Le scelte economiche e l’informazione1. Nei capitoli precedenti abbiamo adottato esplicitamente l’ipotesi secondo cui i consumatori conoscono perfettamente tutte le alternative loro disponibili, e devono scegliere quel comportamento che reca loro il massimo beneficio, dati i vincoli entro i quali si trovano ad operare. Vedremo ora come ampliare quest’analisi nel caso in cui non vi sia informazione completa. Il caso più frequente riguarda tutte le scelte che implicano avvenimenti che si verificheranno nel futuro. Il futuro è incerto per definizione, ma possiamo suddividere gli eventi futuri in due categorie distinte: quelli per i quali possiamo calcolare una probabilità che gli eventi stessi si verifichino, e gli eventi che sono invece assolutamente imprevedibili. Ad esempio non sappiamo se, lanciando una moneta, uscirà testa o croce. Sappiamo però che, se la moneta non è truccata, la probabilità che esca testa è eguale alla probabilità che esca croce2. Un esempio di evento imprevedibile potrebbe riguardare la scoperta di nuove applicazioni per un prodotto chimico usato per tutt’altri scopi. In moltissime situazioni gli individui raccolgono informazioni per poter calcolare la probabilità di determinati eventi, e in base a tali calcoli potranno poi effettuare le loro scelte. Ad esempio, un consumatore non conosce le caratteristiche di un bene appena lanciato sul mercato: per calcolare la probabilità che tale prodotto soddisfi un suo bisogno potrà raccogliere informazioni, ad esempio seguire la pubblicità, chiedere un parere a qualcuno che ha provato il prodotto, leggere quanto riportato sulla confezione, e così via. L’impresa che lancia il prodotto avrà ovviamente un forte interesse a convincere i consumatori che quel bene è proprio ciò di cui hanno bisogno: le imprese potrebbero anche essere spinte a “barare” fornendo informazioni false ai consumatori. Dovremo quindi analizzare due problemi: come distinguere le informazioni credibili da quelle meno credibili? Una volta ottenute le informazioni e calcolata la probabilità dei vari eventi rilevanti, qual è la scelta ottimale in una situazione di incertezza?
In tutti gli aspetti della vita economica e sociale gli individui si scambiano informazioni, e hanno interesse a che le informazioni da loro prodotte siano credibili per l’interlocutore. Esistono alcuni semplici principii che ci aiutano a distinguere le informazioni credibili da quelle false. Il primo è che le informazioni sono tanto più credibili quanto più è costoso o difficile simularle. Ad esempio, un locale che prepara le pizze in un luogo visibile dai clienti garantisce la qualità degli 1
Questo capitolo, che è ampiamente basato sull'esposizione in Frank (1999), può essere trascurato in una prima lettura del testo. 2 Per una brevissima introduzione al calcolo delle probabilità si rimanda all’appendice. 35
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ingredienti meglio di un altro che ha il forno in una stanza separata. Una minaccia proveniente da un individuo muscoloso è molto più credibile di quella fatta da una persona gracile. Un’ impresa che consente la restituzione dei prodotti difettosi è più credibile di un’altra che non rimborsa la merce deteriorata. Quest’ ultimo esempio ci consente anche di mostrare come la credibilità sia connessa alla possibilità di ripetere l’interazione tra gli stessi soggetti. Un negoziante che vende latticini ogni settimana agli stessi clienti ha pochi incentivi a falsificare le informazioni, vendendo ad esempio prodotti scadenti al prezzo di prodotti di qualità, in quanto il costo che dovrebbe sostenere - la perdita dei clienti - è elevato. Un venditore di auto usate, invece, difficilmente venderà più di una automobile alla stessa persona: il costo di falsificare l’informazione sulla qualità dell’automobile in vendita è quindi molto più basso, e le sue informazioni saranno meno credibili. Un secondo principio di cui si deve tener conto è quello di comunicazione completa: se un soggetto trae benefici dal fornire informazioni a lui favorevoli, come ad esempio un’impresa che fornisca informazioni sulla qualità dei beni prodotti, agli altri soggetti converrà fornire informazioni analoghe, anche se meno favorevoli. Prendiamo ad esempio il mercato delle auto usate, e supponiamo che ci siano in vendita auto dello stesso tipo: quella in migliori condizioni vale 10 milioni, mentre le altre hanno difetti di vario tipo, per cui il loro valore effettivo spazia in modo uniforme da 0 a 10 milioni. I consumatori non sono in grado di distinguere il valore delle auto, se non basandosi sulle informazioni fornite dal venditore. Sanno però che il valore può variare da un minimo di zero ad un massimo di dieci milioni, e quindi possono calcolare il valore atteso, che è pari a 5 milioni. Il proprietario dell’auto in ottime condizioni ha quindi interesse a rilevare le caratteristiche dell’ auto da lui posseduta, ad esempio mettendola in vendita a 10 milioni e promettendo di rimborsare l’acquirente per eventuali difetti. Tutti i possessori di auto con valore superiore a 5 milioni avranno la stessa convenienza: loro sanno che l’auto vale più di 5 milioni, che è il valore che il consumatore attribuisce all’auto in assenza di informazioni, e quindi hanno un incentivo a comunicare in modo veritiero al consumatore le caratteristiche della loro auto. A questo punto i consumatori conoscono le caratteristiche di tutte le auto con valore superiore a 5 milioni, e sanno che le rimanenti avranno un valore inferiore. Il valore atteso delle auto rimaste scenderà dunque a 2,5 milioni, e ciò spingerà i possessori di auto di valore superiore a questa cifra a fornire informazioni veritiere ai consumatori, e così via, finchè tutti i venditori non abbiano rivelato in modo credibile le informazioni sulle auto da loro possedute. La garanzia fornita su di un bene è un altro ambito in cui vige il principio di informazione completa: se una ditta garantisce il proprio prodotto per 5 anni, le aziende concorrenti, che
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producono beni di qualità inferiore, avranno un incentivo a fornire una garanzia, per dare un segnale ai consumatori sul fatto che la qualità della loro produzione è superiore a quella media dei prodotti non garantiti. Gli esempi forniti evidenziano come questo tipo di problemi sorgano in presenza di informazione asimmetrica, ossia di situazioni in cui cioè uno dei soggetti in un rapporto ha informazioni utili, che mancano alla controparte. L’informazione asimmetrica può creare problemi di selezione avversa. Consideriamo ad esempio il mercato assicurativo: i clienti potenziali di una compagnia sono in teoria equamente distribuiti in base alla loro probabilità di causare un incidente d’auto, ma la compagnia assicuratrice non ha modo di discriminare tra guidatori prudenti e spericolati: la compagnia quindi fisserà delle tariffe in base alla rischiosità del guidatore medio. A questo punto tutti i guidatori prudenti troveranno poco conveniente stipulare un’assicurazione, in quanto il costo di assicurarsi sarà più elevato del costo da sostenere nel caso di un incidente, che è per loro poco probabile. Viceversa, seguendo lo stesso ragionamento, tutti i guidatori spericolati avranno interesse ad assicurarsi. La mancanza di informazioni sulla rischiosità dei clienti potenziali fa sì che si assicurino solo i clienti peggiori3. Un caso analogo è quello del mercato delle automobili usate. E’ più probabile che venga messa in vendita un’ auto che ha difetti di fabbricazione, piuttosto che una in perfette condizioni. Ciò comporta che il prezzo di vendita di un’auto con pochi mesi di vita sia sensibilmente più basso di quello di un’auto nuova, perché gli acquirenti sanno che sul mercato dell’usato opera un meccanismo di selezione avversa, in cui la qualità delle auto in vendita è inferiore a quella media delle auto prodotte nello stesso periodo.
Una volta ottenute le informazioni rilevanti i soggetti economici possono calcolare le probabilità dei vari eventi, ed effettuare delle scelte in base ai valori attesi dei risultati degli eventi stessi. Ad esempio, per sapere se conviene scommettere ad un gioco in cui si vincono L. 1.000 se esce testa nel lancio di una moneta non truccata, e si perdono L. 1.000 se esce croce, si calcola il valore atteso della scommessa: V = P(T)*(1.000) + P(C)*(-1.000) V = 0,5*1.000 - 0,5*1.000 = 0
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L’assicurazione contro il rischio crea un altro problema, noto come azzardo morale (moral hazard). Supponiamo di aver stipulato una assicurazione equa contro il furto, nel senso che il costo dell’assicurazione è eguale alla probabilità di essere derubati moltiplicata per la perdita attesa a seguito di un furto. Se l’assicurazione copre completamente il rischio di furti, l’assicurato sarà meno attento a tutelare i suoi beni, e quindi aumenterà la probabilità che subisca un furto. 37
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Dove P(T) è la probabilità che esca testa, pari al 50%, e P(C) la probabilità che esca croce. Il valore atteso del gioco in questo caso è nullo: se si giocasse un numero sufficiente di volte le perdite compenserebbero esattamente le vincite. Un gioco con valore atteso nullo è anche detto equo. Il ragionamento economico porterebbe a concludere che si dovrebbe essere indifferenti tra l’accettare la scommessa e il rifiutarla. Si è però notato che, mentre molte persone sono disposte a partecipare ad un gioco in cui possono vincere o perdere L. 1.000 con eguale probabilità, poche sono disposte a scommettere quando la posta in gioco aumenta, come nel caso in cui si vincano 10 milioni se esce testa, e se ne perdono 10 se esce croce. E’ stata proposta allora una teoria secondo la quale la scelta tra due possibili risultati non dipende dal valore atteso del risultato degli eventi, ma da come la ricchezza complessiva dell’individuo viene modificata dal valore atteso degli eventi stessi. Supponiamo che la scommessa appena descritta (si vincono o si perdono dieci milioni con eguale probabilità) sia proposta ad un individuo con un reddito annuo di 10 milioni, e ad un altro individuo con un reddito annuo di un miliardo. Intuitivamente, il primo individuo sarà molto più restio ad accettare la scommessa, in quanto la perdita eventuale coprirebbe la totalità del suo reddito, mentre per il secondo individuo la perdita eventuale ne costituirebbe solo una piccola frazione.
La teoria sulla scelta in condizioni di incertezza può essere riassunta dicendo che si sceglierà quell’azione che comporta l’utilità attesa maggiore. A tale proposito, si distinguono gli individui in avversi al rischio, neutrali rispetto al rischio, e propensi al rischio. Un individuo è avverso al rischio se, in base al principio dell’utilità attesa, rifiuta di partecipare ad un gioco equo. Consideriamo ad esempio un individuo con una ricchezza di dieci milioni, al quale viene proposto di scommettere sul
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lancio di una moneta, con eguale probabilità di vincere o perdere un milione. Nel caso di vittoria la sua ricchezza salirà a 11 milioni, e scenderà a 9 nel caso di perdita. Se l’individuo è avverso al rischio, ciò vuol dire che l’utilità certa del suo reddito di dieci milioni è maggiore dell’utilità attesa derivante dal gioco. La curva di utilità rilevante può essere rappresentata su di un grafico come quello in figura E.1, dove sull’asse orizzontale si misura la ricchezza dell’individuo, e sull’asse verticale l’utilità associata ad ogni livello di ricchezza. L’utilità che il soggetto ha non giocando è individuata nel punto D, ed è pari a U(10). In caso di vincita ci si sposterebbe nel punto B, U(11), e in caso di perdita nel punto A, U(9): il valore atteso del gioco è individuabile sulla corda che unisce i punti A e B, in corrispondenza del valore della ricchezza atteso dal gioco (10 milioni), nel punto C. E’ evidente che l’utilità che si ricava dal gioco è inferiore all’utilità che si ha non giocando, per cui un individuo avverso al rischio rifiuterà sempre un gioco equo4. E’ evidente dal grafico che i soggetti avversi al rischio rifiuteranno anche alcuni giochi favorevoli, come ad esempio vincere 1,1 milioni se esce testa, e perdere 1 milione se esce croce. Se il valore atteso del gioco supera l’utilità associata alla ricchezza attuale, allora anche chi è avverso al rischio accetterà di giocare. In generale, si ritiene che la maggior parte degli individui sia avversa al rischio.
Vediamo ora alcui esempi di applicazione della teoria dell’utilità attesa. Consideriamo il caso di una assicurazione contro piccoli incidenti. Un individuo avverso al rischio, con un reddito annuo di 100 milioni, considera se assicurarsi contro il furto di una bicicletta, del valore di L. 100mila. Sa che la probabilità di subire un furto è del 10%. In queste condizioni è probabile che, anche in presenza di una forte avversione al rischio, non sia conveniente stipulare un’assicurazione, perché il valore atteso del reddito in assenza di furti, che è pari a 100 milioni con una probabilità del 90%, più il valore atteso in caso di furto, pari a 99,9 milioni con una probabilità del 10%, non si discosta sensibilmente dal valore medio associato all’evento. Un’assicurazione equa in questo caso dovrebbe costare 10mila lire. Viceversa, lo stesso individuo può ragionare sulla stipula di un’assicurazione contro gli infortuni che impediscono l’attività lavorativa, annullando il suo reddito. Se si sa che la probabilità di avere un infortunio di questo genere è pari allo 0,1%, un’assicurazione equa dovrebbe costare 100mila lire. Tuttavia è probabile che un individuo avverso al rischio sia disposto a pagare ben più di tale somma per coprire completamente il proprio reddito da eventuali incidenti.
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Il lettore può costruire per esercizio una curva di utilità per un individuo neutrale rispetto al rischio, che sarà rappresentata da una retta crescente che passa per l’origine degli assi. Si vedano anche gli esercizi a questo capitolo. 39
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Esercizi 1.
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