Protezione civile

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PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE

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INTRODUZIONE Con "Protezione Civile" si intendono tutte le strutture e le attività messe in campo dallo Stato per tutelare l'integrità dell‘uomo, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente, dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi. Con la legge del 24 febbraio 1992, n.225 l'Italia ha organizzato la Protezione Civile come "Servizio nazionale", coordinato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composto, come dice il primo articolo della legge, dalle Amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dagli Enti Pubblici Nazionali e Territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale. Al coordinamento del Servizio Nazionale e alla promozione delle attività di Protezione Civile, provvede il Presidente del Consiglio dei Ministri attraverso il Dipartimento della Protezione Civile.

LA STORIA Nel corso degli anni, con leggi sempre più specifiche, la Protezione Civile si svincola dal concetto di Difesa Civile, che ha come presupposto non una calamità naturale, ma bensì un evento bellicoso o parabellico (attualmente le strutture organizzative di Difesa Civile sussistono a livello di gruppi di staff al Ministero della Difesa e degli Interni, e con possibili funzioni operative preassegnate al Corpo Militare della Croce Rossa Italiana ed ad altre componenti del Sistema di Protezione Civile). Con la legge 473/1925 il soccorso alle popolazioni colpite da eventi calamitosi viene delegato al Ministro dei Lavori Pubblici ed al suo braccio operativo rappresentato dal Genio Civile, con il concorso delle strutture sanitarie. Negli anni 1950, 1962 e 1967 vengono inefficacemente presentati progetti di legge specifici.

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La prima vera svolta si ha nel 1970; infatti, viene emanata la Legge 996/70 che ha per titolo ―Norme sul soccorso e l‘assistenza alle popolazioni colpite da calamità‖. Si hanno, così, per la prima volta, disposizioni di carattere generale che prevedono un‘articolata organizzazione di Protezione Civile. Rovinosi terremoti avevano colpito e devastato nel 1976 il Friuli e nel 1980 vaste zone della Campania e della Basilicata. In tali occasioni il governo, per far fronte all‘emergenza, nominò un Commissario Straordinario, Giuseppe Zamberletti, come previsto dalla legge 996/70. Zamberletti viene giustamente considerato come il "padre fondatore" dell'attuale Sistema della Protezione Civile italiana, e la sua intensa opera organizzativa e di supporto politico alla nascita di un moderno apparato di Protezione Civile nel nostro paese non deve mai essere dimenticato. Con il D.L. n°57 del 22 febbraio 1982, convertito nella legge 187/82, Zamberletti viene nominato Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile, che nella sua attività si avvarrà del Dipartimento della Protezione Civile, istituito con DPCM del 22 giugno 1982. La Legge 24 febbraio 1992 n. 225 costituisce una pietra miliare nella storia della Protezione Civile Italiana. Dopo 22 anni dalla Legge n° 996 del 1970 nasce il ―Servizio Nazionale della Protezione Civile‖ con la cui istituzione,la struttura di P.C. del paese subisce una profonda riorganizzazione, realizzando molte delle anticipazioni di Zamberletti e dei suoi tecnici. Con il Decreto Legislativo n° 112 del 31 marzo 1998 vengono ridefinite, suddivise per ambiti di intervento, le attività e le funzioni che in vari campi sono mantenute dallo Stato ed attribuite alle Regioni ed alle Amministrazioni Provinciali. A seguito del trasferimento di funzioni disposto con tale Decreto legislativo,( che prevede,fra l‘altro, che le funzioni in materia di volontariato siano ripartite fra Stato, Regioni e Comuni ),è stato pubblicato il D.P.R. n°194/2001, che abroga il n°613/94 e detta disposizioni in ordine alla partecipazione delle organizzazioni di volontariato di Protezione Civile, per quanto attiene alla sfera di competenza statale.

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Il ciclo si chiude con la riforma del titolo V° della Costituzione (L. costituzionale n°3/2001), che ha inserito la Protezione Civile fra le materie a legislazione concorrente.

LA STRUTTURA Nella maggioranza dei Paesi europei, la Protezione Civile è un compito assegnato ad una sola istituzione o a poche strutture pubbliche. In Italia, invece, è coinvolta in questa funzione tutta l'organizzazione dello Stato, centrale e periferica, l‘intero sistema degli Enti Locali, ed anche la società civile partecipa a pieno titolo al Servizio Nazionale della Protezione Civile, attraverso le organizzazioni di volontariato. Questo permette di garantire un livello di coordinamento centrale unito ad una forte flessibilità operativa sul territorio e un coinvolgimento esplicito degli Enti Locali che già gestiscono il territorio anche "in tempo di pace". La forte enfasi sul volontariato (formato, qualificato e inquadrato) permette inoltre di utilizzare nel comparto della Protezione Civile, in caso di necessità, molte risorse professionali e umane della società civile. A livello qualitativo, negli ultimi anni si è registrata una sempre maggiore crescita formativa e maggiori tipologie di equipaggiamento fornite in dotazione ai gruppi di Volontari; a livello quantitativo, in Italia si stimano in circa 300.000 i Volontari operativi di Protezione Civile, suddivisi ed organizzati in circa 2.500 gruppi distribuiti su tutto il territorio nazionale. L'organizzazione è quindi, nel suo complesso, orientata su principi di decentralizzazione territoriale e funzionamento "sistemico", fattori che ne aumentano la flessibilità operativa, l‘immediatezza degli interventi e l'adattabilità ai diversi ambiti territoriali proposti. L'organismo che coordina la Protezione Civile in Italia, come già detto, è il Dipartimento della Protezione Civile, alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri; ciò lo situa in una posizione "superiore" rispetto ai Dipartimenti direttamente dipendenti da un "semplice" Ministero, facilitando così il coordinamento delle risorse dello Stato - e di tutti gli altri Ministeri - in caso di emergenza.

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L'attuale Capo Dipartimento Nazionale è il medico Guido Bertolaso. Il Responsabile della Protezione Civile in un Comune è il Sindaco nella sua funzione di Autorità di Pubblica Sicurezza. I componenti effettivi del sistema di Protezione Civile sono: Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; Forze Armate; Forze di Polizia; Polizia Locale; Corpo Forestale dello Stato; Servizio Sanitario Nazionale; Croce Rossa Italiana; Servizi tecnici nazionali; Gruppi nazionali di ricerca scientifica; Istituto Nazionale di Geofisica; Corpo Nazionale Soccorso Alpino; Organizzazioni Regionali e Gruppi Regionali Volontari; Organizzazioni Provinciali e Gruppi Provinciali Volontari; Organizzazioni Comunali e Nuclei Comunali Volontari; Organizzazioni Umanitarie e di Volontariato (ONLUS). Il coordinamento di tali componenti avviene, ai vari livelli territoriali e funzionali, attraverso il cosiddetto "Metodo Augustus", che permette ai rappresentanti di ogni "funzione operativa" (Sanità, Volontariato, Telecomunicazioni, etc.) di interagire direttamente tra loro ai diversi "tavoli decisionali" e nelle sale operative dei vari livelli (COC, COM, DICOMAC, etc.), avviando così in tempo reale processi decisionali collaborativi. Con COC si intende il Centro Operativo Comunale (responsabile delle attività a livello di Comune); il COM è il Centro Operativo Misto, normalmente istituito a livello intercomunale o di Comunità Montana (si usa il termine CCS - Centro Coordinamento Soccorsi per i COM di livello provinciale, spesso coordinati dal Prefetto); la DICOMAC è la Direzione di Comando e Controllo, organo decisionale di |Pagina

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livello nazionale attivato nelle grandi calamità. Esistono, a livello intermedio tra COM/CCS e DICOMAC, Sale Operative Regionali (anche se la maggior parte delle funzioni di coordinamento diretto sul territorio sono svolte a livello COM/CCS). Ognuno di questi tipi di Centro, ai vari livelli, è solitamente costituito su una sezione "Strategia" (con i responsabili di funzione) ed una "Operativa" (con operatori e supporti logistici necessari per garantire i collegamenti, la continuità operativa, il supporto alle funzioni decisionali, etc.). Il Metodo Augustus (dal nome dell'Imperatore Augusto, che era il primo ad aver costituito "tavoli consultivi" tra i suoi collaboratori) ha già dimostrato la sua ottima funzionalità in occasione delle più recenti calamità che hanno colpito il nostro paese. Il Servizio Nazionale della Protezione Civile è un sistema fondato sul principio di sussidiarietà cioè integrato alle esigenze dei cittadini. Il primo responsabile della Protezione Civile in ogni Comune è il Sindaco, che organizza le risorse comunali secondo piani prestabiliti per fronteggiare i rischi specifici del suo territorio. Quando si verifica un evento calamitoso, il Servizio Nazionale della Protezione Civile è in grado, in tempi brevissimi, di definire la portata dell'evento e valutare se le risorse locali siano sufficienti a farvi fronte. In caso contrario si mobilitano immediatamente i livelli provinciali, regionali e, nelle situazioni più gravi, anche il livello nazionale, integrando le forze disponibili in loco con gli uomini e i mezzi necessari. Ma soprattutto si identificano da subito le autorità che devono assumere la direzione delle operazioni: è infatti evidente che una situazione di emergenza richiede in primo luogo che sia chiaro chi decide, chi sceglie, chi si assume la responsabilità degli interventi da mettere in atto. Nei casi di emergenza nazionale questo ruolo compete al Dipartimento della Protezione Civile, mentre la responsabilità politica è assunta direttamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

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IL DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE Il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri è il braccio operativo del Presidente del Consiglio, quando si tratta di affrontare i problemi della tutela delle persone e dei beni del Paese, sottoposti a particolari minacce e pericoli che derivano da condizione di rischio naturale o ambientale. Il Dipartimento, oggi organizzato in 8 uffici generali e 43 servizi, costituisce il fulcro del servizio nazionale della Protezione Civile, con compiti di promozione e coordinamento dell'intero sistema; di intervento diretto in caso di calamità nazionali; di definizione di procedure di intervento ed azione comuni a tutto il sistema; di orientamento della legislazione relativa alla prevenzione dei rischi; di sostegno alle strutture periferiche del sistema, specie le più deboli e meno dotate di risorse proprie; di promozione e sostegno alle attività di formazione e alla crescita dell'associazionismo di Protezione Civile; di informazione dell'opinione pubblica e di promozione della cultura della Protezione Civile specie nei confronti delle giovani generazioni; di regia nella costruzione e nella gestione delle reti informative indispensabili per la prevenzione dei rischi; di produzione e gestione delle normative eccezionali e derogatorie le ordinanze - indispensabili per accelerare gli interventi di emergenza e far fronte alle calamità, al fine di ridurre al minimo il danno alle persone e alle cose. La specializzazione del personale del Dipartimento nell'area del governo delle emergenze, sia sotto il profilo amministrativo che tecnico-operativo, ha portato il Governo a richiederne l'intervento in tutte le situazioni, anche atipiche, in cui siano necessari capacità organizzativa e gestionale di operazioni complesse, il coordinamento efficace ed autorevole di numerose amministrazioni ed istituzioni, come nel caso dei "grandi eventi" o, più di recente, nell'affrontare i rischi nuovi che si presentano all'Italia dal versante del terrorismo internazionale, o da quello della diffusione di pericolose epidemie. Il Dipartimento della Protezione Civile garantisce e coordina sul territorio nazionale, attraverso l‘Ufficio Gestione delle Emergenze – COAU (Centro Operativo Aereo Unificato), anche le attività di spegnimento degli incendi boschivi con la flotta aerea |Pagina

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antincendio dello Stato, assicurandone l'efficacia operativa in coordinamento con le Regioni. Le Regioni inviano al Dipartimento (COAU) l‘elenco degli obiettivi prioritari da difendere, per consentire allo stesso di definire il più opportuno schieramento e, sul piano tattico, stabilire le priorità di invio dei mezzi aerei. Il Dipartimento della Protezione Civile definisce in particolare le procedure operative concernenti: - la richiesta, da parte delle Regioni, per il tramite delle Sale Operative Unificate Permanenti (SOUP/COR), del concorso della flotta aerea dello Stato; - gli elementi di principio per l‘assegnazione di vettori e la condotta delle operazioni di spegnimento da parte del COAU.

La Protezione Civile si avvale dei Volontari Antincendi Boschivi (A.I.B.) che dispone di mezzi aerei ad ala fissa o rotante, messi a disposizione dallo Stato e dalle Regioni, la cui gestione, pur nella totale autonomia, deve ispirarsi a principi e procedure che consentano di ottenere la massima efficacia. I mezzi aerei che fanno parte della flotta dello Stato (caratteristiche in All. ―A‖) sono gli aeromobili: - di proprietà del Dipartimento (ed affidati in gestione a Società di lavoro aereo); - appartenenti ad altre Amministrazioni dello Stato quali, l‘Esercito Italiano, la Marina Militare, l‘Aeronautica Militare, il Corpo Forestale dello Stato ed il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, assegnati temporaneamente al Dipartimento o appositamente noleggiati . I mezzi aerei di proprietà dello Stato, sia civili che militari, operanti per la gestione degli incendi boschivi sono velivoli di Stato. I mezzi aerei noleggiati dal Dipartimento al fine di contrastare il fenomeno degli incendi boschivi sono assimilati a velivoli di Stato.

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Lo schieramento base della flotta dello Stato sul territorio è stabilito in ragione dei seguenti elementi: - obiettivi prioritari da difendere; - numero di vettori disponibili; - caratteristiche degli aeromobili e delle linee di supporto logistico-tecnico; - indicatori statistici ed indice stagionale di pericolo incendi sul territorio nazionale; - caratteristiche orografiche del territorio da proteggere e le capacità territoriali nell‘affrontare il rischio incendi boschivi. Per obiettivi prioritari da difendere (anche indicati dalle Regioni) si intendono quelli risultanti dal livello di protezione del territorio, in relazione al suo valore ambientale, e/o alla presenza di aree urbanizzate che richiedono il primario impegno di salvaguardia della vita umana. La flotta A.I.B. dello Stato è impiegata a favore delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano, che ne facciano richiesta al COAU attraverso le competenti SOUP/COR. Nella lotta attiva agli incendi boschivi taluni velivoli potranno essere impiegati anche con funzioni di ricognizione, sorveglianza e/o comando e controllo nei casi in cui la situazione e l‘entità dell‘incendio dovesse richiederlo. Nell‘ambito della propria competenza, ogni Regione che utilizzi propri aeromobili per la lotta A.I.B. dovrà, tenendo conto delle loro limitate capacità, far sì che gli stessi interagiscano con i mezzi aerei resi disponibili dallo Stato. Allo scopo di consentire al Dipartimento una corretta pianificazione, tutte le Regioni dovranno fornire, prima dell‘inizio di ogni campagna antincendio, le necessarie informazioni in ordine al proprio dispositivo aereo previsto nel piano A.I.B. attraverso un documento che illustri in particolare i seguenti elementi: • numero e tipologie di aeromobili disponibili; • decorrenza e durata dei contratti di noleggio dei mezzi (periodo di disponibilità); • dislocazione logistica dei mezzi in fase operativa e prontezza operativa quotidiana; • compiti assegnati (ricognizione, avvistamento, trasporto personale, ecc.); |Pagina

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• ogni altra informazione ritenuta significativa. Ogni mezzo aereo opererà sotto il controllo della rispettiva SOUP/COR regionale e, nell‘area dell‘incendio, sotto la direzione tattica del Coordinatore delle operazioni a terra.

IL NUOVO ORGANIGRAMMA DEL DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE

Decreto PCM 12 dicembre 2001 pubblicato nella G.U. del 20 dicembre 2001

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L'ATTIVITÀ DEL DIPARTIMENTO

Sin dalla sua istituzione, il Dipartimento della Protezione Civile si è occupato di gestione del rischio idrogeologico, uno dei principali rischi che affligge il Paese. Le calamità che hanno colpito il territorio nazionale hanno insegnato che, per proteggere in modo efficiente la vita dei cittadini e l‘integrità delle infrastrutture, occorre prefigurare gli eventi possibili in un‘area, individuando quali potrebbero essere i danni e le attività da porre in essere prima, durante e dopo un‘emergenza: proprio per questo motivo le attività di previsione e prevenzione hanno acquisito maggiore rilievo rispetto a quanto avveniva in un pur recente passato. Le attività di previsione e prevenzione si basano su un collegamento sempre più stretto tra Protezione Civile ed il mondo della ricerca scientifica, con nuovi sistemi tecnologici di raccolta ed elaborazione delle informazioni, con centri di elaborazione dei dati in grado di segnalare con il massimo anticipo possibile le probabilità che si verifichino eventi catastrofici, con l‘elaborazione di sofisticate ed efficienti cartografie di rischio, con la promozione di strumenti normativi e tecnici finalizzati alla prevenzione ed mitigazione dei danni. I Centri funzionali, il piano radar, il monitoraggio idropluviometrico, le reti di trasmissione dei dati, che di seguito vengono sommariamente presentati, sono solo alcuni degli strumenti che la Protezione Civile sta mettendo in campo al fine di meglio assolvere ai propri compiti istituzionali.

I COMPITI Si pensa spesso che la Protezione Civile si limiti ad intervenire in caso di disastri e calamità per portare soccorso ma questa affermazione non è del tutto esatta in quanto la gran parte delle attività è destinata anche alla previsione e prevenzione degli eventi calamitosi. La Legge n°225/92,infatti, prevede espressamente che le competenze della Protezione Civile si articolino in maniera complessa non solo nella semplice "gestione del post-emergenza", ma in una serie integrata di attività che coprono tutte le | P a g i n a 10


fasi del "prima e del dopo", secondo i quattro versanti della Previsione - Prevenzione - Soccorso - Ripristino. Gli studi, le ricerche, la formazione rivolta agli addetti del sistema (professionisti e volontari), l‘attività di informazione rivolta alla popolazione, la pianificazione della risposta all‘emergenza e le attività di esercitazione costituiscono la gran parte del lavoro della Protezione Civile. Comunque, il nucleo centrale dell'attività di Protezione Civile rimane tradizionalmente costituito dalla "gestione dell'emergenza", e cioè dai cosiddetti compiti di assistenza e soccorso delle popolazioni colpite da calamità, anche se queste attività "eclatanti" e di alta visibilità sono solo la punta dell'iceberg del lavoro di Protezione Civile. Quando un Ente Locale chiede e ottiene dal Governo la dichiarazione dello stato di emergenza (ovvero, si riscontra una situazione in cui le capacità di risposta dell'Ente stesso non sono in grado di far fronte ai problemi che si sono presentati, e quindi bisogna ricorrere alle risorse proprie dell'ordinamento territoriale superiore), chi gestisce i fondi per l'emergenza può agire in deroga alle normative comunitarie e alla legge italiana in materia d'appalto, oltre ad avere la possibilità di emettere ordinanze straordinarie (sempre rispettando i principi generali dell'ordinamento giuridico). Per cause di forza maggiore (l'urgenza dell'intervento) viene sospesa la procedura di aggiudicazione delle opere pubbliche mediante gara d'appalto che ha tempistiche lunghe; chi gestisce i fondi può affidare i lavori a ditte scelte a sua discrezione. Queste facoltà si possono però esercitare solo nel caso delle cosiddette "Emergenze di Tipo C", che sono le più gravi (il Tipo A si riferisce alle emergenze locali, gestibili su scala comunale; quelle di Tipo B alle emergenze che richiedono una risposta e risorse su scala provinciale o regionale; quelle di Tipo C alle emergenze di rilievo nazionale, per estensione e/o gravità). La dichiarazione dello stato d'emergenza comporta solitamente anche lo stanziamento di fondi speciali da parte del Governo che vengono gestiti, fra gli altri soggetti, in gran parte dalla Protezione Civile.

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LE ATTIVITA' DEL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE:

Le emergenze E' fondamentale che la Protezione Civile sia una "macchina di intervento in emergenza" bene organizzata, in grado di ridurre al minimo il tempo che intercorre tra un evento calamitoso e i primi soccorsi e interventi. A questo obiettivo sono dedicati il lavoro di definizione dei "piani di emergenza", elaborati a livello nazionale e locale; il continuo aggiornamento delle procedure di emergenza, indispensabili per far sì che al momento del bisogno tutti coloro che devono intervenire sappiano già cosa fare e come farlo; lo scambio regolare di informazioni tra tutti i livelli del sistema; le attività di formazione del personale e le esercitazioni di tutte le componenti che intervengono nella Protezione Civile; il potenziamento dei mezzi tecnici a disposizione. Grazie a questo lavoro sistematico e all'iniziativa delle strutture decentrate soprattutto a livello regionale, negli ultimi anni gli interventi di Protezione Civile hanno visto i tempi medi del soccorso ridursi notevolmente proprio per la maggiore conoscenza delle azioni necessarie e le capacità di operare per ridurre il danno alle persone, alle cose, al patrimonio artistico e ai beni culturali e per i tempi del ripristino delle normali condizioni di vita nelle zone disastrate.

Previsione La storia delle grandi catastrofi che hanno colpito il nostro Paese negli ultimi decenni ci ha insegnato che, per proteggere con efficacia la vita dei cittadini e il patrimonio delle comunità, non bisogna puntare solo su soccorsi tempestivi, ma occorre dedicare energie e risorse importanti alla previsione e alla prevenzione delle calamità. L'attività di previsione è assicurata da un sistema di reti che collegano la Protezione Civile ai centri nazionali di ricerca scientifica, a sistemi tecnologici di raccolta ed elaborazione di informazioni sui diversi tipi di rischio e sulle condizioni che possono aumentare le | P a g i n a 12


probabilità di pericolo per la collettività, a centri di elaborazione delle informazioni in grado di segnalare con il massimo anticipo possibile le probabilità che si verifichino eventi catastrofici. Questo insieme di attività tecnico-scientifiche, che vanno dalla raccolta di informazioni del territorio, fino all‘ interpretazione dei dati raccolti, permette alla Protezione Civile di valutare le situazioni di possibile rischio, affinché venga attuato un possibile intervento con il massimo anticipo utile, e di fornire alle autorità preposte gli elementi necessari che possono apportare decisioni ragionate e tempestive. E' questo il lavoro continuo, poco visibile, ma di fondamentale importanza, dei nuclei di previsione della Protezione Civile, che si sta trasformando in una rete di "Centri funzionali" organizzati a livello nazionale e regionale. La conoscenza precisa e puntuale del territorio e dei possibili fenomeni all'origine delle catastrofi, l'utilizzo di reti tecnologicamente avanzate, la rete nazionale dei sismografi, i sofisticati sistemi di monitoraggio dell'attività dei vulcani, e delle migliori competenze scientifiche e professionali disponibili ha consentito alla Protezione Civile italiana di intervenire con tempestività e, quando possibile, con misure preventive come l'evacuazione delle aree a rischio. Un esempio recente di attività di previsione riguarda l'evacuazione preventiva delle aree a rischio per l‘ inondazione che ha colpito il Piemonte nel 2002 e che ha evitato che vi fossero delle vittime, mentre un analogo evento verificatosi solo due anni prima si era rivelato fatale per decine di persone.

Prevenzione La conoscenza del territorio e delle soglie di pericolo per i vari rischi costituisce la base, oltre che per le attività di previsione necessarie a rendere efficiente la macchina dei soccorsi, anche per individuare gli indirizzi e le linee dei vari tipi di interventi di prevenzione possibili. E' compito della Protezione Civile individuare e segnalare alle autorità competenti gli interventi utili a ridurre, entro soglie accettabili, la probabilità che si verifichino even| P a g i n a 13


ti disastrosi, o almeno a limitare il possibile danno; in questo contesto si inquadra la recente revisione della carta sismica nazionale. Come è noto, la scienza non è in grado, ad oggi, di prevedere il verificarsi di un terremoto. Tuttavia, sono disponibili informazioni rigorose e scientificamente verificate sulla diversa esposizione al rischio sismico delle aree del territorio nazionale, che permettono di individuare in quali comuni sia necessario ricorrere a tecniche edilizie idonee ad aumentare la resistenza dei manufatti in caso di terremoto, in modo da ridurre i crolli e soprattutto il numero delle possibili vittime. Oltre al rischio sismico, il sistema della Protezione Civile tiene sotto controllo in modo sempre più accurato i vari tipi di rischi idrogeologici, la mappa delle aree più soggette agli incendi boschivi, le aree dove più probabili sono i rischi legati all'alto livello di industrializzazione.

Le relazioni internazionali Il Dipartimento opera anche a livello internazionale, in accordo con le analoghe istituzioni di altri Paesi e nel quadro delle istituzioni internazionali a livello mondiale e soprattutto europeo, e partecipa ad interventi di Protezione Civile all'estero, che rappresentano un segno della solidarietà internazionale dell'Italia e della capacità operativa, tecnica ed umana degli uomini della nostra Protezione Civile. Il Dipartimento punta molto, oggi, anche allo sviluppo di relazioni internazionali a livello tecnicoscientifico, nella consapevolezza che spesso i rischi ambientali sono legati a fattori che vanno ben al di là dei confini nazionali. A livello di prevenzione a medio e lungo termine, soprattutto in campo idrogeologico, si è dimostrato utile lo sviluppo internazionale delle reti di informazione e monitoraggio, lo scambio di informazioni e di metodologie, l'avvio di relazioni permanenti con centri di ricerca, specialisti e strutture organizzate dalla Protezione Civile degli altri Paesi europei. Questa nascente cooperazione internazionale permette all'Italia di verificare e valutare metodi, procedure, tecniche operative e modelli organizzativi alla luce delle esperienze compiute in altri Paesi, ma anche di esportare fuori dei confini nazionali il know how del nostro siste| P a g i n a 14


ma di Protezione Civile, con particolare riguardo all'esperienza del volontariato italiano, unica nel panorama europeo per estensione e organizzazione.

Il problema sismico in Italia Il terremoto, per la severità e la globalità del suo impatto, è senza dubbio l‘evento di origine naturale più disastroso che caratterizza il territorio nazionale. L‘Italia è, infatti, un paese ad elevata sismicità, per la frequenza degli eventi che hanno interessato il suo territorio e per l‘intensità che alcuni di essi hanno storicamente raggiunto, determinando un rilevante impatto sociale ed economico. Alcuni numeri consentono di delineare le dimensioni di ciò che possiamo definire il problema sismico in Italia: 2.500 terremoti con intensità Mercalli maggiore del V grado hanno colpito il nostro territorio nell‘ultimo millennio, 200 dei quali distruttivi, 120.000 vittime nell‘ultimo secolo (85.000 delle quali dovute al terremoto di Reggio Calabria e di Messina del 1908), 20 terremoti con intensità superiore od uguale al IX grado della scala Mercalli dal 1900 ad oggi, un terremoto disastroso in media ogni 4 anni, ed un danno economico, valutato per gli ultimi venticinque anni in circa 75 miliardi di euro (145.000 miliardi delle vecchie lire), impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze che si avrebbero sul patrimonio storico, artistico, monumentale del nostro paese che è fortemente esposto agli effetti del terremoto. Considerando alcuni dei più recenti e maggiori terremoti avvenuti nel mondo, si può notare che, eventi di energia (magnitudo) equivalente fra di loro, hanno determinato vittime e danni molto diversi in funzione delle caratteristiche del patrimonio abitativo (età, tipologia edilizia, uso), della distribuzione dei centri abitati, della densità di popolazione, delle vie di comunicazione, della presenza e dislocazione dei centri operativi di pronto intervento, delle attività produttive, delle industrie a rischio, etc. In Italia il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l‘energia rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto a quello che si verifica normalmente in altri paesi ad elevata sismicità, quali la California o il Giappone. Ad esempio, il terremoto ve| P a g i n a 15


rificatosi in Umbria e nelle Marche nel 1997, malgrado fosse caratterizzato da un‘energia circa 30 volte inferiore, ha prodotto un quadro di danneggiamento (senza tetto: 32.000, danno economico: 5 miliardi di Euro attualizzabili al 2002) confrontabile con quello della California del 1989 (14.5 miliardi di $ USA). Ciò è dovuto principalmente al fatto che il nostro patrimonio edilizio è caratterizzato da una notevole fragilità, a causa soprattutto della sua vetustà e cioè delle sue caratteristiche tipologiche e costruttive e per lo scadente stato di manutenzione.

Cosa fa la Protezione Civile? Il Dipartimento della Protezione Civile, direttamente o in collaborazione con altri enti facenti parte del sistema nazionale di Protezione Civile, svolge anche attività volte a mitigare il rischio vulcanico sul territorio italiano, adottando le misure opportune per ridurre le perdite di vite umane e di beni in caso di eruzione. Tali attività si possono suddividere in: - sorveglianza dei vulcani e previsione delle eruzioni; - prevenzione dal rischio vulcanico; -difesa dalle eruzioni e gestione delle

emergenze;

- ripristino delle normali condizioni di vita. Per quanto riguarda la sorveglianza dei vulcani e la previsione delle eruzioni, occorre notare che prevedere un'eruzione vulcanica significa dove e quando avverrà e di che tipo sarà. Per rispondere alle prime due domande (dove e quando) è necessario installare delle reti di monitoraggio che rilevano una serie di parametri fisico- chimici indicativi dello stato del sistema vulcanico e ogni loro eventuale variazione rispetto al livello di base individuato.

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La previsione a breve - medio termine si basa infatti sul riconoscimento e sulla misura dei fenomeni che accompagnano la risalita del magma verso la superficie, che vengono detti fenomeni precursori. I principali fenomeni precursori consistono nell'innesco di fratture (terremoti) causato dall'induzione di tensioni meccaniche nelle rocce, nel rigonfiamento o cambiamento di forma dell'edificio vulcanico provocato dall'intrusione del magma, nelle variazioni del campo gravimetrico e magnetico nell'intorno dell'edificio vulcanico, nell'incremento e cambiamento di composizione delle emanazioni gassose dai crateri e dal suolo, nelle variazioni delle caratteristiche fisico chimiche delle acque di falda. Questi fenomeni, che accompagnano la risalita del magma, possono essere rilevati da opportune reti strumentali fisse, in acquisizione 24 ore al giorno, oppure attraverso la reiterazione periodica di campagne di misura. La sorveglianza dei vulcani italiani è condotta e coordinata dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che opera in convenzione con il Dipartimento della Protezione Civile, attraverso le proprie sezioni preposte al monitoraggio vulcanico (Sezione di Napoli , Sezione di Catania, Sezione di Palermo). Per prevedere invece di che tipo sarà la prossima eruzione (previsione dei possibili scenari eruttivi futuri) occorre effettuare studi sulla storia eruttiva del vulcano in oggetto ed estrapolare al futuro il suo comportamento passato. Un altro importante contributo è dato dagli studi geofisici (gravimetrici e di tomografia sismica) volti a definire quale sia la struttura profonda del vulcano e il suo stato attuale. Per quanto riguarda le attività di prevenzione del rischio vulcanico si possono annoverare : · Studi di pericolosità; ricostruendo la storia eruttiva del vulcano in oggetto e tenendo conto dello stato in cui il vulcano si trova attualmente, è possibile fare previsioni sul tipo di eruzione attesa più probabile. · Definizione degli scenari di riferimento ed elaborazione di mappe di pericolosità e rischio; una volta individuato il tipo di eruzione più probabile, è possibile predisporre | P a g i n a 17


degli scenari eruttivi (anche attraverso lo sviluppo di modelli di simulazione fisicomatematici) ed elaborare delle mappe di pericolosità e rischio. · Pianificazione d'emergenza; i piani di emergenza, redatti sulla base di uno o più scenari eruttivi e delle corrispondenti mappe di pericolosità, prevedono tutte le azioni da intraprendere in caso di crisi e generalmente contemplano l'evacuazione della popolazione dalle aree esposte a pericolo. Sono stati elaborati i piani nazionali di emergenza vulcanica per il Vesuvio e i Campi Flegrei (attualmente in fase di aggiornamento), mentre altri piani analoghi sono in corso di stesura per i vulcani siciliani. Esistono inoltre una serie di piani comunali redatti in accordo con i piani nazionali. E‘ importante che il rischio vulcanico sia tenuto in debita considerazione nella pianificazione del territorio, al fine di evitare nuove costruzioni nelle aree esposte.

· Riduzione della vulnerabilità; è in fase di studio la possibilità di ridurre la vulnerabilità delle costruzioni sottoposte ad alcune fenomenologie vulcaniche di minore impatto (es. caduta e accumulo di ceneri).

· Attività di educazione e informazione delle popolazioni esposte al rischio; il Dipartimento della Protezione Civile promuove lo sviluppo di iniziative educative, soprattutto nelle scuole, volte a incrementare la conoscenza dei rischi, dei piani di emergenza, delle norme di comportamento da osservare in caso di crisi e a far crescere la cultura della Protezione Civile. Inoltre, supporta la creazione di "centri visitatori" presso i vulcani italiani. Per quanto riguarda la difesa dalle eruzioni e gestione delle emergenze , in caso di eruzione dei vulcani italiani, il Dipartimento della Protezione Civile interviene con propri uomini e mezzi sui territori interessati dai fenomeni vulcanici, per attuare i piani di emergenza, soccorrere le popolazioni esposte e mitigare gli effetti dannosi, attivando e coordinando iniziative di difesa attiva (es. deviazione delle colate laviche) o passiva (es. evacuazione pianificata, raccolta e smaltimento ceneri, distribuzione di dispositivi di autoprotezione per la caduta di ceneri). | P a g i n a 18


Per quanto riguarda il ripristino delle normali condizioni di vita, bisogna osservare che, a seguito di eruzioni vulcaniche, come di ogni altro evento calamitoso per il quale viene dichiarato lo stato di emergenza, il Dipartimento della Protezione Civile concorre al ripristino delle normali condizioni di vita, prevedendo lo stanziamento di fondi appositi e promuovendo una serie di iniziative contenute in specifiche ordinanze o altri atti legislativi. La gestione delle fasi di ricostruzione viene poi usualmente affidata ad un commissario delegato.

Valutazioni di rischio sismico per il patrimonio abitativo e la popolazione Il Dipartimento della Protezione Civile (DPC) presenta alcuni risultati della collaborazione con l‘Istat durante il biennio 2002-2003. La collaborazione, tra Istat e DPC formalizzata da un Protocollo d‘intesa firmato il 10 dicembre 2001 - nasce per soddisfare l‘esigenza di aggiornare e migliorare le mappe di rischio sismico relative all‘intero territorio nazionale e di aggiornare la base dati utilizzata per la produzione degli scenari post-evento del DPC, tramite l‘utilizzo di alcuni dati derivanti dai censimenti. I dati di principale interesse ai fini dell‘aggiornamento delle mappe di rischio sismico sono quelli sulle caratteristiche degli edifici e sulla popolazione residente in ciascuna sezione di censimento. Per la realizzazione delle mappe di rischio e l‘aggiornamento delle basi dati sugli scenari di danno, sono state effettuate delle elaborazioni, applicando specifiche metodologie, su alcune caratteristiche degli edifici; tipo: materiale usato per la struttura portante, epoca di costruzione, contiguità, numero dei piani fuori terra, numero di interni, numero di abitazioni, superficie, popolazione residente. Sono stati, inoltre, effettuati confronti con i dati rilevati nel 1991, a suo tempo elaborati congiuntamente dall‘Istat e dal DPC. Le procedure per il calcolo dei parametri di rischio sono quelle utilizzate per la produzione delle statistiche sul rischio sismico pubblicate sulle Statistiche ambientali e gli Annuari statistici dell‘Istat. Tali procedure sono state messe a punto nel 1996 da un gruppo di lavoro sul rischio sismico, istituito dal DPC, con il compito di predi| P a g i n a 19


sporre in tempi brevissimi una cartografia dettagliata del rischio sismico sul territorio nazionale riferito alla popolazione e alle abitazioni. Il gruppo di lavoro, composto da esperti del Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti (GNDT), del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e dell‘Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), si basò sui dati del censimento ISTAT 1991 e terminò i suoi lavori ad agosto dello stesso anno con la presentazione di un rapporto e di tabelle relative a tutti i comuni italiani. Nelle tabelle, qui aggiornate sulla base dei dati del censimento 2001, vengono presentati alcuni risultati di valutazione del rischio espresso in termini di perdite annue attese al patrimonio edilizio abitativo ed alla popolazione a causa degli eventi sismici. La perdita del patrimonio include solo i costi diretti derivanti dal danno subito dalle abitazioni. Le perdite relative alla popolazione sono espresse in termini di persone residenti nelle abitazioni che subiscono i danni più gravi (crolli) e che quindi sono più correlabili al rischio per la vita. Nelle figure le perdite sono riferite ad un periodo di 100 anni, per una migliore lettura dei risultati. Si evidenzia che i risultati sono stati ottenuti utilizzando dati e metodologie in massima parte già disponibili, al fine di ottimizzare le conoscenze già consolidate. La pericolosità sismica è stata valutata a partire dai dati utilizzati dal gruppo di lavoro del 1996, per consentire un confronto omogeneo fra dati del patrimonio abitativo del 1991 e del 2001.

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Rischio sismico in Italia

Figura 1 – Valore atteso di abitazioni crollate per comune. Percentuale media in 100 anni (dati sulle abitazioni del censimento 1991)

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Figura 2 – Valore atteso di abitazioni crollate per comune. Percentuale media in 100 anni (dati sulle abitazioni del censimento 2001)

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Il rischio vulcanico

Il rischio viene definito come il danno possibile atteso dovuti al verificarsi di un evento di una data intensità, in una particolare area, in un determinato periodo di tempo.

Quanto maggiore è la probabilità di eruzione, tanto maggiore è il rischio; così pure, quanto maggiori sono i beni e la popolazione esposta, tanto maggiore è il danno che ne potrebbe derivare e quindi il rischio. Per fare un esempio, il rischio è molto minore per i vulcani dell'Alaska, che si trovano in zone a bassa densità di popolazione, piuttosto che al Vesuvio, nei cui dintorni vivono circa 600 mila persone.

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La situazione in Italia

Mediamente in Italia l'uso del territorio vicino ai vulcani, non ha tenuto conto della loro pericolosità, permettendo l'instaurarsi di situazioni di alto rischio. Naturalmente non tutti i vulcani italiani presentano lo stesso livello di rischio che, come abbiamo detto, dipende da vari fattori. In Italia esistono numerosi vulcani, sia estinti, sia quiescenti, sia attivi. Sebbene alcuni studiosi ritengono che non si possa mai considerare del tutto estinto un vulcano, la comunità scientifica internazionale ha adottato dei criteri per classificare i vulcani rispetto al loro stato di attività: Vulcani estinti: quelli la cui ultima eruzione risale ad oltre 10.000 anni fa. I principali vulcani italiani che rientrano in questa categoria sono: Monte Amiata, Vulsini, Cimini, Vico, Sabatini, Isole Pontine, Roccamonfina, Vulture. Vulcani quiescenti: sono vulcani attivi che hanno dato eruzioni negli ultimi 10.000 anni, ma si trovano attualmente in una fase di riposo da tempo più o meno lungo. Secondo una definizione più rigorosa, si considerano quiescenti quei vulcani il cui tempo di riposo attuale è inferiore al più lungo periodo di risposo registrato in precedenza. | P a g i n a 24


In Italia si trovano in questa situazione: Colli Albani, Campi Flegrei, Ischia, Vesuvio, Salina, Lipari, Vulcano, Isola Ferdinandea, Pantelleria. Vulcani attivi: quelli che hanno dato eruzioni negli ultimi anni. In Italia: Etna e Stromboli.

Vulcano

Ultima eruzione

Stromboli

AttivitĂ persistente

Etna

2002-2003

Vesuvio

1944

Pantelleria

1891

Vulcano

1888-1890

Isola Ferdinandea

1831

Campi Flegrei

1538

Ischia

1302

Lipari

VI - VII secolo d.C.

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La legge 8/12/1970 n°966 ha previsto le ―Norme sul soccorso e sull'assistenza alle popolazioni colpite da calamità naturali‖. Queste norme regolano tutte le procedure di assistenza alle popolazioni colpite dalle calamità naturali. Gli articoli più importanti sono gli artt. 5 e 6. L‘articolo 5 prevede che: Alla dichiarazione di catastrofe o di calamità naturale, salvo i casi di evento non particolarmente grave cui provvedono gli organi locali elettivi e gli organi ordinari della Protezione Civile, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per l'interno, anche su richiesta degli organi della regione o degli enti locali.Al Ministro per l'interno fanno capo tutti i servizi e gli interventi delle pubbliche amministrazioni, civili e militari-centrali e periferiche di enti pubblici e di privati, onde assicurarne la maggiore tempestività ed il più coordinato ed armonico impiego.Con il decreto di cui al primo comma si provvede alla nomina di un commissario, che può anche essere scelto tra membri del Governo e del Parlamento, esperti o tecnici estranei alla pubblica amministrazione, amministratori regionali o di enti locali.Il commissario assume sul posto, ai fini della necessaria unità, la direzione dei servizi di soccorso, ed attua le direttive generali ed il coordinamento dei servizi, avvalendosi comunque della collaborazione degli organi regionali e degli enti locali interessati.Per quanto concerne i servizi e gli interventi delle forze armate, che potranno essere impiegate anche in unità organiche elementari, essi saranno richiesti, in occasione di calamità naturali o catastrofe, dal Ministro per l'interno o dal commissario nominato al Ministro per la difesa o alla autorità da esso delegata. Articolo 6 Il Ministero dell'interno: a) predispone ed attua i provvedimenti necessari per assicurare in caso di calamità naturale o catastrofe i seguenti servizi: 1) interventi tecnici urgenti; 2) assistenza di primo soccorso alle popolazioni colpite. | P a g i n a 26


Per l'esecuzione dei compiti di cui al precedente numero 1) il Ministero dell'interno provvede mediante il Corpo nazionale dei vigili del fuoco nella cui organizzazione sono costituiti reparti mobili di immediato impiego specialmente attrezzati e nuclei elicotteri e sommozzatori. Per i compiti di cui al numero 2) si provvede mediante reparti di soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e centri assistenziali di pronto intervento per il primo aiuto alle popolazioni; b) cura la realizzazione delle opere di urgente necessità e delle attrezzature occorrenti per la protezione della popolazione civile; c) cura, tramite il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'istruzione, l'addestramento e l'equipaggiamento in materia di Protezione Civile di cittadini che volontariamente offrono la prestazione della loro opera nei servizi di Protezione Civile. Per le volontarie prestazioni di cui alla lettera c) nessun rapporto si instaura con l'amministrazione la quale è peraltro tenuta ad assumere a proprio carico oneri assicurativi che garantiscano prestazioni pari a quelle previste per il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

La situazione in Italia

Le frane sono molto diffuse nel nostro Paese a causa delle condizioni orografiche e della conformazione geologica del territorio, per frana s‘intende un ―movimento di una massa di roccia, terra o detrito lungo un versante‖. L‘impatto socio-economico dei fenomeni franosi in Italia è rilevantissimo e fa sì che il nostro paese sia tra i primi al mondo nella classifica dei danni in termini economici e, soprattutto, in termini di perdita di vite umane. Inoltre un rapporto del Ministero dell‘Ambiente e della Tutela del Territorio e dell‘Unione delle Province d‘Italia indica come in Italia le aree a rischio elevato e molto elevato di frana siano diverse migliaia e coprano una superficie di 13.760 kmq, pari a ben il 4,5 % del territorio italiano.

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Alluvioni

Le alluvioni sono tra le manifestazioni più tipiche del dissesto idrogeologico e sono causate da un corso d‘acqua che, arricchitosi con una portata superiore a quella prevista, rompe le arginature oppure tracima sopra di esse, invadendo la zona circostante ed arrecando danni ad edifici, insediamenti industriali, vie di comunicazione, zone agricole, etc. Le alluvioni più importanti che hanno interessato l‘Italia e che hanno comportato un pesante bilancio sia in termini di vite umane che di danni, sono state quelle del Po nel Polesine (1951), dell‘Arno (1966) e del Po nel Nord Italia (1994 e 2000). I fenomeni alluvionali censiti nella Banca dati del Progetto AVI (Aree Vulnerate Italiane), realizzata dal GNDCI-CNR per conto del Dipartimento, sono state nel periodo tra il 1918 e il 1994 oltre 28.000 ed hanno interessato più di 15.000 località.

Inoltre, in un rapporto del Ministero dell‘Ambiente e della Tutela del Territorio e dell‘Unione delle Province d‘Italia viene riportato che in Italia le aree a rischio elevato e molto elevato di alluvione sono diverse migliaia e coprono una superficie di 7.774 kmq, pari al 2,6 % della superficie nazionale. Il territorio italiano è interessato, con frequenza sempre maggiore, da alluvioni che avvengono con precipitazioni che possono anche non avere carattere di eccezionalità. Tra le cause dell‘aumento della frequenza dei fenomeni vi sono senza dubbio l‘elevata antropizzazione e la diffusa | P a g i n a 28


impermeabilizzazione del territorio, che impedendo l‘infiltrazione della pioggia nel terreno, aumentano i quantitativi e le velocità dell‘acqua che defluisce verso i fiumi, e la mancata pulizia dei fiumi che rende meno efficienti dal punto di vista idraulico gli alvei dei corsi d‘acqua. Molti bacini idrografici, presenti soprattutto in Liguria e Calabria, sono caratterizzati da tempi di sviluppo delle piene dell‘ordine di qualche ora; per tale motivo, è fondamentale allertare gli organi istituzionali presenti sul territorio con il maggior anticipo possibile, al fine di ridurre l‘esposizione delle persone agli eventi e limitare i danni al territorio. Una efficiente difesa dalle alluvioni si basa sia su interventi strutturali quali, per esempio, argini, invasi di ritenuta, canali scolmatori, drizzagni, etc., sia su interventi non strutturali, ovvero quelli relativi alla gestione del territorio, come i provvedimenti di limitazione della edificabilità, oppure quelli relativi alla gestione delle emergenze, come la predisposizione dei modelli di previsione collegati ad una rete di monitoraggio, la stesura dei piani di emergenza, la realizzazione di un efficiente sistema di coordinamento delle attività previste in tali piani. Le norme di comportamento da mettere in atto prima, durante e dopo una alluvione.

Erosioni costiere e mareggiate In un paese costiero ed al tempo stesso industrializzato come il nostro, il problema dell‘erosione costiera è molto diffuso. Negli ultimi decenni, a causa dei prelievi indiscriminati di ghiaia e di sabbia lungo l‘alveo di molti fiumi italiani, è diminuito l‘apporto del trasporto solido fluviale recapitato alle spiagge. Per tale motivo, in numerosi litorali la linea di costa è vistosamente arretrata, portandosi a ridosso di infrastrutture viarie, edifici, insediamenti industriali, minacciandone la stessa esistenza e costringendo talvolta la popolazione ad evacuare l‘area.

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Il problema è stato inoltre aggravato dalle mareggiate che, con frequenza variabile, si abbattono sulle coste e modificano, in modo anche sostanziale, la morfologia della linea di costa. Per contrastare tali fenomeni, la Protezione Civile ha attuato vari piani di prevenzione, che consistono nella costruzione di numerose opere di difesa, sia trasversali alla riva (pennelli), longitudinali (frangiflutti), che radenti (muri di sponda, paratie, etc.). Nei casi in cui l‘arretramento sia stato talmente cospicuo da erodere gran parte della spiaggia, sono stati attuati interventi più drastici, quali – per esempio - il ripascimento artificiale, consistente nell‘alimentazione di una spiaggia, mediante idoneo materiale di riporto, estratto da cave di prestito.

Subsidenze e sprofondamenti

La subsidenza consiste in un lento processo di abbassamento del suolo, che può coinvolgere territori di estensione variabile. Tale fenomeno è generalmente causato da fattori geologici, ma negli ultimi decenni è stato localmente aggravato dall‘azione dell‘uomo ed ha raggiunto dimensioni superiori a quelle di origine naturale. Le subsidenze prodotte o aggravate da azioni antropiche possono essere date da emungimento di acque dal sottosuolo, estrazione di gas o petrolio, carico di grandi manufatti, estrazione di solidi, etc: in questo caso i valori totali possono essere anche di qualche metro. La subsidenza naturale è causata da molteplici fattori: movimenti tettonici, raffreddamento di magmi all‘interno della crosta terrestre, costipamento di sedimenti, etc.; i | P a g i n a 30


movimenti verticali di tipo naturale possono raggiungere valori di qualche millimetro l‘anno. In Italia i fenomeni di lenta subsidenza si sono verificati lungo la fascia costiera adriatica da Rimini a Venezia (dove questo fenomeno è particolarmente noto), specialmente nei pressi del Delta del Po, ma anche nei dintorni di agglomerati urbani come Milano, Bologna e Modena, in questi casi soprattutto per l‘estrazione di acqua dal sottosuolo. Casi più recenti sono stati segnalati in Puglia, nella Piana di Sibari e nella Pianura Pontina. I provvedimenti da attuare a fini preventivi consistono essenzialmente in una corretta gestione delle risorse idriche, evitando di ricorrere in modo eccessivo al prelievo dalle falde, ed in una rigorosa pianificazione delle attività estrattive.

Un problema solo per alcuni versi affine a quello della subsidenza, ma che ha, al contrario del primo, importanti ricadute di Protezione Civile, è quello degli sprofondamenti rapidi (sinkholes). Tali fenomeni sono dovuti sia a cavità naturali presenti nel sottosuolo che a cavità realizzate dall‘uomo fin dall‘antichità (cave in sotterraneo, ambienti di vario uso, depositi, acquedotti, fognature, drenaggi ecc). In Italia i fenomeni di dissesto provocati da cavità sotterranee sono frequenti ed hanno determinato spesso ingenti danni materiali e, in molti casi, anche la perdita di vite umane. | P a g i n a 31


Relativamente agli aspetti di Protezione Civile si sottolinea che il rischio legato alle cavità sotterranee è particolarmente diffuso nelle aree urbane dove l‘azione dell‘uomo ha portato alla creazione di vuoti nel sottosuolo per la maggior parte dei quali si è persa la consapevolezza dell‘esistenza, a causa soprattutto della incontrollata crescita urbanistica degli ultimi decenni. In considerazione delle oggettive difficoltà che si incontrano in tali aree per addivenire ad una corretta analisi della pericolosità, il Dipartimento della Protezione Civile ha avviato un progetto finalizzato alla definizione dei criteri tecnico-scientifici per l‘individuazione delle cavità, per l‘analisi della loro pericolosità e per la definizione degli interventi più efficaci da realizzare sia in fase di emergenza che in fase di prevenzione a medio e lungo termine.

Valanghe

Le valanghe (o slavine) sono costituite da masse nevose che si distaccano in modo improvviso e repentino dai pendii di un rilievo, precipitando verso valle ed accrescendosi di volume durante il percorso. Il pericolo delle valanghe è fortemente legato alla presenza turistica in montagna e quindi alle maggiori esposizioni di rischio delle persone, degli edifici e delle infrastrutture .

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La classificazione delle valanghe non è delle più semplici a causa delle notevoli variabili che entrano in gioco (tipo di distacco, tipo di neve, posizione del piano di scorrimento, etc.). Secondo la terminologia adottata in recenti pubblicazioni dell‘AINEVA (Associazione Interregionale Neve e Valanghe), con riferimento al tipo di distacco, si parla di distacco puntiforme, che genera una valanga di neve a bassa coesione oppure di distacco lineare che dà luogo ad una valanga a lastroni. E‘ molto importante, per le valanghe (che possono essere sia spontanee che innescate), determinare se si tratti di valanghe di superficie o di fondo: se la rottura avviene all‘interno del manto nevoso, si ha una valanga di superficie, mentre se avviene a livello del terreno, la valanga è detta di fondo. Le valanghe possono essere poi radenti (a contatto con la superficie) o nubiformi (queste ultime sono dette anche polverose e possono essere costituite di neve asciutta). Prevedere la caduta di una valanga non è un compito semplice, in quanto spesso la loro caduta non è preceduta da alcun precursore; pur tuttavia sono note con una certa precisione quali sono le aree a rischio di valanghe e vengono segnalate situazioni di pericolo mediante i cosiddetti ―bollettini delle valanghe‖. Le cause della valanghe possono essere diverse ma in ogni caso riferibili alla diminuzione della coesione della massa nevosa, che ne determina il distacco. A questo proposito, aspetti di una certa rilevanza sono la lunga permanenza di uno strato di neve in superficie, il riscaldamento primaverile e l‘azione di piogge di una certa consistenza. Per quanto riguarda gli incidenti da valanga, i dati raccolti dall‘AINEVA indicano che sulle Alpi in questi ultimi 25 anni sono morte in valanga mediamente una ventina di persone sul versante italiano. I provvedimenti da attuare nel caso di rischio valanghe consistono innanzitutto nel conoscere quali sono le aree dove tali fenomeni si generano: in generale, infatti, le valanghe prendono origine quasi sempre dagli stessi luoghi, tipicamente aree di alta

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montagna, con terreni rocciosi nudi, tra i 2.000 ed i 3.000 metri, prive per lo più di copertura vegetale. In questo caso un provvedimento da adottare consiste senz‘altro nell‘evitare queste aree,

soprattutto

in

periodi

molto

pericolosi

(inizio primavera),

quando

l‘innalzamento delle temperature può essere tale da provocare lo scioglimento repentino delle masse nevose. In caso di incidente, è essenziale che ogni escursionista non sia mai solo, sia adeguatamente equipaggiato, al fine di rendere possibile l‘autosoccorso da parte degli altri escursionisti in un arco di tempo sufficientemente ridotto. E‘ necessario dunque disporre di un apparecchio di ricerca per la rapida localizzazione in valanga (ARVA) che, posto in trasmissione all‘inizio dell‘escursione, viene commutato in modalità di ricerca nel caso di incidente. Gli altri materiali per l‘autosoccorso sono costituiti da una sonda leggera per l‘individuazione del punto esatto in cui si trova la persona sepolta ed una pala per poter liberare il più velocemente possibile una persona sepolta: in genere la profondità di seppellimento si aggira intorno al metro. Nel caso in cui non si sia in grado di effettuare l‘autosoccorso, o anche semplicemente per avere bisogno di aiuto, occorre chiedere immediatamente soccorso telefonando al 118. In questo caso scatta il cosiddetto ―soccorso organizzato‖ organizzato appunto dal Soccorso Alpino con l‘ausilio di elicotteri, cani da valanga e tecnici specializzati. Come prevenire il rischio di valanghe e cosa fare nel caso di caduta di una valanga.

Crisi idriche

In un sistema di approvvigionamento idrico si verifica una situazione di deficienza idrica quando l‘ordinaria richiesta d‘acqua da parte degli utenti non può più essere corrisposta, sia per eventi di siccità, inquinamento o errata gestione delle fonti di alimentazione, sia per carenza negli impianti (D.P.C.M. 4 marzo 1996). Negli ultimi decenni, si è venuta a delineare in Italia una situazione meteo-climatica caratterizzata da una generalizzata diminuzione delle precipitazioni. In particolare, | P a g i n a 34


negli ultimi tre anni sono stati registrati prolungati periodi di scarse precipitazioni che hanno determinato situazioni di emergenza idrica in gran parte del territorio nazionale aggravando altresì situazioni già precedentemente in stato di crisi. Va ricordata tra i fattori che contribuiscono al determinarsi delle crisi idriche, l‘inadeguatezza della rete acquedottistica che in Italia presenta una perdita dell‘acqua addotta pari al 27%, con punte anche del 40%.

Le emergenze idriche più gravi verificatesi recentemente in Italia sono state registrate nell‘estate 2002, soprattutto al Centro Sud, e nell‘estate 2003 (in particolar modo le regioni settentrionali). In queste situazioni, la carenza idrica ha determinato forti limitazioni non solo nel settore civile ma anche in quelli agricolo ed industriale. Il Dipartimento della Protezione Civile è intervenuto, d‘intesa con i Ministeri competenti e con le Regioni interessate, con la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri e per mezzo di ordinanze che hanno conferito ai Presidenti delle Regioni, nominati Commissari Straordinari, i poteri e gli strumenti necessari per fronteggiare l‘emergenza nel settore dell‘approvvigionamento idrico e del servizio idrico integrato. Durante la crisi idrica dell‘estate 2003 che ha interessato tutto il bacino del Po, al fine di prevenire il determinarsi di ulteriori situazioni emergenziali, il Dipartimento della | P a g i n a 35


Protezione Civile, attraverso strumenti ordinari e disponibili nell‘ambito della legislazione vigente, si è fatto promotore di un‘intesa stipulata con l‘Autorità di bacino, le Regioni Valle D‘Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, l‘Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPO), il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN), i Consorzi regolatori dei laghi, l‘Associazione Nazionale Bonifiche, Irrigazione e Miglioramenti Fondiari (ANBI), le società di produzione di energia elettrica presenti nel bacino. Al fine di evitare l‘acuirsi di crisi idriche, è opportuno mettere in atto una serie di provvedimenti, anche individuali, per poter preservare e gestire nel modo più opportuno il patrimonio idrico nazionale. Tali provvedimenti consistono nella gestione oculata e razionale delle falde acquifere, nella riduzione dei consumi, in interventi di riparazione o di rifacimento delle condotte, nell‘adozione di reti di adduzione e distribuzione ―duali‖ che consentono cioè l‘utilizzo di acqua pregiata per fini potabili e di acqua depurata per alcuni usi compatibili.

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Premessa Con "Protezione Civile" si intendono tutte le strutture e le attività messe in campo dallo Stato per tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi. Con la legge del 24 febbraio 1992, n.225 l'Italia ha organizzato la Protezione Civile. Nella maggioranza dei Paesi europei, la Protezione Civile è un compito assegnato ad una sola istituzione o a poche strutture pubbliche. In Italia, invece, è coinvolta in questa funzione tutta l'organizzazione dello Stato, al centro e in periferia, dai Ministeri al più piccolo comune, ed anche la società civile partecipa a pieno titolo al Servizio nazionale della Protezione Civile, soprattutto attraverso le organizzazioni di volontariato. Le ragioni di questa scelta, che caratterizza la struttura della Protezione Civile italiana, si possono individuare nell'incontro tra una motivazione istituzionale ed una esigenza operativa legata alle caratteristiche del nostro territorio.

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Dal punto di vista dell'ordinamento amministrativo, è in corso da anni un processo di riforma orientato ad aumentare il peso, le competenze e le responsabilità delle istituzioni regionali e locali, attuando e sviluppando in forme adeguate alle esigenze di oggi gli orientamenti al regionalismo e alla valorizzazione delle istituzioni locali già presenti nella Carta costituzionale. La Protezione Civile non poteva essere estranea a questo processo, che spiega l'importanza crescente che stanno assumendo nella struttura del sistema nazionale della Protezione Civile le Regioni e le amministrazioni locali, l'aumento delle responsabilità e delle competenze loro affidate, l'articolazione dei livelli di decisione e di intervento, la complessità delle esigenze di direzione e coordinamento del sistema ai vari livelli.

Breve storia della normativa di Protezione Civile Fino al XVII secolo le calamità e i disastri non avevano una spiegazione scientifica, ma venivano interpretati come castighi divini. Bisognerà aspettare il '700 perchè essi siano studiati e accettati per quello che sono: fenomeni naturali o prodotti dell'attività umana. A questa presa di coscienza consegue, nel tempo, l'intervento legislativo nel campo della Protezione Civile. Per comodità di esposizione, ma con qualche arbitrio, abbiamo periodizzato in tre fasi l‘arco di tempo entro il quale ha preso avvio e si è sviluppato l‘intervento normativo nel campo della Protezione Civile: una prima fase contraddistinta da una legislazione disorganica; una seconda, da una normativa organica entro un quadro di riferimento accentrato ed accentratore; la terza ed ultima, in attuazione dei principi di ― integrazione‖ e ―sussidiarietà‖, caratterizzata da un forte decentramento e dal conseguente trasferimento di competenze alle autonomie locali. PRIMA FASE: Legislazione disorganica SECONDA FASE: Legislazione organica all'insegna dell'accentramento TERZA FASE: Legislazione organica all'insegna del decentramento | P a g i n a 38


Nella prima fase tralasciando la legislazione preunitaria (che pure ha prodotto norme significative) e partendo dall‘Unità d‘Italia, assistiamo ad un‘intensa attività legislativa. Vedono così la luce numerose ed eterogenee disposizioni di carattere generale accompagnate da legislazione ad hoc adottate a seguito di particolari calamità. Prefetti e Sindaci intervengono in situazioni di emergenza, limitando e requisendo, se del caso, anche la proprietà privata e lo fanno utilizzando il generale potere di ordinanza assegnatogli dalla legge 2359 del 1865. Si tratta di uno strumento tuttora largamente utilizzato. Nei primi anni del ‗900 vengono varate alcune significative leggi. E‘ il caso, nel 1906, di disposizioni particolari aventi per oggetto alluvioni, mareggiate e uragani. Nel 1908, a seguito del terremoto di Messina, viene introdotta la classificazione sismica del territorio e diventa vigente la prima normativa antisismica. Si tratta di norme che si trovano ad esplicare i propri effetti entro un quadro normativo disorganico e scollegato che non consente di affrontare seriamente, né tanto meno di prevenire il rischio indotto dai fenomeni naturali. Bisognerà attendere il 1925 perché sia varata la prima normativa organica. Si giunge così alla Seconda Fase dove si hanno interventi più consistenti che rivelano una certa logica. Con la legge 473/1925 il soccorso alle popolazioni colpite da eventi calamitosi viene delegato al Ministro dei LL.PP e al suo braccio operativo rappresentato dal genio civile, con il concorso delle strutture sanitarie. Il R.D.L 9.12.1926, n°2389, convertito nella legge 15.3.1928, n°833, precisò meglio l‘organizzazione pubblica destinata ad intervenire, mantenendo al ministero dei LL.PP, che allora era l‘unico che disponesse di mezzi tecnici organizzati, il potere di dirigere e coordinare gli interventi anche delle altre amministrazioni dello Stato. La legge di conversione n° 833 ha affidato ai prefetti, rappresentanti del governo nella | P a g i n a 39


provincia, il compito di attuare tale azione di coordinamento, dando a questi ultimi il potere di gestire gli interventi immediati necessari subito dopo il verificarsi di un evento calamitoso; tali poteri cessavano allorché il Ministro o un sottosegretario ai LL.PP assumevano direttamente sul posto l‘incarico della direzione delle operazioni. La stessa legge prevedeva eguali compiti per i sindaci con riferimento al territorio comunale: essi, appena venuti a conoscenza dell‘evento, dovevano inviare sul luogo i pompieri e il personale a loro disposizione, dandone immediata notizia al prefetto. Le competenze del sindaco si esaurivano a questi due adempimenti, peraltro essenziali nella prima emergenza. (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988). E‘ in questi anni che l‘organizzazione del servizio antincendio inizia a mutare profondamente. Dal XVIII secolo fino al 1926 tale servizio era strutturato unicamente su base comunale. A partire da quest‘anno e fino al 1938, attraverso varie disposizioni legislative , si operò una profonda ristrutturazione di questa funzione. Infatti, con il R.D.L 16.6.1938, n°1021, i pompieri assunsero la moderna denominazione di ―Vigili del Fuoco‖, e con successivo R.D.L 27.2.1939, n°333, venne ridefinito il ―corpo nazionale dei Vigili del Fuoco‖ e istituita, in seno al ministero dell‘interno, l‘apposita Direzione generale dei Servizi Antincendio‖. Il processo di organizzazione dei VVdF si completa nel 1961 con la legge 469. Con essa viene completamente devoluta al Ministero dell‘interno la materia relativa agli studi, all‘attività sperimentale tecnica e all‘organizzazione centrale e periferica dei servizi antincendi. Furono soppressi i corpi provinciali dei VVdF e fu precisato il carattere civile del corpo nazionale. Tutto ciò comportò la completa statalizzazione dei servizi antincendi (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988). Non si poteva ancora parlare di vera e propria Protezione Civile e di organi operativi appositi, ma, soprattutto con questi ultimi provvedimenti, ci si riferiva già a precisi aggregati pubblici (forze armate, pompieri, ecc) per lo svolgimento di attività di p.c. (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988). | P a g i n a 40


E si arriva così al dopoguerra, dove, nel clima di rinnovamento seguito al secondo conflitto mondiale, si hanno tentativi per arrivare ad una legislazione organica di p.c.. Negli anni 1950,1962 e 1967 vengono infruttuosamente presentati progetti di legge specifici. Nel frattempo alcuni eventi calamitosi particolarmente gravi, come la catastrofe del Vajont nel 1962, le alluvioni del 1966, la frana di Agrigento nello stesso anno e il tragico terremoto nella Sicilia orientale nel 1968 accelerarono la predisposizione e l‘approvazione di nuovi strumenti legislativi più idonei. La 1^ vera svolta si ha nel 1970. Infatti, con la legge n° 996 ―Norme sul soccorso e l‘assistenza alle popolazioni colpite da calamità‖, si hanno per la prima volta, disposizioni di carattere generale che prevedono un‘articolata organizzazione di Protezione Civile. Con questa legge si recepisce, per la prima volta nel nostro ordinamento, il concetto di Protezione Civile, definendola come ―l‘attività intesa alla predisposizione concertata, in tempo di normalità, dei servizi di emergenza, di soccorso e di assistenza, e a predisporre, al verificarsi della calamità, in forma coordinata ed unitaria, tutti gli interventi delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni, degli enti locali territoriali e degli altri enti pubblici istituzionali‖. E‘ stata inoltre precisata, per la prima volta, la nozione di calamità naturale e di catastrofe, definite come ―l‘insorgenza di situazioni che comportino grave danno e pericolo di danno all‘incolumità delle persone e dei beni, e che per la loro natura ed estensione debbano essere fronteggiate con interventi tecnici straordinari‖. Siamo dunque in presenza di un nuovo concetto di Protezione Civile, intesa come predisposizione e coordinamento degli interventi, e a tal fine giustamente si individuavano i compiti fondamentali demandati agli organi della Protezione Civile, ponendo in primo piano l‘esigenza della pianificazione a livello nazionale, regionale e provinciale, e della più razionale organizzazione degli interventi, a calamità avvenuta. (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988). | P a g i n a 41


L‘Organismo a cui è dedicata gran parte della legge è il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. La legge ritaglia un ruolo centrale al Ministero dell‘Interno cui è affidato il compito di soccorso tecnico urgente e di assistenza. La legge n° 996, in linea con le concezioni culturali del tempo, privilegia il momento dell‘emergenza; pur anticipando le nuove future linee guida della p.c in senso globale, organizza il solo momento operativo che coincide con il disastro con il soccorso da attuare un attimo dopo sia avvenuto il fatto. Il regolamento d‘esecuzione della legge in questione fu approvato solo dopo 11 anni, mentre nel frattempo rovinosi terremoti avevano colpito e devastato nel 1976 il Friuli e nel 1980 vaste zone della Campania e della Basilicata. In tali occasioni il governo per far fronte all‘emergenza, nominò un commissario straordinario, come previsto dalla legge 996/70. Anche a seguito di quest‘ultima esperienza (gestione commissariale) cominciò a farsi strada l‘idea della necessità di prevedere stabilmente l‘istituzione di un Alto Commissario per il coordinamento degli interventi di p.c.. Si hanno, quindi, norme che danno corpo e contenuto a questa impostazione. Con il DL 22 febbraio 1982, n° 57 convertito nella legge 187/82 viene nominato un Ministro per il coordinamento della P.C. che nella sua attività si avvarrà del Dipartimento della Protezione Civile, istituito con DPCM del 22 giugno 1982. Con la legge 938 del 23.12.1982 viene formalizzata la figura del Ministro per il coordinamento della p.c. come autonoma figura di coordinamento. Con la legge n°180 del 1983 viene conferito al nuovo Ministro il potere di emanare, in situazioni di emergenza, provvedimenti immediatamente esecutivi in deroga alla normativa vigente. | P a g i n a 42


Si passa così alla terza fase quando di fronte alle catastrofi, ai morti, al patrimonio edilizio e paesaggistico devastato, l‘intervento immediato dell‘uomo non basta più, ma bisogna attuare una politica di prevenzione Si fa strada l‘idea che i disastri vadano affrontati dopo averli immaginati, descritti prima, vissuti prima e che occorra sì dimensionare le strutture d‘intervento , ma occorre farlo tenendo conto di scenari già elaborati e di misure di prevenzione già poste in atto. La Protezione Civile, nella mente di chi sino a quel momento ha avuto come obiettivo il soccorso, diventa anche previsione, prevenzione e ricostruzione. I tempi sono oramai maturi per un cambiamento radicale. Finalmente viene promulgata la legge 24 febbraio 1992, n°225. Dopo 22 anni dalla legge n° 996 del 1970 nasce il ―Servizio nazionale della p.c.‖ con la cui istituzione la struttura

di

p.c.

del

paese

subisce

una

profonda

riorganizzazione.

La legge 24 febbraio 1992, n. 225, istituisce il Servizio Nazionale della Protezione Civile, con l'importante compito di "tutelare la integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi" Tale legge disciplina la Protezione Civile come sistema coordinato di competenze al quale concorrono le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Provincie, i Comuni e gli altri enti locali, gli enti pubblici, la comunità scientifica, il volontariato, gli ordini e i collegi professionali e ogni altra istituzione anche privata. Un tale complesso sistema di competenze trova il suo punto di collegamento nell'affidamento delle funzioni di impulso e coordinamento al Presidente del Consiglio dei ministri. La nuova filosofia della p.c. è ora saldamente impostata su quattro linee fondamentali: previsione; prevenzione; soccorso; superamento dell‘emergenza. | P a g i n a 43


Collocare questa legge nella fase decentrata non è propriamente corretto in quanto significative competenze vengono mantenute in capo allo Stato ed alla sua Amministrazione periferica. Essa più propriamente può essere definita una legge che rappresenta un momento di passaggio fra la fase accentrata e quella decentrata in quanto, se è vero che, con particolare riferimento alle competenze operative, essa continua ad imperniarsi sull‘amministrazione centrale e periferica dello Stato, è altrettanto vero che per la prima volta, soprattutto per ciò che riguarda previsione e prevenzione, essa aumenta notevolmente il peso di Regioni, Province e Comuni. In questa fase, per così dire di passaggio, si collocano anche la legge n° 183 del 1989 sulla ―difesa del suolo‖ e la legge del 8 giugno 1990 n° 142 <<Ordinamento delle autonomie locali>> in seguito più volte modificata e, recentemente, trasformatasi nel dlgs n° 267 del 2000 (Testo unico). Questa legge , oltre a dettare i principi generali dell‘ordinamento delle Province e dei Comuni, ne determina funzioni e compiti alcuni dei quali, direttamente od indirettamente afferiscono all‘ambito della Protezione Civile A partire dagli anni novanta il Governo, il Parlamento e quasi tutte le forze politiche si accordano su un consistente trasferimento delle competenze, dal centro alla periferia, sulla base dei principi di ―sussidiarietà‖ed ―integrazione‖, in modo da avvicinare la soluzione dei problemi ai cittadini e ai rappresentanti dei cittadini. Ne consegue che funzioni statali passano alle Regioni e agli Enti locali, funzioni regionali passano agli enti locali. In questo contesto viene ridefinita anche la materia della Protezione Civile. Il Dlgs n° 112 (cd. Bassanini) del 1998 ha in tre articoli rideterminato l‘assetto della Protezione Civile a livello delle competenze, da una parte trasferendo notevolissime competenze alle Autonomie locali, stavolta anche di tipo operativo, dall‘altra prefigurando una profonda ristrutturazione anche per ciò che riguarda le residue competenze statali. Il quadro di riferimento ―ideologico‖ resta però la 225/92 che disciplina la Protezione | P a g i n a 44


Civile come servizio e, soprattutto, identifica le categorie degli eventi e delle attività di Protezione Civile. Il ciclo si chiude con la riforma del titolo V° della Costituzione (L.costituzionale 3/2001) che ha inserito la Protezione Civile fra le materie a legislazione concorrente. La Regione Sicilia ha poi recepito la nuova riforma costituzionale e successivi decreti attuativi, ha ribadito un‘impostazione fortemente ancorata ai valori del decentramento, dell‘integrazione e della sussidiarietà.

Intervento della p.c. nel monitorare l‘ attivitá vulcanica dell‘ Etna

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Dipartimento della Protezione Civile siciliana

La struttura organizzativa è prevista dal D.D.G. n. 374 del 12/12/2001 e successive modifiche ed integrazioni, ed è così articolata: DIREZIONE: si occupa del Sistema Informativo, Rete informatica e banche dati del Dipartimento. Gestione sito web e coordinamento redazionale - Attivazione e interventi in emergenza; Segreteria della Direzione Generale (con competenze ed articolazione di cui al D.D.G. n. 374 del 12/12/2001) - Attivazione e interventi in emergenza; Comunicazione tecnologica ed audiovisiva, promozione e divulgazione. Attivazione ed interventi in emergenza.

AREA AFFARI GENERALI E GESTIONE DEL PERSONALE: gestisce L‘Unità per l'esercizio delle funzioni strumentali e serventi del Dipartimento. Attende alle gare ed ai contratti, cura il contenzioso, studia e promuove proposte normative, propone l'emanazione di circolari e ne cura la divulgazione, provvede all'organizzazione logistica, non che all'approvvigionamento del materiale di consumo ed alla manutenzione dei beni mobili ed immobili. Cura il servizio prevenzione e previsione per la sicurezza sul posto di lavoro; l‘ Unità per le funzioni connesse alla gestione del personale, del suo stato giuridico, dei rapporti contrattuali collettivi e del trattamento economico. Cura i rapporti con le Organizzazioni sindacali, la contrattazione decentrata e l'attuazione degli accordi aziendali.

SERVIZIO FINANZIARIO: cura le problematiche d'interesse del Dipartimento relative alla programmazione ed al bilancio. Provvede alla gestione delle risorse finanziarie ed ai pagamenti. Svolge i compiti di Segreteria per il Comitato Regionale di Protezione Civile. | P a g i n a 46


SERVIZIO EMERGENZA: si occupa della gestione ed attivazione della Sala Operativa Regionale Integrata Siciliana h 24. Riceve e valuta le notizie riguardanti gli eventi calamitosi e risolve direttamente, ove possibile, i problemi inerenti i primi soccorsi; coordina la pianificazione dell'emergenza su tutto il territorio regionale, anche per mezzo della divulgazione di Linee Guida. Attiva le procedure di allertamento. Cura i rapporti con gli organi N.A.T.O.. E' di supporto all'intervento dei mezzi aerei del C.O.A.U. (Centro Operativo Aereo Unificato) per l'ottimizzazione dell'impiego degli aeromobili.

SERVIZIO VOLONTARIATO E FORMAZIONE: coordina la pianificazione dell'emergenza su tutto il territorio regionale, anche per mezzo della divulgazione di Linee Guida. Attiva le procedure di allertamento. Cura i rapporti con gli organi N.A.T.O.. E' di supporto all'intervento dei mezzi aerei del C.O.A.U. (Centro Operativo Aereo Unificato) per l'ottimizzazione dell'impiego degli aeromobili; Promuove e provvede all'aggiornamento ed alla formazione professionale del personale dipendente dal Dipartimento e delle Associazioni di volontariato iscritte nel Registro regionale.

SERVIZIO RISCHI IDROGEOLOGICI, SANITARI E AMBIENTALI: ha funzione di Previsione e prevenzione del rischio idrogeologico - Competenze regionali derivanti dal nuovo sistema nazionale di allerta metereologica e di gestione dell'emergenza - Formazione specialistica dei tecnici funzionari in materia di rischio idrogeologico ; Supporto alla pianificazione di emergenza e Linee Guida - Attivazione e interventi in emergenza ; Previsione e prevenzione dei rischi industriale, antropico, sanitario ed ambientale - Supporto alla pianificazione di emergenza e Linee Guida - Attivazione e interventi in | P a g i n a 47


emergenza.

SERVIZIO SISMICO REGIONALE: ha funzione di Individuazione, formazione ed aggiornamento elenco zone sismiche e classificazione sismica regionale. Indirizzi e linee guida per gli studi di pericolositĂ e di microzonazione sismica. Reti di monitoraggio sismico e per maremoto - Attivazione e interventi in emergenza ; Censimento e programmazione verifiche di sicurezza sismica ed interventi su edifici ed opere infrastrutturali di interesse strategico e rilevanti ai fini di Protezione Civile. Linee guida per le verifiche sismiche e gli interventi. Promozione informazione e supporto specialistico ai tecnici - Attivazione e interventi in emergenza ; Indirizzi e linee guida per i piani di emergenza sismica. Scenari di danno e di rischio per gli eventi sismici e da maremoto. Formazione specialistica dei tecnici funzionari in materia di rischio sismico. Rapporti con il Dipartimento Nazionale per predisposizione intese su schemi ordinanze; atti per dichiarazioni calamitĂ e stati emergenza - Attivazione e interventi in emergenza.

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Protezione Civile europea

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INTRODUZIONE Dal momento che l‘Italia fa parte dell‘Unione europea, nasce l‘esigenza di trattare la Protezione Civile anche a livello europeo. L‘Europa, infatti, viene regolarmente colpita da gravi catastrofi naturali, quali inondazioni e incendi boschivi, nonché da incidenti tecnologici, come esplosioni in impianti industriali e fuoriuscite di sostanze chimiche. In alcuni casi, i Paesi colpiti riescono ad affrontare autonomamente catastrofi di simili proporzioni; spesso, però, necessitano l‘invio di soccorsi dall‘estero in tempi brevi, ed è in questi casi che interviene la strategia di cooperazione comunitaria nel settore della Protezione Civile. Il tipo di disastri che i paesi europei devono affrontare dipende in una certa misura dalla loro collocazione geografica e dal clima. Per esempio, molti Stati meridionali membri dell‘Unione europea sono particolarmente soggetti a terremoti e incendi boschivi, mentre negli Stati settentrionali è maggiore la probabilità di incidenti tecnologici minori come esplosioni in impianti industriali o sinistri marittimi. Di conseguenza, i vari Stati membri hanno sviluppato, in caso di calamità, competenze specifiche di intervento in settori diversi; un aspetto che rende la cooperazione a livello comunitario particolarmente importante. Tramite lo scambio di opinioni e di esperienze, gli esperti della Protezione Civile di tutta l‘Unione possono trarre insegnamenti dalle rispettive migliori pratiche e potenziare la capacità complessiva dell‘Europa di far fronte alle catastrofi. Resta comunque il dato di fatto che la Protezione Civile in ambito europeo rimane attualmente un argomento di neoformazione e pertanto il materiale raccolto risulta esiguo .

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CENNI STORICI Nel corso degli ultimi anni, numerosi eventi hanno evidenziato la necessità di un‘azione a livello europeo, come ad esempio il naufragio della Prestige, gli incendi nelle foreste del 2003 e le esondazioni nel sud della Francia alla fine del 2003. Questi, ed altri eventi hanno visto convergere l‘aiuto di numerosi Stati membri ed hanno mostrato la necessità di una preparazione comune e di un‘informazione reciproca. Al fine di promuovere la cooperazione, lo scambio e la reciproca assistenza tra i servizi della Protezione Civile degli Stati membri, numerose Decisioni del Consiglio europeo hanno promosso attività e progetti finalizzati alla previsione e alla prevenzione dai rischi naturali, alla gestione delle situazioni di crisi e alla creazione di reti comuni tra i diversi sistemi nazionali di Protezione Civile. La Decisione fondamentale che ha approvato il Consiglio è sicuramente la 2001/792/EC, Euratom; poi altre decisioni sono seguite per dare attuazione alla norma fondamentale. Anche in ambito europeo, la legislazione in materia di Protezione Civile ha subito, specie nel corso degli ultimi anni, numerose modifiche e aggiornamenti. Il Consiglio europeo, attraverso il proprio strumento legislativo (Decisione), ha promosso diverse iniziative e programmi volti alla cooperazione tra gli Stati membri, alla formazione di personale qualificato, alla predisposizione di una banca-dati omogenea, alla creazione di una task-force pronta ad intervenire, in tempi rapidi, in situazioni di "maxi" emergenze che coinvolgono uno Stato in difficoltà oppure più Stati (come ad esempio l‘esondazione del Reno). Non c‘e dubbio che ciascun membro appartenente alla Commissione europea si confronta quotidianamente con specifiche problematiche di varia natura relative al proprio territorio e, conseguentemente, ciascuno Stato affronta le emergenze sulla base della propria esperienza, in relazione al proprio assetto normativo e funzionale e sulla base del proprio Sistema nazionale di Protezione Civile. Di qui la necessità di uniformare, attraverso linee guida ed indirizzi operativi, i linguaggi e le procedure al fine di creare una struttura in grado di dialogare specialmente in situazioni "di emergenza". La struttura europea di Protezione Civile nasce con l‘intento di mettere a confronto i diversi sistemi nazionali di Protezione Civile e le diverse strategie messe in | P a g i n a 51


atto per mitigare le conseguenze di eventi calamitosi. A partire dal disastro nucleare verificatosi nella ex Unione Sovietica, ci si è resi conto che alcune maxi emergenze possono travalicare i confini nazionali e richiedere un istantaneo coordinamento degli apparati di sicurezza di una pluralità di paesi. Vi è, al fondo, l‘esigenza di concordare forme e modalità, quanto più sollecite, di scambio di informazioni e di notizie sia nelle fasi preventive sia, a maggior ragione, nella gestione degli eventi emergenziali. Nel recente passato, si rammentano solo la devastante esplosione dell‘impianto chimico AZF di Tolosa (Francia) che ha causato 29 morti nonché ingenti danni; la fuoriuscita di cianuro dalla miniera di Baia Mare (Romania) che ha contaminato parte del Danubio; i terremoti cha hanno colpito la Grecia e la Turchia provocando oltre 17.000 vittime e le devastanti inondazioni che hanno interessato la Germania e la Francia. Peraltro, alcune Nazioni hanno una specifica struttura preposta alla gestione delle emergenze: l‘Italia, per effetto delle condizioni geomorfologiche e meteoclimatiche del proprio territorio, ha sviluppato specifiche e qualificate competenze per determinare tipologie di rischi. A tal fine appare indispensabile che si accresca il livello di interscambio di Protezione Civile culturale e di esperienza fra i paesi europei al fine di mettere a fattor comune le pratiche di eccellenza e omogeneizzare il più possibile la risposta continentale di Protezione Civile ed uniformare i linguaggi per la gestione delle emergenze.

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Catastrofi avvenute in Europa

Terremoti 1999 Grecia e Turchia oltre 17 000 vittime 1980 Italia 2739 vittime 1976 Italia 977 vittime Inondazioni 2002 Francia, Germania, Regno Unito, Repubblica ceca, Ungheria 2001 Polonia, Regno Unito, Romania, Ungheria 2000 Francia, Italia, Regno Unito, Spagna Frane 1998 Italia 159 vittime 1976 Regno Unito 144 vittime 1963 Italia 1 759 vittime Incendi forestali Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia: ogni anno Incidenti tecnologici 2001 Francia esplosione nella fabbrica AZF 29 vittime 2000 Romania, Ungheria fuoriuscita di sostanze chimiche a Baia Mare 2000 Paesi Bassi esplosione in una fabbrica di fuochi artificiali a Enschede 20 vittime Inquinamento marino dovuto a cause accidentali 1999 Francia incidente dell‘Erika con fuoriuscita di petrolio 1996 Costa del Galles Sea Empress 1993 Shetland Braer | P a g i n a 53


STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE INTERNA I governi dell‘UE hanno concordato formalmente per la prima volta di coordinare le strategie di Protezione Civile in una riunione ministeriale svoltasi a Roma nel 1985. Tali governi tra il 1985 e il 1994 hanno approvato varie iniziative preliminari che hanno gettato le basi di quello che è oggi un approccio coordinato di ampia portata per affrontare gravi disastri e pianificare i soccorsi. Tutte le iniziative di Protezione Civile a livello comunitario sono attuate sulla base del principio di sussidiarietà, il quale prevede che in settori di competenza condivisa fra l‘UE e gli Stati membri, la Comunità intervenga solo quando la sua azione è considerata più efficace di quella intrapresa a livello nazionale, regionale o locale. Nel 1997 il Consiglio dell‘Unione europea ha compiuto un importante passo avanti con l‘approvazione di un vasto programma di azione per la Protezione Civile valido dal 1 gennaio 1998 al 31 dicembre 1999. Questo primo programma di azione è stato seguito da un secondo programma nel 1999, basato su uno schema più ampio, entrato in vigore il 1 gennaio 2000 e valido fino al 31 dicembre 2004. Il nuovo programma è finalizzato a sostenere e integrare gli sforzi degli Stati membri dell‘UE nel settore della Protezione Civile a livello nazionale, regionale e locale, oltre che ad agevolare gli scambi tra gli specialisti europei del settore. In base all‘art. 3 della decisione del Consiglio del 9 dicembre 1999, che istituisce un programma d‘azione comunitario a favore della Protezione Civile, le singole azioni da intraprendere sono individuate prevalentemente sulla base di alcuni criteri:

- devono contribuire alla prevenzione di rischi e danni alle persone, o ai beni materiali e in tal modo, all'ambiente, in caso di calamità naturale o di catastrofe tecnologica; - devono contribuire a potenziare il livello di preparazione delle squadre di Protezione Civile negli Stati membri, affinandone la capacità di reazione in caso di emergenza; - devono contribuire ad individuare e studiare le cause delle Catastrofi; | P a g i n a 54


- devono contribuire a perfezionare gli strumenti e le metodologie di previsione, le tecniche e metodologie di reazione e immediata assistenza successiva alle emergenze - devono contribuire all'informazione, all'educazione ed alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica, mettendo i cittadini europei in condizione di proteggere se stessi con maggiore efficacia. Ognuna di queste azioni è condotta in stretta cooperazione con gli Stati membri e quest‘ultimi dovrebbero mirare a: - incorporare gli obiettivi di Protezione Civile nelle altre politiche ed azioni della Comunità e degli Stati membri, in particolare includendo la valutazione dei rischi nella valutazione dell'impatto di impianti ed attività; - contribuire alla coerenza di questo programma con altre azioni comunitarie.

I progetti sono rivolti a ridurre al minimo il rischio di numerose catastrofi naturali e tecnologiche e a contenerne l‘impatto qualora esse si verifichino. La loro finalità è, tra l‘altro, l‘elaborazione di principi e orientamenti chiari per la prevenzione di catastrofi naturali e gravi incidenti tecnologici. Oltre ad affrontare questioni generali connesse alla prevenzione dei disastri, questi progetti si concentrano in particolare sui rischi rappresentati da inondazioni, cedimenti di dighe e incendi. Il principio alla base di questi progetti è assicurare che i cittadini comunitari abbiano accesso a informazioni adeguate quando necessario, nella loro lingua, in caso di emergenza o di catastrofe, in modo da potersi proteggere con maggiore efficacia. Quando si viaggia, si lavora o si studia in uno Stato membro, deve essere possibile comprendere le informazioni fornite tramite segnali, cartelli, indicazioni e altri strumenti. In caso di pericolo, le persone devono capire quello che le autorità in tutti gli Stati membri dell‘UE cercano di comunicare in modo da poter provvedere a se stesse e a chi dipende da loro. | P a g i n a 55


Un esempio pratico di Protezione Civile in azione è il 112, ovvero il numero unico europeo per chiamate di emergenza. I cittadini europei in situazioni di emergenza possono chiamare il 112 per entrare in contatto con i servizi di emergenza in tutti gli Stati membri. Quindi, chiunque viaggi nell‘Unione deve ricordare un solo numero e questo garantisce un intervento più rapido ed efficace in qualsiasi emergenza. Il Consiglio delle Comunità europee ha deciso l‘introduzione del servizio 112 nel 1991. Tutti gli Stati membri dichiarano che ora il numero è operativo sul loro territorio. Sebbene tutti i cittadini dell‘UE abbiano diritto a protezione e assistenza di buona qualità, attualmente tra i vari Stati membri esistono differenze notevoli in termini di rischi, fattori geografici e demografici. I progetti dell‘Unione europea puntano a eliminare le differenze esistenti fra i vari stati membri e a garantire che i cittadini possano fare affidamento sullo stesso livello di preparazione in caso di emergenza, in qualsiasi parte dell‘Unione essi si trovino. Tra le iniziative specifiche rientrano progetti sulla medicina in caso di catastrofi e programmi per potenziare l‘assistenza psicologica alle vittime di calamità. Altri progetti sono finalizzati a migliorare le condizioni di formazione e addestramento per i professionisti del settore, tra cui i vigili del fuoco e altro personale di pronto intervento. Con questi progetti si intende assicurare agli esperti europei della Protezione Civile l‘opportunità di trarre tutti gli insegnamenti possibili dai disastri avvenuti in passato affinché possano affrontare le catastrofi del futuro con maggiore efficienza. Tra i progetti specifici da adottare figurano un programma per preparare gli Stati membri vulnerabili a far fronte ai terremoti e un‘analisi approfondita degli aspetti socioeconomici connessi ai disastri. Questi progetti sono rivolti ai professionisti che operano in tutti i settori della Protezione Civile. I programmi finora sostenuti includono uno studio sull‘uso delle nuove tecnologie dell‘informazione negli interventi di soccorso, una relazione sul ruolo delle organizzazioni non governative (ONG) in caso di catastrofi e un vasto scambio di opinioni con i paesi candidati all‘adesione sui problemi della Protezione Civile.

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Nell‘ottobre 2001 i governi dell‘UE hanno concordato di istituire un nuovo «meccanismo» per agevolare la cooperazione negli interventi di Protezione Civile. Il meccanismo si basa su un piano di ampia portata proposto dalla Commissione europea nel settembre 2000 e illustra strategie dettagliate per far fronte a tutte le principali emergenze che possono richiedere un intervento rapido, da catastrofi in tempo di pace, come possono essere i terremoti, a minacce o attacchi di tipo terroristico. Il nuovo piano è stato adottato in un contesto caratterizzato da una serie di gravi disastri che hanno colpito l‘UE e il resto del mondo negli ultimi anni. Soltanto nel 1999 si sono avuti terremoti in Grecia e Turchia, tempeste che hanno provocato gravi danni in molti paesi europei e il naufragio dell‘Erika che ha inquinato 400 km di costa francese. Il nuovo meccanismo intende agevolare la cooperazione tra gli Stati membri in modo che le autorità di una regione colpita da una calamità possano fare ricorso a un‘ampia rete comunitaria di esperti di Protezione Civile in brevissimo tempo. Il meccanismo viene attivato quando un paese richiede l‘assistenza dei partner UE a seguito di una catastrofe. In origine, il piano era stato elaborato per gli Stati membri, i paesi SEE (Spazio economico europeo) e i paesi candidati, ma in seguito sarà esteso anche a paesi terzi che richiederanno la collaborazione dell‘Unione per affrontare i disastri. Il fulcro del nuovo meccanismo è un nuovo Centro comunitario più efficiente di monitoraggio e di informazione per la Protezione Civile. Questa nuova infrastruttura sarà gestita dalla Commissione europea a Bruxelles e, come l‘unità operativa già esistente della Commissione «Protezione Civile», sarà attiva 24 ore al giorno, 365 giorni all‘anno. Il centro può fare riferimento in qualsiasi momento a una rete di esperti e, in genere, riesce a formare una squadra di intervento ad hoc e ad assicurarne l‘invio sul luogo del disastro in qualsiasi parte del mondo entro 12 ore. Per esempio, già poche ore dopo gli attacchi dell‘11 settembre, la Commissione aveva contribuito a formare una squadra di oltre 1 000 addetti ai soccorsi pronti a recarsi a New York e Washington in qualsiasi istante. Il manuale operativo contiene l‘indicazione di punti di contatto per | P a g i n a 57


ogni Stato membro, per i paesi SEE e per i paesi candidati in merito alle autorità competenti. La rete permanente dei corrispondenti nazionali (Permanent Network of National Correpondents — PNNC) è costituita da rappresentanti di alto livello appartenenti alle amministrazioni nazionali responsabili della Protezione Civile ed è la prima rete coordinata della Protezione Civile istituita nell‘Unione europea. Questa struttura svolge la funzione di strumento per lo scambio di informazioni ed esamina diverse iniziative nell‘ambito della Protezione Civile. Per l‘attuazione del programma di azione e del meccanismo comunitario a favore di una cooperazione rafforzata negli interventi di Protezione Civile, la Commissione è assistita dal Comitato per il programma di azione e per il meccanismo nel settore della Protezione Civile, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dalla Commissione stessa. La Commissione europea aggiorna a scadenze regolari un vademecum per la Protezione Civile che fornisce una panoramica delle misure adottate dagli Stati membri dell‘UE, dai paesi SEE e dai paesi candidati all‘adesione per affrontare le catastrofi. Si tratta di un documento dettagliato, destinato ai funzionari con posizioni di responsabilità nel settore della Protezione Civile a livello nazionale, regionale e locale, alle associazioni di volontariato, alle ONG nonché a tutti i cittadini interessati. La guida contiene descrizioni degli interventi effettuati in occasione di disastri avvenuti in passato, delinea i piani di azione per future emergenze e spiega chiaramente le competenze di tutti i soggetti interessati a livello locale, regionale, nazionale ed europeo in caso di catastrofe. Il vademecum illustra inoltre i progressi compiuti dalla Commissione, insieme ai servizi nazionali, nel favorire la cooperazione nel settore della Protezione Civile. La Commissione partecipa attivamente a una serie di accordi di cooperazione internazionale in materia di Protezione Civile e di intervento in caso di disastro. Queste attività rientrano nel quadro delle politiche comunitarie oppure si concretizzano in iniziative separate. | P a g i n a 58


Obiettivi Le varie strategie dell‘Unione europea per la cooperazione nel settore della Protezione Civile non intendono sostituire i sistemi nazionali. L‘Unione europea sta strutturando forme di cooperazione tra gli Stati membri negli ambiti di Protezione Civile riconducibili al principio di sussidiarietà che prevede come già detto, che ogni iniziativa sia avviata a livello ordinamentale e amministrativo più vicino alla comunità o realtà territoriale interessata dall‘evento. Le competenze nazionali, regionali e locali costituiscono e sempre costituiranno il nucleo di tutte le iniziative europee di intervento in caso di calamità. La Comunità intende svolgere un ruolo di coordinamento tra gli esperti della Protezione Civile nei Stati membri dell‘Unione. Numerose iniziative in questo settore sono state estese ai paesi dell‘Africa settentrionale e in parte al Medio Oriente nel quadro del progetto Euromed. In situazioni di emergenza, l‘approccio comunitario assicura, con la massima rapidità, l‘invio del personale più qualificato nelle aree colpite dal disastro. In altre circostanze, grazie alla cooperazione, gli esperti della Protezione Civile di tutta Europa possono incontrarsi a scadenze regolari per scambiarsi opinioni e imparare dalle rispettive migliori pratiche. Questo metodo ha consentito alla Comunità di sviluppare, in caso di disastro, alcune delle migliori strategie di intervento nel mondo. In particolare, gli obiettivi della cooperazione comunitaria nel settore della Protezione Civile sono i seguenti: - sostenere e integrare gli sforzi compiuti a livello nazionale, regionale e locale per prevenire i disastri e contribuire a potenziare il livello di preparazione dei responsabili della Protezione Civile e dei soccorsi in caso di emergenza;

- contribuire a informare il pubblico per consentire ai cittadini europei di meglio proteggersi;

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- istituire un quadro operativo per favorire la rapidità e l‘efficienza della cooperazione tra i servizi nazionali della Protezione Civile quando occorre un‘assistenza reciproca; -promuovere la coerenza delle azioni intraprese a livello internazionale nel settore della Protezione Civile, soprattutto nel contesto della cooperazione con i paesi candidati dell‘Europa centrale e orientale nonché con Malta, Cipro e la Turchia, in vista dell‘allargamento. La necessità di un approccio a livello europeo per la Protezione Civile non è mai stata così urgente come dopo l‘attacco terroristico dell‘11 settembre 2001 negli Stati Uniti. Gli Stati membri hanno compreso rapidamente che l‘Unione ha bisogno di una strategia di intervento chiara e coordinata in caso di disastro qualora un simile attacco avvenisse in uno Stato membro. Reagendo prontamente a queste preoccupazioni, la Commissione europea ha presentato nel novembre 2001 una relazione dettagliata che conteneva suggerimenti per una serie di iniziative concrete. Il documento delineava le possibili misure per prevenire attacchi contro siti sensibili quali impianti chimici o centrali nucleari e suggeriva modalità per coordinare l‘intervento dell‘Europa in caso di un simile attacco. La comunicazione proponeva inoltre misure per affrontare l‘ipotetica minaccia di attacchi terroristici con armi biologiche, chimiche o nucleari.

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Obiettivi futuri L‘UE chiede di rafforzare la Protezione Civile europea e di redigere le mappe di vulnerabilità del territorio per disastri naturali, tenuto conto anche dei cambiamenti climatici. L'UE ha proposto di rafforzare la Protezione Civile europea e la prevenzione dei disastri naturali attraverso un'azione di coordinamento delle protezioni civili nazionali e di una azione di «sussidiarietà». Su questo argomento è già pronta una bozza di direttiva europea. La proposta nasce dall'esigenza di dare risposte adeguate ed efficienti ai rischi naturali o indotti dalle attività umane e di fornire un'adeguata collaborazione anche a livello extra-europeo. Questa esigenza si è resa particolarmente evidente, in questi ultimi tempi, dopo i disastri alla popolazione ed all'ambiente degli incendi boschivi record della scorsa estate in Portogallo, dopo le disastrose alluvioni, sempre della scorsa estate, che hanno colpito l'Europa centro orientale, senza dimenticare disastri come l'uragano Katrina negli Usa (sempre nella scorsa estate) e lo tsunami asiatico del dicembre 2004. Le proposte della Commissione contengono, tra l'altro: - una dotazione a livello europeo di aerei antincendio, attrezzature di emergenza e personale qualificato pronto ad intervenire immediatamente nel caso in cui gli interventi delle protezioni civili dei paesi membri non fossero adeguati o sufficienti; - la realizzazione di un sistema di sorveglianza ed allerta europeo con la pubblicazione giornaliera di un bollettino, collegato ed interconnesso con i circa 50 centri di allerta che sono presenti a livello mondiale. Questa nuova direttiva chiederà a tutti i paesi membri UE che vengano preparate opportune mappe di vulnerabilità dei loro territori e di rischio di alluvioni o inondazioni, tenuto conto anche della evoluzione del clima e dei cambiamenti climatici.

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Conclusioni Data la recentissima istituzione della Protezione Civile a livello europeo, si auspica che in futuro l‘Unione europea approfondisca la materia con la produzione di nuove norme atte a regolamentare con maggior chiarezza ed efficacia le azioni della Protezione Civile in un clima di collaborazione internazionale.

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BIBLIOGRAFIA ELENCO DELLE PRINCIPALI NORMATIVE

Legge 8 Dicembre 1970, n. 996 (G.U. 16 Dicembre 1970, n. 317) Norme sul soccorso e l‘assistenza alle popolazioni colpite da calamità – Protezione Civile

Legge 10 Agosto 1976, n. 557 (G.U. 14.08.1976 n. 214) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 luglio 1976, n.463, recante norme urgenti per l‘organizzazione dei servizi antincendi e di Protezione Civile.

Legge 26 Febbraio 1977, n. 45 (G.U. 01.03.1977 n. 057) Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 1976, n.868, concernente proroga del termine previsto dall‘articolo 1 del decreto-legge 3 luglio 1976, n.463, convertito nella legge 10 agosto 1976, n.557, recante norme urgenti per la organizzazione dei servizi antincendi e di Protezione Civile.

D.P.R. 6 Febbraio 1981, n. 66 (G.U. 16 Marzo 1981, n. 74, s.o.) Regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, recante norme sul soccorso e l‘assistenza alle popolazioni colpite da calamità – Protezione Civile

Legge 12 Agosto 1982, n. 547 G.U. 28/09/2000, n. 227) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 10 luglio 1982, n. 428, concernente Misure urgenti per assicurare l‘impiego di aeromobili militari nell‘azione di prevenzione e di spegnimento degli incendi. Con il provvedimento, che riguarda misure urgenti per assicurare l‘impiego di aeromobili nell‘azione di prevenzione e spegnimento degli incendi boschivi e con la costituzione del Fondo per la Protezione Civile, è stata data la possibilità di finanziare anche interventi di Protezione Civile. | P a g i n a 63


Decreto Legge 12 Novembre 1982, n. 829 (G.U. 15.11.1982 n. 314) Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite da calamitĂ naturali o eventi eccezionali.

DPCM 14 Settembre 1984 Organizzazione del Dipartimento della Protezione Civile. Disciplina l‘organizzazione del DPC in Servizi e Uffici

Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile, Ordine di servizio n. 1, 3 Ottobre 1984 Organizzazione degli uffici del Dipartimento della Protezione Civile

DPCM 16 Ottobre 1984 Costituzione del Comitato operativo per le Emergenze (EMERCOM)

DM 25 GIUGNO 1985 (G.U. 18 Luglio 1985, n. 168) Adozione di un emblema rappresentativo da parte del Dipartimento delle Protezione Civile e delle associazioni di volontariato.

Legge 6 Marzo 1987, n. 64 (G.U. 07.03.1987 n. 055) Conversione in legge del decreto-legge 3 gennaio 1987, n. 1, recante proroga di termini in materia di opere e servizi pubblici, di Protezione Civile e servizio antincendi in taluni aeroporti.

DPR 17 Maggio 1988, n. 175 (G.U. 1 Giugno 1988, n. 127) Attuazione della direttiva CEE n. 82/501, relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attivitĂ industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, n. 183 | P a g i n a 64


Legge 11 Febbraio 1989, n. 75 (G.U. 04.03.1989 n. 053 suppl.ord) Ratifica ed esecuzione della convenzione tra la repubblica italiana e la repubblica tunisina relativa alla cooperazione e all‘assistenza nel campo della Protezione Civile e dei servizi antincendi, firmata a Roma il 17 ottobre 1985.

Legge 18 Maggio 1989, n. 183 G.U. 25 Maggio 1989, n. 120) Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo

Legge 7 Agosto 1990, n. 241 G.U. 18 Agosto 1990, n. 192) Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi

Legge 11 Agosto 1991, n. 266 G.U. 22 Agosto 1991, n. 1) Legge quadro sul volontariato

DM 14 Febbraio 1992 G.U. 22 Febbraio 1992, n. 44) Obbligo alle organizzazioni di volontariato ad assicurare i propri aderenti che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connesse allo svolgimento dell‘attività stessa, nonché alla responsabilità civile per danni cagionati a terzi dall‘esercizio dell‘attività medesima.

Legge 24 Febbraio 1992, n. 225 (G.U. 17 Marzo 1992, n. 64, suppl. ord.) Istituzione del servizio nazionale della Protezione Civile

DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l‘edilizia scolastica

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DPR 16 Dicembre 1992, n. 495, art. 373 (G.U. 18 Agosto 1992, n. 303, s.o.) Esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale

DPR 30 Gennaio 1993, n. 51 (G.U. 5 Marzo 1993, n. 53) Regolamento concernente la disciplina delle ispezioni sugli interventidi emergenza.

DPCM 26 Luglio 1993 (G.U. 21 Agosto 1993, n. 196) Riorganizzazione del comitato nazionale di volontariato di Protezione Civile

Legge 10 Novembre 1993, n. 456 (G.U. 16.11.1993 n. 269 ) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 367, recante disposizioni urgenti per l‘acquisto di velivoli antincendio da parte della Protezione Civile.

Decreto del Presidente della Repubblica, 21 Settembre 1994, n. 613 Regolamento recante norme concernenti la partecipazione delle associazioni di volontariato nelle attività di Protezione Civile

Decreto Ministro Trasporti e Navigazione 15 Aprile 1994 G.U. 30 Maggio 1994, n. 124, serie generale) Contrassegno di cui dovranno essere muniti i veicoli delle associazioni di volontariato ai fini dell‘esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale

Decreto ministeriale 10.03.1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell‘ emergenza nei luoghi di lavoro.

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D.Lgs. 30 Luglio 1999, n. 300 (G.U. 30 agosto 1999, n. 203, S.O.) Riforma dell‘organizzazione del Governo, a norma dell‘art.11 della Legge 15 marzo 1997, n.59

D.Lgs. 17 Agosto 1999, n. 334 (G.U. 28 settembre 1999, n. 228) Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose

Legge 21 novembre 2000, n. 353 (G.U. 30 novembre 2000, n. 280) Legge-quadro in materia di incendi boschivi

Legge 11 Dicembre 2000, n. 365 (G.U. 11 dicembre 2000, n. 288) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto – legge 12 ottobre 2000, n. 279, recante ―Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di Protezione Civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali‖

DPR 8 Febbraio 2001, n. 194 (G.U. 25 maggio 2001, n. 120) Regolamento recante nuova disciplina della partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di Protezione Civile.

Legge 6 Marzo 2001, n. 64 (G.U. 22 marzo 2001, n. 68) Istituzione del servizio civile nazionale

DM 9 Maggio 2001 (G.U. 16 giugno 2001, n. 138) Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante

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DPR 17 Maggio 2001, n. 287 (G.U. 17 luglio 2001, n. 164) Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento degli uffici territoriali del governo

Circolare Prot. M/3110 del 18/07/2001 La circolare esplicativa della Direzione Generale del Personale sul funzionamento degli UTG Uffici Territoriali del Governo – decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287, recante ―Disposizioni in materia di ordinamento degli uffici territoriali del governo a norma dell‘art. 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.‖

Decreto Legge 07 Settembre 2001, n. 343 G.U. 10 settembre 2001, n. 210) Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di Protezione Civile. Modificazioni urgenti al Decreto Legislativo 300/99 con conseguente soppressione dell‘Agenzia di Protezione Civile.

I siti consultati:  http://europa.eu/constitution/it/ptoc62_it.htm  http://www.europarl.europa.eu/news/expert/briefing_page/5331-066-03-1020060216BRI05330-07-03-2006-2006/default_p001c021_it.htm  http://www.ispro.it/insertions.aspx?ins=69  http://www.protezionecivile.marche.it/viewdoc.asp?CO_ID=307&tree=153  www.vglobale.it  http://europa.eu.int/eur-lex/en/search/search_lif.html  http://europa.eu.int/eur-lex/en/lif/index.html | P a g i n a 68


 www.protezionecivile.it  www.wikipedia.org/wiki/Protezione_Civile  www.provincia.fi.it  www.protezionecivilesicilia.it

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INDICE PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE………………………………………………………………………………………….pag.1 INTRODUZIONE…………………………………………………………………………………...pag.1 LA STORIA………………………………………………………………………………………....pag.1 LA STRUTTURA…………………………………………………………………………………....pag.3 IL DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE…………………………………………….pag.6 L‘ATTIVITA‘ DEL DIPARTIMENTO……………………………………………………………..pag.10 I COMPITI………………………………………………………………………………………… pag.10 L‘ATTIVITA‘ DEL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE…………………pag.12

PROTEZIONE CIVILE REGIONE SICILIANA……………………………………………………………………….pag.37 PREMESSA…………………………………………………………………………………………..pag.37 BREVE STORIA DELLA NORMATIVA DI PROTEZIONE CIVILE……………………………..pag.38 DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE SICILIANA…………………………………..pag.46

PROTEZIONE CIVILE EUROPEA…………………………………………………………………………………………….pag.49 INTRODUZIONE……………………………………………………………………………………pag.50 CENNI STORICI……………………………………………………………………………………..pag.51 CATASTROFI AVVENUTE IN EUROPA…………………………………………………………pag.53 STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE INTERNA………………………………………………….pag.54 OBIETTIVI…………………………………………………………………………………………...pag.59 OBIETTIVI FUTURI………………………………………………………………………………....pag.61 CONCLUSIONI………………………………………………………………………………………pag.62

BIBLIOGRAFIA ELENCO DELLE PRINCIPALI NORMATIVE…………………………………………………….pag.63 I SITI CONSULTATI………………………………………………………………………………...pag.68

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Hanno partecipato al presente documento: Bentivegna Salvatore Bonello Alessio Fanara Salvatore Fiorista Benedetto Dott. Fontana Alessandro Dott. Biol. mar. Galifi Benedetto Grillo Nicola Gucciardi Federico Mannino Carlo Musso Giuseppe Picone Lorenzo Emanuele Quattrocchi Emanuela Dott. Geol. Schiera Mauro Tedesco Nicola Progetto coordinato dall窶連vv. Anna Maria Sammartino. Uno speciale ringraziamento va alla: Dottoressa Ester Scuderi.

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