Stagione Concertistica 2018_19
CONCERTO DI CARNEVALE
FRANCESCA DEGO violino
DANIELE RUSTIONI direttore
FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Maurizio Frittelli - Presidente Francesca Bardelli - Vice presidente Elisabetta Bardelli Ricci Elisa Burlamacchi Nazzareno Carusi REVISORE UNICO Vittorio Quarta
DIRETTORE ARTISTICO Giorgio Battistelli DIRETTORE PRINCIPALE Daniele Rustioni DIRETTORE ONORARIO Thomas Dausgaard
UFFICIO SVILUPPO E FUNDRAISING Ermanno Martignetti AMMINISTRAZIONE Simone Grifagni, Cristina Ottanelli UFFICIO DEL PERSONALE Andrea Gianfaldoni SEGRETERIA direzione Generale Stefania Tombelli direzione Artistica Tiziana Goretti, Giuseppe Loprete Corso Yo-Yo Chandra Ughi SERVIZI TECNICI ORCHESTRA Angelo Del Rosso OSPITALITÀ E SALA TEATRO VERDI Fulvio Palmieri Paolo Malvini PALCOSCENICO TEATRO VERDI Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo Alessandro Goretti, Sara Bonaccorso
DIRETTORE GENERALE Marco Parri DIRETTORE SERVIZI MUSICALI Paolo Frassinelli AREA COMUNICAZIONE Riccardo Basile | Ambra Greco
PERSONALE DI SALA Lisa Baldi, Pietro Carnera, Tommaso Cellini, Lorenzo Del Mastio, Elena Fabbrucci, Alice Guerrini, Enrico Guerrini, Alessandro Iachino, Giorgia Lombardi, Pasquale Matarrese, Giulia Mazzone, Vieri Ulivi Valoriani, Sara Vivoli
XXXVIII STAGIONE CONCERTISTICA 2018 - 2019
Si ringrazia la Fondazione CR Firenze per le donazioni Art Bonus a favore della Stagione ORT 2018/19
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stituzioni
oncertistiche
rchestrali
Concerto di Carnevale
DANIELE RUSTIONI direttore
FRANCESCA DEGO violino
PRIMA PARTE
SECONDA PARTE
WOLFGANG AMADEUS MOZART
OTTORINO RESPIGHI
MARIO CASTELNUOVO TEDESCO
Lento assai Andante con moto e scherzando Andante
Isaiah: Grave e medativo Jeremiah: Espressivo e dolente Elijah: Fiero e impetuoso, ma sostenuto e ben marcato il ritmo
FELIX MENDELSSOHN-BARTHOLDY
Mitridate, re di Ponto K.87 ouverture
Concerto n.2 per violino e orchestra op.66 I profeti
Tre Corali, dai Choralvorspiele di Johann Sebastian Bach
Sinfonia n.5 in re maggiore op.107 Riforma I. Adagio - Allegro con fuoco II. Allegro vivace III. Andante IV. Corale: Ein' veste Burg ist unser Gott Andante con moto. Allegro vivace. Allegro maestoso
produzione con gli studenti del Corso Yo-Yo Concerto fiorentino trasmesso in differita da Radio Toscana Classica
FIRENZE, TEATRO VERDI
martedì 5 marzo 2019 ore 21.00
Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService
DANIELE RUSTIONI Recentemente nominato Chief Conductor della Ulster Orchestra, Daniele Rustioni è certamente uno dei più importanti direttori d’orchestra della sua generazione sia nel repertorio operistico che in quello sinfonico. Direttore musicale dell’Opéra National de Lyon, dirige regolarmente nei migliori teatri internazionali dalla Royal Opera House Covent Garden, all’Opera di Monaco di Baviera, all’Opéra di Parigi, all’Opernhaus di Zurigo, al Teatro alla Scala, alla Fenice di Venezia. Nell’Aprile 2017 ha debuttato al MET in Aida con grandissimo successo ed è stato subito inviato per le stagioni future. Tra gli appuntamenti più importanti della stagione in corso la nuova produzione della rarissima Charodieika di Čajkovskij all’Opéra National de Lyon, la nuova produzione di Falstaff per la regia di Laurent Pelly al Teatro Reale di Madrid e il debutto a Festival International Lyrique di Aix-en-Province con una nuova produzione di Tosca, sempre con i complessi lionesi. Direttore principale dell’Orchestra della Toscana, con la quale sarà in tournée in Germania e Austria tra pochi giorni, svolge un’intensa attività come apprezzato interprete di un già vasto repertorio sinfonico. Ha già diretto tutte le maggiori orchestre sinfoniche italiane, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la Filar-
monica della Scala e l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI; nel Regno Unito ha diretto la BBC Philharmonic, la BBC Symphony, la Bournemouth Symphony Orchestra e la London Philharmonic, oltre a essere ospite regolare della City of Birmingham Symphony Orchestra. In Germania ha diretto le orchestre di Colonia, Stoccarda e Monaco di Baviera; in Austria l’Orchestra della Radio di Vienna e quella dell’Opera di Klagenfurt mentre in Scandinavia è ospite regolare della Danish National Symphony Orchestra. Il Cartellone 2018_19 lo ha visto inaugurare la stagione sinfonica della Philharmonia Zürich, dirigere per la prima volta la Hallé Orchestra di Manchester mentre faceva il suo debutto sinfonico al Concertgebouw di Amsterdam con la Netherlands Philharmonic e negli Stati Uniti con la Indianapolis Symphony Orchestra; a fine stagione sarà la volta del debutto con l’Orchestre de Paris alla nuova Philharmonie. È regolarmente presente in Giappone dove ha debuttato con Madama Butterfly alla Tokyo Nikikai Opera nel 2014 e ha diretto concerti sinfonici con la Tokyo Symphony Orchestra, la Hyogo Performing Arts Center Symphony Orchestra, la Kyushu Symphony Orchestra e la Osaka Philharmonic. È inoltre ospite regolare delle stagioni della Tokyo Metropolitan
Symphony Orchestra alla Suntory Hall. La discografia di Rustioni conta la prima registrazione di Adelson e Salvini di Bellini per la casa discografica Opera Rara, accolta da unanimi consensi della critica. Per Sony Classical ha registrato un album con Erwin Schrott e ha realizzato un ciclo dedicato al repertorio sinfonico italiano della prima metà del ‘900 con l’ORT: al primo volume dedicato a Ghedini uscito nel 2016, è seguita la registrazione dedicata a musiche di Petrassi mentre proprio in questi giorni esce l’ultimo CD con musiche di Alfredo Casella, tra cui il raro Concerto per archi, pianoforte, timpani e batteria op.69. In DVD è disponibile la registrazione della produzione de Il signor Bruschino del Rossini Opera Festival per l’etichetta Opus Arte. Nel 2013 ha ricevuto l’International Opera Award come migliore novità dell’anno.
FRANCESCA DEGO Francesca Dego è tra i giovani violinisti più richiesti sulla scena musicale internazionale. Artista Deutsche Grammophon dal 2012, il suo debutto orchestrale con i concerti di Paganini e Wolf-Ferrari insieme alla City of Birmingham Symphony Orchestra diretta da Daniele Rustioni e pubblicato nel 2017 ha riscosso grande consenso internazionale di critica. Lo scorso autunno è uscito Suite Italienne, il suo nuovo progetto dedicato all'estetica e all'influenza della tradizione musicale italiana sulla musica del XX secolo. Nata a Lecco da genitori italo-americani, si esibisce sin da giovanissima con le più grandi orchestre, tra cui la Auckland Philharmonia, la Gürzenich Orchestra di Colonia, la Hallé, Het Gelders Orkest, l'Orchestre Philharmonique di Nizza, l’Orkest van het Oosten, la Real Orquesta Sinfonica di Siviglia, l’Orquesta de la Comunitat Valenciana al Palau de les Arts, la Philharmonia Orchestra alla Royal Festival Hall di Londra, la Royal Philharmonic, la Royal Scottish National Orchestra e la Ulster Orchestra, la Tokyo Metropolitan e la Tokyo Symphony alla Suntory Hall. In Italia collabora regolarmente con l’Orchestra Haydn di Bolzano, La Verdi di Milano, l'ORT, la Filarmonica Toscanini di Parma e le orchestre dei teatri di Bari, Bologna, Genova, Torino, Trieste, Verona e La Fenice di Venezia.
Ha lavorato a fianco di grandi direttori come Karen Durgaryan, Christopher Franklin, Paul Goodwin, Christopher Hogwood, Yoel Levi, Grant Llewellyn, Wayne Marshall, Diego Matheuz, Shlomo Mintz, Gemma New, Sir Roger Norrington, Daniele Rustioni, Dalia Stasevska e Xian Zhang, e con artisti del calibro di Salvatore Accardo, Mahan Esfahani, Bruno Giuranna, Piers Lane, Jan Lisiecki, Mischa Maisky, Antonio Meneses, Domenico Nordio, Martin Owen, Kathryn Stott e Francesca Leonardi, con cui suona in duo da 14 anni. Nell’estate 2018 ha co-fondato il Gravedona Chamber Music Festival sul lago di Como. Vincitrice di numerosi concorsi nazionali ed internazionali, nel 2008 è stata la prima violinista italiana ad entrare in finale al Premio Paganini di Genova dal 1961 aggiudicandosi inoltre il premio speciale “Enrico Costa” riservato al più giovane finalista. Scrive regolarmente per riviste musicali come BBC Music Magazine, The Strad, Musical Opinion e Strings Magazine, ed è autrice di una rubrica mensile su Suonare News. Francesca vive a Londra e suona due preziosi violini Francesco Ruggeri (Cremona 1697) e il Giuseppe Guarneri del Gesù ex-Ricci (Cremona 1734) per gentile concessione della “Florian Leonhard Fine Violins”. È sostenuta dal CIDIM, SIAE, S'Illumina e MiBACT.
WOLFGANG AMADEUS MOZART (Salisburgo 1756 - Vienna 1791)
Mitridate, re di Ponto K.87 ouverture
NOTE DI SALA
durata: 6 minuti circa
a cura di Elisabetta Torselli L’ascoltatore di musica che vede la sigla K.87 – anzi K.(6) 74a nella versione aggiornata del catalogo delle opere - sa di trovarsi in presenza di un parto del Mozart giovanissimo. E infatti Mitridate re di Ponto è la sua prima opera seria su testo italiano, il dramma del poeta del teatro di corte di Torino, Vittorio Amedeo Cigna-Santi, dramma già intonato appunto a Torino, pochi anni prima, dal compositore Quirino Gasparini. L’opera ci rimanda al primo dei tre viaggi in Italia del salisburghese, effettuati fra la fine del 1769 e il 1773 e intercalati dai ritorni in patria. Su Mozart in Italia è fiorita tanta storiografia e aneddotica, dalla precocissima ammissione all’Accademia Filarmonica di Bologna di padre Martini, alla trascrizione a memoria del Miserere dell’Allegri, pezzo non edito perché riservato alla Cappella Sistina. Mozart viaggiava insieme al padre Leopold, abilissimo tessitore della fama e della fortuna del figlio. E infatti ne vennero, da questi viaggi, onori e commissioni, dall’investitura a contrappuntista compiuto e rifinito con l’ammissione, nonostante la giovane età, all’Accademia bolognese, alla commissione dell’oratorio La Betulia Liberata per un’accademia padovana, per non dire di una miriade di trionfali esibizioni da Rovereto a Napoli. E a Milano, grazie agli ottimi rapporti coltivati da Leopold con l’ambiente politico e musica-
le (con il conte Firmian, con il compositore Sammartini), l’incarico di comporre un’opera per il Teatro Ducale di Milano, che sarebbe bruciato pochi anni dopo, aprendo la via alla costruzione del Teatro alla Scala. Proprio qui, al Ducale, il Mitridate fu eseguito il 26 dicembre del 1770 ricevendo il plauso universale e, per conseguenza, un bel numero di repliche, a cui seguì la richiesta di comporre altri due lavori per Milano, che videro la luce nei due successivi viaggi, la serenata Ascanio in Alba (su libretto di Giuseppe Parini, fra i primi a riconoscere il genio del giovanissimo compositore) e Lucio Silla (su libretto di Giovanni de Gamerra). Al successo del Mitridate contribuì il cast prestigioso, lo stesso che con altra musica aveva dato vita allo stesso dramma a Torino, capeggiato dalla celebre Antonia Bernasconi nel ruolo di Aspasia. Mozart stesso dirigeva dal “primo cembalo”. Vittorio Amedeo Cigna-Santi è autore tutt’altro che oscuro, e i suoi drammi (fra cui il più famoso è il Montezuma) furono musicati da Mysliveček, Traetta, Paisiello, Galuppi, Sacchini, Anfossi, Pugnani. Essi riprendono il tipo fissato dal grande Metastasio, in primo luogo la centralità estetica dell’aria, forma a cui Mozart si “allenava” fin dal 1765, dai nove anni, con la composizione di arie da concerto (la prima sarebbe Va dal furor portato K.(6)
19c, scritta durante il viaggio a Londra), attività che poi proseguirà per tutta la vita. Altra caratteristica metastasiana è l’oramai remota deriva dai drammaturghi francesi del Grand-Siècle, Corneille e Racine soprattutto, i maestri, e infatti è dal "Mithridate raciniano", noto ai lettori italiani nella traduzione del Parini, che deriva il dramma per musica di CignaSanti. Ma con quella tipica attenuazione rispetto alla storia vera, o meglio quella soluzione in qualche modo positiva e sublimante dei conflitti tragici, passionali, dinastici. Conflitti, in questo caso, nettamente edipici: mentre Roma minaccia il regno di Ponto, il re, Mitridate, e i suoi due figli, Farnace e Sifare, vogliono lo stesso trono e la stessa donna, Aspasia. Conflitti che in definitiva volgono al ravvedimento e al superamento delle passioni, secondo l’insuperato modello della metastasiana Clemenza di Tito che poi, tanti anni dopo, sarà l’ultima opera seria di Mozart, come il Mitridate è la prima. Qui tale ravvedimento avviene in nome della resistenza al nemico, cioè a Roma, fino all’ensemble finale Non si ceda al Campidoglio, ed è Aspasia a decidere chi sposerà. In questo equilibrio fra nequizie e virtù, nelle risonanze musicali che ne nascono, colpì, a maggior ragione in un compositore tanto giovane, “l’interesse per le situa-
MARIO CASTELNUOVO TEDESCO (Firenze 1895 - Beverly Hills 1968)
Concerto n.2 per violino e orchestra op.66 "I profeti" durata: 35 minuti circa
a cura di Elisabetta Torselli zioni e le emozioni estreme” (Stefan Kunze, Il teatro di Mozart), la vivezza nell’espressione delle passioni che fu assai lodata da Parini, e il pregio già notevolissimo di arie come Pallid’ombre che sorgete di Aspasia. Questi caratteri però trovano un riscontro solo parziale nell’ouverture, in re maggiore, che sembra ancora svolgere una funzione accessoria e di “segnale” d’inizio prossimo del dramma, più che drammatica in sé, e che, deliziosa com’è, potrebbe figurare altrettanto bene in apertura di un dramma giocoso. La sua particolarità è l’articolazione in tre sezioni, forma attribuita tradizionalmente a Alessandro Scarlatti, ossia un Allegro, qui con un accenno di bitematismo e di piani tonali sonatistici in nuce, e con un carattere di fanfara, a cui segue un movimento centrale più moderato (Andante grazioso) e arieggiante alla danza, e un finale più agitato (Presto) che pare voler alludere agli intrighi convulsi che scandiscono la vicenda, con una ricchezza di intrecci e di proposte e risposte in cui – in particolare nel vivido gioco fra archi e fiati – ravvisiamo una maestria precocemente conseguita nel trattamento dell’orchestra e il presagio di future grandezze.
“Incontrai Heifetz a Firenze, la prima volta, nel 1928: faceva allora il suo primo giro di concerti in Italia, e suonò una sera, per gli Amici della Musica, alla Sala Bianca. Rivedo ancora la sua apparizione sul podio: giovane, biondo, snello, impeccabile nei gesti e nell’abito, coi tratti fini e regolari del volto, e un’espressione assorta e lontana: mi fece pensare ad un angelo in esilio”. Così Mario Castelnuovo-Tedesco rievoca nella sua autobiografia Una vita di musica (Cadmo 2005) il suo primo incontro con quell’astro inarrivabile del violinismo del Novecento. Jascha Heifetz avrebbe eseguito più volte (già nel 1930 a New York) il primo concerto per violino di Castelnuovo-Tedesco, il Concerto italiano (1926, scritto per Mario Corti, destinatario anche del Concerto Gregoriano di Ottorino Respighi), e presto gli commissionò un pezzo di una certa estensione, The Lark (L’Allodola, titolo suggerito da un verso del Cimbelino di Shakespeare), spettacolare “poema in forma di rondò”, e finalmente, quando L’Allodola ebbe spiccato il volo, gli chiese un concerto. Nacquero così I Profeti, omaggio alla comune matrice ebraica del compositore e del violinista nativo della Lituania. Nell’idea di Castelnuovo-Tedesco, doveva alludere nei suoi tre movimenti a Isaia, Geremia, Elia, ossia, diremmo, la visione profetica, il lamento, la lotta coraggiosa, anche se
poi, su richiesta di Heifetz, questo “programma” fu eliminato. La prima esecuzione fu nell’aprile del 1933 alla Carnegie Hall di New York, naturalmente con Heifetz solista, e, sul podio della Filarmonica di New York, Arturo Toscanini. Fu felicissima, la relazione di CastelnuovoTedesco con diversi grandi solisti per cui scrisse o che lo eseguivano volentieri, e citiamo almeno Segovia, Heifetz, Gieseking, Piatikorsky. Una vena naturalmente ricca, una fisionomia creativa in cui un dominio della forma e dei generi delicato ma ferreo si fonde con la capacità di toccare una poesia, un paesaggio, un’idea, spesso in modo gentile, allusivo, signorile, altre volte con grande estroversione. E c’è anche una certa naturale capacità di assecondarle, queste stelle del concertismo, dar loro, in sostanza, ciò che volevano, musica che può essere apertamente, spettacolarmente virtuosistica, musica accattivante, aggiornata ma non d’avanguardia. Ma certo dietro ai Profeti c’è di più, c’è la riappropriazione di un patrimonio culturale e di un’identità. Per Castelnuovo-Tedesco, una musica che potremmo definire “europea ma con un’identità ebraica” era rappresentata da Ernest Bloch (molto apprezzato dal suo maestro Ildebrando Pizzetti), in particolare da Schelomo, ma ciò avrebbe finito per fondersi con risonanze più
antiche, i canti uditi nell’infanzia dal nonno materno Bruto Senigaglia, nella cui biblioteca c’era anche l’antologia ottocentesca di Federico Consolo I canti d’Israele (per la gran parte melodie sefardite). Già nel 1925 Castelnuovo-Tedesco accosta il suo retaggio ebraico con una composizione pianistica, Le danze del Re David, a cui seguì nel 1926 un altro lavoro pianistico, i Tre Corali su melodie ebraiche, subito eseguito da Walter Gieseking. Di lì a poco, l’antisemitismo montante, già prima delle leggi razziali del ’38 che lo costrinsero all’esilio negli U.S.A, aveva creato un clima di isolamento intorno a colui che fino ai primi anni Trenta era stato forse il più lodato ed eseguito (anche nei festival internazionali di musica contemporanea) fra i giovani successori della Generazione dell’Ottanta. E così la prima italiana dei Profeti, che avrebbe dovuto svolgersi a Firenze con l’orchestra del Maggio Musicale e con Giulio Bignami violino solista, saltò per ordini dall’alto. Questo concerto rispetta le articolazioni più classiche del genere, in particolare la meditativa cantabilità del movimento centrale e la brillantezza spavalda del terzo tempo. Ma il richiamo ai profeti, voce d’Israele, è evidente nel tematismo e nella strumentazione, a partire dal tema principale e ricorrente del primo movimento fin dall’introduzione (Grave e meditativo),
una sorta di motto dal sapore antico che può ricordare certe movenze del canto gregoriano, esposto dapprima dal corno, qui simbolo evidente dello shofar, il corno rituale della liturgia ebraica. Per non dire della lunga cadenza solistica in cui troviamo la singolare presenza dell’arpa, sotto e insieme al violino solista, chiaro richiamo al mondo dei salmi, al salterio di re David. Un ampio e struggente lamento si sviluppa nel secondo movimento (Espressivo e dolente) su una melodia dal gesto più ampio, ma anch’essa perfettamente e più che mai riconducibile ai canti sinagogali con le loro caratteristiche sonorità “mediterranee” (scale con note alterate, soprattutto abbassate, carattere avvolgente del disegno melodico complessivamente strutturato su gradi congiunti), mentre il terzo movimento (Fiero e impetuoso), con il suo disegno ritmico ben marcato e il colore delle percussioni “esotiche” (castagnette, tamburello), ma anche con certi più lirici squarci a tutt’orchestra, evoca apertamente un Medio Oriente quasi da kolossal. Ma, osserva CastelnuovoTedesco nell’autobiografia, il compositore del Novecento è capace di citare o arieggiare musiche tradizionali e/o etniche senza costringerle e costringersi in gabbie tonali e ritmiche, insomma il suo esotismo è più avvertito di quello dei compositori dell’Ottocento e insieme si combina ad
una modernità musicale levigata ma informatissima. La parte solistica è pensata e scritta per Jascha Heifetz, e dunque non solo fortemente virtuosistica, ma anche ricca delle situazioni tecniche ed espressive in cui il violinista ebreo-lituano naturalizzato americano era davvero inarrivabile: i fitti bicordi su cui sono costruiti interi episodi, ma anche la cantabilità insieme intensa e aristocratica. L’orchestra è spettacolare, ma ha comunque i suoi tratti di originalità, come nella commistione bartokiana arpa-pianoforte. E il tradizionale interagire del solista e dell’orchestra qui si sposa al simbolo chiave della composizione: il profeta è sempre solo, ma è sempre in mezzo al suo popolo.
OTTORINO RESPIGHI
(Bologna 1879 - Roma 1936)
Tre Corali, dai "Choralvorspiele" di Johann Sebastian Bach durata: 13 minuti circa
a cura di Francesco Ermini Polacci Il Novecento, si sa, è il secolo dove forte è stata la volontà di rinnovamento in tutte le espressioni artistiche del pensiero umano, nella letteratura, nella pittura, nella musica. Ma è stato anche un secolo segnato da altrettanto spiccate contraddizioni, in realtà facce complementari di una stessa medaglia: rimanendo in ambito strettamente musicale, se da un lato Arnold Schönberg con Alban Berg e Anton Webern battono l’ambiziosa strada di un rivoluzionario linguaggio musicale (la dodecafonia) che faccia strame della tradizione, dall’altro assistiamo invece alla volontà di rifarsi alla lezione del passato, di ritornare alla semplicità espressiva e alla purezza di forme dei maestri antichi. A quelle rivisitazioni della tradizione antica-barocca si è soliti dare il nome unico di Neoclassicismo: fu una sorta di antidoto, non solo al gusto tardoromantico e impressionista ma anche alla furia devastante di movimenti di rottura come l’Espressionismo. Il fenomeno fu comunque assai complesso e si estese ad ampio raggio in tutta Europa, coinvolgendo lo stile dei musicisti più noti: come Stravinskij, che imboccò la strada neoclassica scrivendo il balletto Pulcinella (1920) su musiche attribuite a Pergolesi, o come Richard Strauss, che nella Tanzsuite (1923) elaborò pagine clavicembalistiche di Couperin. In Italia, furono soprattutto Ottorino
Respighi, Ildebrando Pizzetti, Gian Francesco Malipiero e Alfredo Casella (la cosiddetta “Generazione dell’Ottanta”) ad aderire a quest’indirizzo estetico, seppur ciascuno in misura e in forme diverse. Proprio in Respighi, che all’epoca fu il più amato dal pubblico, il fasto sonoro e la magniloquenza ripresi da Strauss si alternano al gusto per la schiettezza del suono e la semplice asciuttezza della scrittura suggerite dai maestri antichi. Non dovrà così meravigliare che i lussureggianti poemi sinfonici Fontane di Roma (1916), Pini di Roma (1924) e Feste romane (1928), le pagine che hanno più contribuito alla sua notorietà, siano intercalati da tre suites significativamente intitolate Antiche arie e danze (1917, 1923, 1931), in stile diametralmente opposto e dove sono trascritte con libertà musiche del CinqueSeicento. Così come non dovrà meravigliare l’attenzione che Respighi ebbe per Johann Sebastian Bach, l’emblema per eccellenza di un rigore, un ordine, una linearità da prendere a modello. Già nel 1908, Respighi realizza una trascrizione per orchestra della Sonata per violino BWV 1023 di Bach, e altrettanto farà del Preludio e Fuga BWV 532 (1929) e della Passacaglia e Fuga BWV 582 (1930). A quel medesimo periodo, al 1930, risalgono anche i Tre Corali, arrangiamenti per orchestra di altrettanti preludi-corali di
FELIX MENDELSSOHN-BARTHOLDY (Amburgo 1809 – Lipsia 1847)
Sinfonia n.5 in re maggiore op.107 "Riforma" durata: 30 minuti circa
a cura di Gregorio Moppi Bach destinati all’organo (e in parte, a loro volta, derivati da sue precedenti cantate); nella veste sonora respighiana, ebbero la loro prima esecuzione a New York nel 1931, diretti da Arturo Toscanini. Compongono senza soluzione di continuità una sorta di suite, dove ciascun movimento, corredato da una precisa indicazione di tempo, corrisponde a un brano preciso di Bach: Lento assai (dal corale “Nun Komm’ der Heiden Heiland” BWV 659, ‘Ora vieni, Salvatore delle genti’), Andante con moto e scherzando (da “Meine Seele erhebt den Herren BWV 648, ‘L’anima mia magnifica il Signore’), Andante (da “Wachet Auf, ruft uns die Stimme” BWV 645, ‘Destatevi, ci chiama la voce’). Il ritorno a Bach di Respighi non si realizza però in una semplice orchestrazione: quella materia autorevole gli offre spunti per dare voce alla volontà di creare immagini evocative suggestive, come avvolte da un senso di leggenda, e al suo gusto raffinato di formidabile orchestratore. Ecco il peso assegnato agli archi gravi nel Lento assai, con il suo respiro solenne e misterioso; ecco il disegno leggero e dalle linee equilibratissime dell’Andante con moto e scherzando. Ed ecco, infine, la celeberrima melodia bachiana dell’Andante: cantata dagli archi a voce distesa, ma dai colori profondi dei tromboni avvolta in un’atmosfera di arcana maestosità.
Il catalogo sinfonico di Felix MendelssohnBartholdy annovera diverse sinfonie: una dozzina per archi, risalenti agli anni dell'adolescenza, più le cinque per grande orchestra della maturità. I numeri d'opera di queste ultime non sono rispondenti alla reale cronologia compositiva ma dipendono dalla data di pubblicazione. Vale a dire che, se la Sinfonia op.11 fu davvero la prima a essere scritta (1825) ed edita (1828), la Scozzese op.56, che porta il numero tre, fu invece pensata per ultima (1842), dopo l'Italiana e il Lobgesang stampate rispettivamente per quarta e seconda. Riguardo alla Quinta Sinfonia in re maggiore, Riforma, concepita per seconda, se foste stato per Mendelssohn sarebbe ancora manoscritta. La considerava infatti «un'opera completamente fallita», affermando di non poterla soffrire: «È quella fra le mie composizioni che brucerei più volentieri. Non dovrà mai essere pubblicata». Per fortuna i posteri non gli hanno dato retta, e l'hanno mandata in tipografia nel 1868, un ventennio dopo la morte dell'autore. Il quale, forse, doveva tali cattivi pensieri ai primi apprezzamenti che avevano accolto la composizione. Nel 1832, quando avrebbe dovuto debuttare al Conservatorio di Parigi, l'orchestra si era rifiutata di suonarla perché «troppo dotta, con troppi fugati e scarsa melodia». Del resto il contegno
severo della partitura, il contrappunto che la pervade, la strumentazione spessa e accigliata (per via soprattutto della presenza del controfagotto, di tre tromboni e del serpente, un cornetto basso dal suono ruvido e potente oggi in disuso e perlopiù sostituito dal trombone basso) non potevano che risultare indigesti ai francesi, ancora estimatori del melodramma e della melodia accompagnata al pari degli italiani; per non dire della sostanza concettuale del lavoro e di alcuni temi musicali impiegati per renderla evidente, troppo legati alla storia e alla cultura germaniche. La prima esecuzione ebbe luogo perciò qualche mese dopo a Berlino, diretta da Mendelssohn stesso, ottenendo tuttavia una risposta critica tutt'altro che esaltante. «Preferiremmo certo che il compositore non si attenesse tanto al colossale, quanto piuttosto al bello essenziale, che non strumentasse con troppo eccesso e infine che desse maggior spazio alle bellezze melodiche che non alle audaci combinazioni armoniche. Raramente ci mostra un cielo sereno; quasi sempre è nuvoloso e tempestoso», scriveva l'autorevole Ludwig Rellstab, incapace di comprendere la partitura perché, come mostrano le sue parole, depositario di quell'estetica neoclassicheggiante del "bello ideale" distante anni luce dalla concezione romantica dell'arte. Sulla
locandina di quella serata l'opera veniva indicata come Symphonie zur Feier der Kirchen-Revolution («Sinfonia per l'anniversario della rivoluzione religiosa»), cioè in onore della Confessione d'Augusta, l'atto che il 25 giugno 1530 aveva ratificato le teorie di Martin Lutero dando inizio alla diffusione dei princìpi della Riforma in Germania e nei paesi vicini. E proprio la volontà di onorare degnamente il terzo centenario di avvenimento tanto rilevante per la storia del popolo tedesco aveva spinto il compositore (appunto nel 1830, anno successivo alla sua memorabile riesumazione berlinese della Passione secondo San Matteo di Bach, baluardo del repertorio sacro protestante) a dedicarsi alla stesura di questa sinfonia: il che per lui significava anche un'opportunità di riflessione sulla propria religiosità e, di conseguenza, su quella della famiglia Mendelssohn, alcuni membri della quale avevano abbandonato l'ebraismo per il cattolicesimo o il luteranesimo - basti dire che il cognome Bartholdy venne aggiunto in occasione del battesimo di Felix (1816) per distinguere i Mendelssohn protestanti da quelli rimasti ebrei. Il primo tempo si apre, a canone, con un'introduzione austera e solenne il cui incipit è costituito dalla melodia salmodiante (re-mi-sol) appartenente al Magnificat tertii toni e a diversi altri canti
gregoriani. Tale pagina prefatoria - entro cui si insinua, tra legni e ottoni, il preannuncio del tema principale inscritto in un intervallo di quinta - si conclude con la citazione del cosiddetto «Amen di Dresda», caratteristica cadenza finale del repertorio liturgico protestante universalmente nota per l'uso che ne fa Richard Wagner nel Parsifal come motivo del Graal. L'«Amen», emblema musicale dello Spirito Santo racchiuso anch'esso nell'ambito di una quinta, si ripresenterà anche all'interno dell'«Allegro con fuoco», denunciando così il suo ruolo di cellula generatrice dell'interno movimento, se non addirittura di tutta la sinfonia. Che prosegue ponendo in seconda posizione (anziché, contrariamente all'usanza, in terza) lo scherzo: pagina danzante, solare, brillante, con richiami agresti nel Trio centrale. Pare un tantino fuor di luogo in una celebrazione della Riforma luterana, mentre non ci stupiremmo di trovarla nella Sinfonia Italiana. L'«Andante» successivo è una romanza dalla cantabilità sensibile e intensa, strappacuore, cui si collega senza soluzione di continuità l'ultimo tempo, proclamato dal solo flauto sulle note del corale Ein feste Burg ist unser Gott («Una salda fortezza è il nostro Dio»), parafrasi del Salmo biblico XLVI che la tradizione attribuisce, nel testo e nella musica, alla mano di Lutero medesimo. Questa melodia liturgica, una delle
più antiche e celebri, acquista sempre più consistenza timbrica e armonica grazie al progressivo assommarsi degli strumenti dell'orchestra; dopodiché, a seguito di energici colpi di timpano, prende il via la sua elaborazione contrappuntistica. Un procedimento che giunge a compimento, con opulento e risolutivo clangore, quando il corale viene riesposto a valori lunghi nella sua imponente, maestosa, trionfante integrità. Quasi fosse intonato da un'assemblea di fedeli esultanti.
* prime parti ** concertino in corsivo gli studenti del Corso Yo Yo
VIOLINI PRIMI
Daniele Giorgi * Virginia Ceri * Eleonora Matsuno * Paolo Gaiani ** Angela Asioli Gabriella Colombo Marcello D'Angelo Alessandro Giani Isak Lenza Susanna Pasquariello Marco Pistelli
VIOLINI SECONDI
Chiara Morandi * Giuditta Longo * Stefano Bianchi ** Patrizia Bettotti Virginia Capozzi Francesco Di Cuonzo Chiara Foletto Irene Maggio Federica Paduano
VIOLE
Stefano Zanobini * Caterina Cioli ** Federica Cardinali Alessandro Franconi Mateos Kovacaj Pier Paolo Ricci
VIOLONCELLI
Luca Provenzani * Augusto Gasbarri * Elettra Mealli Anna Montemagni Giovanni Simeone
CONTRABBASSI
Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni ** Salvatore La Mantia Nicola Memoli
FLAUTI
Fabio Fabbrizzi * Claudia Bucchini Erika Macalli
OBOI
Alessio Galiazzo * Flavio Giuliani * Marco Spada
CLARINETTI
CORNI
Andrea Albori * Paolo Faggi * Gabriele Galluzzo Alessandro Giorgini
TROMBE
Donato De Sena * Stefano Benedetti * Miloro Vagnini
TROMBONI
Paolo Masi * Stefano Bellucci Gabriele Tonelli
TIMPANI
Tommaso Ferrieri Caputi *
PERCUSSIONI Samuel Baldi Mattia Pia Chiara De Sena
Marco Ortolani * Chiara Spinelli
ARPA
FAGOTTI
PIANOFORTE
Paolo Carlini * Umberto Codecà * Daniele Tambellini
Cinzia Conte * Irene Novi *
ISPETTORE D’ORCHESTRA E ARCHIVISTA Alfredo Vignoli
I PROS SIMI APPUN TAMEN TI
NIKLAS BENJAMIN HOFFMANN
Stagione Concertistica 2018_19
direttore
ALEXANDER MALOFEEV pianoforte
28 MARZO
GIOVEDÌ ore 21.00
BOCCADORO Moriana (2015) PROKOF'EV Concerto n.3 per pianoforte e orchestra op.26 BEETHOVEN Sinfonia n.1 op.21
MAXIME PASCAL direttore PEPPE SERVILLO voce recitante
04 GIOVEDÌ
APRILE
musiche di R. Strauss, Bartók
ore 21.00
MARKUS STENZ direttore MICHELE MARELLI
corno di bassetto
musiche di Wagner, Fedele, Schumann
17
MERCOLEDÌ
APRILE ore 21.00
IN USCITA IL CD SONY DEDICATO A CASELLA Esce il prossimo 15 marzo nei negozi, nei digital stores e in tutte le piattaforme di streaming digitale, il nuovo cd dedicato a Alfredo Casella. È l'ultimo e completa la trilogia che rende omaggio al Novecento storico italiano, co-prodotta dalla Fondazione ORT con Sony Classical, che la distribuisce in tutto il mondo. Sul podio c'è ancora una volta il nostro direttore principale Daniele Rustioni, che recentemente è stato nominato direttore principale dell'orchestra dell'Ulster in Irlanda del Nord. Il cd contiene tre brani del compositore torinese, appartenenti alla poetica del cosiddetto "pastiche". Si tratta de il Concerto per archi, pianoforte e batteria op.69 (1943), Paganiniana (divertimento su temi di Nicolò Paganini opera 65 scritto nel 1942) e Scarlattiana (divertimento su musiche di Domenico Scarlatti per pianoforte e piccola orchestra op.44 composto nel 1926) in questa occasione interpretato al pianoforte da Alessandro Taverna (nella foto). Gli altri volumi della trilogia, lo ricordiamo, sono stati pubblicati nel 2016 (Giorgio Federico Ghedini) e nel maggio dello scorso anno (Goffredo Petrassi), sempre su etichetta Sony Classical.
ALFREDO CASELLA Orchestra della Toscana Daniele Rustioni direttore Alessandro Taverna pianoforte Concerto per archi, pianoforte e batteria, op.69 Paganiniana op.65 Scarlattiana op.44 registrato presso il Teatro Verdi di Firenze tra il 30 giugno e il 4 luglio 2018 Sony Classical
GiovedĂŹ 25 aprile 2019 ore 21.00
Corvino Produzioni Ingresso libero ad invito fino a esaurimento posti Gli inviti sono disponibili a partire da lunedĂŹ 25 febbraio 2019 presso la Biglietteria del Teatro Verdi (via Ghibellina 97 - Firenze; lun-sab 10-13 e 16-19) e online sul sito www.orchestradellatoscana.it PER INFORMAZIONI Regione Toscana www.regione.toscana.it Fondazione ORT tel. 055 2340710 055 2342722 info@orchestradellatoscana.it Biglietteria Teatro Verdi tel. 055 212320 info@teatroverdionline.it
COMUNICAZIONI AL PUBBLICO MUSICA E TEATRI A 1 €URO
Per i giovani europei tra 18 e 25 anni
MIO NONNO È MORTO IN GUERRA Cristicchi con l'ORT per il 25 aprile Per il tradizionale concerto del 25 aprile quest'anno il protagonista sarà Simone Cristicchi con un'inedita versione del suo spettacolo Mio nonno è morto in guerra. Il cantautore romano, alternando registri vocali e stilistici, darà vita a 14 personaggi, piccoli eroi quotidiani che sono stati attraversati dalla Seconda Guerra Mondiale. Parole narrate, cantate che raccontano l’umanità nascosta tra le macerie. Racconti come schegge di vita, aneddoti fulminanti, parole a volte delicate come cristallo, a volte taglienti come lame affilate. Voci autentiche che raccontano la stupidità, l’assurdità della guerra. Di una guerra che non è mai finita. Lo spettacolo ha debuttato nel 2013 al Teatro Rossetti di Trieste, ma arriva al Verdi con una nuova edizione mai vista prima che prevede per la prima volta la partecipazione dell'orchestra. L'ingresso è libero ad invito. Gli inviti sono già in distribuzione presso la biglietteria del Teatro Verdi e online partendo dal sito della fondazione www.orchestradellatoscana.it
Dopo i musei civici gratuiti per i giovani dei paesi dell’Unione europea tra 18 e 25 anni, arrivano adesso le nuove agevolazioni culturali annunciate dal sindaco Dario Nardella: spettacoli e concerti a un euro al Maggio Musicale Fiorentino e al Verdi con l’Orchestra della Toscana. “I giovani – dichiara in una nota il sindaco Nardella – hanno voglia di cultura ed è fra i compiti dell’amministrazione fornire strumenti adeguati per aiutarli nel loro cammino di crescita e formazione [...] Da febbraio partirà il progetto del teatro e della musica a un euro e presto inizierà un’ulteriore agevolazione: sarà attivato un ‘invito alla lettura e all’informazione’, 50 euro annuali da spendere in libri, giornali o periodici, che sarà destinato ai giovani tra 18 e 25 anni residenti a Firenze”. Per gli spettacoli a un euro previsti dal Maggio Musicale e dall’ORT, si segnala che è preferibile acquistare i biglietti direttamente presso il Teatro dell'Opera o il Teatro Verdi per non pagare i costi di prevendita. Tutte le info su www.comunedifirenze.it
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I NOSTRI MANIFESTI SU PINTEREST
Qui sono raccolte tutte le informazioni che riguardano l'Orchestra della Toscana. Trovate il calendario, le news con gli aggiornamenti, le anticipazioni, le foto gallery, gli spartiti del Fondo Tacchi ed i dettagli di tutte le nostre iniziative. È anche il punto di partenza per i nostri canali social (Facebook, Twitter, You Tube, Pinterest, Instagram, Issuu). Si possono scaricare materiali ed inviti e ci si può iscrivere alla nostra newsleter mensile.
L’archivio completo dei nostri manifesti, e più in generale tutte le nostre grafiche, sono disponibili sul profilo Pinterest dell’ ORT, a partire dalla stagione 2013_14. Interessenti anche le altre bacheche che raccontano per immagini il nostro mondo www.pinterest.it/ortpin/
I PROGRAMMI SU ISSUU Tutti i programmi di sala, come questo che state leggendo, vengono pubblicati con qualche giorno di anticipo sul portale Issuu a questo indirizzo: issuu.com/orchestradellatoscana Chi vuole può dunque prepararsi all’ ascolto in anticipo, e comodamente da casa. I link dei rispettivi programmi sono disponibili anche nel nostro sito internet. I programmi resteranno sempre a disposizione del pubblico, e sono pubblicati a partire dalla stagione 2013_14.
LE FOTO DEL CONCERTO Sulla nostra pagina Facebook sarà possibile vedere nei prossimi giorni un’ampia selezione fotografica che documenta questo concerto. Sul nostro sito invece trovate una galleria fotografica completa su tutta l’attività dell'Orchestra della Toscana. Gli scatti sono realizzati da Marco Borrelli. HASHTAG UFFICIALI Per condividere efficacemente la vostra esperienza a teatro vi invitiamo ad usare #ORT #verdifirenze Su Instagram i profili ufficiali sono ort_insta teatroverdifirenze
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