Claudio Naranjo - Viaggio di guarigione

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Claudio Naranjo

VIAGGIO DI GUARIGIONE Il potenziale curativo della terapia psichedelica

Prefazione di Stanislav Grof Traduzione di Giulio Silvano

SPAZIO INTERIORE


Claudio Naranjo Viaggio di guarigione titolo originale: The Healing Journey traduzione: Giulio Silvano revisione: Patrizia Giuliodori © 1973, 2013 Claudio Naranjo © 2016 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati

Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli, 46 • 00176 Roma www.spaziointeriore.com redazione@spaziointeriore.com copertina Alphonse Mucha, L’Étoile du Matin I edizione: settembre 2016 ISBN 88-97864-88-2

Sebbene siano state prese tutte le possibili precauzioni durante la preparazione di questo libro, l’editore non si ritiene responsabile per eventuali errori o omissioni, né per eventuali danni provocati dall’utilizzo delle informazioni ivi contenute. La pubblicazione di tale opera, in nessuna sua parte può essere considerata quale invito alla sperimentazione di tali tecniche e sostanze, né alla violazione di alcuna norma del vigente ordinamento giuridico, nazionale e internazionale.


indice

Prefazione all’edizione italiana di Claudio Naranjo . . . . . . . . . . . . . . . 9 Prefazione alla seconda edizione di Rick Doblin . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Prefazione di Stanislav Grof . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 Introduzione una sonda nello spazio interiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 Capitolo 1 il potenziale curativo di agonia ed estasi: le sostanze psicoattive nella psicoterapia

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Capitolo 2 mda: la sostanza dell’analisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 Capitolo 3 l’mmda e l’eterno adesso

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Capitolo 4 l’armalina e l’inconscio collettivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161 Capitolo 5 ibogaina: fantasia e realtà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217



A Franz Hoffman, professore emerito di Fisiologia e Direttore del Centro per gli Studi di Antropologia Medica dell’Università del Cile, a Santiago, che ha sponsorizzato la mia carriera di ricercatore psichiatrico nei campi della psicofarmacologia e dello sciamanesimo e a tutte le persone e i pazienti di cui ho scritto, che hanno fatto la stessa cosa.



prefazione all’edizione italiana di Claudio Naranjo

Negli anni ’60, quando ancora vivevo in Cile prima di trasferirmi in California, caddero nelle mie mani i farmaci di cui parlo in questo libro. Dico che “caddero nelle mie mani” perché mi sembrò di scoprire le loro proprietà in maniera quasi provvidenziale, per l’unico motivo di essermi trovato nel posto giusto al momento giusto, e in contatto con le persone adatte. Tutto iniziò dalla mia personale esperienza con l’lsd che, oltre ad avere un effetto curativo, direi che mi fece connettere con il mio destino. Già dai tempi del liceo sembrava che il destino mi stesse preparando a queste scoperte, dato che la chimica, soprattutto quella organica, era una mia grande passione. In seguito, grazie a mio padre che mi regalò il libro di un esploratore avventuriero, iniziai a interessarmi a un decotto utilizzato da una tribù di cannibali che vivevano nel bacino dell’Orinoco. Questo mio interesse mi indusse dapprima a partecipare a una spedizione nel Putumayo1 e, successivamente, a compiere i miei esperimenti con l’armalina che, in compagnia di Michael Harner, nel 1966 presentai alla Società Antropologica Kroeber, con sede a Berkeley, e più tardi raccolsi in questo libro. Spinto dall’interesse per le visioni riportate dai soggetti sperimentali di uno studio comparativo con armalina e mescali1. Il resoconto dettagliato di questa spedizione si trova nel libro Ayahuasca – Il rampicante del fiume celeste (Spazio Interiore 2014).

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na, condotto a Santiago del Cile, e grazie all’incontro casuale o provvidenziale con Irineo Rosier – un missionario che aveva vissuto nel Congo – iniziai a ricercare una sostanza africana che probabilmente negli effetti era simile all’armalina: l’ibogaina. Iniziai a studiare l’ibogaina e condivisi i miei risultati col mondo scientifico in occasione della prima conferenza sull’lsd, organizzata a San Francisco nel 1968, dall’Università della California. In questo libro ho incluso una versione alternativa di quelle sessioni individuali condotte con soggetti volontari, sottolineandone l’aspetto terapeutico. I miei studi sull’mda furono ispirati dalle osservazioni di Gordon Alles, lo scopritore dell’anfetamina, che l’aveva testata su di sé come possibile dilatatore capillare e aveva annotato nei suoi appunti che gli aveva prodotto una grande loquacità e la visione di un anello di fumo, nonostante nessuno stesse fumando. Shulgin mi disse che, data la sua somiglianza con la mescalina, l’mda meritava di essere sperimentata. Così iniziai a investigarla, prima facendone esperienza personalmente e, dopo alcune sessioni con colleghi degli Stati Uniti, con pazienti della clinica psichiatrica dell’Università del Cile. Fu nel corso di quella sperimentazione che si fece notare l’effetto così comune dell’mda, di permettere il ricordo di situazioni traumatiche infantili dimenticate, con risultati straordinariamente curativi. Per lo stesso scopo si utilizza ora l’mdma, un derivato dell’mda che produce effetti molto simili a quest’ultima, senza l’inconveniente della tossicità che l’mda ha per alcuni. L’mmda è stata una delle molte feniletilamine e fenilisopropilamine che ho investigato nel periodo in cui il mio lavoro all’Università del Cile mi permise di realizzare una ricerca, mediante test clinici, sugli effetti delle sostanze che in quei tempi aveva sintetizzato Sasha Shulgin, con il quale Toni Sargent e io avevamo stabilito informalmente un’associazione per pubblicare articoli in riviste scientifiche.

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L’mmda suscitò il mio interesse perché – a differenza di mda e mdma – porta in maggior misura a fare esperienza della coscienza del presente rispetto agli stati di regressione. Per questa ragione, così come per la sua utilità nel lavoro sui sogni, è una sostanza molto utile per la terapia Gestalt. Al giorno d’oggi si parla molto di ayahuasca, iboga e mdma, ma sembra che l’mmda non sia in circolazione, forse per il costo della sua elaborazione e la scarsa conoscenza diretta dei suoi effetti. Sono tuttavia convinto che in futuro verrà ampiamente riscoperta, in modo simile a come la comunità psichedelica e quella scientifica hanno poi confermato la grande utilità delle altre sostanze che ho condiviso con il mondo in questo mio libro degli anni ’60.2 Alla richiesta dei miei editori di scrivere una prefazione a questa edizione italiana ho voluto rispondere con qualcosa di autobiografico, così da bilanciare il carattere impersonale con cui ho scritto questo libro, nascondendo la mia voce individuale in un implicito o esplicito “noi”, affinché il lettore, sentendo che dico solo cose già riconosciute, le accetti più facilmente di quanto non farebbe se presentassi le mie scoperte come novità. Si è trattato di un piccolo trucco, messo al servizio di una maggiore apertura verso gli psichedelici che stavo presentando, e continua a sembrarmi un peccato perdonabile l’aver sacrificato la mia vanità al bene comune. Ma ormai è passato abbastanza tempo e posso dire le cose come stanno, ora che siamo all’alba di un’epoca che inizia a riconoscere la criminalità implicita della “guerra alla droga”. Per un certo tempo mi era parso che questo libro non fosse servito a molto, dato che non si era realizzata la mia speranza che, nonostante il tabù legato agli psichedelici classici, il mondo riconoscesse il valore terapeutico delle nuove sostanze che ho 2. L’opera fu pubblicata da Pantheon Books nel 1973 con il titolo The

Healing Journey. New Approaches to Consciousness.

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avuto il compito di presentare al mondo. Conservo tuttavia la speranza che, al giorno d’oggi, questi miei resoconti degli anni ’60 siano utili sia ai ricercatori che ai futuri psicoterapeuti che intendano specializzarsi nella psicoterapia assistita da psichedelici. Spero che con l’indebolimento dello spirito repressivo del nostro agonizzante impero patriarcale non tardi a nascere questo importante ramo della psicoterapia, portando avanti la funzione che ha avuto in altri tempi lo sciamanesimo.

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prefazione di Stanislav Grof

Con la crescente conoscenza della natura e delle dinamiche dei disturbi emotivi e psicosomatici, è diventato sempre più evidente il fatto che non si scoprirà una loro cura istantanea nella forma di un nuovo tranquillante miracoloso o di un agente antidepressivo. Questi disturbi affondano le loro radici nelle profondità dell’inconscio dei pazienti, e la loro guarigione richiede una psicoterapia intensiva che possa risalire alla fonte originale di queste problematiche. Studi statistici indicano che i disturbi emotivi mostrano un aumento continuo nella maggior parte dei paesi del mondo. Questo fatto presenta un serio dilemma dal punto di vista di una loro efficace terapia e prevenzione. Una psicoterapia sistematica, come la psicoanalisi o altre forme con approccio analitico, sono procedure che richiedono molto tempo. Dal punto di vista finanziario sono accessibili solo a una piccola percentuale di pazienti, e anche se questo problema venisse risolto, bisognerebbe aumentare notevolmente il numero di psichiatri e psicologi per soddisfare la domanda di questi trattamenti specializzati. Risulta quindi comprensibile che, date le circostanze, si sia investito molto nello sviluppo di metodi che possano intensificare e abbreviare il processo psicoterapeutico. Tuttavia, nessuno degli approcci sviluppati in passato ha soddisfatto i requisiti necessari per una psicoterapia rapida ed efficace.

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Negli ultimi decenni, due correnti relativamente indipendenti di sperimentazione e ricerca sembrano aver prodotto risultati promettenti. La prima riguarda l’uso di agenti chimici come supporto alla psicoterapia. Dopo le prime sperimentazioni deludenti con la narcoanalisi, usando Pentothal e Amobarbital, questa via ha raggiunto un vero rinascimento dopo la scoperta dell’lsd e di altri psichedelici. La seconda importante innovazione riguarda lo sviluppo di nuove tecniche psicoterapeutiche esperienziali, come i training-group, la Gestalt di Fritz Perls, la bioenergetica di Alexander Lowen, la terapia Radix di Charles Kelley, le sessioni maratona, l’immaginazione guidata affettiva di Hanscarl Leuner e altre ancora. Claudio Naranjo è uno dei migliori rappresentanti di entrambe queste correnti, e la sua sintesi fra psicoterapia assistita da psichedelici e nuove tecniche esperienziali sembra offrire un approccio interessante al problema della rapidità della terapia. Per molti anni ha lavorato con l’Esalen Institute a Big Sur, in California, che è stata la culla di molte nuove tecniche sperimentali. Lì ha organizzato seminari nei fine settimana e laboratori sperimentali, e ha instaurato ottimi rapporti di scambio di informazioni con gli insegnati dell’istituto e i professori ospiti, molti dei quali erano pionieri di nuove tecniche psicoterapeutiche. Come allievo diretto di Fritz Perls, Claudio sapeva usare al meglio la terapia della Gestalt, che ha sfruttato con successo nel suo lavoro, e ha portato contributi originali alla sua teoria e alla sua pratica. La sua attività non si è limitata alla California, ma è ben conosciuto per le sue conferenze e i suoi seminari in molti centri di crescita in tutti gli Stati Uniti. L’esperienza di Claudio Naranjo con le sostanze psicoattive è ancora più notevole del suo lavoro con le tecniche psicoterapeutiche. Negli anni, ha fatto esperimenti con più di trenta composti, soprattutto psichedelici e derivati delle anfetamine, come supporto alla psicoterapia. Ha effettuato uno speciale

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viaggio in canoa risalendo il Rio delle Amazzoni per entrare in connessione con gli indigeni sudamericani e studiare il loro uso dell’ayahuasca o yagé, una bevanda allucinogena ottenuta dalla liana psicoattiva Banisteriopsis caapi combinata con altre piante psicoattive. Dal viaggio ha portato campioni degli ingredienti di questa bevanda psichedelica e ha pubblicato la prima descrizione scientifica degli effetti dei suoi principali alcaloidi attivi. Nonostante abbia lavorato con tutti gli psichedelici classici, ha apportato un contributo unico nel campo delle sostanze psicoattive nuove o meno conosciute. Negli ultimi anni, Claudio ha vissuto tra gli Stati Uniti e il suo Cile, un paese che impone meno restrizioni sulla ricerca sulle droghe. Questo gli ha permesso di sperimentare nuovi composti, sconosciuti ai professionisti negli Stati Uniti. Con varie di queste sostanze ha portato avanti lavori pionieristici, e ha pubblicato i primi resoconti scientifici sui loro effetti. In un tempo in cui la sperimentazione con gli psichedelici viene effettuata soprattutto da adolescenti e persone comuni, e i professionisti di salute mentale basano le loro opinioni sui titoli sensazionalistici dei giornali, Claudio è stato capace di portare avanti una ricerca psichiatrica seria e altamente qualificata. Oltre a essere uno dei pochi professionisti a lavorare regolarmente in questo campo, è stato capace di apportare contributi scientifici importanti e originali. Per via della sua grande esperienza con varie sostanze psichedeliche, ha raccolto sufficienti prove sperimentali per poter tracciare gli inizi di una tassonomia degli stati non ordinari di coscienza. Anche se in questo campo serve ancora molto lavoro sperimentale, Claudio sembra aver posto le fondamenta per una psicoterapia assistita da psichedelici di tipo specifico e selettivo. In futuro sarà forse possibile scegliere da un gruppo di medicine psichedeliche disponibili la sostanza che meglio si adatta agli specifici problemi del paziente, e combinarne gli effetti con la tecnica psicoterapeutica

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più appropriata. La possibilità di un tale approccio selettivo risulta evidente dalla descrizione degli specifici effetti delle varie sostanze descritte in questo libro. Ciò viene inoltre illustrato chiaramente dalle esperienze cliniche presentate. Il contributo più importante del lavoro sperimentale di Claudio Naranjo è probabilmente la sua ricerca su nuove sostanze psicoattive, diverse dagli psichedelici classici. Sembra che sia più semplice lavorare con questi composti, dato che non hanno effetti profondi di disorganizzazione della psiche, come invece può avvenire con l’lsd, la mescalina e la psilocibina. Lo stato indotto da queste sostanze può essere sfruttato per analisi profonde, ma sono molto più facilmente gestibili sia dal paziente che dal terapista. Per questo motivo, Claudio non le include automaticamente nella vecchia categoria degli allucinogeni o psichedelici, ma ha coniato per loro nuovi termini specifici come “amplificatori di sensazioni” (feeling enhancers) e “amplificatori di fantasie” (fantasy enhancers). Una descrizione di tutti i contributi positivi di questo libro non sarebbe completa senza parlare della profonda conoscenza che Claudio ha degli antichi sistemi religiosi. Questa conoscenza lo ha aiutato a creare un ponte tra la saggezza antica e la scienza moderna, e in quello che sembrava un conflitto inconciliabile tra la psicoterapia dinamica e l’assistenza spirituale. La riformulazione moderna del concetto di potenziale curativo di agonia ed estasi, e l’esposizione delle relazioni presenti fra crescita emotiva in psicoterapia e crescita spirituale sotto la guida di un maestro spirituale, sono fra le parti più interessanti del suo libro. La ricchezza dei casi clinici che mostrano gli effetti di queste sostanze, così come le varie tecniche usate per gestire situazioni terapeutiche difficili, aggiungono una dimensione molto interessante a questo testo. Tali osservazioni sembrano avere un valore che va oltre gli effetti farmacologici delle droghe con

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cui ha lavorato Claudio, e rendono questa pubblicazione un manuale pratico di psicoterapia avanzata. Viaggio di guarigione è un tesoro di informazioni emozionanti e stimolanti che riguardano questa ricerca pionieristica. È un testo fondamentale per chi studia seriamente la coscienza e la psiche umana, ed è interessato alle innovazioni in psicoterapia, psicofarmacologia, psichiatria sperimentale e psicologia delle religioni. Grazie alla sua insolita chiarezza, sarà uno strumento indispensabile anche per i non professionisti che cercano informazioni affidabili in questi campi. Stanislav Grof Ottobre 1970

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Capitolo 1

il potenziale curativo di agonia ed estasi: le sostanze psicoattive nella psicoterapia

Da sempre sappiamo di un nesso tra stati alterati di coscienza e cambiamenti di personalità. Gli sciamani di molte zone provocano stati di trance per guarire; i mistici spesso vivono esperienze “visionarie” durante la loro “conversione”; i pazienti nelle fasi più avanzate della psicoanalisi a volte hanno allucinazioni o mostrano altri sintomi psicotici temporanei. L’uso deliberato di stati di alterazione della coscienza nel processo terapeutico ricade nell’ambito dell’ipnoterapia e dell’uso di sostanze psicotrope. Di recente è aumentato l’interesse per la nozione di “disintegrazione positiva” (Dabrowski) e per il valore dell’esperienza psicotica, quando ben integrata, essendo l’uso delle sostanze il metodo che ha più vasta applicabilità. Le prime sostanze ampiamente usate a scopo terapeutico sono state i barbiturici e le anfetamine. Un barbiturico somministrato per via endovenosa, usato per la prima volta da Laignel-Lavastine (1924) per “rivelare l’inconscio”, in seguito è diventato la base di metodi come la narcoanalisi (proposta da J.S. Horsley nel 1936), la narcosintesi (Grinker) e altri. Il primo uso di uno stimolante del sistema nervoso centrale in psicoterapia sembra risalire allo “shock da anfetamina” di J.

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Delay, seguito dalla “weckanalisi”3 di Jantz. Prima di loro Myerson (1939) aveva descritto l’uso di benzedrina in endovena associata all’amobarbital, ma l’interesse per questo metodo crebbe soprattutto negli anni ’50, quando si iniziarono a usare più di frequente le anfetamine per via endovenosa. Dopo stimolanti e sedativi, ci si interessò agli allucinogeni come facilitatori della psicoterapia. Gli esperimenti clinici di Federking (1947) con dosaggi piccoli o medi di mescalina furono seguiti da quelli di Abramson, che consigliava una dose minima di lsd-25 durante il trattamento psicoanalitico per raggiungere uno stato mentale alterato, e quello di Sandison, che portò un approccio junghiano al processo. Negli anni successivi non solo entrarono in campo sostanze qualitativamente simili (psilocibina e altre triptamine), ma anche modi diversi di avvicinarsi allo stato mentale da esse indotto. In campo non medico, molti furono colpiti dal valore intrinsecamente spirituale dell’“esperienza psichedelica”, più che dall’uso terapeutico delle sostanze. Aldous Huxley, in particolare, ebbe una certa influenza nell’attirare l’attenzione sugli aspetti religiosi ed estetici delle sostanze psicoattive. Altri collegarono tali stati al tema del cambiamento di comportamento, anzi, li videro come la chiave per raggiungerlo, mettendo a punto delle procedure per massimizzare la possibilità di ottenere esperienze di picco. Questo, per esempio, è stato l’approccio terapeutico adottato da Hoffer e Osmond nel Saskatchewan nei confronti di pazienti alcolisti, e anche quello utilizzato dal gruppo di Harvard per progetti di riabilitazione in una prigione del Massachusetts. Le sostanze di cui mi occupo in questo libro sono solo alcune tra quelle scoperte e riscoperte in anni recenti: l’impressione è che siamo solo all’inizio del processo che porta all’induzione 3. Nella “weckanalisi” venivano utilizzati composti anfetaminici come aiuto per l’indagine psichiatrica. [N.d.T.]

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di stati di coscienza non ordinari. D’altra parte, le sostanze che già conosciamo – stimolanti, sedativi, allucinogeni e quelle descritte nei capitoli successivi – ci dicono che non c’è un unico stato mentale che può aiutare l’esplorazione psicologica o l’interazione terapeutica: ogni sequenza di alterazioni indotte artificialmente nello schema della personalità di un individuo può contribuire a interrompere circoli viziosi nella psiche, facendo emergere dimensioni emotive o mentali sconosciute, o facilitando esperienze compensative in cui le funzioni meno sviluppate vengono temporaneamente stimolate, mentre quelle eccessivamente sviluppate vengono inibite. Le quattro sostanze di cui tratta questo libro, sia dal punto di vista chimico che da quello dei loro effetti soggettivi, possono essere divise in due gruppi. Il gruppo delle fenilisopropilamine, che comprende l’mda e l’mmda, è caratterizzato soprattutto da effetti di potenziamento delle sensazioni: l’attenzione si acuisce e la fluidità nei collegamenti comunicativi aumenta. L’altro gruppo, quello degli indoli policiclici (ibogaina, armalina), potrebbe essere benissimo chiamato, per via dei suoi effetti, “oneirofrenico”, il termine che consiglia Turner per gli alcaloidi armalinici. Il loro effetto sulla maggior parte dei soggetti è quello di incrementare la visione di sequenze oniriche vivide, che possono essere contemplate da svegli chiudendo gli occhi, senza perdere il controllo sull’ambiente esterno e senza alterazioni nel pensiero. Ciò che rende le sostanze di entrambi i gruppi utili per la psicoterapia è il fatto che facilitano l’accesso a processi, sensazioni o pensieri che altrimenti resterebbero inconsci; una qualità che è giusto chiamare “psichedelica” nel senso usato da Osmond, ossia di “rivelazione della mente”. Queste sostanze non provocano i fenomeni percettivi, di spersonalizzazione o di cambiamento nel pensiero caratteristici degli allucinogeni, ma con essi hanno in comune l’intensificazione della consapevolezza, quindi potremmo chiamarli psichedelici non psicotomimetici.

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Ci sono chiare differenze non solo tra i vari tipi di sostanze psicotrope, ma anche tra le caratteristiche individuali degli effetti di ognuna e tra i vari sintomi che possono indurre. In alcuni casi può essere difficile trovare differenze tra le diverse possibili reazioni alla stessa sostanza, mentre in altri si può scoprire che ciò che sembrerebbe essere molto diverso è solo una differente rappresentazione dello stesso processo. Proprio come la perdita dell’ego causata dall’lsd può essere vissuta sia come un’estasi nell’unità del Tutto che come un disperato attaccamento a un’esile identità, paura del caos e della pazzia, così anche l’aumento di realistica consapevolezza del presente causata dall’mmda può essere vissuta sia come serena soddisfazione che come ansia straziante, vergogna e senso di colpa per chi non è pronto ad affrontare quel momento. Ogni sostanza induce più di due sintomi tipici che, a seconda anche dei tipi di personalità coinvolte, dovranno essere affrontati in maniera differente per ottenere risultati psicoterapeutici ottimali. Inoltre, l’atteggiamento del terapista nei riguardi della situazione dipenderà anche da come interpreterà i contrasti sopra elencati. In quei momenti si manifestano polarità piacere/dolore, come anche di integrazione/disgregazione della personalità, ed è di questo che voglio occuparmi nelle prossime pagine.

Esperienza di picco contro aumento della patologia Apparentemente tutte le sostanze psicoattive, dai barbiturici all’ibogaina, possono indurre stati mentali piacevoli o spiacevoli, stati che sembrano più desiderabili di quelli ordinari e stati che non solo causano sofferenza, ma non permettono al soggetto di pensare in modo chiaro, di compiere azioni appropriate o di avere una percezione precisa della realtà. Huxley ha prova-

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to a descrivere la sensazione “paradiso e inferno” caratteristica della mescalina con parole che sono diventate di uso comune a chi conosce gli effetti di allucinogeni come l’lsd. Però ci sono tanti “paradisi e inferni” quante sono le sostanze. La reazione di un individuo in un continuum può in parte dipendere dalla sua costituzione. Sheldon ha infatti sottolineato che il sematotonico, attivo e potente, tende a reagire all’alcol diventando ancora più attivo e aggressivo; il viscerotonico, più socievole, diventerà ancora più emotivo ed estroverso; infine, l’introverso cerebrotonico sarà più riservato e razionale.4 Eppure, qualunque siano i tratti della personalità che predispongono il soggetto a reagire in un certo modo a una data sostanza psicoattiva, è piuttosto chiaro che le sostanze di cui si parla in questo libro possono indurre in un individuo reazioni differenti da seduta a seduta, o anche in momenti diversi di una stessa seduta. Per di più, sembra certo che la sollecitazione di esperienze “paradisiache” o “infernali” dipenda molto dall’atteggiamento dell’individuo in quel momento, dall’ambiente, dal rapporto con il terapista e dalle ingerenze di quest’ultimo durante la sessione. E dato che tali variabili permettono in parte di scegliere un’esperienza rispetto a un’altra, è opportuno capire il loro valore nella psicoterapia. Prima di tutto, qual è la natura di queste esperienze: sono “positive” o “negative”? E cos’è che le rende piacevoli o sgradevoli? La gamma delle esperienze di picco, tanto nella vita ordinaria quanto nelle condizioni indotte da sostanze psicoattive, comprende una varietà di stati che, direi, hanno in comune il fatto di essere momenti in cui si scoprono o si individuano valori intrinseci. Usiamo la parola “valore” in molti modi diversi. Tuttavia, i modi in cui utilizziamo tale termine, più che designare diversi 4. Somatotipi diversi secondo la classificazione biotipologica di Sheldon. [N.d.T.]

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