia siderale, a differenza di quella tramandata in Occidente, infatti, tiene conto della precessione degli equinozi. La diversa percezione delle dinamiche celesti a seconda della posizione

1. Garth Allen, What’s All This About The Age of Aquarius, Spica 1970.

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LA MERAVIGLIA È NEL CIELO STELLATO Intervista a Piero Boitani .........................................

di Anna Maria Morsucci

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«L’amor che move il Sole e l’altre stelle» è l’ultimo verso del Paradiso e della Commedia di Dante Alighieri, che usa la parola “stelle” anche per chiudere l’Inferno e il Purgatorio. Dante è innamorato della bellezza delle stelle e le utilizza per punteggiare i momenti più significativi del poema. Ma il Sommo Poeta non è l’unico, e neppure il primo, a parlare di stelle. Gli astri e la loro suggestione hanno accompagnato l’uomo in ogni epoca e in qualsiasi paese del mondo: «Poeti, pittori e musicisti scelgono un’immagine o una nota che vengono a loro da nessuno sa dove, attribuiscono agli astri qualità cangianti e sorprendenti: c’è chi li vede, in Cina, come lucciole del cielo, chi in India considera la volta celeste un lago che rifulge del bagliore di uno smeraldo, chi in Persia guarda a un nero broccato. I poeti arabi immaginano le stelle come cavalli lanciati in corsa, o come cuspidi fiammeggianti, Dante le chiama “ninfe etterne”, Shakespeare ne ascolta la musica». Piero Boitani, Professore Ordinario di Letterature Comparate all’Università La Sapienza di Roma lo spiega nel libro Il grande racconto delle stelle,1 nel quale de-

scrive e commenta ciò che nella storia è stato immaginato sulle stelle, i soli, le galassie, le lune: romanzi, poesie, musica, pittura, filosofia, astronomia; dall’Iliade a Francesco d’Assisi, da Giacomo Leopardi a Wallace Stevens e Paul Celan. Perché se il primo a vedere «astri infiniti splendere nel buio» è stato Omero, i poeti e gli scrittori di tutte le letterature sono stati rapiti dall’incanto del Cielo. Le stelle hanno trapuntato le volte delle chiese e delle moschee, e illuminato mille capolavori della pittura, da Giotto a Van Gogh e a Rothko. Hanno ispirato musiche sublimi,

1. P. Boitani, Il grande racconto delle stelle, Il Mulino 2012.

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da Händel a Haydn, da Verdi a Wagner, e continuano a ispirare sperimentazioni contemporanee. Nel libro, Piero Boitani spazia oltre il mondo occidentale, si allarga a civiltà lontane, dalla Persia all’India e alla Cina, esplorando i pensieri e i sogni, gli interrogativi, i fantasmi, i terrori e le speranze che l’umanità ha consegnato alle stelle. «Ho impiegato due anni a scrivere il libro. Quando ho iniziato» spiega, «pensavo a cento, centoventi pagine, ma il volume è cresciuto in modo incredibile fino ad arrivare a oltre seicento. Man mano che scrivevo, la scala cambiava: non era possibile contenere un argomento così vasto in poco spazio». Nel libro, parte dall’Iliade e arriva fino ai nostri giorni. Che cosa hanno rappresentato gli astri nella storia dell’uomo? Da una parte un’aspirazione – l’uomo ha sempre voluto raggiungere e toccare fisicamente le stelle – dall’altra, soprattutto in tempi antichissimi, un punto di riferimento religioso. Per i Caldei, che sono stati i primi studiosi dell’astronomia, le stelle erano delle divinità, tanto è vero che nella Bibbia ebraica si dice: «Guarda pure le stelle che illustrano la magnificenza delle opere di Dio, ma non le prendere come idoli». Con le stelle è nato prima un legame religioso e poi uno filosofico. Perché all’origine della filosofia – che è filosofia naturale, e quindi anche scienza – c’è la meraviglia, lo stupore di fronte alla bellezza. In un passo famosissimo della Metafisica, Aristotele dice che gli uomini hanno iniziato a filosofare a causa della meraviglia: all’inizio restavano meravigliati davanti a problemi semplici, poi davanti a problemi sempre più complessi, fino ad arrivare alla natura del Sole, della Luna, delle altre stelle e poi dell’origine del cosmo.

Piero Boitani

Filosofia, scienza e poesia provengono dal medesimo impulso: la meraviglia. Le stelle, dunque, rappresentano l’aspirazione degli uomini, sono la fonte del loro pensare religioso, del loro atteggiamento nei confronti della natura, e anche uno strumento di auto-conoscenza, perché guardando le stelle si guarda dentro di sé. Com’è cambiato il modo in cui l’uomo si rapporta con le stelle? Dall’antichità fino al Seicento non ci sono stati profondi cambiamenti: astronomia e Astrologia andavano di pari passo, e quasi tutti credevano all’influenza delle stelle sulla vita dell’uomo. Basti pensare che lo stesso Giovanni Keplero, pur essendo uno scienziato di primissimo ordine, faceva gli oroscopi e le previsioni astrologiche. Fu con la nascita della scienza moderna, quindi da Galileo in poi, che si creò lo stacco. Galileo diceva che le leggi della natura si trascrivono in maniera matematica, e quest’idea determinò un diverso modo di rapportarsi alla scienza. Nel Seicento si passò dal sistema geocentrico a quello eliocentrico. Che conseguenze ebbe questo stravolgimento? 123


LE AFFINITÀ ELETTIVE Un approccio astrologico all’alchimia di coppia .........................................

di Mariavittoria Spina

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letteratura alchemica «The proper study of mankind is man» annotava Alexander Pope, personalità emblematica dell’Età dei Lumi. Goethe sviluppò questa accorta osservazione nel suo romanzo più incompreso: Le affinità elettive. Inizialmente ideato come novella da inserire nell’edizione definitiva de Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister, vi lavorò per oltre un anno, dandolo alle stampe come testo autonomo nel 1809, e nonostante le polemiche della critica continuò a definirlo il migliore dei suoi libri,1 l’unica sua grande opera indipendente elaborata come rappresentazione di un’idea radicale ed efficace.2 L’eccezionale natura allegorico-sperimentale del romanzo si può ricondurre al fatto che in quel periodo il poeta illuminato si occupava di studi particolarmente speculativi, dei quali rese conto in La teoria dei colori: «Gli osservatori fedeli della natura, per quanto pensino in maniera

Libero ciascuno di occuparsi di quello che lo attrae, che gli fa piacere, che gli sembra utile; ma il vero e proprio studio dell’umanità è l’uomo. J.W. Goethe, Le affinità elettive

diversa riguardo altre questioni, concorderanno tuttavia col riconoscere che tutto ciò che si manifesta, tutto ciò che si presenta come fenomeno deve rinviare o a una scissione originaria, capace di ricomposizione, o a un’unità originaria capace di scindersi, e deve quindi presentarsi in questo modo. Scindere ciò che è unito e unire ciò che è scisso, è la vita della natura. È l’eterna sistole e diastole, l’eterna synkresis e diakrisis, l’inspirare ed espirare del mondo in cui viviamo, agiamo e siamo».3 In questa premessa sul carattere universale della ricerca consapevole, si ravvisano gli stessi concetti che oggi tendono

1. Lungimirante il commento di Reinhard: «Se mai arriveremo a una conoscenza più profonda dei segreti della nostra natura, è possibile che il libro risulti una meravigliosa anticipazione di verità di cui abbiamo solo un oscuro presentimento». M.G. Cerruti, Nota al testo, in J.W. Goethe, Le affinità elettive, Opportunity Books 1996, p. 12. Le citazioni del romanzo sono tratte da questa traduzione di Cristina Baseggio, riedita per la Opportunity Books. 2. Cfr. R. Bernhardt, Johann Wolfgang von Goethe. Die Wahlverwandtschaften, Hollfeld 2008, p. 49. 3. J .W. Goethe, La teoria dei colori, Il Saggiatore 1993, p. 183.

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sempre più ad avvicinare fisica e metafisica: «Da un punto di vista filosofico, il fatto che un fotone non si veda se non quando interagisce – o meglio agisce – con qualcosa è legato al concetto che l’essere esiste solo se si manifesta attraverso il fare. [...] Nell’istante della prima separazione, cioè nell’istante in cui nasce la dualità – condizione necessaria per fare esperienza di sé – la Coscienza si chiede se ciò che ha fatto era effettivamente ciò che doveva fare. La Coscienza, in altre parole, si divide in due Sé, perché non ha ancora gli elementi per comprendere la portata della propria scelta».4 A ben vedere, l’esito di ogni interazione dipende in gran parte dal grado di coscienza delle parti coinvolte. L’inconsapevolezza è tipica di ogni società nella quale gli usi e costumi prevalgono sul senso di responsabilità individuale, alimentando la scissione all’origine dell’esperienza nella materia. Goethe non mancò di rilevare l’inerzia allarmante nella quale l’essere umano tende a cadere: «Ciò che avviene abitualmente a ciascun individuo si ripete più che non si creda, perché la sua natura stessa ne è la prima causa determinante. Carattere, individualità, inclinazione, tendenza, luogo, ambiente e abitudini costituiscono un tutto, in cui ciascuno si muove come in un elemento, in un’atmosfera, nella quale soltanto si sente a suo pieno agio. E così, con nostra sorpresa, noi troviamo gli uomini, di cui tanto si deplora la mutabilità, immutati dopo molti anni, e immutabili agli infiniti incitamenti esteriori e interiori».5 L’evoluzione dal mantenimento di una 4. 5. 6. 7.

coerenza esteriore alla ricerca della propria realizzazione, attraverso un processo di individualizzazione e disidentificazione dalle apparenze, viene prospettata ai protagonisti di Le affinità elettive, dapprima tramite l’esempio di unione anticonvenzionale del Conte e della Baronessa, descritta come sfolgorante prototipo di coppia mondana, serena, affabile e dotata di «spregiudicatezza nel considerare e trattare i casi della vita».6 Il modello naturale di coppia felice viene però rappresentato dai giovani protagonisti della novella Gli strani figli di due vicini, i quali, dopo aver rivaleggiato per tutta l’infanzia, giunti in età adulta riconoscono in quell’antica opposizione la prima prova del legame d’amore che li unisce. In particolare, è la ragazza che, alla vigilia del matrimonio con un altro uomo, vince le proprie illusioni: «Le pareva di essersi svegliata da un sogno. La lotta contro il suo giovane vicino era stata la sua prima passione, e questa lotta violenta non era in fondo che, sotto forma di resistenza, una violenta e quasi innata inclinazione. Così nel ricordo le sembrava di averlo sempre amato. [...] Deplorava il sonno in cui era caduta, imprecava alla forza lenta e trasognata dell’abitudine, che l’aveva indotta ad accettare uno sposo così insignificante; era trasformata, doppiamente trasformata, per il passato e per l’avvenire, secondo come si voglia intendere».7 La novella costituisce l’apoteosi dell’allegoria nuziale, nella quale i veri protagonisti sono il principio maschile e femminile, animo e anima, destinati a unirsi in un tutto armonico e complementare, come indicato nel romanzo Le nozze chimiche di Chri-

C. Malanga, Evideon. L’anima dei colori, Spazio Interiore 2014, pp. 43, 80 J.W. Goethe, Le affinità elettive, cit., p. 210. Ivi, p. 70. Ivi, p. 177.

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I più grandi astrologi riuniti in un solo testo per riflettere insieme su radici e frutti dell’Astrologia: Arroyo, Corrias, Crimaldi, Fassio, Greene, Hand, Morpurgo, Tarnas e molti altri: «Perché noi occidentali crediamo nelle stelle e negli oroscopi che cadono dalle stelle e abbiamo dimenticato che i nostri gesti lenti, agili o violenti modificano le stelle, il loro equilibrio, la loro luce, il loro giro?» si domandava Galimberti ne Il gioco delle opinioni. Ecco, è qui il tentativo Oltreconfine: compiere un gesto collettivo, lento e agile, delicato e violento, che cerchi di influenzare in qualche modo le stelle maestre d’antropologia. Sapendo che la volta celeste non riesce a racchiudere tutto il dicibile sull’anima dell’uomo, non ci preoccupiamo di raccontarti tutto quel che troverai dentro questo testo. Perché, se «lo Zodiaco è tanto evidente da risultare invisibile», come ebbe a dire la grande astrologa Lisa Morpurgo, l’invisibile è tanto agognato da diventare Zodiaco. In altre parole, la nostra fame d’ignoto ci spinge spesso a chiamare Astrologia ciò che, in fondo, non è altro che Malinconia. Per far luce su questo e altri percorsi è nato il libro che tieni tra le mani, segno zodiacale della volontà umana di gettare il proprio destino tra le stelle, generando così nuove galassie e buchi neri.

ISBN 978-88-97864-58-5

9 788897 864585 euro 15,00


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