DYLAN DOG, DAMPYR e altri miti: l'incubo si mostra

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e altri miti...

L’incubo si mostra! artbook


Edizione a cura di Ora Pro Comics Acquisizione immagini: Marcello Gamba Grafica e impaginazione: Officine Bolzoni Proofreading: Francesco Savino Illustrazione di copertina “Blood” e “Dark edition”: Nicola Genzianella Illustrazione del retro di copertina: Luca Rossi Illustrazione dei risguardi: Paolo Bisi Stampato nel novembre 2014 presso tipografia La Grafica - Piacenza Il copyright © di tutte le immagini stampate su questo catalogo è dei rispettivi autori La mostra Dylan Dog, Dampyr e altri miti: l’incubo si mostra, di cui questo catalogo riporta alcune delle oltre trecento opere originali esposte, non si sarebbe potuta realizzare senza il gentile contributo della Sergio Bonelli Editore e di chi ha scritto gli articoli: Paola Barbato, Andrea Cavaletto, Michele Ginevra, Pietro Gandolfi, Mauro Boselli, Maurizio Colombo, Diego Cajelli, Alfredo Castelli, Sara Seletti, Federico Zucca. Un indispensabile grazie agli autori che ci hanno prestato le tavole: Giovanni Freghieri, Roberto Rinaldi, Andrea Venturi, Sergio Gerasi, Pasquale Frisenda, Gigi Simeoni, Alessandro Poli, Nicola Genzianella, Stefano Andreucci, Majo, Mario Rossi, Michele Cropera, Michele Benevento, Maurizio Dotti, Alessandro Bocci, Andrea Del Campo, Daniele Statella, Fabiano Ambu, Silvia Califano, Claudio Stassi, Fabrizio Russo. E ancora: Paolo Bisi, Elia Bonetti, Fabiana Trerè, Paolo Antiga, Edoardo Arzani, Michele Ginevra e il Centro Fumetto Andrea Pazienza di Cremona, Paolo Di Orazio, Domiziano Cristopharo, Giuseppe Piva, Giosuè Cremonesi. Infine chi ci ha prestato il prezioso materiale esposto: Umberto Luciani, Gianfilippo Zangla, gli amici di Concorto, il WOW Museo del Fumetto di Milano e Luca Bertuzzi, “Fermo Immagine" Museo del Manifesto Cinematografico di Milano e Riccardo Mazzoni. E naturalmente il Comune di Piacenza, la famiglia Garibaldi e tutti gli amici dell’Associazione Ora Pro Comics.


uuaarghh . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Io e Dylan Dog, di Paola Barbato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 il mio old boy, di Andrea Cavaletto .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 tutti gli incubi di dylan dog, di Michele Ginevra .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 intervista a giovanni freghieri, di Federico Zucca . . . . . . . . . . . . . . . . 17 guida all’universo dylaniato .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 la paura nei ‘90, di Pietro Gandolfi

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sono già passati quindici anni, di Mauro Boselli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 Il Vampiro dei Vampiri, di Maurizio Colombo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 scrivere dampyr, di Diego Cajelli

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intervista a nicola genzianella, di Federico Zucca

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horrori italiani, di Alfredo Castelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 intervista ai creatori di lukas, di Sara Seletti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 intervista a paolo bisi, di Federico Zucca

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the noise, di Pietro Gandolfi .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 ora pro comics . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64



Io e Dylan Dog di Paola Barbato La mia storia con Dylan inizia ad assomigliare a una relazione stabile. Diciassette anni sono tanti e per il momento sembrano non portare alcuna sfortuna. Quando lunga dell’Indagatore dell’Incubo di anni ne avevo 26 e lo leggevo da 10. Ero una lettrice attenta, fin troppo, non concedevo nulla né al personaggio né alle storie, se qualcosa non mi tornava la prendevo sul personale. Così il mio primissimo, abnorme difetto, è stato spiegare tutto, ma proprio tutto, compreso quello che succedeva nelle vignette. Con gli anni sono riuscita a scrollarmi quasi del tutto questa cattiva abitudine (ho detto quasi!) riuscendo a farmi trasportare maggiormente dalle

L’incubo si mostra!

nel 1997 sono arrivata per vie bizzarre a sceneggiare la mia primissima storia

storie e dalla curiosità di scoprire io per prima come sarebbero finite. Perché una delle prerogative delle mie avventure dylaniate è che so come cominciano e so come finiscono, ma il viaggio è tutt’altra faccenda. Le varianti in opera sono all’ordine del giorno e la gestione dei comprimari è così divertente da distrarmi spesso dagli snodi veri e propri. Oggi, dopo la rivoluzione della fase due, mi trovo a poter gestire in maniera del tutto autonoma il personaggio dell’Ispettore Bloch, fino a poco tempo fa relegato a un ruolo ormai irrigidito e stantio. Dylan e Bloch come Bonnie e Clyde, come Gianni e Pinotto, come coppia d’azione o di reazione? Fino a qualche tempo fa sarebbe sembrato impossibile e oggi è una magnifica realtà. L’universo di Dylan deve essere mobile, adattabile, deve andare incontro alle continue tempeste che lo sconvolgono invece che opporvi una resistenza che le fiacchi e le spenga. Non esiste Dylan Dog senza conflitto, e il conflitto stesso nella pagina a lato,

è la materia di cui si nutre il personaggio. Se a 26 anni di conflitti ne avevo a iosa

illustrazione di

anche io, oggi a 43 anni posso azzardarmi a dire – a bassa voce – che un equilibrio

realizzata per

l’ho trovato. E questo, lo ammetto, alimenta il mio gusto sadico di mettere Dylan

Angelo Stano,

la copertina di

Dylan Dog n.224 Sul filo dei ricordi sotto, una vignetta inedita realizzata da

Alessandro Poli

scomodo, preda dei dubbi e privo di certezze. Del resto, se fosse quieto e sereno non sarebbe Dylan Dog. Quindi è inutile aspettarsi da me che con il tempo diventi più accomodante verso il nostro comune amico, non gli farei un favore e non lo farei nemmeno ai lettori. Che il caos sia con te, Dylan Dog!

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IL MIO OLD BOY di Andrea Cavaletto A volte, nella vita, capita di incontrare persone speciali. Magari sul momento non te ne accorgi nemmeno, ma poi, col passare del tempo, te ne ricordi. E alcuni Si prendono una insolita rilevanza. Ora, non voglio dire che ci siano persone più speciali di altre. Non siamo forse tutti speciali a modo nostro? Quello che intendo è che ciascuno di noi prima o poi ha incontrato qualcuno sul suo cammino che ha lo ha segnato o condizionato. A me è andata bene, perché una delle mie “persone speciali” si chiama Dylan Dog, e non esiste. O meglio, non esiste nel senso che non è un essere in carne e ossa. Eppure vive. Ed è conosciuto da molti. E credo che

L’incubo si mostra!

istanti, alcune parole dette, alcune cose fatte assumono un significato importante.

sia la persona speciale di molti. Non importa, non sono geloso. Ora, Dylan è un personaggio dei fumetti. Per la maggior parte di chi lo conosce è una buona lettura, uno svago intelligente, una fuga momentanea dalla realtà... Ecco, non datemi del matto, ma per me è qualcosa di più. Mi ha parlato. Mi ha consigliato. Mi ha cresciuto. è stato un buon padre. Dylan non è uno tosto di quelli che ammazzano dieci cattivi con un solo colpo di pistola, Dylan non è uno che vince sempre, Dylan non è uno che quando arriva lui ti senti tranquillo. Eppure è un eroe. Allora che cosa ha di speciale questo eroe? Credo che il suo pregio migliore sia stato quello di insegnarmi che nella vita si cade. E non è una cosa da poco. Perché spiegare la sconfitta e insegnare a perdere non è facile. Una volta capito quello, tutto è un po’ più sopportabile, il cielo si fa meno scuro, e se arriva qualche sprazzo di luce lo si gusta meglio. Ecco, questo è il Dylan che ho incontrato e conosciuto io. Ed è anche il Dylan che ho avuto la fortuna di poter scrivere. Nelle mie storie è un pessimo indagatore, e spesso il caso nemmeno lo risolve. E quando crede di averlo risolto, poi scopriamo che in realtà non ha capito nulla. E con le storie che ho preparato per il nuovo corso, posso dire che se la vedrà anche peggio. Desidero metterlo a dura prova, ma mica perché gli voglio male, eh. Se gli faccio affrontare situazioni difficili, è solo perché sto cercando di capire come potrebbe rialzarsi. Tanto lo so che lui poi si tira su. Lo fa sempre. Così imparo qualcosa anche io. E, nel mio piccolo, spero che Dylan diventi una persona speciale anche per qualcun altro. Qualcuno che, proprio come me, in un preciso momento della sua vita, ha proprio bisogno dei consigli di un tipo così. In fondo, ciascuno di noi è Dylan. E ciascuno di noi può rapportarsi con Dylan. E per questo, gli dico grazie. E dico un enorme grazie a chi ha saputo crearlo. Ne avevamo bisogno. Io di più. Salassa, 3 Novembre 2014 nella pagina a lato, illustrazione di

Roberto Rinaldi realizzata in occazione di

Cartoomics 2013

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guida all’universo dylaniato Groucho è l’assistente di Dylan. Il personaggio, del quale neanche Dylan conosce il vero nome, è sosia del comico Groucho Marx. Sebbene spesso minacciato di licenziamento, Dylan ha per lui un affetto sconfinato, quasi come fosse suo fratello.

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Bloch (il cui aspetto fisico è una citazione dell’attore di gialli Robert Morley e il cui cognome è probabilmente un omaggio allo scrittore Robert Bloch) è l’ispettore capo di Scotland Yard e Dylan è stato in giovinezza uno dei suoi migliori agenti. Jenkins è uno svampito agente di Scotland Yard che fa spesso perdere la pazienza a Bloch a causa della sua tendenza di prendere tutto alla lettera. Lord H. G. Wells, pari d’Inghilterra e omonimo dell’autore de La guerra dei mondi, è uno strampalato inventore che talvolta aiuta Dylan nelle sue indagini. La Morte, che in più episodi interagisce direttamente con Dylan, viene spesso ritratta in modo ironico, come una semplice impiegata degli inferi che fa il suo lavoro. Madame Trelkovski è un’anziana sensitiva, il cui cognome rimanda a quello del protagonista de L’inquilino del terzo piano di Roman Polanski. Aiuta spesso Dylan nelle sue indagini ed è considerata la sensitiva più esperta di tutta Londra. Johnny Freak è un giovane disabile protagonista dell’albo omonimo (n. 81, 1993) in cui compare per la prima volta. Tornerà nell’albo Il cuore di Johnny (n. 127, 1997). Il negozio transdimensionale Safarà (parola araba che significa scoprire o esplorare) è spesso presente negli albi, ed è gestito da un personaggio sinistro di nome Hamlin. Nonostante ricorra in molti albi, Dylan non ricorda di esserci mai entrato; in compenso vi compra diversi oggetti rari e rilevanti ai fini delle storie. Il clarinetto è lo strumento con cui Dylan sa solo suonare (in modo alquanto fastidioso) Il trillo del diavolo, celebre sonata in sol minore di Tartini. Il modellino di galeone (destinato a non essere mai finito e al quale si legano molte vicende riguardanti il passato di Dylan) venne acquistato nel negozio Safarà. La casa di Londra, al 7 di Craven Road (il nome si ispira a Wes Craven, uno dei più grandi registi horror) possiede un campanello che urla invece di suonare e un singolare arredamento, composto da modelli in grandezza naturale di mostri. La pistola è un revolver modello Bodeo, trovata da Dylan in una grotta a Moonlight (paesino marittimo inglese) quando era ancora un ragazzino.

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L’incubo si mostra! Il maggiolone cabriolet di colore bianco (che spesso presenta problemi meccanici, ma che Dylan non vuole cambiare) targato DYD 666. Nonostante in alcune storie finisca completamente distrutto, ritorna sempre integro nell’avventura successiva. I dischi che Dylan ascolta dopo aver suonato il clarinetto e dopo aver lavorato un po’ al galeone sono spesso di musica heavy metal, blues e rock classico. Quello che Dylan definisce il suo quinto senso e mezzo, cioè la sensazione che qualcosa non torni o che sia da scoprire, appare in moltissime sue avventure. Botolo è un cane randagio, che Dylan salva da un accalappiacani. Successivamente il cane gli salverà la vita e i due si scambieranno questi favori a sopra, vignetta realizzata da

Andrea Venturi, da Dylan Dog n.81 Johnny Freak sotto, vignette da una tavola realizzata da

Pasquale Frisenda, da Dylan Dog Color Fest n.5 Il grido muto

vicenda diverse volte. L’esclamazione

di

Dylan

“Giuda

Ballerino”, presente già dal primo albo e mai persa nel corso degli anni, apparteneva a un amico di Tiziano Sclavi, il quale la usava come traduzione dell’espressione anglosassone Jumpin’ Jehoshaphat (in italiano: “Giosafatte Salterino”).

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sono già passati quindici anni di Mauro Boselli Sono già passati quindici anni? Mi sembra quasi di essere finito in un loop temporale nella Casa sull’Orlo del Mondo oppure di aver subito un incantesimo da parte del effetti, quindici anni sono molti, per la vita di noi comuni mortali, ma costituiscono un lampo fugace nell’esistenza millenaria di un Arcivampiro e forse solo un periodo di passaggio in quella longeva di un Dampyr. In questi quindici anni, il nostro Harlan Draka ha scoperto i suoi poteri e ha conosciuto un numero incalcolabile di amici e nemici (io stesso, che ne ho inventati una buona parte, non ho affatto idea di quanti siano!), che anche i nostri lettori hanno imparato ad amare o a detestare; tra loro

L’incubo si mostra!

Maestro della Notte Nergal, temibile capo del servizio spionistico dell’Inferno... In

infatti ci sono simpatiche canaglie come Nikolaus e Lenny Meyer, affascinanti eroine come Ann Jurging e Sophie Mutter, geni del male come Lord Marsden e Thorke, mostruose presenze, angeli, demoni, soldati, alchimisti e poeti… Insomma ce n’è per tutti i gusti: la nostra serie, facendo base a Praga, ma spostandosi in tutto il vasto mondo (e in ALTRI mondi) ha coniugato all’horror vari generi narrativi e reso omaggio alle atmosfere dei maestri del terrore letterari e cinematografici di ogni tempo e paese. Quando io e Maurizio Colombo abbiamo immaginato il nostro universo narrativo, lo sfondo era quello limitato e feroce della guerra civile balcanica e, di tutto quello che è venuto dopo, di quell’oceano di storie, per dirla alla Salman Rushdie, c’era appena una piccola goccia, sia pure di sangue! Poi la piccola goccia ha straripato in una fiumana di eccitanti e incredibili avventure illustrate da maestri del disegno come Majo, Rossi, Dotti, Genzianella, Bocci, Cropera e altri ancora. E siamo quasi alla soglia del numero duecento: appuntamento tra due anni! nella pagina a lato, illustrazione di

Enea Riboldi,

realizzata per la copertina di

Dampyr n.48 I sotterranei di Parigi a destra, una vignetta realizzata da

Michele Cropera, da Dampyr n.81 Harlequin

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Il Vampiro dei Vampiri di Maurizio Colombo Un eroe che mena e non se la mena. Questa era la prima caratteristica che io e Mauro Boselli volevamo contraddistinguesse il nostro eroe. L’idea principale era quella di l’ultimo anello di una catena alimentare (di solito è l’uomo, visto che non si deve guardare dal pericolo di essere cacciato per costituire il pranzo o la cena del suo predatore). Se il vampiro era l’Ultimate Predator dell’essere umano, noi volevamo alzare l’asticella dimostrando che anche per i più accaniti bevitori di sangue potesse esistere una nemesi. In origine il nostro Harlan (nome scelto come tributo allo scrittore Harlan Ellison, amatissimo da entrambi i papà) doveva addirittura bere il sangue dei

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creare un vampiro dei vampiri. Ossia, il nostro protagonista doveva rappresentare

suoi nemici (lo fa per la prima volta nel numero 4, “Notturno in Rosso”) accrescendo così il suo potere. L’idea poi è stata ripresa, ma non così di frequente. Indelebile è invece nella mia memoria il periodo di caos creativo che ci aveva invasi; al punto che realizzammo i primi due numeri di getto: uno iniziava con una sequenza e l’altro la proseguiva, senza nessun programma né scaletta ben definitiva – Tesla e Kurjak dovevano essere due personaggi marginali, destinati a morire senza lasciare troppi rimpianti, ma il vederli crescere sotto i nostri occhi ci ha fatto cambiare idea. Altro che comparse, ecco come sono nati i due co-protagonisti o spalle, per usare un termine bonelliano – una specie di scrittura automatica, un turbine di creatività che ci aveva trasformato in due allegre macchine da guerra. Bei tempi…

nella pagina a lato, tavola realizzata da

da Majo, Dampyr n.27

I lupi mannari

a destra, Harlan Draka in azione tratto

Dampyr n.142 I fantasmi di Distretto 6 da

realizzato da

Michele Benevento

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SCRIVERE DAMPYR di Diego Cajelli Creato da Mauro Boselli e da Maurizio Colombo, Dampyr arriva in edicola nell’aprile del 2000, edito dalla Sergio Bonelli Editore. mostri, demoni e altre immonde schifezze votate al male. Non è un personaggio mio. Io faccio parte dello staff di autori chiamati a collaborare alla testata. Com’è come non è, statistiche alla mano, sono quello che ha scritto più episodi oltre ai due creatori del personaggio. Non so bene come e perché, però è andata così. Scrivere per una serie come Dampyr, lo dico subito, non è una cosa facile. è un

L’incubo si mostra!

La serie ha come protagonista Harlan Draka, uno che di mestiere scanna vampiri,

fumetto horror, cupo, pesante e dark, sorretto e amplificato da una trama orizzontale decisamente complessa, partorita dalle menti di Boselli e Colombo. Per trama orizzontale si intendono tutte quelle storie, quei personaggi, quelle situazioni che abbracciano tutti gli episodi della serie e non si esauriscono in un’unica avventura. In più, Dampyr ha un “linguaggio horror” specifico, con caratteristiche e dinamiche narrative proprie. Per farla breve: non basta scrivere un horror per fare Dampyr, bisogna proprio scrivere una storia per Dampyr per scrivere Dampyr. Ovvio? Mica tanto. L’universo narrativo di Dampyr ha come filone principale i vampiri. Sulle nostre pagine esistono due tipi di vampiri. I Vampiri nati vampiri. Noi li chiamiamo: Maestri della Notte o Maestri Vampiri. Gli esseri umani tramutati poi in vampiri. Noi li chiamiamo: Non Morti. Solo i Maestri possono trasformare un umano in un Non Morto: di solito poi lo usano come schiavo, se ne hanno più di uno al loro servizio hanno un Branco. Se ti morde un Non Morto ti ammazza e basta. I Non Morti si comportano come i vampiri che probabilmente conosci. Si muovono solo di notte, hanno bisogno di sangue umano fresco per sopravvivere, alla luce del sole vanno a fuoco. Se gli spari non gli fai niente. Sono velocissimi e agilissimi, e se mangiano a sufficienza campano a lungo. Con molta fatica e molto impegno, forse, riesci a farli fuori. Di giorno, chiaramente. Croci, aglio, paletti e tutto il cucuzzaro di Van Helsing non servono proprio a niente. I Maestri invece, sono proprio una razza diversa. Non sono umani, e di umano, spesso, hanno soltanto le fattezze. - Da dove arrivano? - Tipo da un’altra dimensione. - Quando sono arrivati sul nostro pianeta? - Nell’era glaciale c’erano già. nella pagina a lato, illustrazione di

Luca Rossi

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di Alfredo Castelli Molti anni prima di Dylan Dog già esisteva una rivista a fumetti che tentava di unire alla tematica orrorifica una produzione di alta qualità. Si chiamava Horror, era edita da Gino Sansoni Editore, e ne uscirono 31 numeri, tra il dicembre 1969 e l’ottobre 1972.

L’incubo si mostra!

Horrori italiani

Abbiamo chiesto ad Alfredo Castelli, che insieme a Pier Carpi la fondò e la co-diresse per 15 numeri, qualche ricordo personale su quel mensile per molti versi in anticipo sui tempi. Alfredo Castelli: Nel 1966, insieme con Paolo Sala, avevo fondato la prima fanzine italiana dedicata ai fumetti, Comics Club 104. Dopo varie uscite ciclostilate ero riuscito a convincere l’editore Gino Sansoni – il marito di Angela Giussani, creatrice di Diabolik, con cui collaboravo – a realizzare un numero “professionale” della rivista, e così cominciai a lavorare per lui. Da Sansoni conobbi Pier Carpi, direttore editoriale della casa editrice, che ammiravo molto per certe sue idee innovative, e presto scoprii che entrambi avevamo in mente una rivista dell’orrore. Carpi (ne parlo al passato, perché purtroppo è scomparso nel 2000, proprio il giorno del mio compleanno) era un appassionato cultore e studioso di tutto quanto riguarda la magia e l’esoterismo, e a quell’epoca aveva già scritto parecchi saggi sull’argomento. Io invece ero un avido spettatore di film horror; leggevo regolarmente le riviste Creepy, Eerie e Famous Monsters ed ero riuscito a procurarmi alcuni numeri dei famosi EC comics degli anni Cinquanta; insieme al compianto Marco Baratelli avevo già sceneggiato per “I Classici a fumetti” di Sansoni la riduzione di Dracula, Frankenstein e una serie di racconti inediti sull’Uomo Lupo. Mettemmo così insieme un progetto che Carpi presentò al “Dottore”, come tutti chiamavano Sansoni, un personaggio folle e geniale a cui prima o poi dedicherò una lunga trattazione. “Il Dottore” pubblicava albi e fascicoli di sconcertante laidezza, dai titoli suggestivi come Parigi Nuda, Le vergini Folli e Alboromanzo Vamp, e al tempo stesso, riviste e volumi di buon livello, a cui dedicava particolare attenzione. Soprattutto era alla continua ricerca di nuovi spunti e nuovi mercati, non aveva paura a realizzare pubblicazioni in anticipo sui tempi e non si tirava mai indietro di fronte alle sfide. “Sfide” perchè Horror, un mensile al cui nome si accoppia ormai invariabilmente l’aggettivo “storico”, era una rivista di alta qualità, nell’innovativo formato di Linus, e costava una cifra che ora fa sorridere (300 lire, circa 15 centesimi di euro), ma che per i tempi era piuttosto alta. Il primo numero uscì nel dicembre 1969; come quelli successivi, si avvaleva esclusivamente della collaborazione di autori italiani, molti anni prima dell’avvento di Alter Alter e Orient Express; per questa sua caratteristica si aggiudicò lo Yellow Kid a Lucca, nel 1972. Pier Carpi aveva un grande talento nella pagina a lato,

nel trovare disegnatori promettenti: aveva “scoperto” Marco Rostagno, autore, tra

il primo numero

l’altro, di tutte le copertine e di un’insolita serie di storie esoterico-satiriche scritte da

della rivista

Horror,

pubblicato nel dicembre

Carpi stesso; Sergio Zaniboni, Giovanni Cianti.

1969

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di Sara Seletti Da pochi mesi a far compagnia a Dylan Dog e Dampyr, tra gli scaffali di fumetterie ed edicole, troviamo Lukas, dove horror e thriller si mescolano in una mini-serie di

ALTRI MITI

intervista ai creatori di lukas

Durante la scorsa edizione dell’evento estivo Eroi a Grazzano, abbiamo avuto il piacere di tenere a battesimo la serie esponendo le prime tavole e ospitando gli autori. Michele Medda, sceneggiatore, e Michele Benevento, disegnatore, creatori di Lukas e autori di spicco della Sergio Bonelli Editore, hanno risposto ad alcune nostre curiosità.

L’incubo si mostra!

ottima fattura che da subito ha incontrato il favore del pubblico.

Per diversi aspetti, il personaggio di Lukas risulta fuori dagli schemi classici della casa editrice; quanto può essere definito anti-bonelliano? Benevento: non so se Lukas si potrebbe definire anti-bonelliano, anche se in effetti lo si potrebbe leggere come un anti-eroe. In realtà ancora adesso, rispetto ai numeri pubblicati, non sappiamo bene chi sia, cosa faccia e perché si comporti in un certo modo. Soprattutto non conosciamo il suo passato, e quindi definirlo anti-eroe è ancora prematuro, bisogna aspettare un pochino. Sicuramente è fuori dagli schemi, perché finora un personaggio con queste caratteristiche, talmente smarrito da dare l'impressione di non sapere effettivamente cosa debba fare, non si era mai visto. Medda: Lukas è una mini-serie, quindi gli albi arriveranno a una naturale conclusione, e questo ovviamente determina un modo diverso di leggere la storia rispetto alla tradizione. In Lukas c’è un percorso che arriva a una fine, per quanto tortuoso questo possa sembrare. Possiamo considerare Lukas come figlio della letteratura horror e degli stereotipi attuali, come per esempio il personaggio del vampiro cacciatore? Medda: C’è qualcosa di più della sola letteratura horror; in realtà Lukas abbraccia sia la letteratura che l'immaginario fantastico, ispirandosi a piene mani anche al cinema e alle serie tv. Però, nonostante la trama fantasiosa, è abbastanza realistico. Vogliamo rendere in qualche modo naturali personaggi sovrannaturali, per farli percepire al lettore come simili a noi. Lukas prende il via attraverso un concept fatto di mistero e orrore, ma noi preferiamo definirlo un fumetto urban fantasy.

nella pagina a lato, illustrazione di

Michele Benevento,

realizzata per la

Benevento: Lukas non è necessariamente rivolto a un pubblico troppo giovane. Però se penso ai miei quattordici anni, probabilmente Lukas avrebbe fatto compagnia a Dylan Dog, sotto il cuscino del divano letto in camera mia.

copertina del terzo

Lukas, Sacrificio

numero di

55



di Federico Zucca Non capita tutti i giorni di disegnare una biografia a fumetti, e quasi mai quella di un efferato assassino come Charles Manson. Paolo Bisi, più che cimentarsi con il genere

ALTRI MITI

intervista a paolo bisi

è stata un’esperienza intensa... non si tratta di un fumetto horror, in effetti, ma di una storia vera: immagini reali, raccontate attraverso il disegno. Pensa che alcune vignette sono volutamente ispirate a foto risalenti all’epoca dei fatti. Com’è nata questa collaborazione con la francese Glénat?

L’incubo si mostra!

horror, ha disegnato l’orrore nel vero senso della parola: che esperienza è stata?

Come accade spesso, si è trattato di trovarsi al posto giusto nel momento giusto: loro avevano bisogno di un disegnatore realistico e la mia esperienza con Zagor e Mister No si è rivelata utile. Ho mandato una mail e mi hanno risposto. Come ti sei trovato a disegnare immagini così forti e crude? L’horror non è il mio genere, nemmeno come fruitore, anche se sono da sempre appassionato ai classici della Universal e della Hammer. In realtà mi sono sentito un po' a disagio, non ero abituato a disegnare scene di quel tipo: la documentazione che avevo era dannatamente vera, foto e immagini del massacro! Alla fine ho cercato di trattarle in modo professionale, cercando di non enfatizzare gli aspetti più efferati. Tornando alla Bonelli, con la quale collabori dal 1995, ti vedresti meglio alle prese con Dylan Dog o Dampyr? Come lettore storico di Dylan non mi dispiacerebbe provare a disegnare una sua storia, magari uno speciale, ma stilisticamente parlando mi sento più vicino a Dampyr. In tutti i casi... il massimo sarebbe Tex!

nella pagina a lato, la copertina del secondo volume di

Manson: L'ombre de Californie, realizzata da

Paolo Bisi a destra,

una drammatica scena tratta dal terzo volume

di Manson: Par une longue nuit d'été... realizzata da

Paolo Bisi

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di Pietro Gandolfi Cos’è The Noise, o meglio, cosa sarà? Di sicuro si tratta di una sfida, un esperimento che si propone pochi obiettivi,

ALTRI MITI

the noise

compromessi con un occhio di riguardo verso i comic book – soprattutto per quanto riguarda tematiche, formato e “taglio” – e l’altro rivolto al desiderio di filtrare il tutto attraverso la tipica sensibilità europea. Una cosa da poco. Appunto. The Noise vuole essere una piccola, grande storia dal respiro il più ampio possibile. Perché di progetti dalle dimensioni modeste ce ne sono anche troppi, che inflazionano

L’incubo si mostra!

ma impegnativi. Un esempio? The Noise punta a essere un fumetto horror senza

il mercato dell’intrattenimento fino ad abbassarne il livello medio. Non si tratta di presunzione o manie di grandezza, solo della volontà di fare le cose per bene, al massimo delle proprie potenzialità. Il numero zero – che sarà però una vera storia, appassionata e spero capace di sconvolgere almeno un poco il lettore smaliziato di oggi – sarà disegnata da Nicola Genzianella, quello che mi piace definire il migliore disegnatore horror italiano. E non è che l’abbia buttata lì, la definizione… Già il suo nome dovrebbe bastare come garanzia, ma se volete posso rafforzarla aggiungendo la mia firma, forse non (ancora?) conosciutissima, ma sinonimo della determinazione di raccontare storie senza freni, tanto coraggiose da arrivare fino alla fine senza mai volgere lo sguardo verso la zona più rassicurante della narrativa. Mi piace pensare che il mio William Killed the Radio Star rappresenti un piccolo caso, in Italia, un romanzo ai limiti, che conduca il lettore a porsi certe domande senza riuscire ad accettare le risposte che troverà. Ecco, io posso essere considerato la giovane (?) forza prorompente nell’ambito horror, il fattore “americano”, mentre Nicola è l’esperienza, la solida tradizione della scuola europea capace di mantenere l’intero progetto coi piedi per terra. Perché senza la sua arte The Noise sarebbe rimasto solo uno dei tanti romanzi mai pubblicati che tengo nel cassetto, incapace di trovare la sua giusta strada. Manca qualcosa? La storia. Giusto, manca la storia. La storia è semplice, persino basilare, ma spero la riterrete solida, una volta letta. Qualcuno ha già cominciato a farmi notare le analogie con qualche libro o film, ma non mi importa, perché The Noise è qualcosa di mio, un delirio nato durante un nella

pagina a lato,

la copertina

pisolino pomeridiano (lo giuro!). Insomma, l’importante non è forse l’idea in sé, ma come è narrata, perché se ci si

dello speciale

pensa bene, i racconti migliori, quelli cui siamo legati maggiormente, non hanno

12 pagine The Noise,

quasi mai una trama complicata colpevole di rallentare il ritmo e di conseguenza il

numero-preview di di

presentato a

Lucca Comics 2014 e realizzata da

coinvolgimento, ma sono capaci di parlare un linguaggio semplice, che va dritto al cuore. O colpisce allo stomaco. O assomiglia a un calcio nelle palle.

Nicola Genzianella

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L’incubo si mostra!

Il Festival del Fumetto di Piacenza si svolge in quella spettacolare location che è la chiesa sconsacrata della S.S. Vergine del Carmelo: si trova in via Nova a Piacenza, a due passi da Corso Vittorio Emanuele II, arteria primaria del centro storico cittadino. La chiesa presenta diversi particolari architettonici di rilievo che la rendono una delle più belle della città e una location ideale per l’esposizione: nella navata principale sono presenti espositori mobili di grandi dimensioni, utilizzati come supporto per l’affissione delle opere, che vanno a disegnare percorsi visuali. Gli altari laterali nelle quattro nicchie presenti e l’altare principale sono ricoperti da strutture che permettono ulteriori esposizioni di oggetti e opere. Oltre alla navata centrale è presente una grande sagrestia di forma ovale, utilizzata come sala conferenza e sala proiezioni con mobili e armadi originali.

Ora Pro Comics è un'associazione culturale di Piacenza composta da appassionati e professionisti del fumetto. Obiettivo principale è quello di valorizzare l'arte del fumetto, facilitandone la diffusione e la comprensione. Gli strumenti che l'associazione adotta per questo obiettivo sono mostre di tavole originali, incontri con autori e disegnatori, diffusione di materiale stampato, condivisione d'informazioni tramite siti web e social network. Il nome Ora Pro Comics è stato ispirato dalla sede dell’associazione, la chiesa sconsacrata della S.S. Vergine del Carmelo. Eroi a Grazzano, evento organizzato da Ora Pro Comics e gemellato con il Festival del Fumetto di Piacenza, offre la possibilità di ammirare mostre di tavole originali e di incontrare alcuni dei migliori autori della scena nazionale anche in estate. Ha luogo nel mese di giugno a Grazzano Visconti, un piccolo e suggestivo borgo dal gusto medioevale in provincia di Piacenza.

in collaborazione con

Festival del Fumetto di Piacenza, seconda edizione: Dylan Dog, Dampyr e altri miti: l’incubo si mostra! A cura di Associazione Ora Pro Comics: Nicola Genzianella, Paolo Bisi, Massimo Garibaldi, Federico Zucca, Marcello Gamba, Lorenzo Bolzoni, Emanuele Soressi, Franco Garioni, Marco Fumi, Olivio Pagliughi, Pietro Gandolfi, Elisa Mocellin, Fabrizio Piria, Corrado Bonilauri. Associazione Ora Pro Comics - Via Cassoli n.7, 29122 Piacenza. www.oraprocomics.it - oraprocomics@gmail.com

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Una foto della chiesa della S.S. Vergine del Carmelo durante l'edizione 2013 del Festival del Fumetto di Piacenza, dedicata a Tex e gli Eroi del West


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