In Altum

Page 1

Pubblicazione bimestrale durante l'anno scolastico da Settembre a Giugno - Poste Italiane Sped. in A.P. art. 2 comma 20/c L. 662/96 - Bergamo - Aut. Trib. BG n. 427 del 15.5.1964 - NUOVA SERIE - N. 139 - ANNO 30 - Marzo-Aprile 2012 PERIODICO DELLE SUORE ORSOLINE DI SAN GIROLAMO IN SOMASCA - DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: 24128 BERGAMO - VIA BROSETA, 138 - TEL. 035250240 - FAX 035254094 - e-mail: inaltum@orsolinesomasca.it - www.orsolinesomasca.it

Lascia, o Signore, che oda l’Angelo annunziarmi: “Lui non è qui” e venirti a incontrare sulla strada di Emmaus, Sacramento vivo nel pellegrino che nessuno vede. Poi, con lui, rapire dall’eternità un briciolo d’infinito e cantare insieme il sole della tua ALLELUIA.

Elisa Faga Plebani


Redazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

3

La Parola... Dio con noi a cura di don Davide Rota

La Parola rifiutata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

4

Educhiamoci: investiamo in “paradisi” che contano a cura di Giusi Tartaglione

Amore per il prossimo e perdono

..........................

6

........................................................

10

Dopo “Madrid 2011” a cura di Suor Barbara Ferrari

Fiducia

I santi sono coloro che lasciano passare la luce... a cura di Assunta Tagliaferri

Santa Teresa di Gesù de Los Andes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

15

...Una bella notizia... Papà, mamma, tre figli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

20

Fare memoria non è ricordare, ma vivere! . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

22

Voci di casa nostra Direttore responsabile: Anna Maria Rovelli Redazione: Pasquale Diana, Chiara De Ponti, Elisa Faga Plebani, Maria Marrese, Veneranda Patelli, Concetta Rota Bulò. Hanno collaborato a questo numero: Assunta Tagliaferri, Barbara Ferrari, Davide Rota, Giampaolo Bertocchi, Giusi Tartaglione, Irene Carvalho Silva, Ione Pinheiro, Lidia Chambi, Martha Arnès, Mauro Barisone, Monica Perani, Sara Rota Bulò, Sergio Mor stabilini, Silvio Petteni, Vittorio Antonio Ratti. Realizzazione: STUDIO EFFE - Mozzo (BG) Stampa: PRESS R3 - Almenno San Bartolomeo (BG)

2

Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bolivia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Brasile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

26 30 32

Libri in vetrina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

35

a cura di Maria Marrese


Redazionale “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui”. (Mc, 16, 6)

“Non è qui… è risorto!” U

na frase che sconvolge chi aveva accompagnato al sepolcro, morto, un condannato alla crocifissione, chi ormai non ha più motivi per ricordare quanto il “Maestro”, condannato dai “sapienti”, aveva più volte loro detto: “Io sarò sempre con voi”!. È risorto! Possibile? Che fatica, però, riconoscerlo! Così si legge in Luca: “Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo” (Lc. 24, 17).

A duemila anni di distanza da quel fatto che ha cambiato la storia dell’uomo, la Risurrezione di Gesù, uomo come uno di noi, ma Dio, capace di trasformare la morte in vita, ha ancora risonanze nel mondo attuale? C’è proprio da sperarlo… anche se le vicende, i travagli, le lotte che sconvolgono ovunque l’odierno modo di vivere, possono farlo dubitare. Gesù, il crocifisso risorto, cammina con il fratello uomo, con noi, così come Lui ha detto. E’ nato come noi, ha vissuto in povertà come la maggior parte di noi, ha lavorato come noi, ha sofferto come noi le fatiche, la stanchezza, l’incomprensione, le false accuse… anche la condanna a morte come, purtroppo, ancora oggi succede…

E. Terragnali 2011

Ma chi, come noi, crede in Lui morto e risorto, si sente da Lui sostenuto nelle sue fatiche di ogni giorno. “La pace sia con voi” (Gv. 20, 19), ha detto Gesù apparendo ai discepoli la sera della Risurrezione e lo ripete a ciascuno di noi… La pace, la Sua pace, ci aiuti a vivere ogni giorno fidandoci sempre di più di Lui che ci assicura: “Io sono la Via” … quella che porta al traguardo finale senza pericolo di deviare “Io sono la Verità” … quella priva di parole insulse, ingannatrici, vuote “Io sono la Vita” … quella ricca di coraggio, di serenità, di sapienza, di impegno nel bene.

“La pace sia con voi”! È l’augurio più affettuoso a tutti voi, cari lettori di IN ALTUM. La luce del Risorto illumini e guidi il nostro cammino. La Redazione


La Parola... Dio con noi

La Parola

‘‘

“Se il mondo rifiuta la Parola di Dio,

la Parola

non rifiuta il mondo,

anzi dà la vita per i suoi persecutori e combatte il potere delle tenebre con la forza della luce: così l’odio è vinto dall’amore e nel mondo è instaurato il Regno di vita, amore, libertà, gioia e verità...”.

4

!"# $% &Ω' () $% '!%$#" &"#)(# ! Nel Verbo era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. (Gv. 1, 5)

I

l prologo di Giovanni non ha dubbi: la Parola divina, che è luce e vita, facendo il suo ingresso nel mondo scatena la reazione da parte del nemico cioè “le tenebre”, una reazione che si configura come vera e propria lotta all’ultimo sangue (il verbo greco katelaben, infatti, ha una connotazione militare). Che le cose vadano così, è Gesù stesso a confermarlo: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada” (Mt 10, 34). Né l’evangelista Giovanni né lo stesso Gesù sembrano stupirsi più di tanto della violenta, rabbiosa reazione delle tenebre: sono solo i moralisti a scandalizzarsi del fatto che il Verbo trovi rifiuto e opposizione, perché da una parte non sanno nulla di Parola divina, dall’altra non hanno la minima percezione del “mysterium iniquitatis” in cui tutti (loro compresi) si è immersi e di cui si è, al tempo stesso, vittime e responsabili. I credenti in carne, ossa e spirito, non quelli di cartapesta a cui va bene tutto, sanno che proprio il rifiuto è la prova che la Parola annunciata è vera, autentica. Contro Gesù, Parola incarnata di Dio, si scatena l’odio del mondo che oltrepasserà ogni limite, perché, in ciò che capita nella prima Settimana Santa della storia, c’è troppa disumanità e mancanza di senso: l’amicizia è tradita, l’innocenza è condannata, la giustizia è crocifissa, la verità è negata... In questa guerra senza regole e senza limiti, che il

male le ha scatenato contro, la Parola di Dio, l’unica vera perché l’unica innocente e giusta, rimane fedele fino in fondo a se stessa, a Dio e al prossimo e restituisce pienezza di significato al totale non-senso che è la sua ingiusta condanna e la sua crudele uccisione. Perché se il mondo rifiuta la Parola di Dio, la Parola non rifiuta il mondo, anzi dà la vita per i suoi persecutori e combatte il potere delle tenebre con la forza della luce: così l’odio è vinto dall’a-


La Parola... Dio con noi

rifiutata

# !"# * "+$% %+ !"$(,"-() more e nel mondo è instaurato il Regno di vita, amore, libertà, gioia e verità... E oggi? Questo nostro mondo e tempo si proclama liberale, democratico, aperto; ha stabilito per tutti il diritto inalienabile della libertà di parola e ha trovato il modo di eliminare limiti, censure e bavagli. Ma questo nostro mondo e tempo solo con la Parola di Dio si dimostra intollerante e continuamente tenta di oscurarne la luce e spegnerne la vita. Ma quello che San Giovanni ci ricordava nel prologo, ovvero che “Il Verbo era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1, 10-11), vale anche per il nostro tempo. E’ vero che oggi le censure non vanno di moda e le persecuzioni sono cose da fanatici integralisti, ma il mondo occidentale, emancipato, adulto, progressista non ha smesso di combattere la Parola, anche se adotta altre armi, come l’indifferenza, ostentando che non gli importa nulla di Dio, Cristo, Chiesa e cristiani. O l’emarginazione, per cui tutto ciò che richiama Cristo o la Chiesa sono dichiarati privi di interesse, o la derisione, che spesso sconfina nell’insulto, ma viene spacciata come diritto di satira, o infine il sospetto, che usa le debolezze degli uomini di Chiesa per mettere in discussione l’impianto stesso del cristianesimo. Per citare comportamenti più vicini a noi non è possibile, ad esempio, che ragazzi cresciuti a forza di gruppi, Cre, campi scuola, seguiti con una sollecitudine che mai in passato la Chiesa ha riserva-

to ai suoi figli; nutriti con il pane della Parola e dell’Eucaristia… questi stessi ragazzi manifestino ostilità verso le realtà che per i credenti sono più importanti e preziose; che la Cresima sembri essere diventata un lasciapassare verso l’indifferenza religiosa; che troppi genitori siano preoccupati di tutto meno che di ciò che conta… In realtà queste cose ci confermano che la guerra tra la luce e le tenebre, la verità e la menzogna, la vita e la morte, la Parola e le parole, continua e che le ostilità sono tutt’altro che finite: la Parola divina non ha avuto vita facile né duemila anni fa quando fu appesa al le-

lusi che la tradizione cristiana radicata nel nostro ambiente bastasse a garantire la sua automatica trasmissione alle future generazioni; la dimenticanza che la Verità non ha mai ottenuto facilmente la cittadinanza da nessuna parte. Chissà che tutto ciò ci induca all’umile e consapevole accettazione che la Parola cammina da straniera nel mondo; al dialogo aperto e disponibile, ma meno ingenuo con la gente e la cultura del nostro tempo; a minori compromessi con noi stessi e le persone affidate alle nostre cure; a una testimonianza e a una presa di posizione più coraggiose e fedeli nei confronti del mondo. Anche perché nel rifiuto è nascosta una beatitudine: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi” (Matteo 5, 11-12). Don Davide Rota

gno, né oggi, dopo venti secoli di fede e di pratica cristiana. Ci sono di mezzo - è vero - le colpe e le infedeltà della Chiesa e dei cristiani che offuscano e sfigurano la Parola, ma forse la colpa più grave è di esserci il-

5


Educhiamoci: investiamo in “paradisi” che contano

Amore per il pro C’era una volta… “Il Signore ci ama incondizionatamente e ci perdona. Dio ci ha amato così tanto da sacrificare il Suo Figlio Unigenito; Gesù ci ha amato così tanto da donare la Sua vita per noi. Il modello di amore a cui il cristiano deve ispirarsi è Dio Padre o Gesù: è un modello di dono totale e gratuito di sé. È volere il bene dell’altra persona in modo assoluto e incondizionato”.

C'era una volta l'Amore... L'Amore abitava in una casa pavimentata di stelle e adornata di sole. Un giorno l'Amore pensò ad una casa più bella. Che strana idea quella dell'Amore! E fece la terra, e sulla terra, ecco fece la carne e nella carne ispirò la vita e nella vita impresse l'immagine della somiglianza. E la chiamò: uomo! E dentro l'uomo, nel suo cuore, l'Amore costruì la sua casa: piccola, ma palpitante, inquieta, insoddisfatta come l'Amore. E l'Amore andò ad abitare nel cuore dell'uomo e ci entrò tutto là dentro perché il cuore dell'uomo è fatto d'infinito. Ma un giorno... l'uomo ebbe invidia dell'Amore: voleva impossessarsi della casa dell'Amore, la voleva tutta per sé, voleva per sé la felicità dell'Amore, come se l'Amore potesse vivere da solo. E l'Amore fu scacciato dal cuore dell'uomo. L'uomo allora cominciò a riempire il suo cuore, lo riempì di tutti i tesori della terra, ma era ancora vuoto. L'uomo, triste, si procurò il cibo col sudore della sua fronte, ma era sempre affamato e restava con il cuore terribilmente vuoto. Poi l'uomo decise di condividere il suo cuore con le creature della terra. L'Amore venne a saperlo... Si rivestì di carne e venne anche Lui a ricevere il cuore dell'uomo. Ma l'uomo riconobbe l'Amore e lo inchiodò sulla croce. E continuò a sudare per procurarsi il cibo. L'Amore allora ebbe un'idea: si rivestì di cibo, si travestì di pane e attese silenzioso. Quando l'uomo affamato lo mangiò, l'Amore ritornò nella sua casa, nel cuore dell'uomo. E il cuore dell'uomo fu riempito di vita, perché la vita è AMORE. Anonimo

6


Educhiamoci: Investiamo investiamo in “paradisi” che contano

ssimo e perdono C

on la Leggenda dell’Amore diamo inizio alle riflessioni di questo numero. Il cuore e la mente si accordino e sintonizzino sulla lunghezza d’onda delle parole che ci scambieremo, che vogliono dare sostanza e contenuti all’urgenza educativa, all’urgenza di formarci all’etica delle virtù. Parleremo di amore e perdono, valori che fondano la relazione con se stessi, con gli altri, con Dio.

Leggiamo al n. 12 degli Orientamenti Pastorali dell’Episcopato Italiano per il decennio 2010-2020: “All’impoverimento e alla frammentazione delle relazioni, si aggiunge il modo con cui avviene la trasmissione da una generazione all’altra. I giovani si trovano spesso a confronto con figure adulte demotivate e poco autorevoli, incapaci di testimoniare ragioni di vita che suscitino amore e dedizione. A soffrirne di più è la famiglia, primo luogo dell’educazione, lasciata sola a fronteggiare compiti enormi nella formazione della persona, senza un contesto favorevole e adeguati sostegni culturali, sociali ed economici. Lo sforzo grava soprattutto sulle donne, alle quali la cura della vita è affidata in modo del tutto speciale. La famiglia, tuttavia, resta la comunità in cui si colloca la radice più intima e più potente della generazione alla vita, alla fede e all’amore”. Ancora, al n. 20: “E’ l’amore che educa e forma al dono della propria vita”. E più oltre, al n. 25, troviamo: “Prima di congedarsi dai suoi, Gesù consegna loro il suo testamento. Tra le sue parole spicca il comandamento dell’amore fraterno (13, 3435; 15, 9-11). L’amore è il compimento della relazione, il fine di tutto il cammino. Il rapporto tra maestro e discepolo non ha niente a che vedere con la dipendenza servile: si esprime nella libertà del dono. Tre sono le sue caratteristiche: l’estrema dedizione («Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (15, 13); la familiarità confidente («tutto ciò che ho udito dal

Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (15, 15); la scelta libera e gratuita («Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (15, 16). Il frutto di questa esperienza è la missione che Gesù affida ai suoi discepoli: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (13, 35; 15, 12-17)”. Per finire, al n. 32, leggiamo: “A fronte di tali situazioni, è presente nei giovani una grande sete di significato, di verità e di amore. Da questa domanda, che talvolta rimane inespressa, può muovere il processo educativo. Nei modi e nei tempi opportuni, diversi e misteriosi per ciascuno, essi possono scoprire che solo Dio placa fino in fondo questa sete”. Eh sì, l’amore è il primo sentimento che lega gli uomini! Ogni persona nasce dall’amore. L’amore è il primo bisogno che avvertiamo: il bambino, dal momento in cui nasce, ha bisogno dell’amore dei suoi genitori quanto del cibo. L’amore è la sua linfa vitale. Questa necessità di amore, questo “tendere all’amore”, non ci abbandona per tutta la vita. Con la crescita e con la maturità, assume connotati differenti, talvolta nascosti, e si cela dietro una serie di sentimenti, spesso contrastanti con l’amore stesso. Il bambino, durante la sua infanzia, chiede e dona amore in modo incondizionato, senza filtri, senza remore. Egli, con la sua innocenza, è la fonte più pura dell’amore.

7


Educhiamoci: investiamo in “paradisi” che contano Anche per un genitore è più “semplice” amare il suo bambino: la relazione è autentica. Con la crescita, nel cammino verso l’adolescenza, inizia a svilupparsi un certo pudore nel manifestare le proprie emozioni. L’amore diventa un sentimento più intimo, più complicato. Ancor più complesso diventa, poi, questo sentimento nella maturità. Sembra un paradosso: noi siamo nati dall’amore, siamo nati per amore, ma spesso i problemi dell’amore sono quelli che causano le maggiori ferite della nostra vita. L’amore è il sentimento più semplice e naturale, ma i rapporti basati sull’amore sono i più complessi. La nostra crescita ci fa venire in contatto con altri sentimenti: conosciamo il disprezzo, il rimorso, il rancore, la guerra, l’invidia, l’egoismo. Ma intanto, dentro di noi, abbiamo sempre bisogno dell’amore. Quell’amore che vuol dire rispetto, comprensione, altruismo, pace. Quando i nostri rapporti interpersonali si fanno difficili, sia all’interno che all’esterno della famiglia, l’unica forma di amore che può ricondurci ad una dimensione di felicità è il perdono. La nostra capacità di perdonare il prossimo è la misura della nostra capacità di amare il prossimo. Credo che il perdono sia l’atto d’amore più grande di cui possiamo essere capaci, sia verso gli altri, sia verso noi stessi. Perdonare può essere estremamente difficile e complicato, ma allo stesso tempo estremamente semplice e naturale: tutto dipende dalla nostra dimensione interiore e spirituale.

L’uomo nasce dall’amore ed ogni volta che non riceve amore viene ferito. La mancanza d’amore ci ferisce e ci crea sofferenza. La sofferenza ci crea angoscia, ci fa paura, ci spinge a chiuderci in noi stessi. Tutto ciò rende le nostre relazioni sempre più difficili.

8

La reazione naturale alla mancanza d’amore è quella di interrompere la relazione con l’altro mantenendo, però, il dolore e il rancore per l’offesa subita, oppure facendo pagare il debito della ferita a colui che ci ha provocato la sofferenza. Questa è la reazione di chi si pone in una dimensione umana, ma noi abbiamo un’altra strada, quella che ci propone Dio: la strada del perdono. Nel Vangelo troviamo un comando di Gesù molto difficile da osservare, che mette maggiormente a nudo la nostra debolezza: “Amate i vostri nemici” (Mt 5, 44).

La prima domanda che ci poniamo è: “Chi sono i nostri nemici?”. I nostri nemici sono coloro che amiamo, sono coloro a cui chiediamo amore: i nostri genitori, i nostri mariti o le nostre mogli, i nostri figli, i nostri fratelli, i nostri amici. I nostri nemici sono coloro che amiamo, ma da cui non riceviamo l’amore di cui abbiamo bisogno. Più amo una persona, più mi aspetto da lei l’amore; più amo una persona, più soffro se mi manca il suo amore. Colui che ci ferisce di più è l’amico: “Se mi avesse insultato un nemico, l’avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa” (Sal 55, 13-15). Proprio quando l’amore è più ferito, è più difficile da perdonare. Le sofferenze d’amore sono molto intense quando si verificano nella prima infanzia, nei rapporti tra il bambino e i suoi genitori. Queste ferite possono condizionare l’intera vita del bambino. Ci sono, poi, le ferite che nascono nei rapporti coniugali, in quelli di amicizia molto forti. Più è grande l’amore che ci lega alle persone, maggiori sono le sofferenze che proviamo se non ci sentiamo amati


da loro; e più è grande il rancore, il risentimento, più è difficile scegliere la strada del perdono. Proprio qui si inserisce il comando di Gesù: “amate i vostri nemici”; vale a dire: “perdonate”. Gesù stesso ha sicuramente provato grande sofferenza quando è stato tradito da Giuda, quando è stato rinnegato da Pietro, o abbandonato dai suoi discepoli nel momento della sua passione. Ma li ha perdonati. E’ morto anche per loro. Tra l’amore e il perdono c’è uno stretto legame: se vogliamo amare, dobbiamo essere pronti a perdonare; se vogliamo perdonare, non possiamo farlo se non decidiamo di amare. Il perdono è un cammino che porta con sé due componenti: una di natura psicologica e una di natura divina. Queste due componenti non sono certo in contrapposizione tra loro. La prima componente nasce dall’impegno psicologico, è la scelta di non vendicarsi, di evitare il conflitto, per favorire relazioni umane più pacifiche e rispettose. L’altra componente del perdono è di natura divina: il perdono è opera di Dio, è un dono che riceviamo tutti i giorni nonostante i nostri peccati. E’ un dono che nasce dall’amore che Dio ha per noi. Il Signore ci ama incondizionatamente e ci perdona. Dio ci ha amato così tanto da sacrificare il Suo Figlio Unigenito; Gesù ci ha amato così tanto da donare la Sua vita per noi. Il modello di amore a cui il cristiano deve ispirarsi è Dio Padre o Gesù: è un modello di dono totale e gratuito di sé. E’ volere il bene dell’altra persona in modo assoluto e incondizionato. Ma chi è il nostro prossimo? Troviamo una risposta nella parabola del buon Samaritano: il nostro prossimo è ogni persona che ha bisogno di noi e cioè ogni uomo. Ma siamo noi che dobbiamo farci “prossimo” ad ogni uomo, come il Samaritano, che offre il suo aiuto e si prende cura dell’uomo che si trova in una situazione di bisogno. Il nostro prossimo sono tutti coloro che hanno bisogno di noi, ma siamo noi che dobbiamo avvicinarci, riconoscere il loro bisogno, le loro necessità, e metterci al loro servizio donando loro amore e misericordia. Spesso la frenesia della nostra vita e il nostro egoismo, ci rendono indifferenti, non ci permettono di avvicinarci a chi ha bisogno del nostro aiuto come ha fatto il Samaritano. Gesù ci chiede prima di tutto di riconoscere il nostro prossi-

Educhiamoci

Educhiamoci: investiamo in “paradisi” che contano

mo, di metterci in un’ottica di amore e di servizio tali da poter riconoscere i suoi bisogni, per poi donarci con tutto il nostro amore, ricordando che ogni cosa che facciamo agli altri è come se lo facessimo a Lui. “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Nel mondo in cui viviamo, l’apparenza, l’esteriorità, il non riconoscersi, ci creano confusione e spesso non ci permettono di capire chi veramente abbiamo di fronte a noi. Diventa, quindi, importante guardare alla vera sostanza, cercarsi e riconoscersi attraverso le nostre opere, il nostro comportamento e la nostra capacità di donarci all’altro nell’amore. Gesù ci ha tanto amato e perdonato da donare la Sua vita per noi. Se solo ci soffermassimo a riflettere su questo immenso atto di amore, che si rinnova con la celebrazione della Santa Pasqua e ogni settimana, nella domenica, ci renderemmo conto che ciò che Gesù ci chiede - amore per il prossimo e perdono - è veramente semplice. Se ci poniamo nella dimensione dell’amore di Dio, troviamo la forza di perdonare e di amare il prossimo e, di conseguenza, la forza d’amare e perdonare noi stessi. Solo sperimentando la gioia del perdono riscopriamo la nostra capacità di amare e quindi la vera felicità. Giusi Tartaglione docente e genitore

9


Dopo “Madrid 2011”

F i duc Carissimi che leggete,

ci ritroviamo in questo spazio dedicato ai giovani per scambiarci riflessioni di vita e speranza, per provare a “pensare giovane”, vale a dire per narrarci parole e cammini tinti di vivacità, la stessa che connota l’esistenza di chi ha meno anni di noi, così da ricevere in dono la possibilità di non invecchiare nell’inesorabile fluire del tempo, lo scorrere del quale potrà pure consumarci senza che abbia a rivendicare nulla sul “dentro di noi”, divenuto casa per l’eterna giovinezza. In queste righe rifletteremo sull’importanza della fiducia, del credere alle parole di verità che ci vengono dalla vita quotidiana o che scaturiscono dall’esperienza e dalla storia degli altri. “Forse una parola non dice nulla, ma può nascondere tutto”, ed essere per noi quel “verbum bonum” che rinfranca il cuore, che ci aiuta a rimanere forti e saldi nelle cose che contano, trovando ragioni solide per abitare la modernità liquida, sempre pronta a sciogliere le certezze e le fondamenta degli individui, imbrattando la realtà di nichilismo e relativismo.

10


Dopo “Madrid 2011”

ia

“Camminate nel Signore Gesù Cristo, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie” (Col 2, 6-7)

Lasciamo “il dire” al canto e alla vita…

UNA PALABRA di Carlos Varela

Una parola non dice nulla, e allo stesso tempo nasconde tutto come il vento nasconde l'acqua, come i fiori che nascondono il fango. Uno sguardo non dice nulla e allo stesso tempo dice tutto come la pioggia sopra il tuo viso o la vecchia mappa di qualche tesoro. Una verità non dice nulla e allo stesso tempo nasconde tutto come un falò che non si spegne, come la pietra che nasce polvere. Se un giorno mi mancassi, non sarei nulla e allo stesso tempo sarei tutto perché nei tuoi occhi ci sono le mie ali e c'è la riva dove mi affogo.

‘‘

... dai, Mauro, adesso preghiamo...” “... ma, don, lo sai, io non so pregare…” “Mauro, ti fidi di me?” “Certo, don, che mi fido!” “E allora prega insieme a me; non ti preoccupare…”. Spesso nella vita, capita di prendere come esempio delle persone, di imitare il loro stile di vita, di condividere fino in fondo il loro messaggio. A volte si tratta di una scelta istintiva, di “pancia”. Altre volte è una scelta consapevole e meditata. A questo proposito vi voglio raccontare una storia. È la storia di Marija.

11


Dopo “Madrid 2011”

La storia Luglio 1991

La Ex Yugoslavia ormai è in guerra e l’esercito serbo sta, giorno per giorno, conquistando sempre più territorio in quella parte di paese chiamato Dalmazia e abitato, per la stragrande maggioranza, da Croati. Il paesino di Posedarje si trova proprio in una parte strategica della Dalmazia e l’esercito serbo è ormai alle porte. L’invasione avviene nella notte. Gli abitanti vengono svegliati bruscamente e caricati rapidamente su dei camion; occorre scappare velocemente per non correre rischi. Marija, tredici anni, sale sul primo camion, indossa dei pantaloni di una tuta e una maglietta bianca, non ha fatto in tempo a prendere altro; stringe la mano alla sorellina di due anni più piccola, i genitori salgono su un altro camion. Dopo un lungo viaggio, si ritrova a Rijeka, 200 km a nord. Lei e la sorella vengono messe in una cameretta vuota con un solo letto; una volta al giorno le viene portato un pasto caldo. I genitori, probabilmente, sono stati portati in un altro luogo. Starà in quella stanza tre mesi senza avere nessuna notizia e senza mai potersi cambiare quei pantaloni e quella maglietta. Ottobre 1991 Il paese di Posedarje è diventato zona di guerra, ma viene dato il permesso agli sfollati di rientrare per aiutare l’esercito croato a combattere. Anche Marija e la sorella rientrano, preferiscono affrontare i rischi della battaglia

12

piuttosto che stare chiuse in quella stanza. La casa di Marija è stata bruciata, fortunatamente quella della zia è stata risparmiata ed è lì che andrà ad abitare. Marija stava studiando da infermiera e, nonostante la giovane età, viene arruolata e inviata in prima linea per curare i feriti. “Arrivavano ragazzi poco più grandi di me, le ferite erano talmente vaste che io non sapevo neppure dove mettere le mani, ho perso il conto di quanti ne ho visti morire”.

In quel periodo io, Mauro, mi trovavo a trenta chilometri da Posedarje, nei pressi della città di Zara, in una zona adibita a campo profughi. La Caritas Croata mi segnala la situazione di Posedarje: mi narra dei traumi che la popolazione sta subendo, delle condizioni in cui versano soprattutto i bambini. Decido di fare qualcosa e, su consiglio del prete di quel paesino, mi organizzo per trasferire momentaneamente alcuni bambini in Italia. Agosto 1994 Finalmente, dopo un’odissea burocratica, riesco a portare sessanta bambini, di età compresa tra i nove e i tredici anni, in Italia. Come capo delegazione c’è Marija. Ha solo sedici anni, ma si colgono in lei tratti di una personalità e di una serietà adulte. È in quell’occasione che la incontro per la prima volta… Settembre 1994 Al termine del periodo trascorso in Italia, decido di seguire i bambini nel loro paese. La situazione a Posedarje si è stabilizzata in una sorta di tregua armata: i due eserciti, quello croato e quello serbo, sono faccia a fac-


Dopo “Madrid 2011”

di Marija cia, ad una distanza inferiore ai cinquecento metri. Ogni tanto si scambiano colpi di fucile e cannonate. Nel frattempo io e Marija siamo diventati molto amici ed è lei che fa da guida a me e al mio gruppo di volontari italiani. Ci segue in ogni casa, si occupa di noi, ci risolve ogni problema che si presenta. Spesso veste la divisa militare e il suo odio verso la parte serba aumenta ogni giorno che passa. Un odio talmente forte che nella sua mente non riesce più a vedere i serbi come essere umani: li immagina e li descrive come mostri con la barba lunghissima e con la coda da felino.

Ritornato a Posedarije, tutta la popolazione mi ha tempestato di domande: “Com’era dall’altra parte”, “Come vivevano” e “Cosa dicevano”. Tutti erano curiosi di sapere. Tutti, tranne Marija. Ero diventato invisibile ai suoi occhi e, quando la incrociavo per la strada, il suo sguardo si dirigeva altrove.

Novembre 1994 Dopo due mesi passati a Posedarje, decido che è arrivato il momento di oltrepassare quella linea del fronte ed andare a vedere e a conoscere questi “esseri mostruosi”. Comunico la mia decisione a Marija. Le sue parole le ricordo in questi termini: “Tu vuoi andare di là? Bene, devi sapere che non tornerai più indietro, che loro ti mangeranno e, comunque sia, questo lo considero un tradimento. Adesso odio anche te! Vai! Non voglio più sapere nulla di te e di voi Italiani. Ma, dimmi un’ultima cosa: perché lo fai?”.

3 Agosto 1995 L’esercito croato, organizzatosi, decide di passare all’offensiva e sferra un massiccio attacco contro l’esercito serbo. In tre giorni riesce a riprendersi una grossa fetta di territorio e cacciare da quelle zone oltre duecentocinquantamila civili serbi. L’azione è talmente rapida e violenta che viene soprannominata azione Oluja (tempesta). Al momento dell’attacco io mi trovo proprio a Posedarje, che è diventata luogo di partenza e di ritorno delle incursioni croate. In tre giorni è tutto finito e il paese finalmente può festeggiare la fine di un incubo. Il paese è in festa: bandiere, musica, balli... In un discorso pubblico, Marija, diventata nel frattempo leader dei giovani del paese, dichiara: “Finalmente abbiamo fatto pulizia, ci siamo tolti di dosso l’odore di quelle bestie. Ringrazio il nostro presidente Franjo Tudiman, lo amo e, se lui volesse, lo sposerei domani, tanto lo amo (Franjo Tudiman in quel periodo aveva settant’anni)”.

Non sono riuscito a darle nessuna spiegazione e ho risposto semplicemente: “Marija, fidati di me”. Nel cuore sapevo che il mio non era un tradimento, sapevo che lo stavo facendo anche per loro, anche per lei e che, prima o poi, avrebbe compreso. Dall’altra parte del fronte non ho incontrato nessun essere con la coda; soltanto persone ridotte in povertà, vittime anch’esse di una classe dirigente irresponsabile e avida.

Luglio 1995 Decido di ripetere l‘esperienza dei bimbi in Italia; ne riesco a portare settanta; Marija questa volta non ha voluto essere parte del gruppo.

6 Agosto 1995 Le notizie che mi arrivano dall’interno di quel territorio “liberato” parlano di massacri e distruzione. Decidiamo di entrare, usando come contatto la base delle Nazioni Unite nella città di Knin. Un loro dirigente ci chiede la disponibilità ad andare a monitorare la situazione in un paesino di montagna che si chiama Plavno, dove quasi tutti gli abitanti serbi (tremila circa) sembrano essere fuggiti o morti. Troveremo solamente ottanta vecchietti, tra i settanta e i novant’anni, rimasti lì perché troppo vecchi per fuggire. La situazione è talmente grave che decidiamo di fermarci (vi rimarremo tre anni).

13


Dopo “Madrid 2011”

Settembre 1996 La strada per arrivare a Plavno è impervia e tortuosa; rarissime sono le macchine che si arrampicano fin quassù. In lontananza vedo arrivare un’auto: è italiana e alla guida riconosco il mio caro amico Gianluca. Vicino a lui scorgo tre ragazze: una di loro è Marija, insieme alla sorella Lijubica e all’amica Antonia. Sono stupito. Lujbica e Antonia mi salutano calorosamente; Marija si limita ad una stretta di mano e, con sguardo e tono severi, mi dice: “Mi hanno detto che qui ci sono molti anziani cetnici (termine dispregiativo con cui i croati chiamano i serbi) malati; noi siamo infermiere, portateci dove c’è più bisogno”. Le accompagno da Milos, ottantacinque anni, rimasto solo con la moglie, allettata ormai da mesi e praticamente in fin di vita. Marija e le sue compagne si fermeranno in quella casa tutto il giorno, prendendosi cura della donna. A fine giornata Marija torna da me e con altrettanta severità mi dice: “Bene, abbiamo finito, se avrete bisogno ancora, e vorrai: chiamaci!”. Nessun sorriso nel suo sguardo, alcun segno di perdono. Io non riesco a dire nulla. Marija risale in auto e si allontana. Quella è stata l’ultima volta che l’ho vista.

Lasciamo al cuore e ai pensieri, nel silenzio, il compito di far risuonare dentro l’armonia d’assonanze e di accordi, strani e imprevedibili a un tempo, che ha vibrato in questa storia. In essa possiamo cogliere, per comparazione, l’opportunità quotidiana, nella molteplicità delle personali differenti esperienze, di rimanere saldi nella Speranza ricevuta.

Maggio 2008 La guerra in Croazia è ormai lontana, ma il rientro in quelle zone dei serbi che vi abitavano è ancora un problema. La popolazione croata accetta mal volentieri il loro rientro; molte case serbe sono state occupate o distrutte e, nonostante la pressione della Comunità internazionale, pochissimi sono i serbi che riescono a tornare. Rari sono i paesi che agevolano e facilitano il loro reinserimento. Uno di questi è il paese di Posedarje che, nonostante sia stato uno dei luoghi maggiormente colpiti dalla guerra, agevola il rientro dei serbi che vi abitavano, attuando una politica di integrazione, inserimento scolastico dei bambini e ricostruzione delle case. Tutto questo per merito del suo giovane sindaco, che, grazie al suo carisma e alla sua storia, ha saputo convincere gli abitanti di Posedarje ad accettare il ritorno dei serbi. Il sindaco di Posedarje è una donna: il suo nome è Marija. Sono in Kosovo; questa notizia mi scuote e stupisce non poco. Riesco a recuperare la mail di Marija e mi affretto a scriverle. Sono dodici anni che non ci sentiamo e ho mille cose da raccontarle, mille domande da farle: come stai, come vivi… Alla fine le uniche parole che riesco a diteggiare sono: “Perché lo fai?”. La risposta non tarda ad arrivare: una sola frase, altrettanto concisa e secca: “Mi sono fidata di te”.

Quante occasioni abbiamo per credere, rimanere ancorati alle realtà che davvero valgono; quante occasioni abbiamo per fidarci. Di una “palabra”. Della “Palabra” che si fa vicina a noi e, fissandoci, ci dà ali per giungere là dove è vita piena.

Febbraio 2012 Marija si è ritirata dalla politica lasciando un’eredità importante ai suoi successori. Ora è un’affermata ginecologa: già a tredici anni diceva: “Ho visto troppa gente morire… Da grande la vorrò vedere nascere!”

14

Mauro Barisone e Suorbì sr.b@tiscali.it (foto di Mauro Barisone)


I santi sono coloro che lasciano passare la luce...

Santa Teresa

di Gesù de Los Andes

(delle Ande)

La piccola Teresa del Cile che risveglia la fame e sete di Dio

G

iovane, allegra, simpatica, carina, sportiva, sensibile, santa! Non è facile scrivere di una persona che mette assieme tanti aggettivi in forma positiva e che muore quando ancora non ha vent’anni. Anzi, ho dimenticato di dire che era una Monaca carmelitana scalza, di clausura. Io però, mi animo a scrivere di questa giovane monaca cilena e cercherò di dire il massimo di questa creatura sconosciuta al pubblico occidentale.

E’ nata il 13 luglio 1900, a Santiago del Cile, capitale del suddetto paese sudamericano e venne battezzata il 15 dello stesso mese. Era la quinta di sette fratelli. I genitori, il giorno del

suo Battesimo, la chiamarono: Juana Enriqueta Josefina Fernandez Solar. Juanita, come la chiamavano in famiglia, era nata in una famiglia benestante. I suoi genitori si chiamavano: Miguel Fernandez e Lucia Solar. Fece i suoi studi (dal 1907 al 1918) nel “Collegio Alameda”, tenuto dalle Suore del Sacro Cuore. Profondamente affettiva, si credeva incapace di vivere separata dalla sua famiglia, dai suoi affetti ed abitudini. Ciò nonostante affrontò generosamente la prova di studiare in regime di interna gli ultimi tre anni, come allenamento, in vista della separazione definitiva, che consumerà il 7 maggio 1919, entrando nel Monastero delle Carmelitane Scalze, ad Auco-Rinconada de Los Andes. Si era sentita chiamare al Carmelo alla sola età di quattordici anni, quando lo confidò alla sorella Caterina. Accolse questo ideale con serenità e con gioia, sicura che nell’e-

15


I santi sono coloro che lasciano passare la luce...

ternità avrebbe continuato la sua missione di far conoscere ed amare Dio. Prima però ci provò lei, come fa un buon orafo quando vuole creare un gioiello: prima lo pensa, poi lo realizza con la creta, poi lo confeziona con un metallo prezioso. Juanita non si risparmiò per correggere il suo carattere e per corrispondere alla Grazia che le veniva offerta. Attraverso la lettura della biografia di Santi carmelitani e la frequente corrispondenza con la Priora di Auco-Rinconada de Los Andes, Madre Angelica, Priora del Monastero, si era andata preparando alla vita monastica. Meraviglia, infatti, la chiarezza con la quale, all’età di soli diciassette anni espone il suo ideale carmelitano e l’ardore con il quale difende la sua futura vita contemplativa. E dire che il mondo giudica la scelta della vita contemplativa come inutile!… Juanita, però, l’abbraccia come vera testimonianza di amore verso il mondo, verso gli uomini, tutti gli uomini! La sua santità e la sua bravura seppero far entrare nel suo mondo e nel suo cuore tutte le persone che conosceva, ma anche i lontani che vivevano al di là dell’oceano o i lontani da Dio. Proprio come il sole e la luce che non escludono nessuno. Proprio come una madre che offre il meglio di se stessa per i propri figli. Ancora giovanissima, scelse di essere monaca di clausura per testimoniare la dimensione spirituale dell’uomo. Non esitò, infatti, ad offrire se stessa a fianco di Cristo, perché la Sua passione, morte e risurrezione non risultassero inutili per l’umanità.

16

I Santi non sono dei folli! Sono persone normali animate da un grande amore e disponibili alla Grazia. “Gesù cominciò a prendere il mio cuore per Sé, poco dopo il terremoto nell’anno 1906” (Diario, n. 3, p. 25). Iniziando a quindici anni il suo diario, e dedicandolo ad una Suora che era anche sua professoressa nel Collegio e guida spirituale, Juanita (Teresa di Gesù nella vita religiosa), scriveva: “Lei crede madre, che leggendo il mio diario, s’imbatterà in una storia interessante? Non voglio che s’inganni… La storia della mia anima si riassume in due sole parole: soffrire e amare!”. Il suo ambiente familiare favorì la sua formazione e maturazione religiosa, come una buona alimentazione fa sviluppare il nostro corpo fisico. Dall’età di sei anni assisteva, con la madre, quasi tutti i giorni alla Santa Messa. Desiderava anche comunicarsi, ma ricevette la Prima Comunione

solamente l’11 settembre 1910, quando cioè, aveva più di dieci anni, nella Cappella del Collegio. Questo giorno, ripeterà più volte, fu: “Un giorno

senza nubi!”. Da questo giorno benedetto, scriverà in seguito nel suo diario: “Gesù incominciò a prendere il mio cuore per Sé”.

Dio le fece esperimentare la sua presenza e la imprigionò: la fece sua attraverso le esigenze della Croce. Scriverà infatti nel suo diario: “Conoscendolo lo amai e, amandolo, mi abbandonai perdutamente in Lui”. Ma l’amore si dimostra con i fatti, più che con le parole. Juanita incominciò a guardarsi dentro con occhi sinceri e saggi e comprese che, per essere di Dio, bisognava morire a tutto quello che non fosse Lui. Possedeva un’enorme capacità di amare e di farsi amare e i giovani, quando si lasciano catturare dall’Amore, sono generosi. L’amore di Juanita per il suo Signore, divenne ben presto “Amicizia! Vita intima di preghiera e dolce abbandono”! La sua meta doveva essere la santità. La Grazia del Signore e la sua volontà generosa di giovane innamorata si sposarono nell’orazione per acqui-


I santi sono coloro che lasciano passare la luce...

stare le virtù necessarie a varcare la soglia del cielo. In pochi anni (dai 15 ai 19) raggiunse un alto grado di unione con Dio da far dire alle Monache che la conobbero per undici mesi nel Carmelo di Auco Rinconada: “Suor Teresita de Jesùs de Los Andes, non si è fatta santa qui nel Carmelo, ma è entrata già santa”. La chiamata alla santità Dio la rivolge a tutti. Purtroppo non tutti diventano santi. Juanita non fece cose eccezionali e non morì martire per mano di qualche fondamentalista. La sua normalità, però, non le impedì di formarsi secondo una sana e profonda religiosità. Nella “estancia” (grande proprietà terriera) del nonno materno, nella quale trascorreva dei lunghi periodi durante l’estate, ma anche d’inverno, o di convalescenza perché aveva una salute piuttosto fragile, (fu parecchie volte in fin di vita) aveva la possibilità di immergersi, nonostante la sua giovane età, in meditazione contemplativa. Gli orizzonti infiniti, che all’alba e al tramonto diventavano di fuoco o dorati come le albicocche di luglio, le facevano sognare il Paradiso, proprio come se fosse già in paradiso e, ad introdurla, ci fosse, nientemeno che il suo Signore… Si immergeva nella maestosità della natura, del cielo, dell’Oceano, delle Ande che, proprio in Cile, mostrano l’Aconcagua, la vetta più

alta delle Ande, che supera i 6000 metri. Le lunghe cavalcate, da sola o con i fratelli, si prolungavano… Diventavano per Juanita, preghiera pura e contemplazione. L’ambiente si prestava come un vestito realizzato su misura per lei, e lei ci stava dentro comoda. Durante queste passeggiate, o corse a cavallo, si impegnava a fondo per non sbagliare nulla e per essere sempre una delle migliori, ma vedeva in esse come una mano sicura che guidava, oltre che la briglia della sua cavalcatura, anche la sua anima e il suo cuore. Scrive lei stessa nel suo diario: “Fin da piccola mi dicevano che ero la più carina dei miei fratelli. Io mi rendevo conto di questo ed ero contenta. Mi piaceva sentirmelo dire, come piace a tutti ammirare un bel fiore. Queste parole me le ripetevano anche quando fui più grandicella… Solo Dio, però, conosce quanto mi sia costato distruggere questo orgoglio o vanità che s’impadronì del mio cuore quando fui più grande”. Bisogna dar atto a questa giovinetta che certi valori le si erano ben radica-

ti dentro. Ogni donna, infatti, ama sentirsi dire che è carina. E ogni donna, ma soprattutto ogni adolescente, punta tutto, o quasi, sulla sua “carrozzeria”. Juanita non era un’ingenua e non era indifferente al fascino che gli altri le tributavano. Sapeva di possedere un’enorme capacità di amare e di farsi amare. Ma aveva già le idee chiare circa la sua vocazione. Scrive ancora nel suo diario: “Ero di carattere timido e di cuore molto sensibile. Piangevo per un nulla. Però ero di temperamento dolce: non mi arrabbiavo mai con nessuno”. Noi diremmo che era una giovinetta buona, sensibile e lucida. Insomma, una giovane comune, ma nel contempo una ragazza dotata e, in qualche cosa, privilegiata; una ragazza che in soli diciannove anni e pochi mesi si fece santa! “Cristo, questo pazzo d’amore, mi ha resa ubriaca del suo amore”. La svolta determinante nella sua giovane vita, avvenne con la sua Prima Comunione quando aveva poco più di dieci anni. Scrive nel suo diario che

17


I santi sono coloro che lasciano passare la luce...

la sua vita è da dividere in due periodi: quello prima dell’11 settembre (cioè prima della sua Prima Comunione) e quello dopo, fino all’entrata nel Carmelo de Los Andes, il 7 maggio 1919.

Lei chiamava il Monastero: “il porto della sua anima”. Il suo costante impegno fu, infatti, quello di assomigliare a Gesù e di esserGli amica perché nulla rimasse sconosciuto fra loro. Per questo, desiderando di giungere ad essere una Sua eccellente copia, visse decisa e determinata nel suo impegno. Non aspettò di entrare nel Carmelo per incominciare ad imitare il Maestro. Il cammino che realizzò nel Carmelo, si può dire che sia la ciliegina sulla torta… Ella poté raggiungere la vetta del Monte santo in così pochi mesi perché già allenata a scalare le vette della perfezione con la piccozza della gioia e dell’entusiasmo e gli scarponi della preghiera e del sacrificio. Negli anni della sua adolescenza raggiunse un perfetto equilibrio psichico e spirituale, frutto della sua ascesi e della sua orazione. La serenità del suo volto era il riflesso di Colui che viveva in lei. La sua vita di monaca, dal 7 maggio 1919 fino alla morte avvenuta il 12 aprile 1920, fu

18

l’ultimo gradino della sua ascesa alla vetta della santità. Soltanto undici mesi furono sufficienti per consumare la sua vita divenuta interamente di Cristo. La comunità scoprì in lei la mano di Dio nella sua storia. Nello stile carmelitano teresiano di vita, la giovane Suor Teresa di Gesù, trovò l’autostrada per correre velocemente verso la meta; per spandere efficacemente il torrente di vita che desiderava dare alla Chiesa di Cristo. Era lo stile di vita che, a suo modo, aveva vissuto nella sua famiglia. L’Ordine della Vergine Maria del Monte Carmelo di Auco Rinconada, riempì i suoi sogni e il suo desiderio di santità. Ebbe modo di constatare che la Madre di Dio, che fin da piccola aveva tanto amato, l’aveva attirata nel suo Monastero. Era contenta e voleva che tutti si rendessero conto della sua gioia che presentava come un bel giglio desideroso di farsi ammirare. Era sempre disposta a servire e a sacrificarsi per gli altri con il sorriso sulle labbra e con il cuore contento, certa che così, rendeva amabile e attraente la virtù. La sua vita non ha nulla di particolare, di eccezionale, di miracoloso. Fu, in tutto, normale ed equilibrata, sia in famiglia, che a scuola, che durante i pochi mesi vissuti nel Monastero del Carmelo. Raggiunse una invidiabile maturità integrando, nella più armoniosa sintesi, il Divino e l’umano: preghiera e studio, doveri domestici e sport, nel quale si distingueva per la bravura, nel nuoto e nell’equitazione.

Giovane, bella, simpatica, sportiva, gioiosa, equilibrata, servizievole, responsabile, Teresa di Gesù de Los Andes, si trova in una impareggiabile condizione per trascinare i giovani a Cristo. La sua vita, dice a tutti e a ciascuno che, per raggiungere la pienezza e vivere la gioiosa felicità che ci spalanca le porte del cielo, dobbiamo puntare solo sull’amore; “Dio ci dona tutto e ama tutti. Noi dobbiamo soltanto lasciarci amare”. Santa Teresa de Los Andes ha trascorso gli ultimi undici mesi della sua vita nel Carmelo Teresiano de Los Andes, distante un centinaio di chilometri dalla Capitale Santiago. Non aveva ancora terminato l’anno canonico del Noviziato, quando emise anticipatamente i Voti religiosi per poi morire di tifo il 12 aprile 1920. Non aveva ancora vent’anni! Beatificata a Santiago del Cile da Sua Santità Giovanni Paolo II, il 3 aprile 1987, è stata canonizzata dallo stesso Sommo Pontefice, a Roma, il 21 marzo 1993. I suoi resti sono venerati nel Santuario di Auco-Rin-


I santi sono coloro che lasciano passare la luce...

conada de Los Andes da migliaia di pellegrini che cercano e trovano in lei consolazione, luce e via sicura verso Dio. Fra gli oltre duecentomila pellegrini, che visitano ogni anno il Santuario di questa giovane Santa cilena, nel 2007 ci sono stata anch’io. Veramente grande è l’emozione che si vive quando si sosta davanti alla sua tomba, circondata da cordoni rossi per delimitare lo spazio ed evitare gesti di fanatismo. Un’emozione che parte dal cuore per poi raggiungere la mente; la stessa che io provai quando mi ritrovai di fronte alla tomba della piccola Bernardetta Soubirous a Never, in Francia.

Così piccola e così grande! Così sconosciuta e così cara al Signore! Così bella e così santa! Così sportiva e così matura! Santa Teresa de Los Andes è la prima Santa carmelitana cilena, la prima Santa carmelitana americana. E’ la più giovane Santa carmelitana; è la quinta Santa Teresa del Carmelo, dopo: Teresa di Avila, Teresa di Lisieux, Teresa di Firenze e Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein). Per la sua intercessione, il Signore sta spargendo una copiosa pioggia di grazie e favori di ogni specie e attirando a Sé innumerevoli figli prodighi. Il suo Santuario si è convertito nel più grande centro spirituale del Cile. Santa Teresa di Gesù de Los Andes sta compiendo bene la sua missione: risvegliare, cioè, la fame e la sete di Dio nel nostro mondo materializzato. Avrebbe fatto felice qualsiasi uomo… ma, consapevolmente, scelse “L’Uomo per eccellenza”. L’uomo che era il suo ideale per fedeltà, per generosità, per signorilità e per rispetto. Cristo l’aveva attirata a Sé e lei lo preferì a tutti e non gli negò nulla di quanto Lui le chiedeva. Anche se in Convento non poté più praticare il nuoto e l’equitazione nei cui sport Juanita era, a buon diritto, una campionessa, non si dolse e non ne fece un dramma. Il Signore per lei aveva fatto molto di più… aveva donato la sua vita! Su di un piatto d’argento lei Gli offrì la sua giovinezza e, oggi diremmo, le sue medaglie e le sue coppe… Mantenendo il sorriso e la gioia che lo sport le aveva dato, Santa Teresa di Gesù de Los Andes, fu una buona Suora, una santa Monaca.

La giovane che la Chiesa glorifica e chiama Santa, si presenta come un profeta di Dio per gli uomini e le donne del nostro tempo: offre come garanzia l’esempio della sua vita. È, per l’umanità, una prova indiscutibile di quanto la chiamata di Cristo alla santità sia attuale, possibile e vera.

La parabola di questa giovane cilena ci sconcerta. Nasce in noi la domanda: ma che cosa ha fatto per diventare Santa in così poco tempo? Per questa domanda c’è una risposta ugualmente sconcertante: “Vivere gioiosamente e credere che tutto è Grazia”. Assunta Tagliaferri

19


...Una bella notizia... Proprio in clima pasquale, ecco una “Bella notizia” che sa di splendore primaverile.

Papà, mamma, Siamo cinque, ma... un cuor solo e un’anima sola!!! M

i è stato richiesto di dare testimonianza dell’unione e della concordia che regnano nella mia famiglia, quale segno positivo in un tempo di pressanti divisioni e discordie che affliggono le unioni coniugali nel nostro tempo. Innanzitutto intendo riferirmi a famiglie “normali” – perché, come ritengo essere la mia, ove vi è un padre, una madre e dei figli che condividono, nella semplicità ed armonia della quotidianità, la loro esperienza terrena – al di là di quel che si possa pensare, ce ne sono, fortunatamente, ancora molte. E sono la maggioranza…

20

Quel che lega noi cinque, mia moglie Sara, i miei figli Andrea, Federica e Leonardo, è un sentimento sincero di amore vissuto giorno per giorno con naturalezza e, soprattutto, sotto la protezione della nostra Madre Celeste e del Suo figlio Gesù. Difatti la preghiera quotidiana, vissuta insieme, unitamente alla partecipazione “familiare” alla Messa domenicale, sono lo strumento che adoperiamo per chiedere ed ottenere la grazia di rimanere uniti e continuare a volerci bene, nonostante tutto e nonostante tutti. Cosicchè la malattia che Sara sta combattendo, e noi con lei, sta

diventando sì un impegnativo banco di prova, ma anche uno strumento per unirci ancora di più e renderci più forti nell’affrontare il tormentato, ma gioioso, percorso esistenziale. Giampaolo


...Una bella notizia...

, tre figli S

inceramente, considerate la mia giovane età e la salute che ho sempre avuto, mai avrei pensato di ritrovarmi a scrivere della mia esperienza di “ammalata”. La malattia è più o meno sempre vista come qualcosa di pesante e di faticoso da affrontare; io, invece, la sto vivendo come una grazia grande del Signore. Ho una famiglia meravigliosa: un marito splendido e tre figli che adoro e che sono la nostra vita. Sin da quando mi è stato diagnosticato il linfoma di Hodgkin, tutti e quattro si sono stretti ancora di più a me aiutandomi in tutti i sensi e, insieme, abbiamo visto come affrontare questo nostro “nuovo percorso” che ci dovevamo preparare a vivere. Io e Giampaolo abbiamo spiegato su-

bito tutto ai nostri figli (per quanto i due più piccoli ne potessero capire) e ciascuno, da allora, ha avuto una parte importante che ho chiamato subito con il nome di attenzione e disponibilità ad affrontare tutto insieme. Sono quasi due anni che, tra alti e bassi fisici, sto entrando e uscendo dall’ospedale per la chemioterapia e i vari esami e controlli. Una tappa importante sto affrontando adesso (la chiamo la mia tappa quaresimale) che è quella del primo autotrapianto delle mie cellule staminali. Ce ne sarà un secondo più avanti, ma il tutto non mi spaventa perché sento che ce la farò. Sto lottando con tutta me stessa per i miei Giampaolo, Andrea, Federica e Leonardo che hanno tanto bisogno di me; sto lottando an-

che per me stessa perché credo nella bellezza della vita e nell’importanza di essere sereni sempre. Una cosa voglio dire: in genere sono molto positiva, ma questo tratto di strada mi sta insegnando, ancor di più, a non perdere mai la speranza, anche quando tutto sembra crollare. Perché? Perché il Signore ci vuole bene, e tanto, e non ci lascia mai mancare il suo sostegno. Crediamoci! Sara

Grazie Giampaolo! Grazie Sara! Grazie ai vostri tre figli, splendidi fiori primaverili… è proprio vero che il frutto si riconosce dall’albero! La speranza è che veramente ci siano tante famiglie come la vostra!...

! Siamo certi di poter contare ancora su “belle notizie”

21


Fare memoria “Chiediamo alla nuova Beata di aiutarci a crescere nella convinzione che la santità, scopo ultimo di ogni vita umana, consiste nell’aprire il cuore all’amore di Dio, che necessariamente diventa servizio attento e appassionato ai fratelli”.

S

(Mons. Roberto Amadei, Beata Cittadini, maestra di umanità, 2001)

ono trascorsi undici anni dall’evento per noi straordinario della Beatificazione di Madre Caterina ed è sempre bello “fare memoria” e sentire viva accanto a noi questa umile donna che, nella semplicità e forza spirituale della sua esistenza, è stata indicata a tutta la Chiesa come modello esemplare di vita cristiana. Davvero Madre Caterina ha aperto quotidianamente il cuore all’amore di Dio, come ben evidenziato da Mons. Amadei, e in lei si è generata, giorno dopo giorno, una inesauribile capacità di dedizione, di servizio concretamente attento e appassionato per le persone a lei affidate. La certezza che lei dal cielo continua a regalarci la sua passione educativa, ora piena di Luce per il bene desiderato da tante persone, è attestato dai numerosi messaggi lasciati sul quaderno vicino alla tomba che a Somasca ne custodisce i resti mortali: è il grazie della quotidianità, è il profumo di quella santità feriale, che Madre Caterina ci ha testimoniato e che ancora ci affascina e ricolma di speranza i nostri giorni. Grazie, Beata Madre Caterina, perché ci racconti ancora il miracolo dell’Amore di Dio nella tua vita, nella nostra vita. Suor Letizia Pedretti

22


2001 - 29 APRILE - 2012

11° Anniversario

Beatificazione Madre Caterina Cittadini dal Breve Apostolico di Beatificazione

Sua Santità Giovanni Paolo II alle Figlie di Caterina:

Auguro di cuore a voi,

care Suore Orsoline di Somasca e a quanti come voi si ispirano alla spiritualità e all’esempio di Caterina Cittadini, di proseguire fedelmente nel solco da lei tracciato, per essere guida sicura nel cammino di fede e nella formazione culturale dei ragazzi e dei giovani.

23


‘‘

…Rispetto ad altri Fondatori di Congregazioni religiose dediti ai poveri, Caterina ha il “privilegio” di iniziare la sua vita condividendo la situazione dei più miseri. A questo si aggiunge la privazione dell’affetto paterno e materno; condivide, poi, la fanciullezza e l’adolescenza con chi era segnato, come lei, da queste due povertà. Tale partenza poteva chiudere il cuore alla speranza e all’amore, impoverendo e appesantendo ulteriormente il suo cammino. La grazia dello Spirito Santo e la semplice, ma efficace e concreta benevolenza e condivisione delle persone che l’hanno accompagnata, le permettono di sentire rivolta a lei la tenerezza infinita del Padre, amorevolmente rivolto ad ogni suo figlio, soprattutto se ferito. E’ un’esperienza che si costruisce tranquillamente nelle relazioni quotidiane; progressivamente riempie il suo cuore e ne guarisce le profonde ferite, donandole la certezza che l’amore paterno e materno le viene ridonato, con sovrabbondante gratuità, dal Signore nella testimonianza delle persone che non l’abbandonano… Caterina mostra che l’esistenza è degnamente spesa solo se si accoglie e vive questo amore nella quotidianità. E questo è possibile a tutti, perché richiede solo la fedeltà al Signore nelle vicende di ogni giorno. La sua presenza, ricca di serenità, di generosità e di apertura a tutti, testimonia, con forza che l’amore del Signore può far fiorire una giornata stupenda e feconda, anche da un’alba pochissimo promettente…

‘‘

Discorso, letto durante la Cerimonia di Beatificazione, da S.E. Mons. Roberto Amadei, allora Vescovo di Bergamo (deceduto il 29 dicembre 2009).

24


1857 - 5 MAGGIO - 2012

155° Anniversario

morte Beata Caterina Cittadini (memoria liturgica)

orte m ia m la n co e ch e et m te on “N tutto abbia a finire… di voi. Dio ha una particolare cura Dal Cielo vi assisterò , vi farò da avvocata” . na sul letto di morte) (Ultime parole di Cateri

Alcune richieste di grazia per intercessione della Beata scritte da chi visita la tomba nella Cappella di Casa Madre a Somasca

25


Voci di casa nostra

“La necessaria attenzione ai segni dei tempi comporta la scelta di territori bisognosi del nostro servizio educativo. In questo orizzonte, coltiviamo la disponibilità al cambiamento e maturiamo la capacità di lasciare anche alcune sicurezze, servizi e opere apostoliche per servire più autenticamente i fratelli e realizzare nuovi progetti”. (Direttorio n. 75)

CALOLZIOCORTE (BG) ISTITUTO CATERINA CITTADINI Calolziocorte 1972-2012

“UN GRAZIE DI CUORE”

I

n occasione del Quarantesimo di fondazione dell’ “Associazione JITAKYOEI BUDO - UNIVERSITA’ EUROPEA ARTI MARZIALI E CULTURA ORIENTALE, mi è cosa gradita inviare un sincero ringraziamento all’Istituto “Caterina Cittadini”. Sono già trascorsi otto lustri da quando, nel 1972, venivamo accolti nella palestra della Scuola “Caterina Cittadini” di Calolziocorte per iniziare i primi corsi di Karate nel territorio lecchese. Sin dall’inizio rispetto e cordialità hanno contraddistinto la nostra collaborazione che, nel tempo, si sono mantenute e consolidate. Inizialmente questa opportunità ci ha

26

permesso di divulgare la pratica sportiva del karate regalando a tanti giovani la gioia di meritate vittorie in numerose competizioni regionali, nazionali e internazionali. La pratica sportiva del nostro sodalizio si è nel tempo affinata trasformando l’entusiasmo sportivo in una ricerca morale e culturale. La mia personale ricerca nella pratica di nuove discipline marziali e i numerosi viaggi in Cina e in Giappone ampliavano gli orizzonti ed evidenziavano sempre più l’aspetto filosofico-culturale di queste arti. Lo studio e la pratica di nuove discipline hanno modificato gli obiettivi dell’Associazione

che, da agonistico-sportiva, diventerà culturale-educativa. Questo nuovo obiettivo utilizzava le arti marziali come duplice strumento didattico: fisico-mentale e morale-culturale; scelte obbligate, a mio avviso, in quanto la società in generale, sempre più alla ricerca di un superfluo benessere, si allontanava dai fondamentali principi della vita. La crescente impossibilità da parte della famiglia di educare i propri figli in maniera costante e responsabile, alimentava un netto distacco e una pericolosa indifferenza che ne impediva una logica formazione. Mancando l’esempio dei genitori, a causa del sempre minor tempo da dedicare ai figli, i giovani hanno trovato nella tecnologia (televisione, computer, telefonini, playstation) i loro fedeli compagni di crescita. Coscienti di una travolgente modernità tanto utile, quanto pericolosa, abbiamo intensificato i nostri sforzi per ridurre, per quanto possibile, i danni di questa eccessiva ingerenza nella formazione fisica e morale dei giovani. A questo proposito con il Progetto di Università Europea-Arti marziali e Cultura Orientale, il nostro sodalizio è divenuto ONLUS (con decreto regionale n. 950 del 25.3.2009) con


Voci di casa nostra FESTEGGIAMENTI PER IL 40° l’obiettivo di utilizzare le arti marziali e la cultura orientale nella formazione della persona, in modo particolare per i più giovani. Dal punto di vista fisico, la pratica delle discipline marziali deve interagire migliorando il portamento, la coordinazione motoria, l’uso della forza e la consapevolezza che è attraverso il corpo che si apprende la conoscenza del sé. Inoltre, senza la costanza e l’impegno non si possono allenare la determinazione e, senza la dovuta concentrazione, diviene difficile ottenere un buon equilibrio. Certi che la chiarezza degli obiettivi che vogliamo perseguire alimenteranno la nostra determinazione per attuarli, rinnovo un grazie di cuore all’Istituto “Caterina Cittadini” di Calolziocorte per aver contribuito alla nostra crescita, ospitando il nostro Sodalizio durante questi otto lustri e continuando ad aiutarlo tutt’ora con una corresponsabile disponibilità. Con affetto e stima

L

’evento per il 40° di fondazione, patrocinato dalla Provincia di Lecco e dal Comune di Calolziocorte, si è svolto articolato in due diverse giornate. Sabato 10 Marzo, presso la splendida e suggestiva cornice dell’Hotel Monastero del Lavello a Calolziocorte, si è tenuto un ricevimento al quale hanno partecipato più di duecento tra ex-praticanti, istruttori delle varie discipline e soci vari. Gradita è stata anche la visita del Sindaco di Calolziocorte, Ing. Paolo Arrigoni, che ha voluto manifestare con la sua presenza il totale appoggio dell’Amministrazione locale. Il ricevimento si è aperto con un discorso del Presidente dell’ “Associazione Jitakyoei Budo”, Sergio Mor Stabilini, il quale ha ripercorso, insieme ai presenti, le tappe storiche più significative di questo Sodalizio. A seguire vi sono stati gli interventi del Vice-Presidente Giulio Bombardieri e del Consigliere Gianfranco Moretti. In qualità di rappresentanti delle Istituzioni locali sono intervenuti

anche l’Assessore allo Sport del Comune di Calolziocorte, Ing. Marco Bonaiti e il Dott. Christian Malighetti, Consigliere della Provincia di Lecco, che hanno elogiato nei loro discorsi l’operato dell’Associazione auspicando che vi siano in futuro occasioni più frequenti per valorizzarne le attività. Un emozionato Sergio Mor Stabilini riceveva anche una targa di riconoscimento da parte del Consigliere Malighetti come premio per l’ambito traguardo. Gli invitati presenti hanno poi goduto della visione di un filmato con foto d’archivio e cortometraggi che hanno certamente riacceso vecchie e nostalgiche memorie in alcuni di loro. L’evento celebrativo proseguiva poi il giorno seguente, domenica 11 Marzo, presso il Centro Sportivo Italcementi di Bergamo, nel quale si è tenuta una dimostrazione di Arti Marziali aperta al pubblico, che ha visto esibirsi gli istruttori e gli allievi nelle varie discipline: Taiji Quan, Karate Sankido, Aikido, Kendo, Katori Shinto Ryu. Il Segretario Vittorio Antonio Ratti

27


Voci di casa nostra BERGAMO ISTITUTO SCOLASTICO “CITTADINI-MARIA REGINA” 18 marzo 2012

31ª CAMMINATA DELLE SCUOLE CATTOLICHE

A

rriva la Primavera e, con la bella stagione, anche la tradizionale “Camminata delle Scuole cattoliche” della nostra città “Töcc insèma sö i coi de Bèrghem”. Da sempre la partenza è dal piazzale della nostra Scuola, da cui la camminata è partita per la prima volta trentun’anni fa organizzata solo per le famiglie della Scuola media. Eravamo da subito tantissimi, perché già allora avevamo coinvolto amici, parenti e vicini di casa. Era, come oggi, un modo diverso di trascorrere una domenica mattina tutti insieme, in compagnia, qualche ora in passeggiata lungo un percorso che si snoda sui colli di “Città alta” ammirando la vista della pianura, le magnifiche ville e i casolari ristrutturati disseminati sulle nostre verdi colline. Quest’anno la data è stata fissata per domenica 18 Marzo. L’A.Ge.S.C. pianifica la giornata mesi prima e poi si affida ai diversi Gruppi di volontari (un riconoscimento particolare va al nostro Gruppo sportivo) che, ben rodati, garantiscono sempre la buona riuscita dell’evento. L’organizzazione di questa giornata è davvero impegnativa ed è significativo vedere quanti volontari si rendono disponibili per prepararla al meglio. Le previsioni meteorologiche non sono splendide... minaccia pioggia, ma solo dal

28

pomeriggio, quindi siamo salvi!!! Certo si sa che il cattivo tempo non invoglia ad uscire la mattina presto e, quindi, si pensa positivo perché comunque la Camminata ci sarà... l’organizzazione è in moto e niente può fermarla. Sono ormai dodici anni che alle ore 7, puntuale, arrivo per dare il mio aiuto. C’è fermento in cucina dove alcune mamme preparano i cestini per il Gruppo Alpini (panini e vino rosso) mentre i papà si occupano di preparare gli infusi da distribuire ai tanti punti di ristoro… litri e litri e poi, via, per prendere posto lungo il percorso. Sono decine i volontari che, ordinatamente distribuiti sui tre percorsi, faranno servizio di sorveglianza. Sono le ore 8,30 e il Vescovo è arrivato per farci sentire la sua vicinanza

e impartire la benedizione. Lo spettacolo è bellissimo: tante famiglie, tanti ragazzini e tanti bimbi tutti rivolti il palco da dove verso Mons. Beschi, augurando una buona giornata, dà il via alla manifestazione. La gente è tantissima e, solo quando tutti sono partiti, si procede al montaggio dei diversi gazebo che faranno da corollario all’arrivo: un angolo bar con bibite e panini e una postazione caffè, l’Associazione “Caterina e Giuditta Cittadini” Onlus che offre violette e primule e raccoglie

offerte per le sue iniziative e l’Associazione “Paolo Belli” che propone le uova di Pasqua per sostenere la ricerca contro la leucemia.


Voci di casa nostra A tutti i partecipanti vengono regalati, all’arrivo, latte fresco e mele del Trentino. Alle 10,30 ecco i primi arrivi e a mezzogiorno il cortile della Scuola è pieno. Quanti sorrisi, quanta festa e quanta soddisfazione per la bella passeggiata! E’ l’occasione per rivedere vecchi compagni di classe e tanti amici che non dimenticano di partecipare alla nostra Camminata. Anche quest’anno una bellissima giornata! A tempo di record tutto quello che era stato montato viene riposto nei magazzini della Scuola e ci si ritrova insieme nel refettorio della Scuola media per ringraziare, con un pranzo, tutti quelli che, anche quest’anno, hanno partecipato all’organizzazione di quest’edizione. A tutti un arrivederci all’anno prossimo!!! Monica Perani

LA SCUOLA CATTOLICA C’È... È VIVA!...

S

iamo abituati a chiamarla “La Camminata delle Scuole cattoliche di Bergamo”, e pensiamo subito ai circa quattromila partecipanti tra studenti, genitori, famiglie; ed è così. E’ l’unico grande momento pubblico sul territorio bergamasco per far vedere che la Scuola Cattolica c’è, è viva, ha tutte le ragioni e i diritti di esserci. La scuola è un bene in sé; siamo, invece, talora indotti a misurare il valore di quanto apprendiamo in termini per così dire utilitaristici. Certo, la scuola deve essere inserita nella società e, quindi, non può ignorare che chi studia, dovrà lavorare. Così, pure la scuola ha essenziale funzione propedeutica all’inserimento nel mondo del lavoro, a maggior ragione in una fase storica in cui si viene profondamente modificando il sistema produttivo. La scuola è un bene in sé, perché la cultura è un bene in sé, un bene che si riverbera nel benessere del singolo individuo e dell’intera società.

Tutte le grandi scelte della vita portano il segno della propria cultura: dall’innamorarsi, al trovare moglie o marito, all’essere padre, madre, figli; in una parola è esercitare il difficile mestiere di vivere. La scuola, di conseguenza, non può restringere il proprio compito ad aspetti settoriali, quali registrare in modo meramente notarile i livelli di istruzione o essere una sorta di grande e moderno ufficio di collocamento. Senza cultura, senza memoria e senza spirito critico non c’è vera libertà, né vera democrazia, perché senza memoria e senza spirito critico si vanificano la garanzia dei diritti della persona umana in tutte le sue identità e l’uguaglianza delle opportunità nel rispetto delle diversità e dei talenti. La prospettiva di un sistema educativo pubblico, fondato sulla flessibilità e sulle autonomie, alle cui finalità partecipano tutte le attività di istruzione deve diventare, perciò, “vera realtà”. Si chiede un vero rispetto del pluralismo e il riconoscimento spassionato che le diversità siano sempre in grado di integrarsi a trasmettere e a ricercare quei valori vecchi e nuovi che rendono l’esperienza di ciascuno di noi meritevole di essere vissuta sino in fondo; un servizio pubblico di istruzione e formazione in cui concorrono, con pari legittimità e dignità, tutte le Istituzioni scolastiche del Paese, così da attuare il principio di sussidiarietà con tutte le conseguenze che esso comporta tenendo, innanzitutto, presente che la scuola è sussidiaria alla famiglia e che il territorio è sussidiario alla scuola. E’ rendendo operativo nella pienezza tale principio che si fa del-

29


Voci di casa nostra l’autonomia un vero strumento per realizzare la libertà di educazione: una scuola come comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza e, così, potenziare il protagonismo responsabile di tutti i soggetti perché ciascuno si senta coinvolto in prima persona a portare l’onore e l’onere della sua vitalità e a potenziare la missione culturale ed educativa. In tal senso la Scuola Cattolica è comunità umana che si apre e riceve in dono la comunione nuova, valorizza la compresenza e la collaborazione dei genitori sia attraverso gli organismi di partecipazione, sia attraverso le Associazioni di carattere nazionale. Essi, i genitori, sono attori responsabili del patto educativo perché titolari del diritto-dovere, affermato dalla Chiesa e sancito dalla Costituzione, di educare i figli.

Sono questi gli stimoli che ci ha trasmesso prima dell’inizio della manifestazione il Vescovo di Bergamo Mons. Francesco Beschi, che sono stati occasione di discussione con il Vescovo stesso dopo la partenza e che hanno costituito per tanti genitori i motivi di discussione durante la marcia ripresi, poi, all’arrivo nelle discussioni fraterne con i rappresentanti dell’AGeSC. Silvio Petteni Consigliere provinciale A.Ge.S.C.

30

BOLIVIA MUNAYPATA - LA PAZ CREANDO SOGNI E SPERANZE

L

’Équipe di Pastorale Sociale Caritas-Parrocchiale di Munaypata, che ha come responsabile Suor Martha, come coordinatrice del servizio Lidia Chambi Zabaleta e il Gruppo Volontari della Parrocchia, desidera condividere con i lettori di IN ALTUM l’esperienza di amicizia, la conquista della riabilitazione e la gioia delle famiglie dei bambini e dei giovani della Parrocchia. “Creando sueños y esperanzas” è il principale obiettivo del Gruppo, poichè l’amore è il cuore che dirige tutte le nostre azioni.

Essendo la Bolivia un paese sottosviluppato, non è in grado di appoggiare la gente svantaggiata, compresi i disabili. La situazione di disabilità è caratterizzata dal fatto che molte persone vivono in situazioni di disuguaglianza e di povertà, così da essere vittime della discriminazione in molti settori della vita sociale e soggetti ad una violazione permanente dei loro diritti e alla negazione della loro dignità. Purtroppo la povertà è un problema che tocca la maggioranza della popolazione e i disabili sono coloro

Il Gruppo Volontari.

che maggiormente sperimentano questo disagio. Il Sistema educativo boliviano non è ancora riuscito a costruire qualcosa che permetta un’educazione basata sul rispetto e sulla valorizzazione dei bambini, dei giovani con problemi, consentendo loro uno sviluppo nella vita quotidiana. Esistono alcune scuole, specialmente nella Chiesa cattolica, che ammettono studenti con disabilità fisiche pur non avendo carenze di apprendimento ed esigenze particolari, perché gli insegnanti delle scuole statali non hanno la preparazione adeguata per questo compito. Nel settore dei Servizi sanitari, indispensabili per la prevenzione, cura, abilitazione e riabilitazione, non vi è alcuna assistenza sanitaria completa, perché il Sistema sanitario non ha le


Voci di casa nostra risorse per!questo tipo di prestazione. Mancano, inoltre, servizi di informazione alla popolazione, specialmente per i genitori; mancano le diagnosi precoci, le cure per i bambini appena nati; la malnutrizione!è forte così che i bambini gravemente malnutriti sono ad alto rischio di cecità per mancanza di vitamine. La Caritas di Munaypata, in collaborazione con il Centro di Riabilitazione “Mario Parma”1, un’Istituzione che ha l’impegno di prendersi cura di questi bambini, lavora dal 2008 con i bambini e gli adolescenti che hanno un certo grado di disabilità, rispondendo non solo ai loro bisogni psicofisici, ma anche alla loro integrazione nella nostra comunità. Le attività del Centro sono: RIABILITAZIONE Il progetto, che ha accolto quest’anno circa trentasei bambini con vari gradi di disabilità, fa il suo trattamento riabilitativo nelle specialità di Fisioterapia, Psicologia, Lingua e stimolazione presso il Centro “Mario Parma”. Quest’anno sono state realizzate alcune sessioni per stabilire quale ulte-

Bimba disabile dalla nascita.

riore trattamento può essere fatto per migliorare la situazione di questi bambini. Dal punto di vista economico, le famiglie di questi disabili ricevono un supporto al fine di creare responsabilità e partecipazione alla riabilitazione dei loro figli. ASSISTENZA SANITARIA Sempre in collaborazione con il Centro di riabilitazione “Mario Parma”, si fanno terapie e trattamenti medici per aiutare i bambini. Inoltre, esiste un coordinamento con le scuole dove i bambini studiano insieme ai compagni per raggiungere uno sviluppo completo. RICREAZIONE Al fine di inserire questi bambini in comunità, perché in molti casi sono isolati dalle loro stesse famiglie, le riunioni si tengono ogni mese nella sala ricreativa della Casa delle Suore, dove si svolgono attività di artigianato per rafforzare le loro capacità motorie; dove si incontrano i genitori perché accettino con amore i loro figli e li aiutino a raggiungere in futuro la loro indipendenza. Per la festa del papà e della mamma, ai bambini sono state date delle schede che, da soli, hanno poi compilato per stabilire un rapporto più diretto con i genitori.

Bambina cieca con Suor Domitilla.

Festa con il clown.

Nel mese di ottobre, abbiamo festeggiato il “Giorno dei disabili”: i giovani della Parrocchia si sono vestiti da clown e hanno fatto giocare, ballare e cantare i bambini terminando il tutto con un dolce spuntino. Un’altra attività che viene fatta è la Celebrazione del Natale; è il giorno più atteso dai bambini che quest’anno hanno costruito con l’argilla una culla e dopo la benedizione del Sacerdote hanno ricevuto i dolci. C’è stata anche un’escursione in un Parco zoologico, così che tutti i bambini potessero stare insieme divertendosi e condividendo quanto le mamme avevano loro preparato. E’ un momento forte, questo, di contatto con la natura e di socializzazione.

Gruppo Volontari durante l'escursione con i bambini.

31


Voci di casa nostra COORDINAMENTO CON I VOLONTARI DELLA PARROCCHIA Circa trentadue donne volontarie lavorano con amore per i bambini e le loro famiglie per costruire legami di amicizia, che permettano un più stretto monitoraggio nei bambini. Ogni volontario è responsabile di un bambino nel monitorare le prove più dettagliate che permettano di superare le difficoltà e le esigenze delle loro famiglie in modo da prevenire gli abusi e le discriminazioni nel loro ambiente.!Si aiutano i bambini a fare le loro terapie di riabilitazione, a portarli alle riunioni, compiendo un lavoro affettivo ed effettivo con loro.

Suor Martha con i bambini che mostrano i loro lavori.

CONCLUSIONI Noi del Team di Pastorale sociale, insieme a tutti i volontari, sentiamo una gioia profonda per queste attività e per i risultati che si ottengono sul Progetto di riabilitazione globale e di svago. La grande maggioranza di questi bambini non aveva mai avuto la possibilità di usufruire di!tutti questi trattamenti e ora, grazie a questo progetto, sono stati riabilitati. Tenendo conto dei risultati ottenuti c’è la necessità di promuovere la parità dei diritti attraverso l’accesso alla loro riabilitazione e accettazione, il

32

BRASILE TERESINA COMUNITÀ “SANT’ANGELA MERICI” Questo sorriso dice tutto...

tutto per rispondere e collaborare al loro sviluppo.!E’ importante la consapevolezza della famiglia, in particolare dei genitori, responsabili di garantire futuro ai loro figli. Va sottolineato che il processo di riabilitazione di ogni bambino progredisce nella misura delle sue capacità, come dimostrato dalla quantità di sessioni raggiunte quest’anno e il numero di visite mediche, anche se la partecipazione dei genitori non è sempre stata attiva. Pertanto è necessario e importante questo Progetto, finanziato anche da Don Cristoforo Vescovi, ora parroco di Villongo (BG), che ha vissuto per dieci anni come missionario a Munaypata. Ringraziamo tutte le famiglie e le persone che contribuiscono a realizzare i sogni e le speranze di questi nostri bambini e adolescenti. Hna Martha Arnés Responsable de P.S. - C.M. Lidia Chambi Zabaleta Coordinadora de servicios 1

Il Centro di Riabilitazione Infantile-Neurologica “Mario Parma” è in onore della Dottoressa Anna Mazuchi, una laica con una grande sensibilità verso i bambini disabili. Desiderando conoscere un luogo particolare per fondare questo Centro, essa fu aiutata dalla Dottoressa Calori dell’Istituto “La Casa”, amica di Suor Domitilla, a scegliere la zona di Munaypata. Il Centro sorge accanto all’Ospedale “Juan XXIII”, nella stessa struttura in cui funziona la Scuola per Infermiere ausiliarie diretta da Suor Mary Hidalgo.

PRIMA PROFESSIONE

L

a proposta che ci viene dal Vangelo di questa domenica, Vangelo che abbiamo letto durante la Santa Messa di Prima professione di Irene, è un desiderio grande per tutti noi: “Vogliamo vedere Gesù” (12, 21), ci ha detto San Giovanni. Tutti siam invitati a guardare a Lui, per imparare!da Lui e per seguirlo!sulla!via dell’amore!radicale e!del dono della vita. Gesù ha vissuto così, senza la paura del “mondo” e, a coloro che lo “vogliono vedere”, egli propone lo stesso percorso di amore e di!abbandono totale.


Voci di casa nostra Oggi, la nostra cara Irene, con gioia e generosità, ha risposto “SÌ” esprimendo! pubblicamente la sua! adesione alla!chiamata del Signore!e la volontà di! seguirlo più da vicino! nella vita! fraterna all’interno dell’Istituto!della Beata!Caterina Cittadini e di sua sorella Giuditta che!ci insegnano ad! essere Apostole educatrici dedite alla missione educativa come “vere madri in Cristo”. La nostra gratitudine a Gesù, “Sposo amabilissimo”, per la risposta di questa giovane donna, ora!Suor Irene! Preghiamo il Signore perché rafforzi sempre più la sua fede e! la sua speranza, la confermi! nel Suo amore perché, fedele nel cammino iniziato, possa essere un segno della Sua bontà in mezzo al suo popolo. A Padre Nilton, che ha presieduto la Celebrazione eucaristica invitandoci a continuare ad essere Madri per la nostra gente, a Padre Raniere, sacerdote concelebrante e amico, a tutti i Religiosi e Religiose presenti, ai parenti e ai genitori di Suor Irene, al coro che ha animato la Santa Messa con bellissimi canti e a tutte le persone

amiche che hanno aiutato a preparare questa Festa, vanno i nostri più sentiti ringraziamenti e la nostra preghiera. In comunione! con Madre! Letizia! e con!tutte le nostre Sorelle dell’Istituto, chiediamo! al Signore di benedire!e proteggere!la nostra vita!e di dare alla Chiesa e!alle nostre famiglie!sante!vocazioni religiose! Nostra Signora dell’Annunciazione, la cui Festa!si celebra!oggi, prega per noi! Suor Ione Pinheiro

“IO SONO LA SERVA DEL SIGNORE. SI COMPIA IN ME LA TUA PAROLA” (Lc.1, 38)

Ti ringrazio Signore per il dono della tua chiamata. Che gioia mi hai dato nel giorno della mia Prima Professione! Nel mio cuore avevo solo una certezza: che mi volevi per amare e servire.

Negli occhi delle persone presenti alla Celebrazione ho potuto vedere te, Signore, mentre mi affidavi a Maria come mia protezione e mia forza. Durante l’Omelia mi ha colpito questa frase: “Non c’è chiamata senza Croce e senza Croce non c’è salvezza”. Ho provato grande gioia nel pronunciare la formula della Professione e nel ricevere il Crocifisso a cui ho chiesto che mi aiuti a seguirlo fedelmente ogni giorno come vera madre in Cristo, anche per intercessione della Beata Caterina e di madre Giuditta, nostre Fondatrici. Ringrazio Madre Letizia e tutte le Sorelle della Congregazione che mi hanno accompagnata con la preghiera e mi hanno incoraggiata a continuare il cammino. Per questo giorno e per tutto ti ringrazio, Amato Signore! Suor Irene Carvalho Silva

33


F

O N D A Z I O N E

“Caterina Cittadini”

ONLUS

Z DO

LIBERE

I NZA N O TA I IS D A

Già in atto da una quindicina di anni, l'iniziativa, estesa alla Bolivia, al Brasile, all'India, alle Filippine, all!Indonesia dove operano le Suore Orsoline di Somasca, prevede l'assistenza a bimbi indigenti, sia a livello sanitario che scolastico.

Vuoi amare e aiutare un bambino a crescere? Vuoi sentirti padre o madre di chi non ce l!ha?

Gli adottati sono tutti conosciuti e assistiti dalle Suore che, periodicamente, ne danno notizia. Ad ogni richiedente viene inviata una scheda con la foto del bimbo/a adottato/a e brevi notizie sulla situazione familiare; è richiesto un impegno almeno quinquennale per dare all'adottato la possibilità della frequenza scolastica di base. È chiesta pure la disponibilità per la sostituzione dell'adottato qualora questi non fosse più reperibile o non avesse più necessità di aiuto. Sono previsti versamenti: - annuali (euro 230,00) - mensili (euro 20,00).

O

A

La Fondazione, in sintonia con gli obiettivi educativi dello Statuto, si impegna a promuovere la crescita integrale dei minori, a combattere il disagio femminile, a sostenere attività organizzate in vista del miglioramento delle condizioni di vita nei territori di missione Ad Gentes dell!Istituto. Assume, in particolare, le seguenti iniziative: costruzione in terra di missione di strutture rispondenti al Carisma educativo dell!Istituto; adozioni a distanza; interventi di solidarietà sociale; microrealizzazioni.

E T RVuoi offrire il tuo contributo E Fondazione a sostegno FF alla della “carità educativa” di Madre Caterina? Un fondo, alimentato da offerte libere, è destinato: • a iniziative di solidarietà sociale a favore di persone minorenni e maggiorenni svantaggiate; • a microrealizzazioni (fornitura di medicinali, di alimenti, di materiale scolastico ecc.).

a che qualsiasi somma, anche minima, Ricord è preziosa: è una goccia nel mare, ma il mare è fatto di gocce!

Ecco come puoi offrire il tuo aiuto alla Fondazione: • con bonifico bancario sul c/c n. 5300 IBAN: IT79 R054 2811 1090 0000 0005 300 UBI Banca Popolare di Bergamo intestato a Fondazione “Caterina Cittadini” O.N.L.U.S., con la specifica del versamento • con versamento sul c/c postale n. 42739771 intestato a Fondazione “Caterina Cittadini” O.N.L.U.S., con la specifica del versamento. Anche nel 2011 è possibile destinare il 5‰ a “Fondazione Caterina Cittadini” ONLUS segnalando il Codice Fiscale 95121540165 Ricorda che, essendo ONLUS la Fondazione, puoi detrarre la donazione dalle imposte per le persone fisiche ai sensi dell!art. 13-bis del DPR 917/86 e per i redditi d!impresa ai sensi dell!art. 65 dello stesso DPR.


Libri in vetrina

CUCCA MARIO, PEREGO GIACOMO

PADRE LIVIO con DIEGO MANETTI

FERRARA ANTONIO

Nuovo atlante biblico interdisciplinare

Il ritorno di Cristo

Ero cattivo

Scrittura, storia, geografia, archeologia e teologia a confronto

La seconda venuta di Gesù e le profezie di Medjugorje sulla fine dei tempi

San Paolo, 2012

Piemme, 2012

Questa nuova edizione dell’Atlante Biblico, che tanta diffusione ha avuto in questi anni, si afferma ancora una volta come testo fondamentale per una lettura contestualizzata della Bibbia. Il volume è articolato in ventiquattro capitoli, ricchi di un apparato iconografico di grande rilievo, suddivisi in cinque sezioni: - contesto biblico, nella quale vengono presentati i testi biblici con le idee teologiche dominanti; - contesto storico, che colloca i testi negli eventi più importanti della storia dell’Antico Oriente; - archeologia, in cui si approfondiscono alcuni aspetti legati ai resti del mondo antico; - flash consistenti in brevi schede di approfondimento lessicale o tematico chiaramente evidenziate nel testo; - l’appunto, ossia una riflessione estrapolata dalla tradizione rabbinica, ecclesiale e teologica, nella quale si dà spazio ad autori di varie estrazioni e appartenenze. Le appendici e la corposa bibliografia di riferimento ci danno un’idea del grande lavoro di ricerca e di sintesi affrontato dai due insigni studiosi che fanno di questo atlante un valido sussidio di studio e uno strumento fondamentale per chi voglia cimentarsi nella lettura della Bibbia.

Tutti sicuramente conoscono Padre Livio attraverso Radio Maria da lui fondata, ma anche per le numerose pubblicazioni su Medjugorje. Questo libro, scritto insieme a Diego Manetti, docente di storia e filosofia, nella felice veste dell’intervista, possiamo dire che va oltre l’esperienza di Medjugorje per ridare speranza e fiducia a un mondo che sembra spesso vacillare nella vita e nella fede. Quanto più l’uomo contemporaneo si sente finito e provvisorio, pieno di domande angoscianti sul futuro del suo mondo, tanto più è attuale, per l’autore, “il tema del ritorno di Cristo che, nello specifico, getta una luce tutta nuova su questa prospettiva futura che nell’uomo contemporaneo è vissuta con paura e incertezza. In quest’ottica, la seconda venuta di Gesù non è, dunque, una questione da teologi o una faccenda solo interna alla Chiesa, ma riguarda, invece, una domanda più profonda che tocca l’uomo stesso che oggi vive in uno scenario di incertezza e di crisi, quasi fossimo alla fine di un’epoca o di un mondo”. La prima parte dell’opera, quindi, mira ad illustrare la situazione contemporanea ribadendo come “la storia cristiana sia un progetto divino di salvezza scandito da quattro tappe: la Creazione, la caduta, la Redenzione, «cieli e terra nuovi»”. Questa visione cristiana della storia introduce la seconda parte dell’opera che va dalla prima alla seconda venuta di Gesù, soffermandosi sulla profezia di Cristo, ma anche su quelle di molti autori e mistici cristiani. La terza parte mette in evidenza “i segni che accompagneranno lo scatenamento del Male”, l’agire subdolo e malvagio del Demonio, segni questi esaminati anche alla luce dei messaggi della Regina della Pace. La quarta parte si concentra sulla seconda venuta di Gesù e sui caratteri propri del suo ritorno. “La conclusione è che, in attesa del ritorno di Cristo, ognuno di noi è chiamato a impegnarsi personalmente per collaborare a quella grande opera che è il compimento del disegno di Dio”.

San Paolo, 2012

“Ripensavo quel pensiero amaro. Era un pensiero enorme, non sapevo come prenderlo, dovevo girarci intorno da tutte le parti, ai margini”: Angelo, un ragazzino di terza media, questa volta l’ha combinata proprio grossa. E’ quindi costretto a passare le sue giornate in una comunità di recupero, una “casa per tipi sbarellati” come lui, guidata con amore e decisione da un prete molto particolare, Costantino. Angelo, cinico e violento, sembra trovare in questa strana famiglia i suoi spazi e le sue regole e anche quelle attenzioni che forse in famiglia gli erano mancate. E poi c’è Costantino che, con la sua capacità di leggere dentro gli altri, è convinto che ognuno abbia solo bisogno di un obiettivo da perseguire nella vita e individua quello di Angelo nel prendersi cura di un cane, nell’educarlo e farlo crescere secondo delle regole precise che permettano anche a lui di essere accettato e accolto. Ma il “male” irrompe nel piccolo gruppo in modo diverso, a seconda delle circostanze, a volte in modo comico, altre in modo decisamente tragico. In ogni caso la lotta che il protagonista deve sostenere per raggiungere i suoi obiettivi, per rispondere alle richieste che man mano gli vengono poste da Costantino, segnano il suo percorso di crescita e presa di coscienza.

Libri in vetrina Libri in vetrina Libri in vetrina Libri in vetrina Libri in vetrina

a cura di Maria Marrese

35


In caso di mancato recapito rinviare al C.P.O. di Bergamo per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare il diritto dovuto.

Bimestrale da Settembre a Giugno

Specificare il motivo del rinvio. ! TRASFERITO ! DECEDUTO ! SCONOSCIUTO ! INSUFFICIENTE ! RESPINTO

Vuole essere portatore di un “messaggio” educativo-cristiano e portavoce delle iniziative dell’Istituto a favore di fratelli, specie bimbi, bisognosi di aiuto.

Vuoi sostenerlo

nel suo sforzo di giungere... lontano? Abbonamento annuo euro 15,00 c.c.p. 13567243

ne i l o s r O e r o Su o n Somas ca

t oi m u a l t o i r I s t n Gi di S

a

Casa madre: 23808 SOMASCA DI VERCURAGO (LC) Via S. Girolamo, 42 - Tel. e Fax 0341420373

Casa generalizia: 24128 BERGAMO - Via Broseta, 138 Tel. 035250240 - Fax 035254094

TUTELA DELLA PRIVACY - Cara lettrice, caro lettore, il suo nominativo fa parte dell'archivio elettronico della nostra rivista "IN ALTUM". Nel rispetto di quanto stabilito dalla legge n. 675/1996 per la tutela dei dati personali (privacy), comunichiamo che tale archivio è gestito dall'Istituto delle Suore Orsoline di S. Girolamo di Somasca, proprietario della suddetta rivista. I suoi dati pertanto non saranno oggetto di comunicazione o diffusione a terzi. Per essi lei potrà chiedere, in qualsiasi momento, modifiche, aggiornamenti, integrazione o cancellazione, scrivendo alla redazione di In Altum - Via Broseta, 138 - 24128 Bergamo. Sperando di continuare a meritare la Sua fiducia, La salutiamo con amicizia. La Redazione


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.