SafetyonLine sedicesimo

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SAFATYonLINE anno 1 numero 0 / 8 OTTOLOBI editoria e comunicazione

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Sommario

SAFATYonLINE

aprile 2014

Proprietà OTTOLOBI editoria e comunicazione Via A.Caretta, 3 20131 - Milano t/f 02.36798297 www.ottolobi.it P.IVA 03559000983

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EDITORIALE

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«OSSERVATORIO INDIPENDENTE» MONITORA MORTI SUL LAVORO: “DATI UFFICIALI INCOMPLETI”

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STRAGE VIAREGGIO, LA CORTE DEI CONTI SU RFI: “SICUREZZA, TAGLIATI 70 MILIONI IN 3 ANNI”

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LAVORO, NAPOLITANO: “MORTI SONO PIAGA SOCIALE. MAI ABBASSARE LA GUARDIA

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AMIANTO: QUALI DISCARICHE POSSONO ACCETTARLO?

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IL RISCHIO DA SOVRACCARICO BIOMECCANICO IN AGRICOLTURA

Pubblicità t/f 02.36798297 info@ottolobi.it 3


SAFETYonLINE

EDITORIALE Con il nome SAFETYonLINE vogliamo essere chiari sin da subito: il nostro scopo è quello di diffondere la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro e di farlo in formato digitale, rispettando l’ambiente, bypassando le costose riviste cartacee e aumentando di gran lunga la fruibilità da parte del lettore. Oggi più che mai, comunque si vogliano interpretare i dati che parlano di una percentuale di morti sul lavoro in diminuzione - forse anche per l’incremento della disoccupazione, ma è opinione di chi scrive - la cultura della sicurezza nelle piccole e medie imprese è spesso lasciata al caso, se non totalmente assente. Preso atto della situazione, è importante far fronte a questa lacuna attivando una seria campagna formativa e informativa, cercando anche di capire come sia possibile coinvolgere e far interagire i professionisti del settore al fine di mutarne, prima ancora del comportamento, il loro modo di pensare. Il nostro obiettivo quindi è quello di sviluppare, all’interno del magazine, una serie di articoli riguardanti la prevenzione dagli infortuni e la tutela dei lavoratori, curate da professionisti del settore, che siano permeati di personalità e senso critico, stimolando il contraddittorio e la discussione. Vogliamo fornire aggiornamenti puntuali e competenti. Non vogliamo parlare per bocca delle norme, ma utilizzare quest’ultime per fornire dei consigli ai datori di lavoro, ai preposti, agli stessi lavoratori, a chiunque intenda approfondire tematiche così complesse ma d’importanza fondamentale. Non siamo presuntuosi e non vogliamo lasciarci andare ai soliti proclami in cui ci prefissiamo di diventare uno strumento di lavoro indispensabile, ma certamente vogliamo accompagnare - e farlo al meglio - i compiti di tutti gli addetti coinvolti, contrastando la carenza culturale cronica che contraddistingue la prevenzione nei luoghi di lavoro.

Lorena Martinelli Editoriale


«OSSERVATORIO INDIPENDENTE» MONITORA MORTI SUL LAVORO: “DATI UFFICIALI INCOMPLETI” Il progetto “volontario” è di Carlo Soricelli, metalmeccanico in pensione che denuncia: “I dati diffusi dalle istituzioni sono incompleti. Io voglio solo ricordare che non bisogna mai abbassare l’attenzione e che questo è uno dei drammi che vive la nostra società contemporanea” L’idea di fondare un Osservatorio indipendente dedicato al monitoraggio delle morti sul lavoro Carlo Soricelli, metalmeccanico in pensione, l’ebbe guardando le fotografie dei sette operai che persero la vita alla Thyssen Krupp di Torino. Era il 2007, la notte tra il 5 e il 6 dicembre, e da poco era scoccata l’una del mattino quando una fuoriuscita di olio bollente, che provocò un incendio, uccise Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demani. “Seguii la notizia sui giornali – ricorda Soricelli – e mi stupii nel constatare come in Italia non si riuscissero a trovare dati precisi sul numero di vittime che ogni anno perdono la vita svolgendo la propria professione. Per me era una lacuna, così decisi di colmarla”. Il 1 gennaio 2008, quindi, l’ex operaio della Fasco di Granarolo, azienda fondata 45 anni fa nel bolognese, specializzata nella produzione di chiodatrici e cucitrici industriali, avviò l’Osservatorio indipendente di Bologna, e anno dopo anno si impegnò, “in maniera del tutto volontaria”, in una attività di monitoraggio su scala nazionale, “perché questa è una piaga sociale sulla quale non bisogna mai abbassare l’attenzione”. “Seguendo da vicino tutti i casi riportati – racconta Soricelli, che è anche pittore – mi sono reso conto che i dati diffusi dall’Inail

sono incompleti. L’Inail, come mi è stato confermato dall’ente stesso, è in grado di monitorare esclusivamente le categorie assicurate tramite l’istituto nazionale, quindi non tutti i gruppi professionali vengono conteggiati: mancano i vigili del fuoco, i carabinieri, la polizia. O le partite iva, per esempio, che pagano la propria assicurazione a parte”. A riprova, spiega il fondatore dell’Osservatorio di Bologna, ci sono i dati: nel 2012, secondo Inail, i morti sul lavoro sono stati 790, di cui 409 in itinere, cioè deceduti in seguito a incidenti avvenuti mentre il lavoratore si spostava da, oppure verso, il proprio posto di lavoro. “A me risulta un dato molto più elevato: secondo i casi monitorati, le persone che nel 2012 hanno perso la vita sul lavoro sono state più di 1180. Il dato non è preciso perché non sempre per un cittadino è facile capire se un incidente stradale, per esempio, riguarda il titolare di una partita Iva che stava andando a lavorare. Certo è che, escludendo i casi in itinere, solo le vittime accertate sono state 625. Un numero ben superiore rispetto a quello fornito da Inail”. Anche perché, secondo i numeri dell’Osservatorio, sarebbero da conteggiare anche le circa 1.200 richieste pervenute all’Istituto e inoltrate da famiglie i cui cari erano morti in servizio ma non erano ancora stati riconosciuti come morti sul lavoro.

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Ma nemmeno il decremento registrato da Inail nel numero di morti sul lavoro torna a Soricelli: “Dal 2008 a oggi, sempre secondo i dati ufficiali, si sarebbe registrato un calo nel numero di vittime decedute in seguito a incidenti fatali. Non sono convinto che sia così. Nel conteggio, infatti, bisogna considerare che molte aziende, per via della crisi, assumono sempre più lavoratori a partita Iva, piuttosto che a contratto. E quella categoria non rientra nel monitoraggio”. I rilievi, precisa il fondatore dell’Osservatorio, “non vogliono puntare il dito, ma intendono semplicemente segnalare che il problema esiste, e che le risorse, oggi, non sono utilizzate con sufficiente oculatezza. Si sente parlare di sprechi ogni giorno: bene, io credo che i soldi a disposizione dovrebbero essere ottimizzati, perché è necessario investire sulla sicurezza”. E’ stato lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel giorno della 63esima giornata dedicata alle vittime di incidenti sul lavoro, del resto, a definire questa “una piaga sociale” sulla quale “non si deve abbassare la guardia”. “E’ una carneficina – conferma Soricelli – da quando l’Osservatorio ha aperto sono stati monitorati 3690 lavoratori morti sui luoghi di lavoro, comprese le vittime decedute anche molto tempo dopo a causa dell’infortunio. Con i decessi in itinere si arriva a superare le 7400 vittime di infortuni mortali. Solo nel 2013 sono stati documentati, ad oggi, 553 vittime, cifra che arriva a oltre 1150 casi se si aggiungono i morti sulle strade”. “Ciò che trovo scandaloso – continua – è il disinteresse dimostrato dalla politica sulla questione. Il problema però è reale: in Emilia Romagna, per esempio, il terremoto ha distrutto i capannoni come fossero castelli di sabbia, capannoni simili a quelli che si potrebbero trovare in tutta Italia. Dov’è la

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sicurezza? E se le persone muoiono, poi, le famiglie sono abbandonate a se stesse”. Ricorda Nicola Cavicchi, il giovane operaio morto a 35 anni sotto le macerie delle Ceramiche Sant’Agostino il 20 maggio 2012, la notte del primo terremoto in Emilia, Soricelli, ricorda Matteo Armellini, deceduto mentre montava il palcoscenico per il concerto di Laura Pausini: alle famiglie di entrambi venne riconosciuto un rimborso pari a 1936 euro, come prevede la normativa vigente. “Una normativa ingiusta – precisa – che andrebbe cambiata”. “L’Italia – conclude il fondatore dell’Osservatorio – è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, così recita la Costituzione all’articolo 1. Bene, ciò significa che il lavoro non è solo un diritto, ma un dovere, e lo Stato deve tutelare chi lo esercita. Fino a oggi la politica è stata sorda a questo appello, ma io continuerò a insistere – promette Soricelli – anch’io ho figli e nipoti, lo faccio anche per loro”.


STRAGE VIAREGGIO, LA CORTE DEI CONTI SU RFI: “SICUREZZA, TAGLIATI 70 MILIONI IN 3 ANNI” I magistrati contabili nella relazione di fine 2010 sul bilancio: “Progressiva diminuzione di stanziamenti per le tecnologie”. Ferrovie: “Negli stessi anni maxipiano di investimenti per 5 miliardi”. Ma l’agenzia nazionale a primavera ha lanciato l’allarme: “Preoccupante è la carenza manutentiva” C’è una cifra: 70 milioni di euro, spicciolo più spicciolo meno. Un periodo di tempo: il triennio 2006-2009. E un documento della Corte dei Conti che immortala il crollo degli investimenti per le tecnologie che dovrebbero migliorare la sicurezza sulla rete ferroviaria, in quei tre anni. Fino a quando viene raggiunta la cifra più bassa, proprio nel 2009. Proprio quell’anno, nella notte tra il 29 e il 30 giugno, a Viareggio un treno merci deraglia alla stazione, da un carro cisterna fuoriesce gpl e gas, fuoco e fumo uccidono 32 persone: un’intera strada viene rasa al suolo. La fonte è la relazione di fine 2010 dei magistrati contabili sulla gestione finanziaria della Rete ferroviaria italiana spa gestore dell’infrastruttura, mentre Trenitalia gestisce i convogli e le attività di trasporto e fa parte con la prima della holding Ferrovie dello Stato. L’analisi dei conti è relativa agli anni 2008-2009. Vengono riportati gli investimenti del 2008 (3,4 miliardi) e del 2009 (3 miliardi), relativi principalmente allo sviluppo e alla manutenzione straordinaria dell’infrastruttura ferroviaria. Il volume di spesa destinato agli “investimenti in ricerca e sviluppo” nel 2008 e nel 2009 è stato rispettivamente di 29,97 e 25,38 milioni di euro. Briciole rispetto ai 133,66 del 2006 e anche ai 64,43 milioni del 2007.

Ma soffermiamoci sul dettaglio delle singole voci. Al punto “Tecnologie per la sicurezza” si nota una progressiva diminuzione di stanziamenti. Nel 2006 sono 85,66 milioni. Nel 2007 41,33. Nel 2008 crollano a 17,22. Si arriva al 2009, quando i milioni si riducono a 16,03. In quattro anni sono spariti 69,63 milioni per le tecnologie che devono migliorare la sicurezza. Tanto che la stessa Corte dei Conti segnala “una notevole riduzione delle risorse destinate alla finalità istituzionale, che si riflette in modo particolare sulle tecnologie per la sicurezza”. Anche nelle voci “Diagnostica innovativa” e “Studi e sperimentazioni di nuovi componenti” si registrano importanti diminuzioni di investimenti. Il grosso di quei tre miliardi del 2009 se ne va altrove. Anche qui il volume di spesa è inferiore rispetto agli anni passati, ma Rfi riesce comunque a stanziare 2 miliardi e 609 milioni di euro, con un decremento di 506 milioni rispetto all’esercizio precedente. Dove vanno a finire questi due miliardi e più? Un miliardo e 16 milioni nei grandi progetti infrastrutturali. Un altro miliardo e 595 milioni nelle attività di mantenimento in efficienza dell’infrastruttura e per interventi sul territorio. Infine, la Corte registra che al termine del 2009 “il progetto Rete Av (alta velocità, ndr) ha raggiunto unavanzamento contabile complessivo prossimo al 90%”.

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Il documento è stato depositato durante l’udienza preliminare del processo sul disastro di Viareggio iniziato a metà novembre a Lucca. Tra i 33 imputati, che devono rispondere alle accuse di disastro ferroviario colposo, incendio colposo e omicidio e lesioni colpose plurime, ci sono i vertici e funzionari delle società del gruppo Fs e delle ditte proprietarie del carro e di quelle che lo revisionarono e montarono. Tra questi gli amministratori delegati di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, di Rfi Michele Mario Elia e di Trenitalia Vincenzo Soprano. Secondo l’avvocato Gabriele Dalle Luche, difensore di parte civile per conto dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dipendenti del gruppo, furono proprio le scelte aziendali di tutte le imprese coinvolte nel disastro ferroviario

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a compromettere gli standard di sicurezza. “Quanto accaduto a Viareggio nel giugno 2009 non può attribuirsi a una fatalità o al caso – spiega il legale -, ma a condotte di reato, quali sono quelle attribuite agli imputati, poste in essere in violazione delle normative vigenti in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, che solo per un caso non ha coinvolto gli stessi macchinisti alla guida del treno merci, altri lavoratori del settore ferroviario o passeggeri”. “Inoltre – continua Dalle Luche – ci chiediamo perché non sono stati adottati quei miglioramenti tecnici/ scientifici già normalmente disponibili sul mercato e utilizzati in altri Paesi, ad esempio il dispositivo di rilevamento immediato di deragliamento, detto antisvio, che se presente sul carro deragliato avrebbe evitato quanto accaduto”.


Ma Ferrovie dello Stato spiega: “Negli stessi anni, oltre alle attività di ricerca e sviluppo indicati, è stato completato il più importante piano di investimenti in tecnologie della sicurezza sulla rete ferroviaria della storia delle ferrovie, implementando sistemi di sicurezza per la marcia del treno quali Sistema Controllo Marcia Treno su 16.700 km di linee, il sistema di telecomunicazioni proprietario elusivamente dedicato al traffico ferroviario su 10mila km di linee, e, infine, il sistema Ertms sulle linee AV (600 km) che entravano in funzione proprio in quegli anni. Tale piano, avviato agli inizi degli anni 2000 per un valore complessivo di investimenti pari a 5 miliardi di euro, è stato attuato nella misura del 90% alla fine del 2009, di cui complessivi 2,3 miliardi di euro proprio nel quadriennio citato 2006-2009.” Ma dal 2009 e da quel crollo degli investimenti per la sicurezza in Rfi riportata dalla Corte dei Conti, i soldi continuano a diminuire. Nel bilancio 2012 di Rfi, l’ultimo disponibile, si legge: “Il volume di spesa consuntivato per investimenti in sviluppi tecnologici innovativi e stato pari a 7,89 milioni di euro”. Nel 2009 era stato di 25,38 milioni di euro. Al 31 dicembre 2012 la società ha invece investito in “Tecnologie per la sicurezza” 5,88 milioni di euro, circa dieci milioni in meno rispetto a quattro anni fa. Crollano anche i soldi stanziati per la “Diagnostica innovativa”, 0,15 milioni e gli “Studi e sperimentazioni su nuovi componenti e sistemi”, 1,86 milioni. La politica, poi, ci mette del suo. A settembre 2013 il governo Letta, per finanziare parte dell’Imu cancellata nel 2013, ha sottratto 300 milioni di euro al “finanziamento concesso al Gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale a copertura degli investimenti

relativi alla rete tradizionale, compresi quelli per manutenzione straordinaria” previsti nella Finanziaria 2006. Nonostante i 108 incidenti ferroviari avvenuti nel 2012, lo stesso numero del 2011, il più alto dal 2008. Il 39% causato da “difetti nell’esecuzione della manutenzione e alle problematiche connesse ai contesti manutentivi” dei binari o dei convogli. Gli investimenti previsti per la rete dal piano industriale 2011-2015 si fermano a 20 miliardi. Eppure nell’aprile scorso, l’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria aveva lanciato l’allarme. Presentando la relazione su “L’andamento della sicurezza delle ferrovie per l’anno 2012”, il direttoreAlberto Chiovelli aveva avvertito: “Il dato preoccupante è la carenza manutentiva“. Non è un caso che l’80% dei deragliamenti avvenuti nel 2012 sia dovuto a “problematiche nella manutenzione dell’infrastruttura”.

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LAVORO, NAPOLITANO: “MORTI SONO PIAGA SOCIALE. MAI ABBASSARE LA GUARDIA Il presidente della Repubblica scrive all’Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) per la 63/ma giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro. Ieri l’ultimo incidente mortale: a Bagheria (Palermo) un operaio di 23 anni ha perso la vita cadendo da 7 metri

”L’andamento decrescente del drammatico fenomeno degli infortuni sul lavoro, soprattutto in termini di perdita di vite umane, non deve far abbassare la guardia su quella che continua a rappresentare una drammatica piaga sociale”. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano scrive all’Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) per la 63/ma giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro”. “Rivolgo il mio omaggio alla memoria dei

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caduti ed esprimo la mia vicinanza a quanti hanno perduto salute e integrità fisica nei luoghi di lavoro. Come ho più volte sottolineato – prosegue Napolitano in un telegramma – l’andamento decrescente del drammatico fenomeno degli infortuni sul lavoro, soprattutto in termini di perdita di vite umane, non deve far abbassare la guardia su quella che continua a rappresentare una drammatica piaga sociale. Il recente gravissimo incidente di Lamezia Terme con la morte di tre operai in un silos, ne è drammatica conferma. E


desta particolare inquietudine l’entità degli infortuni tra i lavoratori stranieri. Apprezzo quindi il vostro impegno nel promuovere una forte cultura della sicurezza e della prevenzione per il rispetto delle regole poste a tutela dell’incolumità sul posto del lavoro e in difesa della vita e della dignità di tutti i lavoratori, valori essenziali garantiti dalla nostra Costituzione. Con questo spirito – conclude Napolitano – rivolgo il mio partecipe saluto a Lei presidente Bettoni, ai mutilati, agli invalidi e ai familiari delle vittime sul lavoro che in questa giornata particolare ricordano il sacrificio dei loro cari tragicamente scomparsi”.

promuovendo campagne di informazione e sensibilizzazione su tali temi. Ciò affinché il diritto al lavoro, protetto dalla nostra Costituzione, venga finalmente a essere declinato come il diritto a lavorare in sicurezza. Con questo auspicio – conclude – rivolgo a tutti i lavoratori rimasti vittime di questi terribili episodi e alle loro famiglie il mio personale commosso pensiero”.

Solo ieri l’ultimo incidente mortale. Un operaio di 23 anni, palermitano, ha perso la vita a Bagheria mentre stava riparando un tetto di un capannone di una società. Il giovane stava realizzando dei lavori di riparazione ed è caduto da un altezza di sette metri. Anche la presidente della Camera Laura Boldrini ha scritto all’Anmil: “Sebbene gli ultimi dati sugli infortuni sul lavoro sembrano mostrare una lieve flessione, il fenomeno conserva tuttora dimensioni inaccettabili in un Paese civile”. Boldrini chiede che “anche nella particolare congiuntura economica” di non abbassare “i livelli di sicurezza in un’ottica di risparmio. Non si può barattare la vita dei nostri lavoratori per il perseguimento del profitto a ogni costo. Occorre invece investire negli strumenti e nei dispositivi che le nuove tecnologie offrono per la prevenzione degli incidenti sul lavoro, aumentando al contempo i controlli e

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AMIANTO: QUALI DISCARICHE POSSONO ACCETTARLO? Dall’Inail la mappatura delle discariche che accettano in Italia rifiuti contenenti amianto e loro capacità di smaltimento passate, presenti e future.

In merito ai problemi correlati all’amianto l’Inail, DIPIA Gruppo Amianto e Aree exEstrattive Minerarie, ha elaborato una nuova edizione 2013 della pubblicazione che riporta il numero di discariche chiuse, in esercizio, sospese e in attesa di autorizzazione che accettano Rifiuti Contenenti Amianto (RCA). Riprendiamo dalla pubblicazione una sintesi dei contenuti a cura di Federica Paglietti, Responsabile Scientifico Gruppo Amianto e Aree ex-Estrattive Minerarie.

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L’Italia è stata fino agli anni ‘90 tra i maggiori produttori mondiali di amianto e nel 1992, è stata tra le prime nazioni a bandire tale sostanza su scala internazionale, stabilendo con Legge n. 257 del 27/3/1992 il divieto di estrazione - importazione - esportazione - commercializzazione – produzione di amianto - di prodotti di amianto - di prodotti contenenti amianto. Tale Legge non impone però l’obbligo di dismissione di tale sostanza o dei materiali che la contengono,


pertanto ancor oggi risultano numerosi i siti contaminati da bonificare e rilevanti sono i quantitativi dei Rifiuti Contenenti Amianto da smaltire. L’Italia ha emanato numerose norme tecniche di settore tra cui le principali sono il D.Lgs. 277/1991, D.M. 6/9/1994, D.P.R. 8/8/1994, D.M. 26/10/1995, D.M. 15/5/1996, D.M. 20/8/1999, L. 93/2001, D.M. 101/2003, D.M. 248/2004, D.Lgs. 81/2008. Dette norme consentono di tutelare la sicurezza dei lavoratori esposti ad amianto, forniscono istruzioni in merito alla corretta mappatura su tutto il territorio nazionale dei siti contaminati da amianto e indicano come procedere alla gestione in sicurezza delle attività di bonifica dei siti inquinati da tale sostanza cancerogena. Pertanto è considerata paese leader nelle tecniche di individuazione e prevenzione del rischio di esposizioni indebite a tale sostanza cancerogena, sebbene si rilevino ancora significative lacune nella gestione dei flussi di Rifiuti Contenenti Amianto (RCA).

al 2011, le volumetrie residue, le volumetrie future in attesa di autorizzazione e alcune valutazioni delle informazioni acquisite considerando i dati sia a scala regionale che nazionale.

Nel corso della II Conferenza Governativa sull’Amianto del Novembre 2012, l’INAIL DIPIA ha presentato le risultanze della prima mappatura degli impianti di smaltimento che accettano Rifiuti Contenenti Amianto da cui è emerso che, a fronte degli elevati quantitativi di RCA ancora da smaltire, sul territorio nazionale vi è una insufficienza di discariche per tale tipologia di rifiuti. Tale carenza è stata altresì confermata nel Piano Nazionale Amianto e viene ribadita dal presente studio che, di seguito, illustra i dati aggiornati al 2013. Esso riporta il numero di discariche chiuse, in esercizio, sospese e in attesa di autorizzazione che accettano RCA. Inoltre vengono indicati i volumi smaltiti nell’anno 2012, il trend evolutivo rispetto

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IL RISCHIO DA SOVRACCARICO BIOMECCANICO IN AGRICOLTURA Un seminario ha affrontato il tema della prevenzione e gestione del rischio da sovraccarico biomeccanico in agricoltura ed edilizia. Focus sulle attività di potatura e sulla valutazione del rischio ad esposizioni tipiche dei lavori agricoli.

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Nel quinquennio 2006 – 2010, come riportato in una pubblicazione dell’Inail relativa al rischio da sovraccarico biomeccanico, c’è stato un notevole incremento nel numero di denunce di Malattia Professionale nella gestione “Agricoltura”: le malattie denunciate risultano essere più che quadruplicate (da 1.447 a 6.380). A giustificare questi dati sia il fenomeno di emersione delle malattie cosiddette ‘perdute’, sia l’aumento delle patologie osteo-articolari e muscolo-tendinee in relazione anche all’entrata in vigore delle nuove tabelle delle malattie professionali nell’Industria e nell’Agricoltura. Per soffermarci sui rischi da sovraccarico nel comparto agricolo torniamo a fare riferimento agli interventi presentati al seminario internazionale che si è tenuto il 13 e 14 giugno 2013 a Giovinazzo (BA) - organizzato dalla Regione Puglia in collaborazione con Inail, centro EPM e SNOP - dal titolo “Prevenzione e gestione del rischio da sovraccarico biomeccanico in agricoltura ed edilizia”. Dopo aver parlato dei problemi muscoloscheletrici nel settore edile, ci soffermiamo oggi sui rischi di sovraccarico biomeccanico in agricoltura. Il primo intervento che presentiamo si intitola “Sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. Il problema dell’analisi multicompiti a ciclo annuale in agricoltura: l’analisi organizzativa della distribuzione dei compiti e della loro durata nell’anno. Gli indici di rischio intrinseci il calcolo l’indice

espositivo finale” ed è a cura di Daniela Colombini - Unità di Ricerca EPM (Ergonomia della Postura e del Movimento). L’intervento presenta procedure e criteri per la valutazione del rischio a esposizioni a più compiti a cicli stagionale o annuale, tipico ad esempio dei lavori agricoli e “l’estensione di utilizzo delle formule di calcolo fin ad ora applicate solo per il calcolo del turn-over giornaliero”. In particolare si indica che il metodo Ocra per la valutazione del rischio connesso ai movimenti ripetuti degli arti superiori, si articola in “due diversi strumenti: Checklist Ocra e Indice Ocra”. Per entrambi sono previste apposite “procedure di calcolo per l’analisi di più compiti ripetitivi svolti dallo stesso gruppo di lavoratori (Multitask analysis)”, ma tali procedure sono state finora basate sul “concetto del valore medio ponderato per il tempo” che appare comunque laddove le rotazioni tra i compiti siano assai frequenti. In questi scenari “può essere ipotizzato che esposizioni ‘elevate’ siano in qualche modo compensate da esposizioni più basse che si alternano fra di loro in tempi ravvicinati”. Tuttavia tale approccio, in diverse realtà applicative, “è risultato poco adatto se non addirittura fuorviante, laddove ad esempio un elevata esposizione continuativa per circa metà del turno era seguita, per l’altra metà, da una esposizione leggera: in tali casi infatti il valore medio ponderato non riflette il picco di esposizione continuativo di metà turno”.


Dunque laddove la rotazione tra i compiti sia meno frequente (ad esempio una volta ogni 1,5 o più ore), “l’approccio ‘medio ponderato per il tempo’ potrebbe determinare una sottostima del livello effettivo di esposizione”. Per questi scenari risulta invece più realistico “il ricorso a un approccio alternativo basato sul concetto del ‘compito più sovraccaricante come minimo, valutato per la sua effettiva durata’, modello matematico detto ‘Multitask Complex’. Quest’ultimo approccio è già stato definito e applicato nel metodo del NIOSH per l’analisi di compiti multipli (in sequenza) di sollevamento e ora adattato all’applicazione anche al metodo Ocra. Il risultato di questo approccio sarà, come minimo, equivalente all’indice Ocra del compito più sovraccaricante considerato per la sua effettiva durata e, come massimo, uguale all’indice Ocra dello stesso compito considerato però (solo in via teorica) per la durata complessiva di tutti i compiti ripetitivi esaminati”. Dopo questi aspetti correlati all’analisi del sovraccarico in agricoltura, passiamo brevemente a un intervento che si occupa di una specifica attività: l’ attività di potatura. L’intervento, dal titolo “Il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nelle attività di potatura con uso di differenti utensili”, è a cura del Dott. Ugo Caselli (INAIL - Direzione Regionale Marche - Contarp). Nell’intervento si fa riferimento ad un “Protocollo d’intesa in materia di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro – Settore agricoltura” (settembre 2010) finalizzato ad attività pluriennale di “ricerca e sperimentazione volte alla riduzione degli infortuni e delle malattie professionali nel settore agricolo”. Dopo aver riportato vari dati si riportano alcune attività di ricerca relative al sovraccarico biomeccanico degli arti

superiori nella fase di potatura di un albicoccheto con uso di: - forbici elettriche non montate su asta telescopica, corredate di porta batteria a spalla; - forbici pneumatiche montate su asta telescopica con lunghezza regolata a 1.8 m; - sega elettrica non montata su asta telescopica, corredata di porta batteria a spalla; - seghetto e forbici manuali. Rimandando a una visione integrale delle slide relative all’intervento, che riportano i dati e gli indici relativi al sovraccarico biomeccanico, veniamo alle considerazioni conclusive del relatore. In queste attività si rileva: - “particolare attenzione da porre nella fase valutativa; - utilità degli utensili elettro/pneumatici montati su asta telescopica”. Questi, infine, i possibili interventi ai fini preventivi: - “utilizzo di utensili elettrici o pneumatici; - uso di attrezzature dedicate (carri)”; - considerare le “caratteristiche delle piante”; - “organizzazione del lavoro”.

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