Bedifferent n°4

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Anno II Marzo 2009 Numero QUATTRO

LA CITTA’ CHE SALE


La città che sale.

In copertina: Berlino Potsdamer Platz 1, 2003 Stampa a mano su carta baritata ai sali d’argento

L’eredità. È questo probabilmente il tema centrale su cui si può basare qualsiasi pensiero e qualsiasi discussione intorno al futurismo, a ciò che è stato, che ci ha voluto dire. L’eredità che a 100 anni di distanza diventa storia e tradizione. Strano ma vero, una tradizione che arriva direttamente da chi della tradizione voleva liberarsi (Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie). Ora dopo 100 anni, cosa è rimasto? Questa è forse l’unica domanda da porsi. E tra mille risposte che si possono trovare, abbiamo deciso di darvi la nostra visione: questo è quello che è rimasto nel sottosuolo di città che sono salite, sì. Ma verso dove né Marinetti, né Balla, né i loro compagni futuristi si aspettavano. Allora mi rivolgo direttamente a te, caro Marinetti, che hai voluto far dell’Italia, per un poco, la culla di una cultura rivoluzionaria, ribelle, moderna, veloce. Cosa ne pensi, caro Marinetti, di ciò che accompagna e rappresenta l’arte contemporanea, oggi? Di questo variopinto valzer di mosche intorno alla spazzatura di finanziamenti pubblici, poltrone, amministrazioni, assessori, critici stantii; tutti sempre facilmente ripiegati su se stessi? E cosa ne pensi delle poche api laboriose, che tentano coi propri mezzi, con una passione sana, di essere fedeli solo e unicamente alla loro ape regina Arte, e che vengono regolarmente schiacciati dal fantastico esercito di burocrati, camuffati da maglioncini, sciarpette e scarpette varie? E cosa ne dici, Marinetti, di tutto quello che esiste adesso, e del nuovo mondo che abbiamo conquistato? Hai visto la velocità cosa ci ha portato? Per dipingere oggi si usa anche il computer, non ci si sporca neppure le mani. O sennò c’è anche chi (delinquenti dicono), le mani se le sporca pure e dipinge di notte, sui muri delle nostre città, dominate ormai dalla fretta, più che dalla velocità . Loro secondo me ti starebbero simpatici… ricordo quella poesia, L’esecrabile sonno si chiamava, che iniziava così “Quando non posso volar via/col mio monoplano, io percorro la città/ a notte alta,/ con orde pazze di studenti,/ rompendo tutti i vetri dei pianterreni”. E poi, hai visto la magia di Internet? E dei vari forum, blog, fanzine, pdf magazine, flickr, siti, portali. E anche dei myspace, youtube, facebook, eccetera... Oggi gli uomini comunicano così. Strano vero? Affascinante sicuramente. Le città sono salite, ora i grattacieli sono in mezzo alle nuvole. E con loro siamo saliti noi, la nostra cultura e la nostra civiltà.

IN QUESTO NUMERO:

Francesco Pignatelli

pag. 4

pag. 9

pag. 14

Stefano Venturini pag. 18 pag. 23

pag. 24 pag. 30

Editor, Copywriter Francesco Perrone email: francesco@bedifferent.it web: www.lapaglia.it Press officer, Web Marketing Matteo Pizzolla email: matteo@bedifferent.it

Erica Bellomi Laura Brignoli Rosalba Di Perna Simone Galasso Simona Gavioli Pietro Marigo Stefano Mastronicola Bianca Matita

Patrizia della Porta

Giacomo Costa Walter Trecchi

pag. 36 pag. 40

Michele Brancati pag. 44

Moneyless pag. 48

pag. 52

Guido Bagini

Sergio Tringali pag. 54

pag. 58

Collaboratori

Riccardo Zuliani

Paco

Be|Different - numero quattro.

Editor-in-chief, Art Director Lorenzo Brusadelli email: lorenzo@bedifferent.it web: www.lorenzobrusadelli.it

Paco

Francesco Bongiorni

pag. 10

Probabilmente il tuo manifesto oggi si perderebbe nella rete della nostra ultrainformazione, del nostro “esiste tutto”. Forse in questo tutto non c’è proprio niente, ma fammelo dire: ancora dopo 100 anni i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie non sono ancora state distrutte. Ci stiamo lavorando.

Patrizia della Porta

copertina

Massimo Falsaci

Giuliano Pastori pag. 62 pag. 63

Simone Lucciola

Appendice degli autori

Ai sensi della L.633/41 e successive modifiche, è vietato l’utilizzo, totale o parziale, di tutte le immagini e degli scritti presenti in questa pubblicazione; essi sono di proprietà dei rispettivi autori e/o di chi ne detiene i diritti. Be|Different Magazine non è in alcun modo responsabile del loro utilizzo da parte di terzi senza il consenso dei titolari dei diritti medesimi.


Francesco Pignatelli

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Chikatetsu. Tokyo, 2000 stampa Lambda su carta Kodak, montata con plexiglas e dbond

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Francesco Pignatelli

Francesco Pignatelli (Milano, 1971) è un nome che si incontra sempre più di frequente quando si parla di nuova fotografia contemporanea. Riteniamo i suoi lavori molto interessanti sotto molteplici aspetti. Innanzitutto il ribaltamento del senso e del significato stesso della fotografia. La tecnica utilizzata da sempre per imbalsamare attimi, quindi strumento di memoria, crea in questi lavori una suggestione inversa, che cancella le tracce del ricordo per trasportare l’immagine in una dimensione in cui il tempo è solo ed esclusivamente verticale, interiorizzato. Lo spazio non viene più colto in un istante particolare ma nell’istante definitivo, quello che non è mai rivolto verso il passato, al massimo verso un futuro più metafisico che probabile. L’effetto che ottiene Pignatelli nelle sue foto è frutto di un particolare processo di stampa in negativo, che gli consente quel risultato cromatico che a primo impatto esalta lo sguardo e proietta subito l’immagine nello spazio privato delle caratteristiche che tendiamo da sempre ad attribuirgli. Tra il 1999 e il 2008 l’artista realizza installazioni e mostre in gallerie e spazi pubblici a Torino, Milano, Roma, Venezia, Colonia, Strasburgo, Bonn, Parigi e Toronto. Attualmente vive e lavora a Milano. Taxi-Caracas. Caracas, 1992 stampa Lambda su carta Kodak, montata con plexiglas e dbond

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A destra: Barcelona Tours. Barcellona, 2003 stampa Lambda su carta Kodak, montata con plexiglas e dbond

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Francesco Pignatelli

Paco

MI 757. Milano, 2004 stampa Lambda su carta kodak, montata con plexiglas e dbond

Milano, il mare. I relitti abbandonati alle fermate dei metrò affondati dalla vostra elemosina m’hanno insegnato a non fidarmi di te, Milano. Mi hanno insegnato che la fretta non è un dono ma qualcosa da curare, che la velocità è nobile diversa da tutto questo vociare, correre, delirare; e che il mare lo si può sentire, rimescolato e straniero, lo si può toccare nello scorrere di sguardi addosso alle vetrine e vedere infrangersi sui palazzi, grigio e vivo. E così ti mantieni una grande: tu senza identità; che quando vieni fuori è come un duomo costruito su di un primato singolare: inventarsi un mare e non saperci nuotare. La nebbia non è scesa anche qui, nel metrò: si è rotta sui corrimano delle scale, sulle teste dei pendolari, chine - come i frati - a illudersi e pregare.

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Francesco Bongiorni

Spouse support, 2007 tecnica digitale

Il lavoro di Francesco Bongiorni (Milano, 1984) è riconducibile al filone dell’illustrazione concettuale. Le sue illustrazioni sono realizzate con media digitali ma il procedimento passa da studi, sperimentazioni e campiture dipinte, che rendono il suo lavoro un ibrido tra digitale e tecniche tradizionali. Ironiche e visionarie, le illustrazioni di Bongiorni fanno quello che le illustrazioni devono fare: divertire e far riflettere. Un mix talmente equilibrato, in questo caso, da non cadere mai, né lasciarsi tentare, dall’ovvio. Non per niente l’illustratore, che lavora a Madrid, collabora con alcune tra le più importanti riviste del mondo (New York Times, The Boston magazine, The Harvard Business review, Mondadori, Il Corriere della Sera ed El Mundo).

Sopra: Findig rest in financial chaos, 2008 tecnica digitale 10

A pagina 11: When You Shouldn’t Go Global, 2009 tecnica digitale 11


Francesco Bongiorni

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Stefano Venturini

A sinistra: Still II, 2008 olio su tela

Luce. È la prima cosa che colpisce gli occhi alla vista dei quadri di Venturini. Una luce forte, che non illumina ma acceca, che non definisce, ma al contrario rende tutto inafferrabile, che toglie identità, distrugge, scompone. Grazie ad uno studio sulla luce e sul tratto che trova radici nella pittura dei macchiaioli, ci troviamo davanti ad uno scenario contemporaneo e quotidiano, quando nel camminare verso una qualsiasi meta, presi come sempre solo da noi stessi, non ci accorgiamo del mondo che ci circonda, non diamo né volto né identità a chi fa lo stesso con noi. L’artista (Blevio, Como 1956) sviluppa i suoi lavori come vere e proprie variazioni sul tema, come nella serie “people”, in cui, tra tutta questa gente, ci troviamo, senza troppa retorica, come sempre soli.

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Stefano Venturini

People II, 2008 olio su tela

Controluce VII, 2008 olio su tela

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Riccardo Zuliani

Dice Zuliani delle sue opere: “Sono realizzate attraverso la tecnica del collage, scelta in seguito alla sperimentazione di possibilità espressive diverse, come medium più congeniale per concepire vedute di città immaginarie. Piccoli pezzi di carta ritagliati e applicati sulla tela o sulla tavola come una sorta di preziose tessere di mosaico. Quadri che permettono una dualità di percezione, offrendo la possibilità di osservare la superficie da vicino e vedere

così i frammenti delle immagini inseriti l’uno sull’altro e quella, invece, di cogliere attraverso attraverso la distanza, un’immagine che l’occhio ricostruisce attraverso la memoria visiva.” Secondo noi è geniale, suggestivo, romantico, attuale: reinterpreta il collage in una chiave semplice e davvero originale. Peculiarità, queste, sempre più difficili da trovare.

New City, 2008 collage e acrilico su tela

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Riccardo Zuliani

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Lights from the city #2, 2008 collage e acrilico su tela

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Marlboro in pacchetto morbido

Riccardo Zuliani Suburban, 2007 collage e acrilico su tela

New Skyline, 2008 collage e acrilico su tela 22

Chiave gira in elettronica serratura radio canta freno a mano. Finestrini a lato, il mondo va: - a destra: a destra destra, - a sinistra: le stesse volte che a destra, ma indietro indietro, in verità va. Il fumo lascia una traccia del me-tallizzato, destra, più avanti verde: cabriolet gira a destra pullman - grigio verde rosso- a sinistra va, clacson freno. Freccia destra, specchietto. L’animo? Nel cruscotto. Ombra di tir, tracce pneumatiche specchietto: situazione stretta - curva a sinistra - perfetta. Rosso, verde: stop, taxi arancio, qui posso superare, mi sento meglio respirare (Accendisigari - finestrino - traccia 6, volumi ok. Bassi? Da regolare. Puzza di fumo, rosso: fermo canticchio, specchietto barba, insonnia, occhiaie, nausea suoni, alberi, cose spettinati) Clacson pedoni attraversamento lento bambini, mamma, donna, anziano, arabo cemento arancione! Affrettarsi. Omini stilizzati… affettati…affrèttati! Affrettatevi! State per diventare rossi non siate timidi, non lo vedete? Verde, tana per tutti! Marciapiede comanda color Attraversate-mi! Attraversate! Berlina spegne ritarda, ira fa. Superami: grossa cilindrata almeno 90 all’ora, allora non faccio caso a chi mi sta intorno, resuscito l’orgoglio e uomo impreco: tono alto, pugni chiusi. (Bocche: in-comunicabilità im- possibilità finestrino sordomuto non reagisce) destra precedenza, lavori, attenzione dimentico l’imprecazione. Insegna “T” luminosa s’illumina quasi nervosa. T è qualcosa di meno uccide: è catrame, veleno, ma T sarà d’aiuto fermarsi è necessario. Tutto il restante è Tutto l’esistente accessorio, ma occorrente. - Marboro in pacchetto morbido – - 4euro e 20 -

Paco

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Patrizia della Porta

La rivincita dei bubini, 2008 disegno a penna su carta

Patrizia dalla Porta è un’artista che non ha bisogno di presentazioni, data la carriera ventennale e la collaborazione con alcune tra le principali istituzioni di arte contemporanea del mondo (Beaubourg, Whitney, per arrivare alla National Gallery of Art di Washington, che possiede una parte del portfolio dell’artista nella sua collezione permanente). Le sue immagini, inoltre, hanno una forza espressiva così intensa da raccontare da sole molto sullo sguardo della fotografa, cosicché, l’operazione più onesta che ci sembra il caso di proporre, è riportare le parole dell’artista stessa, la sua personale visione del lavoro: “Il mio processo di visualizzazione/interpretazione/ trasfigurazione tende, attraverso la persistenza dello sguardo come atto contemplativo e di indagine profonda, a creare spazi o meglio, luoghi mentali. Con il mezzo fotografico cerco di rendere tangibile il messaggio profondo delle forme o come ha detto I.M PEI del mio lavoro ”catturare l’anima degli edifici”. Per scommessa creativa e per scelta di rigore ontologico, non uso alcun trucco fotografico o fotomontaggio. Fotografo sempre a mano libera, senza cavalletto e in formato 24x36 con una Nikon F2A. Una scrupolosa e maniacale attenzione nel lavoro in camera oscura mi permette di creare sfumature, nuances, campiture, composizioni, che rendono ogni stampa una vera e propria tela”. Eliminando ogni riferimento dimensionale, di proporzione, di contesto, di funzione, Patrizia della Porta riesce nel suo intento, non di documentare, bensì di creare uno spazio metafisico di contemplazione, in cui, citando un proverbio zen “Ogni cosa é la stessa. Ogni cosa é diversa”.

A destra: Kuala Lumpur Torri Petronas variazioni sul tema 7, 2000 Stampa a mano su carta baritata ai sali d’argento

Nella pagina seguente: Tokio C2, 1984 Stampa a mano su carta baritata ai sali d’argento

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Patrizia della Porta

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A destra: Tokio A6, 1984 Stampa a mano su carta baritata ai sali d’argento

Patrizia della Porta

Sotto: Tokio D1, 1984 Stampa a mano su carta baritata ai sali d’argento

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Giacomo Costa

Atto n. 2, 2006 c-print

I lavori di Giacomo Costa commentano da soli la loro importanza, la loro imponenza, la caparbietà, la sintesi perfetta tra osare e descrivere la contemporaneità. Le presenze così eccessive, giganti, all’interno di un paesaggio di città abbandonata, ci lascia immaginare la suggestione che preferiamo. E così allora ci sembra più interessante parlare della vita di Costa, se è vero che molto spesso la biografia di un’artista è da sola la critica ai suoi lavori. Nasce a firenze nel 1970, studia violino da bambino fino a quando ha 14 anni, abbandona gli studi di liceo classico nel 1986 e si dedica all’attività di motocrossista e meccanico di moto, poi trova nella montagna la sua dimensione ideale e si trasferisce sul Monte Bianco, dove comincia a fare foto paesaggistiche (1990). Nel ’93 torna a Firenze per fare il servizio civile, inizia in questo periodo la sua ricerca fotografica sull’autoritratto e sulla sua sessualità; pian piano si palesa la necessità di intervenire sulla fotografia. Grazie all’incontro col fotografo Richard Nieto, che gli insegna una particolare tecnica basata su un punto di luce mobile, il suo desiderio di modificare la fotografia viene esaudito. Nel ’94 ha l’occasione di presentare le sue ricerche al pubblico con la sua prima personale al castello di Rivara. Si inizia così a muovere nel mondo dell’arte e ad abbandonare gli impegni professionali. Nel ‘95 la sua ricerca si sposta sulle Polaroid. Nel ‘96 scopre il computer e la sua potenzialità. Abbandona così le fotografie e si dedica all’arte digitale, con risultati ottimi, sia in termini di critica che di popolarità. Tra il 1997 (anno in cui diventa soccorritore di ambulanza) e il 2000 (anno in cui ricomincia a correre in moto) partecipa a collettive, personali, fiere in tutto il mondo. Nel 2003 comincia a costruire pipe. Nel 2006 la sua opera “agglomerato n.9” entra a far parte della collezione permanente del Pompidou di Parigi. Nel 2007 comincia a restaurare una barca, così navigando trascorre il suo tempo libero. Siamo sempre più convinti che ognuno ha la vita che si merita.

Secret Garden n. 8, 2008 c-print 30

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Giacomo Costa

Atto n. 9, 2007 c-print

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Giacomo Costa

Consistenza n. 5, 2008 c-print

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Walter Trecchi

A sinistra: Cantiere VII, 2004 tecnica mista su tela

Cantiere LVIII, 2008 tecnica mista su tela

Nato a Como nel 1964, Walter Trecchi inizia il suo percorso nella pittura durante la seconda metà degli anni ’90; nel ’98 è finalista al premio di pittura della rivista “Arte” Mondadori. Da allora è presente nel panorama artistico con personali, collettive e rassegne in tutta la penisola e all’estero. I soggetti dei suoi dipinti sono i cantieri, le gru, tutto ciò che rende una città non statica, che rimanda alla sua mutazione continua e spesso proiettata verso l’alto. Materia e figurazione si incontrano così per svilupparsi in un contesto etereo, poetico, ma d’altra parte tangibile e concreto.

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Walter Trecchi

Sogni, 2007 china nera e acrilico

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Cantiere II, 2004 tecnica mista su carta intelata

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Michele Brancati

Michele Brancati, fotografo originario di Reggio Calabria, che vive a Bologna dal 2000, ha una formazione che spazia dal cinema (è laureato in Storia e Critica del Cinema) alla fotografia (ha frequentato più corsi presso l’Istituto Italiano di Fotografia di Milano). Le foto che ci propone fanno parte di un lavoro ancora in corso che ha come tema il mondo delle metropolitane e tutto quello che succede al di sotto del contesto urbano, in cui ci si immerge per il breve tempo di un tragitto, per poi riemergere e scoprire un mondo “sopra” che non ci si ricordava più così illuminato e vitale. Questo lavoro prende spunto da quello di un grande fotografo purtroppo scomparso molto giovane, Marco Pesaresi.

A sinistra: Visioni Sotterranee, 2008 tecnica digitale su forex

Nella pagina seguente: Belgrado, 2009 tecnica digitale su forex

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Michele Brancati

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Moneyless

Ci voleva proprio un’artista che unisse l’attitudine e l’esperienza street-art ad una ricerca su quei movimenti artistici che hanno fatto dell’architettura, della geometria, del design, delle costruzioni e, di conseguenza, anche delle metropoli, il loro principale metro di confronto e di ricerca della realtà (Bauhaus, Costruttivismo). Per questo ci hanno colpito i lavori di Moneyless, per la semplicità con cui crea questi piccoli inni all’unione di arte e metropoli. L’artista riesce così ad astrarre le forme che la città sputa fuori dalle sue costruzioni, dalle automobili, dalle vetrine, persino dai volti, per ridonarle alla città in una veste nuova e affascinante, che interagisce perfettamente con rumori, colori e sapori dal gusto contemporaneo.

Struttura multipiano bobbe, 2009 mixed media

Ago, 2009 viareggio quarzo su muro

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Struttura multipiano bobb, 2009 mixed media

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MoneyLess

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Struttura 004, 2008 quarzo su legno sagomato

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Guido Bagini

Guido Bagini, torinese nato nel 1970, crea un nuovo mondo dimensionale attraverso la propria arte. Le prime opere consistevano in paesaggi architettonici realizzati con smalti lucidi su cartone; nel 2008 l’artista si è evoluto attraverso l’uso di un nuovo materiale, il Corian, un impasto di polvere di marmo e resine artificiali utilizzato nel mondo del design, e attraverso l’approdo alla terza dimensione. Le geometrie che avevano caratterizzato i suoi precedenti lavori diventano ancora più essenziali e si snodano in tubi metafisici che ricordano forme organiche e sinuose.

Le sagome presenti nelle opere su cartone vengono ricreate in tre dimensioni: le sculture ricordano visionari oggetti di design e spingono l’osservatore ad indagare la novità di forme e materiali. Bianco luminoso e sezioni di colori saturi si alternano e seguono un continuo rovesciamento dei piani visivi, smaterializzando a poco a poco la percezione razionale dello spettatore. Le opere di Bagini diventano così paesaggi mentali, in mezzo ai quali è emozionante smarrirsi. Laura Brignoli

Senza titolo, 2006 smalto su cartone intelato

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Guido Bagini

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MYWorld 002, 2008 smalto su cartone intelato

MYWorld 003, 2008 smalto su cartone intelato

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Sergio Tringali

Sergio Tringali (Augusta - SR, 1976) oltre ad essere pittore da sempre, si occupa di design e web (tra le consulenze si annovera la Baleri Italia e la Renault). Il lavoro di Tringali fa tesoro della celebre citazione dell’architetto tedesco Mies Van der Rohe “less is more” che sintetizza alla perfezione il concetto di semplicità e di minimalismo, rappresentato nelle tele dell’artista. Nell’ultimo suo lavoro “Look up”, una serie di oli su tela che ritraggono imponenti edifici di Manhattan, è facile intuire questa linea di pensiero; l’artista infatti restituisce, con semplici pennellate ritmiche di bianco su fondo nero, prospettiva e volume a questi imponenti colossi di New York in un processo di sottrazione portato all’estremo.

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A destra: Look up - op. 7, 2007 olio su tela

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Massimo Falsaci

Il sogno, 2008 acrilico su tela

Artista dalla formazione poliedrica (illustrazione, acquarello e tecniche pittoriche varie) Massimo Falsaci (Verbania, 1974) crea un immaginario personale e di forte impatto comunicativo. Legato al filone della Nuova Figurazione, il suo lavoro prende a piene mani dall’immaginario contemporaneo plasmato, ma anche inquinato, dai mass media. Utilizza quindi fotografie scattate da lui stesso, oppure prese da quotidiani, riviste, o anche da internet, che vengono rielaborate al computer per accentuare colori e contrasti e arrivare così allo scheletro, all’essenza delle stesse. A questo punto il risultato viene riportato su tela, scomposto e colorato in acrilico, con l’utilizzo di un numero limitato di colori e l’assenza totale di sfumature, per arrivare ad un risultato quasi grafico, che toglie morbidezza e vita, ma che non smette di coinvolgere. Ed è proprio il togliere con precisione e parsimonia, la cifra con cui le sue opere si confrontano con il contemporaneo, illudono e svaniscono, lasciando una traccia fredda quanto realistica.

La Gabbia, 2008 acrilico su tela

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Massimo Falsaci

Miraggi, 2006 acrilico su tela

Sogni, 2007 china nera e acrilico

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Giuliano Pastori

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Tempo, 2008 acrilico e smalti su tela

Dimensioni parallele, 2008 tecnica mista

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Giuliano Pastori

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Per ottenere, attraverso la pittura, un risultato coerente con le linee portanti del suo lavoro, cioè una visione in movimento, in azione, del contesto metropolitano, Giuliano Pastori (Roma, 1975) utilizza materiali moderni, artificiali, sintetici. È così che, con supporti di plastica dipinti con smalti, l’artista rilegge la lezione sul movimento in una chiave aggiornata, che alterna una visione, un occhio fotografico, a una pennellata decisa, movimentata e rapida. Vernici, smalti, gomma, quindi, che rappresentano le città sempre più compromesse e vive grazie all’intervento artificiale, in cui la natura sta praticamente scomparendo. Da sottolineare, inoltre, è la ricerca complementare del movimento riguardo ai punti di luce, mutuata direttamente dall’altro mezzo usato da Pastori per i suoi lavori, la fotografia. È insomma un insieme di sfaccettature molto personali, che coinvolgono allo stesso modo il lato tecnico e di significato, che vanno a formare uno scenario unico, riconoscibile solo attraverso gli occhi maltrattati del nostro sguardo contemporaneo.

Aut-60-Aut, 2008 acrilico e smalti su tela

Sentire, 2007 smalti su plastica applicata su tela

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Simone Lucciola

Appendice degli autori: Guido Bagini

Paco

Francesco Bongiorni www.francescobongiorni.com

Giuliano Pastori www.giulianopastori.eu

Michele Brancati www.michelebrancati.it

Francesco Pignatelli www.fotografiaitaliana.com

Giacomo Costa www.giacomocosta.com

Walter Trecchi www.waltertrecchi.it

Patrizia della Porta www.mu-seum.com

Sergio Tringali www.tringalis.com

Massimo Falsaci www.massimofalsaci.it

Stefano Venturini

Simone Lucciola www.lamette.it

Riccardo Zuliani urbancollage.wordpress.com

Moneyless www.flickr.com/moneyless Il prossimo numero: “MUTAZIONI”

Boccioni (19.10.1982 – 17.08.1916) a cui è dedicato questo numero di Be|Different, per onorare il centenario del manifesto futurista, abbracciò in prima istanza il divisionismo e il simbolismo: suggestioni e giochi di luce per esplorare dapprima i paesaggi, quindi la vita quotidiana e poi le pieghe dell’esistenza con fare onirico ed emotivo. Poi arriva il futurismo, caro elogio della velocità e della sollecitazione. L’immagine stessa diventa sulla tela un movimento, una linea, una traiettoria. Boccioni si appropria e sviluppa nelle sue opere l’assenza del continuum spazio-temporale. Artista a tutto tondo si cimentò anche con la scultura. Tuttavia, coinvolto e angustiato dalla politica, scivolò verso una piccola crisi personale che lo fece morire in sella a un cavallo, invece che a bordo di una maschia italica autovettura. 62

Saper parlare al mondo contemporaneo con il linguaggio più vecchio del mondo: l’arte. Questa è la missione di Be|Different, primo esperimento di magazine on-line e cartaceo che si presenta come una galleria d’arte virtuale, un catalogo delle nuove tendenze artistiche e visive. Per questo motivo invitiamo i nostri lettori a collaborare con noi, spedendoci una selezione di lavori, oppure di racconti, saggi, notizie, sempre con un occhio al tema prescelto per il numero successivo. Be|Different non si pone limiti, né di formato, né di risorse. Vuole avere la Vostra collaborazione perché sa che solo con la passione di chi si nutre d’arte ogni giorno, si può davvero realizzare un prodotto onesto, reale, che rifletta e sintetizzi il contemporaneo in un’unica proposta. Il tema del prossimo numero è: “MUTAZIONI”. Come sempre la pertinenza al tema è libera. Inviate le vostre opere: entro il 20 maggio 2009, specificando nome, cognome ed allegando una breve presentazione a materiali@bedifferent.it Specifiche per i materiali: • Per immagini, disegni e fotografie, si consiglia il formato JPEG. E’ possibile inviarci prima i file in bassa definizione. Sarà richiesto successivamente, il materiale selezionato in alta risoluzione. • Per i testi, si raccomanda il formato DOC o RTF. Non è previsto un limite minimo o massimo di inivii.


Spazio libero. Spazio pubblicitario. Spazio disponibile. Advertising here. L’arte contemporanea ha bisogno di nuove leve. Menti fresche e non compromesse che siano capaci di portare idee e soluzioni innovative, che sappiano far convivere in armonia l’arte, vecchia come l’uomo, con tutto ciò che l’uomo è oggi. Ciò significa riuscire a dare visibilità alle novità che ci propongono gli artisti del nostro tempo, sia per quanto riguarda quelle che noi consideriamo le nuove avanguardie - street-art e digital art – sia per le proposte di fotografia, e pure della più classica pittura. Lo spazio vuoto che vedete sopra questa scritta rappresenta il nostro desiderio di portare avanti il progetto Be|Different. La pubblicità, come qualsiasi tipo di donazione alla nostra causa, non dà esclusivamente a noi l’opportunità di migliorare la qualità di ciò che offriamo, e di perseguire con passione gli obiettivi che ci siamo prefissati. I Vostri sforzi concreti, infatti, saranno ricambiati col nostro concreto impegno, per far sì che la rivista (e il sito direttamente collegato) abbia la maggiore diffusione possibile, grazie allo sfruttamento del web e delle nuove tecnologie, ma anche all’organizzazione di eventi espositivi che coinvolgano un universo di artisti che ormai si muovono su canali paralleli a quelli del “sistema arte” canonico. Così, il nome Be|Different diventerà presto un segno di riconoscimento per chi crede ad un modo diverso e aggiornato di concepire, diffondere, e fare arte. Be|Different è a vostra disposizione per qualsiasi informazione e richiesta di investimento pubblicitario all’interno del nostro Magazine. info@bedifferent.it La sfida alla modernità è iniziata col nuovo millennio. È ora che l’arte torni ad essere al passo coi tempi. www.bedifferent.it

GIALLO&CO


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