Stagione Concertistica 2018_19
NIKLAS BENJAMIN HOFFMANN direttore
ALEXANDER MALOFEEV pianoforte
FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Maurizio Frittelli - Presidente Francesca Bardelli - Vice presidente Elisabetta Bardelli Ricci Elisa Burlamacchi Nazzareno Carusi REVISORE UNICO Vittorio Quarta
DIRETTORE ARTISTICO Giorgio Battistelli DIRETTORE PRINCIPALE Daniele Rustioni DIRETTORE ONORARIO Thomas Dausgaard
UFFICIO SVILUPPO E FUNDRAISING Ermanno Martignetti AMMINISTRAZIONE Simone Grifagni, Cristina Ottanelli UFFICIO DEL PERSONALE Andrea Gianfaldoni SEGRETERIA direzione Generale Stefania Tombelli direzione Artistica Tiziana Goretti, Giuseppe Loprete Corso Yo-Yo Chandra Ughi SERVIZI TECNICI ORCHESTRA Angelo Del Rosso OSPITALITÀ E SALA TEATRO VERDI Fulvio Palmieri Paolo Malvini PALCOSCENICO TEATRO VERDI Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo Alessandro Goretti, Sara Bonaccorso
DIRETTORE GENERALE Marco Parri DIRETTORE SERVIZI MUSICALI Paolo Frassinelli AREA COMUNICAZIONE Riccardo Basile | Ambra Greco
PERSONALE DI SALA Lisa Baldi, Pietro Carnera, Tommaso Cellini, Lorenzo Del Mastio, Elena Fabbrucci, Alice Guerrini, Enrico Guerrini, Alessandro Iachino, Giorgia Lombardi, Pasquale Matarrese, Giulia Mazzone, Vieri Ulivi Valoriani, Sara Vivoli
XXXVIII STAGIONE CONCERTISTICA 2018 - 2019
Si ringrazia la Fondazione CR Firenze per le donazioni Art Bonus a favore della Stagione ORT 2018/19
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stituzioni
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NIKLAS BENJAMIN HOFFMANN direttore
ALEXANDER MALOFEEV pianoforte
PRIMA PARTE
SECONDA PARTE
CARLO BOCCADORO
LUDWIG VAN BEETHOVEN
SERGEJ PROKOF'EV
Adagio molto - Allegro con brio Andante cantabile con moto Menuetto: Allegro molto e vivace Adagio - Allegro molto e vivace
Moriana, per orchestra da camera (2015)
Concerto n.3 in do maggiore per pianoforte e orchestra op.26
Sinfonia n.1 in do maggiore op.21
Andante - Allegro Tema con variazioni Allegro, ma non troppo
FIRENZE, TEATRO VERDI
giovedì 28 marzo 2019 ore 21.00 Concerto scelto per PassTeatri 2019
FIGLINE VALDARNO, TEATRO GARIBALDI
venerdì 29 marzo 2019 ore 21.00 PORDENONE, TEATRO VERDI
sabato 30 marzo 2019 ore 20.45
Rai Radio
Concerto fiorentino trasmesso in differita da Rai Radio Tre Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService
NIKLAS BENJAMIN HOFFMANN Hoffmann è uno dei più affascinanti direttori della sua generazione. Dopo la vittoria al Donatella Flick & LSO Conducting Competition nel 2016 è stato in seguito nominato assistente direttore della London Symphony Orchestra, e da allora è stato richiesto come direttore ospite in tutta Europa. Il suo entusiasmo e il suo approccio creativo alla musica hanno appassionato sia il pubblico che i musicisti. Sempre nel 2016 si è diplomato alla Musikhochschule Franz Liszt di Weimar, dove si è formato con Nicolás Pasquet, Gunter Kahlert, Martin Hoff e Markus Frank; già durante gli studi ha collaborato con orchestre professionali come la Jena Philharmonie, la Leipzig Radio Orchestra e la Staatskapelle Weimar. È stato direttore artistico dell'Academic Orchestra Göttingen e ha vinto una borsa di studio dal Conductors Forum of the German Music Council, un progetto per sostenere i giovani direttori di talento. Il suo debutto ufficiale con la London Symphony Orchestra è avvenuto nel marzo 2017, quando con breve preavviso è intervenuto per dirigere il primo concerto della British Symphony Orchestra in Vietnam, tenutosi in uno spazio all'aperto davanti a 60.000 persone. Da allora ha accettato inviti sul podio dell'Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, della Aarhus
Symphony Orchestra in Danimarca, della St. Petersburg Symphony Orchestra, della Folkwang Chamber Orchestra, e della Staatsphilharmonie Rheinland Pfalz. Durante la sua permanenza londinese ha lavorato a stretto contatto con il direttore musicale Sir Simon Rattle e con direttori ospiti come Valery Gergiev e Bernard Haitink; tutt'oggi dirige regolarmente vari concerti. Oltre al suo profondo interesse per il repertorio classico, attribuisce grande importanza alle performance e allo sviluppo della musica tonale contemporanea ed è attivo anche come compositore. Sia come direttore che come compositore il suo scopo è sempre quello di produrre una vivida e vivace interazione tra musicista e ascoltatore.
ALEXANDER MALOFEEV Il giovane pianista russo è riuscito a farsi conoscere grazie alla sua straordinaria apparizione all’ottava edizione del Concorso Čajkovskij per giovani musicisti nel 2014, ottenendo il Primo Premio, e nel 2016 ha vinto il Grand Prix al Concorso Internazionale per Giovani Pianisti “Grand Piano”. In seguito nell’aprile 2017, in occasione dei concerti inaugurali del Festival Pianistico di Brescia e Bergamo, ha ricevuto il premio “Giovane talento musicale dell’anno”. Nato a Mosca nel 2001, studia attualmente all’Istituto per Giovani Musicisti ‘Gnessin’ sotto la guida di Elena Berezkina. A soli 15 anni si è già esibito con le più prestigiose orchestre su palcoscenici quali Teatro Bolshoi, Conservatorio Čajkovskij di Mosca, Galina Vishnevskaya Opera Centre, Moscow International Performing Arts Center, Palazzo del Cremlino, Teatro Mariinskij a San Pietroburgo, Concertgebouw di Amsterdam, Scala di Milano, la Philharmonie di Parigi, Queensland Performing Arts Centre in Australia, Bunka Kaikan di Tokyo, Shanghai Oriental Art Center, Centro Nazionale di Arti Figurative in Cina, Kaufman Music Center e la Sede dell’UNESCO a Parigi. Ha tenuto recital in Russia, Azerbaijan, Finlandia, Francia, Svizzera, Germania, Austria, Spagna, Italia, Portogallo, Israele, Cina, Giappone, Australia e Stati Uniti.
Nel 2016 l’etichetta Master Performers ha pubblicato il suo primo DVD; la registrazione è stata realizzata al Queensland Conservatorium della Griffit University, in Australia. Ha ottenuto importanti riconoscimenti in diversi concorsi a livello internazionale in Russia, Kazakhistan, Austria. Si è inoltre esibito per importanti festival in Francia (Festival de la Roque d’Anthéron, Annecy Classic Festival, Festival Chopin), Finlandia (Mikkeli Music Festival organizzato da Valery Gergiev), a San Pietroburgo (Mariinskij International Piano Festival), Mosca (Festival Internazionale Mstislav Rostropovich), Amsterdam (Master Pianists Series del Concertgebouw di Amsterdam), al Festival di musica da camera di Eilat in Israele, al Festival Peregrinos Musicais in Spagna, e molti altri. Alexander Malofeev è titolare di borse di studio su gentile concessione della Vladimir Spivakov International Charity Foundation, della Fondazione "New Names” e della Fondazione “Mstislav Rostropovič”.
NOTE DI SALA
CARLO BOCCADORO Moriana per orchestra da camera (2015) Città per metà trasparente, per metà arrugginita. Ho scelto solo la prima metà, in cinque minuti di musica tranquilla. durata: 5 minuti circa
Carlo Boccadoro è nato a Macerata nel 1963. Vive a Milano e collabora con orchestre e gruppi da camera in giro per il mondo.
SERGEJ PROKOF'EV
(Soncovka 1891 - Mosca 1953)
Concerto n.3 in do maggiore per pianoforte e orchestra op.26 durata: 27 minuti circa
nota a cura di Gregorio Moppi Attorno ai vent’anni Sergej Prokof’ev poteva vantare, da pianista, una tecnica formidabile, e da compositore un gusto spigoloso, quasi cubista, acuito dai contatti con l’avanguardia europea grazie a viaggi a Londra, a Parigi e in Italia (dove aveva conosciuto i futuristi). Nel 1918, durante la rivoluzione russa, decise di lasciare la sua patria per dirigersi negli Stati Uniti, fiducioso che i suoi lavori potessero suscitarvi interesse. Invece a infiammare il pubblico americano non fu tanto quel che lui scriveva, ma le sue dita d’acciaio. “Chopin cosacco”, lo definivano i giornali per via del pianismo impetuoso, robusto, certe volte al limite della violenza barbarica. A Chicago il direttore principale dell’Opera, Cleofonte Campanini, nel 1919 gli richiese un melodramma, L’amore delle tre melarance, che però la morte del committente italiano impedì a Prokof’ev di veder subito messo in scena. Fu un periodo frustrante per il compositore, che prese a fare avanti e indietro dall’America all’Europa, in cerca di quel successo come autore che dovunque stentava a venire. E tra il 1920 e il 1921 la stesura delle Melarance si intrecciò con quella del Concerto n.3 per pianoforte e orchestra. In realtà abbozzi per questa partitura – una delle sue più fortunate – già ne erano stati buttati giù nel decennio precedente, e vi confluirono anche
gli appunti di un vagheggiato “quartetto bianco”, un'opera che, se si fosse pensata per il pianoforte anziché per strumenti ad arco, non avrebbe toccato che tasti bianchi. La prima esecuzione venne offerta dall’autore con la Chicago Symphony Orchestra, direttore Frederick Stock, nel dicembre del 1921, pochi giorni prima che all’Opera debuttasse finalmente, accolto con favore, L’amore delle tre melarance. Gli alti e bassi di carriera negli anni Venti convinsero poi Prokof’ev a rientrare in Urss, che gli pareva più propensa dell’Occidente ad accogliere la sperimentazione artistica. E in effetti per qualche tempo lo fu davvero. Solo che a metà dei Trenta, quando lui vi si ristabilì definitivamente, non ebbe il tempo di goderne i benefici, dato che l'immediata adozione del realismo socialista come estetica di stato impedì agli artisti il confronto con il nuovo. Il Concerto n.3 suona modernista e al tempo stesso neoclassico, poiché crudezze, spigoli, percussivismo meccanico, punzonature sarcastiche, gestualità marionettistiche (qui esondate dalle Melarance) spuntano sempre fuori da un linguaggio sostanzialmente diatonico, chiazzato soltanto qua e là di stridori dissonanti; e comunque ogni cosa viene inserita nella logica ferrea di una struttura di geometrico equilibrio formale e
LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn 1770 - Vienna 1827)
Sinfonia n.1 in do maggiore op.21
durata: 29 minuti circa
nota a cura di Arrigo Quattrocchi timbrico che si sostiene su una scrittura controllatissima, trasparente benché corposa: un filo di ferro percorso sempre da una corrente elettrica ad alto voltaggio. Perfino quando il nervosismo ritmico si scioglie nel cantabile. Lo si constata fin dal principio del primo movimento, «Andante - Allegro», con la coppia di clarinetti che enunciano un tema lirico di sapore russo, nostalgico ma per nulla melenso - perché il sentimentalismo romantico imperla di rado il cuore di Prokof'ev, piuttosto imbalsamato quelle rare volte che si mostra. Il secondo movimento inanella una serie di cinque variazioni, ora aguzze, ora circensi, ora timbricamente astratte, vaporose: le innesca tutte un «Andantino» dal passo impettito, quasi dovesse accompagnare una sfilata di ridicoli personaggi fiabeschi. Il finale, «Allegro, ma non troppo» è, nei primi minuti e negli ultimi, un'esibizione spettacolare di mani energiche e turbolente che, su e giù per la tastiera, sventagliano scale e arpeggi oppure martellano accordi. Tuttavia nel cuore del movimento si trova un'oasi di espressività calorosa a tal punto che pare opera più di un Rachmaninoff che di un Prokof'ev.
Un monumento rivoluzionario, una vera e propria pietra di paragone ineludibile per tutti i compositori che volessero cimentarsi nel genere della sinfonia; così fu inteso dai contemporanei e dai posteri il corpus sinfonico di Ludwig van Beethoven; e non senza motivo, poiché l'impegno di Beethoven nel campo sinfonico valse a trasformare nel volgere di pochi lustri la Sinfonia da genere di intrattenimento, destinato a un pubblico di ascoltatori specializzati, a veicolo delle più profonde riflessioni dell'autore, rivolto verso un'utenza idealmente universale. È noto peraltro che l'ingresso a pieno titolo di Beethoven nel mondo della sinfonia - dopo una prova giovanile risalente ancora al periodo formativo di Bonn, nota come "Sinfonia di Jena" dal luogo del rinvenimento del manoscritto; e dopo altri abbozzi minori - avvenne nel segno della continuità con il passato. Collocata all'apertura del nuovo secolo - la prima esecuzione è del 2 aprile 1800, e si calcola che la gestazione sia durata circa un anno; la prima edizione a stampa, in parti staccate, fu effettuata a Lipsia nel 1801 da Hoffmeister e Kühnel - la Sinfonia n.1 guarda in realtà verso il secolo appena concluso, verso quell'ambiente di squisiti intenditori di estrazione aristocratica e alto-borghese che si riuniva nei palazzi gentilizi viennesi per dar luogo alle
lunghissime e composite "accademie" musicali; non a caso, alla prima esecuzione, la partitura venne preceduta, fra le altre cose, da un Concerto per pianoforte, forse il Primo, e dal Settimino per archi e fiati. Il carattere "conservativo" della sinfonia deve essere considerato una precisa scelta da parte del compositore che, prima di questo ventunesimo lavoro del suo catalogo aveva già dato alle stampe lavori pianistici e cameristici di portata rivoluzionaria; basterebbe citare, fra questi, le due sonate per violoncello opera 5, la sonata per pianoforte opera 13. Ancora al passato, per molti versi, guardavano invece i sei quartetti dell'opera 18; e non a caso il genere del quartetto e quello della sinfonia erano considerati dai contemporanei come i generi più "alti" concettualmente e più complessi tecnicamente fra quelli che un compositore poteva affrontare. Nasce proprio da questa considerazione la cautela del giovane Beethoven nel rinnovare il genere sinfonico. Prima di cimentarsi nel radicale rinnovamento della sinfonia - i primi abbozzi dell'Eroica sono del 1802, appena due anni più tardi - il compositore doveva dimostrare di essere perfettamente in grado di rispettare i modelli augusti dell'età del classicismo, Mozart e Haydn - e va rilevata la dedica della partitura al barone Gottfried van Swieten, il mecenate
olandese che aveva introdotto Mozart allo studio di Händel e Bach e che aveva fornito a Haydn i testi per i suoi tardi oratori, La Creazione e Le Stagioni. Anzi, più che al forte soggettivismo delle ultime tre Sinfonie di Mozart, Beethoven si volse ai frutti maturi dell'esperienza sinfonica di Haydn, a quelle sinfonie “londinesi” nate in stretto contatto con un pubblico pagante, e che, forse anche per questo motivo, erano segnate dal gusto del continuo "stupore", della ingegnosa trovata che tenesse sempre desta l'attenzione dell'ascoltatore. Anche l'organico orchestrale della Prima è sostanzialmente lo stesso delle ultime sinfonie di Haydn: archi e timpani più coppie di flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe. E infatti proprio in quest'ottica è giusto leggere la Prima Sinfonia di Beethoven; non senza rilevare che questo gusto dello "stupore", pur sempre legato all'estetica dell'intrattenimento, varca in realtà non di poco i confini delle "buone maniere", ai quali si era sempre scrupolosamente attenuto Haydn. Come dire che, nel riallacciarsi ai modelli di un passato prossimo, Beethoven non mancava di esibire l'intemperanza verso le regole, l'urgenza dell'evasione verso altre e più ambiziose prospettive. Esempio lampante di questa logica "ribelle" è l'introduzione lenta al primo movimento, che si apre, contro
ogni regola, su un accordo dissonante - cioè non in una situazione statica, di riposo, ma in una situazione dinamica - e che evita di affermare perentoriamente la tonalità d'impianto anche nella levigata melodia che segue, esposta dai violini. Il primo tempo prosegue con un vasto Allegro con brio, che è internamente innervato dall'energia propulsiva del primo tema - una semplice cellula di tre note presentata dai bassi - rispetto al quale la seconda idea, esposta da flauto e oboe, costituisce poco più che un diversivo; quasi interamente al primo tema, infatti, sono affidate la sezione dello sviluppo e la coda fragorosa che chiude il movimento. Beethoven riprende tutti gli artifici dello stile "sinfonico" dei viennesi, ma secondo un'irruenza peculiare; come peculiare è anche la nitida affermazione dei temi nell'esposizione, la loro massima elaborazione nella sezione centrale dello sviluppo. Direttamente legato ad Haydn è il tempo lento, Andante cantabile con moto, aperto da un tema di canzone esposto dai violini soli; infatti predominano nella pagina una leggerezza di espressione, un garbo espositivo, una chiarezza assoluta di scrittura in cui manca sostanzialmente l'impronta del soggettivismo; la nitidezza dell'impulso ritmico è sottolineata in modo ricercato dall'uso del timpano. Più innovativo il Minuetto, che, con l'irruenta
propulsione, il fraseggio asimmetrico, gli sbalzi dinamici, è in realtà il prototipo dello Scherzo beethoveniano; il Trio è tutto basato sulla contrapposizione fra archi e fiati. Come nel tempo iniziale, anche il Finale si apre con un esordio a sorpresa: un forte unisono di tutta l'orchestra viene seguito da brevi e "singhiozzate" scalette dei violini in pianissimo; un effetto di sospensione che sfocia infine nel brillantissimo Allegro molto e vivace, un rondò dominato dal carattere scorrevole del refrain, con episodi diversivi di ambientazione coerente e una coda ad effetto con divertenti giochi di inseguimenti e scambi fra archi e fiati; e proprio negli accenti vagamente marziali di questa coda l'esuberanza del giovane maestro prende l'ultima volta il sopravvento sulle "buone maniere" che costituiscono il modello prevalente di questo ultimo tempo come dell'intera sinfonia.
VIOLINI PRIMI
Chiara Morandi * Eleonora Matsuno ** Patrizia Bettotti Stefano Bianchi Clarice Curradi Francesco Di Cuonzo Marian Elleman Chiara Foletto Marco Pistelli
VIOLINI SECONDI
Paolo Gaiani * Marcello D'Angelo ** Angela Asioli Gabriella Colombo Camilla De Giovanni Alessandro Giani Susanna Pasquariello
VIOLE
CONTRABBASSI
TROMBONI
FLAUTI
TIMPANI
Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni ** Adriano Piccioni Fabio Fabbrizzi * Silvia D'Addona
OBOI
Flavio Giuliani * Mirco Cristiani
Tommaso Ferrieri Caputi *
PERCUSSIONI Mattia Pia
CLARINETTI
Marco Ortolani * Emilio Checchini
FAGOTTI
Umberto Codecà * Stefano Semprini
Stefano Zanobini * Pier Paolo Ricci ** Caterina Cioli Alessandro Franconi Sabrina Giuliani
CORNI
VIOLONCELLI
TROMBE
Luca Provenzani * Augusto Gasbarri * Simone Centauro Matilde Michelozzi Giovanni Simeone
Paolo Masi * Stefano Bellucci Gabriele Tonelli
Andrea Albori * Paolo Faggi * Alberto Bertoni Debora Maffeis Donato De Sena * Stefano Benedetti *
* prime parti ** concertino
ISPETTORE D’ORCHESTRA E ARCHIVISTA Alfredo Vignoli
Stagione Concertistica 2018_19
PEPPE SERVILLO
voce recitante
MAXIME PASCAL direttore
04 APRILE
I PROS SIMI APPUN TAMEN TI R.STRAUSS Il Borghese gentiluomo op.60 con voce recitante BARTÓK Musica per archi, celesta e percussioni Sz.106 BB114
GIOVEDÌ ore 21.00
MICHELE MARELLI corno di bassetto
17
musiche di Wagner, Fedele, Schumann
ore 21.00
CONCERTO DI PASQUA
MARKUS STENZ direttore
MARIO BRUNELLO direttore e violoncello
musiche di Arenskij, Rubinstein, Čajkovskij
MERCOLEDÌ
APRILE
08
MERCOLEDÌ
MAGGIO ore 21.00
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