Hasan | Stagione 18_19

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Stagione Concertistica 2018_19

ZIYU HE violino

KEREM HASAN direttore


FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Maurizio Frittelli - Presidente Francesca Bardelli - Vice presidente Elisabetta Bardelli Ricci Elisa Burlamacchi Nazzareno Carusi REVISORE UNICO Vittorio Quarta

DIRETTORE ARTISTICO Giorgio Battistelli DIRETTORE PRINCIPALE Daniele Rustioni DIRETTORE ONORARIO Thomas Dausgaard

UFFICIO SVILUPPO E FUNDRAISING Ermanno Martignetti AMMINISTRAZIONE Simone Grifagni, Cristina Ottanelli UFFICIO DEL PERSONALE Andrea Gianfaldoni SEGRETERIA direzione Generale Stefania Tombelli direzione Artistica Tiziana Goretti, Giuseppe Loprete Corso Yo-Yo Chandra Ughi SERVIZI TECNICI ORCHESTRA Angelo Del Rosso OSPITALITÀ E SALA TEATRO VERDI Fulvio Palmieri Paolo Malvini PALCOSCENICO TEATRO VERDI Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo Alessandro Goretti, Sara Bonaccorso

DIRETTORE GENERALE Marco Parri DIRETTORE SERVIZI MUSICALI Paolo Frassinelli AREA COMUNICAZIONE Riccardo Basile | Ambra Greco

PERSONALE DI SALA Lisa Baldi, Anastasiya Byshlyaha, Pietro Carnera, Tommaso Cellini, Lorenzo Del Mastio, Elena Fabbrucci, Alice Guerrini, Enrico Guerrini, Alessandro Iachino, Pasquale Matarrese, Andrea Nigro, Vieri Ulivi Valoriani, Sara Vivoli


XXXVIII STAGIONE CONCERTISTICA 2018 - 2019

Si ringrazia la Fondazione CR Firenze per le donazioni Art Bonus a favore della Stagione ORT 2018/19

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KEREM HASAN direttore

ZIYU HE violino

VITTORIO MONTALTI Untitled (2011)

FELIX MENDELSSOHN-BARTHOLDY Concerto in mi minore per violino e orchestra op.64 Allegro molto appassionato Andante Allegro non troppo - Allegro molto vivace

LUDWIG VAN BEETHOVEN Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore op.55 Eroica Allegro con brio Marcia funebre. Adagio assai Scherzo. Allegro vivace Finale. Allegro molto

FIRENZE, TEATRO VERDI

mercoledì 9 gennaio 2019 ore 21.00 EMPOLI, TEATRO EXCELSIOR

giovedì 10 gennaio 2019 ore 21.00

Rai Radio

Concerto fiorentino trasmesso in differita da Rai Radio Tre Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService


KEREM HASAN Nominato Direttore Principale della Tiroler Symphonieorchester Innsbruck, con incarico a partire dalla stagione 2019/20, il giovane direttore inglese ha posto le fondamenta per una carriera internazionale davvero promettente grazie alla vittoria del prestigioso Nestlé and Salzburg Festival Young Conductors Award nell’agosto 2018. Nel novembre 2016, è stato uno dei finalisti della Donatella Flick Conducting Competition, dirigendo la London Symphony Orchestra. In seguito è stato nominato “Associate Conductor” alla Welsh National Opera. Nell’agosto 2018, è tornato a Salisburgo per dirigere la ORF Radio-

Symphonieorchester Wien come parte del Salzburg Festival. La stagione in corso assiste Bernard Haitink alla Chicago Symphony Orchestra e alla Royal Concertgebouw Orchestra ed è ospite di prestigiose orchestre quali la Danish National Symphony Orchestra, la Filarmonica del Teatro La Fenice, la MDR Sinfonieorchester, la Deutsche Radio Philharmonie Saarbrücken Kaiserslautern, la New Japan Philharmonic, la Royal Liverpool Philharmonic, la Netherlands Radio Philharmonic Orchestra, la Brucknerorchester Linz, la Staatstheater Darmstadt, la Deutsche Staatsphilharmonie Rheinland-Pfalz, la Noord Nederlands Orkest e la Odense Symphony Orchestra. I suoi impegni precedenti includono la direzione di opere per la Welsh National Opera (La Forza del destino), la Tiroler Landestheater (Les Contes d’Hoffmann) e la Meininger Staatstheater (Hänsel und Gretel). Ha diretto concerti alla London Symphony Orchestra, alla NDR Radiophilharmonie Hannover, alla Tiroler Symphonieorchester Innsbruck, all’Orchestra da Camera di Mantova, alla St.Petersburg Symphony Orchestra e alla Oviedo Filarmonia. Ha seguito corsi di perfezionamento con artisti del calibro di Bernard Haitink, David Zinman, Edo de Waart, Gianandrea Noseda e Esa-Pekka Salonen. Nell’estate del 2016, ha frequentato la


Conducting Academy of the Aspen Music Festival, dove ha collaborato con Robert Spano, Hugh Wolff e Federico Cortese. L’anno successivo è tornato al festival come “Conducting Fellow” (direttore associato) ed è stato premiato con l’Aspen Conductor Prize; poi nel 2018 è stato Assistente Direttore. Nato a Londra nel 1992, Hasan ha studiato pianoforte e direzione d’orchestra alla Royal Conservatoire of Scotland, poi alla Academy of Music “Franz Liszt” Weimar e attualmente sta frequentando i corsi di Johannes Schlaefli alla Zurich University of Arts. Ha ricevuto borse di studio della Solti Foundation, della ABRSM e della Help Musicians UK.


ZIYU HE L’eccezionale giovane violinista è stato uno dei più giovani solisti, all’età di diciotto anni, a debuttare al Musikverein con la Filarmonica di Vienna diretta da Adam Fischer nel 2017. Si è inoltre già esibito con la Mariinsky Orchestra e Valery Gergiev, l’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI di Torino, i Salzburg Chamber Soloists e la Filarmonica Cinese. Nel novembre 2014 ha eseguito il Secondo Concerto di Prokof’ev con l’Orchestra Sinfonica dell’Università del Mozarteum diretta da Hans Graf. Nella Stagione 2018/19 sono previsti i debutti con la Filarmonica di Zagabria, la Sinfonica di Singapore e la Wiener Kammerochester, con cui suonerà la Sinfonia Concertante di Mozart diretta da Joji Hattori; mentre nel campo della musica da camera, terrà recital alla Konzerthaus di Vienna nell’ambito della serie ‘Great Talents’. È membro dell’Altenberg Trio Wien. Nel 2016 ha vinto il Concorso Internazionale Mozart di Salisburgo e il Concorso Yehudi Menuhin; nel 2014 è stato “Eurovision Young Musician” dell’anno. Ziyu He ha iniziato a suonare il violino nel suo paese natale, la Cina, all’età di cinque anni. A soli dieci anni è stato invitato da Paul Roczek - che ne ha riconosciuto

l’eccezionale talento e il grandissimo potenziale artistico - per studiare con lui a Salisburgo, all’Università del Mozarteum, dove tutt’oggi prosegue gli studi superiori con Benjamin Schmid.


NOTE DI SALA

VITTORIO MONTALTI (Roma 1984)

Untilted (2011) durata: 6 minuti circa

nota a cura di Vittorio Montalti Untitled è un brano che mette in scena la lotta tra due figure molto materiche, quasi dipinte su una tela. La stabilità del primo elemento, basato sulla ripetizione ossessiva di una macchia di suono, viene messa a repentaglio dalle grida acute del secondo, che irrompono inaspettatamente. La massa orchestrale diventa così un grande organismo che respira e vive di vita propria; gli elementi evolvono e si modificano nel tempo in un percorso senza ritorno. Minacciato dalle urla acute dei fiati il loop che aveva dato inizio al brano si erode gradualmente andando alla deriva e, giunta al suo apice, l’energia accumulata in questa guerra spietata porta ad una lenta coda finale che si sgretola nel nulla.


FELIX MENDELSSOHN BARTHOLDY (Amburgo 1809 - Lipsia 1847)

Concerto in mi minore per violino e orchestra op.64 durata: 28 minuti circa

nota a cura di Gregorio Moppi Nel 1835 Felix Mendelssohn (più propriamente Mendelssohn-Bartholdy, dacché il padre, convertitosi dall’ebraismo al luteranesimo, aveva aggiunto il secondo cognome per distinguersi dagli altri componenti della famiglia) venne chiamato alla guida della società di concerti del Gewandhaus di Lipsia, un’istituzione fondata nel 1781. I suoi compiti consistevano nella direzione dell’orchestra e nella programmazione artistica, due mestieri in cui aveva dimostrato le sue capacità fin dal 1829, quando, dopo due anni di tenace studio con cantori e strumentisti, era riuscito a presentare al pubblico berlinese la prima esecuzione moderna della Matthäus-Passion di Bach. Da allora, incarichi di organizzazione ed esecuzione gli furono offerti a Düsseldorf e a Colonia, altri ne avrebbe assunti in futuro – Inghilterra, ancora Colonia e Düsseldorf, Braunschweig, Schwerin, Zweibrücken, Berlino, dove nel 1841 Federico Guglielmo IV lo nominò presidente dell’Accademia di Belle Arti e direttore della Cappella Reale. Mendelssohn, che le testimonianze dell’epoca ci tramandano quale direttore perfezionista e amante di stacchi di tempo piuttosto veloci, riuscì a fare dell’orchestra di Lipsia un modello per tutta l’Europa: ne amplia l’organico e il repertorio (includendo tutti i romantici e riesumando Bach e Händel, anche se gli autori più eseguiti erano Mozart,

Beethoven, Haydn), e ottenne per tutti gli orchestrali stabili una pensione fissa. A Lipsia riuscì inoltre a far erigere un monumento al prediletto Bach, che nella città universitaria aveva vissuto e operato per quasi trent’anni, morendovi nel 1750, e a istituire un Conservatorio (1843), punto di riferimento non solo in Germania, i cui primi insegnanti, oltre a lui stesso e a Ferdinand David, furono il pianista e compositore praghese Ignaz Moscheles e Robert Schumann. Fortissimamente voluto come primo violino e collaboratore dall’amico Mendelssohn, all’atto del suo insediamento al Gewandhaus, l’amburghese David (1810-1873) sedette al suo leggio fino alla morte; l’influsso che esercitò sulla vita musicale lipsiense fu enorme. Né poteva essere altrimenti, visti la sua eccellenza strumentale e il prestigio guadagnatosi nella brillante carriera concertistica. Benché il Concerto in mi minore per violino e orchestra op.64 venisse pubblicato nel 1845 con la dedica a Moscheles (a testimonianza di un rapporto di stima e d’amicizia ventennale), l’autentico destinatario era proprio David. I primi accenni alla possibilità di scrivere per lui un Concerto appaiono nell’epistolario mendelssohniano addirittura nel 1838. Il pezzo arriva a conclusione solo nell’estate 1844, dopo sei anni di impegno intermittente sulla partitura dovuto alla maggiore urgenza di


altre scadenze organizzative, esecutive, compositive (fra cui le sinfonie Lobgesang e Scozzese). Sei anni di gestazione e un lavoro frammentario che però all’ascolto non emergono affatto, tanto risultano fluidi e omogenei la scrittura, il tessuto compositivo e strutturale. Coinvolto nella genesi di questo secondo concerto violinistico di Mendelssohn (il primo, opera di dimensioni cameristiche del compositore tredicenne, risale al 1822; un altro concerto, con pianoforte e violino protagonisti sostenuti da soli archi è del 1823) fu lo stesso David, consigliere prezioso per la stesura della parte solistica, sul cui sviluppo peraltro il compositore non doveva nutrire troppe incertezze, dato che egli stesso, giovinetto, era stato iniziato con profitto allo studio del violino. Il Gewandhaus ne accolse la prima esecuzione, avvenuta il 13 marzo 1845: mancando Mendelssohn da Lipsia, venne diretto da Niels W.Gade con David al violino. Curioso notare che la stessa sala avrebbe accolto, trentaquattro anni dopo, un altro dei capisaldi ottocenteschi della letteratura musicale tedesca per violino, il Concerto in re maggiore op.77 di Brahms, pure questo passato ben bene al vaglio del dedicatario-virtuoso di turno, il grande Joseph Joachim. In ogni epoca storica convivono due anime: una volta al passato, l’altra lanciata sull’avvenire. L’età romantica non è da

meno. Il futuro batte alla porta, ma il peso della tradizione (rappresentata soprattutto da Beethoven, specie in relazione alle grandi architetture della sinfonia e del quartetto) è opprimente. L’artista ottocentesco aspira a percorrere quella via, creduta infinita, verso il progresso, l’originalità, l’individualismo. Sovente però le combattive dichiarazioni d’intenti si scontrano con la resistenza della materia e delle forme ereditate dalla tradizione, provocando corto circuiti di difficili risoluzione. Fra i suoi contemporanei Mendelssohn è il meno predisposto alla frustrazione psicologica che scaturisce da quel conflitto fra progettualità ambiziosa e inadeguatezza dei risultati. Conflitto che ha persino una sua esemplificazione, per così dire, geografica, sintetizzabile per mezzo della contrapposizione tra i paesaggi brumosi, severi o enigmatici del Nord Europa e la solarità mediterranea (Goethe insegna): entrambi scenari noti al compositore, che egli sa far limpidamente conviverein un unico organico, armonioso paesaggio della mente comprendente, insieme alla Germania, l’Inghilterra, la Scozia di Ossian-Macpherson, l’Italia. Insomma, Mendelssohn riesce sempre, con apparente candore, a stabilire un equilibrio perfetto tra eredità dei maestri e istanze progressiste. Ciò sarà forse dovuto a virtù caratteriali, alla generosità della Natura


(che lo fornì di una facilità alla creazione artistica fuori dall’usuale: ne sono testimonianza precoce gli acquarelli, le composizioni, le traduzioni adolescenziali), a una solida formazione culturale (basata tanto sui classici greci e latini quanto sui nostri Dante e Boccaccio), a occasioni biografiche (gli studi con il classicista Zelter, consigliere musicale di Goethe; le ore passate accanto all’autore del Faust). Il Concerto per violino è opera classicamente ispirata e proporzionata. Tuttavia il modello morfologico mozartiano e beethoveniano, cui chiaramente Mendelssohn si rifà, non è ripercorso alla lettera, ma soggetto a un ripensamento globale che, pur senza giungere a soluzioni definitive, ha il merito di porsi, con sottigliezza miracolosa e mano leggerissima, alla ricerca di una soluzione di compromesso tra memoria del tempo andato e suo superamento. Nello specifico, il problema che qui viene affrontato – un problema che attanaglierà tutti i romantici – è quello della forma, di come rendere unitari i movimenti, separati, di un Concerto per tradurne il pensiero musicale in un’architettura serrata e coerente, fluida, non pressata entro griglie rigide. Almeno in apparenza, giacché il primo movimento (Allegro molto appassionato) risulta esattamente scandito in tre sezioni delineate con matematica esattezza: esposizione, 168 battute; sviluppo, 167 battute; ripresa

e coda, 192 battute. La soluzione data dal Mendelssohn al problema di partenza consiste nel suddividere il contenitore-Concerto nei soliti tre tempi (svelto – lento in forma aba – svelto) collegati però l’uno all’altro tramite una breve transizione, cosicché i singoli movimenti si susseguono senza soluzione di continuità nonostante restino comunque chiaramente distinguibili. Ciascuno di essi sfoggia temi eleganti, avvincenti, rotondi. Indimenticabili. In più, un’orchestrazione fra le più perfette del genere concerto con strumento ad arco solista: saggiamente equilibrata nella disposizione delle parti, nella scelta dei registri di ogni singola famiglia strumentale, nel controllo dei timbri e della dinamica, nella lucente scrittura del violino, virtuosistica sì, ma sempre trasparente e aerea. Memorabile in questo senso il tempo finale, che pare uscito fuori da un racconto di fate. Novità rispetto alle costruzioni classiche si rivelano poi l’abolizione dell’introduzione orchestrale al principio (il solista, qui, entra in scena con il suo tema già dalla seconda battuta); l’inserimento della irrinunciabile cadenza dopo lo sviluppo, anziché al termine della ripresa; il rifiuto per l’ultimo tempo della frivola forma a rondò, in favore di quella forma-sonata sempre stata appannaggio, nel genere concertistico, del solo primo tempo.


LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn 1770 - Vienna 1827)

Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore op.55 Eroica durata: 50 minuti circa

nota a cura di Gregorio Moppi Beethoven ammirava Napoleone. Lo accostava ai grandi consoli romani. Stimava la lungimiranza dello stratega e il carisma del condottiero. Guardava con rispetto alla sua vicenda umana e politica in cui trovavano conferma i sentimenti democratici e repubblicani da lui professati: l’uomo nuovo di umili origini che, non per nascita o per sangue ma soltanto in virtù del suo valore, riesce ad ascendere a una posizione di primo piano. In ciò, peraltro, scorgeva uno dei benefici effetti apportati dalla Rivoluzione francese. L’incanto però si infranse quando nel maggio 1804 seppe che Napoleone si era proclamato imperatore. Racconta Ferdinand Ries, l’allievo latore della funesta notizia, che Beethoven ebbe uno scatto d’ira: “Anch’egli non è altro che un uomo comune! Ora calpesterà tutti i diritti dell’uomo e asseconderà solo la sua ambizione; si collocherà più in alto di tutti gli altri, diventerà un tiranno!”. Dopodiché andò al suo tavolo, prese la partitura della sua terza sinfonia e ne stracciò il frontespizio. Quella sinfonia (da poco compiuta, dopo oltre un anno di lavoro) portava infatti il titolo di “Buonaparte”. Si ispirava, cioè, alla figura di Napoleone. Impiegando una definizione anacronistica per l’epoca, la si potrebbe definire “musica a programma” – dove però il programma, a differenza di quanto avverrà poi in pieno Romanticismo, non è di natura letteraria, avendo invece a fondamento

una figura reale, un protagonista della storia contemporanea elevato a modello etico e libertario. Tuttavia la bruciante disillusione che provocò il violento ripudio del titolo non inficia affatto il senso intimo della composizione. Benché depennatone il nome da quel frontespizio, lo spirito di Napoleone resta comunque radicato nella partitura. Difatti la dicitura “Buonaparte” non va intesa come una dedica qualsiasi (di solito, all’epoca, la scelta del dedicatorio era dettata da ragioni di opportunismo professionale o pecuniario), ma come riferimento ideale di forte valenza estetica, molla dell’intero processo creativo di quest’opera nella quale si riconoscono anche richiami a moduli e stilemi di musica francese rivoluzionaria. Tanto più che l’indignazione di Beethoven dovette sbollire rapidamente, se tre mesi dopo scriveva agli editori Breitkopf e Härtel che “la sinfonia, a dir il vero, è intitolata Bonaparte”. E pure negli anni successivi avrebbe dimostrato per quell’uomo una considerazione ancora intatta, per esempio pensando di dedicargli, nel 1810, la Messa op.86. Il perché di una tale costanza d’affetti è stato convincentemente spiegato da Carl Dahlhaus nella sua monografia beethoveniana (1987): “Sempre Beethoven ammirò la grandezza di Napoleone, una grandezza che egli fece assurgere a mito nell’Eroica e collocò così in una sfera spirituale in cui poté


diventare oggetto di musica; il repubblicano Beethoven [...] fu sempre dolorosamente consapevole della dialettica di rivoluzione e tirannide, di guerra rivoluzionaria e imperialismo; ma sempre Beethoven rimase convinto della superiorità dell’idea realizzata, seppure inadeguatamente, divenuta concreta, sui principi astratti”. Ciononostante la stampa dell’opera (1806) tace di Napoleone, o meglio lo occulta tra le righe della titolazione definitiva: Sinfonia Eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grand’Uomo. Non c’è da stupirsene, dato che l’anno prima il novello imperatore aveva dichiarato guerra all’Austria, arrivando a occupare Vienna. E benché in genere Beethoven fosse politicamente filofrancese, in quell’occasione la spinta patriottica ebbe in lui la meglio. Così la Terza Sinfonia in mi bemolle maggiore op.55 venne offerta al principe Lobkowitz nel cui palazzo era stata udita per la prima volta nel 1804 da uno scelto auditorio aristocratico - in una sala pubblica, al Teatro An der Wien, sarebbe invece arrivata nell’aprile dell’anno seguente. La conoscenza della genesi dell’Eroica è indispensabile alla sua comprensione, giacché qui, più che in altri casi, le ragioni extramusicali si riversano copiosamente nell’opera, incidendo in profondità su scrittura e struttura, sostanza musicale e dimensione ideale: la potenza del gesto, un’ispirazione copiosa che

fiorisce da cellule tematiche estremamente elementari connesse l’una all’altra, la densità materica, la veemenza del linguaggio, la dilatazione delle dimensioni (all’epoca una sinfonia così lunga non si era mai sentita) e delle sonorità orchestrali, il respiro epico e le grande campiture caratterizzanti la produzione del Beethoven di mezzo impongono alla tradizione sinfonica settecentesca, non rinnegata bensì espansa e ispessita, una violenta accelerazione in avanti. Ciò accade perché le architetture dell’Eroica sono strettamente funzionali al “programma” ideologico della composizione. È insomma il contenuto a determinarne l’impianto formale. La carica innovativa della partitura si misura soprattutto nei primi due movimenti. Nel grandioso “Allegro con brio”, pagina di taglia inusitata, con uno sviluppo assai vasto e una imprevista, lunghissima coda di 120 battute, che sembra davvero raffigurare un valoroso condottiero sul campo di battaglia mentre sprona il suo esercito verso l’ultimo, vittorioso assalto (indubbiamente curioso, perciò che il tema principale ne rammenti uno del Singspiel Bastiano e Bastiana di Mozart dodicenne); nonché in quell’imponente epicedio per un eroe rappresentato dalla Marcia funebre. Assai meno audace appare lo “Scherzo”, pannello di raccordo il cui profilo popolaresco (e venatorio: per via della fanfara


di corni che compare nel Trio centrale) poggia su un’irresistibile vitalità ritmica. Merita un discorso a parte il quarto movimento. Spesso questa serie di variazioni (gemella delle Variazioni per pianoforte op.35) è stata considerata il pilastro debole dell’intera sinfonia, incapace di controbilanciare il peso del primo tempo se non per risolverne in positivo i drammatici contrasti. Su un piano prettamente formale la critica non appare del tutto ingiustificata: un tema con variazioni, forma tradizionalmente piuttosto leggera, non è equiparabile alla complessità di pensiero che sta alla base di quella forma-sonata su cui, da Haydn in poi, era consuetudine coniare i primi movimenti di sinfonia. Nondimeno in questo finale il principio della variazione si piega a un’elaborazione multipla (infatti soggetti a trasformazione sono, alternativamente, sia il tema vero e proprio sia il suo basso) e sofisticata (poiché il processo variativo implica slittamenti tonali, ristrutturazioni armoniche, sviluppi fugati, oltre ai normali interventi sulla melodia). Ma prescindendo dal mero dato tecnico, il significato autentico dell’ultimo tempo dell’Eroica va ricercato soprattutto nel valore ideale insito nel tema sottoposto a variazioni. Un tema che Beethoven ricavò dal suo balletto Le creature di Prometeo (1801). Ecco la chiave del finale dell’Eroica: Prometeo, il mito antico

che per analogia il compositore tendeva a identificare e a sovrapporre al mito presente di Bonaparte, entrambi legati nella sua mente all’immagine esaltante di un vittorioso umanesimo.


VIOLINI PRIMI

Daniele Giorgi * Eleonora Matsuno * Virginia Ceri ** Angela Asioli Stefano Bianchi Gabriella Colombo Clarice Curradi Paolo Del Lungo Francesco Di Cuonzo

VIOLINI SECONDI Paolo Gaiani * Chiara Foletto ** Marcello D’Angelo Alessandro Giani Na Li Marco Pistelli Angela Tomei

VIOLE

CONTRABBASSI

Amerigo Bernardi * Mattia Riva * Luigi Giannoni **

in corsivo gli studenti del Corso Yo Yo

FLAUTI

Fabio Fabbrizzi * Claudia Bucchini

OBOI

Alessio Galiazzo * Flavio Giuliani *

CLARINETTI

Marco Ortolani * Enzo Giuffrida

FAGOTTI

Paolo Carlini * Umberto Codecà *

Stefano Zanobini * Pier Paolo Ricci ** Caterina Cioli Alessandro Franconi Sabrina Giuliani

CORNI

VIOLONCELLI

Donato De Sena * Stefano Benedetti *

Luca Provenzani * Augusto Gasbarri * Simone Centauro Ilaria Sarchini Giovanni Simeone

* prime parti ** concertino

Andrea Albori * Paolo Faggi * Gabriele Antonio Galluzzo

TROMBE

TIMPANI

Antonio Ceravolo *

ISPETTORE D’ORCHESTRA E ARCHIVISTA Alfredo Vignoli


L'Orchestra della Toscana si è formata a Firenze nel 1980 per iniziativa della Regione Toscana, della Provincia e del Comune di Firenze. Nel 1983, durante la direzione artistica di Luciano Berio, è diventata Istituzione Concertistica Orchestrale per riconoscimento del Ministero del Turismo e dello Spettacolo. Composta da 44 musicisti, che si suddividono anche in agili formazioni cameristiche, l'Orchestra realizza le prove e i concerti, distribuiti poi in tutta la Toscana, nello storico Teatro Verdi di sua proprietà. Le esecuzioni fiorentine sono trasmesse su territorio nazionale da RadioRai Tre e in Regione da Rete Toscana Classica.

TRA BAROCCO E MUSICA D’OGGI Fin dagli esordi, sotto la direzione artistica di Luciano Berio, l'ORT ha avuto un occhio di riguardo per la musica del nostro tempo ed i suoi interpreti, facendone quasi una propria specializzazione; tale tradizione si è mantenuta negli anni fino a giungere al festival "Play It! La musica fORTe dell'Italia", eloquente manifesto di tale attitudine, che nel 2014 ha ricevuto il XXXIII Premio della Critica Musicale "Franco Abbiati" per la migliore iniziativa 2013. Ma già dal suo debutto nel 1980, sotto la direzione di Massimo de Bernart, la piccola Orchestra si impose per la sua versatilità e l'altissimo livello professionale che ne fecero in poco tempo una raffinata interprete del Barocco e del Classicismo come della musica del '900, con una particolare vocazione per i capolavori rossiniani ed un'attenzione alle partiture più rare e poco eseguite. Negli anni a seguire, cedendo alla tentazione di affrontare l'affascinante repertorio sinfonico destinato a organici più nutriti (anche grazie alla collaborazione con l'OGI e gli studenti dei Conservatori della

Toscana), l'ORT si è spinta oltre i confini della musica da camera, affrontando con successo i capolavori del sinfonismo romantico e tardo-romantico, da Brahms e Schumann a Čajkovskij, Mahler, Sibelius.

OSPITALITÀ & TOURNÉE Ospite delle più importanti Società di Concerti italiane, si è esibita con grande successo al Teatro alla Scala di Milano, al Maggio Musicale Fiorentino, al Comunale di Bologna, al Carlo Felice di Genova, all’Auditorium del Lingotto di Torino, all’Accademia di S.Cecilia di Roma, alla Settimana Musicale Senese, al Ravenna Festival, al Rossini Opera Festival e alla Biennale di Venezia. Numerose le sue apparizioni all’estero a partire dal 1992 tra cui: Salisburgo, Cannes, Strasburgo, New York, Edimburgo, Madrid, Hong Kong, Tokyo per la rassegna “ItaliaGiappone 2001- 2002”, Lucerna, Münster, Hannover, nel giugno 2016 la trasferta in Sudamerica per una tournée di 6 concerti in Ecuador, Perù, Cile, Argentina guidati dal direttore principale Rustioni con Francesca Dego al violino e recentemente la trasferta a Villach con Martin Sieghart sul podio e il violinista Emmanuel Tjeknavorian.


DISCOGRAFIA Musiche di Schubert e di Cherubini con Donato Renzetti (Europa Musica), Pierino e il lupo e L’Histoire de Babar con Paolo Poli e Alessandro Pinzauti (Caroman), Cavalleria rusticana con Bruno Bartoletti (Foné), Il barbiere di Siviglia con Gianluigi Gelmetti (EMI Classics), Omaggio a Mina e Orfeo cantando tolse di Adriano Guarnieri con Pietro Borgonovo (Ricordi) e lo Stabat Mater di Rossini con Gianluigi Gelmetti (Agorà), Tancredi con Gianluigi Gelmetti (Foné), Holy Sea con Butch Morris (Splasch), Richard Galliano e I Solisti dell’Ort (dreyfus), Le Congiurate di Schubert con Gérard Korsten per la regia di Denis Krief, Concertone con Stefano Bollani (Blue Label), Omaggio a Puccini con Fiorenza Cedolins (Bongiovanni), il Requiem di Mozart con Gianluigi Gelmetti, Le sette ultime parole del nostro Redentore

in croce di Haydn, concertatore Andrea Tacchi; Play it! (2011) con musiche di Sylvano Bussotti, Carla Rebora, Riccardo Panfili per VdM Records; Giorgio Federico Ghedini con Daniele Rustioni (Sony Classical 2016), Goffredo Petrassi con Daniele Rustioni (Sony Classical 2018). È ormai imminente anche la pubblicazione del terzo disco della trilogia sul Novecento storico italiano, dedicato questa volta al compositore Alfredo Casella.


EVA OLLIKAINEN direttore

Stagione Concertistica 2018_19

AMELIA JAKOBSSON soprano

I PROS SIMI APPUN TAMEN TI

25

MAHLER “Adagietto” dalla Sinfonia n.5

VENERDI ore 21.00

BEETHOVEN Sinfonia n.4 op.60

GENNAIO

WAGNER Wesendonck Lieder Fünf Gedichte für eine Frauenstimme WWV 91 (orchestrazione di Felix Mottl)

GIORDANO BELLINCAMPI direttore PIETRO DE MARIA pianoforte musiche di Webern, Chopin, Beethoven

EDUARDO STRAUSSER direttore JAN LISIECKI pianoforte musiche di Beethoven

07 GIOVEDÌ

FEBBRAIO ore 21.00

14 GIOVEDÌ

FEBBRAIO ore 21.00


I CONCERTI APERITIVO 2019 LA DOMENICA MATTINA AL RELAIS SANTA CROCE Tornano i Concerti aperitivo! Per 5 domeniche consecutive, programmate da febbraio a marzo 2019, l’accogliente e preziosa Sala della Musica dell’Hotel Relais Santa Croce (via Ghibellina, 87), ospiterà in concerto i Gruppi da Camera formati dai professori d’orchestra dell’ORT e dagli studenti di YoYo.

La suggestiva Sala della Musica si conferma prestigiosa cornice di eventi musicali privati. Situata al piano nobile del settecentesco Palazzo Jacometti Ciofi sapientemente ristrutturato, nel centro storico di Firenze a due passi dal Teatro Verdi, è una sala delle feste maestosa e ricca di suggestione, che può ricevere fino a 100 spettatori. Protetto come un tempo da pareti mobili, fa capolino un palcoscenico utilizzato ancora oggi per l’acustica perfetta che regala.

In programma cinque concerti con i Gruppi dell’ORT: 10 febbraio I FIATI ALL’OPERA 17 febbraio A TUTTA DANZA 24 febbraio QUINTETTO D’ARCHI DELL’ORT 3 marzo ENSEMBLE YO-YO 10 marzo OCEANO ... nella vita di J.S. Bach Inizio concerti ore 11.00 / Concerto + Aperitivo € 10,00 (posto unico)

Biglietti acquistabili presso la Biglietteria del Teatro Verdi, gli sportelli del Circuito BoxOffice (+ € 2,50 di prevendita); online su www.ticketone.it (+ € 1,00 di commissioni) Maggiori info su www.orchestradellatoscana.it/i-concerti-aperitivo-2019/

I CONCERTI APERITIVO 2019 al



IL FAGIOLO MAGICO a Firenze e Figline Valdarno GLI SPETTACOLI PER BAMBINI E FAMIGLIE Dopo la grande partecipazione dello scorso anno, sabato 12 gennaio alle ore 16.30 al Teatro Verdi di Firenze torna l’operina Il Fagiolo Magico, la prima produzione curata dalla sezione interna EduORT della Fondazione, formata dai professori d’orchestra, che vede la collaborazione con varie scuole fiorentine e metropolitane. Si tratta dell’elaborazione della nota fiaba popolare inglese Jack and the Beanstalk, che narra le vicende di Giacomino e dell’Orco malvagio, famoso per la sua frase «Ucci, ucci, sento odor di cristianucci». Da questa fiaba, l’autrice Dania Morini e i compositori Alessandro Moro e Giacomo Riggi hanno tratto un’operina teatrale molto coinvolgente, che vede i bambini e ragazzi protagonisti e spettatori di un progetto pensato e scritto appositamente per loro.

Lo spettacolo vede la collaborazione dell’Accademia di Belle Arti di Firenze; con la partecipazione degli studenti del Liceo musicale “Dante”, Liceo artistico “Alberti, Liceo Classico “Machiavelli” di Firenze, della Scuola Secondaria di I° grado Giuseppe Pescetti di Sesto Fiorentino, della Scuola di Danza Classica Hamlyn, del Conservatorio “Cherubini” di Firenze e dell’Istituto “Franci” di Siena. Biglietti posto unico € 5,00 bambini – € 8,00 adulti acquistabili presso la Biglietteria del Teatro Verdi di Firenze (Via Ghibellina, 97 - Firenze dal lunedì al sabato 10-13 e 16-19) e online su www.teatroverdifirenze.it Non è prevista prenotazione telefonica Lo spettacolo fa tappa anche al Teatro Garibaldi di Figline Valdarno martedì 15, mercoledì 16 e giovedì 17 gennaio 2019 ore 10.00 Vi aspettiamo!


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I NOSTRI MANIFESTI SU PINTEREST

Qui sono raccolte tutte le informazioni che riguardano l'Orchestra della Toscana. Trovate il calendario, le news con gli aggiornamenti, le anticipazioni, le foto gallery, gli spartiti del Fondo Tacchi ed i dettagli di tutte le nostre iniziative. È anche il punto di partenza per i nostri canali social (Facebook, Twitter, You Tube, Pinterest, Instagram, Issuu). Si possono scaricare materiali ed inviti e ci si può iscrivere alla nostra newsleter mensile.

L’archivio completo dei nostri manifesti, e più in generale tutte le nostre grafiche, sono disponibili sul profilo Pinterest dell’ ORT, a partire dalla stagione 2013_14. Interessenti anche le altre bacheche che raccontano per immagini il nostro mondo www.pinterest.it/ortpin/

I PROGRAMMI SU ISSUU Tutti i programmi di sala, come questo che state leggendo, vengono pubblicati con qualche giorno di anticipo sul portale Issuu a questo indirizzo: issuu.com/orchestradellatoscana Chi vuole può dunque prepararsi all’ ascolto in anticipo, e comodamente da casa. I link dei rispettivi programmi sono disponibili anche nel nostro sito internet. I programmi resteranno sempre a disposizione del pubblico, e sono pubblicati a partire dalla stagione 2013_14.

LE FOTO DEL CONCERTO Sulla nostra pagina Facebook sarà possibile vedere nei prossimi giorni un’ampia selezione fotografica che documenta questo concerto. Sul nostro sito invece trovate una galleria fotografica completa su tutta l’attività dell'Orchestra della Toscana. Gli scatti sono realizzati da Marco Borrelli. HASHTAG UFFICIALI Per condividere efficacemente la vostra esperienza a teatro vi invitiamo ad usare #ORT #verdifirenze Su Instagram i profili ufficiali sono ort_insta teatroverdifirenze


CONTATTI FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA Via Verdi, 5 - 50122 Firenze | tel. (+39) 055 2342722 - 2340710 | fax (+39) 055 2008035 www.orchestradellatoscana.it | info@orchestradellatoscana.it Presidenza Maurizio Frittelli presidenza@orchestradellatoscana.it

Ufficio Sviluppo Ermanno Martignetti sviluppo@orchestradellatoscana.it

Direzione Generale Marco Parri Stefania Tombelli segreteria direzionegenerale@orchestradellatoscana.it Chandra Ughi Corso Yo-Yo yoyo@orchestradellatoscana.it

Ufficio del Personale Andrea Gianfaldoni ufficiopersonale@orchestradellatoscana.it

Direzione Artistica Giorgio Battistelli Paolo Frassinelli servizi musicali Tiziana Goretti, Giuseppe Loprete segreteria direzioneartistica@orchestradellatoscana.it concorsi@orchestradellatoscana.it

Servizi Tecnici Angelo Del Rosso ufficiotecnico@orchestradellatoscana.it

Area Comunicazione Riccardo Basile | Ambra Greco ortstampa@orchestradellatoscana.it

PROGETTO GRAFICO ORT Mallet Studio IMPAGINAZIONE PROGRAMMA DI SALA Ambra Greco FOTO & ILLUSTRAZIONI Marco Borggreve (cop. 6), Tristan Fewings (5), Pia Clodi (7), Marco Giugliarelli (8), Marco Borrelli (17,21), Nicolaj Lund (18), anomie (20) STAMPA Grafiche Martinelli (Firenze)

Amministrazione Simone Grifagni | Cristina Ottanelli direzioneamministrativa@orchestradellatoscana.it

Ispettore d’orchestra Alfredo Vignoli archiviomusicale@orchestradellatoscana.it Teatro e Servizi di sala Fulvio Palmieri | Paolo Malvini teatro@orchestradellatoscana.it

TEATRO VERDI Via Ghibellina, 99 - 50122 Firenze BIGLIETTERIA Via Ghibellina, 97 - 50122 Firenze (dal lunedĂŹ al sabato 10-13 e 16-19) tel. (+39) 055 21 23 20 www.teatroverdifirenze info@teatroverdionline.it


DA OLTRE 25 ANNI FONDAZIONE CR FIRENZE SOSTIENE IL TERRITORIO ARTE RICERCA SOLIDARIETÀ FORMAZIONE AMBIENTE

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