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© Copyright 2006 - Tutti i diritti sono riservati ISBN 88-6021-031-3
Direttore Editoriale: Gianluca Gatta Redazione: Giovanmatteo Raggi, Kombola Ramadhani Impaginazione: Alessandro Zanzani L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze.
INDICE
PREFAZIONE Avv. Mario Diego, Presidente Unione Triveneta
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IL CONTRIBUTO DELL'AVVOCATURA ALLE RIFORME IN MATERIA DI GIUSTIZIA
Avv. Michelina Grillo, Presidente O.U.A.
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NOTE
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE "COMPETITIVO" SECONDO LA L. N. 80 DEL 2005 Marco De Cristofaro, Straordinario dell'Università di Padova
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MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA CIVILE E ALLE DISPOSIZIONI PER L'ATTUAZIONE - REGIME TRANSITORIO E ENTRATA IN VIGORE
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE Vecchio e nuovo testo con note
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MODIFICHE ALLA LEGGE N. 890/82 MODIFICHE ALLA LEGGE N. 53/94
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RIFORMA ORGANICA DELLA DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI Disciplina transitoria, abrogazioni ed entrata in vigore 495 Testo previgente comparato con il nuovo testo 496 Relazione Ministeriale illustrativa riforma procedure concorsuali 700 ALTRA NORMATIVA UTILE Tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire D.Lgs. 17 gennaio 2003 N. 5: “processo societario”
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BIBLIOGRAFIA
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Integrazioni in corso di stampa
Dopo aver consegnato il testo per la stampa, il D.d.l. nr. 3537 (sulla separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli) è divenuto Legge 8.2.2006, nr. 54 pubblicata sulla G.U. del 01.03.2006; pertanto le modifiche introdotte all’art. 708 cpc e quelle portate dall’art. 709 ter cpc (applicabili anche ai giudizi di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, ed ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati) entrerà in vigore il 16.03.2006.
Alle modifiche illustrate nel presente volume va aggiunta quella dell'art. 50 bis cod. proc. civ. (Cause nelle quali il Tribunale giudica in composizione collegiale) introdotta con l'art. 15, comma 2, della legge 262/05, per la quale: “All’articolo 50-bis, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, dopo le parole: «i direttori generali» sono inserite le seguenti: «, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari».”
Sulla modifica del rito da applicarsi ai giudizi per il risarcimento per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, segnaliamo l’articolo del dr. Claudio Viazzi apparso su “Diritto e Giustizia” del 4.3.2006.
PREFAZIONE
Con questa nuova pubblicazione, dopo il libro sull’informatica, e sempre grazie alla collaborazione di tutti i Consigli che la compongono, prosegue l’attività nel campo editoriale, dell’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati. Riprendendo la diffusione delle varie “novelle” legislative già avviata a mezzo Internet nel nostro “portale” (www.avvocatitriveneto.it) mettiamo a disposizione dei Colleghi i testi legislativi di recente approvazione, ricostruiti e con brevi note di commento, testi che, in particolare con effetto dal 1° marzo, reggeranno molta della nostra attività. Cerchiamo di aiutare (e di aiutarci) a “tirare le fila” di percorsi legislativi quanto mai travagliati e complessi, costituendo una sorta di summa di immediata consultazione e da cui poter ripartire tutti per il necessario approfondimento. Ringraziamo per i loro contributi l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, il suo segretario avv. Andrea Pasqualin, l’avv. Franco Benassi ed il prof. Marco de Cristofaro. Ringraziamo la Casa Editrice Experta per la disponibilità e la collaborazione, il nostro segretario Antonio Rosa e tutti quanti hanno contribuito all’iniziativa, inclusi in particolare i Colleghi e Magistrati che hanno dato il loro apporto intervenendo a mezzo del “portale”. Avv. Mario Diego Presidente Unione Triveneta
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IL CONTRIBUTO DELL’AVVOCATURA ALLE RIFORME IN MATERIA DI GIUSTIZIA
L’avvocatura italiana già da anni si è posta l’obiettivo di manifestare dialetticamente il proprio pensiero su tutti i temi più importanti della giustizia e della professione, ponendosi come autorevole interlocutore delle istituzioni politiche del paese. L’ambizione è quella da una parte di intervenire costantemente nel dibattito politico e, dall’altra, di elaborare proposte di riforma organica del sistema giustizia in Italia. Quale importante componente nel più ampio contesto delle professioni, punta quindi ad incidere sui processi di trasformazione che investono la società italiana, prestando la massima attenzione ai molteplici provvedimenti e progetti che riguardano la professione di avvocato, la giustizia ed i processi. Ha conseguentemente inaugurato una stagione di rapporti particolarmente produttivi, che si è da ultimo positivamente intensificata, con le forze politiche ed i relativi responsabili Giustizia e Professioni, consentendole di esprimersi sui grandi problemi e di divenire interlocutore consolidato ed apprezzato del mondo politico. È così che anche le riforme recentemente approvate e di cui questa pubblicazione intende fornire un primo utilissimo commento, hanno visto nella loro fase di gestazione e di finale approvazione, l’intervento diretto dell’Avvocatura, in un dialogo aperto e produttivo con le Commissioni Giustizia di Camera e Senato. Importantissimo lo stimolo e l’apporto concreto, esplicatosi nella predisposizione di emendamenti e nella discussione degli stessi con i referenti politici responsabili dei singoli progetti di riforma, che anche in questa occasione è stato prodotto dalla collaborazione tra l’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati e l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, ad ennesima dimostrazione del fatto che l’Avvocatura, coesa e seriamente propositiva, con azioni sinergiche ha la possibilità di fornire alla politica un supporto tecnico altamente qualificato, accresciuto dalla esperienza quotidiana sul campo, e di contribuire così a migliorare sostanzialmente la produzione normativa, nella costante ricerca di strumenti che possano consentire un recupero di efficienza del processo civile, senza comprimere ingiustificatamente i diritti della difesa. 9
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE L’Organismo Unitario ha quindi accolto con entusiasmo la richiesta di partecipare alla importante iniziativa editoriale dell’Unione Triveneta, ed è onorato di aver dato il proprio contributo alla stesura di alcuni commenti. Un importante passo, dunque, che già da oggi ci vede impegnati da un lato in previsione degli ulteriori interventi di aggiustamento e riformatori che si prospetteranno nella prossima legislatura, e dall’altro nel compito, impegnativo ma perseguito con convinzione, di favorire la massima diffusione e conoscenza delle problematiche applicative e la loro risoluzione a livello locale, intensificando il dialogo e la collaborazione fattiva con la magistratura, i funzionari degli uffici, il personale amministrativo e più in generale tutti gli operatori del settore. Avv. Michelina Grillo Presidente OUA
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NOTE
Quello che segue è il testo del nuovo codice di procedura civile – con alcune note di commento delle novità- coordinato tra l’originario D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge il 12.5.2005 con la Legge 80/2005, le disposizioni contenute nell’intervento correttivo Legge 28 dicembre 2005, n. 263 in materia processuale civile -approvato il 21.12.2005- e Legge di modifica delle procedure esecutive mobiliari (D.d.l. Kessler) approvata l’8.2.2006 e non ancora promulgata;il tutto è stato integrato con la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato contenute nel Decreto Legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 22.12.2005 poi D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, pubblicato sulla G.U. n. 38 del 15.2.2006., la cui entrata in vigore è da considerarsi il 2.3.2006. Nelle more si è aggiunto il testo della nuova legge sull’affidamento condiviso- che ha pure modificato il c.p.c.ed il disegno di legge nr. 3337 in materia di risarcimento danni da sinistro stradale approvato dal Senato ed in corso di promulgazione (come il D.d.l. Kessler). Seguono la nuova Legge Fallimentare, a cui abbiamo unito la Relazione Ministerale, e il D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 in materia di processo societario. Indicazioni utili per la lettura: per ogni articolo del codice di procedura civile viene prima riportato il testo precedente seguito dal testo novellato, in grassetto sono evidenziate le novità; data la complessità del regime transitorio abbiamo riportato in calce ad ogni articolo modificato l’entrata in vigore. Le vecchie norme di cui si riporta solo la rubrica sono state abrogate. Gli articoli riportati nelle novità tra parentesi quadre sono stati abrogati dalla L.80 e succ. mod. Gli articoli non seguiti da nuova formulazione non sono stati modificati. In corsivo sono riportate le note di commento. La redazione del testo e le brevi note di commento sono state curate dagli avv.ti Giulia Ferrarese ed Antonio Rosa e dalla dr.ssa Enrica Savoia; per la parte riguardante l’arbitrato dall’avv. Andrea Pasqualin. Il testo a fronte del fallimento è stato gentilmente messo a disposizione dall’avv. Franco Benassi. L’Organismo Unitario dell’Avvocatura ha dato il proprio contributo e partecipato all’iniziativa. 11
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE L’Unione ringrazia tutti coloro che hanno contribuito alla redazione del testo, rendendo con il loro contributo possibile il contenimento dei costi. Osservazioni, critiche, suggerimenti sono gradite e possono essere inoltrate all’indirizzo e-mail: segreteria@avvocatitriveneto.it oppure via telefax al nr. 045/8002605. Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati
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questo lavoro è frutto anche dei contributi forniti dagli Avvocati e Magistrati del Triveneto, a loro è dedicato; gli autori lo dedicano anche a Antonino Caruso, Italico Perlini, Francesco Bonito, Giovanni Kessler quale segno di ringraziamento per l'attenzione manifestata nell'ascoltare la voce degli operatori
IL NUOVO PROCESSO CIVILE “COMPETITIVO” SECONDO LA L. N. 80 DEL 2005 Marco De Cristofaro Straordinario dell’Università di Padova
1. – La necessità che anche il processo civile si attrezzi per essere competitivo – adombrata dall’essere la l. n. 80 del 2005 la legge di conversione del cd. “decreto competitività” – è una prospettiva peculiare e “nuova” per il giurista italiano. Essa evoca la tematica del forum shopping, oggetto di particolare attenzione sul versante internazionalistico e cui i giuristi anglosassoni e specie inglesi sono usi da tempo, avendo questi accettato con entusiasmo – per la consapevolezza della qualità del “servizio giustizia” offerto dalle Corti di Londra – l’idea che il foro britannico debba presentarsi come particolarmente attraente per i litiganti nelle controversie insorte su di uno sfondo transnazionale1. Tuttavia, con la sempre maggior integrazione delle realtà economiche e sociali dell’Unione, viene oggi giustamente percepito come necessario che (anche) i fori italiani siano luogo, se non elettivo, ottimale per attrarre tutta una serie di controversie, specie commerciali, che portino risorse alla classe forense (e così pure al nostro pil, così abbisognevole di un salutare scossone)2: e ciò 1 Ricordiamo la franchezza e l’orgoglio con cui uno dei giudici inglesi più eminenti dello scorso
secolo, lord Denning, morto centenario al volgere del millennio, presentava come cosa ineluttabile il fenomeno del forum shopping, nel caso The Atlantic Star, [1972] 3 All E.R., 705, 709: «you may call this “forum shopping” if you please, but if the forum is England, it is a good place to shop in, both for the quality of the goods and the speed of service». 2 Si rammenti l’insistenza britannica, all’atto dell’adesione del Regno Unito alla convenzione di Bruxelles (per effetto della convenzione di Lussemburgo del 9 ottobre 1978), nel pretendere un adattamento delle regole in materia di deroga convenzionale alla giurisdizione, specie in materia di assicurazioni e con riguardo alle deroghe stipulate da soggetti estranei alla Comunità: insistenza cui erano sottesi tanto gli interessi dell’industria assicurativa britannica, quanto l’esigenza di consentire che si mantenesse inalterata «la frequenza con cui nel commercio internazionale si designano come competenti gli organi giurisdizionali del Regno Unito», a tutto vantaggio degli studi legali aventi sede in Londra (si vedano i riflessi di questo dibattito prettamente “politico” nella relazione Schlosser, da cui è tratta la precedente citazione, in POCAR, La convenzione di
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE anche al fine di assicurare che presso le lente e farraginose Corti italiane non resti solo, fatalmente, il contenzioso “povero” o necessariamente locale. Il rischio, altrimenti, sarebbe quello della dequalificazione di un ceto giudiziario e forense di prim’ordine, che segnerebbe una nuova tappa dell’incipiente desertificazione e sperpero delle risorse del paese. È questa consapevolezza, dell’esistenza di un “mercato” dei servizi giudiziari e giuridici, che finalmente muove il legislatore – per decenni sordo alle esigenze del processo civile ed ai reiterati richiami, pur finanziariamente sanzionati, della Corte di Strasburgo, salvo per quel palliativo inesorabilmente “autofagico” della legge Pinto3 – ad intervenire affinché, in coerenza con gli impegni internazionali ed i dettami costituzionali, il processo civile risulti idoneo a portare in tempi ragionevoli alla soddisfazione concreta del diritto: con uno sguardo ed una prospettiva che, dal processo di cognizione, oggetto principale degli interventi riformatori degli anni ’90, oggi si estende in modo pregnante ed assai significativo al processo esecutivo4.
Bruxelles sulla giurisdizione e l’esecuzione delle sentenze, Milano, 1995, pp. 491 s. e 506 s.). Né motivo di lusinga costituisce per contro l’esperienza di concorrenza al ribasso, potremmo dire oggi “alla cinese”, che ha visto le Corti italiane divenire foro elettivo per la proposizione, da parte di debitori renitenti, di domande di accertamento negativo (le cd. Italian Torpedos) idonee ad ostacolare il creditore – proprio per la lentezza dei processi che in Italia si svolgono, e grazie alla lata nozione di litispendenza “comunitaria” accolta dalla Corte di giustizia nel caso Tatry – nell’ottenimento di tutela esecutiva per la propria pretesa: su tale tematica, e sulla funzione deterrente che viene a svolgere in questo contesto il regolamento di giurisdizione, v. CONSOLO, La Italian Torpedo non fa naufragare per la seconda volta la petroliera Erika e la buona fede processual-internazionalistica (grazie al “ricarburato” e non più vituperando nostro regolamento di giurisdizione), in Int’l Lis, 2003, 2, p. 97 ss. 3 Così già CONSOLO, Disciplina “municipale” della violazione del termine di ragionevole durata del processo: strategie e profili critici, in Corr. giur., 2001, p. 569. Si pensi altresì alla vicenda cui ha dato luogo il caso Scordino c. Italia, in cui la Corte di Strasburgo (con sentenza del 27 marzo 2003, in Foro It., 2003, IV, c. 361) ha affermato che il principio di sussidiarietà dell’intervento della Corte europea – su cui faceva leva appunto la “legge Pinto” – non opera nel caso in cui essa ritenga che le conseguenze dell’accertata violazione della Cedu non siano state riparate dal diritto interno o lo siano state “in modo incompleto”, perché, in siffatte ipotesi, resta possibile richiedere l’intervento della Corte europea a tutela della “vittima della violazione”. Si v. poi la “resa” della nostra Cassazione, quanto al principio dell’automatismo nel riconoscimento del danno morale, per effetto delle due sentenze a sez. un. nn. 1338 e 1339 del 26 gennaio 2004 (rispettivamente in Giur. it., 2004, p. 2295, ed in Giust. civ., 2004, I, p. 907). 4 I cui tempi di svolgimento sono parimenti presi in considerazione, dalla Corte di Strasburgo, nel computo della ragionevole durata del processo, in forza del rilievo per cui il diritto di accesso ai Tribunali «serait illusoire si l’ordre juridique interne d’un Etat contractant permettait qu’une décision judiciaire définitive et obligatoire reste inopérante au détriment d’une partie» (sentenza Hornsby c. Grecia del 19 marzo 1997, in Recueil 1997, II, fasc. 33).
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Ed è importante tenere presente questa specifica direzione dell’intervento legislativo, pur se l’attenzione di questo scritto si concentrerà sul processo di cognizione e la fase di trattazione. 2. – Tra le linee portanti dell’intervento legislativo, quella che costituisce la cifra delle tematiche su cui concentreremo l’attenzione può essere intitolata al taglio dei tempi “morti”. A questa tendenza va in primis ricondotto l’incentivo al massimo utilizzo possibile di fax ed e-mail, conseguenza dei nuovi artt. 133, 134, 176, e 183, comma 6°. A tal proposito non si deve tuttavia dimenticare che la prospettiva di telematizzazione non potrà concretizzarsi con riguardo alla posta elettronica, sinché non si avrà l’avvio di un dominio informatico certificato da parte del Ministero o del Cnf. Con riguardo al fax, invece, è da chiedersi dubitativamente se, qualora il difensore abbia indicato in atti il numero presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni, così accettando preventivamente questo strumento di trasmissione, possano ritenersi validamente ed efficacemente operate le comunicazioni effettuate in tal modo: ciò che presupporrebbe una presunzione di ricezione ove l’ufficiale giudiziario alleghi all’originale tele-trasmesso il “foglio di invio” prodotto dalla macchina, attestando con fede pubblica i dati che ne risultano e che farebbero prova sino a dimostrazione del contrario anche del giorno e dell’ora di spedizione, quali risultano dalle diciture automaticamente apposte dal telefax. L’incidenza dell’intervento riformatore, ispirato al “taglio dei tempi morti”, si fa tuttavia percepire soprattutto con riguardo alla rimodellata fase di trattazione del processo di cognizione. L’obiettivo è il medesimo già perseguito dal legislatore del processo societario, secondo quanto fatto palese dalla relazione accompagnatoria al d.lgs. n. 5 del 20035 e dai corifei di quella riforma6: la cancellazione dei tempi di stasi della trattazione non “controllabili” dalle parti. 5 Rectius: dalla relazione accompagnatoria al disegno di legge delega per la riforma del codice di
procedura civile della cd. “commissione Vaccarella”, che costituisce il modello di riferimento di cui le norme sul processo societario vorrebbero costituire un primo momento di sperimentazione: «la commissione ha ritenuto che l’attuale disciplina sia caratterizzata da una eccessiva utilizzazione (un vero e proprio “spreco”) del giudice per il compimento di attività sostanzialmente estranee (e, comunque, superflue) rispetto a quella sua tipica; attività che non solo sottraggono tempo al giudice, ma dilatano i tempi del processo in quanto la necessità di udienze non strettamente funzionali al “giudicare” impone lunghi intervalli tra di esse. La commissione, pertanto, ha inteso liberare il giudice di incombenti meramente ordinatori che lo impegnano in udienze che allungano i tempi del processo rendendolo rigido ed insensibile alle peculiarità delle singole controversie, così restituendo all’udienza (fissata su istanza di una delle parti) la funzione di effettiva
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Oggi però, fatta salva la variante dell’art. 70 ter disp.att. che rimette alla scelta delle parti l’opzione per il processo societario quale alternativa di rito ordinario7, la strada percorsa è più prudentemente collocata nell’alveo di una ed orale sede del contraddittorio ed al giudice il ruolo di chi la prepara fissandone i “temi” nel decreto di fissazione e la gestisce con pienezza di poteri. Attraverso questa tecnica, peraltro, si è attribuita alle parti la possibilità di dare alla trattazione della causa l’ampiezza ritenuta necessaria e, quindi, si è in tal modo creato un meccanismo atto a stroncare sul nascere ogni intento dilatorio: sicché si è esaltato, da un lato, il ruolo del difensore, ma anche la sua responsabilità, in quanto chiamato a valutare autonomamente la sufficienza della trattazione svolta (e cioè l’esaustività delle allegazioni e delle prove offerte) per pervenire ad una decisione favorevole». 6 V. per tutti SASSANI, in La riforma delle società. Il processo, a cura di Sassani, Torino, 2003, p. 5 s.: «una delle radici del dramma del processo di cognizione sta infatti nel problema dei tempi morti, cioè nella scandalosa lontananza nel tempo delle udienze. Questo distrugge la concentrazione (cioè il prius del modello chiovendiano), e interagendo con un modello a scansione rigida, comporta che la determinazione della materia del contendere e dei temi istruttori sia faticosa e dilatata […] Tempi morti intollerabili, burocratizzazione della funzione, inerzia, sostanziale inutilità dell’udienza. Appunto l’udienza! Emblema della degenerazione del modello: con il suo svolgimento – condizionato dai tempi intollerabilmente lunghi del ruolo – si celebra un inconcludente cerimoniale, per lo più privo della sostanziale partecipazione di giudice e avvocati, e svolgente l’unica vera funzione di garantire uno spazio dilatorio. Ecco il modello della deresponsabilizzazione (di tutti i soggetti: avvocati e giudici)!». 7 Nuovamente, per il gramo destino che evidentemente attende tutte le norme che hanno a che fare con il rito societario, ci si trova però dinanzi ad una disposizione di incerta fattura tecnica che costituirà fonte di inesauste discussioni interpretative. Basti qui accennare, da un lato, nei casi di processo litisconsortile, alla problematica decisione cui si trova esposto il convenuto dalla previsione per cui il termine per la notifica della comparsa di riposta ex art. 4 d.lgs. n. 5 del 2003, volta ad accettare la “offerta” dell’attore per il rito societario, deve essere «non inferiore a 60 gg. dalla notificazione della citazione, ma inferiore di almeno 10 gg. al termine indicato ai sensi del comma 1° dell’art. 163 bis del codice», là dove, al contempo, tale accettazione presuppone la conforme volontà di tutti i convenuti: infatti, posto che le preclusioni maturano nei 20 gg. anteriori al termine dell’udienza libellata, indicato ai sensi del comma 1° dell’art. 163 bis del codice (salva la dilazione dell’udienza ex art. 168 bis, comma 5°), il convenuto che voglia accogliere la “offerta” dell’attore del rito societario si troverebbe a farlo quando sono già maturate le preclusioni disposte dall’art. 167, senza sapere se anche gli altri convenuti terranno un comportamento conforme, potendo trovare riparo a questo rischio solo nella predisposizione di una doppia conforme comparsa di risposta (una depositata nelle forme “ordinarie”, l’altra notificata nelle forme “societarie”), posto che solo all’udienza libellata – cui tutte le parti avranno comunque l’onere di comparire – si potrà poi verificare se la “offerta” dell’attore è andata a buon fine. Un cenno meritano, dall’altro lato, anche le difficoltà organizzative degli uffici, che non sapranno nemmeno all’udienza (posto che la comparsa di risposta va solo notificata, e non necessariamente depositata) se la “offerta” dell’attore è stata accettata dall’unico o dai più convenuti: anche qui l’unico rimedio sembra appunto essere quello di imporre comunque alle parti l’onere di comparire all’udienza, onde palesare al giudice che l’opzione per il rito societario si è perfezionata e far promuovere conseguentemente gli incombenti volti al mutamento di rito ex art. 1, ult. comma, d.lgs. n. 5 del 2003. Ne consegue altresì che l’ulteriore scambio di memorie tra le parti prenderà avvio solo con il provvedimento del g.i. di cancellazione dal ruolo ordinario, in cui comunque ogni causa “non societaria” andrà iscritta, e di assegnazione alle parti dei termini di cui all’art. 6 d.lgs. n. 5 del 2003.
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evoluzione per gradi e per approssimazioni successive del tessuto codicistico tradizionale, tali da non stravolgere la prassi applicativa. La cancellazione dei periodi di stasi della trattazione ha preso così oggi la via del “compattamento” delle udienze di trattazione in un’unica “udienza” ex art. 183, emendandosi il dato normativo da quella perversione del susseguirsi meccanico ed inesorabile di udienze “inutili” che caratterizzava l’incedere (si fa per dire …) scandito dal famigerato trio delle udienze 180, 183 e cd. “prima udienza” ex 184 (come trasformati dalla correzione alla riforma del 1990 apportata per d.l. nel 1995). Al contempo, appunto per ancorare ad un ritmo certo il progredire del processo, a quest’unica udienza sono stati ricollegati dei termini che scandiscono in via (auspicabilmente) inderogabile anche l’attività del giudice volta all’ammissione dei mezzi di prova, e che danno certezza alle parti circa i tempi di maturazione della causa almeno sino alla soglia dell’istruzione probatoria (intatta restando invece inevitabilmente – poiché all’uopo servirebbero interventi strutturali non realizzabili “a costo zero”, com’è ambizione del legislatore – la problematica attinente alla imperscrutabilità del momento in cui la causa finalmente passerà in decisione). 3. – Delle tre ben note udienze, ne resta – nei voti del legislatore – una sola: l’unica udienza (o “udienzona”) ex art. 183. Sparisce a monte l’udienza del 180, quale udienza autonoma destinata esclusivamente ed ineluttabilmente alle verifiche preliminari circa la regolare instaurazione del contraddittorio ed alla fissazione del termine per la memoria cui è ricollegata la preclusione delle eccezioni “in senso stretto”. Resta solo l’eventualità di una scissione della prima udienza (art. 183, commi 1°-2°, c.p.c.), allorché il g.i. rilevi la necessità di provvedere agli incombenti (un tempo unico possibile oggetto della cd. “udienza di prima comparizione”) di cui agli artt. 164, 291, 182, 102 (nonché 167 comma 2°, per le ipotesi di riconvenzionale nulla per vizio della editio actionis). Coerentemente sparisce la memoria del 180, comma 2°: evocativamente e significativamente denominata da alcuni autori, a sottolinearne l’intrinseca ridondanza barocca, “comparsa di risposta-bis”. Non vi sarà più dunque il diritto del contumace a questo ulteriore termine a difesa, riconosciuto con esegesi letteralmente corretta ma indubbiamente sovrabbondante dalla Corte Suprema8. 8 Cass., 24 maggio 2000, n. 6808, annotata adesivamente da CONSOLO, La S.C. interpreta l’am-
biguo art. 180 e – non senza coerenza – lega le mani al giudice anche nel caso di contumacia del convenuto, in Corr. Giur., 2000, p. 1320, e commentata criticamente invece da SASSANI, La prima udienza di comparizione e il «diritto al termine» del convitato di pietra, in Giust. Civ., 2000, I, p. 2231, e da SANTANGELI, L’udienza di prima comparizione in una interpretazione della S.C. (considerazioni sul «precedente giudiziario»), in Riv. dir. proc., 2001, p. 559 ss.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE D’altronde, lo spazio per la “memoria del 180”, fosse essa o meno diritto del contumace, è precluso dalla radicale innovazione dell’art. 167, che, collocandosi sulla scia tracciata dalla versione originaria della riforma del ’90, ricollega al tempestivo deposito della comparsa di risposta la preclusione non solo di domande riconvenzionali e chiamate di terzo, ma anche delle eccezioni “in senso stretto”, ossia delle “eccezioni di rito e di merito non rilevabili d’ufficio”; offrendo al convenuto, come “compensazione” di questo ritorno alla versione originaria della riforma del ’90, l’incremento a 90 gg. del termine minimo di comparizione (così, nel modificare l’art. 163 bis, la l. 28 dicembre 2005, n. 263). 4. – Sparisce però, a valle, anche la “prima udienza ex 184”: probabilmente – del resto – la più inutile e la più paradossale del trittico di udienze contemplate nel tessuto odierno del codice. Infatti si prevede che le richieste istruttorie vengano direttamente formulate per iscritto nei termini assegnati su istanza di parte ex art. 183, comma 6°, novellato. Senza necessità che si svolga appositamente (e del tutto immotivatamente) un’autonoma udienza (quasi sempre) solo per consentire alle parti di richiedere il termine per depositare la memoria scritta contenente eventuali nuove istanze istruttorie: che è ciò che rendeva francamente assurda la “prima udienza ex 184”9, inducendo la Cassazione10, quanto all’intreccio tra art. 184 ed art. 183, a correttivi certo inappuntabili sul piano dell’esegesi letterale, ma tuttavia non del tutto misurati. Non del tutto misurati poiché possibile fonte di preclusioni “a sorpresa” rispetto alle prassi ben più lassiste consolidatesi presso la maggior parte degli uffici giudiziari . 5. – Vediamo allora cos’è rimasto, ossia – appunto – veniamo alla disciplina della “udienzona” ex art. 183 c.p.c. novellato: a) resta l’onere del giudice di indicare le questioni di rito o di merito rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione (comma 4°); b) resta la possibilità di nova per l’attore, ossia la facoltà di «proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto», nonché di «chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo … se l’esigenza è sorta dalle difese del 9 Su tale degenerazione della prassi v. già gli strali di CONSOLO, La trattazione nella fase introduttiva del processo: un primo bilancio nel (semi-)decennale, in Giur. it., 2001, p. 1070. 10 Nella sentenza 25 novembre 2002, n. 16571, in Corr. giur., 2003, 4, p. 443, con nota di D’ASCOLA, L’inquietudine della Cassazione sulle preclusioni istruttorie.
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convenuto» (comma 5°); e così pure resta, nell’ult. parte del comma 5°, il generale ius poenitendi per entrambe le parti, ossia la facoltà (prevista oggi dal comma 4°, ult. parte, dell’art. 183) di «precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate», a prescindere dalla circostanza che tali modifiche siano conseguenza delle difese avversarie; c) viene meno invece l’obbligo della comparizione personale delle parti nella prima ed oggi unica udienza: tale comparizione (art. 183, comma 3°) dovrà essere disposta dal g.i. solo su richiesta congiunta di parte, affinché possa aver luogo l’interrogatorio nonché il tentativo di conciliazione: generale facoltà discrezionale del g.i., ai sensi dell’art. 185, da cui il medesimo certo non si ritrarrà ove maturi l’impressione che la controversia possa risolversi in via transattiva; d) il vero novum, che consente la concentrazione di tutte le allegazioni di merito e deduzioni istruttorie nell’unica udienza11, è costituito dal nuovo comma 6° dell’art. 183. Qui si prevede che, su richiesta di parte – altrimenti l’intera trattazione si concluderà nell’unica udienza – il g.i. conceda tre soli termini, di 30 + 30 + 20 gg. Il primo termine è destinato ad una memoria contenente le attività di allegazione che abbiamo visto essere ancora consentite dal comma 5° (ad eccezione dei nova dell’attore per i quali la preclusione calerà già all’udienza, salva solo la possibilità di argomentazione in diritto nella prima memoria autorizzata ai sensi del nuovo art. 183, comma 6°); il secondo termine è funzionale esclusivamente alle repliche ed alla formulazione delle nuove12 istanze istruttorie; il terzo termine è dedicato alle repliche a prova contraria. A seguito di questi tre termini per memoria scritta, e sempre che la causa non sia
11 E rispetto al quale è risultato del tutto “fuori spartito” il comma 5° dell’art. 269 c.p.c., in tema
di coordinamento delle preclusioni per il caso di chiamata in causa del terzo da parte dell’attore: norma già da ritenersi implicitamente abrogata a fronte del testo originario della l. n. 80, essendo “spariti” gli artt. 183 e 184 su cui si incentrava per relationem, salva la possibilità di valorizzarne la ratio per cui, in caso di chiamata del terzo da parte dell’attore, le preclusioni debbano maturare in modo congiunto per tutti i diversi rapporti processuali cumulati nell’unico “contenitore” procedimentale, ritenendosi che alla (necessariamente) nuova “udienzona” ex 183 fissata per la comparizione del terzo chiamato vengano assegnati i termini cui sono ricollegate le preclusioni anche per le parti originarie (in tal senso oggi ha disposto la l. 28 dicembre 2005, n. 263). 12 A questo proposito ha certo ragione chi lamenta che l’aggettivo “nuovi” mezzi di prova è ultroneo, e può fomentare ancora quella giurisprudenza romana restrittiva che pretendeva che comunque delle istanze istruttorie venissero articolate negli atti introduttivi, affinché potessero ammettersi appunto “nuovi”, cioè ulteriori, mezzi di prova nel prosieguo del processo (v. così Trib. Roma, 19 giugno 1998, in Foro it., 2000, I, c. 687; Id., 3 gennaio 1998, in Giur. it., 1999, p. 55): tuttavia si tratta di un indirizzo giurisprudenziale recessivo, che è fiorito per un breve tratto, sì che è da confidare che analoghi orientamenti non abbiano più a riprodursi. Comunque, nel testo emendato dalla l. n. 263 del 2005, l’aggettivo «nuovi» infine scompare.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE già matura per la decisione ovvero risulti sufficiente l’istruttoria documentale, nel termine di ulteriori 30 gg. il g.i. dovrà poi predisporre l’ordinanza ammissiva delle richieste istruttorie e fissare l’udienza in cui ne comincerà l’assunzione. I tempi a difesa sono manifestamente assai ristretti nel disegno legislativo. Vi sono due momenti di dialettica: l’udienza e la prima memoria ex art. 183, comma 6°, ed una sola possibilità di risposta. Diviene, più che opportuno, indispensabile per i difensori concentrarsi anche sull’attività d’udienza, affinché già in quella sede si svolga una significativa parte del dibattito processuale e possano così essere anticipati l’individuazione e l’approfondimento delle questioni rilevanti ai fini della decisione della lite: e ciò onde non farsi cogliere alla sprovvista, con una sola chance di replica, dalla prima memoria del 183, comma 6°. Anche perché, come appare chiaro sin dalla prima lettura di questa norma, essa prevede che le preclusioni istruttorie per la “prova diretta” sono (tuttora) ricollegate allo stesso atto scritto in cui possono introdursi nova nel thema decidendum, sì che la parte viene a trovarsi di fronte alla necessità di formulare le istanze istruttorie, a pena di preclusione, nello stesso momento in cui è ancora possibile per l’avversario introdurre fatti nuovi e procedere alla contestazione di circostanze sino a quel momento non contestate13. D’altro canto diviene ancor più doveroso, per il g.i., e questa è esortazione ricorrente ad ogni “tornata” riformatrice14, rispettare con scrupolo l’onere di indicare le questioni di rito e di merito rilevabili d’ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione: e ciò stanti gli spazi minimi a disposizione delle parti per aggiustare, integrare ed articolare le proprie difese e la consapevolezza sempre più avvertita di come le cd. “sentenze della terza via” concretino una lesione del
13 E come tali, pertanto, non abbisognevoli di prova, secondo l’insegnamento di Cass., sez. un., 23 gennaio 2002, n. 761, in Corr. giur., 2003, 10, p. 1335, con nota di M. FABIANI, Il valore probatorio della non contestazione del fatto allegato, nonché in Foro it., 2002, I, c. 2019, con nota di CEA, Il principio di non contestazione al vaglio delle sezioni unite, ed ivi, 2003, I, c. 604, con nota di PROTO PISANI, Allegazione dei fatti e principio di non contestazione nel processo civile; in tema cfr. altresì RASCIO, Note brevi sul «principio di non contestazione» (a margine di una importante sentenza), in Dir. e giur., 2002, p. 78 ss. 14 V. per tutti COLESANTI, Il processo di cognizione nella riforma del 1990, in Riv. dir. proc., 1993, p. 59 s.; nonché CIVININI, Poteri del giudice e poteri delle parti nel processo ordinario di cognizione. Rilievo ufficioso delle questioni e contraddittorio, in Foro it., 1999, V, c. 6 ss.; RASCIO, Contraddittorio tra le parti, condizioni di parità, giudice terzo e imparziale, in Riv. dir. civ., 2001, I, p. 621.
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diritto di difesa delle parti e così delle garanzie del giusto processo15. Quanto detto dovrebbe altresì rendere indispensabile un’adeguata verbalizzazione delle attività d’udienza, se del caso su supporto magnetico o informatico: ma su questo aspetto gli auspici della pratica vanno a scontrarsi, tasto dolente, con l’illusione legislativa della possibilità di realizzare riforme incisive “a costo zero”. 6. – È peraltro da chiedersi, a fronte di questo rigido schema, se e quali siano gli spazi a disposizione del g.i. per modulare in senso difforme la fase introduttiva e rendere più graduale e meditato il calare delle preclusioni. Una simile soluzione, a nostro avviso, potrebbe risultare ottimale in non pochi casi proprio perché unicamente in questo modo diverrebbe possibile evitare il cortocircuito di un sistema che impone le preclusioni istruttorie in un momento in cui ancora può essere “alterato” il quadro dei fatti su cui il giudice sarà chiamato a decidere per risolvere la controversia. Simile intervento “ortopedico” sull’apparentemente monolitico dettato legislativo potrebbe trovare “copertura” normativa nel combinato operare del comma 1° dell’art. 175 – che rimette al g.i. di esercitare i poteri intesi non solo al più sollecito, ma anche al più leale svolgimento del procedimento – e dell’art. 83 bis disp.att. c.p.c.: norma bensì divenuta obsoleta nella parte in cui si riferisce alla “trattazione scritta”, per l’odierna improvvida cancellazione della corrispondente parte dell’art. 180, ma comunque tuttora esistente in un tessuto codicistico che – ex art. 183, comma 6° – risulta sempre più saldamente imperniato sul principio della scrittura (al di là della consueta velleitaria enunciazione che «la trattazione della causa è orale», riprodotta dal nuovo art. 180). In questo contesto allora il g.i. potrebbe, per usare una metafora teatrale, “scindere” l’attività d’udienza in due scene dell’unico atto ex 183 c.p.c. E ciò non solo in alcune ipotesi tipiche, ad es. allorché ritenga utile, pur in assenza di richiesta congiunta di parte, provvedere motu proprio all’interrogatorio libero ex art. 117 ed al tentativo di conciliazione ex art. 185 c.p.c., ovvero risulti necessario assumere i provvedimenti ex artt. 648 e 649 in tema di provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto; ma altresì in tutte le occasioni in cui il giudice ravvisi come opportuna una maggiore gradualità nel maturare delle preclusioni. 15 Sin da DENTI, Questioni rilevabili d’ufficio e contraddittorio, in Riv. dir. proc., 1968, p. 271
ss.; v. poi oggi MONTESANO, La garanzia costituzionale del contraddittorio e i giudizi civili di «terza via», in Riv. dir. proc., 2000, p. 931 s.; BOVE, Art. 111 Cost. e «giusto processo civile», in Riv. dir. proc., 2002, p. 502; nonché lo scambio in punta di fioretto, in nota a Cass., n. 14637/2001, tra LUISO, Questione rilevata d’ufficio e contraddittorio: una sentenza rivoluzionaria?, in Giust. civ., 2002, I, p. 1612, e CHIARLONI, La sentenza «della terza via» in cassazione: un altro caso di formalismo delle garanzie?, in Giur. it., 2002, p. 1363.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE All’uopo allora – nelle cause più complesse e comunque sempre con il consenso delle parti, che (tale sembra essere l’intentio della riforma) altrimenti hanno diritto di veder pronunciata l’ordinanza istruttoria nei tempi legislativamente predefiniti – ben si può ammettere che il g.i. abbia la facoltà, per un verso, di concedere dei termini per atti scritti “preliminari” ex art. 83 bis disp.att., al fine di preparare l’attività di trattazione in vista di una seconda e ravvicinata udienza in cui concedere i termini per le memorie dell’art. 183, comma. 6°, alle quali sole verrebbero ricollegate le preclusioni; per altro verso, nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 175 comma 1° – intesi questa volta ad assicurare uno svolgimento un po’ meno sollecito, ma più leale del processo – potrebbe riservarsi (oggi che la l. n. 263 del 2005 ha dato maggior respiro allo scambio di scritti difensivi, facendo venir meno l’urgenza di ipotizzarne di ulteriori – di decidere in udienza (a contenuta distanza) sulle istanze istruttorie, offrendo nuova occasione alle parti per approfondimenti e precisazioni. Si recupererebbe così in tal modo una delle lezioni più vitali della riforma del 1990: quella della netta separazione tra fase destinata alle allegazioni di merito e fase preposta alla richieste istruttorie. Al contempo, con il contributo di tutti i protagonisti della lite ed in opportuna controtendenza rispetto all’idea di poter architettare modelli astratti di processo concepiti come universalmente validi, si doterebbe finalmente anche il processo italiano di quel tasso di elasticità16 che consente alle parti di scegliere l’articolazione più calzante alle peculiarità della singola controversia, previo un dibattito sereno e scevro da pregiudizi con il giudice (elasticità che costituisce il tratto caratterizzante delle più recenti riforme processuali negli ordinamenti a noi più vicini: in primis delle Civil Procedure Rules inglesi). Si eviterebbe altresì, infine, di “scaricare” le residue possibilità di difesa sull’operare della clausola di rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c.: sino ad oggi notoriamente applicata con alquanta ed assai poco promettente ritrosia e, per tale ragione, percepita dal ceto forense come inidonea ad offrire affidabili garanzie di “recupero” rispetto a preclusioni già maturate. 16 Per la necessità di soddisfare questa esigenza, esemplarmente, CONSOLO, Esercizi imminenti sul
c.p.c.: metodi asistematici e penombre, in Corr. giur., 2002, 12, p. 1543; e già ID., La trattazione nella fase introduttiva del processo, cit., p. 1071 s.; nonché CIPRIANI-CIVININI-PROTO PISANI, Una strategia per la giustizia civile nella XIV legislatura, in Foro It., 2001, V, c. 82: «quindici anni di riflessioni sulla riforma e sei anni di concreta attuazione hanno […] evidenziato come la previsione di un unico modello di processo ordinario di cognizione mal si adatti alla particolarità delle singole categorie di controversie», dovendosi appunto in questa prospettiva «pensare di intervenire sulla disciplina del processo ordinario di cognizione, non per modificare quanto faticosamente e compromissoriamente attuato dalle riforme del 1990 e 1995, bensì solo per affiancare al rito ordinario vigente la possibilità per l’attore di instaurare un processo a cognizione piena ma semplificato quanto a forme e termini».
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7. – Numerosi e significativi sono gli interventi della l. n. 80 su altri snodi del tessuto codicistico, in particolare in materia esecutiva. Alcuni di essi sono volti a presidiare l’effettività dell’esecuzione forzata, tramite la previsione dell’accesso dell’ufficiale giudiziario ai dati dell’anagrafe tributaria, «ai fini della ricerca delle cose da sottoporre ad esecuzione», e l’introduzione della possibilità per l’ufficiale giudiziario di invitare il debitore esecutato, là dove «i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti per la soddisfazione del creditore procedente», a dichiarare altri beni utilmente pignorabili ed i luoghi in cui essi si trovano (art. 492 c.p.c. novellato, la cui specificazione – nel senso che con tale dichiarazione i beni si avrebbero per pignorati – non può cancellare la necessità, all’uopo, della trascrizione o della notifica al terzo dell’atto di pignoramento). Innovazione, quest’ultima, invero abbastanza velleitaria poiché la mancata previsione del giuramento del debitore (sul modello dell’Offenbarungseid della ZPO tedesca) e l’utilizzo dell’assai tenue formula dell’«invito» dell’ufficiale giudiziario paiono precludere la possibilità di sanzionare penalmente il silenzio o l’infedele osservanza a detto invito, vuoi a titolo di falso giuramento, vuoi anche a titolo della blanda contravvenzione per inosservanza di «provvedimenti dell’autorità» ex art. 650 c.p. Resterebbe la sola possibilità di ricondurre la condotta renitente del debitore al reato di mancata esecuzione dolosa dei provvedimenti del giudice ex art. 388 c.p., a patto però di ammettere che il mero silenzio o l’infedele risposta all’ufficiale giudiziario possano concretare quegli «atti simulati o fraudolenti» su cui è incentrata la fattispecie penalistica. Altre norme incidono sul processo esecutivo con finalità semplificatrice e razionalizzatrice. A tale ambito possiamo ricondurre, da un lato, la restrizione della facoltà di intervento dei creditori all’eventualità che essi siano muniti di titolo esecutivo (intervento sollecitato da tempo da alcuni settori della dottrina, ma dai riflessi alquanto delicati circa il rapporto con la regola tendenziale della par condicio e con lo stesso principio di uguaglianza), nonché la “destrutturazione” delle controversie sorte in sede di distribuzione ex art. 512, affrancate da qualunque idoneità a condurre ad una cognizione sul credito (di contro alla lettura avallata da Andrioli e, sia pur con accenti diversi, da Garbagnati17 e con con17 Rispettivamente ne Il concorso dei creditori nell’esecuzione singolare, Roma, 1937, p. 127
(«oggetto della contestazione è non già il rapporto tra i due creditori, contestante e contestato, ma il vero e proprio rapporto creditorio»), e ne Il concorso dei creditori nell’espropriazione singolare, Milano, 1959, p. 96 ss., ove si postula appunto lo svolgimento di un accertamento incidentale ex lege sul credito, in vista della dedotta illegittimità dell’altrui collocazione («anche la sentenza che accolga l’opposizione di un creditore accerta dunque l’inesistenza del diritto sostanziale del creditore contro il quale è proposta»). Di accertamento incidentale ex lege sui crediti e privilegi contestati, idoneo a dispiegare efficacia di giudicato in ogni futuro processo, ragiona anche BONSIGNORI, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962, p. 393 s.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE seguente “espropriazione” della proiezione satisfattiva del credito quale posizione sostanziale) e concentrate sul solo diritto processuale al riparto, per il quale appare dunque sufficiente una decisione con ordinanza suscettibile di contestazione solo con opposizione agli atti esecutivi. Dall’altro lato risultano annoverabili, in questa tipologia, la nuova disciplina dell’esecuzione immobiliare, imperniata sulla poziorità della vendita senza incanto e sulla valorizzazione della figura del custode giudiziale, quali strumenti per colmare lo iato che separa il mercato delle vendite forzate da quello delle libere contrattazioni, nonché sull’ulteriormente ed oltremodo accentuata “esternalizzazione” delle attività funzionali alla vendita. Ulteriori interventi sono volti a modulare l’invasività del processo esecutivo. Tra essi annoveriamo la modifica dell’art. 546 che18 limita l’efficacia del pignoramento di crediti all’«importo del credito precettato aumentato della metà». Ed a tale filone pare altresì da ricondurre la finalmente prevista possibilità per il giudice dell’opposizione a precetto di inibire l’avvio del processo esecutivo (nuovo art. 615), nonché la reclamabilità al collegio dell’ordinanza sulla sospensione pronunciata ex art. 624 c.p.c.19. Significative innovazioni rispondono all’esigenza di attenuare il regime di termini troppo incalzanti: chiaramente ci riferiamo all’innalzamento a 20 gg. del termine per l’opposizione agli atti esecutivi ed a 60 gg. del termine per l’instaurazione del giudizio di merito in caso di ottenimento di una misura cautelare ante causam. Lievemente diversa è la ratio dell’innalzamento a 15 gg. del termine per la proposizione del reclamo cautelare: soluzione chiaramente di mediazione, nel momento in cui si è (tendenzialmente) anticipato il dies a quo della decorrenza, fatto coincidere – come già nel contesto dell’art. 23 d.lgs. n. 5 del 2003 sul “rito societario”, ma con formulazione fortunatamente più pre-
18 Rovesciando l’impostazione accolta da Cass., 4 gennaio 2000, n. 16, in Giur. it., 2000, p. 1143,
e già da Cass., 29 gennaio 1999, n. 798, in Riv. dir. proc., 2000, p. 909, con nota di GIOIA, La Corte rifiuta il dialogo sull’oggetto del pignoramento presso terzi. 19 A tale ultimo proposito non si capisce invero la ragione per cui la previsione del reclamo non sia stata estesa al provvedimento di sospensione appunto reso in sede di opposizione a precetto: all’uopo, stante l’espresso richiamo dell’art. 512 e la mancata menzione invece dell’art. 615, si renderà probabilmente necessario l’intervento della Corte costituzionale. Va altresì rilevato come finisca con il diventare oramai stridente, sul piano costituzionale del principio di uguaglianza, l’assenza della possibilità di reclamo quanto ai provvedimenti resi sull’inibitoria richiesta ex art. 649 c.p.c., essendo anche questa fattispecie del pari imperniata sui «gravi motivi» ed oggi l’unica (fatta salva la pronuncia sull’inibitoria dell’esecutorietà delle sentenze del giudice di pace) per la quale non vi è strada alcuna per ottenere la pronuncia di un giudice collegiale (a quel punto, “a cascata”, analoga sorte dovrebbe conoscere l’ordinanza pronunciata sull’istanza di concessione della provvisoria esecutorietà, ad opposizione instaurata, ex art. 648 c.p.c.).
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cisa20 – con la comunicazione del provvedimento o con la sua pronuncia in udienza, in considerazione del fatto che la comunicazione esige in capo a chi la riceve l’onere (talora non corrisposto con la dovuta prontezza dall’ufficio) di procurarsi il testo dell’ordinanza cautelare in cancelleria21. Infine gli obiettivi di effettività sono stati perseguiti mediante l’utilizzo di congegni volti a rendere nei limiti del possibile superfluo lo svolgimento di giudizi di merito, ove non sorretti da un “adeguato” interesse. A questo filone va ricondotta la generalizzazione al rito ordinario della regola di attenuazione della strumentalità dei provvedimenti cautelari d’urgenza ex art. 700 c.p.c.22 nonché di quelli anticipatori, affrancati oggi dalla necessità di instaurazione della causa di merito (e dalla “minaccia” di caducazione in caso di successiva estinzione del giudizio di merito); la previsione che al “merito” possessorio23 si dia corso solo in caso di richiesta di almeno una parte, restando altrimenti suf20 Anche quanto all’individuazione dei provvedimenti reclamabili: sul punto v. le critiche formulate alla disciplina del rito societario, per tutti, da CONSOLO, Le prefigurabili inanità di alcuni nuovi riti commerciali, in Corr. giur., 2003, 11, p. 1521, ove si rileva come la previsione (dell’art. 23 d.lgs. n. 5 del 2003) per cui «contro tutti i provvedimenti in materia cautelare è dato reclamo» non specifica affatto che si debba trattare di provvedimenti di esercizio, in senso positivo o negativo, del potere cautelare: «la reclamabilità è generalizzata ed i provvedimenti resi nei procedimenti cautelari diverrebbero tutti reclamabili, non importa se resi in materia di revoca (art. 669 decies c.p.c.) di attuazione (art. 669 duodecies c.p.c.) o in altri snodi ove non vi è, o non vi è sempre, esercizio del potere cautelare». 21 V. così CARBONE-CONSOLO, Quali riforme oggi per il processo civile di cognizione, in Corr. giur., 2002, 3, p. 283. 22 Non è stata raccolta – quanto alla delimitazione dell’ambito in cui viene meno la strumentalità cautelare – la critica formulata al rito societario nella parte in cui riconduceva a detto ambito in generale la figura dei provvedimenti d’urgenza, a prescindere dalla loro natura anticipatoria o conservativa: critica imperniata sul rilievo della «inaccettabilità sistematica di una durata indefinita di regolamentazioni non coincidenti con le tutele finali previste dalla legge sostanziale» (v. CONSOLO, Le prefigurabili inanità, cit., p. 1518 s.; nonché MARINELLI, Note in tema di tutela cautelare nel nuovo rito societario, in Corr. giur., 2004, 9, p. 1248 s., anche per le altre perplessità sistematiche – a tutt’oggi inevase – sollecitate dal venir meno dell’obbligo di instaurazione della causa di merito). Anzi, con il richiamo espresso all’art. 700, che non compare nella corrispondente norma del rito societario, e con l’esplicita menzione dei provvedimenti enunciatori (strutturalmente conservativi, stante la centralità dell’ordine di cauzione che di regola li viene a connotare), il legislatore sembra aver voluto reprimere anche quella proposta esegetica mediana che, nel novero dei provvedimenti d’urgenza, tendeva a limitare alle sole misure anticipatorie l’incidenza dell’innovazione legislativa volta all’attenuazione della strumentalità cautelare. 23 Ritenuto necessario da Cass., sez. un., 24 febbraio 1998, n. 1984, (tra l’altro) in Corr. Giur., 1998, 6, p. 671, con ns. nota, Il possessorio “restaurato”. In arg. v. altresì SASSANI, La tutela giurisdizionale del possesso dopo la modifica dell’art. 703 c.p.c. (un grand arrêt delle sez. un.), in Riv. dir. proc., 1998, p. 530 ss. Un ripensamento della struttura del possessorio nella direzione oggi percorsa dal legislatore era sollecitato già da CONSOLO, L’avvento del giudice unico fra riorganizzazione e timidezze, in Corr. Giur., 1998, 3, p. 253 ss.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE ficiente – e congruo rispetto alla tipologia sui generis di situazione sostanziale tutelata – il solo provvedimento interdittale (e la sua esecuzione, onde far venir meno il divieto di cumulo disposto dall’art. 705 c.p.c.)24; l’innovativa previsione dell’art. 696 bis, intitolato alla “consulenza tecnica preventiva ai fini di composizione della lite”, volta – negli auspici – a consentire una perizia pur al di fuori di requisiti d’urgenza «ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito», onde rendere possibile una conciliazione che prevenga la lite giudiziale. 8. – Il fulcro dell’intervento legislativo, quanto meno nell’incidenza sulla prassi quotidiana degli operatori, e la parte che certo attirerà la maggior attenzione e le più sollecite preoccupazioni, sarà tuttavia per certo costituito dal processo ordinario di cognizione e dalla fase di trattazione. A tale riguardo, tra le principali di queste preoccupazioni, si è collocata in un primo momento la disciplina transitoria, a fronte dell’assoluto e colpevole silenzio tenuto dal legislatore nel testo originario della l. n. 80, prima dell’intervento correttivo apportato “in corsa” dal d.l. 30 giugno 2005, n. 115, convertito in l. 17 agosto 2005, n. 168 (oggi l’ulteriore d.l. 30 dicembre 2005, n. 271, ha prorogato al 1° marzo l’entrata in vigore della riforma). Il silenzio però, salvi gli innegabili vantaggi suscettibili di essere recati in termini di certezza da un esplicito disposto di legge, non era tale da ingenerare problemi insormontabili, a fronte del rischio che un intervento esplicito – qual è stato messo sin da subito a tema del dibattito, e qual è stato poi realizzato dal legislatore – risultasse fonte di danni, oltre che di benefici. La regola transitoria cardine per le norme processuali è quella espressa dal brocardo tempus regit actum (regola implicita anche nel dettato codicistico, che ad essa appunto apporta esplicita deroga, nell’art. 5, sancendo il principio della perpetuatio iurisdictionis). L’attività processuale è cioè disciplinata dalla norma in vigore al momento in cui viene posta in essere, a ciò conseguendo l’applicabilità immediata delle nuove norme con decorrenza dal 1° marzo 24 Certo attenuato da C. Cost., 3 febbraio 1992, n. 25 (in Foro it., 1992, I, c. 616, con nota di PROTO PISANI, La Corte costituzionale fa leva sull’irreparabilità del pregiudizio per attenuare il divieto di cumulo del petitorio col possessorio, nonché in Nuove leggi civ., 1992, p. 790, con nota di CIAN, Eccezione ed azione petitoria), ma risultando comunque da un lato la piena riespansione delle ragioni “proprietarie” subordinata alla ricorrenza di un danno o pregiudizio irreparabile, dall’altro lato restando tuttora incerto se sia in tali casi divenuta ammissibile l’eccezione feci sed iure feci quale mero mezzo di difesa, o se l’esercizio delle ragioni proprietarie possa solo concretizzarsi tramite una concorrente domanda giudiziale (v. in quest’ultimo senso Cass., 13 agosto 2004, n. 15753, in Mass. Giur. it., 2004, c. 1237).
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(innovazione rispetto al testo originario della l. n. 80, si consenta l’inciso di una battuta dal sapore “apotropaico”, che ha allontanato l’entrata in vigore della riforma dalla nefasta ricorrenza dell’11 settembre, che avrebbe aleggiato quale auspicio nient’affatto benaugurante sul nuovo processo civile “competitivo”). Questa regola era già di per sé idonea a risolvere gran parte delle problematiche transitorie poste dalla l. n. 8025, specie se la si fosse equilibratamente intesa come riferita alla fase, più che al singolo atto processuale: nella consapevolezza che il processo è scandito da una serie di attività che si collocano lungo l’iter procedimentale in una ordinata concatenazione che vede nell’atto precedente il necessario presupposto degli atti successivi. Ciò valeva certamente per il processo esecutivo (salvo forse per quanto attiene all’intervento dei creditori non titolati, che comunque non si può ritenere abbiano maturato – per effetto del pignoramento compiuto nei confronti del proprio debitore – un diritto alla partecipazione; nonché per quanto attiene ad eventuali controversie sorte in sede di distribuzione promosse anteriormente all’entrata in vigore delle nuove norme, le quali probabilmente non verranno “destrutturate” quali procedimenti volti ad una pronuncia sul mero diritto al riparto, secondo quanto adombra la già ricordata previsione, del novellato art. 512, di una decisione con ordinanza soggetta ad opposizione agli atti esecutivi; quanto poi alla generalizzazione di quella sorta di diritto di prelazione endoprocedimentale contemplato dal nuovo art. 499 ult. comma – che richiama, con respiro più ampio rispetto al precedente art. 527 e comunque con una gradualità ben maggiormente calibrata, lo Pfändungspfandrecht della tradizione germanica – è evidente che esso potrà essere invocato solo nei confronti di creditori intervenuti nell’esecuzione immobiliare successivamente all’entrata in vigore della legge, stante che l’intervento antecedente non può essere gravato da un onere di estensione del pignoramento ancora inesistente al momento del suo svolgimento). Identica valutazione si poteva formulare per il processo cautelare. Pare indubitabile che l’attenuazione della strumentalità – ossia il venir meno dell’ob25 D’altronde, anche nel comma 1° dell’art. 90 l. n. 353 del 1990 il principio dell’applicazione
immediata trovava non esiguo spazio, pur nell’opzione per lo “spartiacque” costituito dalla data di notifica dell’atto di citazione. Ed ancor più aveva trovato avallo nell’art. 4, comma 5°, del d.l. 7 ottobre 1994, n. 571, ove si disponeva l’applicabilità immediata ai giudizi pendenti di alcune norme della riforma del ’90, e si riferiva specificamente tale applicabilità immediata alla regola della caducazione dei sequestri, pur autorizzati anteriormente all’entrata in vigore del d.l., per effetto della pronuncia di una contraria sentenza di merito anche non passata in giudicato (art. 669-novies), di contro al regime previgente che richiedeva all’uopo il giudicato formale della sentenza che rigettava l’istanza di convalida o dichiarava inesistente il diritto a cautela del quale essi erano stati concessi.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE bligo di instaurare la causa di merito per i provvedimenti d’urgenza ex art. 700 e gli altri provvedimenti anticipatori ottenuti ante causam (nuovo art. 669octies, comma 6°) – si sarebbe potuta avere per tutti i provvedimenti concessivi della cautela pronunciati dopo tale data, posto che per i precedenti dovrà ancora fissarsi, e così rispettarsi a pena d’inefficacia, il termine dell’attuale art. 669octies (ancora di 30 gg., e non già dei 60 gg. previsti dalle nuove norme, che hanno modificato l’art. 669-octies anche su questo punto della lunghezza del termine per l’instaurazione della causa di merito). Perplessità sarebbero potute sorgere solo quanto ai rapporti tra artt. 669-decies e 669-terdecies, e così quanto al novellamente previsto onere di deduzione dei fatti sopravvenuti in sede di reclamo (se proposto). Anche a questo riguardo va tuttavia rimarcato che il nuovo art. 669 decies è ispirato ad una soluzione dottrinale e giurisprudenziale diffusa e – in considerazione della oramai acquisita natura di “impugnazione sostitutiva” propria del reclamo cautelare26 – correttamente da accogliere a prescindere dall’innovazione legislativa (già preannunciata del resto dall’art. 23 del d.lgs. sul rito societario): sì da far sembrare accettabile che tale onere di deduzione si imponesse per tutti i reclami presentati dopo il 1° gennaio. Né ragioni di dubbio parevano sussistere per il giudizio possessorio, per il quale la prosecuzione nella fase di merito “a richiesta” – ossia subordinata alla istanza di una delle parti, proposta entro il termine perentorio di 60 gg. dalla comunicazione del provvedimento (nuovo art. 703 c.p.c.) – era chiaramente destinata a valere per i soli provvedimenti “interdittali” pronunciati successivamente al 1° gennaio. Per tutte queste ipotesi, una soluzione incentrata sui giudizi principiati dopo l’entrata in vigore della novella sarebbe dunque risultata una fonte di inutili ritardi nell’applicazione delle nuove norme. A quando ad es. far risalire l’inizio di una procedura esecutiva, per poter pretendere l’applicazione dell’innalzamento a 20 gg. del termine per l’opposizione agli atti? Al pignoramento? E allora, per tutte le procedure esecutive in cui il pignoramento sia stato anteriore al 1° gennaio, resterebbe il termine di 5 gg.? E, specie per le “eterne” espropriazioni immobiliari, l’ulteriore esternalizzazione delle operazioni di vendita voluta dal legislatore, nonché la razionalizzazione dell’iter della vendita stessa tramite la preferenza per la procedura senza incanto incentrata sul ruolo del custode, potrebbero trovare applicazione solo per le procedure esecutive il cui atto di pignoramento sia successivo al 1° gennaio? Come pure resterebbe il termine di 10 gg. per il reclamo cautelare e il generale obbligo (nei 30 gg.) di instaurare il giudizio di merito, se il ricorso sia stato depositato (o addi26 Ci si consenta sul punto il rinvio al ns. Struttura rescindente o sostitutiva del reclamo caute-
lare, in Giur. it., 1994, I, 2, c. 215 ss.
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rittura la citazione di merito è stata notificata, in caso di cautela in corso di causa) prima del 1° gennaio? Evidentemente sarebbero queste soluzioni paradossali, che darebbero luogo ad una durevole moltiplicazione e/o compresenza di riti che sarebbe fonte di complicazione, inintelligibilità ed ottusità dell’ordinamento processuale civile, in direzione contraria a quei valori di chiarezza e di nitore che invece dovrebbero essere espresse dalla esigenza di aumentare la competitività del sistema. E ciò – a fronte della scelta oggi maturata dal legislatore del d.l. n. 115 del 2005 e poi del d.l. n. 271 del 2005, incentrata sull’inapplicabilità delle nuove norme ai giudizi civili pendenti alla data del 1° marzo – va ribadito in particolare per il processo cautelare e possessorio, per i quali di gran lunga preferibile sarebbe stata una soluzione imperniata non tanto sulla pendenza, bensì sulla data di pronuncia del provvedimento (cui ricollegare la verifica circa la sussistenza di oneri di attivazione e/o di completezza quanto agli atti d’impulso relativi alle successive fasi di “merito” o di gravame)27. Viceversa assai utile risulta la testé cennata norma transitoria esplicita con riguardo alle norme che disciplinano la fase introduttiva e di trattazione del processo di cognizione: e così per le sole lettere b-bis, b-ter, c-bis e c-ter della l. n. 80. Tuttavia, sulla base dell’enunciata premessa per cui il principio tempus regit actum non può che intendersi, cum grano salis, come riferito alla specifica fase processuale, anche a questo proposito è possibile pervenire, pur nel silenzio legislativo, ad una soluzione soddisfacente che ragionevolmente ritenga applicabili i nuovi artt. 167, 180, 183 e 184 ai soli giudizi il cui atto di citazione sia stato notificato a partire dal 1° marzo. Argomento decisivo, a tal proposito, ci sembra essere quello per cui il modulo di svolgimento della fase introduttiva del processo è tutto “iscritto” già nella citazione, quale atto causativo i cui effetti, nell’attuale tessuto codicistico, si proiettano lungo una coerente concatenazione di atti successivi sino al calare definitivo delle preclusioni. Poiché allora la citazione notificata ancora il 28 febbraio invita il convenuto a costituirsi tempestivamente, con l’avvertimento che altrimenti incor27 In tal senso si sta appunto orientando il legislatore delegato che – in attuazione delle deleghe
conferite dall’art. 1, commi 2° e 3°, della l. n. 80 del 2005 per la riforma della disciplina della Cassazione (oltre che dell’arbitrato) – prevede appunto, nell’articolato sottoposto all’Assemblea Generale della Corte Suprema, che le nuove norme si applichino ai ricorsi per cassazione «avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto» (il testo dell’articolato e della relazione, oltre che del parere dell’Assemblea generale, è reperibile sul sito internet della Corte di cassazione, all’indirizzo web: www.cortedicassazione.it).
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE rerà nelle decadenze dell’art. 167 – che, al momento in cui il convenuto riceve l’atto, sono ancora e solo quelle concernenti la riconvenzionale e le chiamate di terzi –, unicamente alle cause rese pendenti dopo quella data si applicherà il nuovo regime delle preclusioni, esteso anche alle eccezioni “in senso stretto”. Poiché poi la citazione invita il convenuto a partecipare ad un’udienza che, nel momento della ricezione, il mittente ed il destinatario sanno essere ancora quella dello “scambio dei cioccolatini” del vecchio 180, sarebbe del tutto lesivo delle aspettative e del diritto di difesa del convenuto e dell’attore che poi, a quell’udienza, ci si dovesse uniformare ad un modello procedimentale che non è quello divenuto “diritto quesito” nel momento della confezione e della ricezione dell’atto introduttivo del processo e degli avvertimenti ivi contenuti (non foss’altro, possiamo aggiungere, perché non ha senso la “udienzona” secondo il nuovo modello del 183, in carenza della preclusione delle eccezioni “in senso stretto” ricollegata alla comparsa di risposta). In altri termini, già con la notifica dell’atto di citazione (stanti le decadenze preannunciate ai sensi dell’art. 163 n. 7) si comincia a perfezionare quella fattispecie a formazione progressiva che è costituita dalla costituzione del convenuto e dal successivo maturare delle preclusioni. Ed allora diviene chiaro che – assoggettata la citazione notificata prima del 1° marzo alla disciplina tuttora vigente, in forza del principio del tempus regit actum – al medesimo regime dovrà ispirarsi il prosieguo di quella fase introduttiva e di trattazione, scandito dagli artt. 167, 180, 183 e 184, che appunto nella citazione trovano il loro necessario atto presupposto. Sulla base del medesimo percorso argomentativo si potrà del resto risolvere l’affine quesito – trascurato nei vari progetti di ulteriore riforma che si stanno inseguendo in questa vacatio legis – quanto all’applicabilità del principio tempus regit actum in ordine alla nuova disciplina dell’autorizzazione alla vendita immobiliare: qui è la scadenza del termine per il deposito della documentazione ipo-catastale, susseguente al ricorso per la vendita, che rappresenta, ex art. 569 c.p.c., l’atto cui risulta indefettibilmente collegato l’ulteriore iter procedimentale (nomina dell’esperto, fissazione dell’udienza per la comparazione; ordinanza di vendita). Sì da potersi concludere che la previgente disciplina si applicherà nei soli casi in cui il termine per la produzione dei suddetti documenti sia venuto a scadere entro il 1° marzo 2006, là dove la nuova regolamentazione introdotta dalla l. n. 80 troverà applicazione allorché il decorso
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del termine legale di cui all’art. 567 c.p.c. (che comunque non ne risulterà prolungato a 120 gg.)28 si perfezioni successivamente. 9. – Volendo formulare un giudizio conclusivo sulla novella, va rilevato come ci si trovi ancora una volta dinanzi ad una riforma che detta nuove norme processuali poco preoccupandosi del carico di lavoro dei giudici e della capacità di risposta delle strutture, solo parzialmente alleviate dall’ancor più spinta “esternalizzazione” dell’esecuzione immobiliare: nell’illusoria premessa che il processo civile possa velocizzarsi radicalmente “a costo zero”. La vita dell’operatore pratico – nel perseguimento di tale illusione – si vede posta acutamente sotto pressione. Questa considerazione vale anche per i magistrati, per quel termine del comma 7° dell’art. 183 che giustamente impone sin dalla fase iniziale un accurato studio della controversia, dimenticando però che poi questa andrà a decisione non di lì a qualche mese, ma di lì a qualche anno, e magari dinanzi ad un diverso magistrato, rendendo comunque fatale una duplicazione dell’attività volta all’esame dei profili “in diritto” ed “in fatto” della lite. La suddetta considerazione vale tuttavia soprattutto per gli avvocati, che si trovano – dopo 15 anni di riforme – dinanzi ad un panorama del processo civile rivoluzionato con un’intensità ed una profondità che pochi avrebbero potuto prevedere: specie se, alle innovazioni legislative, affianchiamo quelle evoluzioni giurisprudenziali che alle prime si saldano e che hanno portato a ritenere preclusa, con la chiusura della fase di trattazione o con lo scadere dei termini ex art. 184, tanto l’attività di contestazione, quanto la produzione di nuovi documenti29.
28 Salvo a concedere che la possibilità di proroga, ex novo testualmente concessa al g.e. dal novellato art. 567, comma 3°, c.p.c., ma di cui già si fa uso in via di prassi in diversi tribunali, possa esercitarsi anche in relazione al termine di 60 gg., con sostituzione – a questo punto pienamente legittimata ex lege – di un termine giudiziale all’originario termine legale (purché, ovviamente, ciò avvenga nel rispetto dei termini massimi oggi contemplati dall’art. 567, comma 3°, c.p.c., ossia per non più di ulteriori 120 gg.). 29 V. rispettivamente Cass., sez. un., 23 gennaio 2002, n. 761, cit. supra in nota 13, e Cass., sez. un., 20 aprile 2005, nn. 8202 e 8203, in Corr. giur., 2005, 7, p. 929, con note di RUFFINI, Preclusioni istruttorie in primo grado e ammissione di nuove prove in appello: gli artt. 345 comma 3°, e 437 comma 2° c.p.c. al vaglio delle sezioni unite, e di CAVALLINI, Le sezioni unite restringono i limiti delle nuove produzioni documentali nell’appello civile, ma non le vietano, nonché in Foro it., 2005, I, c. 1690, con note di DALFINO, Limiti all’ammissibilità di documenti nuovi in appello: le sezioni unite compongono il contrasto di giurisprudenza (anche con riferimento al rito ordinario), di BARONE, Nuovi documenti in appello: è tutto chiarito?, e di PROTO PISANI, Nuove prove in appello e funzione del processo.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Oggi tutte le preclusioni matureranno a pochissima distanza dall’atto di citazione (a non più di 200 gg. dalla sua notifica, salva l’incidenza di proroghe disposte ex art. 168 bis, comma 5°): con un ritmo incalzante che – oltre a dar luogo probabilmente ad un nuovo interesse per l’interrogatorio libero, per la sua capacità a procrastinare il calare delle barriere preclusive (art. 183, comma 3°) – desta preoccupazioni non solo e non tanto per le eccezioni “in senso stretto”, atteso il numero esiguo delle relative fattispecie30, e la possibilità sussistente, per alcune di esse (compensazione, annullabilità, rescindibilità, “redibitoria” ed “estimatoria” nella vendita e nell’appalto), ove non ancora decorsi i termini di prescrizione, di “aggirare” la preclusione promuovendo un autonomo giudizio e contando sulla riunione (o, in subordine, sulla sospensione per pregiudizialità del primo processo ex art. 295 c.p.c.); le preoccupazioni concernono soprattutto le prove, per le quali la maturazione delle decadenze esclude definitivamente dal materiale rilevante per la decisione della causa eventuali produzioni che risultino precluse (salvo qui solo il caso di successiva estinzione del giudizio). A questo riguardo, infatti, con assai maggior vigore dovrebbe imporsi, a soccorso delle parti, quella lata nozione di prove indispensabili ex art. 345, comma 3°, che è stata solo abbozzata nel recentissimo intervento in materia delle sezioni unite31. Sentenza che con insufficiente decisione (a fronte del tendenziale indirizzo restrittivo sinora accolto dalle sez. semplici32 e di contro al contrario avviso espresso dalla pronuncia della sez. lavoro che sta a monte del-
30 Quanto meno secondo l’insegnamento – a tutt’oggi sostanzialmente non smentito – di Cass., sez. un., 3 febbraio 1998, n. 1099, in Foro it., 1998, I, c. 764, ed in Corr. giur., 1999, 8, p. 1007, con nota di NEGRI, L’eccezione di aliunde perceptum è preclusa in appello. 31 Ci riferiamo evidentemente alle poc’anzi citate Cass., sez. un., nn. 8202 e 8203 del 2005. 32 V. – tutte sostanzialmente convergenti nel ritenere che, «in relazione all’ammissibilità di nuove prove in appello, ex art. 345 c.p.c., qualora la parte dimostri di non aver potuto proporre la prova in primo grado per causa non imputabile, potrà ottenerne l’ammissione a prescindere dal requisito dell’indispensabilità, mentre l’eventuale valutazione di indispensabilità della prova non potrà servire a superare la preclusione nella quale sia incorsa la parte in primo grado in quanto il potere del collegio di ammettere nuove prove in appello non può essere esercitato per sanare preclusioni e decadenze già verificatesi nel giudizio di primo grado» – Cass., 1° giugno 2004, n. 10487, in Mass. Giur. it., 2004, c. 776; Cass., 19 febbraio 2004, n. 3310, in Mass. Giur. it., 2004, c. 181; Cass., 19 agosto 2003, n. 12118, in Mass. Giur. it., 2003, c. 1150; Cass., 6 aprile 2001, n. 5133, in Mass. Giust. civ., 2001, p. 728; Cass., 13 dicembre 2000, n. 15716, in Corr. Giur., 2001, 1, 114, con ns. nota adesiva Nuove prove in appello, poteri istruttori officiosi e principi del giusto processo (intervento rispetto al quale abbiamo tuttavia maturato oggi una diversa sensibilità sistematica ed una lettura molto meno rigorosa della nozione di indispensabilità, e più aperta alla possibilità di nova, a fronte del rischio rappresentato dalle nuove preannunciate, e così incombenti, preclusioni). Accenti diversi, tra i precedenti di legittimità, erano sinora emersi solo in Cass., 23 settembre 2002, n. 13820, in Mass. Giust. civ., 2002, p. 1698.
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l’intervento delle sez. un.33) ha affermato che la nozione di indispensabilità va affrancata da qualunque necessità di dimostrazione della decadenza incolpevole, ed invece incentrata sulla capacità di determinare un positivo accertamento della verità materiale dei fatti di causa, tale da far giungere ad un completo rovesciamento (requisito invero troppo gravoso, quest’ultimo) della decisione di primo grado. 10. – Eppure questa pretesa di immediata definizione del thema decidendum e probandum, senza quasi possibilità di “recuperi” ed integrazioni che non siano affidati alla valvola asfittica della rimessione in termini ex art. 184 bis (il cui ambito di applicazione necessita di essere sempre più rivitalizzato – lo ribadiamo per sottolinearne nuovamente il ruolo di “valvola di sicurezza del sistema” – nel contesto di un rito così rigidamente improntato al principio di preclusione34); questa pretesa, dunque, dovrebbe accompagnarsi ad una controprestazione sinallagmatica del fornitore del servizio-giustizia, lo Stato, qualitativamente corrispondente. E ciò perché le preclusioni – comprimendo di fatto gli spazi a difesa delle parti e la possibilità di accertare la verità materiale35 – risultano ragione33 Ci stiamo chiaramente riferendo a Cass., 20 gennaio 2003, n. 775, in Corr. Giur., 2003, 7, 913, con nota tendenzialmente adesiva sul punto – salvo per il riferimento dei principi affermati al processo del lavoro e per le enunciazioni rese in punto di inammissibilità dell’esercizio dei poteri istruttori officiosi – di RUFFINI, Nuove produzioni documentali in appello e poteri istruttori del giudice nel rito ordinario ed in quello del lavoro. Ivi si trova enunciato il principio per cui «l’omessa indicazione, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado (ricorso o comparsa di risposta), dei documenti (anche eventualmente attinenti ad “eccezioni” rilevabili d’ufficio) o l’omesso deposito degli stessi contestualmente a questo atto (anche ove quivi indicati), determinano la decadenza dal processuale diritto di produrre i documenti stessi, ove non si tratti di documenti formatisi dopo l’inizio del predetto giudizio ovvero di documenti la produzione dei quali sia giustificata dallo sviluppo assunto dal giudizio stesso (per l’art. 420, commi 5° e 7°, c.p.c.). Poiché questa decadenza esclude la possibilità che i documenti stessi possano dalla parte essere prodotti in appello, e poiché i documenti sono compresi nei “nuovi mezzi di prova” indicati dall’art. 437, comma 2°, c.p.c., la parte può produrre in secondo grado i documenti solo ove (attraverso la stessa logica dell’art. 420, commi 5° e 7°, c.p.c.) la produzione sia giustificata dal tempo della formazione dei documenti stessi o dallo sviluppo assunto dal processo, e sia dal Collegio ritenuta indispensabile per la decisione» (c.vo aggiunto). 34 Per la necessità che l’istituto della rimessione in termini assuma un’ariosità ed un’incidenza di applicazione ben maggiore, v. CONSOLO, La trattazione della causa nella fase introduttiva, cit., p. 1072 (ove il rinvio alle esperienze comparate, indagate con capillarità da CAPONI, La rimessione in termini nel processo civile, Milano, 1995, p. 201 ss.). 35 Come con franchezza riconoscono le sez. un. nelle cit. sentenze nn. 8202-8203 del 2005, sul punto incorrendo negli strali di PROTO PISANI, Nuove prove in appello e funzione del processo, cit., c. 1699, che rimarca come il “giusto” processo «deve tendere alla giusta composizione della controversia», che è valore invece che le sez. un. paiono sacrificare «sull’altare (del valore) della ragionevole durata del processo».
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE voli nella prospettiva del “giusto processo”, come insegna la riflessione comparata, specie a livello di giurisprudenza costituzionale tedesca, solo se effettivamente capaci di garantire un sollecito svolgimento dell’iter procedimentale, che verrebbe altrimenti ritardato dalle attività che ne risultano escluse36. È allora obbligo dello Stato e del legislatore – che limita la discrezionalità di quest’ultimo nell’ideare ed imporre uno specifico modello di rito processuale, specie oggi a fronte del rinnovato art. 111 cost. – consentire le deduzioni e produzioni che siano rilevanti per un più corretto accertamento della realtà sostanziale (specie ove questo risulti altrimenti affidato alla regola residuale e “rinunciataria” dell’onere della prova) ma che non siano tali da ritardare significativamente la pronuncia della decisione, alla luce del carico di lavoro e dei tempi medi di “risposta” da parte dei Tribunali. La stessa più volte cit. sentenza n. 8203 del 2005 intuisce significativamente come la regola testé enunciata sia implicita nella garanzia del giusto processo, allorché le sez. un. testualmente affermano «che i termini acceleratori e le preclusioni, volte ad impedire l’ingresso nel processo di un fatto e/o di una prova, sono funzionalizzati proprio a tutelare il suddetto principio della “ragionevole durata” e quello, ad esso correlato, della “economicità” del giudizio». Dal che emerge, sia pure a contrario, il limite della tenuta di qualunque sistema di preclusioni: ossia il fatto che, ove questi obiettivi non risultino conseguibili,
36 Cfr. da ult. la pronuncia della Corte costituzionale federale tedesca del 6 febbraio 2001,
BVerfG, 1 BvR 1030/00: «in base alla giurisprudenza della Corte costituzionale federale, l’interpretazione e l’applicazione delle norme che dispongono preclusioni – e che perciò limitano il diritto di difesa [il Recht auf rechtliches Gehör] – dev’essere sottoposta ad un controllo costituzionale più stringente di quanto accada normalmente quanto all’applicazione della legislazione ordinaria. Il sindacato costituzionale deve estendersi al di là del mero controllo di arbitrarietà legislativa […] Alla pretesa dei soggetti coinvolti in un procedimento giudiziario di usufruire del diritto di difesa [ossia sempre del Recht auf rechtliches Gehör di cui all’art. 103 della Carta costituzionale federale tedesca] corrisponde l’obbligo del giudice di prendere cognizione e di prendere in considerazione le deduzioni e le richieste delle parti del processo. Il giudice dovrà considerare richieste di mezzi istruttori rilevanti per la decisione della causa». Sempre secondo la Corte costituzionale tedesca (NJW 1990, 2373), non solo l’assunzione di nuove prove costituite o lo svolgimento di consulenza tecnica su nuovi documenti saranno doverosi, ove inidonei a determinare un significativo rallentamento dei tempi del processo, ma anche l’assunzione di nuove prove costituende potrà risultare idonea a non appesantire il processo se adeguatamente preparata e scandita su impulso del giudicante. La necessità di coordinare la disciplina dell’esercizio dei poteri di parte con il principio di parità delle armi è avvertita anche da CAPONI, Brevi note sul contraddittorio in condizioni di parità nel processo civile, in Il nuovo art. 111 Cost. e il giusto processo civile, Atti del Convegno dell’Isola d’Elba, 9-10 giugno 2000, Milano, 2001, p. 283 ss., che per tale ragione propugna un ampliamento delle fattispecie in cui poter fare ricorso all’istituto della rimessione in termini.
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più non si giustifica un sistema di preclusioni eccessivamente rigoroso37, poiché nella prospettiva dell’equo processo sull’altare della celerità non si possono sacrificare solo i diritti delle parti, esposti al rischio di essere disconosciuti solo per l’operare casuale delle regole processuali volta a volta ideate da un legislatore arbitrario38. Restringere invece le possibilità di allegazioni e deduzioni di merito ed istruttorie delle parti ai soli atti introduttivi e ad una sola memoria scritta con successiva facoltà di mera replica, significa dimenticare la lezione di chi – nel pronunciarsi contro la rigida chiusura dell’appello ai nova39 – ammoniva che «prima della decisione la norma giuridica è una realtà tutta da intendere e verificare: il suo fraintendimento, lungi dall’essere un evento colpevole, costituisce un’eventualità assolutamente naturale», ingenua essendo l’impressione «che la
37 Nel senso che il principio di preclusione – nell’impedire il rilievo d’ufficio o tardivo di una
violazione di una norma avente fonte comunitaria – sia compatibile con il diritto comunitario medesimo in quanto «garantisce il regolare svolgimento del procedimento, in particolare preservandolo dai ritardi dovuti alla valutazione dei motivi nuovi» (c.vo aggiunto), v. anche la sentenza della Corte di giustizia del 14 dicembre 1995, C-430/93, van Schjindel, in Giur. it., 1998, p. 405. 38 Cfr. altresì, nel senso che costituisce una «perniciosa confusione» quella che porta a ravvisare la soluzione del problema della ragionevole durata del processo nell’imposizione alle parti di rigidi termini perentori, TARZIA, L’art. 111 Cost. e le garanzie europee del processo civile, in Riv. dir. proc., 2001, p. 21; nel senso che componente del diritto di azione e di difesa è anche la previsione di preclusioni che non siano tali da rendere eccessivamente onerosa o difficoltosa la difesa in giudizio, pure COMOGLIO, Il «giusto processo» civile nella dimensione comparatistica, in Riv. dir. proc., 2002, p. 737; v. anche SCARSELLI, La ragionevole durata del processo civile, in Foro it., 2003, V, c. 129 s.: «il principio della ragionevole durata del processo non può andare a danno della qualità della cognizione e non può comprimere i valori, fondamentali e prevalenti, dei diritti costituzionali alla difesa, al contraddittorio e alla prova. E dunque, dinanzi ad ogni proposta di contenimento dei tempi processuali, ci si deve chiedere se tale contenimento non incida in modo inaccettabile, o comunque rilevante, su tali diritti fondamentali prevalenti, che per essere esercitati in modo compiuto necessitano inevitabilmente di un certo lasso di tempo». Per la raccomandazione per cui, «se è inconcepibile un processo senza preclusioni, è pur altrettanto vero che esse, come “strumenti” per assicurare l’ordinato svolgersi del processo medesimo (se così si vuole, “strumenti dello strumento”), in ciò han da esplicare e ad un tempo esaurire la lor funzione, senza poter aspirare a rappresentare esse stesse un “valore” degno in quanto tale di esser perseguito per sé medesimo», COLESANTI, Il processo di cognizione nella riforma del 1990, cit., p. 64. 39 E nel condividere la premessa che la preclusione dei nova può condurre ad una decisione ingiusta: il che tuttavia non necessariamente deve condurre ad una totale abolizione delle decadenze, posto che «l’equilibrio tra giustizia e certezza può essere raggiunto solo imponendo un momento di preclusione delle difese e permettendo una rapida decisione» (c.vo aggiunto): CERINO CANOVA, Relazioni sulle proposte di riforma del processo civile di cognizione. IV. Le impugnazioni, in Riv. dir. proc., 1978, p. 539.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE controversia sia pienamente delineata già prima del processo ed abbisogni soltanto di una diligente esposizione»40. 11. – Pertanto lo stesso nuovo art. 183, e di riflesso il precedente art. 167, avranno senso solo: - se potrà essere mediamente rispettato il termine per l’ordinanza ammissiva delle prove dato al giudice, e se – per conseguire tale fine – non si abusi del potere di rinvio dell’udienza al di là della soglia massima dei 45 gg. prevista dall’art. 168 bis, comma 5°; - se detto termine vedrà la pronuncia di ordinanze a ragion cognita (troppo facile essendo prevedere la via di fuga di ordinanze ammissive indiscriminate, onde conciliare l’obbligo di legge con il carico di lavoro gravante sul magistrato) e sarà seguito in tempi certi dall’inizio dell’attività istruttoria; - se verranno soprattutto messi in opera gli strumenti per allentare il famoso “collo di bottiglia”, ossia la strozzatura che impone i tempi lunghi di attesa per la precisazione delle conclusioni, dopo la chiusura della fase istruttoria. Altrimenti, pure il nuovo processo civile competitivo non potrà che essere ancor oggi descritto con la seguente, impietosa metafora: ossia l’immagine che vede i protagonisti del processo – giudice, difensori e parti – dotati dal legislatore di una Ferrari ultimo modello, ma costretti a districarsi a passo di lumaca nel mezzo di un traffico congestionato dall’ingorgo dovuto alle troppe cause contestualmente pendenti. Solo che, a questo punto, se anche – come parte, difensore e giudice – posso sia pur faticosamente accettare di essere periodicamente costretto ad impratichirmi di nuovi modelli e nuovi comandi e nuovi stili di guida (cioè, fuor di metafora, di un rito ri-novellato, a poca distanza dal già notevole scombussolamento recato dal rito societario); se anche questo può ammettersi41, pare 40 CERINO CANOVA, op.cit., p. 541 s.; nonché, nel medesimo torno di anni, ALLORIO, Sul doppio
grado del processo civile, in Studi in onore di Liebman, Milano, 1979, vol. III, pp. 1795 ss. e 1811 s. V. altresì le convergenti riflessioni svolte, nel corso dell’elaborazione della riforma del ’90, da CONSOLO, Le proposte «Vassalli» di riforma del c.p.c.: note sulla disciplina della sentenza e delle sue fasi di gravame, in Giust. Civ., 1989, II, p. 198 ss. 41 Ma v. CONSOLO, La trattazione nella fase introduttiva del processo, cit., p. 1069: «a me pare che per alcuni anni si debba sospendere l’iperattivismo normativo, soprattutto in questo campo. Forte è, certo, la tentazione di emendare ancora errori e anacronismi delle leggi di riforma con mirati interventi di microchirurgia normativa; tuttavia, vien fatto di suggerire di non mettere assolutamente in cantiere per il prossimo lustro nessun intervento di largo respiro, perché occorre prima completare l’assimilazione di questa stagione di riforme, tutto sommato rivelatasi così burrascosa, e bisogna pertanto evitare di sovraccaricare il paziente di medicine che potrebbero avere
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE “COMPETITIVO” - M. DE CRISTOFARO
invece inaccettabile – ed oltrepassa la soglia del “giusto processo” – essere costretti a “far rifornimento” una sola volta, con la promessa di un cammino rapido e spedito, senza più la possibilità neppure di una breve sosta (ossia, anche qui fuor di metafora, di nova di merito ed istruttori), che ritarderebbe di poco o nulla il lento ed estenuante cammino della nostra causa-Ferrari nell’ingorgo ineluttabile che tuttora costituisce la cifra caratterizzante il panorama della nostra giustizia civile: restando le parti intrappolate in una pressoché interminabile coda, e senza possibilità di dispiegare con relativa comodità di tempi e spazi le proprie difese, irragionevolmente compresse da un sistema di preclusioni a dir poco “draconico”.
un effetto davvero controproducente»; consonanza di accenti anche nella battuta di PROTO PISANI, Dieci anni di riforme per la giustizia civile, in Giur. it., 2000, p. 1768: «quando nel 1957 iniziai a studiare diritto i codici […] erano un bene di durata: erano destinati a durare fino a che materialmente non si consumavano per l’uso […] Dalla fine degli anni ’80 i codici sembrano divenuti un bene, per così dire istantaneo».
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MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA CIVILE E ALLE DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE
Entrata in vigore e regime transitorio Art. 2 D.L. nr. 35/05 convertito con L. 80/05 e succ. modificazioni. Le disposizioni di cui al comma 3, lett. a), b), c), e d) e di cui al comma 4 e 4bis della L. 80/05 sono già entrate in vigore. Le disposizioni di cui al comma 3, lett. e), n. 1 della L. 80/05 entreranno in vigore il 1° marzo 2006 . Le disposizioni di cui al comma 3, lett. b-bis), b-ter), c-bis), c-ter), c-quater), cquinquies), e-bis) ed e-ter); comma 3-bis e 3-ter, lett. a) della medesima Legge entreranno in vigore il 1° marzo 2006 e si applicheranno ai procedimenti instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore. Le disposizioni di cui al comma 3, lett. e), nr. 2-43bis e di cui al comma 3-ter lett. a-bis), b), c), c-bis), d), e), ed f) entreranno in vigore il 1° marzo 2006 e si applicheranno alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore, purché non sia ancora stata ordinata la vendita, nel qual caso la stessa avrà luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore. L’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserverà efficacia se avvenuto prima del 1° marzo 2006. N.B.: Il termine originariamente previsto per il 1 gennaio 2006 è stato prorogato al 1 marzo 2006 con decreto legge recante: “Differimento di termini in materia di efficacia delle disposizioni di modifica del codice di procedura civile di cui ai commi 3-quater, 3-quinquies e 3-sexies dell’articolo 2 del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, nonché modifiche al comma 4 dell’articolo 2, della legge 28 dicembre 2005, n. 263”, approvato il 29.12.2005 dal Governo. Esemplificativamente: 1) le norme relative all’articolo 474 C.p.c. entrano in vigore l’1 marzo 2006; è discusso se i titoli formatisi anteriormente al 1marzo 2006 abbiano o meno valenza di titolo esecutivo (per l’ipotesi contraria si sostiene che all’epoca in cui sono stati sottoscritti le parti non sapevano che avrebbe avuto forza di titolo
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE esecutivo, per quella a favore si osserva che l’esecutività discende dalla legge e non altera la volontà delle parti, né modifica la regolamentazione degli interessi). 2) le norme relative al processo di esecuzione entrano in vigore l’1 marzo 2006 e si applicano anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima dell’1 marzo 2006. In particolare, bisogna considerare che la procedura esecutiva non è un processo, ma una serie di atti e provvedimenti successivi; pertanto il principio a cui si ipotizza doversi uniformare è quello del tempus regit actum, eccezion fatta per quelle norme che, pur operando nell’ambito processuale, appartengono al diritto sostanziale in quanto incidono sulle facoltà del singolo e, in definitiva, sui diritti soggettivi di cui dette facoltà sono espressione (Cass. nr. 2879/1979). I pignoramenti seguiranno la nuova normativa se compiuti successivamente al 1 marzo. La conversione del pignoramento avverrà secondo i nuovi termini e modi se depositata dopo il 1 marzo, per quella depositata prima, ma non ancora decisa, si potrà concedere il maggior termine di rateizzazione. La vendita seguirà le regole del provvedimento autorizzativo, le nuove gare disposte dopo il 1 marzo – anche per l’ipotesi di incanto andato deserto – verranno regolate dalle nuove norme. La nuova disciplina della custodia dovrebbe trovare immediata applicazione. I decreti di trasferimento dovranno uniformarsi alla nuova normativa solo se emessi dopo il 1 marzo. La sospensione su istanza delle parti è di immediata applicazione. Le nuove norme riguardanti la distribuzione non potranno trovare applicazione con riferimento alle procedure esecutive in cui vi sono creditori intervenienti prima del 1 marzo, in virtù del principio tempus regit actum e del diritto quesito dei creditori a partecipare alla distribuzione secondo le vecchie norme. I provvedimenti di sospensione sono reclamabili solo se comunicati dopo il 1 marzo. 3) le altre norme riguardanti il processo civile (salvo quelle già in vigore, specificatamente le modifiche introdotte agli artt. 133, 134, 176, 250 c.p.c. e artt.3, 4 e 8 della L. 890/82 ), anche così come modificate dal provvedimento approvato il 21 dicembre, e le ulteriori disposizioni introdotte da tale provvedimento 42
MODIFICHE AL C.P.C. E ALLE DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE entrano in vigore l’1 marzo 2006 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore. Regime transitorio di entrata in vigore delle novità in materia di giudizio per cassazione e di arbitrato: Art. 27 del D. Lgs. 2.2.2006 nr. 40 Gli articoli di cui all’art. 1 (ndr: modifiche all’art. 339) e 19, comma 1°, lett. f) (ndr: modifiche all’art. 151 disp.att.cpc) si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto si applica la disciplina previgente. Le disposizioni di cui agli artt. 2-18 e 19, comma 1, lett. a), b), c), d), e) e g) si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Le disposizioni di cui agli artt. dall’806 all’808 quinquies c.p.c. si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del presente decreto. Le disposizioni di cui agli artt. dall’809 all’832 c.p.c. si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del presente decreto. Alla data di entrata in vigore gli artt. 833, 834, 835, 836, 837 e 838 c.p.c. saranno abrogati. Il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, è stato pubblicato sulla GU n. 38 del 15.2.2006, pertanto l’entrata in vigore è da considerarsi il 2.3.2006. Non sono state, nel momento in cui andiamo in stampa, ancora promulgate la legge sulle esecuzioni immobiliari Kessler (che modifica in parte il testo degli interventi correttivi approvati dal Senato lo scorso 21 dicembre), la legge sull’affido condiviso e quelle sulle “Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali (N. 3337)”. Saranno ovvie le conseguenze derivanti dal ritardo attesa la sovrapposizione degli interventi per le modifiche introdotte con la legge Kessler. Si ricorda che ai giudizi iniziati prima del 30.4.1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data (v. art. 90 L. 26.11.90 N. 353)
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO LIBRO PRIMO DISPOSIZIONI GENERALI TITOLO I Degli organi giudiziari CAPO I Del giudice SEZIONE I Della giurisdizione e della competenza in generale Art. 1 (Giurisdizione dei giudici ordinari) La giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge è esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del presente Codice Art. 2 (Inderogabilità convenzionale della giurisdizione) Art. 3 (Pendenza di lite davanti a giudice straniero) Art. 4 (Giurisdizione rispetto allo straniero) Art. 5 (Momento determinante della giurisdizione e della competenza) La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo. Art. 6 (Inderogabilità convenzionale della competenza) La competenza non può essere derogata per accordo delle parti, salvo che nei casi stabiliti dalla legge. SEZIONE II Della competenza per materia e valore Art. 7 (Competenza del giudice di pace) Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non 47
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE superiore a euro 2.582,28, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice. Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi euro 15.493,71. È competente qualunque ne sia il valore: 1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi; 2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case; 3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità; Art. 8 (Competenza del pretore) Art. 9 (Competenza del tribunale) Il tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice. Il tribunale è altresì esclusivamente competente per le cause in materia di imposte e tasse, per quelle relative allo stato e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici, per la querela di falso, per l’esecuzione forzata e, in generale, per ogni causa di valore indeterminabile. Art. 10 (Determinazione del valore) Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti. A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro e gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione si sommano col capitale. Art. 11 (Cause relative a quote di obbligazione tra più parti) Se è chiesto da più persone o contro più persone l’adempimento per quote di un’obbligazione, il valore della causa si determina dall’intera obbligazione.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Art. 12 (Cause relative a rapporti obbligatori, a locazioni e a divisioni) Il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione. Il valore delle cause per divisione si determina da quello della massa attiva da dividersi. Art. 13 (Cause relative a prestazioni alimentari e a rendite) Nelle cause per prestazioni alimentari periodiche, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni. Nelle cause relative a rendite perpetue, se il titolo è controverso, il valore si determina cumulando venti annualità; nelle cause relative a rendite temporanee o vitalizie, cumulando le annualità domandate fino a un massimo di dieci. Le regole del comma precedente si applicano anche per determinare il valore delle cause relative al diritto del concedente. Art. 14 (Cause relative a somme di danaro e a beni mobili) Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore; in mancanza di indicazioni e/o dichiarazione, la causa si presume di competenza del giudice adito. Il convenuto può contestare, ma soltanto nella prima difesa, il valore come sopra dichiarato o presunto; in tal caso il giudice decide, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e senza apposita istruzione. Se il convenuto non contesta il valore dichiarato o presunto, questo rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito. Art. 15 (Cause relative a beni immobili) Il valore delle cause relative a beni immobili è determinato moltiplicando il reddito dominicale del terreno e la rendita catastale del fabbricato alla data della proposizione della domanda: - per duecento per le cause relative alla proprietà; - per cento per le cause relative all’usufrutto, all’uso, all’abitazione, alla nuda proprietà e al diritto dell’enfiteuta; - per cinquanta con riferimento al fondo servente per le cause relative alle servitù. 49
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Il valore delle cause per il regolamento di confini si desume dal valore della parte di proprietà controversa, se questa è determinata; altrimenti il giudice lo determina a norma del comma seguente. Se per l’immobile all’atto della proposizione della domanda non risulta il reddito dominicale o la rendita catastale, il giudice determina il valore della causa secondo quanto emerge dagli atti; e se questi non offrono elementi per la stima, ritiene la causa di valore indeterminabile. Art. 16 (Esecuzione forzata) Art. 17 (Cause relative all’esecuzione forzata) Il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede; quello delle cause relative alle opposizioni proposte da terzi a norma dell’art. 619, dal valore dei beni controversi; quello delle cause relative a controversie sorte in sede di distribuzione, dal valore del maggiore dei crediti contestati. SEZIONE III Della competenza per territorio Art. 18 (Foro generale delle persone fisiche) Salvo che la legge disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora. Se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora nella Repubblica o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore. Art. 19 (Foro generale delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute) Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora sia convenuta una persona giuridica, è competente il giudice del luogo dove essa ha sede. È competente altresì il giudice del luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l’oggetto della domanda.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Ai fini della competenza, le società non aventi personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli artt. 36 e segg. del Codice civile hanno sede dove svolgono attività in modo continuativo. Art. 20 (Foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione) Per le cause relative a diritti di obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio. Art. 21 (Foro per le cause relative a diritti reali e ad azioni possessorie) Per le cause relative a diritti reali su beni immobili, per le cause in materia di locazione e comodato di immobili e di affitto di aziende, nonché per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi, è competente il giudice del luogo dove è posto l’immobile o l’azienda. Qualora l’immobile sia compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior tributo verso lo Stato; quando non è sottoposto a tributo, è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell’immobile. Per le azioni possessorie e per la denuncia di nuova opera e di danno temuto è competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato. Art. 22 (Foro per le cause ereditarie) È competente il giudice del luogo dell’aperta successione per le cause: 1) relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra coeredi fino alla divisione; 2) relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle quote, purché proposte entro un biennio dalla divisione; 3) relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall’erede, purché proposte prima della divisione e in ogni caso entro un biennio dall’apertura della successione; 4) contro l’esecutore testamentario, purché proposte entro i termini indicati nel numero precedente. Se la successione si è aperta fuori della Repubblica, le cause suindicate sono di competenza del giudice del luogo in cui è posta la maggior parte dei beni situati nella Repubblica, o, in mancanza di questi, del luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei convenuti.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 23 (Foro per le cause tra soci e tra condomini) Per le cause tra soci è competente il giudice del luogo dove ha sede la società; per le cause tra condomini, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi. Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio, purché la domanda sia proposta entro un biennio dalla divisione. Art. 24 (Foro per le cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali) Per le cause relative alla gestione di una tutela o di un’amministrazione patrimoniale, conferita per legge o per provvedimento dell’Autorità è competente il giudice del luogo d’esercizio della tutela o dell’amministrazione. Art. 25 (Foro della pubblica amministrazione) Per le cause nelle quali è parte un’Amministrazione dello Stato è competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti, il giudice del luogo dove ha sede l’Ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. Quando l’amministrazione è convenuta, tale distretto si determina con riguardo al giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda. Art. 26 (Foro dell’esecuzione forzata) Per l’esecuzione forzata su cose mobili o immobili è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano. Se le cose immobili soggette all’esecuzione non sono interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l’art. 21. Per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore. Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto. Art. 27 (Foro relativo alle opposizioni all’esecuzione) Per le cause di opposizione all’esecuzione forzata di cui agli artt. 615 e 619 è competente il giudice del luogo dell’esecuzione, salva la disposizione dell’art. 480 terzo comma. 52
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi è competente il giudice davanti al quale si svolge l’esecuzione. Art. 28 (Foro stabilito per accordo delle parti) La competenza per territorio può essere derogata per accordo delle parti, salvo che per le cause previste nei nn. 1, 2, 3 e 5 dell’art. 70, per i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti in Camera di consiglio e per ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge. Art. 29 (Forma ed effetti dell’accordo delle parti) L’accordo delle parti per la deroga della competenza territoriale deve riferirsi ad uno o più affari determinati e risultare da atto scritto. L’accordo non attribuisce al giudice designato competenza esclusiva quando ciò non è espressamente stabilito. Art. 30 (Foro del domicilio eletto) Chi ha eletto domicilio a norma dell’art. 47 del Codice civile può essere convenuto davanti al giudice del domicilio stesso. Art. 30 bis (Foro per le cause in cui sono parti i magistrati) Le cause in cui sono comunque parti magistrati, che secondo le norme del presente capo sarebbero attribuite alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di corte d’appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale. Se nel distretto determinato ai sensi del primo comma il magistrato è venuto ad esercitare le proprie funzioni successivamente alla sua chiamata in giudizio, è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso distretto di corte d’appello individuato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale con riferimento alla nuova destinazione. (vedi C. Cost. nr. 444/2002, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui si applica ai processi di esecuzione forzata promossi da o contro magistrati in servizio nel distretto di Corte d'Appello comprendente l'ufficio giudiziario competente ai sensi dell'art. 26 C.p.c.; nonché C. Cost. nr. 147/2004, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente 53
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE articolo, primo comma, ad eccezione della parte relativa alle azioni civili concernenti le restituzioni ed il risarcimento del danno da reato di cui sia parte un magistrato, nei termini di cui all'art. 11 del C.p.p.) SEZIONE IV Delle modificazioni della competenza per ragioni di connessione Art. 31 (Cause accessorie) La domanda accessoria può essere proposta al giudice territorialmente competente per la domanda principale affinché sia decisa nello stesso processo, osservata, quanto alla competenza per valore, la disposizione dell’art. 10, secondo comma. Art. 32 (Cause di garanzia) La domanda di garanzia può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo. Qualora essa ecceda la competenza per valore del giudice adito, questi rimette entrambe le cause al giudice superiore assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione. Art. 33 (Cumulo soggettivo) Le cause contro più persone che a norma degli artt. 18 e 19 dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l’oggetto o per il titolo possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo. Art. 34 (Accertamenti incidentali) Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui. Art. 35 (Eccezione di compensazione) Quando è opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su 54
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per la decisione relativa all’eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre, l’esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione; altrimenti provvede a norma dell’articolo precedente. Art. 36 (Cause riconvenzionali) Il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purché non eccedano la sua competenza per materia o valore; altrimenti applica le disposizioni dei due articoli precedenti. SEZIONE V Del difetto di giurisdizione, dell’incompetenza e della litispendenza Art. 37 (Difetto di giurisdizione) Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica Amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo. Art. 38 (Incompetenza) L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall’articolo 28 sono rilevate, anche d’ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione. L’incompetenza per territorio, fuori dei casi previsti dall’articolo 28, è eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta. L’eccezione si ha per non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la parte ritiene competente. Quando le parti costituite aderiscono a tale indicazione, la competenza del giudice rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione dal ruolo. Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai soli fini, della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall’eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni. (la Corte Cost. con sentenza 08.02.06 n. 41 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 38 e 102 c.p.c. nella parte in cui, in ipotesi di litisconsorzio 55
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE necessario, consentono di ritenere improduttiva di effetti l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile proposta non da tutti i litisconsorzi necessari) Art. 39 (Litispendenza e continenza di cause) Se una stessa causa è proposta davanti ai giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con sentenza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo. Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con sentenza la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate. La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione. Art. 40 (Connessione) Se sono proposte davanti a giudici diversi più cause le quali, per ragione di connessione, possono essere decise in un solo processo, il giudice fissa con sentenza alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa accessoria davanti al giudice della causa principale, e negli altri casi davanti a quello preventivamente adito. La connessione non può essere eccepita dalle parti né rilevata d’ufficio dopo la prima udienza, e la rimessione non può essere ordinata quando lo stato della causa principale o preventivamente proposta non consente l’esauriente trattazione e decisione delle cause connesse. Nei casi previsti negli articoli 31, 32, 34, 35, 36 le cause, cumulativamente proposte o successivamente riunite, debbono essere trattate e decise col rito ordinario, salva l’applicazione del solo rito speciale quando una di tali cause rientri fra quelle indicate negli articoli 409 e 442. Qualora le cause connesse siano assoggettate a differenti riti speciali debbono essere trattate e decise col rito previsto per quella tra esse in ragione della quale viene determinata la competenza o, in subordine, col rito previsto per la causa di maggior valore. Se la causa è stata trattata con un rito diverso da quello divenuto applicabile ai sensi del terzo comma, il giudice provvede a norma degli articoli 426, 427 e 439. 56
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Se una causa di competenza del giudice di pace sia connessa per i motivi di cui agli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 con altra causa di competenza del tribunale, le relative domande possono essere proposte innanzi al tribunale affinché siano decise nello stesso processo. Se le cause connesse ai sensi del sesto comma sono proposte davanti al giudice di pace e al tribunale, il giudice di pace deve pronunziare anche d’ufficio la connessione a favore del tribunale. SEZIONE VI Del regolamento di giurisdizione e di competenza Art. 41 (Regolamento di giurisdizione) Finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle Sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all’art. 37. L’istanza si propone con ricorso a norma degli artt. 364 e segg., e produce gli effetti di cui all’art. 367. La pubblica Amministrazione che non è parte in causa può chiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all’Amministrazione stessa, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato. Art. 42 (Regolamento necessario di competenza) La sentenza che, pronunciando sulla competenza anche ai sensi degli articoli 39 e 40, non decide il merito della causa e i provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 295 possono essere impugnati soltanto con istanza di regolamento di competenza. Art. 43 (Regolamento facoltativo di competenza) La sentenza che ha pronunciato sulla competenza insieme col merito può essere impugnata con l’istanza di regolamento di competenza, oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sul merito. La proposizione dell’impugnazione ordinaria non toglie alle altre parti la facoltà di proporre l’istanza di regolamento. Se l’istanza di regolamento è proposta prima dell’impugnazione ordinaria, i termini per la proposizione di questa riprendono a decorrere dalla comunicazione 57
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE della sentenza che regola la competenza; se è proposta dopo si applica la disposizione dell’articolo 48. Art. 44 (Efficacia della sentenza che pronuncia sulla competenza) La sentenza che, anche a norma degli articoli 39 e 40, dichiara l’incompetenza del giudice che l’ha pronunciata, se non è impugnata con l’istanza di regolamento, rende incontestabile l’incompetenza dichiarata e la competenza del giudice in essa indicato se la causa è riassunta nei termini di cui all’art. 50, salvo che si tratti di incompetenza per materia o di incompetenza per territorio nei casi previsti nell’art. 28. Art. 45 (Conflitto di competenza) Quando, in seguito alla sentenza che dichiara l’incompetenza del giudice adito per ragione di materia o per territorio nei casi di cui all’art. 28, la causa nei termini di cui all’art. 50 è riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d’ufficio il regolamento di competenza. Art. 46 (Casi di inapplicabilità del regolamento di competenza) Le disposizioni degli artt. 42 e 43 non si applicano nei giudizi davanti ai giudici di pace. Art. 47 (Procedimento del regolamento di competenza) L’istanza di regolamento di competenza si propone alla Corte di cassazione con ricorso sottoscritto dal procuratore o dalla parte, se questa si è costituita personalmente. Il ricorso deve essere notificato alle parti che non vi hanno aderito entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla competenza o dalla notificazione dell’impugnazione ordinaria nel caso previsto nell’art. 43, secondo comma. L’adesione delle parti può risultare anche dalla sottoscrizione del ricorso. La parte che propone l’istanza, nei cinque giorni successivi all’ultima notificazione del ricorso alle parti, deve chiedere ai cancellieri degli Uffici davanti ai quali pendono i processi che i relativi fascicoli siano rimessi alla cancelleria della Corte di cassazione. Nel termine perentorio di venti giorni dalla stessa notificazione deve depositare nella cancelleria il ricorso con i documenti necessari. 58
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Il regolamento d’ufficio è richiesto con ordinanza dal giudice il quale dispone la rimessione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria della Corte di cassazione. Le parti, alle quali è notificato il ricorso o comunicata l’ordinanza del giudice, possono, nei venti giorni successivi, depositare nella cancelleria della Corte di cassazione scritture difensive e documenti. Art. 48 (Sospensione dei processi) I processi relativamente ai quali è chiesto il regolamento di competenza sono sospesi dal giorno in cui è presentata l’istanza al cancelliere a norma dell’articolo precedente o dalla pronuncia dell’ordinanza che richiede il regolamento. Il giudice può autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti. Art. 49 (Sentenza di regolamento di competenza) Il regolamento è pronunciato con sentenza in Camera di consiglio entro i venti giorni successivi alla scadenza del termine previsto nell’art. 47, ultimo comma. Con la sentenza la Corte di cassazione statuisce sulla competenza, dà i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo davanti al giudice che dichiara competente e rimette, quando occorre, le parti in termini affinché provvedano alla loro difesa. Art. 50 (Riassunzione della causa) Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato nella sentenza dal giudice e, in mancanza, in quello di sei mesi dalla comunicazione della sentenza di regolamento o della sentenza che dichiara l’incompetenza del giudice adito, il processo continua davanti al nuovo giudice. Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati, il processo si estingue. SEZIONE VI bis Della composizione del tribunale Art. 50 bis (Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale) Il tribunale giudica in composizione collegiale: 1) nelle cause nelle quali è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero, salvo che sia altrimenti disposto; 59
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE 2) nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e alle altre leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa; 3) nelle cause devolute alle sezioni specializzate; 4) nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo; 5) nelle cause di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché nelle cause di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi; 6) nelle cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione di legittima; 7) nelle cause di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117. Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli articoli 737 e seguenti, salvo che sia altrimenti disposto. Art. 50 ter (Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica) Fuori dei casi previsti dall’articolo 50-bis, il tribunale giudica in composizione monocratica. Art. 50 quater (Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale) Le disposizioni di cui agli articoli 50 bis e 50 ter non si considerano attinenti alla costituzione del giudice. Alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l’articolo 161, primo comma. SEZIONE VII Dell’astensione, della ricusazione e della responsabilità dei giudici Art. 51 (Astensione del giudice) Il giudice ha l’obbligo di astenersi: 1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto; 2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di 60
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; 3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; 4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; 5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa. In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell’Ufficio l’autorizzazione ad astenersi; quando l’astensione riguarda il capo dell’Ufficio, l’autorizzazione è chiesta al capo dell’Ufficio superiore. Art. 52 (Ricusazione del giudice) Nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna delle parti può proporne la ricusazione mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova. Il ricorso, sottoscritto dalla parte o dal difensore, deve essere depositato in cancelleria due giorni prima dell’udienza, se al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o decidere la causa, e prima dell’inizio della trattazione o discussione di questa nel caso contrario. La ricusazione sospende il processo. Art. 53 (Giudice competente) Sulla ricusazione decide il presidente del tribunale se è ricusato un giudice di pace; il collegio se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte. La decisione è pronunciata con ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte. Art. 54 (Ordinanza sulla ricusazione) L’ordinanza che accoglie il ricorso designa il giudice che deve sostituire quello ricusato. La ricusazione è dichiarata inammissibile, se non è stata proposta nelle forme e nei termini fissati nell’art. 52. 61
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE L’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e condanna la parte o il difensore che l’ha proposta a una pena pecuniaria non superiore a euro 10. Dell’ordinanza è data notizia dalla cancelleria al giudice e alle parti, le quali debbono provvedere alla riassunzione della causa nel termine perentorio di sei mesi. (Vedi C. Cost. nr. 78/2002, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui prevede che l'ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, "condanna" la parte o il difensore che l'ha proposta ad una pena pecuniaria, anziché prevedere che "può condannare" la parte o il difensore medesimi ad una pena pecuniaria.) Art. 55 (Responsabilità civile del giudice) Art. 56 (Autorizzazione) CAPO II Del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario Art. 57 (Attività del cancelliere) Il cancelliere documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attività proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti. Egli assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato processo verbale. Quando il giudice provvede per iscritto, salvo che la legge disponga altrimenti, il cancelliere stende la scrittura e vi appone la sua sottoscrizione dopo quella del giudice. Art. 58 (Altre attività del cancelliere) Il cancelliere attende al rilascio di copie ed estratti autentici dei documenti prodotti, all’iscrizione delle cause a ruolo, alla formazione del fascicolo d’ufficio e alla conservazione di quelli delle parti, alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte dalla legge o dal giudice, nonché alle altre incombenze che la legge gli attribuisce. Art. 59 (Attività dell’ufficiale giudiziario) L’ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede all’esecuzione dei 62
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO suoi ordini, esegue la notificazione degli atti e attende alle altre incombenze che la legge gli attribuisce. Art. 60 (Responsabilità del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario) Il cancelliere e l’ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili: 1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati; 2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave. CAPO III Del consulente tecnico, del custode e degli ausiliari del giudice Art. 61 (Consulente tecnico) Quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica. La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente Codice. Art. 62 (Attività del consulente) Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede a norma degli artt. 194 e segg., e degli artt. 441 e 463. Art. 63 (Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione del consulente) Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l’obbligo di prestare il suo ufficio, tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione. Il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell’art. 51. Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l’ha nominato. Art. 64 (Responsabilità del consulente) Si applicano al consulente tecnico le disposizioni del Codice penale relative ai periti. 63
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE In ogni caso, il consulente tecnico che incorra in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con la ammenda fino a euro 10.329. Si applica l’art. 35 del Codice penale. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti. Art. 65 (Custode) La conservazione e l’amministrazione dei beni pignorati o sequestrati sono affidate a un custode quando la legge non dispone altrimenti. Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal giudice dell’esecuzione nel caso di nomina fatta dall’ufficiale giudiziario, e in ogni altro caso dal giudice che l’ha nominato. Art. 66 (Sostituzione del custode) Il giudice, d’ufficio o su istanza di parte, può disporre in ogni tempo la sostituzione del custode. Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere in ogni tempo di essere sostituito; altrimenti può chiederlo soltanto per giusti motivi. Il provvedimento di sostituzione è dato, con ordinanza non impugnabile, dal giudice di cui all’art. 65, secondo comma. Art. 67 (Responsabilità del custode) Ferme le disposizioni del Codice penale, il custode che non esegue l’incarico assunto può essere condannato dal giudice a una pena pecuniaria non superiore a euro 10. Egli è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia. Art. 68 (Altri ausiliari) Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorge necessità, il giudice, il cancelliere o l’ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che egli non è in grado di compiere da sé solo. Il giudice può commettere a un notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge. Il giudice può sempre richiedere l’assistenza della forza pubblica.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO TITOLO II Del pubblico ministero Art. 69 (Azione del pubblico ministero) Il pubblico ministero esercita l’azione civile nei casi stabiliti dalla legge. Art. 70 (Intervento in causa del pubblico ministero) Il pubblico ministero deve intervenire, a pena di nullità rilevabile d’ufficio: 1) nelle cause che egli stesso potrebbe proporre; 2) nelle cause matrimoniali comprese quelle di separazione personale dei coniugi; 3) nelle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone; 4) 5) negli altri casi previsti dalla legge. Deve intervenire in ogni causa davanti alla Corte di cassazione. Può infine intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse. (Vedi C. Cost. nr. 214/1996, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prescrive l'intervento obbligatorio del P.M. nei giudizi tra genitori naturali che comportino "provvedimenti relativi ai figli", nei sensi di cui agli artt. 9 L. nr. 898/1970 e 710 C.p.c., come risulta a seguito della sentenza nr. 416 del 1992.) Art. 71 (Comunicazione degli atti processuali al pubblico ministero) Il giudice, davanti al quale è proposta una delle cause indicate nel primo comma dell’articolo precedente, ordina la comunicazione degli atti al pubblico ministero affinché possa intervenire. Lo stesso ordine il giudice può dare ogni volta che ravvisi uno dei casi previsti nell’ultimo comma dell’articolo precedente. Art. 72 (Poteri del pubblico ministero) Il pubblico ministero, che interviene nelle cause che avrebbe potuto proporre, ha gli stessi poteri che competono alle parti e li esercita nelle forme che la legge stabilisce per queste ultime. Negli altri casi di intervento previsti nell’art. 70, tranne che nelle cause davanti alla Corte di cassazione, il pubblico ministero può produrre documenti, dedurre prove, prendere conclusioni nei limiti delle domande proposte dalle parti. 65
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Il pubblico ministero può proporre impugnazioni contro le sentenze relative a cause matrimoniali, salvo che per quelle di separazione personale dei coniugi. Lo stesso potere spetta al pubblico ministero contro le sentenze che dichiarino l’efficacia o l’inefficacia di sentenze straniere relative a cause matrimoniali, salvo che per quelle di separazione personale dei coniugi. Nelle ipotesi prevedute nei commi terzo e quarto, la facoltà di impugnazione spetta tanto al pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato la sentenza quanto a quello presso il giudice competente a decidere sull’impugnazione. Il termine decorre dalla comunicazione della sentenza a norma dell’art. 133. Restano salve le disposizioni dell’art. 397. Art. 73 (Astensione del pubblico ministero) Ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo civile si applicano le disposizioni del presente Codice relative all’astensione dei giudici, ma non quelle relative alla ricusazione. Art. 74 (Responsabilità del pubblico ministero) TITOLO III Delle parti e dei difensori CAPO I Delle parti Art. 75 (Capacità processuale) Sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere. Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità. Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto. Le associazioni e i comitati, che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli artt. 36 e segg., Codice civile.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO (vedi C. Cost. nr. 220/1986, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede, dove si verifichi la scomparsa del convenuto, l'interruzione del processo e la segnalazione, da parte del Giudice, del caso al Pubblico Ministero, affinché promuova la nomina di un curatore nei cui confronti l'attore debba riassumere il giudizio.) Art. 76 (Famiglia reale) Art. 77 (Rappresentanza del procuratore e dell’institore) Il procuratore generale e quello preposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è stato loro conferito espressamente per iscritto, tranne che per gli atti urgenti e per le misure cautelari. Tale potere si presume conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nella Repubblica e all’institore. Art. 78 (Curatore speciale) Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza, e vi sono ragioni di urgenza, può essere nominato all’incapace, alla persona giuridica o all’associazione non riconosciuta un curatore speciale che lo rappresenti o assista finché subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza. Si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto d’interessi col rappresentante. Art. 79 (Istanza di nomina del curatore speciale) La nomina del curatore speciale di cui all’articolo precedente può essere in ogni caso chiesta dal pubblico ministero. Può essere chiesta anche dalla persona che deve essere rappresentata o assistita, sebbene incapace, nonché dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante. Può essere inoltre chiesta da qualunque altra parte in causa che vi abbia interesse. Art. 80 (Provvedimento di nomina del curatore speciale) L’istanza per la nomina del curatore speciale si propone al giudice di pace o al presidente dell’Ufficio giudiziario davanti al quale s’intende proporre la causa. Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite possibilmente le persone 67
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE interessate, provvede con decreto. Questo è comunicato al pubblico ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell’incapace, della persona giuridica o dell’associazione non riconosciuta. Art. 81 (Sostituzione processuale) Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui. CAPO II Dei difensori Art. 82 (Patrocinio) Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede euro 516,46. Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l’assistenza di un difensore. Il giudice di pace tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona. Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla corte di appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla Corte di Cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo. Art. 83 (Procura alle liti) Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura. La procura alle liti può essere generale o speciale, e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d’intervento, del precetto o della domanda d’intervento nell’esecuzione. In tali casi l’autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce. La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa volontà diversa. 68
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Art. 84 (Poteri del difensore) Quando la parte sta in giudizio col ministero del difensore, questi può compiere e ricevere, nell’interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati. In ogni caso non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere. Art. 85 (Revoca e rinuncia alla procura) La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore. Art. 86 (Difesa personale della parte) La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore. Art. 87 (Assistenza degli avvocati e del consulente tecnico) La parte può farsi assistere da uno o più avvocati, e anche da un consulente tecnico nei casi e con i modi stabiliti nel presente Codice. CAPO III Dei doveri delle parti e dei difensori Art. 88 (Dovere di lealtà e di probità) Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità. In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne alle Autorità che esercitano il potere disciplinare su di essi. Art. 89 (Espressioni sconvenienti od offensive) Negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati davanti al giudice, le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni sconvenienti od offensive. Il giudice, in ogni stato dell’istruzione, può disporre con ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive, e, con la sentenza che decide la 69
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE causa, può inoltre assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l’oggetto della causa. CAPO IV Delle responsabilità delle parti per le spese e per i danni processuali Art. 90 (Onere delle spese) Art. 91 (Condanna alle spese) Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. Eguale provvedimento emette nella sua sentenza il giudice che regola la competenza. Le spese della sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in margine alla stessa; quelle della notificazione della sentenza, del titolo esecutivo e del precetto sono liquidate dall’ufficiale giudiziario con nota in margine all’originale e alla copia notificata. I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono decisi con le forme previste negli artt. 287 e 288 dal capo dell’ufficio a cui appartiene il cancelliere o l’ufficiale giudiziario. Art. 92 (Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese) Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’art. 88, essa ha causato all’altra parte. Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione. Art. 92 (Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese) Il Giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene 70
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’art. 88, essa ha causato all’altra parte. Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La norma introduce l’obbligo di motivare espressamente le ragioni che hanno indotto il giudice a compensare parzialmente o per intero le spese di lite. Art. 93 (Distrazione delle spese) Il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate. Finché il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli è stato attribuito, la parte può chiedere al giudice, con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del provvedimento, qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per gli onorari e le spese. Art. 94 (Condanna di rappresentanti o curatori) Gli eredi beneficiati, i tutori, i curatori e in generale coloro che rappresentano o assistono la parte in giudizio possono essere condannati personalmente, per motivi gravi che il giudice deve specificare nella sentenza, alle spese dell’intero processo o di singoli atti, anche in solido con la parte rappresentata o assistita. Art. 95 (Spese del processo di esecuzione) Le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione sono a carico di chi ha subito l’esecuzione, fermo il privilegio stabilito dal Codice civile. Art. 96 (Responsabilità aggravata) Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle 71
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza. Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziaria, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente. Art. 97 (Responsabilità di più soccombenti) Se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa. Può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune tra esse, quando hanno interesse comune. Se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese e dei danni, questa si fa per quote uguali. Art. 98 (Cauzione per le spese) TITOLO IV Dell’esercizio dell’azione Art. 99 (Principio della domanda) Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente. Art. 100 (Interesse ad agire) Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse. Art. 101 (Principio del contraddittorio) Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Art. 102 (Litisconsorzio necessario) Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito. Art. 103 (Litisconsorzio facoltativo) Più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni. Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause, se vi è istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo, e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza. Art. 104 (Pluralità di domande contro la stessa parte) Contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo più domande anche non altrimenti connesse, purché sia osservata la norma dell’art. 10, secondo comma. È applicabile la disposizione del secondo comma dell’articolo precedente. Art. 105 (Intervento volontario) Ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo. Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse. Art. 106 (Intervento su istanza di parte) Ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 107 (Intervento per ordine del giudice) Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l’intervento. Art. 108 (Estromissione del garantito) Se il garante compare e accetta di assumere la causa in luogo del garantito, questi può chiedere, qualora le altre parti non si oppongano, la propria estromissione. Questa è disposta dal giudice con ordinanza; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio spiega i suoi effetti anche contro l’estromesso. Art. 109 (Estromissione dell’obbligato) Se si contende a quale di più parti spetta una prestazione e l’obbligato si dichiara pronto a eseguirla a favore di chi ne ha diritto, il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e, dopo il deposito, può estromettere l’obbligato dal processo. Art. 110 (Successione nel processo) Quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto. Art. 111 (Successione a titolo particolare nel diritto controverso) Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie. Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto. In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l’alienante o il successore universale può esserne estromesso. La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull’acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO TITOLO V Dei poteri del giudice Art. 112 (Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa, e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti. Art. 113 (Pronuncia secondo diritto) Nel pronunciare sulla causa il giudice deve seguire le norme del diritto, salvo che la legge gli attribuisca il potere di decidere secondo equità. Il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’articolo 1342 del codice civile. (Vedi C. Cost. nr. 206/2004, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, secondo comma, nella parte in cui non prevede che il Giudice di Pace debba osservare i principi informatori della materia.) Art. 114 (Pronuncia secondo equità a richiesta di parte) Il giudice, sia in primo grado che in appello, decide il merito della causa secondo equità quando esso riguarda diritti disponibili delle parti e queste gliene fanno concorde richiesta. Art. 115 (Disponibilità delle prove) Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero. Può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza. Art. 116 (Valutazione delle prove) Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti. Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell’articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo. 75
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 117 (Interrogatorio non formale delle parti) Il giudice, in qualunque stato e grado del processo, ha facoltà di ordinare la comparizione personale delle parti in contraddittorio tra loro per interrogarle liberamente sui fatti della causa. Le parti possono farsi assistere dai difensori. Art. 118 (Ordine d’ispezione di persone e di cose) Il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiono indispensabili per conoscere i fatti della causa, purché ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare uno dei segreti previsti negli artt. 351 e 352 del Codice di procedura penale. Se la parte rifiuta di eseguire tale ordine senza giusto motivo, il giudice può da questo rifiuto desumere argomenti di prova a norma dell’art. 116, secondo comma. Se rifiuta il terzo, il giudice lo condanna a una pena pecuniaria non superiore a euro 5. Art. 119 (Imposizione di cauzione) Il giudice, nel provvedimento col quale impone una cauzione, deve indicare l’oggetto di essa, il modo di prestarla, e il termine entro il quale la prestazione deve avvenire. Art. 120 (Pubblicità della sentenza) Nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto in uno o più giornali da lui designati. Se l’inserzione non avviene nel termine stabilito dal giudice, può procedervi la parte a favore della quale è stata disposta, con diritto a ripetere le spese dall’obbligato.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO TITOLO VI Degli atti processuali CAPO I Delle forme degli atti e dei provvedimenti SEZIONE I Degli atti in generale Art. 121 (Libertà di forme) Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo. Art. 122 (Uso della lingua italiana. Nomina dell’interprete) In tutto il processo è prescritto l’uso della lingua italiana. Quando deve essere sentito chi non conosce la lingua italiana, il giudice può nominare un interprete. Questi, prima di esercitare le sue funzioni, presta giuramento davanti al giudice di adempiere fedelmente il suo ufficio. (è consentito l'uso della lingua francese in Valle d'Aosta, della lingua tedesca e ladina nel Trentino Alto Adige e della lingua slovena nei processi di opposizione ad ordinanza di ingiunzione per sanzione amministrativa) Art. 123 (Nomina del traduttore) Quando occorre procedere all’esame di documenti che non sono scritti in lingua italiana, il giudice può nominare un traduttore, il quale presta giuramento a norma dell’articolo precedente. Art. 124 (Interrogazione del sordo e del muto) Se nel procedimento deve essere sentito un sordo, un muto o un sordomuto, le interrogazioni e le risposte possono essere fatte per iscritto. Quando occorre, il giudice nomina un interprete, il quale presta giuramento a norma dell’art. 122 ultimo comma. Art. 125 (Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte) Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l’Ufficio giudiziario, le parti, l’og77
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE getto, le ragioni della domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto nell’originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore. La procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata. La disposizione del comma precedente non si applica quando la legge richiede che la citazione sia sottoscritta da difensore munito di mandato speciale. Art. 126 (Contenuto del processo verbale) Il processo verbale deve contenere l’indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; deve inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte, nonché le dichiarazioni ricevute. Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo. Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta espressa menzione. SEZIONE II Delle udienze Art. 127 (Direzione dell’udienza) L’udienza è diretta dal giudice singolo o dal presidente del Collegio. Il giudice che la dirige può fare o prescrivere quanto occorre affinché la trattazione delle cause avvenga in modo ordinato e proficuo, regola la discussione, determina i punti sui quali essa deve svolgersi e la dichiara chiusa quando la ritiene sufficiente. Art. 128 (Udienza pubblica) L’udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la dirige può disporre che si svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume. Il giudice esercita i poteri di polizia per il mantenimento dell’ordine e del decoro e può allontanare chi contravviene alle sue prescrizioni.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Art. 129 (Doveri di chi interviene o assiste all’udienza) Chi interviene o assiste all’udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio. È vietato fare segni di approvazione o di disapprovazione o cagionare in qualsiasi modo disturbo. Art. 130 (Redazione del processo verbale) Il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice. Il processo verbale è sottoscritto da chi presiede l’udienza e dal cancelliere; di esso non si dà lettura, salvo espressa istanza di parte. SEZIONE III Dei provvedimenti Art. 131 (Forma dei provvedimenti in generale) La legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza, ordinanza o decreto. In mancanza di tali prescrizioni, i provvedimenti sono dati in qualsiasi forma idonea al raggiungimento del loro scopo. Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale, il quale deve contenere la menzione dell’unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del Collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del Collegio e sottoscritto da tutti i componenti del Collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell’Ufficio. (vedi C. Cost. nr. 18/1989, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, terzo comma, nella parte in cui dispone che è "compilato sommario processo verbale" anziché "può, se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richiede, essere compilato sommario processo verbale.) Art. 132 (Contenuto della sentenza) La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e reca l’intestazione “Repubblica italiana”. Essa deve contenere: 1) l’indicazione del giudice che l’ha pronunciata; 79
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE 2) l’indicazione delle parti e dei loro difensori; 3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti; 4) la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto della decisione; 5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice. La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta soltanto dal presidente e dal giudice estensore. Se il presidente non può sottoscrivere per morte o per altro impedimento, la sentenza viene sottoscritta dal componente più anziano del Collegio, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l’impedimento; se l’estensore non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l’impedimento. Art. 133 (Pubblicazione e comunicazione della sentenza) La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata. Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il dispositivo, ne dà notizia alle parti che si sono costituite. Art. 133 (Pubblicazione e comunicazione della sentenza) La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata. Il cancelliere da’ atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il dispositivo, ne da’ notizia alle parti che si sono costituite. L’avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di volere ricevere l’avviso. (La norma è già entrata in vigore e si applica anche alle cause in corso) Può essere data comunicazione del deposito delle sentenze anche a mezzo fax o posta elettronica, nel rispetto della normativa relativa (norma in vigore dal 17.3.2005 e si applica ai giudizi in corso); in sede di conversione del decreto legge sulla competitività è stata aggiunta la previsione dell’indica80
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO zione, da parte del difensore, nel primo scritto difensivo utile, di un numero di fax o di un indirizzo di posta elettronica presso il quale ricevere l’avviso (parte entrata in vigore dal 15.5.2005 e che si applica ai giudizi in corso). La comunicazione a mezzo telefax o posta elettronica va peraltro effettuata nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, trasmissione e ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. Vengono al riguardo in rilievo: la Legge n. 183/1993 (che consente la trasmissione via telefax di copia di un atto del processo ad altro avvocato); D.P.R. n. 445/00 in tema di posta elettronica (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa); D.P.R. n. 123/01 (Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti); D. Lgs. n. 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale, in vigore dal 01.01.06); D. Lgs. n. 68/05 (regolamento per l’utilizzo della posta elettronica). Per quanto riguarda la comunicazione a mezzo telefax da parte della Cancelleria, è opinione diffusa e condivisibile che la Legge n. 183/93 non possa costituire un adeguato riferimento normativo in quanto concerne la trasmissione via fax di copia di atti del processo da parte di un legale ad altro avvocato (prescrivendo particolari cautele e garanzie, quali tra l’altro il fatto che entrambi i legali siano muniti di procura, che sia leggibile la sottoscrizione apposta all’atto dal procuratore trasmittente e che la copia dell’atto ricevuta sia sottoscritta per conformità dal procuratore ricevente). Per la sua peculiarità la normativa 183/93 non sembra applicabile, nemmeno in via analogica, alla fattispecie in esame (che ad oggi sarebbe pertanto priva di quella regolamentazione cui la norma fa riferimento). Per quanto riguarda l’email si lamenta l’assenza di una univoca normativa regolamentare sicuramente applicabile. Si ritiene che il legislatore abbia comunque voluto far riferimento ad email certificata. Art. 134 (Forma, contenuto e comunicazione dell’ordinanza) L’ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza, è inserita nel processo verbale; se è pronunciata fuori dell’udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando questo è collegiale, del presidente.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Il cancelliere comunica alle parti l’ordinanza pronunciata fuori dell’udienza, salvo che la legge ne prescriva la notificazione. Art. 134 (Forma, contenuto e comunicazione dell’ordinanza) L’ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza, è inserita nel processo verbale; se è pronunciata fuori dell’udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando questo è collegiale, del presidente. Il cancelliere comunica alle parti l’ordinanza pronunciata fuori dell’udienza, salvo che la legge ne prescriva la notificazione. L’avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di volere ricevere l’avviso. (La norma è già entrata in vigore e si applica anche alle cause in corso) Nel primo scritto difensivo va pertanto indicato il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui si dichiara di volere ricevere l’avviso; potrebbe essere opportuna una prassi da adottarsi nei Tribunali che preveda la possibilità di precisazione anche a verbale. Resta, peraltro, il problema del raccordo con le normative esistenti sopra segnalato. Quid iuris se il legale non indica nulla? La norma è priva di sanzione processuale. In tal caso questa forma di comunicazione (peraltro di fatto già in vigore in diversi Tribunali) non sarebbe consentita, come si evince espressamente dall’art. 183 c.p.c. modificato. Art. 135 (Forma e contenuto del decreto) Il decreto è pronunciato d’ufficio o su istanza anche verbale della parte. Se è pronunciato su ricorso, è scritto in calce al medesimo. Quando l’istanza è proposta verbalmente, se ne redige processo verbale e il decreto è inserito nello stesso. Il decreto non è motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge; è datato ed è sottoscritto dal giudice o, quando questo è collegiale, dal presidente.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO SEZIONE IV Delle comunicazioni e delle notificazioni Art. 136 (Comunicazioni) Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione. Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o è notificato dall’ufficiale giudiziario Art. 136 (Comunicazioni) Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione. Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o è rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica. Le comunicazioni possono essere eseguite a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La cancelleria potrà dare comunicazione dei provvedimenti ai sensi dell’art. 136 anche a mezzo fax o posta elettronica, nel rispetto della relativa normativa. Art. 137 (Notificazioni) Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti, sono eseguite dall’ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere. L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi. 83
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Se la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, tranne che nel caso previsto dal secondo comma dell’articolo 143, l’ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Le disposizioni di cui al terzo comma si applicano anche alle comunicazioni effettuate con biglietto di cancelleria ai sensi degli articoli 133 e 136. Art. 138 (Notificazione in mani proprie) L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione di regola mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, presso la casa di abitazione oppure, se ciò non è possibile, ovunque lo trovi nell’ambito della circoscrizione dell’Ufficio giudiziario al quale è addetto. Se il destinatario rifiuta di ricevere la copia, l’ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione, e la notificazione si considera fatta in mani proprie. Art. 139 (Notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio) Se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio. Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace. In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda, e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla. Il portiere o il vicino deve sottoscrivere una ricevuta, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata. Se il destinatario vive abitualmente a bordo di una nave mercantile, l’atto può essere consegnato al capitano o a chi ne fa le veci. Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti. 84
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Art. 140 (Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia) Se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’articolo precedente, l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento. Art. 141 (Notificazione presso il domiciliatario) La notificazione degli atti a chi ha eletto domicilio presso una persona o un ufficio può essere fatta mediante consegna di copia alla persona o al capo dell’ufficio in qualità di domiciliatario, nel luogo indicato nell’elezione. Quando l’elezione di domicilio è stata inserita in un contratto, la notificazione presso il domiciliatario è obbligatoria, se così è stato espressamente dichiarato. La consegna, a norma dell’art. 138, della copia nelle mani della persona o del capo dell’ufficio presso i quali si è eletto domicilio, equivale a consegna nelle mani proprie del destinatario. La notificazione non può essere fatta nel domicilio eletto se è chiesta dal domiciliatario o questi è morto o si è trasferito fuori dalla sede indicata nell’elezione di domicilio o è cessato l’ufficio. Art. 142 (Notificazione a persona non residente, né dimorante, né domiciliata nella Repubblica) Salvo quanto disposto nel secondo comma, se il destinatario non ha residenza, dimora o domicilio nello Stato e non vi ha eletto domicilio o costituito un procuratore a norma dell’articolo 77, l’atto è notificato mediante spedizione al destinatario per mezzo della posta con raccomandata e mediante consegna di altra copia al pubblico ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona alla quale è diretta. Le disposizioni di cui al primo comma si applicano soltanto nei casi in cui risulta impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle Convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200 . Art. 143 (Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti) Se non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario e non vi è il procuratore previsto nell’art. 77, l’ufficiale giudiziario esegue la noti85
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE ficazione mediante deposito di copia dell’atto nella casa comunale dell’ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario. Se non sono noti né il luogo dell’ultima residenza né quello di nascita, l’ufficiale giudiziario consegna una copia dell’atto al pubblico ministero. Nei casi previsti nel presente articolo e nei primi due commi dell’articolo precedente la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte. Art. 144 (Notificazione alle Amministrazioni dello Stato) Per le Amministrazioni dello Stato si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli Uffici dell’Avvocatura dello Stato. Fuori dei casi previsti nel comma precedente, le notificazioni si fanno direttamente, presso l’Amministrazione destinataria, a chi la rappresenta nel luogo in cui risiede il giudice davanti al quale si procede. Esse si eseguono mediante consegna di copia nella sede dell’Ufficio al titolare o alle persone indicate nell’articolo seguente. Art. 145 (Notificazione alle persone giuridiche) La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa. La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli articoli 36 e seguenti del codice civile si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell’articolo 19 secondo comma. Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente si osservano le disposizioni degli articoli 138, 139 e 141. Art. 145 (Notificazione alle persone giuridiche) La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni, o , in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La notificazione può anche essere eseguita a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale. 86
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli artt. 36 ss. c.p.c. si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell’art. 19 secondo comma, ovvero alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale. Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti, la notificazione alla persona fisica indicata nell’atto, che rappresenta l’ente, può essere eseguita anche a norma degli artt. 140 o 143. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La norma entra in vigore contestualmente alla Legge 80 e cioè al 01.03.2006 e si applica ai giudizi instaurati dopo tale data. È stata introdotta anche per la notifica alle persone giuridiche la possibilità di consegnare copia dell’atto al portiere e, recependo la conforme giurisprudenza, è consentita- in via alternativa e non più solo sussidiaria- la notifica alla persona giuridica a mani (ovvero presso la residenza, dimora o domicilio o presso il domiciliato) della persona fisica che rappresenta l’ente, purché nell’atto siano indicati: qualità, residenza o domicilio o dimora abituale del legale rappresentante. Individuando nell’atto la persona fisica che rappresenta l’ente sarà altresì possibile ricorrere –solo in via sussidiaria- alle notifiche nelle forme degli artt.140 e 143 c.p.c. (recependo conformi orientamenti giurisprudenziali). Art. 146 (Notificazione a militari in attività di servizio) Se il destinatario è militare in attività di servizio e la notificazione non è eseguita in mani proprie, osservate le disposizioni di cui agli artt. 139 e segg., si consegna una copia al pubblico ministero, che ne cura l’invio al comandante del corpo al quale il militare appartiene. Art. 147 (Tempo delle notificazioni) Le notificazioni non possono farsi dal 1° ottobre al 31 marzo prima delle ore 7 e dopo le ore 19; dal 1° aprile al 30 settembre prima delle ore 6 e dopo le ore 20.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 147 (Tempo delle notificazioni) Le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La norma è stata riscritta ampliando l’orario in cui è possibile eseguire la notificazione. Art. 148 (Relazione di notificazione) L’ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto. La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall’ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario. Art. 149 (Notificazione a mezzo del servizio postale) Se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale. In tale caso l’ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendovi menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Quest’ultimo è allegato all’originale. (v. anche Corte Cost. 26.11.2002 nr. 477 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell'atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell'atto all'Ufficiale Giudiziario) Art. 149 (Notificazione a mezzo del servizio postale) Se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale. In tal caso l’ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendovi menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Quest’ultimo è allegato all’originale.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La novità consiste nell’avere recepito le pronunzie in materia della Corte Costituzionale e della Suprema Corte sulla scissione dei tempi della notifica ovvero sul “doppio termine”. Questo principio vale nelle sole ipotesi in cui è previsto per il notificante un termine da rispettare per l’adempimento di un suo onere processuale; quando tuttavia il termine è prescritto nell’interesse del destinatario, il principio non è applicabile (ad esempio vedi il termine di comparizione di cui all’art. 163 bis c.p.c.); a maggior ragione il principio non può trovare applicazione in riferimento ai termini di diritto sostanziale (ad esempio agli atti interruttivi della prescrizione, atti recettizi etc.etc.). Art. 150 (Notificazione per pubblici proclami) Quando la notificazione nei modi ordinari è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, il capo dell’Ufficio giudiziario davanti al quale si procede, può autorizzare, su istanza della parte interessata e sentito il pubblico ministero, la notificazione per pubblici proclami. L’autorizzazione è data con decreto steso in calce all’atto da notificarsi; in esso sono designati, quando occorre, i destinatari ai quali la notificazione deve farsi nelle forme ordinarie e sono indicati i modi che appaiono più opportuni per portare l’atto a conoscenza degli altri interessati. In ogni caso, copia dell’atto è depositata nella casa comunale del luogo in cui ha sede l’Ufficio giudiziario davanti al quale si promuove o si svolge il processo, e un estratto di esso è inserito nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel foglio degli annunzi legali delle province dove risiedono i destinatari o si presume che risieda la maggior parte di essi. La notificazione si ha per avvenuta quando, eseguito ciò che è prescritto nel presente articolo, l’ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell’attività svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede. Questa forma di notificazione non è ammessa nei procedimenti davanti al giudice di pace.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 151 (Forme di notificazione ordinate dal giudice) Il giudice può prescrivere, anche d’ufficio, con decreto steso in calce all’atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di telegramma collazionato con avviso di ricevimento quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità, di riservatezza o di tutela della dignità. CAPO II Dei termini Art. 152 (Termini legali e termini giudiziari) I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente. I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori. Art. 153 (Improrogabilità dei termini perentori) I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle parti. Art. 154 (Prorogabilità del termine ordinatorio) Il giudice, prima della scadenza, può abbreviare o prorogare, anche di ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato. Art. 155 (Computo dei termini) Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l’ora iniziali. Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune. I giorni festivi si computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Art. 155 (Computo dei termini) Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l’ora iniziali. Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune. I giorni festivi si computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo. La proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato. Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La norma aggiunge due commi ed in particolare precisa che la giornata del sabato viene equiparata a quella festiva per gli atti processuali svolti fuori dall’udienza (quale il deposito degli atti , fermo restando che il sabato per le attività giudiziarie resta un normale giorno lavorativo. Per gli atti che scadono il sabato il termine viene posticipato al Lunedì, se il termine va conteggiato a ritroso e cade di sabato l’atto andrà depositato il venerdì antecedente. La norma entra in vigore contestualmente alla Legge 80 e cioè al 01.03.2006 e si applica ai giudizi instaurati dopo tale data; per queli anteriori il sabato dovrà essere considerato – sino alla modifica di questa incongruenzagiorno non feriale. CAPO III Della nullità degli atti Art. 156 (Rilevanza della nullità) Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge. Può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. 91
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 157 (Rilevabilità e sanatoria della nullità) Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio. Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell’atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso. La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente. Art. 158 (Nullità derivante dalla costituzione del giudice) La nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice o all’intervento del pubblico ministero è insanabile e deve essere rilevata d’ufficio, salva la disposizione dell’art. 161. Art. 159 (Estensione della nullità) La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indipendenti. La nullità di una parte dell’atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti. Se il vizio impedisce un determinato effetto, l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo. Art. 160 (Nullità della notificazione) La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data salva l’applicazione degli artt. 156 e 157. Art. 161 (Nullità della sentenza) La nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione. Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO PRIMO Art. 162 (Pronuncia sulla nullità) Il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende. Se la nullità degli atti del processo è imputabile al cancelliere, all’ufficiale giudiziario o al difensore, il giudice, col provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la sentenza che decide la causa può condannare quest’ultimo al risarcimento dei danni causati dalla nullità a norma dell’art. 60, n. 2.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE LIBRO SECONDO DEL PROCESSO DI COGNIZIONE TITOLO I Del procedimento davanti al tribunale CAPO I Dell’introduzione della causa SEZIONE I Della citazione e della costituzione delle parti Art. 163 (Contenuto della citazione) La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa. Il presidente del tribunale stabilisce al principio dell’anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della Corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti. L’atto di citazione deve contenere: 1) l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta; 2) il nome, il cognome, e la residenza dell’attore, il nome, il cognome, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono. Se attore o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un Comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l’indicazione dell’organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio; 3) la determinazione della cosa oggetto della domanda; 4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni; 5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione; 6) il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura, qualora questa sia stata già rilasciata; 7) l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’articolo 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’articolo 168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all’articolo 167. 94
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO L’atto di citazione, sottoscritto a norma dell’art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore all’ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 e seguenti. Art. 163 bis (Termini per comparire) Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell’udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di sessanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centoventi giorni se si trova all’estero . Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può, su istanza dell’attore e con decreto motivato in calce dell’atto originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma. Se il termine assegnato dall’attore ecceda il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest’ultimo termine, l’udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall’attore. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all’attore, almeno cinque giorni liberi prima dell’udienza fissata dal presidente. Art. 163 bis (Termini per comparire) Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell’udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di novanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centocinquanta giorni se si trova all’estero. Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può, su istanza dell’attore e con decreto motivato in calce dell’atto originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma. Se il termine assegnato dall’attore ecceda il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest’ultimo termine, l’udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall’attore. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all’attore, almeno cinque giorni liberi prima dell’udienza fissata dal presidente. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Il termine a comparire viene ampliato da 60 a 90 giorni per le notifiche in Italia e per le notifiche all’estero è portato da 120 a 150; si contemperano in questo modo le conseguenze derivanti dalla nuova formulazione del 167 c.p.c. consentendo al convenuto un maggior termine per la difesa. Art. 164 (Nullità della citazione) La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’articolo 163, se manca l’indicazione della data dell’udienza di comparizione, se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge ovvero se manca l’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163. Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’articolo 307, comma terzo. La costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito nel numero 3) dell’articolo 163 ovvero se manca l’esposizione dei fatti di cui al numero 4) dello stesso articolo. Il giudice, rilevata la nullità ai sensi del comma precedente, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la domanda. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione. Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l’udienza ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 183 e si applica l’articolo 167. Art. 164 (Nullità della citazione) La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’articolo 163, se manca l’indicazione della data dell’udienza di comparizione, se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge ovvero se manca l’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163. 96
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’articolo 307, comma terzo. La costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito nel numero 3) dell’articolo 163 ovvero se manca l’esposizione dei fatti di cui al numero 4) dello stesso articolo. Il giudice, rilevata la nullità ai sensi del comma precedente, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la domanda. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione. Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l’udienza ai sensi del secondo comma dell’art. 183 e si applica l’articolo 167. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La novità introdotta è in linea con la modifica dell’art. 183 c.p.c. Art. 165 (Costituzione dell’attore) L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’art. 163-bis, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l’originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale. Se la citazione è notificata a più persone, l’originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima notificazione.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 166 (Costituzione del convenuto) Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis ovvero almeno venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo 168-bis, quinto comma , depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all’articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione. Art. 167 (Comparsa di risposta) Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali. Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione. Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269. Art. 167 (Comparsa di risposta) Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione. Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) 98
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO L’art. 167 c.p.c. novellato prevede l’obbligo – prima non previsto - per il convenuto di dedurre fin dalla comparsa di costituzione e di risposta le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio. La novità deve essere raccordata con l’art. 166 c.p.c. (che stabilisce che il convenuto debba costituirsi almeno 20 giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, ovvero 20 giorni prima dell’udienza fissata ai sensi dell’art. 168 bis 5° comma) e con l’art. 171 c.p.c. il quale stabilisce al 2° comma che il mancato rispetto della costituzione almeno 20 giorni prima dell’udienza comporta per il convenuto le decadenze di cui all’art. 167 c.p.c. (con la nuova formulazione dell’art. 167 non più solo per la proposizione della riconvenzionale e per la chiamata in causa del terzo ma anche per le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio). Diventa quindi importante, per la stesura della comparsa di costituzione e di risposta e per comprendere la portata della modifica dell’art. 167, dare una esatta qualificazione delle eccezioni alla cui decadenza si va incontro con una tardiva costituzione. Le eccezioni sono divise in due grandi categorie: eccezioni c.d. in senso lato ed eccezioni c.d. in senso stretto ovvero rilevabili d’ufficio e non rilevabili d’ufficio. Individuare un criterio netto di distinzione tra le due categorie non è stato facile nè per la dottrina né per la giurisprudenza (si segnalano le sentenze contrastanti sulla qualificazione di singole eccezioni, così ad esempio sulla eccezione di novazione e sull’eccezione di risoluzione consensuale del contratto). Volendo abbozzare in linea di massima una distinzione, si può fare riferimento alla Sentenza nr. 1099/1998 della Cassazione Civile Sezioni Unite (richiamata anche di recente dalla sentenza della Suprema Corte , Sez. Lav., 21.08.04 n. 16501) e divenuta punto di riferimento costante. Nella sentenza le Sezioni Unite, superati i precedenti orientamenti, pongono l’accento sul disposto dell’art. 112 c.p.c. secondo il quale il Giudice “non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti”. Ciò significa in primis che esistono due categorie di eccezioni (quelle che possono essere proposte solo dalle parti e quelle rilevabili d’ufficio). Inoltre –come precisa la Corte – se ne arguisce che il Giudice non può pervenire al rigetto della domanda dell’attore sulla base di fatti impeditivi, modificativi o estintivi i quali, ancorché risultanti ex actis, appartengono, quanto alla loro utilizzazione come strumento di difesa, all’esclusiva disponibilità della parte convenuta. L’allegazione di detti fatti è condizione necessaria ma non sufficiente per dar loro rilevanza ai fini della decisione, richiedendosi 99
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE altresì l’espressa istanza della parte intesa ad ottenere che i loro effetti, se riscontrati esistenti sul piano sostanziale, siano utilizzati dal Giudice come motivo di rigetto della domanda attorea. Peraltro – osserva la Corte – l’art. 112 c.p.c. si limita a presupporre questa distinzione tra eccezioni in senso stretto ed in senso lato, senza fissare la linea di discrimine, onde il problema che si pone è quello di determinare i casi in cui la fattispecie impeditiva, modificativa o estintiva può essere rilevata soltanto dalla parte. Pertanto, o l’art. 112 c.p.c. è una norma che rinvia alle singole disposizioni che prevedono caso per caso l’indispensabile iniziativa della parte ovvero la norma richiama un criterio generale di individuazione delle eccezioni in senso stretto, che resta peraltro inespresso nella norma. Le Sezioni Unite si sono espresse in favore della prima ipotesi (per cui la necessità di una istanza di parte e pertanto la qualifica di eccezione in senso stretto non può che derivare da una specifica disposizione di legge), peraltro con uno specifico correttivo per i casi di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva, fattispecie nelle quali è necessaria l’apposita istanza di parte perché il Giudice possa desumerne l’effetto. Sono azioni costitutive quelle volte ad ottenere una sentenza che costituisce, modifica o estingue rapporti giuridici (ad es. azione di annullamento, azione di risoluzione per inadempimento, azione di rescissione). Per il resto, la Corte ha precisato che difetta nel nostro ordinamento un criterio che possa fungere da comune denominatore per i vari casi in cui la legge prevede l’iniziativa della parte quale condizione indispensabile per la pronuncia. La recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 16501/2004) ha ribadito che rientrano tra le eccezioni in senso stretto soltanto quelle come tali espressamente definite dalla legge nonché quelle corrispondenti all’esercizio di un diritto potestativo (azione costitutiva). Volendo in concreto individuare le principali eccezioni in senso stretto alla cui decadenza si va incontro con una costituzione tardiva si possono elencare tra quelle di merito: l’eccezione di compensazione (art. 1242 c.c.); l’eccezione di annullamento (art. 1442 c.c.); l’eccezione di rescissione (art. 1449 c.c.); l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.); l’eccezione relativa ai vizi della cosa compravenduta (art. 1495 c.c.);
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO l’eccezione di riscatto totale nell’ipotesi di vendita congiuntiva di cosa indivisa (art. 1507 c.c.); l’eccezione di difformità o vizi della cosa appaltata (art. 1667 c.c.); l’eccezione di escussione del debitore principale a favore del fideiussore (art. 1944 c.c.); l’eccezione di divisione tra più fideiussori (art. 1947 c.c.); l’eccezione di escussione preventiva del patrimonio sociale a favore del socio (art. 2268 c.c.); l’eccezione di ritenzione: art. 748 (miglioramenti, spese e deterioramenti); art. 975 (miglioramenti ed addizioni); art. 1006 (rifiuto del proprietario alle riparazioni); art. 1502 (obblighi del riscattante); art. 2756 (crediti per prestazioni e spese di conservazione e miglioramento); l’eccezione di prescrizione (art. 2938); l’eccezione di usucapione (art. 1165, 2938), l’eccezione di decadenza (art. 2969 c.c.), salvo che per le decadenze che comportano l’improponibilità dell’azione in materia indisponibile (ad es. l’azione di disconoscimento di cui all’art. 244 c.c. e rilevabilità d’ufficio della tempestività dell’azione). Come detto, si è invece registrato un contrasto in giurisprudenza in relazione alla qualificazione come eccezione in senso stretto ovvero in senso lato della novazione (Cass. n. 3206/99 in contrasto con Cass. n. 11458/98) e lo stesso dicasi per l’eccezione di risoluzione consensuale di un contratto (Cass. n. 1939/82 in contrasto con Cass. n. 7270/97) e per l’eccezione di “aliunde perceptum o percipiendo” (Cass. n. 5729/97 in contrasto con Cass. n. 4938/94). Tra le eccezioni processuali in senso stretto ricordiamo: l’eccezione di incompetenza per territorio semplice nelle ipotesi in cui la competenza è derogabile (che ora andrà proposta nella comparsa di risposta da depositarsi peraltro venti giorni prima dell’udienza); l’eccezione ex art. 164 , 3° comma c.p.c.; l’eccezione di cui all’art. 215 c.p.c, comma 1° nr. 2; l’eccezione di estinzione del giudizio (art. 307 c.p.c.); l’eccezione di carenza di giurisdizione per il convenuto straniero (nei limiti di cui all’art. 11 L. 31.05.95 n. 218). Non vi rientrano invece l’eccezione di connessione che (al pari dell’eccezione di incompetenza per valore e materia e per territorio inderogabile) può essere rilevata anche d’ufficio fino alla prima udienza di trattazione. 101
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Si segnalano i passati contrasti riguardanti l’exceptio compromissi, contrasti destinati ad essere superati dalla nuova formulazione dell’art. 819 ter c.p.c. (in tema di arbitrato) il quale espressamente prevede al terzo comma che “l’eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta. La mancata proposizione dell’eccezione esclude la competenza arbitrale limitatamente alla controversia dedotta in giudizio”. Può essere utile a questo punto segnalare le ragioni che la recente giurisprudenza della Suprema Corte a Sezioni Unite hanno addotto per riqualificare nel novero delle eccezioni in senso lato alcune eccezioni (quali quella di interruzione della prescrizione e della eccessività della penale) in precedenza qualificate come in senso stretto. Le Sezioni Unite (Cass. S.U. n.15661/05), in relazione all’eccezione di interruzione della prescrizione, fanno anch’esse riferimento all’art. 112 c.p.c. ribadendo che la norma presuppone la distinzione tra i due tipi di eccezioni ma non le definisce, tanto da essere considerata una norma in bianco, da completare in sede di applicazione, tranne i casi in cui la legge esclude la rilevabilità d’ufficio. Al di fuori di questi casi, per la nozione di eccezione in senso stretto il riferimento è sempre dato dalla pronuncia delle S.U. del 03.02.98 n. 1099. Anche con riferimento all’interruzione della prescrizione la Corte a Sezioni Unite, superando un orientamento di vecchia data, pacifico e consolidato, ha differenziato l’eccezione di interruzione da quella di prescrizione evidenziando che solo per la seconda è espressamente previsto dalla legge che sia proposta dalla parte (e pertanto è da considerarsi eccezione in senso stretto) e che il nostro sistema legale prevede come “eccezionale la riserva alla parte del potere di eccepire fatti estintivi, impeditivi o modificativi del diritto soggettivo dedotto in giudizio” mentre la regola è che l’eccezione sia rilevabile d’ufficio. Inoltre, l’eccezione di interruzione (vale a dire l’affermazione dell’avvenuto compimento di un atto d’esercizio del diritto ex art. 2943, giudiziale o stragiudiziale, ovvero il riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale può essere esercitato ex art. 2944) non “corrisponde al contenuto di un diritto potestativo di realizzazione giudiziale ossia ad una azione costitutiva” e perciò non può rientrare tra le eccezioni in senso stretto non di espressa previsione legale. “L’interesse a giovarsi di questo atto (interruttivo) è compreso nell’interesse sottostante il diritto azionato, né certo potrebbe sottostare ad una distinta azione costitutiva. Il legislatore collega immediatamente l’effetto interruttivo ai fatti previsti dagli artt. 2943 e 2944 onde l’eccezione non amplia i termini della controversia”. Né vale obiettare che l’eccezione di prescrizione e quella di interruzione sarebbero caratterizzate dalla stessa natura ed andrebbero assoggettate allo stesso regime a fini di speditezza del processo: “il principio di spe102
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO ditezza, già implicito nell’art. 24 Cost. ed ora espresso nel capoverso dell’art. 111, si realizza nelle forme di legge (“Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne [del processo] assicura la ragionevole durata”) e non comporta l’obliterazione della distinzione fra eccezioni rilevabili d’ufficio e non, voluta dal legislatore”. Viene quindi affermato dalle Sezioni Unite il principio di diritto per cui l’eccezione di interruzione della prescrizione, in quanto eccezione in senso lato, può essere rilevata dal giudice in qualunque stato e grado del processo purchè sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti (nella specie sulla base di un documento ritualmente e tempestivamente allegato), non potendo il giudice supplire all’onere probatorio delle parti esercitando d’ufficio poteri istruttori. Analogamente si sono espresse le Sezioni Unite (Cass. 13.09.05 n. 18128) con riferimento alla eccezione di eccessività della penale ed alla facoltà del giudice di riduzione della stessa anche d’ufficio. Infatti –precisa la Corte“l’art. 1384 c.c. non fa alcuna menzione della necessità della eccezione della parte o quantomeno della necessità che il giudice debba essere sollecitato ad esercitare il potere di riduzione della penale conferitogli dalla legge. Il silenzio della norma sul punto non depone certamente a favore della tesi secondo cui la riduzione della penale debba essere chiesta dalla parte ma fa propendere se mai per la tesi opposta”. Il ragionamento logico giuridico delle Sezioni Unite è stato fatto proprio anche dalle Sezioni semplici allorquando pronunciandosi sulla natura della eccezione di rinuncia alla prescrizione (Cass. n. 7411/03) hanno chiarito la portata delle S.U. del 1998 precisando che “hanno natura di eccezioni in senso stretto soltanto le difese che potrebbero essere fatte valere in via di azione mediante una domanda finalizzata alla pronuncia di una sentenza costitutiva e quelle per le quali è la legge a stabilire che sia la parte a proporle” ed hanno escluso che dette ipotesi ricorrano allorquando viene rilevata la sopravvenuta rinuncia alla intervenuta prescrizione. Analogamente con sentenza del 21.08.04 n. 16501 la Suprema Corte ha qualificato come eccezione in senso lato quella di novazione precisando che detta eccezione, non essendo espressamente definita in senso stretto dalla legge né corrispondendo all’esercizio di un’azione costitutiva, deve essere considerata rilevabile d’ufficio.Dopo la pronuncia a Sezioni Unite del 1998, si riscontra pertanto una tendenza della Suprema Corte a riesaminare la natura delle eccezioni privilegiando l’interpretazione che le qualifica come rilevabili d’ufficio (che è la norma) piuttosto che in senso stretto (ovviamente fuori dei 103
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE casi di eccezioni espressamente qualificate tali da una norma di legge o che corrispondono all’esercizio di un azione costitutiva rimessa alla volontà della parte). L’importanza per il convenuto di potersi avvalere di queste eccezioni desta preoccupazione in relazione alla necessità di doverle proporre almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione rimanendo come unica alternativa, per alcune di esse, l’esperimento di una separata azione (vi sono però rilevanti eccezioni, quali quelle c.d. “perpetua ad eccipiendum”, che andrebbero perse, essendo divenuta impossibile la loro azione separata) o il ricorso alla rimessione in termini. Si devono osservare le limitate possibilità di far ricorso a quest’ultimo istituto, atteso che la giurisprudenza di merito ha deciso, incentrandosi sul principio dell’autoresponsabilità, che il presupposto della rimessione in termini è circoscritto agli impedimenti di natura oggettiva ed incolpevole o alla necessità di salvaguardare esigenze difensive sopravvenute. La rimessione in termini andrà richiesta dal convenuto con la comparsa di costituzione e di risposta tardivamente depositata, eccettuata l’ipotesi che si tratti di salvaguardare esigenze difensive successivamente sopravvenute. In concreto, il pericolo è rappresentato dal fatto che il cliente può ricorrere al legale a ridosso della scadenza per la loro proposizione (o magari anche dopo detta scadenza). L’attore fisserà generalmente la prima udienza per una data di poco successiva ai 90 giorni dalla notifica della citazione. Il convenuto avrà a sua disposizione più o meno 70 giorni per attivarsi e decidere di andare dal legale (con la modifica del termine a comparire la posizione del convenuto è sotto questo profilo migliorata) ma lo stesso potrebbe anche non cogliere a pieno il significato delle conseguenze dell’invito a costituirsi almeno 20 giorni prima dell’udienza. In quest’ottica è inoltre essenziale, per garantire la difesa del convenuto, una tempestiva messa a disposizione dei documenti depositati dall’attore da parte della cancelleria (si pensi alla necessità di proporre un’eccezione di disconoscimento della scrittura privata o della sottoscrizione di un documento). Pare opportuno sottolineare che ad analoghe preclusioni si andrà incontro ogni qualvolta, come per l’opposizione a decreto ingiuntivo, l’atto introduttivo avrà la veste solo formale della citazione, anche se natura di comparsa di costituzione. Sempre nei casi in cui il convenuto si presenti in ritardo dal legale non resta che confidare nell’eventuale esercizio da parte del Giudice del potere di differimento della prima udienza ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c. 5° comma, che, 104
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO spostando in avanti il termine di costituzione (fino a venti giorni prima dell’udienza fissata dal Giudice) potrebbe consentire al convenuto una costituzione tempestiva. Si badi che non è prevista analoga facoltà nell’ipotesi di cui al 4° comma dell’art. 168 bis (rinvio d’ufficio dell’ udienza di prima comparizione, non richiamato dall’art. 166). Per completezza di esposizione va precisato quale sia per le parti il momento preclusivo per la deduzione delle eccezioni in senso lato e per il giudice di rilevarle. Ci sono due orientamenti sul limite temporale per la parte nella proposizione delle eccezioni in senso lato: uno riporta questo limite alla fine della fase di trattazione, l’altro ammette che possano essere dedotte eccezioni in senso lato anche oltre e perfino negli scritti difensivi conclusivi. La proponibilità delle eccezioni in senso lato anche nel giudizio di appello ex art. 345 c.p.c. farebbe propendere per l’ammissibilità di dette eccezioni in tutto il corso del giudizio. Il giudice che, successivamente alla chiusura della trattazione (ad esempio in sede di decisione), dovesse rilevare, perché sollecitato dalla parte o sua sponte, un’eccezione non rilevabile d’ufficio, secondo un orientamento (Cass. 21.11.01 n. 14637) dovrebbe rimettere la causa sul ruolo onde consentire alle parti di contraddire sul punto, pena la nullità della sentenza. Infatti la sede naturale per segnalare questioni rilevabili d’ufficio da parte del giudice alle parti è l’udienza di trattazione di cui all’art. 183 (attuale 3° comma e 4° comma della nuova formulazione). Di contrario avviso è una recente pronuncia (Cass. 27.07.05 n. 15705). Peraltro la nuova formulazione dell’art. 384 terzo comma sul giudizio di cassazione (“Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, la Corte riserva la decisione, assegnando con ordinanza al pubblico ministero e alle parti un termine non inferiore a venti e non superiore a sessanta giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione”) pare risolvere il contrasto a favore del primo orientamento. Art. 168 (Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo d’ufficio) All’atto della costituzione dell’attore, o, se questi non si è costituito, all’atto della costituzione del convenuto, su presentazione della nota d’iscrizione a ruolo, il cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale. Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio, nel quale inserisce la nota d’iscrizione a ruolo, copia dell’atto di citazione, delle comparse e 105
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE delle memorie in carta non bollata, e successivamente i processi verbali d’udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e la copia del dispositivo delle sentenze. Art. 168 bis (Designazione del giudice istruttore) Formato un fascicolo d’ufficio a norma dell’articolo precedente, il cancelliere lo presenta senza indugio al presidente del tribunale, il quale, con decreto scritto in calce della nota d’iscrizione al ruolo, designa il giudice istruttore davanti al quale le parti debbono comparire, se non creda di procedere egli stesso all’istruzione. Nei tribunali divisi in più Sezioni il presidente assegna la causa ad una di esse, e il presidente di questa provvede nelle stesse forme alla designazione del giudice istruttore. La designazione del giudice istruttore deve in ogni caso avvenire non oltre il secondo giorno successivo alla costituzione della parte più diligente. Subito dopo la designazione del giudice istruttore il cancelliere iscrive la causa sul ruolo della sezione, su quello del giudice istruttore e gli trasmette il fascicolo. Se nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato non tiene udienza, la comparizione delle parti è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato. Il giudice istruttore può differire, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima udienza fino ad un massimo di quarantacinque giorni. In tal caso il cancelliere comunica alle parti costituite la nuova data della prima udienza. Art. 169 (Ritiro dei fascicoli di parte) Ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l’autorizzazione di ritirare il proprio fascicolo dalla cancelleria; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo disponga. Ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il fascicolo all’atto della rimessione della causa al Collegio a norma dell’art. 189, ma deve restituirlo al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale. Art. 170 (Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento) Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO È sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto, anche se il procuratore è costituito per più parti. Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che si è costituita personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto. Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore. Il giudice può prescrivere per singoli atti che si segua una o altra di queste forme. Art. 170 (Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento) Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti. È sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto, anche se il procuratore è costituito per più parti. Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che si è costituita personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto. Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore. Il giudice può autorizzare per singoli atti, in qualunque stato e grado del giudizio, che lo scambio o la comunicazione di cui al presente comma possano avvenire anche a mezzo telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. La parte che vi procede in relazione ad un atto di impugnazione deve darne comunicazione alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La norma entra in vigore contestualmente alla Legge 80, e cioè al 01.03.2006 e si applica ai giudizi instaurati dopo tale data (a differenza delle nuove norme sulle comunicazioni di cui agli artt. 133 e 134 c.p.c.). Può essere autorizzata dal giudice la comunicazione tra le parti anche a mezzo fax o posta elettronica, nel rispetto della normativa. In caso di impugnazione deve esserne data comunicazione alla Cancelleria (come già avviene per le notifiche in pro107
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE prio). Ovviamente la facoltà del giudice di autorizzare questa forma di comunicazione riteniamo sia subordinata all’avvenuta indicazione nel primo scritto difensivo utile del numero di fax o indirizzo di posta elettronica. Valgono anche in questo caso le riserve sull’esistenza di norme regolamentari applicabili. Art. 171 (Ritardata costituzione delle parti) Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti, si applicano le disposizioni dell’art. 307, primo e secondo comma. Se una delle parti si è costituita entro il termine rispettivamente a lei assegnato, l’altra parte può costituirsi successivamente fino alla prima udienza, ma restano ferme per il convenuto le decadenze di cui all’articolo 167. La parte che non si costituisce neppure in tale udienza è dichiarata contumace con ordinanza del giudice istruttore, salva la disposizione dell’art. 291. SEZIONE II Della designazione del giudice istruttore Art. 172 (Istanza per la designazione del giudice istruttore) Art. 173 (Designazione del giudice istruttore) Art. 174 (Immutabilità del giudice istruttore) Il giudice designato è investito di tutta l’istruzione della causa e della relazione al Collegio. Soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio può essere sostituito con decreto del presidente. La sostituzione può essere disposta, quando è indispensabile, anche per il compimento di singoli atti. CAPO II Dell’istruzione della causa SEZIONE I Dei poteri del giudice istruttore in generale Art. 175 (Direzione del procedimento) Il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento. 108
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali. Quando il giudice ha omesso di provvedere a norma del comma precedente, si applica la disposizione dell’art. 289. Art. 176 (Forma dei provvedimenti) Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti, hanno la forma dell’ordinanza. Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell’udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi. Art. 176 (Forma dei provvedimenti) Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti, hanno la forma dell’ordinanza. Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell’udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi, anche a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di volere ricevere la comunicazione. (La norma è già entrata in vigore e si applica anche alle cause in corso) La novità è stata precedentemente illustrata. Art. 177 (Effetti e revoca delle ordinanze) Le ordinanze comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa. Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate. Non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate: 1) le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre; esse sono tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal Collegio, quando vi sia l’accordo di tutte le parti;
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE 2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge; 3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo. Art. 178 (Controllo del Collegio sulle ordinanze) Le parti, senza bisogno di mezzi d’impugnazione, possono proporre al Collegio quando la causa è rimessa a questo a norma dell’art. 189, tutte le questioni risolute dal giudice istruttore, con ordinanza revocabile. L’ordinanza del giudice istruttore, che non operi in funzione di giudice unico, quando dichiara l’estinzione del processo è impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla pronuncia della ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza medesima. Il reclamo è presentato con semplice dichiarazione nel verbale d’udienza, o con ricorso al giudice istruttore. Se il reclamo è presentato in udienza, il giudice assegna nella stessa udienza, ove le parti lo richiedano, il termine per la comunicazione di una memoria, e quello successivo per la comunicazione di una replica. Se il reclamo è proposto con ricorso, questo è comunicato a mezzo della cancelleria alle altre parti, insieme col decreto, in calce, del giudice istruttore che assegna un termine per la comunicazione dell’eventuale memoria di risposta. Scaduti tali termini, il collegio provvede entro i quindici giorni successivi. Art. 179 (Ordinanza di condanna a pene pecuniarie) Se la legge non dispone altrimenti, le condanne a pene pecuniarie previste nel presente Codice sono pronunciate con ordinanza del giudice istruttore. L’ordinanza pronunciata in udienza in presenza dell’interessato e previa contestazione dell’addebito non è impugnabile; altrimenti il cancelliere la notifica al condannato, il quale, nel termine perentorio di tre giorni, può proporre reclamo con ricorso allo stesso giudice che l’ha pronunciata. Questi, valutate le giustificazioni addotte, pronuncia sul reclamo con ordinanza non impugnabile. Le ordinanze di condanna previste nel presente articolo costituiscono titolo esecutivo.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO SEZIONE II Della trattazione della causa Art. 180 (Udienza di prima comparizione e forma della trattazione) All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comma, dall’articolo 164, dall’articolo 167, dall’articolo 182 e dall’articolo 291, primo comma. La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Se richiesto, il giudice istruttore può autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell’ultimo comma dell’articolo 170. In ogni caso fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza. Art. 180 (Forma di trattazione) La trattazione della causa è orale. Della trattazione della causa si redige processo verbale. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) L’udienza di prima comparizione, precedentemente contemplata dall’art. 180 c.p.c. (vecchia formulazione), non è più prevista in modo autonomo ed è ora accorpata all’udienza di trattazione. Le attività previste nella vecchia udienza di comparizione (i controlli preliminari del Giudice sulla verifica della regolarità del contraddittorio ed eventuale integrazione, sulla rinnovazione o integrazione della citazione o l’eventuale integrazione della domanda riconvenzionale nonché l’eventuale regolarizzazione degli atti del processo o dei vizi attinenti la rappresentanza processuale o la mancanza di autorizzazioni ed infine la verifica sulla regolarità della notifica ai fini della dichiarazione di contumacia) saranno effettuate all’udienza dell’art. 183 c.p.c. Il Giudice non potrà più autorizzare il deposito di comparse ex artt. 170/180 c.p.c. (vecchia formulazione) o assegnare termini al convenuto per proporre le eccezioni processuali o di merito non rilevabili di ufficio. La norma è pertanto ridotta alla mera previsione dell’oralità della trattazione e della redazione di processo verbale. 111
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 181 (Mancata comparizione delle parti) Se nessuna delle parti comparisce nella prima udienza, il giudice fissa una udienza successiva, di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle parti comparisce alla nuova udienza, il giudice, con ordinanza non impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo. Se l’attore costituito non comparisce alla prima udienza, e il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, il giudice fissa una nuova udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all’attore. Se questi non comparisce alla nuova udienza, il giudice, se il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo. Art. 182 (Difetto di rappresentanza o di autorizzazione) Il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi. Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza. Art. 183 (Prima udienza di trattazione) Nella prima udienza di trattazione il giudice istruttore interroga liberamente le parti presenti e, quando la natura della causa lo consente, tenta la conciliazione. La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116. Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116. Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione. Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal con112
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO venuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate. Se richiesto, il giudice fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte. Concede altresì alle parti un successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall’altra parte e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime. Con la stessa ordinanza il giudice fissa l’udienza per i provvedimenti di cui all’articolo 184. Art. 183 (Prima comparizione delle parti e trattazione della causa) All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comma, dall’articolo 164, secondo, terzo e quinto comma, dall’articolo 167 secondo e terzo comma, dall’articolo 182 e dall’articolo 291, primo comma. Quando pronunzia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice fissa una nuova udienza di trattazione. Il giudice istruttore fissa altresì una nuova udienza se deve procedersi a norma dell’art. 185. Nell’udienza di trattazione ovvero in quella eventualmente fissata ai sensi del terzo comma, il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione. Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Le parti posso precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate. Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori: 1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; 113
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE 2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria. Salva l’applicazione dell’articolo 187, il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando l’udienza di cui all’articolo 184 per l’assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti. Se provvede mediante ordinanza emanata fuori udienza, questa deve essere pronunciata entro trenta giorni. Nel caso in cui vengano disposti d’ufficio mezzi di prova con l’ordinanza di cui al settimo comma, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con la medesima ordinanza, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi nonché depositare memoria di replica nell’ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice, che si riserva di provvedere ai sensi del settimo comma. Con l’ordinanza che ammette le prove il giudice può in ogni caso disporre, qualora lo ritenga utile, il libero interrogatorio delle parti; all’interrogatorio disposto dal giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui al terzo comma. L’ordinanza di cui al settimo comma è comunicata a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi al deposito, anche a mezzo telefax, nella sola ipotesi in cui il numero sia stato indicato negli atti difensivi, nonché a mezzo di posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere gli atti. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Un'analisi delle novità non può prescindere da un cenno all'iter formativo di questa norma. La prima stesura dell'art. 183 c.p.c. prevedeva che solo su richiesta congiunta delle parti (formulata dai difensori anche all'udienza di prima comparizione e trattazione) il Giudice fissasse una successiva udienza per la comparizione personale delle parti (si noti che il testo dell'art. 185 c.p.c. era rimasto immutato). 114
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Su richiesta delle parti, il Giudice concedeva, inoltre, un termine non superiore a trenta giorni per la precisazione o modificazione delle domande, eccezioni e conclusioni già articolate ed anche per la formulazione di nuovi mezzi di prova ed il deposito di nuovi documenti. Sempre su richiesta delle parti, il Giudice, con la medesima ordinanza, concedeva un termine non superiore ad ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni o conclusioni modificate o meglio precisate nonché per la formulazione di prova contraria. Veniva osservato che la nuova formulazione dell'art. 183 c.p.c.: finiva per limitare il potere del giudice di interrogare le parti e tentarne la conciliazione; che i termini per le deduzioni istruttorie, peraltro molto compressi, scadevano allorquando il thema decidendum non era stato ancora delineato. Il legislatore operò quindi una prima correzione della norma nel disegno di legge pendente avanti la Commissione Giustizia del Senato (prima AS 3523, poi AS 3439). Il primo intervento correttivo prevedeva la riformulazione dell'art. 185 (disponendo che il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta delle parti, fissasse la comparizione delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione e che il giudice istruttore avesse altresì la facoltà di fissare la predetta udienza di comparizione personale a norma dell'art. 117) nonché alcune modifiche dell'art. 183 (tra cui la più significativa pareva quella dell'eliminazione della possibilità per il convenuto di replicare, con la seconda memoria di cui all'art. 183, comma sesto c.p.c., alle domande ed eccezioni "nuove" proposte dall'attore in udienza, con la conseguenza di dover replicare in udienza ai nova dell'attore). Il testo subiva un radicale cambiamento avanti la Commissione Giustizia della Camera la quale il 30.11.2005 approvava in sede referente un nuovo sesto comma così riscritto: "Se richiesto, il Giudice concede alle parti un termine perentorio di giorni trenta per il deposito di memoria limitata alla deduzione delle sole eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio; nonché i seguenti termini perentori: a) termine di ulteriori giorni trenta per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; b) termine ulteriore di giorni trenta per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall'altra parte, per proporre le eccezioni che sono conse115
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE guenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; c) termine di ulteriori giorni trenta per le sole indicazioni di prova contraria. Salva l'applicazione dell'articolo 187, il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando l'udienza di cui all'articolo 184 per l'assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti. Se provvede mediante ordinanza emanata fuori udienza, questa dovrà essere pronunciata entro trenta giorni. Nel caso in cui vengano disposti d'ufficio mezzi di prova con l'ordinanza di cui al comma precedente, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con la medesima ordinanza, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi nonché depositare memoria di replica nell'ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice, che si riserverà nuovamente ai sensi dell'articolo 183, sesto comma. Con l'ordinanza ammissiva delle prova il Giudice può in ogni caso disporre, qualora lo ritenga utile, il libero interrogatorio delle parti; si applicano all'interrogatorio disposto dal giudice istruttore le disposizioni del terzo comma del presente articolo". Alcuni giorni dopo la stessa Commissione veniva interessata in sede deliberante; veniva operata un'ulteriore modifica (definita dal relatore di mero raccordo formale, ma al contrario incidente sul diritto di difesa delle parti) rispetto al testo risultante dagli emendamenti approvati il 30.11.2005, eliminando nella versione definitiva la facoltà di concedere alle parti un termine perentorio di giorni trenta per il deposito di memoria limitata alla deduzione delle sole eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Il testo veniva poi approvato nella versione attuale anche dalla Commissione Giustizia del Senato, sempre in sede deliberante. L'iter illustrato ci consente di affermare che l'inciso "ulteriore" di cui al nr. 1 del sesto comma è un mero refuso. Per il resto, la norma nasce dall'accorpamento delle attività che si svolgevano nel corso di tre udienze (artt. 180, 183 e 184 precedentemente vigenti). In particolare, il testo del primo comma del precedente art. 180 è stato integralmente traslato nella nuova formulazione del primo comma del nuovo 183 c.p.c., e così è a dire per il terzo comma del vecchio 183 che è divenuto il quarto comma del nuovo 183 e del quinto comma che riproduce il quarto del vecchio 183.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Le stesse memorie del 183 (previste nel vecchio quinto comma) sono state letteralmente trasfuse nella nuova formulazione del sesto comma, con l'unica particolarità che contestualmente alla seconda devono essere svolte le deduzioni istruttorie in precedenza previste con la prima memoria del 184 c.p.c.. L'unica novità (rispetto alla precedente formulazione del 184) è rappresentata dall'eliminazione dell'inciso "nuovi" con riferimento ai mezzi di prova da dedurre. Il settimo comma del nuovo 183 riproduce nella sostanza e stilisticamente il vecchio 184 prima parte. Leggendo l'emendamento approvato dalla Camera il 30.11.2005, parrebbe che il legislatore, salvo il successivo ripensamento sul termine per la proposizione delle eccezioni di rito e di merito non rilevabili d'ufficio, abbia guardato con particolare attenzione alla delibera approvata dai Presidenti dell'Unione Triveneta dei Consigli dell'Ordine a Bolzano il 30.06.2005 (in cui si richiedeva di modificare il novellato art. 183 c.p.c. 6° comma proprio come nel testo licenziato il 30.11.2005 dalla Commissione Giustizia della Camera). Può pertanto essere utile illustrare quelle che furono le motivazioni (esplicate in delibera) che indussero i 16 Presidenti degli Ordini del Nord Est a formulare quella proposta di modifica; in particolare si evidenziava l'esigenza di differire i termini per consentire la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché modulare i termini per consentire la formulazione dei mezzi istruttori solo dopo che il thema decidendum si fosse compiutamente radicato. Veniva suggerito inoltre di togliere l'inciso "nuovi" con riferimento ai mezzi di prova posto nella vecchia formulazione dell'art. 184 c.p.c., anche per superare quelle incertezze della giurisprudenza (in particolare con riferimento a quella parte di giurisprudenza che -con interpretazione restrittiva- riconosceva la possibilità di articolare nelle memorie istruttorie solo "nuove" deduzioni istruttorie, con conseguente onere di formulare mezzi istruttori fin dagli atti introduttivi). Si suggeriva, infine, che solo una volta completato il contraddittorio con il deposito delle diverse memorie, il Giudice esercitasse la facoltà di disporre -se lo riteneva utile- il libero interrogatorio delle parti e si esplicitava l'opportunità (come dalla prevalente giurisprudenza affermato) che anche il potere del Giudice di disporre d'ufficio mezzi di prova incontrasse il limite temporale dell'ordinanza ammissiva delle prove. Fatte queste premesse si può ritenere (contrariamente a chi vede in ogni riforma lo stravolgimento del passato e finisce per leggere oltre le righe) che la novella si muova in un'ottica di concentrazione di attività, ma non abbia voluto apportare sostanziali modifiche o stravolgimenti. 117
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Veniamo ora all'esame dei singoli commi che compongono l'art. 183 novellato. art. 183 c.p.c. I° comma: riproduce il I° comma del 180 (udienza 180 c.p.c. di prima comparizione): verifica del contraddittorio, con eventuale pronuncia dell'ordine di integrazione (art. 102, 2° comma), dei provvedimenti di rinnovazione o integrazione della citazione (art. 164), di integrazione della domanda riconvenzionale in cui sia omesso o risulti assolutamente incerto l'oggetto o il titolo (art. 167), di concessione di un termine per la costituzione in giudizio della persona cui spetta la rappresentanza o l'assistenza o per il rilascio delle autorizzazioni necessarie (art. 182) o per la rinnovazione della notificazione della citazione (art. 291, 1° c.). art. 183 II° comma: il secondo comma del nuovo 183 si limita ad esplicitare un incombente necessario ma privo di alcun carattere di novità. art. 183 III° comma il vecchio 183 prevedeva obbligatoriamente la comparizione personale delle parti (la mancata comparizione poteva essere valutata dal Giudice ai sensi dell'art. 116 c.p.c., 2° c.) al fine di consentire l'espletamento dell'interrogatorio libero ed il tentativo di conciliazione. Il nuovo testo dell'art. 183 c.p.c. non fa più riferimento alla comparizione obbligatoria delle parti né al tentativo di conciliazione da parte del Giudice. Già nella prassi la comparizione personale ed il libero interrogatorio delle parti erano limitati a pochi casi e seguiti da ancora più rare conciliazioni. Pertanto, la novella non ha fatto altro che prendere atto della situazione in essere. L'art. 185 novellato (e richiamato dal 183) prevede peraltro il potere del giudice di interrogare liberamente le parti, ma solo su richiesta congiunta o su iniziativa del Giudice, esperibile anche in un momento successivo all'udienza 183. Il libero interrogatorio delle parti è altresì esperibile ai sensi del nono comma dell'art. 183 c.p.c. novellato: è previsto infatti che il Giudice, con l'ordinanza che ammette le prove, possa in ogni caso disporre, qualora lo ritenga utile, il libero interrogatorio delle parti. Il nuovo art. 185 ed il nono comma dell'art. 183 vengono dunque per certi versi a sovrapporsi ed evidenziano problemi di raccordo (che vanno letti alla luce dell'esame dell'iter formativo della legge sopra indicato), per cui sarebbe opportuno ritornare alla originaria formulazione del 185.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO art. 183 IV° comma nell'udienza di trattazione, ovvero in quella eventualmente fissata ai sensi dell'art. 185 c.p.c., il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione (lo disponeva anche il vecchio art. 183, 3° comma). L'incombente ha un suo rilievo se si pensa che secondo un orientamento della Suprema Corte (Cass. 21.11.01 n. 14637) ora rafforzato dalla nuova formulazione dell'art. 384 terzo comma, qualora il Giudice, in un momento successivo all'udienza di trattazione (ad esempio in sede di decisione), dovesse accorgersi della presenza di una questione rilevabile d'ufficio, in precedenza non trattata, dovrebbe garantire per le parti il contraddittorio convocando all'uopo le stesse (e, se la causa fosse già stata introitata, rimettendo la causa sul ruolo). udienza 183 V° comma: il sistema delineato dalla novella del 1990/95 (ed ancora più dalla attuale riforma, attesa la concentrazione in un'unica udienza di attività che si svolgevano in diverse udienze) è caratterizzato da una serie di preclusioni (poco sentite nella pratica, come dimostra la scarna giurisprudenza in materia), che maturano parallelamente al progredire del processo nelle varie fasi, e che portano ad una progressiva formazione e definizione del thema decidendum. Veniamo al 5° comma dell'art. 183: è prevista la facoltà per l'attore di proporre in udienza le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Si tratta della facoltà dei c.d. nova dell'attore. La formulazione di domande nuove è facoltà che spetta solo all'attore. Sono peraltro ammissibili solo le domande nuove consequenziali alle domande o eccezioni del convenuto (se da quest'ultimo tempestivamente proposte). Le eccezioni del convenuto cui si fa riferimento sono sia quelle in senso lato che quelle in senso stretto. Le domande nuove che possono essere proposte dall'attore in udienza integrano la c.d. reconventio reconventionis (ad esempio domanda dell'attore di condanna al pagamento di una somma in relazione ad un'obbligazione pecuniaria, domanda riconvenzionale del convenuto di pagamento di un controcredito, domanda dell'attore di accertamento negativo del controcredito ovvero domanda volta a far dichiarare la nullità/annullabilità del rapporto da cui trae origine il controcredito). Non si ritengono invece proponibili domande collegate a quelle originarie da mere ragioni di opportunità (ad es. domanda di accertamento della proprietà
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE per effetto di usucapione, eccezione del convenuto che non è maturato il possesso utile per l'usucapione, domanda dell'attore di accertamento della proprietà per accessione). Né sono ammissibili domande nuove proposte non in relazione alle difese del convenuto ma con riferimento alle pretese contenute in citazione. La consequenzialità stretta si giustifica anche in considerazione del fatto che il convenuto non può comunque proporre a sua volta altre domande riconvenzionali, ma solo eccezioni. Si ammette che l'attore possa proporre i propri nova (domande ed eccezioni nuove) anche con riferimento alle domande (ed eccezioni) proposte dal terzo chiamato nei confronti dell'attore. Le domande nuove possono essere proposte dall'attore solo fino all'udienza di trattazione ma non oltre, nemmeno nelle memorie del sesto comma. Questa non è una novità in quanto anche nel processo attualmente in vigore possono essere proposte sino all'udienza di trattazione. Di norma è difficile che il convenuto sia in grado di replicare ai nova dell'attore nell'udienza di trattazione: di qui la facoltà di richiedere la concessione di termini per memorie scritte (c.d. appendice scritta dell'udienza o trattazione scritta in contrapposizione alla trattazione orale effettuata in udienza). Di qui nasce anche l'esclusione per l'attore di proporre domande nuove nelle memorie (che non consentirebbero una difesa del convenuto). Per quanto riguarda le eccezioni proponibili all'udienza 183, è da ritenere che le stesse possano essere sia quelle in senso stretto consequenziali che quelle in senso lato. Al di là del dato letterale, si ritiene altresì che non solo l'attore ma anche il convenuto (se ne è in grado) possa svolgere fin dall'udienza le proprie eccezioni (conseguenza delle domande e delle eccezioni svolte dall'attore), fermo comunque il limite temporale ultimo della seconda memoria. All'udienza 183 è inoltre esercitabile il c.d. ius poenitendi. Entrambe le parti possono infatti precisare o modificare le proprie domande (formulate con la citazione o con la domanda riconvenzionale) e non è richiesto alcun nesso di consequenzialità con le difese di controparte. Il limite temporale ultimo per lo ius poenitendi è l'eventuale prima memoria concessa. Sono altresì precisabili o modificabili le eccezioni. Non ci si sofferma sulla distinzione tra modificazione delle domande (consentita) e proposizione di nuove domande o mutatio (vietata).
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO udienza 183 VI° comma: La concessione delle memorie scritte è obbligatoria per il giudice se vi è la richiesta anche di una sola delle parti. Parrebbe che il Giudice, che ravvisi la presenza di una questione preliminare di merito o di rito potenzialmente dirimente, non possa applicare l'art. 187 negando, se richiesta, la concessione dei termini di cui all'art. 183. Si ritiene infatti che il Giudice possa valutare in modo compiuto la fondatezza della questione preliminare solo dopo che le parti hanno definito il thema decidendum e (con la nuova formulazione della norma) anche il thema probandum. Con la memoria di cui al nr. 1 le parti possono esercitare lo ius poenitendi. Le domande ed eccezioni che è consentito precisare o modificare sono tutte quelle già formulate. Con la seconda memoria è data alle parti la facoltà di replicare a domande ed eccezioni nuove o modificate e proporre le eccezioni consequenziali. Volendo schematizzare le facoltà date alle parti con la seconda memoria si può dire che: 1) l'attore può - replicare: allo ius poenitendi del convenuto; alle domande o eccezioni proposte dal convenuto in comparsa (in senso stretto ed in senso lato) o in udienza (solo in senso lato); - proporre eccezioni: in senso lato; in senso stretto solo se consequenziali alla riconvenzionale del convenuto o alle eccezioni del convenuto; - dedurre i mezzi istruttori. 2) il convenuto può - replicare: allo ius poenitendi dell'attore; alla reconventio reconventionis dell'attore; alle eccezioni fatte dall'attore in udienza. - proporre: le eccezioni consequenziali alla reconventio reconventionis; le eccezioni consequenziali alle eccezioni fatte dall'attore in udienza; - dedurre i mezzi di prova. 121
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Sebbene non espressamente indicato dalla norma, si ritiene per lo più che l'allegazione di fatti nuovi (posti a sostengo delle domande o delle eccezioni delle parti) sia possibile solo sino alla seconda memoria. Parimenti, per i fatti nuovi posti a sostegno delle eccezioni (in senso lato) proposte dalle parti, si ritiene per lo più che l'allegazione vada effettuata entro l'udienza di trattazione (o la sua appendice scritta), mentre resta possibile proporre la relativa eccezione anche nella prosecuzione del giudizio (in tal senso argomentando anche in relazione al disposto dell'art. 345 c.p.c. che consente la proposizione di eccezioni nuove rilevabili d'ufficio in appello) e persino negli scritti difensivi conclusivi (con una qualche utilità solo nell'ipotesi in cui i fatti su cui si fonda l'eccezione siano stati tempestivamente allegati e provati). In tal caso - come detto- vi sarebbe per il Giudice che intendesse accogliere l'eccezione in senso lato, proposta oltre l'udienza di trattazione (o la sua appendice scritta),l'onere di riaprire sul punto il contraddittorio (con uno scambio di memorie o con una discussione orale). Parimenti nel caso in cui il rilievo di una eccezione in senso lato sia stata effettuata d'ufficio da parte del giudice in sede di decisione. Le mere difese di diritto sono invece sempre consentite. Si segnala infine che la violazione delle preclusioni sopra illustrate è per lo più ritenuta rilevabile anche d'ufficio dal Giudice. La terza memoria Con la successiva memoria le parti possono articolare la prova contraria. Le produzioni documentali sono espressamente consentite con la memoria di cui al nr. 2 ma, in base alla giurisprudenza formatasi, si può ancora ritenere che il termine ultimo per le produzioni documentali sia quello della memoria a prova contraria. art. 183 VII comma Un'altra novità è costituita dal fatto che il Giudice non fissa necessariamente una successiva udienza (il vecchio "secondo" 184 c.p.c.) per pronunciarsi in merito ai mezzi di prova articolati dalle parti, ma ha davanti a sé diverse possibilità per pronunciarsi sui mezzi di prova che riterrà ammissibili: decidere in udienza sulle istanze già formulate ovvero, se lo ritiene e ogni qualvolta gli sono richiesti i termini per le memorie, riservarsi ovvero fissare un'udienza dopo la scadenza dei termini e decidere all'udienza o con ordinanza da pronunciarsi entro 30 giorni (dall'udienza ovvero dalla scadenza dei termini per il deposito delle memorie e repliche istruttorie). È scomparso l'originario automatismo (che pareva prevedere come obbligatoria la pronuncia a seguito di riserva) presente nella prima formulazione della 122
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO novella, che aveva suscitato perplessità sia sul piano del contraddittorio tra le parti che sul piano organizzativo dell'ufficio. Art. 183 VIII comma Il potere di disporre d'ufficio mezzi di prova incontra ora espressamente il limite temporale dell'ordinanza ammissiva delle prove (come, peraltro, affermato dalla Corte Cost. ord. 14.03.03 per cui "il potere deve essere esercitato entro l'udienza di ammissione delle prove ai sensi dell'art. 184 cpc, incontrando lo stesso limite temporale di contenuto preclusivo cui sono soggetti i poteri istruttori delle parti") e le parti hanno pieno diritto di contraddittorio sui mezzi di prova d'ufficio; tant'è che il Giudice deve assegnare alle stesse un termine per la formulazione delle istanze istruttorie e di replica riservandosi nuovamente. L'esplicitazione di un limite temporale ai poteri istruttori del Giudice recepisce un orientamento giurisprudenziale e rafforza nella convinzione che il giudice, nella successiva fase di assunzione delle prove, debba attenersi al capitolato ammesso; se così non fosse, si finirebbe per introdurre prove su circostanze non capitolate o su circostanze che il giudice, nel rispetto del superiore principio del contraddittorio espresso dal comma in esame, doveva articolare nel limite temporale previsto. Art. 183 IX comma Il comma è già stato sopra esaminato. Art. 183 X comma L'ordinanza ammissiva delle prova può essere comunicata anche via fax o per e-mail. Concludendo, l’udienza ex art. 183, come è stato correttamente osservato dal dr. A. Mirenda, è -pertanto- di regola un’udienza unica (nel rispetto delle finalità della riforma), ma per giustificate ragioni processuali essa -come peraltro avviene per il rito lavoro- potrà svolgersi in più momenti. Art. 184 (Deduzioni istruttorie) Salva l’applicazione dell’articolo 187 il giudice istruttore, se ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti; ovvero, su istanza di parte, rinvia ad altra udienza, assegnando un termine entro il quale le parti possono produrre documenti e indicare nuovi mezzi di prova, nonchè altro termine per l’eventuale indicazione di prova contraria. I termini di cui al comma precedente sono perentori. Nel caso in cui vengano disposti d’ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi. 123
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 184 (Udienza di assunzione dei mezzi di prova) Nell’udienza fissata con l’ordinanza prevista dal settimo comma dell’articolo 183, il giudice istruttore procede all’assunzione dei mezzi di prova ammessi. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Concerne l’udienza per l’assunzione dei mezzi di prova. Sono scomparsi i termini per la concessione delle memorie; è scomparsa la seconda udienza 184. L’ultimo comma è stato assorbito dalla nuova formulazione del 183. Art. 184 bis (Rimessione in termini) La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dell’art. 294, secondo e terzo comma. Art. 185 (Tentativo di conciliazione) Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell’istruzione. Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo. Art. 185 (Tentativo di conciliazione) Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta delle parti, fissa la comparizione delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione. Il giudice istruttore ha altresì la facoltà di fissare la predetta udienza di comparizione personale a norma dell’art. 117. Quando è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. Se la procura è conferita con scrittura privata, questa può essere autenticata anche dal difensore della parte. La mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata ai sensi del secondo comma dell’art. 116.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell’istruzione. Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Il Giudice, su istanza congiunta delle parti, e quindi non più necessariamente come invece previsto nel vecchio testo dell’art. 183 c.p.c., fissa l’udienza per la comparizione personale delle parti per il loro libero interrogatorio e il tentativo di conciliazione. Indipendentemente dalla istanza delle parti, il Giudice conserva il potere di disporre, ai sensi dell’art. 117, la comparizione personale delle stesse per l’interrogatorio libero. La norma riproduce nel resto il vecchio testo dell’art. 183, 2° comma c.p.c.; è prevista inoltre la possibilità che la procura conferita con scrittura privata sia autenticata anche dal difensore della parte. La norma completa la nuova formulazione del 183. Art. 186 (Pronuncia dei provvedimenti) Sulle domande e sulle eccezioni delle parti, il giudice istruttore, sentite le loro ragioni, dà in udienza i provvedimenti opportuni; ma può anche riservarsi di pronunciarli entro i cinque giorni successivi. Art. 186 bis (Ordinanza per il pagamento di somme non contestate) Su istanza di parte il giudice istruttore può disporre, fino al momento della precisazione delle conclusioni, il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite. L’ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo. L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177, primo e secondo comma, e 178, primo comma. Art. 186 bis (Ordinanza per il pagamento di somme non contestate) Su istanza di parte il giudice istruttore può disporre, fino al momento della precisazione delle conclusioni, il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite. Se l’istanza è proposta fuori dall’udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione. 125
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE L’ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo. L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli artt. 177, primo e secondo comma, e 178, primo comma. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Se l’istanza è proposta fuori dall’udienza il giudice deve disporre la comparizione delle parti ed assegnare un termine per la notificazione, assicurando il contraddittorio. Art. 186 ter (Istanza di ingiunzione) Fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presupposti di cui all’art. 633, primo comma, n. 1), e secondo comma, e di cui all’art. 634, la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna. L’ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall’art. 641, ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 642, nonchè, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all’art. 648, primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l’atto pubblico. L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e 178, primo comma. Se il processo si estingue l’ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 653, primo comma. Se la parte contro cui è pronunciata l’ingiunzione è contumace, l’ordinanza deve essere notificata ai sensi e per gli effetti dell’art. 644. In tal caso l’ordinanza deve altresì contenere l’espresso avvertimento che, ove la parte non si costituisca entro il termine di venti giorni dalla notifica, diverrà esecutiva ai sensi dell’art. 647. L’ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. Art. 186 ter (Istanza di ingiunzione) Fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presupposti di cui all’art. 633, primo comma, n. 1), e secondo comma, e di cui all’art. 634, la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del pro126
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO cesso, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna. Se l’istanza è proposta fuori dall’udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione. L’ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall’art. 641, ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 642, nonché, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all’art. 648, primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l’atto pubblico. L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e 178, primo comma. Se il processo si estingue l’ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 653, primo comma. Se la parte contro cui è pronunciata l’ingiunzione è contumace, l’ordinanza deve essere notificata ai sensi e per gli effetti dell’art. 644. In tal caso l’ordinanza deve altresì contenere l’espresso avvertimento che, ove la parte non si costituisca entro il termine di venti giorni dalla notifica, diverrà esecutiva ai sensi dell’art. 647. L’ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Se l’istanza è proposta fuori dall’udienza il giudice deve disporre la comparizione delle parti ed assegnare un termine per la notificazione, assicurando il contraddittorio. Art. 186 quater (Ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione) Esaurita l’istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. Con l’ordinanza il giudice provvede sulle spese processuali. L’ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio. Se, dopo la pronuncia dell’ordinanza, il processo si estingue, l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza. La parte intimata può dichiarare di rinunciare alla pronuncia della sentenza, con 127
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE atto notificato all’altra parte e depositato in cancelleria. Dalla data del deposito dell’atto notificato, l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza. Art. 186 quater (Ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione) Esaurita l’istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. Con l’ordinanza il giudice provvede sulle spese processuali. L’ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio. Se, dopo la pronuncia dell’ordinanza, il processo si estingue, l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza. L’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza se la parte intimata non manifesta entro trenta giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla comunicazione, con ricorso notificato all’altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata la sentenza. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) È stato sostituito il quarto comma il quale ora prevede che la parte intimata non debba manifestare, come nella precedente formulazione, la volontà di rinunciare alla Sentenza, ma al contrario debba manifestare entro trenta giorni la volontà che sia pronunciata la Sentenza, notificando e depositando ricorso. In mancanza l’ordinanza acquista l’efficacia della Sentenza. In altri termini la novità consiste nell’aver attribuito al silenzio della parte un significato di acquiescenza all’ordinanza che diviene impugnabile come una Sentenza. Art. 187 (Provvedimenti del giudice istruttore) Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio. Può rimettere le parti al collegio affinchè sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio. Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito. 128
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Qualora il collegio provveda a norma dell’articolo 279, secondo comma, numero 4), i termini di cui all’articolo 184, non concessi prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui. Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo. Art. 187 (Provvedimenti del giudice istruttore) Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al Collegio. Può rimettere le parti al Collegio affinché sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio. Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito. Qualora il collegio provveda a norma dell’art. 279, secondo comma, numero 4), i termini di cui all’art. 183, ottavo comma, non concessi prima della remissione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui. Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La novità è limitata solo ad un mero coordinamento con la nuova formulazione del 183 c.p.c.. Si noti che la facoltà del 187 può essere ora esercitata dal Giudice solo con l’ordinanza di cui al settimo comma del 183c.p.c.. In altri termini il Giudice potrà pertanto ritenere la causa matura per la decisione solo dopo che le parti avranno considerato definito il thema decidendum e probandum, ricorrendo o meno alle memorie di cui all’art. 183 c.p.c.. Art. 188 (Attività istruttoria del giudice) Il giudice istruttore provvede all’assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l’istruzione, rimette le parti al Collegio per la decisione a norma dell’articolo seguente.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 189 (Rimessione al Collegio) Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma dei primi tre commi dell’articolo 187 o dell’articolo 188, invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell’articolo 183. Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dall’articolo 187, secondo e terzo comma. La rimessione investe il Collegio di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell’art. 187, secondo e terzo comma. Art. 190 (Comparse conclusionali e memorie) Le comparse conclusionali debbono essere depositate entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla rimessione della causa al collegio e le memorie di replica entro i venti giorni successivi. Per il deposito delle comparse conclusionali il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, può fissare un termine più breve, comunque non inferiore a venti giorni. Art. 190 bis (Decisione del giudice istruttore in funzione di giudice unico) SEZIONE III Dell’istruzione probatoria §1 Della nomina e delle indagini del consulente tecnico
Art. 191 (Nomina del consulente tecnico) Nei casi di cui agli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con l’ordinanza prevista nell’art. 187, ultimo comma, o con altra successiva, nomina un consulente tecnico e fissa l’udienza nella quale questi deve comparire. Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone. Art. 192 (Astensione e ricusazione del consulente) L’ordinanza è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con invito a comparire all’udienza fissata dal giudice. 130
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Il consulente che non ritiene di accettare l’incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l’ha nominato almeno tre giorni prima dell’udienza di comparizione; nello stesso termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella cancelleria ricorso al giudice istruttore. Questi provvede con ordinanza non impugnabile. Art. 193 (Giuramento del consulente) All’udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente l’importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere al giudice la verità. Art. 194 (Attività del consulente) Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all’art. 62, da sé solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi. Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze. Art. 195 (Processo verbale e relazione) Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l’intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta. Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti. La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che il giudice fissa. Art. 196 (Rinnovazione delle indagini e sostituzione del consulente) Il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico. 131
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 197 (Assistenza all’udienza e audizione in Camera di consiglio) Quando lo ritiene opportuno il presidente invita il consulente tecnico ad assistere alla discussione davanti al Collegio e ad esprimere il suo parere in Camera di consiglio in presenza delle parti, le quali possono chiarire e svolgere le loro ragioni per mezzo dei difensori. Art. 198 (Esame contabile) Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice istruttore può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti. Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa. Di essi tuttavia senza il consenso di tutte le parti non può fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all’art. 195. Art. 199 (Processo verbale di conciliazione) Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d’ufficio. Il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale. Art. 200 (Mancata conciliazione) Se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore. Le dichiarazioni delle parti, riportate dal consulente nella relazione, possono essere valutate dal giudice a norma dell’art. 116, secondo comma. Art. 201 (Consulente tecnico di parte) Il giudice istruttore, con l’ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico. Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell’art. 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all’udienza e alla Camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere, con l’autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche. 132
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO §2 Dell’assunzione dei mezzi di prova in generale Art. 202 (Tempo, luogo e modo dell’assunzione) Quando dispone mezzi di prova, il giudice istruttore, se non può assumerli nella stessa udienza, stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell’assunzione. Se questa non si esaurisce nell’udienza fissata, il giudice ne differisce la prosecuzione ad un giorno prossimo. Art. 203 (Assunzione fuori della circoscrizione del tribunale) Se i mezzi di prova debbono assumersi fuori della circoscrizione del tribunale, il giudice istruttore delega a procedervi il giudice istruttore del luogo, salvo che le parti richiedano concordemente e il presidente del tribunale consenta che vi si trasferisca il giudice stesso. Nell’ordinanza di delega, il giudice delegante fissa il termine entro il quale la prova deve assumersi e l’udienza di comparizione delle parti per la prosecuzione del giudizio. Il giudice delegato, su istanza della parte interessata, procede all’assunzione del mezzo di prova e d’ufficio ne rimette il processo verbale al giudice delegante prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio, anche se l’assunzione non è esaurita. Le parti possono rivolgere al giudice delegante, direttamente o a mezzo del giudice delegato, istanza per la proroga del termine. Art. 204 (Rogatorie alle Autorità estere e ai consoli italiani) Le rogatorie dei giudici italiani alle Autorità estere per l’esecuzione di provvedimenti istruttori sono trasmesse per via diplomatica. Quando la rogatoria riguarda cittadini italiani residenti all’estero, il giudice istruttore delega il console competente, che provvede a norma della legge consolare. Per l’assunzione dei mezzi di prova e la prosecuzione del giudizio il giudice pronuncia i provvedimenti previsti negli ultimi tre commi dell’articolo precedente. Art. 205 (Risoluzione degli incidenti relativi alla prova) Il giudice che procede all’assunzione dei mezzi di prova, anche se delegato a norma dell’art. 203, pronuncia con ordinanza su tutte le questioni che sorgono nel corso della stessa. 133
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 206 (Assistenza delle parti all’assunzione) Le parti possono assistere personalmente all’assunzione dei mezzi di prova. Art. 207 (Processo verbale dell’assunzione) Dell’assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice. Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive. Il giudice, quando lo ritiene opportuno, nel riportare le dichiarazioni descrive il contegno della parte e del testimone. Art. 208 (Decadenza dall’assunzione) Se non si presenta la parte su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova, il giudice istruttore la dichiara decaduta dal diritto di farla assumere, salvo che l’altra parte presente non ne chieda l’assunzione. La parte interessata può chiedere nell’udienza successiva al giudice la revoca dell’ordinanza che ha pronunciato la sua decadenza dal diritto di assumere la prova. Il giudice dispone la revoca con ordinanza, quando riconosce che la mancata comparizione è stata cagionata da causa non imputabile alla stessa parte. Art. 209 (Chiusura dell’assunzione) Il giudice istruttore dichiara chiusa l’assunzione quando sono eseguiti i mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza di cui all’articolo precedente, non vi sono altri mezzi da assumere, oppure quando egli ravvisa superflua, per i risultati già raggiunti, la ulteriore assunzione. §3 Dell’esibizione delle prove Art. 210 (Ordine di esibizione alla parte o al terzo) Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma dell’art. 118 l’ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all’altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Nell’ordinare l’esibizione, il giudice dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il modo dell’esibizione. Se l’esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni caso anticipata dalla parte che ha proposto l’istanza di esibizione. Art. 211 (Tutela dei diritti del terzo) Quando l’esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice istruttore deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l’interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e prima di ordinare l’esibizione può disporre che il terzo sia citato in giudizio, assegnando alla parte istante un termine per provvedervi. Il terzo può sempre fare opposizione contro l’ordinanza di esibizione, intervenendo nel giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli. Art. 212 (Esibizione di copia del documento e dei libri di commercio) Il giudice istruttore può disporre che, in sostituzione dell’originale, si esibisca una copia anche fotografica o un estratto autentico del documento. Nell’ordinare l’esibizione di libri di commercio o di registri al fine di estrarne determinate partite, il giudice, su istanza dell’interessato, può disporre che siano prodotti estratti, per la formazione dei quali nomina un notaio e, quando occorre, un esperto affinché lo assista. Art. 213 (Richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione) Fuori dei casi previsti negli artt. 210 e 211, il giudice può richiedere d’ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell’amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo. §4 Del riconoscimento e della verificazione della scrittura privata Art. 214 (Disconoscimento della scrittura privata) Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione. Gli eredi o aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 215 (Riconoscimento tacito della scrittura privata) La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta: 1) se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, salva la disposizione dell’art. 293, comma terzo; 2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione. Quando nei casi ammessi dalla legge la scrittura è prodotta in copia autentica, il giudice istruttore può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza nei modi di cui al n. 2. (vedi C.Cost. nr. 317/1989, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 292 primo comma, in relazione all'art. 215 nr. 1, nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata non indicata in atti notificata in precedenza.) Art. 216 (Istanza di verificazione) La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione. L’istanza per la verificazione può anche proporsi in via principale con citazione, quando la parte dimostra di avervi interesse; ma se il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico dell’attore. Art. 217 (Custodia della scrittura e provvedimenti istruttori) Quando è chiesta la verificazione, il giudice istruttore dispone le cautele opportune per la custodia del documento, stabilisce il termine per il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione, nomina, quando occorre, un consulente tecnico e provvede all’ammissione delle altre prove. Nel determinare le scritture che debbono servire di comparazione, il giudice ammette, in mancanza di accordo delle parti, quella la cui provenienza dalla persona che si afferma autrice della scrittura è riconosciuta oppure accertata per sentenza di giudice o per atto pubblico. Art. 218 (Scritture di comparazione presso depositari) Se le scritture di comparazione si trovano presso depositari pubblici o privati e l’asportazione non ne è vietata, il giudice istruttore può disporne il deposito in cancelleria in un termine da lui fissato. 136
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Se la comparazione deve eseguirsi nel luogo dove si trovano le scritture, il giudice dà le disposizioni necessarie per le operazioni, che debbono compiersi in presenza del depositario. Art. 219 (Redazione di scritture di comparazione) Il giudice istruttore può ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura, anche alla presenza del consulente tecnico. Se la parte invitata a comparire personalmente non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato motivo, la scrittura si può ritenere riconosciuta. Art. 220 (Pronuncia del Collegio) Sull’istanza di verificazione pronuncia sempre il Collegio. Il Collegio, nella sentenza che dichiara la scrittura o la sottoscrizione di mano della parte che l’ha negata, può condannare quest’ultima a una pena pecuniaria non inferiore a euro 2 e non superiore a euro 20. §5 Della querela di falso Art. 221 (Modo di proposizione e contenuto della querela) La querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. La querela deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità e deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale, con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale d’udienza. È obbligatorio l’intervento nel processo del pubblico ministero. Art. 222 (Interpello della parte che ha prodotto la scrittura) Quando è proposta querela di falso in corso di causa, il giudice istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento se intende valersene in giudizio. Se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in causa; se è affermativa, il giudice, che ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della querela nella stessa udienza o in una successiva; ammette i mezzi istruttori che ritiene idonei, e dispone i modi e i termini della loro assunzione. 137
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 223 (Processo verbale di deposito del documento) Nell’udienza in cui è presentata la querela, si forma processo verbale di deposito nelle mani del cancelliere del documento impugnato. Il processo verbale è redatto in presenza del pubblico ministero e delle parti, e deve contenere la descrizione dello stato in cui il documento si trova, con l’indicazione delle cancellature, abrasioni, aggiunte, scritture interlineari e di ogni altra particolarità che vi si riscontra. Il giudice istruttore, il pubblico ministero e il cancelliere appongono la firma sul documento. Il giudice può anche ordinare che di esso sia fatta copia fotografica. Art. 224 (Sequestro del documento) Se il documento impugnato di falso si trova presso un depositario, il giudice istruttore può ordinare il sequestro con le forme previste nel Codice di procedura penale, dopo di che si redige il processo verbale di cui all’articolo precedente. Se non è possibile il deposito del documento in cancelleria, il giudice dispone le necessarie cautele per la conservazione di esso e redige il processo verbale alla presenza del depositario, nel luogo dove il documento si trova. Art. 225 (Decisione sulla querela) Sulla querela di falso pronuncia sempre il Collegio. Il giudice istruttore può rimettere le parti al Collegio per la decisione sulla querela indipendentemente dal merito. In tal caso, su istanza di parte, può disporre che la trattazione della causa continui davanti a sé relativamente a quelle domande che possono essere decise indipendentemente dal documento impugnato. Art. 226 (Contenuto della sentenza) Il Collegio, con la sentenza che rigetta la querela di falso, ordina la restituzione del documento e dispone che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull’originale o sulla copia che ne tiene luogo; condanna inoltre la parte querelante a una pena pecuniaria non inferiore a euro 2 e non superiore a euro 20. Con la sentenza che accerta la falsità il Collegio, anche d’ufficio, dà le disposizioni di cui all’art. 480 (ora art. 537) del Codice di procedura penale.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 227 (Esecuzione della sentenza che ha pronunciato sulla querela) L’esecuzione delle sentenze previste nell’articolo precedente non può aver luogo prima che siano passate in giudicato. Se non è richiesta dalle parti, l’esecuzione è promossa dal pubblico ministero a spese del soccombente con l’osservanza, in quanto applicabili, delle norme dell’art. 481 (ora art. 675) del Codice di procedura penale. §6 Della confessione giudiziale e dell’interrogatorio formale Art. 228 (Confessione giudiziale) La confessione giudiziale è spontanea o provocata mediante interrogatorio formale. Art. 229 (Confessione spontanea) La confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell’art. 117. Art. 230 (Modo dell’interrogatorio) L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici. Il giudice istruttore procede all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e termini stabiliti dall’ordinanza che l’ammette. Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, ad eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date. Art. 231 (Risposta) La parte interrogata deve rispondere personalmente. Essa non può servirsi di scritti preparati, ma il giudice istruttore può consentirle di valersi di note o appunti, quando deve fare riferimento a nomi o a cifre, o quando particolari circostanze lo consigliano. Art. 232 (Mancata risposta) Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il Collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio. 139
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Il giudice istruttore, che riconosce giustificata la mancata presentazione della parte per rispondere all’interrogatorio, dispone per l’assunzione di esso anche fuori della sede giudiziaria. §7 Del giuramento Art. 233 (Deferimento del giuramento decisorio) Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa davanti al giudice istruttore, con dichiarazione fatta all’udienza dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale o con atto sottoscritto dalla parte. Esso deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e specifico. Art. 234 (Riferimento) Finché non abbia dichiarato di essere pronta a giurare, la parte, alla quale il giuramento decisorio è stato deferito, può riferirlo all’avversario nei limiti fissati dal Codice civile. Art. 235 (Irrevocabilità) La parte, che ha deferito o riferito il giuramento decisorio, non può più revocarlo quando l’avversario ha dichiarato di essere pronto a prestarlo. Art. 236 (Caso di revocabilità) Se nell’ammettere il giuramento decisorio il giudice modifica la formula proposta dalla parte, questa può revocarlo. Art. 237 (Risoluzione delle contestazioni) Le contestazioni sorte tra le parti circa l’ammissione del giuramento decisorio sono decise dal Collegio. L’ordinanza del Collegio che ammette il giuramento deve essere notificata personalmente alla parte. Art. 238 (Prestazione) Il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull’importanza [religiosa e] 140
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO morale dell’atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false, e quindi lo invita a giurare. Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le parole “consapevole della responsabilità che col giuramento assumo [davanti a Dio e agli uomini] giuro ...” , e continua ripetendo le parole della formula su cui giura. Art. 239 (Mancata prestazione) La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si presenta senza giustificato motivo all’udienza all’uopo fissata, o, comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all’avversario, soccombe rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso; e del pari soccombe la parte avversaria, se rifiuta di prestare il giuramento che le è riferito. Il giudice istruttore, se ritiene giustificata la mancata comparizione della parte che deve prestare il giuramento, provvede a norma dell’art. 232 secondo comma. Art. 240 (Deferimento del giuramento suppletorio) Nelle cause riservate alla decisione collegiale, il giuramento suppletorio può essere deferito esclusivamente dal collegio. Art. 241 (Ammissibilità e contenuto del giuramento d’estimazione) Il giuramento sul valore della cosa domandata può essere deferito dal Collegio a una delle parti, soltanto se non è possibile accertare altrimenti il valore della cosa stessa. In questo caso il Collegio deve anche determinare la somma fino a concorrenza della quale il giuramento avrà efficacia. Art. 242 (Divieto di riferire il giuramento suppletorio) Il giuramento deferito d’ufficio a una delle parti non può da questa essere riferito all’altra. Art. 243 (Rinvio alle norme sul giuramento decisorio) Per la prestazione del giuramento deferito d’ufficio si applicano le disposizioni relative al giuramento decisorio.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE §8 Della prova per testimoni Art. 244 (Modo di deduzione) La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata. Art. 245 (Ordinanza di ammissione) Con l’ordinanza che ammette la prova il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge. La rinuncia fatta da una parte all’audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente. Art. 246 (Incapacità a testimoniare) Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. Art. 247 (Divieto di testimoniare) Art. 248 (Audizione dei minori degli anni quattordici) Art. 249 (Facoltà d’astensione) Si applicano all’audizione dei testimoni le disposizioni degli artt. 351 e 352 (ora artt. 200, 201, 202) del Codice di procedura penale relative alla facoltà d’astensione dei testimoni. Art. 250 (Intimazione ai testimoni) L’ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell’ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti. L’intimazione di cui al primo comma, se non è eseguita in mani proprie del destinatario o mediante servizio postale, è effettata in busta chiusa e sigillata. 142
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 250 (Intimazione ai testimoni) L’ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell’ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti. L’intimazione di cui al primo comma, se non è eseguita in mani proprie del destinatario o mediante servizio postale, è effettata in busta chiusa e sigillata. L’intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti private a comparire in udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l’invio di copia dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo di telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. Il difensore che ha spedito l’atto da notificare con lettera raccomandata deposita nella cancelleria del giudice copia dell’atto inviato, attestandone la conformità all’originale, e l’avviso di ricevimento. (La norma è già entrata in vigore e si applica anche alle cause in corso) La norma consente anche al difensore della parte (anche non autorizzato alla notifica in proprio) la facoltà di intimare il teste a mezzo e-mail e fax o a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, come già avviene per il processo penale. Il presupposto è il conferimento di valida procura. Andranno rispettati i termini di notifica al testimone previsti dalle disposizioni di attuazione del presente codice. La forma resta quella dell’intimazione. L’unica particolarità consiste nell’attestazione, da apporre sulla copia dell’intimazione da depositare in cancelleria, della conformità della stessa all’originale della raccomandata spedita. Confronta anche le modifiche apportate all’art. 103 delle disp. di att. Art. 251 (Giuramento dei testimoni) I testimoni sono esaminati separatamente. Il giudice istruttore avverte il testimone dell’obbligo di dire la verità e delle conseguenze penali delle dichiarazioni false e reticenti e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”. (C.Cost. 05.05.95 n. 149) 143
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 252 (Identificazione dei testimoni) Il giudice istruttore richiede al testimone il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, l’età e la professione, lo invita a dichiarare se ha rapporti di parentela, affinità, affiliazione o dipendenza con alcuna delle parti, oppure interesse nella causa. Le parti possono fare osservazioni sull’attendibilità del testimone, e questi deve fornire in proposito i chiarimenti necessari. Delle osservazioni e dei chiarimenti si fa menzione nel processo verbale prima dell’audizione del testimone. Art. 253 (Interrogazioni e risposte) Il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre. Può altresì rivolgergli, d’ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti medesimi. È vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare direttamente i testimoni. Alle risposte dei testimoni si applica la disposizione dell’art. 231. Art. 254 (Confronto dei testimoni) Se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, il giudice istruttore, su istanza di parte o d’ufficio, può disporre che essi siano messi a confronto. Art. 255 (Mancata comparizione dei testimoni) Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l’accompagnamento all’udienza stessa o ad altra successiva. Con la medesima ordinanza lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a 2 euro e non superiore a 5 euro, oltre che alle spese causate dalla mancata presentazione. Se il testimone si trova nell’impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all’esame il giudice istruttore del luogo. Art. 255 (Mancata comparizione dei testimoni) Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l’accompagnamento all’udienza stessa o ad altra successiva. Con la medesima ordinanza il giu144
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO dice, in caso di mancata comparizione senza giustificato motivo, può condannarlo ad una pena pecuniaria non inferiore a 100 euro e non superiore a 1.000 euro. Se il testimone si trova nell’impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all’esame il giudice istruttore del luogo. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) In caso di mancata comparizione del teste, senza giusto motivo, il Giudice dovrà emanare una ordinanza in cui fissa una nuova udienza applicando – eventualmente- al teste non comparso una sanzione pecuniaria non inferiore a 100 euro e non superiore a 1.000 euro e disponendone una nuova intimazione oppure l’accompagnamento. Art. 256 (Rifiuto di deporre e falsità della testimonianza) Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di deporre senza giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non abbia detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore lo denuncia al pubblico ministero, al quale trasmette copia del processo verbale. [Il giudice può anche ordinare l’arresto del testimone]. Art. 256 (Rifiuto di deporre e falsità della testimonianza) Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di deporre senza giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non abbia detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore lo denuncia al pubblico ministero, al quale trasmette copia del processo verbale. [Il giudice può anche ordinare l’arresto del testimone]. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data, anche se la parte espressamente abrogata era stata già oggetto di precedente abrogazione) E stato eliminato l’inciso “ll giudice puo’ anche ordinare l’arresto del testimone”, periodo da ritenersi già abrogato a norma dell’art. 214, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271. Art. 257 (Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dell’esame) Se alcuno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice istruttore può disporre d’ufficio che esse siano chiamate a deporre. Il giudice può anche disporre che siano sentiti i testimoni dei quali 145
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE ha ritenuto l’audizione superflua a norma dell’art. 245 o dei quali ha consentito la rinuncia; e del pari può disporre che siano nuovamente esaminati i testimoni già interrogati, al fine di chiarire la loro deposizione o di correggere irregolarità avveratesi nel precedente esame. §9 Delle ispezioni, delle riproduzioni meccaniche e degli esperimenti Art. 258 (Ordinanza d’ispezione) L’ispezione di luoghi, di cose mobili e immobili, o delle persone è disposta dal giudice istruttore, il quale fissa il tempo, il luogo e il modo dell’ispezione. Art. 259 (Modo dell’ispezione) All’ispezione procede personalmente il giudice istruttore, assistito, quando occorre, da un consulente tecnico, anche se l’ispezione deve eseguirsi fuori della circoscrizione del tribunale, tranne che esigenze di servizio gli impediscano di allontanarsi dalla sede. In tal caso delega il giudice istruttore del luogo a norma dell’art. 203. Art. 260 (Ispezione corporale) Il giudice istruttore può astenersi dal partecipare all’ispezione corporale e disporre che vi proceda il solo consulente tecnico. All’ispezione corporale deve procedersi con ogni cautela diretta a garantire il rispetto della persona. Art. 261 (Riproduzione, copie ed esperimenti) Il giudice istruttore può disporre che siano eseguiti rilievi, calchi e riproduzioni anche fotografiche di oggetti, documenti e luoghi e, quando occorre, rilevazioni cinematografiche o altre che richiedono l’impiego di mezzi, strumenti o procedimenti meccanici. Egualmente, per accertare se un fatto sia o possa essersi verificato in un dato modo, il giudice può ordinare di procedere alla riproduzione del fatto stesso, facendone eventualmente eseguire la rilevazione fotografica o cinematografica. Il giudice presiede all’esperimento e, quando occorre, ne affida l’esecuzione a un esperto che presta giuramento a norma dell’art. 193.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 262 (Poteri del giudice istruttore) Nel corso dell’ispezione o dell’esperimento il giudice istruttore può sentire testimoni per informazioni e dare i provvedimenti necessari per l’esibizione della cosa o per accedere alla località. Può anche disporre l’accesso in luoghi appartenenti a persone estranee al processo, sentite se è possibile queste ultime, e prendendo in ogni caso le cautele necessarie alla tutela dei loro interessi. § 10 Del rendimento dei conti Art. 263 (Presentazione e accettazione del conto) Se il giudice ordina la presentazione di un conto, questo deve essere depositato in cancelleria con i documenti giustificativi, almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata per la discussione di esso. Se il conto viene accettato, il giudice istruttore ne dà atto nel processo verbale e ordina il pagamento delle somme che risultano dovute. L’ordinanza non è impugnabile e costituisce titolo esecutivo. Art. 264 (Impugnazione e discussione) La parte che impugna il conto deve specificare le partite che intende contestare. Se chiede un termine per la specificazione, il giudice istruttore fissa un’udienza per tale scopo. Se le parti, in seguito alla discussione, concordano nel risultato del conto, il giudice provvede a norma del secondo comma dell’articolo precedente. In ogni caso il giudice può disporre, con ordinanza non impugnabile, il pagamento del sopravanzo che risulta dal conto o dalla discussione dello stesso. Art. 265 (Giuramento) Il Collegio può ammettere il creditore a determinare con giuramento le somme a lui dovute, se la parte tenuta al rendiconto non lo presenta o rimane contumace. Si applica in tal caso la disposizione dell’art. 241. Il Collegio può altresì ordinare a chi rende il conto di asseverare con giuramento le partite per le quali non si può o non si suole richiedere ricevuta; ma può anche ammetterle senza giuramento, quando sono verosimili e ragionevoli.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 266 (Revisione del conto approvato) La revisione del conto che la parte ha approvato può essere chiesta, anche in separato processo, soltanto in caso di errore materiale, omissione, falsità o duplicazione di partite. SEZIONE IV Dell’intervento di terzi e della riunione di procedimenti §1 Dell’intervento di terzi Art. 267 (Costituzione del terzo interveniente) Per intervenire nel processo a norma dell’art. 105, il terzo deve costituirsi presentando in udienza o depositando in cancelleria una comparsa formata a norma dell’art. 167 con le copie per le altre parti, i documenti e la procura. Il cancelliere dà notizia dell’intervento alle altre parti, se la costituzione del terzo non è avvenuta in udienza. Art. 268 (Termine per l’intervento) L’intervento può aver luogo sino a che non vengano precisate le conclusioni. Il terzo non può compiere atti che al momento dell’intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che comparisca volontariamente per l’integrazione necessaria del contraddittorio. Art. 269 (Chiamata di un terzo in causa) Alla chiamata di un terzo nel processo a norma dell’articolo 106, la parte provvede mediante citazione a comparire nell’udienza fissata dal giudice istruttore ai sensi del presente articolo, osservati i termini dell’articolo 163-bis. Il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’articolo 163-bis. Il giudice istruttore, entro cinque giorni dalla richiesta, provvede con decreto a fissare la data della nuova udienza. Il decreto è comunicato dal cancelliere alle parti costituite. La citazione è notificata al terzo a cura del convenuto. Ove, a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta, sia sorto l’interesse dell’attore a chiamare in causa un terzo, l’attore deve, a pena 148
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO di decadenza, chiederne l’autorizzazione al giudice istruttore nella prima udienza. Il giudice istruttore, se concede l’autorizzazione, fissa una nuova udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’articolo 163-bis. La citazione è notificata al terzo a cura dell’attore entro il termine perentorio stabilito dal giudice. La parte che chiama in causa il terzo deve depositare la citazione notificata entro il termine previsto dall’articolo 165, e il terzo deve costituirsi a norma dell’articolo 166. Nell’ipotesi prevista dal terzo comma, restano ferme per le parti le preclusioni ricollegate alla prima udienza di trattazione, ma il termine eventuale di cui all’ultimo comma dell’articolo 183 è fissato dal giudice istruttore nella udienza di comparizione del terzo, e i termini di cui all’articolo 184 decorrono con riferimento alla udienza successiva a quella di comparizione del terzo. Art. 269 (Chiamata di un terzo in causa) Alla chiamata di un terzo nel processo a norma dell’articolo 106, la parte provvede mediante citazione a comparire nell’udienza fissata dal giudice istruttore ai sensi del presente articolo, osservati i termini dell’articolo 163-bis. Il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’articolo 163-bis. Il giudice istruttore, entro cinque giorni dalla richiesta, provvede con decreto a fissare la data della nuova udienza. Il decreto è comunicato dal cancelliere alle parti costituite. La citazione è notificata al terzo a cura del convenuto. Ove, a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta, sia sorto l’interesse dell’attore a chiamare in causa un terzo, l’attore deve, a pena di decadenza, chiederne l’autorizzazione al giudice istruttore nella prima udienza. Il giudice istruttore, se concede l’autorizzazione, fissa una nuova udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’articolo 163-bis. La citazione è notificata al terzo a cura dell’attore entro il termine perentorio stabilito dal giudice La parte che chiama in causa il terzo deve depositare la citazione notificata entro il termine previsto dall’articolo 165, e il terzo deve costituirsi a norma dell’articolo 166. Nell’ipotesi prevista dal terzo comma, restano ferme per le parti le preclusioni ricollegate alla prima udienza di trattazione, ma i termini eventuali di cui al sesto comma dell’articolo 183 sono fissati dal giudice istruttore nella udienza di comparizione del terzo. 149
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Si è opportunamente riconfermato che restano ferme per le parti le preclusioni ricollegate alla prima udienza di trattazione, ma i termini eventuali di cui al sesto comma dell’articolo 183 sono fissati dal giudice istruttore nella udienza di comparizione del terzo, adeguando il riferimento alla nuova formulazione dell’art. 183 c.p.c. Art. 270 (Chiamata di un terzo per ordine del giudice) La chiamata di un terzo nel processo a norma dell’art. 107 può essere ordinata in ogni momento dal giudice istruttore per una udienza che all’uopo egli fissa. Se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice istruttore dispone con ordinanza non impugnabile la cancellazione della causa dal ruolo. Art. 271 (Costituzione del terzo chiamato) Al terzo si applicano, con riferimento all’udienza per la quale è citato, le disposizioni degli articoli 166 e 167, primo comma. Se intende chiamare a sua volta in causa un terzo, deve farne dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di risposta ed essere poi autorizzato dal giudice ai sensi del terzo comma dell’articolo 269. Art. 272 (Decisione delle questioni relative all’intervento) Le questioni relative all’intervento sono decise dal Collegio insieme col merito, salvo che il giudice istruttore disponga a norma dell’art. 187 secondo comma. §2 Della riunione dei procedimenti Art. 273 (Riunione di procedimenti relativi alla stessa causa) Se più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d’ufficio, ne ordina la riunione. Se il giudice istruttore o il presidente della Sezione ha notizia che per la stessa causa pende procedimento davanti ad altro giudice o ad altra Sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto la riunione, determinando la Sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire. 150
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 274 (Riunione di procedimenti relativi a cause connesse) Se più procedimenti relativi a cause connesse pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d’ufficio, può disporne la riunione. Se il giudice istruttore o il presidente della Sezione ha notizia che per una causa connessa pende procedimento davanti ad altro giudice o davanti ad altra Sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa Sezione per i provvedimenti opportuni. Art. 274 bis (Rapporti tra collegio e giudice istruttore in funzione di giudice unico) CAPO III Della decisione della causa Art. 275 (Decisione del collegio) Rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all’art. 190. Ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell’art. 190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell’udienza di discussione, da tenersi entro sessanta giorni. Nell’udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa. Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi. Art. 276 (Deliberazione) La decisione è deliberata in segreto nella Camera di consiglio. Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione. Il Collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio e quindi il merito della causa. 151
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare è il relatore, quindi l’altro giudice e infine il presidente. Se intorno a una questione si prospettano più soluzioni e non si forma la maggioranza alla prima votazione, il presidente mette ai voti due delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la non esclusa e quella eventualmente restante, e così successivamente finché le soluzioni siano ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva. Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo. La motivazione è quindi stesa dal relatore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli stesso o affidarla all’altro giudice. Art. 277 (Pronuncia sul merito) Il Collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio. Tuttavia il Collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell’art. 187 primo comma, può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia necessaria un’ulteriore istruzione, e se la loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza. Art. 278 (Condanna generica. Provvisionale) Quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta, il Collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione. In tal caso il Collegio, con la stessa sentenza e sempre su istanza di parte, può altresì condannare il debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova. Art. 279 (Forma dei provvedimenti del Collegio) Il Collegio quando provvede soltanto su questioni relative all’istruzione della causa, senza definire il giudizio, pronuncia ordinanza. Il Collegio pronuncia sentenza: 1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione o di competenza; 2) quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito; 152
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO 3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito; 4) quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai nn. 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa; 5) quando, valendosi della facoltà di cui agli artt. 103, secondo comma, e104, secondo comma, decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la separazione delle altre cause e l’ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza. I provvedimenti per l’ulteriore istruzione, previsti dai nn. 4 e 5, sono dati con separata ordinanza. I provvedimenti del Collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa; salvo che la legge disponga altrimenti, essi sono modificabili e revocabili dallo stesso Collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze. Le ordinanze del Collegio sono sempre immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4) del secondo comma, il giudice istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell’ordinanza collegiale siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruttoria sia sospesa, sino alla definizione del giudizio di appello. L’ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza. Art. 280 (Contenuto e disciplina dell’ordinanza del Collegio) Con la sua ordinanza il Collegio fissa l’udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice istruttore o davanti a sé nel caso previsto nell’articolo seguente. Il cancelliere inserisce l’ordinanza nel fascicolo di ufficio e ne dà tempestiva comunicazione alle parti a norma dell’art. 176 secondo comma. Per effetto dell’ordinanza il giudice istruttore è investito di tutti i poteri per l’ulteriore trattazione della causa. Art. 281 (Rinnovazione di prove davanti al Collegio) Quando ne ravvisa la necessità, il Collegio, anche d’ufficio, può disporre la riassunzione davanti a sé di uno o più mezzi di prova.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE CAPO III bis Del procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica Art. 281 bis (Norme applicabili) Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dei capi precedenti, ove non derogate dalle disposizioni del presente capo. Art. 281 ter (Poteri istruttori del giudice) Il giudice può disporre d’ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, quando le parti nella esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità. Art. 281 quater (Decisione del tribunale in composizione monocratica) Le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica sono decise, con tutti i poteri del collegio, dal giudice designato a norma dell’articolo 168-bis o dell’articolo 484, secondo comma. Art. 281 quinquies (Decisione a seguito di trattazione scritta o mista) Il giudice, fatte precisare le conclusioni a norma dell’articolo 189, dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica a norma dell’articolo 190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. Se una delle parti lo richiede, il giudice, disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali a norma dell’articolo 190, fissa l’udienza di discussione orale non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime; la sentenza è depositata entro i trenta giorni successivi all’udienza di discussione. Art. 281 sexies (Decisione a seguito di trattazione orale) Se non dispone a norma dell’articolo 281-quinquies, il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria. CAPO III ter Dei rapporti tra collegio e giudice monocratico Art. 281 septies (Rimessione della causa al giudice monocratico) Il collegio, quando rileva che una causa, rimessa davanti a lui per la decisione, deve essere decisa dal tribunale in composizione monocratica, rimette la causa davanti al giudice istruttore con ordinanza non impugnabile perché provveda, quale giudice monocratico, a norma degli articoli 281-quater, 281-quinquies e 281-sexies. Art. 281 octies (Rimessione della causa al tribunale in composizione collegiale) Il giudice, quando rileva che una causa, riservata per la decisione davanti a sè in funzione di giudice monocratico, deve essere decisa dal tribunale in composizione collegiale, provvede a norma degli articoli 187,188 e189. Art. 281 nonies (Connessione) In caso di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione collegiale e cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione monocratica, il giudice istruttore ne ordina la riunione e, all’esito dell’istruttoria, le rimette, a norma dell’articolo 189, al collegio, il quale pronuncia su tutte le domande, a meno che disponga la separazione a norma dell’articolo 279, secondo comma, numero 5). CAPO IV Dell’esecutorietà e della notificazione delle sentenze Art. 282 (Esecuzione provvisoria) La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti. Art. 283 (Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello) Il giudice d’appello su istanza di parte, proposta con l’impugnazione principale 155
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE o con quella incidentale, quando ricorrono gravi motivi, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata. Art. 283 (Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello) Il giudice dell’appello, su istanza di parte, proposta con l’impugnazione principale o con quella incidentale, quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva, con o senza cauzione. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Il giudice dell’appello, su istanza di parte, quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti, può sospendere in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata, sospensione che può essere accordata con o senza cauzione. Si evidenzia che il giudice di appello è tenuto ad una disamina sulla fondatezza dell’appello. Art. 284 (Concessione o revoca dell’esecuzione provvisoria relativa a sentenze parziali) Art. 285 (Modo di notificazione della sentenza) La notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l’impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell’art. 170 primo e terzo comma. Art. 286 (Notificazione nel caso d’interruzione) Se dopo la chiusura della discussione si è avverato uno dei casi previsti nell’art. 299, la notificazione della sentenza si può fare, anche a norma dell’art. 303 secondo comma, a coloro ai quali spetta stare in giudizio. Se si è avverato uno dei casi previsti nell’art. 301, la notificazione si fa alla parte personalmente.
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CAPO V Della correzione delle sentenze e delle ordinanze Art. 287 (Casi di correzione) Le sentenze [contro le quali non sia stato proposto appello] e le ordinanze non revocabili possono essere corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate, qualora egli sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo. (C.Cost. 10.11.04 n. 335) Art. 288 (Procedimento di correzione) Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto. Se è chiesta da una delle parti, il giudice, con decreto da notificarsi insieme col ricorso a norma dell’art. 170 primo e terzo comma, fissa l’udienza nella quale le parti debbono comparire davanti a lui. Sull’istanza il giudice provvede con ordinanza, che deve essere annotata sull’originale del provvedimento. Se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno dalla pubblicazione, il ricorso e il decreto debbono essere notificati alle altre parti personalmente. Le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione. Art. 289 (Integrazione dei provvedimenti istruttori) I provvedimenti istruttori, che non contengono la fissazione dell’udienza successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti processuali, possono essere integrati, su istanza di parte, o d’ufficio, entro il termine perentorio di sei mesi dall’udienza in cui i provvedimenti furono pronunciati, oppure dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte. L’integrazione è disposta dal presidente del Collegio nel caso di provvedimento collegiale e dal giudice istruttore negli altri casi, con decreto che è comunicato a tutte le parti a cura del cancelliere.
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CAPO VI Del procedimento in contumacia Art. 290 (Contumacia dell’attore) Nel dichiarare la contumacia dell’attore a norma dell’art. 171 ultimo comma, il giudice istruttore, se il convenuto ne fa richiesta, ordina che sia proseguito il giudizio e dà le disposizioni previste nell’art. 187, altrimenti dispone che la causa sia cancellata dal ruolo, e il processo si estingue. Art. 291 (Contumacia del convenuto) Se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza. Se il convenuto non si costituisce neppure all’udienza fissata a norma del comma precedente, il giudice provvede a norma dell’art. 171 ultimo comma. Se l’ordine di rinnovazione della citazione di cui al primo comma non è eseguito, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’art. 307, comma terzo. Art. 292 (Notificazione e comunicazione di atti al contumace) L’ordinanza che ammette l’interrogatorio o il giuramento, e le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali da chiunque proposte sono notificate personalmente al contumace nei termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza. Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria e con l’apposizione del visto del cancelliere sull’originale. Tutti gli altri atti non sono soggetti a notificazione o comunicazione. Le sentenze sono notificate alla parte personalmente. (vedi C. Cost. nr. 250/1986, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata nei procedimenti di cognizione ordinaria dinnanzi al Pretore e al Giudice di Pace; vedi C. Cost. nr. 317/1989, con cui ha dichiarato l'illegittimità costituzionale in relazione all'art. 215 nr. 1 nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata non indicata in atti notificati in precedenza.) 158
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 293 (Costituzione del contumace) La parte che è stata dichiarata contumace può costituirsi in ogni momento del procedimento fino all’udienza in cui la causa è rimessa al collegio a norma dell’articolo 189. La costituzione può avvenire mediante deposito di una comparsa, della procura e dei documenti in cancelleria o mediante comparizione all’udienza. In ogni caso il contumace che si costituisce può disconoscere, nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture contro di lui prodotte. Art. 293 (Costituzione del contumace) La parte che è stata dichiarata contumace può costituirsi in ogni momento del procedimento fino all’udienza di precisazione delle conclusioni. La costituzione può avvenire mediante deposito di una comparsa, della procura e dei documenti in cancelleria o mediante comparizione all’udienza. In ogni caso il contumace che si costituisce può disconoscere, nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture contro di lui prodotte. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Si è meglio precisato il termine finale per la costituzione del contumace, che diventa quello di precisazione delle conclusioni. Art. 294 (Rimessione in termini) Il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse, se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile. Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell’impedimento, e quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti. I provvedimenti previsti nel comma precedente sono pronunciati con ordinanza. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche se il contumace che si costituisce intende svolgere, senza il consenso delle altre parti, attività difensive che producono ritardo nella rimessione al Collegio della causa che sia già matura per la decisione rispetto alle parti già costituite. 159
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE CAPO VII Della sospensione, dell’interruzione ed estinzione del processo SEZIONE I Della sospensione del processo Art. 295 (Sospensione necessaria) Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa. Art. 296 (Sospensione su istanza delle parti) Il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, può disporre che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a quattro mesi. Art. 297 (Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione) Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l’udienza in cui il processo deve proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla cessazione della causa di sospensione di cui all’art. 3 del Codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di cui all’art. 295. Nell’ipotesi dell’articolo precedente l’istanza deve essere proposta dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione. L’istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale. Il ricorso, col decreto che fissa l’udienza, è notificato a cura dell’istante alle altre parti nel termine stabilito dal giudice. (vedi C. Cost. nr. 34/1970, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma nella parte in cui dispone la decorrenza del termine utile per la richiesta di fissazione della nuova udienza dalla cessazione della causa di sospensione e non dalla conoscenza che ne abbiano le parti.) Art. 298 (Effetti della sospensione) Durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento. La sospensione interrompe i termini in corso, i quali ricominciano a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto di cui all’articolo precedente. 160
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO SEZIONE II Dell’interruzione del processo Art. 299 (Morte o perdita della capacità prima della costituzione) Se prima della costituzione in cancelleria o all’udienza davanti al giudice istruttore, sopravviene la morte oppure la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza, il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente, oppure l’altra parte provveda a citarli in riassunzione, osservati i termini di cui all’art. 163-bis. Art. 300 (Morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace) Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti. Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell’articolo precedente. Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al momento dell’evento. Se questo riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è notificato o è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all’art. 292. Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera o è notificato dopo la chiusura della discussione davanti al Collegio, esso non produce effetto se non nel caso di riapertura dell’istruzione. (vedi C. Cost. nr. 220/1986, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede, dove si verifichi la scomparsa del convenuto, l'interruzione del processo e la segnalazione, da parte del Giudice, del caso al Pubblico Ministero, affinché promuova la nomina di un curatore nei confronti del quale l'attore debba riassumere il giudizio.) Art. 301 (Morte o impedimento del procuratore) Se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE In tal caso si applica la disposizione dell’art. 299. Non sono cause d’interruzione la revoca della procura o la rinuncia ad essa. Art. 302 (Prosecuzione del processo) Nei casi previsti negli articoli precedenti la costituzione per proseguire il processo può avvenire all’udienza o a norma dell’art. 166. Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale la fissazione dell’udienza. Il ricorso e il decreto sono notificati alle altre parti a cura dell’istante. Art. 303 (Riassunzione del processo) Se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell’articolo precedente, l’altra parte può chiedere la fissazione dell’udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo. In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto. Se vi sono altre parti in causa, il decreto è notificato anche ad esse. Se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all’udienza fissata, si procede in sua contumacia. Art. 304 (Effetti dell’interruzione) In caso d’interruzione del processo si applica la disposizione dell’art. 298. Art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione) Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di sei mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue. (vedi C. Cost. nr. 139/1967, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui fa decorrere dalla data di interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione o la sua riassunzione, anche nei casi regolati dal precedente articolo 301; vedi C. Cost. nr. 159/1971, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi dell'art. 299 dello stesso codice, decorre dall'interruzione anzichè dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza e nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassun162
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO zione del processo interrotto, ai sensi del precedente articolo 300, comma terzo, decorre dall'interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.) SEZIONE III Dell’estinzione del processo Art. 306 (Rinuncia agli atti del giudizio) Il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione. L’accettazione non è efficace se contiene riserve o condizioni. Le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione sono fatte dalle parti o da loro procuratori speciali, verbalmente all’udienza o con atti sottoscritti e notificati alle altre parti. Il giudice, se la rinuncia e l’accettazione sono regolari, dichiara l’estinzione del processo. Il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice istruttore con ordinanza non impugnabile. Art. 307 (Estinzione del processo per inattività delle parti) Se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti siasi costituita entro il termine stabilito dall’art. 166, ovvero, se, dopo la costituzione delle stesse, il giudice, nei casi previsti dalla legge, abbia ordinato la cancellazione della causa dal ruolo, il processo, salvo il disposto del secondo comma dell’art. 181 e dell’art. 290, deve essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di un anno, che decorre rispettivamente dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto a norma dell’art. 166, o dalla data del provvedimento di cancellazione; altrimenti il processo si estingue. Il processo, una volta riassunto a norma del precedente comma, si estingue se nessuna delle parti siasi costituita, ovvero se nei casi previsti dalla legge il giudice ordini la cancellazione della causa dal ruolo. Oltre che nei casi previsti dai commi precedenti, e salvo diverse disposizioni di legge, il processo si estingue altresì qualora le parti alle quali spetta di rinnovare la citazione, o di proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge, o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo. Quando la legge autorizza il giu163
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE dice a fissare il termine, questo non può essere inferiore ad un mese né superiore a sei. L’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa. Essa è dichiarata con ordinanza del giudice istruttore, ovvero con sentenza del Collegio, se dinanzi a questo venga eccepita. Art. 308 (Comunicazione e impugnabilità dell’ordinanza) L’ordinanza che dichiara l’estinzione è comunicata a cura del cancelliere se è pronunciata fuori della udienza. Contro di essa è ammesso reclamo nei modi di cui all’art. 178, commi terzo, quarto e quinto. Il Collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, se respinge il reclamo, e con ordinanza non impugnabile, se l’accoglie. Art. 309 (Mancata comparizione all’udienza) Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta all’udienza, il giudice provvede a norma del primo comma dell’art. 181. Art. 310 (Effetti dell’estinzione del processo) L’estinzione del processo non estingue l’azione. L’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e quelle che regolano la competenza. Le prove raccolte sono valutate dal giudice a norma dell’art. 116 secondo comma. Le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno anticipate. TITOLO II Del procedimento davanti al giudice di pace Art. 311 (Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale) Il procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in quanto applicabili. Art. 312 (Poteri istruttori del giudice) 164
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 313 (Querela di falso) Se è proposta querela di falso, il giudice di pace, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione, sospende il giudizio e rimette le parti davanti al tribunale per il relativo procedimento. Può anche disporre a norma dell’articolo 225, secondo comma. Art. 314 (Decisione a seguito di trattazione scritta) Art. 315 (Decisione a seguito di discussione orale) Art. 316 (Forma della domanda) Davanti al giudice di pace la domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa. La domanda si può anche proporre verbalmente. Di essa il giudice di pace fa redigere processo verbale che, a cura dell’attore, è notificato con citazione a comparire a udienza fissa. Art. 317 (Rappresentanza davanti al giudice di pace) Davanti al giudice di pace le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce alla citazione o in atto separato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale. Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a conciliare. Art. 318 (Contenuto della domanda) La domanda, comunque proposta, deve contenere, oltre l’indicazione del giudice e delle parti, l’esposizione dei fatti e l’indicazione dell’oggetto. Tra il giorno della notificazione di cui all’articolo 316 e quello della comparizione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163-bis, ridotti alla metà. Se la citazione indica un giorno nel quale il giudice di pace non tiene udienza, la comparizione è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva. (vedi C. Cost. nr. 110/1997, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede che l'atto introduttivo del giudizio dinanzi al Giudice di Pace debba contenere l'indicazione della scrittura privata che l'attore offre in comunicazione.)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 319 (Costituzione delle parti) Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la citazione o il processo verbale di cui all’articolo 316 con la relazione della notificazione e, quando occorre, la procura, oppure presentando tali documenti al giudice in udienza. Le parti, che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio del giudice di pace, debbono farlo con dichiarazione ricevuta nel processo verbale al momento della costituzione. Art. 320 (Trattazione della causa) Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione. Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale a norma dell’articolo 185, ultimo comma. Se la conciliazione non riesce, il giudice di pace invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere. Quando sia reso necessario dalle attività svolte dalle parti in prima udienza, il giudice di pace fissa per una sola volta una nuova udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova. I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel fascicolo di ufficio ed ivi conservati fino alla definizione del giudizio. Art. 321 (Decisione) Il giudice di pace, quando ritiene matura la causa per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa. La sentenza è depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla discussione. Art. 322 (Conciliazione in sede non contenziosa) L’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro I. Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell’articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace. Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio. 166
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO TITOLO III Delle impugnazioni CAPO I Delle impugnazioni in generale Art. 323 (Mezzi di impugnazione) I mezzi per impugnare le sentenze, oltre al regolamento di competenza nei casi previsti dalla legge, sono: l’appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e l’opposizione di terzo. Art. 324 (Cosa giudicata formale) S’intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai nn. 4 e 5 dell’art. 395. Art. 325 (Termini per le impugnazioni) Il termine per proporre l’appello, la revocazione e l’opposizione di terzo di cui all’articolo 404, secondo comma, è di trenta giorni. È anche di trenta giorni il termine per proporre la revocazione e l’opposizione di terzo sopra menzionata contro la sentenza delle corti d’appello. Il termine per proporre il ricorso per cassazione è di giorni sessanta. Art. 326 (Decorrenza dei termini) I termini stabiliti nell’articolo precedente sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza, tranne per i casi previsti nei nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 e negli artt. 397 e 404 secondo comma, riguardo ai quali il termine decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al n. 6 dell’art. 395, o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della sentenza. Nel caso previsto nell’art. 332, l’impugnazione proposta contro una parte fa decorrere nei confronti dello stesso soccombente il termine per proporla contro le altre parti. Art. 327 (Decadenza dall’impugnazione) Indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei nn. 4 e 5 dell’art. 395 non possono proporsi dopo decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza. 167
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Questa disposizione non si applica quando la parte contumace dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli atti di cui all’art. 292. Art. 328 (Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte defunta) Se, durante la decorrenza del termine di cui all’art. 325, sopravviene alcuno degli eventi previsti nell’art. 299, il termine stesso è interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la notificazione della sentenza è rinnovata. Tale rinnovazione può essere fatta agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto. Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi previsti nell’art. 299, il termine di cui all’articolo precedente è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell’evento. (vedi C. Cost. nr. 41/1986, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede tra i motivi di interruzione dei termini di cui all'art. 325 C.p.c. la morte, la radiazione e la sospensione dall'Albo del procuratore costituito, sopravvenuta nel corso del termine stesso.) Art. 329 (Acquiescenza totale o parziale) Salvi i casi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395, l’acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge ne esclude la proponibilità. L’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate. Art. 330 (Luogo di notificazione dell’impugnazione) Se nell’atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l’ha pronunciata, l’impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato; altrimenti si notifica presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio. L’impugnazione può essere notificata nei luoghi sopra menzionati collettivamente e impersonalmente agli eredi della parte defunta dopo la notificazione della sentenza. Quando manca la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio e, in ogni caso, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, l’impugnazione, se è
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO ancora ammessa dalla legge, si notifica personalmente a norma degli artt. 137 e seguenti. Art. 331 (Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili) Se la sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l’udienza di comparizione. L’impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione nel termine fissato. Art. 332 (Notificazione dell’impugnazione relativa a cause scindibili) Se l’impugnazione di una sentenza pronunciata in cause scindibili è stata proposta soltanto da alcuna delle parti o nei confronti di alcune di esse, il giudice ne ordina la notificazione alle altre, in confronto delle quali l’impugnazione non è preclusa o esclusa, fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l’udienza di comparizione. Se la notificazione ordinata dal giudice non avviene, il processo rimane sospeso fino a che non siano decorsi i termini previsti negli artt. 325 e 327 primo comma. Art. 333 (Impugnazioni incidentali) Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli articoli precedenti debbono proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso processo. Art. 334 (Impugnazioni incidentali tardive) Le parti, contro le quali è stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331, possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza. In tal caso, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia. Art. 335 (Riunione delle impugnazioni separate) Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo processo. 169
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 336 (Effetti della riforma o della cassazione) La riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata. La riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata. Art. 337 (Sospensione dell’esecuzione e dei processi) L’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione di essa, salve le disposizioni degli articoli 283, 373, 401 e 407. Quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata. Art. 338 (Effetti dell’estinzione del procedimento di impugnazione) L’estinzione del procedimento di appello o di revocazione nei casi previsti nei nn. 4 e 5 dell’art. 395 fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto. CAPO II Dell’appello Art. 339 (Appellabilità delle sentenze) Possono essere impugnate con appello le sentenze pronunciate in primo grado, purchè l’appello non sia escluso dalla legge o dall’accordo delle parti a norma dell’articolo 360, secondo comma. È inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità a norma dell’articolo 114. Sono altresì inappellabili le sentenze del giudice di pace pronunziate secondo equità. Art. 339 (Appellabilità delle sentenze) Possono essere impugnate con appello le sentenze pronunciate in primo grado, purché l’appello non sia escluso dalla legge o dall’accordo delle parti a norma dell’art. 360, secondo comma. È inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità a norma dell’art. 114. 170
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità a norma dell’articolo 113, secondo comma, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia. (La norma si applica ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo delegato per la riforma del processo di cassazione, 02/03/2006 tuttavia ai provvedimenti del Giudice di Pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del decreto si applica la disciplina previgente) Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità erano inappellabili; la nuova formulazione del terzo comma dell’art. 339 c.p.c. prevede ora l’appellabilità “per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia.” L’intenzione del legislatore è quella di deflazionare il ricorso in Cassazione avverso le sentenze dei giudici di pace. Art. 340 (Riserva facoltativa di appello contro sentenze non definitive) Contro le sentenze previste dall’art. 278 e dal n. 4 del secondo comma dell’art. 279, l’appello può essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per appellare e, in ogni caso, non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione della sentenza stessa. Quando sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, l’appello deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio. La riserva non può più farsi, e se già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcune delle altre parti sia proposto immediatamente appello. Art. 341 (Giudice dell’appello) L’appello contro le sentenze del giudice di pace e del tribunale si propone rispettivamente al tribunale ed alla corte di appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza. Art. 342 (Forma dell’appello) L’appello si propone con citazione contenente l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione nonché le indicazioni prescritte nell’articolo 163. 171
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163-bis. Art. 343 (Modo e termine dell’appello incidentale) L’appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all’atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell’articolo 166. Se l’interesse a proporre l’appello incidentale sorge dall’impugnazione proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, tale appello si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa. Art. 344 (Intervento in appello) Nel giudizio d’appello è ammesso soltanto l’intervento dei terzi, che potrebbero proporre opposizione a norma dell’art. 404. Art. 345 (Domande ed eccezioni nuove) Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa. Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d’ufficio. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio. Art. 346 (Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte) Le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate. Art. 347 (Forme e termini della costituzione in appello) La costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al tribunale. L’appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza appellata. Il cancelliere provvede a norma dell’art. 168 e richiede la trasmissione del fascicolo d’ufficio al cancelliere del giudice di primo grado. 172
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 348 (Improcedibilità dell’appello) L’appello è dichiarato improcedibile, anche d’ufficio, se l’appellante non si costituisce in termini. Se l’appellante non compare alla prima udienza, benché si sia anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all’appellante. Se anche alla nuova udienza l’appellante non compare, l’appello è dichiarato improcedibile anche d’ufficio. Art. 349 (Nomina dell’istruttore) Art. 350 (Trattazione) Davanti alla corte di appello la trattazione dell’appello è collegiale; davanti al tribunale l’appello è trattato e deciso dal giudice monocratico. Nella prima udienza di trattazione il giudice verifica la regolare costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina l’integrazione di esso o la notificazione prevista dall’articolo 332, oppure dispone che si rinnovi la notificazione dell’atto di appello. Nella stessa udienza il giudice dichiara la contumacia dell’appellato, provvede alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza e procede al tentativo di conciliazione ordinando, quando occorre, la comparizione personale delle parti. Art. 351 (Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria) Sull’istanza prevista dall’articolo 283 il giudice provvede con ordinanza nella prima udienza. La parte può, con ricorso al giudice, chiedere che la decisione sulla sospensione sia pronunciata prima dell’udienza di comparizione. Davanti alla corte di appello il ricorso è presentato al presidente del collegio. Il presidente del collegio o il tribunale, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti in camera di consiglio, rispettivamente, davanti al collegio o davanti a sè. Con lo stesso decreto, se ricorrono giusti motivi di urgenza, può disporre provvisoriamente l’immediata sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza; in tal caso, all’udienza in camera di consiglio il collegio o il tribunale conferma, modifica o revoca il decreto con ordinanza non impugnabile.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 352 (Decisione) Esaurita l’attività prevista negli articoli 350 e 351, il giudice, ove non provveda a norma dell’articolo 356, invita le parti a precisare le conclusioni e dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica a norma dell’articolo 190; la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. Se l’appello è proposto alla corte di appello, ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell’articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente della corte alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell’udienza di discussione da tenersi entro sessanta giorni; con lo stesso decreto designa il relatore. La discussione è preceduta dalla relazione della causa; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi. Se l’appello è proposto al tribunale, il giudice, quando una delle parti lo richiede, dispone lo scambio delle sole comparse conclusionali a norma dell’articolo 190 e fissa l’udienza di discussione non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi. Art. 353 (Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione o di competenza) Il giudice d’appello, se riforma la sentenza di primo grado dichiarando che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con la quale rimanda le parti davanti al primo giudice. Le parti debbono riassumere il processo nel termine perentorio di sei mesi dalla notificazione della sentenza. Se contro la sentenza d’appello è proposto ricorso per cassazione, il termine è interrotto. Art. 354 (Rimessione al primo giudice per altri motivi) Fuori dei casi previsti nell’articolo precedente, il giudice d’appello non può rimettere la causa al primo giudice, tranne che dichiari nulla la notificazione della citazione introduttiva, oppure riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio o non doveva essere estromessa una 174
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO parte, ovvero dichiari la nullità della sentenza di primo grado a norma dell’art. 161, secondo comma. Il giudice d’appello rimette la causa al primo giudice anche nel caso di riforma della sentenza che ha pronunciato sull’estinzione del processo a norma e nelle forme dell’art. 308. Nei casi di rimessione al primo giudice previsti nei commi precedenti, si applicano le disposizioni dell’art. 353. Se il giudice d’appello dichiara la nullità di altri atti compiuti in primo grado, ne ordina, in quanto possibile, la rinnovazione a norma dell’art. 356. Art. 355 (Provvedimenti sulla querela di falso) Se nel giudizio di appello è proposta querela di falso, il giudice, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione della causa, sospende con ordinanza il giudizio e fissa alle parti un termine perentorio entro il quale debbono riassumere la causa di falso davanti al tribunale. Art. 356 (Ammissione e assunzione di prove) Ferma l’applicabilità della norma di cui al numero 4) del secondo comma dell’articolo 279, il giudice d’appello, se dispone l’assunzione di una prova oppure la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione già avvenuta in primo grado o comunque dà disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve continuare, pronuncia ordinanza e provvede a norma degli articoli 191 e seguenti. Quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma dell’articolo 279, il giudice d’appello non può disporre nuove prove riguardo alle domande e alle questioni, rispetto alle quali il giudice di primo grado, non definendo il giudizio, abbia disposto, con separata ordinanza la prosecuzione dell’istruzione. Art. 357 (Reclamo contro ordinanze) Art. 358 (Non riproponibilità d’appello dichiarato inammissibile o improcedibile) L’appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge. Art. 359 (Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale) Nei procedimenti d’appello davanti alla Corte o al tribunale si osservano, in 175
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale, se non sono incompatibili con le disposizioni del presente capo. CAPO III Del ricorso per Cassazione Le seguenti note rappresentano un primo commento ed hanno l’obiettivo di porre sinteticamente in rilievo le principali innovazioni introdotte dalla novella in materia di ricorso per cassazione. Il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, è stato pubblicato sulla GU n. 38 del 15.2.2006., pertanto l’entrata in vigore è da considerarsi il 2.3.2006. SEZIONE I Dei provvedimenti impugnabili e dei ricorsi Art. 360 (Sentenze impugnabili e motivi di ricorso) Le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado, possono essere impugnate con ricorso per cassazione: 1) per motivi attinenti alla giurisdizione; 2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza; 3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto; 4) per nullità della sentenza o del procedimento; 5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio. Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d’accordo per omettere l’appello; ma in tal caso l’impugnazione può proporsi soltanto per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Art. 360 (Sentenze impugnabili e motivi di ricorso) Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione: 1) per motivi attinenti alla giurisdizione; 2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza; 176
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO 3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro; 4) per nullità della sentenza o del procedimento; 5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d’accordo per omettere l’appello; ma in tal caso l’impugnazione può proporsi soltanto a norma del primo comma, n. 3). Non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio. Il ricorso per cassazione avverso tali sentenze può essere proposto, senza necessità di riserva, allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio. Le disposizioni di cui al primo comma e terzo comma si applicano alle sentenze ed ai provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali è ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Il n. 3 dell’art. 360 aggiunge, alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto, la violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro. Il motivo di cui al nr. 5 dell’art. 360, nella sua nuova formulazione, fa ora riferimento ad un “fatto” (invece di “punto”) decisivo e controverso. Col termine “fatto” si intende un fatto storico, decisivo e “controverso”; sarà quindi impossibile dedurre come motivo di impugnazione l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto non contestato. L’impugnazione (contro sentenza appellabile del tribunale) può essere proposta “soltanto a norma del primo comma n. 3”, e pertanto per “violazione o falsa applicazione di norme di diritto e di contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro”. Il nuovo comma 3 dell’art. 360 stabilisce che il ricorso per cassazione avverso le sentenze c.d. “non definitive”, cioè quelle “che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio” può essere proposto “allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio” senza che sia necessaria la “riserva”. Nella precedente formulazione anche le sentenze non definitive erano ricorribili per cassazione. 177
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE È stato introdotto un quarto comma per cui: “Le disposizioni di cui al primo comma e terzo comma si applicano alle sentenze ed ai provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali è ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge”. Sarà, pertanto, ora sicuramente possibile il ricorso straordinario per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della decisione. Art. 361 (Riserva facoltativa di ricorso contro sentenze non definitive) Contro le sentenze previste dall’articolo 278 e dal n. 4) del secondo comma dell’articolo 279, il ricorso per cassazione può essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa. Qualora sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, il ricorso deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio, o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio. La riserva non può farsi, e se già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia proposto immediatamente ricorso. Art. 361 (Riserva facoltativa di ricorso contro sentenze non definitive) Contro le sentenze previste dall’articolo 278 e contro quelle che decidono una o alcune delle domande senza definire l’intero giudizio, il ricorso per cassazione può essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa. Qualora sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, il ricorso deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio, o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio. La riserva non può farsi, e se già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle altre parti sia proposto immediatamente ricorso. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Mentre avverso le sentenze c.d. “non definitive” non è possibile il ricorso per cassazione, restano immediatamente ricorribili le sentenze “parzial178
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO mente definitive”, quali le condanne generiche e le sentenze “che decidono una o alcune delle domande senza definire l’intero giudizio”. Conseguentemente, la parte che intende differire alla sentenza definitiva il ricorso per cassazione deve manifestare la riserva. Art. 362 (Altri casi di ricorso) Possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all’art. 325 secondo comma, le decisioni in grado d’appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso. Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione: 1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali o tra questi e i giudici ordinari; 2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica Amministrazione e il giudice ordinario. Art. 363 (Ricorso nell’interesse della legge) Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, il procuratore generale presso la Corte di cassazione può proporre ricorso per chiedere che sia cassata la sentenza nell’interesse della legge. In tal caso le parti non possono giovarsi della cassazione della sentenza Art. 363 (Principio di diritto nell’interesse della legge) Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi. La richiesta del procuratore generale, contenente una sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell’istanza, è rivolta al primo presidente, il quale può disporre che la Corte si pronunci a sezioni unite se ritiene che la questione è di particolare importanza. Il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d’ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza. La pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito. 179
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione può chiedere che la Corte enunci nell’interesse della legge, il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi. Due sono le novità: - la richiesta può essere proposta dal Procuratore anche quando il ricorso è inammissibile; - il principio di diritto può essere pronunciato anche d’ufficio “quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza”. Si ravvisa in questa novità la valorizzazione della funzione nomofilattica della Corte. La sentenza di Cassazione (pronunciata sul ricorso inammissibile) non è destinata ad avere effetti utili per le parti. Art. 364 (Deposito per il caso di soccombenza) Art. 365 (Sottoscrizione del ricorso) Il ricorso è diretto alla Corte e sottoscritto, a pena d’inammissibilità da un avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale. Art. 366 (Contenuto del ricorso) Il ricorso deve contenere, a pena d’inammissibilità: 1) l’indicazione delle parti; 2) l’indicazione della sentenza o decisione impugnata; 3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa; 4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano; 5) l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto. Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione. Nel caso previsto nell’art. 360, secondo comma, l’accordo delle parti deve risul180
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO tare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure mediante atto separato da unirsi al ricorso stesso. Art. 366 (Contenuto del ricorso) Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l’indicazione delle parti; 2) l’indicazione della sentenza o decisione impugnata; 3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa; 4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo quanto previsto dall’articolo 366 bis; 5) l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto; 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda. Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione Nel caso previsto nell’articolo 360, secondo comma, l’accordo delle parti deve risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure mediante atto separato, anche anteriore alla sentenza impugnata, da unirsi al ricorso stesso. Le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori di cui agli articoli 372 e 390 possono essere fatte al numero di fax o all’indirizzo di posta elettronica indicato in ricorso dal difensore che così dichiara di volerle ricevere, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. Si applicano le disposizioni richiamate dal secondo comma dell’articolo 176. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Una prima novità è introdotta al nr. 4 ove i “motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano” dovranno essere dedotte nel rispetto dell’art. 366 bis. La formulazione del “quesito di diritto” deve intendersi funzionale alla successiva ed eventuale enunciazione del “principio di diritto” da parte della Corte.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Al nr. 6 si prevede l’onere della“specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”. Gli atti ed i documenti devono essere identificati consentendo (come è stato acutamente osservato) al giudice di reperirli agevolmente. Entrambe le nuove indicazioni sono necessarie a pena di inammissibilità del ricorso. Nel terzo comma dell’art. 366, con riferimento all’accordo delle parti per omettere l’appello, sono state inserite le parole “anche anteriore alla sentenza impugnata”. È stata aggiunta, anche per i giudizi in cassazione, la possibilità di ricorrere, per le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori, al fax o all’indirizzo di posta elettronica indicato in ricorso dal difensore. Art. 366 bis (Formulazione dei motivi) Nei casi previsti dall’articolo 360, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4) l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall’articolo 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Allorquando si deduca un motivo attinente alla giurisdizione, alla violazione delle norme sulla competenza,alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro o alla nullità della sentenza o del procedimento, deve essere enunciata la questione di diritto sottoposta alla Corte (in altri termini il principio di diritto sul quale si dovrà poi pronunciare la Corte). Allorquando, invece, si deduce come motivo di ricorso la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, dovrà essere indicato con chiarezza il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO La mera enunciazione del vizio in ricorso non sarà pertanto più sufficiente, essendo previste queste ulteriori specificazioni a pena di inammissibilità. Art. 367 (Sospensione del processo di merito) Una copia del ricorso per cassazione proposto a norma dell’articolo 41, primo comma, è depositata, dopo la notificazione alle altre parti, nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa, il quale sospende il processo se non ritiene l’istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. Il giudice istruttore o il collegio provvede con ordinanza. Se la Corte di cassazione dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, le parti debbono riassumere il processo entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza. Art. 368 (Questione di giurisdizione sollevata dal prefetto) Nel caso previsto nell’art. 41, secondo comma, la richiesta per la decisione della Corte di cassazione è fatta dal prefetto con decreto motivato. Il decreto è notificato, su richiesta del prefetto, alle parti e al procuratore della Repubblica presso il tribunale, se la causa pende davanti a questo, oppure al procuratore generale presso la Corte d’appello, se pende davanti alla Corte. Il pubblico ministero comunica il decreto del prefetto al capo dell’Ufficio giudiziario davanti al quale pende la causa. Questi sospende il procedimento con decreto che è notificato alle parti a cura del pubblico ministero entro dieci giorni dalla sua pronuncia, sotto pena di decadenza della richiesta. La Corte di cassazione è investita della questione di giurisdizione con ricorso a cura della parte più diligente, nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione del decreto. Si applica la disposizione dell’ultimo comma dell’articolo precedente. Art. 369 (Deposito del ricorso) Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte, a pena d’improcedibilità, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto. Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d’improcedibilità: 1) il decreto di concessione del gratuito patrocinio; 183
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE 2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai nn. 1 e 2 dell’articolo 362; 3) la procura speciale, se questa è conferita con atto separato; 4) gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda. Il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della Corte di cassazione del fascicolo d’ufficio; tale richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata insieme col ricorso. Art. 369 (Deposito del ricorso) Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte, a pena d’improcedibilità, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto. Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d’improcedibilità: 1) il decreto di concessione del gratuito patrocinio; 2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai nn. 1 e 2 dell’art. 362; 3) la procura speciale, se questa è conferita con atto separato; 4) gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda. Il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione, la trasmissione alla cancelleria della Corte di cassazione del fascicolo d’ufficio; tale richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata insieme col ricorso. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) L’unica novità consiste nell’onere di allegare i contratti o gli accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 370 (Controricorso) La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. In mancanza di tale notificazione, essa non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale. Al controricorso si applicano le norme degli artt. 365 e 366, in quanto è possibile. Il controricorso è depositato nella cancelleria della Corte entro venti giorni dalla notificazione, insieme con gli atti e i documenti e con la procura speciale, se conferita con atto separato. Art. 371 (Ricorso incidentale) La parte di cui all’articolo precedente deve proporre con l’atto contenente il controricorso l’eventuale ricorso incidentale contro la stessa sentenza. La parte alla quale è stato notificato il ricorso per integrazione a norma degli artt. 331 e 332 deve proporre l’eventuale ricorso incidentale nel termine di quaranta giorni dalla notificazione, con atto notificato al ricorrente principale e alle altre parti nello stesso modo del ricorso principale. Al ricorso incidentale si applicano le disposizioni degli artt. 365, 366 e 369. Per resistere al ricorso incidentale può essere notificato un controricorso a norma dell’articolo precedente. Se il ricorrente principale deposita la copia della sentenza o della decisione impugnata, non è necessario che la depositi anche il ricorrente per incidente. Art. 371 bis (Deposito dell’atto di integrazione del contraddittorio) Qualora la Corte abbia ordinato l’integrazione del contraddittorio, assegnando alle parti un termine perentorio per provvedervi, il ricorso notificato, contenente nell’intestazione le parole “atto di integrazione del contraddittorio”, deve essere depositato nella cancelleria della Corte stessa, a pena di improcedibilità, entro venti giorni dalla scadenza del termine assegnato. Art. 372 (Produzione di altri documenti) Non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso. 185
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Il deposito dei documenti relativi all’ammissibilità può avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma deve essere notificato mediante elenco, alle altre parti. Art. 373 (Sospensione dell’esecuzione) Il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione. L’istanza si propone con ricorso al giudice di pace, al tribunale in composizione monocratica o al presidente del collegio, il quale, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti rispettivamente dinanzi a sé o al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate al procuratore dell’altra parte, ovvero alla parte stessa, se questa sia stata in giudizio senza ministero di difensore o non si sia costituita nel giudizio definito con la sentenza impugnata. Con lo stesso decreto, in caso di eccezionale urgenza può essere disposta provvisoriamente l’immediata sospensione dell’esecuzione. SEZIONE II Del procedimento e dei provvedimenti Art. 374 (Pronuncia a sezioni unite) La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1 dell’articolo 360 e nell’articolo 362. Inoltre il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza. In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice. Art. 374 (Pronuncia a Sezioni Unite) La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1) dell’articolo 360 e nell’ articolo 362. Tuttavia, tranne che nei casi di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, il ricorso può essere asse-
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO gnato alle sezioni semplici se sulla questione di giurisdizione proposta si sono già pronunciate le sezioni unite. Inoltre il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza. Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso. In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Il primo comma dell’art. 374 novellato prevede che, pur restando affidate alle Sezioni Unite le decisioni sui ricorsi “per motivi attinenti alla giurisdizione”, detti ricorsi possono tuttavia essere affidati alle sezioni semplici “se sulla questione di giurisdizione proposta si sono già pronunciate le Sezioni Unite”, fatta eccezione per l’impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti. Il terzo comma dell’art. 374 introduce una importante innovazione per cui “Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso”. Viene così accentuata la funzione nomofilattica della Corte assicurando una uniforme interpretazione delle norme. La Sezione semplice dissenziente dall’orientamento delle Sezioni Unite, con motivata ordinanza, rimette in questo caso la decisione del ricorso alle Sezioni Unite. Art. 375 (Pronuncia in camera di consiglio) La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere: 1) dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto; 2) ordinare l’integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione dell’impugnazione a norma dell’articolo 332; 3) dichiarare l’estinzione del processo per avvenuta rinuncia a norma dell’articolo 390; 187
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE 4) pronunciare in ordine all’estinzione del processo in ogni altro caso; 5) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione. La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia sentenza in camera di consiglio quando il ricorso principale e quello incidentale eventualmente proposto sono manifestamente fondati e vanno, pertanto, accolti entrambi, o quando riconosce di dover pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360 o per manifesta infondatezza degli stessi, nonché quando un ricorso va accolto per essere manifestamente fondato e l’altro va rigettato per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360 o per manifesta infondatezza degli stessi. La Corte, se ritiene che non ricorrano le ipotesi di cui al primo e al secondo comma, rinvia la causa alla pubblica udienza. Le conclusioni del pubblico ministero, almeno venti giorni prima dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, sono notificate agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare memorie entro il termine di cui all’articolo 378 e di essere sentiti, se compaiono, nei casi previsti al primo comma, numeri 1), 4) e 5), limitatamente al regolamento di giurisdizione, e al secondo comma. Art. 375 (Pronuncia in camera di consiglio) La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere: 1) dichiarare l’innammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto; 2) ordinare l’integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione dell’impugnazione a norma dell’articolo 332 ovvero che sia rinnovata; 3) provvedere in ordine all’estinzione del processo in ogni caso diverso dalla rinuncia; 4) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione; 5) accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza, ovvero dichiararne l’inammissibilità per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360 o per difetto dei requisiti previsti dall’articolo 366 bis. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data)
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Con riferimento all’art. 375 le novità riguardano: - il n. 2 per la sola ipotesi della rinnovazione della notifica dell’impugnazione; - il n. 3 per provvedere alla dichiarazione di estinzione del processo in ogni caso diverso dalla rinuncia, ora disciplinata dall’art. 391, primo comma. - il n. 5 per “accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza, ovvero dichiararne l’inammissibilità per mancanza dei motivi previsti nell’art. 360 o per difetto dei requisiti previsti dall’art. 366-bis”. Trattasi di una modifica consequenziale alla introduzione di nuove cause di inammissibilità del ricorso. Art. 376 (Assegnazione dei ricorsi alle Sezioni) I ricorsi sono assegnati alle Sezioni unite o alle Sezioni semplici dal primo presidente. La parte, che ritiene di competenza delle Sezioni unite un ricorso assegnato a una Sezione semplice, può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle Sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione del ricorso. All’udienza della Sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, con ordinanza inserita nel processo verbale. Art. 377 (Fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio) Il primo presidente, su presentazione del ricorso a cura del cancelliere, fissa l’udienza o l’adunanza della camera di consiglio e nomina il relatore per i ricorsi assegnati alle sezioni unite. Per i ricorsi assegnati alle sezioni semplici provvede allo stesso modo il presidente della sezione. Dell’udienza è data comunicazione dal cancelliere agli avvocati delle parti almeno venti giorni prima. Art. 378 (Deposito di memorie di parte) Le parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre cinque giorni prima dell’udienza.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 379 (Discussione) All’udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi è discussione delle parti, i motivi del ricorso e del controricorso. Dopo la relazione il presidente invita gli avvocati delle parti a svolgere le loro difese. Quindi il pubblico ministero espone oralmente le sue conclusioni motivate. Non sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti possono nella stessa udienza presentare alla Corte brevi osservazioni per iscritto sulle conclusioni del pubblico ministero. Art. 380 (Deliberazione della sentenza) La Corte, dopo la discussione della causa, delibera, nella stessa seduta, la sentenza in camera di consiglio . Si applica alla deliberazione della Corte la disposizione dell’articolo 276. Art. 380 bis (Procedimento per la decisione in camera di consiglio) Il relatore nominato ai sensi dell’articolo 377, se, ricorrendo le ipotesi previste dall’articolo 375, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 5), non ritiene che il ricorso sia deciso in udienza, deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e diritto in base ai quali ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio. Il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte. Almeno venti giorni prima della data stabilita per l’adunanza il decreto e la relazione sono comunicati al pubblico ministero e notificati agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare, il primo, conclusioni scritte, ed i secondi, memorie, non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono, nei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, numeri 1), 3) e 5). Nella seduta la Corte delibera sul ricorso con ordinanza. Se ritiene che non ricorrono le ipotesi previste all’articolo 375 la Corte rinvia la causa alla pubblica udienza. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) 190
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Il relatore ricorrendo le seguenti ipotesi: di dover dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale proposto; che debba essere disposta l’integrazione del contraddittorio o eseguita la notificazione dell’impugnazione a norma dell’articolo 332 ovvero che sia rinnovata; nel caso in cui si debba provvedere in ordine all’estinzione del processo in ogni caso diverso dalla rinuncia, o accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza, ovvero dichiararne l’inammissibilità per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360 o per difetto dei requisiti previsti dall’articolo 366 bis deposita in cancelleria una relazione esponendo lo svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto in base ai quali ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio. Alla richiesta del relatore di non decidere il ricorso in udienza, segue la fissazione con decreto presidenziale dell’adunanza della Corte, nonché la comunicazione alle parti (ed al pubblico ministero) del decreto e della relazione almeno 20 giorni prima della data fissata dal decreto presidenziale. Il pubblico ministero può presentare conclusioni scritte e i difensori delle parti hanno facoltà di presentare memorie, almeno 5 giorni prima, oppure possono chiedere, comparendo all’udienza fissata per la camera di consiglio, di essere sentiti, eccezion fatta per i casi in cui la camera di consiglio sia fissata per ordinare la integrazione del contraddittorio o la notificazione del ricorso (o la sua rinnovazione). Nella adunanza la Corte delibera sul ricorso con ordinanza; se dissente dalla richiesta del relatore, in quanto non ricorrono le ipotesi previste dall’art. 375, la Corte rinvia la causa alla pubblica udienza. La novità consentirà alle parti ed al pubblico ministero di replicare sulle motivazioni che hanno indotto il relatore a tale scelta. Art. 380 ter (Procedimento per la decisione sulle istanze di regolamento di giurisdizione e di competenza) Nei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, numero 4), il presidente, se non provvede ai sensi dell’articolo 380 bis, primo comma, richiede al pubblico ministero le sue conclusioni scritte. Le conclusioni ed il decreto del presidente che fissa l’adunanza sono notificati, almeno venti giorni prima, agli avvocati delle parti, che hanno facoltà 191
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE di presentare memorie non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono, limitatamente al regolamento di giurisdizione. Non si applica la disposizione del quinto comma dell’articolo 380 bis . (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) È stato aggiunto questo art. 380 ter per i regolamenti di competenza e giurisdizione. Il presidente richiede al pubblico ministero le sue conclusioni scritte. Le conclusioni e il decreto del presidente che fissa l’adunanza sono notificati, almeno 20 giorni prima, agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare memorie non oltre 5 giorni prima nonché di chiedere di essere sentiti all’udienza nel solo caso del regolamento di giurisdizione Art. 381 (Provvedimento sul deposito) Art. 382 (Decisione delle questioni di giurisdizione e di competenza) La Corte, quando decide una questione di giurisdizione, statuisce su questa, determinando, quando occorre, il giudice competente. Quando cassa per violazione delle norme sulla competenza, statuisce su questa. Se riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento e ogni altro giudice difettano di giurisdizione, cassa senza rinvio. Egualmente provvede in ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito. Art. 383 (Cassazione con rinvio) La Corte, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati nell’articolo precedente, rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata. Nel caso previsto dall’art. 360, secondo comma, la causa può essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello al quale le parti hanno rinunciato. La Corte, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest’ultimo.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 384 (Enunciazione del principio di diritto e decisione della causa nel merito) La Corte, quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, enuncia il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la Corte si limita a correggere la motivazione. Art. 384 (Enunciazione del principio di diritto e decisione della causa nel merito) La Corte enuncia il principio di diritto quando decide il ricorso proposto a norma dell’articolo 360, primo comma, n. 3), e in ogni altro caso in cui, decidendo su altri motivi del ricorso, risolve una questione di diritto di particolare importanza. La Corte, quando accoglie il ricorso, cassa la sentenza rinviando la causa ad altro giudice, il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte, ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, la Corte riserva la decisione, assegnando con ordinanza al pubblico ministero e alle parti un termine non inferiore a venti e non superiore a sessanta giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione. Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la Corte si limita a correggere la motivazione. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) L’art. 384 I° comma stabilisce che, ogni qualvolta la Corte decide un ricorso (accogliendolo o rigettandolo) ai sensi del’art. 360 nr. 3, vi è l’obbligo di enunciare il correlativo principio di diritto. Quando risolve invece quesiti di diritto posti ai sensi dei nn. 1(motivi attinenti la giurisdizione), 2(motivi attinenti la competenza) e 4 (motivi attinenti la nullità della sentenza o del procedimento) dell’art. 360, l’enunciazione del
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE principio è subordinata alla “particolare importanza” del quesito di diritto posto alla Corte. Per “particolare importanza” si dovrà far riferimento alle potenziali caratteristiche generali della fattispecie dedotta in giudizio ed oggetto della pronuncia. La cassazione senza rinvio per decisione della causa nel merito seguirà ogni qualvolta non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. Innovazione importante (in linea con la giurisprudenza della Corte) è il nuovo terzo comma all’art. 384, per il quale se la Corte rileva una questione d’ufficio “riserva la decisione, assegnando con ordinanza al pubblico ministero e alle parti un termine non inferiore a venti e non superiore a sessanta giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione”. Se a questa regola soggiace la Suprema Corte a maggior ragione dovrà uniformarsi il giudice di primo e secondo grado. La riserva andrà sciolta nella camera di consiglio, senza fissazione di nuova udienza, e terrà luogo della decisione. Art. 385 (Provvedimenti sulle spese) La Corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese. Se cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza, provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. Se rinvia la causa ad altro giudice, può provvedere sulle spese del giudizio di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio. Art. 385 (Provvedimenti sulle spese) La Corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese. Se cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza, provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. Se rinvia la causa ad altro giudice, può provvedere sulle spese del giudizio di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio. Quando pronuncia sulle spese, anche nelle ipotesi di cui all’articolo 375, la Corte, anche d’ufficio, condanna, altresì, la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma, equitativamente determinata, non superiore al doppio dei massimi tariffari, se ritiene che essa ha proposto il ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) 194
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità o infondatezza palese (sia con la decisione in adunanza, sia nei casi di decisione in camera di consiglio), alla condanna alle spese seguirà la condanna ad una pena pecuniaria. Questa condanna per responsabilità aggravata prescinde dall’esistenza di alcun danno. È una sanzione introdotta per disincentivare l’uso strumentale e dilatorio del ricorso per cassazione. Art. 386 (Effetti della decisione sulla giurisdizione) La decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda. Art. 387 (Non riproponibilità del ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile) Il ricorso dichiarato inammissibile, o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è scaduto il termine fissato dalla legge. Art. 388 (Trasmissione di copia del dispositivo al giudice di merito) Copia del dispositivo della sentenza è trasmessa dal cancelliere della Corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, affinchè ne sia presa nota in margine all’originale di quest’ultima. Art. 388 (Trasmissione di copia del dispositivo al giudice di merito) Copia della sentenza è trasmessa dal cancelliere della Corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, affinché ne sia presa nota in margine all’originale di quest’ultima. La trasmissione può avvenire anche in via telematica. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Si introduce la possibilità di trasmissione anche in via telematica della copia del dispositivo della sentenza di cassazione alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata. Art. 389 (Domande conseguenti alla cassazione) Le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. 195
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 390 (Rinuncia) La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione all’udienza, o sia notificata la richiesta del pubblico ministero di cui all’art. 375. La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto. L’atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto. Art. 391 (Pronuncia sulla rinuncia) Sulla rinuncia la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza. L’ordinanza o la sentenza, che provvede sulla rinuncia, condanna il rinunciante alle spese. L’ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo. La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale. Art. 391 (Pronuncia sulla rinuncia) Sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge, la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede il presidente con decreto. Il decreto o la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese. Il decreto ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell’udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione. La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) I nuovi commi dell’art. 391 prevedono che l’estinzione sia dichiarata con sentenza; il decreto che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese. Il decreto inoltre acquista efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell’udienza nel termine di 10 giorni dalla comunicazione. 196
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 391 bis (Correzione degli errori materiali e revocazione delle sentenze della Corte di cassazione) Se la sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione è affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell’articolo 287 ovvero da errore di fatto ai sensi dell’articolo 395, numero 4), la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa. Sul ricorso la Corte pronuncia in camera di consiglio a norma dell’articolo 375. La pendenza del termine per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto. In caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di cassazione non è ammessa la sospensione dell’esecuzione della sentenza passata in giudicato, nè è sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo. (La Corte Costituzionale, con sentenza 18 aprile 1996, n. 119, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui prevede un termine per la proposizione dell’istanza di correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte di cassazione). Art. 391 bis (Correzione degli errori materiali e revocazione delle sentenze della Corte di cassazione) Se la sentenza o l’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 375, primo comma, numeri 4) e 5), pronunciata dalla Corte di cassazione è affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell’art. 287 ovvero da errore di fatto ai sensi dell’art. 395, numero 4), la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli art. 365 e seguenti da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa. La Corte decide sul ricorso in camera di consiglio nell’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 380 bis. Sul ricorso per correzione dell’errore materiale pronuncia con ordinanza. Sul ricorso per revocazione pronuncia con ordinanza se lo dichiara inammissibile, altrimenti rinvia alla pubblica udienza. La pendenza del termine per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto. 197
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE In caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di cassazione non è ammessa la sospensione dell’esecuzione della sentenza passata in giudicato, né è sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data). È stato riscritto l’art. 391-bis relativo alla correzione degli errori materiali ed alla revocazione delle sentenze della Corte. Innanzitutto si contempla la possibilità che l’errore materiale o l’errore revocatorio possano viziare anche l’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 375, primo comma, numeri 4) e 5). Il secondo comma è un adeguamento alle novità. È stato inserito un nuovo comma dopo il secondo che prevede la pronuncia con ordinanza sul ricorso per correzione di errore materiale, mentre il quarto comma dispone che sul ricorso per revocazione la Corte “pronuncia con ordinanza se lo dichiara inammissibile, altrimenti rinvia alla pubblica udienza”. Art. 391 ter (Altri casi di revocazione ed opposizione di terzo) Il provvedimento con il quale la Corte ha deciso la causa nel merito è, altresì, impugnabile per revocazione per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 6) dell’articolo 395 e per opposizione di terzo. I relativi ricorsi si propongono alla stessa Corte e debbono contenere gli elementi, rispettivamente, degli articoli 398, commi secondo e terzo, e 405, comma secondo. Quando pronuncia la revocazione o accoglie l’opposizione di terzo, la Corte decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto; altrimenti, pronunciata la revocazione ovvero dichiarata ammissibile l’opposizione di terzo, rinvia la causa al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Si è introdotta la possibilità di proporre ricorso per revocazione per i motivi di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 “contro il provvedimento (sentenza ovvero ordinanza) con il quale la Corte ha deciso la causa nel merito”. I nuovi ricorsi per revocazione e opposizione di terzo si propongono alla stessa Corte e “debbono contenere gli elementi, rispettivamente, degli articoli 398, commi secono e terzo, e 405, comma secondo”. Quando pronuncia la revoca198
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO zione o accoglie l’opposizione, la Corte “decide la causa nel merito quando non siano necesari ulteriori accertamenti di fatto”; altrimenti “pronunciata la revocazione ovvero dichiarata ammissibile l’opposizione di terzo, rinvia la causa al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata”. SEZIONE III Del giudizio di rinvio Art. 392 (Riassunzione della causa) La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio può essere fatta da ciascuna delle parti non oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione. La riassunzione si fa con citazione, la quale è notificata personalmente a norma degli artt. 137 e seguenti. Art. 393 (Estinzione del processo) Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui all’articolo precedente o si avvera successivamente a essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l’intero processo si estingue; ma la sentenza della Corte di cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda. Art. 394 (Procedimento in sede di rinvio) In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la Corte ha rinviato la causa. In ogni caso deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione. Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata. Nel giudizio di rinvio può deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE CAPO IV Della revocazione Art. 395 (Casi di revocazione) Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione: 1) se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra; 2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; 3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario; 4) se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; 5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione; 6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato. (vedi C. Cost. nr. 17/1986, 558/1989, 51/1995, 36/1991, che hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della C. di Cassazione rese su ricorsi basati sul nr. 4 dell'art. 360 e affette dall'errore di cui all'art. 4 dell'art. 395; nella parte in cui non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di convalida di sfratto o licenza per finita locazione emessi in assenza o per mancata opposizione dell'intimato; nella parte in cui non prevede la revocazione per errore di fatto per i provvedimenti di convalida di sfratto per morosità emessi sui medesimi presupposti; nella parte in cui non prevede la revocazione avverso i provvedimenti di convalida di sfratto per morosità che siano l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra; nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della C. di Cassazione per errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio).
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 396 (Revocazione delle sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello) Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6 dell’articolo precedente, purché la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza di cui al n. 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto. Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il corso del termine per l’appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso. Art. 397 (Revocazione proponibile dal pubblico ministero) Nelle cause in cui l’intervento del pubblico ministero è obbligatorio a norma dell’art. 70 primo comma, le sentenze previste nei due articoli precedenti possono essere impugnate per revocazione dal pubblico ministero: 1) quando la sentenza è stata pronunciata senza che egli sia stato sentito; 2) quando la sentenza è l’effetto della collusione posta in opera dalle parti per frodare la legge. Art. 398 (Proposizione della domanda) La revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. La citazione deve indicare, a pena d’inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395, del giorno della scoperta o dell’accertamento del dolo o della falsità, o del recupero dei documenti. La citazione deve essere sottoscritta da un difensore munito di procura speciale. La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo. Tuttavia il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l’uno o l’altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta. Art. 399 (Deposito della citazione e della risposta) Se la revocazione è proposta davanti al tribunale o alla Corte di appello, la citazione deve essere depositata a pena di improcedibilità, entro venti giorni dalla 201
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE notificazione, nella cancelleria del giudice adito insieme con la copia autentica della sentenza impugnata. Le altre parti debbono costituirsi nello stesso termine mediante deposito in cancelleria di una comparsa contenente le loro conclusioni. Se la revocazione è proposta davanti al giudice di pace il deposito e la costituzione di cui ai due commi precedenti debbono farsi a norma dell’art. 319. Art. 400 (Procedimento) Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo. Art. 401 (Sospensione dell’esecuzione) Il giudice della revocazione può pronunciare, su istanza di parte inserita nell’atto di citazione, l’ordinanza prevista nell’art. 373, con lo stesso procedimento in Camera di consiglio ivi stabilito. Art. 402 (Decisione) Con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il merito della causa e dispone l’eventuale restituzione di ciò che siasi conseguito con la sentenza revocata. Il giudice, se per la decisione del merito della causa ritiene di dover disporre nuovi mezzi istruttori, pronuncia, con sentenza, la revocazione della sentenza impugnata e rimette con ordinanza le parti davanti all’istruttore. Art. 403 (Impugnazione della sentenza di revocazione) Non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione. Contro di essa sono ammessi i mezzi d’impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO CAPO V Dell’opposizione di terzo Art. 404 (Casi di opposizione di terzo) Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti. Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l’effetto di dolo o collusione a loro danno. (vedi C. Cost. nr. 167/1984, 237/1985, 1105/1988, 192/1995, che hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo contro l'ordinanza di sfratto per finita locazione, emessa per la mancata comparizione dell'intimato o per la mancata opposizione dell'intimato comparso; nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo contro l'ordinanza di sfratto per morosità; nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo contro l'ordinanza con la quale il Pretore dispone la affrancazione del fondo ex art. 4 L. nr. 607/66 e nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di licenza per finita locazione.) Art. 405 (Domanda di opposizione) L’opposizione è proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui. La citazione deve contenere, oltre agli elementi di cui all’art. 163, anche l’indicazione della sentenza impugnata e, nel caso del secondo comma dell’articolo precedente, l’indicazione del giorno in cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o della collusione, e della relativa prova. Art. 406 (Procedimento) Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo. Art. 407 (Sospensione dell’esecuzione) Il giudice dell’opposizione può pronunciare, su istanza di parte inserita nell’atto di citazione, l’ordinanza prevista nell’art. 373, con lo stesso procedimento in Camera di consiglio ivi stabilito. 203
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 408 (Decisione) Il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per infondatezza dei motivi, condanna l’opponente al pagamento di una pena pecuniaria di euro 2 se la sentenza impugnata è del giudice di pace, di euro 2 se è del tribunale e di euro 2 in ogni altro caso. TITOLO IV Norme per le controversie in materia di lavoro CAPO I Delle controversie individuali di lavoro SEZIONE I Disposizioni generali Art. 409 (Controversie individuali di lavoro) Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa; 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie; 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato; 4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica; 5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice. (Le norme di cui agli artt. 409 e segg. c.p.c. si applicheranno anche alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, come previsto da d.d.l. 3337) La novità, quando entrerà in vigore la nuova norma, sarà quella dell’applicabilità del rito lavoro alle cause di risarcimento danni da sinistro stradale. Da una prima lettura la norma confligge con la normativa del procedimento “semplificato” avanti il giudice di pace, regolata da altre norme del codice di procedura civile; deve ritenersi che il rito speciale introdotto con la novella prevarrà sul rito ordinario. 204
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 410 (Tentativo obbligatorio di conciliazione) Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi deve promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’articolo 413. La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza. La commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal ricevimento della richiesta. Con provvedimento del direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione è istituita in ogni provincia, presso l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, una commissione provinciale di conciliazione composta dal direttore dell’ufficio stesso o da un suo delegato, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale. Commissioni di conciliazione possono essere istituite, con le stesse modalità e con la medesima composizione di cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione. Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal precedente terzo comma. In ogni caso per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei lavoratori. Ove la riunione della commissione non sia possibile per la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il direttore dell’ufficio provinciale del lavoro certifica l’impossibilità di procedere al tentativo di conciliazione.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 410 bis (Termine per l’espletamento del tentativo di conciliazione) Il tentativo di conciliazione, anche se nelle forme previste dai contratti e accordi collettivi, deve essere espletato entro sessanta giorni dalla presentazione della richiesta. Trascorso inutilmente tale termine, il tentativo di conciliazione si considera comunque espletato ai fini dell’articolo 412 bis. Art. 411 (Processo verbale di conciliazione) Se la conciliazione riesce, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal presidente del Collegio che ha esperito il tentativo, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Il processo verbale è depositato a cura delle parti o dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cancelleria della tribunale nella cui circoscrizione è stato formato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto. Se il tentativo di conciliazione si è svolto in sede sindacale, il processo verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane l’autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è stato redatto. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto. Art. 412 (Verbale di mancata conciliazione) Se la conciliazione non riesce, si forma processo verbale con l’indicazione delle ragioni del mancato accordo; in esso le parti possono indicare la soluzione anche parziale sulla quale concordano, precisando, quando è possibile, l’ammontare del credito che spetta al lavoratore. In quest’ultimo caso il processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo, osservate le disposizioni di cui all’articolo 411. L’Ufficio provinciale del lavoro rilascia alla parte copia del verbale entro cinque giorni dalla richiesta. Le disposizioni del primo comma si applicano anche al tentativo di conciliazione in sede sindacale. Delle risultanze del verbale di cui al primo comma il giudice tiene conto in sede di decisione sulle spese del successivo giudizio. 206
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 412 bis (Procedibilità della domanda) L’espletamento del tentativo di conciliazione costituisce condizione di procedibilità della domanda. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto nella memoria difensiva di cui all’articolo 416 e può essere rilevata d’ufficio dal giudice non oltre l’udienza di cui all’articolo 420. Il giudice ove rilevi che non è stato promosso il tentativo di conciliazione ovvero che la domanda giudiziale è stata presentata prima dei sessanta giorni dalla promozione del tentativo stesso, sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione. Trascorso il termine di cui al primo comma dell’articolo 410-bis, il processo può essere riassunto entro il termine perentorio di centottanta giorni. Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara d’ufficio l’estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all’articolo 308. Il mancato espletamento del tentativo di conciliazione non preclude la concessione dei provvedimenti speciali d’urgenza e di quelli cautelari previsti nel capo III del titolo I del libro IV. Art. 412 ter (Arbitrato irrituale previsto dai contratti collettivi) Se il tentativo di conciliazione non riesce o comunque è decorso il termine previsto per l’espletamento, le parti possono concordare di deferire ad arbitri la risoluzione della controversia, anche tramite l’organizzazione sindacale alla quale aderiscono o abbiano conferito mandato, se i contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro prevedono tale facoltà e stabiliscono: a) le modalità della richiesta di devoluzione della controversia al collegio arbitrale e il termine entro il quale l’altra parte può aderirvi; b) la composizione del collegio arbitrale e la procedura per la nomina del presidente e dei componenti; c) le forme e i modi di espletamento dell’eventuale istruttoria; d) il termine entro il quale il collegio deve emettere il lodo, dandone comunicazione alle parti interessate; e) i criteri per la liquidazione dei compensi agli arbitri. I contratti e accordi collettivi possono, altresì, prevedere l’istituzione di collegi o camere arbitrali stabili, composti e distribuiti sul territorio secondo criteri stabiliti in sede di contrattazione nazionale. Nella pronuncia del lodo arbitrale si applica l’articolo 429, terzo comma, del codice di procedura civile.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Salva diversa previsione della contrattazione collettiva, per la liquidazione delle spese della procedura arbitrale si applicano altresì gli articoli 91, primo comma, e 92 del codice di procedura civile. Art. 412 quater (Impugnazione ed esecutività del lodo arbitrale) Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale decide in unico grado il Tribunale, in funzione del giudice del lavoro, della circoscrizione in cui è la sede dell’arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo. Trascorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è stato respinto dal Tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto. SEZIONE II Del procedimento §1 Del procedimento di primo grado Art. 413 (Giudice competente) Le controversie previste dall’art. 409 sono in primo grado di competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro. Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Tale competenza permane dopo il trasferimento dell’azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purché la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione. Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3) dell’art. 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell’agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell’art. 409. Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto. 208
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Nelle controversie nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato non si applicano le disposizioni dell’articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell’articolo 18. Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio. Art. 414 (Forma della domanda) La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere: 1) l’indicazione del giudice; 2) il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto; 3) la determinazione dell’oggetto della domanda; 4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni; 5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione. Art. 415 (Deposito del ricorso e decreto di fissazione dell’udienza) Il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice competente insieme con i documenti in esso indicati. Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa con decreto, l’udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente. Tra il giorno del deposito del ricorso e l’udienza di discussione non devono decorrere più di sessanta giorni. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto, a cura dell’attore, entro dieci giorni dalla data di pronuncia del decreto, salvo quanto disposto dall’articolo 417. Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Il termine di cui al comma precedente è elevato a quaranta giorni e quello di cui al terzo comma è elevato a ottanta giorni nel caso in cui la notificazione prevista dal quarto comma debba effettuarsi all’estero. Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, il ricorso è notificato direttamente presso l’amministrazione destinataria ai sensi dell’articolo 144, secondo comma. Per le amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato competente per territorio. Art. 416 (Costituzione del convenuto) Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito. La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare. Art. 417 (Costituzione e difesa personali delle parti) In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede euro 129,11. La parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle forme di cui all’art. 414 o si costituisce nelle forme di cui all’art. 416 con elezione di domicilio nell’ambito del territorio della Repubblica. Può proporre la domanda anche verbalmente davanti al giudice che ne fa redigere processo verbale. Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell’udienza devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore, a cura della cancelleria entro i termini di cui all’articolo 415. Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla cancelleria. 210
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 417 bis (Difesa delle pubbliche amministrazioni) Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti. Per le amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, la disposizione di cui al comma precedente si applica salvo che l’Avvocatura dello Stato competente per territorio, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, determini di assumere direttamente la trattazione della causa dandone immediata comunicazione ai competenti uffici dell’amministrazione interessata, nonché al Dipartimento della funzione pubblica, anche per l’eventuale emanazione di direttive agli uffici per la gestione del contenzioso del lavoro. In ogni altro caso l’Avvocatura dello Stato trasmette immediatamente, e comunque non oltre 7 giorni dalla notifica degli atti introduttivi, gli atti stessi ai competenti uffici dell’amministrazione interessata per gli adempimenti di cui al comma precedente. Gli enti locali, anche al fine di realizzare economie di gestione, possono utilizzare le strutture dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno, alle quali conferiscono mandato nei limiti di cui al primo comma. Art. 418 (Notificazione della domanda riconvenzionale) Il convenuto che abbia proposto una domanda in via riconvenzionale a norma del secondo comma dell’art. 416 deve, con istanza contenuta nella stessa memoria, a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima, chiedere al giudice che, a modifica del decreto di cui al secondo comma dell’art. 415, pronunci, non oltre cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell’udienza. Tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l’udienza di discussione non devono decorrere più di cinquanta giorni. Il decreto che fissa l’udienza deve essere notificato all’attore, a cura dell’ufficio, unitamente alla memoria difensiva, entro dieci giorni dalla data in cui è stato pronunciato. Tra la data di notificazione all’attore del decreto pronunciato a norma del primo comma e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni. Nel caso in cui la notificazione del decreto debba farsi all’estero il termine di cui al secondo comma è elevato a settanta giorni, e quello di cui al comma precedente è elevato a trentacinque giorni.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 419 (Intervento volontario) Salvo che sia effettuato per l’integrazione necessaria del contraddittorio, l’intervento del terzo ai sensi dell’art. 105 non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità previste dagli artt. 414 e 416 in quanto applicabili. (vedi C. Cost. nr. 193/1983, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non attribuisce al Giudice il potere-dovere di fissare -con il rispetto del termine di cui all'art. 415, comma 5°- una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima della quale le parti originarie potranno depositare memorie, e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell'interveniente e che sia notificato a quest'ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza.) Art. 420 (Udienza di discussione della causa) Nell’udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti e tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione. Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice. Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione. Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo. Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo. Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell’udienza, per la loro immediata assunzione. Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio 212
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO non superiore a cinque giorni prima della udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive. Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni. Nell’udienza fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione. L’assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi. Nel caso di chiamata in causa a norma degli artt. 102, secondo comma, 106 e 107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l’atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell’art. 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione. Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando la propria memoria a norma dell’articolo 416. A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l’ufficio. Le udienze di mero rinvio sono vietate. Art. 420 bis (Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi) Quando per la definizione di una controversia di cui all’articolo 409 è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, il giudice decide con sentenza tale questione, impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa fissando una successiva udienza in data non anteriore a novanta giorni. La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per cassazione da proporsi entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza. Copia del ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilità del ricorso, essere depositata presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata entro venti giorni dalla notificazione del ricorso alle altre parti; il processo è sospeso dalla data del deposito.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Il primo comma prevede che, quando per la definizione di una controversia di cui all’articolo 409 è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, il giudice decide con sentenza tale questione. Il comma 2 dell’art. 420-bis precisa che la sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per cassazione. Sotto tale profilo, l’art. 420-bis riconosce la funzione nomofilattica della Cassazione. Art. 421 (Poteri istruttori del giudice) Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti. Può altresì disporre d’ufficio in qualsiasi momento l’ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal Codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti. Si osserva la disposizione del comma sesto dell’articolo precedente. Dispone, su istanza di parte, l’accesso sul luogo di lavoro, purché necessario al fine dell’accertamento dei fatti, e dispone altresì, se ne ravvisa l’utilità, l’esame dei testimoni sul luogo stesso. Il giudice, ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma dell’articolo 246 o a cui sia vietato a norma dell’articolo 247. Art. 422 (Registrazione su nastro) Il giudice può autorizzare la sostituzione della verbalizzazione da parte del cancelliere con la registrazione su nastro delle deposizioni di testi e delle audizioni delle parti o di consulenti. Art. 423 (Ordinanze per il pagamento di somme) Il giudice, su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone con ordinanza il pagamento delle somme non contestate. 214
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Egualmente, in ogni stato del giudizio, il giudice può, su istanza del lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova. Le ordinanze di cui ai commi precedenti costituiscono titolo esecutivo. L’ordinanza di cui al secondo comma è revocabile con la sentenza che decide la causa. Art. 424 (Assistenza del consulente tecnico) Se la natura della controversia lo richiede, il giudice, in qualsiasi momento, nomina uno o più consulenti tecnici, scelti in albi speciali, a norma dell’art. 61. A tal fine il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell’articolo 420. Il consulente può essere autorizzato a riferire verbalmente ed in tal caso le sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale, salvo quanto previsto dal precedente articolo 422. Se il consulente chiede di presentare relazione scritta, il giudice fissa un termine non superiore a venti giorni, non prorogabile, rinviando la trattazione ad altra udienza. Art. 425 (Richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali) Su istanza di parte, l’associazione sindacale indicata dalla stessa ha facoltà di rendere in giudizio, tramite un suo rappresentante, informazioni e osservazioni orali o scritte. Tali informazioni e osservazioni possono essere rese anche nel luogo di lavoro ove sia stato disposto l’accesso ai sensi del terzo comma dell’articolo 421. A tal fine, il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell’articolo 420. Il giudice può richiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti e Accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa. Art. 426 (Passaggio dal rito ordinario al rito speciale) Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti dall’art. 409, fissa con ordinanza l’udienza di cui all’art. 420 e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all’eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria. Nell’udienza come sopra fissata provvede a norma degli articoli che precedono. (vedi C. Cost. nr. 14/1977 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del 215
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE presente articolo nella parte in cui, con riguardo alle cause pendenti al momento dell'entrata in vigore della legge, non è prevista la comunicazione anche alla parte contumace dell'ordinanza che fissa l'udienza di discussione ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti.) Art. 427 (Passaggio dal rito speciale al rito ordinario) Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall’art. 409, se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie; altrimenti la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con il rito ordinario. In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno l’efficacia consentita dalle norme ordinarie. Art. 428 (Incompetenza del giudice) Quando una causa relativa ai rapporti di cui all’articolo 409 sia stata proposta a giudice incompetente, l’incompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all’art. 416 ovvero rilevata d’ufficio dal giudice non oltre l’udienza di cui all’articolo 420. Quando l’incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la causa al tribunale in funzione di giudice del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale. Art. 429 (Pronuncia della sentenza) Nell’udienza, il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo. Se il giudice lo ritiene necessario, su richiesta delle parti, concede alle stesse un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive, rinviando la causa all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della sentenza. Il giudice, quando pronuncia la sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto. 216
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 430 (Deposito della sentenza) La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia. Il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti. Art. 431 (Esecutorietà della sentenza) Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all’articolo 409 sono provvisoriamente esecutive. All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza. Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all’altra parte gravissimo danno. La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso, l’esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di euro 258. Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli 282 e 283. Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi. Art. 432 (Valutazione equitativa delle prestazioni) Quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa. §2 Delle impugnazioni Art. 433 (Giudice d’appello) L’appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle controversie previste nell’articolo 409 deve essere proposto con ricorso davanti alla corte di appello territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro. Ove l’esecuzione sia iniziata, prima della notificazione della sentenza, l’appello può essere proposto con riserva dei motivi che dovranno essere presentati nel termine di cui all’articolo 434.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 434 (Deposito del ricorso in appello) Il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell’impugnazione, nonché le indicazioni prescritte dall’articolo 414. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, oppure entro quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi all’estero. Art. 435 (Decreto del presidente) Il presidente della corte di appello entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l’udienza di discussione dinanzi al Collegio. L’appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all’appellato. Tra la data di notificazione all’appellato e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni. Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve effettuarsi all’estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono elevati, rispettivamente, a ottanta e sessanta giorni. (vedi C. Cost. nr. 15/1977 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione sia comunicato all'appellante e che da tale comunicazione decorre il termine per la notificazione all'appellato.) Art. 436 (Costituzione dell’appellato e appello incidentale) L’appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza. La costituzione dell’appellato si effettua mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta dettagliata esposizione di tutte le sue difese. Se propone appello incidentale, l’appellato deve esporre nella stessa memoria i motivi specifici su cui fonda l’impugnazione. L’appello incidentale deve essere proposto, a pena di decadenza nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura dell’appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo precedente. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 416.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO Art. 437 (Udienza di discussione) Nell’udienza il giudice incaricato fa la relazione orale della causa. Il Collegio, sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa udienza. Non sono ammesse nuove domande ed eccezioni. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio, salvo che il Collegio, anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa. È salva la facoltà delle parti di deferire il giuramento decisorio in qualsiasi momento della causa. Qualora ammetta le nuove prove, il collegio fissa, entro venti giorni, l’udienza nella quale esse debbono essere assunte e deve essere pronunciata la sentenza. In tal caso il Collegio con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all’articolo 423. Sono applicabili le disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell’articolo 429. Art. 438 (Deposito della sentenza di appello) Il deposito della sentenza di appello è effettuato con l’osservanza delle norme di cui all’articolo 430. Si applica il disposto del secondo comma dell’articolo 431. Art. 439 (Cambiamento del rito in appello) La corte di appello, se ritiene che il procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 426 e 427. Art. 440 (Appellabilità delle sentenze) Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a euro 25,82. Art. 441 (Consulente tecnico in appello) Il collegio, nell’udienza di cui al primo comma dell’art. 437, può nominare un consulente tecnico rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all’articolo 423. Il consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni prima della nuova udienza. 219
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE CAPO II Delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie Art. 442 (Controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie) Nei procedimenti relativi a controversie derivanti dall’applicazione delle norme riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, gli assegni familiari nonché ogni altra forma di previdenza e di assistenza obbligatorie, si osservano le disposizioni di cui al capo I di questo titolo. Anche per le controversie relative alla inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi si osservano le disposizioni di cui al capo I di questo titolo. (vedi C. Cost. nr. 156/1991 e 196/1993; vedi anche art. 16 L. 30-12-1991 nr. 412.) Art. 443 (Rilevanza del procedimento amministrativo) La domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie di cui al primo comma dell’articolo 442 non è procedibile se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi 180 giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo. Se il giudice nella prima udienza di discussione rileva l’improcedibilità della domanda a norma del comma precedente, sospende il giudizio e fissa all’attore un termine perentorio di sessanta giorni per la presentazione del ricorso in sede amministrativa. Il processo deve essere riassunto, a cura dell’attore, nel termine perentorio di 180 giorni che decorre dalla cessazione della causa della sospensione. Art. 444 (Giudice competente) Le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie indicate nell’articolo 442 sono di competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione ha la residenza l’attore. Se la controversia in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali riguarda gli addetti alla navigazione marittima o alla pesca marittima, è competente il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l’ufficio del porto di iscrizione della nave. Per le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all’applicazione 220
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO SECONDO delle sanzioni civili per l’inadempimento di tali obblighi, è competente il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’ente. Art. 445 (Consulente tecnico) Nei processi regolati nel presente capo, relativi a domande di prestazioni previdenziali o assistenziali che richiedono accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o più consulenti tecnici scelti in appositi albi, ai sensi dell’articolo 424. Nei casi di particolare complessità il termine di cui all’articolo 424 può essere prorogato fino a sessanta giorni. Art. 446 (Istituti di patronato e di assistenza sociale) Gli istituti di patronato e di assistenza sociale legalmente riconosciuti possono, su istanza dell’assistito, in ogni grado del giudizio, rendere informazioni e osservazioni orali o scritte nella forma di cui all’articolo 425. Art. 447 (Esecuzione provvisoria) Le sentenze pronunciate nei giudizi relativi alle controversie di cui all’art. 442 sono provvisoriamente esecutive. Si applica il disposto dell’articolo 431. Art. 447 bis (Norme applicabili alle controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto) Le controversie in materia di locazione e di comodato di immobili urbani e quelle di affitto di aziende sono disciplinate dagli articoli 414, 415, 416, 417, 418, 419, 420, 421, primo comma, 422, 423, primo e terzo comma, 424, 425, 426, 427, 428, 429, primo e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441, in quanto applicabili. Sono nulle le clausole di deroga alla competenza. Il giudice può disporre d’ufficio, in qualsiasi momento, l’ispezione della cosa e l’ammissione di ogni mezzo di prova, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti. Le sentenze di condanna di primo grado sono provvisoriamente esecutive. All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza. Il giudice d’appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’efficacia esecutiva o l’esecuzione siano sospese quando dalle stesse possa derivare all’altra parte gravissimo danno. 221
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 448 (Rimessione al collegio) Art. 449 (Disposizioni sulle spese) Art. 450 (Giudice d’appello) Art. 451 (Cambiamento del rito in appello) Art. 452 (Appellabilità delle sentenze) Art. 453 (Consulente tecnico in appello) Art. 454 (Ricorso per cassazione) Art. 455 (Arbitrato dei consulenti tecnici) Art. 456 (Pronuncia dei consulenti tecnici) Art. 457 (Decadenza dei consulenti tecnici ed estinzione del processo) Art. 458 (Impugnazione delle sentenze dei consulenti) Art. 459 (Controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatori) Art. 460 (Improponibilità della domanda) Art. 461 (Giudice competente) Art. 462 (Patrocinio) Art. 463 (Assistenza del consulente tecnico) Art. 464 (Rinvio) Art. 465 (Giudice d’appello) Art. 466 (Appellabilità delle sentenze) Art. 467 (Denuncia all’associazione sindacale) Art. 468 (Nomina del consulente tecnico) Art. 469 (Intervento delle associazioni sindacali) Art. 470 (Sospensione del procedimento) Art. 471 (Ricorso per cassazione) Art. 472 (Accertamento tecnico preventivo) Art. 473 (Procedimento ed efficacia dell’accertamento) 222
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO LIBRO TERZO DEL PROCESSO DI ESECUZIONE TITOLO I Del titolo esecutivo e del precetto Art. 474 (Titolo esecutivo) L’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. Sono titoli esecutivi: 1) le sentenze e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; 2) le cambiali, nonchè gli altri titoli di credito e gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute. Art. 474 (Titolo esecutivo) L’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. Sono titoli esecutivi: 1) le sentenze, e i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; 2) le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. L’esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1 e 3 del secondo comma. Il precetto deve contenere trascrizione integrale, ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, delle scritture private autenticate di cui al numero 2) del secondo comma. (La norma entrerà in vigore l’1 marzo 2006) L’elencazione dei titoli esecutivi è così modificata: accanto alle sentenze ed ai provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia 223
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esecutiva compaiono ora “gli altri atti”; al numero 2) sono state aggiunte “le scritture private autenticate” relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute; si è previsto che l’esecuzione per consegna o rilascio non può avere luogo che in virtù dei titoli di cui ai numeri 1 e 3 del secondo comma. La ricomprensione tra i titoli esecutivi, quanto alle obbligazioni relative a somme di denaro, delle scritture private autenticate desta alcune perplessità, attese le minori garanzie che esse offrono rispetto agli atti pubblici e come è stato osservato dal De Stefano si pone in controtendenza rispetto all’ordinamento europeo. La scrittura di cui al numero 2) può provenire dall’obbligato o portare la sottoscrizione di tutte le parti interessate; l’autentica può essere fatta dal notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato. Queste scritture devono contenere l’indicazione degli elementi essenziali dell’obbligazione e riguardare obbligazioni di somme in denaro certe, liquide ed esigibili. Nella prima stesura le scritture private autenticate erano inserite tra i titoli esecutivi di cui al nr. 3); con gli interventi correttivi sono state portate dal legislatore tra i titoli di cui al nr. 2). Lo nuova collocazione data risolve alcuni dubbi sorti in ordine all’applicazione della novità e ne amplia, a nostro avviso, la portata. Lo spostamento dal nr. 3 al nr. 2 e la parificazione delle stesse ai titoli di credito, rafforzata dal successivo inciso che obbliga alla trascrizione integrale del titolo nel precetto (al pari delle cambiali), consente di affermare che il legislatore ha inteso che a tali scritture non debba essere apposta la formula esecutiva e che non si ponga alcun problema di conservazione del titolo e non necessiti il rilascio di copia autentica. In altri termini, pubblico ufficiale o notaio si limitano -dopo aver identificato i sottoscrittori- ad apporre l’autentica e restituire l’atto, senza alcun obbligo di controllo sul contenuto dell’atto e sull’inesistenza di altre dichiarazioni riguardanti la medesima obbligazione. Il precetto, conseguentemente, deve contenere la trascrizione integrale, ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, delle scritture private autenticate di cui al numero 2). All’obbligato resta l’onere di far valere le sue eventuali ragioni nella forma dell’opposizione all’esecuzione. Il testo modificato porta l’ulteriore novità, rispetto al precedente dettato normativa, di includere al nr. 1) “gli altri atti ai quali la legge attribuisce 224
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO espressamente efficacia esecutiva”, quali ad esempio quelli indicati nel Regolamento della Comunità Europea nr. 805/2004 ed i verbali di conciliazione; De Stefano (vedi opera citata in bibliografia) ha visto in questo spostamento la volontà di ribadire una riserva di legge in tema di titolo esecutivo. La previsione che i titoli esecutivi di cui al n. 3) del secondo comma diano ingresso all’esecuzione per consegna e rilascio consente di sostenere che possa costituire titolo per il rilascio un contratto che, stipulato nella forma di atto pubblico, preveda la restituzione dell’immobile ad una certa scadenza, compresi i contratti di locazione e di leasing. Art. 475 (Spedizione in forma esecutiva) Le sentenze e gli altri provvedimenti dell’Autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti. La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione, o ai suoi successori, con l’indicazione in calce della persona alla quale è spedita. La spedizione in forma esecutiva consiste nell’intestazione “Repubblica italiana - In nome della legge” e nell’apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull’originale o sulla copia, della seguente formula: “Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti”. Art. 476 (Altre copie in forma esecutiva) Non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte. Le ulteriori copie sono chieste dalla parte interessata, in caso di provvedimento con ricorso al capo dell’ufficio che l’ha pronunciato, e negli altri casi al presidente del tribunale nella cui circoscrizione l’atto fu formato. Sull’istanza si provvede con decreto. Il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale che contravviene alle disposizioni del presente articolo è condannato a una pena pecuniaria non superiore a 5 euro, con decreto del capo dell’ufficio o del presidente del tribunale competente a norma del secondo comma.
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Art. 476 (Altre copie in forma esecutiva) Non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte. Le ulteriori copie sono chieste dalla parte interessata, in caso di provvedimento con ricorso al capo dell’ufficio che l’ha pronunciato, e negli altri casi al presidente del tribunale nella cui circoscrizione l’atto fu formato. Sull’istanza si provvede con decreto. Il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale che contravviene alle disposizioni del presente articolo è condannato a una pena pecuniaria da euro 1.000 a 5.000, con decreto del capo dell’ufficio o del presidente del tribunale competente a norma del secondo comma. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) Trattasi di modifica che riguarda l’aumento delle pene pecuniarie. Art. 477 (Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi) Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del titolo. Entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto. Art. 478 (Prestazione della cauzione) Se l’efficacia del titolo esecutivo è subordinata a cauzione, non si può iniziare l’esecuzione forzata finché quella non sia stata prestata. Della prestazione si fa constare con annotazione in calce o in margine al titolo spedito in forma esecutiva, o con atto separato che deve essere unito al titolo. Art. 479 (Notificazione del titolo esecutivo e del precetto) Se la legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto. La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti; ma, se esso è costituito da una sentenza, la notificazione, entro l’anno dalla pubblicazione, può essere fatta a norma dell’articolo 170. Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purchè la notificazione sia fatta alla parte personalmente. 226
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 479 (Notificazione del titolo esecutivo e del precetto) Se la legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto. La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti; [ma, se esso è costituito da una sentenza, la notificazione, entro l’anno dalla pubblicazione, può essere fatta a norma dell’articolo 170.] Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purché la notificazione sia fatta alla parte personalmente. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) La modifica consiste nella eliminazione della possibilità di avvalersi della notifica della sentenza al procuratore costituito nel giudizio ex art. 170 c.p.c. Dalla entrata in vigore della novella (1 marzo 2006), la notifica del titolo esecutivo va fatta esclusivamente alla parte ex art. 137 ss. c.p.c. Conseguentemente la notifica del titolo alla parte non fa decorrere il termine breve dell’impugnazione, se non nei confronti del solo contumace. Art. 480 (Forma del precetto) Il precetto consiste nell’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l’autorizzazione di cui all’articolo 482, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata. Il precetto deve contenere a pena di nullità l’indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge. In quest’ultimo caso l’ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale. Il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell’articolo 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti. 227
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Art. 481 (Cessazione dell’efficacia del precetto) Il precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione non è iniziata l’esecuzione. Se contro il precetto è proposta opposizione, il termine rimane sospeso e riprende a decorrere a norma dell’articolo 627. Art. 482 (Termine ad adempiere) Non si può iniziare l’esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso ma il presidente del tribunale competente per l’esecuzione o un giudice da lui delegato, se vi è pericolo nel ritardo, può autorizzare l’esecuzione immediata, con cauzione o senza. L’autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto a cura dell’ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi. TITOLO II Dell’espropriazione forzata CAPO I Dell’espropriazione forzata in generale SEZIONE I Dei modi e delle forme dell’espropriazione forzata in generale Art. 483 (Cumulo dei mezzi di espropriazione) Il creditore può valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge; ma, su opposizione del debitore, il giudice dell’esecuzione, con ordinanza non impugnabile, può limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina. Se è iniziata anche l’esecuzione immobiliare, l’ordinanza è pronunciata dal giudice di quest’ultima. Art. 484 (Giudice dell’esecuzione) L’espropriazione è diretta da un giudice. La nomina del giudice dell’esecuzione è fatta dal presidente del tribunale, su presentazione a cura del cancelliere del fascicolo entro due giorni dalla sua formazione. Si applicano al giudice dell’esecuzione le disposizioni degli artt. 174 e 175. 228
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 485 (Audizione degli interessati) Quando la legge richiede o il giudice ritiene necessario che le parti ed eventualmente altri interessati siano sentiti, il giudice stesso fissa con decreto l’udienza alla quale il creditore pignorante, i creditori intervenuti, il debitore ed eventualmente gli altri interessati debbono comparire davanti a lui. Il decreto è comunicato dal cancelliere. Se risulta o appare probabile che alcuna delle parti non sia comparsa per cause indipendenti dalla sua volontà, il giudice dell’esecuzione fissa una nuova udienza della quale il cancelliere dà comunicazione alla parte non comparsa. Art. 486 (Forma delle domande e delle istanze) Le domande e le istanze che si propongono al giudice dell’esecuzione, se la legge non dispone altrimenti, sono proposte oralmente quando avvengono all’udienza, e con ricorso da depositarsi in cancelleria negli altri casi. Art. 487 (Forma dei provvedimenti del giudice) Salvo che la legge disponga altrimenti, i provvedimenti del giudice dell’esecuzione sono dati con ordinanza, che può essere dal giudice stesso modificata o revocata finché non abbia avuto esecuzione. Per le ordinanze del giudice dell’esecuzione si osservano le disposizioni degli artt. 176 e segg. in quanto applicabili e quella dell’articolo 186. Art. 488 (Fascicolo dell’esecuzione) Il cancelliere forma per ogni procedimento d’espropriazione un fascicolo, nel quale sono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere e dall’ufficiale giudiziario, e gli atti e documenti depositati dalle parti e dagli eventuali interessati. Il presidente del tribunale competente per l’esecuzione o il giudice dell’esecuzione stessa può autorizzare il creditore a depositare, in luogo dell’originale, una copia autentica del titolo esecutivo, con obbligo di presentare l’originale a ogni richiesta del giudice. Art. 489 (Luogo delle notificazioni e delle comunicazioni) Le notificazioni e le comunicazioni ai creditori pignoranti si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nell’atto di precetto; quelle ai creditori intervenuti, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nella domanda d’intervento. 229
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In mancanza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio le notificazioni possono farsi presso la cancelleria del giudice competente per l’esecuzione. Art. 490 (Pubblicità degli avvisi) Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo. In caso di espropriazione immobiliare il medesimo avviso è inserito nel foglio degli annunzi legali della provincia in cui ha sede lo stesso ufficio giudiziario. Il giudice dispone inoltre che l’avviso sia inserito una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale. La divulgazione degli avvisi con altri mezzi diversi dai quotidiani di informazione deve intendersi complementare e non alternativa. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell’avviso è omessa l’indicazione del debitore. Art. 490 (Pubblicità degli avvisi) Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo. In caso di espropriazione di beni mobili registrati, per un valore superiore a 25.000 euro, e di beni immobili, lo stesso avviso, unitamente a copia dell’ordinanza del giudice e della relazione di stima redatta ai sensi dell’articolo 173-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice, è altresì inserito in appositi siti internet almeno 45 giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto. Il giudice dispone inoltre che l’avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale. La divulgazione degli avvisi con altri mezzi diversi dai 230
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO quotidiani di informazione deve intendersi complementare e non alternativa. Sono equiparati ai quotidiani i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell’avviso è omessa l’indicazione del debitore. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) È stato riscritto il secondo comma, prevedendo che, per i beni mobili registrati di valore superiore ai 25.000 euro e per i beni immobili, l’avviso che pubblicizza la vendita, unitamente all’ordinanza del Giudice dell’Esecuzione e alla stima del perito, vada inserito (almeno 45 giorni prima dalla data della vendita o di presentazione delle offerte) in appositi siti internet. Questa forma di pubblicità sostituisce quella originariamente prevista sul F.A.L. per l’espropriazione immobiliare. I siti internet su cui fare queste pubblicazioni saranno individuati dal Ministero. Il termine di pubblicazione dell’avviso di vendita (fissato nei 45 giorni antecedenti) è ora previsto anche per la pubblicità sui quotidiani di informazione locale, o nazionali, o per ogni altra forma di pubblicità. SEZIONE II Del pignoramento Art. 491 (Inizio dell’espropriazione) Salva l’ipotesi prevista nell’art. 502, l’espropriazione forzata si inizia col pignoramento. Art. 492 (Forma del pignoramento) Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in una ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi. Quando la legge richiede che l’ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il presidente del tribunale competente per l’esecuzione può concedere al creditore l’autorizzazione prevista nell’articolo 488 secondo comma. 231
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Art. 492 (Forma del pignoramento) Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in un’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi. Il pignoramento deve altresì contenere l’invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione con l’avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice. Il pignoramento deve anche contenere l’avvertimento che il debitore, ai sensi dell’art. 495, può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione, sempre che, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569, la relativa istanza unitamente ad una somma non inferiore ad un quinto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. Quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione l’ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l’omessa o falsa dichiarazione. Della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive. Se sono indicate cose mobili queste, dal momento della dichiarazione, sono considerate pignorate anche agli effetti dell’articolo 388, terzo comma, del codice penale e l’ufficiale giudiziario provvede ad accedere al luogo in cui si trovano per gli adempimenti di cui all’articolo 520 oppure, quando tale luogo è compreso in altro circondario, trasmette copia del verbale all’ufficiale giudiziario territorialmente competente. Se sono indicati crediti o cose mobili che sono in possesso di terzi il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato dal momento della dichiarazione e questi è costituito custode della somma o della cosa 232
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO anche agli effetti dell’articolo 388, quarto comma, del codice penale quando il terzo, prima che gli sia notificato l’atto di cui all’articolo 543, effettua il pagamento o restituisce il bene. Se sono indicati beni immobili il creditore procede ai sensi degli articoli 555 e seguenti. Qualora, a seguito di intervento di altri creditori, il compendio pignorato sia divenuto insufficiente, il creditore procedente può richiedere all’ufficiale giudiziario di procedere ai sensi dei precedenti commi ai fini dell’esercizio delle facoltà di cui all’articolo 499, quarto comma. In ogni caso l’ufficiale giudiziario, ai fini della ricerca delle cose e dei crediti da sottoporre ad esecuzione, quando non individua beni utilmente pignorabili oppure le cose e i crediti pignorati o indicati dal debitore appaiono insufficienti a soddisfare il creditore procedente e i creditori intervenuti, su richiesta del creditore procedente, rivolge richiesta ai soggetti gestori dell’anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. La richiesta, eventualmente riguardante più soggetti nei cui confronti procedere a pignoramento, deve indicare distintamente le complete generalità di ciascuno, nonché quelle dei creditori istanti. L’ufficiale giudiziario ha altresì facoltà di richiedere l’assistenza della forza pubblica, ove da lui ritenuto necessario. Se il debitore è un imprenditore commerciale l’ufficiale giudiziario, negli stessi casi di cui al settimo comma e previa istanza del creditore procedente, con spese a carico di questi, invita il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritture contabili e nomina un commercialista o un avvocato ovvero un notaio iscritto nell’elenco di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni per l’attuazione del presente codice per il loro esame al fine dell’individuazione di cose e crediti pignorabili. Il professionista nominato può richiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogo di tenuta nonché sulle modalità di conservazione, anche informatiche o telematiche, delle scritture contabili indicati nelle dichiarazioni fiscali del debitore e vi accede ovunque si trovi, richiedendo quando occorre l’assistenza dell’ufficiale giudiziario territorialmente competente. Il professionista trasmette apposita relazione con i risultati della verifica al creditore istante e all’ufficiale giudiziario che lo ha nominato, che provvede alla liquidazione delle spese e del compenso. Se dalla relazione risultano cose o crediti non oggetto della dichiarazione del debitore, le spese dell’accesso alle scritture contabili e della relazione sono liquidate con provvedimento che costituisce titolo esecutivo contro il debitore. Quando la legge richiede che l’ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il presidente del tribunale competente per 233
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l’esecuzione può concedere al creditore l’autorizzazione prevista dall’articolo 488, secondo comma. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006) (Art. 21. D.d.l. Kessler: Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della giustizia sono definiti i compensi spettanti al professionista per l’accesso e l’esame delle scritture contabili ai sensi dell’articolo 492 del codice di procedura civile, come sostituito dall’articolo 1 della presente legge, nonché ai custodi dei beni pignorati, nominati in sostituzione del debitore) Il primo e l’ultimo comma dell’originario articolo 492 sono rimasti sostanzialmente immutati. La novità consiste nell’aver arricchito la norma di ulteriori 7 commi. La prima novità introdotta dal nuovo secondo comma è l’invito al debitore a dichiarare la residenza o l’elezione di domicilio in uno dei Comuni del circondario del Tribunale del Giudice dell’Esecuzione, con l’avvertimento che, in mancanza, le successive notifiche o comunicazioni saranno effettuate presso la Cancelleria dello stesso Giudice. La novità dovrebbe semplificare le comunicazioni degli atti esecutivi al debitore, evitando rinvii della procedura per omessa notifica allo stesso. Non è stato fissato un termine per l’assolvimento di questo onere da parte del debitore, pertanto, sino all’elezione fatta dal debitore, le comunicazioni saranno fatte in cancelleria. La modalità di assolvimento consiste nella dichiarazione fatta dal debitore a verbale davanti all’ufficiale giudiziario, o in una successiva udienza o in una mera comunicazione fatta dal debitore alla cancelleria. Dopo il secondo è stato aggiunto un ulteriore comma, che impone la necessità di avvertire il debitore “che può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione sempre che, a pena di inammissibilità, l’istanza sia depositata in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, unitamente ad una somma non inferiore ad un quinto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale”. Il quarto ed il quinto comma introducono l’obbligo per l’Ufficiale Giudiziario di invitare il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili ed i luoghi in cui si trovano, nell’ipotesi in cui i beni assoggettati a pigno234
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO ramento appaiono insufficienti o appare manifesta la lunga durata della liquidazione. L’invito è accompagnato dall’avvertimento sulle conseguenze dell’omessa o falsa dichiarazione (vedi art. 388 CP). L’indicazione dei beni, che viene verbalizzata e sottoscritta anche dal debitore, rende gli stessi assoggettati a pignoramento. Suggestivamente si è definito “virtuale” il pignoramento sui beni indicati dal debitore. Qualora siano richieste per il pignoramento particolari e specifiche formalità, la mera indicazione del debitore non avrà efficacia se tali formalità non verranno espletate, in specie se le stesse riguardano terzi. La stessa possibilità è data al creditore procedente qualora il compendio dei beni pignorati diventi insufficiente per effetto dell’intervento di altri creditori. L’Ufficiale Giudiziario, su richiesta del creditore, può rivolgersi anche all’Anagrafe tributaria o ad altre banche dati pubbliche, per ricercare ulteriori beni da sottoporre ad esecuzione. La richiesta all’Ufficiale può essere fatta anche nel corso della procedura a seguito di intervento di altri creditori. Oltre al generale dovere del debitore di indicare i suoi crediti, se il debitore è un imprenditore commerciale l’ufficiale giudiziario, su istanza del creditore, invita il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritture contabili e nomina un commercialista o un avvocato ovvero un notaio iscritto nell’elenco di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni di attuazione per il loro esame al fine dell’individuazione di cose e crediti pignorabili. Il professionista nominato può richiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogo di tenuta delle scritture e vi accede richiedendo, quando occorre, l’assistenza dell’ufficiale giudiziario territorialmente competente. Il professionista trasmette la relazione con i risultati della verifica al creditore e all’ufficiale giudiziario che lo ha nominato. Se dalla relazione risultano cose o crediti non oggetto della dichiarazione del debitore, le spese dell’accesso alle scritture contabili e della relazione sono liquidate con provvedimento che costituisce titolo esecutivo contro il debitore. Non si può trascurare la portata innovativa della norma introdotta col D.d.l. Kessler. Si ricorda, per quanto riguarda la normativa del trattamento dei dati personali, l’applicazione dell’art. 11 del T.U. È espressamente affermato il principio dell’intervento della forza publica a richiesta dell’uff. giud. Le altre modifiche apportate sono di mero coordinamento. 235
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(Art. 388 c.p. (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice) Chiunque, per sottrarsi all’adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna o dei quali è in corso l’accertamento dinanzi l’Autorità giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi alla ingiunzione di eseguire la sentenza, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da 103 euro a 1.032 euro. La stessa pena si applica a chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito. Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a 309 euro. Si applicano la reclusione da due mesi a due anni e la multa da 30 euro a 309 euro se il fatto è commesso dal proprietario su una cosa affidata alla sua custodia e la reclusione da quattro mesi a tre anni e la multa da 51 euro a 516 euro se il fatto è commesso dal custode al solo scopo di favorire il proprietario della cosa . Il custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell’ufficio è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 516 euro. La pena di cui al quinto comma si applica al debitore o all’amministratore, direttore generale o liquidatore della società debitrice che, invitato dall’ufficiale giudiziario a indicare le cose o i crediti pignorabili, omette di rispondere nel termine di quindici giorni o effettua una falsa dichiarazione. Il colpevole è punito a querela della persona offesa. La novità introdotta con la modifca dell’art. 388 c.p. contenuta nel D.d.l. Kessler consiste in un principio di collaborazione richiesto al debitore, quale specificazione processuale -nell’esecuzione forzata- del principio di correttezza che deve ispirare il rapporto debitore-creditore ai sensi dell’articolo 1175 del codice civile. Ciò spiega anche l’estensione della fattispecie penalistica di cui all’articolo 388 del codice penale, come avviene in altri ordinamenti europei , ad esempio, la Germania.)
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 493 (Pignoramenti su istanza di più creditori) Più creditori possono con unico pignoramento colpire il medesimo bene. Il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può essere pignorato successivamente su istanza di uno o più creditori. Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se è unito ad altri in unico processo. Art. 494 (Pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario) Il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore. All’atto del versamento si può fare riserva di ripetere la somma versata. Può altresì evitare il pignoramento di cose, depositando nelle mani dell’ufficiale giudiziario, in luogo di esse, come oggetto di pignoramento, una somma di danaro eguale all’importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi. Art. 495 (Conversione del pignoramento) In qualsiasi momento anteriore alla vendita, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. Unitamente all’istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore ad un quinto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti, indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. La somma è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice. La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell’esecuzione, sentite le parti in udienza non oltre trenta giorni dal deposito dell’istanza di conversione. Qualora le cose pignorate siano costituite da beni immobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di nove mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale.
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Qualora il debitore ometta il versamento dell’importo determinato dal giudice ai sensi del terzo comma, ovvero ometta o ritardi di oltre quindici giorni il versamento anche di una sola delle rate previste nel quarto comma, le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell’esecuzione, su richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita di questi ultimi. Con l’ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece. I beni immobili sono liberati dal pignoramento con il versamento dell’intera somma. L’istanza può essere avanzata una sola volta, a pena di inammissibilità. Art. 495 (Conversione del pignoramento) Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. Unitamente all’istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore ad un quinto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. La somma è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice. La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell’esecuzione, sentite le parti in udienza non oltre trenta giorni dal deposito dell’istanza di conversione. Qualora le cose pignorate siano costituite da beni immobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di diciotto mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito, ovvero, in difetto, al tasso legale. Qualora il debitore ometta il versamento dell’importo determinato dal giudice ai sensi del terzo comma, ovvero ometta o ritardi di oltre 15 giorni il versamento anche di una sola delle rate previste nel quarto comma, le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il Giudice dell’esecuzione, su richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito del titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita di questi ultimi. 238
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Con l’ordinanza che ammette la sostituzione il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece. I beni immobili sono liberati dal pignoramento con il versamento dell’intera somma. L’istanza può essere avanzata, una sola volta a pena di inammissibilità. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) La novità consiste nel fatto che il debitore potrà chiedere la conversione di pignoramento non più in qualsiasi momento anteriore alla vendita, ma solo prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli artt. 530 (provvedimento per l’assegnazione o per l’autorizzazione della vendita), 552 (assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo) e 569 (provvedimento per l’autorizzazione alla vendita nelle procedure esecutive immobiliari). Abbiamo appena sopra visto come contestualmente al pignoramento il debitore vada avvisato della facoltà di richiedere la conversione del pignoramento. È stato altresì modificato il termine massimo di rateizzazione nelle procedure esecutive immobiliari, elevato da 9 a 18 mesi. Vedi anche art. 187 bis disp. att. Art. 496 (Riduzione del pignoramento) Su istanza del debitore o anche d’ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti di cui all’articolo precedente, il giudice, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento. Art. 497 (Cessazione dell’efficacia del pignoramento) Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi novanta giorni senza che sia stata chiesta l’assegnazione o la vendita. SEZIONE III Dell’intervento dei creditori Art. 498 (Avviso ai creditori iscritti) Debbono essere avvertiti dell’espropriazione i creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici registri. 239
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A tal fine è notificato a ciascuno di essi, a cura del creditore pignorante ed entro cinque giorni dal pignoramento, un avviso contenente l’indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede, del titolo e delle cose pignorate. In mancanza della prova di tale notificazione, il giudice non può provvedere sull’istanza di assegnazione o di vendita. Art. 499 (Intervento) Oltre i creditori indicati nell’articolo precedente, possono intervenire nella esecuzione gli altri creditori, ancorchè non privilegiati. Il ricorso deve contenere l’indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Art. 499 (Intervento) Possono intervenire nell’esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all’art. 2214 del codice civile. Il ricorso deve essere depositato prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione ai sensi degli artt. 530, 552 e 569, deve contenere l’indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Se l’intervento ha luogo per un credito di somma di denaro risultante dalle scritture di cui al primo comma, al ricorso deve essere allegato, a pena di inammissibilità, l’estratto autentico notarile delle medesime scritture rilasciato a norma delle vigenti disposizioni. Il creditore privo di titolo esecutivo che interviene nell’esecuzione deve notificare al debitore, entro i dieci giorni successivi al deposito, copia del ricorso, nonché copia dell’estratto autentico notarile attestante il credito se l’intervento nell’esecuzione ha luogo in forza di essa. Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, con atto notificato o all’udienza in cui è 240
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO disposta la vendita o l’assegnazione, l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l’estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati ai sensi del primo periodo entro il termine di trenta giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. Con l’ordinanza con cui è disposta la vendita o l’assegnazione ai sensi degli artt. 530, 552 e 569 il giudice fissa, altresì, udienza di comparizione davanti a sé del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, disponendone la notifica a cura di una delle parti. Tra la data dell’ordinanza e la data fissata per l’udienza non possono decorrere più di sessanta giorni. All’udienza di comparizione il debitore deve dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi egli intenda riconoscere in tutto o in parte, specificando in quest’ultimo caso la relativa misura. Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo. In tutti i casi il riconoscimento rileva comunque ai soli effetti dell’esecuzione. I creditori intervenuti i cui crediti siano stati riconosciuti da parte del debitore partecipano alla distribuzione della somma ricavata per l’intero ovvero limitatamente alla parte del credito per la quale vi sia stato riconoscimento parziale. I creditori intervenuti i cui crediti siano stati viceversa disconosciuti dal debitore hanno diritto, ai sensi dell’art. 510, terzo comma, all’accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero, sempre che ne facciano istanza e dimostrino di avere proposto, nei trenta giorni successivi all’udienza di cui al presente comma, l’azione necessaria affinché essi possano munirsi del titolo esecutivo. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) Nella vecchia stesura l’art. 499 stabiliva la possibilità di intervenire volontariamente nel procedimento di espropriazione per tutti gli altri creditori dell’esecutato (con titolo esecutivo o senza; privilegiati o chirografi). La novella ha sostituito il precedente primo comma con la previsione che possono intervenire solo i creditori muniti di titolo esecutivo, sequestratari o che avevano (al momento del pignoramento) un diritto di prelazione risultante da pubblici registri (e quindi non tutti i creditori aventi diritto di prelazione) o un diritto di pegno, ovvero che siano titolari di un credito di somma in denaro risultante dalle scritture contabili ex art. 2214 c.c. 241
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Riportiamo il testo dell’ art. 2214 c.c. (Libri obbligatori e altre scritture contabili): “L’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari. Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori”. Si ricorda che dopo l’eliminazione dell’obbligo di vidimazione annuale del libro giornale e del libro degli inventari, è stata soppressa anche la bollatura iniziale dei libri contabili. È rimasta soltanto la formalità di numerazione progressiva delle pagine. Esemplificativamente, quando si parla di scritture contabili ai sensi dell’art. 2214 c.c. ci si riferisce al libro giornale, al libro inventari, ai registri obbligatori ai fini delle imposte dirette, al registro cronologico, al libro cespiti ammortizzabili, ai registri obbligatori ai fini dell’IVA, al registro IVA delle fatture emesse, al registro IVA dei corrispettivi, al registro IVA degli acquisti, al registro di carico stampati fiscali, al registro delle dichiarazioni d’intento. Ai restanti creditori, quindi, privilegiati o chirografi che siano, non muniti di titoli esecutivi, che non abbiano compiuto atti di conservazione sui beni o che non godano di un diritto di prelazione o di un diritto di pegno, è preclusa la facoltà di intervenire nel processo esecutivo. La forma ed il contenuto del ricorso per intervento rimangono immutati, prevedendosi l’obbligo per i creditori, privi di titolo esecutivo e titolari di un credito di somma in denaro risultante dalle scritture contabili ex art. 2214 c.c., di depositare estratto autentico notarile delle scritture. Il ricorso per l’intervento del creditore privo di titolo esecutivo deve essere notificato entro dieci giorni al debitore (in una colle scritture autenticate per i titolari di un credito di somma in denaro risultante dalle scritture contabili ex art. 2214 c.c.). La ragione di questa notifica sta nella necessità di assicurare al debitore la possibilità di contraddire la pretesa di questi creditori ad intervenire nella procedura, di cui vedesi appresso (ultimo comma dell’art. 499). Il creditore procedente può invitare i creditori chirografi intervenuti tempestivamente ad estendere il pignoramento, se il creditore interveniente è munito di titolo esecutivo, o altrimenti ad anticipare le spese necessarie al creditore pignorante per l’estensione del pignoramento. Se i creditori intervenuti non provvedono entro 30 giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. 242
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO L’atto col quale il creditore pignorante invita ad estendere il pignoramento deve contenere l’indicazione dei beni e l’istanza deve essere formulata con atto notificato ai creditori intervenuti ovvero all’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione. I creditori intervenuti possono indicare un giusto motivo per rifiutare di procedere all’estensione del pignoramento. Si tratta di una facoltà prevista, in altri termini, dall’art. 527 c.p.c. ora abrogato. Con l’ordinanza con cui è disposta la vendita o l’assegnazione il giudice, in presenza di creditori intervenuti senza titolo esecutivo, fissa, altresì, udienza di comparizione davanti a sé del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, disponendone la notifica a cura di una delle parti (tra la data dell’ordinanza e la data fissata per l’udienza non possono decorrere più di sessanta giorni). All’udienza di comparizione il debitore deve dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi egli intenda riconoscere in tutto o in parte, specificando in quest’ultimo caso la relativa misura. Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo. Il riconoscimento rileva comunque ai soli effetti dell’esecuzione. I creditori intervenuti i cui crediti siano stati riconosciuti da parte del debitore partecipano alla distribuzione della somma ricavata per l’intero ovvero limitatamente alla parte del credito per la quale vi sia stato riconoscimento parziale. I creditori intervenuti, i cui crediti siano stati viceversa disconosciuti dal debitore, hanno diritto, ai sensi dell’art. 510, terzo comma, all’accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero, sempre che ne facciano istanza e dimostrino di avere proposto, nei trenta giorni successivi all’udienza, l’azione necessaria affinché essi possano munirsi del titolo esecutivo. Art. 500 (Effetti dell’intervento) L’intervento dà diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, e, secondo le disposizioni contenute nei capi seguenti, può anche dare diritto a partecipare all’espropriazione del bene pignorato e a provocarne i singoli atti. Art. 500 (Effetti dell’intervento) L’intervento, secondo le disposizioni contenute nei capi seguenti e nei casi ivi previsti, dà diritto a partecipare alla distribuzione della somma rica243
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE vata, a partecipare all’espropriazione del bene pignorato e a provocarne i singoli atti. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) Possono partecipare alla distribuzione solo i creditori muniti di titolo esecutivo, sequestratari o i creditori che avevano (al momento del pignoramento) un diritto di prelazione risultante da pubblici registri o un diritto di pegno, nonché quelli titolari di un credito di somma in denaro risultante dalle scritture contabili ex art. 2214 c.c. Appare opportuno ricordare che rimane escluso dall’intervento ogni altro creditore, anche privilegiato, privo di titolo esecutivo che dovrà provvedere alla costituzione di un titolo esecutivo. SEZIONE IV Della vendita e dell’assegnazione Art. 501 (Termine dilatorio dal pignoramento) L’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non può essere proposta se non decorsi dieci giorni dal pignoramento, tranne che per le cose deteriorabili, delle quali può essere disposta l’assegnazione o la vendita immediata. Art. 502 (Termine per l’assegnazione o la vendita del pegno) Salve le disposizioni speciali del Codice civile, per l’espropriazione delle cose date in pegno e dei mobili soggetti ad ipoteca si seguono le norme del presente Codice, ma l’assegnazione o la vendita può essere chiesta senza che sia stata preceduta da pignoramento. In tal caso il termine per l’istanza di assegnazione o di vendita decorre dalla notificazione del precetto. Art. 503 (Modi della vendita forzata) La vendita forzata può farsi con incanto o senza, secondo le forme previste nei capi seguenti. Art. 504 (Cessazione della vendita forzata) Se la vendita è fatta in più volte o in più lotti, deve cessare quando il prezzo già 244
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO ottenuto raggiunge l’importo delle spese e dei crediti menzionati nell’art. 495, primo comma. Art. 505 (Assegnazione) Il creditore pignorante può chiedere l’assegnazione dei beni pignorati, nei limiti e secondo le regole contenute nei capi seguenti. Se sono intervenuti altri creditori, l’assegnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o di più, d’accordo fra tutti. Art. 506 (Valore minimo per l’assegnazione) L’assegnazione può essere fatta soltanto per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell’offerente. Se il valore eccede quello indicato nel comma precedente, sull’eccedenza concorrono l’offerente e gli altri creditori, osservate le cause di prelazione che li assistono. Art. 507 (Forma dell’assegnazione) L’assegnazione si fa mediante ordinanza del giudice dell’esecuzione contenente l’indicazione dell’assegnatario, del creditore pignorante, di quelli intervenuti, del debitore, ed eventualmente del terzo proprietario, del bene assegnato e del prezzo di assegnazione. Art. 508 (Assunzione di debiti da parte dell’aggiudicatario o dell’assegnatario) Nel caso di vendita o di assegnazione di un bene gravato da pegno o da ipoteca, l’aggiudicatario o assegnatario, con l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, può concordare col creditore pignoratizio o ipotecario l’assunzione del debito con le garanzie ad esso inerenti liberando il debitore. In tal caso nel provvedimento di vendita o di assegnazione si deve menzionare l’assunzione del debito.
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SEZIONE V Della distribuzione della somma ricavata Art. 509 (Composizione della somma ricavata) La somma da distribuire è formata da quanto proviene a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, di rendita o provento delle cose pignorate, di multa e risarcimento di danno da parte dell’aggiudicatario. Art. 510 (Distribuzione della somma ricavata) Se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese. In caso diverso, la somma ricavata è dal giudice distribuita tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti, con riguardo alle cause legittime di prelazione. Il residuo della somma ricavata è consegnato al debitore o al terzo che ha subito l’espropriazione. Art. 510 (Distribuzione della somma ricavata) Se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese. In caso diverso, la somma ricavata è dal giudice distribuita tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti, con riguardo alle cause legittime di prelazione e previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore. L’accantonamento è disposto dal giudice dell’esecuzione per il tempo ritenuto necessario affinchè i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre anni. Decorso il termine fissato, su istanza di una delle parti o anche d’ufficio, il giudice dispone la comparizione davanti a sé del debitore, del creditore procedente e dei creditori intervenuti, con l’eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti, e dà luogo alla distribuzione della somma accantonata tenuto conto anche dei creditori intervenuti che si siano nel frattempo muniti di titolo esecutivo. La comparizione delle parti per la distribuzione della somma accantonata è disposta anche prima che 246
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO sia decorso il termine fissato se vi è istanza di uno dei predetti creditori e non ve ne siano altri che ancora debbano munirsi di titolo esecutivo. Il residuo della somma ricavata, dopo l’ulteriore distribuzione di cui al terzo comma ovvero dopo che sia decorso il termine nello stesso previsto, è consegnato al debitore o al terzo che ha subito l’espropriazione. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) La norma, oltre a regolare l’ipotesi della distribuzione con unico creditore procedente, si limita a prevedere l’obbligo di accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori privi di titolo esecutivo (sequestratari, pignoratizi, ipotecari e titolari di un credito di denaro risultante dalle scritture contabili 2214 c.c.) per i crediti – in tutto o in parte – disconosciuti dal debitore. Se rimane un residuo esso andrà restituito al debitore. Art. 511 (Domanda di sostituzione) I creditori di un creditore avente diritto alla distribuzione possono chiedere di essere a lui sostituiti, proponendo domanda a norma dell’articolo 499 secondo comma. Il giudice dell’esecuzione provvede alla distribuzione anche nei loro confronti, ma le contestazioni relative alle loro domande non possono ritardare la distribuzione tra gli altri creditori concorrenti. Art. 512 (Risoluzione delle controversie) Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra creditori concorrenti o tra creditori e debitori o terzo assoggettato all’espropriazione circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione provvede all’istruzione della causa, se è competente; altrimenti rimette le parti davanti al giudice competente a norma dell’articolo 17, fissando un termine perentorio per la riassunzione. Il giudice, se non sospende totalmente il procedimento, provvede alla distribuzione della parte della somma ricavata non controversa. Art. 512 (Risoluzione delle controversie) Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, 247
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE il giudice dell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’articolo 617, secondo comma. Il giudice può, anche con l’ordinanza di cui al primo comma, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) L’articolo risulta radicalmente modificato. Originariamente le controversie sorte in sede di distribuzione dovevano essere istruite dal Giudice dell’esecuzione, o rimesse al Giudice competente, e decise con sentenza. Con la novella si viene a creare la competenza esclusiva per materia del Giudice dell’Esecuzione che, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza. L’ordinanza con la quale il Giudice risolve la controversia viene qualificata come atto esecutivo ed è soggetta quindi, nei venti giorni successivi, alla impugnazione avanti lo stesso Giudice dell’Esecuzione con la forma dell’opposizione agli atti esecutivi. L’opposizione verrà decisa con sentenza non impugnabile. Significativa semplificazione della contestazione in sede di distribuzione, anche sotto il profilo del procedimento, che smette i panni del giudizio ordinario per assumere quelli di un procedimento trattato dal giudice dell’esecuzione. Resta salva la facoltà di sospendere l’esecuzione. CAPO II Dell’espropriazione mobiliare presso il debitore SEZIONE I Del pignoramento Art. 513 (Ricerca delle cose da pignorare) L’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti. Può anche ricercarle sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro. 248
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l’esecuzione del pignoramento, l’ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l’assistenza della forza pubblica. Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, su ricorso del creditore, può autorizzare con decreto l’ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre. In ogni caso l’ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento, secondo le norme della presente sezione, le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli. Art. 514 (Cose mobili assolutamente impignorabili) Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di legge, non si possono pignorare: 1) le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto; 2) l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti, di rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato; 3) i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente; 4) gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore; 5) le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio; 6) le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in generale gli scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione. Art. 514 (Cose mobili assolutamente impignorabili) Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di legge, non si possono pignorare: 1) le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto 2) l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione 249
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dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti, di rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato; 3) i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente; 4) abrogato 5) le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio; 6) le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in genere gli scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006) Vedi commento all’art. 515. Art. 515 (Cose mobili relativamente impignorabili) Le cose, che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo, possono essere pignorate separatamente dall’immobile soltanto in mancanza di altri mobili; tuttavia il giudice dell’esecuzione, su istanza del debitore e sentito il creditore, può escludere dal pignoramento, con ordinanza non impugnabile, quelle tra le cose suindicate che sono di uso necessario per la coltura del fondo, o può anche permetterne l’uso sebbene pignorate, con le opportune cautele per la loro conservazione e ricostituzione. Le stesse disposizioni il giudice dell’esecuzione può dare relativamente alle cose destinate dal coltivatore al servizio o alla coltivazione del fondo. Art. 515 (Cose mobili relativamente impignorabili) Le cose, che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo, possono essere pignorate separatamente dall’immobile soltanto in mancanza di altri mobili; tuttavia il giudice dell’esecuzione, su istanza del debitore e sentito il creditore, può escludere dal pignoramento, con ordinanza non impugnabile, quelle tra le cose suindicate che sono di uso necessario per la coltura del fondo, o può anche permetterne l’uso sebbene pignorate, con le opportune cautele per la loro conservazione e ricostituzione. Le stesse disposizioni il giudice dell’esecuzione può dare relativamente alle cose destinate dal coltivatore al servizio o alla coltivazione del fondo. 250
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore possono essere pignorati nei limiti di un quinto, quando il presumibile valore di realizzo degli altri beni rinvenuti dall’ufficiale giudiziario o indicati dal debitore non appare sufficiente per la soddisfazione del credito; il predetto limite non si applica per i debitori costituiti in forma societaria e in ogni caso se nelle attività del debitore risulta una prevalenza del capitale investito sul lavoro. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006) La modifica dell’ articolo 514, n. 4) e del successivo art. 515 del codice di procedura civile tiene conto dell’evoluzione merceologica assunta dalla nozione di beni strumentali all’esercizio della professione ovvero dell’impresa, con il risultato pratico di ovviare al fatto che spesso le procedure esecutive si arrestavano verso debitori che non avevano cose mobili, né erano pignorabili quanto a crediti. Né è d’altro canto era (ed è) possibile aprire verso tali debitori una procedura concorsuale, atteso che limiti organizzativi ovvero soggettivi (la modestia dei mezzi di capitale) ostano alla fallibilità di tali soggetti e dunque i crediti verso di essi (anche quelli di lavoro o familiari) erano di fatto assolutamente privi di qualsiasi tutela in sede esecutiva. Ciò implicava, per converso, una evidente disparità di trattamento rispetto ai debitori che sono invece percettori di reddito da lavoro o anche da pensione, che sono all’opposto pignorabili sia pur con limiti quantitativi. Gli stessi limiti si riportano ora anche per i soggetti di cui alla norma. Art. 516 (Cose pignorabili in particolari circostanze di tempo) I frutti non ancora raccolti o separati dal suolo non possono essere pignorati separatamente dall’immobile a cui accedono, se non nelle ultime sei settimane anteriori al tempo ordinario della loro maturazione, tranne che il creditore pignorante si assuma le maggiori spese della custodia. I bachi da seta possono essere pignorati solo quando sono nella maggior parte sui rami per formare il bozzolo. Art. 517 (Scelta delle cose da pignorare) Il pignoramento, quando non v’è pregiudizio per il creditore, deve essere eseguito preferibilmente sulle cose indicate dal debitore. In ogni caso l’ufficiale giudiziario deve preferire il danaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito che ritiene di sicura realizzazione. 251
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 517 (Scelta delle cose da pignorare) Il pignoramento deve essere eseguito sulle cose che l’ufficiale giudiziario ritiene di più facile e pronta liquidazione, nel limite di un presumibile valore di realizzo pari all’importo del credito precettato aumentato della metà. In ogni caso l’ufficiale giudiziario deve preferire il denaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito e ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006) Le modifiche dell’articolo 517 del codice di procedura civile tendono ad assicurare, a tutela del credito, una effettività al primo atto della procedura esecutiva, evitando che essa sia iniziata sulla base di valori maggiori rispetto a quelli concretamente realizzabili. Al contempo una maggiore responsabilizzazione dell’ufficiale giudiziario viene raggiunta mediante una più stabile partecipazione al pignoramento dello stimatore, alla cui partecipazione al giudizio è finalizzata anche la modifica dell’art. 165 delle disp. di att. Art. 518 (Forma del pignoramento) L’ufficiale giudiziario redige delle sue operazioni processo verbale, nel quale dà atto dell’ingiunzione di cui all’art. 492 e descrive le cose pignorate, determinandone approssimativamente il valore, con l’assistenza, quando occorre, di uno stimatore da lui scelto. Se il pignoramento cade su frutti non ancora raccolti o separati dal suolo o su bachi da seta, l’ufficiale giudiziario ne descrive la natura, la qualità e l’ubicazione. Nel processo verbale l’ufficiale giudiziario fa relazione delle disposizioni date per conservare le cose pignorate. Se il debitore non è presente, l’ufficiale giudiziario rivolge l’ingiunzione alle persone indicate nell’art. 139 secondo comma, e consegna loro un avviso dell’ingiunzione stessa per il debitore. In mancanza di dette persone affigge l’avviso alla porta dell’immobile in cui ha eseguito il pignoramento. Il processo verbale col titolo esecutivo e il precetto deve essere depositato in cancelleria entro le ventiquattro ore dal compimento delle operazioni. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell’esecuzione. Art. 518 (Forma del pignoramento) L’ufficiale giudiziario redige delle sue operazioni processo verbale, nel quale dà atto dell’ingiunzione di cui all’art. 492 e descrive le cose pignorate, nonché il 252
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO loro stato, mediante rappresentazione fotografica ovvero altro mezzo di ripresa audiovisiva, determinandone approssimativamente il presumibile valore di realizzo con l’assistenza, se ritenuta utile o richiesta dal creditore, di un esperto stimatore da lui scelto. Se il pignoramento cade su frutti non ancora raccolti o separati dal suolo, l’ufficiale giudiziario ne descrive la natura, la qualità e l’ubicazione. Quando ritiene opportuno differire le operazioni di stima l’ufficiale giudiziario redige un primo verbale di pignoramento, procedendo senza indugio e comunque entro il termine perentorio di trenta giorni alla definitiva individuazione dei beni da assoggettare al pignoramento sulla base dei valori indicati dall’esperto, al quale è consentito in ogni caso accedere al luogo in cui i beni si trovano. Il giudice dell’esecuzione liquida le spese ed il compenso spettanti all’esperto, tenuto conto dei valori di effettiva vendita o assegnazione dei beni o, in qualunque altro caso, sulla base dei valori stimati. Nel processo verbale l’ufficiale giudiziario fa relazione delle disposizioni date per conservare le cose pignorate. Se il debitore non è presente, l’ufficiale giudiziario rivolge l’ingiunzione alle persone indicate nell’art. 139 secondo comma, e consegna loro un avviso dell’ingiunzione stessa per il debitore. In mancanza di dette persone affigge l’avviso alla porta dell’immobile in cui ha eseguito il pignoramento. Il processo verbale, il titolo esecutivo e il precetto devono essere depositati in cancelleria entro le ventiquattro ore dal compimento delle operazioni. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell’esecuzione. L’ufficiale giudiziario trasmette copia del processo verbale al creditore e al debitore che lo richiedono a mezzo posta ordinaria, telefax o posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. Su istanza del creditore, da depositare non oltre il termine per il deposito dell’istanza di vendita, il giudice, nominato uno stimatore quando appare opportuno, ordina l’integrazione del pignoramento se ritiene che il presumibile valore di realizzo dei beni pignorati sia inferiore a quello indicato nel primo comma. In tale caso l’ufficiale giudiziario riprende senza indugio le operazioni di ricerca dei beni. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006) Il nuovo articolo 518 del codice di procedura civile, a specificazione dell’articolo 492, si propone di riorganizzare il sistema del pignoramento mobiliare mediante una modernizzazione già della forma degli atti ricognitivi dei beni, oltre che una razionalizzazione delle attività di ricerca di essi.
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Il coinvolgimento dell’esperto e la possibilità esplicita di integrare il pignoramento, inizialmente insufficiente, assicura ai creditori mezzi di tutela più adeguati, valorizzando l’utilità degli atti nel frattempo compiuti, senza l’onere di iniziare un nuovo processo esecutivo. L’ufficiale giudiziario deve trasmettere copia del processo verbale al creditore e al debitore che lo richiedono. Art. 519 (Tempo del pignoramento) Il pignoramento non può essere eseguito nei giorni festivi, né fuori delle ore indicate nell’art. 147, salvo che ne sia data autorizzazione dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. Il pignoramento iniziato nelle ore prescritte può essere proseguito fino al suo compimento. Art. 520 (Custodia dei mobili pignorati) L’ufficiale giudiziario consegna al cancelliere del tribunale il danaro, i titoli di credito e gli oggetti preziosi colpiti dal pignoramento. Il danaro deve essere depositato dal cancelliere nelle forme dei depositi giudiziari, mentre i titoli di credito e gli oggetti preziosi sono custoditi nei modi che il giudice dell’esecuzione determina. Per la conservazione delle altre cose l’ufficiale giudiziario provvede trasportandole in un luogo di pubblico deposito o affidandole a un custode. Art. 520 (Custodia dei mobili pignorati) L’ufficiale giudiziario consegna al cancelliere del tribunale il danaro, i titoli di credito e gli oggetti preziosi colpiti dal pignoramento. Il danaro deve essere depositato dal cancelliere nelle forme dei depositi giudiziari, mentre i titoli di credito e gli oggetti preziosi sono custoditi nei modi che il giudice dell’esecuzione determina. Per la conservazione delle altre cose l’ufficiale giudiziario provvede, quando il creditore ne fa richiesta, trasportandole presso un luogo di pubblico deposito oppure affidandole a un custode diverso dal debitore; nei casi di urgenza l’ufficiale giudiziario affida la custodia agli istituti autorizzati di cui all’articolo 159 delle disposizioni per l’attuazione del presente codice. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006)
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Con il nuovo articolo 520 del codice l’anticipazione dell’asporto dei beni tende a velocizzare il processo esecutivo, neutralizzando il rischio della deperibilità dei beni mobili e scoraggiando il loro asporto di mala fede da parte del debitore e in danno dei creditori. Art. 521 (Nomina e obblighi del custode) Non possono essere nominati custode il creditore o il suo coniuge senza il consenso del debitore, né il debitore o le persone della sua famiglia che convivono con lui senza il consenso del creditore. Il custode sottoscrive il processo verbale dal quale risulta la sua nomina. Al fine della conservazione delle cose pignorate, l’ufficiale giudiziario autorizza il custode a lasciarle nell’immobile appartenente al debitore o a trasportarle altrove. Il custode non può usare delle cose pignorate senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione e deve rendere il conto a norma dell’art. 593. Art. 521 (Nomina e obblighi del custode) Non possono essere nominati custode il creditore o il suo coniuge senza il consenso del debitore, né il debitore o le persone della sua famiglia che convivono con lui senza il consenso del creditore. Il custode sottoscrive il processo verbale dal quale risulta la sua nomina. Al fine della conservazione delle cose pignorate, l’ufficiale giudiziario autorizza il custode a lasciarle nell’immobile appartenente al debitore o a trasportarle altrove. Il custode non può usare delle cose pignorate senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione e deve rendere il conto a norma dell’art. 593. Quando è depositata l’istanza di vendita il giudice dispone la sostituzione del custode nominando l’istituto di cui al primo comma dell’articolo 534 che entro trenta giorni, previo invio di comunicazione contenete la data e l’orario approssimativo dell’accesso, provvede al trasporto dei beni pignorati presso la propria sede o altri locali nella propria disponibilità. Le persone incaricate dall’istituto, quando risulta necessario per apprendere i beni, possono aprire porte, ripostigli e recipienti e richiedere l’assistenza della forza pubblica. Per i beni che risultano difficilmente trasportabili con l’impiego dei mezzi usualmente utilizzati l’istituto può chiedere di essere autorizzato a provvedere alla loro custodia nel luogo in cui si trovano. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006) 255
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La nomina immediata di un custode diverso dal debitore da farsi non appena con l’istanza di vendita o di assegnazione il processo assume una definitiva portata liquidatoria –prevista dal nuovo articolo 521 del codice di procedura civile– si propone di meglio organizzare la vendita stessa, assicurando –anche nell’interesse del debitore e comunque delle parti– la migliore conservazione del compendio pignorato. La norma si coordina con l’anticipazione, già prevista dalla legge n. 80 del 2005, del termine ultimo per depositare l’istanza di conversione. Le persone incaricate dall’istituto, quando risulta necessario per apprendere i beni, possono aprire porte, ripostigli e recipienti e richiedere l’assistenza della forza pubblica. Per i beni che risultano difficilmente trasportabili con l’impiego dei mezzi usualmente utilizzati l’istituto può chiedere di essere autorizzato a provvedere alla loro custodia nel luogo in cui si trovano. Art. 522 (Compenso del custode) Il custode non ha diritto a compenso se non l’ha chiesto e se non gli è stato riconosciuto dall’ufficiale giudiziario all’atto della nomina. Nessun compenso può attribuirsi alle persone indicate nel primo comma dell’articolo precedente. Art. 523 (Unione di pignoramenti) L’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già iniziato da altro ufficiale giudiziario, continua le operazioni insieme con lui. Essi redigono unico processo verbale. Art. 524 (Pignoramento successivo) L’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già compiuto, ne dà atto nel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente pignorati, e quindi procede al pignoramento degli altri beni o fa constare nel processo verbale che non ve ne sono. Il processo verbale è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente alla udienza prevista nell’articolo 525 secondo comma, ovvero alla presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati nella ipotesi prevista nel terzo comma dell’articolo 525. In tal caso il cancelliere ne dà notizia al creditore primo pignorante e l’esecuzione si svolge in unico processo. Il pignoramento successivo, se è compiuto dopo l’udienza di cui sopra ovvero dopo la presentazione del ricorso predetto, ha gli effetti di un intervento tardivo 256
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento. Se colpisce altri beni, per questi ha luogo separato processo. Art. 524 (Pignoramento successivo) L’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già compiuto, ne da’ atto nel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente pignorati, e quindi procede al pignoramento degli altri beni o fa constare nel processo verbale che non ve ne sono. Il processo verbale è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente alla udienza prevista nell’articolo 525 primo comma, ovvero alla presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati nella ipotesi prevista nel secondo comma dell’articolo 525. In tal caso il cancelliere ne da’ notizia al creditore primo pignorante e l’esecuzione si svolge in unico processo. Il pignoramento successivo, se è compiuto dopo l’udienza di cui sopra ovvero dopo la presentazione del ricorso predetto, ha gli effetti di un intervento tardivo rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento. Se colpisce altri beni, per questi ha luogo separato processo. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006) La modifica è consequenziale alla novella dell’art. 525. SEZIONE II Dell’intervento dei creditori Art. 525 (Condizione e tempo dell’intervento) Possono intervenire a norma dell’articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito certo, liquido ed esigibile. Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l’intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione. Di tale intervento il cancelliere dà notizia al creditore pignorante. Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell’articolo 518, non superi euro 5.164,57, l’intervento di cui al comma precedente deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso, prevista dall’articolo 529 Art. 525 (Condizione e tempo dell’intervento) [Possono intervenire a norma dell’articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito certo, liquido ed esigibile.] 257
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Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l’intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione. Di tale intervento il cancelliere da’ notizia al creditore pignorante. Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell’articolo 518, non superi ventimila euro, l’intervento di cui al comma precedente deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso, prevista dall’articolo 529. (La norma è abrogata dall’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) Il primo comma è stato abrogato, in quanto non tutti i creditori possono intervenire nella procedura esecutiva mobiliare (cfr. modifica art. 499). È di tutta evidenza che è interesse del creditore procedente procedere ad un sollecito deposito dell’istanza di vendita per rendere tardivo l’intervento di altri creditori. È stato aumentato, dai 5.164,57 euro ai 20.000,00, il valore dei beni pignorati nelle cd. piccole espropriazioni mobiliari; pertanto l’intervento di altri creditori, nell’ipotesi in cui il valore dei beni pignorati non superi €. 20.000.00, non potrà avvenire oltre il termine per il deposito dell’istanza di assegnazione o vendita previsto dall’art. 529 c.p.c. Art. 526 (Facoltà dei creditori intervenuti) I creditori intervenuti a norma del secondo comma e del terzo comma dell’articolo precedente partecipano all’espropriazione dei mobili pignorati e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. Art. 526 (Facoltà dei creditori intervenuti) I creditori intervenuti a norma dell’art. 525 partecipano all’espropriazione dei mobili pignorati e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) Trattasi di mero coordinamento con la modifica dell’art. 525. Art. 527 (Diritto dei creditori intervenuti alla distribuzione) Ai creditori intervenuti a norma dell’articolo 525 secondo e terzo comma il creditore pignorante ha facoltà di indicare, alla udienza o con atto notificato e, in 258
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO ogni caso, non oltre i cinque giorni successivi alla comunicazione fattagli dal cancelliere, l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l’estensione. Se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto motivo, delle indicazioni loro fatte o non rispondono all’invito entro il termine di dieci giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. [Art. 527 (Diritto dei creditori intervenuti alla distribuzione) Ai creditori intervenuti a norma dell’articolo 525 secondo e terzo comma il creditore pignorante ha facoltà di indicare, alla udienza o con atto notificato e, in ogni caso, non oltre i cinque giorni successivi alla comunicazione fattagli dal cancelliere, l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l’estensione. Se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto motivo, delle indicazioni loro fatte o non rispondono all’invito entro il termine di dieci giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione.] (La norma è abrogata dall’1 marzo 2006 e tale abrogazione si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) La norma è abrogata (essendo ricompresa la facoltà originariamente prevista da questa norma nella modifica del quarto comma dell’art. 499). Art. 528 (Intervento tardivo) I creditori chirografari che intervengono oltre l’udienza indicata nell’articolo 525 secondo comma, ovvero oltre la data di presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati nell’ipotesi prevista nell’articolo 525 terzo comma, ma prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza. I creditori che hanno un diritto di prelazione sulle cose pignorate, anche se intervengono a norma del comma precedente, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione.
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Art. 528 (Intervento tardivo) I creditori chirografari che intervengono successivamente ai termini di cui all’articolo 525, ma prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante, dei creditori privilegiati e di quelli intervenuti in precedenza. I creditori che hanno un diritto di prelazione sulle cose pignorate, anche se intervengono a norma del comma precedente, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) Nulla è cambiato, salvo un mero coordinamento con la modifica dell’art. 525. Ribadisce l’espressa previsione della preferenza del creditore privilegiato e di quello tempestivamente intervenuto rispetto al creditore chirografario intervenuto tardivamente, ferma restando la disciplina per i creditori privi di titolo esecutivo. SEZIONE III Dell’assegnazione e della vendita Art. 529 (Istanza di assegnazione o di vendita) Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la distribuzione del danaro e la vendita di tutti gli altri beni. Dei titoli di credito e delle altre cose il cui valore risulta dal listino di Borsa o di mercato possono chiedere anche l’assegnazione. Al ricorso si deve unire il certificato d’iscrizione dei privilegi gravanti sui mobili pignorati. Art. 530 (Provvedimento per l’assegnazione o per l’autorizzazione della vendita) Sull’istanza di cui all’articolo precedente il giudice dell’esecuzione fissa l’udienza per l’audizione delle parti. All’udienza le parti possono fare osservazioni circa l’assegnazione e circa il tempo e le modalità della vendita e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. 260
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse, il giudice dell’esecuzione dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita. Se vi sono opposizioni il giudice dell’esecuzione le decide con sentenza e dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita. Qualora ricorra l’ipotesi prevista dal terzo comma dell’articolo 525, e non siano intervenuti creditori fino alla presentazione del ricorso, il giudice dell’esecuzione provvederà con decreto per l’assegnazione o la vendita; altrimenti provvederà a norma dei commi precedenti, ma saranno sentiti soltanto i creditori intervenuti nel termine previsto dal terzo comma dell’articolo 525. Art. 530 (Provvedimento per l’assegnazione o per l’autorizzazione della vendita) Sull’istanza di cui all’articolo precedente il giudice dell’esecuzione fissa l’udienza per l’audizione delle parti. All’udienza le parti possono fare osservazioni circa l’assegnazione e circa il tempo e le modalità della vendita e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse, il giudice dell’esecuzione dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita. Se vi sono opposizioni il giudice dell’esecuzione le decide con sentenza e dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita. Qualora ricorra l’ipotesi prevista dal secondo comma dell’articolo 525, e non siano intervenuti creditori, fino alla presentazione del ricorso, il giudice dell’esecuzione provvederà con decreto per l’assegnazione o la vendita; altrimenti provvederà a norma dei commi precedenti, ma saranno sentiti soltanto i creditori intervenuti nel termine previsto dal secondo comma dell’articolo 525. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) Nulla è cambiato, trattasi di mero coordinamento con la modifica dell’art. 525. Art. 531 (Vendita di frutti pendenti o di speciali beni mobili) La vendita di frutti pendenti non può essere disposta se non per il tempo della loro maturazione, salvo diverse consuetudini locali. 261
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La vendita dei bachi da seta non può essere fatta prima che siano in bozzoli. Delle cose indicate nell’art. 515 il giudice dell’esecuzione può differire la vendita per il periodo che ritiene necessario a soddisfare le esigenze dell’azienda agraria. Art. 532 (Vendita a mezzo di commissionario) Quando lo ritiene opportuno, il giudice dell’esecuzione può disporre che le cose pignorate siano affidate a un commissionario, affinché proceda alla vendita. Nello stesso provvedimento il giudice dell’esecuzione, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo minimo della vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. Se il valore delle cose risulta dal listino di borsa o di mercato, la vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato. Art. 532 (Vendita a mezzo di commissionario) Il giudice dell’esecuzione può disporre la vendita senza incanto o tramite commissionario dei beni pignorati. Le cose pignorate devono essere affidate all’istituto vendite giudiziarie, ovvero, con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza, affinché proceda alla vendita in qualità di commissionario. Nello stesso provvedimento di cui al primo comma il giudice, dopo avere sentito, se necessario, uno stimatore dotato di specifica preparazione tecnica e commerciale in relazione alla peculiarità del bene stesso, fissa il prezzo minimo della vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. Se il valore delle cose risulta dal listino di Borsa o di mercato, la vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 eccettuate quelle per le quali è già stata ordinata la vendita.) La scelta della vendita a mezzo commissionario rimane un potere discrezionale del Giudice, non più sottoposta alla valutazione di convenienza; è infatti scomparso l’inciso “quando lo ritiene opportuno”. Il Giudice dell’esecuzione può disporre la vendita senza incanto dei beni pignorati, affidandola all’I.V.G. o ad altro soggetto specializzato (motivandone la scelta). 262
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Il Giudice fissa il prezzo minimo della vendita , in base al valore del bene (determinato ricorrendo ad uno stimatore designato -con provvedimento motivato- tra coloro che hanno specifica preparazione tecnica e commerciale), e può imporre cauzione al commissionario. Per quanto riguarda gli istituti autorizzati alla vendita si farà riferimento all’art. 159 delle disposizioni di attuazione, mentre l’unica qualifica richiesta al commissionario è la specializzazione. La norma entra in vigore il 1 marzo 2006 e si applica alle procedure pendenti eccettuate quelle per le quali è gia’ stata ordinata la vendita. In caso di vendita deserta si applicherà alla nuova vendita disposta dopo il primo marzo. La modifica all’articolo 532 del codice di procedura civile chiarisce che il legislatore valorizza la maggiore attitudine delle vendite tramite commissionario ad assicurare risultati utili alle procedure esecutive mobiliari. Art. 533 (Obblighi del commissionario) Il commissionario non può vendere se non per contanti. Egli è tenuto in ogni caso a documentare le operazioni di vendita mediante certificato, fattura o fissato bollato in doppio esemplare, uno dei quali deve essere consegnato al cancelliere col prezzo ricavato dalla vendita, nel termine stabilito dal giudice dell’esecuzione nel suo provvedimento. Qualora la vendita senza incanto non avvenga nel termine di un mese dal provvedimento di autorizzazione, il commissionario, salvo che il termine sia prorogato su istanza di tutti i creditori intervenuti, deve riconsegnare i beni, affinché siano venduti all’incanto. Il compenso al commissionario è stabilito dal giudice dell’esecuzione con decreto. Art. 534 (Vendita all’incanto) Quando la vendita deve essere fatta ai pubblici incanti, il giudice dell’esecuzione, col provvedimento di cui all’art. 530, stabilisce il giorno, l’ora e il luogo in cui deve eseguirsi, e ne affida l’esecuzione al cancelliere o all’ufficiale giudiziario o a un istituto all’uopo autorizzato. Nello stesso provvedimento il giudice dell’esecuzione può disporre che, oltre alla pubblicità prevista dal primo comma dell’art. 490, sia data anche una pubblicità straordinaria a norma del comma terzo dello stesso articolo.
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Art. 534 bis (Delega delle operazioni di vendita) Il giudice, con il provvedimento di cui all’articolo 530, può, sentiti gli interessati, delegare a un notaio avente sede nel circondario il compimento delle operazioni di vendita con incanto di beni mobili iscritti nei pubblici registri. La delega e gli atti conseguenti sono regolati dalle disposizioni di cui all’articolo 591-bis, in quanto compatibili con le previsioni della presente sezione. Art. 534 bis (Delega delle operazioni di vendita) Il giudice con il provvedimento di cui all’articolo 530, può, sentiti gli interessati, delegare all’istituto di cui al primo comma dell’articolo 534, ovvero in mancanza a un notaio avente sede preferibilmente nel circondario o a un avvocato o a un commercialista, iscritti nei relativi elenchi di cui all’articolo 179ter delle disposizioni di attuazione del presente codice il compimento delle operazioni di vendita con incanto ovvero senza incanto di beni mobili iscritti nei pubblici registri. La delega e gli atti conseguenti sono regolati dalle disposizioni di cui all’articolo 591-bis, in quanto compatibili con le previsioni della presente sezione. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) La modifica consiste nel prevedere la possibilità di affidare la vendita con incanto ovvero senza incanto di beni mobili registrati anche ad avvocati e commercialisti. Si è creato – come osservato – un “nuovo sistema di professionisti delegati”. I Consigli dell’Ordine saranno tenuti, ogni triennio, a predisporre elenchi con una serie di schede formate e sottoscritte da ciascuno dei professionisti interessati, con le specifiche esperienze maturate, nelle procedure esecutive e nei fallimenti. Il Presidente del Tribunale formerà l’elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita e lo trasmetterà ai Giudici dell’esecuzione unitamente a copia delle schede informative sottoscritte da ciascuno di essi. Nessuna valutazione è richiesta ai Consigli dell’Ordine (cfr. art. 179 ter delle disp.di att.).
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 534 ter (Ricorso al giudice dell’esecuzione) Quando, nel corso delle operazioni di vendita con incanto, insorgono difficoltà il notaio delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto ed avverso gli atti del notaio con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 617. Art. 534 ter (Ricorso al Giudice dell’esecuzione) Quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà il professionista delegato può rivolgersi al Giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto ed avverso gli atti del professionista con ricorso allo stesso Giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il Giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Restano ferme le disposizioni di cui all’art. 617. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) Salva l’opposizione agli atti esecutivi, se insorgono difficoltà nel corso delle operazioni di vendita, ci si può rivolgere al giudice dell’esecuzione e può essere proposto reclamo avverso il decreto che risolve le difficoltà insorte ed avverso gli atti del professionista. Di regola il reclamo non ha effetto sospensivo. Art. 535 (Prezzo base dell’incanto) Se il valore delle cose risulta da listino di Borsa o di mercato, il prezzo base è determinato dal minimo del giorno precedente alla vendita. In ogni altro caso il giudice dell’esecuzione, nel provvedimento di cui all’art. 530, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo di apertura dell’incanto o autorizza, se le circostanze lo consigliano, la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo.
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Art. 536 (Trasporto e ricognizione delle cose da vendere) Chi è incaricato della vendita fa trasportare, quando occorre, le cose pignorate nel luogo stabilito per l’incanto, e può richiedere l’intervento della forza pubblica. In ogni caso, prima di addivenire agli incanti deve fare, in concorso col custode, la ricognizione degli oggetti da vendersi, confrontandoli con la descrizione contenuta nel processo verbale di pignoramento. Art. 537 (Modo dell’incanto) Le cose da vendere si offrono singolarmente oppure a lotti secondo la convenienza, per il prezzo base di cui all’art. 535. L’aggiudicazione al maggiore offerente segue quando, dopo una duplice pubblica enunciazione del prezzo raggiunto, non è fatta una maggiore offerta. Se la vendita non può compiersi nel giorno stabilito, è continuata nel primo giorno seguente non festivo. Dell’incanto si redige processo verbale, che si deposita immediatamente nella cancelleria. Art. 538 (Nuovo incanto) Quando una cosa messa all’incanto resta invenduta, il cancelliere ne dà notizia alle parti. Se delle cose invendute nessuno dei creditori chiede l’assegnazione per il prezzo fissato a norma dell’art. 535 secondo comma, il giudice dell’esecuzione ordina un nuovo incanto nel quale è ammessa qualsiasi offerta. Art. 538 (Nuovo incanto) Quando una cosa messa all’incanto resta invenduta, il soggetto a cui è stata affidata l’esecuzione della vendita fissa un nuovo incanto ad un prezzo base inferiore di un quinto rispetto a quello precedente. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006) Con la modifica si vorrebbe salvaguardare la valorizzazione del bene pignorato evitando speculazioni al ribasso, il prezzo del secondo incanto sarà pertanto non più libero ma ridotto del 20%.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 539 (Vendita o assegnazione degli oggetti d’oro e d’argento) Gli oggetti d’oro e d’argento non possono in nessun caso essere venduti per un prezzo inferiore al valore intrinseco. Se restano invenduti, sono assegnati per tale valore ai creditori. Art. 540 (Pagamento del prezzo e rivendita) La vendita all’incanto si fa per contanti. Se il prezzo non è pagato, si procede immediatamente a nuovo incanto, a spese e sotto la responsabilità dell’aggiudicatario inadempiente. La somma ricavata dalla vendita è immediatamente consegnata al cancelliere per essere depositata con le forme dei depositi giudiziari. SEZIONE IV Della distribuzione della somma ricavata Art. 541 (Distribuzione amichevole) Se i creditori concorrenti chiedono la distribuzione della somma ricavata secondo un piano concordato, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, provvede in conformità. Art. 542 (Distribuzione giudiziale) Se i creditori non raggiungono l’accordo di cui all’articolo precedente o il giudice dell’esecuzione non l’approva, ognuno di essi può chiedere che si proceda alla distribuzione della somma ricavata. Il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, distribuisce la somma ricavata a norma degli artt. 510 e segg. e ordina il pagamento delle singole quote. CAPO III Dell’espropriazione presso terzi SEZIONE I Del pignoramento e dell’intervento Art. 543 (Forma del pignoramento) Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti. 267
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L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore di cui all’articolo 492: 1) l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto; 2) l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice; 3) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente; 4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice dell’esecuzione del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all’articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori. Nell’indicare l’udienza di comparizione si deve rispettare il termine previsto nell’articolo 501. L’ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell’atto, è tenuto a depositare immediatamente l’originale nella cancelleria del tribunale per la formazione del fascicolo previsto nell’articolo 488. In tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione prevista nell’articolo 314. Art. 543 (Forma del pignoramento) Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti. L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore di cui all’articolo 492: 1) l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto; 2) l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice; 3) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente; 4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice dell’esecuzione del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all’articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori, con invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda i crediti di cui all’articolo 545, commi terzo e quarto, e negli altri casi a comunicare la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata. 268
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Nell’indicare l’udienza di comparizione si deve rispettare il termine previsto nell’articolo 501. L’ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell’atto, è tenuto a depositare immediatamente l’originale nella cancelleria del tribunale per la formazione del fascicolo previsto nell’articolo 488. In tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione prevista nell’articolo 314. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006) Il terzo dovrà rendere la sua dichiarazione in udienza per i crediti di lavoro ovvero ( e qui sta la novità) con raccomandata indirizzata al creditore, a mezzo di procuratore speciale o di difensore munito di procura. Art. 544 (Pegno o ipoteca a garanzia del credito pignorato) Se il credito pignorato è garantito da pegno, s’intima a chi detiene la cosa data in pegno di non eseguirne la riconsegna senza ordine di giudice. Se il credito pignorato è garantito da ipoteca, l’atto di pignoramento deve essere annotato nei libri fondiari. Art. 545 (Crediti impignorabil) Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto. Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza. Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell’ammontare delle somme predette.
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Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge. Art. 546 (Obblighi del terzo) Dal giorno in cui gli è notificato l’atto previsto nell’articolo 543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute, agli obblighi che la legge impone al custode. Art. 546 (Obblighi del terzo) Dal giorno in cui gli è notificato l’atto previsto nell’articolo 543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode. Nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, il debitore può chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti a norma dell’articolo 496 ovvero la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi; il giudice dell’esecuzione, convocate le parti, provvede con ordinanza non oltre venti giorni dall’istanza. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) La novità è costituita dal fatto che il terzo diviene custode nel limite di ciò che egli deve per un importo pari al precetto aumentato della metà. La norma regola espressamente la facoltà del debitore di richiedere la riduzione del pignoramento eseguito presso più terzi, chiedendo la riduzione proporzionale o la dichiarazione di inefficacia per taluno di essi. Art. 547 (Dichiarazione del terzo) Con dichiarazione all’udienza il terzo, personalmente o a mezzo di mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato. Il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante nel termine perentorio fissato dal giudice.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 547 (Dichiarazione del terzo) Con dichiarazione all’udienza o, nei casi previsti, a mezzo raccomandata al creditore procedente, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato. Il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante nel termine perentorio fissato dal giudice. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006) Il terzo potrà rendere la sua dichiarazione in udienza (per i crediti di lavoro) o nella raccomandata indirizzata al creditore, a mezzo di procuratore speciale o di difensore munito di procura. Art. 548 (Mancata o contestata dichiarazione del terzo) Se il terzo non compare all’udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il giudice, su istanza di parte, provvede all’istruzione della causa a norma del libro secondo. Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio di primo grado, può essere applicata nei suoi confronti la disposizione dell’articolo 232, primo comma. Art. 549 (Accertamento dell’obbligo del terzo) Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all’articolo precedente, il giudice, se accerta l’esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo. Art. 550 (Pluralità di pignoramenti) Il terzo deve indicare i pignoramenti che sono stati eseguiti presso di lui. Se altri pignoramenti sono eseguiti dopo che il terzo abbia fatto la sua dichiarazione, egli può limitarsi a richiamare la dichiarazione precedente e i pignoramenti ai quali si riferiva. Si applicano le disposizioni dell’art. 524, secondo e terzo comma.
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Art. 551 (Intervento) L’intervento di altri creditori è regolato a norma degli articoli 525 e seguenti. Agli effetti di cui all’articolo 526 l’intervento non deve avere luogo oltre la prima udienza di comparizione delle parti. SEZIONE II Dell’assegnazione e della vendita Art. 552 (Assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo) Se il terzo si dichiara o è dichiarato possessore di cose appartenenti al debitore, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, provvede per l’assegnazione o la vendita delle cose mobili a norma degli artt. 529 e segg., o per l’assegnazione dei crediti a norma dell’articolo seguente. Art. 553 (Assegnazione e vendita di crediti) Se il terzo si dichiara o è dichiarato debitore di somme esigibili immediatamente o in termine non maggiore di novanta giorni, il giudice dell’esecuzione le assegna in pagamento, salvo esazione, ai creditori concorrenti. Se le somme dovute dal terzo sono esigibili in termine maggiore, o si tratta di censi o di rendite perpetue o temporanee, e i creditori non ne chiedono d’accordo l’assegnazione, si applicano le regole richiamate nell’articolo precedente per la vendita di cose mobili. Il valore delle rendite perpetue e dei censi, quando sono assegnati ai creditori, deve essere ragguagliato in ragione di 0,051 euro di capitale per 0,00258 euro di rendita. Art. 554 (Pegno o ipoteca a garanzia del credito assegnato) Se il credito assegnato o venduto è garantito da pegno, il giudice dell’esecuzione dispone che la cosa data in pegno sia affidata all’assegnatario o aggiudicatario del credito oppure ad un terzo che designa, sentite le parti. Se il credito assegnato o venduto è garantito da ipoteca, il provvedimento di assegnazione o l’atto di vendita va annotato nei libri fondiari.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO CAPO IV Dell’espropriazione immobiliare SEZIONE I Del pignoramento Art. 555 (Forma del pignoramento) Il pignoramento immobiliare si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale gli si indicano esattamente, con gli estremi richiesti dal Codice civile per l’individuazione dell’immobile ipotecato, i beni e i diritti immobiliari che si intendono sottoporre a esecuzione, e gli si fa l’ingiunzione prevista nell’articolo 492. Immediatamente dopo la notificazione l’ufficiale giudiziario consegna copia autentica dell’atto con le note di trascrizione al competente conservatore dei registri immobiliari, che trascrive l’atto e gli restituisce una delle note. Le attività previste nel comma precedente possono essere compiute anche dal creditore pignorante, al quale l’ufficiale giudiziario, se richiesto, deve consegnare gli atti di cui sopra. Art. 556 (Espropriazione di mobili insieme con immobili) Il creditore può fare pignorare insieme coll’immobile anche i mobili che lo arredano, quando appare opportuno che l’espropriazione avvenga unitamente. In tal caso l’ufficiale giudiziario forma atti separati per l’immobile e per i mobili, ma li deposita insieme nella cancelleria del tribunale. Art. 557 (Deposito dell’atto di pignoramento) L’ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento deve depositare immediatamente nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione l’atto di pignoramento e, appena possibile, la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. Il creditore pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il precetto entro cinque giorni dal pignoramento e, nell’ipotesi di cui all’articolo 555 ultimo comma, la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. Il cancelliere al momento del deposito dell’atto di pignoramento forma il fascicolo dell’esecuzione.
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Art. 557 (Deposito dell’atto di pignoramento) L’ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento deve depositare immediatamente nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione l’atto di pignoramento e, appena possibile, la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. Il creditore pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il precetto entro dieci giorni dal pignoramento e, nell’ipotesi di cui all’articolo 555 ultimo comma, la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. Il cancelliere al momento del deposito dell’atto di pignoramento forma il fascicolo dell’esecuzione. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006) Il termine per la formazione del fascicolo dell’esecuzione immobiliare (prima di cinque giorni) ora è stato portato a dieci giorni. Il termine non era qualificato perentorio dalla giurisprudenza, ma la sua inosservanza comportava la possibilità per il debitore di proporre nei cinque giorni successivi (ora aumentati a venti) eventuale opposizione agli atti esecutivi. Art. 558 (Limitazione dell’espropriazione) Se un creditore ipotecario estende il pignoramento a immobili non ipotecati a suo favore, il giudice dell’esecuzione può applicare il disposto dell’art. 496, oppure può sospenderne la vendita fino al compimento di quella relativa agli immobili ipotecati. Art. 559 (Custodia dei beni pignorati) Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori compresi le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso. Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa dallo stesso debitore. Art. 559 (Custodia dei beni pignorati) Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori compresi le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso. Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa 274
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO dallo stesso debitore. Il giudice provvede a nominare una persona diversa quando l’immobile non sia occupato dal debitore. Il giudice provvede alla sostituzione del custode in caso di inosservanza degli obblighi su di lui incombenti. Il giudice, se custode dei beni pignorati è il debitore e salvo che per la particolare natura degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità, dispone, al momento in cui pronuncia l’ordinanza con cui è autorizzata la vendita o disposta la delega delle relative operazioni, che custode dei beni medesimi sia la persona incaricata delle dette operazioni o l’istituto di cui al primo comma dell’articolo 534. Qualora tale istituto non sia disponibile o debba essere sostituito è nominato custode altro soggetto. I provvedimenti di cui ai commi che precedono sono pronunciati con ordinanza non impugnabile. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) Col pignoramento il debitore perde il potere di disporre del bene. Egli rimane custode dello stesso dal momento del pignoramento. La prima novità sta nell’avere introdotto la nomina di un terzo quale custode ogni qualvolta il bene non sia occupato dal debitore. È rimasta immutata la sostituzione del custode per inosservanza degli obblighi. L’ulteriore novità introdotta consiste nell’avere previsto che con l’ordinanza di vendita o di delega per la vendita, il Giudice dell’Esecuzione dia la custodia all’ IVG o al delegato alla vendita dei beni, privando della custodia il debitore salvo che per la particolare natura dei beni pignorati non ritenga che la sostituzione non abbia alcuna utilità. L’opportunità di tale scelta è stata ravvisata nella necessità di facilitare la visita dell’immobile. È prevista la non impugnabilità dell’ordinanza. Una delle conseguenze (non considerate) dell’ordinanza è data dal fatto che nella pratica il debitore avrà frequentemente eletto il domicilio presso l’immobile oggetto di esecuzione e, una volta allontanato dallo stesso, continuerà a ricevere ivi le notificazioni della cancelleria riguardanti l’esecuzione, senza che sia previsto il rinnovo dell’invito ad eleggere domicilio. Sarà pertanto onere del debitore provvedervi.
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Art. 560 (Modo della custodia) Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell’articolo 593. Ad essi è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell’esecuzione. Con l’autorizzazione del giudice il debitore può continuare ad abitare nell’immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a lui e alla sua famiglia. Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di sostentamento, il giudice può anche concedergli un assegno alimentare sulle rendite, nei limiti dello stretto necessario. Art. 560 (Modalità di nomina e revoca del custode. Modo della custodia) I provvedimenti di nomina e di revoca del custode, nonché l’autorizzazione di cui al terzo comma o la sua revoca, sono dati con ordinanza non impugnabile. In quest’ultimo caso l’ordinanza costituisce titolo esecutivo per il rilascio. Dopo l’aggiudicazione deve essere sentito l’aggiudicatario ai sensi dell’articolo 485. Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell’articolo 593. Il Giudice dell’esecuzione dispone, con provvedimento non impugnabile, la liberazione dell’immobile pignorato, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca la detta autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all’aggiudicazione o all’assegnazione dell’immobile. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo per il rilascio ed è eseguito a cura del custode anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell’interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario se questi non lo esentano. Il Giudice, con l’ordinanza di cui al terzo comma dell’art. 569, stabilisce le modalità con cui il custode deve adoperarsi affinché gli interessati a presentare offerta di acquisto esaminino i beni in vendita. Il custode provvede in ogni caso, previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione all’amministrazione e alla gestione dell’immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità. Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di sostentamento, il giudice può anche concedergli un assegno alimentare sulle rendite nei limiti dello stretto necessario. 276
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Il giudice, con l’ordinanza di cui al primo comma, stabilisce le modalità con cui il custode deve adoperarsi perché gli interessati a presentare offerta di acquisto esaminino i beni in vendita. Il custode provvede all’amministrazione e alla gestione dell’immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) Il Giudice dell’esecuzione può disporre con provvedimento che costituisce titolo esecutivo, non impugnabile, la liberazione dell’immobile pignorato (ad esempio perché non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca la detta autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all’aggiudicazione o all’assegnazione dell’immobile). La liberazione del bene deve essere eseguita a cura del custode, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell’interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario, se questi non lo esentano. Al custode è riconosciuta la legittimazione ad esperire le azioni per ottenere la disponibilità del bene. Il giudice assume i provvedimenti idonei a consentire la visita dell’immobile agli interessati ad offrire per l’acquisto. Art. 561 (Pignoramento successivo) Il conservatore dei registri immobiliari, se nel trascrivere un atto di pignoramento trova che sugli stessi beni è stato eseguito un altro pignoramento, ne fa menzione nella nota di trascrizione che restituisce. L’atto di pignoramento con gli altri documenti indicati nell’articolo 557 è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente all’udienza prevista nell’articolo 563 secondo comma. In tal caso l’esecuzione si svolge in unico processo. Se il pignoramento successivo è compiuto dopo l’udienza di cui sopra, si applica l’articolo 524 ultimo comma.
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Art. 561 (Pignoramento successivo) Il conservatore dei registri immobiliari, se nel trascrivere un atto di pignoramento trova che sugli stessi beni è stato eseguito un altro pignoramento, ne fa menzione nella nota di trascrizione che restituisce. L’atto di pignoramento con gli altri documenti indicati nell’articolo 557 è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente all’udienza prevista nell’articolo 564. In tal caso l’esecuzione si svolge in unico processo. Se il pignoramento successivo è compiuto dopo l’udienza di cui sopra, si applica l’articolo 524 ultimo comma. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) Trattasi di mero coordinamento. Art. 562 (Inefficacia del pignoramento e cancellazione della trascrizione) Se il pignoramento diviene inefficace per il decorso del termine previsto nell’articolo 497, il giudice dell’esecuzione con l’ordinanza di cui all’art. 630 dispone che sia cancellata la trascrizione. Il conservatore dei registri immobiliari provvede alla cancellazione su presentazione dell’ordinanza. SEZIONE II Dell’intervento dei creditori Art. 563 (Condizioni e tempo dell’intervento) Possono intervenire a norma dell’articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito, anche se sottoposto a termine o a condizione. Per gli effetti di cui all’articolo seguente l’intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita. [Art. 563 (Condizioni e tempo dell’intervento) Possono intervenire a norma dell’articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito, anche se sottoposto a termine o a condizione. Per gli effetti di cui all’articolo seguente l’intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita.] (La norma e abrogata dall’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure ese278
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO cutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) L’articolo è stato abrogato: anche nell’esecuzione immobiliare possono intervenire solo i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo e i creditori non muniti di titolo esecutivo, ma solo quelli che sono legittimati dall’art 499. La norma è abrogata a far data dal 1 marzo 2006 e si applica alle procedure pendenti. L’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo, in base alle precedenti disposizioni, conserva efficacia se avvenuto prima del 1° marzo 2006. Art. 564 (Facoltà dei creditori intervenuti) I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell’articolo precedente partecipano all’espropriazione dell’immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. Art. 564 (Facoltà dei creditori intervenuti) I creditori intervenuti non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita partecipano all’espropriazione dell’immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) Il termine per l’intervento tempestivo rimane fissato per l’udienza in cui il Giudice ordini in concreto (almeno per la giurisprudenza dominante) la vendita. Art. 565 (Intervento tardivo) I creditori chirografari che intervengono oltre l’udienza indicata nell’articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell’articolo 596, concorrono alla distribuzione di quella parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza e a norma dell’articolo seguente. Art. 565 (Intervento tardivo) I creditori chirografari che intervengono oltre l’udienza indicata nell’articolo 564, ma prima di quella prevista nell’articolo 596, concorrono alla distribuzione 279
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di quella parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza e a norma dell’articolo seguente. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1.3.2006) Trattasi di modifica dettata da necessità di coordinamento con la novella. Art. 566 (Intervento dei creditori iscritti e privilegiati) I creditori iscritti e i privilegiati che intervengono oltre l’udienza indicata nell’articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell’articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione, e, quando sono muniti di titolo esecutivo, possono provocare atti dell’espropriazione. Art. 566 (Intervento dei creditori iscritti e privilegiati) I creditori iscritti e i privilegiati che intervengono oltre l’udienza indicata nell’articolo 564, ma prima di quella prevista nell’articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione, e, quando sono muniti di titolo esecutivo, possono provocare atti dell’espropriazione. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) Trattasi di modifica dettata da necessità di coordinamento con la novella. SEZIONE III Della vendita e dell’assegnazione §1 Disposizioni generali Art. 567 (Istanza di vendita) Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la vendita dell’immobile pignorato. 280
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l’estratto del catasto e delle mappe censuarie, il certificato di destinazione urbanistica di cui all’art. 18 della legge 28.02.1985, n. 47, di data non anteriore a tre mesi dal deposito del ricorso, nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato; tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari. La documentazione di cui al secondo comma può essere allegata anche a cura di un creditore intervenuto munito di titolo esecutivo. Qualora non sia depositata nei termini prescritti la documentazione di cui al secondo comma, ovvero il certificato notarile sostitutivo della stessa, il giudice dell’esecuzione pronuncia ad istanza del debitore o di ogni altra parte interessata o anche d’ufficio l’ordinanza di estinzione della procedura esecutiva di cui all’art. 630, secondo comma, disponendo che sia cancellata la trascrizione del pignoramento. Si applica l’art. 562, secondo comma. Art. 567 (Istanza di vendita) Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la vendita dell’immobile pignorato. Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro centoventi giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l’estratto del catasto, nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento; tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari. Il termine di cui al secondo comma può essere prorogato una sola volta su istanza dei creditori o dell’esecutato, per giusti motivi e per una durata non superiore ad ulteriore centoventi giorni. Un termine di centoventi giorni è inoltre assegnato al creditore dal giudice, quando lo stesso ritiene che la documentazione da questi depositata debba essere completata. Se la proroga non è richiesta o non è concessa oppure se la documentazione non è integrata nel termine assegnato ai sensi di quanto previsto nel periodo precedente, il giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio, dichiara l’inefficacia del pignoramento relativamente all’immobile per il quale non è stata depositata la prescritta documentazione. L’inefficacia è dichiarata con ordinanza, sentite le parti. Il giudice, con l’ordinanza, dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Si applica l’articolo 562, secondo comma. Il
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE giudice dichiara altresì l’estinzione del processo esecutivo se non vi sono altri beni pignorati. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) La prima novità sta nell’avere raddoppiato il termine fissato per il deposito della documentazione ipocatastale, ora con riferimento al ventennio precedente. Si sottolinea che non è più onere del creditore procedente depositare le mappe censuarie e il certificato di destinazione urbanistica di data anteriore ai tre mesi. Il deposito di questa documentazione (che in origine doveva avvenire contestualmente all’istanza di vendita, ovvero in seguito entro 60 giorni) deve ora essere fatto entro 120 giorni. Il termine, su istanza del creditore o dell’esecutato, può essere prorogato una sola volta e per giusto motivo per ulteriori 120 giorni. Un termine di ulteriore centoventi giorni è inoltre assegnato al creditore dal giudice, quando lo stesso ritiene che la documentazione depositata dal creditore debba essere completata. Se la proroga non è richiesta o non è concessa,o la documentazione non viene integrata, il Giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio, dichiara l’inefficacia del pignoramento relativamente all’immobile per il quale non è stata depositata la prescritta documentazione, o l’estinzione del processo esecutivo se non vi sono altri beni pignorati . L’inefficacia è dichiarata con ordinanza. Altra novità è l’obbligo di sentire le parti. Il Giudice, con l’ordinanza, dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Si applica l’articolo 562, secondo comma. Art. 568 (Determinazione del valore dell’immobile) Agli effetti dell’espropriazione il valore dell’immobile si determina a norma dell’articolo 15 primo comma. Per il diritto del direttario, il valore, agli effetti indicati, si determina in base agli otto decimi di quello calcolato a norma dell’articolo 13 ultimo comma. Se il bene non è soggetto a tributo diretto verso lo Stato o se per qualsiasi ragione il giudice ritiene che il valore determinato a norma delle disposizioni precedenti sia manifestamente inadeguato, il valore è determinato dal giudice stesso sulla base degli elementi forniti dalle parti e di quelli che gli può fornire un esperto da lui nominato. 282
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 569 (Provvedimento per l’autorizzazione della vendita) Sulla istanza di cui all’articolo 567 il giudice dell’esecuzione fissa l’udienza per l’audizione delle parti e dei creditori di cui all’articolo 498 che non siano intervenuti. All’udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita, la quale si fa a norma degli articoli seguenti, se egli non ritiene opportuno che si svolga col sistema dell’incanto. Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell’esecuzione dispone la vendita con ordinanza. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale essa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di un altro autorizzato, ai creditori di cui all’articolo 498 che non sono comparsi. Art. 569 (Provvedimenti per l’autorizzazione della vendita) A seguito dell’istanza di cui all’articolo 567 il giudice dell’esecuzione, entro trenta giorni dal deposito della documentazione di cui al secondo comma dell’articolo 567, nomina l’esperto convocandolo davanti a sé per prestare il giuramento e fissa l’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori di cui all’articolo 498 che non siano intervenuti. Tra la data del provvedimento e la data fissata per l’udienza non possono decorrere più di centoventi giorni. All’udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita, fissando un termine non inferiore a novanta giorni, e non superiore a centoventi, entro il quale possono essere proposte offerte d’acquisto ai sensi dell’articolo 571. Il giudice con la medesima ordinanza stabilisce le modalità con cui deve essere prestata la cauzione, fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l’udienza per la deliberazione sull’offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all’articolo 573 e provvede ai sensi dell’articolo 576, per il caso in cui non siano proposte offerte d’acquisto entro il termine stabilito, ovvero per il caso in cui le stesse non siano efficaci ai sensi dell’articolo 571, ovvero per 283
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE il caso in cui si verifichi una delle circostanze previste dall’articolo 572, terzo comma, ovvero per il caso, infine, in cui la vendita senza incanto non abbia luogo per qualsiasi altra ragione. Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell’esecuzione dispone la vendita con ordinanza. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale essa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di un altro autorizzato, ai creditori di cui all’articolo 498 che non sono comparsi. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore, se però viene disposta una nuova vendita questa seguirà le nuove norme) A seguito dell’istanza di cui all’articolo 567 c.p.c. il Giudice dell’esecuzione, entro trenta giorni dal deposito della documentazione ipocatastale, nomina l’esperto per la stima convocandolo davanti a sé per prestare il giuramento e fissa l’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori di cui all’articolo 498 che non siano intervenuti. In detta udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi eccetto quelle che sono già decadute dal diritto di proporre. L’unica novità di rilievo è costituita dalla immediata nomina dell’esperto, dalla fissazione di termini (ordinatori) per il compimento di attività da parte del Giudice stesso. Se non vi sono opposizioni sulle modalità della vendita o se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita. Nell’ordinanza di vendita il giudice: fissa il termine (tra novanta giorni e centoventi giorni) entro il quale possono essere proposte offerte d’acquisto ai sensi dell’articolo 571 (l’offerta può avvenire anche mediante l’accredito, a mezzo di bonifico o deposito su conto bancario o postale intestato alla procedura esecutiva, e mediante la comunicazione a mezzo telefax o posta elettronica); le modalità con cui deve essere prestata la cauzione; fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte di cui al primo punto, l’udienza per la deliberazione sull’offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all’articolo 573 e provvede ai sensi 284
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO dell’articolo 576, per il caso in cui non siano proposte offerte d’acquisto entro il termine stabilito o le stesse siano inefficaci; fissa il termine per la notifica ai creditori di cui all’articolo 498 che non sono comparsi. fissa l’eventuale udienza di comparizione del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell’esecuzione dispone la vendita con ordinanza. L’espropriazione immobiliare, a seguito dell’entrata in vigore della riforma, si svolgerà come appresso: 1) depositata l’istanza di vendita il creditore ha un termine di 120 giorni, prorogabile per una sola volta, per il deposito della certificazione ipocatastale ventennale (e non più delle mappe e dei certificati urbanistici) e prorogabile di ulteriori 120 giorni per l’eventuale integrazione; 2) entro i successivi trenta giorni il giudice provvede a nominare l’esperto per la stima del bene e a fissare a non più di 120 giorni l’udienza per la pronuncia dell’ordinanza di vendita o la delega delle operazioni a un professionista; 3) il perito deve redigere la perizia e deve provvedere a inviarla a tutte le parti almeno 45 giorni prima della prima udienza; 4) all’udienza il giudice sostituisce il debitore nella custodia dell’immobile con un custode giudiziario (di norma l’Istituto vendite giudiziarie se disponibile) e può disporre subito con ordinanza non impugnabile la liberazione dell’immobile; 5) il giudice pronuncia l’ordinanza di vendita; da segnalare che vendita senza incanto e vendita con incanto non sono più alternative in quanto il giudice nell’ordinanza dispone prima le modalità di vendita senza incanto e, per l’ipotesi di mancanza di offerte, determina già le modalità dell’eventuale vendita con incanto; il giudice può delegare le operazioni di vendita, la redazione del progetto di distribuzione e la predisposizione del decreto di trasferimento a un notaio o avvocato o commercialista 6) almeno 45 giorni prima del termine fissato per la vendita senza incanto l’ordinanza e la perizia devono essere pubblicati su Internet; 7) il custode deve tra l’altro assicurare che gli interessati possano visionare il bene e curare, se già disposta, la liberazione dell’immobile; 8) l’offerta è depositata in cancelleria e deve essere accompagnata dalla cauzione, ma non più dal deposito anticipato delle spese; 9) l’eventuale istanza di assegnazione deve essere presentata almeno 10 giorni prima della data dell’incanto; 285
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10) con l’ordinanza di vendita deve essere fissata l’eventuale udienza di comparizione del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo. §2 Vendita senza incanto Art. 570 (Avviso della vendita) Dell’ordine di vendita è dato dal cancelliere, a norma dell’articolo 490, pubblico avviso contenente l’indicazione degli estremi previsti nell’articolo 555 e del valore dell’immobile determinato a norma dell’articolo 568, con l’avvertimento che maggiori informazioni, anche relative alle generalità del debitore, possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque vi abbia interesse. Art. 570 (Avviso della vendita) Dell’ordine di vendita è dato dal cancelliere, a norma dell’art. 490, pubblico avviso contenente l’indicazione degli estremi previsti nell’art. 555, del valore dell’immobile determinato a norma dell’art. 568, del sito internet sul quale è pubblicata la relativa relazione di stima, del nome e del recapito telefonico del custode nominato in sostituzione del debitore, con l’avvertimento che maggiori informazioni, anche relative alle generalità del debitore, possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque vi abbia interesse. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore, se però viene disposta una nuova vendita questa seguirà le nuove norme) Si è prevista rispetto alla precedente formulazione anche la notizia della pubblicazione dell’ordinanza di vendita su sito internet sul quale è pubblicata la relativa relazione di stima, unitamente al nome e al recapito telefonico del custode nominato in sostituzione del debitore. Art. 571 (Offerte d’acquisto) Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l’acquisto dell’immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell’articolo 579 ultimo comma. L’offerente deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente la indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento 286
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO e ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta. Se un termine più lungo non è fissato dall’offerente, l’offerta non può essere revocata prima di venti giorni. L’offerta non è efficace se è inferiore al prezzo determinato a norma dell’articolo 568 e se l’offerente non presta cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto. Art. 571 (Offerte d’acquisto) Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l’acquisto dell’immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell’articolo 579 ultimo comma. L’offerente deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente l’indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta. L’offerta non è efficace se perviene oltre il termine stabilito ai sensi dell’articolo 569, terzo comma, se è inferiore al prezzo determinato a norma dell’articolo 568 o se l’offerente non presta cauzione, con le modalità stabilite nell’ordinanza di vendita, in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto. L’offerta è irrevocabile, salvo che: il giudice ordini l’incanto; siano decorsi centoventi giorni dalla sua presentazione ed essa non sia stata accolta. L’offerta deve essere depositata in busta chiusa all’esterno della quale sono annotati, a cura del cancelliere ricevente, il nome, previa identificazione, di chi materialmente provvede al deposito, il nome del giudice dell’esecuzione o del professionista delegato ai sensi dell’articolo 591-bis e la data dell’udienza fissata per l’esame delle offerte. Se è stabilito che la cauzione è da versare mediante assegno circolare lo stesso deve essere inserito nella busta. Le buste sono aperte all’udienza fissata per l’esame delle offerte alla presenza degli offerenti. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore, salvo che non venga disposta una nuova vendita) La nuova formulazione dell’articolo disciplina le modalità di presentazione delle offerte d’acquisto; si prevede, tra l’altro, che l’offerta non sia efficace se perviene oltre il termine stabilito ai sensi dell’art. 569, terzo comma, se è inferiore al prezzo d’asta e se la cauzione non è prestata con le modalità sta287
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bilite nell’ordinanza di vendita. A differenza della precedente formulazione l’offerta di regola è irrevocabile salvo che non ricorra una delle ipotesi di cui al terzo comma (ridotte a due sole ipotesi dal D.d.l. Kessler, rispetto alla originaria formulazione della L.80). L’offerta deve essere presentata in busta chiusa contenente l’assegno circolare della cauzione. Il giudice, con l’ordinanza di vendita di cui all’art. 569, terzo comma, del codice, può disporre, ex art. 173 quinquies disp. att., che la presentazione dell’offerta di acquisto ai sensi dell’art. 571 del medesimo codice possa avvenire anche mediante l’accredito, a mezzo di bonifico o deposito su conto bancario o postale intestato alla procedura esecutiva, di una somma pari ad un decimo del prezzo che si intende offrire e mediante la comunicazione a mezzo telefax o posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi, di una dichiarazione contenente le indicazioni di cui allo stesso articolo 571. Art. 572 (Deliberazione sull’offerta) Sull’offerta il giudice dell’esecuzione sente le parti e i creditori iscritti non intervenuti. Se l’offerta non supera di almeno un quarto il valore dell’immobile determinato a norma dell’articolo 568, è sufficiente il dissenso di un creditore intervenuto a farla respingere. Se supera questo limite, il giudice può fare luogo alla vendita, quando ritiene che non vi è seria probabilità di migliore vendita all’incanto. Si applica anche in questo caso la disposizione dell’articolo 577. Art. 572 (Deliberazione sull’offerta) Sull’offerta il giudice dell’esecuzione sente le parti e i creditori iscritti non intervenuti. Se l’offerta è superiore al valore dell’immobile determinato a norma dell’articolo 568, aumentato di un quinto, la stessa è senz’altro accolta. Se l’offerta è inferiore a tale valore, il giudice non può far luogo alla vendita se vi è il dissenso del creditore procedente, ovvero se il giudice ritiene che vi è seria possibilità di migliore vendita con il sistema dell’incanto. In tali casi lo stesso ha senz’altro luogo alle condizioni e con i termini fissati con l’ordinanza pronunciata ai sensi dell’articolo 569. Si applicano le disposizioni degli articoli 573, 574 e 577. 288
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore. Se però nella procedura verrà disposta un nuovo incanto si applicheranno le nuove norme.) La norma novellata prevede che se l’offerta è superiore al valore dell’immobile (determinato ex art. 568) aumentato di un quinto è senz’altro accolta; se è inferiore al prezzo base aumentato di un quinto, ma superiore al valore determinato ex art. 568, non può farsi luogo alla vendita senza incanto nel dissenso del creditore procedente o se il giudice ritiene possibile un miglior esito con l’incanto; può esservi la gara di cui all’art. 573. Nella precedente formulazione della L. 80 se l’offerta non superava il quarto del valore dell’immobile il dissenso di un creditore era sufficiente a farla respingere. Art. 573 (Gara tra gli offerenti) Se vi sono più offerte, il giudice dell’esecuzione convoca gli offerenti e li invita a una gara sull’offerta più alta. Se la gara non può aver luogo per mancanza di adesione degli offerenti, il giudice può disporre la vendita a favore del maggiore offerente oppure ordinare l’incanto. Art. 573 (Gara tra gli offerenti) Se vi sono più offerte, il giudice dell’esecuzione invita gli offerenti a una gara sull’offerta più alta. Se la gara non può avere luogo per mancanza di adesioni degli offerenti il giudice può disporre la vendita a favore del maggiore offerente oppure ordinare l’incanto. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore Se però nella procedura verrà disposta un nuovo incanto si applicheranno le nuove norme.) La norma disciplina la gara tra gli offerenti, l’unica novità sta nella abrogazione della convocazione degli offerenti in quanto l’ordinanza di vendita fissa già la data della gara tra gli offerenti nella vendita senza incanto.
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Art. 574 (Provvedimenti relativi alla vendita) Il giudice dell’esecuzione, quando fa luogo alla vendita, dispone con decreto il modo del versamento del prezzo e il termine, dalla comunicazione del decreto, entro il quale il versamento deve farsi, e, quando questo è avvenuto, pronuncia il decreto previsto nell’articolo 586. Si applica anche a questa forma di vendita la disposizione dell’articolo 583. Se il prezzo non è depositato a norma del decreto di cui al primo comma, il giudice provvede a norma dell’articolo 587. Art. 575 (Termine delle offerte senza incanto) Se il decreto di cui al primo comma dell’articolo precedente non è pronunciato entro due mesi dalla pubblicazione dell’avviso previsto nell’articolo 570, il giudice dell’esecuzione ordina l’incanto. Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto il giudice può prorogare tale termine fino a quattro mesi. [Art. 575 (Termine delle offerte senza incanto) Se il decreto di cui al primo comma dell’articolo precedente non è pronunciato entro due mesi dalla pubblicazione dell’avviso previsto nell’articolo 570, il giudice dell’esecuzione ordina l’incanto. Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto il giudice può prorogare tale termine fino a quattro mesi.] (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore Se però nella procedura verrà disposta un nuovo incanto si applicheranno le nuove norme.) La norma è abrogata in quanto vendita senza incanto e vendita con incanto non sono più alternative, ma costituiscono due fasi successive dello stesso procedimento di vendita, dandosi luogo alla vendita con incanto solo se quella senza incanto non porta alla vendita del bene.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO §3 Vendita con incanto Art. 576 (Contenuto del provvedimento che dispone la vendita) Il giudice dell’esecuzione, quando ordina l’incanto, stabilisce, sentito quando occorre un esperto: 1) se la vendita si deve fare in uno o più lotti; 2) il prezzo base dell’incanto determinato a norma dell’articolo 568; 3) il giorno e l’ora dell’incanto; 4) il termine che deve decorrere tra il compimento delle forme di pubblicità e l’incanto, nonchè le eventuali forme di pubblicità straordinaria a norma dell’articolo 490 ultimo comma; 5) l’ammontare della cauzione e il termine entro il quale deve essere prestata dagli offerenti; 6) la misura minima dell’aumento da apportarsi alle offerte; 7) il termine, non superiore a sessanta giorni dall’aggiudicazione, entro il quale il prezzo deve essere depositato e le modalità del deposito. L’ordinanza è pubblicata a cura del cancelliere. Art. 576 (Contenuto del provvedimento che dispone la vendita) Il giudice dell’esecuzione, quando ordina l’incanto, stabilisce, sentito quando occorre un esperto: 1) se la vendita si deve fare in uno o più lotti; 2) il prezzo base dell’incanto determinato a norma dell’articolo 568; 3) il giorno e l’ora dell’incanto; 4) il termine che deve decorrere tra il compimento delle forme di pubblicità e l’incanto, nonché le eventuali forme di pubblicità straordinaria a norma dell’articolo 490 ultimo comma; 5) l’ammontare della cauzione in misura non superiore al decimo del prezzo base d’asta e il termine entro il quale tale ammontare deve essere prestato dagli offerenti; 6) la misura minima dell’aumento da apportarsi alle offerte; 7) il termine, non superiore a sessanta giorni dall’aggiudicazione, entro il quale il prezzo deve essere depositato e le modalità del deposito. L’ordinanza è pubblicata a cura del cancelliere. 291
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(La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) La cauzione per partecipare alla vendita con incanto non può superare il decimo del prezzo base. Art. 577 (Indivisibilità dei fondi) La divisione in lotti non può essere disposta se l’immobile costituisce un’unità colturale o se il frazionamento ne potrebbe impedire la razionale coltivazione. Art. 578 (Delega a compiere la vendita) Se una parte dei beni pignorati è situata nella circoscrizione di altro tribunale, con l’ordinanza che dispone la vendita il giudice dell’esecuzione può stabilire che l’incanto avvenga, per quella parte, davanti al tribunale del luogo in cui è situata. In tale caso, copia dell’ordinanza è trasmessa dal cancelliere al presidente del tribunale delegato, il quale nomina un giudice per l’esecuzione della vendita. Art. 579 (Persone ammesse agli incanti) Salvo quanto è disposto nell’articolo seguente, ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte all’incanto. Le offerte debbono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale. I procuratori legali possono fare offerte per persone da nominare. Art. 580 (Prestazione della cauzione) Per offrire all’incanto è necessario avere prestato la cauzione a norma dell’ordinanza di cui all’articolo 576, e avere depositato in cancelleria l’ammontare approssimativo delle spese di vendita. Se l’offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione e il deposito per le spese gli vengono restituiti dopo la chiusura dell’incanto. Art. 580 (Prestazione della cauzione) Per offrire all’incanto è necessario avere prestato la cauzione a norma dell’ordinanza di cui all’articolo 576. 292
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Se l’offerente non diviene aggiudicatario la cauzione è immediatamente restituita dopo la chiusura dell’incanto, salvo che lo stesso non abbia omesso di partecipare al medesimo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, senza documentato e giustificato motivo. In tale caso la cauzione è restituita solo nella misura dei nove decimi dell’intero e la restante parte è trattenuta come somma rinveniente a tutti gli effetti dall’esecuzione. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore, salvo non venga disposto nuovo incanto ) Per offrire all’incanto non è più necessario il deposito dell’ammontare delle spese di vendita, oltre alla cauzione (10% del prezzo base); se l’offerente non si rende aggiudicatario la cauzione è immediatamente restituita, a meno che l’offerente non abbia omesso di partecipare senza documentato e giustificato motivo all’incanto; in caso di ingiustificata mancata partecipazione la cauzione è restituita nella misura di nove decimi ed il resto è trattenuto come somma da distribuirsi nell’esecuzione. Art. 581 (Modalità dell’incanto) L’incanto ha luogo davanti al giudice dell’esecuzione, nella sala delle udienze pubbliche. Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base o l’offerta precedente nella misura indicata nelle condizioni di vendita. Allorché siano trascorsi tre minuti dall’ultima offerta senza che ne segua un’altra maggiore, l’immobile è aggiudicato all’ultimo offerente. Ogni offerente cessa di essere tenuto per la sua offerta quando essa è superata da un’altra, anche se poi questa è dichiarata nulla. Art. 582 (Dichiarazione di residenza o elezione di domicilio dell’aggiudicatario) L’aggiudicatario deve dichiarare la propria residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice che ha proceduto alla vendita. In mancanza le notificazioni e comunicazioni possono essergli fatte presso la cancelleria del giudice stesso.
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Art. 583 (Aggiudicazione per persona da nominare) Il procuratore legale, che è rimasto aggiudicatario per persona da nominare, deve dichiarare in cancelleria nei tre giorni dall’incanto il nome della persona per la quale ha fatto l’offerta, depositando il mandato. In mancanza, l’aggiudicazione diviene definitiva al nome del procuratore. Art. 584 (Offerte dopo l’incanto) Avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un sesto quello raggiunto nell’incanto. Tali offerte si fanno a norma dell’articolo 571 e, prima di procedere alla gara di cui all’articolo 573, il cancelliere dà pubblico avviso dell’offerta più alta a norma dell’articolo 570. Art. 584 (Offerte dopo l’incanto) Avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine perentorio di dieci giorni, ma esse non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un quinto quello raggiunto nell’incanto. Le offerte di cui al primo comma si fanno mediante deposito in cancelleria nelle forme di cui all’articolo 571, prestando cauzione per una somma pari al doppio della cauzione versata ai sensi dell’articolo 580. Il giudice, verificata la regolarità delle offerte, indice la gara, della quale il cancelliere dà pubblico avviso a norma dell’articolo 570 e comunicazione all’aggiudicatario fissando il termine perentorio entro il quale possono essere fatte ulteriori offerte a norma del secondo comma. Alla gara possono partecipare, oltre gli offerenti in aumento di cui ai commi precedenti e l’aggiudicatario, anche gli offerenti al precedente incanto che, entro il termine fissato dal giudice, abbiano integrato la cauzione nella misura di cui al secondo comma. Se nessuno degli offerenti in aumento partecipa alla gara indetta a norma del terzo comma, l’aggiudicazione diventa definitiva, ed il giudice pronuncia a carico degli offerenti di cui al primo comma, salvo che ricorra un documentato e giustificato motivo, la perdita della cauzione, il cui importo è trattenuto come rinveniente a tutti gli effetti dall’esecuzione. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore, salvo non venga disposto nuovo incanto) 294
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO La norma è stata riscritta; le offerte dopo l’incanto devono essere formulate nei dieci giorni dall’incanto e devono superare di un quinto (prima era il sesto) il prezzo raggiunto; devono essere accompagnate da una cauzione pari al doppio di quella prevista per l’incanto (20%); il giudice indice la gara, fissando il termine entro il quale possono essere fatte ulteriori offerte con la stessa cauzione pari al doppio di quella prevista per l’incanto; alla gara possono partecipare gli offerenti in aumento, l’aggiudicatario e gli offerenti al precedente incanto che abbiano integrato la cauzione fino al doppio nel termine fissato dal giudice; nel caso di diserzione della gara l’aggiudicazione diviene definitiva e viene pronunciata a carico dei primi offerenti in aumento (quelli che hanno offerto nei dieci giorni dall’incanto) la perdita della cauzione, il cui importo è trattenuto dall’esecuzione. Art. 585 (Versamento del prezzo) L’aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nel modo fissati dall’ordinanza che dispone la vendita a norma dell’articolo 576, e consegnare al cancelliere il documento comprovante l’avvenuto versamento. Se l’immobile è stato aggiudicato a un creditore ipotecario o l’aggiudicatario è stato autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice dell’esecuzione può limitare, con suo decreto, il versamento alla parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti. Art. 585 (Versamento del prezzo) L’aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nel modo fissati dall’ordinanza che dispone la vendita a norma dell’articolo 576, e consegnare al cancelliere il documento comprovante l’avvenuto versamento. Se l’immobile è stato aggiudicato a un creditore ipotecario o l’aggiudicatario è stato autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice dell’esecuzione può limitare, con suo decreto, il versamento alla parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti. Se il versamento del prezzo avviene con l’erogazione a seguito di contratto di finanziamento che preveda il versamento diretto delle somme erogate in favore della procedura e la garanzia ipotecaria di primo grado sul medesimo immobile oggetto di vendita, nel decreto di trasferimento deve essere indicato tale atto ed il Conservatore dei registri immobiliari non può eseguire la trascrizione del decreto se non unitamente all’iscrizione dell’ipoteca concessa dalla parte finanziata. 295
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(La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore salvo non venga disposto nuovo incanto) La novità consiste nell’aver regolato il caso in cui il pagamento del prezzo avvenga a seguito di contratto di finanziamento che preveda il versamento diretto delle somme erogate alla procedura e l’ipoteca di primo grado a favore del finanziatore. Essa è chiaramente volta a favorire la partecipazione alle vendite garantendo il finanziamento di chi eroga per conto dell’acquirente il pagamento. Art. 586 (Trasferimento del bene espropriato) Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, ovvero pronunciare decreto col quale trasferisce all’aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta nell’ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall’aggiudicatario a norma dell’articolo 508. Il decreto contiene altresì l’ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l’immobile venduto. Esso costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri fondiari e titolo esecutivo per il rilascio. Art. 586 (Trasferimento del bene espropriato) Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, ovvero pronunciare decreto col quale trasferisce all’aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta nell’ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall’aggiudicatario a norma dell’articolo 508. Il giudice con il decreto ordina anche la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie successive alla trascrizione del pignoramento. Il decreto contiene altresì l’ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l’immobile venduto. Esso costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri fondiari e titolo esecutivo per il rilascio. 296
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell’articolo 586. Con il decreto di trasferimento è ordinata anche la cancellazione delle trascrizioni di pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie anche se successive alla trascrizione del pignoramento. Art. 587 (Inadempienza dell’aggiudicatario) Se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, il giudice dell’esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell’aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto. Per il nuovo incanto si procede a norma degli articoli 576 e seguenti. Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza. Art. 588 (Esito negativo dell’incanto) Se la vendita all’incanto non ha luogo per mancanza di offerte, ogni creditore nel termine di dieci giorni può fare istanza di assegnazione a norma dell’articolo seguente. Art. 588 (Termine per l’istanza di assegnazione) Ogni creditore, nel termine di dieci giorni prima della data dell’incanto, può presentare istanza di assegnazione a norma dell’articolo 589 per il caso in cui la vendita all’incanto non abbia luogo per mancanza di offerte. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore, salvo non venga disposto nuovo incanto) L’istanza di assegnazione (per il caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo per mancanza di offerte) deve essere presentata dieci giorni prima della data dell’incanto; nella precedente formulazione l’istanza si poteva fare nei dieci giorni successivi.
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Art. 589 (Istanza di assegnazione) L’istanza di assegnazione deve contenere l’offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista nell’articolo 506 e al prezzo determinato a norma dell’articolo 568. Art. 589 (Istanza di assegnazione) L’istanza di assegnazione deve contenere l’offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista nell’articolo 506 ed al prezzo determinato a norma dell’articolo 568. Fermo quanto previsto al primo comma, se nella procedura non risulta che vi sia alcuno dei creditori di cui all’articolo 498 e se non sono intervenuti altri creditori oltre al procedente, questi può presentare offerta di pagamento di una somma pari alla differenza fra il suo credito in linea capitale e il prezzo che intende offrire, oltre le spese. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore; sono fatti salvi gli interventi depositati prima dell’1.3.2006) È stato aggiunto un comma per cui se nell’esecuzione non vi sono i creditori di cui all’art. 498 e se non sono intervenuti altri creditori, il procedente può chiedere l’assegnazione offrendo il pagamento di una somma pari alla differenza tra il suo credito per capitale ed il prezzo che intende offrire, oltre alle spese. Art. 590 (Provvedimento di assegnazione) Decorsi dieci giorni da quello dell’incanto andato deserto, il giudice dell’esecuzione dispone l’audizione delle parti e dei creditori iscritti non intervenuti. All’udienza il giudice, se vi sono domande di assegnazione, provvede su di esse, fissando il termine entro il quale l’assegnatario deve versare l’eventuale conguaglio. Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell’articolo 586. Art. 590 (Provvedimento di assegnazione) Se la vendita all’incanto non ha luogo per mancanza di offerte e vi sono 298
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO domande di assegnazione il giudice provvede su di esse fissando il termine entro il quale l’assegnatario deve versare l’eventuale conguaglio. Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell’articolo 586. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) La norma è stata riscritta per raccordarla con le novità introdotte. Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell’articolo 586. Art. 591 (Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto) All’udienza di cui all’articolo precedente il giudice dell’esecuzione, se non vi sono domande di assegnazione o se non crede di accoglierle, dispone l’amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure ordina che si proceda a nuovo incanto. In quest’ultimo caso, il giudice può stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore di un quinto a quello precedente. Art. 591 (Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto) Se non vi sono domande di assegnazione o se decide di non accoglierle, il giudice dell’esecuzione dispone l’amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure pronuncia nuova ordinanza ai sensi dell’articolo 576 perché si proceda a nuovo incanto. Il giudice può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore di un quarto a quello precedente. Il giudice, se stabilisce nuove condizioni di vendita o fissa nuovo prezzo, assegna altresì un nuovo termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a novanta, entro il quale possono essere proposte offerte d’acquisto ai sensi dell’articolo 571. Si applica il terzo comma, secondo periodo, dell’articolo 569. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) 299
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L’eventuale ribasso per il nuovo incanto diviene di un quarto (nella precedente formulazione era di un quinto); se vengono stabilite nuove condizioni di vendita o un nuovo prezzo, viene assegnato un nuovo termine per le offerte ai sensi dell’art. 571; viene applicato lo stesso procedimento previsto nell’art. 569, quanto alla fissazione dell’udienza per la deliberazione sull’offerta e per la gara, ovvero per la fissazione della vendita con incanto. Art. 591 bis (Delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto) Il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza con la quale provvede sull’istanza di vendita ai sensi dell’articolo 569, può, sentiti gli interessati, delegare ad un notaio avente sede nel circondario il compimento delle operazioni di vendita con incanto, di cui agli articoli 576 e seguenti. Il notaio delegato provvede: 1) alla determinazione del valore dell’immobile a norma dell’articolo 568, terzo comma, anche tramite l’ausilio di un esperto nominato dal giudice; 2) ad autorizzare l’assunzione dei debiti da parte dell’aggiudicatario o dell’assegnatario a norma dell’articolo 508; 3) sulle offerte dopo l’incanto a norma dell’articolo 584 e sul versamento del prezzo nella ipotesi di cui all’articolo 585, secondo comma; 4) alla fissazione degli ulteriori incanti o sulla istanza di assegnazione, ai sensi degli articoli 587, 590 e 591; 5) alla esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento, alla comunicazione dello stesso a pubbliche amministrazioni negli stessi casi previsti per le comunicazioni di atti volontari di trasferimento, nonché all’espletamento delle formalità di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie conseguenti al decreto di trasferimento pronunciato dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 586; 6) a ricevere o autenticare la dichiarazione di nomina di cui all’articolo 583; 7) alla formazione del progetto di distribuzione ed alla sua trasmissione al giudice dell’esecuzione che, dopo avervi apportato le eventuali variazioni, provvede ai sensi dell’articolo 596. In caso di delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto, il notaio provvede alla redazione dell’avviso avente il contenuto di cui all’articolo 576, primo comma, alla sua notificazione ai creditori di cui all’articolo 498, non intervenuti, nonché a tutti gli altri adempimenti previsti dagli articoli 576 e seguenti. Nell’avviso va specificato che tutte le attività, che, a norma degli arti300
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO coli 576 e seguenti, debbono essere compiute in cancelleria o davanti al giudice dell’esecuzione o dal cancelliere o dal giudice dell’esecuzione, sono effettuate dal notaio delegato presso il suo studio ovvero nel luogo da lui indicato. L’avviso deve inoltre contenere l’indicazione della destinazione urbanistica del terreno risultante dal certificato di destinazione urbanistica di cui all’art. 18 della legge 28.02.1985, n. 47, nonché le notizie di cui agli articoli 17 e 40 della citata legge n. 47 del 1985; in caso di insufficienza di tali notizie, tale da determinare le nullità di cui all’art. 17, primo comma, ovvero all’art. 40, secondo comma della citata legge n. 47 del 1985 ne va fatta menzione nell’avviso con avvertenza che l’aggiudicatario potrà, ricorrendone i presupposti, avvalersi delle disposizioni di cui all’art. 17, quinto comma, ed all’art. 40, sesto comma, della medesima legge n. 47 del 1985. Il notaio provvede altresì alla redazione del verbale d’incanto, che deve contenere le circostanze di luogo e di tempo nelle quali l’incanto si svolge, le generalità delle persone ammesse all’incanto, la descrizione delle attività svolte, la dichiarazione dell’aggiudicazione provvisoria con l’identificazione dell’aggiudicatario. Il verbale è sottoscritto esclusivamente dal notaio ed allo stesso non deve essere allegata la procura speciale di cui all’articolo 579, secondo comma. Se il prezzo non è stato versato nel termine, il notaio ne dà tempestivo avviso al giudice, trasmettendogli il fascicolo. Avvenuto il versamento del prezzo ai sensi degli articoli 585 e 590, terzo comma, il notaio predispone il decreto di trasferimento e trasmette senza indugio al giudice dell’esecuzione il fascicolo. Al decreto deve essere allegato il certificato di destinazione urbanistica di cui all’art. 18 della legge 28.02.1985, n. 47, che conserva validità per un anno dal suo rilascio, o, in caso di scadenza, altro certificato sostitutivo; nel decreto va pure fatta menzione della situazione urbanistica dell’immobile risultante dalla documentazione acquisita nel fascicolo processuale. Analogamente il notaio provvede alla trasmissione del fascicolo nel caso in cui non faccia luogo all’assegnazione o ad ulteriori incanti ai sensi dell’art. 591. Le somme versate dall’aggiudicatario sono depositate presso un istituto di credito indicato dal giudice. I provvedimenti di cui all’articolo 586 restano riservati al giudice dell’esecuzione anche in caso di delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto. Art. 591 bis (Delega delle operazioni di vendita) Il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza con la quale provvede sull’istanza di 301
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vendita ai sensi dell’articolo 569, terzo comma, può, sentiti gli interessati, delegare ad un notaio avente preferibilmente sede nel circondario o a un avvocato ovvero a un commercialista, iscritti nei relativi elenchi di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni di attuazione del presente codice, il compimento delle operazioni di vendita secondo le modalità indicate al terzo comma del medesimo articolo 569. Con la medesima ordinanza il giudice stabilisce il termine per lo svolgimento delle operazioni delegate, le modalità della pubblicità, il luogo di presentazione delle offerte ai sensi dell’articolo 571 e il luogo ove si procede all’esame delle offerte, alla gara tra gli offerenti e alle operazioni dell’eventuale incanto. Il professionista delegato provvede: 1) alla determinazione del valore dell’immobile a norma dell’articolo 568, terzo comma, tenendo anche conto della relazione redatta dall’esperto nominato dal giudice ai sensi dell’articolo 569, primo comma, e delle eventuali note depositate dalle parti ai sensi dell’art. 173 bis, quarto comma, delle disposizioni di attuazione del presente codice; 2) agli adempimenti previsti dall’art. 570 e, ove occorrenti, dall’art. 576, secondo comma; 3) alla deliberazione sull’offerta a norma dell’art. 572 e agli ulteriori adempimenti di cui agli artt. 573 e 574; 4) alle operazioni dell’incanto e alla aggiudicazione dell’immobile a norma dell’art. 581; 5) a ricevere o autenticare la dichiarazione di nomina di cui all’art. 583; 6) sulle offerte dopo l’incanto a norma dell’articolo 584 e sul versamento del prezzo nella ipotesi di cui all’articolo 585, secondo comma; 7) sulla istanza di assegnazione di cui all’art. 590; 8) alla fissazione del nuovo incanto e del termine per la presentazione di nuove offerte d’acquisto ai sensi dell’art. 591; 9) alla fissazione dell’ulteriore incanto nel caso previsto dall’art. 587; 10) ad autorizzare l’assunzione dei debiti da parte dell’aggiudicatario o dell’assegnatario a norma dell’art. 508; 11) alla esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento, alla comunicazione dello stesso a pubbliche amministrazioni negli stessi casi previsti per le comunicazioni di atti volontari di trasferimento nonché all’espletamento delle formalità di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie conseguenti al decreto di trasferimento pronunciato dal giudice del302
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO l’esecuzione ai sensi dell’articolo 586; 12) alla formazione del progetto di distribuzione ed alla sua trasmissione al giudice dell’esecuzione che, dopo avervi apportato le eventuali variazioni, provvede ai sensi dell’articolo 596; 13) ad ordinare alla banca o all’ufficio postale la restituzione delle cauzioni e di ogni altra somma direttamente versata mediante bonifico o deposito intestato alla procedura dagli offerenti non risultati aggiudicatari. La restituzione ha luogo nelle mani del depositante o mediante bonifico a favore degli stessi conti da cui sono pervenute le somme accreditate. Nell’avviso di cui all’art. 570 è specificato che tutte le attività, che, a norma degli articoli 571 e seguenti, devono essere compiute in cancelleria o davanti al giudice dell’esecuzione, o dal cancelliere o dal giudice dell’esecuzione, sono eseguite dal professionista delegato presso il suo studio ovvero nel luogo indicato nell’ordinanza di cui al primo comma. All’avviso si applica l’articolo 173-quater delle disposizioni di attuazione del presente codice. Il professionista delegato provvede altresì alla redazione del verbale delle operazioni di vendita, che deve contenere le circostanze di luogo e di tempo nelle quali le stesse si svolgono, le generalità delle persone presenti, la descrizione delle attività svolte, la dichiarazione dell’aggiudicazione provvisoria con l’identificazione dell’aggiudicatario. Il verbale è sottoscritto esclusivamente dal professionista delegato ed allo stesso non deve essere allegata la procura speciale di cui all’articolo 579, secondo comma. Se il prezzo non è stato versato nel termine, il professionista delegato ne dà tempestivo avviso al giudice, trasmettendogli il fascicolo. Avvenuto il versamento del prezzo con le modalità stabilite ai sensi degli articoli 574, 585 e 590, secondo comma, il professionista delegato predispone il decreto di trasferimento e trasmette senza indugio al giudice dell’esecuzione il fascicolo. Al decreto, se previsto dalla legge, deve essere allegato il certificato di destinazione urbanistica dell’immobile quale risultante dal fascicolo processuale. Il professionista delegato provvede alla trasmissione del fascicolo al giudice dell’esecuzione nel caso in cui non faccia luogo all’assegnazione o ad ulteriori incanti ai sensi dell’articolo 591. Contro il decreto previsto nel presente comma è proponibile l’opposizione di cui all’articolo 617. Le somme versate dall’aggiudicatario sono depositate presso una banca o su un conto postale indicati dal giudice. I provvedimenti di cui all’articolo 586 restano riservati al giudice dell’esecu303
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zione in ogni caso di delega al professionista delle operazioni di vendita. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore, salvo che sia disposta nuova vendita) La delega delle operazioni di vendita è prevista anche a favore di avvocati e commercialisti e riguarda non più solo la vendita con incanto; con l’ordinanza di delega il giudice stabilisce il termine per lo svolgimento delle operazioni delegate, le modalità della pubblicità, il luogo di presentazione delle offerte, quello ove si procede all’esame delle offerte, alla gara ed all’incanto; è prevista la proponibilità dell’opposizione di cui all’art. 617 contro il decreto di trasferimento predisposto dal professionista delegato. La delega risulta ampia ed al professionista sono delegate tutte le operazioni afferenti la vendita, dettagliatamente specificate nel testo dell’articolo, e come vedremo appresso possono includere anche il progetto di riparto. Art. 591 ter (Ricorso al giudice dell’esecuzione) Quando, nel corso delle operazioni di vendita con incanto, insorgono difficoltà, il notaio delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del notaio delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 617. Art. 591 ter (Ricorso al giudice dell’esecuzione) Quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del professionista delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 617. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) 304
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Alla figura del notaio delegato si è sostituita quella del professionista delegato. Ricordiamo che il Presidente del Tribunale formerà l’elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita e lo trasmetterà ai Giudici dell’esecuzione unitamente a copia delle schede informative sottoscritte da ciascuno di essi e presentate agli Ordini di competenza. SEZIONE IV Dell’amministrazione giudiziaria Art. 592 (Nomina dell’amministratore giudiziario)L’amministrazione giudiziaria dell’immobile è disposta per un tempo non superiore a tre anni e affidata a uno o più creditori o a un istituto all’uopo autorizzato, oppure allo stesso debitore se tutti i creditori vi consentono. All’amministratore si applica il disposto degli articoli 65 e seguenti. Art. 593 (Rendiconto) L’amministratore, nel termine fissato dal giudice dell’esecuzione, e in ogni caso alla fine di ciascun trimestre, deve presentare in cancelleria il conto della sua gestione e depositare le rendite disponibili nei modi stabiliti dal giudice. Al termine della gestione l’amministratore deve presentare il rendiconto finale. I conti parziali e quello finale debbono essere approvati dal giudice. Questi, con ordinanza non impugnabile, risolve le contestazioni che sorgono in merito ad essi, applicando le disposizioni degli articoli 263 e seguenti. Art. 594 (Assegnazione delle rendite) Durante il corso dell’amministrazione giudiziaria, il giudice dell’esecuzione può disporre che le rendite riscosse siano assegnate ai creditori secondo le norme degli articoli 596 e seguenti. Art. 595 (Cessazione dell’amministrazione giudiziaria) In ogni momento il creditore pignorante o uno dei creditori intervenuti può chiedere che il giudice dell’esecuzione, sentite le altre parti, proceda a nuovo incanto o all’assegnazione dell’immobile. Durante l’amministrazione giudiziaria ognuno può fare offerta d’acquisto a norma degli articoli 571 e seguenti.
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L’amministrazione cessa, e deve essere ordinato un nuovo incanto, quando viene a scadere il termine previsto nell’ordinanza di cui all’art. 592, tranne che il giudice, su richiesta di tutte le parti, non ritenga di poter concedere una o più proroghe che non prolunghino complessivamente l’amministrazione oltre i tre anni. SEZIONE V Della distribuzione della somma ricavata Art. 596 (Formazione del progetto di distribuzione) Se non si può provvedere a norma dell’articolo 510 primo comma, il giudice dell’esecuzione, non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinchè possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l’udienza per la loro audizione. Tra la comunicazione dell’invito e l’udienza debbono intercorrere almeno dieci giorni. Art. 596 (Formazione del progetto di distribuzione) Se non si può provvedere a norma dell’articolo 510 primo comma, il giudice dell’esecuzione o il professionista delegato a norma dell’art. 591 bis, non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l’udienza per la loro audizione. Tra la comunicazione dell’invito e l’udienza debbono intercorrere almeno dieci giorni. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore, salvo che non sia disposta nuova vendita) La modifica si limita ad includere il professionista delegato tra coloro che possono provvedere a formare il progetto di distribuzione. Art. 597 (Mancata comparizione) La mancata comparizione alla prima udienza e in quella fissata a norma dell’art. 306
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO 485 ultimo comma importa approvazione del progetto per gli effetti di cui all’articolo seguente. Art. 598 (Approvazione del progetto) Se il progetto è approvato o si raggiunge l’accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il giudice dell’esecuzione ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dell’articolo 512. Art. 598 (Approvazione del progetto) Se il progetto è approvato o si raggiunge l’accordo tra tutte le parti, se ne da’ atto nel processo verbale e il giudice dell’esecuzione o il professionista delegato a norma dell’art. 591 bis ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dell’articolo 512. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore salvo che non sia disposta nuova vendita) Anche il professionista delegato può ordinare il pagamento in favore dei creditori a seguito dell’approvazione del progetto di distribuzione o del raggiungimento dell’accordo tra le parti. CAPO V Dell’espropriazione di beni indivisi Art. 599 (Pignoramento) Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore. In tal caso del pignoramento è notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice. Art. 600 (Convocazione dei comproprietari) Il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore pignorante o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore. Se la separazione non è possibile, può ordinare la vendita della quota indivisa o disporre che si proceda alla divisione a norma del codice civile. 307
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Art. 600 (Convocazione dei comproprietari) Il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore pignorante o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore. Se la separazione in natura non è chiesta o non è possibile, il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, salvo che ritenga probabile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa, determinato a norma dell’articolo 568. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) È stato introdotto il principio che, se non è chiesta o non è possibile la separazione in natura, deve essere disposta la divisione, salvo che il Giudice ritenga probabile la vendita della quota indivisa almeno al prezzo di stima. Vedi anche art. 181 disp. att. c.p.c. Art. 601 (Divisione) Se si deve procedere alla divisione, l’esecuzione è sospesa finché sulla divisione stessa non sia intervenuto un accordo fra le parti o pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all’articolo 627. Avvenuta la divisione, la vendita o l’assegnazione dei beni attribuiti al debitore ha luogo secondo le norme contenute nei capi precedenti. CAPO VI Dell’espropriazione contro il terzo proprietario Art. 602 (Modo dell’espropriazione) Quando oggetto dell’espropriazione è un bene gravato da pegno o da ipoteca per un debito altrui, oppure un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode, si applicano le disposizioni contenute nei capi precedenti, in quanto non siano modificate dagli articoli che seguono. Art. 603 (Notificazione del titolo esecutivo e del precetto) Il titolo esecutivo e il precetto debbono essere notificati anche al terzo. Nel precetto deve essere fatta espressa menzione del bene del terzo che si intende espropriare. 308
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 604 (Disposizioni particolari) Il pignoramento e in generale gli atti d’espropriazione si compiono nei confronti del terzo, al quale si applicano tutte le disposizioni relative al debitore, tranne il divieto di cui all’art. 579 primo comma. Ogni volta che a norma dei capi precedenti deve essere sentito il debitore, è sentito anche il terzo. TITOLO III Dell’esecuzione per consegna o rilascio Art. 605 (Precetto per consegna o rilascio) Il precetto per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili deve contenere, oltre le indicazioni di cui all’art. 480, anche la descrizione sommaria dei beni stessi. Se il titolo esecutivo dispone circa il termine della consegna o del rilascio, l’intimazione va fatta con riferimento a tale termine. Art. 606 (Modo della consegna) Decorso il termine indicato nel precetto, l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo in cui le cose si trovano e le ricerca a norma dell’art. 513; quindi ne fa consegna alla parte istante o a persona da lei designata. Art. 607 (Cose pignorate) Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna non può avere luogo, e la parte istante deve fare valere le sue ragioni mediante opposizione a norma degli articoli 619 e seguenti. Art. 608 (Modo del rilascio) L’ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procederà. Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall’articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. 309
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Art. 608 (Modo del rilascio) L’esecuzione inizia con la notifica dell’avviso con il quale l’ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procederà. Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall’articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) È stato espressamente introdotto il principio per cui l’esecuzione inizia con la notifica dell’avviso di sloggio. Pertanto vanno “in archivio” la giurisprudenza e la dottrina che si sono confrontate su quale fosse il momento di inizio dell’esecuzione per consegna o rilascio. Il termine di notifica dell’avviso di sloggio è stato portato dai 3 ai 10 giorni prima. Art. 608 bis (Estinzione dell’esecuzione per rinuncia della parte istante) L’esecuzione di cui all’articolo 605 si estingue se la parte istante prima della consegna o del rilascio, rinuncia con atto da notificarsi alla parte esecutata e da consegnarsi all’ufficiale giudiziario procedente. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) È stato disciplinato e formalizzato l’istituto della rinuncia all’esecuzione per rilascio, precedentemente non previsto. Art. 609 (Provvedimenti circa i mobili estranei all’esecuzione) Se nell’immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio e che non debbono essere consegnate, l’ufficiale giudiziario, se la stessa parte non le asporta immediatamente, può disporne la custodia sul posto anche a cura della parte istante, se consente di custodirle, o il trasporto in altro luogo. Se le cose sono pignorate o sequestrate, l’ufficiale giudiziario dà immediatamente notizia dell’avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al giudice dell’esecuzione per l’eventuale sostituzione del custode.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 610 (Provvedimenti temporanei) Se nel corso dell’esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell’escuzione, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti. Art. 611 (Spese dell’esecuzione) Nel processo verbale l’ufficiale giudiziario specifica tutte le spese anticipate dalla parte istante. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell’esecuzione con decreto che costituisce titolo esecutivo Art. 611 (Spese dell’esecuzione) Nel processo verbale l’ufficiale giudiziario specifica tutte le spese anticipate dalla parte istante. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell’esecuzione a norma degli artt. 91 e seguenti con decreto che costituisce titolo esecutivo. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell’esecuzione a norma degli artt. 91 (in questo richiamo sta l’unica novità) e seguenti, sempre con decreto. TITOLO IV Dell’esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare Art. 612 (Provvedimento) Chi intende ottenere l’esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell’esecuzione che siano determinate le modalità dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell’opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta.
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Art. 613 (Difficoltà sorte nel corso dell’esecuzione) L’ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica e deve chiedere al giudice dell’esecuzione le opportune disposizioni per eliminare le difficoltà che sorgono nel corso dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione provvede con decreto. Art. 614 (Rimborso delle spese) Al termine dell’esecuzione o nel corso di essa, la parte istante presenta al giudice dell’esecuzione la nota delle spese anticipate vistata dall’ufficiale giudiziario, con domanda di decreto d’ingiunzione. Il giudice dell’esecuzione, quando riconosce giustificate le spese denunciate, provvede con decreto a norma dell’articolo 642. TITOLO V Delle opposizioni CAPO I Delle opposizioni del debitore e del terzo assoggettato all’esecuzione SEZIONE I Delle opposizioni all’esecuzione Art. 615 (Forma dell’opposizione) Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’articolo 27. Quando è iniziata l’esecuzione, l’opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sè e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Art. 615 (Forma dell’opposizione) Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’articolo 27. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo. 312
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Quando è iniziata l’esecuzione, l’opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sè e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) Si è espressamente prevista la facoltà per il Giudice dell’opposizione all’esecuzione, prima che la stessa sia iniziata, di sospendere l’efficacia esecutiva del titolo. Tale facoltà non era riconosciuta al Giudice dell’opposizione a precetto, che non aveva il potere di sospendere l’esecutività del titolo nell’arco di tempo che va dal precetto all’inizio della vera e propria esecuzione. Art. 616 (Provvedimenti del giudice dell’esecuzione) Se competente per la causa è l’Ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione, questi provvede all’istruzione a norma degli artt. 175 e segg.; altrimenti rimette le parti davanti all’Ufficio giudiziario competente per valore, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa. Art. 616 (Provvedimenti sul giudizio di cognizione introdotto dall’opposizione) Se competente per la causa è l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione, questi fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163 bis, o altri se previsti, ridotti della metà, altrimenti rimette la causa dinanzi all’ufficio giudiziario competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa. La causa è decisa con sentenza non impugnabile. (La norma entra in vigore il 1° marzo 2006) La novità consiste nel fatto che il giudice dell’esecuzione non può più essere, nel rispetto dell’art. 111 della Costituzione, il giudice che decide il merito della causa; viene così statuita l’incompatibilità tra giudice dell’esecuzione e giudice del merito. Questo principio espresso per le opposizioni all’esecuzione si ritrova espresso anche per le opposizioni di terzo ed agli atti esecutivi.
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Rilevante la novità della non impugnabilità della sentenza. Si applica pertanto anche alle opposizioni all’esecuzione il regime della non impugnabilità già previsto per le opposizioni agli atti esecutivi. Resta unico rimedio il ricorso per cassazione. Da segnalare, vedi disposizioni di attuazione, l’applicabilità del rito camerale.
SEZIONE II Delle opposizioni agli atti esecutivi Art. 617 (Forma dell’opposizione) Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di cinque giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto. Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell’inizio dell’esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione nel termine perentorio di cinque giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti. Art. 617 (Forma dell’opposizione) Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto. Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell’inizio dell’esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore)
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Il termine per le opposizioni agli atti esecutivi è stato portato da cinque a venti giorni. Art. 618 (Provvedimenti del giudice dell’esecuzione) Il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, e dà, nei casi urgenti i provvedimenti opportuni. All’udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili e provvede a norma degli articoli 175 e seguenti all’istruzione della causa, che è poi decisa con sentenza non impugnabile. Sono altresì non impugnabili le sentenze pronunciate a norma dell’articolo precedente primo comma. Art. 618 (Provvedimenti del giudice dell’esecuzione) Il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, e dà, nei casi urgenti i provvedimenti opportuni. All’udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura. In ogni caso fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163 bis, o altri se previsti, ridotti della metà. La causa è decisa con sentenza non impugnabile. Sono altresì non impugnabili le sentenze pronunciate a norma dell’articolo precedente primo comma. (La norma entra in vigore il 1° marzo 2006) Si richiama quando scritto con riferimento all’art. 616. Il giudice dell’esecuzione non può essere quello che decide il merito; lo stesso Relatore del Disegno di Legge –on. Kessler- così si esprime sulla necessità di sancire questa incompatibilità: “tanto più urgente da rimuovere ove tali giudizi sono divenuti monocratici e addirittura, come per le opposizioni agli atti esecutivi, conservano l’unico rimedio del ricorso per cassazione”. Rimane la non impugnabilità delle decisioni. Si applica anche alle opposizioni agli atti esecutivi il rito camerale.
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SEZIONE III Opposizioni in materia di lavoro, di previdenza e di assistenza Art. 618 bis (Procedimento) Per le materie trattate nei capi I e II del titolo IV del libro secondo, le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi sono disciplinate dalle norme previste per le controversie individuali di lavoro in quanto applicabili. Resta ferma la competenza del giudice dell’esecuzione nei casi previsti dal secondo comma dell’articolo 615 e dal secondo comma dell’articolo 617. Art. 618 bis (Procedimento) Per le materie trattate nei capi I e II del titolo IV del libro secondo, le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi sono disciplinate dalle norme previste per le controversie individuali di lavoro in quanto applicabili. Resta ferma la competenza del giudice dell’esecuzione nei casi previsti dal secondo comma dell’articolo 615 e dal secondo comma dell’articolo 617 nei limiti dei provvedimenti assunti con ordinanza. (La norma entra in vigore il 1° marzo 2006) Viene precisato che la competenza del giudice dell’esecuzione per le controversie in materia di lavoro e di previdenza deve intendersi limitata ai soli provvedimenti assunti con ordinanza. CAPO II Delle opposizioni di terzi Art. 619 (Forma dell’opposizione) Il terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni. Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Se all’udienza le parti non raggiungono un accordo, il giudice, quando è competente l’Ufficio giudiziario al quale appartiene, provvede all’istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti; altrimenti fissa all’opponente un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti all’Ufficio giudiziario competente per valore. 316
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Art. 619 (Forma dell’opposizione) Il terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni. Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Se all’udienza le parti raggiungono un accordo il giudice ne dà atto con ordinanza, adottando ogni altra decisione idonea ad assicurare, se del caso, la prosecuzione del processo esecutivo ovvero ad estinguere il processo, statuendo altresì in questo caso anche sulle spese; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell’art. 616 tenuto conto della competenza per valore. (La norma entra in vigore il 1° marzo 2006) Si richiama quando scritto con riferimento all’art. 616. Il giudice dell’esecuzione non può essere quello che decide il merito; egli rimane competente solo per le statuizioni riguardanti la sospensione dell’esecuzione, il merito deve essere deciso da altro giudice mediante l’introduzione di nuovo giudizio. L’opposizione di terzo non è, ovviamente, gravata dalla non impugnabilità della sentenza che la decide (a differenza dell’opposizione al esecuzione ed agli atti esecutivi). L’opponente, il creditore e il debitore compaiono avanti il giudice dell’esecuzione e se non viene raggiunto un accordo il giudice provvede con ordinanza; può essere anche dichiarata l’estinzione del procedimento con pronuncia sulle spese. Art. 620 (Opposizione tardiva) Se in seguito all’opposizione il giudice non sospende la vendita dei beni mobili o se l’opposizione è proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata. Art. 621 (Limiti della prova testimoniale) Il terzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, tranne che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore. Art. 622 (Opposizione della moglie del debitore)
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TITOLO VI Della sospensione e dell’estinzione del processo CAPO I Della sospensione del processo Art. 623 (Limiti della sospensione) Salvo che la sospensione sia disposta dalla legge o dal giudice davanti al quale è impugnato il titolo esecutivo, l’esecuzione forzata non può essere sospesa che con provvedimento del giudice dell’esecuzione. Art. 624 (Sospensione per opposizione all’esecuzione) Se è proposta opposizione all’esecuzione a norma degli articoli 615 secondo comma e 619, il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza. Il giudice sospende totalmente o parzialmente la distribuzione della somma ricavata quando sorge una delle controversie previste nell’articolo 512. Art. 624 (Sospensione per opposizione all’esecuzione) Se è proposta opposizione all’esecuzione a norma degli articoli 615 e 619, il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi motivi sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza. Contro l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione è ammesso reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche al provvedimento di cui all’articolo 512, secondo comma. Nei casi di sospensione del processo disposta ai sensi del primo comma e non reclamata, nonché disposta o confermata in sede di reclamo, il giudice che ha disposto la sospensione dichiara con ordinanza non impugnabile l’estinzione del pignoramento, previa eventuale imposizione di cauzione e con salvezza degli atti compiuti, su istanza dell’opponente alternativa all’instaurazione del giudizio di merito sull’opposizione, fermo restando in tal caso il suo possibile promovimento da parte di ogni altro interessato; l’autorità dell’ordinanza di estinzione pronunciata ai sensi del presente comma non è invocabile in un diverso processo. La disposizione di cui al terzo comma si applica, in quanto compatibile, anche al caso di sospensione del processo disposta ai sensi degli articoli 618 e 618-bis. 318
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO (La norma entra in vigore il 1° marzo 2006) È stato in parte riscritto l’art. 624 prevedendo che nei casi di opposizione all’esecuzione e di opposizione di terzo il giudice può sospendere l’esecuzione. Si è prevista la possibilità di proporre impugnativa avverso i provvedimenti riguardanti la sospensione per opposizione all’esecuzione nelle forme del reclamo previsto per i procedimenti cautelari. In precedenza l’unico rimedio ritenuto ammissibile era l’opposizione agli atti esecutivi; tale reclamo è ora previsto anche per il provvedimento in materia di sospensione della distribuzione. È stata abrogata la vecchia formulazione del secondo comma per adeguarla alle novità introdotte nell’art. 512 c.p.c. Analogo reclamo è ammissibile anche per i provvedimenti che negano la sospensione nelle controversie insorte tra i creditori concorrenti, o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’esecuzione ex art. 512 c.p.c. La parte maggiormente interessante della novità consiste nella maggiore stabilità data all’ordinanza di sospensione, con effetti –su istanza dell’opponente- di efficacia estintiva del pignoramento, quando ad essa sia stata fatta acquiescenza dalla parte opposta, o nelle ipotesi che la sospensione sia confermata o disposta dal Collegio in sede di reclamo. Non diventa così necessario dovere instaurare il giudizio di merito. La norma, ha osservato il Relatore Kessler, è sostanzialmente analoga al nuovo regime introdotto per i procedimenti cautelari dalla Legge 80 ed è improntata ad evidenti criteri di economicità processuale. È fatta salva la possibilità che altri interessati possano tuttavia promuovere il giudizio di opposizione anche per la fase di merito, e viene ribadito il principio, che si ritrova per i cautelari, che il provvedimento non fa stato. La disposizione si applica anche nelle opposizioni agli atti esecutivi, in quanto compatibile. Art. 624 bis (Sospensione su istanza delle parti) Il giudice dell’esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, può, sentito il debitore, sospendere il processo fino a ventiquattro mesi. L’istanza può essere proposta fino a venti giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto o, nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo, fino a quindici giorni prima dell’incanto. Sull’istanza il giudice provvede nei dieci giorni successivi al deposito, e, se l’accoglie, dispone, nei casi di cui al secondo comma dell’art. 490, che, nei cinque giorni successivi al deposito del provvedimento di sospen319
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE sione, lo stesso sia comunicato al custode e pubblicato sul sito internet sul quale è pubblicata la relazione di stima. La sospensione è disposta per una sola volta. L’ordinanza è revocabile in qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore e sentito comunque il debitore. Entro dieci giorni dalla scadenza del termine la parte interessata deve presentare istanza per la fissazione dell’udienza in cui il processo deve proseguire. Nelle espropriazioni mobiliari l’istanza per la sospensione può essere presentata non oltre la fissazione della data di asporto dei beni ovvero fino a dieci giorni prima della data della vendita se questa deve essere espletata nei luoghi in cui essi sono custoditi e, comunque, prima della effettuazione della pubblicità commerciale ove disposta. Nelle espropriazioni presso terzi l’istanza di sospensione non può più essere proposta dopo la dichiarazione del terzo. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006) La previsione di una sospensione volontaria del processo esecutivo è nuova, tende a favorire un bonario componimento delle posizioni debitorie lasciando la possibilità ai creditori di chiederne la revoca in qualsiasi momento. Su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo e sentito il debitore, l’esecuzione può essere sospesa fino a ventiquattro mesi, per una sola volta; l’ordinanza di sospensione è revocabile in qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore e sentito il debitore. L’istanza può essere proposta nelle esecuzioni immobiliari fino a venti giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto o, nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo, fino a quindici giorni prima dell’incanto. Il comma aggiunto dalle modifiche del D.d.l. Kessler si propone di anticipare nelle esecuzioni mobiliari l’eventuale introduzione di contenziosi che se tardivamente proposti compromettono l’ordinato svolgimento della procedura e si traducono in un aggravio per il procedente; pertanto l’istanza di sopensione non può essere proposta dopo che sia stato fissato l’asporto, o dieci giorni prima della vendita se la stessa avviene in loco e, in ogni caso, va proposta prima che il creditore abbia sostenuto gli oneri della pubblicità della vendita. Art. 625 (Procedimento) Sull’istanza per la sospensione del processo di cui all’articolo precedente, il giudice dell’esecuzione provvede con ordinanza, sentite le parti. 320
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Nei casi urgenti, il giudice può disporre la sospensione con decreto, nel quale fissa l’udienza di comparizione delle parti. All’udienza provvede con ordinanza. Art. 626 (Effetti della sospensione) Quando il processo è sospeso, nessun atto esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione. Art. 627 (Riassunzione) Il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d’appello che rigetta l’opposizione. Art. 628 (Sospensione del termine d’efficacia del pignoramento) L’opposizione ai singoli atti esecutivi sospende il decorso del termine previsto nell’art. 497. CAPO II Dell’estinzione del processo Art. 629 (Rinuncia) Il processo si estingue se, prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti. Dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti. In quanto possibile, si applicano le disposizioni dell’articolo 306. Art. 630 (Inattività delle parti) Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, il processo esecutivo si estingue quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice. L’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa, salvo il disposto dell’articolo successivo. L’estinzione è dichiarata con ordinanza del giudice dell’esecuzione, la quale è comunicata a cura del cancelliere, se è pronunciata fuori dall’udienza. 321
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE
Contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione ovvero rigetta l’eccezione relativa è ammesso reclamo con l’osservanza delle forme di cui all’articolo 178 terzo, quarto e quinto comma. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza. (vedi C. Cost. nr. 195/1981 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, terzo comma, nella parte in cui non estende, in relazione all'art. 629 C.p.c., il reclamo previsto dall'art. 630, ultimo comma, all'ordinanza del giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'estinzione del processo esecutivo per rinuncia agli atti.) Art. 630 (Inattività delle parti) Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, il processo esecutivo si estingue quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice. L’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa, salvo il disposto dell’articolo successivo. L’estinzione è dichiarata con ordinanza del giudice dell’esecuzione, la quale è comunicata a cura del cancelliere, se è pronunciata fuori dall’udienza. Contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione ovvero rigetta l’eccezione relativa è ammesso reclamo da parte del debitore o del creditore pignorante ovvero degli altri creditori intervenuti nel termine perentorio di venti giorni dall’udienza o dalla comunicazione dell’ ordinanza e con l’osservanza delle forme di cui all’articolo 178 terzo, quarto e quinto comma. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore) Il termine per il reclamo è stato aumentato a venti giorni dall’udienza o dalla comunicazione dell’ordinanza che dichiara l’estinzione (in precedenza era di dieci giorni); si sono espressamente indicati i soggetti legittimati a proporre reclamo; la mancata inclusione tra essi dell’aggiudicatario e dell’offerente in aumento del quinto pone fine alle discussioni dottrinali sulla legittimazione di questi a proporre reclamo. Costante la presenza del debitore, oramai qualificabile come vera parte interessata a tutti gli atti, anche di prosecuzione del processo esecutivo. Art. 631 (Mancata comparizione all’udienza) Se nel corso del processo esecutivo nessuna delle parti si presenta all’udienza, il giudice dell’esecuzione fissa una udienza successiva di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti. 322
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO TERZO Se nessuna delle parti si presenta alla nuova udienza, il giudice dichiara con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo. Si applica l’ultimo comma dell’articolo precedente. Art. 631 (Mancata comparizione all’udienza) Se nel corso del processo esecutivo nessuna delle parti si presenta all’udienza, fatta eccezione per quella in cui ha luogo la vendita, il giudice dell’esecuzione fissa una udienza successiva di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti. Se nessuna delle parti si presenta alla nuova udienza, il giudice dichiara con ordinanza l’estinzione de processo esecutivo. Si applica l’ultimo comma dell’articolo precedente. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore; per le vendite disposte dopo tale data – anche se riferentesi a procedure pendenti- si applicherà la novella) La novità consiste nell’aver escluso la necessaria partecipazione del creditore all’udienza in cui ha luogo la vendita. Viene così superato il contrasto in dottrina e giurisprudenza sulla necessarietà della presenza dei creditori all’udienza in cui ha luogo l’incanto. Si rafforza il concetto che l’incanto è solo il momento terminale di un procedimento iniziato con l’istanza di vendita e che la partecipazione della parte è essenziale solo all’udienza di cui all’art. 569 c.p.c. Art. 632 (Effetti dell’estinzione del processo) Con l’ordinanza che pronuncia l’estinzione è disposta sempre la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Con la medesima ordinanza il giudice dell’esecuzione provvede alla liquidazione delle spese sostenute dalle parti, se richiesto, e alla liquidazione dei compensi spettanti all’eventuale delegato ai sensi dell’articolo 591- bis. Se l’estinzione del processo esecutivo si verifica prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, essa rende inefficaci gli atti compiuti; se avviene dopo l’aggiudicazione o l’assegnazione, la somma ricavata è consegnata al debitore. Avvenuta l'estinzione del processo, il custode rende al debitore il conto, che è discusso e chiuso davanti al giudice dell'esecuzione. Si applica la disposizione dell'articolo 310 ultimo comma. 323
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE LIBRO QUARTO DEI PROCEDIMENTI SPECIALI TITOLO I Dei procedimenti sommari CAPO I Del procedimento d’ingiunzione Art. 633 (Condizioni di ammissibilità) Su domanda di chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili, o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna: 1) se del diritto fatto valere si dà prova scritta; 2) se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo; 3) se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata. L’ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione o da una condizione, purché il ricorrente offra elementi atti a far presumere l’adempimento della controprestazione o l’avveramento della condizione. Art. 634 (Prova scritta) Sono prove scritte idonee a norma del n. 1 dell’articolo precedente le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal Codice civile. Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonchè per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano un’attività commerciale, anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli artt. 2214 e segg. del Codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture. 324
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 635 (Prova scritta per i crediti dello Stato e degli enti pubblici) Per i crediti dello Stato, o di enti o istituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato, sono prove idonee anche i libri o registri della pubblica Amministrazione, quando un funzionario all’uopo autorizzato o un notaio ne attesta la regolare tenuta a norma delle leggi e dei regolamenti. Restano salve le disposizioni delle leggi sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli enti o istituti sopra indicati. Per i crediti derivanti da omesso versamento agli enti di previdenza e di assistenza dei contributi relativi ai rapporti indicati nell’art. 459, sono altresì prove idonee gli accertamenti eseguiti dall’Ispettorato corporativo e dai funzionari degli enti. Art. 636 (Parcella delle spese e prestazioni) Nei casi previsti nei numeri 2 e 3 dell’art. 633, la domanda deve esser accompagnata dalla parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale. Il parere non occorre se l’ammontare delle spese e delle prestazioni è determinato in base a tariffe obbligatorie. Il giudice, se non rigetta il ricorso a norma dell’articolo 640, deve attenersi al parere nei limiti della somma domandata, salva la correzione degli errori materiali. Art. 637 (Giudice competente) Per l’ingiunzione è competente il giudice di pace o, in composizione monocratica, il tribunale che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria. Per i crediti previsti nel n. 2 dell’art. 633 è competente anche l’ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito si riferisce. Gli avvocati o i notai possono altresì proporre domanda d’ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per valore del luogo ove ha sede il consiglio dell’ordine al cui albo sono iscritti o il consiglio notarile dal quale dipendono. Art. 638 (Forma della domanda e deposito) La domanda d’ingiunzione si propone con ricorso contenente, oltre i requisiti indicati nell’art. 125, l’indicazione delle prove che si producono. Il ricorso deve contenere altresì l’indicazione del procuratore del ricorrente oppure, quando è 325
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito. Se manca l’indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente possono essere fatte presso la cancelleria. Il ricorso è depositato in cancelleria insieme con i documenti che si allegano: questi non possono essere ritirati fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto d’ingiunzione a norma dell’articolo 641. Art. 639 (Ricorso per consegna di cose fungibili) Quando la domanda riguarda la consegna di una determinata quantità di cose fungibili, il ricorrente deve dichiarare la somma di danaro che è disposto ad accettare in mancanza della prestazione in natura, a definitiva liberazione dell’altra parte. Il giudice, se ritiene la somma dichiarata non proporzionata, prima di pronunciare sulla domanda può invitare il ricorrente a produrre un certificato della Camera di commercio, artigianato ed agricoltura. Art. 640 (Rigetto della domanda) Il giudice, se ritiene insufficientemente giustificata la domanda, dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo a provvedere alla prova. Se il ricorrente non risponde all’invito o non ritira il ricorso oppure se la domanda non è accoglibile, il giudice la rigetta con decreto motivato. Tale decreto non pregiudica la riproposizione della domanda, anche in via ordinaria. Art. 641 (Accoglimento della domanda) Se esistono le condizioni previste nell’art. 633, il giudice, con decreto motivato da emettere entro trenta giorni dal deposito del ricorso, ingiunge all’altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste o invece di queste la somma di cui all’art. 639 nel termine di quaranta giorni , con l’espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione a norma degli articoli seguenti e che, in mancanza di opposizione, si procederà ad esecuzione forzata. Quando concorrono giusti motivi, il termine può essere ridotto sino a dieci giorni oppure aumentato a sessanta . Se l’intimato risiede in uno degli altri Stati dell’Unione europea, il termine è di cinquanta giorni e può essere ridotto fino a venti giorni. Se l’intimato risiede in altri Stati, il termine è di sessanta giorni e, comunque, non può essere inferiore a trenta né superiore a centoventi. 326
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Nel decreto, eccetto per quello emesso sulla base di titoli che hanno già efficacia esecutiva secondo le vigenti disposizioni, il giudice liquida le spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento. Art. 642 (Esecuzione provvisoria) Se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell’opposizione. L’esecuzione provvisoria può essere concessa anche se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ma il giudice può imporre al ricorrente una cauzione. In tali casi il giudice può anche autorizzare l’esecuzione senza l’osservanza del termine di cui all’art. 482. Art. 642 (Esecuzione provvisoria) Se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell’opposizione. L’esecuzione provvisoria può essere concessa anche se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo ovvero se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere, il giudice può imporre al ricorrente una cauzione. In tali casi il giudice può anche autorizzare l’esecuzione senza l’osservanza del termine di cui all’art. 482. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Viene previsto che, se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore e comprovante il diritto fatto valere, il giudice può concedere l’esecuzione provvisoria, indipendentemente dalla dimostrazione del grave pregiudizio. La norma tende ad anticipare gli effetti del 648 c.p.c.; la modifica appare in linea con le aspettative del mercato e degli operatori, nell’ottica di disincentivare tutte quelle controversie meramente dilatorie con le quali – prima di tale innovazione – il debitore resisteva in giudizio al solo fine di ritardare l’aggressione da parte del creditore. 327
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Nella norma si fa riferimento al termine “documentazione”e non si richiede alcuna autenticazione della sottoscrizione. A tale riguardo sarà opportuno considerare le novità sul valore probatorio della “posta elettronica certificata e firmata” Art. 643 (Notificazione del decreto) L’originale del ricorso e del decreto rimane depositato in cancelleria. Il ricorso e il decreto sono notificati per copia autentica a norma degli articoli 137 e seguenti. La notificazione determina la pendenza della lite. Art. 644 (Mancata notificazione del decreto) Il decreto di ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio della Repubblica e di novanta giorni negli altri casi; ma la domanda può essere riproposta. Art. 645 (Opposizione) L’opposizione si propone davanti all’Ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente nei luoghi di cui all’art. 638. Contemporaneamente l’ufficiale giudiziario deve notificare avviso dell’opposizione al cancelliere affinché ne prenda nota sull’originale del decreto. In seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito; ma i termini di comparizione sono ridotti a metà. Art. 646 (Opposizione ai decreti riguardanti crediti di lavoro) Quando il decreto è stato pronunciato per crediti dipendenti da rapporti individuali di lavoro, entro cinque giorni dalla notificazione l’atto di opposizione deve essere denunciato a norma dell’articolo 430 all’associazione sindacale legalmente riconosciuta alla quale appartiene l’opponente. In tale caso il termine per la comparizione in giudizio decorre dalla scadenza del ventesimo giorno successivo a quello della notificazione dell’opposizione. Durante il corso del termine stabilito per il tentativo di conciliazione, l’opponente può chiedere con ricorso al giudice la sospensione dell’esecuzione prov328
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO visoria del decreto. Il giudice provvede con decreto, che, in caso di accoglimento dell’istanza, deve essere notificato alla controparte. Norma abrogata per effetto della nuova formulazione dell'art. 430.) Art. 647 (Esecutorietà per mancata opposizione o per mancata attività dell’opponente) Se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito, oppure l’opponente non si è costituito, il giudice che ha pronunciato il decreto, su istanza anche verbale del ricorrente, lo dichiara esecutivo. Nel primo caso il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione, quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto. Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo a norma del presente articolo, l’opposizione non può essere più proposta né proseguita, salvo il disposto dell’art. 650, e la cauzione eventualmente prestata è liberata. Art. 648 (Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione) Il giudice istruttore, se l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può concedere, con ordinanza non impugnabile, l’esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia già stata concessa a norma dell’articolo 642. Il giudice concede l’esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l’opposizione sia proposta per vizi procedurali. Deve in ogni caso concederla, se la parte che l’ha chiesta offre cauzione per l’ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni. (vedi C. Cost. nr. 137/1984, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, secondo comma, nella parte in cui dispone che nel giudizio di opposizione il giudice istruttore, se la parte che ha chiesto l'esecuzione provvisoria del decreto di ingiunzione offre cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni, debba e non già possa concederla solo dopo aver deliberato gli elementi probatori di cui all'art. 648 e la corrispondenza dell'offerta cauzione all'entità degli oggetti indicati nel secondo comma dello stesso art. 648.) Art. 649 (Sospensione dell’esecuzione provvisoria) Il giudice istruttore, su istanza dell’opponente, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto concessa a norma dell’articolo 642. 329
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 650 (Opposizione tardiva) L’intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. In questo caso l’esecutorietà può essere sospesa a norma dell’articolo precedente. L’opposizione non è più ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione. (vedi C. Cost. nr. 120/1976, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, primo comma, nella parte in cui non consente l'opposizione tardiva dell'intimato che, pur avendo avuto conoscenza del decreto ingiuntivo, non abbia potuto, per caso fortuito o forza maggiore, fare opposizione entro il termine fissato nel decreto.) Art. 651 (Deposito per il caso di soccombenza) Art. 652 (Conciliazione) Se nel giudizio di opposizione le parti si conciliano, il giudice, con ordinanza non impugnabile, dichiara o conferma l’esecutorietà del decreto, oppure riduce la somma o la quantità a quella stabilita dalle parti. In questo ultimo caso, rimane ferma la validità degli atti esecutivi compiuti e dell’ipoteca iscritta, fino a concorrenza della somma o quantità ridotta. Della riduzione deve effettuarsi apposita annotazione nei registri immobiliari. Art. 653 (Rigetto o accoglimento parziale dell’opposizione) Se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva. Se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta. Con la sentenza che rigetta totalmente o in parte l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso sulla base dei titoli aventi efficacia esecutiva in base alle vigenti disposizioni, il giudice liquida anche le spese e gli onorari del decreto ingiuntivo. (vedi C. Cost. nr. 303/1986, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del terzo comma del presente articolo.) 330
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 654 (Dichiarazione di esecutorietà ed esecuzione) La esecutorietà non disposta con la sentenza o con l’ordinanza di cui all’articolo precedente è conferita con decreto del giudice che ha pronunciato l’ingiunzione. Ai fini dell’esecuzione non occorre una nuova notificazione del decreto esecutivo; ma nel precetto deve farsi menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e dell’apposizione della formula. Art. 655 (Iscrizione d’ipoteca) I decreti dichiarati esecutivi a norma degli articoli 642, 647 e 648, e quelli rispetto ai quali è rigettata l’opposizione costituiscono titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. Art. 656 (Impugnazioni) Il decreto d’ingiunzione, divenuto esecutivo a norma dell’articolo 647, può impugnarsi per revocazione nei casi indicati nei numeri 1, 2, 5 e 6 dell’articolo 395 e con opposizione di terzo nei casi previsti nell’articolo 404, secondo comma. CAPO II Del procedimento per convalida di sfratto Art. 657 (Intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione) Il locatore o il concedente può intimare al conduttore, all’affittuario coltivatore diretto, al mezzadro o al colono licenza per finita locazione, prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per la convalida, rispettando i termini prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali. Può altresì intimare lo sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, se, in virtù del contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, è esclusa la tacita riconduzione. Art. 658 (Intimazione di sfratto per morosità) Il locatore può intimare al conduttore lo sfratto con le modalità stabilite nell’articolo precedente anche in caso di mancato pagamento del canone di affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti. 331
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Se il canone consiste in derrate, il locatore deve dichiarare a norma dell’articolo 639 la somma che è disposto ad accettare in sostituzione. Art. 659 (Rapporto di locazione d’opera) Se il godimento di un immobile è il corrispettivo anche parziale di una prestazione d’opera, l’intimazione di licenza o di sfratto con la contestuale citazione per la convalida, a norma degli articoli precedenti, può essere fatta quando il contratto viene a cessare per qualsiasi causa. Art. 660 (Forma dell’intimazione) Le intimazioni di licenza o di sfratto indicate negli articoli precedenti debbono essere notificate a norma degli artt. 137 e segg., esclusa la notificazione al domicilio eletto. Il locatore deve dichiarare nell’atto la propria residenza o eleggere domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito, altrimenti l’opposizione prevista nell’art. 668 e qualsiasi altro atto del giudizio possono essere notificati presso la cancelleria. La citazione per la convalida, redatta a norma dell’articolo 125, in luogo dell’invito e dell’avvertimento al convenuto previsti nell’art. 163, terzo comma, numero 7), deve contenere, con l’invito a comparire nell’udienza indicata, l’avvertimento che se non comparisce o, comparendo, non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto ai sensi dell’articolo 663. Tra il giorno della notificazione dell’intimazione e quello dell’udienza debbono intercorrere termini liberi non minori di venti giorni. Nelle cause che richiedono pronta spedizione il giudice può, su istanza dell’intimante, con decreto motivato, scritto in calce all’originale e alle copie dell’intimazione, abbreviare fino alla metà i termini di comparizione. Le parti si costituiscono depositando in cancelleria l’intimazione con la relazione di notificazione o la comparsa di risposta, oppure presentando tali atti al giudice in udienza. Ai fini dell’opposizione e del compimento delle attività previste negli articoli da 663 a 666, è sufficiente la comparizione personale dell’intimato. Se l’intimazione non è stata notificata in mani proprie, l’ufficiale giudiziario deve spedire avviso all’intimato dell’effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata, e allegare all’originale dell’atto la ricevuta di spedizione.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 661 (Giudice competente) Quando si intima la licenza o lo sfratto, la citazione a comparire deve farsi inderogabilmente davanti al tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata. Art. 662 (Mancata comparizione del locatore) Gli effetti dell’intimazione cessano, se il locatore non comparisce all’udienza fissata nell’atto di citazione. Art. 663 (Mancata comparizione o mancata opposizione dell’intimato) Se l’intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione l’apposizione su di essa della formula esecutiva; ma il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione, se risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore. Nel caso che l’intimato non sia comparso, la formula esecutiva ha effetto dopo trenta giorni dalla data dell’apposizione. Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. In tale caso il giudice può ordinare al locatore di prestare una cauzione. Art. 664 (Pagamento dei canoni) Nel caso previsto nell’art. 658, il giudice adito pronuncia separato decreto d’ingiunzione per l’ammontare dei canoni scaduti e da scadere fino all’esecuzione dello sfratto, e per le spese relative all’intimazione. Il decreto è esteso in calce ad una copia dell’atto di intimazione presentata dall’istante, da conservarsi in cancelleria. Il decreto è immediatamente esecutivo, ma contro di esso può essere proposta opposizione a norma del capo precedente. L’opposizione non toglie efficacia all’avvenuta risoluzione del contratto. Art. 665 (Opposizione, provvedimenti del giudice) Se l’intimato comparisce e oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto. 333
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE L’ordinanza è immediatamente esecutiva, ma può essere subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese. Art. 666 (Contestazione sull’ammontare dei canoni) Se è intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, e il convenuto nega la propria morosità contestando l’ammontare della somma pretesa, il giudice può disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa e concedere all’uopo al convenuto un termine non superiore a venti giorni. Se il conduttore non ottempera all’ordine di pagamento, il giudice convalida l’intimazione di sfratto e, nel caso previsto nell’articolo 658, pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni. Art. 667 (Mutamento del rito) Pronunciati i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666 il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell’articolo 426. Art. 668 (Opposizione dopo la convalida) Se l’intimazione di licenza o di sfratto è stata convalidata in assenza dell’intimato, questi può farvi opposizione provando di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Se sono decorsi dieci giorni dall’esecuzione, l’opposizione non è più ammessa, e la cauzione, prestata a norma dell’articolo 663 secondo comma è liberata. L’opposizione si propone davanti al tribunale nelle forme prescritte per l’opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili. L’opposizione non sospende il processo esecutivo, ma il giudice, con ordinanza non impugnabile, può disporne la sospensione per gravi motivi, imponendo, quando lo ritiene opportuno, una cauzione all’opponente. Art. 669 (Giudizio separato per il pagamento di canoni) Se nel caso previsto nell’art. 658 il locatore non chiede il pagamento dei canoni, la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO CAPO III Dei procedimenti cautelari SEZIONE I Dei procedimenti cautelari in generale Art. 669 bis (Forma della domanda) La domanda si propone con ricorso depositato nella cancelleria del giudice competente. Art. 669 ter (Competenza anteriore alla causa) Prima dell’inizio della causa di merito la domanda si propone al giudice competente a conoscere del merito. Se competente per la causa di merito è il giudice di pace, la domanda si propone al tribunale. Se il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, la domanda si propone al giudice, che sarebbe competente per materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare. A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento. Art. 669 quater (Competenza in corso di causa) Quando vi è causa pendente per il merito la domanda deve essere proposta al giudice della stessa. Se la causa pende davanti al tribunale la domanda si propone all’istruttore oppure, se questi non è ancora designato o il giudizio è sospeso o interrotto, al presidente, il quale provvede ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 669-ter. Se la causa pende davanti al giudice di pace, la domanda si propone al tribunale. In pendenza dei termini per proporre l’impugnazione la domanda si propone al giudice che ha pronunciato la sentenza. Se la causa pende davanti al giudice straniero, e il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, si applica il terzo comma dell’articolo 669-ter. Il terzo comma dell’articolo 669-ter si applica altresì nel caso in cui l’azione 335
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale, salva l’applicazione del comma 2 dell’articolo 316 del Codice di procedura penale. Art. 669 quinquies (Competenza in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale) Se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito. Art. 669 quinquies (Competenza in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale) Se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri anche non rituali o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) In precedenza era esclusa l’ammissibilità del ricorso alla tutela cautelare in presenza di arbitrato irrituale. La nuova formulazione dell’art. 669 quinquies prevede la proponibilità di domande cautelari nel caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza di giudizio arbitrale, anche nel caso di controversia compromessa in arbitri non rituali. Art. 669 sexies (Procedimento) Il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda. Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, provvede con decreto motivato assunte ove occorra sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni assegnando all’istante un termine perentorio non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto. Nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi all’estero, i termini di cui al comma precedente sono triplicati.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 669 septies (Provvedimento negativo) L’ordinanza di incompetenza non preclude la riproposizione della domanda. L’ordinanza di rigetto non preclude la riproposizione dell’istanza per il provvedimento cautelare quando si verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto. Se l’ordinanza di incompetenza o di rigetto è pronunciata prima dell’inizio della causa di merito, con essa il giudice provvede definitivamente sulle spese del procedimento cautelare. La condanna alle spese è immediatamente esecutiva ed è opponibile ai sensi degli articoli 645 e seguenti in quanto applicabili, nel termine perentorio di venti giorni dalla pronuncia dell’ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione. Art. 669 octies (Provvedimento di accoglimento) L’ordinanza di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell’inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio non superiore a trenta giorni per l’inizio del giudizio di merito, salva l’applicazione dell’ultimo comma dell’articolo 669 novies. In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di trenta giorni. Il termine decorre dalla pronuncia dell’ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione. Per le controversie individuali relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, escluse quelle devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, il termine decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, decorsi trenta giorni. Nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi precedenti, deve notificare all’altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri Art. 669 octies (Provvedimento di accoglimento) L’ordinanza di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell’inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per l’inizio del giudizio di merito, salva l’applicazione dell’ultimo comma dell’articolo 669 novies. 337
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di sessanta giorni. Il termine decorre dalla pronuncia dell’ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione. Per le controversie individuali relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, escluse quelle devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, il termine decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, decorsi trenta giorni. Nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi precedenti, deve notificare all’altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. Le disposizioni di cui al presente articolo e al primo comma dell’articolo 669 novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell’articolo 688, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito. L’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia dei provvedimenti di cui al primo comma (ndr: leggasi precedente comma), anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa. L’autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Il termine entro il quale iniziare il giudizio di merito è stato elevato rispetto alla vecchia norma e può ora essere esteso fino a sessanta giorni (sulla congruità del termine di trenta giorni in precedenza fissato era stata d’altronde sollevata questione di legittimità costituzionale, specie con riferimento alla notifica dell’atto di citazione da effettuarsi all’estero). La norma modificata chiarisce che, in relazione ai soli provvedimenti concessi ex art. 700 c.p.c. (e agli altri provvedimenti finalizzati ad anticipare gli effetti della sentenza di merito nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denuncia di nuova opera o danno temuto), non è necessario promuovere il giudizio di merito nel termine perentorio. In queste ipotesi è infatti facoltà delle parti proporre il giudizio di merito, ma – come detto – non a pena di inefficacia 338
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO del provvedimento cautelare e, qualora venga promosso il giudizio di merito, l’estinzione di detto giudizio non determina l’inefficacia del provvedimento cautelare concesso. Viene poi specificato che il provvedimento cautelare mantiene la sua efficacia anche quando sia stato concesso in corso di causa e si sia successivamente estinto il giudizio di merito: al riguardo parrebbe che la norma faccia riferimento sempre alle ipotesi di provvedimenti concessi su ricorso ex art. 700 c.p.c. (e negli altri casi di cui al 6° comma) e non ai provvedimenti cautelari in genere mentre l’espressione “provvedimenti di cui al primo comma” va intesa come “provvedimenti di cui al precedente comma” (come era nel precedente testo del disegno di legge). Peraltro, il provvedimento cautelare ha autorità limitata, non essendo invocabile in altro giudizio, e conserva il carattere di non decisorietà, essendo sempre revocabile o modificabile. Art. 669 novies (Inefficacia del provvedimento cautelare) Se il procedimento di merito non è iniziato nel termine perentorio di cui all’articolo 669-octies, ovvero se successivamente al suo inizio si estingue, il provvedimento cautelare perde la sua efficacia. In entrambi i casi, il giudice che ha emesso il provvedimento, su ricorso della parte interessata, convocate le parti con decreto in calce al ricorso, dichiara, se non c’è contestazione, con ordinanza avente efficacia esecutiva, che il provvedimento è divenuto inefficace e dà le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente. In caso di contestazione l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento cautelare decide con sentenza provvisoriamente esecutiva, salva la possibilità di emanare in corso di causa i provvedimenti di cui all’articolo 669-decies. Il provvedimento cautelare perde altresì efficacia se non è stata versata la cauzione di cui all’articolo 669-undecies, ovvero se con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso. In tal caso i provvedimenti di cui al comma precedente sono pronunciati nella stessa sentenza o, in mancanza, con ordinanza a seguito di ricorso al giudice che ha emesso il provvedimento. Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato italiano o estero, il provvedimento cautelare, oltre che nei casi previsti nel primo e nel terzo comma, perde altresì efficacia: 1) se la parte che l’aveva richiesto non presenta domanda di esecutorietà in Italia della sentenza straniera o del lodo arbitrale entro i termini eventualmente previsti a pena di decadenza dalla legge o dalle convenzioni internazionali; 339
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE 2) se sono pronunciati sentenza straniera, anche non passata in giudicato, o lodo arbitrale che dichiarino inesistente il diritto per il quale il provvedimento era stato concesso. Per la dichiarazione di inefficacia del provvedimento cautelare e per le disposizioni di ripristino si applica il secondo comma del presente articolo. Art. 669 decies (Revoca e modifica) Nel corso dell’istruzione il giudice istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare anche se emesso anteriormente alla causa se si verificano mutamenti nelle circostanze. Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato, ovvero se l’azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale, i provvedimenti previsti dal presente articolo devono essere richiesti al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare. Art. 669 decies (Revoca e modifica) Salvo che sia stato proposto reclamo ai sensi dell’articolo 669 terdecies, nel corso dell’istruzione il giudice istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare, anche se emesso anteriormente alla causa, se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso, l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza. Quando il giudizio di merito non sia iniziato o sia stato dichiarato estinto, la revoca e la modifica dell’ordinanza di accoglimento, esaurita l’eventuale fase del reclamo proposto ai sensi dell’articolo 669 terdecies, possono essere richieste al giudice che ha provveduto sull’istanza cautelare se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza. Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato, ovvero se l’azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale, i provvedimenti previsti dal presente articolo devono essere richiesti al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) 340
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO La norma si occupa della modifica o revoca del provvedimento cautelare in conseguenza di intervenuti mutamenti nelle circostanze o di allegazione di fatti anteriori ma conosciuti dal richiedente solo successivamente alla concessione del provvedimento (ipotesi quest’ultima non contemplata come motivo di revoca o modifica e subordinata alla prova da parte del richiedente del momento in cui è venuto a conoscenza dei fatti prima ignorati). La richiesta di modifica o revoca va rivolta al G.I. della causa di merito, sia quando il provvedimento cautelare sia stato concesso in corso di causa, sia quando la causa di merito sia stata proposta successivamente. Salvo che sia stato proposto reclamo, il giudice della causa di merito può modificare o revocare il provvedimento cautelare se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori conosciuti successivamente al provvedimento cautelare; in tale caso l’istante deve provare il momento in cui ne è venuto a conoscenza. Nel caso in cui non vi sia un giudizio di merito pendente (perché mai promosso o perché si è estinto), competente a provvedere sull’istanza di revoca o modifica è il Giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, sempre che si verifichino mutamenti nelle circostanze o si alleghino fatti anteriori conosciuti successivamente al provvedimento cautelare; in tale caso l’istante deve provare il momento in cui ne è venuto a conoscenza. Nei casi in cui sia stato proposto reclamo contro il provvedimento, sulla richiesta di revoca o modifica rimane competente a pronunciarsi il Giudice che decide sul reclamo (vedi articolo seguente). I mutamenti nelle circostanze o i fatti anteriori conosciuti successivamente e dedotti in sede di modifica o revoca del provvedimento cautelare pongono un problema di raccordo con il regime delle preclusioni istruttorie che l’articolo 183 c.p.c. nella nuova formulazione rafforza. Ne consegue che, quanto è allegabile come fatto nuovo dinanzi al giudice del merito ai fini della modifica del provvedimento cautelare, non è allegabile, viste le preclusioni, nel relativo giudizio di merito; salvo il rimedio dell’articolo 184 bis. Art. 669 undecies (Cauzione) Con il provvedimento di accoglimento o di conferma ovvero con il provvedimento di modifica il giudice può imporre all’istante, valutata ogni circostanza, una cauzione per l’eventuale risarcimento dei danni. Art. 669 duodecies (Attuazione) Salvo quanto disposto dagli articoli 677 e seguenti in ordine ai sequestri, l’at341
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE tuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro avviene nelle forme degli articoli 491 e seguenti in quanto compatibili, mentre l’attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti. Ogni altra questione va proposta nel giudizio di merito. Art. 669 terdecies (Reclamo contro i provvedimenti cautelari) Contro l’ordinanza con la quale, prima dell’inizio o nel corso della causa di merito, sia stato concesso un provvedimento cautelare è ammesso reclamo nei termini previsti dall’art. 739, secondo comma. Il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla Corte d’appello, il reclamo si propone ad altra sezione della stessa Corte o, in mancanza, alla Corte d’appello più vicina. Il procedimento è disciplinato dagli articoli 737 e 738. Il collegio, convocate le parti, pronuncia, non oltre venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento; tuttavia il presidente del tribunale o della Corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell’esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione. (la Corte costituzionale, con sentenza 23 giugno 1994, n. 253, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non ammette il reclamo ivi previsto, anche avverso l’ordinanza con cui sia stata rigettata la domanda di provvedimento cautelare.) Art. 669 terdecies (Reclamo contro i provvedimenti cautelari) Contro l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedi342
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO mento reclamato. Quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla Corte d’appello, il reclamo si propone ad altra sezione della stessa Corte o, in mancanza, alla Corte d’appello più vicina. Il procedimento è disciplinato dagli articoli 737 e 738. Le circostanze e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento. Il tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti. Non è consentita la rimessione al primo giudice. Il collegio, convocate le parti, pronuncia, non oltre venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento; tuttavia il presidente del tribunale o della Corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell’esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La norma espressamente accorda la possibilità di reclamo avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza cautelare (recependo la pronuncia della Corte Cost. nr. 94/253). Il termine per proporre il reclamo è elevato a 15 giorni decorrenti dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o notificazione del provvedimento, se emesso anteriormente. Invariata la competenza sul reclamo ed il procedimento. Quando è proposto reclamo, se sono intervenuti mutamenti nelle circostanze o vi è allegazione di fatti anteriori alla concessione del cautelare (ma di cui si è acquisita la conoscenza solo successivamente alla proposizione del reclamo), tali nuove circostanze vanno fatte valere nel procedimento di reclamo. Per l’esame delle circostanze e dei motivi sopravvenuti il Tribunale può assumere informazioni ed acquisire nuovi documenti ma non è consentita la rimessione della causa al Giudice che ha emesso il cautelare. Art. 669 quaterdecies (Ambito di applicazione) Le disposizioni della presente sezione si applicano ai provvedimenti previsti nelle sezioni II, III e V di questo capo, nonché in quanto compatibili, agli altri 343
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE provvedimenti cautelari previsti dal Codice civile e dalle leggi speciali. L’articolo 669-septies si applica altresì ai provvedimenti di istruzione preventiva previsti dalla sezione IV di questo capo. SEZIONE II Del sequestro Art. 670 (Sequestro giudiziario) Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario: 1) di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea; 2) di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione, ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea. Art. 671 (Sequestro conservativo) Il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento. Art. 672 (Sequestro anteriore alla causa) Art. 673 (Sequestro in corso di causa) Art. 674 (Cauzione) Art. 675 (Termine d’efficacia del provvedimento) Il provvedimento che autorizza il sequestro perde efficacia, se non è eseguito entro il termine di trenta giorni dalla pronuncia. Art. 676 (Custodia nel caso di sequestro giudiziario) Nel disporre il sequestro giudiziario, il giudice nomina il custode, stabilisce i 344
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO criteri e i limiti dell’amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a rendere più sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti. Il giudice può nominare custode quello dei contendenti che offre maggiori garanzie e dà cauzione. Il custode della cosa sequestrata ha gli obblighi e i diritti previsti negli artt. 521, 522 e 560. Art. 677 (Esecuzione del sequestro giudiziario) Il sequestro giudiziario si esegue a norma degli articoli 605 e seguenti, in quanto applicabili, omessa la notificazione del precetto per consegna o rilascio nonché la comunicazione di cui all’articolo 608, primo comma. L’articolo 608, primo comma, è applicabile se il custode sia persona diversa dal detentore. Il giudice, col provvedimento di autorizzazione del sequestro o successivamente, può ordinare al terzo detentore del bene sequestrato di esibirlo o di consentire l’immediata immissione in possesso del custode. Al terzo si applica la disposizione dell’articolo 211. Art. 678 (Esecuzione del sequestro conservativo sui mobili) Il sequestro conservativo sui mobili e sui crediti si esegue secondo le norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso terzi. In quest’ultimo caso il sequestrante deve, con l’atto di sequestro, citare il terzo a comparire davanti al tribunale del luogo di residenza del terzo stesso per rendere la dichiarazione di cui all’articolo 547. Il giudizio sulle controversie relative all’accertamento dell’obbligo del terzo è sospeso fino all’esito di quello sul merito, a meno che il terzo non chieda l’immediato accertamento dei propri obblighi. Se il credito è munito di privilegio sugli oggetti da sequestrare, il giudice può provvedere nei confronti del terzo detentore, a norma del secondo comma dell’articolo precedente. Si applica l’articolo 610 se nel corso della esecuzione del sequestro sorgono difficoltà che non ammettono dilazione. Art. 679 (Esecuzione del sequestro conservativo sugli immobili) Il sequestro conservativo sugli immobili si esegue con la trascrizione del provvedimento presso l’Ufficio del conservatore dei registri immobiliari del luogo 345
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE in cui i beni sono situati. Per la custodia dell’immobile si applica la disposizione dell’art. 559. Art. 680 (Convalida del sequestro autorizzato anteriormente alla causa) Art. 681 (Convalida del sequestro autorizzato in corso di causa) Art. 682 (Decisione separata sulla convalida) Art. 683 (Inefficacia del sequestro) Art. 684 (Revoca del sequestro) Il debitore può ottenere dal giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile, la revoca del sequestro conservativo, prestando idonea cauzione per l’ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate. Art. 685 (Vendita delle cose deteriorabili) In caso di pericolo di deterioramento delle cose che formano oggetto del sequestro, il giudice, con lo stesso provvedimento di concessione o con altro successivo, può ordinarne la vendita nei modi stabiliti per le cose pignorate. Il prezzo ricavato dalla vendita rimane sequestrato in luogo delle cose vendute. Art. 686 (Conversione del sequestro conservativo in pignoramento) Il sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento in cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva. Se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata. Art. 687 (Casi speciali di sequestro) Il giudice può ordinare il sequestro delle somme o delle cose che il debitore ha offerto o messo comunque a disposizione del creditore per la sua liberazione, quando è controverso l’obbligo o il modo del pagamento o della consegna, o l’idoneità della cosa offerta.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO SEZIONE III Dei procedimenti di denuncia di nuova opera e di danno temuto Art. 688 (Forma dell’istanza) La denuncia di nuova opera o di danno temuto si propone con ricorso al giudice competente a norma dell’articolo 21. Quando vi è causa pendente per il merito, la denuncia si propone a norma dell’articolo 669 quater. Art. 689 (Provvedimenti immediati) Art. 690 (Pronuncia sui provvedimenti immediati) Art. 691 (Contravvenzione al divieto del giudice) Se la parte alla quale è fatto divieto di compiere l’atto dannoso o di mutare lo stato di fatto contravviene all’ordine, il giudice, su ricorso della parte interessata, può disporre con ordinanza che le cose siano rimesse al pristino stato a spese del contravventore. SEZIONE IV Dei procedimenti di istruzione preventiva Art. 692 (Assunzione di testimoni) Chi ha fondato motivo di temere che siano per mancare uno o più testimoni, le cui deposizioni possono essere necessarie in una causa da proporre, può chiedere che ne sia ordinata l’audizione a futura memoria. Art. 693 (Istanza) L’istanza si propone con ricorso al giudice che sarebbe competente per la causa di merito. In caso d’eccezionale urgenza, l’istanza può anche proporsi al tribunale del luogo in cui la prova deve essere assunta. Il ricorso deve contenere l’indicazione dei motivi dell’urgenza e dei fatti sui quali debbono essere interrogati i testimoni, e l’esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova è preordinata. 347
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 694 (Ordine di comparizione) Il presidente del tribunale, o il giudice di pace fissa, con decreto, l’udienza di comparizione e stabilisce il termine perentorio per la notificazione del decreto. Art. 695 (Ammissione del mezzo di prova) Il presidente del tribunale, o il giudice di pace, assunte, quando occorre, sommarie informazioni, provvede con ordinanza non impugnabile e, se ammette l’esame testimoniale, fissa l’udienza per l’assunzione e designa il giudice che deve procedervi. Art. 696 (Accertamento tecnico e ispezione giudiziale) Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o un’ispezione giudiziale. Il presidente del tribunale o il giudice di pace provvede nelle forme stabilite negli articoli 694 e 695, in quanto applicabili, nomina il consulente tecnico e fissa la data dell’inizio delle operazioni. (la Corte costituzionale, con sentenza 22 ottobre 1990, n. 471, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non consente di disporre accertamento tecnico o ispezione giudiziale sulla persona dell’istante) Art. 696 (Accertamento tecnico e ispezione giudiziale) Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o un’ispezione giudiziale. L’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale, se ne ricorre l’urgenza, possono essere disposti anche sulla persona dell’istante e, se questa vi consente, sulla persona nei cui confronti l’istanza è proposta. L’accertamento tecnico di cui al primo comma può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica. Il presidente del tribunale o il giudice di pace provvede nelle forme stabilite negli articoli 694 e 695, in quanto applicabili, nomina il consulente tecnico e fissa la data dell’inizio delle operazioni. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data)
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO L’inclusione della precisazione che l’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale possono essere disposti anche sulla persona istante e sulla persona nei cui confronti è proposta l’istanza (se vi consente) è consequenziale alla Sentenza della Corte Costituzionale nr. 257 del 1996. Innovativa è la possibilità che l’accertamento di cui al primo comma possa comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica. Come è noto, in precedenza, l’oggetto dell’indagine era ristretto alla mera descrizione senza che il consulente potesse esprimere pareri o valutazioni. È stato recepito il costante orientamento della giurisprudenza di merito. Art. 696 bis (Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite) L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. Se le parti si sono conciliate si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Il processo verbale è esente dall’imposta di registro. Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito. Si applicano gli articoli da 191 a 197, in quanto compatibili. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Con l’ art. 696 bis viene introdotta la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite; essa può essere chiesta anche al di fuori delle condizioni previste per l’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale e può concernere l’accertamento e la determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il consulente tenta la conciliazione; se essa riesce si forma verbale di conciliazione, 349
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE esente da imposta di registro, al quale il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo ai fini dell’espropriazione, dell’esecuzione in forma specifica e dell’iscrizione di ipoteca giudiziale; se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere l’acquisizione della relazione al giudizio di merito; si applicano, in quanto compatibili, gli artt. da 191 a 197 c.p.c. La previgente formulazione, limitando l’ATP alla mera descrizione della situazione e della condizione dei luoghi, rendeva sostanzialmente inutile il ricorso al procedimento di istruzione preventiva, a meno che non vi fosse un espresso consenso delle parti ad estendere la valutazione anche all’accertamento delle cause e dell’entità dei danni. Da accogliere con favore è anche la previsione che estende lo strumento in rassegna all’accertamento e alla relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Parimenti condivisibili, per le ricadute sicuramente positive che potrebbero avere in termini di deflazione del contenzioso, le disposizioni che favoriscono la conciliazione nel corso del procedimento di istruzione preventiva Art. 697 (Provvedimenti in caso di eccezionale urgenza) In caso d’eccezionale urgenza, il presidente del tribunale, o il giudice di pace può pronunciare i provvedimenti indicati negli artt. 694 e 695 con decreto, dispensando il ricorrente dalla notificazione alle altre parti; in tal caso può nominare un procuratore, che intervenga per le parti non presenti all’assunzione della prova. Non oltre il giorno successivo, a cura del cancelliere, deve essere fatta notificazione immediata del decreto alle parti non presenti all’assunzione. Art. 698 (Assunzione ed efficacia delle prove preventive) Nell’assunzione preventiva dei mezzi di prova si applicano, in quanto possibile, gli articoli 191 e seguenti. L’assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza, né impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito. I processi verbali delle prove non possono essere prodotti, né richiamati, né riprodotti in copia nel giudizio di merito, prima che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio stesso. 350
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 699 (Istruzione preventiva in corso di causa) L’istanza di istruzione preventiva può anche essere proposta in corso di causa e durante l’interruzione o la sospensione del giudizio. Il giudice provvede con ordinanza. SEZIONE V Dei provvedimenti d’urgenza Art. 700 (Condizioni per la concessione) Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito. Art. 701 (Competenza) Art. 702 (Procedimento) CAPO IV Dei procedimenti possessori Art. 703 (Domanda di reintegrazione e di manutenzione nel possesso) Le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono con ricorso al giudice competente a norma dell’articolo 21. Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669 bis e seguenti. Art. 703 (Domanda di reintegrazione e di manutenzione nel possesso) Le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono con ricorso al giudice competente a norma dell’articolo 21. Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669 bis e seguenti, in quanto compatibili. L’ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell’articolo 669 terdecies. 351
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in difetto, del provvedimento di cui al terzo comma, il giudice fissa dinanzi a sé l’udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Si applica l’articolo 669 novies, terzo comma. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Viene espressamente precisato che anche nei procedimenti possessori è proponibile il reclamo avverso l’ordinanza sia di accoglimento che di rigetto (peraltro in conformità all’orientamento giurisprudenziale). La novità più evidente è l’introduzione del principio che solo se richiesto da una delle parti, il Giudice, nel termine di 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo o del provvedimento di accoglimento o rigetto, fissa l’udienza per la prosecuzione del giudizio dinnanzi a sé per la fase di merito. La fase cautelare assume, quindi, il carattere della cognizione piena. Si richiama l’applicazione dell’art. 669 novies, terzo comma sulla perdita di efficacia del cautelare per omesso versamento della cauzione o per intervenuta sentenza che dichiara inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso il provvedimento. Art. 704 (Domande di provvedimento possessorio nel corso di giudizio petitorio) Ogni domanda relativa al possesso, per fatti che avvengono durante la pendenza del giudizio petitorio, deve essere proposta davanti al giudice di quest’ultimo. La reintegrazione del possesso può essere tuttavia domandata al giudice competente a norma dell’art. 703, il quale dà i provvedimenti temporanei indispensabili e rimette le parti davanti al giudice del petitorio. Art. 704 (Domande di provvedimento possessorio nel corso di giudizio petitorio) Ogni domanda relativa al possesso, per fatti che avvengono durante la pendenza del giudizio petitorio, deve essere proposta davanti al giudice di quest’ultimo. La reintegrazione nel possesso può essere tuttavia domandata al giudice competente a norma dell’articolo 703, il quale dà i provvedimenti temporanei indispensabili; ciascuna delle parti può proseguire il giudizio dinanzi al giudice del petitorio, ai sensi dell’articolo 703. 352
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La norma si limita a precisare che ciascuna delle parti può proseguire il giudizio dinanzi al giudice del petitorio ai sensi dell’articolo 703. Art. 705 (Divieto di proporre giudizio petitorio) Il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita. Il convenuto può tuttavia proporre il giudizio petitorio quando dimostra che l’esecuzione del provvedimento possessorio non può compiersi per fatto dell’attore. (vedi C. Cost. nr. 25/1992, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, primo comma, nella parte in cui subordina la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria o all'esecuzione della decisione nel caso che ne derivi o possa derivarne un pregiudizio irreparabile al convenuto.) TITOLO II Dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone CAPO I Della separazione personale dei coniugi Art. 706 (Forma della domanda) La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso contenente l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata. Il presidente fissa con decreto il giorno della comparizione dei coniugi davanti a sè e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto. Art. 706 (Forma della domanda) La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata. Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero, o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale 353
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE della Repubblica. Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto, ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Al ricorso e alla memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate. Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La domanda di separazione personale si propone al Tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi o, in mancanza, del luogo di residenza o domicilio del convenuto. La nuova formulazione indica come Tribunale competente quello dell’ultima residenza comune dei coniugi, in ciò derogando alla precedente disposizione che faceva –invece- riferimento al Tribunale del luogo di residenza o domicilio del coniuge convenuto. Si è evitato così che uno dei coniugi, spostando la residenza, indirettamente venisse a determinare il Tribunale competente. Se il coniuge convenuto è residente all’estero o irreperibile, la domanda va proposta al Tribunale del luogo di residenza o domicilio del ricorrente o, se anche questi è residente all’estero, a qualunque Tribunale. Il presidente fissa l’udienza entro novanta giorni dal deposito del ricorso ed assegna il termine per il deposito, da parte del convenuto, di memoria difensiva e documenti. Si è introdotto l’obbligo di specificare nel ricorso l’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio; al ricorso ed alla memoria vanno allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate. Art. 707 (Comparizione personale delle parti) I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente senza assistenza di difensore. Se il ricorrente non si presenta, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. 354
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO (La Corte costituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui ai coniugi, comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale, e in caso di mancata conciliazione, è inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori.) Art. 707 (Comparizione personale delle parti) I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente con l’assistenza del difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) È obbligatoria la presenza del difensore delle parti costituite nella fase presidenziale, raccogliendo doverosamente l’indicazione della Corte Costituzionale. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. Art. 708 (Tentativo di conciliazione, provvedimenti del presidente ) Il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, procurando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione. Se il coniuge convenuto non comparisce o la conciliazione non riesce, il presidente, anche d’ufficio, dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione delle parti davanti a questo. Se si verificano mutamenti nelle circostanze, l’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore a norma dell’articolo 177. (vedi C. Cost. nr. 151/1971 e 201/1971 che hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente avanti il Presidente del Tribunale, e in caso di mancata conciliazione, è inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori.)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 708 (Tentativo di conciliazione e provvedimenti del presidente) All’udienza di comparizione il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, tentandone la conciliazione. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere il processo verbale della conciliazione. Se la conciliazione non riesce, il presidente, anche d’ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori, dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi, nomina il giudice istruttore e fissa udienza di comparizione e trattazione davanti a questi. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentiti il ricorrente ed il suo difensore. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La comparizione avviene con la presenza dei difensori; prima di adottare i provvedimenti temporanei ed urgenti il presidente sente i coniugi ed i rispettivi difensori. Contro i provvedimenti di cui al terzo comma si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento. (Comma introdotto con la legge sull’affido condiviso) Trattasi di novità assoluta che sancisce la reclamabilità al Collegio dei provvedimenti temporanei ed urgenti del Presidente. Art. 709 (Notificazione della fissazione dell’udienza) L’ordinanza con la quale il presidente fissa l’udienza di comparizione davanti al giudice istruttore è notificata a cura dell’attore al convenuto non comparso, nel termine perentorio stabilito nell’ordinanza stessa, ed è comunicata al pubblico ministero. Art. 709 (Notificazione dell’ordinanza e fissazione dell’udienza) L’ordinanza con la quale il presidente fissa l’udienza di comparizione davanti al giudice istruttore è notificata a cura dell’attore al convenuto non comparso, nel termine perentorio stabilito nell’ordinanza stessa, ed è comunicata al pubblico ministero. Tra la data dell’ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell’udienza di compari356
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO zione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all’articolo 163-bis ridotti a metà. Con l’ordinanza il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all’articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. L’ordinanza deve contenere l’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all’articolo 167 e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio. I provvedimenti temporanei ed urgenti assunti dal presidente con l’ordinanza di cui al terzo comma dell’articolo 708 possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Con l’ordinanza il Presidente fissa: la data dell’udienza di comparizione avanti al G.I. ed il termine perentorio per la notificazione dell’ordinanza (nel rispetto del termine di cui all’art. 163 bis ridotto alla metà); il termine per il ricorrente per il deposito di memoria integrativa avente i requisiti di cui all’art. 163, 3° comma; il termine al convenuto per la costituzione in giudizio ex artt. 166 e 167 c.p.c., nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio; avverte il convenuto che la costituzione oltre il termine assegnato implica le decadenze di cui all’art. 167 e la decadenza dalla possibilità di proporre le eccezioni processuali e di merito (avvertimento quest’ultimo non espressamente previsto dalla riforma per il rito ordinario nella vocatio al convenuto). Art. 709 bis (Udienza di comparizione e trattazione davanti al giudice istruttore) All’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo e dal quarto al decimo. Si applica altresì l’articolo 184. Nel caso in cui il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per 357
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE l’affidamento dei figli o per le questioni economiche, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione. Avverso tale sentenza è ammesso soltanto appello immediato che è deciso in camera di consiglio. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La norma statuisce espressamente l’applicabilità al procedimento di separazione avanti al G.I. della nuova disciplina del giudizio ordinario ad eccezione del terzo comma dell’art. 183 c.p.c., sulla comparizione personale. Altra novità è la previsione, nel caso in cui il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l’affidamento dei figli o per le questioni economiche, che il tribunale emetta sentenza non definitiva relativa alla separazione. Avverso tale sentenza è ammesso soltanto appello immediato che è deciso in camera di consiglio. Modifiche all’art. 4 legge 1 dicembre 1970 n. 898 La novella ha interessato anche la normativa sul procedimento per divorzio. Ci si limitia ad un breve commento. La competenza del Tribunale è ora disciplinata in modo identico a quella prevista dal nuovo articolo 706 c.p.c. per la separazione personale. In analogia a quanto disposto per il ricorso per separazione personale, la domanda introduttiva del divorzio può limitarsi alla mera esposizione dei fatti e degli elementi di diritto. Come per la separazione, l’udienza dovrà tenersi entro 90 giorni dal deposito del ricorso e viene fissato dal Presidente il termine per la costituzione del convenuto. Viene anticipato alla proposizione del ricorso e alla prima memoria difensiva del convenuto l’obbligo di allegazione delle dichiarazioni dei redditi. Anche per il divorzio è obbligatoria la presenza del difensore. Alla mancata comparizione del ricorrente (o alla rinuncia espressa) segue la perdita di efficacia della domanda. È ora in facoltà del Presidente fissare una nuova udienza per l’ipotesi di mancata comparizione del convenuto. Il contenuto dell’ordinanza del Presidente di fissazione dell’udienza avanti il G.I. è identico a quanto prescritto per la separazione personale. Analogamente per il procedimento di divorzio, come per la separazione, il processo prosegue avanti al G.I. come nel giudizio ordinario.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Articolo 709-ter (Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni) Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari (Articolo introdotto con la legge sull’affido condiviso) Trattasi anche in questo caso di novità assoluta. Art. 710 (Modificabilità dei provvedimenti relativi alla separazione dei coniugi) Le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in Camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti la separazione. Il tribunale, sentite le parti, provvede all’eventuale ammissione di mezzi istruttori e può delegare per l’assunzione uno dei suoi componenti. Ove il procedimento non possa essere immediatamente definito, il tribunale può adottare provvedimenti provvisori e può ulteriormente modificarne il contenuto nel corso del procedimento. (vedi C. Cost. nr. 416/1992 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede la partecipazione del P.M. per la modifica dei provvedimenti riguardanti la prole.)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 711 (Separazione consensuale) Nel caso di separazione consensuale previsto nell’art. 158 del Codice civile, il presidente su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli nel giorno da lui stabilito e procurare di conciliarli nel modo indicato nell’articolo 708. Se il ricorso è presentato da uno solo dei coniugi, si applica l’articolo 706 ultimo comma. Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole. La separazione consensuale acquista efficacia con la omologazione del tribunale, il quale provvede in Camera di consiglio su relazione del presidente. Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma dell’articolo precedente. ***** Si riporta di seguito l’art. 4 della legge sull’affidamento condiviso dei figli in caso di separazione: Articolo 4 (Disposizioni finali) Nei casi in cui il decreto di omologa dei patti di separazione consensuale, la sentenza di separazione giudiziale, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sia già stata emessa alla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuno dei genitori può richiedere, nei modi previsti dall’articolo 710 del codice di procedura civile o dall’articolo 9 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, l’applicazione delle disposizioni della presente legge. Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. La norma stabilisce che i provvedimenti precedentemente emessi, anche se si riferiscono a procedimenti esauriti, possono essere riproposti con le forme del 710 c.p.c. per essere esaminati alla luce della nuova normativa sull’affido condiviso. *****
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO CAPO II Dell’interdizione, dell’inabilitazione e dell’amministrazione di sostegno Art. 712 (Forma della domanda) La domanda per interdizione o inabilitazione si propone con ricorso diretto al tribunale del luogo dove la persona nei confronti della quale è proposta ha residenza o domicilio. Nel ricorso debbono essere esposti i fatti sui quali la domanda è fondata e debbono essere indicati il nome e cognome e la residenza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado e, se vi sono, del tutore o curatore dell’interdicendo o dell’inabilitando. Art. 713 (Provvedimenti del presidente) Il presidente ordina la comunicazione del ricorso al pubblico ministero. Quando questi gliene fa richiesta, può con decreto rigettare senz’altro la domanda; altrimenti nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione davanti a lui del ricorrente, dell’interdicendo o dell’inabilitando e delle altre persone indicate nel ricorso, le cui informazioni ritenga utili. Il ricorso e il decreto sono notificati a cura del ricorrente, entro il termine fissato nel decreto stesso, alle persone indicate nel comma precedente; il decreto è comunicato al pubblico ministero. (vedi C. Cost. nr. 87/1968 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, primo comma, nella parte in cui permette al Tribunale di rigettare senz'altro, e cioè senza istituire contraddittorio con la parte istante, la domanda di interdizione o di inabilitazione ove il P.M. ne faccia richiesta.) Art. 714 (Istruzione preliminare) All’udienza, il giudice istruttore, con l’intervento del pubblico ministero, procede all’esame dell’interdicendo o dell’inabilitando, sente il parere delle altre persone citate, interrogandole sulle circostanze che ritiene rilevanti ai fini della decisione e può disporre anche d’ufficio l’assunzione di ulteriori informazioni, esercitando tutti i poteri istruttori, previsti nell’articolo 419 del Codice civile. Art. 715 (Impedimento a comparire dell’interdicendo o dell’inabilitando) Se per legittimo impedimento l’interdicendo o l’inabilitando non può presentarsi davanti al giudice istruttore, questi, con l’intervento del pubblico ministero, si reca per sentirlo nel luogo dove si trova. 361
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 716 (Capacità processuale dell’interdicendo e dell’inabilitando) L’interdicendo e l’inabilitando possono stare in giudizio e compiere da soli tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni, anche quando è stato nominato il tutore o il curatore provvisorio previsto negli artt. 419 e 420 (ora abrogato) del Codice civile. Art. 717 (Nomina del tutore e del curatore provvisorio) Il tutore o il curatore provvisorio di cui all’articolo precedente è nominato, anche d’ufficio, con decreto del giudice istruttore. Finché non sia pronunciata la sentenza sulla domanda d’interdizione o d’inabilitazione, lo stesso giudice istruttore può revocare la nomina, anche d’ufficio. Art. 718 (Legittimazione all’impugnazione) La sentenza che provvede sulla domanda d’interdizione o d’inabilitazione può essere impugnata da tutti coloro che avrebbero avuto diritto di proporre la domanda anche se non parteciparono al giudizio, e dal tutore o curatore nominato con la stessa sentenza. Art. 719 (Termine per l’impugnazione) Il termine per l’impugnazione decorre per tutte le persone indicate nell’articolo precedente dalla notificazione della sentenza, fatta nelle forme ordinarie a tutti coloro che parteciparono al giudizio. Se è stato nominato un tutore o curatore provvisorio, l’atto di impugnazione deve essere notificato anche a lui. Art. 720 (Revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione) Per la revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione si osservano le norme stabilite per la pronuncia di esse. Coloro che avevano diritto di promuovere l’interdizione e l’inabilitazione possono intervenire nel giudizio di revoca per opporsi alla domanda, e possono altresì impugnare la sentenza pronunciata nel giudizio di revoca, anche se non parteciparono al giudizio. Art. 720 bis (Norme applicabili ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno)
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 712, 713, 716, 719 e 720. Contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla corte d’appello a norma dell’articolo 739. Contro il decreto della corte d’appello pronunciato ai sensi del secondo comma può essere proposto ricorso per cassazione. CAPO III Disposizioni relative all’assenza e alla dichiarazione di morte presunta Art. 721 (Provvedimenti conservativi nell’interesse dello scomparso) I provvedimenti indicati nell’articolo 48 del Codice civile sono pronunciati dal tribunale in Camera di consiglio, su ricorso degli interessati, sentito il pubblico ministero. Art. 722 (Domanda per dichiarazione d’assenza) La domanda per dichiarazione d’assenza si propone con ricorso, nel quale debbono essere indicati il nome e cognome e la residenza dei presunti successori legittimi dello scomparso e, se esistono, del suo procuratore o rappresentante legale. Art. 723 (Fissazione dell’udienza di comparizione) Il presidente del tribunale fissa con decreto l’udienza per la comparizione davanti a sé o ad un giudice da lui designato del ricorrente e di tutte le persone indicate nel ricorso a norma dell’articolo precedente, e stabilisce il termine entro il quale la notificazione deve essere fatta a cura del ricorrente. Può anche ordinare che il decreto sia pubblicato in uno o più giornali. Il decreto è comunicato al pubblico ministero. Art. 724 (Procedimento) Il giudice interroga le persone comparse sulle circostanze che ritiene rilevanti, assume, quando occorre, ulteriori informazioni e quindi riferisce in Camera di consiglio per i provvedimenti del tribunale, che questo pronuncia con sentenza.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 725 (Immissione in possesso temporaneo) Il tribunale provvede in Camera di consiglio sulle domande per apertura di atti di ultima volontà e per immissione nel possesso temporaneo dei beni dell’assente, quando sono proposte da coloro che sarebbero eredi legittimi. Se la domanda è proposta da altri interessati, il giudizio si svolge nelle forme ordinarie in contraddittorio di coloro che sarebbero eredi legittimi. Con lo stesso provvedimento col quale viene ordinata l’immissione nel possesso temporaneo, sono determinate la cauzione o le altre cautele previste nell’articolo 50 ultimo comma del Codice civile, e sono date le disposizioni opportune per la conservazione delle rendite riservate all’assente a norma dell’articolo 53 dello stesso Codice. Art. 726 (Domanda per dichiarazione di morte presunta) La domanda per dichiarazione di morte presunta si propone con ricorso, nel quale debbono essere indicati il nome, cognome e domicilio dei presunti successori legittimi dello scomparso e, se esistono, del suo procuratore o rappresentante legale e di tutte le altre persone, che, a notizia del ricorrente, perderebbero diritti o sarebbero gravate da obbligazioni, per effetto della morte dello scomparso. Art. 727 (Pubblicazione della domanda) Il presidente del tribunale nomina un giudice a norma dell’articolo 723 e ordina che a cura del ricorrente la domanda, entro il termine che egli stesso fissa, sia inserita per estratto, due volte consecutive a distanza di dieci giorni, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e in due giornali, con invito a chiunque abbia notizie dello scomparso di farle pervenire al tribunale entro sei mesi dall’ultima pubblicazione. Se tutte le inserzioni non vengono eseguite entro il termine fissato, la domanda s’intende abbandonata. Il presidente del tribunale può anche disporre altri mezzi di pubblicità. Art. 728 (Comparizione) Decorsi sei mesi dalla data dell’ultima pubblicazione, il giudice, su istanza del ricorrente, fissa con decreto l’udienza di comparizione davanti a sé del ricorrente e delle persone indicate nel ricorso a norma dell’articolo 726 e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto a cura del ricorrente. Il decreto è comunicato al pubblico ministero. 364
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Il giudice interroga le persone comparse sulle circostanze che ritiene rilevanti; può disporre che siano assunte ulteriori informazioni, e quindi riferisce in Camera di consiglio per i provvedimenti del tribunale, che questo pronuncia con sentenza. Art. 729 (Pubblicazione della sentenza) La sentenza che dichiara l’assenza o la morte presunta deve essere inserita per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e in due giornali indicati nella sentenza stessa. Il tribunale può anche disporre altri mezzi di pubblicità. Le inserzioni possono essere eseguite a cura di qualsiasi interessato e valgono come notificazione. Copia della sentenza e dei giornali nei quali è stato pubblicato l’estratto deve essere depositata nella cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza, per l’annotazione sull’originale. Art. 730 (Esecuzione) La sentenza che dichiara l’assenza o la morte presunta non può essere eseguita prima che sia passata in giudicato e che sia compiuta l’annotazione di cui all’articolo precedente. Art. 731 (Comunicazione all’Ufficio di stato civile) Il cancelliere dà notizia, a norma dell’articolo 133 secondo comma, all’Ufficio dello stato civile competente della sentenza di dichiarazione di morte presunta. CAPO IV Disposizioni relative ai minori, agli interdetti e agli inabilitati Art. 732 (Provvedimenti su parere del giudice tutelare) I provvedimenti relativi ai minori, agli interdetti e agli inabilitati sono pronunciati dal tribunale in Camera di consiglio, salvo che la legge disponga altrimenti. Quando il tribunale deve pronunciare un provvedimento nell’interesse di minori, interdetti o inabilitati sentito il parere del giudice tutelare il parere stesso deve essere prodotto dal ricorrente insieme col ricorso. Qualora non sia prodotto, il presidente provvede a richiederlo d’ufficio.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 733 (Vendita di beni) Se, nell’autorizzare la vendita di beni di minori, interdetti o inabilitati, il tribunale stabilisce che essa deve farsi ai pubblici incanti, designa per procedervi un ufficiale giudiziario del tribunale del luogo in cui si trovano i beni mobili, oppure un cancelliere dello stesso tribunale o un notaio del luogo in cui si trovano i beni immobili. L’ufficiale designato per la vendita procede all’incanto con l’osservanza delle norme degli articoli 534 e seguenti, in quanto applicabili, e premesse le forme di pubblicità ordinate dal tribunale. Art. 734 (Esito negativo dell’incanto) Se al primo incanto non è fatta offerta superiore o uguale al prezzo fissato dal tribunale a norma dell’art. 376 primo comma del Codice civile, l’ufficiale designato ne dà atto nel processo verbale e trasmette copia di questo al tribunale che ha autorizzato la vendita. Il tribunale, se non crede di revocare l’autorizzazione o disporre una nuova vendita su prezzo base inferiore, autorizza la vendita a trattative private. CAPO V Dei rapporti patrimoniali tra i coniugi Art. 735 (Sostituzione dell’amministratore del patrimonio familiare) La sostituzione dell’amministratore del patrimonio familiare può essere chiesta, nel caso previsto nell’articolo 174 del Codice civile, dall’altro coniuge o da uno dei prossimi congiunti, o dal pubblico ministero, e, nel caso previsto nell’articolo 176, da uno dei figli maggiorenni o emancipati, da un prossimo congiunto o dal pubblico ministero. (articolo da ritenersi tacitamente abrogato dagli artt. 48-54 Legge nr. 151/1975 che hanno soppresso l'istituto del patrimonio familiare) Art. 736 (Procedimento) La domanda per i provvedimenti previsti nell’articolo precedente si propone con ricorso. Il presidente del tribunale fissa con decreto un giorno per la comparizione degli interessati davanti a sé o a un giudice da lui designato e stabilisce il termine per la notificazione del ricorso e del decreto. 366
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Dopo l’audizione delle parti, il presidente o il giudice designato assume le informazioni che crede opportune e quindi riferisce sulla domanda al tribunale, che decide in Camera di consiglio con ordinanza non impugnabile. CAPO V bis Degli ordini di protezione contro gli abusi familiari Art. 736 bis (Provvedimenti di adozione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari) Nei casi di cui all’articolo 342-bis del codice civile, l’istanza si propone, anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’istante, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica. Il presidente del tribunale designa il giudice a cui è affidata la trattazione del ricorso. Il giudice, sentite le parti, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione necessari, disponendo, ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti, e provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo. Nel caso di urgenza, il giudice, assunte ove occorra sommarie informazioni, può adottare immediatamente l’ordine di protezione fissando l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni ed assegnando all’istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. All’udienza il giudice conferma, modifica o revoca l’ordine di protezione. Contro il decreto con cui il giudice adotta l’ordine di protezione o rigetta il ricorso, ai sensi del secondo comma, ovvero conferma, modifica o revoca l’ordine di protezione precedentemente adottato nel caso di cui al terzo comma, è ammesso reclamo al tribunale entro i termini previsti dal secondo comma dell’articolo 739. Il reclamo non sospende l’esecutività dell’ordine di protezione. Il tribunale provvede in camera di consiglio, in composizione collegiale, sentite le parti, con decreto motivato non impugnabile. Del collegio non fa parte il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Per quanto non previsto dal presente articolo, si applicano al procedimento, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE CAPO VI Disposizioni comuni ai procedimenti in Camera di consiglio Art. 737 (Forma della domanda e del provvedimento) I provvedimenti, che debbono essere pronunciati in Camera di consiglio, si chiedono con ricorso al giudice competente e hanno forma di decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti. Art. 738 (Procedimento) Il presidente nomina tra i componenti del Collegio un relatore, che riferisce in Camera di consiglio. Se deve essere sentito il pubblico ministero, gli atti sono a lui previamente comunicati ed egli stende le sue conclusioni in calce al provvedimento del presidente. Il giudice può assumere informazioni. Art. 739 (Reclami delle parti) Contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale, che pronuncia in Camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in Camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d’appello, che pronuncia anch’essa in Camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti. Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della Corte d’appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo. Art. 740 (Reclami del pubblico ministero) Il pubblico ministero, entro dieci giorni dalla comunicazione, può proporre reclamo contro i decreti del giudice tutelare e contro quelli del tribunale per i quali è necessario il suo parere. Art. 741 (Efficacia dei provvedimenti) I decreti acquistano efficacia quando sono decorsi i termini di cui agli articoli precedenti senza che sia stato proposto reclamo. 368
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Se vi sono ragioni d’urgenza, il giudice può tuttavia disporre che il decreto abbia efficacia immediata. Art. 742 (Revocabilità dei provvedimenti) I decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati, ma restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca. Art. 742 bis (Ambito di applicazione degli articoli precedenti) Le disposizioni del presente capo si applicano a tutti i procedimenti in Camera di consiglio, ancorché non regolati dai capi precedenti o che non riguardino materia di famiglia o di stato delle persone. TITOLO III Della copia e della collazione di atti pubblici Art. 743 (Copie degli atti) Qualunque depositario pubblico, autorizzato a spedire copia degli atti che detiene, deve rilasciarne copia autentica, ancorché l’istante o i suoi autori non siano stati parte nell’atto, sotto pena dei danni e delle spese, salve le disposizioni speciali della legge sulle tasse di registro e bollo. La copia d’un testamento pubblico non può essere spedita durante la vita del testatore, tranne che a sua istanza, della quale si fa menzione nella copia. Art. 744 (Copie o estratti da pubblici registri) I cancellieri e i depositari di pubblici registri sono tenuti, eccettuati i casi determinati dalla legge, a spedire a chiunque ne faccia istanza le copie e gli estratti degli atti giudiziari da essi detenuti, sotto pena dei danni e delle spese. Art. 745 (Rifiuto o ritardo nel rilascio) Nel caso di rifiuto o di ritardo da parte dei cancellieri o dei depositari di cui all’articolo precedente, l’istante può ricorrere al giudice di pace, o al presidente del tribunale o della Corte presso cui il cancelliere o depositario esercita le sue funzioni. Nel caso di rifiuto o di ritardo da parte dei pubblici depositari di cui all’art. 743, l’istante può ricorrere al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita le sue funzioni. 369
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Il presidente o il giudice di pace provvede con decreto, sentito il pubblico ufficiale. Art. 746 (Collazione di copie) Chi ha ottenuto la copia di un atto pubblico a norma dell’articolo 743 ha diritto di collazionarla con l’originale in presenza del depositario. Se questi si rifiuta, può ricorrere al tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita le sue funzioni. Il giudice, sentito il depositario, dà con decreto le disposizioni opportune per la collazione e può eseguirla egli stesso recandosi nell’ufficio del depositario. TITOLO IV Dei procedimenti relativi all’apertura delle successioni CAPO I Disposizioni generali Art. 747 (Autorizzazione alla vendita dei beni ereditari) L’autorizzazione a vendere beni ereditari si chiede con ricorso diretto al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione. Nel caso in cui i beni appartengano a incapaci deve essere sentito il giudice tutelare. Il giudice provvede sul ricorso con decreto, contro il quale è ammesso reclamo a norma dell’articolo 739. Se l’istanza di autorizzazione a vendere riguarda l’oggetto di un legato di specie, il ricorso deve essere notificato al legatario. Art. 748 (Forma della vendita) La vendita dei beni ereditari deve compiersi nelle forme previste per la vendita dei beni dei minori. Il giudice, quando occorre, fissa le modalità per la conservazione e il reimpiego del prezzo ricavato. Art. 749 (Procedimento per la fissazione dei termini) L’istanza per fissazione di un termine entro il quale una persona deve emettere una dichiarazione o compiere un determinato atto, se non è proposta nel corso di un giudizio, si propone con ricorso al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione. 370
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione del ricorrente e della persona alla quale il termine deve essere imposto e stabilisce il termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere notificati, a cura del ricorrente, alla persona stessa. Il giudice provvede con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo al tribunale in composizione collegiale a norma dell’articolo 739. Il collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato, provvede con ordinanza non impugnabile in camera di consiglio, previa audizione degli interessati a norma del comma precedente. Le stesse forme si osservano per chiedere la proroga di un termine stabilito dalla legge. La proroga del termine stabilito del giudice si chiede al giudice stesso. Art. 750 (Provvedimenti del presidente del tribunale relativi alle cauzioni e agli esecutori testamentari) L’istanza per l’imposizione di una cauzione a carico dell’erede o del legatario, nei casi previsti dalla legge, è proposta, quando non vi è giudizio pendente, con ricorso al presidente del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione. Il presidente fissa con decreto l’udienza di comparizione del ricorrente e dell’erede o legatario davanti a sé e stabilisce il termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere loro notificati. Il presidente stabilisce le modalità e l’ammontare della cauzione con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo al presidente della Corte d’appello a norma dell’art. 739. Il presidente della Corte d’appello provvede con ordinanza non impugnabile, previa audizione degli interessati a norma del comma precedente. Le stesse forme si osservano nei casi previsti negli articoli 708 e 710 del Codice civile, relativamente agli esecutori testamentari. Art. 751 (Scelta dell’onerato) L’istanza per la scelta prevista nell’art. 631 ultimo comma del Codice civile è proposta con ricorso, che deve essere notificato a colui al quale spettava il diritto di scelta e all’onerato. La scelta è fatta dal presidente del tribunale con decreto.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE CAPO II Dell’apposizione e della rimozione dei sigilli SEZIONE I Dell’apposizione dei sigilli Art. 752 (Giudice competente) All’apposizione dei sigilli procede il tribunale. Nei comuni in cui non ha sede il tribunale, i sigilli possono essere apposti, in caso d’urgenza, dal giudice di pace. Il processo verbale è trasmesso immediatamente al tribunale. Art. 753 (Persone che possono chiedere l’apposizione) Possono chiedere l’apposizione dei sigilli: 1) l’esecutore testamentario; 2) coloro che possono avere diritto alla successione; 3) le persone che coabitavano col defunto, o che al momento della morte erano addette al suo servizio, se il coniuge, gli eredi o alcuno di essi sono assenti dal luogo; 4) i creditori. L’istanza si propone mediante ricorso, nel quale il proponente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale. Art. 754 (Apposizione d’ufficio) L’apposizione dei sigilli è disposta d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero nei casi seguenti: 1) se il coniuge o alcuno degli eredi è assente dal luogo; 2) se tra gli eredi vi sono minori o interdetti e manca il tutore o il curatore; 3) se il defunto è stato depositario pubblico, oppure ha rivestito cariche o funzioni per effetto delle quali si ritiene che possano trovarsi presso di lui atti della pubblica Amministrazione o comunque di carattere riservato. La disposizione di questo articolo non si applica nei casi indicati nei numeri 1 e 2, se il defunto ha disposto altrimenti con testamento. Nel caso indicato nel numero 3 i sigilli si appongono soltanto sugli oggetti depositati, o ai locali o mobili nei quali possono trovarsi gli atti ivi enunciati.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 755 (Poteri del giudice) Se le porte sono chiuse, o s’incontrano ostacoli all’apposizione dei sigilli, o sorgono altre difficoltà, tanto prima quanto durante l’apposizione, il giudice può ordinare l’apertura delle porte e dare gli altri provvedimenti opportuni. Art. 756 (Custodia delle chiavi) Le chiavi delle serrature, sulle quali sono stati apposti i sigilli, finché non sia ordinata la rimozione di questi, debbono essere custodite dal cancelliere. Art. 757 (Conservazione di testamenti e di carte) Se nel procedere all’apposizione dei sigilli si trovano testamenti o altre carte importanti, il giudice provvede alla conservazione di essi. Se non può provvedervi nello stesso giorno, nel processo verbale descrive la forma esterna delle carte, e le chiude in un involto da lui sigillato e sottoscritto, in presenza delle parti, fissando il giorno e l’ora in cui emetterà i provvedimenti ulteriori. Art. 758 (Cose su cui non si possono apporre sigilli e cose deteriorabili) Se vi sono oggetti sui quali non è possibile apporre i sigilli, o che sono necessari all’uso personale di coloro che abitano nella casa, se ne fa descrizione nel processo verbale. Delle cose che possono deteriorarsi, il giudice può ordinare con decreto la vendita immediata, incaricando un commissionario a norma degli artt. 532 e segg.. Art. 759 (Informazioni e nomina del custode) Durante le operazioni di apposizione dei sigilli, il giudice assume le informazioni che ritiene opportune allo scopo di accertare che nessuna cosa sia stata asportata. Per la conservazione delle cose sigillate nomina un custode. Art. 760 (Apposizione di sigilli durante e dopo l’inventario) L’apposizione dei sigilli che viene chiesta durante l’inventario può aver luogo soltanto per gli oggetti non inventariati. Esaurito l’inventario, non si fa luogo all’apposizione dei sigilli, salvo che l’inventario sia impugnato. 373
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 761 (Accesso nei luoghi sigillati) Il giudice e il cancelliere non possono entrare nei luoghi chiusi con l’apposizione dei sigilli, finché non ne sia stata ordinata la rimozione a norma dell’art. 762, salvo che il giudice disponga con decreto motivato l’accesso per urgenti motivi. SEZIONE II Della rimozione dei sigilli Art. 762 (Termine) I sigilli non possono essere rimossi e l’inventario non può essere eseguito se non dopo tre giorni dall’apposizione, salvo che il giudice per cause urgenti stabilisca altrimenti con decreto motivato. Se alcuno degli eredi è minore non emancipato, non si può procedere alla rimozione dei sigilli finché non gli sia stato nominato un tutore o un curatore speciale. Art. 763 (Provvedimento di rimozione) La rimozione dei sigilli è ordinata con decreto dal giudice su istanza di alcuna delle persone indicate nell’art. 753 numeri 1, 2 e 4. Nei casi previsti nell’articolo 754 può essere ordinata anche d’ufficio e, se ricorrano le ipotesi di cui ai numeri 2 e 3, la rimozione deve essere seguita dall’inventario. L’istanza e il decreto sono stesi di seguito al processo verbale di apposizione. Art. 764 (Opposizione) Chiunque vi ha interesse può fare opposizione alla rimozione dei sigilli con dichiarazione inserita nel processo verbale di apposizione o con ricorso al giudice. Il giudice fissa con decreto una udienza per la comparizione delle parti e stabilisce il termine perentorio entro il quale il decreto stesso deve essere notificato a cura dell’opponente. Il giudice provvede con ordinanza non impugnabile, e, se ordina la rimozione, può disporre che essa sia seguita dall’inventario e può dare le opportune cautele per la conservazione delle cose che sono oggetto di contestazione.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 765 (Ufficiale procedente) La rimozione dei sigilli è eseguita dall’ufficiale che può procedere all’inventario a norma dell’articolo 769. Se non occorre l’inventario, la rimozione è eseguita dal cancelliere del tribunale. Nei comuni in cui non ha sede il tribunale la rimozione può essere eseguita dal cancelliere del giudice di pace. Art. 766 (Avviso alle persone interessate) Non si può procedere alla rimozione dei sigilli senza che ne sia stato dato avviso, nelle forme stabilite nell’articolo 772, alle persone indicate nell’articolo 771. Art. 767 (Alterazioni nello stato dei sigilli) L’ufficiale che procede alla rimozione dei sigilli deve innanzitutto riconoscerne lo stato. Se trova in essi qualche alterazione, deve sospendere ogni operazione ulteriore, facendone immediatamente rapporto al giudice, il quale si trasferisce sul luogo per le verificazioni occorrenti e per i provvedimenti necessari anche per la prosecuzione dell’inventario. Art. 768 (Disposizione generale) Le disposizioni di questo capo si osservano in ogni altro caso in cui si debba procedere ad apposizione o rimozione di sigilli, salvo che la legge stabilisca altrimenti. CAPO III Dell’inventario Art. 769 (Istanza) L’inventario può essere chiesto al tribunale dalle persone che hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli ed è eseguito dal cancelliere del tribunale o da un notaio designato dal defunto con testamento o nominato dal tribunale. L’istanza si propone con ricorso, nel quale il richiedente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale. Il tribunale provvede con decreto. 375
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 770 (Inventario da eseguirsi dal notaio) Quando all’inventario deve procedere un notaio, il cancelliere gli consegna, ritirandone ricevuta: 1) le chiavi da lui custodite a norma dell’articolo 756; 2) copia del processo verbale di apposizione dei sigilli, dell’istanza e del decreto di rimozione; 3) una nota delle opposizioni che sono state proposte con indicazione del nome, cognome degli opponenti e della loro residenza o del domicilio da essi eletto. La copia indicata nel numero 2 e la nota indicata nel numero 3 sono unite all’inventario. Art. 771 (Persone che hanno diritto di assistere all’inventario) Hanno diritto di assistere alla formazione dell’inventario: 1) il coniuge superstite; 2) gli eredi legittimi presunti; 3) l’esecutore testamentario, gli eredi istituiti e i legatari; 4) i creditori che hanno fatto opposizione alla rimozione dei sigilli. Art. 772 (Avviso dell’inizio dell’inventario) L’ufficiale che procede all’inventario deve dare avviso, almeno tre giorni prima, alle persone indicate nell’articolo precedente del luogo, giorno e ora in cui darà inizio alle operazioni. L’avviso non è necessario per le persone che non hanno residenza o non hanno eletto domicilio nella circoscrizione del tribunale, nella quale si procede all’inventario; ma in loro vece deve essere avvertito il notaio che, su istanza di chi ha chiesto l’inventario, è nominato con decreto dal giudice per rappresentarli. Art. 773 (Nomina di stimatore) L’ufficiale che procede all’inventario nomina, quando occorre, uno o più stimatori per la valutazione degli oggetti mobili. Art. 774 (Rinvio delle operazioni) Quando l’inventario non può essere ultimato nel giorno del suo inizio, l’ufficiale che vi procede ne rinvia la continuazione a un giorno prossimo, avvertendone verbalmente le parti presenti. 376
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 775 (Processo verbale d’inventario) Il processo verbale d’inventario contiene: 1) la descrizione degli immobili, mediante l’indicazione della loro natura, della loro situazione, dei loro confini, e dei numeri del catasto e delle mappe censuarie; 2) la descrizione e la stima dei mobili, con la specificazione del peso e del marchio per gli oggetti d’oro e d’argento; 3) l’indicazione della quantità e specie delle monete per il danaro contante; 4) l’indicazione delle altre attività e passività; 5) la descrizione delle carte, scritture e note relative allo stato attivo e passivo, le quali debbono essere firmate in principio e in fine dall’ufficiale procedente. Lo stesso ufficiale deve accertare sommariamente lo stato dei libri e dei registri di commercio, firmarne i fogli, e lineare gli intervalli. Se alcuno degli interessati contesta l’opportunità d’inventariare qualche oggetto, l’ufficiale lo descrive nel processo verbale, facendo menzione delle osservazioni e istanze delle parti. Art. 776 (Consegna delle cose mobili inventariate) Le cose mobili e le carte inventariate sono consegnate alla persona indicata dalle parti interessate, o, in mancanza, nominata con decreto del giudice, su istanza di una delle parti, sentite le altre. Art. 777 (Applicabilità delle norme agli altri casi d’inventario) Le disposizioni contenute in questa sezione si applicano a ogni inventario ordinato dalla legge, salve le formalità speciali stabilite dal Codice civile per l’inventario dei beni dei minori. CAPO IV Del beneficio d’inventario Art. 778 (Reclami contro lo stato di graduazione) I reclami contro lo stato di graduazione previsti nell’articolo 501 del codice civile sono proposti al giudice competente per valore del luogo dell’aperta successione. Il valore della causa è determinato da quello dell’attivo ereditario calcolato sulla stima di inventario dei mobili e a norma dell’articolo 15 per gli immobili. 377
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE I reclami si propongono con citazione da notificarsi all’erede e a coloro i cui diritti sono contestati, e sono decisi in unico giudizio. Art. 779 (Istanza di liquidazione proposta dai creditori e legatari) L’istanza dei creditori e legatari prevista nell’art. 509 del Codice civile si propone con ricorso. Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione dell’erede e di coloro che hanno presentato le dichiarazioni di credito. Il decreto è comunicato alle parti dal cancelliere. Il tribunale provvede con ordinanza non impugnabile in Camera di consiglio, previa audizione degli interessati a norma del comma precedente. L’istanza di nomina non può essere accolta e la nomina avvenuta deve essere revocata in sede di reclamo, se alcuno dei creditori si oppone e dichiara di voler far valere la decadenza dell’erede dal beneficio d’inventario. Se l’erede contesta l’esistenza delle condizioni previste nell’art. 509 del codice civile, il giudice provvede all’istruzione della causa, a norma del libro secondo, disponendo gli opportuni mezzi conservativi, compresa eventualmente la nomina del curatore. Art. 780 (Domanda dell’erede contro l’eredità) Le domande dell’erede con beneficio d’inventario contro l’eredità sono proposte contro gli altri eredi. Se non vi sono eredi o se tutti propongono la stessa domanda, il giudice nomina un curatore in rappresentanza dell’eredità. CAPO V Del curatore dell’eredità giacente Art. 781 (Notificazione del decreto di nomina) Il decreto di nomina del curatore dell’eredità giacente è notificato alla persona nominata a cura del cancelliere, nel termine stabilito nello stesso decreto. Art. 782 (Vigilanza del giudice) L’amministrazione del curatore si svolge sotto la vigilanza del giudice. Questi, quando lo crede opportuno, può prefiggere, con decreto, termini per la presentazione dei conti della gestione, e può in ogni tempo revocare o sostituire il curatore. 378
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Gli atti del curatore che eccedono l’ordinaria amministrazione debbono essere autorizzati dal giudice. Art. 783 (Vendita di beni ereditari) La vendita dei beni mobili deve essere promossa dal curatore nei trenta giorni successivi alla formazione dell’inventario, salvo che il giudice, con decreto motivato, non disponga altrimenti. La vendita dei beni immobili può essere autorizzata dal tribunale con decreto in Camera di consiglio soltanto nei casi di necessità o utilità evidente. TITOLO V Dello scioglimento di comunioni Art. 784 (Litisconsorzio necessario) Le domande di divisione ereditaria o di scioglimento di qualsiasi altra comunione debbono proporsi in confronto di tutti gli eredi o condomini e dei creditori opponenti se vi sono. Art. 785 (Pronuncia sulla domanda di divisione) Se non sorgono contestazioni sul diritto alla divisione, essa è disposta con ordinanza del giudice istruttore; altrimenti questi provvede a norma dell’articolo 187. Art. 786 (Direzione delle operazioni) Le operazioni di divisione sono dirette dal giudice istruttore, il quale, anche nel corso di esse, può delegarne la direzione a un notaio. Art. 787 (Vendita di mobili) Quando occorre procedere alla vendita di mobili, censi o rendite, il giudice istruttore o il notaio delegato procede a norma degli articoli 534 e seguenti, se non sorge controversia sulla necessità della vendita. Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se non con sentenza del collegio.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 787 (Vendita di mobili) Quando occorre procedere alla vendita di mobili, censi o rendite, il giudice istruttore o il professionista delegato procede a norma degli articoli 534 e seguenti, se non sorge controversia sulla necessità della vendita. Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se non con sentenza del collegio. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Le modifiche danno la possibilità anche ad avvocati e commercialisti di essere delegati alla vendita. Art. 788 (Vendita di immobili) Quando occorre procedere alla vendita di immobili, il giudice istruttore provvede con ordinanza a norma degli articoli 576 e seguenti, se non sorge controversia sulla necessità della vendita. Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se non con sentenza del collegio. L’incanto si svolge davanti al giudice istruttore che, quando occorre, può disporre altri incanti a norma dell’articolo 591. Quando le operazioni sono affidate a un notaio, questi provvede direttamente alla vendita, a norma delle disposizioni del presente articolo. Art. 788 (Vendita di immobili) Quando occorre procedere alla vendita di immobili, il giudice istruttore provvede con ordinanza a norma dell’art. 569, terzo comma, se non sorge controversia sulla necessità della vendita. Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se non con sentenza del collegio. La vendita si svolge davanti al giudice istruttore. Si applicano gli articoli 570 e seguenti. Quando le operazioni sono affidate a un professionista, questi provvede direttamente alla vendita, a norma delle disposizioni del presente articolo. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Significativo il richiamo all’art. 569 terzo comma ed agli articoli 570 e seguenti c.p.c. 380
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 789 (Progetto di divisione e contestazioni su di esso) Il giudice istruttore predispone un progetto di divisione che deposita in cancelleria e fissa con decreto l’udienza di discussione del progetto, ordinando la comparizione dei condividenti e dei creditori intervenuti. Il decreto è comunicato alle parti. Se non sorgono contestazioni, il giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile, dichiara esecutivo il progetto, altrimenti provvede a norma dell’articolo 187. In ogni caso il giudice istruttore dà con ordinanza le disposizioni necessarie per l’estrazione a sorte dei lotti. Art. 790 (Operazioni davanti al notaio) Se a dirigere le operazioni di divisione è stato delegato un notaio, questi dà avviso, almeno cinque giorni prima, ai condividenti e ai creditori intervenuti del luogo, giorno e ora in cui le operazioni avranno inizio. Le operazioni si svolgono alla presenza delle parti, assistite, se lo richiedono e a loro spese, dai propri procuratori. Se nel corso delle operazioni sorgono contestazioni in ordine alle stesse, il notaio redige apposito processo verbale che trasmette al giudice istruttore. Questi fissa con decreto un’udienza per la comparizione delle parti, alle quali il decreto stesso è comunicato dal cancelliere. Sulle contestazioni il giudice provvede con ordinanza. Art. 791 (Progetto di divisione formato dal notaio) Il notaio redige unico processo verbale delle operazioni effettuate. Formato il progetto delle quote e dei lotti, se le parti non si accordano su di esso, il notaio trasmette il processo verbale al giudice istruttore, entro cinque giorni dalla sottoscrizione. Il giudice provvede come al penultimo comma dell’articolo precedente per la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti e quindi emette i provvedimenti di sua competenza a norma dell’articolo 187. L’estrazione dei lotti non può avvenire se non in base a ordinanza del giudice, emessa a norma dell’articolo 789 ultimo comma o a sentenza passata in giudicato.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TITOLO VI Del processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche Art. 792 (Deposito del prezzo) L’acquirente che ha dichiarato al precedente proprietario e ai creditori iscritti di voler liberare l’immobile acquistato dalle ipoteche deve chiedere, con ricorso al presidente del tribunale competente per la espropriazione, la determinazione dei modi per il deposito del prezzo offerto. Il presidente provvede con decreto. Se non sono state fatte richieste di espropriazione nei quaranta giorni successivi alla notificazione della dichiarazione al precedente proprietario e ai creditori iscritti, l’acquirente, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione, deve depositare nei modi prescritti dal presidente del tribunale il prezzo offerto e presentare nella cancelleria il certificato del deposito, il titolo di acquisto col certificato di trascrizione, un estratto autentico dello stato ipotecario e l’originale dell’atto notificato al precedente proprietario e ai creditori iscritti. Art. 793 (Convocazione dei creditori) Su presentazione da parte del cancelliere dei documenti indicati nell’articolo precedente, il presidente designa con decreto un giudice per il procedimento e fissa l’udienza di comparizione dell’acquirente, del precedente proprietario e dei creditori iscritti e stabilisce il termine perentorio entro il quale il decreto deve essere notificato alle altre parti, a cura dell’acquirente. Art. 794 (Provvedimenti del giudice) All’udienza il giudice, accertata la regolarità del deposito e degli atti del procedimento, dispone con ordinanza la cancellazione delle ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione del titolo dell’acquirente che ha chiesto la liberazione, e quindi provvede alla distribuzione del prezzo a norma degli articoli 596 e seguenti. Art. 795 (Espropriazione) Se è fatta istanza di espropriazione, il giudice, verificate le condizioni stabilite dalla legge per l’ammissibilità di essa, dispone con decreto che si proceda a norma degli articoli 567 e seguenti. La vendita non può essere fatta che all’incanto a norma degli articoli 576 e seguenti. 382
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO L’incanto si apre sul prezzo offerto dal creditore istante. Alla distribuzione della somma ricavata partecipano, oltre ai creditori privilegiati e ipotecari, i creditori dell’acquirente. Quest’ultimo ha diritto di essere collocato nella graduazione con privilegio per le spese sopportate per la dichiarazione di liberazione. TITOLO VII Dell’efficacia delle sentenze straniere e dell’esecuzione di altri atti di Autorità straniere Art. 796 (Giudice competente) Art. 797 (Condizioni per la dichiarazione di efficaci) Art. 798 (Riesame del merito) Art. 799 (Dichiarazione di efficacia in giudizio pendente) Art. 800 (Sentenze arbitrali straniere) Art. 801 (Provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione) Art. 802 (Assunzione di mezzi di prova disposti da giudici stranieri) Art. 803 (Esecuzione richiesta in via diplomatica) Art. 804 (Atti pubblici ricevuti all’estero) Art. 805 (Notificazione di atti giudiziari di Autorità straniere)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TITOLO VIII Dell’arbitrato Le seguenti note rappresentano un primo commento alle novità introdotte con il Decreto Legislativo nr. 40/2006 ed hanno l’obiettivo di porre sinteticamente in rilievo le principali innovazioni introdotte dalla novella in materia di arbitrato. Disciplina transitoria. Può così sintetizzarsi: gli articoli da 806 a 808-quinquies si applicano alle convenzioni d’arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo; gli articoli da 809 a 832 si applicano ai procedimenti arbitrali nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo. Il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, è stato pubblicato sulla GU n. 38 del 15.2.2006., pertanto l’entrata in vigore è da considerarsi il 2.3.2006. CAPO I Del compromesso e della clausola compromissoria Art. 806 (Compromesso) Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte, tranne quelle previste negli articoli 409 e 442, quelle che riguardano questioni di stato e di separazione personale tra coniugi e le altre che non possono formare oggetto di transazione. CAPO I Della convenzione d’arbitrato Art. 806 (Controversie arbitrabili) Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge. Le controversie di cui all’articolo 409 possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro. (La norma si applicherà alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) 384
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO La norma detta un criterio unitario per la determinazione dell’arbitrabilità delle controversie, quello della disponibilità dell’oggetto delle stesse, salvo espresso divieto di legge. Vi è un temperamento per le controversie individuali di lavoro di cui all’art. 409 cod. proc. civ., per le quali l’arbitrato è possibile solo in quanto previsto dalla legge o dai contratti collettivi. Per esse non sono peraltro più previsti gli altri limiti contemplati nell’art. 808, secondo comma (nella versione precedente quella introdotta con la novella in questione). Art. 807 (Forma del compromesso) Il compromesso deve, a pena di nullità, essere fatto per iscritto e determinare l’oggetto della controversia. La forma scritta s’intende rispettata anche quando la volontà delle parti è espressa per telegrafo o telescrivente. Al compromesso si applicano le disposizioni che regolano la validità dei contratti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Art. 807 (Compromesso) Il compromesso deve, a pena di nullità, essere fatto per iscritto e determinare l’oggetto della controversia. La forma scritta s’intende rispettata anche quando la volontà delle parti è espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi. (La norma si applicherà alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La nuova disposizione: inserisce, tra i mezzi di espressione della volontà delle parti, “telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi”, proponendo anche in questo caso, così come in quelli della riforma del rito societario, della legge n. 80/05 e della riforma della legge fallimentare, la necessità di una puntualizzazione di tale normativa; rimuove la previsione dell’applicabilità, al compromesso, delle disposizioni regolanti la validità dei contratti eccedenti l’ordinaria amministrazione.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 808 (Clausola compromissoria) Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di compromesso. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso ai sensi dell’art. 807, commi primo e secondo. Le controversie di cui all’articolo 409 possono essere decise da arbitri solo se ciò sia previsto nei contratti e accordi collettivi di lavoro, purché ciò avvenga, a pena di nullità, senza pregiudizio della facoltà delle parti di adire l’autorità giudiziaria. La clausola compromissoria contenuta in contratti o accordi collettivi o in contratti individuali di lavoro è nulla ove autorizzi gli arbitri a pronunciare secondo equità ovvero dichiari il lodo non impugnabile. La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria. Art. 808 (Clausola compromissoria) Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d’arbitrato. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall’articolo 807. La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria. (La norma si applicherà alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma è sostanzialmente immutata, salvo che per le nuove previsioni del secondo comma dell’art. 807 (qui richiamato), di cui si è detto alla lettera a) del relativo commento, e per la soppressione del secondo comma concernente le controversie di cui all’art. 409, ricordato con riferimento all’art. 806. Art. 808 bis (Convenzione di arbitrato in materia non contrattuale) Le parti possono stabilire, con apposita convenzione, che siano decise da arbitri le controversie future relative a uno o più rapporti non contrattuali determinati. La convenzione deve risultare da atto avente la forma 386
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO richiesta per il compromesso dall’articolo 807. (La norma si applicherà alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma contempla la possibilità di stipulare una convenzione d’arbitrato in relazione a rapporti non contrattuali determinati. Art. 808 ter (Arbitrato irrituale) Le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che, in deroga a quanto disposto dall’articolo 824 bis, la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. Altrimenti si applicano le disposizioni del presente titolo. Il lodo contrattuale è annullabile dal giudice competente secondo le disposizioni del libro I: 1) se la convenzione dell’arbitrato è invalida, o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai suoi limiti e la relativa eccezione è stata sollevata nel procedimento arbitrale; 2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione arbitrale; 3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’articolo 812; 4) se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo; 5) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. Al lodo contrattuale non si applica l’articolo 825. (La norma si applicherà alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma disciplina l’arbitrato irrituale. Detta innanzi tutto la regola per stabilire in modo certo quando ricorra un arbitrato irrituale (questione sulla quale, come è noto, si è sviluppata una giurisprudenza ampia), prevedendo: la necessità che le parti stabiliscano per iscritto che, in deroga alla previsione dell’art. 824-bis (che attribuisce al lodo gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria, salvi gli effetti del deposito del lodo di cui all’art. 825), la controversia sia definita mediante determinazione contrattuale; che in difetto di tale previsione si applichino le disposizioni “del presente titolo” (artt. 806 e seguenti). 387
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE In detta disposizione si rinviene dunque l’espressa affermazione dell’estraneità al lodo contrattuale degli “effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria” propri del lodo rituale. La norma codifica poi i casi di annullabilità del lodo contrattuale (modellandoli in parte sulle fattispecie di nullità del lodo rituale) ed esclude espressamente la facoltà del deposito del lodo contrattuale ai fini della declaratoria di esecutorietà. Art. 808 quater (Interpretazione della convenzione d’arbitrato) Nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce. (La norma si applicherà alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Norma di nuova introduzione. Art. 808 quinquies (Efficacia della convenzione d’arbitrato) La conclusione del procedimento arbitrale senza pronuncia sul merito, non toglie efficacia alla convenzione d’arbitrato. (La norma si applicherà alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Norma di nuova introduzione. CAPO II Degli arbitri Art. 809 (Numero e modo di nomina degli arbitri) Gli arbitri possono essere uno o più, purché in numero dispari. Il compromesso o la clausola compromissoria deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli. In caso di indicazione di un numero pari di arbitri, l’ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810. Qualora manchi l’indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordino al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810. 388
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 809 (Numero degli arbitri) Gli arbitri possono essere uno o più, purché in numero dispari. La convenzione d’arbitrato deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli. In caso d’indicazione di un numero pari di arbitri, un ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810. Se manca l’indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordano al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma è sostanzialmente rimasta immutata. Art. 810 (Nomina degli arbitri) Quando a norma del compromesso o della clausola compromissoria gli arbitri debbono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, può rendere noto all’altra l’arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l’invito, deve notificare, nei venti giorni successivi, le generalità dell’arbitro o degli arbitri da essa nominati. In mancanza, la parte che ha fatto l’invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato tale sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è stato stipulato il compromesso o il contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria oppure, se tale luogo è all’estero, al presidente del tribunale di Roma. Il presidente, sentita, quando occorre, l’altra parte, provvede con ordinanza non impugnabile. La stessa disposizione si applica se la nomina di uno o più arbitri sia dal compromesso o dalla clausola compromissoria demandata all’autorità giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi abbia provveduto. Art. 810 (Nomina degli arbitri) Quando a norma della convenzione d’arbitrato gli arbitri devono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto notificato per iscritto, rende noto all’altra l’arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla desi389
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE gnazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l’invito, deve notificare per iscritto, nei venti giorni successivi, le generalità dell’arbitro o degli arbitri da essa nominati In mancanza, la parte che ha fatto l’invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato oppure, se tale luogo è all’estero, al presidente del tribunale di Roma. Il presidente del tribunale competente provvede alla nomina richiestagli, se la convenzione d’arbitrato non è manifestamente inesistente o non prevede manifestamente un arbitrato estero. Le stesse disposizioni si applicano se la nomina di uno o più arbitri è demandata dalla convenzione d’arbitrato all’autorità giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi ha provveduto. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Da segnalare, al penultimo comma, che nel procedimento di nomina da parte del presidente del tribunale non sono più previste la facoltà di sentire, “quando occorre, l’altra parte” e la non impugnabilità dell’ordinanza. È stato invece espressamente previsto che il provvedimento di nomina venga adottato “se la convenzione d’arbitrato non è manifestamente inesistente o non prevede manifestamente un arbitrato estero”; pare dunque di dover intendere che il presidente possa legittimamente negare la nomina solo nel caso che l’inesistenza o la previsione dell’arbitrato estero appaiano con evidenza. Art. 811 (Sostituzione di arbitri) Quando per qualsiasi motivo vengono a mancare tutti o alcuni degli arbitri nominati, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto è stabilito per la loro nomina nel compromesso o nella clausola compromissoria. Se la parte a cui spetta o il terzo non vi provvede o se il compromesso o la clausola compromissoria nulla dispongono al riguardo, si applicano le disposizioni dell’articolo precedente.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 811 (Sostituzione di arbitri) Quando per qualsiasi motivo vengono a mancare tutti o alcuni degli arbitri nominati, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto è stabilito per la loro nomina nella convenzione d’arbitrato. Se la parte a cui spetta o il terzo non vi provvede, o se la convenzione d’arbitrato nulla dispone al riguardo, si applicano le disposizioni dell’articolo precedente. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma è sostanzialmente rimasta immutata. Art. 812 (Capacità di essere arbitro) Gli arbitri possono essere sia cittadini italiani sia stranieri. Non possono essere arbitri i minori, gli interdetti, gli inabilitati, i falliti, e coloro che sono sottoposti a interdizione dai pubblici uffici. Art. 812 (Incapacità di essere arbitro) Non può essere arbitro chi è privo, in tutto o in parte, della capacità legale di agire. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Eliminata la previsione della possibilità, per gli arbitri, di essere sia cittadini italiani sia stranieri, la novella, in luogo dell’indicazione dei casi di incapacità, ha optato per il riferimento al difetto, in tutto o in parte, della capacità legale di agire. Art. 813 (Accettazione e obblighi degli arbitri) L’accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e può risultare dalla sottoscrizione del compromesso. Gli arbitri debbono pronunciare il lodo entro il termine stabilito dalle parti o dalla legge; in mancanza, nel caso di annullamento del lodo per questo motivo, sono tenuti al risarcimento dei danni. Sono egualmente tenuti al risarcimento dei danni se dopo l’accettazione rinunciano all’incarico senza giustificato motivo.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Se le parti non hanno diversamente convenuto, l’arbitro che omette o ritarda di compiere un atto relativo alle sue funzioni, può essere sostituito d’accordo tra le parti o dal terzo a ciò incaricato dal compromesso o dalla clausola compromissoria. In mancanza, decorso il termine di quindici giorni da apposita diffida comunicata per mezzo di lettera raccomandata all’arbitro per ottenere l’atto, ciascuna delle parti può proporre ricorso al presidente del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il presidente, sentite le parti, provvede con ordinanza non impugnabile e, ove accerti l’omissione o il ritardo, dichiara la decadenza dell’arbitro e provvede alla sua sostituzione. Art. 813 (Accettazione degli arbitri) L’accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e può risultare dalla sottoscrizione del compromesso o del verbale della prima riunione. Agli arbitri non compete la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Dalla norma è stata separata la disciplina degli obblighi degli arbitri, che è confluita nei nuovi artt. 813-bis e 813-ter. Quanto all’accettazione, è stato espressamente previsto che possa risultare anche dalla sottoscrizione del verbale della prima riunione. È stato altresì espressamente stabilito che gli arbitri non sono né pubblici ufficiali né incaricati di pubblico servizio. Art. 813 bis (Decadenza degli arbitri) Se le parti non hanno diversamente convenuto, l’arbitro che omette, o ritarda di compiere un atto relativo alle sue funzioni, può essere sostituito d’accordo tra le parti o dal terzo a ciò incaricato dalla convenzione d’arbitrato. In mancanza, decorso il termine di quindici giorni da apposita diffida comunicata per mezzo di lettera raccomandata all’arbitro per ottenere l’atto, ciascuna delle parti può proporre ricorso al presidente del tribunale a norma dell’articolo 810, secondo comma. Il presidente sentiti gli arbitri e le parti, provvede con ordinanza non impugnabile e, se accerta l’omissione o il ritardo, dichiara la decadenza dell’arbitro e provvede alla sua sostituzione.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Nulla di sostanzialmente nuovo rispetto all’attuale terzo comma dell’art. 813, salvo: la previsione che il presidente del tribunale chiamato alla sostituzione è quello di cui all’art. 810, secondo comma, mentre la versione precedente quella introdotta con la novella fa riferimento al presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato; non appare peraltro conseguirne una rilevante differenza, posto che: i) l’art. 810, secondo comma, fa riferimento al presidente del tribunale della sede dell’arbitrato, aggiungendo dei criteri sussidiari per l’eventualità in cui non si sia ancora provveduto alla determinazione della sede (alla quale, secondo il novellato art. 816, può farsi luogo ad opera degli arbitri anche dopo la prima riunione, diversamente da quanto previsto dalla versione del primo comma dell’art. 816 precedente quella introdotta con la novella); ii) la nuova disciplina della sede dell’arbitrato di cui all’art. 816 riprende sostanzialmente quella di cui al secondo comma dell’art. 810, solo aggiungendovi la previsione, come detto, che la sede possa essere determinata dagli arbitri (né apparendo ragioni per ritenere che il richiamo all’art. 810, piuttosto che alla sede dell’arbitrato o all’art. 816, valga ad escludere la rilevanza – ai fini della competenza per la sostituzione – della sede stabilita dagli arbitri); la previsione che il presidente del tribunale prima di provvedere debba sentire, oltre alle parti, gli arbitri. Art. 813 ter (Responsabilità degli arbitri) Risponde dei danni cagionati alle parti l’arbitro che: 1) con dolo o colpa grave ha omesso o ritardato atti dovuti ed è stato perciò dichiarato decaduto, ovvero ha rinunciato all’incarico senza giustificato motivo; 2) con dolo o colpa grave ha omesso o impedito la pronuncia del lodo entro il termine fissato a norma degli articoli 820 o 826. Fuori dai precedenti casi, gli arbitri rispondono esclusivamente per dolo o colpa grave entro i limiti previsti dall’articolo 2, commi 2 e 3, della legge 13 aprile 1988, n. 117. L’azione di responsabilità può essere proposta in pendenza del giudizio arbitrale soltanto nel caso previsto dal primo comma, n. 1) Se è stato pronunciato il lodo, l’azione di responsabilità può essere proposta soltanto dopo l’accoglimento dell’impugnazione con sentenza pas393
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE sata in giudicato e per i motivi per cui l’impugnazione è stata accolta. Se la responsabilità non dipende da dolo dell’arbitro, la misura del risarcimento non può superare una somma pari al triplo del compenso convenuto o, in mancanza di determinazione convenzionale, pari al triplo del compenso previsto dalla tariffa applicabile. Nei casi di responsabilità dell’arbitro il corrispettivo e il rimborso delle spese non gli sono dovuti o, nel caso di nullità parziale del lodo, sono soggetti a riduzione. Ciascun arbitro risponde solo del fatto proprio. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma disciplina in modo articolato la responsabilità degli arbitri, attualmente contenuta nel secondo comma dell’art. 813, che fa espresso riferimento solo all’annullamento del lodo a seguito della sua pronuncia oltre il termine ed alla rinuncia all’incarico senza giustificato motivo. Il nuovo regime di responsabilità può essere così sintetizzato. L’arbitro può incorrere in responsabilità: qualora con dolo o colpa grave abbia omesso o ritardato atti dovuti e sia stato perciò dichiarato decaduto, ovvero abbia rinunciato all’incarico senza giustificato motivo; qualora con dolo o colpa grave abbia omesso o impedito la pronuncia del lodo nei termini fissati per la decisione o per la correzione; al di fuori di tali casi, per dolo o colpa grave nei termini nei quali rispondono i magistrati ai sensi dell’art. 2, commi secondo e terzo, della legge n. 117/88. Le norme citate sub c) nella sostanza prevedono: i) che non possa dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione delle norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove; ii) che costituiscono la colpa grave, che integra la responsabilità, la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile, l’affermazione, determinata al pari da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento e la negazione, anch’essa determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento. In Cass., Sez. I^, 20 settembre 2001, n. 11859, si legge al riguardo quanto segue (le sottolineature sono di chi scrive). “Va innanzi tutto, ricordato che il legislatore del 1988, nel tracciare i limiti della responsabilità del magistrato, si è ispirato, almeno in via tenden394
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO ziale, al principio di tassatività, prevedendo alcuni comportamenti tipici integranti la colpa grave, pur con il temperamento della ipotesi aperta della “grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile”, la cui formulazione per clausole generali rende certamente più complesso definire i confini della condotta considerata. È, peraltro, evidente che ogni altra ipotesi di colpa non riconducibile ad una delle fattispecie espressamente previste non determina quella imputazione allo Stato che integra il titolo di responsabilità, e successivamente legittima la rivalsa. La necessità di un “quid pluris” rispetto alla colpa grave delineata dall’art. 2236 c.c. trova chiaramente ragione nel carattere accentuatamente valutativo dell’attività giurisdizionale, spesso connotata da opzioni tra più interpretazioni possibili, e nella conseguente necessità che essa si profili, ai fini della responsabilità del giudice, come “non spiegabile”, ossia priva di supporti idonei a rendere l’errore commesso comprensibile, anche se non giustificato (così Cass. 1999 n. 12357; 1994 n. 6950). Più specificamente, quanto alla fattispecie di cui alla lett. a) del comma 3 dell’art. 2, può in una prima approssimazione osservarsi che l’espresso richiamo alla “negligenza inescusabile” nella commissione della grave violazione di legge postula una totale mancanza di attenzione nell’uso degli strumenti normativi, una trascuratezza così marcata da non poter trovare alcuna plausibile giustificazione e da apparire espressione di assoluta incuria e mancanza di professionalità. Per ciò che concerne le ipotesi di cui alle lett. b) e c) - che nella fattispecie in esame particolarmente rilevano -, il dato testuale, richiedendo che il fatto risulti o sia escluso “incontrastabilmente” dagli atti del procedimento e che l’errore sia determinato, ancora una volta, da “negligenza inescusabile”, manifesta l’intenzione del legislatore di riferirsi all’errore macroscopico, commesso in un contesto di piena evidenza ed immediata rilevabilità del fatto o della sua negazione dagli atti del processo, reso possibile da una tale disattenzione nella lettura delle emergenze processuali da apparire oggettivamente inescusabile. Peraltro, la già richiamata interazione tra la clausola di salvaguardia contenuta nel comma 2 dell’art. 2 - diretta a tutelare, come già osservato, il principio del libero convincimento del giudice - con le diverse ipotesi di colpa grave previste nel comma 3 dello stesso art. 2 impone di far salva l’attività ermeneutica e quella valutativa. Ciò vale a dire, in relazione alla fattispecie sub a), che il giudice non risponde degli errori di diritto determinati da un’erronea opzione ermeneutica: la “grave violazione di legge”, posta in termini di contrapposizione con l’attività tutelata di “interpretazione”, viene così a sostanziarsi nella violazione evi395
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE dente, grossolana e macroscopica della norma, ovvero - secondo una tipologia elaborata dalla dottrina - nella lettura di essa in termini contrastanti con ogni criterio logico, nell’adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore, nella manipolazione arbitraria del testo normativo, nello sconfinamento nel diritto libero, mentre resta nell’area di esenzione da responsabilità la lettura della legge secondo uno dei significati possibili, sia pure il meno probabile e convincente, quando dell’opzione interpretativa seguita si dia conto e ragione nella motivazione (v. in tal senso anche i lavori preparatori). Sulla base di tali principi è possibile, quindi, ravvisare il discrimine tra attività interpretativa tutelata e colpa grave ritenendo fonte di responsabilità quei comportamenti, atti e provvedimenti che non possono considerarsi manifestazioni di discrezionalità interpretativa esplicata all’interno della dialettica processuale, ma appaiono determinati da una inescusabile e macroscopica negligenza del magistrato nella lettura del complesso normativo. Ciò vale anche a dire che può parlarsi di negligenza inescusabile non sulla base della mera non conformità della decisione a diritto, ma in quanto, tenuto conto delle ragioni con le quali il giudice abbia motivato detta decisione, essa non trovi alcun aggancio nell’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale nè abbia, in mancanza di detti referenti, una qualsiasi plausibile giustificazione sul piano logico. Ciò vale ancora a dire, in relazione alle ipotesi sub b) e c), che il giudice dell’ammissibilità dell’azione, al fine di accertare l’errore fattuale, nelle due eventualità complementari della sua errata affermazione o negazione, deve verificare non già il grado di diligenza impiegato nell’attività accertativa e valutativa, ma solo l’assenza di essa, nella forma della totale mancanza di analisi degli atti del procedimento dai quali risulti “incontestabilmente” l’insussistenza o la sussistenza del fatto rispettivamente affermato o negato. Conseguentemente, non può ravvisarsi un errore rilevante ai sensi delle lett. b) e c) ove il giudice abbia ritenuto una determinata situazione di fatto senza elementi pertinenti, ovvero sulla scorta di elementi insufficienti, che però abbiano formato oggetto di esame e valutazione, trattandosi in tal caso di errato apprezzamento dei dati acquisiti, nè può qualificarsi come rilevante l’errore riscontrato a posteriori dal giudice del gravame sulla base del controllo esercitato sull’attività accertativa e valutativa (così Cass. 1999 n. 12357; 1994 n. 6950)”. La norma disciplina poi modi e termini di proposizione dell’azione (tra l’altro prevedendo che, se è stato pronunciato il lodo, l’azione di responsabilità possa essere promossa, per le fattispecie sopra ricordate, solo dopo l’accoglimento dell’impugnazione con sentenza passata in giudicato e per i motivi per i 396
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO quali l’impugnazione è stata accolta), misura del risarcimento e riflessi dell’accertamento della responsabilità sul compenso e sul rimborso delle spese. È altresì previsto che ciascun arbitro risponda solo del fatto proprio. Art. 814 (Diritti degli arbitri) Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all’onorario per l’opera prestata, salvo che vi abbiano rinunciato al momento dell’accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro. Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle spese e dell’onorario, tale liquidazione non è vincolante per le parti se esse non l’accettano. In tal caso l’ammontare delle spese e dell’onorario è determinato con ordinanza non impugnabile dal presidente del tribunale indicato nell’articolo 810 secondo comma, su ricorso degli arbitri e sentite le parti. L’ordinanza è titolo esecutivo contro le parti. Art. 814 (Diritti degli arbitri) Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all’onorario per l’opera prestata, se non vi hanno rinunciato al momento dell’accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro. Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle spese e dell’onorario, tale liquidazione non è vincolante per le parti se esse non l’accettano. In tal caso l’ammontare delle spese e dell’onorario è determinato con ordinanza dal presidente del tribunale indicato nell’articolo 810, secondo comma, su ricorso degli arbitri e sentite le parti. L’ordinanza è titolo esecutivo contro le parti ed è soggetta a reclamo a norma dell’articolo 825, quarto comma. Si applica l’articolo 830, quarto comma. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) L’unica sostanziale novità è rappresentata dalla reclamabilità dell’ordinanza presidenziale (attualmente non impugnabile), la cui efficacia (esecutiva) può essere sospesa dalla corte d’appello.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 815 (Ricusazione degli arbitri) La parte può ricusare l’arbitro, che essa non ha nominato, per i motivi indicati nell’articolo 51. La ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del tribunale indicato nell’articolo 810, secondo comma, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito l’arbitro ricusato e assunte, quando occorre, sommarie informazioni. Art. 815 (Ricusazione degli arbitri) Un arbitro può essere ricusato: 1) se non ha le qualifiche espressamente convenute dalle parti; 2) se egli stesso, o un ente, associazione o società di cui sia amministratore, ha interesse nella causa; 3) se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o è convivente o commensale abituale di una delle parti, di un rappresentante legale di una delle parti, o di alcuno dei difensori; 4) se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia con una delle parti, con un suo rappresentante legale, o con alcuno dei suoi difensori; 5) se è legato ad una delle parti, a una società da questa controllata, al soggetto che la controlla, o a società sottoposta a comune controllo, da un rapporto di lavoro subordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettono l’indipendenza; inoltre, se è tutore o curatore di una delle parti; 6) se ha prestato consulenza, assistenza o difesa ad una delle parti in una precedente fase della vicenda o vi ha deposto come testimone. Una parte non può ricusare l’arbitro che essa ha nominato o contribuito a nominare se non per motivi conosciuti dopo la nomina. La ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del tribunale indicato nell’articolo 810, secondo comma, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito l’arbitro ricusato e le parti e assunte, quando occorre, sommarie informazioni. Con ordinanza il presidente provvede sulle spese. Nel caso di manifesta inammissibilità o manifesta infondatezza dell’istanza di ricusazione con398
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO danna la parte che l’ha proposta al pagamento, in favore dell’altra parte, di una somma equitativamente determinata non superiore al triplo del massimo del compenso spettante all’arbitro singolo in base alla tariffa forense. La proposizione dell’istanza di ricusazione non sospende il procedimento arbitrale, salvo diversa determinazione degli arbitri. Tuttavia, se l’istanza è accolta, l’attività compiuta dall’arbitro ricusato o con il suo concorso è inefficace. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma sostituisce, al richiamo dei motivi di ricusazione indicati nell’art. 51, un’elencazione specifica. Prevede altresì che la parte possa ricusare l’arbitro che ha nominato o contribuito a nominare, per motivi conosciuti dopo la nomina. Prevede inoltre che il presidente del tribunale senta, oltre all’arbitro ricusato, anche le parti. Introduce poi il regolamento delle spese del procedimento di ricusazione e la condanna al pagamento di una somma, a favore dell’altra parte, per il caso di manifesta inammissibilità o di manifesta infondatezza dell’istanza. Prevede infine che la proposizione della ricusazione non abbia effetto sospensivo, salva diversa determinazione degli arbitri, ma che, nel caso di accoglimento, l’attività compiuta dall’arbitro ricusato o con il suo concorso sia inefficace. CAPO III Del procedimento Art. 816 (Svolgimento del procedimento) Le parti determinano la sede dell’arbitrato nel territorio della Repubblica; altrimenti provvedono gli arbitri nella loro prima riunione. Le parti possono stabilire nel compromesso, nella clausola compromissoria o con atto scritto separato, purché anteriore all’inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento. In mancanza di tali norme gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Essi debbono in ogni caso assegnare alle parti i termini per presentare documenti e memorie, e per esporre le loro repliche. Gli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri ad uno di essi. Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento gli arbitri provvedono con ordinanza non soggetta a deposito e revocabile tranne che nel caso previsto nell’articolo 819. Art. 816 (Sede dell’arbitrato) Le parti determinano la sede dell’arbitrato nel territorio della Repubblica; altrimenti provvedono gli arbitri. Se le parti e gli arbitri non hanno determinato la sede dell’arbitrato, questa è nel luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato. Se tale luogo non si trova nel territorio nazionale, la sede è a Roma. Se la convenzione d’arbitrato non dispone diversamente, gli arbitri possono tenere udienza, compiere atti istruttori, deliberare ed apporre le loro sottoscrizioni al lodo anche in luoghi diversi dalla sede dell’arbitrato ed anche all’estero. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma si occupa ora solo della sede dell’arbitrato, mentre la disciplina del procedimento è affidata ai nuovi artt. da 816-bis a 816-septies. Ferma la determinazione della sede ad opera delle parti o, in difetto, degli arbitri (non è più previsto che debbano farlo nella prima riunione), viene introdotto il criterio per tale determinazione qualora non vi provvedano neppure gli arbitri. La norma aggiunge che, salva diversa disposizione nella convenzione d’arbitrato, gli arbitri possano tenere udienza, svolgere atti istruttori, deliberare e sottoscrivere il lodo anche in luoghi diversi dalla sede dell’arbitrato ed anche all’estero. Art. 816 bis (Svolgimento del procedimento) Le parti possono stabilire nella convenzione d’arbitrato, o con atto scritto separato, purché anteriore all’inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento e la lingua dell’arbitrato. In mancanza di tali norme gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio e determinare la lingua dell’arbitrato nel modo che ritengono 400
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO più opportuno. Essi debbono in ogni caso attuare il principio del contraddittorio, concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa. Le parti possono stare in arbitrato per mezzo di difensori. In mancanza di espressa limitazione, la procura al difensore si estende a qualsiasi atto processuale, ivi compresa la rinuncia agli atti e la determinazione o proroga del termine per la pronuncia del lodo. In ogni caso, il difensore può essere destinatario della comunicazione della notificazione del lodo e della notificazione della sua impugnazione. Le parti o gli altri arbitri possono autorizzare il presidente del collegio arbitrale a deliberare le ordinanze circa lo svolgimento del procedimento. Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento gli arbitri, se non ritengono di provvedere con lodo non definitivo, provvedono con ordinanza revocabile non soggetta a deposito. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma riprende anzitutto il secondo ed il terzo comma dell’attuale art. 816, aggiungendo alle disposizioni sullo svolgimento del procedimento che possono essere dettate dalle parti o, in difetto, stabilite dagli arbitri, la determinazione della lingua dell’arbitrato. Viene ribadita in termini perentori la necessità del rispetto del principio del contraddittorio. Sono poi previste altre norme relative allo svolgimento del procedimento, tra le quali quella per cui, qualora le parti stiano in giudizio a mezzo di difensori, la procura, in difetto di espressa limitazione, si estende a qualsiasi atto processuale, compresa la determinazione o proroga del termine per la pronuncia del lodo. Art. 816 ter (Istruzione probatoria) L’istruttoria o singoli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri ad uno di essi. Gli arbitri possono assumere direttamente presso di sé la testimonianza, ovvero deliberare di assumere la deposizione del testimone, ove questi vi consenta, nella sua abitazione o nel suo ufficio. Possono altresì deliberare di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte a quesiti nel termine che essi stessi stabiliscono. Se un testimone rifiuta di comparire davanti agli arbitri, questi, quando lo ritengono opportuno secondo le circostanze, possono richiedere al 401
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Presidente del Tribunale della sede dell’arbitrato, che ne ordini la comparizione davanti a loro. Nell’ipotesi prevista dal precedente comma il termine per la pronuncia del lodo è sospeso dalla data dell’ordinanza alla data dell’udienza fissata per l’assunzione della testimonianza. Gli arbitri possono farsi assistere da uno o più consulenti tecnici. Possono essere nominati consulenti tecnici sia persone fisiche, sia enti. Gli arbitri possono chiedere alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell’amministrazione stessa, che è necessario acquisire al giudizio. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma disciplina l’istruzione probatoria. Recepito al proprio interno il disposto dell’attuale art. 819 ter, tra l’altro introduce la facoltà di richiedere al presidente del tribunale della sede dell’arbitrato che ordini la comparizione del teste che rifiuti di comparire; prevede espressamente la facoltà di nomina di consulenti tecnici d’ufficio (che possono essere anche enti) e quella di chiedere informazioni alla pubblica amministrazione. Art. 816 quater (Pluralità di parti) Qualora più di due parti siano vincolate dalla stessa convenzione d’arbitrato, ciascuna parte può convenire tutte o alcune delle altre nel medesimo procedimento arbitrale se la convenzione d’arbitrato devolve a un terzo la nomina degli arbitri, se gli arbitri sono nominati con l’accordo di tutte le parti, ovvero se le altre parti, dopo che la prima ha nominato l’arbitro o gli arbitri, nominano d’accordo un ugual numero di arbitri o ne affidano a un terzo la nomina. Fuori dei casi previsti nel precedente comma il procedimento iniziato da una parte nei confronti di altre si scinde in tanti procedimenti quante sono queste ultime. Se non si verifica l’ipotesi prevista nel primo comma e si versa in caso di litisconsorzio necessario, l’arbitrato è improcedibile. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) 402
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Questa norma, così come le tre successive, disciplina aspetti procedimentali non trattati dalla normativa codicistica vigente. L’art. 816-quater tratta dei procedimenti con pluralità di parti, prevedendo: che ciascuna parte possa convenire tutte o alcune delle altre nel medesimo procedimento arbitrale: i) se la convenzione d’arbitrato devolve ad un terzo la nomina degli arbitri; ii) se gli arbitri sono nominati con l’accordo di tutte le parti; iii) se le parti nei riguardi delle quali è promosso l’arbitrato nominano d’accordo lo stesso numero di arbitri nominati dalla parte che ha dato corso alla procedura o ne affidano ad un terzo la nomina; che al di fuori di tali ipotesi il procedimento si scinde in tanti procedimenti quante sono le parti nei cui confronti l’arbitrato è promosso, talché, nel caso di litisconsorzio necessario, se non si verifica una delle ipotesi di cui alla lettera a) l’arbitrato è improcedibile. Art. 816 quinquies (Intervento di terzi e successione nel diritto controverso) L’intervento volontario o la chiamata in arbitrato di un terzo sono ammessi solo con l’accordo del terzo e delle parti e con il consenso degli arbitri. Sono sempre ammessi l’intervento previsto dal secondo comma dell’articolo 105 e l’intervento del litisconsorte necessario. Si applica l’articolo 111. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma distingue tra intervento volontario e chiamata di terzo, ammessi solo con l’accordo del terzo e delle parti e con il consenso degli arbitri, e l’intervento di cui al secondo comma dell’art. 105 e quello del litisconsorte necessario, sempre ammessi. Sancisce inoltre l’applicabilità dell’art. 111. Art. 816 sexies (Morte, estinzione o perdita di capacità della parte) Se la parte viene meno per morte o altra causa, ovvero perde la capacità legale, gli arbitri assumono le misure idonee a garantire l’applicazione del contraddittorio ai fini della prosecuzione del giudizio. Essi possono sospendere il procedimento. Se nessuna delle parti ottempera alle disposizioni degli arbitri per la pro403
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE secuzione del giudizio, gli arbitri possono rinunciare all’incarico. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Se la parte viene meno o perde la capacità legale, gli arbitri adottano le idonee misure per la tutela del contraddittorio ai fini della prosecuzione del giudizio; possono sospendere il procedimento. Possono altresì rinunciare all’incarico qualora nessuna delle parti ottemperi ai provvedimenti dati per la prosecuzione del giudizio. Art. 816 septies (Anticipazione delle spese) Gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili. Salvo diverso accordo delle parti, gli arbitri determinano la misura dell’anticipazione a carico di ciascuna parte. Se una delle parti non presta l’anticipazione richiestale, l’altra può anticipare la totalità delle spese. Se le parti non provvedono all’anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma, trattando dell’anticipazione delle spese, tra l’altro prevede la facoltà degli arbitri di subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili e che, se le parti non provvedono all’anticipazione nel termine fissato (potendovi naturalmente provvedere anche una sola di esse per la totalità dell’anticipazione), non sono più vincolate alla convenzione d’arbitrato con riguardo alla controversia che ha originato il procedimento arbitrale. Art. 817 (Eccezione d’incompetenza) La parte, che non eccepisce nel corso del procedimento arbitrale che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti del compromesso o della clausola compromissoria, non può, per questo motivo, impugnare di nullità il lodo. Art. 817 (Eccezione d’incompetenza) Se la validità, il contenuto o l’ampiezza della convenzione d’arbitrato o la 404
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO regolare costituzione degli arbitri sono contestate nel corso dell’arbitrato, gli arbitri decidono sulla propria competenza. Questa disposizione si applica anche se i poteri degli arbitri sono contestati in qualsiasi sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel corso del procedimento. La parte che non eccepisce nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri l’incompetenza di questi per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato, non può per questo motivo impugnare il lodo, salvo il caso di controversia non arbitrabile. La parte, che non eccepisce nel corso dell’arbitrato che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti della convenzione arbitrale, non può, per questo motivo, impugnare il lodo. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma prevede che gli arbitri decidano sulla propria competenza e regola l’onere delle parti di eccepire: i) l’incompetenza degli arbitri per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato; ii) l’esorbitanza delle conclusioni delle altre parti dai limiti della convenzione arbitrale. Art. 817 bis (Compensazione) Gli arbitri sono competenti a conoscere dell’eccezione di compensazione, nei limiti del valore della domanda, anche se il controcredito non è compreso nell’ambito della convenzione di arbitrato. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Norma di nuova introduzione. Art. 818 Provvedimenti cautelari Gli arbitri non possono concedere sequestri, né altri provvedimenti cautelari. Art. 818 (Provvedimenti cautelari) Gli arbitri non possono concedere sequestri, né altri provvedimenti cautelari, salva diversa disposizione di legge. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) 405
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE La norma riafferma il principio secondo il quale gli arbitri sono privi, in linea di principio, di poteri cautelari. Va peraltro ricordato che la legge n. 80/05 ha modificato l’art. 669quinquies, prevedendo la possibilità di chiedere provvedimenti cautelari al giudice ordinario anche nel caso di controversia compromessa in arbitri non rituali. Art. 819 (Questioni incidentali) Se nel corso del procedimento sorge una questione che per legge non può costituire oggetto di giudizio arbitrale, gli arbitri, qualora ritengano che il giudizio ad essi affidato dipende dalla definizione di tale questione, sospendono il procedimento. Fuori di tali ipotesi gli arbitri decidono tutte le questioni insorte nel giudizio arbitrale. Nel caso previsto dal primo comma il termine stabilito nell’articolo 820 resta sospeso fino al giorno in cui una delle parti notifichi agli arbitri la sentenza passata in giudicato che ha deciso la causa incidentale; ma se il termine che resta a decorrere ha una durata inferiore a sessanta giorni, è prorogato di diritto fino a raggiungere i sessanta giorni. Art. 819 (Questioni pregiudiziali di merito) Gli arbitri risolvono senza autorità di giudicato tutte le questioni rilevanti per la decisione della controversia, anche se vertono su materie che non possono essere oggetto di convenzione di arbitrato, salvo che debbano essere decise con efficacia di giudicato per legge. Su domanda di parte, le questioni pregiudiziali sono decise con efficacia di giudicato se vertono su materie che possono essere oggetto di convenzione di arbitrato. Se tali questioni non sono comprese nella convenzione di arbitrato, la decisione con efficacia di giudicato è subordinata alla richiesta di tutte le parti. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma innova profondamente il regime relativo alle questioni pregiudiziali di merito in materia non arbitrabile, sostituendo alla sospensione del procedimento sino alla decisione del giudice con sentenza passata in giudicato (nel caso in cui gli arbitri “ritengano che il giudizio ad essi affidato dipende dalla definizione di tale questione”), la competenza degli arbitri su “tutte le 406
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO questioni rilevanti per la decisione della controversia”, che essi decidono senza autorità di giudicato, salvo che tali questioni debbano essere decise con efficacia di giudicato per legge. Le questioni pregiudiziali possono anche essere decise dagli arbitri con efficacia di giudicato qualora vi sia la domanda di parte ed esse vertano su materie arbitrabili; se tuttavia tali questioni non sono contemplate nella convenzione d’arbitrato, per farsi luogo a decisione con efficacia di giudicato è necessaria la richiesta di tutte le parti. Art. 819 bis (Connessione) La competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente dinanzi al giudice. Art. 819 bis (Sospensione del procedimento arbitrale) Ferma l’applicazione dell’articolo 816 sexies, gli arbitri sospendono il procedimento arbitrale con ordinanza motivata nei seguenti casi: 1) quando il processo dovrebbe essere sospeso a norma del comma terzo dell’articolo 75 del codice di procedura penale, se la controversia fosse pendente davanti all’autorità giudiziaria; 2) se sorge questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione d’arbitrato e per legge deve essere decisa con autorità di giudicato; 3) quando rimettono alla Corte costituzionale una questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Se nel procedimento arbitrale è invocata l’autorità di una sentenza e questa è impugnata, si applica il secondo comma dell’articolo 337. Una volta disposta la sospensione, il procedimento si estingue se nessuna parte deposita presso gli arbitri istanza di prosecuzione entro il termine fissato dagli arbitri stessi o, in difetto, entro un anno dalla cessazione della causa di sospensione. Nel caso previsto dal primo comma, numero 2), il procedimento si estingue altresì se entro novanta giorni dall’ordinanza di sospensione nessuna parte deposita presso gli arbitri copia autentica dell’atto con il quale la controversia sulla questione pregiudiziale è proposta davanti all’autorità giudiziaria. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) 407
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE La norma prevede i casi nei quali il procedimento arbitrale può essere sospeso. Da segnalare che viene espressamente prevista la facoltà di rimessione alla Corte costituzionale delle questioni di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87/53, così superandosi i dubbi sull’argomento. Vengono anche espressamente regolate le conseguenze dell’inattività delle parti successiva alla sospensione (che l’attuale terzo comma dell’art. 819, con riferimento all’ipotesi ivi prevista, non disciplina). Art. 819 ter (Assunzione delle testimonianze) Gli arbitri possono assumere direttamente presso di sè la testimonianza, ovvero deliberare di assumere la deposizione del testimone, ove questi vi consenta, nella sua abitazione o nel suo ufficio. Possono altresì deliberare di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte a quesiti nel termine che essi stessi stabiliscono. Art. 819 ter (Rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria) La competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice, né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice. La sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una convenzione d’arbitrato, è impugnabile a norma degli articoli 42 e 43. L’eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta. La mancata proposizione dell’eccezione esclude la competenza arbitrale limitatamente alla controversia decisa in quel giudizio. Nei rapporti tra arbitrato e processo giudiziario non si applicano regole corrispondenti agli articoli 44, 45, 48, 50 e 295. In pendenza del procedimento arbitrale non possono essere proposte domande giudiziali aventi ad oggetto l’invalidità o inefficacia della convenzione di arbitrato. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma definisce i rapporti tra arbitri ed autorità giudiziaria in modo più organico di quanto non faccia il regime vigente, che si occupa solo della connessione (nell’art. 819 bis). 408
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Da segnalare, tra l’altro, che la competenza degli arbitri non è esclusa nemmeno dalla pendenza dinanzi al giudice della stessa causa e che la norma disciplina l’eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione d’arbitrato. CAPO IV Del lodo Art. 820 (Termini per la decisione) Se le parti non hanno disposto altrimenti, gli arbitri debbono pronunciare il lodo nel termine di centottanta giorni dall’accettazione della nomina. Se gli arbitri sono più e l’accettazione non è avvenuta contemporaneamente da parte di tutti, il termine decorre dall’ultima accettazione. Il termine è sospeso quando è proposta istanza di ricusazione e fino alla pronuncia su di essa, ed è interrotto quando occorre procedere alla sostituzione degli arbitri. Quando debbono essere assunti mezzi di prova o sia stato pronunciato lodo non definitivo, gli arbitri possono prorogare per una sola volta il termine e per non più di centottanta giorni. Nel caso di morte di una delle parti il termine è prorogato di trenta giorni. Le parti, d’accordo, possono consentire con atto scritto la proroga del termine. Art. 820 (Termine per la decisione) Le parti possono, con la convenzione di arbitrato o con accordo anteriore all’accettazione degli arbitri, fissare un termine per la pronuncia del lodo. Se non è stato fissato un termine per la pronuncia del lodo, gli arbitri debbono pronunciare il lodo nel termine di duecentoquaranta giorni dall’accettazione della nomina. In ogni caso il termine può essere prorogato: a) mediante dichiarazioni scritte di tutte le parti indirizzate agli arbitri; b) dal presidente del tribunale indicato nell’articolo 810, secondo comma, su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le altre parti; il termine può essere prorogato solo prima della sua scadenza. Se le parti non hanno disposto diversamente, il termine è prorogato di centottanta giorni nei casi seguenti e per non più di una volta nell’ambito di ciascuno di essi:
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE a) se debbono essere assunti mezzi di prova; b) se è disposta consulenza tecnica d’ufficio; c) se è pronunciato un lodo non definitivo o un lodo parziale; d) se è modificata la composizione del collegio arbitrale o è sostituito l’arbitro unico. Il termine per la pronuncia del lodo è sospeso durante la sospensione del procedimento. In ogni caso, dopo la ripresa del procedimento, il termine residuo, se inferiore, è esteso a novanta giorni. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma allunga da 180 a 240 giorni – in difetto di fissazione di un diverso termine ad opera delle parti – il termine per la decisione. Prevede poi, tra l’altro: i) la possibilità che le parti proroghino il termine; ii) la possibilità che detta proroga sia disposta dal presidente del tribunale su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le altre parti; iii) i casi nei quali (per non più di una volta nell’ambito di ciascuno di essi), salvo diversa disposizione delle parti, il termine è prorogato di 180 giorni. Il termine per la pronuncia del lodo è sospeso durante la sospensione del procedimento. Dopo la ripresa del procedimento il termine residuo, se inferiore, è esteso a 90 giorni. Art. 821 (Rilevanza del decorso del termine) Il decorso del termine indicato nell’articolo precedente non può essere fatto valere come causa di nullità del lodo se la parte, prima della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri, non abbia notificato alla altre parti e agli arbitri che intende far valere la loro decadenza. Art. 821 (Rilevanza del decorso del termine) Il decorso del termine indicato nell’articolo precedente non può essere fatto valere come causa di nullità del lodo se la parte, prima della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri, non abbia notificato alle altre parti e agli arbitri che intende far valere la loro decadenza. Se la parte fa valere la decadenza degli arbitri, questi, verificato il decorso del termine, dichiarano estinto il procedimento. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbi410
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO trato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Immutato il primo comma, il secondo prevede che se la parte fa valere la decadenza degli arbitri, questi, verificato il decorso del termine, dichiarano l’estinzione del procedimento. Art. 822 (Norme per la deliberazione) Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti li abbiano autorizzati con qualsiasi espressione a pronunciare secondo equità. Art. 822 (Norme per la deliberazione) Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti abbiano disposto con qualsiasi espressione che gli arbitri pronunciano secondo equità. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Sostanzialmente immutato. Art. 823 (Deliberazione e requisiti del lodo) Il lodo è deliberato a maggioranza di voti dagli arbitri riuniti in conferenza personale ed è quindi redatto per iscritto. Esso deve contenere: 1) l’indicazione delle parti; 2) l’indicazione dell’atto di compromesso o della clausola compromissoria e dei requisiti relativi; 3) l’esposizione sommaria dei motivi; 4) il dispositivo; 5) l’indicazione della sede dell’arbitrato e del luogo o del modo in cui è stato deliberato; 6) la sottoscrizione di tutti gli arbitri, con l’indicazione del giorno, mese ed anno in cui è apposta; la sottoscrizione può avvenire anche in luogo diverso da quello della deliberazione ed anche all’estero; se gli arbitri sono più di uno, le varie sottoscrizioni, senza necessità di ulteriore conferenza personale, possono avvenire in luoghi diversi.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Tuttavia è valido il lodo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri, purché si dia atto che esso è stato deliberato in conferenza personale di tutti, con l’espressa dichiarazione che gli altri non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo. Il lodo ha efficacia vincolante tra le parti dalla data della sua ultima sottoscrizione. Art. 823 (Deliberazione e requisiti del lodo) Il lodo è deliberato a maggioranza di voti con la partecipazione di tutti gli arbitri ed è quindi redatto per iscritto. Ciascun arbitro può chiedere che il lodo, o una parte di esso, sia deliberato dagli arbitri riuniti in conferenza personale. Il lodo deve contenere: 1) il nome degli arbitri; 2) l’indicazione della sede dell’arbitrato; 3) l’indicazione delle parti; 4) l’indicazione della convenzione di arbitrato e delle conclusioni delle parti; 5) l’esposizione sommaria dei motivi; 6) il dispositivo; 7) la sottoscrizione degli arbitri. La sottoscrizione della maggioranza degli arbitri è sufficiente, se accompagnata dalla dichiarazione che esso è stato deliberato con la partecipazione di tutti e che gli altri non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo; 8) la data delle sottoscrizioni. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Viene meno la necessità della conferenza personale per la deliberazione del lodo (che peraltro può essere richiesta, per la deliberazione del lodo o di una parte di esso, da ciascun arbitro); è richiesto solo che il lodo venga deliberato con la partecipazione di tutti gli arbitri. Quanto al contenuto del lodo: i) viene meno l’indicazione del luogo e del modo in cui il lodo è stato deliberato; ii) è aggiunta l’indicazione dei nomi degli arbitri. È altresì espunta la previsione che la sottoscrizione possa avvenire anche in luogo diverso da quello della deliberazione ed anche all’estero e che 412
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO se gli arbitri sono più di uno le sottoscrizioni, senza necessità di ulteriore conferenza personale, possono avvenire in luoghi diversi. È sufficiente la sottoscrizione della maggioranza degli arbitri, se accompagnata dalla dichiarazione che esso è stato deliberato con la partecipazione di tutti gli arbitri (nel regime attuale: in conferenza personale di tutti) e che gli altri non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo. La previsione del vigente ultimo comma, relativa all’efficacia del lodo dalla data dell’ultima sottoscrizione, è stata espunta, in quanto ripresa e riformulata nel nuovo art. 824-bis. Art. 824 (Luogo di pronuncia) Art. 824 (Originali e copie del lodo) Gli arbitri redigono il lodo in uno o più originali. Gli arbitri danno comunicazione del lodo a ciascuna parte mediante consegna di un originale, o di una copia attestata conforme dagli stessi arbitri, anche con spedizione in plico raccomandato, entro dieci giorni dalla sottoscrizione del lodo. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Riprende il primo comma dell’attuale art. 825, che modifica tra l’altro prevedendo che alle parti possa essere consegnata anche una copia del lodo attestata conforme dagli arbitri. Art. 824 bis (Efficacia del lodo) Salvo quanto disposto dall’articolo 825, il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma modifica l’ultimo comma dell’attuale art. 823, prevedendo che – salvi gli effetti del deposito di cui all’articolo seguente – dalla data dell’ultima sottoscrizione il lodo (anziché avere efficacia vincolante tra le parti – regime attuale –) abbia gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria. 413
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 825 (Deposito del lodo) Gli arbitri redigono il lodo in tanti originali quante sono le parti e ne danno comunicazione a ciascuna parte mediante consegna di un originale, anche con spedizione in plico raccomandato, entro dieci giorni dalla data dell’ultima sottoscrizione. La parte che intende far eseguire il lodo nel territorio della Repubblica è tenuta a depositarlo in originale o in copia conforme, insieme con l’atto di compromesso o con l’atto contenente la clausola compromissoria o con documento equipollente, in originale o in copia conforme, nella cancelleria della tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione la sentenza avente il medesimo contenuto. Del deposito e del provvedimento del tribunale è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti nell’articolo 133, secondo comma. Contro il decreto che nega l’esecutorietà del lodo è ammesso reclamo, entro trenta giorni dalla comunicazione mediante ricorso al tribunale in composizione collegiale, del quale non può far parte il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato; il collegio, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile. Art. 825 (Deposito del lodo) La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica ne propone istanza depositando il lodo in originale, o in copia conforme, insieme con l’atto contenente la convenzione di arbitrato, in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione o annotazione la sentenza avente il medesimo contenuto. Del deposito e del provvedimento del tribunale è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti dell’articolo 133, secondo comma. Contro il decreto che nega o concede l’esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo mediante ricorso alla corte d’appello, entro trenta giorni dalla comunicazione; la corte, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) 414
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO La norma disciplina il procedimento per conseguire l’esecutorietà del lodo. Rispetto al regime attuale le sostanziali differenze sono le seguenti:1) è necessario depositare, unitamente al lodo, la convenzione d’arbitrato, mentre attualmente in luogo dell’atto di compromesso o dell’atto contenente la clausola compromissoria può essere depositato un “documento equipollente”; 2) accanto alla trascrizione è prevista l’annotazione; 3) è prevista la facoltà di reclamare anche avverso il decreto che concede l’esecutorietà, attualmente non contemplata; 4) il reclamo va proposto alla corte d’appello anziché al tribunale in composizione collegiale; 5) è stata rimossa la previsione di inimpugnabilità dell’ordinanza pronunciata sul reclamo. Art. 826 (Correzione del lodo) Il lodo può essere corretto, su istanza di parte, dagli stessi arbitri che lo hanno pronunziato, qualora questi siano incorsi in omissioni o in errori materiali o di calcolo. Gli arbitri, sentite le parti, provvedono entro venti giorni. Del provvedimento è data comunicazione alle parti, anche con spedizione in plico raccomandato, entro dieci giorni dalla data dell’ultima sottoscrizione. Se il lodo è già stato depositato, la correzione è richiesta al tribunale del luogo in cui lo stesso è depositato. Si applicano le disposizioni dell’art. 288 in quanto compatibili. Art. 826 (Correzione del lodo) Ciascuna parte può chiedere agli arbitri entro un anno dalla comunicazione del lodo: a) di correggere nel testo del lodo omissioni o errori materiali o di calcolo, anche se hanno determinato una divergenza fra i diversi originali del lodo pure se relativa alla sottoscrizione degli arbitri; b) di integrare il lodo con uno degli elementi indicati nell’articolo 823, numeri 1), 2), 3), 4). Gli arbitri, sentite le parti, provvedono entro il termine di sessanta giorni. Della correzione è data comunicazione alle parti a norma dell’articolo 824. Se gli arbitri non provvedono, l’istanza di correzione è proposta al tribunale nel cui circondario ha sede l’arbitrato. Se il lodo è stato depositato, la correzione è richiesta al tribunale del luogo in cui è stato depositato. Si applicano le disposizioni dell’articolo 288, in quanto 415
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE compatibili. Alla correzione può provvedere anche il giudice di fronte al quale il lodo è stato impugnato o fatto valere. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Anche la disciplina della correzione è stata modificata, estendendosene la portata, ma con una limitazione temporale quanto alla correzione che può essere chiesta agli arbitri. Quest’ultima deve infatti essere domandata entro un anno dalla comunicazione del lodo e può avere ad oggetto, oltre che omissioni o errori materiali o di calcolo (anche se, viene aggiunto con la novella, hanno determinato una divergenza tra i diversi originali del lodo, pure se relativa alla sottoscrizione degli arbitri), l’integrazione del lodo con l’indicazione del nome degli arbitri, delle parti, della convenzione d’arbitrato e delle conclusioni delle parti, nonché della sede dell’arbitrato (la cui mancata indicazione cessa dunque di essere motivo di impugnazione, divenendo motivo di correzione). Il termine per provvedere da parte degli arbitri è elevato da 20 a 60 giorni ed è prevista la comunicazione alle parti (a norma dell’art. 824) della correzione, anziché del provvedimento come è attualmente previsto (il che potrebbe indurre a ritenere che il provvedimento di rigetto dell’istanza di correzione non vada comunicato, anche se non apparirebbe comprensibile la ragione di una siffatta scelta). Sono poi introdotte due ulteriori disposizioni: i) nel caso di inerzia degli arbitri la correzione può essere richiesta al tribunale della sede dell’arbitrato; ii) alla correzione può anche provvedere il giudice dinanzi il quale il lodo è stato impugnato o fatto valere. CAPO V Delle impugnazioni Art. 827 (Mezzi di impugnazione) Il lodo è soggetto soltanto all’impugnazione per nullità, per revocazione o per opposizione di terzo. I mezzi di impugnazione possono essere proposti indipendentemente dal deposito del lodo. Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo. 416
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 827 (Mezzi di impugnazione) Il lodo è soggetto all’impugnazione per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo. I mezzi d’impugnazione possono essere proposti indipendentemente dal deposito del lodo. Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma è sostanzialmente immutata. Art. 828 (Impugnazione per nullità) L’impugnazione per nullità si propone, nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla corte d’appello nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. L’impugnazione non è più proponibile decorso un anno dalla data dell’ultima sottoscrizione. L’istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per l’impugnazione; tuttavia il lodo può essere impugnato relativamente alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla notificazione della pronuncia di correzione. Art. 828 (Impugnazione per nullità) L’impugnazione per nullità si propone, nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla Corte d’appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato. L’impugnazione non è più proponibile decorso un anno dalla data dell’ultima sottoscrizione. L’istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per l’impugnazione; tuttavia il lodo può essere impugnato relativamente alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla comunicazione dell’atto di correzione. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Nella sostanza l’unica modificazione risulta concernere la decorrenza del termine per l’impugnazione del lodo relativamente alle parti corrette, decorrenza rappresentata dalla comunicazione dell’atto di correzione (così si esprime la novella), anziché dalla notificazione della pronuncia di correzione. Art. 829 (Casi di nullità) L’impugnazione per nullità è ammessa, nonostante qualunque rinuncia, nei casi seguenti: 1) se il compromesso è nullo; 2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti nei capi I e II del presente titolo, purché la nullità sia stata dedotta nel giudizio arbitrale; 3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’articolo 812; 4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti del compromesso o non ha pronunciato su alcuno degli oggetti del compromesso o contiene disposizioni contraddittorie, salva la disposizione dell’articolo 817; 5) se il lodo non contiene i requisiti indicati nei numeri 3), 4), 5) e 6) del secondo comma dell’articolo 823, salvo il disposto del terzo comma di detto articolo; 6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine indicato nell’articolo 820, salvo il disposto dell’articolo 821; 7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte per i giudizi sotto pena di nullità, quando le parti ne avevano stabilita l’osservanza a norma dell’articolo 816 e la nullità non è stata sanata; 8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non più impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti, purché la relativa eccezione sia stata dedotta nel giudizio arbitrale; 9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. L’impugnazione per nullità è altresì ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equità, o avessero dichiarato il lodo non impugnabile. Nel caso previsto nell’articolo 808, secondo comma, il lodo è soggetto all’impugnazione anche per violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 829 (Casi di nullità) L’impugnazione per nullità è ammessa, nonostante qualunque preventiva rinuncia, nei casi seguenti: 1) se la convenzione d’arbitrato è invalida, ferma la disposizione dell’articolo 817, terzo comma (ndr:leggasi secondo); 2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti nei capi II e VI del presente titolo, purché la nullità sia stata dedotta nel giudizio arbitrale; 3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’articolo 812; 4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato, ferma la disposizione dell’articolo 817, quarto comma (ndr:leggasi terzo), o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso; 5) se il lodo non ha i requisiti indicati nei numeri 5), 6), 7) dell’articolo 823; 6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito, salvo il disposto dell’articolo 821; 7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte dalle parti sotto espressa sanzione di nullità e la nullità non è stata sanata; 8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non più impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti purché tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nel procedimento; 9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio; 10) se il lodo conclude il procedimento senza decidere il merito della controversia e il merito della controversia doveva essere deciso dagli arbitri; 11) se il lodo contiene disposizioni contraddittorie; 12) se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed eccezioni proposte dalle parti in conformità alla convenzione di arbitrato. La parte che ha dato causa a un motivo di nullità, o vi ha rinunciato, o che non ha eccepito nella prima istanza o difesa successiva la violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del procedimento arbitrale, non può per questo motivo impugnare il lodo. L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. È ammessa in ogni caso l’impugnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico. 419
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è sempre ammessa: 1) nelle controversie previste dall’articolo 409; 2) se la violazione delle regole di diritto concerne la soluzione di questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione di arbitrato. Nelle controversie previste dall’articolo 409, il lodo è soggetto ad impugnazione anche per violazione dei contratti e accordi collettivi. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Diverse le modifiche apportate a tale norma. Innanzi tutto è stato precisato che la rinuncia inammissibile è quella preventiva. Quanto ai casi di impugnazione per nullità va osservato: n. 1): la norma parla di invalidità e non più di nullità; tuttavia la previsione del terzo comma (ora secondo nella stesura finale, senza tuttavia che il richiamo nella presente norma sia stato modificato) dell’art. 817 (qui dichiarata ferma), che prevede che la parte che non eccepisca nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri la loro incompetenza per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato non possa impugnare il lodo per tali motivi, salvo il caso di controversia non arbitrabile, induce a ritenere che si siano voluti ricondurre a tale norma tutti tali casi di vizio relativo alla convenzione d’arbitrato; n. 2): la nullità relativa alla nomina degli arbitri è ricondotta, oltre che alla violazione delle norme di cui al capo II (“Degli arbitri”), a quelle di cui al capo VI (che nella novella disciplina l’arbitrato secondo regolamenti precostituiti), anziché a quelle di cui al capo I (che nella novella disciplina la convenzione d’arbitrato); n. 3): immutato; n. 4): alcune delle previsioni attuali sono state espunte e spostate, con parziale riformulazione, nei nuovi numeri 11) e 12); resta la pronuncia al di fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato, con il temperamento del quarto comma (ora terzo nella stesura finale, senza tuttavia che il richiamo nella presente norma sia stato modificato) dell’art. 817, e viene aggiunta la decisione del merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso;
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO n. 5): dai requisiti del lodo la cui mancanza dà luogo a nullità è stata espunta la mancata indicazione della sede dell’arbitrato, divenuta, come già si è detto, motivo di correzione; n. 6): sostanzialmente immutato; n. 7): viene meno il riferimento alle forme prescritte per i giudizi sotto pena di nullità, quando le parti ne avevano stabilito l’osservanza a norma dell’art. 816, sostituito dal riferimento alle forme prescritte dalle parti sotto espressa sanzione di nullità; n. 8): alla previsione della necessità dell’eccezione nel giudizio arbitrale è sostituita la necessità che la precedente pronuncia sia prodotta nel procedimento; n. 9): immutato; n. 10): introdotto dalla novella; n. 11): la fattispecie è prevista nell’attuale n. 4; n.12): la fattispecie – prevista in termini di mancata pronuncia su alcuni degli oggetti del compromesso – è contemplata nell’attuale n. 4. La norma prevede poi: i) che la parte che ha dato causa a un motivo di nullità, o vi ha rinunciato (è il principio di cui all’art. 157, terzo comma), o che non ha eccepito, nella prima istanza o difesa successiva, la violazione di regola disciplinante lo svolgimento del procedimento arbitrale, non può impugnare il lodo per tale motivo; ii) che l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge, restando ammessa in ogni caso l’impugnazione per contrarietà all’ordine pubblico e restando sempre ammessa l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia nelle controversie di cui all’art. 409 e se la violazione delle regole di diritto concerne la soluzione di questione pregiudiziale su materia non arbitrabile; iii) che nelle controversie di cui all’art. 409 l’impugnazione possa aversi anche per violazione (l’ultimo comma del vigente art. 829, con riferimento al caso previsto nel vigente art. 808, secondo comma, parla anche di falsa applicazione) dei contratti e accordi collettivi. Art. 830 (Decisione sull’impugnazione per nullità) La corte d’appello, quando accoglie l’impugnazione, dichiara con sentenza la nullità del lodo; qualora il vizio incida soltanto su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo. Salvo volontà contraria di tutte le parti, la corte d’appello pronuncia anche sul merito, se la causa è in condizione di essere decisa, ovvero rimette con ordi421
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE nanza la causa all’istruttore, se per la decisione del merito è necessaria una nuova istruzione. In pendenza del giudizio, su istanza di parte, la corte d’appello può sospendere con ordinanza l’esecutorietà del lodo. Art. 830 (Decisione sull’impugnazione per nullità) La corte d’appello decide sull’impugnazione per nullità e, se l’accoglie, dichiara con sentenza la nullità del lodo. Se il vizio incide su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo. Se il lodo è annullato per i motivi di cui all’articolo 829, commi primo, numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11) o 12), terzo, quarto o quinto, la corte d’appello decide la controversia nel merito salvo che le parti non abbiano stabilito diversamente nella convenzione di arbitrato o con accordo successivo. Tuttavia, se una delle parti, alla data della sottoscrizione della convenzione di arbitrato, risiede o ha la propria sede effettiva all’estero, la corte d’appello decide la controversia nel merito solo se le parti hanno così stabilito nella convenzione di arbitrato o ne fanno concorde richiesta. Quando la corte d’appello non decide nel merito, alla controversia si applica la convenzione di arbitrato, salvo che la nullità dipenda dalla sua invalidità o inefficacia. Su istanza di parte anche successiva alla proposizione dell’impugnazione, la corte d’appello può sospendere con ordinanza l’efficacia del lodo, quando ricorrono gravi motivi. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Sostanzialmente immutato il primo comma, il secondo comma stabilisce i casi di annullamento nei quali può aversi decisione nel merito, salvo diverso patto concluso nella convenzione d’arbitrato o con accordo successivo (mentre alla decisione nel merito si fa luogo solo nel caso di accordo delle parti in tale senso o di concorde loro richiesta, qualora una delle parti risieda o abbia la sede all’estero al momento della sottoscrizione della convenzione d’arbitrato). Se non vi è decisione nel merito si applica la convenzione d’arbitrato, salvo che la nullità non dipenda dalla sua invalidità o inefficacia. La novella prevede poi la possibilità della sospensione, su istanza anche successiva alla proposizione dell’impugnazione, dell’efficacia (la norma vigente parla di esecutorietà) del lodo, ricorrendo gravi motivi. 422
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO Art. 831 (Revocazione ed opposizione di terzo) Il lodo, nonostante qualsiasi rinuncia, è soggetto a revocazione nei casi indicati nei numeri 1), 2), 3) e 6) dell’articolo 395, osservati i termini e le forme stabiliti nel libro secondo. Se i casi di cui al primo comma si verificano durante il corso del processo di impugnazione per nullità, il termine per la proposizione della domanda di revocazione è sospeso fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla nullità. Il lodo è soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicati nell’articolo 404. Le impugnazioni per revocazione e per opposizione di terzo si propongono davanti alla corte d’appello nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. La corte d’appello può riunire le impugnazioni per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo nello stesso processo, salvo che lo stato della causa preventivamente proposta non consenta l’esauriente trattazione e decisione delle altre cause. Art. 831 (Revocazione ed opposizione di terzo) Il lodo, nonostante qualsiasi rinuncia, è soggetto a revocazione nei casi indicati nei numeri 1), 2), 3) e 6) dell’articolo 395, osservati i termini e le forme stabiliti nel libro secondo. Se i casi di cui al primo comma si verificano durante il corso del processo di impugnazione per nullità, il termine per la proposizione della domanda di revocazione è sospeso fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla nullità. Il lodo è soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicati nell’articolo 404. Le impugnazioni per revocazione e per opposizione di terzo si propongono davanti alla corte d’appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato, osservati i termini e le forme stabiliti nel libro secondo. La corte d’appello può riunire le impugnazioni per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo nello stesso processo, se lo stato della causa preventivamente proposta consente l’esauriente trattazione e decisione delle altre cause. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) Sostanzialmente immutato.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE CAPO VI Dell’arbitrato internazionale Art. 832 (Arbitrato internazionale) Qualora alla data della sottoscrizione della clausola compromissoria o del compromesso almeno una delle parti risieda o abbia la propria sede effettiva all’estero oppure qualora debba essere eseguita all’estero una parte rilevante delle prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia si riferisce, le disposizioni dei capi da I a V del presente titolo si applicano all’arbitrato in quanto non derogate dal presente capo. Sono in ogni caso salve le norme stabilite in convenzioni internazionali. CAPO VI Dell’arbitrato secondo regolamenti precostituiti Art. 832 (Rinvio a regolamenti arbitrali) La convenzione d’arbitrato può fare rinvio a un regolamento arbitrale precostituito. Nel caso di contrasto tra quanto previsto nella convenzione di arbitrato e quanto previsto dal regolamento, prevale la convenzione di arbitrato. Se le parti non hanno diversamente convenuto, si applica il regolamento in vigore al momento in cui il procedimento arbitrale ha inizio. Le istituzioni di carattere associativo e quelle costituite per la rappresentanza degli interessi di categorie professionali non possono nominare arbitri nelle controversie che contrappongono i propri associati o appartenenti alla categoria professionale a terzi. Il regolamento può prevedere ulteriori casi di sostituzione e ricusazione degli arbitri in aggiunta a quelli previsti dalla legge. Se l’istituzione arbitrale rifiuta di amministrare l’arbitrato, la convenzione d’arbitrato mantiene efficacia e si applicano i precedenti capi di questo titolo. (La norma si applicherà ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo che la prevede) La norma è introdotta dall’art. 25 del Decreto Legislativo nr. 40 del 2 febbraio 2006, che sostituisce l’art. 832; le altre norme sull’arbitrato interna424
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO zionale (artt. da 833 da 838) sono abrogate dall’art. 28 dello stesso Decreto Legislativo n. 40/2006. Art. 833 (Forma della clausola compromissoria) La clausola compromissoria contenuta in condizioni generali di contratto oppure in moduli o formulari non è soggetta all’approvazione specifica prevista dagli articoli 1341 e 1342 del codice civile. È valida la clausola compromissoria contenuta in condizioni generali che siano recepite in un accordo scritto delle parti, purchè le parti abbiano avuto conoscenza della clausola o avrebbero dovuto conoscerla usando l’ordinaria diligenza. (Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo gli artt. 833, 834, 835, 836, 837 e 838 c.p.c. saranno abrogati) Art. 834 (Norme applicabili al merito) Le parti hanno facoltà di stabilire d’accordo tra loro le norme che gli arbitri debbono applicare al merito della controversia oppure di disporre che gli arbitri pronuncino secondo equità. Se le parti non provvedono, si applica la legge con la quale il rapporto è più strettamente collegato. In entrambi i casi gli arbitri tengono conto delle indicazioni del contratto e degli usi del commercio. (Alla data di entrata in vigore del decreto gli artt. 833, 834, 835, 836, 837 e 838 c.p.c. saranno abrogati) Art. 835 (Lingua dell’arbitrato) Se le parti non hanno diversamente convenuto, la lingua del procedimento è determinata dagli arbitri, tenuto conto delle circostanze. (Alla data di entrata in vigore del decreto gli artt. 833, 834, 835, 836, 837 e 838 c.p.c. saranno abrogati) Art. 836 (Ricusazione degli arbitri) La ricusazione degli arbitri è regolata dall’art. 815, se le parti non hanno diversamente convenuto. (Alla data di entrata in vigore del decreto gli artt. 833, 834, 835, 836, 837 e 838 c.p.c. saranno abrogati)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 837 (Deliberazione del lodo) Il lodo è deliberato a maggioranza di voti dagli arbitri riuniti in conferenza personale, anche videotelefonica, salvo che le parti abbiano deliberato diversamente, ed è quindi redatto per iscritto. (Alla data di entrata in vigore del decreto gli artt. 833, 834, 835, 836, 837 e 838 c.p.c. saranno abrogati) Art. 838 (Impugnazione) All’arbitrato internazionale non si applicano le disposizioni dell’articolo 829, secondo comma, dell’articolo 830, secondo comma, e dell’articolo 831 se le parti non hanno diversamente convenuto. (Alla data di entrata in vigore del decreto gli artt. 833, 834, 835, 836, 837 e 838 c.p.c. saranno abrogati) CAPO VII Dei lodi stranieri Art. 839 (Riconoscimento ed esecuzione dei lodi stranieri) Chi vuol far valere nella Repubblica un lodo straniero deve proporre ricorso al presidente della corte d’appello nella cui circoscrizione risiede l’altra parte; se tale parte non risiede in Italia è competente la corte d’appello di Roma. Il ricorrente deve produrre il lodo in originale o in copia conforme, insieme con l’atto di compromesso, o documento equipollente, in originale o in copia conforme. Qualora i documenti di cui al secondo comma non siano redatti in lingua italiana la parte istante deve altresì produrre una traduzione certificata conforme. Il presidente della corte d’appello, accertata la regolarità formale del lodo, dichiara con decreto l’efficacia del lodo straniero nella Repubblica, salvoché: 1) la controversia non potesse formare oggetto di compromesso secondo la legge italiana; 2) il lodo contenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico. Art. 840 (Opposizione) Contro il decreto che accorda o nega l’efficacia del lodo straniero è ammessa opposizione da proporsi con citazione dinanzi alla corte d’appello entro trenta giorni dalla comunicazione, nel caso di decreto che nega l’efficacia, ovvero 426
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - LIBRO QUARTO dalla notificazione nel caso del decreto che l’accorda. In seguito all’opposizione il giudizio si svolge a norma degli articoli 645 e seguenti in quanto applicabili. La corte d’appello pronuncia con sentenza impugnabile per cassazione. Il riconoscimento o l’esecuzione del lodo straniero sono rifiutati dalla corte d’appello se nel giudizio di opposizione la parte contro la quale il lodo è invocato prova l’esistenza di una delle seguenti circostanze: 1) le parti della convenzione arbitrale erano incapaci in base alla legge ad esse applicabile oppure la convenzione arbitrale non era valida secondo la legge alla quale le parti l’hanno sottoposta o, in mancanza di indicazione a tale proposito, secondo la legge dello Stato in cui il lodo è stato pronunciato; 2) la parte nei cui confronti il lodo è invocato non è stata informata della designazione dell’arbitro o del procedimento arbitrale o comunque è stata nell’impossibilità di far valere la propria difesa nel procedimento stesso; 3) il lodo ha pronunciato su una controversia non contemplata nel compromesso o nella clausola compromissoria, oppure fuori dei limiti del compromesso o della clausola compromissoria; tuttavia, se le statuizioni del lodo che concernono questioni sottoposte ad arbitrato possono essere separate da quelle che riguardano questioni non sottoposte ad arbitrato, le prime possono essere riconosciute e dichiarate esecutive; 4) la costituzione del collegio arbitrale o il procedimento arbitrale non sono stati conformi all’accordo delle parti o, in mancanza di tale accordo, alla legge del luogo di svolgimento dell’arbitrato; 5) il lodo non è ancora divenuto vincolante per le parti o è stato annullato o sospeso da un’autorità competente dello Stato nel quale, o secondo la legge del quale, è stato reso. Allorché l’annullamento o la sospensione dell’efficacia del lodo straniero siano stati richiesti all’autorità competente indicata nel numero 5) del terzo comma, la corte d’appello può sospendere il procedimento per il riconoscimento o l’esecuzione del lodo; su istanza della parte che ha richiesto l’esecuzione può, in caso di sospensione, ordinare che l’altra parte presti idonea garanzia. Il riconoscimento o l’esecuzione del lodo straniero sono altresì rifiutati allorché la corte d’appello accerta che: 1) la controversia non potesse formare oggetto di compromesso secondo la legge italiana; 2) il lodo contenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico. Sono in ogni caso salve le norme stabilite in convenzioni internazionali. 427
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE DEL CODICE DI PROCEDURA CIVILE TITOLO I DEL PUBBLICO MINISTERO Art. 1 (Richiesta di comunicazione degli atti) In ogni stato e grado del processo il pubblico ministero può richiedere al giudice la comunicazione degli atti per l’esercizio dei poteri a lui attribuiti dalla legge. Art. 2 (Intervento davanti all’istruttore) L’intervento del pubblico ministero davanti all’istruttore avviene nei modi previsti nell’articolo 267 del Codice. Art. 3 (Intervento davanti al Collegio) Il pubblico ministero può spiegare il suo intervento anche quando la causa si trova davanti al Collegio, mediante comparsa da depositarsi in cancelleria o all’udienza. Il pubblico ministero che interviene all’udienza prende oralmente le sue conclusioni, che sono inserite nel ruolo d’udienza. Se il pubblico ministero che interviene davanti al Collegio non si limita ad aderire alle conclusioni di una delle parti, ma prende proprie conclusioni, produce documenti o deduce prove, il presidente, d’ufficio o su istanza di parte, può rimettere con ordinanza la causa al giudice istruttore per l’integrazione dell’istruzione. TITOLO II DEGLI ESPERTI E DEGLI AUSILIARI DEL GIUDICE CAPO I Degli esperti della magistratura del lavoro Art. 4 (Albo degli esperti) Art. 5 (Formazione dell’albo)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 6 (Proposte d’iscrizione) Art. 7 (Requisiti per l’iscrizione) Art. 8 (Revisione dell’albo) Art. 9 (Ruolo degli esperti) Art. 10 (Composizione del collegio giudicante) Art. 11 (Astensione e ricusazione degli esperti) Art. 12 (Indennità dovute agli esperti) CAPO II Dei consulenti tecnici del giudice SEZIONE I Dei consulenti tecnici nei procedimenti ordinari Art. 13 (Albo dei consulenti tecnici) Presso ogni tribunale è istituito un albo dei consulenti tecnici. L’albo è diviso in categorie. Debbono essere sempre comprese nell’albo le categorie: 1) medico-chirurgica; 2) industriale; 3) commerciale; 4) agricola; 5) bancaria; 6) assicurativa. Art. 14 (Formazione dell’albo) L’albo è tenuto dal presidente del tribunale ed è formato da un Comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica e da un professionista iscritto nell’albo professionale, designato dal Consiglio dell’ordine o dal Collegio della categoria a cui appartiene il richiedente l’iscrizione nell’albo dei consulenti tecnici. Il Consiglio predetto ha facoltà di designare, quando lo ritenga opportuno, un professionista iscritto nell’albo di altro ordine o Collegio, previa comunicazione al Consiglio che tiene l’albo a cui appartiene il professionista stesso. Quando trattasi di domande presentate da periti estimatori, la designazione è fatta dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Le funzioni di segretario del Comitato sono esercitate dal cancelliere del tribunale. 430
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 15 (Iscrizione nell’albo) Possono ottenere l’iscrizione nell’albo coloro che sono forniti di speciale competenza tecnica in una determinata materia, sono di condotta morale specchiata e sono iscritti nelle rispettive associazioni professionali. Nessuno può essere iscritto in più di un albo. Sulle domande di iscrizione decide il Comitato indicato nell’articolo precedente. Contro il provvedimento del Comitato è ammesso reclamo, entro 15 giorni dalla notificazione, al Comitato previsto nell’articolo 5. (per effetto del D.Lgs. nr. 369/1944 l'art. 5 è da considerarsi non più operante) Art. 16 (Domande d’iscrizione) Coloro che aspirano all’iscrizione nell’albo debbono farne domanda al presidente del tribunale. La domanda deve essere corredata dai seguenti documenti: 1) estratto dell’atto di nascita; 2) certificato generale del casellario giudiziario di data non anteriore a 3 mesi dalla presentazione; 3) certificato di residenza nella circoscrizione del tribunale; 4) certificato di iscrizione alle associazioni professionali; 5) i titoli e i documenti che l’aspirante crede di esibire per dimostrare la sua speciale capacità tecnica. (per effetto del D.Lgs. nr. 369/1944 le associazioni professionali sono state soppresse) Art. 17 (Informazioni) A cura del presidente del tribunale debbono essere assunte presso le Autorità di Polizia specifiche informazioni sulla condotta pubblica e privata dell’aspirante. Art. 18 (Revisione dell’albo) L’albo è permanente. Ogni 4 anni il Comitato di cui all’art. 14 deve provvedere alla revisione dell’albo per eliminare i consulenti per i quali è venuto meno alcuno dei requisiti previsti nell’art. 15 o è sorto un impedimento a esercitare l’ufficio.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 19 (Disciplina) La vigilanza sui consulenti tecnici è esercitata dal presidente del tribunale, il quale, d’ufficio o su istanza del procuratore della Repubblica o del presidente dell’associazione professionale, può promuovere procedimento disciplinare contro i consulenti che non hanno tenuto una condotta morale specchiata o non hanno ottemperato agli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti. Per il giudizio disciplinare è competente il Comitato indicato nell’art. 14. (per effetto del D.Lgs. nr. 369/1944 le associazioni professionali sono state soppresse) Art. 20 (Sanzioni disciplinari) Ai consulenti che non hanno osservato i doveri indicati nell’articolo precedente possono essere inflitte le seguenti sanzioni disciplinari: 1) l’avvertimento; 2) la sospensione dall’albo per un tempo non superiore ad un anno; 3) la cancellazione dall’albo. Art. 21 (Procedimento disciplinare) Prima di promuovere il procedimento disciplinare, il presidente del tribunale contesta l’addebito al consulente e ne raccoglie la risposta scritta. Il presidente, se dopo la contestazione ritiene di dover continuare il procedimento, fa invitare il consulente, con biglietto di cancelleria, davanti al Comitato disciplinare. Il Comitato decide sentito il consulente. Contro il provvedimento è ammesso reclamo a norma dell’articolo 15, ultimo comma. Art. 22 (Distribuzione degli incarichi) Tutti i giudici che hanno sede nella circoscrizione del tribunale debbono affidare normalmente le funzioni di consulente tecnico agli iscritti nell’albo del tribunale medesimo. Il giudice istruttore che conferisce un incarico a un consulente iscritto in albo di altro tribunale o a persona non iscritta in alcun albo, deve sentire il presidente e indicare nel provvedimento i motivi della scelta. Le funzioni di consulente presso la Corte d’appello sono normalmente affidate agli iscritti negli albi dei tribunali del distretto. Se l’incarico è conferito ad iscritti in altri albi o a persone non iscritte in alcun albo, deve essere sentito il 432
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE primo presidente e debbono essere indicati nel provvedimento i motivi della scelta. Art. 23 (Vigilanza sulla distribuzione degli incarichi) Il presidente del tribunale vigila affinché, senza danno per l’amministrazione della giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti nell’albo. Per l’attuazione di tale vigilanza il presidente fa tenere dal cancelliere un registro in cui debbono essere annotati tutti gli incarichi che i consulenti iscritti ricevono e i compensi liquidati da ciascun giudice. Questi deve dare notizia degli incarichi dati e dei compensi liquidati al presidente del tribunale presso il quale il consulente è iscritto. Il primo presidente della Corte d’appello esercita la vigilanza prevista nel primo comma per gli incarichi che vengono affidati dalla Corte. Art. 24 (Liquidazione dei compensi) SEZIONE II Dei consulenti tecnici nei procedimenti corporativi Art. 25 (Istituzione e formazione dell’albo) Art. 26 (Iscrizione nell’albo) Art. 27 (Consulenti in materie regolate da norme corporative o da accordi economici) CAPO III Dei registri di cancelleria e degli atti del cancelliere Art. 28 (Registri di cancelleria) Con decreto del Ministro della giustizia, ovvero con decreto del Ministro delle finanze, nei casi di sua competenza, di concerto con il Ministro della giustizia, sono stabiliti i registri che devono essere tenuti, a cura delle cancellerie, presso gli uffici giudiziari. Art. 29 (Registri di cancelleria della pretura) 433
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 30 (Registri di cancelleria del tribunale) Art. 31 (Registri di cancellaria della Corte d’appello) Art. 32 (Registri di cancelleria della Corte suprema di Cassazione) Art. 33 (Divisione dei registri in più volumi) Negli Uffici giudiziari aventi un numero rilevante di affari, ogni capo d’ufficio, su proposta del dirigente la cancelleria, può autorizzare la divisione per materia del ruolo generale e della rubrica alfabetica generale corrispondente. Il capo dell’ufficio può autorizzare inoltre la divisione del registro cronologico in due volumi contenenti uno i numeri pari e l’altro i numeri dispari o anche in volumi distinti per materia. Art. 34 (Contenuto del registro cronologico) Art. 35 (Volumi dei provvedimenti originali) . Il cancelliere deve riunire annualmente in volumi separati gli originali delle sentenze, dei decreti d’ingiunzione e dei processi verbali di conciliazione, nonchè le copie dei verbali contenenti le sentenze pronunciate a norma dell’articolo 281 sexies. Art. 36 (Fascicoli di cancelleria) Il cancelliere deve formare un fascicolo per ogni affare del proprio ufficio, anche quando la formazione di esso non è prevista espressamente dalla legge. Ogni fascicolo riceve la numerazione del ruolo generale sotto la quale è iscritto l’affare. Sulla copertina di ogni fascicolo sono indicati l’ufficio, la Sezione alla quale appartiene il giudice incaricato dell’affare e il giudice stesso, le parti, i rispettivi difensori muniti di procura e l’oggetto. Nella facciata interna della copertina è contenuto l’indice degli atti inseriti nel fascicolo con l’indicazione della natura e della data di ciascuno di essi. Gli atti sono inseriti nel fascicolo in ordine cronologico e muniti di un numero progressivo corrispondente a quello risultante dall’indice. Art. 37 (Modo di tenuta dei registri)
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 38 (Deposito di cancelleria della parte che si costituisce) Art. 39 (Deposito di cancelleria) Art. 40 (Nota dei depositi e delle spese di cancelleria) Art. 41 (Deposito delle somme ricevute dal cancelliere) Art. 42 (Prelievi della somma depositata) Art. 43 (Ingiunzione di pagamento di spese, diritti ed onorari) Art. 44 (Compilazione dei processi verbali) Oltre che nei casi specificamente indicati dalla legge, il cancelliere deve compilare processo verbale di tutti gli atti che compie con l’intervento di terzi interessati. Nel processo verbale fa risultare le attività da lui compiute, quelle delle persone intervenute nell’atto e le dichiarazioni da esse rese. Art. 45 (Forma delle comunicazioni del cancelliere) Il biglietto, col quale il cancelliere esegue le comunicazioni a norma dell’art. 136 del Codice, si compone di due parti uguali, una delle quali deve essere consegnata al destinatario e l’altra deve essere conservata nel fascicolo d’ufficio. Esse contengono in ogni caso l’indicazione dell’Ufficio giudiziario, della sezione alla quale la causa è assegnata, dell’istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l’affare è iscritto e del ruolo dell’istruttore ed il nome delle parti. Nella parte che viene inserita nel fascicolo d’ufficio deve essere stesa la relazione di notificazione dell’ufficiale giudiziario o scritta la ricevuta del destinatario. Se l’ufficiale giudiziario si avvale del servizio postale, il cancelliere conserva nel fascicolo d’ufficio anche la ricevuta della raccomandata . Art. 46 (Forma degli atti giudiziari) I processi verbali e gli altri atti giudiziari debbono essere scritti in carattere chiaro e facilmente leggibile, in continuazione, senza spazi in bianco e senza alterazioni o abrasioni. Le aggiunte, soppressioni o modificazioni eventuali debbono essere fatte in calce all’atto, con nota di richiamo senza cancellare la parte soppressa o modificata.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE CAPO IV Degli atti dell’ufficiale giudiziario Art. 47 (Ora della notificazione) Nella relazione di notificazione di cui all’articolo 148 del Codice, se la parte interessata lo chiede, deve essere inserita l’indicazione dell’ora nella quale la notificazione è stata eseguita. Art. 48 (Avviso al destinatario della notificazione) L’avviso prescritto nell’articolo 140 del Codice deve contenere: 1) il nome della persona che ha chiesto la notificazione e del destinatario; 2) l’indicazione della natura dell’atto notificato; 3) l’indicazione del giudice che ha pronunciato il provvedimento notificato o davanti al quale si deve comparire con la data o il termine di comparizione; 4) la data e la firma dell’ufficiale giudiziario. Art. 49 (Nota da consegnarsi al pubblico ministero) L’ufficiale, che esegue la notificazione a norma degli articoli 142, 143, e146 del Codice, deve consegnare al pubblico ministero, insieme con la copia dell’atto, una nota contenente: 1) l’indicazione del nome e della qualità della persona che ha chiesto la notificazione; 2) il nome, la residenza o la dimora del destinatario; 3) la natura dell’atto notificato; 4) il giudice che ha pronunciato il provvedimento notificato o davanti al quale si deve comparire; 5) la data e la firma dell’ufficiale giudiziario. La nota è trasmessa dal pubblico ministero insieme con l’atto al Ministero degli affari esteri o al Comando militare posto nella circoscrizione del tribunale, i quali provvedono d’urgenza alla consegna. Art. 50 (Istanza di autorizzazione alla notificazione per pubblici proclami) L’istanza di autorizzazione a procedere alla notificazione per pubblici proclami a norma dell’articoli 150 del Codice è fatta con ricorso steso in calce all’atto. Il pubblico ministero stende il suo parere di seguito al ricorso. 436
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 51 (Destinazione della copia dell’atto notificato depositata in cancelleria) La copia che l’ufficiale giudiziario deposita in cancelleria a norma dell’articolo 150, quarto comma del Codice è custodita dal cancelliere per essere inserita nel fascicolo d’ufficio. Nella copia depositata e in quella da consegnare alla parte che ha chiesto la notificazione, l’ufficiale giudiziario deve certificare la data dell’avvenuto deposito in cancelleria. CAPO V Delle persone che possono assistere il giudice Art. 52 (Liquidazione del compenso) Il compenso agli ausiliari di cui all’articolo 68 del Codice è liquidato con decreto dal giudice che li ha nominati o dal capo dell’Ufficio giudiziario al quale appartiene il cancelliere o l’ufficiale giudiziario che li ha chiamati, tenuto conto dell’attività svolta. Art. 53 (Contenuto ed efficacia dei provvedimenti che liquidano compensi) I decreti con i quali il giudice liquida a favore del custode e degli altri ausiliari i compensi loro dovuti debbono indicare la parte che è tenuta a corrisponderli. Tali decreti costituiscono titolo esecutivo contro la parte stessa. TITOLO III DEL PROCESSO DI COGNIZIONE CAPO I Del procedimento davanti al giudice di pace Art. 54 (Determinazione dei giorni d’udienza) Le udienze di istruzione e di discussione delle cause sono tenute nei giorni e nelle ore che il capo dell’ufficio del giudice di pace stabilisce annualmente con decreto approvato dal presidente del tribunale d’intesa col procuratore della Repubblica. Il decreto deve rimanere affisso per tutto l’anno in ciascuna sala di udienza dell’ufficio del giudice di pace.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 55 (Distribuzione delle udienze tra i magistrati) Il capo dell’ufficio del giudice di pace distribuisce con decreto al principio di ogni trimestre le udienze di istruzione o di discussione tra i magistrati addetti all’ufficio. Art. 56 (Designazione del giudice per ciascuna causa) Dopo il deposito in cancelleria dell’atto introduttivo del giudizio a norma dell’articolo 319 del codice o, in mancanza, il giorno stesso dell’udienza fissata a norma dell’articolo 316 del codice, su presentazione da parte del cancelliere dell’atto, il capo dell’ufficio del giudice di pace designa il magistrato che viene incaricato dell’istruzione della causa. Se nel giorno fissato per la comparizione l’udienza è tenuta da un magistrato diverso da quello designato, la causa, dopo la costituzione delle parti, è rinviata d’ufficio alla prima udienza del magistrato designato. Art. 57 (Rinvio dell’udienza di comparizione) Se non vi è udienza nel giorno fissato nell’atto di citazione o nel processo verbale indicato nell’articolo 316 del Codice, la comparizione si intende rimandata all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato. Se nell’udienza di comparizione non possono essere sentite le parti, il giudice di pace dà atto nel processo verbale della loro comparizione e rimanda la causa all’udienza immediatamente successiva. Art. 58 (Mancanza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio) Alla parte che non ha fatto dichiarazione di residenza o elezione di domicilio a norma dell’articolo 319 del Codice, le notificazioni e le comunicazioni durante il procedimento possono essere fatte presso la cancelleria, salvo contrarie disposizioni di legge. Art. 59 (Dichiarazione di contumacia) . La dichiarazione di contumacia della parte non costituita è fatta dal giudice di pace a norma dell’articolo 171, ultimo comma, del Codice, quando è decorsa almeno un’ora dall’apertura dell’udienza. Art. 60 (Tempo degli atti di istruzione) Gli atti di istruzione debbono essere assunti dal giudice di pace non oltre la terza udienza successiva a quella in cui sono stati ammessi o alla comunicazione dell’ordinanza di ammissione, se questa non è stata pronunziata in udienza. 438
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 61 (Ordine di trattazione e discussione delle cause) Nella trattazione e nella discussione il giudice di pace deve dare la precedenza alle cause per le quali sono stati abbreviati i termini a norma dell’articolo 163bis, del codice. Art. 62 (Udienza di discussione) Il giudice di pace, quando dichiara chiusa l’istruzione, invita le parti a formulare nella stessa udienza o in una udienza successiva le conclusioni che, a norma dell’articolo 189 del Codice, intendono sottoporre alla sua decisione e a procedere alla discussione della causa. L’udienza di discussione può essere rinviata soltanto una volta, per grave impedimento dell’ufficio o delle parti da specificarsi nel provvedimento di rinvio. Art. 63 (Giudice decidente) La causa deve essere decisa dal giudice di pace che ha proceduto all’istruzione, salvo che sia stato sostituito a norma dell’articolo 174 del Codice. Art. 64 (Pubblicazione della sentenza) Art. 65 (Querela di falso) Il giudice di pace, quando rimette le parti davanti al tribunale per il processo di falso, stabilisce un termine perentorio entro il quale le parti stesse debbono riassumere la causa davanti al tribunale. Art. 66 (Tempo degli atti dei conciliatori) Art. 67 (Luogo delle udienze) Art. 68 (Istanza di conciliazione) L’istanza di conciliazione in sede non contenziosa può essere proposta al giudice di pace con ricorso o verbalmente. Se l’istanza è proposta con ricorso, il giudice di pace fa invitare dal cancelliere le parti a comparire davanti a lui in un giorno e in un’ora determinati per cercare di conciliarle. Se è proposta verbalmente, il giudice di pace redige di essa processo verbale e dà la disposizione di cui al comma precedente. 439
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 69 (Mancata comparizione della parte invitata) Se la parte invitata non si presenta, il giudice di pace ne dà atto nel processo verbale; di questo la parte istante può ottenere copia. CAPO II Del procedimento davanti al tribunale SEZIONE I Dell’introduzione della causa Art. 69 bis (Determinazione delle udienze di prima comparizione) Il decreto del presidente del tribunale, che stabilisce, a norma del secondo comma dell’articolo 163 del Codice, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti, deve essere affisso in tutte le sale d’udienza del tribunale entro il 30 novembre di ogni anno e rimanervi durante il successivo anno giudiziario cui si riferisce. Art. 70 (Istanza di abbreviazione dei termini) L’istanza di abbreviazione dei termini di comparizione, prevista nell’articolo 163-bis ultimo comma del Codice, è proposta con ricorso diretto al presidente del tribunale, ovvero, se la causa è stata già assegnata ad una Sezione, al presidente di questa. Il decreto del presidente, scritto in calce al ricorso fissa l’udienza di prima comparizione e deve essere comunicato, insieme col ricorso stesso, ai procuratori delle parti costituite almeno cinque giorni liberi prima dell’udienza fissata dal presidente. Alle parti non costituite il decreto e il ricorso debbono essere notificati personalmente in un congruo termine stabilito dal presidente. Se all’udienza fissata dal presidente non compariscono tutte le parti alle quali deve essere fatta la comunicazione o la notificazione, il giudice istruttore verifica la regolarità della comunicazione o della notificazione, e ne ordina, quando occorre, la rinnovazione, fissando una nuova udienza di prima comparizione. In tal caso deve essere osservato per la comunicazione lo stesso termine stabilito nel comma precedente; per la notificazione alle parti non costituite il giudice istruttore stabilisce un nuovo termine congruo. Art. 70 bis (Computo dei termini di comparizione) I termini di comparizione, stabiliti nell’art. 163-bis del Codice, debbono essere osservati in relazione all’udienza fissata nell’atto di citazione, anche se la causa 440
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE è rinviata ad altra udienza a norma dell’art. 168 bis quarto comma dello stesso Codice. Art. 70 ter (Notificazione della comparsa di risposta) La citazione può anche contenere, oltre a quanto previsto dall’articolo 163, terzo comma, numero 7, del codice, l’invito al convenuto o ai convenuti, in caso di pluralità degli stessi, a notificare al difensore dell’attore la comparsa di risposta ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, entro un termine non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione della citazione, ma inferiore di almeno dieci giorni al termine indicato ai sensi del primo comma dell’articolo 163-bis del codice. Se tutti i convenuti notificano la comparsa di risposta ai sensi del precedente comma, il processo prosegue nelle forme e secondo le modalità previste dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) Tale norma prevede la facoltà per l’attore di invitare il convenuto (o i convenuti) a notificare al difensore dell’attore la comparsa di risposta ai sensi dell’art. 4 D. Lgs. 17.01.2003 nr. 5 (in altri termini l’invito ad avvalersi delle forme del cosiddetto “rito societario”). La norma ha suscitato un notevole dibattito tra gli operatori. In questa sede ci si limiterà solo ad esaminare quali possano essere le conseguenze pratiche di questa scelta nel processo. Premesso che la formulazione dell’articolo è infelice, la prima considerazione da fare è che l’attore, che inserisca nella citazione l’invito di cui all’art. 70 disp. att. c.p.c., invita il convenuto a notificargli la comparsa nel rispetto di un termine che deve simultaneamente essere: non inferiore a 60 giorni dalla notifica della citazione (e pertanto il convenuto – come avviene nel rito societario- deve poter usufruire di un termine di almeno 60 giorni dalla notifica della citazione per notificare a sua volta la comparsa); inferiore di almeno 10 giorni (e pertanto deve scadere dieci giorni prima) rispetto al termine (o intervallo temporale) indicato ai sensi dell’art. 163 bis c.p.c. (e pertanto intercorrente tra la data della notifica e la data dell’udienza). La ratio di questa norma starebbe nel consentire al convenuto di potersi costituire nei successivi 10 giorni, nel rispetto dei termini di costituzione del rito societario, consentendo altresì al Giudice (ed alla Cancelleria) di venire a conoscenza della scelta del c.d. “rito societario” attraverso la costituzione del convenuto, da effettuarsi nei dieci giorni successivi alla notifica della com441
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE parsa (e pertanto quantomeno per il giorno dell’udienza di comparizione). Nessun problema sorge (con l’elevazione del termine a comparire a 90 giorni) se viene dato il termine di sessanta giorni, in questo caso il convenuto si dovrà costituire venti giorni prima dell’udienza, e quindi in tempo utile per poter dedurre tempestivamente le sue eccezioni di merito e di rito in senso stretto (anche in presenza di più convenuti) e consentire al giudice ed alla cancelleria di conoscere la scelta. La tecnica legislativa seguita per il coordinamento tra i due riti non tiene conto della facoltà per il convenuto che aderisca al “rito societario” (allorquando non abbia necessità di produrre documenti, proporre riconvenzionali o chiamare in causa terzi) di costituirsi entro dieci giorni dalla notifica dell’istanza di fissazione di udienza formulata dall’attore. In questa ipotesi, l’attore viene a conoscenza della scelta del rito societario con la notifica della comparsa (e pertanto almeno dieci giorni prima dell’udienza), mentre il Giudice e la Cancelleria nulla sanno di tale scelta e del fatto che, conseguentemente, nessuna delle parti comparirà alla prima udienza del rito ordinario. A medesime conclusioni si perviene nell’ipotesi di pluralità di convenuti seguendo le norme del rito commerciale. Un ulteriore e “preoccupante” inconveniente si verifica nell’ipotesi di pluralità di convenuti, se viene fissato dall’attore un termine superiore ai sessanta giorni. Non essendo prevista dall’art. 70 ter disp. att. c.p.c. la notifica della comparsa di costituzione e di risposta tra i convenuti (ma solo all’attore), ciascun convenuto non è in grado di conoscere l’eventuale scelta del rito societario effettuata dall’altro convenuto o dagli altri convenuti e, comunque, può non saperlo prima della scadenza del termine di costituzione tempestiva nel rito ordinario: la scelta del rito speciale può infatti essere effettuata fino a dieci giorni prima dell’udienza (allorquando è già scaduto il termine per la costituzione tempestiva nel rito ordinario). Il convenuto che scelga di costituirsi nel rito ordinario non ha problemi perché sa già che la sua mancata adesione al rito speciale comporta che il processo prosegua secondo il rito ordinario. Invece, il convenuto che intenda scegliere il rito speciale è esposto all’alea che l’altro (o gli altri) convenuti non scelgano a loro volta il rito speciale e che pertanto il processo prosegua nelle forme del rito ordinario (con le conseguenze derivanti da una tardiva costituzione). Ulteriori problemi insorgono nel raccordo tra i due riti allorquando si pensi ad un processo che si deve svolgere con l’intervento di un terzo. Il problema ovviamente non si pone se il convenuto non opta per il rito societario. Nell’ipotesi invece di scelta di tale rito speciale non pare giusto ignorare la 442
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE volontà del terzo chiamato o che deve necessariamente intervenire in causa. Infatti, in questo “patto” di scelta processuale intercorso solo tra attore e convenuto, si finirebbe per non riconoscere al terzo, se litisconsorte, il diritto di parteciparvi con pari facoltà, in specie se trattasi di un terzo la cui partecipazione è necessaria. Non sono infatti previste né la facoltà di scelta del rito da parte del terzo né le modalità di esercizio della stessa. Nessun problema per l’interveniente volontario e non litisconsorte necessario che, come è regola generale, accetta il processo nello stato in cui trovasi. La scelta del rito non modifica la composizione dell’organo giudicante (di cui agli arrt. 50 bis e ter del c.p.c.). Il richiamo al rito speciale (contenuto nell’art. 70 ter disp. att. c.p.c.) è infatti relativo alle sole modalità di svolgimento del processo e non alla composizione del giudice che rimane invariata (anche stante il richiamo alle norme del codice di procedura operato dal quarto comma dello stesso art. 1 del D.Lgs. n. 5/03 ed il valore di portata generale degli artt. 50 bis e 50 ter sulla composizione del Tribunale). Le considerazioni fatte inducono ad ipotizzare un utilizzo limitato della facoltà di cui alla norma in commento e quasi preventivamente concordato tra le parti. Art. 71 (Nota d’iscrizione a ruolo) La nota d’iscrizione della causa nel ruolo generale deve contenere l’indicazione delle parti, nonchè le generalità ed il codice fiscale ove attribuito della parte che iscrive la causa a ruolo, del procuratore che si costituisce, dell’oggetto della domanda, della data di notificazione della citazione e dell’udienza fissata per la prima comparizione delle parti. Art. 72 (Deposito del fascicolo di parte e iscrizione a ruolo) Insieme con la nota d’iscrizione a ruolo la parte deve consegnare al cancelliere il proprio fascicolo. Esso è custodito in unica cartella col fascicolo d’ufficio che il cancelliere forma a norma dell’art. 168, secondo comma, del Codice. Nella stessa cartella sono custoditi i fascicoli delle parti che si costituiscono successivamente. Art. 73 (Copia degli atti di parte) Le parti debbono consegnare al cancelliere insieme col proprio fascicolo le copie degli atti di parte, che a norma dell’art. 168, secondo comma, del Codice debbono essere inserite nel fascicolo d’ufficio. 443
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Il cancelliere deve rifiutare di ricevere il fascicolo di parte che non contenga le copie degli atti indicate nel comma precedente. Art. 74 (Contenuto del fascicolo di parte) Gli atti e i documenti di causa sono inseriti in sezioni separate del fascicolo di parte. Gli atti sono costituiti dagli originali o dalle copie notificate della citazione, della comparsa di risposta o d’intervento, delle memorie, delle comparse conclusionali e delle sentenze. Sulla copertina del fascicolo debbono essere iscritte le indicazioni richieste per il fascicolo d’ufficio. Il cancelliere, dopo aver controllato la regolarità anche fiscale degli atti e dei documenti, sottoscrive l’indice del fascicolo ogni volta che viene inserito in esso un atto o documento. Art. 75 (Nota delle spese) Il difensore al momento del passaggio in decisione della causa deve unire al fascicolo di parte la nota delle spese, indicando in modo distinto e specifico gli onorari e le spese, con riferimento all’articolo della tariffa dal quale si desume ciascuna partita. Art. 76 (Potere delle parti sui fascicoli) Le parti o i loro difensori muniti di procura possono esaminare gli atti e i documenti inseriti nel fascicolo d’ufficio e in quelli delle altre parti e farsene rilasciare copia dal cancelliere, osservate le leggi sul bollo. Art. 77 (Ritiro del fascicolo di parte) Per ritirare il proprio fascicolo a norma dell’art. 169 del Codice, la parte deve fare istanza con ricorso al giudice istruttore. Il ricorso e il decreto di autorizzazione sono inseriti dal cancelliere nel fascicolo d’ufficio. In calce al decreto il cancelliere fa scrivere la dichiarazione di ritiro del fascicolo e annota la restituzione di esso.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE SEZIONE II Dell’istruzione della causa Art. 78 (Astensione del giudice istruttore) Il giudice istruttore, che riconosce l’esistenza di un motivo di astensione a norma dell’articolo 51 del Codice, deve farne espressa dichiarazione oppure istanza scritta al presidente del tribunale appena ricevuto il decreto di nomina. Se il motivo d’astensione sorge dopo che l’istruzione è iniziata, il giudice istruttore ne dà subito notizia al capo dell’ufficio giudiziario competente e dichiara o chiede di astenersi. Art. 79 (Sostituzione del giudice istruttore) La sostituzione del giudice istruttore nei casi previsti nell’articolo 174 del Codice è disposta d’ufficio o su istanza di parte. L’istanza è proposta con ricorso al presidente del tribunale, il quale provvede con decreto designando altro giudice della stessa Sezione. L’istanza e il decreto sono inseriti nel fascicolo d’ufficio. Art. 80 (Determinazione delle udienze dei giudici istruttori) Il presidente del tribunale stabilisce con decreto, al principio e alla metà dell’anno giudiziario, i giorni della settimana e le ore in cui egli stesso, i presidenti di Sezione e ciascun giudice istruttore debbono tenere le udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti, e le udienze d’istruzione. Il decreto deve rimanere affisso, in tutte le sale d’udienza del tribunale durante il periodo al quale si riferisce. Se nel corso dell’anno uno o più giudici istruttori cessano di far parte del tribunale, o della Sezione, debbono di volta in volta essere apportate al decreto le necessarie modificazioni. Art. 80 bis (Rinvio al Collegio nell’udienza di prima comparizione) La rimessione al Collegio, a norma dell’art. 187 del Codice, può essere disposta dal giudice istruttore anche nell’udienza destinata esclusivamente alla prima comparizione delle parti. Art. 81 (Fissazione delle udienze di istruzione) Le udienze di istruzione per ogni causa sono fissate di volta in volta dal giudice istruttore. 445
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Nello stesso processo l’intervallo tra l’udienza destinata esclusivamente alla prima comparizione delle parti e la prima udienza d’istruzione, e quello tra le successive udienze di istruzione, non può essere superiore a quindici giorni, salvo che, per speciali circostanze, delle quali dovrà farsi menzione nel provvedimento, sia necessario un intervallo maggiore. Art. 82 (Rinvio delle udienze di prima comparizione e d’istruzione) Qualora il giudice istruttore designato non tenga udienza nel giorno fissato per la prima comparizione delle parti, questa si intende rinviata d’ufficio alla udienza di prima comparizione immediatamente successiva, assegnata allo stesso giudice. La stessa disposizione si applica anche nel caso che il presidente abbia designato un giudice diverso da quelli che tengono udienze di prima comparizione nel giorno fissato dall’attore. Se nel giorno fissato non si tiene udienza d’istruzione per festività sopravvenuta o impedimento del giudice istruttore, ovvero per qualsiasi altro motivo, la causa s’intende rinviata d’ufficio alla prima udienza di istruzione immediatamente successiva. Il giudice istruttore può, su istanza di parte o d’ufficio, fissare altra udienza d’istruzione, ferme le disposizioni dell’articolo precedente. Il decreto è comunicato dal cancelliere alle parti non presenti alla pronuncia del provvedimento. Se le parti alle quali deve essere fatta la comunicazione prevista nel primo e nel terzo comma precedenti, o alcuna di esse, non compariscono nella nuova udienza, il giudice istruttore verifica la regolarità della comunicazione e ne ordina, quando occorre, la rinnovazione, rinviando la causa, secondo i casi, all’udienza di prima comparizione immediatamente successiva, ovvero ad altra udienza d’istruzione. Art. 83 (Ordine di trattazione delle cause) Il giudice istruttore fissa l’ordine di trattazione delle cause, dando la precedenza a quelle per le quali sono stati abbreviati i termini e a quelle rinviate a norma degli articoli precedenti. Art. 83 bis (Trattazione scritta della causa) Il giudice istruttore quando autorizza la trattazione scritta della causa, a norma dell’art. 180, primo comma, del Codice, può stabilire quale delle parti deve comunicare per prima la propria comparsa, ed il termine entro il quale l’altra parte deve rispondere. 446
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 83 ter (Inosservanza delle disposizioni sulle attribuzioni delle sezioni distaccate del tribunale) L’inosservanza delle disposizioni di ordinamento giudiziario relative alla ripartizione tra sede principale e sezioni distaccate, o tra diverse sezioni distaccate, delle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica è rilevata non oltre l’udienza di prima comparizione. Il giudice, se ravvisa l’inosservanza o ritiene comunque non manifestamente infondata la relativa questione, dispone la trasmissione del fascicolo d’ufficio al presidente del tribunale, che provvede con decreto non impugnabile. Art. 84 (Svolgimento delle udienze) Le udienze del giudice istruttore non sono pubbliche. Per ciascuna causa sono ammessi davanti al giudice i difensori delle parti e le parti stesse. Queste debbono assistere all’udienza in silenzio, salvo che non ottengano dal giudice, a mezzo del proprio difensore, l’autorizzazione ad interloquire. Le parti e i loro difensori non possono dettare le loro deduzioni nel processo verbale se non ne sono autorizzati dal giudice. Art. 85 (Istanza per imposizione di cauzione) L’istanza del convenuto per l’imposizione di una cauzione all’attore, a norma dell’articolo 98 del Codice, deve essere proposta nella prima udienza di trattazione della causa. L’istanza può essere proposta successivamente quando è giustificata da fatti sopravvenuti o non conosciuti al tempo della prima udienza. Art. 86 (Forma della cauzione) Salvo che sia diversamente disposto dal giudice a norma dell’articolo 119 del Codice, la cauzione deve essere prestata in danaro o in titoli del debito pubblico nei modi stabiliti per i depositi giudiziari. Il documento contenente la prova del versamento è inserito nel fascicolo d’ufficio. Art. 87 (Produzione dei documenti) I documenti offerti in comunicazione dalle parti dopo la costituzione sono prodotti mediante deposito in cancelleria, ed il relativo elenco deve essere comu447
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE nicato alle altre parti nelle forme stabilite dall’art. 170, ultimo comma, del Codice. Possono anche essere prodotti all’udienza; in questo caso dei documenti prodotti si fa menzione nel verbale. Art. 88 (Processo verbale di avvenuta conciliazione) La convenzione conclusa tra le parti per effetto della conciliazione davanti al giudice istruttore è raccolta in separato processo verbale, sottoscritto dalle parti stesse, dal giudice e dal cancelliere. Se la conciliazione avviene tra i procuratori non autorizzati a conciliare, il giudice ne prende atto nel processo verbale d’udienza e fissa un’udienza per la comparizione delle parti e per la formazione del processo verbale indicato nel comma precedente. Se le parti non risiedono nella circoscrizione del giudice, questi può autorizzarle a ratificare la convenzione conclusa dai procuratori con dichiarazione ricevuta dal cancelliere del Tribunale della loro residenza o, se il luogo di residenza non è sede di tribunale, da notaio, fissando all’uopo un termine. La dichiarazione di ratifica è unita al processo verbale di udienza contenente la convenzione. Art. 89 (Ordinanza sull’astensione o ricusazione del consulente tecnico) L’ordinanza sull’astensione o sulla ricusazione del consulente tecnico prevista nell’art. 192 del Codice è scritta in calce al ricorso del consulente o della parte. Il ricorso e l’ordinanza sono inseriti nel fascicolo d’ufficio. Art. 90 (Indagini del consulente senza la presenza del giudice) Il consulente tecnico che, a norma dell’art. 194 del Codice, è autorizzato a compiere indagini senza che sia presente il giudice, deve dare comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni, con dichiarazione inserita nel processo verbale d’udienza o con biglietto a mezzo del cancelliere. Il consulente non può ricevere altri scritti defensionali oltre quelli contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall’art. 194 del Codice. In ogni caso deve essere comunicata alle parti avverse copia degli scritti defensionali. Art. 91 (Comunicazioni ai consulenti di parte) Nella dichiarazione di cui all’art. 201, primo comma, del Codice deve essere indicato il domicilio o il recapito del consulente della parte. 448
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Il cancelliere deve dare comunicazione al consulente tecnico di parte, regolarmente nominato, delle indagini predisposte dal consulente d’ufficio, perché vi possa assistere a norma degli artt. 194 e 201 del Codice. Art. 92 (Questioni sorte durante le indagini del consulente) Se, durante le indagini che il consulente tecnico compie da sé solo, sorgono questioni sui suoi poteri o sui limiti dell’incarico conferitogli, il consulente deve informarne il giudice, salvo che la parte interessata vi provveda con ricorso. Il ricorso della parte non sospende le indagini del consulente. Il giudice, sentite le parti, dà i provvedimenti opportuni. Art. 93 (Assistenza alla persona sottoposta all’ispezione) Chi è sottoposto ad ispezione corporale può farsi assistere da persona di sua fiducia che sia riconosciuta idonea dal giudice. Art. 94 (Istanza di esibizione) L’istanza di esibizione di un documento o di una cosa in possesso di una parte o di un terzo deve contenere la specifica indicazione del documento o della cosa e, quando è necessario, l’offerta della prova che la parte o il terzo li possiede. Art. 95 (Notificazione dell’ordinanza di esibizione) Il giudice, nell’ordinanza con la quale dispone l’esibizione di un documento o di una cosa in possesso di una parte contumace o di un terzo, fissa il termine entro il quale l’ordinanza deve essere notificata e indica la parte che deve provvedere alla notificazione. Art. 96 (Informazioni della pubblica Amministrazione) La nota contenente le informazioni, che la pubblica Amministrazione fornisce su richiesta del giudice a norma dell’art. 213 del Codice, è inserita nel fascicolo d’ufficio. Art. 97 (Divieto di private informazioni) Il giudice non può ricevere private informazioni sulle cause pendenti davanti a sé, né può ricevere memorie se non per mezzo della cancelleria.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 98 (Deposito di documenti fatto da pubblico depositario) Il pubblico depositario, al quale è stato ordinato dal giudice istruttore il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione a norma dell’art. 218 del Codice, deve farne copia. Le copie sono verificate dal cancelliere che della verificazione redige processo verbale. Questo è conservato in cancelleria unitamente alle scritture originali e una copia di esso è consegnata al depositario. Il pubblico depositario può rilasciare copia delle scritture in base a quella da lui fatta, facendo menzione del processo verbale di verificazione di cui al comma precedente. Art. 99 (Proposizione della querela di falso) La querela di falso proposta con atto di citazione deve essere confermata nella prima udienza davanti al giudice istruttore dalla parte personalmente o dal difensore munito di procura speciale. Se la parte che propone personalmente in udienza la querela di falso è analfabeta, la dichiarazione è raccolta dal cancelliere in apposito processo verbale che tiene luogo della dichiarazione scritta. Art. 100 (Copie del documento impugnato) Il cancelliere non può rilasciare copia del documento impugnato di falso che si trova depositato in cancelleria senza l’autorizzazione del giudice istruttore. L’autorizzazione è data con decreto. Art. 101 (Rinvio) Nel procedimento di falso si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del Codice relative alla verificazione di scrittura privata. Art. 102 (Ammissione d’interrogatorio o di prova testimoniale) Nell’ordinanza che ammette l’interrogatorio o la prova testimoniale non è necessario che siano ripetuti i capitoli relativi, se il giudice fa richiamo a quelli contenuti nell’atto di citazione e nella comparsa di risposta o nei processi verbali di causa. Art. 103 (Termine per l’intimazione al testimone) L’intimazione di cui all’art. 250 del Codice deve essere fatta ai testimoni 450
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE almeno tre giorni prima dell’udienza in cui sono chiamati a comparire. Con l’autorizzazione del giudice il termine puo` essere ridotto nei casi d’urgenza. Art. 103 (Termine per l’intimazione al testimone) L’intimazione di cui all’art. 250 del codice deve essere fatta ai testimoni almeno sette giorni prima dell’udienza in cui sono chiamati a comparire. Con l’autorizzazione del giudice il termine può essere ridotto nei casi di urgenza. L’intimazione a cura del difensore contiene: l’indicazione della parte richiedente e della controparte, nonché gli estremi dell’ordinanza con la quale è stata ammessa la prova testimoniale; il nome, il cognome ed il domicilio della persona da citare; il giorno, l’ora e il luogo della comparizione, nonché il giudice davanti al quale la persona deve presentarsi; l’avvertimento che, in caso di mancata comparizione senza giustificato motivo, la persona citata potrà essere condannata al pagamento di una pena pecuniaria non inferiore a 100 euro e non superiore a 1.000 euro. (La norma entrerà in vigore il 1° marzo 2006 e si applicherà ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) La norma aumenta il termine da rispettare per la notifica portandolo da tre a sette giorni; inoltre devono essere indicati gli estremi dell’ordinanza ammissiva delle prove e specificate le sanzioni cui il teste andrà incontro non comparendo. L’aumento del termine si giustifica con la necessità di consentire al teste di essere avvertito con congruo preavviso evitando altresì rinvii della prova; la specificazione dell’ordinanza ammissiva è onere da ricollegarsi alla possibilità introdotta di notifica diretta al teste da parte del difensore e la specificazione delle sanzioni rende concreta la precedente vaga formulazione e consente al teste di comprendere a cosa andrà incontro non comparendo. La norma entra in vigore il 1 marzo 2006 e si applica alle procedure promosse dopo tale data. Si evidenzia il mancato coordinamento con l’entrata in vigore dell’art. 250. Art. 104 (Mancata intimazione ai testimoni) Se la parte senza giusto motivo non fa chiamare i testimoni davanti al giudice, questi la dichiara decaduta dalla prova. 451
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Se il giudice riconosce giustificata l’omissione fissa una nuova udienza per l’assunzione della prova. Art. 105 (Forma speciale di esame testimoniale) La disposizione dell’art. 255, secondo comma, del Codice, relativa all’esenzione della comparizione dei testimoni davanti al giudice, si applica in ogni caso ai cardinali e ai grandi ufficiali dello Stato. Art. 106 (Disposizioni relative al testimone non comparso) Il giudice istruttore può pronunciare i provvedimenti di cui all’art. 255, primo comma, del Codice contro il testimone non comparso dopo che è decorsa un’ora da quella indicata per la comparizione. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo contro il testimone. Art. 107 (Liquidazione delle indennità ai testimoni) Art. 108 (Procuratore autorizzato ad assistere alle prove delegate) Il difensore munito di mandato alla lite può assistere all’assunzione delle prove che si eseguono fuori della circoscrizione del tribunale a norma dell’art. 203 del Codice. Il difensore stesso può anche incaricare un procuratore del luogo mediante delega scritta, che deve essere unita al processo verbale di assunzione della prova. Art. 109 (Ordinanza di pagamento durante il rendiconto) L’ordinanza prevista nell’art. 264, ultimo comma, del Codice costituisce titolo esecutivo. Art. 110 (Fissazione dell’udienza di trattazione) Art. 111 (Produzione delle comparse) Il cancelliere non deve consentire che s’inseriscano nei fascicoli di parte comparse di cui non gli sono contemporaneamente consegnate le copie in carta libera per il fascicolo di ufficio e per gli altri componenti il Collegio. Le comparse debbono essere scritte in carattere chiaro e facilmente leggibile, 452
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE altrimenti la parte può rifiutarsi di riceverle e il cancelliere può non consentire che s’inseriscano nel fascicolo. Art. 112 (Istanza di decisione secondo equità) L’istanza per il giudizio di equità, consentita alle parti dall’art. 114 del Codice, deve essere espressa in ogni caso nelle conclusioni prese a norma dell’art. 189 del Codice. Art. 112 bis (Rimessione della causa al collegio in pendenza di reclamo) SEZIONE III Della decisione della causa Art. 113 (Determinazione dei giorni delle camere di consiglio e composizione dei collegi) Al principio di ogni trimestre il presidente del tribunale o della sezione determina con decreto i giorni in cui si tengono le camere di consiglio e la composizione dei relativi collegi giudicanti. Se alla camera di consiglio sono chiamati giudici in numero superiore a quello stabilito, il collegio, per ciascuna causa, è formato dal presidente, dal relatore e dal giudice più anziano. Art. 114 (Determinazione dei giorni d’udienza e composizione dei collegi) All’inizio di ciascun anno giudiziario, il presidente del tribunale stabilisce, con decreto approvato dal primo presidente della corte d’appello, i giorni della settimana e le ore in cui il tribunale o le sezioni tengono le udienze di discussione di cui ai commi terzo e quarto dell’articolo 275 del Codice. Il decreto del presidente deve restare affisso per tutto l’anno in ciascuna sala di udienza del tribunale. Al principio di ogni trimestre il presidente del tribunale determina con decreto la composizione del collegio giudicante per ogni udienza di discussione di cui ai commi terzo e quarto dell’articolo 275 del Codice. Se all’udienza sono chiamati giudici in numero superiore a quello stabilito, il collegio, per ciascuna causa, è formato dal presidente, dal relatore e dal giudice più anziano.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 115 (Rinvio della discussione) Si applica alle udienze del Collegio la disposizione dell’art. 82. Il Collegio può inoltre rinviare la discussione della causa per non più di una volta soltanto per grave impedimento del tribunale o delle parti e non oltre la seconda udienza successiva a quella fissata dal giudice istruttore a norma dell’art. 190 del Codice. Art. 116 (Ordine di discussione delle cause) L’ordine di discussione delle cause per ciascuna udienza è fissato dal presidente ed è affisso il giorno precedente l’udienza alla porta della sala a questa destinata. Le cause sono chiamate dall’ufficiale giudiziario di servizio secondo l’ordine stabilito, salvo che il presidente disponga altrimenti per ragioni di opportunità. Art. 117 (Svolgimento della discussione) I difensori debbono leggere davanti al Collegio le loro conclusioni e possono svolgere sobriamente le ragioni che le sorreggono. Essi debbono chiedere al presidente la facoltà di parlare e debbono dirigere la parola soltanto al tribunale. Il pubblico ministero ha la parola per ultimo. Il presidente può consentire una sola replica. Non sono ammesse note d’udienza dopo la discussione; ma il presidente può consentirle quando il pubblico ministero prende proprie conclusioni, produce documenti e deduce prove a norma dell’art. 3, ultimo comma, e la causa non è rimessa al giudice istruttore. Art. 118 (Motivazione della sentenza) La motivazione della sentenza di cui all’art. 132, n. 4 del Codice consiste nell’esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione. Debbono essere esposte concisamente e in ordine le questioni discusse e decise dal Collegio ed indicati le norme di legge e i principi di diritto applicati. Nel caso previsto nell’art. 114 del Codice debbono essere esposte le ragioni di equità sulle quali è fondata la decisione. In ogni caso deve essere omessa ogni citazione di autori giuridici. La scelta dell’estensore della sentenza prevista nell’art. 276, ultimo comma, del Codice è fatta dal presidente tra i componenti il Collegio che hanno espresso voto conforme alla decisione. 454
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 119 (Redazione della sentenza) L’estensore deve consegnare la minuta della sentenza da lui redatta al presidente del tribunale o della sezione. Il presidente, datane lettura, quando lo ritiene opportuno, al Collegio, la sottoscrive insieme con l’estensore e la consegna al cancelliere, il quale scrive il testo originale o ne affida la scritturazione al dattilografo di ruolo, sotto la sua direzione, a norma dell’art. 132 del Codice. Il presidente e il relatore, verificata la corrispondenza dell’originale alla minuta consegnata al cancelliere, sottoscrivono la sentenza e la fanno sottoscrivere all’altro giudice. Il giudice che ha steso la motivazione aggiunge la qualifica di estensore alla sua sottoscrizione. Quando la sentenza è pronunciata secondo equità, se ne deve dare atto nel dispositivo. Art. 120 (Pubblicazione delle sentenze) Art. 121 (Ordinanza di correzione delle sentenze) L’ordinanza di correzione delle sentenze è notificata alle parti a cura del cancelliere. Art. 122 (Forma dell’istanza per integrazione dei provvedimenti istruttori) L’istanza per l’integrazione di un provvedimento istruttorio a norma dell’art. 289 del Codice è fatta con ricorso diretto al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del Collegio. Art. 123 (Avviso d’impugnazione alla cancelleria) L’ufficiale giudiziario che ha notificato un atto d’impugnazione deve darne immediatamente avviso scritto al cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. Il cancelliere deve fare annotazione dell’impugnazione sull’originale della sentenza. Art. 123 bis (Trasmissione del fascicolo d’ufficio al giudice superiore) Se l’impugnazione è proposta contro una sentenza non definitiva, non si applicano le disposizioni degli artt. 347, ultimo comma, e 369, ultimo comma del Codice. Tuttavia il giudice della impugnazione può, se lo ritiene necessario, 455
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE richiedere la trasmissione del fascicolo d’ufficio, ovvero ordinare alla parte interessata di produrre copia di determinati atti. Art. 124 (Certificato di passaggio in giudicato della sentenza) A prova del passaggio in giudicato della sentenza il cancelliere certifica, in calce alla copia contenente la relazione di notificazione, che non è stato proposto nei termini di legge appello o ricorso per cassazione, né istanza di revocazione per i motivi di cui ai nn. 4 e 5 dell’art. 395 del Codice. Ugualmente il cancelliere certifica in calce alla copia della sentenza che non è stata proposta impugnazione nel termine previsto dall’art. 327 del Codice. Art. 125 (Riassunzione della causa) Salvo che dalla legge sia disposto altrimenti, la riassunzione della causa è fatta con comparsa, che deve contenere: 1) l’indicazione del giudice davanti al quale si deve comparire; 2) il nome delle parti e dei loro difensori con procura; 3) il richiamo dell’atto introduttivo del giudizio; 4) l’indicazione dell’udienza in cui le parti debbono comparire, osservati i termini stabiliti dall’art. 163-bis del Codice; 5) l’invito a costituirsi nei termini stabiliti dall’art. 166 del Codice; 6) l’indicazione del provvedimento del giudice in base al quale è fatta la riassunzione, e, nel caso dell’art. 307 primo comma del Codice l’indicazione della data della notificazione della citazione non seguita dalla costituzione delle parti, ovvero del provvedimento che ha ordinato la cancellazione della causa dal ruolo. Se, prima della riassunzione, il giudice istruttore abbia tenuto l’udienza di prima comparizione, e la causa debba essere riassunta davanti allo stesso giudice, le parti debbono essere citate a comparire in una udienza d’istruzione. Se il giudice istruttore già designato non fa più parte del tribunale o della Sezione, la parte che provvede alla riassunzione deve preliminarmente chiedere la sostituzione con ricorso al presidente del tribunale o della sezione. La comparsa è notificata a norma dell’art. 170 del Codice, ed alle parti non costituite deve essere notificata personalmente. Art. 125 bis (Riassunzione delle cause sospese durante l’istruzione) Se il giudice istruttore ha sospeso l’esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruzione a norma dell’art. 279, quarto comma, del Codice, le parti debbono 456
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE riassumere la causa davanti a lui nelle forme stabilite dall’articolo che precede, entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza che definisce il giudizio sull’appello immediato che ha dato luogo alla sospensione. Art. 126 (Fascicolo della causa riassunta) Il cancelliere del giudice davanti al quale la causa è riassunta deve immediatamente richiedere il fascicolo d’ufficio al cancelliere del giudice che ha precedentemente conosciuto della causa. Art. 127 (Riscossione della pena pecuniaria a carico dell’opponente) La riscossione della pena pecuniaria, alla quale sia stato condannato il terzo opponente a norma dell’art. 408 del Codice, è fatta dal cancelliere. CAPO III Del procedimento d’appello Art. 128 (Determinazione dei giorni d’udienza) Il decreto del primo presidente della Corte di appello che stabilisce, a norma dell’art. 163 secondo comma del Codice, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti, deve essere affisso in tutte le sale d’udienza della Corte d’appello entro il 30 novembre di ogni anno, e rimanervi durante il successivo anno giudiziario cui si riferisce. Il primo presidente della corte d’appello stabilisce con decreto, al principio e alla metà dell’anno giudiziario, i giorni della settimana e le ore in cui debbono tenersi le udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti, e le udienze d’istruzione. Il decreto deve rimanere affisso in tutte le sale di udienza della corte d’appello durante il periodo al quale si riferisce. Art. 129 (Riserva d’appello. Estinzione del processo) La riserva d’appello contro le sentenze previste nell’art. 278 e nel n. 4 del secondo comma dell’art. 279 del Codice, può essere fatta nell’udienza del giudice istruttore con dichiarazione orale da inserirsi nel processo verbale, o con dichiarazione scritta su foglio a parte da allegarsi ad esso. La riserva può essere fatta anche con atto notificato ai procuratori delle altre parti costituite, a norma dell’art. 170 primo e terzo comma del Codice, o personalmente alla parte, se questa non è costituita. 457
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Se il processo si estingue in primo grado, la sentenza di merito contro la quale fu fatta la riserva acquista efficacia di sentenza definitiva dal giorno in cui diventa irrevocabile l’ordinanza, o passa in giudicato la sentenza, che pronuncia l’estinzione del processo. Da questa data decorrono i termini stabiliti dall’art. 325 del Codice per impugnare la sentenza già notificata, e, se questa non è stata notificata, decorre il termine di decadenza stabilito dall’art. 327 del Codice stesso. Art. 129 bis (Sospensione della istruzione nel caso di riforma di sentenza non definitiva) Se sia stato proposto ricorso per cassazione contro sentenza d’appello che abbia riformato alcuna delle sentenze previste nel n. 4 del secondo comma dell’art. 279 del Codice, il giudice istruttore, su istanza della parte interessata, qualora ritenga che i provvedimenti dati con l’ordinanza collegiale per l’ulteriore istruzione della causa siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza riformata, può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruzione rimanga sospesa fino alla definizione del giudizio di cassazione. Se la sentenza è cassata, la causa deve essere riassunta davanti al giudice istruttore nelle forme stabilite dall’art. 125, entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza che accoglie il ricorso. Art. 130 (Appello contro la sentenza di estinzione del processo) Nel giudizio d’appello contro la sentenza che ha dichiarato l’estinzione del processo a norma dell’articolo 308 del Codice o che ha provveduto sul reclamo previsto nell’articolo 630 del Codice stesso, il collegio, quando è necessario, autorizza le parti a presentare memorie, fissando i rispettivi termini, e provvede in camera di consiglio con sentenza. Art. 131 (Deliberazione dei provvedimenti) Nel deliberare i provvedimenti la Corte d’appello applica le disposizioni dell’art. 276 del Codice. Il relatore vota per primo, quindi votano i consiglieri in ordine inverso di anzianità e per ultimo il presidente. La scelta dell’estensore della sentenza è fatta dal presidente tra i componenti il Collegio che hanno espresso voto conforme alla decisione.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 131 bis (Sospensione dell’esecuzione delle sentenze impugnate per cassazione) Sull’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza prevista dall’art. 373 del Codice, il giudice non può decidere se la parte istante non ha dimostrato di avere depositato il ricorso per cassazione contro la sentenza medesima. Art. 132 (Rinvio) Nei procedimenti d’appello si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate nel capo II, se non sono incompatibili con quelle contenute nel presente capo. CAPO IV Del procedimento davanti alla Corte suprema di cassazione Art. 133 (Riserva di ricorso. Estinzione del processo) La riserva di ricorso per cassazione prevista nell’art. 361 del Codice deve essere fatta nei modi stabiliti dall’art. 129 primo e secondo comma. Si applicano al ricorso per cassazione le disposizioni dell’art. 129 terzo comma. Art. 133 (Riserva di ricorso. Estinzione del processo) La riserva di ricorso per cassazione prevista nell’art. 361 del Codice deve essere fatta nei modi stabiliti dall’art. 129 primo e secondo comma. Si applicano al ricorso per cassazione le disposizioni dell’art. 129 terzo comma. L’articolo 129, terzo comma, si applica altresì se il processo si estingue dopo la pronuncia delle sentenze previste dall’articolo 360, terzo comma, del codice. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) È richiamato espressamente il terzo comma dell’art. 129 anche dopo la pronuncia di sentenza prevista dall’articolo 360, terzo comma, del codice di procedura civile.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 133 bis (Sospensione della istruzione in pendenza di ricorso per cassazione) Se sia stato proposto ricorso immediato per cassazione contro alcuna delle sentenze previste nel n. 4 del secondo comma dell’art. 279 del Codice, l’istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dati con l’ordinanza collegiale per l’ulteriore istruzione della causa siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruzione rimanga sospesa fino alla definizione del giudizio di cassazione. Se il ricorso è rigettato o dichiarato inammissibile la causa deve essere riassunta davanti all’istruttore nelle forme stabilite dall’art. 125, entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza di rigetto. Art. 134 (Deposito del ricorso e del controricorso a mezzo della posta) Gli avvocati che hanno sottoscritto il ricorso o il controricorso possono provvedere al deposito degli stessi e degli atti indicati negli artt. 369 e 370 del Codice mediante l’invio per posta, in plico raccomandato, al cancelliere della Corte di cassazione. Agli atti devono essere uniti: 1) le marche per diritti, indennità di trasferta e spese postali per la notificazione dei biglietti di cancelleria e degli altri atti del procedimento eseguita su richiesta del cancelliere; 2) le marche a favore della Cassa nazionale di previdenza e di assistenza per gli avvocati e procuratori applicate sul ricorso o sul controricorso; 3) le copie in carta semplice del ricorso o del controricorso e della sentenza o della decisione impugnata di cui all’art. 137; 4) un doppio elenco in carta semplice di tutte le carte e marche inviate, sottoscritto dall’avvocato. All’atto del ricevimento del plico, il cancelliere controlla l’esattezza dell’elenco e ne restituisce, mediante raccomandata con avviso di ricevimento e con tassa a carico del destinatario, una copia al mittente della quale attesta la data di arrivo del piego in cancelleria e gli eventuali inadempimenti degli oneri di cui ai nn. 1, 2 e 3 del secondo comma. Nel termine per la presentazione del ricorso o del controricorso, ovvero, successivamente, fino al trentesimo giorno dal ricevimento della raccomandata con la quale l’elenco è stato restituito, il difensore può provvedere all’invio in cancelleria delle marche e delle copie mancanti. 460
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Il deposito e le varie integrazioni di cui al comma precedente si hanno per avvenuti, a tutti gli effetti, alla data di spedizione dei plichi con la posta raccomandata. Nel fascicolo di ufficio il cancelliere allega la busta utilizzata per l’invio del ricorso o del controricorso ed, eventualmente, quella utilizzata per l’invio delle suddette marche o ricevute di versamenti su conti correnti postali e copie. Art. 134 bis (Residenza o sede delle parti) All’atto del deposito di ricorso, controricorso o memoria, i difensori dichiarano il luogo di residenza o la sede della parte. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) Con l’art. 134-bis delle disposizioni di attuazione si è introdotto l’obbligo di dichiarare il luogo di residenza o la sede della parte. Art. 135 (Invio di copie alle parti) Agli avvocati non residenti in Roma, i quali ne abbiano fatto richiesta all’atto del deposito del ricorso o del controricorso, sono inviati in copia, mediante lettera raccomandata con tassa a carico del destinatario, l’avviso dell’udienza di discussione e il dispositivo della sentenza della Corte. Art. 136 (Ricorso per regolamento di competenza) Art. 137 (Copie del ricorso e del controricorso) Le parti debbono depositare insieme col ricorso o col controricorso almeno tre copie in carta libera di questi atti e della sentenza o decisione impugnata. Se non sono depositate le copie di cui al comma precedente, il cancelliere della Corte provvede a farle fare a spese della parte. Una copia del ricorso o del controricorso e della sentenza impugnata deve essere subito trasmessa dal cancelliere al pubblico ministero. Art. 138 (Procedimento in Camera di Consiglio) Il primo presidente della Corte suprema di cassazione, nei casi d’inammissibilità e d’improcedibilità del ricorso e negli altri casi previsti nell’art. 375 del Codice, dispone l’invio al pubblico ministero dei ricorsi che debbono essere 461
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE decisi in Camera di consiglio e di quelli dei quali il pubblico ministero stesso ha fatto richiesta. Il pubblico ministero, se ritiene che i ricorsi debbano essere trattati in Camera di consiglio, stende per iscritto le sue requisitorie in calce ai ricorsi stessi e restituisce gli atti alla cancelleria della Corte. Il cancelliere provvede alla notificazione delle requisitorie ai difensori delle parti a norma dell’art. 375, quarto comma, del Codice. [Art. 138 (Procedimento in Camera di Consiglio) Il primo presidente della Corte suprema di cassazione , nei casi d’inammissibilità e d’improcedibilità del ricorso e negli altri casi previsti nell’art. 375 del Codice, dispone l’invio al pubblico ministero dei ricorsi che debbono essere decisi in Camera di consiglio e di quelli dei quali il pubblico ministero stesso ha fatto richiesta. Il pubblico ministero, se ritiene che i ricorsi debbano essere trattati in Camera di consiglio, stende per iscritto le sue requisitorie in calce ai ricorsi stessi e restituisce gli atti alla cancelleria della Corte. Il cancelliere provvede alla notificazione delle requisitorie ai difensori delle parti a norma dell’art. 375, quarto comma, del Codice.] (La norma è abrogata dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo) L’abrogazione è un adeguamento alla nuova disciplina. Art. 139 (Istanza di rimessione alle Sezioni unite) L’istanza prevista nell’art. 376 del Codice si propone con ricorso diretto al primo presidente, contenente l’indicazione del ricorso di cui si chiede la rimessione alle Sezioni unite e le ragioni per le quali si ritiene che sia di competenza di queste. Il ricorso è depositato in cancelleria nel termine previsto nell’art. 376, secondo comma, del Codice ed è inserito nel fascicolo d’ufficio. Art. 140 (Deposito delle memorie di parte) Le parti che depositano memorie a norma dell’art. 378 del Codice debbono unire almeno tre copie in carta libera, oltre le copie per ciascuna delle altre parti. Il cancelliere non può ricevere le memorie che non siano accompagnate dalle tre copie in carta libera.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 141 (Deliberazione dei provvedimenti) Nel deliberare i provvedimenti la Corte applica le disposizioni dell’art. 276 del Codice. Il relatore vota per primo, quindi votano i consiglieri in ordine inverso di anzianità e per ultimo il presidente. La scelta dell’estensore della sentenza è fatta dal presidente tra i componenti il Collegio che hanno espresso voto conforme alla decisione. Art. 142 (Ricorso di competenza delle sezioni unite e delle sezioni semplici) Se nel ricorso sono contenuti insieme con motivi di competenza delle Sezioni unite motivi di competenza delle Sezioni semplici, queste pronunciano con separata sentenza dopo la pronuncia delle Sezioni unite. Art. 142 (Ricorso di competenza delle sezioni unite e delle sezioni semplici) Se nel ricorso sono contenuti motivi di competenza delle sezioni semplici insieme con motivi di competenza delle sezioni unite, queste, se non ritengono opportuno decidere l’intero ricorso, dopo aver deciso i motivi di propria competenza, rimettono, con ordinanza, alla sezione semplice la causa per la decisione, con separata sentenza, degli ulteriori motivi. Le Sezioni unite possono disporre ai sensi del primo comma anche nel caso di rimessione ai sensi dell’articolo 374, terzo comma, del codice. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) La novità è un adeguamento alla nuova disciplina e considera le ipotesi in cui le SezioniUunite, se non ritengono opportuno decidere sull’intero ricorso, dopo aver deciso i motivi di propria competenza possono rimettere, con ordinanza, alla sezione semplice la causa per la decisione, con separata sentenza, degli ulteriori motivi. Le Sezioni Unite, dopo aver deciso i motivi di propria competenza, possono rinviare alla sezione semplice per la decisione sugli altri motivi anche nell’ipotesi in cui quest’ultima, ritenendo di non condividere il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, aveva rimesso a queste la decisione del ricorso. Art. 143 (Formulazione del principio di diritto affermato dalla Corte) La Corte enuncia specificamente nella sentenza di accoglimento, pronunciata a
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE norma dell’art. 384 del Codice, il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi. Art. 144 (Forma della domanda di restituzione o di riduzione in pristino) Le domande conseguenti alla cassazione della sentenza previste nell’art. 389 del Codice debbono essere proposte con citazione da notificarsi personalmente alla parte a norma degli artt. 137 e segg. del Codice. Art. 144 bis (Attestazione del cancelliere in caso di mancata integrazione del contraddittorio) Qualora non sia stato osservato il disposto di cui all’articolo 371-bis del Codice, il cancelliere lo attesta con apposita dichiarazione, da allegare al fascicolo d’ufficio, per gli adempimenti di cui all’articolo 138. CAPO V Disposizioni relative alle controversie di lavoro ed a quelle di previdenza e di assistenza Art. 144 ter (Controversie individuali di lavoro) Tra le controversie previste dall’articolo 409 del Codice non si considerano in ogni caso comprese quelle di cui all’articolo 50 bis, primo comma, n. 5), seconda parte del Codice. Art. 144 quater (Restituzione del fascicolo d’ufficio e dei fascicoli di parte) Dopo la definizione del giudizio, il fascicolo d’ufficio trasmesso ai sensi dell’articolo 369 del codice e gli atti ed i documenti depositati dalle parti e già prodotti nei precedenti gradi del processo sono restituiti, decorsi novanta giorni dal deposito della decisione, alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. (La norma si applicherà dalla data di entrata in vigore del decreto ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a partire da tale data) La restituzione del fascicolo avverrà dopo novanta giorni alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 145 (Termine per la nomina del consulente tecnico) Per le controversie di lavoro e per quelle in materia di previdenza e di assistenza il termine previsto dall’art. 201 del codice non deve superare i giorni sei. Art. 146 (Albo dei consulenti tecnici) Nell’albo dei consulenti tecnici istituito presso ogni tribunale debbono essere inclusi, per i processi relativi a domande di prestazioni previdenziali e assistenziali, i medici legali e delle assicurazioni e i medici del lavoro. Art. 146 bis (Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi) Nel caso di cui all’articolo 420 bis del codice si applica, in quanto compatibile, l’articolo 64, commi 4, 6, 7 e 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165. (La norma si applica a partire dalla data di entrata in vigore del decreto) Art. 147 (Conciliazione, arbitrati e collegiali mediche nelle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie) Nelle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie sono privi di qualsiasi efficacia vincolante, sostanziale e processuale, gli arbitrati rituali, gli arbitrati irrituali, le collegiali mediche, quale ne sia la natura giuridica, e le conciliazioni stragiudiziali intervenute anteriormente o posteriormente alla proposizione dell’azione giudiziaria. Nelle controversie di cui al comma precedente i ricorsi amministrativi hanno effetto sospensivo di ogni provvedimento che implichi l’annullamento del rapporto assicurativo. Art. 148 (Abrogazione delle disposizioni di leggi speciali circa la proponibilità della domanda in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie) Sono abrogate tutte le disposizioni contenute nelle leggi speciali in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie che, in difformità da quanto stabilito dall’art. 443 del Codice, condizionano la proponibilità della domanda giudiziaria al preventivo esperimento dei procedimenti amministrativi contenziosi. Art. 149 (Controversie in materia di invalidità pensionabile) Nelle controversie in materia di invalidità pensionabile deve essere valutato dal 465
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE giudice anche l’aggravamento della malattia, nonché tutte le infermità comunque incidenti sul complesso invalidante che si siano verificate nel corso tanto del procedimento amministrativo che di quello giudiziario. Art. 150 (Calcolo della svalutazione monetaria) Ai fini del calcolo di cui all’art. 429, ultimo comma, del Codice, il giudice applicherà l’indice dei prezzi calcolato dall’ISTAT per la scala mobile per i lavoratori dell’industria. Art. 151 (Riunione di procedimenti) La riunione, ai sensi dell’art. 274 del Codice, dei procedimenti relativi a controversie in materia di lavoro e di previdenza e di assistenza connesse anche soltanto per identità delle questioni dalla cui risoluzione dipende, totalmente o parzialmente, la loro decisione deve essere sempre disposta dal giudice, salvo nelle ipotesi che essa renda troppo gravoso o comunque ritardi eccessivamente il processo. Le competenze e gli onorari saranno ridotti in considerazione dell’unitaria trattazione delle controversie riunite. Art. 151 (Riunione di procedimenti) La riunione, ai sensi dell’articolo 274 del codice, dei procedimenti relativi a controversie in materia di lavoro e di previdenza e di assistenza e a controversie dinanzi al giudice di pace, connesse anche soltanto per identità delle questioni dalla cui risoluzione dipende, totalmente o parzialmente, la loro decisione, deve essere sempre disposta dal giudice, tranne nelle ipotesi che essa renda troppo gravoso o comunque ritardi eccessivamente il processo. In queste ipotesi la riunione, salvo gravi e motivate ragioni, è, comunque, disposta tra le controversie che si trovano nella stessa fase processuale. Analogamente si provvede nel giudizio di appello. Le competenze e gli onorari saranno ridotti in considerazione dell’unitaria trattazione delle controversie riunite. (La norma si applica ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto; tuttavia ai provvedimenti del Giudice di Pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del decreto si applica la disciplina previdente) La novità consiste nell’ aver espressamente previsto che la riunione per connessione è possibile solo tra cause che si trovano nella stessa fase processuale e nell’aver esteso la portata della disposizione anche alla fase di appello. 466
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 152 (Esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali) Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente, salvo comunque quanto previsto dall’articolo 96, primo comma, del codice di procedura civile, non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall’ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l’importo del reddito stabilito ai sensi degli articoli 76, commi da 1 a 3, e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente. Si applicano i commi 2 e 3 dell’articolo 79 e l’articolo 88 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. (articolo sostituito dall'art. 9 L. nr. 533/1973, abrogato dall'art. 4 D.L. nr. 384/92. Successivamente la C. Cost. con sentenza nr. 134/1994 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del predetto art. 4 D.L. nr. 384/1992. Infine, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 42 D.L. nr. 269/2003.) TITOLO IV DEL PROCESSO DI ESECUZIONE CAPO I Del titolo esecutivo e dell’espropriazione forzata in generale Art. 153 (Rilascio del titolo esecutivo) Il cancelliere rilascia la copia in forma esecutiva a norma dell’art. 475 del Codice quando la sentenza o il provvedimento del giudice è formalmente perfetto. La copia deve essere munita del sigillo della cancelleria. La copia in forma esecutiva degli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale deve essere munita del sigillo del notaio o dell’Ufficio al quale appartiene l’ufficiale pubblico.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 154 (Procedimento per indebito rilascio di copie esecutive) Il capo dell’Ufficio giudiziario competente, a norma dell’art. 476 del Codice, a conoscere delle contravvenzioni per rilascio indebito di copie in forma esecutiva, contesta all’incolpato l’addebito, a mezzo di atto notificato a cura del cancelliere, e lo invita a presentare per iscritto le sue difese nel termine di cinque giorni. Negli Uffici in cui vi è un solo cancelliere l’atto contenente l’addebito è comunicato a lui direttamente dal capo dell’Ufficio. Il decreto di condanna di cui all’art. 476, ultimo comma, del Codice costituisce titolo esecutivo per la riscossione della pena pecuniaria a cura del cancelliere. Art. 155 (Certificato di prestata cauzione) Il certificato di prestata cauzione indicato nell’art. 478 del Codice è rilasciato dal cancelliere del giudice che ha pronunciato il provvedimento costituente titolo esecutivo. Art. 156 (Esecuzione sui beni sequestrati) Il sequestrante che ha ottenuto la sentenza di condanna esecutiva prevista nell’articolo 686 del Codice deve depositarne copia nella cancelleria del giudice competente per l’esecuzione nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione, e deve quindi procedere alle notificazioni previste nell’articolo 498 del Codice. Se oggetto del sequestro sono beni immobili, il sequestrante deve inoltre chiedere, nel termine perentorio di cui al comma precedente, l’annotazione della sentenza di condanna esecutiva in margine alla trascrizione prevista nell’art. 679 del Codice. Art. 156 bis (Esecuzione sui beni sequestrati in forza di sentenza straniera o di lodo arbitrale) Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o è compromessa in arbitri, il sequestrante deve, a pena di perdita di efficacia del sequestro conservativo ottenuto, proporre domanda di esecutorietà in Italia della sentenza straniera o del lodo entro il termine perentorio di sessanta giorni, decorrente dal momento in cui la domanda di esecutorietà è proponibile. La dichiarazione di esecutorietà produce gli effetti di cui all’articolo 686 del Codice e diventa applicabile il precedente articolo 156.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 157 (Processo verbale di pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario) L’ufficiale giudiziario redige processo verbale del versamento eseguito dal debitore delle somme che debbono essere consegnate al creditore a norma dell’art. 494, primo comma, del Codice. Nello stesso processo verbale inserisce l’eventuale riserva di ripetizione della somma versata, prevista nel secondo comma dello stesso articolo. Il processo verbale è depositato immediatamente in cancelleria insieme con la prova del versamento al creditore della somma consegnata dal debitore. Del processo verbale si prende nota nel ruolo generale delle esecuzioni. Alla registrazione del processo verbale provvede il cancelliere. Art. 158 (Avviso al sequestrante) Quando dall’atto di pignoramento o dai pubblici registri risulta l’esistenza di un sequestro conservativo sui beni pignorati, il creditore pignorante deve far notificare al sequestrante avviso del pignoramento a norma dell’art. 498 del Codice. Art. 159 (Istituti autorizzati all’incanto e all’amministrazione dei beni) Gli istituti ai quali possono essere affidate la vendita all’incanto dei beni mobili a norma dell’art. 534 del Codice o l’amministrazione giudiziaria dei beni immobili a norma dell’art. 592 del Codice sono autorizzati con decreto del Ministro di grazia e giustizia. Agli istituti autorizzati alle vendite all’incanto dei mobili pignorati può essere affidata anche la custodia e la vendita dei mobili stessi previste negli artt. 520, secondo comma, e 532 del Codice; ad essi può essere inoltre affidata qualsiasi altra vendita mobiliare disposta dall’Autorità giudiziaria. Il Ministro della giustizia stabilisce le modalità e i controlli per l’esecuzione degli incarichi indicati nei commi precedenti, nonché la misura dei compensi dovuti agli istituti. Art. 160 (Forma degli avvisi) Gli avvisi che la legge prescrive siano fatti ai creditori e agli altri intervenuti nel procedimento esecutivo debbono essere sottoscritti dal creditore procedente o dal cancelliere a cura del quale sono notificati. Art. 161 (Giuramento dell’esperto e dello stimatore) L’esperto nominato dal giudice a norma dell’art. 568, ultimo comma del Codice 469
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE presta giuramento di bene e fedelmente procedere alle operazioni affidategli. L’ufficiale giudiziario che per la stima delle cose da pignorare si avvale dell’opera di uno stimatore, prima che questi incominci le sue operazioni, deve raccoglierne il giuramento di bene e fedelmente procedere alla stima. Art. 161 bis (Rinvio della vendita dopo la prestazione della cauzione) Il rinvio della vendita può essere disposto solo con il consenso dei creditori e degli offerenti che abbiano prestato cauzione ai sensi degli artt. 571 e 580 del codice. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) Art. 162 (Deposito del prezzo di assegnazione) La parte del valore della cosa assegnata che eccede il credito dell’assegnatario deve essere depositata nelle forme dei depositi giudiziari. Art. 163 (Ordine di cessazione della vendita forzata) La cessazione della vendita forzata prevista dall’art. 504 del Codice è disposta dal giudice dell’esecuzione se questi presiede alla vendita, o altrimenti dall’ufficiale incaricato della stessa, che ne riferisce immediatamente al giudice che lo ha nominato. In questo caso il giudice, sentite le parti, pronuncia definitivamente sulla cessazione. Art. 164 (Atti di trasferimento del bene espropriato) Il giudice dell’esecuzione, in seguito all’alienazione del bene espropriato, compie in luogo del debitore tutti gli atti necessari al trasferimento del bene all’acquirente. CAPO II Dell’espropriazione mobiliare Art. 165 (Assistenza del creditore al pignoramento) Il creditore istante può assistere a sue spese alle operazioni di pignoramento eseguite a norma degli artt. 513 e 518 del Codice. 470
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 165 (Partecipazione del creditore al pignoramento) All’atto della richiesta del pignoramento il creditore può dichiarare che intende partecipare personalmente alle operazioni. Nel caso di cui al primo comma l’ufficiale giudiziario deve comunicare la data e l’ora dell’accesso, da effettuare entro quindici giorni, con un preavviso di tre giorni, riducibile nei casi di urgenza. Il creditore, a sue spese, può partecipare alle operazioni di pignoramento eseguite a norma degli artt. 513 e 518 del Codice, con l’assistenza o a mezzo di difensore e di esperto o di uno di essi (La norma entra in vigore il 1° marzo 2006) L’innovazione impone al creditore l’obbligo di segnalare all’ufficiale giudiziario che intende essere presente alle operazioni di pignoramento, avvalendosi di un esperto e/o di un legale. L’Ufficiale giudiziario ha l’onere di avvertire almeno tre giorni prima il creditore e di eseguire il pignoramento nei 15 giorni successivi alla richiesta. La norma valorizza la partecipazione del creditore alle operazioni di pignoramento al fine di collaborare coll’Ufficiale giudiziario nella ricerca delle cose da pignorare e della loro stima. Art. 166 (Modalità della custodia) Il giudice dell’esecuzione dà con decreto le disposizioni circa i modi di custodire i titoli di credito e gli oggetti preziosi pignorati. Art. 167 (Processo verbale di consegna al commissionario) Il cancelliere redige processo verbale della consegna delle cose pignorate al commissionario per la vendita. In esso debbono essere descritte le cose consegnate. La descrizione può farsi con riferimento a quella contenuta nell’atto di pignoramento, del quale il commissionario deve dichiarare di avere presa esatta cognizione. Art. 168 (Reclamo contro l’operato dell’ufficiale incaricato della vendita) I reclami contro l’operato dell’ufficiale incaricato della vendita sono proposti dagli interessati con ricorso al giudice dell’esecuzione. Il ricorso non sospende le operazioni di vendita, salvo che il giudice dell’esecuzione con decreto disponga la sospensione. Sul ricorso il giudice dell’esecuzione pronuncia senza indugio con ordinanza non impugnabile, sentiti il ricorrente e le parti. 471
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 169 (Registrazione del processo verbale di vendita) Il cancelliere della tribunale presso il quale è depositato il processo verbale di vendita, a norma dell’art. 537, ultimo comma, del Codice, cura la registrazione di esso. Art. 169 bis (Determinazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell’esecuzione) Con il decreto di cui all’articolo 179 bis è stabilita la misura dei compensi dovuti ai notai per le operazioni di vendita con incanto dei beni mobili iscritti nei pubblici registri. Art. 169 bis (Determinazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell’esecuzione) Con il decreto di cui all’articolo 179 bis è stabilita la misura dei compensi dovuti ai notai, agli avvocati e ai commercialisti per le operazioni di vendita dei beni mobili iscritti nei pubblici registri. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) Art. 169 ter (Elenco dei notai che provvedono alle operazioni di vendita con incanto) Nella comunicazione prevista dall’articolo 179 ter sono indicati anche gli elenchi dei notai disponibili a provvedere alle operazioni di vendita con incanto di beni mobili iscritti nei pubblici registri. Art. 169 ter (Elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita) Nelle comunicazioni previste dall’articolo 179 ter sono indicati anche gli elenchi dei notai, degli avvocati e dei commercialisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita di beni mobili iscritti nei pubblici registri. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore)
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Le modifiche di cui all’art. 169 bis e ter sono un adeguamento alla novità introdotta che dà la possibilità anche ad avvocati e commercialisti di essere delegati. Le norme entrano in vigore l’1 marzo 2006 e si applicano anche alle procedure esecutive pendenti a tale data. CAPO III Dell’espropriazione immobiliare Art. 170 (Atto di pignoramento immobiliare) L’atto di pignoramento di beni immobili previsto nell’art. 555 del Codice deve essere sottoscritto, prima della relazione di notificazione, dal creditore pignorante a norma dell’art. 125 del Codice. Art. 171 (Procedimento per le autorizzazioni al debitore e al custode) Le autorizzazioni al debitore e al custode previste nell’art. 560 del Codice sono date dal giudice dell’esecuzione, sentite le parti e gli altri interessati. Art. 172 (Cancellazione della trascrizione del pignoramento) Il giudice dell’esecuzione deve sentire le parti prima di disporre la cancellazione della trascrizione del pignoramento a norma dell’art. 562 del Codice e in ogni altro caso in cui deve dichiarare l’inefficacia del pignoramento per estinzione del processo. Art. 173 (Pubblicità dell’istanza di assegnazione o di vendita) Dell’istanza di assegnazione o di vendita deve essere data pubblica notizia a cura del cancelliere a norma dell’art. 490 del codice almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata per pronunciare sull’istanza stessa. [Art. 173 (Pubblicità dell’istanza di assegnazione o di vendita) Dell’istanza di assegnazione o di vendita deve essere data pubblica notizia a cura del cancelliere a norma dell’art. 490 del codice almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata per pronunciare sull’istanza stessa.] (La norma è abrogata dal 1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) 473
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE La norma è stata abrogata per esigenze di coordinamento con la nuova normativa ed entra in vigore per le procedure esecutive promosse successivamente e l’abrogazione opererà anche per le procedure pendenti dopo il 1.3.2006, per le quali non è già stata ordinata la vendita. Art. 173 bis (Contenuto della relazione di stima e compiti dell’esperto) L’esperto provvede alla redazione della relazione di stima dalla quale devono risultare: 1) l’identificazione del bene, comprensiva dei confini e dei dati catastali; 2) una sommaria descrizione del bene; 3) lo stato di possesso del bene, con l’indicazione, se occupato da terzi, del titolo in base al quale è occupato, con particolare riferimento alla esistenza di contratti registrati in data antecedente al pignoramento; 4) l’esistenza di formalità, vincoli o oneri, anche di natura condominiale, gravanti sul bene che resteranno a carico dell’acquirente, ivi compresi i vincoli derivanti da contratti incidenti sulla attitudine edificatoria dello stesso o i vincoli connessi con il suo carattere storico-artistico; 5) l’esistenza di formalità, vincoli e oneri, anche di natura condominiale, che saranno cancellati o che comunque risulteranno non opponibili all’acquirente; 6) La verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene nonché l’esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso previa acquisizione o aggiornamento del certificato di destinazione urbanistica previsto dalla vigente normativa. L’esperto prima di ogni attività controlla la completezza dei documenti di cui all’articolo 567, secondo comma, del codice, segnalando immediatamente al giudice quelli mancanti o inidonei. L’esperto, terminata la relazione, ne invia copia ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore, anche se non costituito, almeno quarantacinque giorni prima dell’udienza fissata ai sensi dell’articolo 569 del codice, a mezzo posta ordinaria o posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. Le parti possono depositare all’udienza note alla relazione purché abbiano provveduto, almeno quindici giorni prima, ad inviare le predette note al perito, secondo le modalità fissate al terzo comma; in tale caso l’esperto interviene all’udienza per rendere i chiarimenti. 474
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) La norma va collegata all’art. 569, così come modificato. Attribuisce all’esperto precisi compiti ed attività di controllo della documentazione, nonché gli fa onere di acquisire o provvedere all’aggiornamento del certificato di destinazione urbanistica. L’esperto, terminata la relazione, invierà la copia ai creditori e al debitore almeno 45 giorni prima dell’udienza fissata per la vendita. Prima dell’udienza ex art. 569 le parti possono depositare osservazioni, almeno 15 giorni prima, inviandone copia al perito. Solo in questo ultimo caso l’esperto interviene all’udienza per rendere i chiarimenti. In definitiva, a seguito dell’istanza di vendita, ci sarà la nomina dell’esperto e il giuramento dello stesso (è presumibile che la convocazione dell’esperto per il giuramento non necessariamente debba avvenire in contraddittorio con le parti), nonchè la fissazione dell’udienza per i provvedimenti per l’autorizzazione della vendita. Raccordando l’art. 173 bis con l’art. 569 c.c., si osserva come l’udienza del 569 debba avvenire entro 120 giorn; 45 giorni prima di questa l’esperto deve redigere la stima con i contenuti di cui all’art. 173 bis; ne consegue che il giuramento dell’esperto e la stima sono attività che dovrebbero essere fatte nei primi 75 giorni. Art. 173 ter (Pubblicità degli avvisi tramite internet) Il Ministro della giustizia stabilisce con proprio decreto i siti internet destinati all’inserimento degli avvisi di cui all’articolo 490 del codice e i criteri e le modalità con cui gli stessi sono formati e resi disponibili. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) La norma si limita a disporre che il Ministro stabilirà con decreto i siti internet per la pubblicazione degli avvisi. Entra in vigore il 1.3.2006 e si applicherà ad ogni incanto fissato dopo tale data.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art 173 quater (Avviso delle operazioni di vendita da parte del professionista delegato) L’avviso di cui al terzo comma dell’articolo 591-bis del codice deve contenere l’indicazione della destinazione urbanistica del terreno risultante dal certificato di destinazione urbanistica di cui all’articolo 30 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché le notizie di cui all’articolo 46 del citato testo unico e di cui all’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni; in caso di insufficienza di tali notizie, tale da determinare le nullità di cui all’articolo 46, comma 1, del citato testo unico, ovvero di cui all’articolo 40, secondo comma, della citata legge 28 febbraio 1985, n. 47, ne va fatta menzione nell’avviso con avvertenza che l’aggiudicatario potrà, ricorrendone i presupposti, avvalersi delle disposizioni di cui all’articolo 46, comma 5 del citato testo unico e di cui all’articolo 40, sesto comma, della citata legge 28 febbraio 1985, n. 47. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) La disposizione di attuazione va raccordata con la nuova formulazione di cui all’art. 591 bis c.p.c. (delega delle operazioni di vendita). La norma precisa che l’avviso di cui all’art. 591 bis c.p.c. dovrà contenere determinate indicazioni di carattere urbanistico e necessarie. Art. 173 quinquies (Ulteriori modalità di presentazione delle offerte d’acquisto) Il giudice, con l’ordinanza di vendita di cui all’art. 569, terzo comma, del codice, può disporre che la presentazione dell’offerta di acquisto ai sensi dell’art. 571 del medesimo codice possa avvenire anche mediante l’accredito, a mezzo di bonifico o deposito su conto bancario o postale intestato alla procedura esecutiva, di una somma pari ad un decimo del prezzo che si intende offrire e mediante la comunicazione a mezzo telefax o posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi, di una dichiarazione contenente le indicazioni di cui allo stesso articolo 571. L’accredito di cui al primo comma deve avere luogo non oltre cinque giorni prima della scadenza del termine entro il quale possono essere proposte le offerte d’acquisto. 476
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Quando l’offerta presentata con le modalità di cui al primo comma è accolta, il termine per il versamento del prezzo e di ogni altra somma è di novanta giorni. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) Art. 174 (Dichiarazione di residenza dell’offerente) Chi offre un prezzo per l’acquisto senza incanto dell’immobile pignorato deve dichiarare la residenza o eleggere il domicilio nel comune nel quale ha sede il tribunale. In mancanza le comunicazioni gli sono fatte presso la cancelleria. Art. 175 (Convocazione delle parti per l’incanto) Il giudice dell’esecuzione, prima di ordinare l’incanto a norma dell’art. 575 del Codice, dispone l’audizione delle parti e dei creditori a norma dell’art. 569 del Codice. Art. 176 (Comunicazione del decreto di decadenza) Il decreto col quale il giudice dell’esecuzione dichiara la decadenza dell’aggiudicatario a norma dell’art. 587 del Codice è comunicato dal cancelliere al creditore che ha chiesto la vendita e all’aggiudicatario. Con lo stesso decreto il giudice dell’esecuzione fissa un’udienza per l’audizione delle parti a norma dell’art. 569 del Codice. Art. 177 (Dichiarazione di responsabilità dell’aggiudicatario) L’aggiudicatario inadempiente è condannato, con decreto del giudice dell’esecuzione, al pagamento della differenza tra il prezzo da lui offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita. Il decreto del giudice costituisce titolo esecutivo a favore dei creditori ai quali nella distribuzione della somma ricavata è stato attribuito il credito da esso portato. Art. 178 (Procedimento di rendiconto) Quando l’amministratore dell’immobile pignorato ha depositato il conto a norma dell’art. 593 del Codice, il giudice dell’esecuzione sentite le parti, provvede all’approvazione del conto. 477
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Le disposizioni per l’assegnazione delle rendite riscosse a norma dell’art. 594 del Codice sono date dal giudice dell’esecuzione con ordinanza non impugnabile. Art. 179 (Graduazione e liquidazione) Quando lo ritiene opportuno, il giudice dell’esecuzione può limitare il progetto di distribuzione della somma ricavata di cui all’art. 596 del Codice alla sola graduazione dei creditori partecipanti all’esecuzione, salva la liquidazione delle quote spettanti a ciascuno di essi dopo che sia approvata la graduazione. Il giudice che ha disposto a norma del comma precedente forma il progetto di liquidazione delle quote entro trenta giorni dall’approvazione della graduazione. Al progetto di liquidazione si applicano le disposizioni degli artt. 596 e segg. del Codice. Art. 179 bis (Determinazione e liquidazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell’esecuzione) Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, sentito il Consiglio nazionale del notariato, è stabilita ogni triennio la misura dei compensi dovuti ai notai per le operazioni di vendita con incanto di beni immobili. Il compenso dovuto al notaio è liquidato dal giudice dell’esecuzione con specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di incanto e le successive che sono poste a carico dell’aggiudicatario. Il provvedimento di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo. Art. 179 bis (Determinazione e liquidazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell’esecuzione) Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Consiglio nazionale del notariato, il Consiglio nazionale dell’ordine degli avvocati e il Consiglio nazionale dell’ordine (dei) commercialisti, è stabilita ogni triennio la misura dei compensi dovuti a notai, avvocati e commercialisti per le operazioni di vendita di beni immobili. Il compenso dovuto al professionista è liquidato dal giudice dell’esecuzione con specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di vendita e le successive che sono poste a carico dell’aggiudicatario. Il provvedimento di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo. 478
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) Si stabilisce che con decreto ministeriale (Giustizia di concerto con Economia e Finanze), previa audizione dei Consigli Nazionali degli Ordini interessati, sono determinati i compensi. Il compenso, così come determinato, sarà poi liquidato dal Giudice dell’Esecuzione. Art. 179 ter (Elenco dei notai che provvedono alle operazioni di vendita con incanto) Il Consiglio notarile distrettuale comunica ogni anno ai presidenti dei tribunali gli elenchi, distinti per ciascun circondario, dei notai disponibili a provvedere alle operazioni di vendita con incanto dei beni immobili. Art. 179 ter (Elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita) Il Consiglio notarile distrettuale, il Consiglio dell’ordine degli avvocati e il Consiglio dell’ordine dei commercialisti comunicano ogni triennio ai presidenti dei Tribunali gli elenchi, distinti per ciascun circondario rispettivamente dei notai, degli avvocati e dei commercialisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita dei beni immobili. Agli elenchi contenenti l’indicazione degli avvocati e dei commercialisti sono allegate le schede formate e sottoscritte da ciascuno dei predetti professionisti, con cui sono riferite le specifiche esperienze maturate nello svolgimento di procedure esecutive ordinarie o concorsuali. Il Presidente del Tribunale forma quindi l’elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita e lo trasmette ai giudici dell’esecuzione unitamente a copia delle schede informative sottoscritte da ciascuno di essi. Al termine di ciascun semestre, il Presidente del Tribunale dispone la cancellazione dei professionisti ai quali in una o più procedure esecutive sia stata revocata la delega in conseguenza del mancato rispetto del termine e delle direttive stabilite dal giudice dell’esecuzione a norma dell’articolo 591 bis, primo comma del codice. I professionisti cancellati dall’elenco a seguito di revoca di delega non possono essere reinseriti nel triennio in corso e nel triennio successivo. 479
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) Stabilisce le modalità (ogni triennio) di formazione degli elenchi. In modo particolare, per i soli avvocati e commercialisti è fatto onere di allegare agli elenchi schede in cui ciascuno dei professionisti riferisca e specifichi esperienze maturate nello svolgimento di procedure esecutive ordinarie e concorsuali. Sulla base di tali elenchi, il Presidente del Tribunale formula l’elenco dei professionisti disponibili e lo trasferisce ai Giudici, unitamente a copia delle schede sottoscritte. L’elenco così formulato è soggetto a revisione ogni semestre ed il mancato rispetto del termine e delle direttive stabilite dal Giudice dell’Esecuzione, a norma dell’art. 591 bis c.p.c., comporterà la cancellazione del professionista. Nell’ipotesi più grave, di cancellazione per revoca di delega, ulteriore sanzione è rappresentata dalla impossibilità di reinserirsi nell’elenco per il triennio in corso e quello successivo. Art. 179 quater (Distribuzione degli incarichi) Il presidente del tribunale vigila affinché, senza danno per l’amministrazione della giustizia, le deleghe siano equamente distribuite tra gli iscritti nell’elenco di cui all’articolo 179-ter. Per l’attuazione di tale vigilanza debbono essere annotate dal cancelliere in apposito registro tutte le deleghe che gli iscritti ricevono e i relativi compensi liquidati. Il registro è pubblico e liberamente consultabile e dello stesso possono essere rilasciate copie o estratti CAPO IV Disposizioni comuni Art. 180 (Avviso di pignoramento ai comproprietari del bene pignorato) L’avviso ai comproprietari dei beni indivisi nel caso previsto dall’art. 599, secondo comma del Codice deve contenere l’indicazione del creditore pignorante, del bene pignorato, della data dell’atto di pignoramento e della trascrizione di esso. L’avviso è sottoscritto dal creditore pignorante. 480
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Con lo stesso avviso o con altro separato gli interessati debbono essere invitati a comparire davanti al giudice dell’esecuzione per sentire dare i provvedimenti indicati nell’art. 600 del Codice. Art. 181 (Disposizioni sulla divisione) Il giudice dell’esecuzione, quando dispone che si proceda a divisione del bene indiviso, provvede all’istruzione della causa a norma degli artt. 175 e segg. del Codice, se gli interessati sono tutti presenti e l’Ufficio al quale egli appartiene e` competente per la divisione. Se tutti gli interessati non sono presenti o per la divisione è competente altro giudice, il giudice dell’esecuzione fissa il termine perentorio entro il quale, a cura della parte piu` diligente, deve essere proposta domanda di divisione nelle forme ordinarie. Art. 181 (Disposizioni sulla divisione) Il giudice dell’esecuzione, quando dispone che si proceda a divisione del bene indiviso provvede all’istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del Codice, se gli interessati sono tutti presenti. Se gli interessati non sono tutti presenti, il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza di cui all’articolo 600, secondo comma, del codice fissa l’udienza avanti a sé per la comparizione delle parti concedendo termine alla parte più diligente fino a sessanta giorni prima per l’integrazione del contraddittorio mediante la notifica dell’ordinanza. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) La norma va ricollegata alla competenza esclusiva per la divisione assegnata al G.E. nell’ipotesi in cui si debba procedere alla divisione del bene indiviso ed alla istruzione della causa. Sono state quindi eliminate le parti della norma che si riferiscono all’ipotesi in cui altro Giudice era competente per la divisione. Art. 182 (Intimazione al detentore del pegno) Il creditore pignorante deve fare l’intimazione di cui all’art. 544 del Codice con l’atto di pignoramento, se il pegno è detenuto dal debitore, o con atto separato, notificato a norma degli artt. 137 e segg. del Codice, se il pegno è detenuto da altri. 481
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 183 (Provvedimenti temporanei nell’esecuzione per consegna o rilascio) I provvedimenti temporanei di cui all’art. 610 del Codice sono dati dal giudice dell’esecuzione con decreto. Art. 184 (Contenuto dei ricorsi d’opposizione all’esecuzione) I ricorsi previsti negli artt. 615, secondo comma, e 619 del Codice, oltre le indicazioni volute dall’art. 125 del Codice, debbono contenere quelle di cui ai nn. 4 e 5 dell’art. 163 del Codice. Art. 185 (Udienza di comparizione davanti al giudice dell’esecuzione) All’udienza di comparizione davanti al giudice dell’esecuzione fissata a norma degli artt. 615,618 e 619 del Codice si applica la disposizione dell’art. 183 del Codice. Art. 185 (Udienza di comparizione davanti al giudice dell’esecuzione) All’udienza di comparizione davanti al giudice dell’esecuzione fissata sulle opposizioni all’esecuzione, di terzo ed agli atti esecutivi si applicano le norme del procedimento camerale di cui agli articoli 737 e seguenti del codice. (La norma entra in vigore il 1° marzo 2006) Il legislatore ha optato per la scelta del più semplice e meno formalistico rito camerale per le opposizioni, in luogo del rito ordinario. Art. 186 (Fascicolo della causa di opposizione all’esecuzione) Se per la causa di opposizione all’esecuzione è competente un giudice diverso da quello dell’esecuzione, il cancelliere del giudice davanti al quale la causa è riassunta deve immediatamente richiedere al cancelliere del giudice dell’esecuzione la trasmissione del ricorso di opposizione, di copia del processo verbale dell’udienza di comparizione di cui agli artt. 615 e 619 del Codice e dei documenti allegati relativi alla causa di opposizione. Art. 187 (Regolamento di competenza delle sentenze in materia esecutiva) Le sentenze dichiarate non impugnabili che il giudice pronuncia sulle opposizioni agli atti esecutivi sono sempre soggette a regolamento di competenza a norma degli artt. 42 e segg. del Codice.
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CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE Art. 187 bis (Intangibilità nei confronti dei terzi degli effetti degli atti esecutivi compiuti) In ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria, o l’assegnazione, restano fermi nei confronti dei terzi aggiudicatari o assegnatari, in forza dell’articolo 632 secondo comma del codice, gli effetti di tali atti. Dopo il compimenti degli stessi atti, l’istanza di cui all’articolo 495 del codice non è più procedibile. (La norma entra in vigore l’1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data di entrata in vigore; quando però è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore) La norma stabilisce l’intangibilità nei confronti dei terzi degli effetti e degli atti esecutivi dopo l’aggiudicazione o assegnazione. Precisa –inoltre- che dopo tali atti l’istanza di conversione non è più procedibile (precisazione che parrebbe inutile). TITOLO V DEI PROCEDIMENTI SPECIALI Art. 188 (Dichiarazione di inefficacia del decreto d’ingiunzione) La parte alla quale non è stato notificato il decreto d’ingiunzione nei termini di cui all’art. 644 del Codice può chiedere con ricorso al giudice, che ha pronunciato il decreto, che ne dichiari l’inefficacia. Il giudice fissa con decreto una udienza per la comparizione delle parti davanti a sé e il termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere notificati alla controparte. La notificazione è fatta nel domicilio di cui all’art. 638 del Codice se avviene entro l’anno dalla pronuncia e personalmente alla parte a norma degli artt. 137 e segg. del Codice se è fatta posteriormente. Il giudice, sentite le parti, dichiara con ordinanza non impugnabile l’inefficacia del decreto ingiuntivo a tutti gli effetti. Il rigetto dell’istanza non impedisce alla parte di proporre domanda di dichiarazione d’inefficacia nei modi ordinari. Art. 189 (Provvedimenti relativi alla separazione personale dei coniugi) L’ordinanza con la quale il presidente del tribunale o il giudice istruttore dà i 483
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE provvedimenti di cui all’art. 708 del Codice costituisce titolo esecutivo. Essa conserva la sua efficacia anche dopo l’estinzione del processo finché non sia sostituita con altro provvedimento emesso dal presidente o dal giudice istruttore a seguito di nuova presentazione del ricorso per separazione personale dei coniugi. Art. 190 (Documentazione dell’istanza di dichiarazione di assenza o di morte presunta) Ai ricorsi indicati negli artt. 722 e 726 del Codice debbono essere allegati i documenti comprovanti lo stato di famiglia, il fatto e il tempo della scomparsa. Art. 191 (Efficacia del processo verbale di vendita di beni immobili appartenenti a minori) Il processo verbale di vendita dei beni immobili appartenenti a minori costituisce titolo esecutivo per il rilascio. Art. 192 (Modalità di chiusura dell’inventario) L’ufficiale che procede all’inventario deve, prima di chiuderlo, interrogare coloro che avevano la custodia dei mobili o abitavano la casa in cui questi erano posti, se siano a conoscenza che esistano altri oggetti da comprendere nell’inventario. Art. 193 (Giuramento del curatore dell’eredità giacente) Il curatore dell’eredità giacente prima d’iniziare l’esercizio delle sue funzioni, deve prestare giuramento davanti al pretore di custodire e amministrare fedelmente i beni dell’eredità. Art. 194 (Nomina dell’esperto nel giudizio di divisione) Quando per la formazione della massa da dividersi e delle quote è necessaria l’opera di un esperto, questi è nominato, d’ufficio o su istanza del notaio o di uno degli interessati, dal giudice istruttore, che ne riceve il giuramento a norma dell’art. 193 del Codice. Art. 195 (Decreto di approvazione dell’attribuzione delle quote nel giudizio di divisione) Il processo verbale dal quale risulta l’attribuzione delle quote nelle operazioni 484
CODICE DI PROCEDURA CIVILE - DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE di divisione è approvato con decreto del giudice istruttore se non sorgono contestazioni o con la sentenza che decide sulle contestazioni sorte. Il decreto del giudice istruttore costituisce titolo esecutivo. Art. 196 (Reclamo contro il decreto che nega l’esecutorietà del lodo) TITOLO VI DISPOSIZIONI TRANSITORIE CAPO I Del processo di cognizione Art. 197 (Processi di primo grado nei quali non è avvenuta la comparizione delle parti) Art. 198 (Processi di primo grado nei quali le parti sono comparse) Art. 200 (Formazione del fascicolo e designazione del giudice istruttore) Art. 201 (Sospensione del processo) Art. 202 (Prima udienza di trattazione) Art. 203 (Assunzione dei mezzi di prova) Art. 204 (Cause in decisione davanti al tribunale) Art. 205 (Efficacia delle sentenze interlocutorie) Art. 206 (Impugnazione delle sentenze interlocutorie) Art. 207 (Termini per le impugnazioni) Art. 208 (Decadenza dell’impugnazione) Art. 209 (Impugnazioni nei giudizi con pluralità di parti) Art. 210 (Processi d’appello nei quali sono in corso i termini di comparizione) Art. 211 (Processi d’appello nei quali le parti sono già comparse) Art. 212 (Effetto devolutivo dell’appello) Art. 213 (Decisione delle cause davanti al giudice d’appello) Art. 214 (Cause davanti al pretore e al conciliatore)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE Art. 215 (Cause davanti alla corte suprema di cassazione) Art. 216 (Ricorsi sforniti di deposito di cancelleria) Art. 217 (Riassunzione davanti al giudice di rinvio) Art. 218 (Impugnazioni relative alle cause di lavoro) CAPO II Del processo di esecuzione Art. 219 (Precetto immobiliare non trascritto) Art. 220 (Espropriazione forzata soltanto iniziata) Art. 221 (Processi d’espropriazione mobiliare) Art. 222 (Processi d’espropriazione immobiliare) Art. 223 (Processi per consegna o rilascio e per esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare) Art. 224 (Processi d’opposizione all’esecuzione) Art. 225 (Opposizione agli atti esecutivi) Art. 226 (Riassunzione del processo esecutivo sospeso) CAPO III Dell’arbitrato Art. 227 (Compromessi e clausole compromissorie anteriori all’entrata in vigore del Codice) Art. 228 (Arbitri e procedimento arbitrale) Art. 229 (Impugnazione delle sentenze) CAPO IV Disposizioni comuni Art. 230 (Immutabilità della competenza già fissata) Art. 231 (Albo degli esperti) 486
MODIFICHE ALLA LEGGE N. 890/82
Art. 3 -L’ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull’originale dell’atto, facendo menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Presenta all’ufficio postale la copia dell’atto da notificare in busta chiusa, apponendo su quest’ultima le indicazioni del nome, cognome, residenza o dimora o domicilio del destinatario, con l’aggiunta di ogni particolarità idonea ad agevolare la ricerca; vi appone, altresì, il numero del registro cronologico, la propria sottoscrizione ed il sigillo dell’ufficio. Nei casi in cui l’ufficiale giudiziario si avvalga per la notificazione di sistemi telematici, la sottoscrizione è sostituita dall’indicazione a stampa sul documento prodotto dal sistema informatizzato del nominativo dell’ufficiale giudiziario stesso. Per la notificazione di atti in materia civile e amministrativa effettuate prima dell’iscrizione a ruolo della causa, o del deposito del ricorso, l’avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante o il suo procuratore quando sia stato già nominato; per le notificazioni in materia penale e per quelle in materia civile e amministrativa, effettuate in corso di procedimento, l’avviso deve indicare come mittente l’ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso ufficio e il numero del procedimento cui la notifica si riferisce. Nei casi in cui il cancelliere deve prendere nota sull’originale del provvedimento dell’avvenuta notificazione di un atto di impugnazione o di opposizione, la ricevuta di ritorno deve indicare come mittente l’ufficiale giudiziario tenuto a dare avviso dell’impugnazione o dell’opposizione. L’ufficiale giudiziario corrisponde le tasse postali dovute, compresa quella per l’avviso di ricevimento e della raccomandazione di essa, all’ufficio postale di partenza. Art. 4 - L’avviso di ricevimento del piego raccomandato, completato in ogni sua parte e munito del bollo dell’ufficio postale recante la data dello stesso giorno di consegna, è spedito in raccomandazione all’indirizzo già predisposto dall’ufficiale giudiziario. L’avviso di ricevimento può essere trasmesso per telegrafo o in via telematica, 487
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE
quando l’autorità giudiziaria o la parte interessata alla notificazione dell’atto ne faccia richiesta, purché il mittente anticipi la spesa, oltre il pagamento della tassa normale. Il telegramma deve essere spedito a cura dell’agente postale e contenere le generalità del destinatario o della persona abilitata che ha ricevuto il piego con l’indicazione della relativa qualifica, i quali, all’atto della consegna del piego, debbono firmare il relativo registro. L’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione. I termini, che decorrono dalla notificazione eseguita per posta, si computano dalla data di consegna del piego risultante dall’avviso di ricevimento e, se la data non risulti, ovvero sia comunque incerta, dal bollo apposto sull’avviso medesimo dall’ufficio postale che lo restituisce. Art. 8 - Se il destinatario o le persone alle quali può farsi la consegna rifiutano di firmare l’avviso di ricevimento, pur ricevendo il piego, ovvero se il destinatario rifiuta il piego stesso o di firmare il registro di consegna, il che equivale a rifiuto del piego, l’agente postale ne fa menzione sull’avviso di ricevimento indicando, se si tratti di persona diversa dal destinatario, il nome ed il cognome della persona che rifiuta di firmare nonché la sua qualità; appone, quindi, la data e la propria firma sull’avviso di ricevimento che è subito restituito al mittente in raccomandazione, unitamente al piego, nel caso di rifiuto del destinatario di riceverlo. La notificazione si ha per eseguita alla data suddetta. Se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l’agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato lo stesso giorno presso l’ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l’ufficio postale o una sua dipendenza è data notizia al destinatario, a cura dell’agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda. L’avviso deve contenere l’indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell’ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell’indirizzo dell’ufficio postale o della sua dipendenza presso cui il deposito è stato effettuato, nonché l’espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello
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MODIFICHE ALLA LEGGE N. 890/82
stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l’avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l’atto sarà restituito al mittente. Trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l’avviso di ricevimento è immediatamente restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall’agente postale, della data dell’avvenuto deposito e dei motivi che l’hanno determinato, dell’indicazione “atto non ritirato entro il termine di dieci giorni” e della data di restituzione. Trascorsi sei mesi dalla data in cui il piego è stato depositato nell’ufficio postale o in una sua dipendenza senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall’agente postale, della data dell’avvenuto deposito e dei motivi che l’hanno determinato, dell’indicazione “non ritirato entro il termine di centottanta giorni” e della data di restituzione. La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. Nel caso, invece, che durante la permanenza del piego presso l’ufficio postale o una sua dipendenza il destinatario o un suo incaricato ne curi il ritiro, l’impiegato postale lo dichiara sull’avviso di ricevimento che, datato e formato dal destinatario o dal suo incaricato, è subito spedito al mittente in raccomandazione. [La notificazione si ha per eseguita alla data de ritiro del piego.] Qualora la data delle seguenti formalità manchi sull’avviso di ricevimento o sia, comunque, incerta, la notificazione si ha per eseguita alla data risultante dal bollo di spedizione dell’avviso stesso. Queste modifiche sono già entrate in vigore I costi derivanti dalla spedizione della raccomandata e del relativo avviso di ricevimento di cui al secondo comma dell’art. 8 della legge 20 novembre 1982 n. 890 e successive modificazioni, sono posti a carico del mittente indicato nell’avviso di ricevimento stesso, secondo le previsioni tariffarie vigenti, fatti salvi i casi di esenzione dalle spese di notifica previsti dalle leggi vigenti. (Le disposizioni di modifica sono già entrate in vigore)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE
MODIFICHE ALLA LEGGE N. 53/94
Art. 3 - Il notificante di cui all’art. 1 deve: scrivere la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendo menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento; presentare all’ufficio postale l’originale e la copia dell’atto da notificare; l’ufficio postale appone in calce agli stessi il timbro di vidimazione , inserendo quindi la copia, o le copie, da notificare nelle buste di cui all’art. 2, sulle quali il notificante ha preventivamente apposto le indicazioni del nome, cognome, residenza o dimora o domicilio del destinatario, con l’aggiunta di ogni particolarità idonea ad agevolare la ricerca; sulle buste devono essere altresì apposti il numero del registro cronologico di cui all’art. 8, la sottoscrizione e il domicilio del notificante; presentare contemporaneamente l’avviso di ricevimento compilato con le indicazioni richieste dal modello predisposto dall’Amministrazione postale, con l’aggiunta del numero di registro cronologico. Per le notificazioni di atti effettuate prima dell’iscrizione a ruolo della causa o del deposito dell’atto introduttivo della procedura, l’avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante e il suo procuratore; per le notificazioni effettuate in corso di procedimento, l’avviso deve indicare anche l’ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso. Per il perfezionamento della notificazione e per tutto quanto non previsto dal presente articolo, si applica, per quanto possibile, agli artt. 4 e seguenti della Legge 20 novembre 1982, n. 890. Il notificante di cui all’articolo 1 che intenda avvalersi delle facoltà previste dalla presente legge può anche servirsi delle procedure informatiche, già disciplinate dal decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10, e dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. In tal caso: il notificante esegue la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale trasmettendoli per via telematica all’ufficio postale, sottoscritti con forma digitale, completi della relazione di notificazione e del numero di registro cronologico di cui all’art. 8; 490
MODIFICHE ALLA LEGGE N. 53/94
l’ufficio postale trae dall’atto ricevuto telematicamente un originale e la copia su supporto cartaceo, apponendo in calce agli stessi il timbro di vidimazione. L’ufficio postale compila, quindi, le buste ed i moduli di cui all’art. 2 e, inserita la copia o le copie nella busta, provvede alla spedizione per la notifica al destinatario, restituendo all’avvocato, sempre a mezzo del servizio postale l’originale dell’atto vidimato, con la relazione di notificazione; su espressa richiesta dell’avvocato notificante, formulata con la trasmissione dell’atto, l’ufficio postale dà conferma in via telematica dell’avvenuta consegna dell’atto. (Le disposizioni di modifica sono entrate in vigore in data 29.12.2005)
Si segnala che il D. Legislativo nr. 40 del 2 febbraio 2006,entrato in vigore il 2.3.2006, all’art. 26. ha modificato l’articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, disponendo che, al quinto comma, le parole “ricorribile per cassazione” sono sostituite da “appellabile” e che l’ultimo comma è abrogato. La novità si applica alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dal 2.3.2006.
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RIFORMA ORGANICA DELLA DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI A NORMA DELL’ARTICOLO 1, COMMA 5, DELLA LEGGE 14 MAGGIO 2005, N. 80 Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2006, Supplemento Ordinario n. 13)
DISCIPLINA TRANSITORIA ABROGAZIONI ED ENTRATA IN VIGORE
Art.150. Disciplina transitoria 1. I ricorsi per dichiarazione di fallimento e le domande di concordato fallimentare depositate prima dell’entrata in vigore del presente decreto, nonchè le procedure di fallimento e di concordato fallimentare pendenti alla stessa data, sono definiti secondo la legge anteriore. Art. 151. Abrogazione in materia di transazione fiscale 1. L’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, è abrogato. Art. 152. Disposizioni abrogative in materia di limitazioni personali del fallito 1. Sono abrogate le seguenti disposizioni: a) art. 2, comma 1, lettera a), del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223; b) art. 3, comma 1, lettera e), della legge 8 agosto 1991, n. 264, limitatamente alle parole: «o dichiarato fallito, ovvero non sia in corso, nei suoi confronti, un procedimento per dichiarazione di fallimento». Art. 153. Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore dopo sei mesi dalla sua pubblicazione (ndr: 16.07.2006) nella Gazzetta Ufficiale, fatti salvi gli articoli 45, 46, 47, 151 e 152, che entrano in vigore il giorno della pubblicazione del medesimo decreto nella Gazzetta Ufficiale.
Il testo che segue è stato gentilmente messo a disposizione dall’avv. Franco Benassi di Mantova.
DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI
TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO, COME MODIFICATO DAL D. LGS. 9 GENNAIO 2006, N. 5
TITOLO PRIMO Disposizioni generali
TITOLO PRIMO Disposizioni generali
Art. 1 Imprese soggette al fallimento, al concordato preventivo e all’amministrazione controllata.
Art. 1 (Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo).
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preventivo e sull’amministrazione controllata gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori. Sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un’attività commerciale, i quali sono stati riconosciuti, in sede di accertamento ai fini della imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile. Quando è mancato l’accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza mobile sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti una attività commerciale nella cui azienda risulta essere stato investito un capitale non superiore a lire novecentomila. In nessun caso sono considerate piccoli imprenditori le società commerciali (1). _____________________________
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori.
Ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori gli esercenti un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che, anche alternativamente: a) hanno effettuato investimenti nell’azienda per un capitale di valore superiore a euro trecentomila; b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro duecentomila. I limiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma possono essere ag(1) C. cost. 22 dicembre 1989, n. 570, ha giornati ogni tre anni, con decreto del dich. l’illeg. cost. del comma, ove prevede Ministro della giustizia, sulla base del496
DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
che quando è mancato l’accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza mobile, sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un’attività commerciale nella cui azienda risulta investito un capitale non superiore a lire novecentomila.
la media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento.
Art. 2 Liquidazione coatta amministrativa e fallimento.
Art. 2 Liquidazione coatta amministrativa e fallimento.
La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla. Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga. Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell’art. 196.
La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla. Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga. Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell’art. 196.
Art. 3 Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione controllata.
Art. 3 Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo.
Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo e di amministrazione controllata, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del
Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell’art. 195. 497
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
settimo comma dell’art. 195. Le imprese esercenti il credito non sono soggette all’amministrazione controllata prevista da questa legge. Art. 4 Rinvio a leggi speciali.
Art. 4 Rinvio a leggi speciali.
L’agente di cambio è soggetto al fallimento nei casi stabiliti dalle leggi speciali. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali circa la dichiarazione di fallimento del contribuente per debito d’imposta.
(abrogato)
TITOLO SECONDO Della dichiarazione di fallimento
TITOLO SECONDO Della dichiarazione di fallimento
Art. 5 Stato d’insolvenza.
Art. 5 Stato d’insolvenza.
L’imprenditore che si trova in stato d’insolvenza è dichiarato fallito. Lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
L’imprenditore che si trova in stato d’insolvenza è dichiarato fallito. Lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Art. 6 Art. 6 Iniziativa per la dichiarazione di fal- Iniziativa per la dichiarazione di fallimento. limento.
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
Il fallimento è dichiarato su richiesta del debitore su ricorso di uno o più creditori, su istanza del pubblico ministero oppure d’ufficio.
Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero. Nel ricorso di cui al primo comma l’istante può indicare il recapito telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dalla presente legge.
Art. 7 Stato d’insolvenza risultante in sede penale.
Art. 7 Iniziativa del pubblico ministero.
Quando l’insolvenza risulta dalla fuga o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore, il procuratore della Repubblica che procede contro l’imprenditore deve richiedere il tribunale competente per la dichiarazione di fallimento.
Il pubblico ministero presenta la richiesta di cui al primo comma dell’articolo 6: 1) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore; 2) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.
Art. 8 Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile.
Art. 8 Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile.
Se nel corso di un giudizio civile risulta l’insolvenza di un imprenditore
(abrogato)
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
che sia parte nel giudizio, il giudice ne riferisce al tribunale competente per la dichiarazione del fallimento. Art. 9 Competenza.
Art. 9 Competenza.
Il fallimento è dichiarato dal tribuna- Il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la le del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa. sede principale dell’impresa. Il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento non rileva ai fini della competenza. L’imprenditore, che ha all’estero la L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, può esse- sede principale dell’impresa, può esre dichiarato fallito nel territorio dello sere dichiarato fallito nella RepubbliStato anche se è stata pronunciata di- ca italiana anche se è stata pronunciata chiarazione di fallimento all’estero. dichiarazione di fallimento all’estero. Sono salve le convenzioni internazio- Sono fatte salve le convenzioni internali. nazionali e la normativa dell’Unione europea. Il trasferimento della sede dell’impresa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdizione italiana, se è avvenuto dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 6 o la presentazione della richiesta di cui all’articolo 7. Art. 9-bis Disposizioni in materia di incompetenza. La sentenza che dichiara l’incompetenza è trasmessa in copia al tribuna-
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO le dichiarato incompetente, il quale dispone con decreto l’immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvede il tribunale che dichiara la propria incompetenza. Il tribunale dichiarato competente, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la prosecuzione della procedura fallimentare, provvedendo alla nomina del giudice delegato e del curatore. Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti. Qualora l’incompetenza sia dichiarata all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, l’appello, per le questioni diverse dalla competenza, è riassunto, a norma dell’articolo 50 del codice di procedura civile, dinanzi alla corte di appello competente. Nei giudizi promossi ai sensi dell’articolo 24 dinanzi al tribunale dichiarato incompetente, il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’articolo 50 del codice di procedura civile e ordina la cancellazione della causa dal ruolo.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO Art. 9-ter Conflitto positivo di competenza. Quando il fallimento è stato dichiarato da più tribunali, il procedimento prosegue avanti al tribunale competente che si è pronunciato per primo. Il tribunale che si è pronunciato successivamente, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la trasmissione degli atti al tribunale che si è pronunziato per primo. Si applica l’articolo 9-bis, in quanto compatibile.
Art. 10 Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa.
Art. 10 Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa.
L’imprenditore che per qualunque causa, ha cessato l’esercizio dell’impresa, può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’impresa, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo (1). _____________________________
Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma.
(1) C. cost. 21 luglio 2000, n. 319, ha dich. l’illeg. cost. del articolo, ove non prevede che il termine di un anno dalla cessazione dell’esercizio dell’impresa collettiva per la dichiarazione di fallimento della società decorra dalla cancellazione della società stessa dal registro delle imprese.
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
Art. 11 Fallimento dell’imprenditore defunto.
Art. 11 Fallimento dell’imprenditore defunto.
L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente. L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l’eredità non sia già confusa con il suo patrimonio.
Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile.
L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente. L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purchè l’eredità non sia già confusa con il suo patrimonio; l’erede che chiede il fallimento del defunto non è soggetto agli obblighi di deposito di cui agli articoli 14 e 16, secondo comma, n. 3). Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile.
Art. 12 Morte del fallito.
Art. 12 Morte del fallito.
Se l’imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d’inventario. Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato. Nel caso previsto dall’art. 528 del c.c., la procedura prosegue in confronto
Se l’imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d’inventario. Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato. Nel caso previsto dall’art. 528 del c.c., la procedura prosegue in confronto 503
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
del curatore dell’eredità giacente e nel caso previsto dall’art. 641 del c.c. nei confronti dell’amministratore nominato a norma dell’art. 642 dello stesso codice.
del curatore dell’eredità giacente e nel caso previsto dall’art. 641 del c.c. nei confronti dell’amministratore nominato a norma dell’art. 642 dello stesso codice.
Art. 13 Obbligo di trasmissione dell’elenco dei protesti.
Art. 13 Obbligo di trasmissione dell’elenco dei protesti.
I pubblici ufficiali abilitati a levare protesti cambiari devono trasmettere ogni quindici giorni al presidente del tribunale, nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, un elenco dei protesti per mancato pagamento levati nei quindici giorni precedenti. L’elenco deve indicare la data di ciascun protesto, il cognome, il nome e il domicilio della persona alla quale fu fatto e del richiedente, la scadenza del titolo protestato, la somma dovuta ed i motivi del rifiuto di pagamento. Eguale obbligo hanno i procuratori del registro per i rifiuti di pagamento fatti in conformità della legge cambiaria.
(abrogato)
Art. 14 Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento.
Art. 14 Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento.
L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili, il bilancio e il conto dei profitti e delle perdite per i due anni precedenti ovvero dall’inizio dell’im-
L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l’intera esistenza dell’impresa, se que-
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
presa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.
sta ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre anni, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.
Art. 15 Facoltà del tribunale di sentire il debitore.
Art. 15 Istruttoria prefallimentare.
Il Tribunale, prima di dichiarare il fallimento, può ordinare la comparizione dell’imprenditore in camera di consiglio e sentirlo anche in confronto dei creditori istanti (1). _____________________________
Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio. Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento. Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del quinto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso, e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni liberi.
(1) C. cost. 16 luglio 1970, n. 141, ha dich. l’illeg. cost. dell’articolo ove non prevede l’obbligo del tribunale di disporre la comparizione dell’imprenditore in camera di consiglio per l’esercizio del diritto di difesa nei limiti compatibili con la natura di tale procedimento.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie ed il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il tribunale dispone, con gli accertamenti necessari, che l’imprenditore depositi una situazione patrimoniale, econo-mica e finanziaria aggiornata. I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza. Il tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede, senza indugio e nel rispetto del contraddittorio, all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio. Le parti possono nominare consulenti tecnici. Il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del prov-vedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza. Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti
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NUOVO TESTO scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro venticinquemila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 1.
Art. 16 Sentenza dichiarativa di fallimento.
Art. 16 Sentenza dichiarativa di fallimento.
La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio. Con la sentenza il tribunale: 1) nomina il giudice delegato per la procedura; 2) nomina il curatore; 3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili, entro ventiquattro ore, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14;
La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio. Con la sentenza il tribunale: 1) nomina il giudice delegato per la procedura; 2) nomina il curatore; 3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonchè dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14; 4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza;
4) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, un termine non maggiore di giorni trenta dalla data dell’affissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande; 5) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui, nel termine di giorni 20 da quello indicato nel numero precedente, si procederà all’esame dello stato passivo.
5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero precedente per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.
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La sentenza è provvisoriamente esecutiva. Con la stessa sentenza o con successivo decreto il tribunale ordina la cattura del fallito o degli altri responsabili a carico dei quali sussistano le circostanze indicate dall’art. 7 o altri indizi di colpevolezza per i reati previsti in questa legge. La sentenza o il decreto è comunicato al procuratore della Repubblica, che ne cura l’esecuzione.
La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 17, secondo comma.
Art. 17 Art. 17 Comunicazione e pubblicazione della Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento. sentenza dichiarativa di fallimento. La sentenza che dichiara il fallimento è comunicata per estratto, a norma dell’art. 136 del codice di procedura civile, al debitore, al curatore e al creditore richiedente, non più tardi del giorno successivo alla sua data. L’estratto deve contenere il nome delle parti, il dispositivo e la data della sentenza. Nello stesso termine, uguale estratto è affisso a cura del cancelliere alla porta esterna del tribunale e comunicato al pubblico ministero, all’ufficio del registro delle imprese per l’iscrizione da farsi non oltre il giorno successivo al ricevimento, e alla cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione il debitore è nato o la società fu costituita. L’estratto della sentenza è inoltre pubblicato nel foglio degli annunzi legali della provincia a cura del cancelliere.
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Entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata, su richiesta del cancelliere, ai sensi dell’articolo 137 del codice di procedura civile al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dall’articolo 15, ed è comunicata per estratto, ai sensi dell’articolo 136 del codice di procedura civile, al curatore ed al richiedente il fallimento. L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza. La sentenza è altresì annotata presso l’ufficio del registro delle imprese ove l’imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo ove la procedura è stata aperta. A tale fine, il cancelliere, entro il ter-
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NUOVO TESTO mine di cui al primo comma, trasmette, anche per via telematica, l’estratto della sentenza all’ufficio del registro delle imprese indicato nel comma precedente.
Art. 18 Opposizione alla dichiarazione di fallimento.
Art. 18 Appello.
Contro la sentenza che dichiara il fallimento il debitore e qualunque interessato possono fare opposizione nel termine di quindici giorni dall’affissione della sentenza (1). L’opposizione non può essere proposta da chi ha chiesto la dichiarazione di fallimento. L’opposizione è proposta con atto di citazione da notificarsi al curatore e al creditore richiedente. L’opposizione non sospende l’esecuzione della sentenza. _____________________________
Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto appello dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi entro trenta giorni presso la corte d’appello. L’appello non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall’articolo 19, primo comma. Il termine per l’appello decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’articolo 17 e, per tutti gli altri interessati, dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cui all’articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile. Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, fissa con decreto, da comunicarsi al ricorrente, l’udienza di comparizione entro quarantacinque giorni dal deposito del ricorso, assegnando termine al ricorrente non superiore a dieci giorni dalla comunicazione per la notifica del ricorso e del decreto alle parti e al curatore, nonchè un termine alle parti resistenti non superiore a cinque gior-
(1) C. cost. 27 novembre 1980, n. 151, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove prevede che il termine di quindici giorni per fare opposizione decorra per il debitore dalla affissione della sent. che ne dichiara il fallimento.
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NUOVO TESTO ni prima dell’udienza per il deposito di memorie. All’udienza il collegio, sentite le parti presenti in contraddittorio tra loro ed assunti, anche d’ufficio, i mezzi di prova necessari ai fini della decisione, provvede con sentenza, emessa ai sensi dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. In caso di particolare complessità, la corte può riservarsi di depositare la motivazione entro quindici giorni. La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non opponente, e deve essere pubblicata, comunicata ed iscritta a norma dell’articolo 17. La sentenza che rigetta l’appello è notificata al ricorrente. Se il fallimento è revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura. Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto non soggetto a reclamo.
Art. 19 Sentenza nel giudizio di opposizione e gravami.
Art. 19 Sospensione della liquidazione dell’attivo.
La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se questi non è opponente, e deve es-
Proposto l’appello, il collegio, su richiesta di parte, ovvero del curatore, può, quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, ovvero
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sere pubblicata, comunicata, affissa ed iscritta a norma dell’art. 17. La sentenza che rigetta l’opposizione è notificata all’opponente. In entrambi i casi il termine per appellare è di quindici giorni dalla notificazione della sentenza. Alla sentenza d’appello si applicano le disposizioni del primo e secondo comma.
temporaneamente, la liquidazione dell’attivo. Se è proposto ricorso per cassazione i provvedimenti di cui al primo comma o la loro revoca sono chiesti alla Corte di appello. L’istanza si propone con ricorso. Il presidente, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti dinanzi al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate alle altre parti ed al curatore.
Art. 20 Art. 20 Morte del fallito durante il giudizio di Morte del fallito durante il giudizio di opposizione. opposizione. Se il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio prosegue in confronto delle persone indicate nell’art. 12, osservate le disposizioni degli artt. 299 e seguenti del Codice di procedura civile.
Se il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio prosegue in confronto delle persone indicate nell’art. 12, osservate le disposizioni degli artt. 299 e seguenti del Codice di procedura civile.
Art. 21 Revoca della dichiarazione di fallimento.
Art. 21 Revoca della dichiarazione di fallimento.
Se la sentenza dichiarativa di fallimento è revocata restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi del fallimento. Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale con decreto non soggetto a
(abrogato)
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reclamo, su relazione del giudice delegato. (1) _____________________________ (1) C. cost. 6 marzo 1975, n. 46, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove nel caso di sent. di revoca della dichiarazione di fallimento, pone le spese della procedura e il compenso al curatore a carico di chi l’abbia subita senza che ne ricorressero i presupposti e senza che vi avesse dato causa col suo comportamento.
Art. 22 Art. 22 Gravami contro il provvedimento che Gravami contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento. respinge l’istanza di fallimento. Il tribunale, che respinge il ricorso per Il tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provve- la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato, comunicato a de con decreto motivato. cura del cancelliere alle parti. Contro il decreto il creditore istante Entro quindici giorni dalla comunicapuò, entro quindici giorni dalla comu- zione, il creditore ricorrente o il pubnicazione, proporre reclamo alla corte blico ministero richiedente possono d’appello, la quale provvede in camera proporre reclamo contro il decreto alla di consiglio, sentiti il creditore istante Corte d’appello che, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con e il debitore (1). Se la corte d’appello accoglie il ricor- decreto motivato. Il debitore non può so, rimette d’ufficio gli atti al tribunale chiedere in separato giudizio la conper la dichiarazione di fallimento (2). danna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al risarcimento _____________________________ del danno per responsabilità aggravata (1) C. cost. 20 luglio 1999, n. 328, ha dich. ai sensi dell’articolo 96 del codice di l’illeg. cost. del comma, ove non attribuisce procedura civile. al debitore, nei cui confronti sia stato proposto ricorso per la dichiarazione di fallimen- Il decreto della Corte di appello è comuto, la legittimazione a proporre reclamo alla nicato a cura del cancelliere alle parti corte d’appello avverso il decreto di rigetto del procedimento di cui all’articolo 15. di tale ricorso, in relazione al mancato accoglimento delle domande proposte dallo Se la Corte d’appello accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del stesso debitore. pubblico ministero richiedente, rimet512
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(2) C. cost. 28 maggio 1975, n. 127, ha dich. l’illeg. cost. del articolo, ove nega al fallito la legittimazione a proporre reclamo contro la pronuncia del tribunale che ha respinto l’istanza per la dichiarazione di fallimento di socio illimitatamente responsabile.
te d’ufficio gli atti al tribunale, per la dichiarazione di fallimento, salvo che, anche su segnalazione di parte, accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari. I termini di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della Corte d’appello.
CAPO SECONDO Degli organi preposti al fallimento
CAPO SECONDO Degli organi preposti al fallimento
SEZIONE PRIMA Del tribunale fallimentare
SEZIONE PRIMA Del tribunale fallimentare
Art. 23 Poteri del tribunale fallimentare.
Art. 23 Poteri del tribunale fallimentare.
Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dell’intera procedura fallimentare; provvede alla nomina ed alla revoca o sostituzione, per giustificati motivi, degli organi della procedura, quando non è prevista la competenza del giudice delegato; può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori; decide le controversie relative alla procedura stessa che non sono di competenza del giudice delegato, nonchè i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato. I provvedimenti del tribunale nelle I provvedimenti del tribunale nelle materie previste da questo articolo materie previste da questo articolo sono pronunciati con decreto non sog- sono pronunciate con decreto, salvo che non sia diversamente disposto. getto a gravame. Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dall’intera procedura fallimentare; provvede sulle controversie relative alla procedura stessa che non sono di competenza del giudice delegato; decide sui reclami contro i provvedimenti del giudice delegato (1). Il tribunale può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori, e surrogare un altro giudice al giudice delegato.
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_____________________________ (1) C. cost. 24 giugno 1986, n. 156, ha dich. l’illeg. cost. del comma, in relazione all’art. 188 dello stesso decreto, ove assoggettano al reclamo al tribunale nel termine di tre giorni decorrente dalla data del decreto del giudice delegato anziché dalla data di comunicazione dello stesso debitamente eseguita i decreti, adottati dal giudice delegato, di determinazione dei compensi ad incaricati per opera prestata nell’interesse della procedura di amministrazione controllata.
Art. 24 Competenza del tribunale fallimentare.
Art. 24 Competenza del tribunale fallimentare.
Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano qualunque ne sia il valore e anche se relative a rapporti di lavoro, eccettuate le azioni reali immobiliari, per le quali restano ferme le norme ordinarie di competenza.
Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore. Salvo che non sia diversamente previsto, alle controversie di cui al primo comma si applicano le norme previste dagli articoli da 737 a 742 del codice di procedura civile. Non si applica l’articolo 40, terzo comma, del codice di procedura civile.
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SEZIONE SECONDA Del giudice delegato
SEZIONE SECONDA Del giudice delegato
Art. 25 Poteri del giudice delegato.
Art. 25 Poteri del giudice delegato.
Il giudice delegato dirige le operazioni del fallimento, vigila l’opera del curatore, ed inoltre: 1) riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio; 2) emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio;
Il giudice delegato esercita funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura e: 1) riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio; 2) emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione; 3) convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura; 4) su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell’interesse del fallimento; 5) provvede, nel termine di quindici giorni, sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori; 6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L’autorizzazione deve es-
3) convoca il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e quando lo ritiene opportuno;
4) autorizza il curatore a nominare le persone la cui opera è richiesta nell’interesse del fallimento, salvo che la nomina sia a lui riservata per legge;
5) provvede nel più breve termine sui reclami proposti contro gli atti del curatore; 6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto; nomina gli avvocati ed
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i procuratori; autorizza il curatore a compiere gli atti di straordinaria amministrazione, salvo quanto disposto dall’articolo 35. L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati, e per i giudizi deve essere data per ogni grado di essi; 7) sorveglia l’opera prestata nell’interesse del fallimento da qualsiasi incaricato, revocandogli l’incarico se occorre, e ne liquida i compensi, sentito il curatore; 8) procede con la cooperazione del curatore all’esame preliminare dei crediti, dei diritti reali vantati dai terzi, e della relativa documentazione.
sere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito agli avvocati nominati dal medesimo curatore; 7) su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge;
Art. 26 Reclamo contro il decreto del giudice delegato.
Art. 26 Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale.
Contro i decreti del giudice delegato, salvo disposizione contraria, è ammesso reclamo al tribunale entro tre giorni dalla data del decreto, sia da parte del curatore, sia da parte del fallito, del comitato dei creditori e di chiunque vi abbia interesse (1). Il tribunale decide con decreto in camera di consiglio.
Salvo che non sia diversamente disposto, contro i decreti del giudice delegato e del tribunale, può essere proposto reclamo al tribunale o alla corte di appello, che provvedono in camera di consiglio. Il reclamo è proposto dal curatore, dal fallito, dal comitato dei creditori e da chiunque vi abbia interesse.
8) procede all’accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi, a norma del capo V. Il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia autorizzato, nè può far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti. I provvedimenti del giudice delegato I provvedimenti del giudice delegato sono dati con decreto. sono pronunciati con decreto motivato.
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Il ricorso non sospende l’esecuzione Il reclamo è proposto nel termine pedel decreto (2). rentorio di dieci giorni, decorrente dal_____________________________ la comunicazione o dalla notificazione (1) C. cost. 19 novembre 1985, n. 303, ha del provvedimento per il curatore, per dich. l’illeg. cost. del comma, ove fa decor- il fallito, per il comitato dei creditori e rere il termine di tre giorni per il reclamo al per chi ha chiesto o nei cui confronti è tribunale dalla data del decreto del giudice stato chiesto il provvedimento; per gli delegato anziché dalla data della comunica- altri interessati, il termine decorre dalzione dello stesso ritualmente eseguita. l’esecuzione delle formalità pubblici(2) C. cost. 23 marzo 1981, n. 42, ha dich. tarie disposte dal giudice delegato. La l’illeg. cost. del articolo, in relazione all’art. 23, ove assoggetta al reclamo al tribunale, comunicazione integrale del provvedisciplinato nel modo ivi previsto, i provve- dimento fatta dal curatore mediante dimenti decisori emessi dal giudice delega- lettera raccomandata con avviso di rito in materia di piani di riparto dell’attivo. cevimento, telefax o posta elettronica C. cost. 19 novembre 1985, n. 303, ha dich. con garanzia dell’avvenuta ricezione l’illeg. cost. del articolo, in riferimento agli in base al testo unico delle disposizioartt. 23, primo comma, e 25, n. 7, ultima proposizione, ove assoggetta a reclamo al ni legislative e regolamentari in matetribunale il decreto con il quale il giudice ria di documentazione amministrativa, delegato liquida il compenso a qualsiasi in- di cui al decreto del Presidente della caricato per l’opera prestata nell’interesse Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, del fallimento. C. cost. 24 marzo 1986, n. equivale a notificazione. 55, ha dich. l’illeg. cost. del articolo, ove si assoggettano al reclamo al tribunale, nel ter- Indipendentemente dalla previsione mine di tre giorni decorrenti dalla data del di cui al terzo comma, il reclamo non decreto del giudice delegato anziché dalla può proporsi decorsi novanta giordata della comunicazione dello stesso debi- ni dal deposito del provvedimento in tamente eseguita, i provvedimenti del giudi- cancelleria. ce delegato all’amministrazione controllata con contenuto decisorio su diritti soggettivi. Il reclamo non sospende l’esecuzione C. cost. 24 giugno 1986, n. 156, ha dich. del provvedimento. l’illeg. cost. del articolo, in relazione all’art. Il reclamo si propone con ricorso che 188 dello stesso decreto, ove assoggetta al deve contenere l’indicazione del trireclamo al tribunale nel termine di tre giorni decorrente dalla data del decreto del giudice bunale o della corte di appello compedelegato anziché dalla data di comunica- tente, del giudice delegato e della prozione dello stesso debitamente eseguita i cedura fallimentare; le generalità del decreti, adottati dal giudice delegato, di de- ricorrente e l’elezione del domicilio in terminazione dei compensi ad incaricati per un comune sito nel circondano del triopera prestata nell’interesse della procedura bunale competente; la determinazione di amministrazione controllata. dell’oggetto della domanda; l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa il reclamo e le relative 517
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NUOVO TESTO conclusioni; l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti. Il presidente del collegio nomina il giudice relatore e fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti in camera di consiglio, assegnando al reclamante un termine per la notifica al curatore ed ai controinteressati del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza. Tra la notifica e l’udienza devono intercorrere non meno di dieci giorni liberi e non più di venti; il resistente, almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata, deposita memoria difensiva contenente l’indicazione dei documenti prodotti. Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi gli interessati che intendono intervenire nel giudizio. Nel corso dell’udienza il collegio, sentiti il reclamante, il curatore e gli eventuali controinteressati, assume, anche d’ufficio, le informazioni ritenute necessarie, eventualmente delegando uno dei suoi componenti. Entro trenta giorni dall’udienza di convocazione delle parti, il collegio provvede con decreto motivato con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato.
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SEZIONE TERZA Del curatore
SEZIONE TERZA Del curatore
Art. 27 Ruolo degli amministratori giudiziari.
Art. 27 Nomina del curatore.
[Presso ogni tribunale è istituito il ruo- Il curatore è nominato con la sentenza lo degli amministratori giudiziari, fra di fallimento, o in caso di sostituzione i quali è scelto il curatore di fallimen- o di revoca, con decreto del tribunale. to. Il tribunale tuttavia, per motivi da enunciarsi nella sentenza dichiarativa di fallimento, può scegliere il curatore nel ruolo degli amministratori di un altro tribunale del distretto della Corte di appello. In casi eccezionali, il tribunale, per motivi da enunciarsi nella sentenza dichiarativa di fallimento, può scegliere il curatore fra persone idonee anche non iscritte nel ruolo degli amministratori giudiziari. Le norme relative alla formazione del ruolo e alla nomina e disciplina degli amministratori giudiziari saranno emanate con decreto reale]. _____________________________ Articolo implicitamente abrogato a seguito dell’entrata in vigore del d.lg. 23 agosto 1946, n. 153, di soppressione del ruolo degli amministratori giudiziari.
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Art. 28 Requisiti per la nomina a curatore.
Art. 28 Requisiti per la nomina a curatore.
Non può essere nominato curatore e, se nominato, decade dal suo ufficio, l’interdetto, l’inabilitato, chi sia stato dichiarato fallito o chi sia stato condannato ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici.
Possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore: a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti; b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura; c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purchè non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento. Nel provvedimento di nomina, il tribunale indica le specifiche caratteristiche e attitudini del curatore. Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonchè chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento.
Non possono inoltre essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha prestato comunque la sua attività professionale a favore del fallito o in qualsiasi modo si è ingerito nell’impresa del medesimo durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.
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Art. 29 Accettazione del curatore.
Art. 29 Accettazione del curatore.
Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina, comunicare al giudice delegato la propria accettazione. Se il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di consiglio, provvede d’urgenza alla nomina di altro curatore.
Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina, far pervenire al giudice delegato la propria accettazione. Se il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di consiglio, provvede d’urgenza alla nomina di altro curatore.
Art. 30 Qualità di pubblico ufficiale.
Art. 30 Qualità di pubblico ufficiale.
Il curatore, per quanto attiene all’eser- Il curatore, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, è pubblico cizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale. ufficiale. Art. 31 Poteri del curatore.
Art. 31 Gestione della procedura.
Il curatore ha l’amministrazione del Il curatore ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la dire- patrimonio fallimentare e compie tutzione del giudice delegato. te le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite. Egli non può stare in giudizio senza Egli non può stare in giudizio senza l’autorizzazione scritta dal giudice de- l’autorizzazione del giudice delegato, legato, salvo in materia di contestazio- salvo che in materia di contestazioni e ni e di tardive denunzie di crediti e di di tardive dichiarazioni di crediti e di diritti reali mobiliari. diritti di terzi sui beni acquisiti al falIl curatore non può assumere la ve- limento, e salvo che nei procedimenti ste di avvocato o di procuratore nei promossi per impugnare atti del giugiudizi che riguardano il fallimento. dice delegato o del tribunale e in ogni 521
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NUOVO TESTO altro caso in cui non occorra ministero di difensore. Il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento.
Art. 32 Intrasmissibilità delle attribuzioni del curatore.
Art. 32 Esercizio delle attribuzioni del curatore.
Il curatore esercita personalmente le attribuzioni del proprio ufficio e non può delegarle ad altri, tranne che per singole operazioni e previa autorizzazione del giudice delegato.
Il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio e può delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del giudice delegato. L’onere per il compenso del delegato, liquidato dal giudice, è detratto dal compenso del curatore. Il curatore può essere autorizzato dal comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la sua responsabilità. Del compenso riconosciuto a tali soggetti si tiene conto ai fini della liquidazione del compenso finale del curatore.
Può essere autorizzato da questo, previo parere del comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso lo stesso fallito, sotto la propria responsabilità.
Art. 33 Relazione al giudice.
Art. 33 Relazione al giudice.
Il curatore, entro un mese dalla dichiarazione di fallimento, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell’esercizio dell’impresa, sul tenore della vita privata di lui e della famiglia, sulla responsabilità
Il curatore, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell’esercizio dell’impresa, sulla responsabilità del fallito o di altri e su quanto può
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del fallito o di altri e su quanto può interessare anche ai fini dell’istruttoria penale. Il curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito già impugnati dai creditori, nonché quelli che egli intende impugnare. Il giudice delegato può chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima del termine suddetto. Se si tratta di società, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccolte intorno alla responsabilità degli amministratori, dei sindaci, dei soci e, eventualmente, di estranei alla società.
interessare anche ai fini dell’istruttoria penale.
Nei primi cinque giorni di ogni mese il curatore deve presentare al giudice delegato una esposizione sommaria della sua amministrazione ed esibire, se richiesto, i documenti.
Il curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito già impugnati dai creditori, nonchè quelli che egli intende impugnare. Il giudice delegato può chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima del termine suddetto. Se si tratta di società, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccolte sulla responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo, dei soci e, eventualmente, di estranei alla società. Il giudice delegato ordina il deposito della relazione in cancelleria, disponendo la segretazione delle parti relative alla responsabilità penale del fallito e di terzi ed alle azioni che il curatore intende proporre qualora possano comportare l’adozione di provvedimenti cautelari, nonchè alle circostanze estranee agli interessi della procedura e che investano la sfera personale del fallito. Copia della relazione, nel suo testo integrale, è trasmessa al pubblico ministero. Il curatore, ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui al primo comma, redige altresì un rapporto riepilogativo delle attività svolte, con indicazione di tutte le informazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnato dal conto della sua gestione. Copia del rapporto è trasmessa al comitato dei creditori, unitamente agli estratti conto
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NUOVO TESTO dei depositi postali o bancari relativi al periodo. Il comitato dei creditori o ciascuno dei suoi componenti possono formulare osservazioni scritte. Altra copia del rapporto è trasmessa, assieme alle eventuali osservazioni, per via telematica all’ufficio del registro delle imprese, nei quindici giorni successivi alla scadenza del termine per il deposito delle osservazioni nella cancelleria del tribunale.
Art. 34 Deposito delle somme riscosse.
Art. 34 Deposito delle somme riscosse.
Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore, dedotto quanto il giudice delegato con decreto dichiara necessario per le spese di giustizia e di amministrazione, devono essere depositate entro cinque giorni presso l’ufficio postale o presso un istituto di credito indicato dal giudice, con le modalità da lui stabilite. Il deposito deve essere intestato all’ufficio fallimentare e non può essere ritirato che in base a mandato di pagamento del giudice delegato. In caso di mancata esecuzione del deposito nel termine prescritto, il tribunale dispone la revoca del curatore.
Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore sono depositate entro il termine massimo di dieci giorni dalla corresponsione sul conto corrente intestato alla procedura fallimentare aperto presso un ufficio postale o presso una banca scelti dal curatore.
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La mancata costituzione del deposito nel termine prescritto è valutata dal tribunale ai fini della revoca del curatore. Se è prevedibile che le somme disponibili non possano essere immediatamente destinate ai creditori, su richiesta del curatore e previa approvazione del comitato dei creditori, il giudice delegato può ordinare che le disponi-
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NUOVO TESTO bilità liquide siano impiegate nell’acquisto di titoli emessi dallo Stato. Il prelievo delle somme è eseguito su copia conforme del mandato di pagamento del giudice delegato.
Art. 35 Integrazione dei poteri del curatore.
Art. 35 Integrazione dei poteri del curatore.
Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, può autorizzare con decreto motivato il curatore a consentire riduzioni di crediti, a fare transazioni, compromessi, rinunzie alle liti, ricognizioni di diritti di terzi, a cancellare ipoteche, a restituire pegni, a svincolare cauzioni e ad accettare eredità e donazioni.
Le riduzioni di crediti, le transazioni, i compromessi, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l’accettazione di eredità e donazioni e gli atti di straordinaria amministrazione sono effettuate dal curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori. Se gli atti suddetti sono di valore superiore a cinquantamila euro e in ogni caso per le transazioni, il curatore ne informa previamente il giudice delegato, salvo che gli stessi siano già stati approvati dal medesimo ai sensi dell’articolo 104-ter. Il limite di cui al secondo comma può essere adeguato con decreto del Ministro della giustizia.
Se gli atti suddetti sono di valore indeterminato o superiore a lire duecentomila, l’autorizzazione deve essere data, su proposta del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, dal tribunale con decreto motivato non soggetto a gravame. In quanto possibile, deve essere sentito anche il fallito.
Art. 36 Reclamo contro gli atti del curatore.
Art. 36 Reclamo contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori.
Contro gli atti d’amministrazione del Contro gli atti di amministrazione del curatore il fallito e ogni altro inte- curatore, contro le autorizzazioni o i
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ressato possono reclamare al giudice dinieghi del comitato dei creditori e delegato, che decide con decreto mo- i relativi comportamenti omissivi, il tivato. fallito e ogni altro interessato possono proporre reclamo al giudice delegato per violazione di legge, entro otto giorni dalla conoscenza dell’atto o, in caso di omissione, dalla scadenza del termine indicato nella diffida a provvedere. Il giudice delegato, sentite le parti, decide con decreto motivato, omessa ogni formalità non indispensabile al contraddittorio. Contro il decreto del giudice delegato Contro il decreto del giudice delegato è ammesso ricorso al tribunale entro è ammesso ricorso al tribunale entro tre giorni dalla data del decreto mede- otto giorni dalla data della comunicasimo. Il tribunale decide con decreto zione del decreto medesimo. Il tribumotivato, sentito il curatore e il recla- nale decide entro trenta giorni, sentito il curatore e il reclamante, omessa mante. ogni formalità non essenziale al contraddittorio, con decreto motivato non soggetto a gravame. Se è accolto il reclamo concernente un comportamento omissivo del curatore, questi è tenuto a dare esecuzione al provvedimento della autorità giudiziaria. Se è accolto il reclamo concernente un comportamento omissivo del comitato dei creditori, il giudice delegato provvede in sostituzione di quest’ultimo con l’accoglimento del reclamo. Art. 36-bis Termini processuali. Tutti i termini processuali previsti negli articoli 26 e 36 non sono soggetti alla sospensione feriale. 526
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Art. 37 Revoca del curatore.
Art. 37 Revoca del curatore.
Il tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d’ufficio, revocare il curatore. Il tribunale provvede con decreto, sentiti il curatore ed il pubblico ministero.
Il tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d’ufficio, revocare il curatore. Il tribunale provvede con decreto motivato, sentiti il curatore e il comitato dei creditori. Contro il decreto di revoca o di rigetto dell’istanza di revoca, è ammesso reclamo alla corte di appello ai sensi dell’articolo 26; il reclamo non sospende l’efficacia del decreto. Art. 37-bis Sostituzione del curatore e dei componenti del comitato dei creditori. In sede di adunanza per l’esame dello stato passivo, i creditori presenti, personalmente o per delega, che rappresentano la maggioranza dei crediti allo stato ammessi, possono effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 40, nonchè chiedere la sostituzione del curatore indicando al tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Il tribunale provvede alla nomina dei soggetti designati dai creditori salvo che non siano rispettati i criteri di cui agli articoli 28 e 40. Dal computo dei crediti, su istanza di uno o più creditori, sono esclusi quelli 527
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NUOVO TESTO che si trovino in conflitto di interessi. Nella stessa adunanza, i creditori che rappresentano la maggioranza di quelli allo stato ammessi, indipendentemente dall’entità dei crediti vantati, possono stabilire che ai componenti del comitato dei creditori sia attribuito, oltre al rimborso delle spese di cui all’articolo 41, un compenso per la loro attività, in misura non superiore al dieci per cento di quello liquidato al curatore.
Art. 38 Responsabilità del curatore.
Art. 38 Responsabilità del curatore.
Il curatore deve adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio. Egli deve tenere un registro, preventivamente vidimato senza spese dal giudice delegato, e annotarvi giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione.
Il curatore adempie ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. Egli deve tenere un registro preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori, e annotarvi giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione.
Durante il fallimento l’azione di responsabilità contro il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato. Il curatore che cessa dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve rendere il conto della gestione a norma dell’art. 116.
Durante il fallimento l’azione di responsabilità contro il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato. Il curatore che cessa dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve rendere il conto della gestione a norma dell’art. 116.
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Art. 39 Compenso del curatore.
Art. 39 Compenso del curatore.
Il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se il fallimento si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato, secondo le norme stabilite con decreto del Ministro per la grazia e giustizia. La liquidazione del compenso è fatta dopo l’approvazione del rendiconto e, se del caso, dopo l’esecuzione del concordato. È in facoltà del tribunale di accordare al curatore acconti sul compenso per giustificati motivi.
Il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se il fallimento si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato, secondo le norme stabilite con decreto del Ministro della giustizia. La liquidazione del compenso è fatta dopo l’approvazione del rendiconto e, se del caso, dopo l’esecuzione del concordato. È in facoltà del tribunale di accordare al curatore acconti sul compenso per giustificati motivi. Se nell’incarico si sono succeduti più curatori, il compenso è stabilito secondo criteri di proporzionalità ed è liquidato, in ogni caso, al termine della procedura, salvi eventuali acconti. Nessun compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, può essere preteso dal curatore, nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono nulli, ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò che è stato pagato, indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale.
Nessun compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, può essere preteso dal curatore, nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono nulli, ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò che è stato pagato, indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale, se vi è luogo.
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SEZIONE QUARTA Del comitato dei creditori
SEZIONE QUARTA Del comitato dei creditori
Art. 40 Nomina del comitato.
Art. 40 Nomina del comitato.
Il comitato dei creditori deve essere costituito entro dieci giorni dal decreto previsto dall’articolo 97; può essere costituito in via provvisoria anche prima di detto termine, se il giudice lo ritiene opportuno. Il comitato è nominato con provvedimento del giudice delegato ed è composto di tre o cinque membri scelti fra i creditori, fra i quali lo stesso giudice nomina il presidente del comitato.
Il comitato dei creditori è nominato dal giudice delegato entro trenta giorni dalla sentenza di fallimento sulla base delle risultanze documentali, sentiti il curatore e i creditori che, con la domanda di ammissione al passivo o precedentemente, hanno dato la disponibilità ad assumere l’incarico ovvero hanno segnalato altri nominativi aventi i requisiti previsti. Salvo quanto previsto dall’articolo 37-bis, la composizione del comitato può essere modificata dal giudice delegato in relazione alle variazioni dello stato passivo o per altro giustificato motivo. Il comitato è composto di tre o cinque membri scelti tra i creditori, in modo da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità dei crediti ed avuto riguardo alla possibilità di soddisfacimento dei crediti stessi.
Il comitato, entro dieci giorni dalla nomina, provvede, su convocazione del curatore, a nominare a maggioranza il proprio presidente. Il giudice delegato può sostituire i La sostituzione dei membri del comimembri del comitato. tato avviene secondo le modalità stabilite nel secondo comma. Il componente del comitato che si trova in conflitto di interessi si astiene 530
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NUOVO TESTO dalla votazione. Ciascun componente del comitato dei creditori può delegare in tutto o in parte l’espletamento delle proprie funzioni ad uno dei soggetti aventi i requisiti indicati nell’articolo 28, previa comunicazione al giudice delegato.
Art. 41 Funzioni del comitato.
Art. 41 Funzioni del comitato.
Il comitato può essere richiesto del suo parere, oltre che nei casi previsti dalla legge, quando il tribunale o il giudice delegato lo ritiene opportuno.
Il comitato dei creditori vigila sull’operato del curatore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta del tribunale o del giudice delegato, succintamente motivando le proprie deliberazioni. Il presidente convoca il comitato per le deliberazioni di competenza o quando sia richiesto da un terzo dei suoi componenti. Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza dei votanti, nel termine massimo di quindici giorni successivi a quello in cui la richiesta è pervenuta al presidente. Il voto può essere espresso in riunioni collegiali ovvero per mezzo telefax o con altro mezzo elettronico o telematico, purchè sia possibile conservare la prova della manifestazione di voto.
Il presidente convoca il comitato ogni qualvolta ne sia richiesto il parere o quando lo crede opportuno. Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza di voti dei suoi membri.
In caso di inerzia, di impossibilità di funzionamento del comitato o di urgenza, provvede il giudice delegato. Il comitato ed ogni componente pos531
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Il comitato ed ogni membro possono sempre ispezionare le scritture contabili e i documenti del fallimento, ed hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito. I membri del comitato hanno diritto solo al rimborso delle spese.
NUOVO TESTO sono ispezionare in qualunque tempo le scritture contabili e i documenti della procedura ed hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito. I componenti del comitato hanno diritto al rimborso delle spese, oltre all’eventuale compenso riconosciuto ai sensi e nelle forme di cui all’articolo 37-bis, quarto comma. Ai componenti del comitato dei creditori si applica, in quanto compatibile, l’articolo 2407 del codice civile. L’azione di responsabilità può essere proposta anche durante lo svolgimento della procedura.
CAPO III DEGLI EFFETTI DEL FALLIMENTO
CAPO III DEGLI EFFETTI DEL FALLIMENTO
SEZIONE PRIMA Degli effetti del fallimento per il fallito
SEZIONE PRIMA Degli effetti del fallimento per il fallito
Art. 42 Beni del fallito.
Art. 42 Beni del fallito.
La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento. Sono compresi nel fallimento anche i
La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento. Sono compresi nel fallimento anche i
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beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi.
beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi. Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può rinunciare ad acquisire i beni che pervengono al fallito durante la procedura fallimentare qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi.
Art. 43 Rapporti processuali.
Art. 43 Rapporti processuali.
Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore. Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico o se l’intervento è previsto dalla legge.
Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore. Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico o se l’intervento è previsto dalla legge. L’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo.
Art. 44 Atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento.
Art. 44 Atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento.
Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori. Sono egualmente inefficaci i paga-
Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori. Sono egualmente inefficaci i paga533
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menti ricevuti dal fallito dopo la sen- menti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento. tenza dichiarativa di fallimento. Fermo quanto previsto dall’articolo 42, secondo comma, sono acquisite al fallimento tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui al primo e secondo comma. Art. 45 Formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento.
Art. 45 Formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento.
Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori.
Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori.
Art. 46 Beni non compresi nel fallimento.
Art. 46 Beni non compresi nel fallimento.
Non sono compresi nel fallimento: 1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale; 2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia; 3) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli ed i redditi dei beni costituiti in patrimonio familiare, salvo quanto è disposto dagli artt. 170 e 326 del codice civile; 4) i frutti dei beni costituiti in dote e i
Non sono compresi nel fallimento: 1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale; 2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia; 3) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto è disposto dall’articolo 170 del codice civile; 4) soppresso
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE crediti dotati, salvo quanto è disposto dall’art. 188 del codice civile; 5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge. I limiti previsti nel n. 2 di questo articolo sono fissati con decreto del giudice delegato.
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5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge. I limiti previsti nel primo comma, n. 2), sono fissati con decreto motivato del giudice delegato che deve tener conto della condizione personale del fallito e di quella della sua famiglia.
Art. 47 Alimenti al fallito e alla famiglia.
Art. 47 Alimenti al fallito e alla famiglia.
Se al fallito vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, se è stato nominato, può concedergli un sussidio a titolo di alimenti per lui e per la famiglia. La casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività.
Se al fallito vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, può concedergli un sussidio a titolo di alimenti per lui e per la famiglia. La casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività.
Art. 48 Corrispondenza diretta al fallito.
Art. 48 Corrispondenza diretta al fallito.
La corrispondenza diretta al fallito deve essere consegnata al curatore, il quale ha diritto di trattenere quella riguardante interessi patrimoniali. Il fallito ha diritto di prendere visione della corrispondenza. Il curatore deve conservare il segreto sul contenuto di questa estraneo agli interessi patrimoniali.
L’imprenditore del quale sia stato dichiarato il fallimento, nonchè gli amministratori o i liquidatori di società o enti soggetti alla procedura di fallimento sono tenuti a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento. 535
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Art. 49 Obbligo di residenza del fallito.
Art. 49 Obblighi del fallito.
Il fallito non può allontanarsi dalla sua residenza senza permesso del giudice delegato, e deve presentarsi personalmente a questo, al curatore o al comitato dei creditori ogni qualvolta è chiamato, salvo che, per legittimo impedimento, il giudice lo autorizzi a comparire per mezzo di mandatario. Il giudice può far accompagnare il fallito dalla forza pubblica, se questi non ottempera all’ordine di presentarsi.
L’imprenditore del quale sia stato dichiarato il fallimento, nonchè gli amministratori o i liquidatori di società o enti soggetti alla procedura di fallimento sono tenuti a comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio. Se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione della procedura, i soggetti di cui al primo comma devono presentarsi personalmente al giudice delegato, al curatore o al comitato dei creditori. In caso di legittimo impedimento o di altro giustificato motivo, il giudice può autorizzare l’imprenditore o il legale rappresentante della società o enti soggetti alla procedura di fallimento a comparire per mezzo di mandatario.
Art. 50 Pubblico registro dei falliti.
Art. 50 Pubblico registro dei falliti.
Nella cancelleria di ciascun tribunale è tenuto un pubblico registro nel quale sono iscritti i nomi di coloro che sono dichiarati falliti dallo stesso tribunale, nonché di quelli dichiarati altrove, se il luogo di nascita del fallito si trova sotto la giurisdizione del tribunale. Le iscrizioni dei nomi dei falliti sono cancellate dal registro in seguito a sentenza del tribunale. Finché l’iscrizione non è cancellata, il
(abrogato)
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fallito è soggetto alle incapacità stabilite dalla legge. Le norme per la tenuta del registro saranno emanate con decreto del Ministro per la grazia e giustizia. Fino all’istituzione del registro dei falliti le iscrizioni previste dal presente articolo sono eseguite nell’albo dei falliti attualmente esistente.
SEZIONE SECONDA Degli effetti del fallimento per i creditori
SEZIONE SECONDA Degli effetti del fallimento per i creditori
Art. 51 Art. 51 Divieto di azioni esecutive individua- Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali. li. Salvo diversa disposizione della legge dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
Art. 52 Concorso dei creditori.
Art. 52 Concorso dei creditori.
Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V,
Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1),
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salvo diverse disposizioni della legge. nonchè ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge. Art. 53 Creditori muniti di pegno o privilegio su mobili.
Art. 53 Creditori muniti di pegno o privilegio su mobili.
I crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio a norma degli articoli 2756 e 2761 del codice civile possono essere realizzati anche durante il fallimento, dopo che sono stati ammessi al passivo con prelazione.
I crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio a norma degli articoli 2756 e 2761 del codice civile possono essere realizzati anche durante il fallimento, dopo che sono stati ammessi al passivo con prelazione.
Per essere autorizzato alla vendita il creditore fa istanza al giudice delegato, il quale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce con decreto il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all’incanto, e determinando le modalità relative. Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, può anche autorizzare il curatore a riprendere le cose sottoposte a pegno o a privilegio, pagando il creditore, o ad eseguire la vendita nei modi stabiliti dal comma precedente.
Per essere autorizzato alla vendita il creditore fa istanza al giudice delegato, il quale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce con decreto il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all’incanto, e determinando le modalità relative. Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, può anche autorizzare il curatore a riprendere le cose sottoposte a pegno o a privilegio, pagando il creditore, o ad eseguire la vendita nei modi stabiliti dal comma precedente.
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Art. 54 Art. 54 Diritto dei creditori privilegiati nella Diritto dei creditori privilegiati nella ripartizione dell’attivo. ripartizione dell’attivo. I creditori garantiti da ipoteca, pegno o privilegio fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati per il capitale, gli interessi e le spese; se non sono soddisfatti integralmente, concorrono, per quanto è ancora loro dovuto, con i creditori chirografari nelle ripartizioni del resto dell’attivo. Essi hanno diritto di concorrere anche nelle ripartizioni che si eseguono prima della distribuzione del prezzo dei beni vincolati a loro garanzia. In tal caso, se ottengono un’utile collocazione definitiva su questo prezzo per la totalità del loro credito, computati in primo luogo gli interessi, l’importo ricevuto nelle ripartizioni anteriori viene detratto dalla somma loro assegnata per essere attribuito ai creditori chirografari. Se la collocazione utile ha luogo per una parte del credito garantito, per il capitale non soddisfatto essi hanno diritto di trattenere solo la percentuale definitiva assegnata ai creditori chirografari. L’estensione del diritto di prelazione agli interessi è regolata dagli artt. 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento all’atto di pignoramento (1). _____________________________
I creditori garantiti da ipoteca, pegno o privilegio fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati per il capitale, gli interessi e le spese; se non sono soddisfatti integralmente, concorrono, per quanto è ancora loro dovuto, con i creditori chirografari nelle ripartizioni del resto dell’attivo. Essi hanno diritto di concorrere anche nelle ripartizioni che si eseguono prima della distribuzione del prezzo dei beni vincolati a loro garanzia. In tal caso, se ottengono un’utile collocazione definitiva su questo prezzo per la totalità del loro credito, computati in primo luogo gli interessi, l’importo ricevuto nelle ripartizioni anteriori viene detratto dalla somma loro assegnata per essere attribuito ai creditori chirografari. Se la collocazione utile ha luogo per una parte del credito garantito, per il capitale non soddisfatto essi hanno diritto di trattenere solo la percentuale definitiva assegnata ai creditori chirografari. L’estensione del diritto di prelazione agli interessi è regolata dagli articoli 2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento all’atto di pignoramento. Per i crediti assistiti da privilegio generale, (1) C. cost. 19 dicembre 1986, n. 300, ha il decorso degli interessi cessa alla data 539
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dich. l’illeg. cost. del comma, ove non del deposito del progetto di riparto nel estende il privilegio agli interessi dovuti sui quale il credito è soddisfatto anche se crediti privilegiati di lavoro nella procedu- parzialmente. ra di concordato preventivo del datore di lavoro. C. cost. 20 aprile 1989, n. 204, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove estende la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati da lavoro nella procedura di fallimento del datore di lavoro. C. cost. 18 luglio 1989, n. 408, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove, nelle procedure di fallimento del debitore e di concordato preventivo, non estende la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati delle società o enti cooperativi di produzione e di lavoro, di cui all’art. 275-bis, n. 5, c.c., che rispondono ai requisiti prescritti dalla legislazione in tema di cooperazione. C. cost. 22 dicembre 1989, n. 567, ha dich. l’illeg. cost. del comma, in relazione all’art. 1 d.l. n. 26 del 1979, ove non estende la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati da lavoro nella procedura di amministrazione straordinaria. C. cost. 28 maggio 2001, n. 162, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove non richiama, ai fini dell’estensione del diritto di prelazione agli interessi, l’art. 2749 del codice civile.
Art. 55 Effetti del fallimento sui debiti pecuniari.
Art. 55 Effetti del fallimento sui debiti pecuniari.
La dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fino alla chiusura del fallimento, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto è disposto dal terzo comma dell’articolo precedente (1). I debiti pecuniari del fallito si conside-
La dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fino alla chiusura del fallimento, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto è disposto dal terzo comma dell’articolo precedente. I debiti pecuniari del fallito si conside-
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rano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento. I crediti condizionali partecipano al concorso a norma degli artt. 95 e 113. Sono compresi tra i crediti condizionali quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale. _____________________________
rano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento. I crediti condizionali partecipano al concorso a norma degli articoli 96, 113 e 113-bis. Sono compresi tra i crediti condizionali quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale.
(1) C. cost. 19 dicembre 1986, n. 300, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove non estende il privilegio agli interessi dovuti sui crediti privilegiati di lavoro nella procedura di concordato preventivo del datore di lavoro. C. cost. 20 aprile 1989, n. 204, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove estende la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati da lavoro nella procedura di fallimento del datore di lavoro. C. cost. 18 luglio 1989, n. 408, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove, nelle procedure di fallimento del debitore e di concordato preventivo, non estende la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati delle società o enti cooperativi di produzione e di lavoro, di cui all’art. 275-bis, n. 5, c.c., che rispondono ai requisiti prescritti dalla legislazione in tema di cooperazione. C. cost. 22 dicembre 1989, n. 567, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove non estende la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati da lavoro nella procedura di amministrazione straordinaria.
Art. 56 Art. 56 Compensazione in sede di fallimento. Compensazione in sede di fallimento. I creditori hanno diritto di compensare I creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, an- che essi vantano verso lo stesso, an541
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corché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento. Per i crediti non scaduti la compensazione tuttavia non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra i vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore.
corché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento. Per i crediti non scaduti la compensazione tuttavia non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra i vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore.
Art. 57 Crediti infruttiferi.
Art. 57 Crediti infruttiferi.
I crediti infruttiferi non ancora scaduti alla data della dichiarazione di fallimento sono ammessi al passivo per l’intiera somma. Tuttavia ad ogni singola ripartizione saranno detratti gli interessi composti, in ragione del cinque per cento all’anno, per il tempo che resta a decorrere dalla data del mandato di pagamento sino al giorno della scadenza del credito.
I crediti infruttiferi non ancora scaduti alla data della dichiarazione di fallimento sono ammessi al passivo per l’intiera somma. Tuttavia ad ogni singola ripartizione saranno detratti gli interessi composti, in ragione del cinque per cento all’anno, per il tempo che resta a decorrere dalla data del mandato di pagamento sino al giorno della scadenza del credito.
Art. 58 Obbligazioni.
Art. 58 Obbligazioni e titoli di debito.
Le obbligazioni emesse dalle società per azioni si valutano al prezzo nominale detratti i rimborsi. Quelle rimborsabili per estrazione a sorte, con somma superiore al prezzo nominale, sono valutate nell’importo equivalente al capitale che si ottiene riducendo al valore attuale, sulla base dell’interesse composto del cinque per cento, l’ammontare complessivo delle obbligazioni non ancora sorteggiate. Il valore di ciascuna obbligazione è dato
I crediti derivanti da obbligazioni e da altri titoli di debito sono ammessi al passivo per il loro valore nominale detratti i rimborsi già effettuati; se è previsto un premio da estrarre a sorte, il suo valore attualizzato viene distribuito tra tutti i titoli che hanno diritto al sorteggio.
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dal quoziente che si ottiene dividendo questo capitale per il numero delle obbligazioni non estinte. Non si può in alcun caso attribuire alle obbligazioni un valore inferiore al prezzo nominale, detratto ciò che è stato pagato a titolo di rimborso di capitale. Art. 59 Crediti non pecuniari.
Art. 59 Crediti non pecuniari.
I crediti non scaduti, aventi per oggetto una prestazione in danaro determinata con riferimento ad altri valori o aventi per oggetto una prestazione diversa dal danaro, concorrono secondo il loro valore alla data della dichiarazione di fallimento (1). _____________________________
I crediti non scaduti, aventi per oggetto una prestazione in danaro determinata con riferimento ad altri valori o aventi per oggetto una prestazione diversa dal danaro, concorrono secondo il loro valore alla data della dichiarazione di fallimento.
(1) C. cost. 19 dicembre 1986, n. 300, ha dich. l’illeg. del combinato disposto dal articolo richiamato dall’art. 169 del decreto, ove esclude le rivendicazioni dei crediti di lavoro per il periodo successivo alla domanda di concordato preventivo. C. cost. 20 aprile 1989, n. 204, ha dich. l’illeg. cost. del articolo, anche in relazione all’art. 429, terzo comma, c.p.c., ove non prevede la rivalutazione dei crediti da lavoro con riguardo al periodo successivo all’apertura del fallimento fino al momento in cui lo stato passivo diviene definitivo. C. cost. 22 dicembre 1989, n. 567, ha dich. l’illeg. cost. del articolo, in relazione all’art. 1 d.l. n. 26 del 1979, ove non prevede la rivalutazione dei crediti di lavoro con riguardo al periodo successivo al decreto ministeriale con cui si dispone la procedura di amministrazione straordinaria fino al momento in cui la verifica del passivo diviene definitiva.
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Art. 60 Rendita perpetua e rendita vitalizia.
Art. 60 Rendita perpetua e rendita vitalizia.
Se nel passivo del fallimento sono compresi crediti per rendita perpetua, questa è riscattata a norma dell’art. 1866 del codice civile. Il creditore di una rendita vitalizia è ammesso al passivo per una somma equivalente al valore capitate della rendita stessa al momento della dichiarazione di fallimento.
Se nel passivo del fallimento sono compresi crediti per rendita perpetua, questa è riscattata a norma dell’art. 1866 del codice civile. Il creditore di una rendita vitalizia è ammesso al passivo per una somma equivalente al valore capitate della rendita stessa al momento della dichiarazione di fallimento.
Art. 61 Creditore di più coobbligati solidali.
Art. 61 Creditore di più coobbligati solidali.
Il creditore di più coobbligati in solido concorre nel fallimento di quelli tra essi che sono falliti, per l’intero credito in capitale e accessori, sino al totale pagamento. Il regresso tra i coobbligati falliti può essere esercitato solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l’intero credito.
Il creditore di più coobbligati in solido concorre nel fallimento di quelli tra essi che sono falliti, per l’intero credito in capitale e accessori, sino al totale pagamento. Il regresso tra i coobbligati falliti può essere esercitato solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l’intero credito.
Art. 62 Creditore di più coobbligati solidali parzialmente soddisfatto.
Art. 62 Creditore di più coobbligati solidali parzialmente soddisfatto.
Il creditore che, prima della dichiarazione di fallimento, ha ricevuto da un coobbligato in solido col fallito o da un fideiussore una parte del proprio credito, ha diritto di concorrere nel fallimento per la parte non riscossa.
Il creditore che, prima della dichiarazione di fallimento, ha ricevuto da un coobbligato in solido col fallito o da un fideiussore una parte del proprio credito, ha diritto di concorrere nel fallimento per la parte non riscossa.
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Il coobbligato che ha diritto di regresso verso il fallito ha diritto di concorrere nel fallimento di questo per la somma pagata. Tuttavia il creditore ha diritto di farsi assegnare la quota di riparto spettante al coobbligato fino a concorrenza di quanto ancora dovutogli. Resta impregiudicato il diritto verso il coobbligato se il creditore rimane parzialmente insoddisfatto.
Il coobbligato che ha diritto di regresso verso il fallito ha diritto di concorrere nel fallimento di questo per la somma pagata. Tuttavia il creditore ha diritto di farsi assegnare la quota di riparto spettante al coobbligato fino a concorrenza di quanto ancora dovutogli. Resta impregiudicato il diritto verso il coobbligato se il creditore rimane parzialmente insoddisfatto.
Art. 63 Coobbligato o fideiussore del fallito con diritto di garanzia.
Art. 63 Coobbligato o fideiussore del fallito con diritto di garanzia.
Il coobbligato o fideiussore del fallito, che ha un diritto di pegno o d’ipoteca sui beni di lui a garanzia della sua azione di regresso, concorre nel fallimento per la somma per la quale ha ipoteca o pegno. Il ricavato della vendita dei beni ipotecati o delle cose date in pegno spetta al creditore in deduzione della somma dovuta.
Il coobbligato o fideiussore del fallito, che ha un diritto di pegno o d’ipoteca sui beni di lui a garanzia della sua azione di regresso, concorre nel fallimento per la somma per la quale ha ipoteca o pegno. Il ricavato della vendita dei beni ipotecati o delle cose date in pegno spetta al creditore in deduzione della somma dovuta.
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SEZIONE TERZA Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori
SEZIONE TERZA Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori
Art. 64 Atti a titolo gratuito.
Art. 64 Atti a titolo gratuito.
Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.
Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.
Art. 65 Pagamenti.
Art. 65 Pagamenti.
Sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Art. 66 Azione revocatoria ordinaria.
Art. 66 Azione revocatoria ordinaria.
Il curatore può domandare che siano Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei credito- dal debitore in pregiudizio dei credito546
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ri, secondo le norme del codice civile. L’azione si propone dinanzi al tribunale fallimentare, sia in confronto del contraente immediato, sia in confronto dei suoi aventi causa nei casi in cui sia proponibile contro costoro.
ri, secondo le norme del codice civile. L’azione si propone dinanzi al tribunale fallimentare, sia in confronto del contraente immediato, sia in confronto dei suoi aventi causa nei casi in cui sia proponibile contro costoro.
Art. 67 Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie.
Art. 67 Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie.
Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore: 1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso; 2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento; 3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti; 4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti. Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli
Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore: 1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso; 2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento; 3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti; 4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti. Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli 547
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atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Non sono soggetti all’azione revocatoria: a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso; b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca; c) le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado; d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile; e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’articolo 182-bis; f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non
atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Non sono soggetti all’azione revocatoria: a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso; b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca; c) le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado; d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile; e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’articolo 182-bis; f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non
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subordinati, del fallito; g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo. Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali. (1). _____________________________
subordinati, del fallito; g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali e di concordato preventivo.
(1) Per i fallimenti dichiarati anteriormente al 17 marzo 2005 si applica il testo in vigore a quella data: Art. 67 Regio Decreto, 16 marzo 1942, n. 267.
Art. 67-bis Patrimoni destinati ad uno specifico affare.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Gli atti che incidono su un patrimonio destinato ad uno specifico affare previsto dall’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a) del codice civile, sono revocabili quando pregiudicano il patrimonio della società. Il presupposto soggettivo dell’azione è costituito dalla conoscenza dello stato d’insolvenza della società. Art. 68 Pagamento di cambiale scaduta.
Art. 68 Pagamento di cambiale scaduta.
In deroga a quanto disposto dall’art. 67, secondo comma, non può essere revocato il pagamento di una cambiale, se il possessore di questa doveva accettarlo per non perdere l’azione cambiaria di regresso. In tal caso, l’ultimo obbligato in via di regresso, in
In deroga a quanto disposto dall’art. 67, secondo comma, non può essere revocato il pagamento di una cambiale, se il possessore di questa doveva accettarlo per non perdere l’azione cambiaria di regresso. In tal caso, l’ultimo obbligato in via di regresso, in 549
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confronto del quale il curatore provi che conosceva lo stato di insolvenza del principale obbligato quando ha tratto o girato la cambiale, deve versare la somma riscossa al curatore.
confronto del quale il curatore provi che conosceva lo stato di insolvenza del principale obbligato quando ha tratto o girato la cambiale, deve versare la somma riscossa al curatore.
Art. 69 Atti compiuti tra coniugi.
Art. 69 Atti compiuti tra i coniugi.
Gli atti previsti dall’art. 67, compiuti tra coniugi nel tempo in cui il fallito esercitava una impresa commerciale, sono revocati se il coniuge non prova che ignorava lo stato d’insolvenza del coniuge fallito. Se il marito esercitava un’impresa commerciale al tempo della celebrazione del matrimonio o se ha iniziato l’esercizio di un’impresa commerciale nell’anno successivo, l’ipoteca legale per la dote della moglie non si estende ai beni pervenuti al marito durante il matrimonio per titolo diverso da quello di successione o donazione. Nei casi suddetti la moglie non può esercitare nel fallimento alcuna azione per i vantaggi derivanti a suo favore dal contratto di matrimonio e i creditori non possono valersi dei vantaggi derivanti dallo stesso contratto a favore del marito (1). _____________________________
Gli atti previsti dall’articolo 67, compiuti tra coniugi nel tempo in cui il fallito esercitava un’impresa commerciale e quelli a titolo gratuito compiuti tra coniugi più di due anni prima della dichiarazione di fallimento, ma nel tempo in cui il fallito esercitava un’impresa commerciale sono revocati se il coniuge non prova che ignorava lo stato d’insolvenza del coniuge fallito.
(1) C. cost. 19 marzo 1993, n. 100, ha dich. l’illeg. cost. del articolo, ove non comprende nel proprio ambito di applicazione gli atti a titolo gratuito compiuti tra coniugi più di due anni prima della dichiarazione di fallimento, ma nel tempo in cui il fallito esercitava un’impresa commerciale.
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NUOVO TESTO Art. 69-bis Decadenza dall’azione. Le azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto.
Art. 70 Effetti della revocazione.
Art. 70 Effetti della revocazione.
La revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società previste dall’ articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966 , si esercita e produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione. Colui che, per effetto della revoca prevista dalle disposizioni precedenti, ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimentare per il suo eventuale credito. Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.
La revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società previste dall’ articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966 , si esercita e produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione. Colui che, per effetto della revoca prevista dalle disposizioni precedenti, ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimentare per il suo eventuale credito. Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.
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NUOVO TESTO
Art. 71 Effetti della revocazione.
Art. 71 Effetti della revocazione.
Colui che per effetto della revoca prevista nelle disposizioni precedenti ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimento per il suo eventuale credito.
(abrogato)
SEZIONE QUARTA Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti
SEZIONE QUARTA Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti
Art. 72 Vendita non ancora eseguita da entrambi i contraenti.
Art. 72 Rapporti pendenti.
Se un contratto di vendita è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando il compratore è dichiarato fallito, il venditore ha diritto a compiere la sua prestazione, facendo valere nel passivo del fallimento il suo credito per il prezzo. Se egli non intende valersi di tale diritto, l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con la autorizzazione del giudice delegato, dichiari di subentrare in luogo del fallito nel contratto assumendone tutti gli obblighi relativi, ovvero di sciogliersi dal medesimo. Il venditore può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudi-
Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo. Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.
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ce delegato un termine non superiore ad otto giorni, decorso il quale il contratto s’intende sciolto. In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie. Se la cosa venduta non è passata in proprietà del compratore, il curatore ha la scelta fra l’esecuzione e lo scioglimento del contratto. In caso di scioglimento del contratto il compratore ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo senza che gli sia dovuto risarcimento del danno. Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
La disposizione di cui al primo comma si applica anche al contratto preliminare salvo quanto previsto nell’articolo 72-bis. In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento. L’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l’efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V. Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento. Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
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Art. 72 Bis Contratti relativi ad immobili da costruire.
Art. 72-bis Fallimento del venditore e contratti relativi ad immobili da costruire.
In caso di situazione di crisi del costruttore ai sensi dell’ articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 2 agosto 2004, n. 210 , il contratto si intende sciolto se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore abbia comunicato di voler dare esecuzione al contratto.
In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie. Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, a norma dell’articolo 72, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno. All’acquirente spetta il privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento. In caso di situazione di crisi del costruttore ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 2 agosto 2004, n. 210, il contratto si intende sciolto se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore ha comunicato di voler dare esecuzione al contratto.
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO 72-ter Effetti sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare. Il fallimento della società determina lo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all’articolo 2447-bis, primo comma, lettera b), del codice civile quando impedisce la realizzazione o la continuazione dell’operazione. In caso contrario, il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, può decidere di subentrare nel contratto in luogo della società assumendone gli oneri relativi. Ove il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore può chiedere al giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o di continuare l’operazione, in proprio o affidandola a terzi; in tale ipotesi il finanziatore può trattenere i proventi dell’affare e può insinuarsi al passivo del fallimento in via chirografaria per l’eventuale credito residuo. Nelle ipotesi previste nel secondo e terzo comma, resta ferma la disciplina prevista dall’articolo 2447-decies, terzo, quarto e quinto comma, del codice civile. Qualora, nel caso di cui al primo comma, non si verifichi alcuna delle ipotesi previste nel secondo e nel terzo comma, si applica l’articolo 2447-decies, sesto comma, del codice civile.
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO 72-quater Locazione finanziaria. Al contratto di locazione finanziaria si applica, in caso di fallimento dell’utilizzatore, l’articolo 72. Se è disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersi sciogliere dal contratto. In caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse si applica l’articolo 67, terzo comma, lettera a). Il concedente ha diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. In caso di fallimento delle società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto forma di locazione finanziaria, il contratto prosegue; l’utilizzatore conserva la facoltà di acquistare, alla scadenza del contratto, la proprietà del bene, previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito.
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
Art. 73 Vendita a termine o a rate.
Art. 73 Vendita a termine o a rate.
In caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l’autorizzazione del comitato dei creditori; ma il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell’interesse legale. Nella vendita a rate con riserva della Nella vendita a rate con riserva della proprietà il fallimento del venditore proprietà il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del con- non è causa di scioglimento del contratto. tratto. In caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l’autorizzazione del giudice delegato; ma il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell’interesse legale.
Art. 74 Contratto di somministrazione.
Art. 74 Contratto di somministrazione.
Nelle vendite a consegne ripartite e nel contratto di somministrazione si applicano le disposizioni dei commi secondo, terzo e quarto dell’art. 72.
Nelle vendite a consegne ripartite e nel contratto di somministrazione si applicano le disposizioni dell’articolo 72, primo e secondo comma.
Tuttavia il curatore che subentra deve Se il curatore subentra, deve pagare pagare integralmente il prezzo anche integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi delle consegne già avvenute. già erogati. Art. 75 Restituzione di cose non pagate.
Art. 75 Restituzione di cose non pagate.
Se la cosa mobile oggetto della ven- Se la cosa mobile oggetto della vendita è già stata spedita al compratore dita è già stata spedita al compratore prima della dichiarazione di fallimen- prima della dichiarazione di fallimen557
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NUOVO TESTO
to di questo, ma non è ancora a sua disposizione nel luogo di destinazione, né altri ha acquistato diritti sulla medesima, il venditore può riprenderne il possesso, assumendo a suo carico le spese e restituendo gli acconti ricevuti, sempreché egli non preferisca dar corso al contratto facendo valere nel passivo il credito per il prezzo, o il curatore non intenda farsi consegnare la cosa pagandone il prezzo integrale.
to di questo, ma non è ancora a sua disposizione nel luogo di destinazione, né altri ha acquistato diritti sulla medesima, il venditore può riprenderne il possesso, assumendo a suo carico le spese e restituendo gli acconti ricevuti, sempreché egli non preferisca dar corso al contratto facendo valere nel passivo il credito per il prezzo, o il curatore non intenda farsi consegnare la cosa pagandone il prezzo integrale.
Art. 76 Contratto di borsa a termine.
Art. 76 Contratto di borsa a termine.
Il contratto di borsa a termine, se il termine scade dopo la dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, è risolto alla data della dichiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo contrattuale e il valore delle cose o dei titoli alla data di dichiarazione di fallimento è versata nel fallimento se il fallito risulta in credito, o è ammessa al passivo del fallimento nel caso contrario.
Il contratto di borsa a termine, se il termine scade dopo la dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, si scioglie alla data della dichiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo contrattuale e il valore delle cose o dei titoli alla data di dichiarazione di fallimento è versata nel fallimento se il fallito risulta in credito, o è ammessa al passivo del fallimento nel caso contrario.
Art. 77 Associazione in partecipazione.
Art. 77 Associazione in partecipazione.
La associazione in partecipazione si scioglie per il fallimento dell’associante. L’associato ha diritto di far valere nel passivo il credito per quella parte dei conferimenti, la quale non è assorbita dalle perdite a suo carico.
La associazione in partecipazione si scioglie per il fallimento dell’associante. L’associato ha diritto di far valere nel passivo il credito per quella parte dei conferimenti, la quale non è assorbita dalle perdite a suo carico.
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
Egli è tenuto al versamento della parte ancora dovuta nei limiti delle perdite che sono a suo carico. Nei suoi confronti è applicata la procedura prevista dall’art. 150.
L’associato è tenuto al versamento della parte ancora dovuta nei limiti delle perdite che sono a suo carico. Nei suoi confronti è applicata la procedura prevista dall’art. 150.
Art. 78 Conto corrente, mandato, commissione.
Art. 78 Conto corrente, mandato, commissione.
I contratti di conto corrente, di manda- I contratti di conto corrente, anche to e di commissione si sciolgono per il bancario, e di commissione, si sciolgono per il fallimento di una delle parti. fallimento di una delle parti. Il contratto di mandato si scioglie per il fallimento del mandatario. Se il curatore del fallimento del mandante subentra nel contratto, il credito del mandatario è trattato a norma dell’articolo 111, primo comma, n. 1), per l’attività compiuta dopo il fallimento.
Art. 79 Possesso del fallito a titolo precario.
Art. 79 Possesso del fallito a titolo precario.
Se le cose delle quali il fallito deve la restituzione non si trovano più in suo possesso il giorno della dichiarazione di fallimento e il curatore non può riprenderle, l’avente diritto può far valere nel passivo il credito per il valore che la cosa aveva alla data della dichiarazione del fallimento. Se il possesso della cosa è cessato dopo l’apposizione dei sigilli, l’avente diritto può chiedere l’integrale pagamento del valore della cosa.
Se le cose delle quali il fallito deve la restituzione non si trovano più in suo possesso dal giorno della dichiarazione di fallimento e il curatore non può riprenderle, l’avente diritto può far valere nel passivo il credito per il valore che la cosa aveva alla data della dichiarazione del fallimento. Se il possesso della cosa è cessato dopo l’apposizione dei sigilli, l’avente diritto può chiedere l’integrale pagamento del valore della cosa. Sono salve le 559
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Sono salve le disposizioni dell’art. disposizioni dell’art. 1706 del codice 1706 del codice civile. civile. e il credito è regolato a norma dell’articolo 111, primo comma, n. 1). Art. 80 Contratto di locazione di immobili.
Art. 80 Contratto di locazione di immobili.
Il fallimento del locatore, salvo patto contrario non scioglie il contratto di locazione d’immobili, ma il curatore subentra nel contratto. In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un giusto compenso, che nel dissenso fra le parti è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il credito per il compenso è privilegiato a norma dell’art. 2764 del codice civile.
Il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d’immobili e il curatore subentra nel contratto. In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il credito per l’indennizzo è regolato dall’articolo 111, primo comma, n. 1), e dall’articolo 2764 del codice civile. Art. 80-bis Contratto di affitto d’azienda. Il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d’azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L’indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall’articolo 111, primo comma, n. 1).
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Art. 81 Contratto di appalto.
Art. 81 Contratto di appalto.
Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, a meno che il curatore, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, e con l’autorizzazione del giudice delegato, non dichiari di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giorni venti dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie. La prosecuzione del rapporto non è consentita nel caso di fallimento dell’appaltatore, quando la considerazione della sua persona è stato un motivo determinante del contratto. Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche.
Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, se il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori non dichiara di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giorni sessanta dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie.
Art. 82 Contratto di assicurazione.
Art. 82 Contratto di assicurazione.
Il fallimento dell’assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l’applicazione dell’art. 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio. Se il contratto continua, il credito dell’assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Il fallimento dell’assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l’applicazione dell’art. 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio. Se il contratto continua, il credito dell’assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Nel caso di fallimento dell’appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la considerazione della qualità soggettiva è stata un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto. Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche.
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Art. 83 Contratto di edizione.
Art. 83 Contratto di edizione.
Gli effetti del fallimento dell’editore Gli effetti del fallimento dell’editore sul contratto di edizione sono regolati sul contratto di edizione sono regolati dalla legge speciale. dalla legge speciale. Art. 83-bis Clausola arbitrale. Se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito.
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CAPO IV DELLA CUSTODIA E DELLA AMMINISTRAZIONE DELLE ATTIVITA’ FALLIMENTARI
CAPO IV DELLA CUSTODIA E DELLA AMMINISTRAZIONE DELLE ATTIVITA’ FALLIMENTARI
Art. 84 Apposizione dei sigilli.
Art. 84 Dei sigilli.
Dichiarato il fallimento, il giudice delegato o per sua delegazione, in caso d’impedimento, il giudice di pace, procede immediatamente, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, all’apposizione dei sigilli, sui beni che si trovano nella sede principale dell’impresa e sugli altri beni del debitore. All’apposizione dei sigilli nella sede principale dell’impresa deve assistere, salvo legittimo impedimento, il curatore. Per i beni che si trovano in altre località il giudice delegato richiede, per mezzo del cancelliere, i giudici di pace competenti di procedere all’apposizione dei sigilli. Il verbale redatto dal giudice di pace è trasmesso immediatamente al giudice delegato. Il giudice che procede all’apposizione dei sigilli può emettere i provvedimenti provvisori e conservativi che ritiene necessari compreso quello della vendita delle cose deteriorabili.
Dichiarato il fallimento, il curatore procede, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, all’apposizione dei sigilli sui beni che si trovano nella sede principale dell’impresa e sugli altri beni del debitore. Il curatore può richiedere l’assistenza della forza pubblica.
Se i beni o le cose si trovano in più luoghi e non è agevole l’immediato completamento delle operazioni, l’apposizione dei sigilli può essere delegata a uno o più coadiutori designati dal giudice delegato. Per i beni e le cose sulle quali non è possibile apporre i sigilli si procede a norma dell’articolo 758 del codice di procedura civile.
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Art. 85 Apposizione dei sigilli da parte del giudice di pace.
Art. 85 Apposizione dei sigilli da parte del giudice di pace.
Anche prima di ricevere la richiesta prevista dal secondo comma dell’articolo precedente, il giudice di pace che abbia certa notizia della dichiarazione di fallimento, può procedere all’apposizione dei sigilli nei luoghi compresi nella sua giurisdizione.
(abrogato)
Art. 86 Cose non soggette all’apposizione dei sigilli.
Art. 86 Consegna del denaro, titoli, scritture contabili e di altra documentazione.
Non sono poste sotto sigillo, oltre le cose che ne sono escluse dal codice di procedura civile: 1) le cose che servono all’esercizio dell’impresa, se questo, a giudizio del giudice, non può essere immediatamente interrotto; 2) le scritture contabili; 3) le cambiali e gli altri titoli scaduti o di imminente scadenza, che devono essere consegnati al curatore per la riscossione; 4) il danaro contante, da consegnarsi ugualmente al curatore, il quale provvede a depositarlo a norma dell’art. 34. Di tutti questi oggetti si fa la descrizione nel processo verbale. Le scritture contabili, dopo essere state vidimate dal giudice che procede,
Devono essere consegnate al curatore: a) il denaro contante per essere dal medesimo depositato a norma dell’articolo 34; b) le cambiali e gli altri titoli compresi quelli scaduti; c) le scritture contabili e ogni altra documentazione dal medesimo richiesta o acquisita se non ancora depositate in cancelleria. Il giudice delegato può autorizzarne il deposito in luogo idoneo, anche presso terzi. In ogni caso, il curatore deve esibire le scritture contabili a richiesta del fallito o di chi ne abbia diritto. Nel caso in cui il curatore non ritenga di dover esibire la documentazione richiesta, l’interessato può proporre ricorso al giudice delegato che provve-
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NUOVO TESTO
devono essere depositate nella cancelleria del tribunale. Tuttavia il giudice delegato può autorizzare il curatore a trattenerle temporaneamente con l’obbligo di esibirle ad ogni legittima richiesta.
de con decreto motivato. Può essere richiesto il rilascio di copia, previa autorizzazione del giudice delegato, a cura e spese del richiedente.
Art. 87 Rimozione dei sigilli e inventario.
Art. 87 Inventario.
Il curatore deve chiedere nel più breve termine possibile al giudice l’autorizzazione a rimuovere i sigilli ed a fare l’inventario. A tali operazioni procede, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, presenti o avvisati il fallito e il comitato dei creditori, se esiste, con l’assistenza del cancelliere del tribunale o della pretura, che ne redige processo verbale. Possono intervenire i creditori. Il giudice delegato può prescrivere speciali norme e cautele per l’inventario e, quando occorre, nomina uno stimatore. Prima di chiudere l’inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da comprendere nell’inventario, avvertendoli delle pene stabilite dall’art. 220 in caso di falsa o omessa dichiarazione. L’inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale.
Il curatore, rimossi i sigilli, redige l’inventario nel più breve termine possibile secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, presenti o avvisati il fallito e il comitato dei creditori, se nominato, formando, con l’assistenza del cancelliere, processo verbale delle attività compiute. Possono intervenire i creditori. Il curatore, quando occorre, nomina uno stimatore.
Prima di chiudere l’inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da comprendere nell’inventario, avvertendoli delle pene stabilite dall’articolo 220 in caso di falsa o omessa dichiarazione. L’inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale. 565
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO Art. 87-bis Inventario su altri beni. In deroga a quanto previsto dagli articoli 52 e 103, i beni mobili sui quali i terzi vantano diritti reali o personali chiaramente riconoscibili possono essere restituiti con decreto del giudice delegato, su istanza della parte interessata e con il consenso del curatore e del comitato dei creditori, anche provvisoriamente nominato. I beni di cui al primo comma possono non essere inclusi nell’inventario. Sono inventariati i beni di proprietà del fallito per i quali il terzo detentore ha diritto di rimanere nel godimento in virtù di un titolo negoziale opponibile al curatore. Tali beni non sono soggetti alla presa in consegna a norma dell’articolo 88.
Art. 88 Art. 88 Presa in consegna dei beni del fallito Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore. da parte del curatore. Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l’inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito. Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia annotato nei pubblici registri.
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Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l’inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito. Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia annotato nei pubblici registri.
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Art. 89 Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio.
Art. 89 Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio.
Il curatore, con la scorta delle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che può raccogliere, deve compilare l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonché l’elenco di tutti coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, con l’indicazione dei titoli relativi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria.
Il curatore deve inoltre redigere il bilancio dell’ultimo esercizio, se non è stato presentato dal fallito nel termine stabilito, ed apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell’art. 14.
Il curatore, in base alle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che può raccogliere, deve compilare l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonchè l’elenco di tutti coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, su cose in possesso o nella disponibilità del fallito, con l’indicazione dei titoli relativi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria. Il curatore deve inoltre redigere il bilancio dell’ultimo esercizio, se non è stato presentato dal fallito nel termine stabilito, ed apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell’art. 14.
Art. 90 Esercizio provvisorio.
Art. 90 Fascicolo della procedura.
Dopo la dichiarazione di fallimento il tribunale può disporre la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa del fallito, quando dall’interruzione improvvisa può derivare un danno grave e irreparabile. Dopo il decreto previsto dall’art. 97, il comitato dei creditori deve pronunciarsi sull’opportunità di continuare o di riprendere in tutto o in parte l’esercizio della impresa del fallito, indican-
Immediatamente dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento, il cancelliere forma un fascicolo, anche in modalità informatica, munito di indice, nel quale devono essere contenuti tutti gli atti, i provvedimenti ed i ricorsi attinenti al procedimento, opportunamente suddivisi in sezioni, esclusi quelli che, per ragioni di riservatezza, debbono essere custoditi separatamente. 567
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
done le condizioni. La continuazione o la ripresa può esser disposta dal tribunale solo se il comitato dei creditori si è pronunciato favorevolmente.
Il comitato dei creditori e ciascun suo componente hanno diritto di prendere visione di qualunque atto o documento contenuti nel fascicolo. Analogo diritto, con la sola eccezione della relazione del curatore e degli atti eventualmente riservati su disposizione del giudice delegato, spetta anche al fallito. Gli altri creditori ed i terzi hanno diritto di prendere visione e di estrarre copia degli atti e dei documenti per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il curatore.
Se è disposto l’esercizio provvisorio a norma del comma precedente, il comitato dei creditori e convocato dal giudice delegato almeno ogni due mesi per essere informato dal curatore sull’andamento della gestione e per pronunciarsi sulla opportunità di continuare l’esercizio. Il tribunale può ordinare la cessazione dell’esercizio provvisorio se il comitato dei creditori ne fa richiesta, ovvero se in qualsiasi momento ne ravvisa l’opportunità. Il tribunale provvede in ogni caso con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamo sentito il curatore. Art. 91 Anticipazioni delle spese dall’erario. Articolo abrogato dall’art. 299, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, a decorrere dal 1° luglio 2002.
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
CAPO QUINTO DELL’ACCERTAMENTO DEL PASSIVO E DEI DIRITTI REALI MOBILIARI DEI TERZI
CAPO QUINTO DELL’ACCERTAMENTO DEL PASSIVO E DEI DIRITTI REALI MOBILIARI DEI TERZI
Art. 92 Avviso ai creditori per la verifica.
Art. 92 Avviso ai creditori ed agli altri interessati.
Il curatore comunica, mediante raccomandata, ai creditori e agli altri interessati compresi negli elenchi indicati nell’articolo 89 il termine entro il quale devono far pervenire in cancelleria le loro domande, nonché le disposizioni della sentenza dichiarativa di fallimento, che riguardano la formazione dello stato passivo. Per i creditori e per gli altri interessati non residenti nel territorio dello Stato l’avviso è rimesso a chi li rappresenta. Se manca un loro rappresentante nel territorio dello Stato, il giudice può prorogare il termine e della proroga è data notizia a tutti gli altri creditori e interessati.
Il curatore, esaminate le scritture dell’imprenditore ed altre fonti di informazione, comunica senza indugio ai creditori e ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, a mezzo posta presso la sede dell’impresa o la residenza del creditore, ovvero a mezzo telefax o posta elettronica: 1) che possono partecipare al concorso depositando nella cancelleria del tribunale, domanda ai sensi dell’articolo seguente; 2) la data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate le domande; 3) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda. Se il creditore ha sede o risiede all’estero, la comunicazione può essere effettuata al suo rappresentante in Italia, se esistente.
Art. 93 Domanda di ammissione al passivo.
Art. 93 Domanda di ammissione al passivo.
La domanda di ammissione al passivo La domanda di ammissione al passivo deve contenere il cognome e il nome di un credito, di restituzione o riven569
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO
del creditore, l’indicazione della somma, del titolo da cui il credito deriva, delle ragioni di prelazione e dei documenti giustificativi. Se il creditore non è domiciliato nel comune in cui ha sede il tribunale, la domanda deve inoltre contenere l’elezione del domicilio nel comune stesso; altrimenti tutte le notificazioni posteriori si fanno al creditore presso la cancelleria del tribunale. I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati prima dell’adunanza di verifica. Il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all’ordine presentati e li restituisca con l’annotazione dell’avvenuta domanda di ammissione al passivo.
dicazione di beni mobili e immobili, si propone con ricorso da depositare presso la cancelleria del tribunale almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo. Il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte e può essere spedito, anche in forma telematica o con altri mezzi di trasmissione purchè sia possibile fornire la prova della ricezione. Il ricorso contiene: 1) l’indicazione della procedura cui si intende partecipare e le generalità del creditore; 2) la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione; 3) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda; 4) l’eventuale indicazione di un titolo di prelazione, anche in relazione alla graduazione del credito, nonchè la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale; 5) l’indicazione del numero di telefax, l’indirizzo di posta elettronica o l’elezione di domicilio in un comune nel circondario ove ha sede il tribunale, ai fini delle successive comunicazioni. È facoltà del creditore indicare, quale modalità di notificazione e di comunicazione, la trasmissione per posta elettronica o per telefax ed è onere dello stesso comunicare al curatore ogni va-
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO riazione del domicilio o delle predette modalità. Il ricorso è inammissibile se è omesso o assolutamente incerto uno dei requisiti di cui ai nn. 1), 2) o 3) del precedente comma. Se è omesso o assolutamente incerto il requisito di cui al n. 4), il credito è considerato chirografario. Se è omessa l’indicazione di cui al n. 5), tutte le comunicazioni successive a quella con la quale il curatore dà notizia della esecutività dello stato passivo, si effettuano presso la cancelleria. Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi del diritto del creditore ovvero del diritto del terzo che chiede la restituzione o rivendica il bene. I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati, a pena di decadenza, almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo. Con la domanda di restituzione o rivendicazione, il terzo può chiedere la sospensione della liquidazione dei beni oggetto della domanda. Il ricorso può essere presentato dal rappresentante comune degli obbligazionisti ai sensi dell’articolo 2418, secondo comma, del codice civile, anche per singoli gruppi di creditori. Il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all’ordine presentati e li restituisca con l’annotazione dell’avvenuta domanda di ammissione al passivo. 571
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Art. 94 Effetto della domanda.
Art. 94 Effetti della domanda.
La domanda di ammissione al passivo La domanda di cui all’articolo 93 proproduce gli effetti della domanda giu- duce gli effetti della domanda giudidiziale ed impedisce la decadenza dei ziale per tutto il corso del fallimento. termini per gli atti che non possono compiersi durante il fallimento. Art. 95 Formazione dello stato passivo.
Art. 95 Progetto di stato passivo e udienza di discussione.
Il cancelliere forma un elenco cronologico delle domande di ammissione al passivo e lo rimette al giudice delegato. Questi con l’assistenza del curatore, sentito il fallito ed assunte le opportune informazioni, esamina le domande e predispone in base ad esse lo stato passivo del fallimento. Il giudice indica distintamente i crediti che ritiene di ammettere, specificando se sono muniti di privilegio, pegno o ipoteca, e i crediti che ritiene di non ammettere in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi dell’esclusione totale o parziale di essi o delle relative garanzie. I crediti indicati nell’ultimo comma dell’art. 55 e quelli per i quali non sono stati ancora presentati i documenti giustificativi sono compresi con riserva fra i crediti ammessi. Se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato, è necessaria l’impugnazione se non si vuole ammettere il credito.
Il curatore esamina le domande di cui all’articolo 93 e predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, rassegnando per ciascuno le sue motivate conclusioni. Il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonchè l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione. Il curatore deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, dandone comunicazione ai creditori, ai titolari di diritti sui beni ed al fallito, ed avvertendoli che possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte sino a cinque giorni prima della udienza. All’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, il giudice delegato, anche in assenza delle parti, decide
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NUOVO TESTO
Lo stato passivo predisposto dal giudice deve essere depositato in cancelleria almeno tre giorni prima di quello fissato dall’art. 16, n. 5. I creditori possono prenderne visione.
su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati. Il giudice delegato può procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento. Il fallito può chiedere di essere sentito. Delle operazioni si redige processo verbale.
Art. 96 Verificazione dello stato passivo.
Art. 96 Formazione ed esecutività dello stato passivo.
Nell’adunanza prevista dall’art. 16, n. 5, è esaminato, alla presenza del curatore e con l’intervento del fallito, lo stato passivo predisposto dal giudice. Sono inoltre esaminate le domande di ammissione al passivo pervenute successivamente o presentate nell’adunanza stessa. Il giudice, tenuto conto delle contestazioni e delle osservazioni degli interessati, nonché dei nuovi documenti esibiti, apporta allo stato passivo le modificazioni e le integrazioni che ritiene necessarie. Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola adunanza, il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni, senza che occorra altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti.
Il giudice delegato, con decreto, accoglie in tutto o in parte ovvero respinge o dichiara inammissibile la domanda proposta ai sensi dell’articolo 93. Il decreto è succintamente motivato se sussiste contestazione da parte del curatore sulla domanda proposta. La dichiarazione di inammissibilità della domanda non ne preclude la successiva riproposizione. Con il provvedimento di accoglimento della domanda, il giudice delegato indica anche il grado dell’eventuale diritto di prelazione. Oltre che nei casi stabiliti dalla legge, sono ammessi al passivo con riserva: 1) i crediti condizionati e quelli indicati nell’ultimo comma dell’articolo 55; 2) i crediti per i quali la mancata pro573
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Il giudice ha in ogni caso facoltà di riservarsi la definitiva formazione dello stato passivo fino a quindici giorni dopo che l’adunanza dei creditori ha esaurito le sue operazioni.
duzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore, salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice; 3) i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento. Il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione. Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola udienza; il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni, senza altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti. Terminato l’esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria. Il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi di cui all’articolo 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso.
Art. 97 Esecutività dello stato passivo.
Art. 97 Comunicazione dell’esito del procedimento di accertamento del passivo.
Lo stato passivo del fallimento è sottoscritto dal giudice e dal cancelliere e si chiude con decreto del giudice che lo dichiara esecutivo a decorrere dalla data in cui l’adunanza dei creditori ha esaurito le sue operazioni o da quella successiva prevista nel quarto comma dell’articolo precedente.
Il curatore, immediatamente dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, comunica a ciascun creditore l’esito della domanda e l’avvenuto deposito in cancelleria dello stato passivo, affinchè possa essere esaminato da tutti coloro che hanno presentato domanda ai sensi dell’articolo 93, infor-
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Lo stato passivo col decreto del giudice è depositato in cancelleria, ove i creditori possono prenderne visione. Se vi sono domande di ammissione al passivo, che non sono state accolte in tutto o in parte o che sono state accolte con riserva, il curatore ne dà immediatamente notizia ai creditori esclusi o ammessi con riserva mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
mando il creditore del diritto di proporre opposizione in caso di mancato accoglimento della domanda. La comunicazione è data a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero tramite telefax o posta elettronica quando il creditore abbia indicato tale modalità di comunicazione.
Art. 98 Opposizione dei creditori esclusi o ammessi con riserva.
Art. 98 Impugnazioni.
I creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione, entro 15 giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria, presentando ricorso al giudice delegato (1). Il giudice fissa con decreto l’udienza in cui tutti i creditori opponenti e il curatore devono comparire avanti a lui, nonché il termine per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto (2). Almeno cinque giorni prima dell’udienza i creditori devono costituirsi. Se il creditore non si costituisce, l’opposizione si reputa abbandonata. Possono intervenire in causa gli altri creditori. _____________________________
Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione. Con l’opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta; l’opposizione è proposta nei confronti del curatore. Con l’impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l’impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa anche il curatore. (1) C. cost. 16 aprile 1986, n. 102, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove stabilisce che i Con la revocazione il curatore, il crecreditori esclusi o ammessi con riserva pos- ditore o il titolare di diritti su beni mo575
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sono fare opposizione entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo anziché dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento con le quali il curatore deve dare notizia dell’avvenuto deposito ai creditori che hanno presentato domanda di ammissione al passivo. (2) C. cost. 24 aprile 1986, n. 120, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove non prevede nei confronti del creditore opponente la comunicazione, almeno quindici giorni prima della udienza di comparizione, del decreto ivi indicato, comunicazione dalla quale decorre il termine per la notificazione di esso al curatore.
bili o immobili, decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopre che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile. La revocazione è proposta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Nel primo caso, al procedimento partecipa il curatore. Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza del creditore o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata.
Art. 99 Istruzione dell’opposizione e sentenza relativa.
Art. 99 Procedimento.
Il giudice delegato provvede all’istruzione delle varie cause di opposizione e quindi fissa l’udienza per la discussione davanti al collegio a norma dell’art. 189 del codice di procedura civile. Quando alcune opposizioni sono mature per la decisione e altre richiedono lunga istruzione, il giudice pronuncia ordinanza con la quale separa le cause e rimette al collegio quelle mature per
Le impugnazioni di cui all’articolo precedente si propongono con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione di cui all’articolo 97 ovvero in caso di revocazione dalla scoperta del fatto o del documento. Il ricorso deve contenere: 1) l’indicazione del tribunale, del giudice delegato e del fallimento; 2) le generalità dell’impugnante e
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la decisione. Il tribunale pronuncia su tutte le opposizioni, che gli sono rimesse, con unica sentenza. Nella ipotesi prevista dall’articolo 279, primo comma, del codice di procedura civile, il tribunale può ammettere provvisoriamente al passivo tutto o in parte il credito contestato. La sentenza deve essere affissa alla porta esterna del tribunale entro otto giorni dalla sua pubblicazione, ed è provvisoriamente esecutiva. Il cancelliere da immediato avviso dell’avvenuta pubblicazione ai procuratori delle parti, a norma dell’art. 136 del codice di procedura civile. Il termine per appellare è di giorni quindici dall’affissione della sentenza. Si osservano per il giudizio di appello le disposizioni dei commi precedenti in quanto applicabili. Il termine per il ricorso in cassazione decorre dal giorno dell’affissione della sentenza ed è ridotto della metà.
l’elezione del domicilio in un comune sito nel circondario del tribunale che ha dichiarato il fallimento; 3) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni; 4) l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti. Il tribunale fissa l’udienza in camera di consiglio, assegnando al ricorrente un termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla parte nei confronti della quale la domanda è proposta, al curatore ed al fallito. Tra la notifica e l’udienza devono intercorrere almeno trenta giorni liberi. Il giudice delegato non può far parte del collegio. La parte nei confronti della quale la domanda è proposta deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonchè l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti. Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi i creditori che intendono intervenire nel giudizio. Nel corso dell’udienza, il tribunale assume, in contraddittorio tra le parti, i mezzi di prova ammessi, anche delegando uno dei suoi componenti. 577
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NUOVO TESTO Il tribunale, se necessario, può assumere informazioni anche d’ufficio e può autorizzare la produzione di ulteriori documenti. Il fallito può chiedere di essere sentito. Il tribunale ammette con decreto in tutto o in parte, anche in via provvisoria, le domande non contestate dal curatore o dai creditori intervenuti. Qualora il tribunale non abbia pronunciato in via definitiva, provvede con decreto motivato non reclamabile entro venti giorni dall’udienza. Il decreto è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione.
Art. 100 Impugnazione dei crediti ammessi.
Art. 100 Impugnazione dei crediti ammessi. (abrogato)
Entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria ciascun creditore può impugnare i crediti ammessi, con ricorso al giudice delegato (1). Il giudice fissa con decreto l’udienza in cui le parti e il curatore devono comparire davanti a lui, nonché il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto al curatore ed ai creditori i cui crediti vengano impugnati. Le parti si costituiscono a norma dell’art. 98, terzo comma (2). Se all’udienza le parti non raggiungono
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l’accordo, il giudice dispone con ordinanza non impugnabile che in caso di ripartizione siano accantonate le quote spettanti ai creditori contestati. Per l’istruzione e la decisione delle impugnazioni si applicano le disposizioni dell’articolo precedente e il giudizio deve essere riunito a quello sulle opposizioni. _____________________________ (1) C. cost. 16 aprile 1986, n. 102, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove ciascun creditore può impugnare i crediti ammessi con ricorso al giudice delegato entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria anziché dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento con le quali il curatore deve dare notizia dell’avvenuto deposito ai creditori che hanno presentato domanda di ammissione al passivo. C. cost. 14 dicembre 1990, n. 538, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove non prevede che i creditori ammessi allo stato passivo possano proporre opposizione avverso i decreti di ammissione tardiva al passivo, emanati ex art. 101, terzo comma, entro quindici giorni dalla data di ricezione della raccomandata con avviso di ricevimento, con la quale il curatore deve dare notizia a ciascuno di essi all’avvenuto deposito del decreto di variazione dello stato passivo. (2) C. cost. 24 aprile 1986, n. 120, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove non prevede nei confronti del creditore impugnante la comunicazione, almeno quindici giorni prima dell’udienza di comparizione, del decreto ivi indicato, comunicazione dalla quale decorre il termine per la notificazione di esso al curatore e ai creditori i cui crediti sono impugnati.
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Art. 101 Dichiarazioni tardive di crediti.
Art. 101 Domande tardive di crediti.
Anche dopo il decreto previsto nell’art. 97, fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare, i creditori possono chiedere con ricorso al giudice delegato l’ammissione al passivo. Il giudice fissa con decreto l’udienza in cui il richiedente e il curatore devono comparire davanti a lui nonché il termine perentorio per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto. Le parti si costituiscono a norma dell’art. 98, terzo comma. Possono intervenire gli altri creditori. Se all’udienza il curatore non contesta l’ammissione del nuovo credito e il giudice lo ritiene fondato, il credito è ammesso con decreto; altrimenti il giudice provvede all’istruzione della causa a norma degli artt. 175 e seguenti del codice di procedura civile. Il creditore sopporta le spese conseguenti al ritardo della domanda, salvo che il ritardo sia dipeso da causa a lui non imputabile.
Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, depositate in cancelleria oltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive; in caso di particolare complessità della procedura, il tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, può prorogare quest’ultimo termine fino a diciotto mesi. Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all’articolo 95. Il curatore dà avviso a coloro che hanno presentato la domanda della data dell’udienza. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 93 a 99. Il creditore ha diritto di concorrere sulle somme già distribuite nei limiti di quanto stabilito nell’articolo 112. Il titolare di diritti su beni mobili o immobili, se prova che il ritardo è dipeso da causa non imputabile, può chiedere che siano sospese le attività di liquidazione del bene sino all’accertamento del diritto. Decorso il termine di cui al primo comma, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l’istante
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NUOVO TESTO prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.
Art. 102 Istanza di revocazione contro crediti ammessi.
Art. 102 Previsione di insufficiente realizzo.
Se prima che sia chiuso il fallimento si scopre che l’ammissione di un credito o d’una garanzia è stata determinata da falsità, dolo o errore essenziale di fatto, o si rinvengono documenti decisivi prima ignorati, il curatore o qualunque creditore può proporre domanda di revocazione del decreto del giudice delegato o della sentenza del tribunale, relativamente al credito o alla garanzia oggetto dell’impugnativa. L’istanza si propone con ricorso al giudice delegato. Il giudice fissa con decreto l’udienza per la comparizione davanti a sé delle parti, nonché il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto alle parti e al curatore. Quindi provvede all’istruzione della causa. Il curatore può intervenire in giudizio. Finché la controversia non sia definitivamente decisa, il giudice può disporre che siano accantonate in caso di ripartizione le quote spettanti ai creditori i cui crediti sono stati impugnati. Se il fallimento si chiude senza che la contestazione sia stata decisa, il giudizio continua dinanzi allo stesso tribunale.
Il tribunale, con decreto motivato da adottarsi prima dell’udienza per l’esame dello stato passivo, su istanza del curatore depositata almeno venti giorni prima dell’udienza stessa, corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e sentiti il comitato dei creditori ed il fallito, dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l’ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura. Il tribunale dispone in conformità a quanto previsto nel primo comma anche se la condizione di insufficiente realizzo emerge nel corso delle eventuali udienze successive a quella fissata ai sensi dell’articolo 16. Il curatore comunica il decreto di cui al primo comma ai creditori che abbiano presentato domanda di ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101, i quali, nei quindici giorni successivi, possono presentare reclamo alla corte di appello, che provvede con decreto in camera di consiglio, sentito il reclamante, il curatore, il comitato dei creditori ed il fallito. 581
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NUOVO TESTO
Art. 103 Domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili.
Art. 103 Procedimenti relativi a domande di rivendica e restituzione.
Le disposizioni degli artt. da 93 a 102 si applicano anche alle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito. In base all’elenco di tutte le domande il giudice forma uno stato delle domande accolte o respinte ai sensi degli artt. 95, 96 e 97. Se le domande sono proposte tardivamente a norma dell’art. 101, il giudice delegato può sospendere la vendita delle cose rivendicate, chieste in restituzione o separate, con cauzione o senza. In ogni caso il giudice, prima di provvedere sulle domande, deve, in quanto possibile, sentire il fallito. Le domande di rivendicazione, restituzione e separazione sul prezzo non pregiudicano le ripartizioni anteriori, e possono essere fatte valere sulle somme ancora da distribuire.
Ai procedimenti che hanno ad oggetto domande di restituzione o di rivendicazione, si applica il regime probatorio previsto nell’articolo 621 del codice di procedura civile. Se il bene non è stato acquisito all’attivo della procedura, il titolare del diritto, anche nel corso dell’udienza di cui all’articolo 95, può modificare l’originaria domanda e chiedere l’ammissione al passivo del controvalore del bene alla data di apertura del concorso. Se il curatore perde il possesso della cosa dopo averla acquisita, il titolare del diritto può chiedere che il controvalore del bene sia corrisposto in prededuzione.
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NUOVO TESTO
CAPO SESTO DELLA LIQUIDAZIONE DELL’ATTIVO
CAPO SESTO DELL’ESERCIZIO PROVVISORIO E DELLA LIQUIDAZIONE DELL’ATTIVO
SEZIONE PRIMA Disposizioni generali
SEZIONE PRIMA Disposizioni generali
Art. 104 Inizio della liquidazione.
Art. 104 Esercizio provvisorio dell’impresa del fallito.
Il curatore deve procedere, sotto la direzione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, se questo è stato nominato, alla vendita dei beni dopo il decreto previsto dall’art. 97, salve le esigenze dell’esercizio provvisorio della impresa, quando questo sia stato autorizzato. Il curatore può essere autorizzato con decreto motivato dal giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, a procedere alle vendite anche prima del termine indicato nel primo comma.
Con la sentenza dichiarativa del fallimento, il tribunale può disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, se dalla interruzione può derivare un danno grave, purchè non arrechi pregiudizio ai creditori. Successivamente, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza, con decreto motivato, la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, fissandone la durata. Durante il periodo di esercizio provvisorio, il comitato dei creditori è convocato dal curatore, almeno ogni tre mesi, per essere informato sull’andamento della gestione e per pronunciarsi sull’opportunità di continuare l’esercizio. Se il comitato dei creditori non ravvisa 583
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO l’opportunità di continuare l’esercizio provvisorio, il giudice delegato ne ordina la cessazione. Ogni semestre, o comunque alla conclusione del periodo di esercizio provvisorio, il curatore deve presentare un rendiconto dell’attività mediante deposito in cancelleria. In ogni caso il curatore informa senza indugio il giudice delegato e il comitato dei creditori di circostanze sopravvenute che possono influire sulla prosecuzione dell’esercizio provvisorio. Il tribunale può ordinare la cessazione dell’esercizio provvisorio in qualsiasi momento laddove ne ravvisi l’opportunità, con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamo sentiti il curatore ed il comitato dei creditori. Durante l’esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli. I crediti sorti nel corso dell’esercizio provvisorio sono soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1). Al momento della cessazione dell’esercizio provvisorio si applicano le disposizioni di cui alla sezione IV del capo III del titolo II. Art. 104-bis Affitto dell’azienda o di rami dell’azienda. Anche prima della presentazione del programma di liquidazione di cui al-
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NUOVO TESTO l’articolo 104-ter su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l’affitto dell’azienda del fallito a terzi anche limitatamente a specifici rami quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell’azienda o di parti della stessa. La scelta dell’affittuario è effettuata dal curatore a norma dell’articolo 107, sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La scelta dell’affittuario deve tenere conto, oltre che dell’ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali. Il contratto di affitto stipulato dal curatore nelle forme previste dall’articolo 2556 del codice civile deve prevedere il diritto del curatore di procedere alla ispezione della azienda, la prestazione di idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell’affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, il diritto di recesso del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all’affittuario di un giusto indennizzo da corrispondere ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1). La durata dell’affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni. Il diritto di prelazione a favore dell’affittuario può essere concesso conven585
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO zionalmente, previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. In tale caso, esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita dell’azienda o del singolo ramo, il curatore, entro dieci giorni, lo comunica all’affittuario, il quale può esercitare il diritto di prelazione entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione. La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si applicano le disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II. Art. 104-ter Programma di liquidazione. Entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, all’approvazione del giudice delegato. Il programma deve indicare le modalità e i termini previsti per la realizzazione dell’attivo, specificando: a) l’opportunità di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, o di singoli
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO rami di azienda, ai sensi dell’articolo 104, ovvero l’opportunità di autorizzare l’affitto dell’azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell’articolo 104-bis; b) la sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto; c) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare; d) le possibilità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco; e) le condizioni della vendita dei singoli cespiti. Il curatore può essere autorizzato dal giudice delegato ad affidare ad altri professionisti alcune incombenze della procedura di liquidazione dell’attivo. Il comitato dei creditori può proporre al curatore modifiche al programma presentato. L’approvazione del programma di liquidazione tiene luogo delle singole autorizzazioni eventualmente necessarie ai sensi della presente legge per l’adozione di atti o l’effettuazione di operazioni inclusi nel programma. Per sopravvenute esigenze, il curatore può presentare, con le modalità di cui ai commi primo, secondo e terzo, un supplemento del piano di liquidazione. Prima della approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione di beni, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori se già nominato, solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all’interesse dei creditori. 587
IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all’attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l’attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In questo caso, il curatore ne dà comunicazione ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto nell’articolo 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore.
Art. 105 Norme applicabili.
Art. 105 Vendita dell’azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco.
Alle vendite di beni mobili od immobili del fallimento si applicano le disposizioni del codice di procedura civile relative al processo di esecuzione, in quanto compatibili con le disposizioni delle sezioni seguenti.
La liquidazione dei singoli beni ai sensi degli articoli seguenti del presente capo è disposta quando risulta prevedibile che la vendita dell’intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori. La vendita del complesso aziendale o di rami dello stesso è effettuata con le modalità di cui all’articolo 107, in conformità a quanto disposto dall’articolo 2556 del codice civile. Nell’ambito delle consultazioni sindacali relative al trasferimento d’azienda, il curatore, l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e le ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti.
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO Salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento. Il curatore può procedere altresì alla cessione delle attività e delle passività dell’azienda o dei suoi rami, nonchè di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, esclusa comunque la responsabilità dell’alienante prevista dall’articolo 2560 del codice civile. La cessione dei crediti relativi alle aziende cedute, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede al cedente. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti a favore del cedente, conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario. Il curatore può procedere alla liquidazione anche mediante il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell’azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell’alienante ai sensi dell’articolo 2560 del codice civile ed osservate le disposizioni inderogabili contenute nella presente sezione. Sono salve le diverse disposizioni previste in leggi speciali. Il pagamento del prezzo può essere effettuato mediante accollo di debiti da
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO parte dell’acquirente solo se non viene alterata la graduazione dei crediti.
SEZIONE SECONDA Della vendita di cose mobili
SEZIONE SECONDA Della vendita di cose mobili
Art. 106 Modalità della vendita dei beni mobili.
Art. 106 Vendita dei crediti, dei diritti e delle quote, delle azioni, mandato a riscuotere.
Per i beni mobili, compresi i frutti naturali degli immobili, il giudice delegato, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all’incanto, e determinando le modalità relative, sentito ove occorra uno stimatore. In caso di necessità o di utilità evidente può autorizzare la vendita in massa delle attività mobiliari, in tutto o in parte, prescrivendo speciali misure di pubblicità.
Il curatore può cedere i crediti, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se oggetto di contestazione; può altresì cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi giudizi sono già pendenti. Per la vendita della quota di società a responsabilità limitata si applica l’articolo 2471 del codice civile. In alternativa alla cessione di cui al primo comma, il curatore può stipulare contratti di mandato per la riscossione dei crediti.
SEZIONE TERZA Della vendita dei beni immobili
SEZIONE TERZA Della vendita dei beni immobili
Art. 107 Espropriazione in corso.
Art. 107 Modalità delle vendite.
Se prima della dichiarazione di falli- Le vendite e gli altri atti di liquidaziomento è stata iniziata da un creditore ne sono effettuati dal curatore, tramite 590
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NUOVO TESTO
l’espropriazione di uno o più immobili del fallito, il curatore si sostituisce nella procedura al creditore istante. In caso d’ingiustificato ritardo da parte del curatore il creditore procedente, il fallito e ogni altro interessato possono reclamare, a norma dell’art. 36, al giudice delegato. Se era in corso il procedimento di distribuzione del prezzo, il procedimento deve essere integrato con l’intervento del curatore. Il curatore deve tenere un conto speciale delle vendite dei singoli immobili e dei frutti percepiti sui medesimi dalla data della dichiarazione di fallimento. La somma ricavata dalla vendita dei frutti è distribuita col prezzo degli immobili relativi.
procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. Per i beni immobili, prima del completamento delle operazioni di vendita, è data notizia mediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio. Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d’acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto. Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione. Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizioni del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all’articolo 51. Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti specializzati e degli operatori
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NUOVO TESTO esperti dei quali il curatore può avvalersi ai sensi del primo comma, nonchè i mezzi di pubblicità e trasparenza delle operazioni di vendita.
Art. 108 Modalità della vendita degli immobili.
Art. 108 Poteri del giudice delegato.
La vendita degli immobili deve farsi con incanto. Il giudice delegato tuttavia, su proposta del curatore, sentito il comitato dei creditori e con l’assenso dei creditori ammessi al passivo, aventi un diritto di prelazione sugli immobili, può ordinare la vendita senza incanto, ove la ritenga più vantaggiosa. Le vendite sono disposte con ordinanza dal giudice delegato, su istanza del curatore, ed hanno luogo innanzi al giudice medesimo, salvo quanto disposto dall’articolo 578 del codice di procedura civile. Il giudice che procede può sospendere la vendita, quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto. Un estratto dell’ordinanza che dispone la vendita è notificato dal curatore a ciascuno dei creditori ammessi al passivo con diritto di prelazione sull’immobile, nonché ai creditori ipotecari iscritti.
Il giudice delegato, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere dello stesso comitato dei creditori, può sospendere, con decreto motivato, le operazioni di vendita, qualora ricorrano gravi e giustificati motivi ovvero, su istanza presentata dagli stessi soggetti entro dieci giorni dal deposito di cui al quarto comma dell’articolo 107, impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato. Per i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico e per i beni immobili, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonchè delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo.
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NUOVO TESTO Art. 108-bis Modalità della vendita di navi, galleggianti ed aeromobili.
La vendita di navi, galleggianti ed aeromobili iscritti nei registri indicati dal codice della navigazione è eseguita a norma delle disposizioni dello stesso codice, in quanto applicabili.
Art. 108-ter Modalità della vendita di diritti sulle opere dell’ingegno; sulle invenzioni industriali; sui marchi. Il trasferimento dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell’ingegno, il trasferimento dei diritti nascenti delle invenzioni industriali, il trasferimento dei marchi e la cessione di banche di dati sono fatte a norma delle rispettive leggi speciali. Art. 109 Procedimento di distribuzione della somma ricavata.
Art. 109 Procedimento di distribuzione della somma ricavata.
Il giudice delegato provvede alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita secondo le disposizioni del capo seguente. Il giudice delegato stabilisce con decreto la somma da attribuire, se del caso, al curatore in conto del compen-
Il giudice delegato provvede alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita secondo le disposizioni del capo seguente. Il tribunale stabilisce con decreto la somma da attribuire, se del caso, al curatore in conto del compenso finale 593
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so finale da liquidarsi a norma dell’art. 39. Tale somma è prelevata sul prezzo insieme alle spese di procedura e di amministrazione.
da liquidarsi a norma dell’art. 39. Tale somma è prelevata sul prezzo insieme alle spese di procedura e di amministrazione.
CAPO SETTIMO DELLA RIPARTIZIONE DELL’ATTIVO
CAPO SETTIMO DELLA RIPARTIZIONE DELL’ATTIVO
Art. 110 Progetto di ripartizione.
Art. 110 Procedimento di ripartizione.
Il curatore, ogni due mesi a partire dalla data del decreto previsto dall’art. 97, salvo che il giudice delegato stabilisca un termine diverso, deve presentare un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura. Il giudice, sentito il comitato dei creditori, apporta al progetto le variazioni che ravvisa convenienti e ne ordina il deposito in cancelleria disponendo che tutti i creditori ne siano avvisati.
Il curatore, ogni quattro mesi a partire dalla data del decreto previsto dall’articolo 97 o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato, presenta un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura. Il giudice, sentito il comitato dei creditori, ordina il deposito del progetto di ripartizione in cancelleria, disponendo che tutti i creditori, compresi quelli per i quali è in corso uno dei giudizi di cui all’articolo 98, ne siano avvisati con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o altra modalità telematica, con garanzia di avvenuta ricezione in base agli articoli 8, comma 2, 9, comma 4, e 14 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
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I creditori possono far pervenire entro dieci giorni dall’avviso le loro osservazioni. Trascorso tale termine, il giudice delegato, tenuto conto delle osservazioni, stabilisce con decreto il piano di riparto, rendendolo esecutivo.
I creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al secondo comma, possono proporre reclamo contro il progetto di riparto nelle forme di cui all’articolo 26. Decorso tale termine, il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiara esecutivo il progetto di ripartizione. Se sono proposti reclami, il progetto di ripartizione è dichiarato esecutivo con accantonamento delle somme corrispondenti ai crediti oggetto di contestazione. Il provvedimento che decide sul reclamo dispone in ordine alla destinazione delle somme accantonate.
Art. 111 Ordine di distribuzione delle somme.
Art. 111 Ordine di distribuzione delle somme.
Le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine: 1) per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate dall’erario, e dei debiti contratti per l’amministrazione del fallimento e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa, se questo è stato autorizzato; 2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l’ordine assegnato dalla legge; 3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indi-
Le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine: 1) per il pagamento dei crediti prededucibili;
2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l’ordine assegnato dalla legge; 3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indi595
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cati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa. I prelevamenti indicati al n. 1 sono determinati con decreto dal giudice delegato.
cati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa. Sono considerati debiti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali debiti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1). Art. 111-bis Disciplina dei crediti prededucibili. I crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui al capo V, con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare, anche se sorti durante l’esercizio provvisorio, e di quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell’articolo 25; in questo ultimo caso, se contestati, devono essere accertati con il procedimento di cui all’articolo 26. Per i crediti prededucibili sorti dopo l’adunanza di verificazione dello stato passivo ovvero dopo l’udienza alla quale essa sia stata differita, si provvede all’accertamento ai sensi del secondo comma dell’articolo 101. I crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare,
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NUOVO TESTO secondo un criterio proporzionale, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Il corso degli interessi cessa al momento del pagamento. I crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare, possono essere soddisfatti ai di fuori del procedimento di riparto se l’attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti. Il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato se l’importo è superiore a euro 25.000,00; l’importo può essere aggiornato ogni cinque anni con decreto del Ministro della giustizia in base agli indici ISTAT sul costo della vita. Se l’attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all’ordine assegnato dalla legge. Art. 111-ter Conti speciali. La massa liquida attiva immobiliare è costituita dalle somme ricavate dalla liquidazione dei beni immobili, come definiti dall’articolo 812 del codice civile, e dei loro frutti e pertinenze, nonchè dalla quota proporzionale di interessi attivi liquidati sui depositi delle relative somme. 597
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NUOVO TESTO La massa liquida attiva mobiliare è costituita da tutte le altre entrate. Il curatore deve tenere un conto autonomo delle vendite dei singoli beni immobili oggetto di privilegio speciale e di ipoteca e dei singoli beni mobili o gruppo di mobili oggetto di pegno e privilegio speciale, con analitica indicazione delle entrate e delle uscite di carattere specifico e della quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale. Art. 111-quater Crediti assistiti da prelazione. I crediti assistiti da privilegio generale hanno diritto di prelazione per il capitale, le spese e gli interessi, nei limiti di cui agli articoli 54 e 55, sul prezzo ricavato dalla liquidazione del patrimonio mobiliare, sul quale concorrono in un’unica graduatoria con i crediti garantiti da privilegio speciale mobiliare, secondo il grado previsto dalla legge. I crediti garantiti da ipoteca e pegno e quelli assistiti da privilegio speciale hanno diritto di prelazione per il capitale, le spese e gli interessi, nei limiti di cui agli articoli 54 e 55, sul prezzo ricavato dai beni vincolati alla loro garanzia.
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Art. 112 Art. 112 Partecipazione dei creditori ammessi Partecipazione dei creditori ammessi tardivamente. tardivamente. I creditori ammessi a norma dell’art. 101 concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvi i diritti di prelazione. Se però dalla sentenza pronunciata a norma dell’articolo 101 risulta che il ritardo è dipeso da causa ad essi non imputabile, i creditori sono ammessi a prelevare sull’attivo non ripartito anche le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni.
I creditori ammessi a norma dell’articolo 101 concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvo il diritto di prelevare le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni se assistiti da cause di prelazione o se il ritardo è dipeso da cause ad essi non imputabili.
Art. 113 Ripartizioni parziali.
Art. 113 Ripartizioni parziali.
Nelle ripartizioni parziali, che non possono superare il novanta per cento delle somme da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei modi stabiliti dal giudice delegato, le quote assegnate: 1) ai creditori residenti all’estero per i crediti dei quali, essendo stato prorogato il termine, non sia ancora avvenuta la verificazione; 2) ai creditori per i quali è stato ordinato l’accantonamento delle quote, nonché ai creditori ammessi con riserva di presentazione del titolo; 3) ai creditori i cui crediti sono soggetti a condizione sospensiva non ancora verificata, compresi i crediti che non
Nelle ripartizioni parziali, che non possono superare l’ottanta per cento delle somme da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei modi stabiliti dal giudice delegato, le quote assegnate: 1) ai creditori ammessi con riserva;
2) ai creditori opponenti a favore dei quali sono state disposte misure cautelari;
3) ai creditori opponenti la cui domanda è stata accolta ma la sentenza non è passata in giudicato; 599
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possono farsi valere contro il fallito se non previa escussione di un obbligato principale; 4) alle spese future ritenute necessarie dal giudice delegato ed alle somme occorrenti per soddisfare il compenso e le spese dovute al curatore.
4) ai creditori nei cui confronti sono stati proposti i giudizi di impugnazione e di revocazione. Le somme ritenute necessarie per spese future, per soddisfare il compenso al curatore e ogni altro debito prededucibile devono essere trattenute; in questo caso, l’ammontare della quota da ripartire indicata nel primo comma del presente articolo deve essere ridotta se la misura dell’ottanta per cento appare insufficiente. Devono essere altresì trattenute e depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato le somme ricevute dalla procedura per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato. Art. 113-bis Scioglimento delle ammissioni con riserva. Quando si verifica l’evento che ha determinato l’accoglimento di una domanda con riserva, su istanza del curatore o della parte interessata, il giudice delegato modifica lo stato passivo, con decreto, disponendo che la domanda deve intendersi accolta definitivamente.
Art. 114 Restituzione di somme riscosse.
Art. 114 Restituzione di somme riscosse.
Nei casi previsti dall’art. 102 i credito- I pagamenti effettuati in esecuzione ri che hanno partecipato a qualche ri- dei piani di riparto non possono essere 600
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partizione devono restituire le somme ripetuti, salvo il caso dell’accoglimenriscosse con gli interessi legali. to di domande di revocazione. I creditori che hanno percepito pagamenti non dovuti, devono restituire le somme riscosse, oltre agli interessi legali dal momento del pagamento effettuato a loro favore. Art. 115 Pagamento ai creditori.
Art. 115 Pagamento ai creditori.
Il curatore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizione nei modi stabiliti dal giudice delegato.
Il curatore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizione nei modi stabiliti dal giudice delegato, purchè tali da assicurare la prova del pagamento stesso. Se prima della ripartizione i crediti ammessi sono stati ceduti, il curatore attribuisce le quote di riparto ai cessionari, qualora la cessione sia stata tempestivamente comunicata, unitamente alla documentazione che attesti, con atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario, l’intervenuta cessione. In questo caso, il curatore provvede alla rettifica formale dello stato passivo.
Art. 116 Rendiconto del curatore.
Art. 116 Rendiconto del curatore.
Compiuta la liquidazione dell’attivo prima del riparto finale, il curatore presenta al giudice delegato il conto della gestione.
Compiuta la liquidazione dell’attivo e prima del riparto finale, nonchè in ogni caso in cui cessa dalle funzioni, il curatore presenta al giudice delegato l’esposizione analitica delle operazio601
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Il giudice ordina il deposito del conto in cancelleria, e fissa l’udienza nella quale ogni interessato può presentare le sue osservazioni. L’udienza non può essere tenuta prima che siano decorsi quindici giorni dal deposito. Dell’avvenuto deposito e della fissazione della udienza è data immediata comunicazione al fallito e ai singoli creditori.
Se all’udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto; altrimenti provvede a norma dell’art. 189 del codice di procedura civile, fissando l’udienza innanzi al collegio non oltre i venti giorni successivi.
NUOVO TESTO ni contabili e della attività di gestione della procedura. Il giudice ordina il deposito del conto in cancelleria e fissa l’udienza fino alla quale ogni interessato può presentare le sue osservazioni o contestazioni. L’udienza non può essere tenuta prima che siano decorsi quindici giorni dal deposito. Dell’avvenuto deposito e della fissazione dell’udienza, il curatore dà immediata comunicazione ai creditori ammessi al passivo, a coloro che hanno proposto opposizione, ai creditori in prededuzione non soddisfatti ed al fallito, avvisandoli che possono prende visione del rendiconto e presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino all’udienza. Se all’udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto con decreto; altrimenti, fissa l’udienza innanzi al collegio che provvede in camera di consiglio.
Art. 117 Ripartizione finale.
Art. 117 Ripartizione finale.
Approvato il conto e liquidato il compenso del curatore, il giudice delegato sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale secondo le norme precedenti. Nel riparto finale vengono distribuiti
Approvato il conto e liquidato il compenso del curatore, il giudice delegato, sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale secondo le norme precedenti. Nel riparto finale vengono distribuiti
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anche gli accantonamenti precedentemente fatti. Tuttavia, nel caso previsto dal n. 3 dell’art. 113, se la condizione non si è ancora verificata, la somma è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perché a suo tempo possa essere o versata ai creditori cui spetta o fatta oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori. Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili la somma dovuta è depositata presso un istituto di credito. Il certificato di deposito vale quietanza.
anche gli accantonamenti precedentemente fatti. Tuttavia, se la condizione non si è ancora verificata ovvero se il provvedimento non è ancora passato in giudicato, la somma è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perchè, verificatisi gli eventi indicati, possa essere versata ai creditori cui spetta o fatta oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori. Gli accantonamenti non impediscono la chiusura della procedura. Il giudice delegato, nel rispetto delle cause di prelazione, può disporre che a singoli creditori che vi consentono siano assegnati, in luogo delle somme agli stessi spettanti, crediti di imposta del fallito non ancora rimborsati. Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono nuovamente depositate presso l’ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell’articolo 34. Decorsi cinque anni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono versate a cura del depositario all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia. Il giudice, anche se è intervenuta l’esdebitazione del fallito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, su ricorso dei creditori rimasti insoddisfatti che abbiano pre603
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NUOVO TESTO sentato la richiesta di cui al quarto comma, dispone la distribuzione delle somme non riscosse in base all’articolo 111 fra i soli richiedenti.
CAPO OTTAVO DELLA CESSAZIONE DELLA PROCEDURA FALLIMENATRE
CAPO OTTAVO DELLA CESSAZIONE DELLA PROCEDURA FALLIMENATRE
Art. 118 Casi di chiusura.
Art. 118 Casi di chiusura.
Salvo quanto disposto nella sezione seguente per il caso di concordato, la procedura di fallimento si chiude: 1) se nei termini stabiliti nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo; 2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell’attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l’intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati il compenso del curatore e le spese di procedura; 3) quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo; 4) quando non possa essere utilmente continuata la procedura per insufficienza di attivo.
Salvo quanto disposto nella sezione seguente per il caso di concordato, la procedura di fallimento si chiude: 1) se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo; 2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell’attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l’intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione; 3) quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo; 4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, nè i crediti prededucibili e le spese di procedura. Tale circostanza può essere, accertata con la relazione o con i successivi rapporti riepilogativi di cui all’articolo 33.
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NUOVO TESTO Ove si tratti di fallimento di società il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese. La chiusura della procedura di fallimento della società determina anche la chiusura della procedura estesa ai soci ai sensi dell’articolo 147, salvo che nei confronti del socio non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale.
Art. 119 Decreto di chiusura.
Art. 119 Decreto di chiusura.
La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio, pubblicato nelle forme prescritte nell’art. 17. Il decreto è soggetto a reclamo entro quindici giorni dalla data di affissione dinanzi alla corte di appello, la quale provvede in camera di consiglio, sentiti il reclamante, il curatore e il fallito. (1) _____________________________
La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio, pubblicato nelle forme prescritte nell’art. 17. Quando la chiusura del fallimento è dichiarata ai sensi dell’articolo 118, primo comma, n. 4), prima dell’approvazione del programma di liquidazione, il tribunale decide sentiti il comitato dei creditori ed il fallito. Contro il decreto che dichiara la chiusura o ne respinge la richiesta è ammesso reclamo a norma dell’articolo 26. Con i decreti emessi ai sensi del primo e del terzo comma del presente articolo, sono impartite le disposizioni esecutive volte ad attuare gli effetti della decisione. Allo stesso modo si provvede a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di revoca del fallimento o della definitività del decreto di omologazione del concordato fallimentare.
(1) C. cost. 20 novembre 2002, n. 493, ha dich. l’illeg. cost. del articolo, ove esclude la reclamabilità dinanzi alla Corte d’appello del decreto di rigetto dell’istanza di chiusura del fallimento.
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NUOVO TESTO
Art. 120 Effetti della chiusura.
Art. 120 Effetti della chiusura.
Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e decadono gli organi preposti al fallimento. I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi.
Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e decadono gli organi preposti al fallimento. Le azioni esperite dal curatore per l’esercizio di diritti derivanti dal fallimento non possono essere proseguite. I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi, salvo quanto previsto dagli articoli 142 e seguenti. Il decreto o la sentenza con la quale il credito è stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all’articolo 634 del codice di procedura civile.
Art. 121 Casi di riapertura del fallimento.
Art. 121 Casi di riapertura del fallimento.
Nei casi preveduti dai nn. 3 e 4 dell’articolo 118, il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di qualunque creditore, può ordinare che il Fallimento già chiuso sia riaperto, quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando il fallito offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi. Il tribunale, con sentenza in camera di consiglio non soggetta a gravame, se
Nei casi preveduti dai nn. 3 e 4 dell’articolo 118, il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di qualunque creditore, può ordinare che il Fallimento già chiuso sia riaperto, quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando il fallito offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi. Il tribunale, con sentenza in camera di consiglio, se accoglie l’istanza:
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accoglie l’istanza: 1) richiama in ufficio il giudice delegato ed il curatore o li nomina di nuovo; 2) stabilisce i termini previsti dai nn. 4 e 5 dell’art. 16, abbreviandoli non oltre la metà. La sentenza è pubblicata a norma dell’art. 17.
1) richiama in ufficio il giudice delegato ed il curatore o li nomina di nuovo; 2) stabilisce i termini previsti dai numeri 4) e 5) del secondo comma dell’articolo 16, eventualmente abbreviandoli non oltre la metà; i creditori già ammessi al passivo nel fallimento chiuso possono chiedere la conferma del provvedimento di ammissione salvo che intendano insinuare al passivo ulteriori interessi. Il giudice delegato nomina il comitato Il giudice delegato nomina il comitato dei creditori, tenendo conto nella scel- dei creditori, tenendo conto nella scelta anche dei nuovi creditori. ta anche dei nuovi creditori. Per le altre operazioni si seguono le Per le altre operazioni si seguono le norme stabilite nei capi precedenti. norme stabilite nei capi precedenti. Art. 122 Concorso dei vecchi e nuovi creditori.
Art. 122 Concorso dei vecchi e nuovi creditori.
I creditori concorrono alle nuove ripartizioni per le somme loro dovute al momento della riapertura, dedotto quanto hanno percepito nelle precedenti ripartizioni, salve in ogni caso le cause legittime di prelazione. Restano ferme le precedenti statuizioni a norma degli artt. da 93 e 103.
I creditori concorrono alle nuove ripartizioni per le somme loro dovute al momento della riapertura, dedotto quanto hanno percepito nelle precedenti ripartizioni, salve in ogni caso le cause legittime di prelazione. Restano ferme le precedenti statuizioni a norma del Capo V.
Art. 123 Effetti della riapertura sugli atti pregiudizievoli ai creditori.
Art. 123 Effetti della riapertura sugli atti pregiudizievoli ai creditori.
In caso di riapertura del fallimento, per In caso di riapertura del fallimento, per
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le azioni revocatorie relative agli atti del fallito, compiuti dopo la chiusura del fallimento, i termini stabiliti dagli artt. 65, 67 e 70 sono computati dalla data della sentenza di riapertura. Sono privi di effetto nei confronti dei creditori gli atti a titolo gratuito posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del fallimento.
le azioni revocatorie relative agli atti del fallito, compiuti dopo la chiusura del fallimento, i termini stabiliti dagli artt. 65, 67 e 67-bis sono computati dalla data della sentenza di riapertura. Sono privi di effetto nei confronti dei creditori gli atti a titolo gratuito e quelli di cui all’articolo 69, posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del fallimento.
Art. 124 Proposta di concordato.
Art. 124 Proposta di concordato.
Dopo il decreto previsto nell’art. 97, il fallito può proporre ai creditori un concordato, presentando domanda al giudice delegato. La domanda deve contenere l’indicazione della percentuale offerta ai creditori chirografari e del tempo del pagamento, e la descrizione delle garanzie offerte per il pagamento, dei crediti, delle spese di procedura e del compenso al curatore. La cessione delle azioni revocatorie come patto di concordato è ammessa a favore del terzo che si accolla l’obbligo di adempiere il concordato limitatamente alle azioni già proposte dal curatore. La cessione non è ammessa a favore del fallito e dei suoi fideiussori.
La proposta di concordato può essere presentata da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo, purchè i dati contabili e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giudice delegato. Essa non può essere presentata dal fallito, da società cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo, se non dopo il decorso di sei mesi dalla dichiarazione di fallimento e purchè non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. La proposta può prevedere: a) la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei; b) trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni dei trattamenti differenziati dei medesimi;
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NUOVO TESTO c) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonchè a società da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito. La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non vengano soddisfatti integralmente, purchè il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al cespite o al credito oggetto della garanzia indicato nella relazione giurata di un esperto o di un revisore contabile o di una società di revisione designati dal tribunale. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può aver l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione. La proposta presentata da un terzo può prevedere la cessione, oltre che dei beni compresi nell’attivo fallimentare, anche delle azioni di pertinenza della massa, purchè autorizzate dal giudice delegato, con specifica indicazione dell’oggetto e del fondamento della pretesa. Il terzo può limitare gli impegni assunti con il concordato ai soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente, e a quelli che hanno proposto opposizione allo sta609
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NUOVO TESTO to passivo o domanda di ammissione tardiva al tempo della proposta. In tale caso, verso gli altri creditori continua a rispondere il fallito, fermo quanto disposto dagli articoli 142 e seguenti in caso di esdebitazione.
Art. 125 Art. 125 Esame della proposta e comunicazio- Esame della proposta e comunicazione ai creditori. ne ai creditori. Sulla proposta di concordato il giudice chiede il parere del curatore e del comitato dei creditori e, se ritiene la proposta conveniente, ne ordina la comunicazione immediata, con la indicazione dei suddetti pareri, mediante lettera raccomandata ai creditori, fissando un termine, non inferiore a venti né superiore a trenta giorni dalla data del provvedimento, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale la loro dichiarazione di dissenso. La dichiarazione può essere scritta, in calce alla comunicazione. Delle dichiarazioni di voto è presa nota in apposito verbale sottoscritto dal giudice e dal cancelliere. In seguito alla proposta di concordato il giudice delegato può sospendere la liquidazione. Se vi sono degli obbligazionisti la proposta di concordato deve essere comunicata al rappresentante degli obbligazionisti e il termine concesso ai creditori per far pervenire nella cancelleria del tribunale la loro dichiarazione di dissensi, deve essere raddoppiato. 610
La proposta di concordato è presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede il parere del comitato dei creditori e del curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione. Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori, essa deve essere sottoposta, con i pareri di cui al primo comma, al giudizio del tribunale, che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all’articolo 124, secondo comma, lettere a) e b), tenendo conto della relazione resa ai sensi dell’articolo 124, terzo comma. Una volta espletati tali adempimenti preliminari, il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del curatore, ordina che la proposta venga comunicata ai creditori, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione. Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni nè superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella
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NUOVO TESTO cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso. Se le proposte sono più di una, devono essere portate in votazione contemporaneamente. Se la società fallita ha emesso obbligazioni o strumenti finanziari oggetto della proposta di concordato, la comunicazione è inviata agli organi che hanno il potere di convocare le rispettive assemblee, affinchè possano esprimere il loro eventuale dissenso. Il termine previsto dal terzo comma è prolungato per consentire l’espletamento delle predette assemblee.
Art. 126 Concordato nel caso di numerosi creditori.
Art. 126 Concordato nel caso di numerosi creditori.
Se la comunicazione prescritta dall’articolo precedente è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari, il tribunale, sentiti il pubblico ministero e il curatore, può autorizzare il giudice delegato a disporre che la proposta di concordato, anziché comunicata singolarmente ai creditori, sia pubblicata, con le conclusioni dei pareri del curatore e del comitato dei creditori, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, eventualmente, in altri giornali.
Ove le comunicazioni siano dirette ad un rilevante numero di destinatari, il giudice delegato può autorizzare il curatore a dare notizia della proposta di concordato, anzichè con comunicazione ai singoli creditori, mediante pubblicazione del testo integrale della medesima su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale.
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NUOVO TESTO
Art. 127 Voto nel concordato.
Art. 127 Voto nel concordato.
Hanno diritto al voto i creditori ammessi al passivo, anche se con riserva o provvisoriamente. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori. Il voto di adesione deve essere esplicito ed importa rinuncia al diritto di prelazione per l’intero credito, se è dato senza dichiarazione di limitata rinuncia. Se il concordato non è approvato, non è omologato o viene annullato o risoluto, cessano gli effetti della rinuncia. Sono esclusi dal voto o dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti ed affini fino al quarto grado e coloro che sono diventati cessionari o aggiudicatari dei crediti di dette persone da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento. I trasferimenti dei crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento non attribuiscono diritto di voto.
Se la proposta è presentata prima che lo stato passivo venga reso esecutivo, hanno diritto al voto i creditori che risultano dall’elenco provvisorio predisposto dal curatore e approvato dal giudice delegato; altrimenti, gli aventi diritto al voto sono quelli indicati nello stato passivo reso esecutivo ai sensi dell’articolo 97. In quest’ultimo caso, hanno diritto al voto anche i creditori ammessi provvisoriamente e con riserva. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorchè la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione, salvo quanto previsto dal terzo comma. La rinuncia può essere anche parziale, purchè non inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato. I creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 124, terzo comma, la soddisfazione non integrale, sono considerati chirografari
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NUOVO TESTO per la parte residua del credito. Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti ed affini fino al quarto grado e coloro che sono diventati cessionari o aggiudicatari dei crediti di dette persone da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento. La stessa disciplina si applica ai crediti delle società controllanti o controllate o sottoposte a comune controllo. I trasferimenti di crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento non attribuiscono diritto di voto, salvo che siano effettuati a favore di banche o altri intermediari finanziari.
Art. 128 Approvazione del concordato.
Art. 128 Approvazione del concordato.
Il concordato è approvato se riporta il consenso della maggioranza numerica dei creditori aventi diritto al voto, la quale rappresenti almeno i due terzi della somma dei loro crediti. I creditori che non fanno pervenire la loro dichiarazione nel termine indicato nell’art. 125 si ritengono consenzienti, salvo quanto disposto dal comma secondo dell’articolo precedente. La variazione del numero dei creditori ammessi o dell’ammontare dei singoli crediti, che avvenga per effetto di sentenza posteriore alla scadenza del termine indicato nell’art. 125, non influisce sul calcolo della maggioranza.
Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto nelle classi medesime. I creditori che non fanno pervenire il loro dissenso nel termine fissato dal giudice delegato si ritengono consenzienti. La variazione del numero dei creditori ammessi o dell’ammontare dei singoli 613
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NUOVO TESTO crediti, che avvenga per effetto di una sentenza emessa successivamente alla scadenza del termine fissato dal giudice delegato per le votazioni, non influisce sul calcolo della maggioranza.
Art. 129 Giudizio di omologazione.
Art. 129 Giudizio di omologazione.
Decorso il termine stabilito per la votazione, se non si sono raggiunte le maggioranze prescritte, il giudice delegato con decreto in calce al verbale previsto dall’art. 125, comma secondo, dichiara respinta la proposta di concordato. In caso contrario pronuncia ordinanza con la quale dichiara aperto il giudizio di omologazione e fissa l’udienza di comparizione davanti a sé non prima di quindici o non oltre trenta giorni. L’ordinanza è pubblicata per affissione. I creditori dissenzienti e qualsiasi interessato possono fare opposizione con atto notificato al curatore e al fallito, costituendosi almeno cinque giorni prima dell’udienza. L’atto d’opposizione deve contenerne i motivi. All’udienza, previa relazione orale del curatore, il giudice sente le parti costituite, il presidente del comitato dei creditori ed il fallito; quindi procede a norma degli artt. 183 e seguenti del codice di procedura civile, fissando l’udienza innanzi al collegio nel termine di dieci giorni. Cinque giorni prima dell’udienza innanzi al collegio il curatore deposita
Decorso il termine stabilito per le votazioni, il curatore presenta al giudice delegato una relazione sul loro esito. Se la proposta è stata approvata, il giudice delegato dispone che ne sia data immediata comunicazione al proponente, al fallito e ai creditori dissenzienti e fissa un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per la proposizione di eventuali opposizioni, anche da parte di qualsiasi altro interessato, e per il deposito della relazione conclusiva del curatore; se la proposta di concordato è stata presentata dal curatore, la relazione è redatta e depositata dal comitato dei creditori. Analogamente si procede se sussiste la maggioranza per somma e per classi di cui al settimo comma e il proponente richiede che il tribunale proceda all’approvazione del concordato. L’opposizione e la richiesta di omologazione si propongono con ricorso a norma dell’articolo 26. Se nel termine fissato non vengono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologa il
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in cancelleria una relazione motivata col suo parere definitivo. Analoga relazione può presentare il comitato dei creditori.
concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. Se sono state proposte opposizioni ovvero se è stata presentata la richiesta di omologazione, si procede ai sensi dell’articolo 26, quinto, sesto, settimo e ottavo comma, in quanto compatibili. Il tribunale provvede con decreto motivato pubblicato a norma dell’articolo 17. Quando sono previste diverse classi di creditori, il tribunale, riscontrato il raggiungimento della maggioranza di cui all’articolo 128, primo comma, primo periodo, può omologare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Al fine di quanto previsto dal settimo comma, le classi di creditori non ammessi al voto ai sensi del secondo comma dell’articolo 127 sono considerate favorevoli ai soli fini del requisito della maggioranza delle classi.
Art. 130 Sentenze di omologazione del concordato.
Art. 130 Efficacia del decreto.
Il tribunale accerta l’osservanza delle La proposta di concordato diventa efprescrizioni di legge per l’ammissio- ficace dal momento in cui scadono i
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ne e per la validità del concordato, esamina il merito delle proposte e la serietà delle garanzie offerte e decide su tutte le opposizioni con unita sentenza, omologando o respingendo il concordato. La sentenza che omologa il concordato stabilisce le modalità per il pagamento delle somme dovute ai creditori in esecuzione del concordato, o rimette al giudice delegato di stabilirle con decreto successivo non soggetto a reclamo. Se nel concordato sono state concesse ipoteche a garanzia del concordato il tribunale, nel pronunciare l’omologazione, fissa un breve termine per l’iscrizione delle ipoteche da eseguirsi dal curatore. La sentenza è pubblicata ed affissa a norma dell’art. 17. Essa è provvisoriamente esecutiva. Tuttavia, alle scadenze stabilite per i pagamenti, se la sentenza non è passata in giudicato, le somme dovute per l’adempimento del concordato devono essere depositate presso un istituto di credito designato dal giudice delegato.
termini per opporsi all’omologazione, o dal momento in cui si esauriscono le impugnazioni previste dall’articolo 129. Quando il decreto di omologazione diventa definitivo, il curatore rende conto della gestione ai sensi dell’articolo 116 ed il tribunale dichiara chiuso il fallimento.
Art. 131 Appello contro la sentenza.
Art. 131 Reclamo.
Contro la sentenza che omologa o re- Il decreto del tribunale è reclamabile spinge il concordato possono appellare dinanzi alla corte di appello che progli opponenti e il fallito entro quindici nuncia in camera di consiglio. giorni dall’affissione.
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L’atto d’appello deve essere notificato al curatore, al fallito e alle parti costituite. La sentenza d’appello è pubblicata a norma dell’art. 17, e il termine per ricorrere per cassazione è ridotto della metà e decorre dall’affissione. Con il passaggio in giudicato della sentenza che omologa il concordato la procedura di fallimento è chiusa (1). _____________________________
Il reclamo è proposto con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del decreto. Il presidente designa il relatore e fissa l’udienza di comparizione delle parti entro sessanta giorni dal deposito, assegnando al ricorrente un termine perentorio non inferiore a dieci giorni dalla comunicazione del decreto per la notifica del ricorso e del decreto al curatore e alle altre parti; assegna altresì alle parti resistenti termine perentorio per il deposito di memorie non inferiore a trenta giorni. Il curatore dà immediata notizia agli altri creditori del deposito del reclamo e dell’udienza fissata. All’udienza il collegio, nel contraddittorio delle parti, assunte anche d’ufficio tutte le informazioni e le prove necessarie, provvede con decreto motivato. Il decreto, comunicato al debitore e pubblicato a norma dell’articolo 17, può essere impugnato entro il termine di trenta giorni avanti la corte di cassazione.
(1) C. cost., con sentenza 12 novembre 1974, n. 255, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove, per le parti costituite, fa decorrere il termine per proporre appello contro la sentenza che omologa o respinge il concordato preventivo dall’affissione, anziché dalla data di ricezione della comunicazione della stessa.
Art. 132 Intervento del pubblico ministero.
Art. 132 Intervento del pubblico ministero.
Il pubblico ministero interviene sia nel giudizio di primo grado sia nel giudizio di appello.
(abrogato)
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Art. 133 Spese per omologazione.
Art. 133 Spese per omologazione.
Alle spese di omologazione si provvede con le somme liquide del fallimento, mediante prelevamenti disposti dal giudice delegato.
(abrogato)
Art. 134 Rendiconto del curatore.
Art. 134 Rendiconto del curatore.
Appena la sentenza di omologazione è passata in giudicato, il curatore deve rendere il conto a norma dell’art. 116.
(abrogato)
Art. 135 Effetti del concordato.
Art. 135 Effetti del concordato.
Il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi. I creditori conservano la loro azione per l’intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso.
Il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi. I creditori conservano la loro azione per l’intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso.
Art. 136 Esecuzione del concordato.
Art. 136 Esecuzione del concordato.
Dopo la omologazione del concorda- Dopo la omologazione del concordato il giudice delegato, il curatore e il to il giudice delegato, il curatore e il 618
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comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione. Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato. Accertata la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo svincolo delle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia.
comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione.
Art. 137 Risoluzione del concordato.
Art. 137 Risoluzione del concordato.
Se le garanzie promesse non vengono costituite in conformità del concordato o se il fallito non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dal concordato e dalla sentenza di omologazione, il curatore deve riferirne al tribunale. Questo ordina la comparizione del fallito e dei fideiussori, se ve ne sono, e con sentenza emessa in camera di consiglio e non soggetta a gravame pronunzia la risoluzione del concordato. Nello stesso modo provvede il tribunale su ricorso di uno o più creditori o anche d’ufficio.
Se le garanzie promesse non vengono costituite in conformità del concordato o se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dal concordato e dal decreto di omologazione, il curatore e il comitato dei creditori devono riferirne al tribunale. Questo procede a norma dell’articolo 26 sesto, settimo e ottavo comma. Al procedimento partecipa anche l’eventuale garante. Nello stesso modo provvede il tribunale su ricorso di uno o più creditori o anche d’ufficio. Il decreto che risolve il concordato
Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato. Accertata la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo svincolo delle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia e adotta ogni misura idonea per il conseguimento delle finalità del concordato. Il provvedimento è pubblicato ed affis- Il provvedimento è pubblicato ed affisso ai sensi dell’art. 17. Le spese sono a so ai sensi dell’art. 17. Le spese sono a carico del debitore. carico del debitore.
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Con la sentenza che risolve il concordato, il tribunale riapre la procedura di fallimento. La risoluzione non può essere pronunziata trascorso un anno dalla scadenza dell’ultimo pagamento stabilito nel concordato.
riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutivo. Il decreto è reclamabile ai sensi dell’articolo 131. Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato. Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore. Non possono proporre istanza di risoluzione i creditori del fallito verso cui il terzo, ai sensi dell’articolo 124, non abbia assunto responsabilità per effetto del concordato.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.
Art. 138 Annullamento del concordato.
Art. 138 Annullamento del concordato.
Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio del debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità. Si procede a norma dell’articolo 137. La sentenza che annulla il concordato Il decreto che annulla il concordato riapre la procedura del fallimento ed è riapre la procedura di fallimento ed provvisoriamente esecutiva. è provvisoriamente esecutivo. Esso è reclamabile ai sensi dell’articolo 131. L’azione di annullamento deve pro- L’azione di annullamento deve proIl concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio del debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo. Nessun’altra azione di nullità è ammessa.
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NUOVO TESTO
porsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza dell’ultimo pagamento stabilito nel concordato.
porsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza dell’ultimo pagamento stabilito nel concordato.
Art. 139 Provvedimenti conseguiti alla riapertura.
Art. 139 Provvedimenti conseguenti alla riapertura.
La sentenza che riapre la procedura La sentenza che riapre la procedura a a norma degli artt. 137 e 138 dispo- norma degli articoli 137 e 138 provvene in conformità del secondo comma de ai sensi dell’articolo 121. dell’art. 121. Si applicano inoltre le disposizioni dei commi successivi dello stesso articolo. Art. 140 Gli effetti della riapertura.
Art. 140 Gli effetti della riapertura.
Gli effetti della riapertura sono regolati dagli artt. 122 e 123. Possono essere riproposte le azioni revocatorie già iniziate e interrotte per effetto del concordato. I creditori anteriori conservano le garanzie per le somme tuttora ad essi dovute in base al concordato risolto o annullato e non sono tenuti a restituire quanto hanno già riscosso. Essi concorrono per l’importo del primitivo credito, detratta la parte riscossa in parziale esecuzione del concordato.
Gli effetti della riapertura sono regolati dagli artt. 122 e 123. Possono essere riproposte le azioni revocatorie già iniziate e interrotte per effetto del concordato. I creditori anteriori conservano le garanzie per le somme tuttora ad essi dovute in base al concordato risolto o annullato e non sono tenuti a restituire quanto hanno già riscosso. Essi concorrono per l’importo del primitivo credito, detratta la parte riscossa in parziale esecuzione del concordato.
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NUOVO TESTO
Art. 141 Nuova proposta di concordato.
Art. 141 Nuova proposta di concordato.
Reso esecutivo il nuovo stato passivo, il fallito è ammesso a proporre un nuovo concordato. Questo non può essere omologato se prima dell’udienza a ciò destinata non sono depositate, nei modi stabiliti del giudice delegato, le somme occorrenti per il suo integrale adempimento.
Reso esecutivo il nuovo stato passivo, il proponente è ammesso a presentare una nuova proposta di concordato. Questo non può tuttavia essere omologato se prima dell’udienza a ciò destinata non sono depositate, nei modi stabiliti del giudice delegato, le somme occorrenti per il suo integrale adempimento o non sono prestate garanzie equivalenti.
CAPO NONO DELLA RIABILITAZIONE CIVILE
CAPO NONO DELLA ESDEBITAZIONE
Art. 142 Effetti della riabilitazione.
Art. 142 Esdebitazione.
La riabilitazione civile fa cessare le incapacità personali che colpiscono il fallito per effetto della sentenza dichiarativa di fallimento. Essa è pronunciata dal tribunale nei casi previsti dagli articoli seguenti, su istanza del debitore o dei suoi eredi, sentito il pubblico ministero, con sentenza in camera di consiglio. La sentenza che pronunzia la riabilitazione ordina la cancellazione del nome del fallito dal registro previsto dall’art. 50 ed è comunicata all’ufficio del registro delle imprese per l’iscrizione.
Il fallito persona fisica è ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a condizione che: 1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; 2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO 3) non abbia violato le disposizioni di cui all’articolo 48; 4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta; 5) non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito; 6) non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all’esito di quello penale. L’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali. Restano esclusi dall’esdebitazione: a) gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti non compresi nel fallimento ai sensi dell’articolo 46; b) i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonchè le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti. Sono salvi i diritti vantati dai credito623
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NUOVO TESTO ri nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso.
Art. 143 Condizioni per la riabilitazione.
Art. 143 Procedimento di esdebitazione.
La riabilitazione può essere concessa al fallito: 1) che ha pagato interamente tutti i crediti ammessi nel fallimento, compresi gli interessi e le spese; 2) che ha regolarmente adempiuto il concordato, quando il tribunale lo ritiene meritevole del beneficio, tenuto conto delle cause e circostanze del fallimento, delle condizioni del concordato e della misura della percentuale. La riabilitazione non può essere concessa se la percentuale stabilita per i creditori chirografari è inferiore al venticinque per cento, oltre gli interessi se la percentuale dev’essere pagata in un termine maggiore di sei mesi; 3) che ha dato prove effettive e costanti di buona condotta per un periodo di almeno cinque anni dalla chiusura del fallimento.
Il tribunale, con il decreto di chiusura del fallimento o su ricorso del debitore presentato entro l’anno successivo, verificate le condizioni di cui all’articolo 142 e tenuto altresì conto dei comportamenti collaborativi del medesimo, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara inesigibili nei confronti del debitore già dichiarato fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente. Contro il decreto che provvede sul ricorso, il debitore, i creditori non integralmente soddisfatti, il pubblico ministero e qualunque interessato possono proporre reclamo a norma dell’articolo 26.
Art. 144 Procedimento di riabilitazione.
Art. 144 Esdebitazione per i crediti concorsuali non concorrenti.
L’istanza di riabilitazione è pubblicata Il decreto di accoglimento della domediante affissione alla porta esterna manda di esdebitazione produce effet624
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del tribunale. Il tribunale può ordinare altre forme di pubblicità. Chiunque intende opporsi alla riabilitazione può depositare in cancelleria, nel termine di trenta giorni dall’affissione, le sue deduzioni. Decorso tale termine, il tribunale provvede accordando o negando la riabilitazione. Contro la sentenza è ammesso reclamo alla Corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio entro quindici giorni dall’affissione, da parte del debitore istante o dei suoi eredi, degli opponenti e del pubblico ministero (1) . _____________________________
ti anche nei confronti dei creditori anteriori alla apertura della procedura di liquidazione che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo; in tale caso, l’esdebitazione opera per la sola eccedenza rispetto a quanto i creditori avrebbero avuto diritto di percepire nel concorso.
(1) La C. cost. con sentenza 15 luglio 2004, n. 224 ha dich. l’illeg. cost. del comma ove prevede che il termine per la proposizione del reclamo avverso la sentenza che provvede sull’istanza di riabilitazione decorra dalla affissione della sentenza stessa anziché dalla sua comunicazione.
Art. 145 Art. 145 Condanne penali che ostano alla ria- Condanne penali che ostano alla riabilitazione. bilitazione. In nessun caso la riabilitazione può essere concessa se il fallito è stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro il patrimonio, la fede pubblica, l’economia pubblica, l’industria e il commercio, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione prevista dalla legge penale. Se è in corso il procedimento per uno
(abrogato)
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di tali reati, il tribunale sospende di pronunziare sull’istanza fino all’esito del procedimento.
CAPO DECIMO DEL FALLIMENTO DELLE SOCIETA’
CAPO DECIMO DEL FALLIMENTO DELLE SOCIETA’
Art. 146 Amministratori, direttori generali, sindaci liquidatori.
Art. 146 Amministratori, direttori generali, componenti degli organi di controllo, liquidatori e soci di società a responsabilità limitata.
Gli amministratori e i liquidatori della società sono tenuti agli obblighi imposti al fallito dall’art. 49. Essi devono essere sentiti in tutti i casi in cui la legge richiede che sia sentito il fallito. L’azione di responsabilità contro gli amministratori, i sindaci, i direttori generali e i liquidatori, a norma degli artt. 2393 e 2394 del codice civile, è esercitata dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori. Il giudice delegato, nell’autorizzare il curatore a proporre l’azione di responsabilità, può disporre le opportune misure cautelari.
Gli amministratori e i liquidatori della società sono tenuti agli obblighi imposti al fallito dall’articolo 49. Essi devono essere sentiti in tutti i casi in cui la legge richiede che sia sentito il fallito. Sono esercitate dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori: a) le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori; b) l’azione di responsabilità contro i soci della società a responsabilità limitata, nei casi previsti dall’articolo 2476, comma settimo, del codice civile.
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Art. 147 Società con soci a responsabilità illimitata.
Art. 147 Società con soci a responsabilità illimitata.
La sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a responsabilità illimitata produce anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili (1). Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili il tribunale, su domanda del curatore o d’ufficio, dichiara il fallimento dei medesimi, dopo averli sentiti in camera di consiglio (2). Contro la sentenza del tribunale è ammessa l’opposizione a norma dell’art. 18. Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle società cooperative. _____________________________
La sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili. Il fallimento dei soci di cui al comma primo non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati. La dichiarazione di fallimento è possibile solo se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata. Il tribunale, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, deve disporne la convocazione a norma dell’articolo 15. Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi. Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di
(1) C. cost., con sentenza 27 giugno 1972, n. 110, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove non prevede che il tribunale debba ordinare la comparizione in camera di consiglio dei soci illimitatamente responsabili nei cui confronti produce effetto la sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a responsabilità illimitata, perché detti soci possano esercitare il diritto di difesa. C. cost., con sentenza 21 luglio 2000, n. 319, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove prevede che il fallimento dei soci a responsabilità illimitata di società fallita possa essere dich. dopo il decorso di un anno dal momento in cui essi abbiano perso, per qualsiasi causa, la responsabilità illimitata. (2) C. cost., con sentenza 16 luglio 1970, n. 142, ha dich. l’illeg. cost. del comma, nelle
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parti in cui: a) non consente ai soci illimitatamente responsabili l’esercizio del diritto di difesa nei limiti compatibili con la natura del procedimento di camera di consiglio prescritto per la dichiarazione di fallimento; b) nega al creditore interessato la legittimazione a proporre istanza di dichiarazione di fallimento di altri soci illimitatamente responsabili nelle forme dell’art. 6 del decreto. la C. cost., con sentenza 28 maggio 1975, n. 127, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove nega al fallito al legittimazione a chiedere la dichiarazione di fallimento dei soci illimitatamente responsabili.
cui il fallito è socio illimitatamente responsabile. Contro la sentenza del tribunale è ammesso appello a norma dell’articolo 18. In caso di rigetto della domanda, contro il decreto del tribunale l’istante può proporre reclamo alla corte d’appello a norma dell’articolo 22.
Art. 148 Fallimento della società e dei soci.
Art. 148 Fallimento della società e dei soci.
Nel caso previsto dall’articolo precedente, il tribunale nomina, sia per il fallimento della società, sia per quello dei soci, un solo giudice delegato e un solo curatore, ma può nominare più comitati dei creditori.
Nei casi previsti dall’articolo 147, il tribunale nomina, sia per il fallimento della società, sia per quello dei soci un solo giudice delegato e un solo curatore, pur rimanendo distinte le diverse procedure. Possono essere nominati più comitati dei creditori. Il patrimonio della società e quello Il patrimonio della società e quello dei dei singoli soci devono essere tenuti singoli soci sono tenuti distinti. distinti. Il credito dichiarato dai creditori so- Il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si in- ciali nel fallimento della società si tende dichiarato per l’intero anche nel intende dichiarato per l’intero e con il fallimento dei singoli soci. Il creditore medesimo eventuale privilegio genesociale ha diritto di partecipare a tutte rale anche nel fallimento dei singoli le ripartizioni fino all’integrale paga- soci. Il creditore sociale ha diritto di mento, salvo il regresso fra i fallimenti partecipare a tutte le ripartizioni fino dei soci per la parte pagata in più della all’integrale pagamento, salvo il requota rispettiva. gresso fra i fallimenti dei soci per la parte pagata in più della quota rispettiva.
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I creditori partecipano soltanto al falli- I creditori particolari partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debimento dei soci loro debitori. tori. Ciascun creditore ha diritto di conte- Ciascun creditore può contestare i crestare i crediti dei creditori con i quali diti dei creditori con i quali si trova in si trova in concorso. concorso. Art. 149 Fallimento dei soci.
Art. 149 Fallimento dei soci.
Il fallimento di uno o più soci illimi- Il fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce il tatamente responsabili non produce il fallimento della società. fallimento della società. Art. 150 Versamenti dei soci a responsabilità limitata.
Art. 150 Versamenti dei soci a responsabilità limitata.
Nei fallimenti delle società con soci a responsabilità limitata il giudice delegato può, su proposta del curatore, ingiungere con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.
Nei fallimenti delle società con soci a responsabilità limitata il giudice delegato può, su proposta del curatore, ingiungere con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento. Contro il decreto emesso a norma del primo comma può essere proposta opposizione ai sensi dell’articolo 645 del codice di procedura civile.
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Art. 151 Società cooperative.
Art. 151 Fallimento di società a responsabilità limitata: polizza assicurativa e fideiussione bancaria.
Nel fallimento di una società cooperativa con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci, il giudice delegato, dopo la pronuncia del decreto previsto dall’art. 97, può autorizzare il curatore a chiedere ai soci il versamento delle somme necessarie per l’estinzione delle passività a norma dell’articolo 2263 del codice civile. I contributi dei soci non ritenuti agevolmente solventi sono posti a carico degli altri soci. A tale fine il curatore forma un piano di riparto e lo deposita nella cancelleria del tribunale dandone notizia ai soci mediante raccomandata con avviso di ricevimento. I soci che intendono proporre osservazioni e contestazioni, anche relativamente alla qualità di socio o all’estensione della propria responsabilità, devono depositarle presso la cancelleria entro quaranta giorni dal deposito del piano di riparto. Il giudice delegato, sentito il curatore e tenuto conto delle osservazioni e delle contestazioni, apporta al piano di riparto le modificazioni e integrazioni che ritiene necessarie. Il piano di riparto è dichiarato esecutivo con decreto del giudice ed è depositato in cancelleria, dove ogni interessato può prenderne visione. Chi ha contestato la qualità di socio
Nei fallimenti di società a responsabilità limitata il giudice, ricorrendone i presupposti, può autorizzare il curatore ad escutere la polizza assicurativa o la fideiussione bancaria rilasciata ai sensi dell’articolo 2464, quarto e sesto comma, dei codice civile.
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o l’estensione della propria responsabilità può, entro quindici giorni dal deposito del piano di riparto in cancelleria, proporre opposizione davanti al tribunale in contraddittorio del curatore. L’opposizione non sospende l’esecuzione del piano di riparto nemmeno nei confronti dell’opponente. In ogni altro caso è ammesso il reclamo a norma dell’art. 26. Se l’esazione di alcuna delle quote comprese nel piano di riparto risulti non facilmente realizzabile, può essere formato un piano di riparto supplementare secondo le disposizioni dei commi precedenti. Resta salva l’azione di regresso tra i soci a norma dell’art. 1299 del codice civile, nonché il diritto di rimborso delle somme che residuano dopo l’estinzione delle passività. Al fine di assicurare la riscossione dei contributi dovuti dai soci, il giudice delegato su proposta del curatore, può in qualunque tempo ordinare con decreto il sequestro dei beni dei soci stessi. Art. 152 Proposta di concordato.
Art. 152 Proposta di concordato.
La proposta di concordato per la società fallita è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale. La proposta e le condizioni del concordato nelle società in nome collettivo e in accomandita semplice devono essere approvate dai soci che rappre-
La proposta di concordato per la società fallita è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale. La proposta e le condizioni del concordato, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo o dello statuto: a) nelle società di persone, sono ap631
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sentano la maggioranza assoluta del capitale, e nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative devono essere approvate dall’assemblea straordinaria, salvo che tali poter siano stati delegati agli amministratori.
provate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale; b) nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonchè nelle società cooperative, sono deliberate dagli amministratori. In ogni caso, la decisione o la deliberazione di cui alla lettera b), del secondo comma deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata ed iscritta nel registro delle imprese a norma dell’articolo 2436 del codice civile.
Art. 153 Effetti del concordato della società.
Art. 153 Effetti del concordato della società.
Salvo patto contrario, il concordato fatto da una società con soci a responsabilità illimitata ha efficacia anche di fronte ai soci e fa cessare il loro fallimento. Tuttavia i creditori particolari possono opporsi a norma dell’art. 129, secondo comma, alla chiusura del fallimento del socio loro debitore. Sull’opposizione decide il tribunale con sentenza in camera di consiglio non soggetta a gravame.
Salvo patto contrario, il concordato fatto da una società con soci a responsabilità illimitata ha efficacia anche di fronte ai soci e fa cessare il loro fallimento. Contro il decreto di chiusura del fallimento del socio è ammesso reclamo a norma dell’articolo 26.
Art. 154 Concordato particolare del socio.
Art. 154 Concordato particolare del socio.
Nel fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascuno dei soci dichiarato fallito può proporre un concordato ai creditori sociali e particolari concorrenti nel proprio fallimento.
Nel fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascuno dei soci dichiarato fallito può proporre un concordato ai creditori sociali e particolari concorrenti nel proprio fallimento.
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CAPO UNDICESIMO DEL PROCEDIMENTO SOMAMRIO
CAPO UNDICESIMO DEI PATRIMONI DESTINATI AD UNO SPECIFICO AFFARE
Art. 155 Presupposti e norme applicabili.
Art. 155 Patrimoni destinati ad uno specifico affare.
Se all’atto della dichiarazione di fallimento o dell’accertamento del passivo risulta che le passività del debitore non superano lire 1.500.000, il tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento, o con decreto successivo da pubblicarsi a norma dell’art. 17, dispone che il fallimento si svolga o prosegua con procedimento sommario. Tuttavia, se successivamente risulta che l’ammontare del passivo supera lire 1.500.000, il giudice deve informare il tribunale, che dispone la prosecuzione del fallimento con le norme ordinarie, restando fermi gli atti compiuti. Nel procedimento sommario si applicano le disposizioni stabilite per il fallimento, in quanto compatibili con le norme seguenti.
Se è dichiarato il fallimento della società, l’amministrazione del patrimonio destinato previsto dall’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile è attribuita al curatore che vi provvede con gestione separata. Il curatore provvede a norma dell’articolo 107 alla cessione a terzi del patrimonio, al fine di conservarne la funzione produttiva. Se la cessione non è possibile, il curatore provvede alla liquidazione del patrimonio secondo le regole della liquidazione della società in quanto compatibili. Il corrispettivo della cessione al netto dei debiti del patrimonio o il residuo attivo della liquidazione sono acquisiti dal curatore nell’attivo fallimentare, detratto quanto spettante ai terzi che vi abbiano effettuato apporti, ai sensi dell’articolo 2447-ter, primo comma, lettera d), del codice civile.
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Art. 156 Art. 156 Organi e provvedimenti conservativi. Patrimonio destinato incapiente; violazione delle regole di separatezza. È facoltativa la nomina del comitato dei creditori. Può essere omessa l’apposizione dei sigilli.
Se a seguito del fallimento della società o nel corso della gestione il curatore rileva che il patrimonio destinato è incapiente provvede, previa autorizzazione del giudice delegato, alla sua liquidazione secondo le regole della liquidazione della società in quanto compatibili. I creditori particolari del patrimonio destinato possono presentare domanda di insinuazione al passivo del fallimento della società nei casi di responsabilità sussidiaria o illimitata previsti dall’articolo 2447-quinquies, terzo e quarto comma, del codice civile. Se risultano violate le regole di separatezza fra uno o più patrimoni destinati costituiti dalla società e il patrimonio della società medesima, il curatore può agire in responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della società ai sensi dell’articolo 146.
Art. 157 Accertamento del passivo.
Art. 157 Accertamento del passivo.
Il curatore forma l’elenco dei creditori in base alle scritture contabili, alle dichiarazioni del debitore e alle altre notizie che può assumere. L’elenco, con i documenti giustificativi, è trasmesso al giudice, il quale
(abrogato)
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procede alla formazione dello stato passivo e lo rende esecutivo con decreto. Lo stato passivo col decreto del giudice è depositato in cancelleria, e chiunque può prenderne visione. Il curatore dà notizia mediante lettera raccomandata a ciascun creditore, entro tre giorni dal deposito, del provvedimento che lo riguarda. Entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria i creditori non ammessi possono proporre reclamo avanti al giudice. Nello stesso termine possono essere proposte le contestazioni dei creditori ammessi da parte di altri creditori. Il giudice stabilisce l’udienza di discussione delle contestazioni e dei reclami. Egli tenta di definire amichevolmente le questioni e, in caso di risultato negativo, pronuncia unica sentenza. Art. 158 Domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili.
Art. 158 Domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili.
Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche alle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito.
(abrogato)
Art. 159 Concordato.
Art. 159 Concordato.
La proposta del concordato è approva-
(abrogato) 635
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ta se riporta il consenso della maggioranza di numero e di somma dei creditori che hanno diritto al voto. Il giudice, accertato il concorso delle maggioranze indicate nel comma precedente e qualora ritenga tuttora conveniente il concordato, lo approva con decreto e dispone per la sua esecuzione. Contro il decreto che approva o respinge il concordato non è ammesso gravame.
TITOLO TERZO Del concordato preventivo
TITOLO TERZO Del concordato preventivo
CAPO PRIMO DELL’AMMISSIONE ALLA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENIVO
CAPO PRIMO DELL’AMMISSIONE ALLA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENIVO
Art. 160 Condizioni per l’ammissione alla procedura.
Art. 160 Condizioni per l’ammissione alla procedura.
L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a
L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a
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società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito; b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato; c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei; d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.
società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito; b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato; c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei; d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.(1) _____________________________ (1) Interpretazione autentica “Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.”
Art. 161 Domanda di concordato.
Art. 161 Domanda di concordato.
La domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale; il trasferimento della stessa intervenuto nell’anno antecedente al deposito del ricorso non rileva ai fini della individuazione della competenza. Il debitore deve presentare con il ricorso:
La domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale; il trasferimento della stessa intervenuto nell’anno antecedente al deposito del ricorso non rileva ai fini della individuazione della competenza. Il debitore deve presentare con il ricorso:
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a) una aggiornata relazione sulla si- a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e tuazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa; finanziaria dell’impresa; b) uno stato analitico ed estimativo b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispet- creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; tivi crediti e delle cause di prelazione; c) l’elenco dei titolari dei diritti reali o c) l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in pos- personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; sesso del debitore; d) il valore dei beni e i creditori par- d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitata- ticolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. mente responsabili. Il piano e la documentazione di cui ai Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere ac- commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un pro- compagnati dalla relazione di un professionista di cui all’ articolo 28 che fessionista di cui all’ articolo 28 che attesti la veridicità dei dati aziendali e attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. la fattibilità del piano medesimo. Per la società la domanda deve essere Per la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell’ approvata e sottoscritta a norma dell’ articolo 152 . articolo 152 . Art. 162 Inammissibilità della domanda.
Art. 162 Inammissibilità della domanda.
Il tribunale, sentito il pubblico ministero e occorrendo il debitore, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta se non ricorrono le condizioni previste dal primo comma dell’art. 160 o se ritiene che la proposta di concordato non risponde alle condizioni indicate nel secondo comma dello stesso articolo (1). In tali casi il tribunale dichiara d’ufficio il fallimento del debitore.
Il tribunale, sentito il pubblico ministero e occorrendo il debitore, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta se non ricorrono le condizioni previste dal primo comma dell’art. 160 o se ritiene che la proposta di concordato non risponde alle condizioni indicate nel secondo comma dello stesso articolo. In tali casi il tribunale dichiara d’ufficio il fallimento del debitore.
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_____________________________ (1) C. cost., con sentenza 27 giugno 1972, n. 110, ha dichiarato l’illeg. cost. del comma, ove non prevede che il tribunale, prima di pronunciarsi sulla domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, debba ordinare la comparizione in camera di consiglio del debitore per l’esercizio del diritto di difesa.
Art. 163 Ammissione alla procedura.
Art. 163 Ammissione alla procedura.
Il tribunale, verificata la completezza e la regolarità della documentazione, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo; ove siano previste diverse classi di creditori, il tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi. Con il provvedimento di cui al primo comma, il tribunale: 1) delega un giudice alla procedura di concordato; 2) ordina la convocazione dei creditori non oltre trenta giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione di questo ai creditori; 3) nomina il commissario giudiziale osservate le disposizioni degli articoli 28 e 29 ; 4) stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si presume
Il tribunale, verificata la completezza e la regolarità della documentazione, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo; ove siano previste diverse classi di creditori, il tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi. Con il provvedimento di cui al primo comma, il tribunale: 1) delega un giudice alla procedura di concordato; 2) ordina la convocazione dei creditori non oltre trenta giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione di questo ai creditori; 3) nomina il commissario giudiziale osservate le disposizioni degli articoli 28 e 29 ; 4) stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si presume 639
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necessaria per l’intera procedura. Qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell’ articolo 173, quarto comma.
necessaria per l’intera procedura. Qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell’ articolo 173, quarto comma.
Art. 164 Decreti del giudice delegato.
Art. 164 Decreti del giudice delegato.
I decreti del giudice delegato sono I decreti del giudice delegato sono soggetti a reclamo a norma dell’art. soggetti a reclamo a norma dell’articolo 26. 26. Il decreto del tribunale che decide sul reclamo non è soggetto a gravame. Art. 165 Commissario giudiziale.
Art. 165 Commissario giudiziale.
Il commissario giudiziale è, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale. Si applicano al commissario giudiziale gli articoli 36, 37, 38 e 39.
Il commissario giudiziale è, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale. Si applicano al commissario giudiziale gli articoli 36, 37, 38 e 39.
Art. 166 Pubblicità del decreto.
Art. 166 Pubblicità del decreto.
Il decreto è a cura del cancelliere pubblicato mediante affissione alla porta esterna del tribunale e comunicato per l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese. Esso è inoltre pubblicato nel foglio degli annunzi legali della provincia e nei giornali e ventualmente indicati dal tribunale.
Il decreto è pubblicato, a cura del cancelliere, mediante affissione all’albo del tribunale e comunicato in via telematica per la iscrizione all’ufficio del registro delle imprese. Il tribunale può, inoltre, disporne la pubblicazione in uno o più giornali, da esso indicati.
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Se il debitore possiede beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, si applica la disposizione del secondo comma dell’art. 88.
Se il debitore possiede beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, si applica la disposizione dell’articolo 88, secondo comma.
CAPO SECONDO CAPO SECONDO DEGLI EFFETTI DELL’AMMIS- DEGLI EFFETTI DELL’AMMISSIONE AL CONCORDATO PRE- SIONE AL CONCORDATO PREVENIVO VENIVO Art. 167 Amministrazione dei beni durante la procedura.
Art. 167 Amministrazione dei beni durante la procedura.
Durante la procedura di concordato, il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato. I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l’autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.
Durante la procedura di concordato, il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale. I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l’autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato. Con il decreto previsto dall’articolo 163 o con successivo decreto, il tribu641
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NUOVO TESTO nale può stabilire un limite di valore al di sotto del quale non è dovuta l’autorizzazione di cui al secondo comma.
Art. 168 Effetti della presentazione del ricorso.
Art. 168 Effetti della presentazione del ricorso.
Dalla data della presentazione del ricorso e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall’articolo precedente.
Dalla data della presentazione del ricorso e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall’articolo precedente.
Art. 169 Norme applicabili.
Art. 169 Norme applicabili.
Si applicano, con riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato, le disposizioni degli articoli 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63 (1). _____________________________
Si applicano, con riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato, le disposizioni degli articoli 45, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63.
(1) C. cost. 19 dicembre 1986, n. 300, ha dich. l’illeg. cost. del combinato disposto
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dell’art. 59, richiamato dal articolo, ove esclude le rivalutazioni dei crediti di lavoro per il periodo successivo alla domanda di concordato preventivo.
CAPO TERZO DEI PROVVEDIMENTI IMMEDIATI
CAPO TERZO DEI PROVVEDIMENTI IMMEDIATI
Art. 170 Scritture contabili.
Art. 170 Scritture contabili.
Il giudice delegato, immediatamente dopo il decreto di ammissione al concordato, ne fa annotazione sotto l’ultima scrittura dei libri presentati. I libri sono restituiti al debitore, che deve tenerli a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale.
Il giudice delegato, immediatamente dopo il decreto di ammissione al concordato, ne fa annotazione sotto l’ultima scrittura dei libri presentati. I libri sono restituiti al debitore, che deve tenerli a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale.
Art. 171 Convocazione dei creditori.
Art. 171 Convocazione dei creditori.
Il commissario giudiziale deve procedere alla verifica dell’elenco dei creditori e dei debitori con la scorta delle scritture contabili presentate a norma dell’art. 161, apportando le necessarie rettifiche. Il commissario giudiziale provvede a comunicare con raccomandata o con telegramma ai creditori un’avviso contenente la data di convocazione dei creditori e le proposte del debitore.
Il commissario giudiziale deve procedere alla verifica dell’elenco dei creditori e dei debitori con la scorta delle scritture contabili presentate a norma dell’art. 161, apportando le necessarie rettifiche. Il commissario giudiziale provvede a comunicare con raccomandata o con telegramma ai creditori un’avviso contenente la data di convocazione dei creditori e le proposte del debitore.
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Quando la comunicazione prevista dal comma precedente è sommamente difficile per il rilevante numero dei creditori o per la difficoltà di identificarli tutti, il tribunale, sentito il commissario giudiziale, può dare l’autorizzazione prevista dall’art. 126. Se vi sono obbligazionisti, il termine previsto dall’art. 163, primo comma, n. 2, deve essere raddoppiato. In ogni caso l’avviso di convocazione per gli obbligazionisti è comunicato al loro rappresentante comune. Sono salve per le imprese esercenti il credito le disposizioni del R.D.L. 8 febbraio 1924, n. 136.
Quando la comunicazione prevista dal comma precedente è sommamente difficile per il rilevante numero dei creditori o per la difficoltà di identificarli tutti, il tribunale, sentito il commissario giudiziale, può dare l’autorizzazione prevista dall’art. 126. Se vi sono obbligazionisti, il termine previsto dall’art. 163, primo comma, n. 2, deve essere raddoppiato. In ogni caso l’avviso di convocazione per gli obbligazionisti è comunicato al loro rappresentante comune. Sono salve per le imprese esercenti il credito le disposizioni del R.D.L. 8 febbraio 1924, n. 136.
Art. 172 Operazioni e relazione del commissario.
Art. 172 Operazioni e relazione del commissario.
Il commissario giudiziale redige l’inventario del patrimonio del debitore e una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori, e la deposita in cancelleria almeno tre giorni prima dell’adunanza dei creditori. Su richiesta del commissario il giudice può nominare uno stimatore che lo assista nella valutazione dei beni.
Il commissario giudiziale redige l’inventario del patrimonio del debitore e una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori, e la deposita in cancelleria almeno tre giorni prima dell’adunanza dei creditori. Su richiesta del commissario il giudice può nominare uno stimatore che lo assista nella valutazione dei beni.
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Art. 173 Art. 173 Dichiarazione del fallimento nel cor- Dichiarazione del fallimento nel corso della procedura. so della procedura. Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve darne immediata notizia al giudice delegato, il quale, fatte le opportune indagini, promuove dal tribunale la dichiarazione di fallimento. Il fallimento è dichiarato anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell’art. 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato.
Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve darne immediata notizia al giudice delegato, il quale, fatte le opportune indagini, promuove dal tribunale la dichiarazione di fallimento. Il fallimento è dichiarato anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell’art. 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato.
CAPO QUARTO DELLA DELIBERAZIONE DEL CONCORDATO PREVENTIVO
CAPO QUARTO DELLA DELIBERAZIONE DEL CONCORDATO PREVENTIVO
Art. 174 Adunanza dei creditori.
Art. 174 Adunanza dei creditori.
L’adunanza dei creditori è presieduta dal giudice delegato. Ogni creditore può farsi rappresentare da un mandatario speciale, con procura che può essere scritta senza formali-
L’adunanza dei creditori è presieduta dal giudice delegato. Ogni creditore può farsi rappresentare da un mandatario speciale, con procura che può essere scritta senza formali-
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tà sull’avviso di convocazione. Il debitore o chi ne ha la legale rappresentanza deve intervenire personalmente. Solo in caso di assoluto impedimento, accertato dal giudice delegato, può farsi rappresentare da un mandatario speciale. Possono intervenire anche i coobbligati, i fideiussori del debitore egli obbligati in via di regresso.
tà sull’avviso di convocazione. Il debitore o chi ne ha la legale rappresentanza deve intervenire personalmente. Solo in caso di assoluto impedimento, accertato dal giudice delegato, può farsi rappresentare da un mandatario speciale. Possono intervenire anche i coobbligati, i fideiussori del debitore egli obbligati in via di regresso.
Art. 175 Discussione della proposta di concordato.
Art. 175 Discussione della proposta di concordato.
Nell’adunanza dei creditori il commissario giudiziale illustra la sua relazione e le proposte definitive del debitore. Ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibile o accettabile la proposta di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti. Il debitore ha facoltà di rispondere e contestare a sua volta i crediti, e ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti.
Nell’adunanza dei creditori il commissario giudiziale illustra la sua relazione e le proposte definitive del debitore. Ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibile o accettabile la proposta di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti. Il debitore ha facoltà di rispondere e contestare a sua volta i crediti, e ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti.
Art. 176 Ammissione provvisoria dei crediti contestati.
Art. 176 Ammissione provvisoria dei crediti contestati.
Il giudice delegato può ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, sen-
Il giudice delegato può ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, sen-
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za che ciò pregiudichi le pronunzie definitive sulla sussistenza dei crediti stessi. I creditori esclusi possono opporsi alla esclusione in sede di omologazione del concordato nel caso in cui la loro ammissione avrebbe avuto influenza sulla formazione delle maggioranze.
za che ciò pregiudichi le pronunzie definitive sulla sussistenza dei crediti stessi. I creditori esclusi possono opporsi alla esclusione in sede di omologazione del concordato nel caso in cui la loro ammissione avrebbe avuto influenza sulla formazione delle maggioranze.
Art. 177 Maggioranza per l’approvazione del concordato.
Art. 177 Maggioranza per l’approvazione del concordato.
Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella classe medesima. Il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui al primo comma, può approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale,
Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella classe medesima. Il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui al primo comma, può approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale, 647
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purché non inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato. Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato.
purché non inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato. Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato.
Art. 178 Adesioni alla proposta di concordato.
Art. 178 Adesioni alla proposta di concordato.
Nel processo verbale dell’adunanza dei creditori sono inseriti i voti favorevoli e contrari dei creditori con l’indicazione nominativa dei votanti e dell’ammontare dei rispettivi crediti. Il processo verbale è sottoscritto dal giudice delegato, dal commissario e dal cancelliere. Se nel giorno stabilito non è possibile compiere tutte le operazioni, la loro continuazione viene rimessa dal giudice ad un’udienza prossima, non oltre otto giorni, senza bisogno di avviso agli assenti. Le adesioni, pervenute per telegramma o per lettera nei venti giorni successivi
Nel processo verbale dell’adunanza dei creditori sono inseriti i voti favorevoli e contrari dei creditori con l’indicazione nominativa dei votanti e dell’ammontare dei rispettivi crediti. Il processo verbale è sottoscritto dal giudice delegato, dal commissario e dal cancelliere. Se nel giorno stabilito non è possibile compiere tutte le operazioni, la loro continuazione viene rimessa dal giudice ad un’udienza prossima, non oltre otto giorni, senza bisogno di avviso agli assenti. Le adesioni, pervenute per telegramma o per lettera nei venti giorni successivi
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alla chiusura del verbale, sono annotate dal cancelliere in calce al medesimo. Se il concordato è stato approvato dalla maggioranza dei creditori votanti nell’adunanza, senza che tale maggioranza abbia raggiunto i due terzi della totalità dei crediti, le adesioni sono valutate agli effetti del computo della maggioranza dei crediti.
alla chiusura del verbale, sono annotate dal cancelliere in calce al medesimo. Se il concordato è stato approvato dalla maggioranza dei creditori votanti nell’adunanza, senza che tale maggioranza abbia raggiunto i due terzi della totalità dei crediti, le adesioni sono valutate agli effetti del computo della maggioranza dei crediti.
CAPO QUINTO DELL’OMOLOGAZIONE E DELL’ESECUZIONE DEL CONCORDATO PREVENTIVO.
CAPO QUINTO DELL’OMOLOGAZIONE E DELL’ESECUZIONE DEL CONCORDATO PREVENTIVO. DEGLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DI DEBITI.
Art. 179 Mancata approvazione del concordato.
Art. 179 Mancata approvazione del concordato.
Se nei termini stabiliti non si raggiungono le maggioranze richieste negli artt. 177 e 178, il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che deve provvedere a norma dell’art. 162, secondo comma.
Se nei termini stabiliti non si raggiungono le maggioranze richieste negli artt. 177 e 178, il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che deve provvedere a norma dell’art. 162, secondo comma.
Art. 180 Approvazione del concordato e giudizio di omologazione.
Art. 180 Approvazione del concordato e giudizio di omologazione.
Il tribunale fissa un’udienza in camera Il tribunale fissa un’udienza in camera di consiglio per la comparizione del di consiglio per la comparizione del debitore e del commissario giudiziale. debitore e del commissario giudiziale. 649
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Dispone che il provvedimento venga affisso all’albo del tribunale, e notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti. Il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione dei mezzi istruttori e dei documenti prodotti. Nel medesimo termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere. Il tribunale, nel contraddittorio delle parti, assume anche d’ufficio tutte le informazioni e le prove necessarie, eventualmente delegando uno dei componenti del collegio per l’espletamento dell’istruttoria. Il tribunale, se la maggioranza di cui al primo comma dell’ articolo 177 è raggiunta, approva il concordato con decreto motivato. Quando sono previste diverse classi di creditori, il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui al primo comma dell’ articolo 177 , può approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.
Dispone che il provvedimento venga affisso all’albo del tribunale, e notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti. Il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione dei mezzi istruttori e dei documenti prodotti. Nel medesimo termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere. Il tribunale, nel contraddittorio delle parti, assume anche d’ufficio tutte le informazioni e le prove necessarie, eventualmente delegando uno dei componenti del collegio per l’espletamento dell’istruttoria. Il tribunale, se la maggioranza di cui al primo comma dell’ articolo 177 è raggiunta, approva il concordato con decreto motivato. Quando sono previste diverse classi di creditori, il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui al primo comma dell’ articolo 177 , può approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.
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Il decreto è comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori, ed è pubblicato e affisso a norma dell’ articolo 17.
Il decreto è comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori, ed è pubblicato e affisso a norma dell’ articolo 17.
Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal tribunale, che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.
Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal tribunale, che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.
Art. 181 Chiusura della procedura.
Art. 181 Chiusura della procedura.
La procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell’ articolo 180 . L’omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione del ricorso ai sensi dell’ articolo 161 ; il termine può essere prorogato per una sola volta dal tribunale di sessanta giorni.
La procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell’ articolo 180 . L’omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione del ricorso ai sensi dell’ articolo 161 ; il termine può essere prorogato per una sola volta dal tribunale di sessanta giorni.
Art. 182 Provvedimenti in caso di cessione di beni.
Art. 182 Provvedimenti in caso di cessione di beni.
Se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nella sentenza di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione.
Se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nella sentenza di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione. 651
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Art. 182 Bis Accordi di ristrutturazione dei debiti.
Art. 182-ter Transazione fiscale.
Il debitore può depositare, con la dichiarazione e la documentazione di cui all’ articolo 161 , un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un esperto sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. L’accordo è pubblicato nel registro delle imprese; i creditori ed ogni altro interessato possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla pubblicazione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato. Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell’ articolo 183 , in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese. L’accordo acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione nel registro delle imprese.
Con il piano di cui all’articolo 160 il debitore può proporre il pagamento, anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea. La proposta può prevedere la dilazione del pagamento. Se il credito tributario è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali; se il credito tributario ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari. Copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente concessionario del servizio nazionale della riscossione ed all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l’esito dei controlli automatici nonchè delle dichiarazioni integrative relative al periodo sino alla data di presentazione della domanda,
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO al fine di consentire il consolidamento del debito fiscale. Il concessionario, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso. L’ufficio, nello stesso termine, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni ed alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente ad una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento ancorchè non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonchè da ruoli vistati, ma non ancora consegnati al concessionario. Dopo l’emissione del decreto di cui all’articolo 163, copia dell’avviso di irregolarità e delle certificazioni devono essere trasmessi al Commissario giudiziale per gli adempimenti previsti dall’articolo 171, primo comma, e dall’articolo 172. In particolare, per i tributi amministrati dall’agenzia delle dogane, l’ufficio competente a ricevere copia della domanda con la relativa documentazione prevista al primo periodo, nonchè a rilasciare la certificazione di cui al terzo periodo, si identifica con l’ufficio che ha notificato al debitore gli atti di accertamento. Relativamente ai tributi non iscritti a ruolo, ovvero non ancora consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, l’adesione o il diniego alla proposta di concordato è approvato con atto del direttore
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IL NUOVO PROCESSO CIVILE E LA NUOVA LEGGE FALLIMENTARE TESTO PREVIGENTE
NUOVO TESTO dell’ufficio, su conforme parere della competente direzione regionale, ed è espresso mediante voto favorevole o contrario in sede di adunanza dei creditori, ovvero nei modi previsti dall’articolo 178, primo comma. Relativamente ai tributi iscritti a ruolo e già consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, quest’ultimo provvede ad esprimere il voto in sede di adunanza dei creditori, su indicazione del direttore dell’ufficio, previo conforme parere della competente direzione regionale. La chiusura della procedura di concordato ai sensi dell’articolo 181, determina la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi di cui al primo comma. Ai debiti tributari amministrati dalle agenzie fiscali non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 182-bis.
Art. 183 Appello contro la sentenza di omologazione.
Art. 183 Appello contro la sentenza di omologazione.
Contro la sentenza che omologa o respinge il concordato possono appellare gli opponenti e il debitore entro quindici giorni dall’affissione. L’atto di appello è notificato al debitore, al commissario giudiziale e alle parti costituite in giudizio. La sentenza è pubblicata a norma del-
Contro la sentenza che omologa o respinge il concordato possono appellare gli opponenti e il debitore entro quindici giorni dall’affissione. L’atto di appello è notificato al debitore, al commissario giudiziale e alle parti costituite in giudizio. La sentenza è pubblicata a norma del-
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l’art. 17 ed il termine per ricorrere per l’art. 17 ed il termine per ricorrere per cassazione decorre dalla data dell’af- cassazione decorre dalla data dell’affissione. fissione (1). _____________________________ (1) C. cost. 12 novembre 1974, n. 255, ha dich. la illeg. cost. del comma, ove, per le parti costituite, fa decorrere il termine per proporre appello contro la sent. che omologa o respinge il concordato preventivo dall’affissione, anziché dalla data di ricezione della comunicazione della stessa. Con la medesima sent. ha dich., altresì, l’illeg. cost. del comma, ove fa decorrere dall’affissione i termini per ricorrere in cassazione contro la sent. di appello che decide in merito alla omologazione o reiezione del concordato preventivo.
Art. 184 Effetti del concordato per i creditori.
Art. 184 Effetti del concordato per i creditori.
Il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato. Tuttavia essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso. Salvo patto contrario, il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.
Il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato. Tuttavia essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso. Salvo patto contrario, il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.
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CAPO SESTO CAPO SESTO DELL’ESECUZIONE, DELLA DELL’ESECUZIONE, DELLA RISOLUZIONE E DELL’ANNUL- RISOLUZIONE E DELL’ANNULLAMENTO DEL CONCORDATO LAMENTO DEL CONCORDATO PREVENTIVO PREVENTIVO. Art. 185 Esecuzione del concordato.
Art. 185 Esecuzione del concordato.
Dopo l’omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l’adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione. Egli deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori. Si applica il secondo comma dell’art. 136.
Dopo l’omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l’adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione. Egli deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori. Si applica il secondo comma dell’art. 136.
Art. 186 Risoluzione e annullamento del concordato.
Art. 186 Risoluzione e annullamento del concordato.
Si applicano al concordato preventivo le disposizioni degli artt. 137 e 138, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale. Nel caso di concordato mediante cessione dei beni a norma dell’art. 160, comma secondo, n. 2, questo non si risolve se nella liquidazione dei beni si sia ricavata una percentuale inferiore a quaranta per cento. Con la sentenza che risolve o annulla il concordato il tribunale dichiara il fallimento.
Si applicano al concordato preventivo le disposizioni degli artt. 137 e 138, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale. Nel caso di concordato mediante cessione dei beni a norma dell’art. 160, comma secondo, n. 2, questo non si risolve se nella liquidazione dei beni si sia ricavata una percentuale inferiore a quaranta per cento. Con la sentenza che risolve o annulla il concordato il tribunale dichiara il fallimento.
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TITOLO QUARTO DELL’AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA
TITOLO QUARTO DELL’AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA
Art. 187 Domanda di ammissione alla procedura.
(L’INTERO TITOLO QUARTO È STATO ABROGATO)
L’imprenditore che si trova in temporanea difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, se ricorrono le condizioni previste dai numeri 1, 2 e 3 del primo comma dell’articolo 160 e vi siano comprovate possibilità di risanare l’impresa, può chiedere al tribunale il controllo della gestione della sua impresa e dell’amministrazione dei suoi beni a tutela degli interessi dei creditori per un periodo non superiore a due anni. La domanda si propone nelle forme stabilite dall’articolo 161. Art. 188 Ammissione alla procedura.
Art. 188 Ammissione alla procedura.
Il tribunale, se concorrono le condizioni stabilite dalla legge e se ritiene il debitore meritevole del beneficio, ammette il ricorrente alla procedura di amministrazione controllata con decreto non soggetto a reclamo. Con lo stesso provvedimento: 1) delega un giudice alla procedura; 2) ordina la convocazione dei creditori non oltre i trenta giorni dalla data del
(abrogato)
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provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione del provvedimento stesso ai creditori; 3) nomina il commissario giudiziale secondo le disposizioni degli artt. 27, 28 e 29; 4) stabilisce il termine non superiore a otto giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si presume necessaria per l’intera procedura. Il decreto è pubblicato a norma dell’art. 166 e per la durata della procedura produce gli effetti stabiliti dagli artt. 167 e 168. Si applicano inoltre le disposizioni degli articoli 164, 165, 170 a 173. Art. 189 Adunanza dei creditori.
Art. 189 Adunanza dei creditori.
Alla deliberazione dei creditori si applicano le disposizioni degli artt. 174, 175, 176, primo comma, 177, quarto comma, 178 primo, secondo e terzo comma. Si tiene conto a tutti gli effetti dei voti dati per lettera o per telegramma, purché pervenuti prima della chiusura delle operazioni. La proposta del debitore è approvata quando riporta il voto favorevole della maggioranza dei creditori che rappresenti la maggioranza dei crediti, esclusi i creditori aventi diritti di prelazione sui beni del debitore. Se le maggioranze prescritte non sono
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raggiunte cessano gli effetti del decreto di ammissione alla procedura. Art. 190 Provvedimenti del giudice delegato.
Art. 190 Provvedimenti del giudice delegato.
Se le maggioranze prescritte sono raggiunte, il giudice delegato, tenuto conto del parere dei creditori intervenuti all’adunanza, nomina con decreto un comitato di tre o cinque creditori che assiste il commissario giudiziale. Contro il decreto del giudice delegato è ammesso reclamo da parte di ogni interessato entro dieci giorni dalla sua data. Il tribunale decide in camera di consiglio con decreto non soggetto a gravame (1). _____________________________
(abrogato)
(1) C. cost. 26 luglio 1988, n. 881, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove si fa decorrere il termine di decadenza di dieci giorni per il reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato di cessazione degli effetti dell’amministrazione controllata, dalla data del decreto anziché dalla sua rituale comunicazione all’interessato.
Art. 191 Poteri di gestione del commissario giudiziale.
Art. 191 Poteri di gestione del commissario giudiziale.
Durante la procedura il tribunale, su istanza di ogni interessato o d’ufficio sentito il comitato dei creditori, può con decreto non soggetto a reclamo affidare al commissario giudiziale in tutto o in parte la gestione dell’impre-
(abrogato)
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sa e l’amministrazione dei beni del debitore, determinando i poteri. Il decreto è pubblicato a norma dell’art. 166. In tal caso il commissario al termine del suo ufficio deve rendere conto della sua amministrazione a norma dell’art. 116. Art. 192 Art. 192 Relazioni dell’amministrazione e Relazioni dell’amministrazione e revoca dell’amministrazione control- revoca dell’amministrazione controllata. lata. Il commissario giudiziale riferisce ogni due mesi al giudice delegato sull’andamento dell’impresa. Il commissario giudiziale e il comitato dei creditori devono inoltre denunciare al giudice delegato i fatti che consigliano la revoca dell’amministrazione controllata, non appena ne vengano a conoscenza. Se in qualunque momento risulta che l’amministrazione controllata non può utilmente essere continuata, il giudice delegato, promuove dal tribunale la dichiarazione di fallimento salva la facoltà dell’imprenditore di proporre il concordato preventivo secondo le disposizioni del titolo precedente.
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(abrogato)
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Art. 193 Fine dell’amministrazione controllata.
Art. 193 Fine dell’amministrazione controllata.
Il debitore che dimostra di essere in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni può chiedere al tribunale anche prima del termine stabilito la cessazione della procedura. In tal caso il tribunale provvede con decreto pubblicato a norma dell’art. 17. Se al termine dell’amministrazione controllata risulta che l’impresa non è in condizioni di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, si applica il terzo comma dell’articolo precedente.
(abrogato)
TITOLO QUINTO DELLA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
TITOLO QUINTO DELLA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
Art. 194 Norme applicabili.
Art. 194 Norme applicabili.
La liquidazione coatta amministrativa è regolata dalle disposizioni del presente titolo, salvo che le leggi speciali dispongano diversamente. Sono abrogate le disposizioni delle leggi speciali, incompatibili con quelle degli artt. 195, 196, 200, 201, 202, 203, 209, 211 e 213.
La liquidazione coatta amministrativa è regolata dalle disposizioni del presente titolo, salvo che le leggi speciali dispongano diversamente. Sono abrogate le disposizioni delle leggi speciali, incompatibili con quelle degli artt. 195, 196, 200, 201, 202, 203, 209, 211 e 213.
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Art. 195 Accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza anteriore alla liquidazione coatta amministrativa.
Art. 195 Accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza anteriore alla liquidazione coatta amministrativa.
Se un’impresa, soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento si trova in stato di insolvenza, il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale, su richiesta di uno o più creditori, dichiara tale stato con sentenza in camera di consiglio. Con la stessa sentenza o con successivo decreto adotta i provvedimenti conservativi che ritenga opportuni nell’interesse dei creditori fino all’inizio della procedura di liquidazione. Prima di provvedere il tribunale deve sentire l’autorità governativa che ha la vigilanza sull’impresa (1).
Se un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento si trova in stato di insolvenza, il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale, su richiesta di uno o più creditori, ovvero dell’autorità che ha la vigilanza sull’impresa o di questa stessa, dichiara tale stato con sentenza. Il trasferimento della sede principale dell’impresa intervenuto nell’anno antecedente l’apertura del procedimento, non rileva ai fini della competenza. Con la stessa sentenza o con successivo decreto adotta i provvedimenti conservativi che ritenga opportuni nell’interesse dei creditori fino all’inizio della procedura di liquidazione. Prima di provvedere il tribunale deve sentire il debitore, con le modalità di cui all’articolo 15, e l’autorità governativa che ha la vigilanza sull’impresa. La sentenza è comunicata entro tre giorni, a norma dell’articolo 136 del codice di procedura civile, all’autorità competente perchè disponga la liquidazione. Essa è inoltre notificata, affissa e resa pubblica nei modi e nei termini stabiliti per la sentenza dichiarativa di fallimento. Contro la sentenza predetta può essere proposto appello da qualunque interes-
La sentenza è comunicata entro tre giorni, a norma dell’art. 136 del codice di procedura civile, all’autorità competente perché disponga la liquidazione. Essa è inoltre notificata e affissa nei modi e nei termini stabiliti per la sentenza dichiarativa di fallimento. Contro la sentenza predetta può essere proposta opposizione da qualunque 662
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interessato, entro trenta giorni dall’affissione davanti al tribunale che l’ha pronunciata, in contraddittorio col commissario liquidatore. (2) Il termine per appellare è di quindici giorni dalla notificazione della sentenza. Il tribunale che respinge il ricorso per la dichiarazione d’insolvenza provvede con decreto motivato. Contro il decreto è ammesso reclamo a norma dell’art. 22. Il tribunale provvede d’ufficio alla dichiarazione d’insolvenza a norma di questo articolo quando nel corso della procedura di concordato preventivo o di amministrazione controllata di una impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si verificano le condizioni per le quali a norma delle disposizioni contenute nei titoli III e IV si dovrebbe far luogo alla dichiarazione di fallimento. Le disposizioni di questo articolo non si applicano agli enti pubblici. _____________________________
sato, a norma degli articoli 18 e 19. Il tribunale che respinge il ricorso per la dichiarazione d’insolvenza provvede con decreto motivato. Contro il decreto è ammesso reclamo a norma dell’articolo 22. Il tribunale provvede su istanza del commissario giudiziale alla dichiarazione d’insolvenza a norma di questo articolo quando nel corso della procedura di concordato preventivo di un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si verifica la cessazione della procedura e sussiste lo stato di insolvenza. Si applica in ogni caso il procedimento di cui al terzo comma. Le disposizioni di questo articolo non si applicano agli enti pubblici.
(1) C. cost. 27 giugno 1972, n. 110, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove non prevede l’obbligo per il tribunale di disporre la comparizione del debitore in camera di consiglio per l’esercizio del diritto di difesa nel corso dell’istruttoria diretta ad accertare lo stato di insolvenza dell’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento. (2) C. cost. 4 luglio 2001, n. 211, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove prevede che il termine per proporre opposizione contro la sent. che dichiara lo stato di insolvenza di impresa soggetta a liquidazione coatta am-
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ministrativa decorre, anche per l’impresa, dall’affissione invece che dalla notificazione della sent..
Art. 196 Art. 196 Concorso fra fallimento e liquidazio- Concorso fra fallimento e liquidazione coatta amministrativa. ne coatta amministrativa. Per le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, per le quali la legge non esclude la procedura fallimentare, la dichiarazione di fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa e il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa preclude la dichiarazione di fallimento.
Per le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, per le quali la legge non esclude la procedura fallimentare, la dichiarazione di fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa e il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa preclude la dichiarazione di fallimento.
Art. 197 Provvedimento di liquidazione.
Art. 197 Provvedimento di liquidazione.
Il provvedimento che ordina la liquidazione entro dieci giorni dalla sua data è pubblicato integralmente, a cura dell’autorità che lo ha emanato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed è comunicato per l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese, salve le altre forme di pubblicità disposte nel provvedimento.
Il provvedimento che ordina la liquidazione entro dieci giorni dalla sua data è pubblicato integralmente, a cura dell’autorità che lo ha emanato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed è comunicato per l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese, salve le altre forme di pubblicità disposte nel provvedimento.
Art. 198 Organi della liquidazione amministrativa.
Art. 198 Organi della liquidazione amministrativa.
Con il provvedimento che ordina la li- Con il provvedimento che ordina la liquidazione o con altro successivo vie- quidazione o con altro successivo viene nominato con commissario liquida- ne nominato con commissario liquida664
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tore. È altresì nominato un comitato di sorveglianza di tre o cinque membri scelti fra persone particolarmente esperte nel ramo di attività esercitato dall’impresa, possibilmente fra i creditori. Qualora l’importanza dell’impresa lo consigli, possono essere nominati tre commissari liquidatori. In tal caso essi deliberano a maggioranza, e la rappresentanza è esercitata congiuntamente da due di essi. Nella liquidazione delle cooperative la nomina del comitato di sorveglianza è facoltativo.
tore. È altresì nominato un comitato di sorveglianza di tre o cinque membri scelti fra persone particolarmente esperte nel ramo di attività esercitato dall’impresa, possibilmente fra i creditori. Qualora l’importanza dell’impresa lo consigli, possono essere nominati tre commissari liquidatori. In tal caso essi deliberano a maggioranza, e la rappresentanza è esercitata congiuntamente da due di essi. Nella liquidazione delle cooperative la nomina del comitato di sorveglianza è facoltativo.
Art. 199 Responsabilità del commissario liquidatore.
Art. 199 Responsabilità del commissario liquidatore.
Il commissario liquidatore è, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale. Durante la liquidazione l’azione di responsabilità contro il commissario liquidatore revocato è proposta dal nuovo liquidatore con l’autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione. Si applicano al commissario liquidatore le disposizioni degli artt. 32, 37 e 38, primo comma, intendendosi sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato quelli dell’autorità che vigila sulla liquidazione.
Il commissario liquidatore è, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale. Durante la liquidazione l’azione di responsabilità contro il commissario liquidatore revocato è proposta dal nuovo liquidatore con l’autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione. Si applicano al commissario liquidatore le disposizioni degli artt. 32, 37 e 38, primo comma, intendendosi sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato quelli dell’autorità che vigila sulla liquidazione.
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Art. 200 Effetti del provvedimento di liquidazione per l’impresa.
Art. 200 Effetti del provvedimento di liquidazione per l’impresa.
Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano gli artt. 42, 44, 45, 46 e 47 e se l’impresa è una società o una persona giuridica cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e di controllo, salvo per il caso previsto dall’art. 214. Nelle controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell’impresa, sta in giudizio il commissario liquidatore.
Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano gli artt. 42, 44, 45, 46 e 47 e se l’impresa è una società o una persona giuridica cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e di controllo, salvo per il caso previsto dall’art. 214. Nelle controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell’impresa, sta in giudizio il commissario liquidatore.
Art. 201 Effetti della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti.
Art. 201 Effetti della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti.
Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano le disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV e le disposizioni dell’art. 66. Si intendono sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l’autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei creditori il comitato di sorveglianza.
Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano le disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV e le disposizioni dell’art. 66. Si intendono sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l’autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei creditori il comitato di sorveglianza.
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Art. 202 Accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza.
Art. 202 Accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza.
Se l’impresa al tempo in cui è stata ordinata la liquidazione, si trovava in stato d’insolvenza e questa non è stata preventivamente dichiarata a norma dell’art. 195, il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale, su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero, accerta tale stato con sentenza in camera di consiglio, anche se la liquidazione è stata disposta per insufficienza di attivo. Si applicano le norme dell’art. 195, commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto.
Se l’impresa al tempo in cui è stata ordinata la liquidazione, si trovava in stato d’insolvenza e questa non è stata preventivamente dichiarata a norma dell’art. 195, il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale, su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero, accerta tale stato con sentenza in camera di consiglio, anche se la liquidazione è stata disposta per insufficienza di attivo. Si applicano le norme dell’art. 195, commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto.
Art. 203 Effetti dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza.
Art. 203 Effetti dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza.
Accertato giudizialmente lo stato d’insolvenza a norma degli artt. 195 o 202, sono applicabili con effetto dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione le disposizioni del titolo II, capo III, sezione III, anche nei riguardi dei soci a responsabilità illimitata. L’esercizio delle azioni di revoca degli atti compiuti in frode dei creditori compete al commissario liquidatore. Il commissario liquidatore presenta al procuratore della Repubblica una relazione in conformità di quanto è disposto dall’art. 33, primo comma.
Accertato giudizialmente lo stato d’insolvenza a norma degli artt. 195 o 202, sono applicabili con effetto dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione le disposizioni del titolo II, capo III, sezione III, anche nei riguardi dei soci a responsabilità illimitata. L’esercizio delle azioni di revoca degli atti compiuti in frode dei creditori compete al commissario liquidatore. Il commissario liquidatore presenta al procuratore della Repubblica una relazione in conformità di quanto è disposto dall’art. 33, primo comma. 667
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Art. 204 Commissario liquidatore.
Art. 204 Commissario liquidatore.
Il commissario liquidatore procede a tutte le operazioni della liquidazione secondo le direttive dell’autorità che vigila sulla liquidazione, e sotto il controllo del comitato di sorveglianza. Egli prende in consegna i beni compresi nella liquidazione, le scritture contabili e gli altri documenti dell’impresa, richiedendo, ove occorra, l’assistenza di un notaio. Il commissario liquidatore forma quindi l’inventario, nominando se necessario, uno o più stimatori per la valutazione dei beni.
Il commissario liquidatore procede a tutte le operazioni della liquidazione secondo le direttive dell’autorità che vigila sulla liquidazione, e sotto il controllo del comitato di sorveglianza. Egli prende in consegna i beni compresi nella liquidazione, le scritture contabili e gli altri documenti dell’impresa, richiedendo, ove occorra, l’assistenza di un notaio. Il commissario liquidatore forma quindi l’inventario, nominando se necessario, uno o più stimatori per la valutazione dei beni.
Art. 205 Relazione del commissario.
Art. 205 Relazione del commissario.
L’imprenditore o, se l’impresa è una società o una persona giuridica, gli amministratori devono rendere al commissario liquidatore il conto della gestione relativo al tempo posteriore all’ultimo bilancio. Il commissario è dispensato dal formare il bilancio annuale, ma deve presentare alla fine di ogni semestre all’autorità che vigila sulla liquidazione una relazione sulla situazione patrimoniale dell’impresa e sull’andamento della gestione accom-pagnata da un rapporto del comitato di sorveglianza.
L’imprenditore o, se l’impresa è una società o una persona giuridica, gli amministratori devono rendere al commissario liquidatore il conto della gestione relativo al tempo posteriore all’ultimo bilancio. Il commissario è dispensato dal formare il bilancio annuale, ma deve presentare alla fine di ogni semestre all’autorità che vigila sulla liquidazione una relazione sulla situazione patrimoniale dell’impresa e sull’andamento della gestione accom-pagnata da un rapporto del comitato di sorveglianza.
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Art. 206 Poteri del commissario.
Art. 206 Poteri del commissario.
L’azione di responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo dell’impresa in liquidazione, a norma degli artt. 2393 e 2394 del codice civile, è esercitata dal commissario liquidatore, previa autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione. Per il compimento degli atti previsti dall’art. 35, in quanto siano di valore indeterminato o di valore superiore a lire 2 milioni e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa il commissario deve essere autorizzato dall’autorità predetta, la quale provvede sentito il comitato di sorveglianza.
L’azione di responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo dell’impresa in liquidazione, a norma degli artt. 2393 e 2394 del codice civile, è esercitata dal commissario liquidatore, previa autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione. Per il compimento degli atti previsti dall’art. 35, in quanto siano di valore indeterminato o di valore superiore a lire 2 milioni e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa il commissario deve essere autorizzato dall’autorità predetta, la quale provvede sentito il comitato di sorveglianza.
Art. 207 Art. 207 Comunicazione ai creditori e ai terzi. Comunicazione ai creditori e ai terzi. Entro un mese dalla nomina, il commissario comunica a ciascun creditore mediante raccomandata con avviso di ricevimento le somme risultanti a credito di ciascuno secondo le scritture contabili e i documenti dell’impresa. La comunicazione s’intende fatta con riserva delle eventuali contestazioni. Analoga comunicazione è fatta a coloro che possono far valere domande di rivendicazione, restituzione e separazione su cose mobili possedute dall’impresa. Entro quindici giorni dal ricevimen-
Entro un mese dalla nomina, il commissario comunica a ciascun creditore mediante raccomandata con avviso di ricevimento le somme risultanti a credito di ciascuno secondo le scritture contabili e i documenti dell’impresa. La comunicazione s’intende fatta con riserva delle eventuali contestazioni. Analoga comunicazione è fatta a coloro che possono far valere domande di rivendicazione, restituzione e separazione su cose mobili possedute dall’impresa. Entro quindici giorni dal ricevimen669
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to della raccomandata i creditori e le altre persone indicate nel comma precedente possono far pervenire al commissario mediante raccomandata le loro osservazioni o istanze.
to della raccomandata i creditori e le altre persone indicate nel comma precedente possono far pervenire al commissario mediante raccomandata le loro osservazioni o istanze.
Art. 208 Domande dei creditori e dei terzi.
Art. 208 Domande dei creditori e dei terzi.
I creditori e le altre persone indicate nell’articolo precedente che non hanno ricevuto la comunicazione prevista dal predetto articolo possono chiedere mediante raccomandata, entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione, il riconoscimento dei propri crediti e la restituzione dei loro beni.
I creditori e le altre persone indicate nell’articolo precedente che non hanno ricevuto la comunicazione prevista dal predetto articolo possono chiedere mediante raccomandata, entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione, il riconoscimento dei propri crediti e la restituzione dei loro beni.
Art. 209 Formazione dello stato passivo.
Art. 209 Formazione dello stato passivo.
Salvo che le leggi speciali stabiliscano un maggior termine, entro novanta giorni dalla data del provvedimento di liquidazione, il commissario forma l’elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande indicate nel secondo comma dell’art. 207 accolte o respinte, e le deposita nella cancelleria del luogo dove l’impresa ha la sede principale, dandone notizia con raccomandata con avviso di ricevimento a coloro la cui pretesa non sia in tutto o in parte ammessa. Col deposito in cancelleria l’elenco diventa esecutivo.
Salvo che le leggi speciali stabiliscano un maggior termine, entro novanta giorni dalla data del provvedimento di liquidazione, il commissario forma l’elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande indicate nel secondo comma dell’art. 207 accolte o respinte, e le deposita nella cancelleria del luogo dove l’impresa ha la sede principale, dandone notizia con raccomandata con avviso di ricevimento a coloro la cui pretesa non sia in tutto o in parte ammessa. Col deposito in cancelleria l’elenco diventa esecutivo.
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Le opposizioni, a norma dell’art. 98, e le impugnazioni, a norma dell’art. 100, sono proposte entro quindici giorni dal deposito, con ricorso al presidente del tribunale osservate le disposizioni del secondo comma dell’art. 93 (1). Il presidente del tribunale nomina un giudice per l’istruzione e per i provvedimenti ulteriori. Sono osservate le disposizioni degli artt. da 98 a 103, in quanto applicabili, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore e al curatore il commissario liquidatore. Restano salve le disposizioni delle leggi speciali relative all’accertamento dei crediti chirografari nella liquidazione delle imprese che esercitano il credito. _____________________________
Le opposizioni, a norma dell’art. 98, e le impugnazioni, a norma dell’art. 100, sono proposte entro quindici giorni dal deposito, con ricorso al presidente del tribunale osservate le disposizioni del secondo comma dell’art. 93. Il presidente del tribunale nomina un giudice per l’istruzione e per i provvedimenti ulteriori. Sono osservate le disposizioni degli artt. da 98 a 103, in quanto applicabili, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore e al curatore il commissario liquidatore. Restano salve le disposizioni delle leggi speciali relative all’accertamento dei crediti chirografari nella liquidazione delle imprese che esercitano il credito.
(1) C. cost. 2 dicembre 1980, n. 155, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove prevede che il termine per le opposizioni dei creditori in tutto o in parte esclusi decorra dalla data del deposito, nella cancelleria del tribunale del luogo ove l’impresa in liquidazione coatta amministrativa ha la sede principale, dell’elenco dei crediti ammessi o respinti, formato dal commissario liquidatore, anziché non dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento, con le quali il commissario liquidatore dà notizia dell’avvenuto deposito ai creditori le cui pretese non sono state in tutto o in parte ammesse. C. cost. con sent. 20 maggio 1987, n. 181, ha dich. l’illeg. cost. del comma, applicato all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi in virtù dell’art. 1, quinto comma, l. 3 aprile 1979, n. 95, di conversione del d.l. 30 gennaio 1979, n. 26, ove non prevede che l’imprenditore individuale o gli amministratori della società o della persona giuridica soggetti ad
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amministrazione straordinaria siano sentiti dal commissario con riferimento alla formazione dell’elenco indicato nello stesso articolo 209 legge fallimentare. C. cost. 29 aprile 1993, n. 201, ha dich. l’illeg. cost. del comma, ove prevede che il termine di 15 giorni per proporre l’impugnazione dei crediti ammessi decorre dalla data del deposito in Cancelleria, da parte del commissario liquidatore, dell’elenco dei crediti medesimi, anziché da quella di ricezione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento, con la quale lo stesso commissario deve dare notizia dell’avvenuto deposito ai singoli interessati.
Art. 210 Liquidazione dell’attivo.
Art. 210 Liquidazione dell’attivo.
Il commissario ha tutti i poteri necessari per la liquidazione dell’attivo, salve le limitazioni stabilite dall’autorità che vigila sulla liquidazione. In ogni caso per la vendita degli immobili e per la vendita dei mobili in blocco occorrono l’autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione e il parere del comitato di sorveglianza. Nel caso di società con soci a responsabilità limitata il presidente del tribunale può, su proposta del commissario liquidatore, ingiungere con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.
Il commissario ha tutti i poteri necessari per la liquidazione dell’attivo, salve le limitazioni stabilite dall’autorità che vigila sulla liquidazione. In ogni caso per la vendita degli immobili e per la vendita dei mobili in blocco occorrono l’autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione e il parere del comitato di sorveglianza. Nel caso di società con soci a responsabilità limitata il presidente del tribunale può, su proposta del commissario liquidatore, ingiungere con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.
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Art. 211 Società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci.
Art. 211 Società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci.
Nella liquidazione di una società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci, il commissario liquidatore, dopo il deposito nella cancelleria del tribunale dell’elenco previsto dall’art. 209, comma primo, previa autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione, può chiedere ai soci il versamento delle somme che egli ritiene necessarie per l’estinzione delle passività. Si osservano per il rimanente le disposizioni dell’art. 151, sostituiti ai poteri del giudice delegato quelli del presidente del tribunale e al curatore il commissario liquidatore ed escluso il reclamo a norma dell’art. 26.
Nella liquidazione di una società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci, il commissario liquidatore, dopo il deposito nella cancelleria del tribunale dell’elenco previsto dall’art. 209, comma primo, previa autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione, può chiedere ai soci il versamento delle somme che egli ritiene necessarie per l’estinzione delle passività. Si osservano per il rimanente le disposizioni dell’art. 151, sostituiti ai poteri del giudice delegato quelli del presidente del tribunale e al curatore il commissario liquidatore ed escluso il reclamo a norma dell’art. 26.
Art. 212 Ripartizione dell’attivo.
Art. 212 Ripartizione dell’attivo.
Le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono distribuite secondo l’ordine stabilito nell’art. 111. Previo il parere del comitato di sorveglianza, e con l’autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione, il commissario può distribuire acconti parziali, sia a tutti i creditori, sia ad alcune categorie di essi, anche prima che siano realizzate tutte le attività e accertate tutte le passività. Le domande tardive per l’ammissione
Le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono distribuite secondo l’ordine stabilito nell’art. 111. Previo il parere del comitato di sorveglianza, e con l’autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione, il commissario può distribuire acconti parziali, sia a tutti i creditori, sia ad alcune categorie di essi, anche prima che siano realizzate tutte le attività e accertate tutte le passività. Le domande tardive per l’ammissione
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di crediti o per il riconoscimento dei diritti reali non pregiudicano le ripartizioni già avvenute, e possono essere fatte valere sulle somme non ancora distribuite, osservate le disposizioni dell’art. 112. Alle ripartizioni parziali si applicano le disposizioni dell’art. 113.
di crediti o per il riconoscimento dei diritti reali non pregiudicano le ripartizioni già avvenute, e possono essere fatte valere sulle somme non ancora distribuite, osservate le disposizioni dell’art. 112. Alle ripartizioni parziali si applicano le disposizioni dell’art. 113.
Art. 213 Chiusura della liquidazione.
Art. 213 Chiusura della liquidazione.
Prima dell’ultimo reparto ai creditori, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di reparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, devono essere sottoposti all’autorità, che vigila sulla liquidazione, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario. Dell’avvenuto deposito è data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nei giornali che siano designati dall’autorità che vigila sulla liquidazione. Nel termine di venti giorni dall’inserzione nella Gazzetta Ufficiale, gli interessati possono proporre, con ricorso al tribunale, le loro contestazioni. Esse sono comunicate, a cura del cancelliere, all’autorità che vigila sulla liquidazione, al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro osservazioni. Il presidente
Prima dell’ultimo reparto ai creditori, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di reparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, devono essere sottoposti all’autorità, che vigila sulla liquidazione, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario. Dell’avvenuto deposito è data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nei giornali che siano designati dall’autorità che vigila sulla liquidazione. Nel termine di venti giorni dall’inserzione nella Gazzetta Ufficiale, gli interessati possono proporre, con ricorso al tribunale, le loro contestazioni. Esse sono comunicate, a cura del cancelliere, all’autorità che vigila sulla liquidazione, al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro osservazioni. Il presidente
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DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUALI TESTO PREVIGENTE
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del tribunale nomina un giudice per l’istruzione e per i provvedimenti ulteriori a norma dell’art. 189 del codice di procedura civile. Decorso il termine indicato senza che siano proposte osservazioni, il bilancio, il conto di gestione e il piano di reparto si intendono approvati, e il commissario provvede alle ripartizioni finali tra i creditori. Si applicano le norme dell’art. 117, e se del caso degli artt. 2456 e 2457 del codice civile.
del tribunale nomina un giudice per l’istruzione e per i provvedimenti ulteriori a norma dell’art. 189 del codice di procedura civile. Decorso il termine indicato senza che siano proposte osservazioni, il bilancio, il conto di gestione e il piano di reparto si intendono approvati, e il commissario provvede alle ripartizioni finali tra i creditori. Si applicano le norme dell’art. 117, e se del caso degli artt. 2494 e 2495 del codice civile.
Art. 214 Concordato.
Art. 214 Concordato.
Dopo il deposito dell’elenco previsto dall’art. 209 l’autorità che vigila sulla liquidazione, su parere del commissario liquidatore, sentito il comitato di sorveglianza può autorizzare l’impresa in liquidazione a proporre al tribunale un concordato, osservate le disposizioni dell’art. 152, se si tratta di società.
Dopo il deposito dell’elenco previsto dall’art. 209 l’autorità che vigila sulla liquidazione, su parere del commissario liquidatore, sentito il comitato di sorveglianza può autorizzare l’impresa in liquidazione a proporre al tribunale un concordato, osservate le disposizioni dell’art. 152, se si tratta di società.
La proposta di concordato deve indicare le condizioni e le eventuali garanzie. Essa è depositata nella cancelleria del tribunale col parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza e pubblicata nelle forme disposte dall’autorità che vigila sulla liquidazione. Entro trenta giorni dal deposito gli interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni che vengono comunicate al commissario.
La proposta di concordato deve indicare le condizioni e le eventuali garanzie. Essa è depositata nella cancelleria del tribunale col parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza e pubblicata nelle forme disposte dall’autorità che vigila sulla liquidazione. Entro trenta giorni dal deposito gli interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni che vengono comunicate al commissario. 675
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Il tribunale, sentito il parere dell’autorità che vigila sulla liquidazione, decide sulla proposta di concordato, tenendo conto delle opposizioni, con sentenza in camera di consiglio. La sentenza che approva il concordato è pubblicata a norma dell’art. 17 e nelle altre forme che sono stabilite dal tribunale. Contro la sentenza, che approva o respinge il concordato, l’impresa in liquidazione, il commissario liquidatore e gli opponenti possono appellare entro quindici giorni dall’affissione. La sentenza è pubblicata a norma del comma precedente e il termine per il ricorso in cassazione decorre dall’affissione. Il commissario liquidatore con l’assistenza del comitato di sorveglianza sorveglia l’esecuzione del concordato.
Il tribunale, sentito il parere dell’autorità che vigila sulla liquidazione, decide sulla proposta di concordato, tenendo conto delle opposizioni, con sentenza in camera di consiglio. La sentenza che approva il concordato è pubblicata a norma dell’art. 17 e nelle altre forme che sono stabilite dal tribunale. Contro la sentenza, che approva o respinge il concordato, l’impresa in liquidazione, il commissario liquidatore e gli opponenti possono appellare entro quindici giorni dall’affissione. La sentenza è pubblicata a norma del comma precedente e il termine per il ricorso in cassazione decorre dall’affissione. Il commissario liquidatore con l’assistenza del comitato di sorveglianza sorveglia l’esecuzione del concordato.
Art. 215 Risoluzione e annullamento del concordato.
Art. 215 Risoluzione e annullamento del concordato.
Se il concordato non è eseguito, il tribunale, su ricorso del commissario liquidatore o di uno o più creditori, pronuncia, con sentenza in camera di consiglio e non soggetta a gravame, la risoluzione del concordato. Si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell’art. 137. Su richiesta del commissario o dei creditori il concordato può essere annullato a norma dell’art. 138.
Se il concordato non è eseguito, il tribunale, su ricorso del commissario liquidatore o di uno o più creditori, pronuncia, con sentenza in camera di consiglio e non soggetta a gravame, la risoluzione del concordato. Si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell’art. 137. Su richiesta del commissario o dei creditori il concordato può essere annullato a norma dell’art. 138.
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Risolto o annullato il concordato, si riapre la liquidazione amministrativa e l’autorità che vigila sulla liquidazione adotta i provvedimenti che ritiene necessari.
Risolto o annullato il concordato, si riapre la liquidazione amministrativa e l’autorità che vigila sulla liquidazione adotta i provvedimenti che ritiene necessari.
TITOLO SESTO DISPOSIZIONI PENALI
TITOLO SESTO DISPOSIZIONI PENALI
CAPO I DEI REATI COMMESSI DAL FALLITO
CAPO I DEI REATI COMMESSI DAL FALLITO
Art. 216 Bancarotta fraudolenta.
Art. 216 Bancarotta fraudolenta.
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che: 1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti; 2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che: 1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti; 2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette 677
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alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili. È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione. Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili. È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione. Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Art. 217 Bancarotta semplice.
Art. 217 Bancarotta semplice.
È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente: 1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; 2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti; 3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; 4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichia-
È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente: 1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; 2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti; 3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; 4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichia-
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razione del proprio fallimento o con altra grave colpa; 5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare. La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta. Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.
razione del proprio fallimento o con altra grave colpa; 5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare. La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta. Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.
Art. 218 Ricorso abusivo al credito.
Art. 218 Ricorso abusivo al credito.
Salvo che il fatto costituisca un reato più grave, è punito con la reclusione fino a due anni l’imprenditore esercente un’attività commerciale che, ricorre o continua a ricorrere al credito, dissimulando il proprio dissesto. Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni.
Salvo che il fatto costituisca un reato più grave, è punito con la reclusione fino a due anni l’imprenditore esercente un’attività commerciale che, ricorre o continua a ricorrere al credito, dissimulando il proprio dissesto. Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni.
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Art. 219 Art. 219 Circostanze aggravanti e circostanza Circostanze aggravanti e circostanza attenuante. attenuante. Nel caso in cui i fatti previsti negli artt. 216, 217 e 218 hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla metà. Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate: 1) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati; 2) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un’impresa commerciale. Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo.
Nel caso in cui i fatti previsti negli artt. 216, 217 e 218 hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla metà. Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate: 1) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati; 2) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un’impresa commerciale. Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo.
Art. 220 Art. 220 Denuncia di creditori inesistenti e al- Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito. tre inosservanze da parte del fallito. È punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all’art. 216, nell’elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l’esistenza di altri beni da comprendere nell’inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli artt. 16, nn. 3 e 49. Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno. 680
È punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all’art. 216, nell’elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l’esistenza di altri beni da comprendere nell’inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli artt. 16, nn. 3 e 49. Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno.
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Art. 221 Fallimento con procedimento sommario.
Art. 221 Fallimento con procedimento sommario.
Se al fallimento si applica il procedi- Se al fallimento si applica il procedimento sommario le pene previste in mento sommario le pene previste in questo capo sono ridotte fino al terzo. questo capo sono ridotte fino al terzo.
CAPO SECONDO DEI REATI COMMESSI DA PERSONE DIVERSE DAL FALLITO
CAPO SECONDO DEI REATI COMMESSI DA PERSONE DIVERSE DAL FALLITO
Art. 222 Art. 222 Fallimento delle società in nome col- Fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice. lettivo e in accomandita semplice. Nel fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice le disposizioni del presente capo si applicano ai fatti commessi dai soci illimitatamente responsabili.
Nel fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice le disposizioni del presente capo si applicano ai fatti commessi dai soci illimitatamente responsabili.
Art. 223 Fatti di bancarotta fraudolenta.
Art. 223 Fatti di bancarotta fraudolenta.
Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo. Si applica alle persone suddette la
Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo. Si applica alle persone suddette la
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pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se: 1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile. 2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società. Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216.
pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se: 1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile. 2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società. Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216.
Art. 224 Fatti di bancarotta semplice.
Art. 224 Fatti di bancarotta semplice.
Si applicano le pene stabilite nell’art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali: 1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo; 2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.
Si applicano le pene stabilite nell’art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali: 1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo; 2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.
Art. 225 Ricorso abusivo al credito.
Art. 225 Ricorso abusivo al credito.
Si applicano le pene stabilite nell’art. 218 agli amministratori ed ai direttori generali di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso il fatto in esso previsto.
Si applicano le pene stabilite nell’art. 218 agli amministratori ed ai direttori generali di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso il fatto in esso previsto.
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Art. 226 Denuncia di crediti inesistenti.
Art. 226 Denuncia di crediti inesistenti.
Si applicano le pene stabilite nell’art. 220 agli amministratori, ai direttori generali e ai liquidatori di società dichiarate fallite, che hanno commesso i fatti in esso indicati.
Si applicano le pene stabilite nell’art. 220 agli amministratori, ai direttori generali e ai liquidatori di società dichiarate fallite, che hanno commesso i fatti in esso indicati.
Art. 227 Reati dell’institore.
Art. 227 Reati dell’institore.
All’institore dell’imprenditore, dichiarato fallito, il quale nella gestione affidatagli si è reso colpevole dei fatti preveduti negli artt. 216, 217, 218 e 220 si applicano le pene in questi stabilite.
All’institore dell’imprenditore, dichiarato fallito, il quale nella gestione affidatagli si è reso colpevole dei fatti preveduti negli artt. 216, 217, 218 e 220 si applicano le pene in questi stabilite.
Art. 228 Interesse privato del curatore negli atti del fallimento.
Art. 228 Interesse privato del curatore negli atti del fallimento.
Salvo che al fatto non siano applicabili gli artt. 315, 317, 318, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato in qualsiasi atto del fallimento direttamente o per interposta persona o con atti simulati è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a lire 400.000. La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.
Salvo che al fatto non siano applicabili gli artt. 315, 317, 318, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato in qualsiasi atto del fallimento direttamente o per interposta persona o con atti simulati è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a lire 400.000. La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.
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Art. 229 Accettazione di retribuzione non dovuta.
Art. 229 Accettazione di retribuzione non dovuta.
Il curatore del fallimento che riceve o pattuisce una retribuzione, in danaro o in altra forma, in aggiunta di quella liquidata in suo favore dal tribunale o dal giudice delegato, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da lire 200.000 a 1.000.000. Nei casi più gravi alla condanna può aggiungersi l’inabilitazione temporanea all’ufficio di amministratore per la durata non inferiore a due anni.
Il curatore del fallimento che riceve o pattuisce una retribuzione, in danaro o in altra forma, in aggiunta di quella liquidata in suo favore dal tribunale o dal giudice delegato, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da lire 200.000 a 1.000.000. Nei casi più gravi alla condanna può aggiungersi l’inabilitazione temporanea all’ufficio di amministratore per la durata non inferiore a due anni.
Art. 230 Omessa consegna o deposito di cose del fallimento.
Art. 230 Omessa consegna o deposito di cose del fallimento.
Il curatore che non ottempera all’ordine del giudice di consegnare o depositare somme o altra cosa del fallimento, ch’egli detiene a causa del suo ufficio, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a lire 2.000.000. Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a lire 600.000.
Il curatore che non ottempera all’ordine del giudice di consegnare o depositare somme o altra cosa del fallimento, ch’egli detiene a causa del suo ufficio, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a lire 2.000.000. Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a lire 600.000.
Art. 231 Coadiutori del curatore.
Art. 231 Coadiutori del curatore.
Le disposizioni degli artt. 228, 229 e Le disposizioni degli artt. 228, 229 e 230 si applicano anche alle persone 230 si applicano anche alle persone 684
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che coadiuvano il curatore nell’ammi- che coadiuvano il curatore nell’amministrazione del fallimento. nistrazione del fallimento. Art. 232 Art. 232 Domande di ammissione di crediti Domande di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso simulati o distrazioni senza concorso col fallito. col fallito. È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire 100.000 a 1.000.000, chiunque fuori dei casi di concorso in bancarotta anche per interposta persona presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato. Se la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo, la pena è ridotta alla metà. È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque: 1) dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito; 2) essendo consapevole dello stato di dissesto dell’imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si verifica. La pena, nei casi previsti ai nn. 1 e 2, è aumentata se l’acquirente è un imprenditore che esercita un’attività commerciale.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire 100.000 a 1.000.000, chiunque fuori dei casi di concorso in bancarotta anche per interposta persona presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato. Se la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo, la pena è ridotta alla metà. È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque: 1) dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito; 2) essendo consapevole dello stato di dissesto dell’imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si verifica. La pena, nei casi previsti ai nn. 1 e 2, è aumentata se l’acquirente è un imprenditore che esercita un’attività commerciale. 685
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Art. 233 Mercato di voto.
Art. 233 Mercato di voto.
Il creditore che stipula col fallito o con altri nell’interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire 200.000. La somma o le cose ricevute dal creditore sono confiscate. La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato col creditore nell’interesse del fallito.
Il creditore che stipula col fallito o con altri nell’interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire 200.000. La somma o le cose ricevute dal creditore sono confiscate. La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato col creditore nell’interesse del fallito.
Art. 234 Art. 234 Esercizio abusivo di attività commer- Esercizio abusivo di attività commerciale. ciale. Chiunque esercita un’impresa commerciale, sebbene si trovi in stato di inabilitazione ad esercitarla per effetto di condanna penale, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore a lire 200.000.
Chiunque esercita un’impresa commerciale, sebbene si trovi in stato di inabilitazione ad esercitarla per effetto di condanna penale, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore a lire 200.000.
Art. 235 Omessa trasmissione dell’elenco dei protesti cambiari.
Art. 235 Omessa trasmissione dell’elenco dei protesti cambiari.
Il pubblico ufficiale abilitato a levare protesti cambiari che, senza giustificato motivo, omette di inviare nel termine prescritto al presidente del tribuna-
Il pubblico ufficiale abilitato a levare protesti cambiari che, senza giustificato motivo, omette di inviare nel termine prescritto al presidente del tribuna-
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NUOVO TESTO
le gli elenchi dei protesti cambiari per mancato pagamento, o invia elenchi incompleti, è punito con la sanzione amministrativa da lire 500.000 a lire 3.000.000. La stessa pena si applica al procuratore del registro che nel termine prescritto non trasmette l’elenco delle dichiarazioni di rifiuto di pagamento a norma dell’articolo 13, secondo comma, o trasmette un elenco incompleto.
le gli elenchi dei protesti cambiari per mancato pagamento, o invia elenchi incompleti, è punito con la sanzione amministrativa da lire 500.000 a lire 3.000.000. La stessa pena si applica al procuratore del registro che nel termine prescritto non trasmette l’elenco delle dichiarazioni di rifiuto di pagamento a norma dell’articolo 13, secondo comma, o trasmette un elenco incompleto.
CAPO TERZO DISPOSIZIONI APPLICABILI NEL CASO DI CONCORDATO PREVENTIVO, DI AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA E DI LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
CAPO TERZO DISPOSIZIONI APPLICABILI NEL CASO DI CONCORDATO PREVENTIVO E DI LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
Art. 236 Concordato preventivo e amministrazione controllata.
Art. 236 Concordato preventivo.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni l’imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo o di amministrazione controllata, siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti. Nel caso di concordato preventivo o di amministrazione controllata, si applicano:
È punito con la reclusione da uno a cinque anni l’imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo o di amministrazione controllata, siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti. Nel caso di concordato preventivo o di amministrazione controllata, si applicano:
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NUOVO TESTO
1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società; 2) la disposizione dell’art. 227 agli institori dell’imprenditore; 3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 al commissario del concordato preventivo o dell’amministrazione controllata; 4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori.
1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società; 2) la disposizione dell’art. 227 agli institori dell’imprenditore; 3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 al commissario del concordato preventivo o dell’amministrazione controllata; 4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori.
Art. 237 Liquidazione coatta amministrativa.
Art. 237 Liquidazione coatta amministrativa.
L’accertamento giudiziale dello stato di insolvenza a norma degli articoli 195 e 202 è equiparato alla dichiarazione di fallimento ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente titolo. Nel caso di liquidazione coatta amministrativa, si applicano al commissario liquidatore ed alle persone che lo coadiuvano nell’amministrazione della procedura le disposizioni degli articoli 228, 229 e 230.
L’accertamento giudiziale dello stato di insolvenza a norma degli articoli 195 e 202 è equiparato alla dichiarazione di fallimento ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente titolo. Nel caso di liquidazione coatta amministrativa, si applicano al commissario liquidatore ed alle persone che lo coadiuvano nell’amministrazione della procedura le disposizioni degli articoli 228, 229 e 230.
CAPO IV CAPO IV DISPOSIZIONI DI PROCEDURA DISPOSIZIONI DI PROCEDURA Art. 238 Art. 238 Esercizio dell’azione penale per reati Esercizio dell’azione penale per reati in materia di fallimento. in materia di fallimento.
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Per i reati previsti negli artt. 216, 217, 223 e 224 l’azione penale è esercitata dopo la comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento di cui all’art. 17. È iniziata anche prima nel caso previsto dall’art. 7 e in ogni altro in cui concorrano gravi motivi e già esista o sia contemporaneamente presentata domanda per ottenere la dichiarazione suddetta.
Per i reati previsti negli artt. 216, 217, 223 e 224 l’azione penale è esercitata dopo la comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento di cui all’art. 17. È iniziata anche prima nel caso previsto dall’art. 7 e in ogni altro in cui concorrano gravi motivi e già esista o sia contemporaneamente presentata domanda per ottenere la dichiarazione suddetta.
Art. 239 Mandato di cattura.
Art. 239 Mandato di cattura.
Articolo abrogato dall’art. unico, L. 18 novembre 1964, n. 1217. Art. 240 Costituzione di parte civile.
Art. 240 Costituzione di parte civile.
Il curatore, il commissario giudiziale e il commissario liquidatore possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per i reati preveduti nel presente titolo, anche contro il fallito. I creditori possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta quando manca la costituzione del curatore, del commissario giudiziale o del commissario liquidatore o quando intendono far valere un titolo di azione propria personale.
Il curatore, il commissario giudiziale e il commissario liquidatore possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per i reati preveduti nel presente titolo, anche contro il fallito. I creditori possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta quando manca la costituzione del curatore, del commissario giudiziale o del commissario liquidatore o quando intendono far valere un titolo di azione propria personale.
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Art. 241 Riabilitazione.
Art. 241 Riabilitazione.
La riabilitazione civile del fallito estingue il reato di bancarotta semplice. Se vi è condanna, ne fa cessare l’esecuzione e gli effetti.
La riabilitazione civile del fallito estingue il reato di bancarotta semplice. Se vi è condanna, ne fa cessare l’esecuzione e gli effetti.
TITOLO VII DISPOSIZIONI TRANSITORIE
TITOLO VII DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 242 Disposizione generale.
Art. 242 Disposizione generale.
Gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata prima della entrata in vigore del presente decreto sono regolati dalle leggi anteriori. Tuttavia le forme del procedimento stabilite dal presente decreto si applicano anche alle procedure di fallimento in corso, salvo quanto disposto dagli articoli seguenti. Conservano in ogni caso la loro efficacia gli atti anteriormente compiuti, se erano validi secondo le norme anteriori.
Gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata prima della entrata in vigore del presente decreto sono regolati dalle leggi anteriori. Tuttavia le forme del procedimento stabilite dal presente decreto si applicano anche alle procedure di fallimento in corso, salvo quanto disposto dagli articoli seguenti. Conservano in ogni caso la loro efficacia gli atti anteriormente compiuti, se erano validi secondo le norme anteriori.
Art. 243 Rappresentante degli eredi.
Art. 243 Rappresentante degli eredi.
Nei fallimenti in corso il rappresen- Nei fallimenti in corso il rappresentante degli eredi previsto dall’art. 12, tante degli eredi previsto dall’art. 12, comma secondo deve essere designato comma secondo deve essere designato
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entro quindici giorni dall’entrata in vi- entro quindici giorni dall’entrata in vigore del presente decreto. gore del presente decreto. Art. 244 Sentenza dichiarativa di fallimento.
Art. 244 Sentenza dichiarativa di fallimento.
Le opposizioni alla sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata prima dell’entrata in vigore del presente decreto sono regolate dalle leggi anteriori. Il gravame contro il provvedimento che respinge la istanza di fallimento è regolata dalle nuove disposizioni, sempreché la causa relativa non sia stata già assegnata a sentenza.
Le opposizioni alla sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata prima dell’entrata in vigore del presente decreto sono regolate dalle leggi anteriori. Il gravame contro il provvedimento che respinge la istanza di fallimento è regolata dalle nuove disposizioni, sempreché la causa relativa non sia stata già assegnata a sentenza.
Art. 245 Deposito delle somme riscosse.
Art. 245 Deposito delle somme riscosse.
Il curatore, entro trenta giorni dalla data dell’entrata in vigore del presente decreto, deve provvedere in conformità alle disposizioni dell’art. 34 per i depositi di somme effettuati anteriormente alla predetta data.
Il curatore, entro trenta giorni dalla data dell’entrata in vigore del presente decreto, deve provvedere in conformità alle disposizioni dell’art. 34 per i depositi di somme effettuati anteriormente alla predetta data.
Art. 246 Provvedimenti del giudice delegato.
Art. 246 Provvedimenti del giudice delegato.
I reclami contro i provvedimenti del giudice delegato sono regolati dalle nuove disposizioni, sempreché le cause relative non siano già state assegnate a sentenza.
I reclami contro i provvedimenti del giudice delegato sono regolati dalle nuove disposizioni, sempreché le cause relative non siano già state assegnate a sentenza.
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Art. 247 Delegazione dei creditori.
Art. 247 Delegazione dei creditori.
Nei fallimenti in corso le delegazioni dei creditori già costituite rimangono in carica. Tuttavia ove si debba procedere alla sostituzione di uno o più membri di essi, si applicano le norme dell’art. 40.
Nei fallimenti in corso le delegazioni dei creditori già costituite rimangono in carica. Tuttavia ove si debba procedere alla sostituzione di uno o più membri di essi, si applicano le norme dell’art. 40.
Art. 248 Esercizio provvisorio.
Art. 248 Esercizio provvisorio.
Le disposizioni dell’art. 90 si applicano anche all’esercizio provvisorio dell’impresa del fallito in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Le disposizioni dell’art. 90 si applicano anche all’esercizio provvisorio dell’impresa del fallito in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 249 Giudizi di retrodatazione.
Art. 249 Giudizi di retrodatazione.
Per i fallimenti dichiarati anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto il giudizio per la determinazione della data di cessazione dei pagamenti e le opposizioni contro la sentenza che determina tale data sono regolati dalle leggi anteriori, salva l’osservanza dell’art. 265.
Per i fallimenti dichiarati anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto il giudizio per la determinazione della data di cessazione dei pagamenti e le opposizioni contro la sentenza che determina tale data sono regolati dalle leggi anteriori, salva l’osservanza dell’art. 265.
Art. 250 Accertamento del passivo.
Art. 250 Accertamento del passivo.
Il procedimento per l’accertamento Il procedimento per l’accertamento del passivo, quando il verbale di veri- del passivo, quando il verbale di veri-
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ficazione dei crediti è stato chiuso prima dell’entrata in vigore del presente decreto, prosegue secondo le norme anteriori. Per i fallimenti dichiarati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, alle domande di rivendicazione, di separazione o di restituzione di cose mobili si applicano le disposizioni anteriori.
ficazione dei crediti è stato chiuso prima dell’entrata in vigore del presente decreto, prosegue secondo le norme anteriori. Per i fallimenti dichiarati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, alle domande di rivendicazione, di separazione o di restituzione di cose mobili si applicano le disposizioni anteriori.
Art. 251 Art. 251 Domande tardive e istanze di revoca- Domande tardive e istanze di revocazione. zione. Se sono in corso giudizi su domande tardive per l’ammissione di crediti al passivo o su istanze di revocazione contro crediti ammessi e le cause relative non sono già state assegnate a sentenza, il tribunale con ordinanza rimette le parti davanti al giudice delegato per la prosecuzione del giudizio secondo le disposizioni degli artt. 101 e 102.
Se sono in corso giudizi su domande tardive per l’ammissione di crediti al passivo o su istanze di revocazione contro crediti ammessi e le cause relative non sono già state assegnate a sentenza, il tribunale con ordinanza rimette le parti davanti al giudice delegato per la prosecuzione del giudizio secondo le disposizioni degli artt. 101 e 102.
Art. 252 Liquidazione dell’attivo.
Art. 252 Liquidazione dell’attivo.
Se prima della entrata in vigore del presente decreto è stata eseguita o autorizzata la vendita di beni compresi nel fallimento il relativo procedimento prosegue secondo le disposizioni anteriori.
Se prima della entrata in vigore del presente decreto è stata eseguita o autorizzata la vendita di beni compresi nel fallimento il relativo procedimento prosegue secondo le disposizioni anteriori.
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Art. 253 Ripartizione dell’attivo.
Art. 253 Ripartizione dell’attivo.
Alla ripartizione dell’attivo fra i creditori si applicano le nuove disposizioni a meno che lo stato di ripartizione non sia stato già reso esecutivo con ordinanza del giudice delegato pronunciata anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Alla ripartizione dell’attivo fra i creditori si applicano le nuove disposizioni a meno che lo stato di ripartizione non sia stato già reso esecutivo con ordinanza del giudice delegato pronunciata anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 254 Rendiconto del curatore.
Art. 254 Rendiconto del curatore.
Se il curatore ha presentato il conto della gestione, ma questo non è stato ancora approvato a norma delle leggi anteriori prima dell’entrata in vigore del presente decreto, la procedura per l’approvazione del conto prosegue secondo le nuove disposizioni.
Se il curatore ha presentato il conto della gestione, ma questo non è stato ancora approvato a norma delle leggi anteriori prima dell’entrata in vigore del presente decreto, la procedura per l’approvazione del conto prosegue secondo le nuove disposizioni.
Art. 255 Concordato.
Art. 255 Concordato.
La proposta di concordato presentata prima dell’entrata in vigore del presente decreto conserva la sua efficacia se era valida secondo le leggi anteriori. L’approvazione della proposta di concordato in relazione alla quale il giudice delegato ha ordinato la convocazione dei creditori prima dell’entrata in vigore del presente decreto ha luogo secondo le disposizioni anteriori. Ma
La proposta di concordato presentata prima dell’entrata in vigore del presente decreto conserva la sua efficacia se era valida secondo le leggi anteriori. L’approvazione della proposta di concordato in relazione alla quale il giudice delegato ha ordinato la convocazione dei creditori prima dell’entrata in vigore del presente decreto ha luogo secondo le disposizioni anteriori. Ma
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il giudizio di omologazione è regolato dalle nuove disposizioni. Se un giudizio di omologazione di concordato è in corso, ma non ancora assegnato a sentenza, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il tribunale rimette con ordinanza gli atti al giudice delegato per la prosecuzione del giudizio secondo le nuove disposizioni. Gli effetti e le modalità di esecuzione del concordato sono regolati dalle nuove disposizioni, a meno che la sentenza di omologazione non sia passata in giudicato prima dell’entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia i termini previsti dagli artt. 137 e 138 per l’esercizio delle azioni di risoluzione e di annullamento si applicano anche ai concordati omologati prima della data di entrata in vigore del presente decreto con decorrenza dalla data medesima, a meno che il tempo ancora utile per proporre l’azione, secondo le disposizioni anteriori, sia più breve.
il giudizio di omologazione è regolato dalle nuove disposizioni. Se un giudizio di omologazione di concordato è in corso, ma non ancora assegnato a sentenza, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il tribunale rimette con ordinanza gli atti al giudice delegato per la prosecuzione del giudizio secondo le nuove disposizioni. Gli effetti e le modalità di esecuzione del concordato sono regolati dalle nuove disposizioni, a meno che la sentenza di omologazione non sia passata in giudicato prima dell’entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia i termini previsti dagli artt. 137 e 138 per l’esercizio delle azioni di risoluzione e di annullamento si applicano anche ai concordati omologati prima della data di entrata in vigore del presente decreto con decorrenza dalla data medesima, a meno che il tempo ancora utile per proporre l’azione, secondo le disposizioni anteriori, sia più breve.
Art. 256 Riabilitazione civile.
Art. 256 Riabilitazione civile.
Anche per i fallimenti dichiarati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto il fallito, che non ha già ottenuto la cancellazione dall’albo dei falliti a norma delle leggi anteriori, può chiedere la riabilitazione civile secondo le norme del presente decreto.
Anche per i fallimenti dichiarati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto il fallito, che non ha già ottenuto la cancellazione dall’albo dei falliti a norma delle leggi anteriori, può chiedere la riabilitazione civile secondo le norme del presente decreto. 695
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La cancellazione dall’albo dei falliti ottenuta a norma delle leggi anteriori produce gli stessi effetti della riabilitazione civile.
La cancellazione dall’albo dei falliti ottenuta a norma delle leggi anteriori produce gli stessi effetti della riabilitazione civile.
Art. 257 Azione di responsabilità contro gli amministratori.
Art. 257 Azione di responsabilità contro gli amministratori.
Il giudice può autorizzare le misure cautelari previste dall’art. 146 anche se l’azione di responsabilità contro gli amministratori è stata disposta prima dell’entrata in vigore del presente decreto.
Il giudice può autorizzare le misure cautelari previste dall’art. 146 anche se l’azione di responsabilità contro gli amministratori è stata disposta prima dell’entrata in vigore del presente decreto.
Art. 258 Versamenti dei soci.
Art. 258 Versamenti dei soci.
Nei giudizi promossi contro soci per i versamenti ancora dovuti, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, se la causa non è stata ancora assegnata a sentenza, il tribunale rimette le parti con ordinanza davanti al giudice delegato, che provvede a termini dell’art. 150.
Nei giudizi promossi contro soci per i versamenti ancora dovuti, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, se la causa non è stata ancora assegnata a sentenza, il tribunale rimette le parti con ordinanza davanti al giudice delegato, che provvede a termini dell’art. 150.
Art. 259 Piccoli fallimenti.
Art. 259 Piccoli fallimenti.
Per i piccoli fallimenti in corso all’en- Per i piccoli fallimenti in corso all’entrata in vigore del presente decreto si trata in vigore del presente decreto si applicano le disposizioni anteriori. applicano le disposizioni anteriori.
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Art. 260 Concordato preventivo.
Art. 260 Concordato preventivo.
La procedura di concordato preventivo, per la quale prima dell’entrata in vigore del presente decreto sia intervenuto il decreto previsto dall’art. 4 della L. 24 maggio 1903, n. 197, sul concordato preventivo e sulla procedura dei piccoli fallimenti, prosegue secondo le disposizioni anteriori. Ma il giudizio di omologazione è regolato dalle nuove disposizioni. Per i giudizi di omologazione in corso e per gli effetti e le modalità di esecuzione del concordato si applicano le disposizioni dell’art. 255, commi secondo, terzo e quarto.
La procedura di concordato preventivo, per la quale prima dell’entrata in vigore del presente decreto sia intervenuto il decreto previsto dall’art. 4 della L. 24 maggio 1903, n. 197, sul concordato preventivo e sulla procedura dei piccoli fallimenti, prosegue secondo le disposizioni anteriori. Ma il giudizio di omologazione è regolato dalle nuove disposizioni. Per i giudizi di omologazione in corso e per gli effetti e le modalità di esecuzione del concordato si applicano le disposizioni dell’art. 255, commi secondo, terzo e quarto.
Art. 261 Liquidazione coatta amministrativa.
Art. 261 Liquidazione coatta amministrativa.
Le liquidazioni coatte amministrative in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto proseguono secondo le disposizioni anteriori. Se per un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa è in corso la procedura di fallimento o di concordato questa prosegue fino al suo compimento.
Le liquidazioni coatte amministrative in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto proseguono secondo le disposizioni anteriori. Se per un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa è in corso la procedura di fallimento o di concordato questa prosegue fino al suo compimento.
Art. 262 Iscrizione nel registro delle imprese.
Art. 262 Iscrizione nel registro delle imprese.
Fino all’attuazione del registro delle Fino all’attuazione del registro delle 697
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imprese non si fa luogo alle iscrizioni che secondo il presente decreto dovrebbero essere eseguite in detto registro. Tuttavia i provvedimenti relativi alle società, per i quali sia prevista la iscrizione nel registro delle imprese, sono iscritti nei registri di cancelleria presso i tribunali, provvisoriamente mantenuti.
imprese non si fa luogo alle iscrizioni che secondo il presente decreto dovrebbero essere eseguite in detto registro. Tuttavia i provvedimenti relativi alle società, per i quali sia prevista la iscrizione nel registro delle imprese, sono iscritti nei registri di cancelleria presso i tribunali, provvisoriamente mantenuti.
Art. 263 Art. 263 Ruolo degli amministratori giudiziari. Ruolo degli amministratori giudiziari. Col regio decreto preveduto nell’art. 27, comma terzo, o con altro decreto separato saranno riunite e coordinate le disposizioni in vigore relative al fondo speciale preveduto nella L. 10 luglio 1930, n. 995. Fino a quando non sarà emanato il regio decreto anzidetto continueranno ad osservarsi le disposizioni del R.D. 20 novembre 1930, n. 1595 e le altre norme ora in vigore riguardanti la formazione dei ruoli e la nomina e disciplina degli amministratori giudiziari. Parimenti continueranno ad osservarsi, fino a quando non sarà provveduto ai sensi dell’art. 39, le norme contenute nel D.M. 30 novembre 1930 sulla determinazione della misura dei compensi spettanti ai curatori dei fallimenti.
Col regio decreto preveduto nell’art. 27, comma terzo, o con altro decreto separato saranno riunite e coordinate le disposizioni in vigore relative al fondo speciale preveduto nella L. 10 luglio 1930, n. 995. Fino a quando non sarà emanato il regio decreto anzidetto continueranno ad osservarsi le disposizioni del R.D. 20 novembre 1930, n. 1595 e le altre norme ora in vigore riguardanti la formazione dei ruoli e la nomina e disciplina degli amministratori giudiziari. Parimenti continueranno ad osservarsi, fino a quando non sarà provveduto ai sensi dell’art. 39, le norme contenute nel D.M. 30 novembre 1930 sulla determinazione della misura dei compensi spettanti ai curatori dei fallimenti.
Art. 264 Istituto di credito.
Art. 264 Istituto di credito.
Quando nel presente decreto si fa ri- Quando nel presente decreto si fa riferimento a Istituti di credito in detta ferimento a Istituti di credito in detta 698
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espressione s’intendono comprese, oltre l’istituto di emissione, le imprese autorizzate e controllate a norma delle leggi vigenti dall’ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito.
espressione s’intendono comprese, oltre l’istituto di emissione, le imprese autorizzate e controllate a norma delle leggi vigenti dall’ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito.
Art. 265 Norma di rinvio.
Art. 265 Norma di rinvio.
Le disposizioni transitorie per il codice di procedura civile approvate con R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368, si applicano anche ai procedimenti in corso connessi alle procedure di fallimento o di concordato preventivo.
Le disposizioni transitorie per il codice di procedura civile approvate con R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368, si applicano anche ai procedimenti in corso connessi alle procedure di fallimento o di concordato preventivo.
Art. 266 Disposizioni abrogate.
Art. 266 Disposizioni abrogate.
Con l’entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni del codice di commercio approvato con L. 2 aprile 1882, n. 681, relative al fallimento, le disposizioni della L. 24 maggio 1903, n. 197, sul concordato preventivo e sulla procedura dei piccoli fallimenti, della L. 10 luglio 1930, n. 995, sul fallimento, sul concordato preventivo e sui piccoli fallimenti, salvo quanto disposto dall’art. 263, nonché ogni altra disposizione contraria o incompatibile con quelle del decreto medesimo.
Con l’entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni del codice di commercio approvato con L. 2 aprile 1882, n. 681, relative al fallimento, le disposizioni della L. 24 maggio 1903, n. 197, sul concordato preventivo e sulla procedura dei piccoli fallimenti, della L. 10 luglio 1930, n. 995, sul fallimento, sul concordato preventivo e sui piccoli fallimenti, salvo quanto disposto dall’art. 263, nonché ogni altra disposizione contraria o incompatibile con quelle del decreto medesimo.
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RELAZIONE MINISTERIALE ILLUSTRATIVA RIFORMA PROCEDURE CONCORSUALI L’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80, delega al Governo l’attuazione della riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La vigente legge fallimentare, emanata con Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e perciò risalente ad oltre un cinquantennio, non è stata mai sistematicamente riformata, sebbene abbia subito nel tempo numerosi e rilevanti interventi della Corte Costituzionale e le interpretazioni interpretative introdotte dalla giurisprudenza. L’attuale disciplina si ispira ad una finalità essenzialmente liquidatoria dell’impresa insolvente e ad una tutela accentuata dei diritti dei creditori, determinando un completo spossessamento del patrimonio del debitore che viene posto in una condizione di assoluta incapacità di disporre, anche con effetti extra concorsuali e di tipo personale del proprio patrimonio. In tale quadro, la finalità recuperatoria del patrimonio imprenditoriale ha finito per trovare collocazione secondaria rispetto allo scopo sanzionatorio del fallimento. Si tratta di una procedura che non risulta più adeguata alle finalità che la evoluzione socio-economica intende realizzare nelle situazioni di insolvenza imprenditoriale: finalità ispirate ad una maggiore sensibilità verso la conservazione delle componenti positive dell’impresa (beni produttivi e livelli occupazionali); inoltre, il rilevante contenzioso a cui la procedura dà vita ne determina l’eccessiva durata. L’inadeguatezza del quadro normativo da lungo tempo in vigore ha stimolato vari tentativi, rimasti senza esito, di riforma del sistema, con l’obiettivo di renderlo più flessibile ed adeguato alla nuova realtà economica. Va tenuto presente che, muovendo dall’attuale sistema normativo concorsuale, qualsiasi tentativo di riforma della materia non soltanto deve risultare compatibile con la legislazione europea, ma deve anche ispirarsi ad una nuova prospettiva di recupero delle capacità produttive dell’impresa, nelle quali non è più individuabile un esclusivo interesse dell’imprenditore, secondo la ristretta concezione del legislatore del ´42, ma confluiscono interessi economici e sociali più ampi, che privilegiano il ricorso alla via del risanamento e del superamento della crisi aziendale. Nella legislazione dei Paesi europei si è da tempo affermata la tendenza non dissimile volta a considerare le procedure concorsuali non più in termini meramente liquidatori-sanzionatori, ma piuttosto come destinate ad un risultato di conservazione dei mezzi organizzativi dell’impresa, assicurando la sopravvi-
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venza, ove possibile, di questa e, negli altri casi, procurando alla collettività, ed in primo luogo agli stessi creditori, una più consistente garanzia patrimoniale attraverso il risanamento e il trasferimento a terzi delle strutture aziendali. Con la conferita delega, il legislatore ha inteso allinearsi agli altri Stati membri dell’Unione europea ed introdurre una nuova disciplina concorsuale per la regolamentazione dell’insolvenza che semplifichi le procedure attualmente esistenti e sopperisca in modo agile e spedito alla conservazione dell’impresa e alla tutela dei creditori. Tale finalità è stata realizzata mediante un duplice intervento posto in essere dal decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge n. 80/2005 Esso, da un lato, ha modificato direttamente alcune disposizioni della legge fallimentare, in particolare l’articolo 67 in materia di revocatoria fallimentare e gli articoli 160, 161, 163, 167, 180, 181, in materia di concordato preventivo, introducendo altresì l’articolo 182 bis in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti; dall’altro, ha dettato al Governo i criteri e i principi direttivi per realizzare la riforma organica delle procedure concorsuali. Le considerazioni sin qui svolte chiariscono quali siano le finalità cui si ispirano i criteri e i principi direttivi della delega, che toccano vari, essenziali profili ed in particolare: l’ambito soggettivo di estensione della procedura fallimentare; l’accelerazione delle procedure applicabili alle controversie nella stessa materia (art. 1, comma 6, lett. a) n. 1); l’ampliamento delle competenza del Comitato dei creditori, coordinando i poteri degli altri organi della procedura (art. 1, comma 6, lett. a) n. 2); la modifica della disciplina dei requisiti della nomina a curatore (art. 1, comma 6, lett. a) n. 3), conferendo ai creditori il potere di confermare o di richiedere al giudice delegato la sostituzione del curatore medesimo in sede di adunanza per l’esame dello stato passivo (art. 1, comma 6, lett. a) n. 9); la modifica delle conseguenze personali del fallimento (art. 1, comma 6, lett. a) n. 4); la modifica degli effetti della revocazione (art. 1, comma 6, lett. a) n. 5); la riduzione del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione revocatoria (art. 1, comma 6, lett. a) n. 6); la modifica degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti, compresa la disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare (art. 1, comma 6, lett. a) n. 7); la modifica della disciplina dell’esercizio provvisorio della impresa insolvente (art. 1, comma 6, lett. a) n. 8); la modifica del procedimento dell’accertamento del passivo, abbreviando i tempi e semplificando le modalità di presentazione delle domande (art. 1, comma 6, lett. a) n. 9); la predisposizione da parte del curatore di un programma di ristrutturazione contenente le modalità ed i termini previsti per la liquidazione dell’attivo (art. 1, comma 6, lett. a) n. 10); la modifica della ripartizione dell’attivo, abbreviando i tempi della procedura e semplificando gli adempimenti
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connessi (art. 1, comma 6, lett. a) n. 11); la modifica della disciplina del concordato fallimentare accelerando i tempi della procedura e prevedendo l’eventuale suddivisione dei creditori in classi (art. 1, comma 6, lett. a) n. 12); la introduzione dell’istituto della esdebitazione (art. 1, comma 6, lett. a) n. 13); la abrogazione del procedimento sommario e dell’amministrazione controllata e, da ultimo, previsioni in materia fiscali (art. 1, comma 6, lett. a) n.14). Tutto ciò assicurando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti, al fine di garantire la coerenza logica e sistematica della normativa. Ai principi innanzi esposti si è data attuazione con il presente schema di decreto legislativo secondo le linee di intervento di seguito analiticamente illustrate. La tecnica utilizzata è quella della novellazione, ritenendo che, nonostante l’ampiezza della delega, questa non consentisse la completa abrogazione della vigente legge fallimentare, di cui lasciava immutati alcuni ambiti, come gli effetti del fallimento per i creditori, il concordato fallimentare, i reati fallimentari. Proprio in ragione dei rigidi confini posti dalla delega, il presente schema di decreto non può affrontare sistematicamente la novellazione di ambiti materiali pur ugualmente rilevanti e che il Gruppo di studio istituito presso il Ministero della giustizia aveva complessivamente considerato. Per una migliore comprensione, si precisa che la presente relazione è ordinata con riferimento alle disposizioni della legge fallimentare, di cui si fa espressa menzione via via che si procede al richiamo degli articoli oggetto di novellazione. Allorquando, invece, il testo della relazione si riferisce alle disposizioni del decreto legislativo, di questo è fatta espressa menzione a fianco dell’articolo richiamato. Il decreto in esame si divide in diciotto Capi. Il primo Capo contiene le modifiche del Titolo I della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli 1, 3 e 4. Art. 1 Legge fall. In ossequio al criterio di delega che richiede l’estensione dell’ambito dei soggetti esonerati dalla assoggettabilità al fallimento, con l’articolo 1 è stato novellato l’articolo 1 della Legge Fallimentare, ridefinendo l’ambito soggettivo di applicazione dell’istituto fallimentare. Al riguardo, l’ampliamento dei soggetti esonerati è stato inteso in senso quantitativo e non meramente qualitativo. In altri termini, benché vengano assoggettati a fallimento tutti gli imprenditori commerciali, qualunque sia l’attività esercitata. Restano quindi esclusi dall’assoggettabilità alle procedure concorsuali, oltre agli imprenditori agricoli ed agli enti pubblici che esercitano in via
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esclusiva o prevalente un’attività economica, anche tutti i piccoli imprenditori, siano essi imprenditori individuali che collettivi. In questo modo, confortati dall’indicazione del principio di delega, si è inteso risolvere nel senso dell’esclusione la vexata quaestio concernente la fallibilità delle piccole società commerciali. Tale dato va, poi, letto in collegamento con gli accresciuti nuovi limiti dimensionali delle imprese non assoggettate al fallimento di cui appresso. Nell’ambito della discussione incentrata sul requisito “dimensionale” del piccolo imprenditore commerciale esonerato dal fallimento, è stata prospettata la possibilità di applicare diversi criteri di riferimento: il capitale investito; il numero di dipendenti impiegato dall’imprenditore; il totale dell’attivo di impresa; l’ammontare dell’indebitamento complessivo, un criterio “misto”, che faccia riferimento al patrimonio investito, salvo che l’impresa non abbia conseguito una soglia minima di utili; altri criteri basati su indici civilistici di valutazione degli utili di bilancio. All’esito della discussione sono stati prescelti, in via assolutamente alternativa tra di loro, i due criteri che rispecchiano in maniera più congrua l’effettiva consistenza delle dimensioni effettivamente assunte dall’impresa insolvente e del patrimonio aziendale, ma che siano comunque facilmente accertabili in sede prefallimentare sia sulla base delle scritture contabili e dei registri fiscali, sia sulla base delle informative richieste di prassi alla Guardia di finanza. Si tratta, per un verso, del criterio degli investimenti di capitale effettuati nell’azienda per un ammontare non superiore a trecentomila euro e, per l’altro, di quello della media dei ricavi lordi non superiore a duecentomila euro conseguiti negli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attività se questa ha avuto una durata inferiore. In quest’ultimo caso, per evitare qualsiasi tipo di interferenza tra l’accertamento dei ricavi compiuto in sede fallimentare e quello eventualmente compiuto in sede tributaria, si è reso necessario precisare che tale presupposto può risultare “in qualunque modo”. I due criteri, peraltro, sono tra loro complementari, in quanto mentre il primo si adatta maggiormente alla fase iniziale dell’attività di impresa, quando non sono stati realizzati ancora ricavi di rilievo, il secondo si attaglia meglio ad un’attività di impresa dove gli investimenti risalgano ad un tempo più lontano. Infine, per evitare che i parametri di valore innanzi indicati possano divenire inadeguati nel tempo, il Ministero della giustizia è stato delegato ad aggiornali, con cadenza triennale, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento.
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Art. 3 Legge Fall. L’articolo reca la modifica dell’articolo 3 della legge fallimentare al solo fine di eliminare sia nella rubrica che nel corpo della disposizione ogni riferimento alla soppressa procedura di amministrazione controllata. Ulteriori esigenze di coordinamento hanno infine suggerito la soppressione del secondo comma dell’articolo in rassegna. Art. 3 decreto legislativo L’articolo contiene l’abrogazione dell’articolo 4 della legge fallimentare. L’abrogazione del primo comma è conseguenza dell’abrogazione della professione dell’agente di cambio. L’abrogazione del comma secondo, che prevede il c.d. “fallimento fiscale”, è conseguenza dell’abrogazione dell’articolo 97, comma terzo, del d. P.R. 29 settembre, n. 602, in virtù dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Detto articolo 97, comma terzo, che disciplinava il fallimento del contribuente per debito di imposta, era già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza 9 marzo 1992, n. 89. Il secondo Capo contiene le modifiche del Titolo II, Capo I, della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da sei a ventidue. Art. 6 Legge Fall. L’articolo si propone la soppressione del fallimento d’ufficio risolvendo in tal senso, dopo lunghe dispute e ripetuti interventi della Corte Costituzionale (Ord. n. 411/2002; Sent. n. 240/2003), ogni possibile contrasto di tale previsione con il principio del giusto processo sancito dal nuovo articolo 111 della Carta Costituzionale. Nel comma secondo viene previsto nell’ottica di semplificazione ed accelerazione della procedura, la facoltà di indicare nel ricorso il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui l’istante dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dalla legge sia prima che dopo l’apertura della procedura concorsuale. Tale norma generale è riprodotta anche nel nuovo articolo 93, terzo comma, n. 5. Art. 7 Legge Fall. L’articolo in commento disciplina tutti i casi di iniziativa obbligatoria del pubblico ministero, ed in tal senso è stata modificata la rubrica. Al primo comma, esso aggiunge, tra i fattori sintomatici dell’insolvenza emersi in sede penale che rendono attivabile l’iniziativa del Pubblico Ministero, la nozione tecnica di “irreperibilità” dell’imprenditore.
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La previsione della soppressione della dichiarazione di fallimento d’ufficio di cui alla novella dell’articolo 5 della legge fallimentare risulta bilanciata dall’affidamento al pubblico ministero del potere di dar corso all’istanza di fallimento su segnalazione qualificata proveniente dal giudice al quale, nel corso di un giudizio civile, risulti l’insolvenza di un imprenditore. In mancanza di un principio di delega che consentisse di ampliare ulteriormente il potere d’iniziativa del pubblico ministero, non si è ritenuto possibile prevedere l’iniziativa di tale organo neppure nei casi di rinunzia alla domanda da parte dei soggetti legittimati che l’hanno presentata. Art. 6 decreto legislativo L’abrogazione dell’articolo 8 della legge fallimentare consegue alle modifiche introdotte nel novellato articolo 7. Art. 9 Legge Fall. Nel novellato secondo comma viene disciplinata l’ipotesi in cui l’imprenditore trasferisca la sede dell’impresa nell’imminenza della presentazione dell’istanza di fallimento disponendo – in analogia a quanto già previsto dall’articolo 161, nel testo modificato dal D.L. n. 35/2005 – che la competenza per territorio per la dichiarazione di fallimento rimane radicata in capo al tribunale della sede di provenienza allorquando il trasferimento della sede sia intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento. I commi terzo e quarto, nel ribadire il principio di nazionalità che permette di dichiarare il fallimento dell’imprenditore che ha all’estero la sede principale dell’impresa anche nel caso in cui sia stata già pronunciata dichiarazione di fallimento all’estero, fanno tuttavia salve non solo le diverse disposizioni contenute convenzioni internazionali (ad esempio: Convenzione Regno d’Italia e la Repubblica S. Marino del 30 giugno 1930 nonché la Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968), ma anche quelle contenute nella legislazione europea in materia di insolvenza transfrontaliera, attualmente disciplinata dal Regolamento n. 1346/2000. La disciplina della competenza giurisdizionale nelle ipotesi di insolvenza transnazionale è completata dalla norma in tema di perpetuatio iurisdictionis secondo la quale il trasferimento della sede dell’impresa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdizione italiana, se è avvenuto prima dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 6 o della presentazione della richiesta di cu all’articolo 7.
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L’articolo 9 bis Legge Fall. Regola la disciplina del fallimento dichiarato da tribunale incompetente e dispone gli adempimenti conseguenti alla dichiarazione di incompetenza. Si prevede, al fine di non creare dannose soluzioni di continuità nella procedura e di facilitare i successivi adempimenti che, all’esito del giudizio di appello ex articolo 18 la Corte, anziché revocare la sentenza di fallimento pronunciata dal tribunale incompetente, disponga con decreto la immediata trasmissione degli atti al tribunale ritenuto competente. Secondo la vigente normativa la sentenza di fallimento pronunciata da un tribunale dichiarato incompetente è nulla. Tuttavia, la dichiarazione di nullità travolge le attività processuali compiute nell’ambito della procedura fallimentare aperta dalla sentenza dichiarata nulla, comprese le iniziative giudiziali assunte dal curatore. Le conseguenze di tale disciplina risultano particolarmente gravi e possono allungare in maniera consistente la durata della procedura, in quanto il tribunale competente, se non ha già provveduto autonomamente, deve iniziare ex novo il procedimento per la dichiarazione di fallimento. Nel frattempo, potrebbero essere decorsi i termini di cui agli articoli 10, 11 e 147 L.F., il cui decorso non è interrotto dalla sentenza nulla, proprio a cagione della sua nullità. Parimenti, i termini a ritroso stabiliti dagli articoli 64 e seguenti L.F. per la inefficacia o la revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori si computano a far data non dalla sentenza di fallimento dichiarata nulla, ma solo da quella eventualmente successiva emessa dal tribunale riconosciuto competente Per ovviare a tali gravi inconvenienti, si è introdotto il nuovo articolo in rassegna nel quale si dispone che la dichiarazione di incompetenza – all’esito del giudizio di appello o del regolamento di competenza – non comporta la nullità della dichiarazione di fallimento pronunciata dal tribunale riconosciuto, ma che la procedura di fallimento prosegue dinanzi a quest’ultimo tribunale. Ciò in considerazione del fatto che nel vigente ordinamento processuale la competenza non viene considerata come un presupposto del processo, la cui mancanza è causa di nullità dello stesso. Tale principio è sancito già nell’articolo 50 del codice di rito. A tale stregua e nella prospettiva acceleratoria dettata dalla delega, la disciplina del fallimento dichiarato dal tribunale incompetente può essere opportunamente modificata nei termini precisati nell’articolo 9-bis. Per cui, fermo restando il carattere inderogabile di detta competenza, non pare più giustificabile che esso debba inesorabilmente comportare la assoluta nullità della sentenza pronunciata tribunale incompetente. In realtà, ciò che conta non è tanto il fatto che il fallimento sia stato dichiarato da un tribunale o da un altro, quanto che esso sia stato “correttamente” dichia-
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rato, ossia in presenza di tutti i presupposti sostanziali di legge. La sentenza di fallimento emessa dal tribunale incompetente, quindi, non va dichiarata nulla, ma al contrario deve essere riconosciuta comunque valida ed idonea a fondare una procedura altrettanto valida; circostanza, questa ulteriormente confermata dalla disposizione secondo la quale restano “salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti” dai primitivi organi della procedura. La disciplina è completata dalla previsione secondo cui il tribunale dichiarato incompetente (al pari di quello che all’esito dell’istruttoria prefallimentare si dichiari incompetente) deve immediatamente trasmettere gli atti a quello dichiarato competente, affinché la procedura fallimentare prosegua dinanzi a quest’ultimo, fatta salva l’ipotesi – ora espressamente disciplinata – in cui il medesimo tribunale richieda d’ufficio il regolamento (negativo) di competenza ai sensi dell’articolo 45 c.p.c. Si dispone, infine, con una norma anch’essa tesa a facilitare la prosecuzione dei giudizi promossi ex articolo 24 presso il tribunale dichiarato incompetente, che il giudice del tribunale dichiarato incompetente assegni alle parti un termine per la riassunzione della causa dinanzi a quello competente ai sensi dell’articolo 50 c.p.c., ordinando contestualmente la cancellazione della causa dal ruolo. Art. 9 ter legge Fall. L’articolo reca la disciplina del conflitto positivo di competenza dando preferenza, nelle ipotesi in cui due o più tribunali egualmente competenti dichiarano il fallimento del medesimo debitore, a quello che si è pronunziato per primo. La norma recepisce l’orientamento della Suprema Corte secondo cui, nei casi in cui il fallimento della stessa persona fisica venga dichiarato da due distinti Tribunali (imprenditori individuale titolare di più imprese con sedi diverse; socio illimitatamente responsabile di due società fallite; imprenditore individuale socio illimitatamente responsabile di società fallita) il conflitto che ne deriva configurabile come conflitto reale positivo - va risolto secondo il principio di prevenzione (cfr. ex plurimis Cass. nn. 3461/2002, 1981/2000, 3455/1999, 8795/1997, 10942/1991). Pur tuttavia, il tribunale che si è pronunziato successivamente, qualora non ritenga di dover trasmettere, in virtù di tale criterio, gli atti al tribunale che si è pronunziato per primo, può richiedere d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 c.p.c. Art. 10 Legge Fall. L’articolo in oggetto sulla scorta dei principi contenuti nella pronuncia della Consulta 21 luglio 2000, n. 319 - che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’ar-
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ticolo in commento nella parte in cui non prevedeva che le società non potessero più essere dichiarate fallite decorso un anno dalla cancellazione del registro delle imprese - accomuna gli imprenditori individuali e collettivi nella determinazione del termine annuale per dichiarazione di fallimento: termine che, in entrambi i casi, decorre dalla cancellazione dal registro delle imprese. Il secondo comma fa espressamente salva, per l’imprenditore individuale, la disciplina attualmente vigente secondo cui in tale ipotesi il termine annuale decorre comunque dalla data di effettiva cessazione dell’attività commerciale. Per le società non iscritte (società di fatto o irregolari), invece, appare preferibile non dettare una specifica disposizione, sicché esse continuano ad essere assoggettate a fallimento senza alcun limite temporale. La loro equiparazione all’imprenditore individuale, per il quale il termine inizia a decorrere dalla cessazione di fatto dell’attività, finirebbe per avvantaggiare le società non iscritte rispetto a quelle iscritte nel registro delle imprese, per le quali il termine il termine comincia a decorrere solo dalla cancellazione, adempimento conclusivo della liquidazione. D’altra parte, la mancata iscrizione nel registro delle imprese dipende da una scelta dei soci, per cui l’impossibilità di usufruire del termine annuale dipende dalla loro volontà. La legge, infine, non può non sanzionare la violazione delle norme che impongono l’iscrizione nel registro. Art. 11 Legge Fall. A proposito del fallimento dell’imprenditore defunto, viene espressamente previsto l’esonero dell’erede che chiede il fallimento del defunto dagli obblighi di deposito della documentazione contabile previsti dagli articoli 14 e 16, secondo comma, n. 3). Art. 11 decreto legislativo La norma reca l’abrogazione dell’articolo 13 del regio decreto del 1942 in tema di obbligo di trasmissione dell’elenco dei protesti in linea con i principi dettati dalla delega. Art. 14 Legge Fall. Nell’ipotesi di fallimento richiesto dall’imprenditore è stata semplificata la disciplina degli obblighi di deposito imposti al debitore, prevedendo tuttavia l’onere di indicazione dei ricavi lordi degli ultimi tre anni; ciò al fine di poter effettuare, sotto il profilo del requisito soggettivo, le verifiche relative al profilo dimensionale dell’impresa esercitata.
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Art. 15 Legge Fall. Con l’articolo in esame è stata espressamente e compiutamente regolamentata la fase dell’istruttoria prefallimentare, salvaguardando i principi del contraddittorio tra le parti, della paritaria difesa, del diritto alla prova e della speditezza del procedimento. In esecuzione del principio di delega che prescrive l’accelerazione e l’abbreviazione delle procedure, è stata effettuata un’ampia ed approfondita riflessione circa la scelta di un possibile modello per i procedimenti endofallimentari. L’impostazione della legge fallimentare del 1942 privilegia il modello c.d. “camerale”, che trova il suo punto di riferimento normativo nella disciplina contenuta negli articoli 737 e seguenti c.p.c. Invero, la giurisprudenza considera oggi la giurisdizione camerale come un “contenitore neutro” nel quale possono trovare spazio sia i provvedimenti di cd. “volontaria giurisdizione”, sia i provvedimenti di natura “contenziosa”. Questo “contenitore” appare in grado, da un lato, di assicurare la speditezza e la concentrazione del procedimento, e, dall’altro, di rispettare i limiti imposti all’incidenza della forma procedimentale dalla natura della controversia, che, quando ha ad oggetto diritti, impone l’applicazione di precise garanzie costituzionali, da ultimo espressamente descritte nell’art. 111 della Costituzione. La ricerca di un modello unitario per le controversie endofallimentari ha indotto a conservare il modello camerale configurato in modo da assicurare speditezza del rito, pienezza di contraddittorio e diritto alla prova, appellabilità della sentenza. Attraverso la conferma del modello camerale come “contenitore neutro” si è, dunque, ritenuto che possano essere utilmente perseguiti diversi obiettivi imposti dalla Costituzione e dalla legge di delegazione: la concentrazione, l’immediatezza e la speditezza del procedimento e la più generale e sempre immanente necessità di “deflazionare” la giurisdizione. L’articolo in rassegna dispone innanzitutto che l’istruttoria prefallimentare si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio. Le disposizioni contenute nei commi dal secondo sino al quinto disciplinano la fase introduttiva della procedura, garantendo al debitore congrui termini a difesa nonostante le esigenze di celerità della procedura. Il decreto di convocazione del debitore - emesso dal Presidente o dal Giudice relatore delegato alla trattazione del procedimento – deve contenere l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine, non inferiore a sette giorni prima della udienza, per la presentazione di memorie e il deposito di documenti e re-
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lazioni tecniche da parte del debitore, il quale deve, in ogni caso, depositare una situazione patrimoniale aggiornata. Al fine di scongiurare un indesiderato prolungamento della durata della fase prefallimentare è stato introdotto anche il termine finale entro il quale deve essere disposta la convocazione del fallendo. Sono altresì disciplinate le modalità per l’immediata instaurazione del contraddittorio tra le parti. Pur tuttavia sempre in un’ottica acceleratoria viene consentito al tribunale di disporre immediatamente gli accertamenti necessari a fine di valutare la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento. In caso, poi, di particolare urgenza, tutti i termini previsti nei commi 3 e 4 possono essere abbreviati dal Tribunale con decreto motivato. Viene altresì positivamente disciplinata la facoltà del tribunale di delegare al giudice relatore l’audizione delle parti e la trattazione della procedura. Tenuto conto della particolare natura delle questioni trattate in sede prefallimentare viene espressamente prevista la facoltà per le parti d nominare, oltre il difensore di fiducia, anche propri consulenti tecnici di parte. Di particolare momento è la disposizione che consente al tribunale di emettere, ad istanza di parte, provvedimenti cautelari e conservativi, a tutela del patrimonio o dell’impresa. Tali provvedimenti hanno un efficacia limitata nel tempo connessa alla durata del procedimento dovendo essere confermati o revocati dalla sentenza dichiarativa di fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza. Di rilievo, infine, è la previsione in funzione deflattiva secondo la quale non si fa luogo a dichiarazione di fallimento se la complessiva esposizione debitoria e risultante dagli atti dell’istruttoria prefallimentare e relativa a debiti scaduti e non pagati, sia inferiore ad una soglia di valore predeterminata e periodicamente aggiornabile fissata attualmente in euro venticinquemila. Quest’ultima innovazione persegue la finalità, prospettata incidentalmente dalla Corte Costituzionale nella pronunce nn. 302/1985, 488/1993 e 368/1994, tesa ad evitare l’apertura di procedure fallimentari nei casi in cui si possa ragionevolmente presumere che i loro costi superino i ricavi distribuibili ai creditori. La previsione in esame peraltro avrà come ulteriore effetto quello di uniformare le prassi allo stato utilizzate nei vari Tribunali, secondo cui non si fa luogo alla pronuncia di fallimento nell’ipotesi in cui l’esposizione debitoria risultante dagli atti dell’istruttoria prefallimentare sia inferiore ad un certo ammontare di volta in volta individuato. Una tale soluzione evita di interferire sul profilo dell’accertamento dello stato di insolvenza, quale presupposto oggettivo del fallimento. Va inoltre evidenziato come la barriera posta a contenimento dell’eccessiva proliferazione delle procedure fallimentari di scarso impatto economico, in 710
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ogni caso non esclude il parallelo diritto del creditore di intraprendere l’azione esecutiva individuale nei confronti del debitore-imprenditore. Art. 16 Legge Fall. Con il presente articolo, in un’ottica di razionalizzazione dell’accertamento del passivo, è stata prevista la perentorietà del termine per il deposito delle domande di guisa che le stesse non potranno più essere presentate sino alla pronuncia del decreto di esecutività dello stato passivo (lett. a), n. 5). Viene elevato, inoltre, a tre giorni il termine assegnato al fallito per il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie (lett.a), n. 3). Viene altresì elevato il termine per la fissazione dell’adunanza di verificazione dei crediti a centoventi giorni dal deposito della sentenza considerato che il termine precedentemente previsto veniva nella prassi costantemente disapplicato (lett. a), n.4). Viene, poi, espressamente sancita la perentorietà del termine di giorni trenta prima dell’adunanza di verificazione dei crediti per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione da parte dei creditori e dei terzi (lett. a), n.5). Inoltre, si ribadisce il principio generale secondo cui la sentenza dichiarativa di fallimento è efficace fin dal momento del deposito in cancelleria, ma si precisa che, nei riguardi dei terzi, la stessa acquista efficacia dalla data della pubblicazione che viene fatta coincidere con l’iscrizione nel registro delle imprese. Viene abrogato il quarto comma dell’articolo in commento che disponeva l’emananzione dell’ordine di cattura del fallito da parte del tribunale con la stessa sentenza di fallimento o con successivo decreto e che doveva ritenersi già venuto meno in virtù dell’articolo 214 delle disp. att. c.p.p. ai sensi del quale sono abrogate le disposizioni di legge o decreti che prevedono l’arresto o la cattura da parte di organi giudiziari che non esercitano funzioni penali: l’espressa abrogazione perciò non è altro che un mero adeguamento del testo normativo. Art. 17 Legge Fall. Con la norma in commento vengono completamente rivisitati gli istituti della comunicazione e della pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento al fine di assicurare, da un canto, l’effettiva conoscenza della sentenza e dall’altro, la maggiore diffusione possibile di tale informazione per tutelare l’affidamento dei terzi e dare certezza ai rapporti giuridici. La modifica del primo comma dell’articolo in commento mira a consentire al fallito la conoscenza integrale della sentenza di fallimento, affinché egli possa
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esercitare adeguatamente e tempestivamente il suo diritto di difesa (art. 24 Cost.) mediante l’impugnazione disciplinata dall’articolo 18 novellato. La modifica del secondo comma costituisce un inevitabile adeguamento della disposizione ai più moderni strumenti di pubblicità degli atti per cui, abrogate le anacronistiche disposizioni che richiedevano l’affissione dell’estratto della sentenza di fallimento “alla porta esterna del tribunale” (la prassi degli uffici giudiziari vedeva la stessa sentenza affissa all’albo del tribunale), vengono dettate norme più precise per la annotazione della sentenza attraverso la sua iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese; registro immediatamente accessibile anche per via telematica. La soppressione del terzo comma del vigente articolo 17 costituisce l’effetto dell’abolizione del foglio degli annunzi legali disposta dall’articolo 31, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 240 e si pone dunque come mero adeguamento del testo normativo. Art. 18 Legge Fall. L’obiettivo della speditezza del procedimento, imposto dalla delega, viene perseguito sopprimendo - anche come conseguenza della procedimentalizzazione dell’istruttoria prefallimentare che si svolge a cognizione piena - l’attuale giudizio di primo grado di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, che sarà, pertanto, direttamente impugnabile dinanzi alla corte di appello. Il termine di trenta giorni per l’appello decorre, per il debitore dalla data della notificazione della sentenza di fallimento a norma dell’articolo 17, comma 1, mentre per ogni altro interessato dalla data di iscrizione della stessa nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. Viene altresì chiarito che anche l’appello avverso la sentenza dichiarativa di fallimento non può, comunque, essere proposto decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza ai sensi dell’articolo 327 del codice di rito. Viene, inoltre, dettagliatamente disciplinato alla luce del principio di accelerazione il giudizio di appello, prescrivendo termini ridotti per la fissazione della udienza di comparizione delle parti nonché per l’espletamento delle comunicazioni e delle notifiche e per il deposito degli atti difensivi il tutto garantendo il costante rispetto del principio del contraddittorio. Tenuto conto degli interessi pubblici sottesi alla dichiarazione di fallimento viene precisato che il collegio può assumere anche d’ufficio i mezzi di prova indispensabili ai fini della decisione. È inoltre stabilito che in casi di particolare complessità la Corte può riservarsi di depositare la motivazione entro quindici giorni. Viene ribadita nell’ipotesi di revoca del fallimento la salvezza degli atti legal-
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mente compiuti dagli organi della procedura, norma originariamente contenuta nell’abrogato articolo 21 primo comma L. Fall. L’ultimo comma della norma in esame contiene la originaria disposizione dell’abrogato articolo 21, secondo comma, Legge fall. secondo cui le spese della procedura e il compenso del curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto non soggetto a reclamo. Art. 19 Legge Fall. Una particolare attenzione è dedicata al tema dell’inibitoria della sentenza impugnata, per cui si prevede che il giudice di appello, su richiesta di parte o del curatore, può adottare provvedimenti diretti a sospendere in tutto o in parte, ovvero temporaneamente la attività di liquidazione nel caso in cui ricorrano gravi motivi. Allo stesso modo, nel caso di ricorso per cassazione il ricorrente può chiedere alla corte di appello la sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata. Art. 18 decreto legislativo L’abrogazione dell’articolo consegue alla scelta, già illustrata sub articolo 18, di sopprimere l’impugnazione per opposizione della sentenza dichiarativa di fallimento. Art. 22 Legge Fall. Viene profondamente rivisitato il sistema dei gravami contro il decreto del tribunale che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento. In particolare, viene prevista una norma riguardante le comunicazioni dello stesso decreto sulla falsariga dell’articolo 15. Ferma restando la reclamabilità del decreto di rigetto dinanzi alla corte di appello che provvede in camera di consiglio con decreto motivato sentite le parti, viene precisato, in ossequio alla giurisprudenza della corte costituzionale (sentenza 328/1999), che il debitore può utilizzare soltanto lo strumento del reclamo in parola per impugnare il rigetto delle domande di condanna alla rifusione delle spese e al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. nonché di ogni altra domanda da lui proposta. La norma precisa poi che, in caso di accoglimento del reclamo, il tribunale deve pronunciare la sentenza dichiarativa di fallimento, salvo che, entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione del decreto della corte di appello, non accerti, su richiesta delle parti, il successivo venir meno dei presupposti necessari del fallimento. L’articolo in commento si chiude con la previsione secondo cui i termini di cui
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agli artt. 10 e 11 per la dichiarazione di fallimento si computano con riferimento al decreto della corte di appello, al fine di evitare che il tempo successivo al decreto della corte di accoglimento del reclamo, venga ad incidere negativamente sul decorso dei termini in questione. Il Capo terzo contiene le modifiche del capo II del Titolo II della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da 23 a 41. Il Capo in esame, dedicato agli organi della procedura di fallimento, presenta rilevanti modificazioni rispetto al testo vigente, sia con riferimento alla specificazione di competenze dettagliate per ciascuno degli organi, sia per una diversa allocazione dei poteri e delle rispettive competenze. Art. 23 Legge Fall. Viene confermato il principio secondo cui il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dell’intera procedura e provvede alla nomina ed alla revoca e alla sostituzione, per giustificati motivi degli organi della procedura, salvo che non sia prevista la competenza del giudice delegato. In particolare, gli viene attribuito il ruolo di organo deputato a decidere non solo le impugnazioni ma, in coordinamento con i nuovi modelli di impugnazione, anche le opposizioni e i reclami avverso i provvedimenti decisori del giudice delegato. Al secondo comma, infatti, viene chiarito che tutti i provvedimenti del tribunale sono pronunciati con decreto motivato salvo che non sia altrimenti disposto. Art. 24 Legge Fall. Viene conservata l’attribuzione di competenza per materia del tribunale fallimentare compresa quella dei rapporti relativa ai rapporti di lavoro, con l’elisione di alcune riserve di estraneità che comparivano nel testo vigente: azioni reali immobiliari. In armonia con le altre materie che attengono alla impresa, nelle controversie di cui all’art. 24, per le quali non è previsto un diverso rito speciale, si applica il procedimento di cui al decreto legislativo n. 5/2003. Espressamente nei casi di connessione viene esclusa l’applicabilità dell’articolo 40 del codice di rito. Art. 25 Legge Fall. Il giudice delegato non è più l’organo motore della procedura, essendo stata sostituita l’attività di direzione, con quella di vigilanza e di controllo. Nondimeno, proprio questi poteri sono stati rafforzati in funzione di verificare che la maggiore autonomia del curatore non si risolva in una gestione incontrollata.
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Da qui la previsione del potere di convocazione del curatore e del comitato dei creditori, quella di vincolare alla autorizzazione del giudice ogni iniziativa giudiziale, quella di liquidare il compenso ai difensori nominati dal curatore e di disporne la revoca e quella di rendere partecipe il curatore del procedimento di nomina degli arbitri rimasto in capo al giudice. Rimane, altresì, in capo al giudice il potere di pronunciare provvedimenti urgenti finalizzati alla conservazione del patrimonio del debitore fallito; in proposito si è tuttavia precisato alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale che tale potere non è illimitato, ma è condizionato alla mancata contestazione da parte dei terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione stessa. Per assicurare la terzietà e l’imparzialità del giudice delegato è stato previsto che questi non possa partecipare ai procedimenti di impugnazione avverso suoi atti, ed è stato aggiunto che neppure possa decidere cause da lui autorizzate; questa previsione pur potendo determinare qualche difficoltà organizzativa negli uffici di dimensioni più limitate, appare in linea con i principi salvaguardati dalla carta costituzionale. Eventualmente, in ipotesi limite, si potrà fare ricorso alla applicazione infradistrettuale. L’art. 26 Legge Fall. L’articolo in commento rappresenta, dal punto di vista processuale, uno dei cardini dell’intero corpo normativo in quanto è stato introdotto un modello processuale quale il reclamo destinato a regolare la maggior parte dei conflitti che possono sorgere all’interno della procedura. Il procedimento presenta uno snodo essenziale nella previsione per la quale si prevede un processo camerale che si conclude con decreto motivato. Art. 27 Legge Fall. L’articolo individua le modalità di nomina del curatore fallimentare anche nelle ipotesi di sostituzione e revoca dall’incarico. Art. 28 Legge Fall. La figura del curatore si rinnova profondamente anche con riguardo alla individuazione dei soggetti prescelti, visto che l’incarico può essere affidato anche ad una struttura organizzata ovvero a coloro che, pur non essendo professionisti, abbiano dimostrato di essere dotati di comprovate capacità gestionali. La norma quindi dopo individua i professionisti aventi le capacità richieste per gestire la crisi di impresa nell’ambito di una procedura concorsuale, disponendo che debba trattarsi di professionisti quali avvocati, dottori commercialisti,
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ragionieri e ragionieri commercialisti oltre a coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione direzione e controllo in società per azioni dando prova di adeguate capacità imprenditoriali. Per costoro è comunque prescritto che non debbano essere stati dichiarati falliti negli ultimi dieci anni. Nell’ultimo comma, dopo essere stati puntualmente elencati i soggetti che non possono assumere l’incarico di curatore, è inserita un norma di carattere generale secondo la quale tale incarico non può essere assunto da chiunque si trovi in conflitto di interessi, anche solo potenziale, con il fallimento. Art. 29 Legge Fall. L’articolo in commento reca modifiche di carattere semplicemente formale ai fini di coordinamento sistematico. Art. 31 Legge Fall. La norma in commento, strettamente correlata con le previsioni contenute negli articoli 25, primo comma e 41, primo comma, dispone che l’amministrazione del patrimonio del fallito, sotto la sorveglianza del giudice delegato e del comitato dei creditori nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite, spetta al curatore. Viene inoltre precisato l’ambito di esonero dall’obbligo del giudice delegato di autorizzare il curatore a stare in giudizio, mentre viene ribadito il principio secondo cui il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento. Art. 32 Legge Fall. L’articolo in commento reca l’esercizio delle attribuzioni del curatore il quale, previa autorizzazione del giudice delgato, ha la possibilità di delegare ad altri talune specifiche attività rientranti nello svolgimento delle proprie attribuzioni, rispondendone però, personalmente. In caso di delega l’onere del compenso del delegato resta a carico del curatore, essendo precisato che il giudice nel liquidare il compenso finale del curatore deve detrarre una somma pari all’ammontare del compenso riconosciuto al delegato. Anche nel caso in cui il curatore sia stato autorizzato dal comitato dei creditori a farsi coadiuvare da altre persone nello svolgimento di attività materiali non rientranti nelle proprie attribuzioni, del compenso riconosciuto si terrà conto ai fini della liquidazione del compenso finale al curatore. Art. 33 Legge fall. Nel primo comma della norma in esame, in ossequio al principio di delega secondo cui, a carico del fallito, vanno eliminate tutte le conseguenze personali
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del fallimento non necessarie alla procedura, sono soppresse le parole che obbligavano il curatore a riferire nella relazione al giudice in ordine “al tenore di vita privata” del fallito e “della sua famiglia”. Nel secondo comma viene ulteriormente precisato che il creditore insieme alla relazione particolareggiata di cui al primo comma (da presentare entro un mese dalla dichiarazione di fallimento), ma con atto separato deve presentare il programma della liquidazione di cui all’articolo 104-ter. Nel terzo comma non contiene modifiche rispetto alla norma previgente. Nel quarto comma vengono precisate le modalità di ostensione e di trasmissione della relazione essendo previsto la facoltà per il giudice di disporre la segretazione di quelle parti della relazione depositata in cancelleria relative “alla responsabilità penale del fallito e dei terzi ed alle azioni che il curatore intende proporre qualora possano comportare l’adozione di provvedimenti cautelari, nonché alle circostanze estranee agli interessi della procedura e che investano la sfera personale del fallito”. Al fine poi di permettere la conoscenza da parte del pubblico ministero di fatti penalmente rilevanti da porre a fondamento di una eventuale azione penale, viene disposto che la copia integrale della relazione sia trasmessa al medesimo pubblico ministero. Nel quinto comma è previsto inoltre che il curatore debba presentare al giudice, oltre alla relazione principale, anche un rapporto riepilogativo semestrale con l’indicazione di “tutte le informazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnato dal conto della sua gestione” e che questo debba essere reso trasmesso al comitato dei creditori nonché al registro delle imprese unitamente alle eventuali osservazioni del comitato. Art. 34 Legge Fall. Viene sostituito il termine originario di cinque giorni previsto in materia di deposito delle somme riscosse, con la previsione dell’obbligo di depositare le somme riscosse nel termine indicato dal giudice e presso l’ufficio postale o bancario presso cui accendere il deposito fallimentare individuato dal curatore. Al secondo comma viene precisato che la mancata costituzione del deposito nel termine innanzi detto è “valutata” dal tribunale ai fini della revoca del curatore. Allo scopo di garantire una certa redditività delle somme incassate senza questo esporre la procedura ad ingiustificati rischi finanziari, è stata prevista la possibilità di poter autorizzare, previa approvazione del comitato dei creditori, l’impiego delle disponibilità liquide nell’acquisto dei titoli emessi dallo Stato Italiano. Infine, il prelievo delle somme avviene su mandato di pagamento del giudice delegato.
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Art. 35 Legge Fall. Le modifiche apportate all’articolo in commento, in ossequio ai principi contenuti nella legge di delega, spostano dal giudice delegato al comitato dei creditori il potere di autorizzare gli atti di straordinaria amministrazione del curatore ivi previsti (riduzioni di crediti, transazioni, i compromessi etc.). Il giudice delegato, tuttavia, deve essere preventivamente informato nelle ipotesi di transazioni e nei casi in cui gli altri atti superino il valore di cinquantamila euro; limite che può essere adeguato periodicamente con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. Art. 36 Legge Fall. L’articolo in commento introduce una norma di particolare rilievo per il mantenimento del complessivo equilibrio dei nuovi poteri assegnati ai diversi organi della procedura fallimentare ed, in particolare, al comitato dei creditori. Segnatamente, la norma ridisegna il sistema dei reclami avverso gli atti del curatore e del comitato dei creditori, nonché quello dei reclami avverso i decreti del giudice delegato che sui primi si sono pronunciati. A tal fine, è previsto che, laddove insorgano conflitti fra il curatore e il comitato dei creditori - anche in relazione a comportamenti, omissivi od a dinieghi di tali organi - possa essere chiesto l’intervento del giudice delegato soltanto denunciando eventuali violazioni di legge. In questo modo, al giudice delegato spetta esclusivamente il potere di controllo di legalità della procedura, senza alcuna possibilità di ingerirsi nelle scelte riguardanti la gestione economica della procedura, potere questo allocato esclusivamente in capo al comitato dei creditori e, nei casi espressamente previsti, in capo al curatore. Sono infine chiarite le conseguenze dell’accoglimento del reclamo avverso i comportamenti omissivi del curatore o del comitato dei creditori: nel primo caso, il curatore è tenuto a dare esecuzione al provvedimento dell’autorità giudiziaria; nel secondo caso, invece, l’autorità giudiziaria provvede del comitato in sede di accoglimento del reclamo medesimo. Art. 36 bis Legge Fall. Sempre in attuazione del principio di delega che prevede l’accelerazione delle procedure applicabili alle controversie fallimentari, si prevede che tutti i termini processuali previsti negli articoli 26 e 36 non sono soggetti alla sospensione feriale, potendo invece essere ridotti fino alla metà dal presidente del tribunale.
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Art. 37 legge fall. Nell’articolo in commento si precisa che il tribunale provvede alla revoca del curatore con decreto motivato, sentito, oltre il curatore, anche il comitato dei creditori. Viene altresì previsto che avverso il decreto del tribunale di revoca o di rigetto dell’istanza di revoca del curatore, è ammesso reclamo alla corte di appello ex articolo 26, trattandosi di un provvedimento che non incide direttamente su diritti soggettivi del curatore. Viene altresì previsto che il reclamo non sospende l’efficacia del decreto. Art. 37 bis Legge Fall. Al fine di dare attuazione al principio di delega secondo il quale occorre conferire ai creditori il potere di confermare o di richiedere al giudice delegato la sostituzione del curatore medesimo in sede di adunanza per l’esame dello stato passivo, viene per la prima volta inserita la possibilità che la maggioranza semplice dei creditori insinuati al passivo possano chiedere la sostituzione del curatore o effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori in occasione dell’udienza di verifica dello stato passivo. Infine, non si è ritenuto di indicare espressamente il potere dei creditori di confermare gli organi di cui trattasi, così come espressamente previsto dalla legge di delega e questo sulla base di una duplice ordine di ragioni. In primo luogo, tale termine poteva rischiare di configurare come provvisorie le nomine fatte dal tribunale e dal giudice delegato, in secondo luogo, poteva far apparire necessario lo svolgimento di un sub procedimento volto alla conferma o alla sostituzione dei medesimi organi. In realtà la conferma in senso lato di tali organi avviene nel momento in cui attraverso il procedimento delineato dalla norma in esame i creditori non chiedono la revoca o non ottengono la sostituzione dei detti organi. Trova così conferma il fatto che la decisione finale sulla sostituzione è attribuita agli organi deputati alla nomina, rispettivamente, del curatore e del comitato dei creditori. Ciò è avvalorato dal fatto che la richiesta di sostituzione del curatore deve essere opportunamente motivata per consentire al tribunale di effettuare le proprie valutazioni discrezionali. Art. 38 Legge Fall. Le modifiche introdotte riguardano il contenuto dei doveri ed il regime di responsabilità del curatore, a tal fine è precisato che il curatore deve adempiere con la diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico, non solo ai doveri del proprio ufficio imposti dalla legge, ma anche a quelli derivanti dal piano di liquidazione approvato. In tal modo, si è voluto sottolineare la respon-
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sabilità che assume il curatore in relazione all’adempimento di tutto quanto indicato dal piano di liquidazione da lui stesso predisposto. L’obbligo di vidimazione preventiva del registro del curatore viene assegnato ad un componente del comitato dei creditori. Al comitato è attribuito altresì il potere, in alternativa al giudice delegato, di autorizzare il nuovo curatore a proporre l’azione di responsabilità contro quello revocato. Art. 39 Legge Fall. La principale novità contenuta nell’articolo in commento riguarda l’inserimento del criterio di proporzionalità nella determinazione del compenso finale qualora nell’incarico si siano succeduti più curatori. Art. 40 Legge Fall. Di ampia portata sono le previsioni dedicate alla nomina del comitato dei creditori. Tra le novità si segnala la necessità di comporre il comitato (anche in caso di sostituzione dei componenti) con modalità tali da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità dei crediti, tenuto conto delle possibilità di soddisfacimento degli stessi, sentiti il curatore e i creditori che hanno la disponibilità ad assumere l’incarico ovvero segnalato altri nominativi. Il potere di nomina del presidente del comitato viene poi trasferito dal giudice delegato alla maggioranza dei componenti del comitato stesso. Viene espressamente previsto il dovere di astensione del componente del comitato che si trovi in conflitto di interessi rispetto all’oggetto della votazione. Si prevede, infine, la possibilità di delegare, in tutto o in parte, l’espletamento delle funzioni del comitato del creditori ad un soggetto avente i requisiti di cui all’articolo 28, previa comunicazione al giudice delegato. Art. 41 Legge Fall. In ossequio al dettato dei criteri di delega, viene completamente ridisegnato il ruolo del comitato dei creditori con l’assegnazione di poteri di autorizzazione e di controllo dell’operato del curatore, con un’ampia previsione di partecipazione all’attività gestoria laddove le deliberazioni del comitato sono qualificate come vincolanti. Per quanto riguarda il controllo di legalità e la risoluzione dei conflitti che possono insorgere fra il curatore e il comitato si rinvia a quanto esposto a commento dell’articolo 36 ove si è ritenuto di attribuire al giudice delegato il compito di decidere i reclami contro gli atti e i comportamenti omissivi sulla base di valutazioni di mera legittimità, senza alcuna estensione al merito gestorio. Ciò ha
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reso necessario, come già detto, introdurre la previsione secondo la quale le deliberazioni del comitato debbono essere succintamente motivate. Oltre le previsioni tese a facilitare la convocazione e le deliberazioni del comitato prese a maggioranza, anche al di fuori di riunioni espressamente convocate, è previsto, al fine di non pregiudicare il sollecito svolgimento della procedura, che il comitato dei creditori deve pronunciarsi entro il termine massimo di quindici giorni successivi a quello in cui la richiesta è pervenuta al presidente. Particolare rilievo, all’interno di un sistema di equilibrio tra i poteri degli organi, assume la disposizione con la quale sono stati puntualmente indicate e circoscritte le ipotesi in cui il giudice delegato può sostituirsi al comitato dei creditori. Ciò è consentito soltanto nei casi di inerzia, che si verifica allorquando il comitato non decide nel termine massimo di quindici giorni previsto dal terzo comma del presente articolo, di impossibilità di funzionamento dello stesso organo o nei casi di urgenza (quando è necessario intervenire prima che il comitato possa materialmente deliberare). Ulteriore novità è costituita dalla previsione relativa alla azione di responsabilità nei confronti dei componenti il comitato dei creditori ai sensi dell’articolo 2407 c.p.c., proponibile anche durante la procedura in parallelo a quanto previsto dall’articolo 38, secondo comma, in relazione al curatore. Il Capo quarto dello schema di decreto, modifica il capo III del titolo II della legge fallimentare dedicato agli effetti del fallimento e segnatamente gli articoli da 42 a 83-bis. Le modifiche del titolo in commento risentono degli stringenti limiti imposti dalla delega che non hanno premesso di intervenire, oltre i necessari coordinamenti sulla sezione II relativa agli effetti del fallimento per i creditori e alla sezione III, quest’ultima peraltro oggetto di novella da parte del decreto- legge n. 35/2005, convertito in legge n. 85/2005, relativa agli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli dei creditori. Art. 42 Legge Fall. Il nuovo terzo comma dell’articolo in commento cristallizza la prassi di molti tribunali secondo la quale risulta economicamente conveniente e pertanto possibile autorizzare il curatore a rinunciare all’acquisto dei beni che pervengono al fallito durante il fallimento qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi.
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Art. 43 Legge Fall. In sintonia al criterio di delega secondo cui occorre accelerare le procedure applicabili alle controversie in materia fallimentare, si dispone che l’apertura del fallimento determina l’interruzione di diritto del processo evitando così che lo stesso possa essere interrotto a distanza di tempo qualora le parti informino formalmente il giudice ex art. 300 c.p.c. Art. 44 Legge Fall. In analogia a quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 42, espressamente richiamato, la disposizione chiarisce che sono altresì acquisite alla massa attiva fallimentare tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura ma per effetto degli atti inefficaci indicati dal primo e secondo comma. Art. 46 Legge Fall. Le modifiche apportate a tale articolo tendono essenzialmente conto dell’evoluzione normativa intervenuta medio tempore in materia di diritto di famiglia. Inoltre al secondo comma viene precisato che il giudice delegato nell’escludere dal fallimento la parte degli assegni di carattere alimentare degli stipendi, delle pensioni etc. - di cui al numero 2 -, necessaria per il mantenimento del fallito e della sua famiglia, determini tale ammontare tenendo conto delle condizioni personali degli stessi. Art. 47 Legge Fall. Viene soppresso nel primo comma l’inciso che consentiva di acquisare il parere del comitato dei creditori solo se già nominato. Art. 48 Legge Fall. In conformità ai criteri di delega secondo cui sono soltanto quelle limitazioni alla libertà di corrispondenza strettamente connesse alle esigenze della procedura, si è modificata la disciplina relativa alla gestione della corrispondenza del fallito, sostituendo l’obbligo generalizzato dei competenti intermediari di consegnare al curatore tutta la corrispondenza diretta al fallito, con l’obbligo dell’imprenditore o del legale rappresentante della società o dell’ente soggetti a procedura fallimentare di consegnare al curatore solamente la corrispondenza, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento. La sanzione introdotta per la violazione di tale obbligo è quella di escludere l’imprenditore dal beneficio dell’esdebitazione come previsto dall’articolo 142, primo comma, n.3.
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Art. 49 Legge Fall. Anche per quanto attiene agli obblighi del fallito, in conformità ai criteri di delega che richiedevano di limitare la libertà di residenza alle sole esigenze connesse alla procedura fallimentare, sono state introdotte più “duttili” previsioni, che hanno sostituito l’obbligo di residenza del fallito con quello di comunicare agli organi della procedura le variazioni di residenza dell’imprenditore o dei legali rappresentanti delle società o enti soggetti a fallimento. Si è altresì previsto sempre in tale ottica che il giudice delegato, in caso di legittimo impedimento o di altro giustificato motivo possa autorizzare gli stessi soggetti a comparire dinnanzi agli organi della procedura per mezzo di un mandatario. Art. 50 Legge Fall. Sempre al fine di dare attuazione al criterio di delega che richiede l’eliminazione delle sanzioni personali del fallimento ed in coordinamento con le novità apportate in sede di riabilitazione e di esdebitazione, è stato abrogato unitamente al procedimento di riabilitazione, l’articolo che prevedeva l’istituzione del pubblico registro dei falliti. Art. 51 Legge Fall. Come già accennato, sebbene la delega non contenga un espresso principio direttivo volto a modificare il tessuto normativo della Sezione dedicata agli effetti per i creditori, tuttavia l’articolato contiene alcune minime variazioni rese necessarie da un’opera di coordinamento con le disposizioni innovate, altrove allocate. In tal senso, l’articolo in commento è stato opportunamente modificato al fine di inserire un espresso riferimento ai crediti in prededuzione ovvero quelli maturati durante il fallimento in relazione al divieto di azioni esecutivi individuali o cautelari nel corso della procedura fallimentare. Art. 52 Legge Fall. Nel secondo comma viene chiarito che il principio di esclusività del procedimento di accertamento del passivo coinvolge anche i diritti reali e personali immobiliari e i crediti da soddisfare in prededuzione salve le deroghe di cui all’art. 111 (coordinamento con lo stato passivo e con la ripartizione dell’attivo). Art. 54 Legge Fall. La norma in commento modifica il terzo comma prevedendo l’estensione del diritto di prelazione agli interessi non solo con riferimento agli articoli (del co-
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dice civile, n.d.r.) 2788 e 2855 (crediti pignoratizi e crediti ipotecari) ma anche con riferimento all’articolo 2749 relativo ai crediti assistiti da privilegio; ciò al fine di rimediare a quello che la dottrina e la giurisprudenza prevalenti consideravano una mera svista del legislatore del 1942. Si è inoltre precisato, anche qui recependo l’orientamento prevalente, che il decorso degli interessi maturati dai crediti assistiti da privilegio generale cessa alla data di deposito del progetto di riparto nel quale il credito risulti soddisfatto, anche parzialmente. Art. 55 Legge Fall. Le modifiche apportare rappresentano la conseguenza dei mutamenti necessari all’interno delle norme di rinvio. Art. 58 Legge Fall. Le modifiche apportate nella norma in rassegna tengono conto della necessità di operare il dovuto coordinamento con le nuove norme del diritto societario. Art.67 bis Legge Fall. Tenuto conto della previsione di delega secondo cui occorre introdurre la disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, il nuovo articolo 67-bis, estende l’ambito delle revocatorie fallimentari anche agli atti dispositivi che incidono sul patrimonio destinato ad uno specifico affare, ai sensi dell’art. 2447-bis, primo comma, lett. a), c.c. solo allorquando pregiudicano il patrimonio della società. Si precisa altresì che il prespupposto soggettivo dell’azione revocatoria è rappresentato dalla conoscenza dello stato di insolvenza della società. Art. 69 Legge Fall. La modifica apportata adegua il primo comma dell’articolo in esame al dispositivo della sentenza n. 100/1993 della Consulta che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dello stesso “nella parte in cui non comprende nel proprio ambito di applicazione gli atti a titolo gratuito compiuti tra i coniugi più di due anni prima della dichiarazione di fallimento ma nel tempo in cui il fallito esercitava un’impresa commerciale”. Art. 69-bis Legge Fall. Per quanto attiene alla revocatoria, la cui disciplina ha già formato oggetto del recente intervento normativo contenuto nel decreto legge n. 35/05, convertito nella legge n. 80 del 2005 e tenuto conto dei limiti assai ristretti di intervento
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concessi dalla norma di delega, sostanzialmente limitati alla sola possibilità di abbreviare i termini per la proposizione dell’azione, secondo la linea di intervento legislativo già in larga parte attuata dai provvedimenti normativi innanzi citati, si è ritenuto di precisare che le azioni revocatorie non possono essere ulteriormente promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto. Art. 72 Legge Fall. L’articolo in commento apre la sezione IV del capo III del titolo II della legge fallimentare dedicata agli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti. La vigente legge fallimentare nel disciplinare la sorte dei rapporti giuridici pendenti alla data del fallimento si è astenuta dal dettare regole di carattere generale ed ha stabilito invece discipline specifiche per singoli contratti. Non essendo state previste regole per ciascuno dei contratti disciplinati dal codice civile, si sono venuti così a determinare due inconvenienti, da un lato, è stata lasciata priva di regolamentazione una parte di contratti, dall’altro e nel contempo, si è lasciata nell’incertezza la sorte dei nuovi contratti venuti ad esistenza in tempi recenti. È così spettato all’interprete e alla giurisprudenza trarre dalla disciplina dei singoli contratti, e fondamentalmente da quella del contratto di vendita, alcune indicazioni di carattere generale dirette a riempire gli spazi vuoti lasciati dalla legge. La novella intende porre rimedio a tali carenze, e se da un canto ripropone regole già presenti nell’attuale disciplina, dall’altro canto introduce significative modifiche al sistema vigente, recependo in buona misura alcune delle soluzioni elaborate dalla giurisprudenza. In tale quadro, viene così prevista, in primo luogo, una regola generale presente in molti ordinamenti, secondo la quale la decisione in ordine alla sorte dei rapporti giuridici in corso di esecuzione alla data di apertura del fallimento, e quindi la scelta tra subingresso della procedura nel rapporto e scioglimento, sono rimesse alla decisione del curatore, previa autorizzazione da parte del comitato dei creditori. In ossequio al dettato dei criteri di delega, la decisione del curatore è soggetta all’autorizzazione non più del giudice delegato bensì del comitato dei creditori, ed è questo un punto qualificante del nuovo assetto dei rapporti tra gli organi della procedura e del ruolo rilevante attribuito dalla riforma ai rappresentanti dei creditori. Conseguentemente, si dispone che il contratto resti sospeso fino a quando il curatore abbia effettuato tale scelta, restando fermo il principio che l’eventuale subingresso dovrà avvenire con l’assunzione in capo alla procedura di tutti gli ob-
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blighi relativi. Viene confermata anche la regola secondo la quale la stessa soluzione è espressamente estesa al contratto preliminare, salvo quanto previsto dall’articolo 72-bis relativamente ai contratti concernenti gli immobili da costruire. Viene inoltre ampliato il termine assegnato al curatore per decidere se sciogliersi o meno dal vincolo contrattuale. Al contraente in bonis viene riconosciuto il diritto di veder conservati gli effetti dell’azione di risoluzione promossa prima dell’apertura della procedura, in aderenza all’orientamento giurisprudenziale già radicatosi sotto la vigente disciplina. Al contrario, in relazione all’uso corrente di clausole contrattuali che prevedono la risoluzione dei contratti in corso a seguito dell’apertura di una procedura liquidatoria si è ritenuto che dovesse essere privilegiato l’interesse della procedura ad operare la scelta tra subingresso e scioglimento, disponendosi così l’inefficacia di tali clausole. Art. 72-bis Legge Fall. L’articolo in commento relativo ai contratti concernenti gli immobili da costruire detta disposizioni con gli addendi suggeriti dal d.lgs. n. 122 del 2005 il cui impianto è stato importato all’interno della legge fallimentare. Art. 72-ter Legge Fall. La novella imprime una speciale disciplina agli effetti del fallimento sugli finanziamenti destinati ad uno specifico affare. Viene così stabilito che il fallimento della società determina lo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all’art. 2447-bis, I comma, lett. b) del codice civile quando impedisce la continuazione o la realizzazione dell’operazione. In caso contrario, il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, può decidere se subentrare nel contratto in luogo della società assumendone i relativi oneri. Nell’ipotesi il cui il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore può chiedere al giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o di continuare l’operazione in proprio o affidandola a terzi. Al finanziatore in tal caso sono garantiti i proventi dell’affare e la possibilità di insinuazione al passivo del fallimento in via chirografaria per l’eventuale credito residuo. Nei casi in cui il curatore decida di subentrare o non subentrare all’affare resta ferma la salvaguardia prevista dai commi terzo, quarto e quinto dell’art. 2447decies del codice civile. Nella ipotesi in cui l’operazione non possa essere né realizzata né continuata si applica il sesto comma dell’art. 2447-decies del codice civile.
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Art. 72-quater Legge Fall. L’articolo in esame reca la peculiare disciplina in materia di locazione finanziaria. Nel primo comma, per l’ipotesi in cui si verifichi il fallimento dell’utilizzatore si rinvia alla regola generale dettata dall’articolo 72. Nel caso in cui sia disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa, il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersi sciogliere dal contratto. Sciolto il contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene, rimanendo tenuto a versare alla curatela, l’eventuale differenza tra la maggior somma, ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo. Per converso, lo stesso concedente può insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dall’allocazione del bene. In caso di fallimento delle società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto forma di locazione finanziaria, il contratto, compreso quello a carattere traslativo, prosegue e l’utilizzatore conserva la facoltà di acquistare alla scadenza del contratto, la proprietà del bene, previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito. Art. 73 Legge Fall. In ossequio al dettato dei criteri di delega, la decisione del curatore nell’ipotesi di contratto a termine o rate è soggetta all’autorizzazione non più del giudice delegato bensì del comitato dei creditori, ed è questo un ulteriore punto qualificante del nuovo assetto dei rapporti tra gli organi della procedura e del ruolo rilevante attribuito dalla riforma ai rappresentanti dei creditori. Viene riproposta, per il resto, la disciplina attuale. Art. 74 Legge Fall. In tema di contratto di somministrazione la modifica del primo comma dell’articolo in commento è conseguenza del nuovo assetto impresso all’articolo 72 della legge fallimentare. La previsione contenuta nel secondo comma viene opportunamente integrata con il richiamo all’ipotesi in cui oggetto del contratto sia la prestazione dei “servizi”. Artt. 76 e 77 Legge Fall. Gli interventi emendativi contenuto negli articoli in esame sono di carattere redazionale.
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Art. 78 Legge Fall. All’articolo in commento è stata data una nuova configurazione comprendendo nella previsione normativa anche il contratto di conto corrente bancario e per quanto riguarda il contratto di mandato, innovando alla precedente disciplina, con l’introdurre una distinzione tra il fallimento del mandatario e quello del mandante. Nel primo caso il contratto si scioglie, nel secondo è rimessa al curatore la facoltà di subentrare nel contratto e nell’ipotesi affermativa, il credito del mandatario è inserito fra quelli prededucibili per l’attività compiuta dopo il fallimento a norma dell’articolo 111, n. 1). Art. 79 Legge Fall. In tema di possesso del fallito a titolo precario, l’innovazione consiste nell’inserimento del credito dell’avente diritto fra quelli prededucibili nel caso in cui il possesso della cosa sia cessato dopo l’apposizione dei sigilli ed al terzo spetti l’integrale pagamento della cosa a norma dell’articolo 111, n. 1). Art. 80 Legge Fall. All’articolo in commento è stata data una nuova configurazione, innovando alla precedente disciplina, con l’introdurre una distinzione tra il fallimento del locatore e quello del conduttore. Nel primo caso il contratto di locazione di immobili non si scioglie e il curatore subentra nel contratto, nel secondo caso, è rimessa al curatore la facoltà in qualunque tempo di recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso che, nel dissenso delle parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. In tale ipotesi, il credito per l’indennizzo è inserito fra quelli prededucibili a norma dell’articolo 111, n. 1). Art. 80-bis Legge Fall. L’articolo in rassegna introduce ex novo la disciplina degli effetti del fallimento in materia di contratto di affitto di azienda, prevedendo che il fallimento non è causa di scioglimento del contratto, ma che entrambe le parti possono recedere entro un termine di sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che nel dissenso delle parti è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il credito per l’equo indennizzo è inserito fra quelli prededucibili a norma dell’articolo 111, n. 1).
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Art. 81 Legge Fall. La novella dell’articolo in commento in conformità di quanto dettato nei criteri di delega prevede che la facoltà del creditore di subentrare nel contratto di appalto si esercita previa autorizzazione non più del giudice delegato, ma, del comitato dei creditori che, in precedenza, esprimeva un parere non vincolante ed è questo un ulteriore punto qualificante del nuovo assetto dei rapporti tra gli organi della procedura. Viene altresì congruamente ampliato il termine per il curatore per subentrare nel rapporto. Nel caso di fallimento dell’appaltatore regolato dal secondo comma, è fatta salva la facoltà del committente, per l’innanzi vietata, di consentire la presecuzione del rapporto anche nei casi in cui la considerazione della qualità soggettiva dell’appaltatore era stata motivo determinante del contratto. In caso contrario, il rapporto si scioglie. Viene riproposta, per il resto, la disciplina attuale. Art. 83-bis Legge Fall. Nell’articolo in esame, viene inserita ex novo la disciplina degli effetti del fallimento in materia di clausola arbitrale. È previsto in particolare che il procedimento arbitrale già pendente non possa essere proseguito allorquando il contratto contenente la clausola arbitrale viene sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione IV. Ciò al fine di evitare che il giudizio arbitrale sopravviva al regolamento di interessi convenzionali travolto dal fallimento e che era destinato a risolvere. Il Capo quinto contiene le modifiche del capo IV del Titolo II della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da 84 a 90. Il capo in argomento disciplina la custodia e l’amministrazione delle attività fallimentari. Tenuto conto dell’evoluzione normativa europea e, in particolare, delle più recenti leggi in materia di insolvenza entrate in vigore in Spagna e Germania, nonché del criterio di delega che consente una nuova allocazione dei poteri e delle competenze degli organi della procedura fallimentare, è emersa l’esigenza di contemplare nuove norme dirette a regolare il quomodo della acquisizione dei beni all’attivo da destinare al soddisfacimento dei creditori. Art. 84 Legge Fall. Si è così mantenuta l’obbligatorietà del procedimento di apposizione dei sigilli, demandando al curatore il compito di provvedervi secondo le norme stabilite
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dal codice di rito ovvero avvalendosi dell’assistenza di notaio. Viene altresì previsto al fine di rendere più celeri ed agevoli le operazioni, che il curatore possa richiedere l’assistenza della forza pubblica e che qualora le cose e i beni del fallito si trovino in luoghi diversi e non sia agevole l’immediato completamento delle operazioni medesime, l’apposizione dei sigilli possa essere delegata dal curatore ad uno o più coadiutori designati dal giudice delegato. Art. 70 decreto legislativo Per ragioni di coordinamento sistematico con le nuove disposizioni recate dall’articolo 84, l’articolo 85 della legge fallimentare viene espressamente abrogato. Art. 86 Legge Fall. I limiti oggettivi delle cose da non sottoporre alla apposizione dei sigilli sono rimasti parzialmente inalterati. Nello specifico, l’articolo in rassegna viene parzialmente riscritto nella parte in cui elenca i beni e le cose che devono essere consegnate direttamente al curatore e pertanto, senza la previa apposizione dei sigilli sulle stesse; ad esempio, il denaro contante, i titoli e le cambiali, le scritture contabili e ogni altra documentazione non ancora acquisita o depositata in cancelleria. Viene inoltre disciplinato il rimedio avverso il diniego da parte del curatore di esibizione delle scritture contabili al fallito o ad altri che ne abbiano diritto. Art. 87 Legge Fall. L’articolo in commento sempre al fine di semplificare ed accellerare la procedura di inventariazione dei beni, consente al curatore di rimuovere i sigilli e di redigere l’inventario senza la previa autorizzazione del giudice delegato. Inoltre, in analogia con i nuovi poteri gestori attribuiti al curatore, questi, quando occorre, nomina egli stesso uno stimatore. Viene riproposta, per il resto, la disciplina attuale. Art. 87-bis I limiti oggettivi delle cose da non sottoporre alla apposizione dei sigilli sono rimasti sostanzialmente inalterati, come pure ciò che deve formare oggetto di inventariazione. Rispetto alla disciplina previgente, al fine di risolvere una dibattuta questione ermeneutica ed in accordo con le nuove disposizioni in materia di decreti di acquisizioni di cui all’articolo 25, comma 1, n. 2, si è ritenuto di trattare la pro-
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blematica dei beni sui quali i terzi vantino diritti nella più generale attività di formazione dell’inventario, includendo fra i beni inventariabili sia quelli che si trovano presso terzi consenzienti (salvo il diritto di costoro di chiederne la rivendica o la restituzione), sia quelli di cui il terzo ha il godimento in base ad un titolo opponibile, ma in questo caso il bene non viene preso in consegna dal debitore: si pensi al caso del soggetto che abbia in godimento un macchinario per effetto di un contratto di noleggio opponibile al curatore. Per assecondare esigenze di certezza dei traffici commerciali e di semplificazione, si è anche stabilito che beni che si trovano nella disponibilità del curatore possano non essere inventariati laddove sia immediatamente e chiaramente riconoscibile, quindi non contestato, il diritto reale o personale del terzo, evitando così la necessità di presentare domanda di rivendica o di restituzione. Art. 89 Legge Fall. Nel primo comma dell’articolo in rassegna e in sintonia con quanto novellato nell’ articolo precedente, è stato precisato che il curatore deve predisporre l’elenco di tutti coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari di cose in possesso o nella disponibilità del fallito. Art. 90 Legge Fall. L’articolo in esame reca ex novo la disciplina della formazione e della consultazione del fascicolo della procedura fallimentare. Si segnala al riguardo la possibilità che alcuni atti siano custoditi separatamente per ragioni di riservatezza nonché il diritto del comitato dei creditori e di ciascun suo componente di prendere visione di ciascun atto o documento contenuti nel fascicolo. Tale previsione si aggiunge a quella contenuta nell’articolo 41, quinto comma. Analogo diritto viene riconosciuto al fallito, ad esclusione della relazione del curatore e degli atti che il giudice delegato abbia segretato. Il diritto degli altri creditori e dei terzi di prendere visione e di estrarre copia di tali atti e documenti, passa attraverso il riconoscimento del giudice delegato, sentito il curatore, di un loro specifico ed attuale interesse. Il Capo sesto contiene le modifiche del capo V rubricato dell’accertamento del passivo e dei diritti reali mobiliari ed immobiliari dei terzi del Titolo II della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da 92 a 103. In esecuzione del principio di delega, che impone di abbreviare i tempi della procedura al fine di realizzare il massimo grado di economia dei mezzi giudiziari e di semplificare le modalità di presentazione delle domande, è stata rivi-
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sitata la disciplina dell’accertamento del passivo e delle correlate impugnazioni, puntando su un modello unitario di procedimento, nel contesto del quale siano ben distinguibili i ruoli delle parti (creditori istanti e curatore) e del giudice delegato, e sia ben definito il sistema delle impugnazioni, sulla base di una serie di principi di seguito enucleati. Art. 92 Legge Fall. L’articolo in commento puntualizza il contenuto dell’avviso che il curatore dà a mezzo posta, ovvero a mezzo telefax e posta elettronica, a tutti i creditori compresi i titolari di diritti reali o personali sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito. Art. 93 Legge Fall. L’articolo in esame contiene la compiuta esplicitazione del contenuto della domanda di ammissione al passivo, che può avere ad oggetto tanto crediti, quanto la restituzione e/o la rivendicazione di beni mobili ed immobili, nonché la descrizione esatta del petitum e della fonte della pretesa, della quale si chiede l’ammissione al passivo, inclusa l’indicazione del titolo di prelazione, con relativa graduazione del credito e l’eventuale descrizione del bene sul quale la pretesa, ove speciale, si esercita. Novità sono altresì previste in ordine alla facoltà del creditore di consentire che le successive dichiarazioni avvengano per posta elettronica o per telefax. Di particolare rilievo è la disposizione che nei commi quarto e quinto sanziona con l’inammissibilità del ricorso la mancanza o l’assoluta incertezza di uno dei requisiti che definiscono il contenuto della domanda. Nel caso che tale carenza riguardi il titolo di prelazione il credito viene considerato chirografario. Ancora di particolare importanza, al fine di evitare che la liquidazione possa coinvolgere beni di terzi in contestazione, è la previsione secondo la quale il terzo può chiedere la sospensione della liquidazione di beni oggetto delle domande di restituzione o di rivendicazione dei beni. Infine, è chiarito che il rappresentante comune degli obbligazionisti può presentare la domanda di ammissione al passivo a tutela degli interessi comuni dei singoli obbligazionisti o di gruppi di obbligazionisti. Al fine, poi, di accelerare i tempi dell’esame delle domande di ammissione al passivo, è previsto, a pena di decadenza, che i documenti non presentati con la domanda devono essere depositati in cancelleria almeno quindici giorni prima dell’adunanza fissata per l’esame dello stato passivo.
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Art. 94 Legge Fall. L’articolo in commento, che reca la disciplina degli effetti della domanda di ammissione al passivo, equiparata negli effetti a quelli della domanda giudiziale, è stato alleggerito della previsione riguardante la decadenza dei termini per gli atti che non possono essere compiuti durante il fallimento in quanto non essendo ben chiaro quali effetti ulteriori, oltre la interruzione della prescrizione, potessero conseguire dalla presentazione della domanda, essendo pacifico in giurisprudenza che la presentazione della stessa, impedisce la decadenza del creditore dall’azione contro il fideiussore ex articolo 1957 codice civile. Art. 95 Legge Fall. Nell’articolo in commento, la disciplina dell’accertamento del passivo viene innovata sin dalla prima fase di formazione del progetto dello stato passivo direttamente da parte del curatore, non più da parte del cancelliere. Il curatore, previo esame delle domande di ammissione, predispone un completo progetto di stato passivo, con elenchi separati dei creditori e dei titolari di altri diritti immobiliari e mobiliari rassegnando per ciascuna domanda le sue motivate conclusioni. In tale fase, il curatore potrà eccepire direttamente i fatti estintivi, modificativi e impeditivi del diritto azionato, nonché l’inefficacia del titolo su cui si fondano il credito o la prelazione. Il progetto va depositato in cancelleria almeno sette giorni prima della udienza fissata per l’esame dello stato passivo e comunicato ai creditori ed al fallito, i quali possono esaminarlo e presentare osservazioni scritte sino a due giorni prima dell’udienza. Nel corso di quest’ultima udienza, il giudice delegato, tenuto conto delle eccezioni sollevate dal curatore, di quelle rilevabili d’ufficio e di quelle sollevate dagli altri creditori, decide su ciascuna domanda nei limiti del richiesto. La norma chiarisce infine che il fallito, non solo può intervenire in udienza, ma ha altresì il diritto di essere sentito in merito al contenuto delle domande. Art. 96 Legge Fall. L’articolo in rassegna precisa che, in caso di contestazioni da parte del curatore, il giudice delegato debba succintamente motivare il decreto con cui accoglie, respinge o dichiara inammissibile la domanda di ammissione al passivo. Il provvedimento di accoglimento deve inoltre indicare il grado dell’eventuale diritto di prelazione. Viene inoltre nel terzo comma, data precisa individuazione dei crediti ammissibili con riserva.
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In funzione acceleratoria del procedimento, viene soppressa la previsione che consentiva al giudice delegato di riservarsi la definitiva formazione dello stato passivo sicché il decreto di esecutività dovrà essere pronunciato in udienza al termine dell’esame di tutte le domande ciò anche al fine di consentire ai creditori ammessi di procedere alle operazioni di voto per la richiesta di sostituzione del curatore o dei componenti del comitato dei creditori ai sensi dell’articolo 37-bis. Di peculiare rilevo è la norma che ponendo fine ai contrasti interpretativi, dispone che sia il decreto di esecutività dello stato passivo sia che le decisioni assunte dal tribunale all’esito delle impugnazioni di cui agli articoli 98 e 99 producono effetti soltanto all’interno della procedura fallimentare. Art. 97 Legge Fall. La disposizione in esame reca l’ onere per il curatore di comunicare a tutti i creditori insinuati l’avvenuto deposito dello stato passivo affinché questo possa essere dagli stessi esaminato ai sensi dell’articolo 93. Il curatore dovrà altresì informare i creditori non ammessi o ammessi parzialmente del diritto di proporre opposizione. Artt. 98 e 99 Legge Fall. Gli articoli in oggetto contengono la previsione di un’unica ampia categoria di “impugnazioni” dello stato passivo, all’interno della quale si collocano, attraverso l’esplicitazione dei relativi presupposti, le tre species dell’opposizione, dell’impugnazione propriamente detta e della revocazione. L’unificato procedimento di impugnazione, viene governato dal modello camerale, destinato a chiudersi con decreto non reclamabile, ma ricorribile per cassazione. L’articolazione del procedimento, nonostante la sua snellezza, garantisce il rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa. In mancanza di contestazioni da parte del curatore o di altri creditori, il tribunale può accogliere la domanda, anche in via provvisoria, con decreto pronunciato nella stessa udienza. In mancanza, ovvero quando pronuncia in via provvisoria, il tribunale provvede in via definitiva con decreto motivato entro venti giorni dall’udienza. Art. 84 decreto legislativo L’articolo in commento prevede l’espressa abrogazione dell’articolo 100 della legge fallimentare, già colpito dalle pronunce della Consulta che ne hanno dichiarato, a più riprese, l’illegittimità costituzionale.
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Art. 101 Legge Fall. Viene dettata una nuova e compiuta disciplina delle domande tardive, attraverso la riduzione dei termini per la relativa presentazione - dodici mesi, prorogabili fino a diciotto a far data dal deposito del decreto di esecuzione dello stato passivo - e la limitazione della possibilità di presentare domande fino all’esaurimento delle ripartizioni dell’attivo ai soli casi di comprovata causa non imputabile. Art. 102 Legge Fall. Viene altresì prevista la possibilità che il tribunale, dietro motivata istanza del curatore, decreti, sentito anche il comitato dei creditori ed il fallito, il non farsi all’accertamento del passivo dopo la presentazione delle domande di ammissione e prima dell’udienza per la verifica, qualora risulti che non vi sia alcuna prospettiva di realizzare un attivo da distribuire ai creditori, fatto salvo il pagamento delle spese della procedura e dei crediti prededucibili. L’obiettivo è quello di realizzare, in esecuzione della delega, l’economia del mezzo processuale e, al contempo, di consentire al creditore istante i benefici fiscali ordinariamente connessi alla presentazione della domanda di ammissione al passivo. Art. 103 Legge Fall. Viene infine previsto che ai procedimenti relativi all’accertamento dei diritti reali e personali dei terzi sui beni immobili e mobili si applica il regime probatorio previsto dall’articolo 621 codice di procedura civile in tema di opposizione di terzo. Viene poi introdotto il potere del creditore di modificare la domanda e di chiedere l’ammissione al passivo del controvalore bene che non sia stato acquisito all’attivo della procedura. Il Capo settimo contiene le modifiche del capo VI rubricato della liquidazione dell’attivo del Titolo II della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da 104 a 110. Coerentemente con l’impostazione della delega verso una semplificazione ed una maggiore efficienza della procedura, il decreto legislativo ha tenuto conto, in materia di liquidazione e di ripartizione dell’attivo, delle prassi virtuose poste in essere dai tribunali più attenti che da tempo adottano soluzioni liquidatorie che privilegiano la duttilità e la rapidità delle operazioni di cessione, cercando di superare le farraginose e poco efficienti norme sulle vendite, modellate sul sistema delle esecuzioni coattive individuali.
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Invero, il previgente sistema improntato ad un apparente garantismo, spesso rivelatosi più formale che reale, è stato in effetti concausa del sistematico ritardo della durata delle procedure fallimentari. Per questo, le nuove disposizioni sulla realizzazione e sulla ripartizione dell’attivo si ispirano a criteri di efficienza e di semplificazione operativa. Ciò ha anche reso necessaria, come sopra meglio illustrato, l’adozione di scelte nuove sul piano della ridefinizione dei ruoli del giudice delegato, del curatore e del comitato dei creditori e su quello dell’individuazione dei più opportuni adempimenti procedurali, improntati, essi pure, a semplicità ed a rapidità. In questa prospettiva, si è ritenuto di dover privilegiare la scelta di una minore giurisdizionalizzazione, in coerenza con l’accentuato ruolo del curatore, divenuto il vero organo motore della procedura, dal quale parte ogni impulso per le scelte di liquidazione e di conservazione delle imprese assoggettate alla procedura concorsuale, nella consapevolezza che, invece, il ruolo del giudice deve essere esclusivamente indirizzato ad una funzione di controllo sulla regolarità della procedura e di organo preposto alla soluzione dei conflitti endoconcorsuali. Proprio in ragione di questa scelta, si giustifica l’aver conservato la disposizione secondo cui il giudice delegato ha il potere di sospendere la vendita quando il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto (art. 108 legge Fall.). In stretta correlazione a questa nuova impostazione delle attribuzioni degli organi fallimentari, è stato ridisegnato, anche nella fase liquidatoria, il ruolo del comitato dei creditori, espressione collettiva dell’interesse comune al ceto creditorio, cui è attribuito il compito precipuo di effettuare le valutazioni sulla convenienza economica delle operazioni liquidatorie, mediante pareri, anche vincolanti, per il curatore ed autorizzazioni per gli atti maggiormente significativi sul piano economico. L’ulteriore novità consiste nel fatto che, per quanto possibile, l’attività di liquidazione dovrà avvenire non più con operazioni diversificate, non coordinate, occasionali e non rientranti in una strategia unitaria, bensì nel quadro di un razionale programma di liquidazione, predisposto dal curatore ed approvato dal giudice delegato, previo parere vincolante del comitato dei creditori. Piano attuabile subito dopo che si siano resi disponibili i necessari elementi di valutazione sull’entità, sulla qualità e sul valore di mercato dei beni appresi all’attivo, nè variabile. Solo in presenza di “sopravvenute esigenze”, il curatore può presentare, con le stesse modalità, un supplemento del piano di liquidazione. Lo scopo del programma di liquidazione è, appunto, quello di evitare, per quanto possibile, i rischi di irrazionali disgregazioni liquidatorie. La possibilità
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di consentirne l’attuazione ancor prima dell’emanazione del decreto di esecutività dello stato passivo, si pone coerentemente in linea con l’esigenza di favorire la speditezza del procedimento. Inoltre, l’intervento riformatore, sempre in coerenza con la scelta generale di ridurre al minimo indispensabile la giurisdizionalizzazione del concorso, ha evitato, per quanto possibile, la tradizionale trasfusione, per relationem, nella riformata legge fallimentare del sistema del codice di procedura civile relativo alle esecuzioni individuali ed ha adottato nuove specifiche scelte operative, tratte anche da soluzioni pragmatiche positivamente sperimentate dalla giurisprudenza più attenta. Articolo 104 Legge Fall. In questo contesto, frutto di un rinnovato modo di interpretare la stessa funzione dell’esecuzione forzata collettiva, si pone anche la previsione dell’esercizio provvisorio dell’impresa, il quale può essere autorizzato o con la sentenza dichiarativa di fallimento, nel caso in cui l’improvvisa interruzione possa comportare “un danno grave”, sempre che “non arrechi pregiudizio ai creditori”, ovvero con successivo provvedimento del giudice delegato, su proposta del curatore, qualora il comitato dei creditori, con parere vincolante, ritenga la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa conveniente per i creditori stessi o più proficua ai fini della collocazione sul mercato dell’azienda o di suoi rami. Ed è proprio in questo secondo caso che si può cogliere l’aspetto può significativo dell’innovazione, essendosi qui voluto accentuare che l’istituto, a differenza di quanto previsto dall’art. 90 del regio decreto del 1942, risponde non più al solo interesse privatistico di consentire un miglior risultato della liquidazione concorsuale, ma è aperto a quello pubblicistico di utile conservazione dell’impresa ceduta nella sua integrità o in parte, sempre che il ceto creditorio non ritenga di trarne nocumento. Difatti, al fine di scongiurare tale eventualità, è stata mantenuta la previsione del parere favorevole vincolante del comitato dei creditori per l’autorizzazione alla temporanea continuazione dell’esercizio dell’impresa. Sul piano sostanziale, degna di rilievo è la disposizione secondo la quale i contratti pendenti alla data del fallimento proseguono durante l’esercizio provvisorio, salva la facoltà del curatore di chiederne lo scioglimento secondo le norme dettate in materia di effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti (Sezione IV del Capo II del Titolo II). Le norme in materia di effetti dal fallimento sui rapporti giuridici pendenti trovano impregiudicata applicazione anche al momento della cessazione dell’esercizio provvisorio dell’impresa per quei contratti ancora pendenti alla medesima data.
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Al fine di dirimere possibili contrasti, è espressamente previsto che i crediti sorti durante l’esercizio provvisorio sono soddisfatti in prededuzione nel fallimento. Articolo 104-bis Legge Fall. Nel quadro delle nuove esigenze conservative assume una particolare importanza l’istituto dell’affitto dell’azienda, strumento ormai diffuso nella prassi e pienamente in linea con un sistema concorsuale caratterizzato da un fine non esclusivamente liquidatorio, ma indirizzato al recupero delle componenti attive dell’impresa. In realtà, la prassi giudiziaria, ancora prima della legge n. 223 del 1991 (che, all’art. 7 co. 4, dava per scontata la soluzione positiva), aveva largamente utilizzato questo istituto come mezzo per la conservazione temporanea dell’integrità dell’azienda, o di suoi rami, anche nella prospettiva della loro migliore collocazione sul mercato. La riforma ha inteso recepire questa prassi, colmando tuttavia la lacuna normativa, consistente, soprattutto, nella più precisa individuazione degli effetti sulla procedura concorsuale della retrocessione dai terzi affittuari di aziende o di suoi rami. La soluzione, su questo punto, è stata trovata nella previsione di non “responsabilità del patrimonio acquisito all’attivo per i debiti maturati sino alla retrocessione”, in deroga a quanto stabilito dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. La deroga trova giustificazione nel bisogno di assicurare che i creditori anteriori, in funzione della cui tutela l’affitto è stato disposto, non vengano ad essere penalizzati dalla condotta dissennata dell’affittuario. Inoltre, sempre in deroga a quanto stabilito dal codice civile, è stato previsto un contenuto contrattuale minimo obbligatorio, consistente nell’irrinunciabile diritto di ispezione dell’azienda da parte del curatore, nella costituzione di una garanzia per tutte le obbligazioni dell’affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, nell’esclusivo diritto del curatore di recedere unilateralmente previa, soltanto, la corresponsione all’affittuario di un giusto indennizzo, pagabile in prededuzione. Infine, in presenza delle odierne incertezze interpretative, una succinta disciplina procedimentale concernente l’esercizio della “prelazione”, dopo averne ampliato la sfera applicativa con la previsione ulteriore, rispetto al disposto della legge n. 223 del 1991, che quel diritto può essere concesso all’affittuario anche “convenzionalmente”, su autorizzazione del giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori. Questa soluzione è stata ritenuta opportuna, proprio come mezzo per incentivare l’affittuario ad effettuare investimenti sull’azienda, onde rafforzarne il suo successivo interesse acquisitivo.
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Articolo 104-ter Legge Fall. Assoluta novità, tesa a semplificare e razionalizzare la fase di liquidazione dell’attivo, è costituita dalla presente disposizione che impone al curatore di predisporre, entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, il programma della liquidazione. In questo modo, a differenza da quanto previsto dalla precedente normativa, che subordinava l’apertura della fase di liquidazione al deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, il curatore potrà procedere alla liquidazione dell’attivo più speditamente, indipendentemente dalla chiusura dello stato passivo. Trattandosi di un atto di gestione, il programma di liquidazione, prima di essere approvato dal giudice delegato, deve ottenere il parere favorevole vincolante del comitato dei creditori, il quale valuterà nel merito la opportunità e la convenienza delle scelte operate dal curatore. Ai noti fini semplificatori ed acceleratori, cui si ispira l’intento riformatore, è previsto un termine relativamente breve per la presentazione del programma di liquidazione (quello di sessanta giorni indispensabile al curatore per acquisire gli elementi utili sulla composizione, sul valore, e sulle possibilità di realizzo del patrimonio), nonché che la sua approvazione tiene luogo delle autorizzazioni che sarebbero necessarie per l’adozione dei singoli atti previsti nel programma medesimo. L’articolo in rassegna reca dettagliatamente il contenuto minimo del programma di liquidazione che, in particolare, deve indicare l’opportunità di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell’art. 104, ovvero l’opportunità di autorizzare l’affitto dell’azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell’articolo 104 bis. Viene inoltre prescritta la necessaria indicazione della sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto, di azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare, delle possibilità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco, nonché delle condizioni della vendita dei singoli cespiti. Viene attribuita al curatore la facoltà di chiedere l’autorizzazione del giudice delegato per affidare ad altri professionisti alcune incombenze della procedura di liquidazione dell’attivo. Viene altresì previsto che il comitato dei creditori possa proporre al curatore modifiche al programma presentato. A fini acceleratori e semplificatori è stato previsto che l’approvazione del programma di liquidazione tiene luogo delle singole autorizzazioni eventualmente necessarie ai sensi della presente legge per l’adozione di atti o l’effettuazione di operazioni inclusi nel programma. Viene prevista la possibilità che per sopravvenute esigenze, non conosciute o
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conoscibili al momento della presentazione del piano, il curatore possa presentare un supplemento del piano di liquidazione. Viene stabilito ancora che prima della approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione di beni, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, se già nominato, solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all’interesse dei creditori. Infine, risponde sempre ad esigenze di speditezza e di economicità la previsione, essa pur innovativa, di una possibile c.d. derelizione di beni che, per qualsivoglia ragione vuoi per il loro modesto valore venale vuoi per il carattere di oggettiva invendibilità come nel caso di impianti fuori norma e, dunque incommerciabili, o di terreni inquinati etc.). Su tali beni, restituiti al debitore cui appartengono, potranno, se del caso, soddisfarsi, uti singuli, i creditori concorsuali. Art. 105 Legge Fall. Per le medesime esigenze sopra evidenziate è sembrato necessario prevedere una specifica disciplina anche dalla vendita dell’azienda, che assume un ruolo centrale nel nuovo sistema dell’esecuzione coattiva concorsuale. Anzitutto, si è disposto che la vendita atomistica dei singoli beni rientranti in un complesso aziendale possa essere effettuata solo se non sia possibile procedere alla cessione dell’intero complesso o di suoi rami; ciò in coerenza con l’adozione della scelta generale della “conservazione”. In secondo luogo, è stata prevista, come per i beni immobili, una più ampia facoltà di scelta tra ogni possibile forma liquidatoria consentita dall’ordinamento, se connotata, comunque, da massima trasparenza, da rapidità esecutiva e dall’adozione delle più opportune forme di “pubblicità” nessuna esclusa, fra le tante oggi offerte anche dai mezzi di informazione telematici. Anche in questo caso, così come in tutta la fase della liquidazione dell’attivo, deve trovare applicazione ogni forma ed ogni mezzo che finisca per raggiungere il duplice obiettivo del massimo realizzo e della massima conservazione possibile dei nuclei ancora produttivi. Sotto questo secondo aspetto, si giustifica la previsione secondo cui, ai fini della vendita di aziende o di suoi rami in esercizio, la scelta dell’acquirente deve essere effettuata tenendo conto non solo dell’ammontare, in sé, del prezzo offerto, ma anche delle “garanzie di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli di occupazione”. Si tratta di un’indicazione già adottata, da tempo, da alcuni giudici ma che è stata sempre, a ragione, considerata alla stregua di una soluzione interpretativa praeter legem in presenza di un contesto normativo, quale quello del 1942, che privilegiava, in via esclusiva, l’attenzione sul risul-
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tato in senso quantitativo, del realizzo. Anche la previsione secondo cui, “nell’ambito delle consultazioni relative al trasferimento di un’azienda previste dall’art. 47 della legge 29 dicembre 1990 n. 428, il curatore, l’acquirente e il rappresentante dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti in materia” costituisce evidente espressione di quella flessibilità e duttilità di cui si è inteso caratterizzare l’intero impianto normativo, al fine di conseguire il primario risultato della rapida collocazione sul mercato dei nuclei produttivi ancora vitali. Per ciò che riguarda le forme delle vendite e dei loro effetti, si è innovato molto e si è ritenuto di eliminare ogni rinvio alla disciplina del processo esecutivo individuale, fermo restando, comunque, il fondamentale effetto “purgativo” delle vendite forzate. Si spiegano così le previsioni delle cessioni anche a mezzo di soggetti specializzati o con il conferimento in una o più società, anche di nuova costituzione, dell’azienda del debitore o di suoi rami, di beni o crediti, con i relativi rapporti in corso, esclusa, comunque, la responsabilità dell’alienante ai sensi dell’art. 2560 del codice civile. Si è, peraltro, inteso favorire le rapide cessioni anche attribuendo all’acquirente la possibilità di effettuare le proprie controprestazioni non pagando direttamente il prezzo, bensì accollandosi debiti concorsuali, purché ciò non si traduca in una alterazione della graduazione dei crediti, come potrebbe avvenire nel caso dell’acquisto dei beni concessi al debitore in leasing. Art. 106 Legge Fall. Particolare importanza assume la previsione della possibilità di cessione di tutti i crediti, qualunque ne sia la natura, compresi quelli fiscali e futuri e pur se contestati. Questa soluzione, così come quella della possibilità di cedere le azioni revocatorie, è stata dettata dall’esigenza di evitare ritardi nelle chiusure delle procedure concorsuali che, secondo il sistema previgente, sono spesso dovuti proprio ai lunghi tempi connessi alla definizione, con sentenza passata in giudicato, dei contenziosi fiscali e ordinari. Le azioni cedibili sono tutte quelle comunque dirette a conseguire incrementi di patrimonio del debitore, mentre le revocatorie possono essere cedute limitatamente a quelle già pendenti, al fine di evitare che, in una materia così delicata, l’esercizio delle azioni - comunque non cedibili ai prossimi congiunti del debitore insolvente e dei soggetti cui è stata estesa la procedura o alle società del gruppo di cui fa parte la società insolvente - possa assumere una connotazione negativa di tipo speculativo.
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Art. 107 Legge Fall. Anche per la vendita dei beni immobili e delle aziende comprendenti immobili, sono state previste norme dirette a conseguire l’obiettivo del massimo realizzo secondo modelli di speditezza, flessibilità e trasparenza, totalmente slegate dai rigidi schemi procedurali previsti per le esecuzioni individuali e, quindi, non più ancorate alle anacronistiche distinzioni basate sulla natura mobiliare o immobiliare dei beni. Ciò ha imposto la previsione di schemi procedurali molto più flessibili che puntano essenzialmente in due direzioni: quella della più ampia deformalizzazione del procedimento e, parallelamente, quella del significativo ampliamento delle forme di pubblicità, in conformità alla notevole gamma di mezzi, anche informatici e telematici, oggi disponibili. Sempre nella direzione dell’efficienza e del fine di massimizzazione degli introiti, è stata anche adottata un’ulteriore significativa novità: quella dell’utilizzabilità anche della vendita di immobili per “offerte private”, se ritenute più vantaggiose; in tal caso, per evitare il rischio di liquidazioni sospette, è stata specificamente previsto, l’obbligo per il curatore di informare il giudice delegato e il comitato dei creditori dell’esito delle procedure depositando in cancelleria la relativa documentazione. In tale contesto si è ritenuto necessario attribuire al curatore il potere di sospendere la vendita qualora pervenga un’offerta irrevocabile di acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo più alto precedentemente offerto. Al fine, poi, di fissare i requisiti di onorabilità e di professionalità dei soggetti specializzati e degli operatori esperti dei quali il curatore può avvalersi per gli atti di vendita e di liquidazione e per determinare i mezzi di pubblicità e trasparenza delle operazioni di vendita, il presente articolo rinvia ad un regolamento del Ministro della giustizia da adottarsi a norma dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Art. 108 Legge Fall. Il primo comma della disposizione in esame disciplina la facoltà per il giudice delegato, derivantegli dal generale potere di vigilanza, di sospendere le operazioni di vendita qualora ricorrano gravi e giustificati motivi su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati e previo parere del medesimo comitato dei creditori. È previsto altresì il potere del giudice delegato di impedire il perfezionamento della vendita qualora, su istanza presentata dagli stessi soggetti da ultimo indicati, entro dieci giorni dal deposito della documentazione relativa agli esiti del-
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la procedura da parte del curatore, il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto in base all’andamento del mercato. Al secondo comma, si è ritenuto necessario precisare in modo esplicito che anche le vendite di beni immobili e di mobili registrati, in quanto inserite in un contesto di esecuzione collettiva e realizzata da un organo della procedura, sono esse stesse espressione di esecuzione forzata; per questo si è previsto che, una volta pagato il prezzo, il giudice deve ordinare, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni pregiudiziali gravanti il bene ceduto, anche se una tale soluzione avrebbe potuto darsi per scontata, perché consequenziale al sistema. Art. 108-bis Legge Fall. Al fine di non rinviare tout court la soluzione delle varie problematiche connesse alla liquidazione concorsuale al sistema delle vendite forzate delle procedure esecutive individuali, sono state previste norme specifiche a proposito delle vendite di navi, galleggianti ed aeromobili per i quali, in precedenza, mancava ogni raccordo con il codice di navigazione. Art. 108-ter Legge Fall. Allo stesso fine illustrato nell’articolo precedente, sono state previste norme specifiche a proposito delle modalità di vendita di diritti sulle opere dell’ingegno, sulle invenzioni industriali e sui marchi. Art. 109 Legge Fall. Nel secondo comma, viene attribuito al tribunale il potere, che prima era in capo al giudice delegato, di determinare la somma da liquidare in conto al compenso finale al curatore da liquidarsi a norma dell’articolo 39. Il Capo ottavo contiene le modifiche del capo VII rubricato della ripartizione dell’attivo del Titolo II della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da 110 a 117. Anche la disciplina della ripartizione dell’attivo è stata improntata al principio della speditezza e della economicità, essendo stata prevista la pronta distribuzione dei ricavati man mano che si realizzano, in conformità, del resto, all’attuale sistema. Peraltro, il presente decreto ha altresì previsto una serie di precise soluzioni, spesso tratte dal diritto vivente, volte a regolamentare, per un verso, fattispecie pur frequenti, ma non specificamente disciplinate dalla legge del 1942, come quella dell’insufficienza dell’attivo anche per il soddisfacimento dei soli credi-
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tori prededucibili o, per altro verso, a imporre regole comportamentali obbligatorie nelle ipotesi in cui, nel vigore dell’attuale legge, si erano formati suggerimenti o indirizzi interpretativi non sempre univoci o dotati di sufficiente chiarezza, come nel caso dei c.d. conti speciali o delle modalità di accertamento e di pagamenti dei crediti prededucibili e del decorso del computo degli interessi. Per altro verso, con il presente intervento normativo vengono colmate vistose lacune esistenti nell’attuale sistema, da tempo segnalate da dottrina e giurisprudenza: così, non solo per la disciplina relativa al trattamento dei crediti prededucibili, ma anche per ciò che riguarda taluni aspetti dei meccanismi di riparto rimasti in ombra nel sistema vigente e tuttora fonte di ondivaghe interpretazioni. Art. 110 Legge Fall. In tema di procedimento di ripartizione dell’attivo, nel primo comma viene esteso il termine per il curatore per presentare un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime. Nel secondo comma, in linea con le rimodellate attribuzioni degli organi della procedura fallimentare, viene, da un lato, soppressa la previsione secondo cui il giudice delegato può apportare al progetto di distribuzione le variazioni che reputa convenienti e dall’altro, viene introdotta la previsione secondo cui i creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla comunicazione dell’avvenuto deposito del progetto di ripartizione in cancelleria, possono proporre reclamo contro il progetto di riparto nelle forme del procedimento camerale ex articolo 26, previsto in tema di reclamo avverso i decreti del giudice delegato e del tribunale. Nell’ultimo comma viene infine previsto che una volta decorso il termine per il reclamo, il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiara esecutivo il progetto di ripartizione. Se, nell’ipotesi inversa viene proposto reclamo, invece, il giudice delegato dichiara esecutivo il progetto di distribuzione previo accantonamento delle somme corrispondenti ai crediti oggetto di contestazione. Viene altresì precisato che il provvedimento con cui si decide il reclamo si provvede anche in ordine alla destinazione delle somme accantonate. Art. 111 Legge Fall Una prima soluzione volta a chiarire l’ordine di distribuzione delle somme, è contenuta nella modifica del primo comma dell’articolo in commento dove, in sostituzione della previsione contenuta nel numero 1) del regio decreto del
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1942, viene stabilito che le somme ricavate debbono essere erogate per il pagamento prioritario dei crediti prededucibili. Nella modifica del comma secondo dell’articolo in esame viene dettata la definizione dei debiti prededucibili, stabilendo che tali sono quelli così qualificati dalla legge e quelli sorti in occasione o in funzione della procedura concorsuale. Art. 111-bis Legge Fall. L’esigenza sopra meglio illustrata di porre le condizioni per favorire una uniformità applicativa della ripartizione dell’attivo ha indotto a prevedere espressamente nel primo comma dell’articolo in rassegna, da un lato, che i crediti prededucibili debbono essere accertati con le modalità del procedimento camerale ex articolo 26, previsto in tema di reclamo avverso i decreti del giudice delegato e del tribunale e dall’altro, nel secondo comma, un principio, già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui i crediti prededucibili devono essere soddisfatti per capitale, spese e interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, secondo un criterio proporzionale, ma con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori muniti di garanzia reale sui beni alienati. Viene mantenuta altresì ferma la diversa soluzione, costituente ius receptum, secondo cui tale priorità non esiste nel solo caso in cui i crediti prededucibili si riferiscano ad attività incrementative del valore dei beni medesimi, pignorati o ipotecati, o che, comunque, abbia arrecato beneficio ai creditori de quibus. A fini acceleratori viene disposto che i crediti prededucibili, sorti nel corso del fallimento, liquidi, esigibili e non contestati, possono essere soddisfatti al di fuori del procedimento di riparto se l’attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti. In quest’ultima ipotesi viene, altresì, introdotta la disposizione di garanzia secondo cui detto pagamento, superiore ad un importo di 25.000,00 euro, deve essere autorizzato dal comitato dei creditori. La norma reca la possibilità che con decreto del Ministro della giustizia detto importo sia aggiornato ogni cinque anni sulla base degli indici ISTAT sul costo della vita. Infine, per l’ipotesi in cui l’attivo risulti insufficiente, viene previsto che la distribuzione avvenga secondo criteri di gradualità e proporzionalità conformemente all’ordine di prelazione assegnato dalla legge.
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Art. 111-ter Legge Fall. Sempre nell’ottica chiarificatrice sopra accennata, viene prevista espressamente la disciplina dei c.d. conti speciali, definendo cosa si intende per massa liquida attiva immobiliare e massa liquida attiva mobiliare e prescrivendo analitiche e specifiche modalità di conto per il curatore. Art. 111-quater Legge Fall. Viene infine specificatamente introdotta la disciplina dei crediti assistiti da prelazione. In proposito viene disposto che i crediti assistiti da privilegio generale hanno diritto di prelazione per il capitale, spese ed interessi, nei limiti previsti dagli articolo 54 e 55, sul prezzo ricavato dalla liquidazione del patrimonio mobiliare, così creando un coordinamento normativo tra la norma in commento e il sistema di concorso dei diritti di prelazione (crediti pignoratizi, crediti ipotecari e crediti privilegiati). Art. 112 Legge Fall. La modifica dell’articolo in commento si limita a riformulare la disposizione in tema di modalità di partecipazione dei creditori ammessi tardivamente senza alterarne nella sostanza la struttura previgente. Art. 113 Legge Fall. In questo sforzo di innovare, ma anche di fare chiarezza, onde evitare il protrarsi di ambiguità e di incertezze, è stato, fra l’altro, stabilito che, già nel primo progetto di riparto parziale, il curatore è tenuto a specificare le somme che spetterebbero a quattro precise categorie di creditori, i cui diritti nell’ambito del concorso non siano stati ancora definitivamente accertati a causa di ammissioni con riserva o di opposizioni o di impugnazioni o di revocazioni in corso. Al fine di assicurare anche a questi creditori una prospettiva di soddisfacimento pari a quella degli altri creditori concorsuali definitivamente ammessi, si è ritenuto di prevedere, anche in sede di riparto finale, l’obbligatorietà degli accantonamenti a favore dei creditori già insinuati al passivo, ma non ancora definitivamente ammessi per le quattro sopra specificate ipotesi tassative. Questa significativa novità rispetto al regio decreto del 1942 è dovuta alla necessità di contemperare due esigenze, da un lato, quella di tutela dei creditori che hanno proposto domanda di ammissione al passivo per crediti già vagliati (positivamente o anche negativamente, in tutto o in parte o anche solo per la causa di prelazione) dal giudice delegato, le cui aspettative sarebbero frustrate nel caso in cui - come spesso ora avviene - la procedura concorsuale venisse chiusa prima che fosse esaurito il procedimento sulle contestazioni; dall’altro, quella di
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favorire la rapidità delle procedure concorsuali, in conformità all’impostazione generale della riforma. Art. 113-bis Legge Fall. La norma introduce ex novo la disciplina dello scioglimento delle ammissioni con riserva, prevedendo che allorquando si verifica l’evento che ha determinato l’accoglimento di una domanda con riserva, su istanza del curatore o della parte interessata, il giudice delegato con decreto modifica lo stato passivo disponendo che la domanda deve intendersi accolta definitivamente. Art. 114 legge Fall. La novella reca una duplice innovazione anche in tema di restituzione di somme riscosse, precisando, rispetto al sistema previgente, che, in primo luogo, i pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di domande di revocazione e che, in secondo luogo, i creditori i quali hanno percepito pagamenti non dovuti, devono restituire le somme riscosse, oltre gli interessi legali dal momento del pagamento effettuato a loro favore. Art. 115 Legge Fall. La modifica dell’articolo in commento, sempre in un’ottica chiarificatrice, dispone che il curatore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizione con modalità che assicurino la prova dell’avvenuto pagamento. Nel secondo comma viene precisato che nell’ipotesi di cessione dei crediti avvenuta prima della ripartizione, il curatore deve attribuire le quote di riparto ai cessionari unitamente alla documentazione che attesti l’avvenuta cessione risultante da un atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario. In quest’ultima ipotesi viene altresì disposto che il curatore provveda alla rettifica formale dello stato passivo. Art. 116 Legge Fall. La novella in tema di rendiconto reca, nel primo comma della norma in esame, la precisazione che il curatore, una volta compiuta la liquidazione dell’attivo e prima del riparto finale ed in ogni caso in cui cessa dalle funzioni, presenta al giudice delegato l’esposizione analitica delle operazioni contabili e della attività di gestione della procedura. Nel secondo comma, viene altresì aggiunta la previsione che, oltre alle osservazioni, ogni interessato può presentare eventualmente anche delle contestazioni.
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Dell’avvenuto deposito e della fissazione dell’udienza, il curatore dà immediata comunicazione ai creditori ammessi al passivo, a coloro che hanno proposto opposizione, ai creditori in prededuzione non soddisfatti ed al fallito, avvisandoli che possono prende visione del rendiconto e presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino all’udienza. Se all’udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto con decreto; altrimenti, fissa l’udienza innanzi al collegio ai sensi dell’articolo 26. Art. 117 Legge Fall. È opportuno ricordare che l’art. 117 del regio decreto del 1942 prevedeva che la ripartizione finale comprendesse obbligatoriamente anche gli accantonamenti precedentemente fatti, proprio perché essa doveva aver luogo dopo che tutte le contestazioni fossero state risolte e fosse stato approvato il rendiconto, su accordo dei creditori o giudizialmente ed altresì fosse stato liquidato il compenso al curatore. Ma poiché, con il passare del tempo, l’applicazione rigorosa di questo principio aveva, di fatto, allungato in modo abnorme la durata delle procedure fallimentari, che dovevano rimanere aperte per il solo fatto della pendenza di controversie, solitamente molto numerose, sullo stato passivo, la giurisprudenza ha progressivamente introdotto alcuni temperamenti al rigido principio della previa necessità che la ripartizione finale dovesse presupporre la definizione, con sentenza passata in giudicato, di tutte le contestazioni relative ai crediti concorrenti. Sennonché, questo indirizzo, teso a velocizzare la chiusura dei fallimenti, nell’interesse del debitore e dei creditori concorrenti non contestati, ha, a sua volta, finito per ledere i diritti patrimoniali di quelli contestati o quantomeno, per renderne sempre più incerte le aspettative. Su questo punto, allora, la norma novellata prevede che, in sede di ripartizione finale, gli accantonamenti fatti in precedenza devono essere distribuiti solo nel caso in cui sia intervenuta la decisione irrevocabile sulle questioni che li avevano originati; diversamente, essi devono essere mantenuti secondo le modalità stabilite dal giudice delegato e non impediscono la chiusura della procedura. Naturalmente, poiché la chiusura fa venir meno anche gli organi della procedura stessa, si è previsto un semplice meccanismo processuale - un ricorso al giudice designato dal presidente del tribunale - al fine di consentire, comunque entro i cinque anni dalla chiusura stessa, la distribuzione delle somme accantonate e depositate. Il Capo nono contiene le modifiche del Capo VIII rubricato della cessazione della procedura fallimentare, ed in particolare della sezione I dedicata alla chiusura del fallimento e, segnatamente, degli articoli da 118 a 123 nonché della
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sezione II dedicata al concordato fallimentare e segnatamente degli articoli da 124 a 141, del Titolo II della legge fallimentare. L’impianto normativo che regola l’estinzione della procedura di liquidazione concorsuale è rimasto invariato rispetto alla legge fallimentare del 1942, sono state, però, previste ulteriori ipotesi specifiche di chiusura conseguenti alle innovazioni concernenti i limiti, in generale, dell’apertura del concorso, così, ad esempio, è stato previsto il caso che, nel corso dell’accertamento dello stato passivo, si accerti che non avrebbe dovuto essere aperta la procedura per essere stata riscontrata la totale mancanza di attivo (art. 118). Significativo è poi il fatto che si è colmata una lacuna del sistema previgente, il quale non prevedeva alcuna impugnazione avverso il decreto che respingeva la richiesta di chiusura. Ora un tale provvedimento è reclamabile innanzi alla corte di appello da parte di chiunque interessato (art. 119). Di notevole rilievo è, poi, l’innovazione che prevede un limite alla conservazione in capo ai creditori dei diritti rimasti insoddisfatti nel concorso ma con un’importante eccezione, che costituisce uno degli aspetti più qualificanti della riforma: quella, cioè, che non sia intervenuta l’esdebitazione del fallito a norma degli articoli 142 e seguenti (art. 120). Art. 118 Legge Fall. L’articolo in commento risulta modificato nel primo comma con l’introduzione della più ampia locuzione “di tutti i debiti da soddisfare in prededuzione” in luogo “del compenso al curatore e delle spese di procedura”, contenuta nel testo del regio decreto del 1942. Risulta inoltre modificato il numero 4) del medesimo primo comma nella parte in cui introducendo una più ampia e completa previsione che la chiusura del fallimento possa trovare luogo quando nel corso della procedura si accerti che la sua prosecuzione non consente di soddisfare neppure parzialmente né i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili, né le spese di procedura. Viene precisato che l’accertamento di quest’ultima circostanza può essere contenuto sia nella relazione o con i successivi rapporti riepilogativi stilati dal curatore ai sensi dell’articolo 33. È stata poi inserita, dopo il primo comma, una ulteriore previsione che completa la disciplina della chiusura della procedura di fallimento con l’ipotesi in cui esso riguardi una società. In tal caso, il curatore ha l’onere di chiederne la cancellazione dal registro delle imprese. Se, poi, trattasi di società appartenente a uno dei tipi indicati dall’articolo 147, viene altresì specificato che la chiusura della procedura determina anche la chiusura di quella estesa ai soci, illimitatamente responsabili, a norma dello stesso articolo 147. Ciò naturalmente sempre
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che non si tratti di una procedura di fallimento aperta nei confronti del socio quale imprenditore individuale. Art. 119 Legge Fall. L’articolo in esame registra la modifica imposta dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo medesimo nella parte in cui esclude la reclamabilità dinanzi la corte di appello non solo del decreto che dichiara la chiusura del fallimento, ma anche di quello che ne respinge la richiesta, decreto che è ora espressamente reclamabile a norma dell’articolo 26. Una ulteriore modifica riguarda l’ipotesi in cui la chiusura venga dichiarata, prima dell’approvazione del programma di liquidazione, ai sensi dell’articolo 118, primo comma, n. 4) allorquando nel corso della procedura si accerti che la sua prosecuzione non consente di soddisfare neppure parzialmente né i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili, né le spese di procedura. È stabilito che in tal caso il tribunale decida sentiti il comitato dei creditori ed il fallito. Art. 120 Legge Fall. Nell’articolo in rassegna viene fissato un limite alla conservazione in capo ai creditori dei diritti rimasti insoddisfatti nel concorso, salvo che non sia intervenuta l’esdebitazione del fallito a norma degli articoli 142 e seguenti. Inoltre, affinchè i creditori risultanti dallo stato passivo possano chiedere che la pronuncia endoconcorsuale produca effetti nei confronti del debitore stesso al fine di consentire i tentativi recuperatori quando quest’ultimo tornerà in bonis, è stata attribuita natura di prova scritta ai fini del procedimento d’ingiunzione ex art. 637 del codice di rito al decreto o alla sentenza con cui il credito è stato ammesso al passivo. Art. 121 Legge Fall. La disciplina dell’istituto della riapertura della procedura di liquidazione concorsuale è rimasta immutata così come disciplinata dalla legge del 1942, viene solo arricchita da alcune previsioni tratte, anche qui, dalle prassi giudiziarie e dalla constatazione dell’esistenza di alcune specifiche lacune del sistema concorsuale previgente. In particolare, viene soppressa nel secondo comma la previsione secondo la quale la sentenza emessa dal tribunale in camera di consiglio, già in passato ritenuta comunque ricorribile ai sensi dell’articolo 111, comma II della Costituzione, “non è soggetta a gravame”. Non necessita di commento la disposizione introdotta secondo cui i creditori già ammessi al passivo nel fallimento chiuso possono chiedere la conferma del
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provvedimento di ammissione salvo che intendano insinuare al passivo ulteriori interessi. Infine, in coerenza con il sistema e con la modifica apportata dal secondo comma dell’articolo in commento, è stata aggiunta la previsione secondo cui la sentenza può essere appellata a norma dell’articolo 18. Art. 122 Legge Fall. Nel secondo comma dell’articolo in esame viene apportata una modifica puramente formale di rinvio interno. Art. 123 Legge Fall. Viene al primo comma inserita la previsione di coordinamento interno ai termini previsti dall’articolo 67-bis in luogo di quelli originariamente previsti dall’articolo 70 così come modificato dall’articolo 2, comma 1, lett. b) del decreto legge n. 35 del 2005 convertito nella legge n. 80 del 2005. Nel secondo comma, inoltre, è stata aggiunto l’espresso richiamo agli atti a titolo oneroso o gratuito compiuti tra i coniugi di cui all’ articolo 69. Art. 124 Legge Fall. In virtù del principio di delega che imponeva la modifica della disciplina del concordato fallimentare, riducendo i tempi della procedura, consentendo l’eventuale suddivisione dei creditori in classi per posizione giuridiche nonché trattamenti differenziati per i creditori appartenenti alle diverse classi, si è provveduto a rinnovare in tal senso l’istituto in esame. La prima novità, contenuta nel primo comma dell’articolo in commento, consiste nella estensione della legittimazione alla proposta di concordato ad uno o più creditori o ad un terzo. Inoltre, tale proposta può essere presentata anche prima del decreto di esecutività dello stato passivo, a condizione che i dati contabili e le altre notizie disponibili permettano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori da sottoporre all’approvazione del giudice delegato. Essa non può essere presentata dal fallito, da società a cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo, se non dopo il decorso di sei mesi dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. Il secondo comma, nell’indicare il nuovo contenuto che può assumere la proposta di concordato, fa espresso riferimento alla suddivisione dei creditori in classi, secondo posizioni giuridiche ed interessi economici omogenei, ai trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, adeguatamente motivati, e alla ristrutturazione dei debiti e alla soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessioni di beni, accollo o altre operazioni straordinarie.
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Riguardo a quest’ultima categoria vengono ricomprese le attribuzioni ai creditori nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito. La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita avuto riguardo al valore attribuibile al cespite o al credito oggetto della garanzia. Viene altresì precisato che il trattamento stabilito per ciascuna classe non possa avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione. In relazione, poi, al programma di ristrutturazione ed alla soddisfazione dei crediti va evidenziato l’ampliamento delle modalità e delle forme utilizzabili per ottenere il risultato prefissato in sintonia con quelle che sono le soluzioni negoziali per il superamento della crisi utilizzate nella prassi. Allo stesso fine si ispira la norma che nel disciplinare il contenuto della proposta di concordato fallimentare presentata da un terzo, stabilisce la possibilità di prevedere la cessione oltre che dei beni compresi nella massa attiva fallimentare, anche delle azioni di pertinenza del fallimento. Infine, allo scopo di limitare l’impegno assunto dal terzo con il concordato è espressamente previsto che il medesimo può essere limitato al soddisfacimento dei soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente e di quelli che hanno proposto opposizione allo stato passivo o domanda di ammissione tardiva prima della presentazione della proposta. In questo caso, tuttavia, il fallito continua a rispondere verso tutti gli altri creditori, fatto salvo però quanto disposto dalla disciplina della esdebitazione prevista agli articoli 142 e seguenti. Art. 125 Legge Fall. L’articolo in esame rimodella il procedimento previsto in materia di esame della proposta imprimendo una forte caratterizzazione privatistica al medesimo. Difatti, viene sottratto al giudice delegato il potere di valutare l’eventuale convenienza della proposta che viene, invece, comunicata ai creditori una volta sentiti il comitato dei creditori e il curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e previa acquisizione del parere favorevole del curatore. Il terzo comma disciplina l’ipotesi in cui siano proposte più domande di concordato e prevede che in tal caso, tutte, siano portate in votazione contemporaneamente. L’ultimo comma, infine, si fa carico di disciplinare l’eventualità che la società fallita (abbia emesso, n.d.r.) obbligazioni o strumenti finanziari oggetto della
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proposta di concordato, prevedendo che la comunicazione della proposta venga inviata agli organi che hanno il potere di convocare le rispettive assemblee deputate ad esprimere il loro eventuale dissenso. Art. 126 Legge Fall. L’articolo in esame in materia di concordato con numerosi creditori semplifica le modalità di comunicazione tramite pubblicazione della proposta, prevedendo che il testo integrale della medesima, anziché venire comunicata a ciascuno dei creditori, sia pubblicata su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale. Art. 127 Legge Fall. La disposizione in esame disciplina le modalità di voto nel concordato, tenendo conto della eventualità che la proposta sia presentata prima del deposito del decreto di esecutività dello stato passivo. In quest’ ultimo caso il primo comma dispone che hanno diritto di voto i creditori risultanti dall’elenco provvisorio predisposto dal curatore e approvato dal giudice delegato ai sensi dell’articolo 124, primo comma. Nulla è innovato nel caso in cui la proposta di concordato sia stata presentata dopo il decreto di esecutività dello stato passivo. Rimane ferma, in accordo con l’espressa previsione contenuta nella legge delega, la disposizione secondo la quale i titolari dei crediti assistiti da una causa legittima di prelazione, dovendo essere soddisfatti per l’intero, non hanno diritto al voto, salvo che rinuncino al diritto di prelazione. La norma precisa inoltre che in caso di rinuncia, totale o parziale, alla prelazione, i creditori per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirografari e che la rinuncia alla prelazione ha effetto ai soli fini del concordato. Viene precisato ancora che la disciplina in materia di esclusione dal diritto di voto, si applica anche ai crediti delle società controllanti, controllate o sottoposte a comune controllo. Di peculiare rilievo è la modifica dell’ultimo comma dell’articolo in rassegna che, derogando al principio generale, attribuisce diritto di voto in conseguenza di trasferimenti di crediti effettuati a favore di banche o altri intermediari finanziari. Art. 128 Legge Fall. Fatte salve le modifiche meramente redazionali, quelle apportate all’articolo in commento riguardano, in esecuzione dell’espresso principio contenuto nella
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legge delega, le modalità di voto per classi. Qualora la proposta suddivida i creditori per classi il concordato risulta approvato qualora riporti il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto nelle singole classi. La norma in commento va, poi, coordinata con quanto previsto dall’articolo 129 per il caso in cui la proposta di concordato sia stata approvata solo dalla maggioranza delle classi. Art. 129 Legge Fall. Anche la disciplina dell’omologazione del concordato viene radicalmente modificata in linea con quanto dettato dai principi e criteri contenuti nella legge delega. A tal fine vengono previsti due distinti procedimenti: l’uno di omologazione e l’altro di approvazione. Il primo riguarda il caso in cui non vengano proposte opposizioni nel termine fissato dal giudice delegato; in tal caso, il tribunale si limita a verificare la regolarità della procedura e l’esito della votazione prima di omologare il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. Detta procedura semplificata di omologazione presuppone altresì che la proposta di concordato, in caso di suddivisione dei creditori in classi abbia ottenuto l’approvazione di tutte le classi. Il secondo si applica alle ipotesi in cui, invece, siano state proposte opposizioni da parte dei creditori ovvero la proposta sia stata approvata soltanto dalla maggioranza delle classi e il proponente abbia presentato la richiesta di approvazione; in tal caso, il tribunale non si limita ad accertare l’avvenuto raggiungimento della maggioranza di cui all’articolo 128, primo comma, ma può procedere all’approvazione del concordato, nonostante il dissenso della minoranza delle classi qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano essere soddisfatti nel concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili in sede fallimentare. Al fine di precisare quali siano le maggioranze necessarie per l’approvazione del concordato in presenza di suddivisione dei creditori in classi, l’ultimo comma dell’articolo in esame precisa che le classi dei creditori non ammessi al voto a norma dell’articolo 127, comma secondo, sono considerate favorevoli nel computo della maggioranza delle classi previste in particolare dal settimo comma. Art. 130 Legge Fall. L’articolo in esame tratta dell’efficacia del decreto e dispone che il medesimo provvedimento acquisti efficacia dal momento in cui scadono i termini per presentare opposizione all’omologazione ovvero da quelli in cui si esauriscono le impugnazioni previste dall’articolo 129.
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Nel secondo comma viene previsto che nel momento in cui diventa definitivo il decreto di omologazione del concordato fallimentare il curatore deve rendere il conto della gestione ed il tribunale dichiara chiuso il fallimento. Il decreto va pubblicato a norma dell’articolo 117. Art. 131 Legge Fall. L’articolo in commento disciplina il reclamo avverso il decreto del tribunale di omologazione del concordato fallimentare; esso si propone dinanzi alla corte di appello che pronuncia in camera di consiglio. Viene altresì dettata puntualmente la procedura di proposizione, di trattazione e di decisione del ricorso, nel rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa. Il decreto pronunciato dalla corte di appello deve essere pubblicato a norma dell’articolo 17 e può essere impugnato dinanzi alla corte di cassazione nel termine di trenta giorni dalla data in cui è stato comunicato al debitore. Lo schema procedimentale delineato dalla norma in commento funge inoltre da paradigma anche per il reclamo avverso il decreto di annullamento (art. 138) o di risoluzione (art. 137) del concordato fallimentare, in virtù di testuali richiami. Art. 121 decreto legislativo L’articolo in esame reca per naturali esigenze di coordinamento l’abrogazione degli articoli 132, 133 e 134 della legge fallimentare. Art. 136 Legge Fall. L’articolo in rassegna contiene disposizioni di mero coordinamento formale da introdurre nel primo comma. Il terzo comma viene modificato al fine di precisare che, accertata la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato oltre ad ordinare lo svincolo delle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia, può adottare qualsiasi misura idonea al conseguimento delle finalità del concordato. Art. 137 Legge Fall. In tema di risoluzione del concordato fallimentare, la prima novità consiste nel fatto che anche il comitato dei creditori, oltre che il curatore, deve riferire al giudice delegato sui fatti che possono comportare la risoluzione stessa. Inoltre, è precisato che il procedimento per la risoluzione si svolge nelle forme previste dall’articolo 26, sesto, settimo e ottavo comma. Il decreto che si pronuncia sulla richiesta per la risoluzione, come già detto, è reclamabile ai sensi dell’articolo 131. L’ulteriore aspetto innovativo è rappresentato dalla disposizione, coordinata con 755
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l’articolo 124, ultimo comma, secondo la quale l’istanza di risoluzione del concordato fallimentare non può essere proposta dai creditori del fallito nei confronti dei quali il terzo non abbia assunto responsabilità per effetto del concordato. Art. 138 Legge Fall. In tema di annullamento del concordato fallimentare, le modifiche di carattere sostanziale sono quelle che dispongono che il procedimento si svolga nelle forme dell’articolo 137 e che il decreto che si pronuncia sull’azione di nullità è reclamabile ai sensi dell’articolo 131. Art. 139 Legge Fall. La norma in esame prevede modifiche di carattere meramente formale derivanti dal necessario coordinamento. Art. 141 Legge Fall. Anche la disciplina regolata dall’articolo in commento adegua il testo all’estensione della legittimazione attiva anche a soggetti diversi dal fallito. Infine, dispone che il deposito delle somme occorrenti per l’ integrale pagamento del concordato, condizione per l’omologazione della nuova proposta possa essere sostituito con la prestazione di garanzie equivalenti. Il Capo decimo contiene le modifiche della sezione II del capo IX del Titolo II della legge fallimentare che viene ex novo rubricata della esdebitazione e, segnatamente, degli articoli da 142 a 145. L’istituto della esdebitazione, omologo a quello già presente nella legislazione europea ed americana, costituisce una assoluta novità introdotta nel sistema e consiste nella incentivante liberazione del debitore persona fisica dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti integralmente, seppur in presenza di alcune condizioni. L’obiettivo è quello di recuperare l’attività economica del fallito per permettergli un nuovo inizio, una volta azzerate tutte le posizioni debitorie. Nelle legislazioni nelle quali è stato già ampiamente sperimentato, l’istituto dell’esdebitazione viene strutturato in guisa da prevenire, attraverso impedimenti e/o preclusioni, utilizzi impropri della procedura in danno dei creditori. Secondo il criterio dettato dalla legge delega il fallito è ammesso alla esdebitazione qualora sussistano determinate condizioni consistenti: a) nell’avere cooperato con gli organi della procedura ai fini dell’accertamento del passivo e del proficuo svolgimento della procedura, evitando di provocare o contribuire a provocare ritardi nella stessa; b) nel non avere beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti; 756
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c) nel non avere tenuto comportamenti penalmente rilevanti, quali distrazione dell’attivo o esposizione di passività inesistenti, causazione o aggravamento del dissesto rendendo difficile la ricostruzione del patrimonio e degli affari, ricorso abusivo al credito ovvero nel non avere riportato condanne per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria o il commercio, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. In sintonia con gli elencati principi di delega, l’istituto è stato strutturato in modo tale da evitare che, nella applicazione pratica, possa incentivare distorsioni nei comportamenti del debitore insolvente. Altrimenti, il sistema si sbilancerebbe a danno dei creditori in un’ottica di un vero privilegio e non del mero favor debitoris, in stridente contrasto rispetto alla finalità di sviluppo dell’economia. Una previsione meramente e totalmente liberatoria per il debitore irrigidirebbe il sistema creditizio producendo una contrazione non solo del credito bancario e finanziario ma anche del sistema delle forniture, così rallentando il ciclo economico. L’ammissione alla esdebitazione, è stata quindi ancorata a parametri e limitazioni che ne evitino speculazioni dannose per il mercato. A tal fine, è stata espressamente inserita come condizione preclusiva dell’esdebitazione la circostanza che non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali. Invero, nella stessa legge delega si rinvengono spunti che militano a favore di tale scelta, difatti la terminologia utilizzata << debiti residui>> e <<l’estinzione dei debiti non soddisfatti integralmente...>> ha permesso di introdurre la suddetta soluzione. Art. 142 Legge Fall. L’articolo introduce nell’ordinamento l’istituto della esdebitazione a favore del fallito persona fisica per i debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti e reca l’elenco delle condizioni per l’ammissione al beneficio. In primo luogo, viene posta la condizione secondo cui il debitore fallito deve aver cooperato con gli organi della procedura fallimentare o concordataria, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e deve essersi adoperato positivamente per il proficuo svolgimento delle operazioni. In secondo luogo il fallito non deve aver ritardato o aver contribuito a ritardare lo svolgimento delle procedure. Inoltre, viene dettata l’ulteriore condizione secondo (cui, n.d.r.) il fallito non deve aver violato l’obbligo di consegna al curatore della corrispondenza relativa ai rapporti attratti nel fallimento ai sensi dell’articolo 48. Viene poi espressamente previsto che il fallito non deve aver beneficiato di al-
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tra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta. Ancora, il fallito non deve aver distratto l’attivo o esposto passività inesistenti, non deve aver cagionato o aggravato il dissesto né aver fatto ricorso abusivo al credito. Inoltre non deve essere stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta e delitti contro l’economia pubblica, industria e commercio o per altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’impresa, fatta salva l’intervenuta riabilitazione. Il secondo comma dell’articolo in commento chiarisce che l’esdebitazione non può essere concessa nell’ipotesi in cui non siano stati soddisfatti neppure in parte i creditori concorsuali. Quanto all’area di esonero dei debiti ammessi all’esdebitazione il terzo comma precisa che questa non può riguardare i debiti derivanti da obblighi di mantenimento o debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché quelli derivanti dalla irrogazione di sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniarie che non siano accessorie a debiti estinti. Art. 143 Legge Fall. L’articolo è dedicato alla disciplina del procedimento di esdebitazione ed innanzitutto, per ragioni di certezza dei rapporti giuridici, viene limitato il ad un anno successivo alla dichiarazione di fallimenti, il limite temporale entro cui il debitore può presentare ricorso per ottenere l’esdebitazione, qualora il tribunale non vi abbia provveduto con il decreto di chiusura del fallimento. Il tribunale, verificate le condizioni indicate nell’articolo 142, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara estinti i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente tenuto altresì conto dei comportamenti positivi di cooperazione del debitore. Il decreto che provvede sul ricorso può essere reclamato da qualunque interessato a norma dell’articolo 26. Art. 144 Legge Fall. L’articolo in commento tratta dell’esdebitazione relativa dei crediti concorsuali non concorrenti, affermando il principio secondo il quale la stessa non produce effetti nei confronti dei titolari di crediti anteriori alla apertura della procedura che non abbiano presentato domanda di ammissione al passivo, nei limiti di quanto gli stessi avrebbero potuto percepire nel concorso, mentre la stessa esdebitazione opera per la sola eccedenza rispetto a quanto detti creditori avrebbero avuto diritto di percepire nel concorso. Tale soluzione evita che i creditori possano essere disincentivati, in presenza di una possibile esdebitazione da parte del fallito, ad insinuarsi nella procedura concorsuale.
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Art. 128 decreto legislativo Le modifiche introdotte nel capo in esame hanno imposto l’abrogazione dell’articolo 145 della legge fallimentare. Il Capo undicesimo contiene le modifiche della sezione II del capo X rubricata del fallimento delle società del Titolo II della legge fallimentare e, segnatamente, degli articoli da 146 a 153. Art. 146 Legge Fall. La rubrica è stata modificata al fine di coordinarla con l’introduzione dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo e la responsabilità dei soci di s.r.l. ai sensi dell’art. 2476, settimo comma, c.c. Si è ritenuto opportuno suddividere il secondo comma in due parti: la prima concernente le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi sociali ed i liquidatori; la seconda riguardante l’azione di responsabilità contro i soci di società a responsabilità limitata, prevista dall’art. 2476, comma settimo, del codice civile. Il secondo comma, lett. a), adotta una formulazione aperta in virtù della quale è possibile sostenere che le azioni di responsabilità riguardano anche i componenti degli organi sociali della società a responsabilità limitata e che le stesse sono promuovibili, oltre che nei confronti dei liquidatori, il che era pacifico, anche nei confronti dei componenti degli organi di controllo, sia nei casi di obbligatorietà della loro nomina, sia nelle ipotesi di facoltatività. Quanto agli amministratori della società a responsabilità limitata e al dibattito in ordine alla sussistenza di una loro specifica responsabilità verso i creditori sociali, si è preferito, considerato che la delega legislativa è muta al riguardo, adottare una formula “aperta” che lasci cioè agli interpreti il compito di stabilire se il curatore possa esercitare nei confronti degli amministratori di società a responsabilità limitata solo l’azione di responsabilità sociale o anche quella verso i creditori sociali. È stato soppresso il terzo comma che, secondo parte della giurisprudenza, doveva già considerarsi implicitamente abrogato; il nuovo ruolo assegnato al giudice delegato dalla riforma rende incompatibile l’assunzione da parte dello stesso di misure cautelari. Art. 147 Legge Fall. Considerato che soggetto al fallimento è l’imprenditore, anche non commerciale, ma non piccolo, è sembrato opportuno precisare nel primo comma che il fallimento di una delle società appartenente ai tipi regolati i capi III, IV e V del libro quinto del codice civile (ossia le società in nome collettivo, quelle in ac-
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comandita semplice e le società per azioni) produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche illimitatamente responsabili. L’inciso “pur se non persone fisiche” è stato inserito quindi al fine di chiarire che falliscono per estensione anche le eventuali società (sia di capitali, sia di persone), socie (ai sensi dell’art. 2361, secondo comma, c.c.) di società di persone. Viene altresì disposto che in questo caso il fallimento dei soci non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata se sono state osservate le formalità per rendere noti i fatti indicati ai terzi, così recependo le conclusioni della sentenza 21 luglio 2000, n. 319, della Corte Costituzionale; si è preferito, peraltro, al fine di dare maggiore certezza alla materia, oggetto di decisioni contrastanti della giurisprudenza anche dopo tale pronunzia, inserire una precisazione riguardante le operazioni di trasformazione, fusione e scissione. Nel quarto e nel quinto comma viene recepito il noto orientamento giurisprudenziale in tema di socio e di società occulta. Gli ultimi due commi disciplinano il regime delle impugnazioni richiamando le disposizioni di cui agli articoli 18 in materia di appello e 22 in materia di reclamo avverso il decreto di rigetto della domanda. Art. 148 Legge Fall. Nel primo comma, si è risolta quella che si era definita una “svista” della legge fallimentare che sembrava attribuire al tribunale e non al giudice delegato il potere di nominare il comitato dei creditori. Sempre nel primo comma si è ritenuto di chiarire (aderendo all’orientamento dominante) che le diverse procedure, seppur dirette dallo stesso giudice delegato e condotte da un unico curatore, restano distinte. Il terzo comma precisa, risolvendo un punto controverso, che l’eventuale privilegio generale che assiste il credito verso la società è conservato anche nel fallimento del socio. Art. 150 Legge Fall. Il primo comma resta immutato rispetto al previgente. Il secondo comma fa proprio l’orientamento dominante secondo cui contro il decreto si agisce in via di opposizione ex art. 645 c.p.c. e non ex art. 26 legge fallimentare. Art. 151 Legge Fall. La nuova disposizione sancisce il potere del giudice delegato di autorizzare, quando ne ricorrono i presupposti, il curatore ad escutere la polizza di assicura-
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zione o la fideiussione bancaria rilasciata per garantire i conferimenti in denaro previsti dall’art. 2464, quarto comma, c.c. o il valore del conferimento d’opera o di servizi, di cui all’art. 2464, sesto comma, c.c. Art. 152 Legge Fall. Il primo comma è rimasto inalterato. Nel secondo si è ritenuto preferibile, in coerenza con la tendenza legislativa che emerge dalla riforma del diritto societario, assegnare agli amministratori delle società di capitali il potere di chiedere il concordato, nonché prevedere – per tutti i tipi societari – la derogabilità delle scelte operate dal legislatore. Il terzo comma, di nuova introduzione, stabilisce – similmente ad altre ipotesi di carattere societario (ad es. emissione di obbligazioni, aumento delegato del capitale, trasformazione di società di persone) – l’obbligo di formalizzare attraverso l’intervento del notaio le decisioni concernenti la proposta di concordato riguardanti società di capitali. Art. 153 Legge Fall. Le novità sono di carattere processuale, in coerenza con il modello camerale prescelto dalla riforma. Il Capo dodicesimo contiene le modifiche al capo IX del Titolo II della legge fallimentare rubricato ex novo dei patrimoni destinati ad uno specifico affare e, segnatamente, degli articoli da 155 a 159. Art. 155 Legge Fall. Il primo comma assegna al curatore l’amministrazione del patrimonio destinato, ribadendo che anche in caso di fallimento della società permane l’obbligo della gestione separata, senza distinguere fra ipotesi di capienza o incapienza del patrimonio destinato, considerato che ben difficilmente una distinzione ragionevole può essere formulata dal tribunale già in sede di dichiarazione di fallimento, lasciando – in altri termini – al curatore la verifica relativa. Per la cessione a terzi del patrimonio destinato - secondo comma - si è ritenuto opportuno richiamare le norme in tema di liquidazione dell’attivo del fallimento, mentre per la liquidazione del patrimonio separato sono state richiamate – con il limite della compatibilità – quelle in tema di società. Il terzo comma precisa la destinazione del corrispettivo della cessione o del residuo attivo della liquidazione. Art. 156 Legge Fall. Il primo comma attribuisce al curatore il compito di accertare se il patrimonio 761
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destinato è o è divenuto incapiente nel corso della gestione. Il secondo comma prevede che i diritti dei creditori sanciti dall’art. 2447 quinquies, commi terzo e quarto, del codice civile possano essere esercitati nel fallimento, sotto forma di insinuazione nel fallimento della società. Il terzo comma sancisce che la violazione delle regole in tema di separatezza è perseguibile sul piano della responsabilità; la norma prevede, infatti, che il curatore possa agire in responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo ai sensi dell’articolo 146. Art. 139 Decreto Legislativo La norma in esame stabilisce l’abrogazione degli artt. 157, 158, 159 del regio decreto del 1942 in tema di procedimento sommario, ormai soppresso. Il Capo tredicesimo contiene le modifiche al capo I del titolo III della legge fallimentare rubricato dell’ammissione alla procedura di concordato fallimentare e, segnatamente, degli articoli 164 e 166. Art. 164 Legge Fall. In armonia con il sistema delineato dall’articolo 26, la norma in esame sopprime la previsione prevista al secondo comma secondo cui il decreto del tribunale non è soggetto a gravame. Art. 166 Legge Fall. Nel primo comma viene rivisitato il testo della norma in esame, introducendo forme di pubblicità adeguate allo spirito della novella e alle tecnologie ormai comunemente acquisite. Il Capo quattordicesimo contiene le modifiche al capo II del titolo III della legge fallimentare rubricato degli effetti dell’ammissione al concordato preventivo e, segnatamente, degli articoli 167 e 169. Art. 167 Legge Fall. Nel primo comma, viene soppressa l’attribuzione di un ruolo di direzione al giudice delegato, in armonia con il principio di delega dettato in materia di concordato e volto ad un riequilibrio delle posizioni riconosciute nell’ambito della procedura in capo ai diversi organi. Dopo il secondo comma è aggiunta una innovativa disposizione per la quale, con il decreto di apertura della procedura di concordato preventivo o con successivo provvedimento, il tribunale può stabilire un limite di valore al di sotto del quale non è dovuta l’autorizzazione di cui al secondo comma, quest’ultimo 762
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rimasto invariato. L’intervento tende, come è evidente, ad un alleggerimento della procedura eliminando la necessità di non necessari adempimenti nei casi di minor peso economico. Art. 169 Legge Fall. La norma reca un adeguamento di mero coordinamento formale aggiungendo nel rinvio interno anche il riferimento all’articolo 45 in tema formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento. Il Capo quindicesimo contiene le modifiche al capo V del titolo III della legge fallimentare rubricato ex novo dell’omologazione e dell’esecuzione del concordato preventivo. Degli accordi di ristrutturazione di debiti, e, segnatamente, dell’inserimento dopo l’articolo 182-bis dell’articolo 182-ter. Art. 182-ter Legge Fall. La norma reca una disposizione di carattere fiscale e prevede che con il piano di ristrutturazione dei debiti previsto dall’articolo 160, così come sostituito dal decreto legge n. 30 del 2005 e convertito nella legge n. 80 del 2005, il debitore può proporre il pagamento anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea. Si aggiunge che, se il credito tributario è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento, e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali. Ove, poi, il credito tributario sia chirografario, è previsto che il trattamento non possa essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari. Viene poi minutamente disciplinato il procedimento di presentazione e valutazione della domanda proposta dal debitore. Infine, viene previsto che ai debiti tributari amministrati dalle agenzie fiscali non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 182-bis, introdotto dal decreto legge n. 30 del 2005 e convertito nella legge n. 80 del 2005 in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti. Il Capo sedicesimo contiene l’abrogazione del titolo IV della legge fallimentare, rubricato dell’amministrazione controllata. Art. 146 decreto legislativo La norma, in sintonia con quanto imposto dalla legge delega, sancisce l’abrogazione del titolo IV della legge fallimentare, rubricato dell’amministrazione
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controllata nonché la soppressione di tutti i riferimenti a detto istituto nell’ambito della legge fallimentare. Il Capo diciassettesimo contiene modifiche al titolo V della legge fallimentare, rubricato “Della liquidazione coatta amministrativa” e segnatamente degli articoli 195 e 213. Art. 195 Legge Fall. Viene introdotta la precisazione, rispetto al testo del regio decreto del 1942, che il tribunale può dichiarare l’insolvenza su richiesta non solo di uno o più debitori, ma anche dell’autorità che ha la vigilanza sull’impresa o di questa stessa. Viene altresì riprodotta la disposizione, già presente nell’articolo 9, secondo cui l’avvenuto trasferimento della sede principale dell’impresa, intervenuto nell’anno antecedente l’apertura del procedimento, non rileva ai fini della competenza. Ulteriore innovazione è quella secondo cui contro la sentenza del tribunale può essere proposto appello da qualsiasi interessato a norma degli articoli 18 e 19. Con disposizione innovativa viene, infine, previsto che il tribunale provvede, su istanza del commissario giudiziale alla dichiarazione di insolvenza a norma dell’articolo in commento quando nel corso della procedura di concordato preventivo di un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si verifica la cessazione della procedura e sussiste lo stato di insolvenza. Art. 213 Legge Fall. Le modifiche introdotte nel primo comma e ne terzo comma della norma in esame sono di adeguamento formale. Il Capo diciottesimo contiene la disciplina transitoria, le abrogazioni e l’entrata in vigore del decreto legislativo. Art. 149 del decreto legislativo È stato ritenuto opportuno inserire, come disciplina transitoria, la disposizione per la quale i ricorsi per dichiarazione di fallimento e le domande di concordato fallimentare depositate prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo in commento, nonché le procedure di fallimento e di concordato fallimentare pendenti alla stessa data, sono definiti secondo la legge anteriore. La norma tende ad evitare che un concorso di discipline diverse susseguentisi nel tempo nell’ambito della stessa procedura possa determinare difficoltà e
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nuocere al corretto svolgimento della procedura stessa, alle ragioni dei creditori e alle esigenze di conservazione e recupero delle componenti attive dell’impresa. Art. 150 decreto legislativo La norma reca l’abrogazione dell’articolo 3, comma 3, del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito con modificazioni dall’articolo 1 della legge 8 agosto 2002, n. 178, in materia di transazione fiscale. Art. 151 decreto legislativo La norma interviene sul tema delle limitazioni personali poste a carico del fallito. Si tratta di conseguenze di tipo sanzionatorio che poggiano su di una lunga tradizione storica, ormai priva di fondamento sostanziale, la cui funzione sembra essere quella di attribuire al fallimento un carattere infamante. In attuazione del principio di delega dettato sul punto, sono stati soppressi, tra l’altro, il pubblico registro dei falliti (art. 50 Legge Fall.), del resto mai istituito, il propedeutico procedimento di riabilitazione (artt.142, 145 Legge Fall.), l’obbligo di residenza (art. 49 Legge Fall.), l’obbligo dei responsabili del servizio postale di consegnare al curatore tutta la corrispondenza diretta al fallito (art. 48 Legge Fall.). La norma in rassegna, come prima modifica, sopprime la prevista incapacità per il fallito, per cinque anni dopo il fallimento, di esercitare il diritto di voto (elettorato attivo) (art. 2, comma 1, D.P.R. 20 marzo 1967, n.223), limitazione quest’ultima dalla cui permanenza discende il mantenimento o meno di una serie di altre limitazioni legate alla mancanza del pieno godimento dei diritti civili. Viene, infine, soppressa espressamente la limitazione imposta al fallito in relazione alla disciplina dell’attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto contenuta nella lett. e) dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1991, n. 264. Art. 152 decreto legislativo La norma contiene un’ultima disposizione sull’entrata in vigore del decreto, che si è ritenuto di rimettere al termine di sei mesi dopo la pubblicazione del decreto medesimo sulla Gazzetta Ufficiale. Ciò in considerazione della portata della riforma, che pone l’esigenza di assegnare sia alle strutture giudiziarie che agli ordini professionali interessati un congruo lasso di tempo al fine di predisporre gli adeguamenti opportuni alle intervenute innovazioni. Dall’attuazione del presente decreto legislativo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 765
ALTRA NORMATIVA UTILE
TUTELA DEI DIRITTI PATRIMONIALI DEGLI ACQUIRENTI DI IMMOBILI DA COSTRUIRE Art. 9 (Diritto di prelazione) 1. Qualora l’immobile sia stato consegnato all’acquirente e da questi adibito ad abitazione principale per sé o per un proprio parente in primo grado, all’acquirente medesimo, anche nel caso in cui abbia escusso la fideiussione, è riconosciuto il diritto di prelazione nell’acquisto dell’immobile al prezzo definitivo raggiunto nell’incanto anche in esito alle eventuali offerte ai sensi dell’articolo 584 del codice di procedura civile. 2. Ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione, l’autorità che procede alla vendita dell’immobile provvede a dare immediata comunicazione all’acquirente, con atto notificato a mezzo ufficiale giudiziario, della definitiva determinazione del prezzo entro dieci giorni dall’adozione del relativo provvedimento, con indicazione di tutte le condizioni alle quali la vendita dovrà essere conclusa e l’invito ad esercitare la prelazione. 3. Il diritto di prelazione è esercitato dall’acquirente, a pena di decadenza, entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 2 offrendo, con atto notificato a mezzo ufficiale giudiziario all’autorità che procede alla vendita dell’immobile, condizioni uguali a quelle comunicategli. 4. Qualora l’acquirente abbia acquistato l’immobile, per effetto dell’esercizio del diritto di prelazione, ad un prezzo inferiore alle somme riscosse in sede di escussione della fideiussione, la differenza deve essere restituita al fideiussore, qualora l’immobile acquistato abbia consistenza e caratteristiche tipologiche e di finitura corrispondenti a quelle previste nel contratto stipulato con il costruttore. Ove non ricorra tale condizione, l’eventuale eccedenza da restituire al fideiussore deve risultare da apposita stima. 5. È escluso, in ogni caso, il diritto di riscatto nei confronti dell’aggiudicatario. Art. 10 (Esenzioni e limiti alla esperibilità dell’azione revocatoria fallimentare) 1. Gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili da costruire, nei quali l’acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dall’acquisto o dall’ultimazione degli stessi, la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare, non sono soggetti all’azione revocatoria prevista dall’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. 769
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2. Non sono, altresì, soggetti alla medesima azione revocatoria i pagamenti dei premi e commissioni relativi ai contratti di fideiussione e di assicurazione di cui agli articoli 3 e 4, qualora effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso. Art. 11 (Introduzione dell’art. 72-bis del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267) 1. Dopo l’articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è inserito il seguente: “72-bis. (Contratti relativi ad immobili da costruire). In caso di situazione di crisi del costruttore ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 2 agosto 2004, n. 210, il contratto si intende sciolto se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore abbia comunicato di voler dare esecuzione al contratto.
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D.Lgs. 17 gennaio 2003, N. 5 Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della L. 3 ottobre 2001, N. 366. (Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 gennaio 2003, n. 17, S.O.) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la legge 3 ottobre 2001, n. 366, concernente delega al Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle società di capitali e cooperative, la disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, nonché nuove norme sulla procedura per la definizione dei procedimenti nelle materie di cui all’articolo 12 della legge di delega; Visto in particolare l’articolo 12 della citata legge 3 ottobre 2001, n. 366, concernente i procedimenti in materia di diritto societario e i procedimenti nelle materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, approvato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 settembre 2002; Visto il parere del Parlamento a norma dell’articolo 1, comma 4, della legge 3 ottobre 2001, n. 366; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 10 gennaio 2003; Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive; Emana il seguente decreto legislativo: TITOLO I Nuove norme di procedura 1. Ambito di applicazione. 1. Si osservano le disposizioni del presente decreto legislativo in tutte le controversie, incluse quelle connesse a norma degli articoli 31, 32, 33, 34, 35 e 36 771
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del codice di procedura civile, relative a: a) rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti le società di fatto, l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati (1/a); b) trasferimento delle partecipazioni sociali, nonché ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; c) patti parasociali, anche diversi da quelli disciplinati dall’articolo 2341-bis del codice civile, e accordi di collaborazione di cui all’articolo 2341-bis, ultimo comma, del codice civile; d) rapporti in materia di intermediazione mobiliare da chiunque gestita, servizi e contratti di investimento, ivi compresi i servizi accessori, fondi di investimento, gestione collettiva del risparmio e gestione accentrata di strumenti finanziari, vendita di prodotti finanziari, ivi compresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, contratti di borsa; e) materie di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio; f) credito per le opere pubbliche. 2. Restano ferme tutte le norme sulla giurisdizione. Spettano esclusivamente alla corte d’appello tutte le controversie di cui agli articoli 145 decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e 195 decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. 3. Salvo che nelle controversie di cui al comma 1, lettera e), il tribunale giudica a norma del capo I del titolo II del presente decreto in composizione collegiale. Nelle azioni promosse da o contro associazioni rappresentative dei consumatori e dalle camere di commercio il tribunale giudica in composizione collegiale anche se relative alle materie di cui al comma 1, lettera e) (1/b). 4. Per quanto non diversamente disciplinato dal presente decreto, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili. 5. Quando rileva che una causa relativa ad uno dei rapporti di cui al comma 1 è stata proposta in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone con ordinanza il mutamento di rito e la cancellazione della causa 772
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dal ruolo; dalla comunicazione dell’ordinanza decorrono, se emessa a seguito dell’udienza di prima comparizione, i termini di cui all’articolo 6 ovvero, in ogni altro caso, i termini di cui all’articolo 7; restano ferme le decadenze già maturate (2). (1/a) Lettera così modificata dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (1/b) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (2) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. TITOLO II Del processo di cognizione davanti al tribunale. CAPO I Del procedimento di primo grado davanti al tribunale in composizione collegiale 2. Contenuto dell’atto di citazione. 1. La domanda si propone al tribunale mediante citazione contenente: a) le indicazioni di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 163 del codice di procedura civile; b) l’indicazione del numero di fax o dell’indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento; c) la fissazione di termine al convenuto, non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione della citazione, per la notifica al difensore dell’attore della comparsa di risposta. In difetto di fissazione da parte dell’attore, o in caso di insufficienza, il termine è di sessanta giorni (3). 2. Tutti i termini del procedimento possono essere ridotti alla metà con provvedimento reso a norma dell’articolo 163-bis, comma 2, del codice di procedura civile (3/a). 3. I termini sono ridotti alla metà nel caso di opposizione a norma dell’articolo 645 del codice di procedura civile. Ciascuna delle parti, al momento della costituzione, ovvero successivamente, può chiedere con ricorso che sia designato il magistrato per l’adozione, previa convocazione delle parti, dei provvedimenti di cui agli articoli 648 e 649 del codice di procedura civile (3/b). (3) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003 e corretto con 773
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Comunicato 9 settembre 2003. (3/a) Comma aggiunto dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (3/b) Comma aggiunto dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. 3. Costituzione dell’attore. 1. L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione, deve costituirsi in giudizio a mezzo di procuratore, depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il fascicolo contenente l’originale o la copia della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione. Il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio, in esso inserendo tutti gli atti e documenti successivamente depositati dalle parti; analogamente provvede nel caso di cui all’articolo 13, comma 1 (3/c). 2. Se la citazione è notificata a più persone, la costituzione dell’attore deve avvenire entro dieci giorni dall’ultima notificazione. In tale caso il termine di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), è prolungato, per ciascun convenuto, fino al sessantesimo giorno successivo all’iscrizione a ruolo. (3/c) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. 4. Comparsa di risposta. 1. Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’altra parte a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione; a pena di decadenza deve proporre le domande riconvenzionali dipendenti dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione e dichiarare di voler chiamare in causa i terzi ai quali ritiene comune la causa o dai quali pretende di essere garantito precisandone le ragioni; deve formulare le conclusioni. Nella stessa comparsa il convenuto deve indicare il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento (3/d). 2. Nella comparsa di risposta il convenuto, fermo quanto disposto nell’articolo 8, comma 2, lettera c), fissa all’attore un termine non inferiore a trenta giorni dalla notificazione della stessa comparsa per eventuale replica. In caso di omessa o insufficiente indicazione, il termine è di trenta giorni. Nel caso di pluralità di convenuti, anche a seguito di chiamata in causa, il termine fissato all’attore per la replica non può eccedere i sessanta giorni; l’inosservanza di tale termine può essere eccepita anche dagli altri convenuti. 774
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3. Se dichiara di voler chiamare in causa terzi, il convenuto deve notificare loro l’atto di citazione a norma dell’articolo 2. (3/d) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. 5. Forme e termini della costituzione del convenuto. 1. Il convenuto deve costituirsi a mezzo di procuratore depositando in cancelleria, entro 10 giorni dalla notifica della comparsa di risposta, ovvero dalla scadenza del termine di cui all’articolo 3, comma 2, il fascicolo contenente l’originale ovvero la copia della comparsa di risposta notificata all’attore, la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione (3/e). 2. In assenza di documenti da depositare, di domande riconvenzionali o di chiamata di terzi, il convenuto che abbia tempestivamente notificato la comparsa di risposta può costituirsi entro dieci giorni dalla notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza a cui abbia provveduto altra parte. (3/e) Comma così modificato prima dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37 e poi dall’art. 1, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. 6. Memoria di replica dell’attore. 1. Nel termine fissatogli a norma dell’articolo 4, comma 2, l’attore può replicare con memoria notificata al convenuto e depositata in cancelleria, nonché depositare nuovi documenti. 2. Nella memoria di replica l’attore può: a) precisare o modificare le domande e le conclusioni già proposte; b) a pena di decadenza proporre nuove domande ed eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle difese proposte dal convenuto (3/f); c) a pena di decadenza dichiarare che intende chiamare un terzo ai sensi dell’articolo 106 del codice di procedura civile, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto (3/g); d) depositare nuovi documenti in cancelleria, ovvero formulare nuove richieste istruttorie. 3. L’attore, nella memoria di replica, deve fissare al convenuto un termine non inferiore a venti giorni per ulteriore memoria difensiva. Il termine è di trenta giorni se l’attore ha proposto nuove domande. 775
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4. Nel caso della dichiarazione di cui al comma 2, lettera c), l’attore notifica al terzo l’atto di citazione ai sensi dell’articolo 2. (3/f) Lettera così modificata dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (3/g) Lettera così modificata dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. 7. Repliche ulteriori. 1. Il convenuto, se non ritiene di notificare istanza di fissazione di udienza, può notificare, nel termine fissatogli a norma dell’articolo precedente o, in mancanza, nel termine di trenta giorni, una seconda memoria difensiva, contenente l’eventuale indicazione di nuovi documenti e di richieste istruttorie, la fissazione di un termine, non inferiore a venti giorni dalla notificazione, per una ulteriore replica, nonché, a pena di decadenza, le eccezioni non rilevabili d’ufficio che siano conseguenza delle nuove domande ed eccezioni proposte dall’attore a norma del secondo comma dell’articolo precedente (3/h). 2. L’attore, se non ritiene di notificare istanza di fissazione di udienza, può notificare al convenuto una ulteriore replica a norma dell’articolo 6, comma 2; in tale caso, il convenuto può notificare una memoria di controreplica nel termine, non inferiore a venti giorni, assegnatogli o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla notificazione (3/i). 3. L’attore, finché non ha notificato l’istanza di fissazione di udienza ed in alternativa alla sua proposizione, può notificare ulteriore memoria alle altre parti, nel termine perentorio di venti giorni dalla ricezione della memoria di controreplica del convenuto. Lo stesso potere spetta alle altre parti nei successivi venti giorni. Alle medesime condizioni è ammesso lo scambio di ulteriori memorie tra le parti, finché non è decorso il termine massimo di ottanta giorni dalla notifica della memoria di controreplica di cui al comma 2 ove necessario ai fini dell’attuazione del contraddittorio, il giudice relatore assegna un termine non inferiore a dieci e non superiore a venti giorni per repliche (3/l). 3-bis. Se nel processo sono costituite più di due parti, il termine assegnato per le ulteriori repliche non può essere inferiore a venti né superiore a quaranta giorni; ove siano indicati termini diversi, vale il maggiore fra quelli assegnati. Tale termine decorre dall’ultima delle notificazioni effettuate (3/m). (3/h) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (3/i) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (3/l) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37 e poi dall’art. 2, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. 776
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(3/m) Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. 8. Istanza di fissazione di udienza. 1. L’attore può notificare alle altre parti istanza di fissazione di udienza, entro venti giorni (3/n): a) dalla data di notifica della comparsa di risposta del convenuto cui non intende replicare, ovvero dalla scadenza del termine per la notifica della comparsa di risposta (3/o); b) in caso di chiamata di terzo, dalla data di notifica della comparsa di risposta del terzo chiamato ovvero dalla scadenza del termine per la notifica della comparsa stessa (3/p); c) dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare ovvero dalla scadenza del relativo termine (3/q). 2. Il convenuto può notificare alle altre parti istanza di fissazione di udienza, entro venti giorni (3/r): a) se ha proposto domanda riconvenzionale ovvero sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, dalla data di notifica della memoria di replica dell’attore ovvero dalla scadenza del relativo termine; b) se sono stati chiamati in causa terzi, dalla data di notifica della comparsa di risposta del terzo chiamato ovvero dalla scadenza del relativo termine (3/s); c) al di fuori dei casi precedenti, dalla data della propria costituzione in giudizio, ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare ovvero dalla scadenza del relativo termine (3/t). 3. Il terzo chiamato, ovvero intervenuto, può notificare alle altre parti istanza di fissazione di udienza, entro venti giorni (3/u): a) se ha proposto domanda riconvenzionale ovvero ha sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, dalla data di notifica della memoria di replica dell’attore o del convenuto ovvero dalla scadenza del relativo termine; b) al di fuori del caso precedente, dalla data della propria costituzione in giudizio, ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare ovvero dalla scadenza del relativo termine (3/v). 4. La mancata notifica dell’istanza di fissazione di udienza nei venti giorni successivi alla scadenza dei termini di cui ai commi precedenti o del termine per il deposito della memoria di controreplica del convenuto di cui all’articolo 7, comma 2, ovvero dalla scadenza del termine massimo di cui all’articolo 7, comma 3, determina l’estinzione del processo rilevabile anche d’ufficio. Il rilievo d’ufficio è precluso se l’udienza si è comunque svolta con la partecipa777
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zione di almeno una parte; in tal caso l’estinzione deve comunque essere eccepita, a pena di decadenza, entro la stessa udienza (3/z). 5. L’istanza di fissazione presentata fuori dei casi stabiliti dal presente articolo è dichiarata inammissibile, su richiesta della parte interessata depositata in cancelleria nel termine perentorio di dieci giorni dalla notifica dell’istanza, dal presidente che, sentite le parti, provvede con ordinanza non impugnabile; con lo stesso provvedimento, il presidente assegna il termine per lo svolgimento delle ulteriori attività eventualmente necessarie (4). 5-bis. Se nel processo sono costituite più di due parti, l’istanza di fissazione dell’udienza notificata da una di esse perde efficacia qualora, nel termine assegnato, un’altra parte notifichi una memoria o uno scritto difensivo (4/a). (3/n) Alinea così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (3/o) Lettera così modificata dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (3/p) Lettera così modificata prima dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37 e poi dall’art. 3, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. (3/q) Lettera così modificata dall’art. 3, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. (3/r) Alinea così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (3/s) Lettera così modificata prima dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37 e poi dall’art. 3, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. (3/t) Lettera così modificata dall’art. 3, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. (3/u) Alinea così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (3/v) Lettera così modificata dall’art. 3, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. (3/z) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (4) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. (4/a) Comma aggiunto dall’art. 3, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. 9. Contenuto dell’istanza di fissazione di udienza e termine per il deposito in cancelleria. 1. L’istanza di fissazione dell’udienza deve sempre contenere le conclusioni, di rito e di merito, con esclusione di ogni modificazione delle domande, nonché la definitiva formulazione delle istanze istruttorie già proposte. In mancanza, si intendono formulate le conclusioni di cui al primo atto difensivo dell’istante. 2. Nell’istanza di fissazione dell’udienza o nella nota di precisazione delle conclusioni di cui all’articolo 10, comma 1, ciascuna parte può indicare le condizioni alle quali sarebbe disposta a conciliare la lite. Questa indicazione non pre778
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giudica in alcun modo la decisione della causa. 3. La parte è tenuta al deposito in cancelleria dell’istanza di fissazione di udienza nel termine perentorio di dieci giorni dall’ultima notificazione. Se l’istanza è fatta congiuntamente, ciascuna delle parti può provvedere al deposito. 10. Effetti della notificazione dell’istanza di fissazione di udienza. 1. A seguito della notificazione dell’istanza di fissazione di udienza, le altre parti devono, nei dieci giorni successivi, depositare in cancelleria una nota contenente la definitiva formulazione delle istanze istruttorie e delle conclusioni di rito e di merito già proposte, esclusa ogni loro modificazione. In mancanza, si intendono formulate le istanze e le conclusioni di cui al primo atto difensivo. 2. Salvo quanto disposto dall’articolo 12, comma 8, e dall’articolo 13, comma 3, a seguito della notificazione dell’istanza di fissazione di udienza tutte le parti decadono dal potere di proporre nuove eccezioni, di precisare o modificare domande o eccezioni già proposte, nonché di formulare ulteriori istanze istruttorie e depositare nuovi documenti. La decadenza può essere dichiarata soltanto su eccezione della parte interessata, da proporsi nella prima istanza o difesa successiva a norma dell’articolo 157 del codice di procedura civile (4/b). 2-bis. La notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza rende pacifici i fatti allegati dalle parti ed in precedenza non specificatamente contestati (4/c). (4/b) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (4/c) Comma aggiunto dall’art. 4, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. 11. Istanza congiunta di fissazione di udienza. 1. Le parti possono presentare istanza congiunta di fissazione dell’udienza. Se intendono ottenere la decisione di questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, ovvero relative alla integrità del contraddittorio, alla partecipazione di terzi al processo, o all’ammissibilità delle prove, in ogni caso devono precisare integralmente le rispettive conclusioni. 2. Il tribunale provvede con ordinanza non impugnabile in ogni caso in cui, decidendo le questioni di cui al comma 1, non definisce il giudizio. Il provvedimento sulla competenza è impugnabile ai sensi degli articoli 42 e seguenti del codice di procedura civile. 3. Entro il termine perentorio di novanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza, l’attore deve notificare alle altre parti memoria di replica o, se già era 779
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stata notificata, di ulteriore replica; si applicano, rispettivamente, gli articoli 6 e 7. In caso di provvedimento che conferma la competenza del tribunale adito, il termine decorre dalla sua comunicazione (4/d) (5). (4/d) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (5) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. 12. Designazione del giudice relatore e decreto di fissazione dell’udienza. 1. Decorsi dieci giorni dal deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza, il cancelliere, presenta senza indugio al presidente il fascicolo d’ufficio contenente tutti gli atti e documenti depositati dalle parti. 2. Il presidente, entro il secondo giorno successivo alla presentazione del fascicolo, designa il giudice relatore. Questi, entro cinquanta giorni dalla designazione, sottoscrive e deposita in cancelleria il decreto di fissazione dell’udienza, da comunicare alle parti costituite. Per comprovate ragioni, il presidente può prorogare il termine a norma dell’articolo 154 del codice di procedura civile. 3. Il decreto deve contenere: a) la fissazione dell’udienza collegiale che deve tenersi non prima di dieci e non oltre trenta giorni dalla comunicazione del decreto stesso; b) l’ammissione di mezzi istruttori disponibili d’ufficio o dei mezzi di prova richiesti dalle parti, nonché la succinta esposizione delle ragioni di inammissibilità o irrilevanza delle istanze istruttorie; c) l’indicazione delle questioni, di rito e di merito, rilevabili d’ufficio; d) l’invito alle parti, ove appaia opportuno, a comparire personalmente all’udienza per l’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione, nonché, ove taluna di esse abbia dichiarato le condizioni alle quali sia disposta a conciliare, l’invito alle altre parti a prendere all’udienza esplicita posizione sulle stesse; e) l’invito alle parti a depositare, almeno cinque giorni prima dell’udienza, memorie conclusionali, anche indicando le questioni bisognose di trattazione; f) il deferimento del giuramento suppletorio a norma dell’articolo 13, comma 2. 4. Il giudice relatore dichiara l’interruzione del processo con ordinanza non impugnabile se l’evento interruttivo, avveratosi nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, è stato notificato alle altre parti entro il termine perentorio di giorni novanta dall’evento stesso. Nei casi in cui l’interruzione opera di diritto, a norma del codice di procedura civile, il giudice la dichiara con effetto dal momento del verificarsi dell’evento interruttivo. 780
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5. Ove l’eccezione di estinzione proposta da una parte appaia fondata e nei casi previsti dagli articoli 8, comma 4, e 13, comma 1, il giudice relatore, convocate le parti costituite, dichiara l’estinzione del processo con ordinanza, reclamabile nel termine di dieci giorni dalla comunicazione. Il collegio provvede a norma dell’articolo 308, secondo comma, del codice di procedura civile. 6. Con il decreto, ove sussista l’esigenza di regolarizzazione ai sensi dell’articolo 182 del codice di procedura civile, il giudice assegna un termine non inferiore a trenta giorni e non superiore a sessanta per i necessari adempimenti e fissa l’udienza di discussione entro i successivi trenta giorni. 7. Con il decreto che dichiara la nullità della notificazione della citazione al convenuto, se questi non si è costituito, il giudice fissa all’attore un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la rinnovazione. 8. Con il decreto, se sussiste l’esigenza di integrare il contraddittorio a norma degli articoli 102 e 107 del codice di procedura civile, il giudice fissa un termine non inferiore a trenta giorni per provvedere alla notificazione ai litisconsorti e ai terzi di tutti gli scritti difensivi già scambiati; concede ai litisconsorti e ai terzi un termine non inferiore a quaranta giorni e non superiore a sessanta per costituirsi mediante deposito di memoria notificata alle altre parti, anche non costituite, e ulteriori trenta giorni alle parti originarie per l’eventuale replica. L’udienza davanti al collegio è fissata entro i successivi trenta giorni con decreto emesso a norma del presente articolo, ma il presidente può, su istanza dei litisconsorzi o dei terzi, concedere loro un termine non superiore a sessanta giorni per controreplicare, fissando l’udienza entro i successivi trenta giorni (6). (6) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. 13. Contumacia dell’attore e del convenuto; rilevabilità dell’inammissibilità di allegazioni, istanze, istruttorie e produzioni documentali. 1. Se l’attore non si costituisce nel termine di cui all’articolo 3, il convenuto, costituendosi nel termine a lui assegnato a norma dell’articolo 5, comma 1, può, nella comparsa di risposta, eccepire l’estinzione del processo e depositare istanza di fissazione dell’udienza; altrimenti, procede a norma dell’articolo 4, comma 2. 2. Se il convenuto non notifica la comparsa di risposta nel termine stabilito a norma dell’articolo 2, comma 1, lettera c), ovvero dell’articolo 3, comma 2, l’attore, tempestivamente costituitosi, può notificare al convenuto una nuova memoria a norma dell’articolo 6, ovvero depositare, previa notifica, istanza di fissazione dell’udienza; in quest’ultimo caso i fatti affermati dall’attore, anche 781
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quando il convenuto abbia tardivamente notificato la comparsa di costituzione, si intendono non contestati e il tribunale decide sulla domanda in base alla concludenza di questa; se lo ritiene opportuno, il giudice deferisce all’attore giuramento suppletorio (6/a). 3. Se nessuna delle parti si sia costituita nel termine rispettivamente assegnato, l’istanza di fissazione dell’udienza può essere sempre proposta dalla parte che si sia costituita, mediante deposito in cancelleria, unitamente ai propri scritti difensivi e ai documenti offerti in comunicazione. Dell’avvenuto deposito dell’istanza deve essere data notizia mediante atto notificato alle altre parti, le quali possono costituirsi nei dieci giorni successivi, depositando i propri scritti difensivi, i documenti offerti in comunicazione e la nota contenente la formulazione delle rispettive conclusioni. Nei confronti della parte che non si costituisce, si applica, rispettivamente, il comma 1 o 2. 4. Fermo quanto disposto dai commi 1, 2 e 3, l’inosservanza dei termini previsti dagli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10, nonché le decadenze, sono rilevabili soltanto su eccezione della parte che vi abbia interesse da proporsi nella prima istanza o difesa successiva, a norma dell’articolo 157 del codice di procedura civile (6/b). 5. Nel decreto di fissazione dell’udienza il giudice, valutata ogni circostanza, può rimettere in termini la parte che da irregolarità procedimentali abbia risentito pregiudizio nel suo diritto di difesa. Rimane ferma l’inammissibilità, purché eccepita, delle eccezioni non rilevabili d’ufficio, delle allegazioni, delle istanze istruttorie proposte, nonché dei documenti depositati dal convenuto dopo la seconda memoria difensiva ovvero dall’attore dopo la memoria successiva alla proposizione della domanda riconvenzionale. (6/a) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (6/b) Comma così sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. 14. Interventi autonomi. 1. Salvo che sia effettuato per l’integrazione necessaria del contraddittorio, ovvero a norma dell’articolo 107 del codice di procedura civile, l’intervento di terzi a norma dell’articolo 105, comma primo, del codice di procedura civile non può aver luogo oltre il termine previsto per la notifica da parte del convenuto della comparsa di risposta. 2. Il terzo deve costituirsi a norma dell’articolo 5, comma 1, fissando alle altre parti un termine per la replica non inferiore a trenta e non superiore a novanta giorni dalla notificazione della comparsa di intervento. 782
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3. Ciascuna delle parti originarie, con propria memoria, può proporre istanza di fissazione dell’udienza affinché venga decisa la questione di ammissibilità dell’intervento, con ordinanza reclamabile nelle forme dell’articolo 669-terdecies del codice di procedura civile e nel termine perentorio di dieci giorni dalla sua comunicazione; ovvero può fissare un termine, non inferiore a trenta giorni, al terzo intervenuto perché questi provveda alla notificazione di una sua memoria; in quest’ultimo caso il terzo, se non procede alla notifica dell’istanza di fissazione dell’udienza, con la propria memoria fissa alle altre parti un termine non inferiore a venti giorni e non superiore a sessanta per una ulteriore replica. 15. Intervento adesivo dipendente. 1. Colui che, avendovi interesse, vuole sostenere le ragioni di alcuna delle parti, può intervenire fino al deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza, ma non può compiere atti che, al momento dell’intervento, non sono più consentiti alle parti originarie. Tuttavia, se il terzo deduce il dolo o la collusione delle parti in suo danno, il giudice, ove ritenga fondata la deduzione, lo rimette in termini provvedendo a norma dell’articolo 13, comma 5. 2. In ogni caso, il terzo intervenuto a norma del presente articolo è legittimato all’impugnazione della sentenza. 3. Per intervenire, il terzo deve costituirsi in giudizio depositando in cancelleria una comparsa notificata alle altre parti, con i documenti che offre in comunicazione. 16. Udienza di discussione della causa. 1. Se nessuna delle parti costituite compare all’udienza, il tribunale ordina la cancellazione della causa dal ruolo. 2. Quando nel decreto è contenuto l’invito alle parti a comparire di persona, il presidente le interroga liberamente ed esperisce, se la natura della causa lo consente, il tentativo di conciliazione, eventualmente proponendo soluzioni di equa composizione della controversia. Nel relativo verbale è dato comunque atto delle posizioni assunte dalle parti. Ove il tentativo non abbia esito positivo, il tribunale può tenerne conto ai fini della distribuzione delle spese di lite, anche ponendole, in tutto o in parte, a carico della parte formalmente vittoriosa che non è comparsa o che ha rifiutato ragionevoli proposte conciliative. Se il tentativo riesce, il verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo anche per la consegna di cose mobili o il rilascio di immobili, nonché per l’esecuzione di obblighi di fare e non fare. 3. Se la lite non viene conciliata, i difensori delle parti illustrano le rispettive conclusioni. Il presidente dirige la discussione e può consentire brevi repliche. 783
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4. Esaurita la discussione, il tribunale conferma o revoca, in tutto o in parte, il decreto con ordinanza, quindi procede, eventualmente delegandola al relatore, all’assunzione dei mezzi di prova ritenuti necessari, fissando in tale caso una nuova udienza di discussione nei trenta giorni successivi all’assunzione. Analogamente provvede se dispone consulenza tecnica, ispezione o altri mezzi di prova disponibili d’ufficio. Altrimenti, decide la causa in camera di consiglio con sentenza, anche a norma dell’articolo 187, secondo e terzo comma, del codice di procedura civile. 5. La decisione è emessa a norma dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. In caso di particolare complessità della controversia, il tribunale dispone con ordinanza, di cui dà lettura in udienza, che la sentenza sia depositata nei trenta giorni successivi alla chiusura della discussione orale. La sentenza può essere sempre motivata in forma abbreviata, mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e la concisa esposizione delle ragioni di diritto, anche in riferimento a precedenti conformi. 6. Quando rileva che una causa promossa nelle forme di cui al presente decreto riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall’articolo 1, il tribunale, se è competente, dispone con ordinanza il cambiamento del rito, designa il giudice istruttore e fissa l’udienza di trattazione; altrimenti rimette la causa con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a novanta giorni per il deposito del ricorso in riassunzione. Restano ferme le decadenze già maturate (7). (7) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003 e corretto con Comunicato 9 settembre 2003. 17. Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento. 1. Tutte le notificazioni e comunicazioni alle parti costituite possono essere fatte, oltre che a norma degli articoli 136 e seguenti del codice di procedura civile: a) con trasmissione dell’atto a mezzo fax; b) con trasmissione dell’atto per posta elettronica; c) con scambio diretto tra difensori attestato da sottoscrizione per ricevuta sull’originale, apposta anche da parte di collaboratore o addetto allo studio del difensore. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a tutti i procedimenti previsti dal presente decreto e le trasmissioni di atti ai sensi del comma 1, lettere a) e b), devono essere effettuate nel rispetto della normativa, anche regolamentare, con784
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cernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi. 2-bis. Nel processo con pluralità di parti, le comparse e le memorie devono essere notificate a tutte le parti costituite e l’atto notificato deve essere depositato in cancelleria entro dieci giorni dall’ultima notificazione (7/a). (7/a) Comma aggiunto dall’art. 5, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. CAPO II Del procedimento di primo grado davanti al tribunale in composizione monocratica 18. Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al collegio. 1. Le disposizioni di cui al capo I si applicano, in quanto compatibili, al procedimento di cognizione davanti al tribunale in composizione monocratica. 2. Il magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento è designato dal presidente del tribunale a norma dell’articolo 12 (8). (8) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. CAPO III Del procedimento sommario di cognizione 19. Ambito di applicazione. Procedimento. 1. Fatta eccezione per le azioni di responsabilità da chiunque proposte, le controversie di cui all’articolo 1 che abbiano ad oggetto il pagamento di una somma di danaro, anche se non liquida, ovvero la consegna di cosa mobile determinata, possono essere proposte, in alternativa alle forme di cui agli articoli 2 e seguenti, con ricorso da depositarsi nella cancelleria del tribunale competente, in composizione monocratica. 2. Il giudice designato fissa a non oltre sessanta giorni la data di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell’udienza; il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data di udienza (8/a). 2-bis. Al termine dell’udienza il giudice, ove ritenga sussistenti i fatti costitutivi 785
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della domanda e manifestamente infondata la contestazione del convenuto, pronuncia ordinanza immediatamente esecutiva di condanna e dispone sulle spese ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile. L’ordinanza costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (8/b). 3. Il giudice, se ritiene che l’oggetto della causa o le difese svolte dal convenuto richiedano una cognizione non sommaria ovvero in ogni altro caso in cui non dispone a norma del comma 2-bis, assegna all’attore i termini di cui all’articolo 6 (8/c). 4. Avverso l’ordinanza di condanna può essere proposta esclusivamente impugnazione davanti alla corte di appello nelle forme di cui all’articolo 20. 5. All’ordinanza non impugnata non conseguono gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile (9). (8/a) Comma così sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (8/b) Comma aggiunto dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (8/c) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (9) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. CAPO IV Del procedimento in grado di appello 20. Forma dell’appello. 1. L’appello si propone con atto di citazione, notificato a norma degli articoli 325 e seguenti del codice di procedura civile, e deve contenere, a pena di inammissibilità, specifiche censure nei confronti della sentenza impugnata. 2. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 341 e seguenti del codice di procedura civile. 3. Se l’appellante non si costituisce in termini, l’appello è dichiarato improcedibile, su istanza dell’appellato che si sia tempestivamente costituito. 4. L’appello è dichiarato inammissibile se le parti hanno convenuto, con atto scritto anche anteriore alla sentenza, che questa sia impugnabile soltanto ai sensi dell’articolo 360 del codice di procedura civile. 21. Interventi in appello. 1. Fermo quanto disposto dall’articolo 344 del codice di procedura civile, nel giudizio in grado di appello è ammesso altresì l’intervento dei terzi che hanno interesse a sostenere le ragioni di alcuna delle parti. 786
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22. Inattività delle parti. 1. Se nessuna delle parti compare all’udienza, la corte d’appello ordina la cancellazione della causa dal ruolo. TITOLO III Del procedimento cautelare 23. Provvedimenti cautelari anteriori alla causa. 1. Nelle controversie di cui al presente decreto, ai provvedimenti d’urgenza e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della decisione di merito non si applica l’articolo 669-octies del codice di procedura civile, ed essi non perdono la loro efficacia se la causa non viene iniziata. 2. Il magistrato designato provvede, in ogni caso, sulle spese del procedimento a norma degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile. 3. Quando il giudizio di merito non sia iniziato, la revoca e la modifica dell’ordinanza di accoglimento, esaurita l’eventuale fase di reclamo, possono essere sempre richieste al giudice che ha provveduto sull’istanza cautelare. La revoca e la modifica sono concesse soltanto se si verificano mutamenti nelle circostanze. Possono altresì essere concesse sulla base di circostanze anteriori di cui è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso, l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza. 4. Quando il giudizio di merito sia iniziato, si applicano gli articoli 669-novies, terzo comma, e 669-decies del codice di procedura civile. L’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia della misura cautelare di cui al comma 1. 5. Contro tutti i provvedimenti in materia cautelare è dato reclamo a norma dell’articolo 669-terdecies del codice di procedura civile da proporsi nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento. Le circostanze e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento. Il tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti. Non è consentita la rimessione al primo giudice. 6. In nessun caso l’autorità del provvedimento cautelare è invocabile in un diverso processo.
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7. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della sezione I del capo III del titolo I del libro IV del codice di procedura civile (10). (10) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. 24. Provvedimenti cautelari in corso di causa e giudizio abbreviato. 1. La domanda cautelare in corso di causa si propone con ricorso depositato nella cancelleria del giudice già designato a norma dell’art. 12, comma 2, ovvero dell’art. 18, comma 2; altrimenti, il presidente designa senza indugio il magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento. 2. Il giudice designato, se la domanda cautelare è proposta anteriormente al decreto di cui all’articolo 12, con lo stesso decreto che fissa l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé, le invita a depositare i documenti che ritiene rilevanti anche in relazione alla decisione della causa a norma dei commi 4 e seguenti. Può anche fissare termini per il deposito di documenti, memorie e repliche. 3. Il giudice designato procede a norma dell’articolo 669-sexies del codice di procedura civile. In ogni caso, l’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia dei provvedimenti d’urgenza o degli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito. 4. All’udienza di comparizione, il giudice designato, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di ulteriore assunzione di mezzi di prova ovvero che il giudizio sia comunque in condizione di essere definito, ne dà comunicazione alle parti presenti e le invita a precisare le rispettive conclusioni di rito e di merito; nella stessa udienza pronuncia sentenza, al termine della discussione. 5. Quando la decisione della causa è attribuita al tribunale in composizione collegiale, il giudice designato fissa l’udienza di discussione, nei successivi trenta giorni, davanti al collegio. 6. La sentenza è pronunciata a norma dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile ovvero, se la complessità della causa impedisca o renda difficoltosa la contestuale redazione della motivazione, dando lettura del dispositivo in udienza. In tale caso la motivazione deve essere depositata nei successivi quindici giorni. 7. Quando la discussione viene rinviata, il giudice può sempre adottare le misure cautelari idonee ad assicurare gli effetti della decisione di merito. 8. L’istanza di sospensione proposta a norma dell’articolo 2378 del codice 788
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civile è disciplinata dalle disposizioni di cui al presente articolo. La società, ricevuta la notifica dell’istanza di sospensione, ne dà notizia agli amministratori e ai sindaci (10/a). (10/a) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. TITOLO IV Del procedimento in camera di consiglio CAPO I Disposizioni generali 25. Forma dell’atto introduttivo e giudice competente. 1. L’istanza si propone con ricorso, da depositare nella cancelleria del tribunale del luogo dove la società ha la sede legale. 2. Nei casi di partecipazione necessaria del pubblico ministero, copia del ricorso deve essere depositata presso l’ufficio di quest’ultimo. 3. Se il provvedimento richiesto deve essere emesso nei confronti di più parti, si applicano gli articoli 82, comma secondo, 83 e 84 del codice di procedura civile e il tribunale provvede in composizione collegiale (11). (11) Articolo così corretto con Comunicato 9 settembre 2003. 26. Forma ed efficacia del provvedimento. 1. Il giudice provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo entro venti giorni dal deposito del ricorso ovvero, se è stata fissata, dall’udienza. 2. Il provvedimento di rigetto preclude la riproposizione dell’istanza che non sia fondata su nuovi presupposti di fatto. 3. Il provvedimento di accoglimento, in presenza di nuove circostanze e previa audizione delle parti, può essere revocato o modificato dallo stesso giudice che lo ha emesso, su ricorso della parte interessata o del pubblico ministero. 4. Restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla conoscenza della modifica o della revoca. 27. Reclamo. 1. Salvo che non sia diversamente disposto, il decreto, anche di modifica o revoca, è reclamabile dal soggetto interessato nel termine perentorio di dieci 789
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giorni dalla comunicazione del provvedimento. 2. Se il provvedimento reclamato è stato emesso dal giudice singolo, il reclamo si propone con ricorso all’organo collegiale dello stesso tribunale, il quale provvede in camera di consiglio. Del collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Se il provvedimento è stato emesso dal tribunale in composizione collegiale, il reclamo si propone alla corte d’appello, che pronuncia anch’essa in camera di consiglio. 3. Il collegio, convocate le parti e assunte anche d’ufficio le informazioni ritenute necessarie, provvede con decreto motivato non impugnabile, con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento. 4. Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento; tuttavia il presidente del collegio, in presenza di gravi motivi, può disporne la sospensione con decreto motivato (12). (12) Articolo così corretto con Comunicato 9 settembre 2003. CAPO II Del procedimento SEZIONE I Del procedimento in confronto di una parte sola 28. Fissazione dell’udienza per l’audizione della parte. 1. Il presidente designa, senza indugio, il magistrato incaricato della decisione; questi, ove ne ravvisi l’opportunità, fissa udienza per l’audizione dell’istante. 2. Nei dieci giorni successivi al deposito del ricorso presso la segreteria del pubblico ministero, questi può depositare osservazioni nella cancelleria del giudice adìto e richiedere la fissazione di udienza in camera di consiglio. 3. Nel corso dell’udienza il giudice assume le informazioni ritenute necessarie e può invitare l’istante a depositare ulteriori documenti e a fornire chiarimenti, nonché a notificare l’istanza ad altri soggetti interessati indicati dal giudice (13). (13) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. 29. Ambito di applicazione. 1. Le norme della presente sezione si applicano alle istanze di cui agli articoli 2343, primo comma, 2343-bis, secondo comma, 2347 2417, secondo comma, 790
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2436, quarto comma, 2437-ter, sesto comma, 2468, 2501-sexies, terzo comma, e 2545-undecies, secondo comma, del codice civile. Si applicano inoltre, in quanto compatibili, ai casi analoghi previsti dal codice civile e dalle leggi speciali (13/a). (13/a) Articolo così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. SEZIONE II Del procedimento in confronto di più parti 30. Fissazione dell’udienza e notificazione alle parti resistenti. 1. Il presidente del collegio nomina senza indugio il giudice incaricato della relazione e fissa con decreto l’udienza per l’audizione delle parti in camera di consiglio, il termine per la notifica del ricorso e del decreto ai soggetti nei cui confronti il provvedimento è richiesto, nonché il termine per la costituzione di questi ultimi. Entro lo stesso termine, il pubblico ministero può depositare osservazioni scritte. 2. All’udienza il collegio assume, anche d’ufficio, le informazioni ritenute necessarie, eventualmente delegando uno dei componenti del collegio. 31. Pronuncia con decreto. 1. In caso di eccezionale e motivata urgenza il presidente provvede sull’istanza con decreto; in tale caso fissa, con lo stesso decreto, entro i quindici giorni successivi, l’udienza per la comparizione delle parti, il termine per la notifica del ricorso e del decreto, nonché il termine per la costituzione delle parti. 2. All’udienza il collegio con decreto motivato conferma, modifica o revoca il provvedimento emesso ai sensi del comma 1 (14). (14) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. 32. Prosecuzione del procedimento nelle forme del rito ordinario. 1. Ciascuna parte può, fino alla conclusione delle udienze di cui agli articoli 30 o 31, chiedere che sia decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale, della quale il giudice deve conoscere ai fini della definizione del procedimento (14/a). 2. Proposta la domanda di accertamento incidentale, il giudice provvede in ogni 791
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caso sul ricorso con decreto motivato, disponendo altresì la prosecuzione del procedimento nelle forme degli articoli 2 e seguenti con ordinanza nella quale fissa all’istante il termine perentorio per la notificazione alle altre parti dell’atto di citazione. 3. Nel corso del giudizio promosso a norma del comma 2, il decreto può essere modificato o revocato. In caso di estinzione, esso conserva la sua efficacia. 4. L’accertamento di cui al comma 1 può essere chiesto anche quando la legge prevede che, a seguito dell’approvazione o dell’autorizzazione giudiziale di un atto, spetti, nel caso l’atto stesso sia dichiarato illegittimo nel giudizio ordinario di cognizione, soltanto il risarcimento del danno; in tale caso, non si applica il primo periodo del comma 3. (14/a) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. 33. Àmbito di applicazione. 1. Le norme della presente sezione si applicano alle istanze di cui agli articoli 2275, 2367, secondo comma, 2400, secondo comma, 2409, 2437-quater, ultimo comma, 2445, quarto comma, 2446, secondo comma, 2447-quater, secondo comma, 2482, terzo comma, 2482-bis, quarto comma, 2485, secondo comma, 2487, secondo e quarto comma, 2487-ter, secondo comma, 2500-novies, secondo comma, 2503, secondo comma, 2545-quinquiesdecies del codice civile e 223-quater, secondo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile. Si applicano inoltre, in quanto compatibili, ai casi analoghi previsti dal codice civile e dalle leggi speciali (15). (15) Articolo prima rettificato con Comunicato 9 settembre 2003 e poi così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. TITOLO V Dell’arbitrato 34. Oggetto ed effetti di clausole compromissorie statutarie. 1. Gli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell’articolo 2325-bis del codice civile, possono, mediante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto 792
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sociale. 2. La clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove il soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale. 3. La clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia. 4. Gli atti costitutivi possono prevedere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti e, in tale caso, essa, a seguito dell’accettazione dell’incarico, è vincolante per costoro. 5. Non possono essere oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge preveda l’intervento obbligatorio del pubblico ministero. 6. Le modifiche dell’atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso (16). (16) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. 35. Disciplina inderogabile del procedimento arbitrale. 1. La domanda di arbitrato proposta dalla società o in suo confronto è depositata presso il registro delle imprese ed è accessibile ai soci. 2. Nel procedimento arbitrale promosso a seguito della clausola compromissoria di cui all’articolo 34, l’intervento di terzi a norma dell’articolo 105 del codice di procedura civile nonché l’intervento di altri soci a norma degli articoli 106 e 107 dello stesso codice è ammesso fino alla prima udienza di trattazione. Si applica l’articolo 820, comma secondo, del codice di procedura civile. 3. Nel procedimento arbitrale non si applica l’articolo 819, primo comma, del codice di procedura civile; tuttavia il lodo è sempre impugnabile, anche in deroga a quanto previsto per l’arbitrato internazionale dall’articolo 838 del codice di procedura civile, a norma degli articoli 829, primo comma, e 831 dello stesso codice. 4. Le statuizioni del lodo sono vincolanti per la società. 5. La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’articolo 669-quinquies del 793
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codice di procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera (16/a). 5-bis. I dispositivi dell’ordinanza di sospensione e del lodo che decide sull’impugnazione devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese (16/b) (17). (16/a) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. (16/b) Comma aggiunto dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (17) Vedi, anche, l’art. 245, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. 36. Decisione secondo diritto. 1. Anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell’articolo 829, secondo comma, del codice di procedura civile quando per decidere abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari. 2. La presente disposizione si applica anche al lodo emesso in un arbitrato internazionale (17/a). (17/a) Vedi, anche, l’art. 245, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. 37. Risoluzione di contrasti sulla gestione di società. 1. Gli atti costitutivi delle società a responsabilità limitata e delle società di persone possono anche contenere clausole con le quali si deferiscono ad uno o più terzi i contrasti tra coloro che hanno il potere di amministrazione in ordine alle decisioni da adottare nella gestione della società. 2. Gli atti costitutivi possono prevedere che la decisione sia reclamabile davanti ad un collegio, nei termini e con le modalità dagli stessi stabilite (17/b). 3. Gli atti costitutivi possono altresì prevedere che il soggetto o il collegio chiamato a dirimere i contrasti di cui ai commi 1 e 2 può dare indicazioni vincolanti anche sulle questioni collegate con quelle espressamente deferitegli. 4. La decisione resa ai sensi del presente articolo è impugnabile a norma del-
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l’articolo 1349, comma secondo, del codice civile. (17/b) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. TITOLO VI Della conciliazione stragiudiziale 38. Organismi di conciliazione. 1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire un tentativo di conciliazione delle controversie nelle materie di cui all’articolo 1 del presente decreto. Tali organismi debbono essere iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia. 2. Il Ministro della giustizia determina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 1, con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Con lo stesso decreto sono disciplinate altresì la formazione dell’elenco e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell’articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, hanno diritto ad ottenere l’iscrizione di tali organismi nel registro (17/c). 3. L’organismo di conciliazione, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e comunica successivamente le eventuali variazioni. Al regolamento debbono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti privati, proposte per l’approvazione a norma dell’articolo 39. (17/c) Comma così modificato dall’art. 6, D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 23 luglio 2004, n. 222. 39. Imposte e spese. Esenzione fiscale. 1. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di conciliazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. 2. Il verbale di conciliazione è esente dall’imposta di registro entro il limite di 795
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valore di venticinquemila euro. 3. Con regolamento del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti l’ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti pubblici e il criterio di calcolo, nonché i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati (17/d). 4. L’ammontare dell’indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall’Istituto nazionale di statistica, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nel triennio precedente. 5. Le tabelle delle indennità, determinate a norma del presente articolo, debbono essere allegate al regolamento di procedura. (17/d) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 23 luglio 2004, n. 223. 40. Procedimento di conciliazione. 1. I regolamenti di procedura debbono prevedere la riservatezza del procedimento e modalità di nomina del conciliatore che ne garantiscano l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito espletamento dell’incarico. 2. Se entrambe le parti lo richiedono, il procedimento di conciliazione, ove non sia raggiunto l’accordo, si conclude con una proposta del conciliatore rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare. Di tali posizioni il conciliatore dà atto in apposito verbale di fallita conciliazione, del quale viene rilasciata copia alle parti che la richiedano. Il conciliatore dà altresì atto, con apposito verbale, della mancata adesione di una parte all’esperimento del tentativo di conciliazione (17/e). 3. Le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del procedimento non possono essere utilizzate, salvo quanto previsto dal comma 5, nel giudizio promosso a seguito dell’insuccesso del tentativo di conciliazione, nè possono essere oggetto di prova testimoniale. 4. Dal momento della comunicazione alle altre parti con mezzo idoneo a dimostrare l’avvenuta ricezione, l’istanza di conciliazione proposta agli organismi istituiti a norma dell’articolo 38 produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. La decadenza è impedita, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di deca796
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denza decorrente dal deposito del verbale di cui al comma 2 presso la segreteria dell’organismo di conciliazione. 5. La mancata comparizione di una delle parti e le posizioni assunte dinanzi al conciliatore sono valutate dal giudice nell’eventuale successivo giudizio ai fini della decisione sulle spese processuali, anche ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile. Il giudice, valutando comparativamente le posizioni assunte dalle parti e il contenuto della sentenza che definisce il processo dinanzi a lui, può escludere, in tutto o in parte, la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato la conciliazione, e può anche condannarlo, in tutto o in parte, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente. 6. Qualora il contratto ovvero lo statuto della società prevedano una clausola di conciliazione e il tentativo non risulti esperito, il giudice, su istanza della parte interessata proposta nella prima difesa, dispone la sospensione del procedimento pendente davanti a lui fissando un termine di durata compresa tra trenta e sessanta giorni per il deposito dell’istanza di conciliazione davanti ad un organismo di conciliazione ovvero quello indicato dal contratto o dallo statuto. Il processo può essere riassunto dalla parte interessata se l’istanza di conciliazione non è depositata nel termine fissato. Se il tentativo non riesce, all’atto di riassunzione è allegato il verbale di cui al comma 2. In ogni caso, la causa di sospensione si intende cessata, a norma dell’articolo 297, primo comma, del codice di procedura civile, decorsi sei mesi dal provvedimento di sospensione. 7. Nel verbale conclusivo del procedimento debbono essere indicati gli estremi dell’iscrizione dell’organismo di conciliazione nel registro di cui all’articolo 38. 8. Se la conciliazione riesce è redatto separato processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Il verbale, previo accertamento della regolarità formale, è omologato con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo di conciliazione, e costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (18). (17/e) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37. (18) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003.
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TITOLO VII Norme transitorie e finali 41. Disciplina transitoria. 1. Ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto si applicano le disposizioni anteriormente vigenti; si applica comunque l’articolo 24 alle domande cautelari proposte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Alle modifiche deliberate a norma degli articoli 223-bis e 223-duodecies delle disposizioni di attuazione del codice civile, per adeguare le clausole compromissorie preesistenti alle disposizioni inderogabili del presente decreto legislativo non si applica l’articolo 34, comma 6 (19). (19) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. 42. Disposizioni finali. 1. Il Ministero della giustizia approva uno o più modelli, anche telematici, per la rilevazione degli elementi necessari alla periodica elaborazione del dato statistico concernente la durata media dei singoli procedimenti giurisdizionali di cui al presente decreto legislativo. Dei suddetti modelli sono provvisti gli uffici di cancelleria dei tribunali, delle corti d’appello e della Corte Suprema di Cassazione. 2. Il presidente del tribunale, il Presidente della corte d’appello e il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione curano che, secondo le indicazioni contenute dal decreto ministeriale di approvazione dei modelli di raccolta dei dati, questi ultimi siano tempestivamente comunicati al Ministero della giustizia. Il Ministero della giustizia ne garantisce la più ampia conoscibilità, anche in forme disaggregate e comparative, e informa annualmente il Ministero dell’economia e delle finanze. 3. Nell’intervento del procuratore generale della Repubblica nel corso delle assemblee generali, tenute a norma dell’articolo 93, primo comma, n. 1), del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è offerta specificamente notizia dei dati in questione (20). (20) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003. 43. Entrata in vigore. 1. Il presente decreto entra in vigore il 1° gennaio 2004. 798
BIBLIOGRAFIA
Nella stesura del testo di commento ci si è avvalsi della lettura delle seguenti pubblicazioni, cui si rimanda per ulteriori approfondimenti: - La novella della novella della novella, ovvero la novella al cubo del processo di cognizione di Giuseppe della Pietra, articolo apparso nelle news del sito www.judicium.it - Il nuovo giudizio di cassazione di Bruno Sassani, articolo apparso nelle news del sito www.judicium.it e dal quale abbiamo tratto fondamentali spunti per il commento delle novità in tema di giudizio di cassazione. - Definizione del thema decidendum di Paolo Corder, relazione a.a. 2004/05 – secondo anno scuola specializzazione professioni legali - Processo “competitivo” e Legge n.80/2005: alcune proposte razionalizzatici per una (futura) prassi condivisa di Andrea Merenda, dal sito www.valoreprassi.it - Relazioni ed appunti in tema di esecuzioni immobiliari messe a disposizione dal dr. Roberto Fontana, Giudice del Tribunale di Monza - Brevi note sull'avvio della riforma del processo esecutivo e sul regime transitorio di Pasquale Fimiani in www.ilcaso.it - Relazione al disegno di legge sulla riforma delle esecuzioni mobiliari, on.dr. G. Kessler - Il nuovo processo di esecuzione di Franco De Stefano, IPSOA, 2005 - I procedimenti cautelari e possessori di Eduardo Campese e Antonio Scarpa, IPSOA, 2005 - I procedimenti cautelari e possessori di Valerio de Gioia, Experta, 2006 - Il nuovo processo societario di Davis E. Cutugno e Valerio de Gioia, Experta, 2005 Dopo aver consegnato il testo per la stampa, il D.d.l. Kessler è divenuto la Legge 24.2.2006 nr. 52, pubblicato sulla GU del 28.2.2006 nr. 49, ed entra in vigore il 1° marzo 2006 799
Finito di stampare nel mese di marzo 2006 da Legoprint S.p.A., Lavis (TN)
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