Strausser | Stagione 18_19

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Stagione Concertistica 2018_19

EDUARDO STRAUSSER direttore

JAN LISIECKI pianoforte


FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Maurizio Frittelli - Presidente Francesca Bardelli - Vice presidente Elisabetta Bardelli Ricci Elisa Burlamacchi Nazzareno Carusi REVISORE UNICO Vittorio Quarta

DIRETTORE ARTISTICO Giorgio Battistelli DIRETTORE PRINCIPALE Daniele Rustioni DIRETTORE ONORARIO Thomas Dausgaard

UFFICIO SVILUPPO E FUNDRAISING Ermanno Martignetti AMMINISTRAZIONE Simone Grifagni, Cristina Ottanelli UFFICIO DEL PERSONALE Andrea Gianfaldoni SEGRETERIA direzione Generale Stefania Tombelli direzione Artistica Tiziana Goretti, Giuseppe Loprete Corso Yo-Yo Chandra Ughi SERVIZI TECNICI ORCHESTRA Angelo Del Rosso OSPITALITÀ E SALA TEATRO VERDI Fulvio Palmieri Paolo Malvini PALCOSCENICO TEATRO VERDI Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo Alessandro Goretti, Sara Bonaccorso

DIRETTORE GENERALE Marco Parri DIRETTORE SERVIZI MUSICALI Paolo Frassinelli AREA COMUNICAZIONE Riccardo Basile | Ambra Greco

PERSONALE DI SALA Lisa Baldi, Anastasiya Byshlyaha, Pietro Carnera, Tommaso Cellini, Lorenzo Del Mastio, Elena Fabbrucci, Alice Guerrini, Enrico Guerrini, Alessandro Iachino, Pasquale Matarrese, Andrea Nigro, Vieri Ulivi Valoriani, Sara Vivoli


XXXVIII STAGIONE CONCERTISTICA 2018 - 2019

Si ringrazia la Fondazione CR Firenze per le donazioni Art Bonus a favore della Stagione ORT 2018/19

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EDUARDO STRAUSSER direttore

JAN LISIECKI pianoforte

PRIMA PARTE

LUDWIG VAN BEETHOVEN Coriolano in do minore op.62 ouverture

Concerto n.3 in do minore per pianoforte e orchestra op.37

SECONDA PARTE

Sinfonia n.7 in la maggiore op.92 Poco sostenuto - Vivace Allegretto Presto Allegro con brio

Allegro con brio Largo Rondò. Allegro

produzione con gli studenti del Corso Yo-Yo

FIRENZE, TEATRO VERDI

giovedì 14 febbraio 2019 ore 21.00 EMPOLI, PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI

venerdì 15 febbraio 2019 ore 21.00 PISTOIA, TEATRO MANZONI

sabato 16 febbraio 2019 ore 21.00

Rai Radio

Concerto fiorentino trasmesso in differita da Rai Radio Tre Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService


EDUARDO STRAUSSER Lo stile forte e dinamico di Eduardo Strausser è stato elogiato dal Daily Revolution, che l'ha definito come “una vera forza della natura. La sua direzione è imbevuta di carisma, presenza scenica e una buona chimica con l'orchestra”, acclamato dalla critica dopo un concerto al Teatro La Fenice di Venezia. Nella stagione in corso ha diretto la Sinfonia n.3 di Bruckner con la Tampere Philharmonic Orchestra a ottobre ed è tornato ospite alla Magdeburg Theater Orchestra a dicembre; nel 2019 salirà sul podio della Orchestre Philharmonique du Luxembourg ad aprile e della Deutsches Symphonie-Orchester Berlin a giugno. Nel 2017/18, è salito sul podio della Prague Ra­dio Symphony Orchestra con un programma russo e ha debuttato in Australia con la Queensland Symphony Orchestra, dirigendo la Quarta Sinfonia di Bruckner. A lui si è unito il pianista Steven Osborne in un programma tutto beethoveniano per I Pomeriggi Musicali. È stato direttore principale del Theatro Municipal de São Paulo dal 2014 al 2016, dirigendo nella sua ultima stagione Elektra di Strauss, Fosca di Carlos Gomes, The Nutcracker con il Balé da Cidade de São Paulo e la Sinfonia n.1 di Mahler nella messa in scena di Stefano Poda. Ha diretto concerti sinfonici alla Fenice di Venezia, Die Zauberflöte di Mozart con

la Meininger Hofkapelle e nel 2016 La bohème di Puccini al Theatro Municipal do Rio de Janeiro; stesso titolo pucciniano replicato successivamente al Teatro Verdi di Padova e al Teatro Sociale di Rovigo. Sempre del compositore lucchese ha diretto nel maggio 2018 Tosca al Theater Magdeburg. Ha collaborato con solisti del calibro di Isabelle Faust, Richard Galliano, Barnabas Kelemen, Sergei Krylov e molti altri. Parla molto bene portoghese, rumeno, tedesco, inglese, italiano, francese, spagnolo ed ebraico. Arriva per la prima volta sul podio dell'Orchestra della Toscana.


JAN LISIECKI A 23 anni, il musicista canadese è già riconosciuto come uno dei più grandi pianisti del nostro tempo. Acclamato per la sua straordinaria maturità interpretativa, suono distintivo e sensibilità poetica, è stato descritto come “un pianista che sa fare in modo che ogni nota conti” (New York Times). Le sue interpretazioni penetranti, la sua tecnica raffinata e la sua naturale attrazione artistica gli consentono di avere uno spessore musicale che va oltre la sua giovane età. Nel 2017, ha ricevuto l'ECHO Klassik, il più importante riconoscimento di musica classica in Germania, e il JUNO Award, il riconoscimento più prestigioso nell'industria musicale canadese, in onore della sua quarta registrazione per Deutsche Grammophon, contenente opere di Chopin raramente eseguite per pianoforte e orchestra con la NDR Elbphilharmonie Orchester e Krzysztof Urbański. Il 1° febbraio è uscito il suo ultimo album che presenta sia i Concerti di Mendelssohn con la Orpheus Chamber Orchestra, sia opere solistiche selezionate. Si esibisce in tutto il mondo con le orchestre più prestigiose e sui più rinomati palcoscenici e ha lavorato a stretto contatto con importanti direttori quali Sir Antonio Pappano, Yannick Nézet-Séguin, Daniel Harding e Claudio Abbado. Gli impegni più recenti includono un tour di recital in

Europa e Asia e il debutto nelle orchestre sinfoniche di Boston e Pittsburgh, dei Wiener Symphoniker e della Sächsische Staatskapelle Dresden, per citarne alcune. Ha ottenuto un grande successo con il suo acclamato programma di recital Night Music, che sta continuando anche nella stagione in corso. In questi mesi tornerà alla Carnegie Hall per una performance con la Philadelphia Orchestra, terrà un tour con la Orpheus Chamber Orchestra attraverso l'Europa e con la Filarmonica della Repubblica Ceca in Germania. Altre collaborazioni includono la NDR Elbphilharmonie Orchestra e la Mozarteum Orchestra a Salisburgo. Il suo recente ciclo di Concerti di Beethoven al Konzerthaus di Berlino con l’Academy of St.Martin in the Field è stato accolto con entusiasmo sia dal pubblico sia dai media. Nel 2012 è stato nominato Ambasciatore dell'UNICEF in Canada. Nel 2013 è diventato il più giovane vincitore dello Young Artist Award di Gramophone e ha ricevuto un Leonard Bernstein Award dal Festival Musicale dello SchleswigHolstein. Jan Lisiecki registra in esclusiva per Deutsche Grammophon.


LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn 1770 - Vienna 1827)

Coriolano op.62 ouverture durata: 8 minuti circa

NOTE DI SALA

nota a cura di Arrigo Quattrocchi L'ouverture Coriolano venne scritta da Beethoven non per essere premessa alla nota tragedia di Shakespeare ma a quella omonima e assai meno nota di Heinrich von Collin, drammaturgo a cui il compositore fu legato da stima e da una sincera amicizia. Non a caso al nome di Collin sono connessi ben tre progetti non portati a termine da Beethoven, due opere ispirate al Macbeth di Shakespeare e al personaggio ariostesco di Bradamante, e l'oratorio La liberazione di Gerusalemme. Non è certo peraltro che l'ouverture op.62 venisse eseguita insieme al dramma di Collin, nell'aprile del 1807; venne certamente eseguita nel marzo (in un concerto privato a casa del principe Lobkovitz) e nel dicembre (in un concerto pubblico) dello stesso anno; la dedica al drammaturgo dissipa comunque ogni eventuale perplessità sulla connessione fra la pagina musicale e l’opera letteraria. Il Coriolano di Collins è incentrato sulla figura dell'eroe romano, che, bandito da Roma, stringe alleanza con i Volsci, e si trova poi in preda a contrasti di coscienza; l'incertezza di scegliere la strada dello spergiuro (nei confronti dell'alleanza con i Volsci) o del tradimento (verso lo madrepatria) lo spinge all'unica soluzione possibile, il suicidio. L'ouverture di Beethoven è ovviamente una sorta di compendio del contenuto poetico del dramma; pochi

lavori sinfonici del compositore possono vantare un’adesione così compiuta all’opposizione fra un principio che afferma e uno che implora. Il primo tema consiste in bruschi "colpi" orchestrali, scattanti e tronchi, cui si contrappone la seconda idea melodica e lineare. Nello sviluppo vengono in primo piano gli inquieti accompagnamenti del secondo tema; la ripresa conferma il contrasto e la rapida coda lo acuisce, ravvicinando il confronto fra i due temi, e portando il tema principale verso un progressivo dissolvimento. In definitiva la mirabile ouverture, vero compendio della tensione dialettica che informa tanta parte della produzione di Beethoven nel primo quindicennio del secolo, si colloca accanto al primo movimento della Quinta Sinfonia nell’attingere a una dimensione tragica che è anche etica e autobiografica.


Concerto n.3 in do minore per pianoforte e orchestra op.37 durata: 38 minuti circa

nota a cura di Gregorio Moppi Sono contrastanti i giudizi sul Terzo Concerto in do minore op.37 per pianoforte e orchestra di Beethoven. L'autore lo reputava uno spartiacque nella sua produzione, un netto passo avanti formale e stilistico rispetto ai due concerti precedenti, guardati ormai con distacco, se non addirittura rinnegati in quanto prove di scarso valore, semplicemente brillanti e convenzionali. "Il concerto lo metto soltanto 10 ducati perché non lo considero tra i miei migliori", scriveva infatti nel 1801 all'editore Hoffmeister, offrendogli alcune composizione tra cui il Concerto in si bemolle maggiore (dopo un precoce esperimento adolescenziale, il primo 'maturo' da lui composto, sebbene pubblicato per secondo come op.19), cui queste righe si riferiscono. Ribadiva così un concetto già espresso poco prima: "i migliori [concerti] li tengo ancora per me quando farò io stesso un viaggio". Tra questi migliori vi era di certo il Terzo, che Beethoven avrebbe portato a compimento solo qualche tempo dopo, nel 1803, anno della sua prima esecuzione pubblica, a Vienna. Qualcuno invece giudica il Terzo in ben altra maniera. Per esempio Giovanni Carli Ballola, che nella sua ancora imprescindibile monografia beethoveniana ne parla come di "un capolavoro mancato", contestandogli una rilassatezza e un'improba-

bilità espressiva colpevoli di "trasformare gli eroici furori in pugni nell'aria". Più o meno dello stesso parere era il bizzarro pianista canadese Glenn Gould, che disapprovava soprattutto la schematicità dell'architettura del primo movimento, mentre del secondo non tollerava il carattere soporifero da notturno. Ciò nonostante tutti i grandi divi otto-novecenteschi della tastiera l'hanno avuto in repertorio insieme ai due concerti successivi, il superbo Quarto e il grandioso Quinto, detto l'Imperatore. Come al solito la ragione sta nel mezzo. Il Terzo infatti si lascia definitivamente alle spalle il modello mozartiano che aveva vegliato sulle precedenti prove concertistiche di Beethoven per imboccare una via innovativa, di forte originalità, quindi del tutto personale. Benché, come sovente accade nelle vicende artistiche, in momenti cruciali di trapasso espressivo il risultato finale possa non risultare adeguato agli obiettivi, magari perché la sfrenata urgenza espressiva non è ancora in grado di temperarsi in un persuasivo equilibrio strutturale. Ecco uno degli appunti più o meno condivisibili mossi a una pagina comunque di proporzioni ambiziose (basti pensare alle dimensioni dei movimenti estremi, fuori dell'ordinario a questa altezza cronologica) e vigorosa nella scrittura (l'orchestrazione robusta e


la richiesta di un bell'affondo pianistico, ma anche l'emergere a tratti di un solido sostrato contrappuntistico), che malauguratamente, su un piano di rigore e coerenza di stile e linguaggio, non regge il raffronto per esempio con il Beethoven delle sonate pianistiche coeve. L'Allegro con brio iniziale difetta di compattezza, si dice. Non vi è una autentica contrapposizione dialettica tra i due temi. E di conseguenza, nello sviluppo, neppure una loro sintesi convincente. Il do minore d'impianto, tonalità portatrice di un forte segno tragico in Beethoven (si pensi al tempo iniziale della Sonata Patetica o alla Quinta sinfonia), qui sarebbe svuotato di carattere. Tutto vero, all'analisi. All'ascolto però si riconoscono pur sempre i muscoli e il sangue del Beethoven più autentico, quello che di lì a poco avrebbe compiuto l'Eroica e, più tardi, la Quinta. Alla resa dei conti, perciò, il tempo d'apertura non è affatto privo di una certo impeto drammatico, espresso sia dalla combattiva irruenza con cui si presenta il pianoforte (dopo una lunga introduzione orchestrale che esibisce tutto il materiale tematico poi di nuovo replicato dal solista: e proprio tale doppia esposizione-fotocopia viene additata come una delle peggiori cadute di tensione costruttiva all'interno del pezzo), sia da certi spunti ritmici e melodici di spiccata marca beethovenia-

na (il tema principale, nient'altro che un accordo disteso; o l'articolata cadenza inseritavi successivamente). All'incanto sonoro del secondo movimento, inscritto nella semplice forma aba, segue il Rondò, momento tradizionalmente leggero e sbrigliato, che come al solito in Beethoven assume un carattere un po' più burbero del necessario - vi è addirittura un episodio fugato, pendant di un tema sognante 'alla Schubert' espresso dal clarinetto - che da ultimo, grazie alla mutazione di metro e di modo successiva alla cadenza (da 2/4 a 6/8, e da do minore a maggiore), si distende in movenze da commedia.


Sinfonia n.7 in la maggiore op.92 durata: 38 minuti circa

nota a cura di Francesco Ermini Polacci Beethoven scrisse la Sinfonia n.7 in la maggiore fra l’autunno del 1811 e il maggio del 1812, dopo però essersi dedicato a diverse pagine cameristiche, al Concerto n.5 per pianoforte, alle musiche di scena per Egmont di Goethe: lavori eterogenei, che senza rinunciare del tutto alla risoluta gestualità tipica di Beethoven lasciano intravedere una nuova via stilistica, lontana da drammatiche tensioni soggettive e invece sempre più incline a ricercare nella musica un significato puro e assoluto; sarà poi l’approdo astratto, persino metafisico, dell’ultima stagione creativa. A rimanere nel territorio puramente sinfonico dell’esperienza beethoveniana, la Settima dei presagi del nuovo corso non reca tracce particolarmente evidenti, ma indubbio è lo scarto che la separa dal disteso idillio della Sesta e dal drammatico eroismo della Quinta. Panneggiata neoclassicamente, riportata all’organico tradizionale (senza i tromboni della Pastorale), la Sinfonia n.7 non rinnega la drammaticità della Quinta ma ad essa idealmente si ricollega e la sublima, definitivamente risolvendola in una dionisiaca esplosione affermativa di vitalità: quasi un volo radioso che in musica trae forza dalla natura del suono e del ritmo, e che quanto alle idee è sollecitato dal vittorioso e definitivo scioglimento dei contrasti, siano essi etici, spirituali o di qualsiasi altra natura.

La Settima venne eseguita per la prima volta l’8 dicembre 1813 nella Sala dell’Università di Vienna, diretta dallo stesso Beethoven, nel corso di un concerto di beneficenza, a sfondo patriottico, che era stato organizzato in favore dei soldati austriaco-bavaresi feriti ad Hanau, nella recente battaglia contro Napoleone. Alla nuova Sinfonia, che pur non era il pezzo forte della serata, il pubblico riservò consensi particolarmente entusiastici, e Beethoven conobbe così uno dei più grandi trionfi della sua carriera. Un successo dunque attestato sin dall’inizio: anche se poi non mancarono i pareri sfavorevoli di quanti giudicarono la pagina ai limiti della stravaganza, così come abbondarono i tentativi infruttuosi di altri che vollero spiegare la sinfonia alla luce di assai fantasiosi programmi poetici. Ci fu però qualcuno che seppe individuare la vera anima della Settima attraverso un’immagine, e questi fu Richard Wagner: «Questa sinfonia è l’apoteosi della danza, è la danza nella sua essenza più sublime». Definizione ancora oggi celeberrima e giustissima, perché la danza si definisce nella continuità del ritmo, e il ritmo è non solo forza propulsiva ma il vero principio costruttivo della Settima: sorta di motore avviato ad un minimo di giri che poi arriva via via al massimo. Di qui la partenza lenta del Poco sostenuto, misteriosa introduzione inaugurata da quattro accordi risoluti


e che presto si mostra già dotata di un suo preciso sostegno ritmico: una rapida scala in ‘staccato’, che lega i temi e che ad un certo punto si blocca su una sola nota, ripetuta incessantemente. È un moto in continuo crescendo che conduce quasi inaspettatamente al Vivace, la seconda parte del primo tempo. Appaiono qui i due temi principali della canonica forma sonata, ma anziché opporli l’uno all’altro Beethoven li rende espressione di un’unica, incalzante tensione ritmica, giocata fra passaggi polifonici e aperta alle più diverse prospettive timbriche. Segue l’Allegretto, pagina celeberrima e sublime per l’atmosfera di composta meditazione che riesce a evocare, ma sovente travisata dagli interpreti che di solito la trasformano in una lentissima marcia funebre. In realtà, il suo fascino misterioso nasce proprio dal regolare eppur marcatissimo battito ritmico, che all’inizio è sussurrato da viole, violoncelli e contrabbassi, e che poi accoglie la sovrapposizione di un nuovo motivo, anch’esso semplice ma più lirico e disteso. È l’unione di questi due motivi a percorrere l’intero movimento, arrivando man mano a coinvolgere tutta l’orchestra e passando attraverso altri due brevi episodi, in un crescendo emotivo che armoniosamente si spegne nel pianissimo dell’accordo iniziale. Il Presto, col suo vivace 3/4, è animato da una vitalità incontenibile e quasi spavalda, alla quale

Beethoven pare porre un freno opponendole, e per ben due volte, un episodio in tempo «assai meno presto» (in realtà il Trio) basato su una melodia che le cronache vogliono ispirata ad un inno religioso di pellegrini austriaci; e quando poi lo stesso episodio accenna a ripresentarsi titubante per la terza volta, l’orchestra lo scaccia definitivamente con cinque bruschi accordi. Da questa fermata risoluta si staglia inarrestabile ed impetuoso il Finale, Allegro con brio in 2/4, acme irresistibile dell’intera Sinfonia. Ad innescare il vertiginoso meccanismo è un primo motivo, imperioso ed implacabile, che come parte inizia a sollecitare una continua accumulazione ritmica, a scuotere altre idee tematiche che da esso prendono forma e sostanza, a richiamare in causa frammenti di motivi comparsi nei tempi precedenti. Così, il movimento si configura come un vero e proprio vortice, rapido e inesorabile, che risucchia il riaffacciarsi frenetico dei temi in tutte le sezioni dell’orchestra, spesso coinvolgendoli in animate trame polifoniche. Un’eccitazione davvero incontenibile, ma al contempo tempo lucidissima, che sbocca nello splendore della fanfara finale: culmine di una sinfonia nata dal ritmo e che nell’animazione del ritmo conosce la sua esaltazione più perfetta e dionisiaca.


VIOLINI PRIMI

Lorenzo Gentili Tedeschi * Virginia Ceri * Paolo Gaiani ** Patrizia Bettotti Stefano Bianchi Virginia Capozzi Francesca Di Cuonzo Marian Elleman Chiara Foletto Isak Lenza

VIOLINI SECONDI

VIOLONCELLI

Augusto Gasbarri * Andrea Landi ** Elettra Mealli Anna Montemagni Giovanni Simeone

CONTRABBASSI

Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni ** Salvatore La Mantia Nicola Memoli

Chiara Morandi * Marco Pistelli ** Gabriella Colombo Marcello D'Angelo Alessandro Giani Irene Maggio Federica Paduano Susanna Pasquariello

FLAUTI

VIOLE

Marco Ortolani * Emilio Checchini

Giulia Panchieri * Caterina Cioli ** Federica Cardinali Alessandro Franconi Mateos Kovacaj Pier Paolo Ricci

TROMBE

Donato De Sena * Stefano Benedetti *

TIMPANI

Tommaso Ferrieri Caputi * * prime parti ** concertino in corsivo gli studenti del Corso Yo Yo

Fabio Fabbrizzi * Claudia Bucchini

OBOI

Alessio Galiazzo * Flavio Giuliani *

CLARINETTI

FAGOTTI

Paolo Carlini * Umberto Codecà *

CORNI

Andrea Albori * Paolo Faggi *

ISPETTORE D’ORCHESTRA E ARCHIVISTA Alfredo Vignoli


I PROS SIMI Stagione Concertistica 2018_19 APPUN TAMEN TI

ERICA PICCOTTI

violoncello

FEDERICO MARIA SARDELLI direttore

26

FEBBRAIO MARTEDÌ ore 21.00

RIGEL Sinfonia n.4 opXII HAYDN Concerto n.1 per violoncello e orchestra Hob.Vllb:1 BEETHOVEN Sinfonia n.2 op.36

MARTEDÌ

FRANCESCA DEGO violino

05

musiche di Mozart, Castelnuovo Tedesco, Respighi, Mendelssohn

ore 21.00

CONCERTO DI CARNEVALE

DANIELE RUSTIONI direttore

MARZO

ALEXANDER MALOFEEV pianoforte

28

musiche di Boccadoro, Prokof'ev, Beethoven

ore 21.00

NIKLAS BENJAMIN HOFFMANN direttore

GIOVEDÌ

MARZO


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Direzione Artistica Giorgio Battistelli Paolo Frassinelli servizi musicali Tiziana Goretti, Giuseppe Loprete segreteria direzioneartistica@orchestradellatoscana.it concorsi@orchestradellatoscana.it

Servizi Tecnici Angelo Del Rosso ufficiotecnico@orchestradellatoscana.it

Area Comunicazione Riccardo Basile | Ambra Greco ortstampa@orchestradellatoscana.it

PROGETTO GRAFICO ORT Mallet Studio IMPAGINAZIONE PROGRAMMA DI SALA Ambra Greco FOTO & ILLUSTRAZIONI Charles Brooks e Holger Hage (cop.), Rodrigo Levy (5), Christoph Köstlin (6), Laure Jacquemin - Musica con le Ali (13) STAMPA Grafiche Martinelli (Firenze)

Amministrazione Simone Grifagni | Cristina Ottanelli direzioneamministrativa@orchestradellatoscana.it

Ispettore d’orchestra Alfredo Vignoli archiviomusicale@orchestradellatoscana.it Teatro e Servizi di sala Fulvio Palmieri | Paolo Malvini teatro@orchestradellatoscana.it

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