DMITRY SITKOVETSKY direttore e violino
Stagione Concertistica 2019_20
XXXIX STAGIONE CONCERTISTICA 2019 - 2020
con il contributo di
DMITRY SITKOVETSKY direttore e violino SERGEJ PROKOF’EV Sinfonia n.1 in re maggiore op.26 Classica Allegro con brio Larghetto Gavotta. Non troppo allegro Finale. Molto vivace
PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ “Souvenir d’un lieu cher” per violino e archi
arrangiamento di Alexander Glazunov Allegro maestoso Poco adagio Scherzo Allegro
...
JOHANNES BRAHMS Serenata n.1 in re maggiore op.11 Allegro molto Scherzo (allegro non troppo) – Trio (poco più moto) – Scherzo Adagio non troppo Menuetto I – Menuetto II – Menuetto I Scherzo (allegro) – Trio – Scherzo Rondò (allegro)
registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService
Rai Radio concerto fiorentino trasmesso in differita su Rai Radio 3
LE VIE DELLA MUSICA concerto fiorentino in abbonamento con Le Vie della Musica 19_20
ven_10 gennaio 2020 / ore 21:00 FIRENZE TEATRO VERDI sab_11 gennaio 2020 / ore 21:00 FIGLINE VALDARNO TEATRO GARIBALDI mar_14 gennaio 2020 / ore 21:00 EMPOLI PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI
COSA ASCOLTEREMO QUESTA SERA “Il ricordo delle cose passate non è necessariamente il ricordo di come siano state veramente.” Marcel Proust Questo famoso quadro di Salvador Dalí ci rimanda ad una profonda riflessione sul tempo. Il suo succedersi è rigorosamente scandito dalla misurazione dello scorrere di secondi, minuti, ore, giorni, settimane … dati che sembrano oggettivi e fissi, scanditi con orologi e calendari. Tuttavia ognuno di noi ha una propria sensazione temporale rispetto alle situazioni. Ogni orologio, come nel quadro, segna ore diverse e la flessibilità con cui si adattano, simboleggia l’elasticità del tempo e della sua percezione nel ricordo. Questa riflessione sul tempo abbiamo voluto traslarla negli elementi del ricordo e della memoria, che nel corso dei secoli hanno spinto numerosi artisti a raccontare esperienze vissute o paradossalmente a ricercare qualcosa che non avevano conosciuto. Elementi che potrebbero sembrare oggettivi e immutabili sono, contrariamente, flessibili. Il file rouge che collega i brani che ascolterete questa sera sarà questo. In
modi diversi questi compositori hanno cercato di tratteggiare un’immagine di qualcosa di trascorso eppure ancora vivo. Tra la Serenata n.1 op.11 ■ di Johannes Brahms del 1858 e la Sinfonia n.1 ■ di Sergej Prokof’ev del 1917 passano circa 60 anni; entrambe le composizioni sono nate sotto il richiamo del passato nel tentativo di riferisi al genere settecentesco della tradizione del grande Haydn. Brahms approdò al genere della Serenata per la suggestione provata all’ascolto di Serenate e Divertimenti di Haydn e di Mozart nel periodo trascorso tra Amburgo e Detmold. Desiderava comporre un pezzo cameristico, questo brano, infatti, nasce per nove strumenti (flauto, due clarinetti, corno, fagotto e quartetto d’archi). Il giovane Johannes inviò questa prima versione agli amici Grimm e Joachim che, dopo averla fatta eseguire, lo convinsero che sarebbe stata preferibile una versione orchestrale. Prokof’ev invece scriveva nell’autobiografia: «Trascorsi l’estate del 1917 nella più
Timeline | La vita | Le opere 1700
1800
La persistenza della memoria olio su tela (1931) Salvador Dalí
Museum of Modern Art - New York
completa solitudine nelle vicinanze di Pietroburg. Leggevo Kant [e Schopenhauer - secondo Niestiev] e lavoravo molto. Il pianoforte lo lasciai di proposito in città ... Avevo l’intenzione di comporre un’opera sinfonica senza l’aiuto del pianoforte. In un’opera cosiffatta i timbri orchestrali avrebbero dovuto essere più puri. Ecco come nacque l’idea della Sinfonia nello stile di Haydn ... Quando cominciò a prendere forma concreta la battezzai col nome di Sinfonia Classica». Le parole del compositore russo ci portano a comprendere come sia quindi un passaggio obbligato quello di tornare al passato per poter in qualche modo rinnovare il presente. È interessante notare come questo culto per l’antico si sia manifestato in Brahms e Prokof’ev quando avevano circa 24-25 anni. Come se prima di poter comprendere e approdare ad una maturità piena si dovessero necessariamente ripercorrere delle tappe e confrontarsi con grandi maestri come Haydn.
1900
Proust, in questa citazione, ci rivela come a volte ci si trova a reinventare il passato ricucendolo addosso come un abito che prende poi le nostre forme; allo stesso modo queste due composizioni di Brahms e Prokof’ev hanno il sapore di antico ma di fatto hanno l’impronta chiara dello stile dei due compositori. Souvenir d’un lieu cher ■ (Ricordo di un luogo caro), composto da Čajkovskij nel 1878 è un brano per violino e pianoforte, inizialmente scritto come il movimento lento del Concerto per violino e orchestra ma poi scartato. Non sappiamo cosa si cela dietro l’idea di questo brano, quali luoghi e immagini hanno ispirato il compositore russo, ma sappiamo che la musica ha il raro potere di cristallizzare ricordi e ridargli vita. Che sia per un esercizio di stile, come nel caso di Brahms e Prokof’ev, o per un omaggio al ricordo come Čajkovskij, i brani citati fanno riferimento al passato senza il quale, in un modo o nell’altro, non avrebbero visto la luce.
2000
SERGEJ PROKOF’EV / Soncovka 1891 / Mosca 1953
Sinfonia n.1 in re maggiore op.25 Classica durata: 18 minuti circa
La Prima Sinfonia di Prokof’ev, la cosiddetta Sinfonia Classica, è un episodio di assoluto rilievo nel più ampio contesto del neoclassicismo musicale novecentesco, a cui appartengono lavori cronologicamente vicinissimi a questo capolavoro giovanile, conciso e acuto del compositore russo, ma marcatamente o radicalmente distanti nello spirito della rievocazione neoclassica, come Le Tombeau de Couperin di Ravel e Pulcinella di Stravinskij. I maestri del neoclassicismo avrebbero poi fatto a gara per distinguere, i propri percorsi, in particolare Prokof’ev e Ravel nel porre una puntigliosa distanza fra sé e Stravinskij - giacché subito fu la stella polare guardando la quale si leggevano le rotte del neoclassicismo - come se nessuno di questi episodi fosse in relazione con l’altro. Forse è così; in tutti e tre i casi, è peraltro il Settecento l’età d’oro della musica che si vuole rivisitare. Ma si sa quanto sia ricco e portatore di linee evolutive diverse il ‘700 musicale. E così, se Ravel crea una luminosa e aristocratica apoteosi della suite clavicembalistica e orchestrale francese, che riceverà una precisa indicazione sui valori fondanti – clairté, eleganza, universalità – di un’intera civiltà e di un’intera cultura; se, al contrario, Stravinskij si immerge nella musica mediterranea di Pergolesi & C. per analizzare, scomporre, ricontestualizzare e ricodificare un sistema preciso di segni e di ordini della musica, e andare così a scoprire la propria più profonda identità artistica nel gesto parodico; alla Classica di
Prokof’ev spetta invece l’ufficio di rifarsi al Settecento come al secolo dell’intelligenza. Prokof’ev, stando a quanto egli stesso raccontò, avrebbe scritto infatti la sua Prima Sinfonia nella pace campestre dei luoghi familiari dove si era ritirato nell’estate del 1917, sotto l’influenza di due sole letture: le partiture delle ultime sinfonie di Haydn e la Critica della Ragion Pura di Kant. Questo lavoro chiude un’epoca precisa della vicenda artistica di Prokof’ev, alla fine di anni di apprendistato – le Visions fugitives e le prime sonate pianistiche, gli influssi stravinskjani della Suite Scita – il cui carattere principale sta in un’eclettica e cosmopolita disposizione modernista, con la frequentazione del circolo di Djaghilev a Pietroburgo, un Premio Rubinštejn ottenuto eseguendo un suo proprio concerto, i viaggi a Parigi in cui poté assistere alle eccitanti grandi prime dei Balletti Russi, una tournée in Italia in cui, oltre a sconvolgere e travolgere il pubblico, ad esempio, dell’Augusteo (già si sta formando quella fama di “Chopin cosacco” che poi i critici americani consacreranno negli anni Venti), fa amicizia con Balla, Marinetti e gli altri futuristi, e prende, infatti, l’abito tipicamente futuristico del correre con piacere il rischio di sconvolgere il pubblico, fino a sfiorare quella sindrome artistica che Marinetti definì come “la voluttà di essere fischiati” (“Tu sai perché il prezzo dei pomodori è salito a Pietroburgo? Perché questi saranno gli oggetti che il pubblico mi getterà in faccia”, avrebbe detto infatti ad un amico Prokof’ev poco prima della prova generale della Suite Scita: è proprio una battuta degna di Marinetti). Dopo il ritorno in patria, mentre maturano gli eventi rivoluzionari, il giovane compositore non sfugge all’attenzione di Gor’kij e Majakovskij, probabili ispiratori di un articolo di Asaf’ev Le vie della gioia uscito nell’estate del 1917 (mentre scriveva la Classica) in cui la musica di Prokof’ev viene descritta come una gioiosa affermazione di vitalità che fa da profezia alla tempesta rivoluzionaria che si avvicina. Si avvicina, ma Prokof’ev, come si è visto, la guarda da lontano. Poco dopo il grande esito della
Classica a Pietroburgo nell’aprile del 1918, è lo stesso Prokof’ev a voler prendere le distanze da tutto questo, e riesce a sottrarsi con grande abilità, finché può, ad un ruolo precostituito di giovane vate musicale della Rivoluzione. In realtà Gor’kij e Lunacarskij videro in questo artista giovane e travolgente la miglior carta da visita per presentare al mondo la nuova Russia, e così fu, come dimostrò il successo americano toccato a Prokof’ev come pianista e come compositore. Dopo la parentesti americana, ritornato in patria nel 1922, Prokof’ev diventa, con il più anziano Stanislavskij, uno dei pochi grandi artisti e intellettuali a sopravvivere senza troppi pericoli allo stalinismo, fra quelli la cui formazione e prima definizione di un’identità artistica precisa aveva preceduto la Rivoluzione - di poco (Prokof’ev) o di molto (Stanislavskij) - che casomai avevano culturalmente preparato; trovandosi poi ad assecondarla con un certo entusiasmo, quindi a subirne l’evoluzione autoritaria, a barcamenarsi fra l’assunzione di un ruolo ufficiale e la fedeltà ai propri ideali artistici, fino a subire la via crucis delle autocritiche. Prokof’ev morì lo stesso giorno di Stalin, dopo aver scritto musica di regime, ma anche capolavori come L’Angelo di Fuoco, la Terza, le partiture per i film di Ejzenštein, i grandi balletti, il Secondo Concerto per violino (lo scintillante Primo è invece coevo della Classica), non senza che il neoclassicismo fresco e arguto della Classica riaffiorasse ogni tanto, come nella suite del Luogotenente Kize (sulla zeta l’accento “V”). Per Prokof’ev, la Classica ha il valore straordinario della conquista di un proprio spazio espressivo e linguistico originale, moderno ma razionale, pienamente comunicativo, lucidamente organizzato, ma aperto alle incursioni del sogno e della malinconia. Elisabetta Torselli
PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ / Votkinsk 1840 / San Pietroburgo 1893
“Souvenir d’un lieu cher” per violino e archi arrangiamento di Alexander Glazunov
durata: 17 minuti circa Il Souvenir d’un lieu cher op. 42 (‘Ricordo di un posto caro’) è una piacevole e struggente raccolta di tre pezzi per violino e pianoforte, l’unica pagina che Čajkovskij abbia espressamente destinato a questa combinazione strumentale. Lo scrisse abbastanza rapidamente nel 1878: la Mèditation, il primo brano, la stese a marzo, durante un soggiorno a Clarens, in Svizzera, inizialmente pensandola come il movimento centrale lento del Concerto per violino e orchestra op.35 al quale stava lavorando proprio in quei giorni; gli altri due pezzi, Scherzo e Mélodie, li iniziò a maggio per completarli alla fine dello stesso mese, mentre si trovava a Brailivo (o Brailov), in Ucraina, ospite nella tenuta di campagna che gli era stata messa a disposizione dalla sua generosa proprietaria: era Nadedža von Meck, l’amica confidente e mecenate, vedova di un magnate delle ferrovie, che Čajkovskij aveva conosciuto per via epistolare nel 1876. I due si scrissero qualcosa come dodicimila lettere, ma in tredici anni non si scambiarono di persona neppure una parola. E Čajkovskij, in quello stesso 1878, alla von Meck aveva appena dedicato i tormenti autobiografici della sua Sinfonia n.4. Proprio alla tenuta di Brailivo, stando alla pur criptica dedica apposta dallo stesso Čajkovskij, si riferirebbe il “posto caro” indicato nel titolo del Souvenir d’un lieu cher, il cui manoscritto venne inviato dal musicista alla von Meck in segno di ringraziamento, prima di venir pubblicato
(1879). Ma nessun intento puramente descrittivo di quei luoghi anima i tre brani, che sono più che altro rievocazioni di stati d’animo, e paiono tradurre in musica la nevrotica personalità di Čajkovskij, i suoi dolcissimi ripiegamenti e le sue euforiche, disperate accensioni. Malinconica, appassionata e dolente suona la Méditation che apre la raccolta, tutta dominata da una toccante melodia intonata dal violino, che viene poi affiancata da brevi episodi lirici e più sereni. Lo Scherzo ha invece un carattere furioso, tanto è animato dalla frenesia virtuosistica nella parte del violino; si muove al ritmo vorticoso di una tarantella, delineando una sorta di moto perpetuo al quale si contrappone poi un suadente valzer. Con la Mélodie finale l’atmosfera torna a farsi di nuovo malinconicamente sommessa. Čajkovskij aveva inizialmente pensato di intitolare il brano “Canto senza parole”, ed è infatti il puro lirismo del violino a percorrerlo, attraverso una melodia distesa e che si arricchisce ininterrottamente di sfumature e lievi varianti, fino a spengersi, lentamente e dolcemente, nel silenzio dal quale è nata. Pubblicata a parte, nel 1880, la Méditation è il brano dell’intera raccolta ad essersi imposto maggiormente nel repertorio dei maggiori violinisti. È però altrettanto vero che il Souvenir d’un lieu cher ha conosciuto una sua fortuna, anche discografica, grazie all’arrangiamento di Alexander Glazunov (1865-1936), pubblicato nel 1896: grande ammiratore di Čajkovskij, e maestro dell’orchestrazione al pari del suo maestro Rimskij-Korsakov, Glazunov realizza una versione che fa risaltare il virtuosismo solistico del violino e la malinconia della pagina sostituendo al pianoforte l’avvolgente manto di un’orchestra d’archi. Francesco Ermini Polacci
JOHANNES BRAHMS / Amburgo 1833 / Vienna 1897
Serenata n.1 in re maggiore op.11 durata: 40 minuti circa
Brahms considerò sempre la sinfonia come un traguardo: solo dopo un lavoro di ammaestramento passato attraverso la musica da camera, e senza mai abbandonare la vocalità, il compositore, varcata la soglia dei quarant’anni, si decise al grande passo. Vent’anni prima, la gestazione della Serenata op.11, tra il 1857 e il 1858 (parallela a quella della seconda serenata, op.16: entrambe furono pubblicate nel ’60), è un esempio emblematico di quell’anelito alla forma sinfonica che il giovane Brahms decise di reprimere, per rinviarne gli esiti alla raggiunta maturità. Il progetto del lavoro coincise con l’assunzione di Brahms, in veste di maestro di cappella, da parte del principe di Lippe-Detmold (1857-59): fu un periodo di relativa serenità, dopo una tormentata permanenza a Düsseldorf al fianco di Clara Schumann e dopo la morte di Robert nel manicomio di Endenich. A questi anni (1854-57) risale anche la difficile elaborazione del primo concerto per pianoforte. Una prima stesura della Serenata op.11 fu portata a compimento nel settembre 1858: era in quattro soli movimenti, e la strumentazione s’era mantenuta leggera. Furono Clara Schumann e l’amico violinista Joseph Joachim a far rilevare a Brahms la natura sinfonica della composizione, suggerendogli di ampliarne l’orchestrazione. Brahms accarezzò allora l’idea di far nascere così la sua prima sinfonia: il carattere del brano, tuttavia, non lo soddisfaceva in tal senso,
motivo per cui, nel dicembre del ’58, videro la luce due “scherzi” destinati a conferire nuovamente al tutto il carattere d’una classica serenata. La prima esecuzione del brano, in sei movimenti, ma con l’originaria orchestrazione “lieve”, si ebbe ad Amburgo il 28 marzo 1859; solo un anno dopo (il 3 marzo) il lavoro fu eseguito a Hannover nella sua versione attuale. Per comprendere pienamente lo stile della prima serenata di Brahms, occorre tener presente che il musicista si era dedicato, negli anni di Detmold, allo studio delle sinfonie di Haydn, avviando così un rapporto privilegiato con l’opera del maestro di Rohrau. Per quanto sia sempre pericoloso cercare affinità tematiche tra composizioni distanti, in questo caso è davvero difficile non cogliere l’analogia del motivo d’apertura della serenata brahmsiana con il movimento finale dell’ultima sinfonia di Haydn (n° 104), nota come “London”. Impostato nella medesima tonalità (re maggiore), il lavoro di Brahms prende avvio con un pedale doppio, tenuto dall’orchestra a mo’ di cornamusa, analogo a quello che, per l’appunto, dà inizio al finale della “London”: in sé, si tratta d’un tradizionale procedimento d’ambientazione “pastorale” (ne fa uso, ovviamente, lo stesso Beethoven nella sesta sinfonia). Ma l’analogia non si ferma a questo punto: il tema d’apertura della serenata, affidato da Brahms al corno, risulta davvero un ampliamento del medesimo modello intervallare utilizzato da Haydn. Più in generale colpisce, in questo lavoro del giovane Brahms, la capacità di assimilare numerosi modelli, fondendoli in una sintesi già assolutamente personale. È difficile infatti, ascoltando la serenata, non pensare frequentemente a Beethoven e a Schubert: al primo, ad esempio, per le affinità dell’Adagio non troppo in forma sonata con il Larghetto della “Seconda”, o per la scrittura dei corni nel secondo scherzo; a Schubert, per il carattere di Ländler del trio del primo scherzo. Ma il suono orchestrale, i temi (si pensi al Menuetto II) e soprattutto l’armonia, a
tratti coloristica, non lasciano dubbi sull’originalità dello stile brahmsiano; che anzi, con questo lavoro inaugura un genere di serenata ottocentesca col quale faranno i conti compositori come Čajkovskij e Dvořák. Marco Mangani
DISCOGRAFIA CONSIGLIATA
Per il Sinfonia Classica di Prokof’ev gli amici di Dischi Fenice ci consigliano un “classico”: la lettura brillante eseguita dai Berliner Philharmoniker diretti da Herbert von Karajan (1 cd al prezzo di €10,00 - contenente anche la Sinfonia n.5 Deutsche Grammophon). Per il brano di Čajkovskij, Souvenir d’un lieu cher, il suggerimento va sull’interpretazione del diciottenne svedese Daniel Lozakovich diretto da Vladimir Spivakov (1 cd al prezzo di €15,00, Deutsche Grammophon). Infine per rivivere le note della Serenata n.1 di Brahms è consigliato l’ascolto del grande Claudio Abbado sul podio dei Berliner e dei Wiener. Un cofanetto di 2 cd contenenti le Serenate n.1 e 2 e le famosissime Danze Ungheresi del compositore tedesco (€15,00, Deutsche Grammophon). Sono titoli che troverete in negozio in via S.Reparata 8/B e nella loro consueta postazione nel foyer del Teatro Verdi di Firenze. Non mancherà naturalmente anche la discografia ORT per Sony Classical diretta da Daniele Rustioni e l’ultimo disco di Beatrice Venezi (Warner Music Italia) che ci vede come esecutori.
DMITRY SITKOVETSKY Uomo poliedrico e dalla magnetica forza creativa, Dmitry Sitkovetsky si è distinto come esecutore e compositore di successo dedicando la sua vita musicale a una pluralità di generi. Artista discografico prolifico, con una carriera che abbraccia oltre quattro decenni, è riconosciuto a livello internazionale come violinista, direttore, autore, trascrittore e educatore. La sua invidiabile carriera come violinista è documentata da decine di registrazioni di tutti i suoi più importanti concerti e da un’ampia selezione del repertorio da camera. È stato direttore musicale della Greensboro Symphony Orchestra; ha ricoperto il ruolo di direttore principale della Ulster Orchestra, direttore ospite principale dell’Orchestra di Stato russa e artista in residence dell’Orquesta Sinfónica de Castilla y León. Negli anni il suo nome è diventato sinonimo di arte della trascrizione: le sue versioni per orchestra e trio d’archi delle Variazioni Goldberg sono dotate di vita propria, godendo di esibizioni regolari e di acclamate registrazioni da parte dei migliori musicisti al mondo. Ispirato dal suo grande successo, ha continuato ad arrangiare oltre 50 composizioni tra brani di Haydn, Beethoven, Brahms, Bartók, Čajkovskij, Šostakovič, Stravinskij e Schnittke. La stagione in corso lo vede esibirsi in tutta Europa, Nord e Sud America e Asia.
www.dmitrysitkovetsky.com @dsitkovetsky @dimasitko @dmitrysitkovetsky
@orchestradellatoscana Orchestra della Toscana @ort_insta pinterest.it/ortpin/
Violini Primi Daniele Giorgi * Virginia Ceri * Alice Costamagna ** Paolo Gaiani ** Marcello D’Angelo Chiara Foletto Alessandro Giani Marco Pistelli Paolo Vuono
Violoncelli Luca Provenzani * Augusto Gasbarri * Andrea Landi ** Ilaria Sarchini Giovanni Simeone
Violini Secondi Chiara Morandi * Susanna Pasquariello ** Angela Asioli Stefano Bianchi Gabriella Colombo Francesco Di Cuonzo Eleonora Zamboni
Flauti Fabio Fabbrizzi * Claudia Bucchini *
Viole Stefano Zanobini * Caterina Cioli ** Alessandro Franconi Sabrina Giuliani Pier Paolo Ricci
Contrabbassi Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni ** Giulio Marignetti
Oboi Alessio Galiazzo * Flavio Giuliani * Clarinetti Emilio Checchini * Marco Ortolani * Fagotti Paolo Carlini * Umberto Codecà *
Corni Andrea Albori * Paolo Faggi * Alberto Bertoni Gabriele Galluzzo Trombe Luca Betti * Donato De Sena * Timpani Tommaso Ferrieri Caputi * Arpa Cinzia Conte * * prime parti ** concertino Ispettore d’orchestra e archivista Alfredo Vignoli
UN PO’ DI NOTIZIE ...
Per essere aggiornato Seguici sul nostro sito, sui canali social e iscriviti alla newsletter
orchestradellatoscana.it
Concerti aperitivo
Realtà aumentata
Pubblicate sul nostro sito le date dei Concerti aperitivo 2020 programmati per le domeniche 9, 16, 23 febbraio e 1 marzo (ore 11.00). L’ambientazione è sempre la stessa: la Sala della Musica dell’Hotel Relais Santa Croce, un gioiello di architettura e acustica. Confermato anche il prezzo del biglietto di € 10,00 comprendente il concerto e a seguire l’aperitivo. In cartellone i Gruppi da Camera dell’ORT con nuove produzioni. Consigliamo l’acquisto dei biglietti in prevendita, data la limitata campienza della sala. Desideri cambiare punto d’ascolto e immergerti in una dimensione percettiva completamente nuova? Con noi all’ORT è possibile. Durante i nostri concerti al Teatro Verdi, quattro spettatori potranno sedere sul palcoscenico accanto ai nostri professori d’orchestra vivendo la musica da una prospettiva diversa dal solito. Contattaci e prenota la tua poltrona rossa sul palcoscenico! Per info e prenotazioni: sviluppo@orchestradellatoscana.it
mer 22 GENNAIO TITO CECCHERINI
direttore
DANIELE GIORGI
violino
musiche di DVOŘÁK, LENA, MOZART
h. 21:00
PROSSIMI APPUNTA MENTI
h. 16:30
TUTTI AL TEATRO VERDI!
Gli spettacoli per bambini e famiglie
ROMEO E GIULIETTA
musiche di Prokof’ev
CARLOMORENO VOLPINI direttore ANNAMARIA GUERRINI voce recitante scenografia, luci, costumi, burattinai e marionette della COMPAGNIA PER POC di BARCELLONA
sab 25 GENNAIO
FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA
Via Verdi, 5 - 50122 Firenze tel. (+39) 055 234 2722 - 0710 fax (+39) 055 2008035 orchestradellatoscana.it Consiglio di Amministrazione Maurizio Frittelli presidente Francesca Bardelli vice Elisabetta Bardelli Ricci Elisa Burlamacchi Nazzareno Carusi Revisore unico Vittorio Quarta Direttore artistico Giorgio Battistelli Direttore principale Daniele Rustioni
Direttore generale Marco Parri Direttore servizi musicali Paolo Frassinelli Area Comunicazione Riccardo Basile Ambra Greco Claudia Arcari
TEATRO VERDI Via Ghibellina, 99 50122 Firenze BIGLIETTERIA Via Ghibellina, 97 50122 Firenze da lun a sab 10-13 e 16-19 tel. (+39) 055 21 23 20 www.teatroverdifirenze info@teatroverdionline.it
 O IC
stituzioni
oncertistiche
rchestrali
Sviluppo e fundraising Elisa Bonini Amministrazione Simone Grifagni Cristina Ottanelli Ufficio del personale Andrea Gianfaldoni Segreteria Stefania Tombelli dir generale Tiziana Goretti dir artistica Servizi tecnici orchestra Angelo Del Rosso
Personale di sala Lisa Baldi Francesco Bazzani Pietro Carnera Tommaso Cellini Gaia Cugini Lorenzo Del Mastio Elena Fabbrucci Enrico Guerrini Caterina Lupi Pasquale Matarrese Giulia Mazzoni Vieri Ulivi Alice Zanobini
OspitalitĂ e sala Teatro Verdi Fulvio Palmieri Paolo Malvini Palcoscenico Teatro Verdi Walter Sica Carmelo Meli Sandro Russo Alessandro Goretti Sara Bonaccorso
Progetto grafico e impaginazione Ambra Greco Ha collaborato ai testi Federica Paduano Foto e Illustrazioni John Walsh (cop, 11) William Kelley (11) Marco Borrelli (12, 13) Daniel Vass (14a)
Stampa Grafiche Martinelli (Firenze)
DA OLTRE 25 ANNI FONDAZIONE CR FIRENZE SOSTIENE IL TERRITORIO ARTE RICERCA SOLIDARIETÀ FORMAZIONE AMBIENTE
seguici su www.fondazionecrfirenze.it
/fondazionecrfirenze