Codice Di Procedura Penale Completo COMMENTATO

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Codice di Procedura Penale


1. LEGGE 16 febbraio 1987, n. 81. Delega legislativa al Governo della Repubblica per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale (Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16 marzo 1987). Art. 1. 1. Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare il nuovo codice di procedura penale, secondo i principi e i criteri direttivi e con le procedure previsti dalla presente legge. Art. 2. 1. Il codice di procedura penale deve attuare i principi della Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall’Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale. Esso inoltre deve attuare nel processo penale i caratteri del sistema accusatorio, secondo i principi ed i criteri che seguono: 1) massima semplificazione nello svolgimento del processo con eliminazione di ogni atto o attività non essenziale; 2) adozione del metodo orale; 3) partecipazione dell’accusa e della difesa di parità in ogni stato e grado del procedimento; facoltà del pubblico ministero e delle altre parti, dei difensori e della persona offesa di indicare elementi di prova e di presentare memorie in ogni stato e grado del procedimento; obbligo del giudice di provvedere senza ritardo e comunque entro termini prestabiliti sulle richieste formulate in ogni stato e grado del procedimento dal pubblico ministero, dalle altre parti e dai difensori; 4) previsione di garanzie per la libertà del difensore in ogni stato e grado del procedimento; competenza esclusiva del consiglio dell’ordine, in ogni caso di abbandono della difesa, ad irrogare sanzioni disciplinari; autonomia del procedimento disciplinare e della relativa decisione rispetto al procedimento penale in cui si è verificato l’abbandono della difesa; non irrogazione di sanzioni disciplinari anche nel caso di pronuncia che abbia escluso la violazione dei diritti della difesa, quando il consiglio dell’ordine ritenga giustificato l’abbandono; 5) obbligo di avvertire immediatamente la persona fermata, o comunque privata della libertà personale del diritto di nominare un difensore di fiducia; obbligo di comunicare immediatamente l’avvenuto arresto al difensore; disciplina delle modalità dell’interrogatorio in funzione della sua natura di strumento di difesa; 6) diritto dell’imputato di farsi assistere nell’interrogatorio dal difensore; diritto dell’imputato in stato di custodia cautelare di conferire con il difensore immediatamente o subito dopo ma non ol-

tre sette giorni dalla esecuzione del provvedimento limitativo delia libertà personale; 7) previsione espressa sia delle cause di invalidità degli atti che delle conseguenti sanzioni processuali fino alla nullità insanabile per i vizi di capacità e costituzione del giudice per le violazioni del diritto all’intervento, all’assistenza e alla rappresentanza delle parti e per altri casi predeterminati; 8) adozione di strumenti opportuni per la documentazione degli atti processuali; previsione della partecipazione di ausiliari tecnici nel processo per la redazione degli atti processuali con adeguati strumenti, in ogni sua fase; possibilità che il giudice disponga l’adozione di una diversa documentazione degli atti processuali in relazione alla semplicità o alla limitata rilevanza degli stessi ovvero alla contingente indispensabilità degli strumenti o degli ausiliari tecnici; 9) semplificazione del sistema delle notificazioni con possibilità di adottare anche nuovi mezzi di comunicazione; 10) riordinamento dell’istituto della perizia, assicurando la più idonea competenza tecnica e scientifica dei periti, nonché, nei congrui casi, l’interdisciplinarietà della ricerca peritale e la collegialità dell’organo cui è affidata la perizia; tutela dei diritti delle parti rispetto alle perizie; previsione di sanzioni a carico del perito in caso di ingiustificato ritardo nel deposito della perizia; 11) previsione delle diverse formule di assoluzione o di proscioglimento nel merito, quando ne ricorrano gli estremi, anche in presenza di una causa estintiva del reato; 12) determinazione della competenza per materia, tenendo conto sia della pena edittale – con esclusione degli aumenti derivanti dalla recidiva, dalla continuazione e dalle circostanze aggravanti, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa e di quelle ad effetto speciale – sia della qualità del reato; in particolare attribuzione alla competenza del Pretore delle contravvenzioni e dei delitti punibili con la pena della multa o con quella della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, nonché di altri delitti specificamente indicati; attribuzione alla competenza della Corte d’Assise dei delitti punibili con la pena dell’ergastolo o con


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quella della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, nonché di ogni delitto doloso, se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, con possibilità sia di escludere delitti specificamente indicati sia di includerne altri; attribuzione alla competenza del Tribunale dei reati non attribuiti alla competenza del pretore e della Corte d’Assise; 13) previsione che la competenza per territorio possa essere stabilita, per reati predeterminati, a seconda dei casi, in relazione al luogo in cui ha avuto inizio o si è esaurita l’azione o l’omissione; 14) disciplina dell’istituto della connessione con espressa previsione dei relativi casi; esclusione di ogni discrezionalità nella determinazione del giudice competente; esclusione della connessione nel caso di imputati minorenni; disciplina dei casi di separazione dei procedimenti anche in grado di appello; 15) disciplina dei conflitti di giurisdizione e di competenza attribuendo ad ogni parte il potere di denunciarli; obbligo di comunicare a tutte le parti la denuncia del conflitto; garanzia del contraddittorio nel relativo procedimento; particolare regolamentazione per la fase delle indagini preliminari ispirata al rispetto della competenza per territorio anche in deroga alle regole sulla connessione; 16) disciplina dei rapporti tra diversi uffici del pubblico ministero in sede penale durante le indagini preliminari; 17) previsione della rimessione, anche su richiesta dell’imputato, per gravi e oggettivi motivi di ordine pubblico o per legittimo sospetto, e individuazione del nuovo giudice competente secondo criteri predeterminati; garanzia del contraddittorio nel procedimento di rimessione; garanzia degli stessi diritti e delle stesse facoltà che l’imputato e la difesa avrebbe avuto davanti al giudice originariamente competente; attribuzione al giudice del rinvio del potere di decidere quali atti già compiuti nel procedimento conservino validità dopo la rimessione; 18) attribuzione della competenza per i procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di imputato o di persona offesa o danneggiata dal reato, eccezion fatta per i reati commessi in udienza, a giudice appartenente a distretto diverso rispetto a quello in cui il magistrato interessato esercita le funzioni, da individuare secondo criteri oggettivi predeterminati (1); 19) predeterminazione di criteri di scelta del giudice in seguito a rinvio per annullamento; previsione che la scelta del giudice di rinvio, ove non avvenga nell’ambito della stessa circoscrizione, sia fatta tra le circoscrizioni contigue a quella del giudice la cui sentenza è stata annullata;

Legge delega Art. 2 20) previsione dell’esercizio, nel processo penale, dell’adozione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno cagionato dal reato; 21) previsione della nomina di un difensore per la persona danneggiata dal reato che dichiari di volersi costituire parte civile, secondo le norme sul patrocinio per i non abbienti; 22) vincolo del giudice civile, adito per le restituzioni o per il risarcimento del danno, alla sentenza penale irrevocabile, limitatamente all’accertamento della sussistenza del fatto, alla affermazione o alla esclusione che l’imputato lo abbia commesso e alla illiceità penale del fatto, sempre che le parti abbiano partecipato o siano state poste in grado di partecipare al processo penale; 23) statuizione che la sentenza di assoluzione non pregiudica l’azione civile per le restituzioni o per il risarcimento del danno, salvo che dalla stessa risulti che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che esso è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, e sempre che il giudizio civile si svolge tra coloro che hanno partecipato o sono stati posti in grado di partecipare al processo penale; 24) disciplina degli effetti del giudicato penale in altri giudizi civili o amministrativi; statuizione che la sentenza di assoluzione non pregiudica il procedimento amministrativo per responsabilità disciplinare, salvo che dalla stessa risulti che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso; 25) statuizione che le sentenze di proscioglimento pronunciate nell’udienza non fanno stato nel giudizio civile; 26) obbligo del giudice penale di pronunciarsi, in caso di condanna, sull’azione civile e, conseguentemente, di liquidare il danno se gli elementi acquisiti ne danno la possibilità, con facoltà di concedere la provvisoria esecuzione quando ricorrono giustificati motivi; obbligo del giudice penale, quando la predetta possibilità non sussiste, di assegnare alla parte civile una congrua somma in conto della liquidazione riservata al giudice civile; provvisoria esecuzione del relativo provvedimento; facoltà del giudice di appello di sospendere in ogni caso la provvisoria esecuzione in pendenza di impugnazione; 27) provvisoria esecuzione della sentenza emessa in sede di appello, relativamente alle disposizioni concernenti l’azione civile; facoltà della Corte di cassazione in pendenza di ricorso, di sospendere la predetta esecuzione se sussiste il pericolo di grave e irreparabile danno; 28) previsione che il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione decidano sulla impu-


Legge delega Art. 2 gnazione relativamente alle sole disposizioni delle sentenze impugnate che concernono gli interessi civili; 29) diretta disponibilità della polizia giudiziaria da parte dell’autorità giudiziaria; 30) previsione della trasmissione, in casi predeterminati, di informazione e di copie di atti, anche coperti da segreto, ad altra autorità giudiziaria penale e, ai fini della prevenzione di determinati delitti, al Ministro dell’Interno; facoltà del destinatario della richiesta di trasmissione di rigettarla con decreto motivato; 31) potere-dovere della polizia giudiziaria di prendere notizia e di descrivere i fatti costituenti reato compilando i verbali alle attività compiute, di assicurare le fonti di prova e di impedire che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze; obbligo della polizia giudiziaria di riferire al pubblico ministero immediatamente e comunque non oltre quarantotto ore, anche oralmente, la notizia del reato indicando le attività compiute e gli elementi sino ad allora acquisiti con divieto di ogni utilizzazione agli effetti del giudizio, anche attraverso testimonianza della stessa polizia giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni o dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, senza l’assistenza della difesa; poteredovere della polizia giudiziaria, sino a che il pubblico ministero non abbia impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini, di raccogliere ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole e di assumere sommarie informazioni da chi non si trovi in stato di arresto o di fermo, con l’assistenza del difensore; potere-dovere della polizia giudiziaria di compiere gli atti ad essa specificatamente delegati dal pubblico ministero e di svolgere, nell’ambito delle direttive da esso impartite, tutte le attività di indagine per accertare i reati, nonché le attività richieste da elementi successivamente emersi, informando, in tal caso, prontamente il pubblico ministero; potere-dovere della polizia giudiziaria di procedere, in casi predeterminati di necessità e di urgenza, a perquisizioni e a sequestri; poteredovere della polizia giudiziaria di assumere sul luogo o nell’immediatezza del fatto, anche senza l’assistenza del difensore, notizie ed indicazioni utili ai fini dell’immediata prosecuzione delle indagini, con divieto di ogni documentazione e utilizzazione processuale, anche attraverso testimonianza della stessa polizia giudiziaria; previsione specifica di garanzie difensive, tra le quali devono essere comprese quelle relative agli atti non ripetibili (2); 32) obbligo della polizia giudiziaria di arrestare colui che è colto nella flagranza di uno dei seguenti delitti: a) delitti consumati o tentati puni-

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bili con la reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni, senza tener conto nel computo della pena delle circostanze aggravanti, fatta eccezione per quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale, esclusa la recidiva, e senza tener conto delle circostanze attenuanti, fatta eccezione per l’età e per la circostanza prevista dal numero 4) dell’articolo 62 del codice penale; b) altri delitti predeterminati avuto riguardo a speciali esigenze di tutela della collettività; facoltà della polizia giudiziaria di procedere all’arresto in flagranza soltanto se la misura è giustificata dalla gravità o dalle circostanze del fatto o dalla pericolosità del soggetto, relativamente a delitti punibili con la reclusione superiore nel massimo a tre anni e, solo per alcuni reati di particolare gravità, tassativamente indicati, anche a delitti punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni; al di fuori dei casi di flagranza, potere-dovere della polizia giudiziaria di fermare, e del pubblico ministero di disporre il fermo di colui che è fortemente indiziato di gravi delitti, quando vi è fondato pericolo di fuga, obbligo della polizia giudiziaria di porre a disposizione del pubblico ministero, al più presto, e comunque non oltre ventiquattro ore dall’arresto o dal fermo, le persone arrestate o fermate; 33) fuori dai casi in cui è tenuta a compilare specifici verbali ai sensi del numero 31), obbligo della polizia giudiziaria di documentare secondo specifiche modalità, anche sommariamente, l’attività compiuta; 34) obbligo del pubblico ministero di ordinare l’immediata liberazione dell’arrestato o del fermato quando non sussistono le condizioni previste dalla legge per l’arresto o per il fermo; facoltà del pubblico ministero di interrogare l’arrestato o il fermato, con diritto del difensore di assistere all’interrogatorio; obbligo del pubblico ministero di porre a disposizione del giudice, per la decisione sulla convalida, l’arrestato o il fermato entro quarantotto ore dall’arresto o dal fermo, obbligo del giudice di decidere nelle successive quarantotto ore sentito l’arrestato o il fermato, sulla convalida o meno dell’arresto o del fermo e sulla loro eventuale conversione, ai sensi del numero 59), in una delle misure di coercizione ivi previste; garanzie di assistenza difensiva nel giudizio sulla convalida; 35) obbligo del pubblico ministero di iscrivere immediatamente la notizia del reato e il nominativo di ogni persona alla quale il reato è attribuito in apposito registro custodito negli uffici della procura della Repubblica o della Pretura; obbligo del pubblico ministero di aggiornare le iscrizioni alle


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risultanze delle indagini in corso e all’eventuale mutamento del titolo del reato; divieto di comunicare le iscrizioni di cui sopra fino all’assunzione della qualità di imputato ai sensi del numero 36); 36) assunzione della qualità di imputato da parte della persona cui è attribuito un reato nella richiesta del giudizio immediato o direttissimo o per decreto, dell’udienza preliminare, ovvero nella richiesta di una misura di coercizione personale o reale, o comunque nei cui confronti viene formulata una imputazione; estensione delle garanzie previste per l’imputato alla persona nei cui confronti vengono compiuti atti suscettibili di utilizzazione probatoria nell’udienza preliminare, nel giudizio o comunque a fini decisori; 37) potere-dovere del pubblico ministero di compiere indagini in funzione dell’esercizio dell’azione penale e dell’accertamento di fatti specifici, ivi compresi gli elementi favorevoli all’imputato; potere del pubblico ministero, ai fini suddetti, di interrogare l’imputato, di raccogliere informazioni, di procedere a confronti, a individuazioni di persone e di cose, ad accertamenti tecnici, ad ispezioni, di disporre perquisizioni, sequestri e, previa autorizzazione del giudice, intercettazioni di conversazione e di altre forme di comunicazione; possibilità che il pubblico ministero, nei casi di urgenza, disponga direttamente l’intercettazione, che deve essere convalidata entro quarantotto ore dal provvedimento del pubblico ministero; divieto a pena di nullità insanabile di utilizzazione di intercettazioni compiute in mancanza di provvedimento convalidato; potere del pubblico ministero di avvalersi per le indagini della polizia giudiziaria, che non può essere delegata ad interrogare l’imputato né ad effettuare il confronto con il medesimo; obbligo del pubblico ministero di documentare l’attività compiuta secondo specifiche e differenziate modalità; 38) diritto dell’imputato di nominare un difensore; previsione specifica degli atti del pubblico ministero ai quali il difensore ha diritto di assistere, tra cui devono essere compresi l’interrogatorio e i confronti con l’imputato, nonché le perquisizioni e le ispezioni; previsione del diritto del difensore di ricevere avviso del compimento degli atti cui ha diritto di assistere, escluse le perquisizioni e i sequestri; disciplina del deposito degli atti compiuti dal pubblico ministero e previsione di ipotesi di dilazione del deposito in relazione a gravi motivi; obbligo del pubblico ministero di comunicare all’imputato e, in copia, alla persona offesa gli estremi dei reati per cui sono in corso le indagini, a partire dal primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere; 39) attribuzione, agli enti e alle associazioni cui sono riconosciute finalità di tutela degli interessi

Legge delega Art. 2 lesi, degli stessi poteri spettanti nel processo all’offeso dal reato non costituito parte civile; previsione di particolari forme di intervento di tali enti ed associazioni nel giudizio; necessità del costante consenso della persona offesa all’esercizio dei suddetti poteri; previsione che il consenso non possa essere prestato a più di uno degli enti o associazioni di cui sopra; 40) potere del pubblico ministero e dell’imputato, nel corso delle indagini preliminari e quando si tratta di testimonianze a futura memoria o comunque non rinviabili al dibattimento ovvero di altri atti non rinviabili al dibattimento, di chiedere al giudice, con incidente probatorio, che si proceda all’esame dell’imputato, ad atti di confronto, a ricognizioni, ad esperimenti giudiziali, a perizie e all’assunzione di testimonianze; obbligo di garantire la partecipazione in contraddittorio del pubblico ministero e dei difensori delle parti direttamente interessate, divieto di verbalizzare e di utilizzare le dichiarazioni concernenti persone diverse da quelle chiamate a partecipare; potere-dovere del giudice di dichiarare inammissibili le richieste di atti irrilevanti, dilatori o comunque rinviabili al dibattimento; previsione che il giudice, su richiesta motivata del pubblico ministero, possa dilazionare l’assunzione dell’incidente probatorio chiesto dall’imputato, quando esso arrecherebbe pregiudizio al compimento di determinate indagini e per il tempo strettamente necessario alla conclusione di tali indagini e sempreché il ritardo non pregiudichi la formazione della prova chiesta dall’imputato; deposito della richiesta motivata del pubblico ministero alla udienza di assunzione dell’incidente probatorio; concentrazione, ove possibile, in capo allo stesso giudice di tutti gli incidenti probatori e di tutti i provvedimenti relativi allo stesso procedimento; 41) determinazione della disciplina delle intercettazioni di conversazione e di altre forme di comunicazione in attuazione dei seguenti principi: a) predeterminazione dei reati per i quali sono ammesse le intercettazioni e di quelli per i quali sono utilizzabili le intercettazioni effettuate in un diverso processo; b) predeterminazione della durata e delle modalità delle intercettazioni disposte; c) annotazione in apposito registro dei decreti motivati che dispongono o prorogano le intercettazioni; d) individuazione degli impianti presso cui le intercettazioni telefoniche possono essere effettuate; e) conservazione obbligatoria presso la stessa autorità che ha disposto l’intercettazione, della documentazione integrale delle conversazioni e delle altre forme di comunicazioni intercettate; determi-


Legge delega Art. 2 nazione dei casi nei quali, a garanzia del diritto alla riservatezza, tale documentazione deve essere distrutta; f) previsione di sanzioni processuali in caso di intercettazioni compiute in violazione della disciplina di cui alle lettere precedenti; 42) potere di avocazione da parte del procuratore generale da esercitarsi, con decreto motivato, soltanto nel caso di inerzia del pubblico ministero; 43) potere del pubblico ministero di presentare l’imputato direttamente in giudizio: a) nel termine di quarantotto ore dall’arresto in flagranza, per la convalida dell’arresto e il contestuale giudizio; b) nel termine di quindici giorni dall’arresto in flagranza, nel caso di convalida anteriore al giudizio; c) nel termine di quindici giorni dall’iscrizione nel registro indicato al numero 35), nel caso di confessione; esclusione, rispetto ai reati per i quali sussistono le condizioni suddette, della rilevanza della connessione con altri reati per i quali tali condizioni mancano, salvo che ciò non pregiudichi gravemente le indagini; 44) potere del pubblico ministero di richiedere al giudice il giudizio immediato, entro novanta giorni dalla iscrizione nel registro indicato nel numero 35) della notizia del reato e previo interrogatorio dell’imputato, tutte le volte in cui l’evidenza degli elementi acquisiti giustifica la scelta del rito; potere-dovere del giudice di decidere, con decreto, sulla richiesta del pubblico ministero, disponendo il giudizio immediato ovvero rimettendo gli atti al pubblico ministero; esclusione, rispetto ai reati per i quali sussistono le condizioni suddette, della rilevanza della connessione con altri reati per i quali tali condizioni mancano, salvo che ciò non pregiudichi gravemente le indagini; 45) previsione che il pubblico ministero, con il consenso dell’imputato, ovvero l’imputato, con il consenso del pubblico ministero, possano chiedere al giudice, fino all’apertura del dibattimento, l’applicazione delle sanzioni sostitutive nei casi consentiti, o della pena detentiva irrogabile per il reato quando essa, tenuto conto delle circostanze è diminuita fino a un terzo, non superi due anni di reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena pecuniaria; previsione che il giudice, in udienza, applichi la sanzione nella misura richiesta, provvedendo con sentenza inappellabile; disciplina, in rapporto ai diversi tipi di sanzioni applicate, degli altri effetti della pronuncia; 46) previsione di un procedimento per decreto emesso dal giudice su richiesta del pubblico ministero solo per condanne a pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di pena detentiva, e con tutte le garanzie per la difesa nella fase dell’oppo-

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sizione; previsione di un congruo termine per l’opposizione e di ipotesi di remissione in termini; 47) obbligo del pubblico ministero, qualora sia prevista l’autorizzazione a procedere, di farne richiesta prima di chiedere l’udienza preliminare o il giudizio immediato nei confronti della persona per la quale occorre l’autorizzazione, e comunque non oltre trenta giorni dalla iscrizione nel registro indicato nel numero 35), del nominativo della persona cui il reato è attribuito e rispetto alla quale è prevista l’autorizzazione; prima dell’autorizzazione stessa e fuori del caso di flagranza dei delitti previsti dalle lettere a) e b) del numero 32), divieto di disporre misure di coercizione personale nei confronti della persona per la quale occorre l’autorizzazione e di sottoporla a perquisizioni personali e domiciliari, a ispezioni personali, a ricognizioni e confronti, e ad intercettazioni di comunicazioni; potere di assumere l’interrogatorio della persona per la quale occorre l’autorizzazione, solo se questa ne fa istanza; 48) obbligo del pubblico ministero, quando non abbia richiesto il giudizio immediato entro il termine indicato nel numero 44) ovvero non gli sia stato possibile formulare richiesta di archiviazione o di fissazione dell’udienza preliminare, di concludere le indagini entro sei mesi dall’iscrizione del nominativo della persona cui il reato è attribuito nel registro indicato nel numero 35); poteredovere del giudice di concedere, a richiesta del pubblico ministero e sentite anche le altre parti, proroghe del termine suddetto non superiori ciascuna a sei mesi, ovvero di fissare l’udienza preliminare; obbligo del pubblico ministero di concludere comunque le indagini entro diciotto mesi dall’iscrizione nel registro indicato nel predetto numero 35), chiedendo al giudice l’archiviazione, ovvero, formulata l’imputazione, l’udienza preliminare; possibilità di concludere le indagini entro due anni in caso di processi per criminalità organizzata e in ipotesi eccezionali specificamente indicate; previsione della inutilizzabilità degli atti compiuti dal pubblico ministero oltre i termini stabiliti o prorogati qualora non abbia richiesto nei termini l’udienza preliminare; 49) potere del pubblico ministero, una volta disposto il rinvio a giudizio, di compiere atti integrativi di indagine, ad eccezione di quelli per i quali è prevista la partecipazione dell’imputato o del difensore, ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento. 50) potere-dovere del giudice di disporre, su richiesta del pubblico ministero, l’archiviazione per manifesta infondatezza della notizia di reato, per improcedibilità dell’azione penale o per essere ignoti gli autori del reato; obbligo del giudice di fissare l’udienza preliminare quando non ritiene di


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accogliere la richiesta di archiviazione; potere del giudice, nella suddetta udienza, di disporre l’archiviazione o di richiedere al pubblico ministero ulteriori indagini, sentite le persone alle quali è stato attribuito il reato e l’offeso dal reato; 51) facoltà della persona offesa dal reato di richiedere che non si proceda ad archiviazione senza avvisarla e conseguente obbligo del pubblico ministero di comunicare alla stessa la richiesta di archiviazione; facoltà della persona offesa dal reato, entro un congruo termine dalla comunicazione, di formulare al giudice istanza motivata di fissazione dell’udienza preliminare; obbligo del giudice di accogliere tale istanza quando non ritiene di dover disporre direttamente l’archiviazione; potere del giudice di emettere nell’udienza preliminare uno dei provvedimenti indicati nel numero 50); 52) obbligo del giudice di tenere, entro brevissimo termine, l’udienza preliminare, quando lo richiede il pubblico ministero ai sensi del numero 48); obbligo del giudice di notificare immediatamente all’imputato e alla persona offesa dal reato il provvedimento di fissazione dell’udienza preliminare con l’indicazione dell’imputazione formulata dal pubblico ministero; facoltà dell’imputato di chiedere il giudizio immediato rinunciando all’udienza preliminare; potere del pubblico ministero nell’udienza preliminare di modificare l’imputazione e di procedere a nuove contestazioni; potere del giudice di pronunciare, sentite le parti comparse, decreto che dispone il giudizio, enunciando l’imputazione formulata dal pubblico ministero e sommariamente indicando le fonti di prova; potere del giudice di pronunciare, sentite le parti comparse, sentenza di non luogo a procedere allo stato degli atti se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non poteva essere iniziata o non può essere proseguita, o se il fatto non è previsto dalla legge come reato, ovvero quando risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso; potere del giudice, nel caso in cui allo stato degli atti non ritenga di accogliere la richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio né di pronunciare sentenza di non luogo a procedere di rinviare ad altra udienza affinché le parti forniscano ulteriori elementi ai fini della decisione; previsione che tale udienza debba tenersi entro i termini previsti dal numero 48) o, se tali termini sono esauriti, non oltre un ulteriore termine massimo di sessanta giorni e che del rinvio si dia comunicazione al procuratore generale; obbligo del giudice, in questa nuova udienza, di disporre il rinvio a giudizio o di pronunciare sentenza di non luogo a procedere se non siano stati forniti elementi per il giudizio;

Legge delega Art. 2 53) potere del giudice di pronunciare nella udienza preliminare anche sentenza di merito, se vi è richiesta dell’imputato e consenso del pubblico ministero a che il processo venga definito nell’udienza preliminare stessa e se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti; previsione che nel caso di condanna le pene previste per il reato ritenuto in sentenza siano diminuite di un terzo; previsione di limiti all’appellabilità della sentenza; previsione che la sentenza faccia stato nel giudizio civile soltanto quando la parte civile consente all’abbreviazione del rito; 54) previsione del compimento di atti per rogatoria; 55) impugnabilità delle sentenze di non luogo a procedere, indicate nel numero 52), davanti ad un giudice collegiale che decide in camera di consiglio nel contraddittorio delle parti, ricorribilità per cassazione delle sentenze indicate nel numero 45); 56) determinazione dei casi e delle forme, con idonee garanzie per l’imputato, in cui può essere esercitata l’azione penale per fatti precedentemente oggetto delle sentenze di non luogo a procedere indicate nel numero 52); previsione dei presupposti per l’esercizio dell’azione penale per fatti precedentemente oggetto di provvedimento di archiviazione o per i quali siano comunque decorsi i termini di cui al numero 48); 57) immediata trasmissione al giudice del dibattimento del provvedimento che dispone il giudizio con gli atti relativi alla procedibilità e all’esercizio dell’azione civile, con quelli non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero e con quelli compiuti dal giudice negli incidenti probatori; 58) deposito, contestualmente agli adempimenti indicati nel numero 57), nell’ufficio del pubblico ministero, a disposizione delle parti, degli atti compiuti o ricevuti dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero diversi da quelli indicati nel medesimo numero 57); 59) previsione di misure diverse di coercizione personale, fino alla custodia in carcere; potere-dovere del pubblico ministero di richiedere, presentando al giudice gli elementi su cui si fonda la sua richiesta, e del giudice di disporre, con provvedimento motivato, le misure di coercizione personale a carico della persona nei cui confronti ricorrono gravi indizi di colpevolezza, quando la persona si è data alla fuga o vi è concreto pericolo di fuga; divieto di misure di coercizione che limitano la libertà personale se il reato per il quale si procede è punito con pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, senza tener conto nel computo della pena delle circostanze aggravanti, fatta eccezione per quelle per le quali la legge stabilisce una


Legge delega Art. 2 pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o di quelle ad effetto speciale, esclusa la recidiva, e senza tener conto delle circostanze attenuanti, fatta eccezione per l’età e per la circostanza prevista dal numero 4) dell’articolo 62 del codice penale; divieto di disporre la custodia in carcere se, con l’applicazione di altre misure di coercizione personale, possono essere adeguatamente soddisfatte le esigenze cautelari; obbligo di disporre la revoca delle misure applicate se vengono a cessare le esigenze cautelari; obbligo di disporre la revoca delle misure applicate se vengono a cessare le esigenze cautelari; previsione della sostituzione o della revoca della misura della custodia in carcere, qualora l’ulteriore protrarsi di questa risulti non proporzionata alla entità del fatto ed alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata; riesaminabilità anche nel merito del provvedimento che decide sulla misura di coercizione dinanzi al tribunale in camera di consiglio, con garanzia del contraddittorio e ricorribilità per cassazione; previsione dell’immediata esecutività del provvedimento che pone in libertà l’imputato; 60) diritto dell’imputato in stato di custodia cautelare ad essere interrogato nella fase delle indagini preliminari immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dalla esecuzione del provvedimento privativo della libertà personale; liberazione dell’imputato che non sia stato interrogato entro detto termine salvo che ciò sia dipeso da assoluto impedimento del quale il giudice dà atto con decreto; nuovo decorso del termine dalla data della notizia della cessazione dell’impedimento; 61) previsione, per ciascuna fase processuale, di termini autonomi di durata massima delle misure di coercizione; diritto dell’imputato di essere comunque scarcerato e cessazione automatica di ogni altra misura coercitiva alla scadenza dei termini previsti per ciascuna fase; durata massima della custodia in carcere in misura predeterminata in relazione a diverse categorie di reati, con previsione che su richiesta del pubblico ministero, il giudice, in relazione a particolari e gravi esigenze, possa prorogare i termini per periodi predeterminati; previsione che i termini di durata massima delle misure possano essere sospesi durante il dibattimento in relazione allo svolgimento e alla complessità dello stesso nonché a differimenti processuali non imposti da esigenze istruttorie e determinati da fatti riferibili all’imputato o al suo difensore; previsione che in ogni caso la durata massima della custodia in carcere, tenuto conto anche di tutte le proroghe, non possa superare i quattro anni, sino alla sentenza definitiva; ragguaglio dei termini delle misure di coercizione personale diverse dalla custodia in carcere al termine di questa;

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62) previsione che, nei confronti dell’imputato scarcerato per decorrenza dei termini, il giudice possa disporre misure cautelari; previsione della possibilità di ripristino della custodia in carcere nel caso di violazione dolosa delle misure suddette nonché, per i reati di particolare gravità, con la sentenza di condanna in primo o in secondo grado, quando l’imputato si è dato alla fuga o vi è concreto pericolo di fuga; 63) previsione che, in caso di condanna dopo sentenza di assoluzione, il giudice possa disporre misure di coercizione quando sussistono inderogabili esigenze di tutela della collettività ovvero quando l’imputato si è dato alla fuga o vi è concreto pericolo di fuga e il reato risulta di particolare gravità; 64) potere del giudice dell’udienza preliminare e del giudice del dibattimento di disporre misure di coercizione personale nei casi, alle condizioni e con i limiti previsti nel numero 59); 65) previsione e disciplina, in relazione a specifiche esigenze cautelari, di misure interdittive, con predeterminazione di termini di cessazione della loro efficacia, e di misure reali; 66) immediatezza e concentrazione del dibattimento; 67) divieto di esercitare le funzioni di giudice del dibattimento per colui che ha svolto nello stesso procedimento, prima di queste, funzioni di pubblico ministero o di giudice che ha emesso uno dei provvedimenti indicati nei numeri 44), 46), e 52); divieto di esercitare le funzioni di giudice in altro grado per il magistrato che ha già preso parte allo stesso procedimento giudicando nel merito o svolgendo funzioni di pubblico ministero; 68) previsione che le funzioni di pubblico ministero in udienza siano esercitate con piena autonomia; 69) disciplina della materia della prova in modo idoneo a garantire il diritto del pubblico ministero e delle parti private ad ottenere l’ammissione e l’acquisizione dei mezzi di prova richiesti, salvi casi manifesti di estraneità ed irrilevanza; 70) previsione che il pubblico ministero o il giudice al quale venga opposto, nei casi consentiti dalla legge, dai pubblici ufficiali, dai pubblici impiegati e dagli incaricati di pubblico servizio, il segreto di Stato chieda conferma al Presidente del Consiglio dei Ministri; previsione che, in caso di conferma della segretezza, ove la conoscenza di quanto oggetto del segreto sia essenziale per la definizione del processo, venga dichiarato di non doversi procedere nell’azione penale per l’esistenza di un segreto di Stato, previsione che nessun tipo di segreto possa coprire fatti, notizie o documenti concernenti reati diretti all’eversione dell’ordinamento costituzionale; previsione dei casi di se-


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greto professionale; previsione del segreto giornalistico limitatamente alle fonti delle notizie, salvo che le notizie stesse siano indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità possa essere accertata soltanto attraverso l’identificazione della fonte della notizia; 71) obbligo del segreto su tutti gli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria fino a quando gli stessi non possono essere conosciuti dall’imputato; disciplina del divieto di pubblicazione degli atti coperti dal segreto, potere del pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari di vietare con decreto motivato, cui è dato pubblicità solo successivamente, la pubblicazione di atti non più coperti dal segreto o di notizie relative a determinate indagini per il tempo strettamente necessario ad evitare pregiudizio per lo svolgimento delle stesse; divieto di pubblicazione degli atti depositati a norma del numero 58) e degli atti da assumere in dibattimento a porte chiuse; disciplina del divieto di pubblicazione delle generalità e dell’immagine dei minori parti offese, danneggiati o testimoni; previsione di sanzione per la violazione del segreto o del divieto di pubblicazione; 72) possibilità di revoca, nel contraddittorio tra tutte le parti, dei provvedimenti di ammissione della prova; 73) esame diretto dell’imputato, dei testimoni e dei periti da parte del pubblico ministero e dei difensori, con garanzie idonee ad assicurare la lealtà dell’esame, la genuinità delle risposte, la pertinenza al giudizio e il rispetto della persona, sotto la direzione e la vigilanza del presidente del collegio o del pretore, che decidono immediatamente sulle eccezioni; previsione che l’esame dei testimoni minorenni possa essere effettuato in ogni momento dal giudice, tenute presenti le esigenze di tutela della personalità; potere del presidente, anche su richiesta di altro componente il collegio, o del pretore di indicare alle parti temi nuovi od incompleti utili alla ricerca della verità e di rivolgere domande dirette all’imputato, ai testimoni ed ai periti salvo in ogni caso il diritto delle parti di concludere l’esame; potere del giudice di disporre l’assunzione di mezzi di prova; 74) divieto di arresto in udienza del testimone sospetto di testimonianza falsa o reticente; 75) obbligo del giudice del dibattimento di assumere, salvo che risulti superfluo l’assumere, le prove indicate a discarico dell’imputato sui punti costituenti oggetto delle prove a carico, nonché le prove indicate dal pubblico ministero a carico dell’imputato sui punti costituenti oggetto delle prove a discarico; 76) previsione, a condizioni specificamente determinate, del diritto delle parti di richiedere e del

Legge delega Art. 2 potere del giudice di disporre, anche d’ufficio, la lettura in dibattimento degli atti indicati nel numero 57) del presente articolo; facoltà delle parti di utilizzare, per le opportune contestazioni, gli atti depositati ai sensi del numero 58) del presente articolo; potere del giudice di allegare nel fascicolo processuale, tra gli atti utilizzati per le contestazioni, solo quelli assunti dal pubblico ministero cui il difensore ha diritto di assistere e le sommarie informazioni assunte dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero nel corso delle perquisizioni ovvero sul luogo e nell’immediatezza del fatto; previsione di una specifica diversa disciplina per gli atti assunti dal pubblico ministero di cui è sopravvenuta una assoluta impossibilità di ripetizione (3); 77) obbligo di sospendere o rinviare il dibattimento quando risulti che l’imputato o il difensore sono nell’assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento; disciplina della contumacia e dell’assenza con attribuzione al giudice del potere di disporre la comparizione o l’accompagnamento dell’imputato in casi predeterminati e quando ne sia indispensabile la presenza; 78) potere del pubblico ministero del dibattimento di procedere alla modifica dell’imputazione e di formulare nuove contestazioni inerenti ai fatti oggetto del giudizio; previsione di adeguate garanzie per la difesa; 79) previsione che, fuori dei casi di particolare complessità, la motivazione della sentenza possa essere redatta contestualmente alla decisione e sia immediatamente letta in udienza; 80) previsione di particolari garanzie nel rito della irreperibilità, con la precisazione rigorosa della procedura per la ricerca dell’imputato; ammissibilità, in sede di incidente di esecuzione, di una valutazione sul merito della procedura seguita, con eventuale restituzione in termini dell’imputato ai fini dell’impugnazione; 81) previsione che l’imputato debba dichiarare o eleggere il proprio domicilio e tempestivamente comunicare all’autorità che procede le relative variazioni; 82) potere-dovere del giudice del dibattimento, e del giudice dell’udienza preliminare nei casi previsti dal numero 52), di disporre che sia rinnovata la notificazione del decreto di citazione, quando risulta o deve ritenersi che l’imputato non ne abbia avuta conoscenza per cause diverse dalla inosservanza di quanto disposto dal numero 81), o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore; diritto della persona giudicata in contumacia di essere restituita nel termine per proporre impugnazione quando la mancata conoscenza del provvedimento da impugnare non dipende da sua colpa; previsione della rinnovazione del dibatti-


Legge delega Art. 2 mento quando l’imputato contumace nel giudizio di primo grado ne fa istanza e prova di non aver avuto conoscenza della citazione non per sua colpa o di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore; obbligo, nelle successive fasi del giudizio, inclusi il giudizio di cassazione e quello di revisione, nonché nella fase dell’esecuzione, di assicurare l’interrogatorio da parte di un magistrato all’imputato o condannato già dichiarato contumace che non abbia avuto notizia del procedimento a proprio carico; 83) decorrenza dei termini per la dichiarazione di impugnazione e per il deposito dei relativi motivi dalla data di lettura della motivazione quando questa sia contestuale alla decisione, salvo che per l’imputato contumace; determinazione della decorrenza dei suddetti termini, negli altri casi, ispirata a criteri di massima funzionalità e semplificazione; 84) ammissibilità dell’impugnazione indipendentemente dalla qualificazione ad essa data dalla parte impugnante; 85) previsione dell’impugnabilità delle sentenze di condanna o proscioglimento per l’imputazione di ingiuria o diffamazione anche da parte della parte privata; per tali sentenze il termine per l’impugnazione decorre dal giorno dell’avviso di deposito della sentenza; 86) riconoscimento del diritto di impugnazione dell’imputato prosciolto che vi abbia interesse; 87) previsione e disciplina delle impugnazioni della parte civile ai fini della tutela dei suoi interessi civili; facoltà per la parte civile e per la persona offesa dal reato di chiedere con istanza motivata al pubblico ministero di proporre impugnazione agli effetti penali; 88) possibilità di nuovi motivi dell’impugnazione entro termini prestabiliti; 89) previsione dei casi di dichiarazione in camera di consiglio della inammissibilità delle impugnazioni ivi compreso il ricorso per cassazione; previsione dei casi di dichiarazione in camera di consiglio dell’inammissibilità del ricorso per cassazione anche per manifesta infondatezza con adeguate garanzie per la difesa; 90) potere delle parti di proporre appello incidentale; perdita di efficacia dell’appello incidentale in caso di inammissibilità o di rinuncia all’appello principale; 91) previsione che il giudice d’appello possa concedere d’ufficio i benefici di legge e le circostanze attenuanti; 92) divieto di reformatio in pejus in caso di appello del solo imputato; 93) previsione di un procedimento in camera di consiglio nel contraddittorio tra le parti quando l’impugnazione ha esclusivamente per oggetto la

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specie o la misura della pena, la concessione delle circostanze attenuanti generiche o l’applicabilità di sanzioni sostitutive, o la concessione di benefici di legge; 94) rinnovazione del dibattimento nel giudizio di appello su richiesta delle parti o d’ufficio, se il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti; 95) diritto delle parti di svolgere le conclusioni davanti alla Corte di cassazione; 96) garanzie di giurisdizionalità nella fase della esecuzione, con riferimento ai provvedimenti concernenti le pene e le misure di sicurezza; obbligo di notificare o comunicare al difensore, a pena di nullità, i provvedimenti incidentali in materia di esecuzione; necessità di un giudizio di effettiva pericolosità ove questa debba essere accertata per l’applicazione, l’esecuzione o la revoca delle misure di sicurezza; impugnabilità dei provvedimenti del giudice; 97) possibilità di valutare anche in fase di esecuzione il concorso formale di reati e la continuazione, sempre che non siano stati precedentemente esclusi nel giudizio di cognizione; 98) coordinamento con i principi della presente delega dei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza anche attraverso la regolamentazione delle competenze degli organi; 99) ammissibilità della revisione anche nei casi di erronea condanna di coloro che non erano imputabili o punibili a cagione di condizione o qualità personali o della presenza di esimenti; competenza per il giudizio di revisione della corte di appello nella cui circoscrizione si trova il giudice che ha pronunziato la sentenza di primo grado; garanzia del contraddittorio e svolgimento del giudizio secondo le norme fissate per il dibattimento; impugnabilità per cassazione del provvedimento che esclude la revisione; rinvio ad altro giudice in caso di accoglimento dell’istanza di revisione; 100) riparazione dell’ingiusta detenzione e dell’errore giudiziario; 101) previsione del contraddittorio nel processo di riabilitazione; giudizio senza formalità e in camera di consiglio; acquisizione d’ufficio della documentazione processuale; 102) obbligo degli uffici con competenza sul territorio di insediamento, con esclusione della Corte di cassazione, di esaminare ed interrogare gli appartenenti a una minoranza linguistica riconosciuta nella loro madrelingua e di redigere gli atti a loro indirizzati e i verbali in tale lingua, fermi restando gli altri diritti particolari sull’uso della lingua derivanti da leggi speciali dello Stato ovvero da convenzioni o accordi internazionali ratificati e salvo tuttavia in ogni caso il diritto dell’imputato e delle altre parti private di nominare il proprio di-


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fensore a prescindere dall’appartenenza etnica o linguistica dello stesso; 103) disciplina del processo davanti al pretore in base ai principi generali di cui ai numeri precedenti, secondo criteri di massima semplificazione, con esclusione dell’udienza preliminare e con possibilità di incidenti probatori solo in casi eccezionali; distinzione delle funzioni di pubblico ministero e di giudice; modifica dell’ordinamento giudiziario al fine di garantire tale distinta attribuzione di funzioni; 104) adeguamento di tutti gli istituti processuali ai principi e criteri innanzi determinati; 105) adeguamento dell’istituto della difesa d’ufficio a criteri che ne garantiscono l’effettività. ––––––––––– (1) La direttiva è stata dichiarata costituzionalmente illegittima sull’inciso «eccezion fatta per i reati commessi in udienza» (Corte cost. 31-10-1991, n. 390). V. anche sub art. 11 c.p.p. (2) Il secondo periodo della direttiva 31 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui «vieta l’utilizzazione agli effetti del giudizio, attraverso testimonianza della stessa polizia giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni» (Corte cost. 31-1-1992, n. 24). V anche sub art. 195 c.p.p. (3) La direttiva 76 è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede il potere del giudice di allegare nel fascicolo processuale, tra gli atti utilizzati per le contestazioni, solo le sommarie informazioni assunte dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero nel corso delle perquisizioni e nell’immediatezza del fatto, e non anche le dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero» (Corte cost. 3-6-1992, n. 255). V. anche sub art. 500 c.p.p.

Art. 3. 1. Il Governo della Repubblica è delegato a disciplinare il processo a carico di imputati minorenni al momento della commissione del reato secondo i principi generali del nuovo processo penale, con le modificazioni ed integrazioni imposte dalle particolari condizioni psicologiche del minore, dalla sua maturità e dalle esigenze della sua educazione, nonché, in particolare, dall’attuazione dei seguenti criteri: a) non operatività della connessione tra procedimenti concernenti imputati minorenni al momento della commissione del fatto e procedimento concernenti imputati maggiorenni; non operatività della connessione tra procedimenti per reati commessi dallo stesso imputato, rispettivamente quando era minore e quando era maggiore degli anni diciotto; b) non ammissibilità, nel processo penale, dell’esercizio dell’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno cagionato dal reato; conseguente esclusione della efficacia vincolante della sentenza penale nel separato giudizio civile; c) disciplina della esclusione della pubblicità delle udienze penali dinanzi agli organi della ma-

Legge delega Art. 3 gistratura minorile e divieto di pubblicazione e di divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire la identificazione della persona nei cui confronti sono svolte indagini, imputata o condannata; d) obbligo del giudice di illustrare all’imputato minorenne il contenuto e le ragioni anche etico-sociali della sentenza; e) dovere del giudice di valutare compiutamente la personalità del minore sotto l’aspetto psichico, sociale e ambientale, anche ai fini dell’apprezzamento dei risultati degli interventi di sostegno disposti; facoltà del giudice di sospendere il processo per un tempo determinato, nei casi suddetti; sospensione in tal caso del corso della prescrizione; f) applicabilità delle sanzioni sostitutive delle pene detentive anche in base alla pena irrogabile in concreto; g) previsione che in casi predeterminati possano compiersi atti processuali in assenza dell’imputato minorenne, quando ciò sia necessario per la tutela della sua personalità; h) esercizio facoltativo del potere di arresto in flagranza o di fermo solo per gravi delitti; facoltatività di misure cautelari personali; potere del giudice di disporre la custodia in carcere solo per delitti di maggiore gravità e sempre che sussistano gravi e inderogabili esigenze istruttorie ovvero gravi esigenze di tutela della collettività; i) riduzione della durata massima delle misure di coercizione personale, rispetto a quella prevista dal numero 61) dell’articolo 2; ulteriore riduzione per gli imputati minori di sedici anni; l) previsione che il giudice nell’udienza preliminare possa prosciogliere anche per la non imputabilità ai sensi dell’articolo 98 del codice penale, e per la concessione del perdono giudiziale; previsione che il giudice stesso possa irrogare le pene pecuniarie e le sanzioni sostitutive e possa adottare, in caso di urgenza e in via provvisoria, provvedimenti civili di competenza dell’autorità giudiziaria minorile a protezione del minorenne imputato; previsione che contro i provvedimenti adottati nell’udienza preliminare il pubblico ministero, il difensore, l’imputato, uno dei genitori o il tutore possano proporre opposizione, in termini brevissimi, davanti al tribunale per i minorenni; m) previsione che l’esame dell’imputato minorenne sia effettuato direttamente dal giudice e che le domande poste dalle parti siano rivolte tramite lo stesso; n) attribuzione al magistrato di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni di tutti i poteri della magistratura di sorveglianza, compreso quello di concedere la liberazione condizionale;


Legge delega Artt. 4, 10 o) esclusione dell’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti penali adottati nei confronti dei minorenni; istituzione, presso ogni tribunale per i minorenni, di uno speciale casellario per l’iscrizione dei provvedimenti penali nei confronti dei minorenni nati nel distretto; invio al casellario giudiziale, al compimento del diciottesimo anno di età, delle iscrizioni dei provvedimenti di condanna a pena detentiva, anche se condizionalmente sospesa, ed eliminazione di tutte le altre iscrizioni; p) previsione di una data di entrata in vigore delle nuove disposizioni sul processo a carico di imputati minorenni non superiore a un anno dalla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Art. 4. 1. Il Governo della Repubblica è delegato a stabilire che le nuove disposizioni del codice di procedura penale entrino in vigore in un termine non superiore ad un anno dalla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Art. 5. 1. Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare le norme necessarie per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni. Art. 6. 1. Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare le norme di attuazione delle disposizioni previste negli articoli 2, 3, e 5, le norme di coordinamento delle stesse con tutte le altre leggi dello Stato, nonché le norme di carattere transitorio. Art. 7. 1. Entro tre anni dalla entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, il Governo della Repubblica può emanare disposizioni integrative e correttive, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dagli articoli 2 e 3 su conforme parere della commissione prevista dall’articolo 8, con uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria. Art. 8. 1. Entro dieci mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo invia per il parere, anche per singole parti omogenee, il testo delle nuove disposizioni sul processo penale ad una commissione composta da venti deputati e da

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venti senatori scelti, rispettivamente, dal Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente del Senato della Repubblica in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascuna componente politica costituita in gruppo in almeno un ramo del Parlamento. 2. La commissione esprime il proprio parere entro novanta giorni dalla ricezione, indicando specificamente le eventuali disposizioni che non ritiene corrispondenti alle direttive della legge di delega. 3. Il Governo nei sessanta giorni successivi, esaminato il parere o i pareri di cui al comma 2, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alla commissione per il parere definitivo sull’intero testo, parere che deve essere espresso entro trenta giorni dall’ultimo invio. 4. Il Governo procede all’approvazione definitiva delle nuove disposizioni sul processo penale entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Art. 9. 1. Entro quattro mesi dall’approvazione definitiva del nuovo codice di procedura penale il Governo invia per il parere il testo delle disposizioni di cui all’articolo 6 alla commissione indicata nell’articolo 8. Si applica, successivamente, la procedura prevista nel predetto articolo 8 ma il primo parere deve essere espresso entro sessanta giorni. 2. Le disposizioni indicate nel comma 1 sono emanate non oltre due mesi prima della data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale ed entrano in vigore contestualmente allo stesso. Art. 10. 1. La commissione istituita ai sensi dell’articolo 8 resta in carica fino alla data di emanazione del nuovo codice di procedura penale e delle norme previste dall’articolo 7. 2. La commissione elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari. 3. Per l’espletamento delle sue funzioni la commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi disposti dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra di loro.


2. DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 settembre 1988, n. 447 – Approvazione del codice di procedura penale.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la legge 16 febbraio 1987, n. 81, recante delega legislativa al Governo della Repubblica per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 gennaio 1988; Visto il parere espresso in data 16 maggio 1988 dalla Commissione parlamentare a norma dell’articolo 8 della citata legge n. 81 del 1987; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 luglio 1988; Visto il parere espresso in data 4 agosto 1988 dalla Commissione parlamentare a norma dell’articolo 8, comma 3, della citata legge n. 81 del 1987; Visto il parere espresso in data 19 luglio 1988 dal Consiglio superiore della magistratura; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 settembre 1988; Sulla proposta del Ministro di grazia e giustizia; EMANA il seguente decreto: Art.1 1. È approvato il testo del codice di procedura penale, allegato al presente decreto. 2. Le disposizioni del nuovo codice di procedura penale entrano in vigore un anno dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addì 22 settembre 1988. COSSIGA DE MITA, Presidente del Consiglio dei Ministri VASSALLI, Ministro di grazia e giustizia Visto, il Guardasigilli: VASSALLI

(Il decreto è stato pubblicato il 24 ottobre 1988 sul supplemento ordinario n. 2 alla Gazzetta Ufficiale n. 250).


___________________________________________________________________________________ I numeri tra parentesi all’interno della voce «Disposizioni correlative» indicano il comma o i commi dell’articolo cui la disposizione correlativa si riferisce.


PARTE PRIMA LIBRO PRIMO SOGGETTI

TITOLO I GIUDICE CAPO I GIURISDIZIONE Art. 1. Giurisdizione penale. (1) 1. La giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario secondo le norme di questo codice. ––––––––––– (1) In tema di giurisdizione dei tribunali militari v. anche art. 103 Cost. nonché artt. 263 e 264 Cod. pen. mil. pace e artt. 231 e 232 Cod. pen. mil. guerra. In tema di giurisdizione penale della Corte costituzionale (che è limitata ai reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione imputabili al Presidente della Repubblica art. 90 Cost.) v. artt. 134 e 135 Cost. V. anche il nuovo testo del l’art. 96 Cost. che sottopone i reati ministeriali alla giurisdizione ordinaria. Disposizioni correlative: art. 102 Cost; art. 1 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) come modificato dal D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.

Art. 2. Cognizione del giudice. 1. Il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito. 2. La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo.

––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 3, 28 e segg. 263, 324, 479.

Art. 3. Questioni pregiudiziali. 1. Quando la decisione dipende dalla risoluzione di una controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza, il giudice, se la questione è seria e se l’azione a norma delle leggi civili è già in corso, può sospendere il processo fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la questione. 2. La sospensione è disposta con ordinanza soggetta a ricorso per cassazione. La corte decide in camera di consiglio. 3. La sospensione del processo non impedisce il compimento degli atti urgenti. 4. La sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione sullo stato di famiglia o di

cittadinanza ha efficacia di giudicato nel procedimento penale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1- 3) art. 246 att. c.p.p.; (1) art. 324 c.p.c.; artt. 18, 479; (2) artt. 606, 611; (3) artt. 3, 70, 71, 343 in rel. anche artt. 346, 392, 467 (per il tipo di atti che può essere compiuto).

CAPO II COMPETENZA Sezione I Disposizione generale Art. 4. Regole per la determinazione della competenza.(1) 1. Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. ––––––––––– (1) Per i reati ministeriali la competenza appartiene in primo grado al tribunale del capoluogo del distretto di corte di appello competente per territorio (art. 11 L. cost. 16 gennaio 1989, n. 1). Disposizioni correlative: (1) artt. 56, 63, 81, 99, cod. pen.; artt. 278, 379; artt. 210, 259 att. c.p.p.

Sezione II Competenza per materia Art. 5. Competenza della corte di assise. 1. La corte di assise è competente: a) per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti di tentato omicidio, di rapina e di estorsione, comunque aggravati e i delitti previsti dall’articolo 630 comma 1 del codice penale e dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; (1) b) per i delitti consumati previsti dagli articoli 579, 580, 584, 600, 601 e 602 del codice penale; c) per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi


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previste dagli articoli 586, 588 e 593 del codice penale; d) per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione, dalla legge 9 ottobre 1967 n. 962 e nel titolo I del libro II del codice penale, sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni. ––––––––––– (1) Lettera a) così modificata dall’art. 1 D.L. 22 febbraio 1999, n. 29 conv. in L. 21 aprile 1999, n. 109. Si riporta l’articolo 3 del D.L. 22 febbraio 1999, n. 29 conv. in legge 21 aprile 1999, n. 109 recante «Nuove disposizioni in materia di competenza della corte d’assise e di interrogatorio di garanzia»: «Art. 3. - Disposizioni transitorie sulla competenza della corte di assise. - 1. L’articolo 5, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, come modificato dall’articolo 1 del presente decreto, si applica anche ai procedimenti per i delitti di rapina ed estorsione aggravata in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, salvo che, prima di tale data, sia stato dichiarato aperto il dibattimento davanti alla corte di assise. 2. Conservano efficacia gli atti compiuti e i provvedimenti emessi nei procedimenti indicati nel comma 1, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, dal giudice competente a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, come modificato dall’articolo 1 del presente decreto. 3. Le sentenze dichiarative dell’incompetenza per materia del tribunale, emesse prima della data di entrata in vigore del presente decreto nei procedimenti indicati nel comma 1, sono prive di effetto, salvo che, prima di tale data, sia stato dichiarato aperto il dibattimento davanti alla corte di assise. 3 bis. Per le impugnazioni presentate prima del 23 febbraio 1999, proposte per il solo motivo della incompetenza per materia, le parti possono disporre di ulteriori termini per presentare nuovi motivi. La stessa facoltà è riconosciuta nel caso di sentenza di annullamento pronunciata a seguito di impugnazione proposta per il solo motivo della incompetenza per materia del tribunale. 3 ter. Nei casi previsti dal comma 3 bis, il termine per la presentazione di nuovi motivi, ai sensi dell’articolo 582 del codice di procedura penale, è di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. 3 quater. Nei casi previsti dal comma 3 bis, il giudice, su richiesta dell’imputato che ha proposto nuovi motivi, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, nei limiti previsti dall’articolo 495, comma 1, del codice di procedura penale. 4. In deroga agli articoli 28 e seguenti del codice di procedura penale, la corte di assise, alla quale è stato rimesso il procedimento a seguito di una delle sentenze indicate nei commi 3 e 3 bis, dispone con ordinanza la restituzione degli atti al giudice che ha emesso la sentenza affinché pronunci nel merito o sugli altri motivi di impugnazione, presentati originariamente ovvero nel termine ulteriore di cui al comma 3 ter. 5. Se nei procedimenti indicati nel comma 1 risulta fissata un’udienza dibattimentale davanti alla corte di assise per una data successiva di oltre novanta giorni a quella di entrata in vigore del presente decreto, il presi-

Codice procedura penale Artt. 6, 7 dente della corte, qualora ritenga che la corte di assise possa dichiararsi incompetente per materia sulla base delle disposizioni del presente decreto, anticipa l’udienza ad una data compresa entro il predetto termine nelle forme previste dall’articolo 465 del codice di procedura penale». In tema di competenza vedi nota sub articolo 33 ter. Disposizioni correlative: (1) art. 259 att. c.p.p.; (1)(c):artt. 396 co. 2 n. 2, 571 co. 2, 591 co. 3 cod. pen.; artt. 18 co. 4 e 19 co. 6 L. 22 maggio 1978, n. 194 (Aborto); at. 1 co. 4 L. 10 maggio 1976, n. 342 (Dirottamento aereo); (1) (d) artt. 241-313 cod. pen.

Art. 6. Competenza del tribunale. (1) 1. Il tribunale è competente per i reati che non appartengono alla competenza della corte di assise o del giudice di pace (2). ––––––––––– (1) Articolo sostituito dall’art. 166 del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. In tema di competenza vedi nota sub art. 33 ter. (2) Le parole «o del giudice di pace» sono state aggiunte dall’art. 47 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Per l’entrata in vigore delle disposizioni sul giudice di pace, vedi l’art. 65 del citato D.Lgs. 274/2000.

[Art. 7. (1) Competenza del pretore. 1. Il pretore è competente per i reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena detentiva. 2. Il pretore è inoltre competente per i seguenti reati: a) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 336 comma 1 del codice penale; b) resistenza a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 337 del codice penale; c) oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell’articolo 343 comma 2 del codice penale; d) violazione di sigilli aggravata a norma dell’articolo 349 comma 2 del codice penale; e) favoreggiamento reale previsto dall’articolo 379 del codice penale; f) maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli, quando non ricorre l’aggravante prevista dall’articolo 572 comma 2 del codice penale; g) rissa aggravata a norma dell’articolo 588 comma 2 del codice penale, con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime; h) omicidio colposo previsto dall’articolo 589 del codice penale; i) violazione di domicilio aggravata a norma dell’articolo 614 comma 4 del codice penale; l) furto aggravato a norma dell’articolo 625 del codice penale;


Codice procedura penale Artt. 8, 11 m) truffa aggravata a norma dell’articolo 640 comma 2 del codice penale; n) ricettazione prevista dall’articolo 648 del codice penale.] ––––––––––– (1) Articolo abrogato dall’art. 218 D.Lgs. 51/98.

Sezione III Competenza per territorio Art. 8. Regole generali. 1. La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato. (1) 2. Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone, è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l’azione o l’omissione. 3. Se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone. 4. Se si tratta di delitto tentato, è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il delitto. ––––––––––– (1) Per i reati ministeriali, v. nota 1 all’art. 4. Disposizioni correlative: (4) art. 56 cod. pen.; (1-4) art. 12, 15-17 per il caso del reato continuato; artt. 258-259 att. c.p.p.

Art. 9. Regole suppletive. 1. Se la competenza non può essere determinata a norma dell’articolo 8, è competente il giudice dell’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione. (1) 2. Se non è noto il luogo indicato nel comma 1, la competenza appartiene successivamente al giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell’imputato. 3. Se nemmeno in tale modo è possibile determinare la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall’articolo 335. ––––––––––– (1) Ai fini della competenza per territorio, in tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, è irrilevante la costituzione di associazioni minori con sedi formali in luogo diverso da quello in cui si è costituito ed è operante il sodalizio criminoso, qualora si tratti di articolazioni non autonome e confluenti, anche come zona concreta di operatività, nel sodalizio principale al fine di assicurare la realizzazione del programma criminoso (Proc. Gen. Cass. 25 febbraio 1992, Viezzoli, in Cass. pen. 1992, n. 1305). Disposizioni correlative: (1-3) art. 259 att. c.p.p.; (2) artt. 60, 61; art. 43 cod. civ.; (3) artt. 330 e segg.

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Art. 10. Competenza per reati commessi all’estero. 1. Se il reato è stato commesso interamente all’estero, la competenza è determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, dell’arresto o della consegna dell’imputato. Nel caso di pluralità di imputati, procede il giudice competente per il maggior numero di essi. 2. Se non è possibile determinare nei modi indicati nel comma 1 la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall’articolo 335. 3. Se il reato è stato commesso in parte all’estero, la competenza è determinata a norma degli articoli 8 e 9. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 259 att. c.p.p.; (1) art. 240 cod. nav.; art. 4 cod. pen.; artt. 16, 380, 720 e seg.; art. 43 cod. civ.; (2) artt. 330 e seg.

Art. 11. (1) Competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati. 1. I procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato, che secondo le norme di questo capo sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di corte d’appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni o le esercitava al momento del fatto, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello determinato dalla legge. 2. Se nel distretto determinato ai sensi del comma 1 il magistrato stesso è venuto ad esercitare le proprie funzioni in un momento successivo a quello del fatto, è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso distretto di corte d’appello determinato ai sensi del medesimo comma 1. 3. I procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato sono di competenza del medesimo giudice individuato a norma del comma 1. ––––––––––– (1) Articolo sostituito dalla L. 2 dicembre 1998, n. 420. Ai sensi dell’Art.8 della medesima legge, «l’articolo 11 del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della presente legge, si applica ai procedimenti relativi ai reati commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge». Si riporta la tabella relativa agli spostamenti di competenza per i procedimenti penali nei quali un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato.


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_______________________________________________ Dal distretto di . . . . . . . . . . . Al distretto di _______________________________________________ Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Perugia Perugia . . . . . . . . . . . . . . . . . Firenze Firenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . Genova Genova . . . . . . . . . . . . . . . . . Torino Torino . . . . . . . . . . . . . . . . . . Milano Milano . . . . . . . . . . . . . . . . . . Brescia Brescia . . . . . . . . . . . . . . . . . . Venezia Venezia . . . . . . . . . . . . . . . . . Trento Trento . . . . . . . . . . . . . . . . . . Trieste Trieste . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bologna Bologna . . . . . . . . . . . . . . . . . Ancona Ancona . . . . . . . . . . . . . . . . . L’Aquila L’Aquila . . . . . . . . . . . . . . . . . Campobasso Campobasso . . . . . . . . . . . . . Bari Bari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lecce Lecce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Potenza Potenza . . . . . . . . . . . . . . . . . Catanzaro Cagliari . . . . . . . . . . . . . . . . . Palermo Palermo . . . . . . . . . . . . . . . . . Caltanissetta Caltanissetta . . . . . . . . . . . . . Catania Catania . . . . . . . . . . . . . . . . . Messina Messina . . . . . . . . . . . . . . . . . Reggio Calabria Reggio Calabria . . . . . . . . . . Catanzaro Catanzaro . . . . . . . . . . . . . . . Salerno Salerno . . . . . . . . . . . . . . . . . Napoli Napoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . Roma

Art. 11 bis. (1) Competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati della Direzione nazionale antimafia. 1. I procedimenti in cui assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato un magistrato addetto alla Direzione nazionale antimafia di cui all’art. 76 bis dell’ordinamento giudiziario, approvato con R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, sono di competenza del giudice determinato ai sensi dell’art. 11. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 1 L. 2 dicembre 1998, n. 420.

Sezione IV Competenza per connessione Il regime della competenza per connessione è stato profondamente modificato ad opera dell’art. 1 D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini per reati di criminalità organizzata). Art. 12. (1) Casi di connessione. 1. Si ha connessione di procedimenti: a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l’evento; b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso;

Codice procedura penale Artt. 11 bis, 13 c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri [o in occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità.] (2) ––––––––––– (1) L’art. 12 comma 1 lett. b) e c) è stato così modificato dall’articolo 1 D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini...). (2) Parole soppresse dall’art. 1, co. 1, L. 1° marzo 2001, n. 63 (in G.U. 22 marzo 2001, n. 68). (3) Si riporta l’art. 25, L. 63/2001 cit. che così dispone: «Art. 25 - 1. Ai fini della determinazione della compe tenza per materia e per territorio le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1, si applicano solo per i reati commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge». (4) Si riporta l’art. 26, L. 63/2001 cit. che così dispone: «Art. 26. - 1. Nei processi penali in corso alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano le disposizioni degli articoli precedenti salvo quanto stabilito nei commi da 2 a 5. 2. Se il procedimento è ancora nella fase delle indagini preliminari, il pubblico ministero provvede a rinnovare l’esame dei soggetti indicati negli articoli 64 e 197 bis del codice di procedura penale, come rispettivamente modificato e introdotto dalla presente legge, secondo le forme ivi previste. 3. Le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare, se già acquisite al fascicolo per il dibattimento, sono valutate a norma dei commi 3, 4, 5 e 6 del previgente articolo 500 del codice di procedura penale. 4. Quando le dichiarazioni di cui al comma 3 sono state rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’esame dell’imputato o del difensore, si applica la disposizione del comma 2 dell’articolo 1 del decretolegge 7 gennaio 2000, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2000, n. 35, soltanto se esse siano state acquisite al fascicolo per il dibattimento anteriormente alla data del 25 febbraio 2000. Se sono state acquisite successivamente, si applica il comma 1-bis dell’articolo 526 del codice di procedura penale, come introdotto dall’art. 19 della presente legge. 5. Alle dichiarazioni acquisite al fascicolo per il dibattimento, e già valutate ai fini delle decisioni, si applicano nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione le disposizioni vigenti in materia di valutazione della prova al momento delle decisioni stesse». Disposizioni correlative: (1) artt. 41, 81, 110, 113 cod. pen.; art. 259 att. c.p.p.

Art. 13. Connessione di procedimenti di competenza di giudici ordinari e speciali. (1) 1. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza di un giudice ordinario e altri a quella della Corte costituzionale, è competente per tutti quest’ultima. 2. Fra reati comuni e reati militari, la connessione di procedimenti opera soltanto quando il reato comune è più grave di quello militare, avuto riguardo ai criteri previsti dall’articolo 16 comma 3. In tale caso, la competenza per tutti i reati è del giudice ordinario. ––––––––––– (1) V. L. cost. 16 gennaio 1989, n. 1 recante «Modifiche


Codice procedura penale Artt. 14, 18 degli artt. 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 e norme in materia di procedimenti per i reati di cui all’art. 96 della Costituzione». Disposizioni correlative: (1) art. 134 Cost.; (2) art. 264 cod. pen. mil. pace; (1-2) art. 259 att. c.p.p.

Art. 14. Limiti alla connessione nel caso di reati commessi da minorenni. 1. La connessione non opera fra procedimenti relativi a imputati che al momento del fatto erano minorenni e procedimenti relativi a imputati maggiorenni. 2. La connessione non opera, altresì, fra procedimenti per reati commessi quando l’imputato era minorenne e procedimenti per reati commessi quando era maggiorenne. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 3, 8 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Minorenni).

Art. 15. (1) Competenza per materia determinata dalla connessione. 1. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza della corte di assise ed altri a quella del tribunale, è competente per tutti la corte di assise. ––––––––––– (1) Articolo così sostituito dall’art. 167 D.Lgs. 51/98.

Art. 16. Competenza per territorio determinata dalla connessione. 1. La competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia appartiene al giudice competente per il reato più grave e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato. 2. Nel caso previsto dall’articolo 12 comma 1 lettera a) se le azioni od omissioni sono state commesse in luoghi diversi e se dal fatto è derivata la morte di una persona, è competente il giudice del luogo in cui si è verificato l’evento. 3. I delitti si considerano più gravi delle contravvenzioni. Fra delitti o fra contravvenzioni si considera più grave il reato per il quale è prevista la pena più elevata nel massimo ovvero, in caso di parità dei massimi, la pena più elevata nel minimo; se sono previste pene detentive e pene pecuniarie, di queste si tiene conto solo in caso di parità delle pene detentive. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 4.

CAPO III RIUNIONE E SEPARAZIONE DI PROCESSI Art. 17. Riunione di processi. 1. La riunione di processi pendenti nello stesso stato e grado davanti al medesimo giudice può essere disposta quando non determini un ritardo nella definizione degli stessi (1):

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a) nei casi previsti dall’articolo 12; b) [soppressa] (2); c) nei casi previsti dall’articolo 371, comma 2, lettera b) (3). 1 bis. Se alcuni dei processi pendono davanti al tribunale collegiale ed altri davanti al tribunale monocratico, la riunione è disposta davanti al tribunale in composizione collegiale. Tale composizione resta ferma anche nel caso di successiva separazione dei processi (4) (5).

––––––––––– (1) Alinea così modificato dall’art. 1, co. 2, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) Lettera soppressa dall’art. 1, comma 2, D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini…). (3) Le originarie lettere c) e d) sono state così sostituite dall’art. 1, co. 3, L. 63/2001 cit. Il testo originario così riportava: «c) nei casi di reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre; d) nei casi in cui la prova di un reato o di una circostanza di esso influisce sulla prova di un altro reato o di una sua circostanza». (4) Comma introdotto dall’art. 168 D.Lgs. 51/98. (5) A norma degli artt. 17 e 19 c.p.p. la riunione in senso tecnico può avere ad oggetto solo processi e non procedimenti e può essere disposta dal giudice, non dal pubblico ministero. Ciò non toglie che il pubblico ministero abbia facoltà di esperire indagini contestuali e congiunte relativamente a distinti procedimenti, senza che ciò possa produrre gli effetti tipici della riunione dei processi come quello dello spostamento della compe tenza (Cass. 4 agosto 1992, Viola in Giust. pen. 1992, III, n. 170). Disposizioni correlative: artt. 33 bis, 33 ter, 610; artt. 2, 259 att. c.p.p.

Art. 18. Separazione di processi. 1. La separazione di processi è disposta, salvo che il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti: a) se, nell’udienza preliminare, nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni è possibile pervenire prontamente alla decisione, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni è necessario acquisire ulteriori informazioni a norma dell’articolo 422; b) se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni è stata ordinata la sospensione del procedimento; c) se uno o più imputati non sono comparsi al dibattimento per nullità dell’atto di citazione o della sua notificazione, per legittimo impedimento o per mancata conoscenza incolpevole dell’atto di citazione; d) se uno o più difensori di imputati non sono comparsi al dibattimento per mancato avviso ovvero per legittimo impedimento; e) se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni l’istruzione dibattimentale risulta conclusa, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni è necessario il com-


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pimento di ulteriori atti che non consentono di pervenire prontamente alla decisione. e bis) se uno o più imputati dei reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), è prossimo ad essere rimesso in libertà per scadenza dei termini per la mancanza di altri titoli di detenzione (1). 2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, la separazione può essere altresì disposta, sull’accordo delle parti, qualora il giudice la ritenga utile ai fini della speditezza del processo.

––––––––––– (1) Lettera aggiunta dall’art. 1, co. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L.19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione aggiunta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L.cit.). Disposizioni correlative: (1) (a) art. 416; (1) (b) artt. 3, 41, 47, 71, 344, 479; (1) (c) artt. 485, 487; (1) (d) artt. 178179, 486; (1) (e) artt. 496-515; (1) art. 610.

Art. 19. Provvedimenti sulla riunione e separazione. 1. La riunione e la separazione di processi sono disposte con ordinanza, anche di ufficio, sentite le parti. CAPO IV PROVVEDIMENTI SULLA GIURISDIZIONE E SULLA COMPETENZA Art. 20. Difetto di giurisdizione. 1. Il difetto di giurisdizione è rilevato, anche di ufficio, in ogni stato e grado del procedimento. 2. Se il difetto di giurisdizione è rilevato nel corso delle indagini preliminari, si applicano le disposizioni previste dall’articolo 22 commi 1 e 2. Dopo la chiusura delle indagini preliminari e in ogni stato e grado del processo il giudice pronuncia sentenza e ordina, se del caso, la trasmissione degli atti all’autorità competente. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) artt. 326 e segg., 405.

Art. 21. Incompetenza. 1. L’incompetenza per materia è rilevata, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo, salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo 23 comma 2. 2. L’incompetenza per territorio è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall’articolo 491 comma 1. Entro quest’ultimo termine deve essere riproposta l’eccezione di incompetenza respinta nell’udienza preliminare. 3. L’incompetenza derivante da connessione è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro i termini previsti dal comma 2. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) artt. 173, 424.

Codice procedura penale Artt. 19, 24 Art. 22. Incompetenza dichiarata dal giudice per le indagini preliminari. 1. Nel corso delle indagini preliminari il giudice, se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero. 2. L’ordinanza pronunciata a norma del comma 1 produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto. 3. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, la dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 328; (3) art. 405.

Art. 23. Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado. (1) 1. Se nel dibattimento di primo grado il giudice ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al giudice competente. 2. Se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l’incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall’articolo 491 comma 1. Il giudice, se ritiene la propria incompetenza, provvede a norma del comma 1. ––––––––––– (1) L’art. 23 comma 1 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte cost. 11 marzo 1993, n. 76) «nella parte in cui dispone che, quando il giudice del dibattimento dichiara la propria incompetenza per materia, ordina la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al pubblico ministero presso quest’ultimo» perché l’imputato viene privato della possibilità di richiedere il giudizio abbreviato...» e cioè un tipo di giudizio (v. artt. 438-443 c.p.p.) che comporta per l’imputato notevoli benefici specie in termini sanzionatori e che lo stesso imputato non aveva richiesto o non aveva potuto ottenere, ma sulla base di un errore del pubblico ministero nella individuazione del giudice competente. La Corte cost. si è poi pronunciata con sentenza 15 marzo 1996, n. 70 dichiarando la illegittimità dell’art. 23, comma 1 nella parte in cui prevede la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al pubblico ministero presso quest’ultimo quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la propria incompetenza per territorio. Disposizioni correlative: (2) artt. 173, 516 e segg.

Art. 24. Decisioni del giudice di appello sulla competenza. 1. Il giudice di appello pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al giudice di primo grado competente quando riconosce che il giudice di primo grado era incompetente per materia a norma dell’articolo 23 comma 1 ovvero per territorio o per connessione, purché, in tali ultime ipotesi, l’incompetenza sia stata eccepita a norma dell’articolo 21


Codice procedura penale Artt. 25, 29 e l’eccezione sia stata riproposta nei motivi di appello. 2. Negli altri casi il giudice di appello pronuncia nel merito, salvo che si tratti di decisione inappellabile.

––––––––––– L’art. 24 comma 1 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte cost. 5 maggio 1993, n. 214) nella parte in cui dispone che a seguito dell’annullamento della sentenza di primo grado per incompetenza per materia, gli atti sono trasmessi al giudice ritenuto competente, anziché al pubblico ministero presso quest’ultimo. Con sentenza 15 marzo 1996, n. 70 la Corte cost. ha dichiarato la illegittimità dell’art. 24 comma 1 nella parte in cui dispone che, a seguito dell’annullamento della sentenza di primo grado per incompetenza per territorio, gli atti sono trasmessi al giudice competente anziché al pubblico ministero presso quest’ultimo. Disposizioni correlative: (1) artt. 581, 604; (2) art. 593.

Art. 25. Effetti delle decisioni della corte di cassazione sulla giurisdizione e sulla competenza. 1. La decisione della corte di cassazione sulla giurisdizione o sulla competenza è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice superiore. Art. 26. Prove acquisite dal giudice incompetente. 1. L’inosservanza delle norme sulla competenza non produce l’inefficacia delle prove già acquisite. 2. Le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia, se ripetibili, sono utilizzabili soltanto nell’udienza preliminare e per le contestazioni a norma degli articoli 500 e 503. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 54, 185; (2) artt. 191, 416 e seg.

Art. 27 Misure cautelari disposte dal giudice incompetente. 1. Le misure cautelari disposte dal giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente per qualsiasi causa cessano di avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non provvede a norma degli articoli 292, 317 e 321.

––––––––––– 1 La disposizione dell’art. 27 c.p.p., stabilendo che la misura cautelare personale adottata dal giudice dichiaratosi incompetente cessa di avere efficacia se, entro il ventesimo giorno dalla ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice dichiarato competente non emette ordinanza ex art. 292 c.p.p., non impedisce che quest’ultimo possa, dopo la scadenza del termine, emettere autonomo provvedimento applicativo di misura della stessa specie, sulla base degli elementi già valutati dal giudice dichiaratosi incompetente (Cass. 25 marzo 1992, Jannelli da C.E.D. Cass. n. 190369). 2 Nell’ipotesi di caducazione della misura cautelare a norma dell’art. 27 c.p.p., si rende necessario l’interrogato-

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rio dell’indagato da parte del giudice competente cui siano stati trasmessi gli atti. L’interrogatorio deve avvenire nel termine perentorio fissato nell’art. 294 comma 1 c.p.p. decorrente dal nuovo inizio di esecuzione della custodia. Non rileva che la persona in stato di custodia sia stata già interrogata in precedenza dal giudice dichiaratosi incompetente. Un nuovo interrogatorio da parte del giudice competente è invece superfluo se quel giudice emette la nuova ordinanza di custodia cautelare prima della caducazione della misura cautelare emessa dall’altro giudice (Cass. 20 maggio 1992, Polverino da C.E.D. Cass. n. 190637). Disposizioni correlative: (1) artt. 272 e segg., 291.

CAPO V CONFLITTI DI GIURISDIZIONE E DI COMPETENZA Art. 28. Casi di conflitto. 1. Vi è conflitto quando in qualsiasi stato e grado del processo: (1) a) uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona; b) due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona. 2. Le norme sui conflitti si applicano anche nei casi analoghi a quelli previsti dal comma 1. Tuttavia, qualora il contrasto sia tra giudice dell’udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest’ultimo. (2) 3. Nel corso delle indagini preliminari, non può essere proposto conflitto positivo fondato su ragioni di competenza per territorio determinata dalla connessione. ––––––––––– (1) In tema di competenza è inammissibile il conflitto tra p.m. e giudice. I contrasti tra pubblici ministeri sono risolvibili nel quadro dell’organizzazione dell’ufficio (v. art. 54 c.p.p.), mentre nei contrasti tra giudici (conflitti di competenza) il p.m. può legittimamente inserirsi nei modi previsti per la denuncia di conflitto ad uno dei due giudici (Cass. 14 ottobre 1991, Palladino in Arch. n. proc. pen. 1992, p. 438). (2) La norma di cui al comma 2 dell’art. 28 c.p.p. regola preventivamente il contrasto tra il giudice dell’udienza preliminare e quello del dibattimento attribuendo ope legis prevalenza alla decisione di quest’ultimo. La disposizione non è illegittima costituzionalmente (v. Corte cost., ord. 30 maggio 1991, n. 241) e deve essere osservata in ogni altro caso di contrasto tra il giudice del dibattimento e il g.i.p. quando questi provveda a disporre il giudizio senza il tramite dell’udienza preliminare (Cass. 22 aprile 1992, Sicurella da C.E.D. Cass. n. 190699). Disposizioni correlative: (3) artt. 16, 54, 326 e segg.; art. 6 reg.

Art. 29. Cessazione del conflitto. 1. I conflitti previsti dall’articolo 28 cessano per effetto del provvedimento di uno dei giudici che dichiara, anche di ufficio, la propria competenza o la propria incompetenza.


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Art. 30. Proposizione del conflitto. 1. Il giudice che rileva un caso di conflitto pronuncia ordinanza con la quale rimette alla corte di cassazione copia degli atti necessari alla sua risoluzione con l’indicazione delle parti e dei difensori. 2. Il conflitto può essere denunciato dal pubblico ministero presso uno dei giudici in conflitto ovvero dalle parti private. La denuncia è presentata nella cancelleria di uno dei giudici in conflitto, con dichiarazione scritta e motivata alla quale è unita la documentazione necessaria. Il giudice trasmette immediatamente alla corte di cassazione la denuncia e la documentazione nonché copia degli atti necessari alla risoluzione del conflitto, con l’indicazione delle parti e dei difensori e con eventuali osservazioni. 3. L’ordinanza e la denuncia previste dai commi 1 e 2 non hanno effetto sospensivo sui procedimenti in corso. (1) ––––––––––– (1) La norma che impedisce l’effetto sospensivo della proposizione del conflitto non è costituzionalmente illegittima (Corte cost. 16 febbraio 1993, n. 59).

Art. 31. Comunicazione al giudice in conflitto. 1. Il giudice che ha pronunciato l’ordinanza o ricevuto la denuncia previste dall’articolo 30 ne dà immediata comunicazione al giudice in conflitto. 2. Questi trasmette immediatamente alla corte di cassazione copia degli atti necessari alla risoluzione del conflitto, con l’indicazione delle parti e dei difensori e con eventuali osservazioni. Art. 32. Risoluzione del conflitto. 1. I conflitti sono decisi dalla corte di cassazione con sentenza in camera di consiglio secondo le forme previste dall’articolo 127. La corte assume le informazioni e acquisisce gli atti e i documenti che ritiene necessari. 2. L’estratto della sentenza è immediatamente comunicato ai giudici in conflitto e al pubblico ministero presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private. 3. Si applicano le disposizioni degli articoli 25, 26 e 27, ma il termine previsto da quest’ultimo articolo decorre dalla comunicazione effettuata a norma del comma 2. CAPO VI CAPACITÀ E COMPOSIZIONE DEL GIUDICE Art. 33. (1) Capacità del giudice. 1. Le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario. 2. Non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sulla destinazione del giu-

Codice procedura penale Artt. 30, 33 bis dice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici. 3. Non si considerano altresì attinenti alla capacità del giudice né al numero dei giudici necessario per costituire l’organo giudicante le disposizioni sull’attribuzione degli affari penali al tribunale collegiale o monocratico. ––––––––––– (1) Articolo sostituito dall’art. 169 D.Lgs. 51/98. Disposizioni correlative: artt. 33 quinquies, 178.

Art. 33 bis. (1) Attribuzioni del tribunale in composizione collegiale. 1. Sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale i seguenti reati, consumati o tentati: a) delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 3), 4) e 5), sempre che per essi non sia stabilita la competenza della corte di assise; b) delitti previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, esclusi quelli indicati dagli articoli 329, 331, primo comma, 332, 334 e 335; c) delitti previsti dagli articoli 416, 416 bis, 416 ter, 420, terzo comma, 429, secondo comma, 431, secondo comma, 432, terzo comma, 433, terzo comma, 440, 449, secondo comma, 452, primo comma, numero 2, 513 bis, 564, da 600 bis a 600 sexies puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, 609 bis, 609 quater e 644 del codice penale; d) reati previsti dal titolo XI del codice civile, nonché dalle disposizioni che ne estendono l’applicazione a soggetti diversi da quelli in essi indicati; (2) e) delitti previsti dall’articolo 1136 del codice della navigazione; f) delitti previsti dagli articoli 6 e 11 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1; g) delitti previsti dagli articoli 216, 223, 228 e 234 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in materia fallimentare, nonché dalle disposizioni che ne estendono l’applicazione a soggetti diversi da quelli in essi indicati; h) delitti previsti dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43, ratificato dalla legge 17 aprile 1956, n. 561, in materia di associazioni di carattere militare; i) delitti previsti dalla legge 20 giugno 1952, n. 645, attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione; i bis) delitti previsti dall’articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (3). l) delitto previsto dall’articolo 18 della legge 22 maggio 1978, n. 194, in materia di interruzione volontaria della gravidanza;


Codice procedura penale Artt. 33 ter, 33 septies m) delitto previsto dall’articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, in materia di associazioni segrete; n) delitto previsto dall’articolo 29, secondo comma, della legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di misure di prevenzione; o) delitto previsto dall’articolo 12 quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, in materia di trasferimento fraudolento di valori; p) delitti previsti dall’articolo 6, commi 3 e 4, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa; q) delitti previsti dall’articolo 10 della legge 18 novembre 1995, n. 496, in materia di produzione e uso di armi chimiche. 2. Sono attribuiti altresì al tribunale in composizione collegiale, salva la disposizione dell’articolo 33 ter, comma 1, i delitti puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, anche nell’ipotesi del tentativo. Per la determinazione della pena si osservano le disposizioni dell’articolo 4. (4) ––––––––––– (1) Articolo introdotto dall’art. 169 D.Lgs. 51/98 e poi sostituito dall’art. 10 L. 16 dicembre 1999, n. 479. (2) Lettera così sostituita dall’art. 6 D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61. (3) Lettera inserita dall’art. 5, co. 1, L. 19 marzo 2001, n. 92. (4) Il comma 2 è stato successivamente così modificato dall’art. 2-bis D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. Vedi anche nota sub art. 33 ter.

Art. 33 ter. (1) Attribuzioni del tribunale in composizione monocratica. 1. Sono attribuiti al tribunale in composizione monocratica i delitti previsti dall’articolo 73 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sempre che non siano contestate le aggravanti di cui all’articolo 80 del medesimo testo unico. (2) 2. Il tribunale giudica in composizione monocratica, altresì, in tutti i casi non previsti dall’articolo 33 bis o da altre disposizioni di legge. ––––––––––– (1) V. nota (1) sub art. 33 bis. (2) Il comma 1 è stato così modificato dall’art. 2 bis D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. Il decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 – che con l’art. 166 ha sostituito l’art. 6 c.p.p. – e la legge 16 dicembre 1999, n. 479 – che con l’art. 10 ha sostituito gli artt. 33 bis e 33 ter, introdotti dal decreto legislativo – hanno profondamente innovato circa la competenza per materia del giudice penale. Essa viene ora, a seguito della introduzione del «giudice unico», ripartita fra due organi giurisdizionali di primo grado: la corte di assise (art. 5) ed il

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tribunale (art. 6) che, a sua volta, può giudicare in composizione collegiale o monocratica, secondo le regole fissate, rispettivamente, dagli artt. 33 bis e 33 ter. Essendo stato, dunque, soppresso l’ufficio del pretore, ne consegue che le comunicazioni delle notizie di reato dovranno essere tutte trasmesse al procuratore della Repubblica presso il Tribunale, anche quelle riguardanti il Giudice di Pace.

Art. 33 quater. (1) Effetti della connessione sulla composizione del giudice. 1. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla cognizione del tribunale in composizione collegiale ed altri a quella del tribunale in composizione monocratica, si applicano le disposizioni relative al procedimento davanti al giudice collegiale, al quale sono attribuiti tutti i procedimenti connessi. ––––––––––– (1) Articolo aggiunto dall’art. 169 D.Lgs. 51/98.

CAPO VI BIS PROVVEDIMENTI SULLA COMPOSIZIONE COLLEGIALE O MONOCRATICA DEL TRIBUNALE Art. 33 quinquies. (1) Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale. 1. L’inosservanza delle disposizioni relative all’attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica e delle disposizioni processuali collegate è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’udienza preliminare o, se questo manca, entro il termine previsto dall’articolo 491, comma 1. Entro quest’ultimo termine deve essere riproposta l’eccezione respinta nell’udienza preliminare. ––––––––––– (1) Gli artt. da 33 quinquies a 33 nonies sono stati introdotti dall’articolo 170 D.Lgs. 51/98.

Art. 33 sexies. (1) Inosservanza dichiarata nell’udienza preliminare. 1. Se nell’udienza preliminare il giudice ritiene che per il reato deve procedersi con citazione diretta a giudizio pronuncia, nei casi previsti dall’articolo 550, ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero per l’emissione del decreto di citazione a giudizio a norma dell’articolo 552. 2. Si applicano le disposizioni previste dagli articoli 424, commi 2 e 3, 553 e 554. ––––––––––– (1) L’articolo, inserito dall’art. 170 del D.Lgs. 51/98, è stato interamente sostituito dall’art. 47 della L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 33 septies. (1) Inosservanza dichiarata nel dibattimento di primo grado. 1. Nel dibattimento di primo grado instaurato a seguito dell’udienza preliminare, il giudice, se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione diversa, trasmette gli atti, con ordi-


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nanza, al giudice competente a decidere sul reato contestato. 2. Fuori dai casi previsti dal comma 1, se il giudice monocratico ritiene che il reato appartiene alla cognizione del collegio, dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero. 3. Si applica la disposizione dell’articolo 420 ter, comma 4. ––––––––––– (1) L’articolo, inserito dall’art. 170 del D.Lgs. 51/98, è stato interamente sostituito dall’art. 47 della L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 33 octies. (1) Inosservanza dichiarata dal giudice di appello o dalla corte di cassazione. 1. Il giudice di appello o la corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado quando ritiene l’inosservanza delle disposizioni sull’attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica, purché la stessa sia stata tempestivamente eccepita e l’eccezione sia stata riproposta nei motivi di impugnazione. 2. Il giudice di appello pronuncia tuttavia nel merito se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione monocratica. ––––––––––– (1) V. sub art. 33 quinquies.

Art. 33 nonies. (1) Validità delle prove acquisite. 1. L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale non determina l’invalidità degli atti del procedimento, né l’utilizzazione delle prove già acquisite. ––––––––––– (1) V. sub art. 33 quinquies.

CAPO VII INCOMPATIBILITÀ, ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE Art. 34. Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento. 1. Il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non può esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, né partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento o al giudizio per revisione. 2. Non può partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare o ha disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale di condanna o ha deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere. 2 bis. Il giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato funzioni di giudice per le indagini

Codice procedura penale Artt. 33 octies, 34 preliminari non può emettere il decreto penale di condanna, né tenere l’udienza preliminare; inoltre, anche fuori dei casi previsti dal comma 2, non può partecipare al giudizio. 2 ter. Le disposizioni del comma 2 bis non si applicano al giudice che nel medesimo procedimento abbia adottato uno dei seguenti provvedimenti: a) le autorizzazioni sanitarie previste dall’articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354; b) i provvedimenti relativi ai permessi di colloquio, alla corrispondenza telefonica e al visto di controllo sulla corrispondenza, previsti dall’articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354; c) i provvedimenti relativi ai permessi previsti dall’articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n. 354; d) il provvedimento di restituzione nel termine di cui all’articolo 175; e) il provvedimento che dichiara la latitanza a norma dell’articolo 296. 2 quater. Le disposizioni del comma 2 bis non si applicano inoltre al giudice che abbia provveduto all’assunzione dell’incidente probatorio o comunque adottato uno dei provvedimenti previsti dal titolo VII del libro quinto. 3. Chi ha esercitato funzioni di pubblico ministero o ha svolto atti di polizia giudiziaria o ha prestato ufficio di difensore, di procuratore speciale, di curatore di una parte ovvero di testimone, perito, consulente tecnico o ha proposto denuncia, querela, istanza o richiesta o ha deliberato o ha concorso a deliberare l’autorizzazione a procedere non può esercitare nel medesimo procedimento l’ufficio di giudice. ––––––––––– L’articolo è stato così modificato dall’art. 171 D.Lgs. 51/98 e il co. 2 ter è stato introdotto dall’art. 11 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il comma 2 quater è stato introdotto dall’art. 2 quater D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. (1) La Corte costituzionale, con sentenza 4-6 luglio 2001, n. 224 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 34, comma 1, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudice dell’udienza preliminare del giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza, poi annullata, nei confronti del medesimo imputato e per lo stesso fatto. (2) L’art. 34 comma 2 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo: a) nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari (presso la pretura e il tribunale) che, respinta la richiesta di archiviazione, abbia ordinato al pubblico ministero di formulare l’imputazione; b) nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a partecipare al giudizio del giudice per le indagini preliminari che ha rigettato la richiesta di decreto penale di condanna (respingendo la richiesta di decreto, il giudice ha controllato anche il merito della richiesta stessa e non solo i presupposti del rito. Ha infatti valutato che la misura di pena richiesta dal pubblico ministero era troppo elevata o troppo bassa rispetto a quella congrua: il che gli impedi-


Codice procedura penale Art. 34 sce di partecipare al successivo giudizio ordinario instaurato) (Corte cost. 30 dicembre 1991, n. 502); c) nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a partecipare all’udienza dibattimentale del giudice per le indagini preliminari presso la pretura che abbia respinto la richiesta di applicazione della pena concordata per la ritenuta non concedibilità di circostanze attenuanti (Corte cost. 25 marzo 1992, n. 124); d) nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a partecipare al giudizio del giudice che abbia rigettato la richiesta di «patteggiamento», ex art. 444 c.p.p. (Corte cost. 22 aprile 1992, n. 186 come corretta con ord. Corte cost. 313/1992); e) nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a procedere al dibattimento del pretore che, prima dell’apertura del dibattimento stesso, abbia respinto la richiesta di «patteggiamento» (per il ritenuto non ricorrere di un’ipotesi attenuata del reato contestato) (Corte cost. 26 ottobre 1992, n. 399). Con sentenza 17 dicembre 1993, n. 439, la Corte costituzionale ha infine dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2, dell’art. 34 nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a partecipare al giudizio abbreviato nei confronti del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di cui all’art. 444 dello stesso codice. La Corte Costituzionale ha ancora statuito con sentenza 15-30 dicembre 1994, n. 453, l’illegittimità dell’art. 34, comma 2, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice per le indagini prelilinari il quale, per la ritenuta diversità del fatto, sulla base di una valutazione del complesso delle indagini preliminari, abbia rigettato la domanda di oblazione. La Corte costituzionale ha – per l’ennesima volta – sancito, con sentenza 15-30 dicembre 1994, n. 455, l’illegittimità dell’art. 34, comma 2, nella parte in cui non pre vede l’incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che abbia all’esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del mede simo imputato, ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell’art. 521, comma 2, del codice di procedura penale. Con sentenza 15 dicembre 1995, n. 432, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del l’art. 34, comma 2 c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell’imputato. Con sentenza n. 131 del 17 aprile 1996, la Corte costituzionale le ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede: a) l’incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che come componente del tribunale del riesame (art. 309 cod. proc. pen.) si sia pronunciato sull’ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti del l’indagato o dell’imputato; b) l’incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che come componente del tribunale dell’appello avverso l’ordinanza che provvede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato (art. 310 cod. proc. pen.) si sia prounciato su aspetti non eclusivamente formali dell’ordinanza anzidetta. La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale del comma 2 con:

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– sentenza 13 maggio 1996, n. 155 nella parte in cui non prevede, in applicazione dell’art. 27 L. 87/53: a) che non possa partecipare al giudizio abbreviato e disporre l’applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice per le indagini preliminari che abbia disposto una misura cautelare personale; b) che non possa partecipare al giudizio abbreviato e disporre l’applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice per le indagini preliminari che abbia disposto la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale ovvero che abbia rigettato una richiesta di applicazione, modifica, sostituzione o revoca di una misura cautelare personale; c) che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia disposto la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura personale ovvero che abbia rigettato una richiesta di applicazione, modifica, sostituzione o revoca di una misura cautelare personale; d) che non possa disporre l’applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice che, come componente del tribunale del riesame, si sia pronunciato sull’ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato, si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell’ordinanza anzidetta; – sentenza 17 ottobre 1996, n. 371 nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata. La Corte costituzionale, con sentenza n. 311 del 22 ottobre 1997 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudice dell’udienza preliminare nel processo penale a carico di imputati minorenni del giudice per le indagini preliminari che si sia pronunciato in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell’imputato. In data 21 novembre 1997 ha infine dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa pronunciarsi sulla richiesta di emissione del decreto penale di condanna il giudice per le indagini preliminari che abbia emesso l’ordinanza di cui agli artt. 409, comma 5, e 544, comma 2, c.p.p. La Corte costituzionale, con sentenza 18 luglio 1998, n. 290 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, nella parte in cui non prevede, nel processo penale a carico di imputati minorenni, l’incompatibilità alla funzione di giudice dell’udienza preliminare del giudice che come componente del tribunale del riesame si sia prounciato sull’ordinanza che dispone una misura cautelare nei confronti dell’indagato o dell’imputato e nella parte in cui non prevede, nel processo penale a carico di imputati minorenni, l’incompatibilità alla funzione di giudice dell’udienza preliminare del giudice che come componente del tribunale dell’appello avverso l’ordinanza che provvede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell’ordinanza anzidetta. La Corte costituzionale, con sentenza 17 giugno 1999, n. 241 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza nei confronti di quello stesso imputato per il medesimo fatto.


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(3) Secondo l’art. 1 D.L. 23 ottobre 1996, n. 553 conv. in L. 23 dicembre 1996, n. 652: «1. Quando venga accolta la dichiarazione di astensione o di ricusazione del giudice per la sussistenza di taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dall’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale in procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, è già stata dichiarata l’apertura del dibattimento si applicano le disposizioni di cui ai commi che seguono. 2. Gli atti compiuti anteriormente al provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione conservano efficacia. Salvo che ritenga necessario rinnovarli in tutto o in parte, il giudice li utilizza ai fini della decisione mediante la sola lettura, ovvero mediante indicazione a norma dell’art. 511, comma 5 c.p.p. 3. I termini previsti dall’art. 303, comma 1, del codice di procedura penale sono sospesi, dalla data del provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione a quella in cui il dibattimento davanti al nuovo giudice perviene allo stato di cui si trovava allorché è intervenuta la dichiarazione si astensione o di ricusazione. 4. La sospensione di cui al comma 3 non può comunque superare il termine di novanta giorni, se si tratta di procedimento per taluno dei delitti indicati nell’art. 51, comma 3 bis c.p.p., ovvero il termiine di sessanta giorni negli altri casi. Il termine decorre dalla data del provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione, ovvero, se il provvedimento è anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto, da quest’ultima data. 5. Nel computo dei termini di cui all’art. 304, comma 6, c.p.p., salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto del periodo di sospensione di cui ai commi 3 e 4». Disposizioni correlative: (1) artt. 627, 636 e seg.; (2) artt. 424, 428, 455, 460, 554; (3) artt. 51, 96, 120, 122, 194 s.; 221, 225, 233, 331, 333, 341-343, 359. V. anche artt. 7072 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario).

Art. 35 . Incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugio. 1. Nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni, anche separate o diverse, giudici che sono tra loro coniugi, parenti o affini fino al secondo grado. Art. 36. (1) Astensione. 1. Il giudice ha l’obbligo di astenersi: a) se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli; b) se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge; c) se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie; d) se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private; e) se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata; f) se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero;

Codice procedura penale Artt. 35, 37 g) se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli articoli 34 e 35 e dalle leggi di ordinamento giudiziario; h) se esistono altre gravi ragioni di convenienza. 2. I motivi di astensione indicati nel comma 1 lettera b) seconda ipotesi e lettera e) o derivanti da incompatibilità per ragioni di coniugio o affinità, sussistono anche dopo l’annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. 3. La dichiarazione di astensione è presentata al presidente della corte o del tribunale che decide con decreto senza formalità di procedura. 4. Sulla dichiarazione di astensione del presidente del tribunale decide il presidente della corte di appello; su quella del presidente della corte di appello decide il presidente della corte di cassazione. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 172 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (1) art. 307 Cod. pen.; artt. 1619, 70-72 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario).

Art. 37. Ricusazione. 1. Il giudice può essere ricusato dalle parti: a) nei casi previsti dall’articolo 36 comma 1 lettere a), b), c), d), e), f), g); b) se nell’esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, egli ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione. 2. Il giudice ricusato non può pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione. ––––––––––– 1 L’istanza di ricusazione è ammissibile nei soli confronti del giudice e non anche nei confronti del rappresentante dell’ufficio del p.m. che è parte e non giudice (Cass. 14 maggio 1992, Cuccurullo da C.E.D. Cass. n. 190691). 2 Ai fini della ricusazione, può ravvisarsi «inimicizia» tra giudice e imputato esclusivamente nell’ipotesi in cui vi sono rapporti personali estranei al processo, non potendo essa desumersi da una animosità dimostrata dal primo nel corso del procedimento e, in genere, dal trattamento riservato all’imputato (Cass. 27 marzo 1992 da C.E.D. Cass. n. 189951). 3 La Corte costituzionale, con sentenza n. 10 del 9/23 gennaio 1997, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 37, comma 2, nella parte in cui, qualora sia riproposta la dichiarazione di ricusazione, fondata sui medesimi motivi, fa divieto al giudice di pronunciare o concorrere a pronunciare la sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione. 4 La Corte costituzionale, da ultimo, con sentenza n. 283 del 6-14 luglio 2000, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto.


Codice procedura penale Artt. 38, 44 Art. 38. Termini e forme per la dichiarazione di ricusazione. 1. La dichiarazione di ricusazione può essere proposta, nell’udienza preliminare, fino a che non siano conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; nel giudizio, fino a che non sia scaduto il termine previsto dall’articolo 491 comma 1; in ogni altro caso, prima del compimento dell’atto da parte del giudice. 2. Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni. Se la causa è sorta o è divenuta nota durante l’udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell’udienza. 3. La dichiarazione contenente l’indicazione dei motivi e delle prove è proposta con atto scritto ed è presentata, assieme ai documenti, nella cancelleria del giudice competente a decidere. Copia della dichiarazione è depositata nella cancelleria dell’ufficio cui è addetto il giudice ricusato. 4. La dichiarazione, quando non è fatta personalmente dall’interessato, può essere proposta a mezzo del difensore o di un procuratore speciale. Nell’atto di procura devono essere indicati, a pena di inammissibilità i motivi della ricusazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 41, 173, 420; (4) art. 122.

Art. 39. Concorso di astensione e di ricusazione. 1. La dichiarazione di ricusazione si considera come non proposta quando il giudice, anche successivamene ad essa, dichiara di astenersi e l’astensione è accolta. Art. 40. (1) Competenza a decidere sulla ricusazione. 1. Sulla ricusazione di un giudice del tribunale o della corte di assise o della corte di assise di appello decide la corte di appello; su quella di un giudice della corte di appello decide una sezione della corte stessa, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato. 2. Sulla ricusazione di un giudice della corte di cassazione decide una sezione della corte, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato. 3. Non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 173 D.Lgs. 51/98 e succ. mod.

Art. 41. (1) Decisione sulla dichiarazione di ricusazione. 1. Quando la dichiarazione di ricusazione è stata proposta da chi non ne aveva il diritto o senza l’osservanza dei termini o delle forme previsti dall’articolo 38 ovvero quando i motivi addotti sono manifestamente infondati, la corte, senza ritardo, la dichiara inammissibile con ordinanza avverso la quale è proponibile ricorso per cassazione. La corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 611.

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2. Fuori dei casi di inammissibilità della dichiarazione di ricusazione, la corte può disporre, con ordinanza, che il giudice sospenda temporaneamente ogni attività processuale o si limiti al compimento degli atti urgenti. 3. Sul merito della ricusazione la corte decide a norma dell’articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni. 4. L’ordinanza pronunciata a norma dei commi precedenti è comunicata al giudice ricusato e al pubblico ministero ed è notificata alle parti private. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 174 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (V. art. 606; (2) artt. 18, 467; (3) art. 611.

Art. 42. Provvedimenti in caso di accoglimento della dichiarazione di astensione o ricusazione. 1. Se la dichiarazione di astensione o di ricusazione è accolta, il giudice non può compiere alcun atto del procedimento. 2. Il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione dichiara se e in quale parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice astenutosi o ricusato conservano efficacia. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 178.

Art. 43. Sostituzione del giudice astenuto o ricusato. 1. Il giudice astenuto o ricusato è sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario. 2. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 1, la corte o il tribunale rimette il procedimento al giudice ugualmente competente per materia determinato a norma dell’articolo 11. Art. 44. Sanzioni in caso di inammissibilità o di rigetto della dichiarazione di ricusazione. 1. Con l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di ricusazione, la parte privata che l’ha proposta può essere condannata al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da lire cinquecentomila (euro 258) a lire tre milioni (euro 1.549), senza pregiudizio di ogni azione civile o penale. CAPO VIII RIMESSIONE DEL PROCESSO L’istituto della rimessione ha carattere eccezionale per cui può trovare applicazione solo in presenza di situazioni di tale natura e gravità da rendere pressocché inevitabile la loro negativa incidenza sul sereno e corretto svolgimento del processo. A configurare tali situazioni non bastano l’esistenza di sospetti, congetture, illazioni ancorché gli stessi abbiano trovato espressione in interrogazioni parlamentari e in pubblici discorsi tenuti nel luogo da esponenti politici (Cass. 23 gennaio 1992 Di Muro in Arch. n. proc. pen. 1992 p. 573).


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Art. 45. Casi di rimessione. 1. In ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l’incolumità pubblica, o determinano motivi di legittimo sospetto, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell’imputato, rimette il processo ad altro giudice, designato a norma dell’articolo 11.

––––––––––– Articolo così sostituito dall’art. 1 co. 1, L. 7 novembre 2002, n. 248. Per disposizioni transitorie previste dalla L. 248/2002 cit. (recante «Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale), si riporta il comma 5 dell’art. 1 della legge stessa: «5. La presente legge si applica anche ai processi in corso e le richieste di rimessione, che risultano già presentate alla data di entrata in vigore della legge, conservano efficacia. Il Presidente della Corte di cassazione, salvo che per esse non rilevi una causa d’inammissibilità e non disponga quindi procedersi applicando l’articolo 610, comma 1, del codice di procedura penale, dispone per l’immediata comunicazione di cui all’articolo 48, comma 3, del codice di procedura penale». Disposizioni correlative: art. 6 reg.

Art. 46. Richiesta di rimessione. 1. La richiesta è depositata, con i documenti che vi si riferiscono nella cancelleria del giudice ed è notificata entro sette giorni a cura del richiedente alle altre parti. 2. La richiesta dell’imputato è sottoscritta da lui personalmente o da un suo procuratore speciale. 3. Il giudice trasmette immediatamente alla corte di cassazione la richiesta con i documenti allegati e con eventuali osservazioni. 4. L’inosservanza delle forme e dei termini previsti dai commi 1 e 2 è causa di inammissibilità della richiesta. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) artt. 99, 122; (4) artt. 49, 173.

Art. 47. Effetti della richiesta. 1. In seguito alla presentazione della richiesta di rimessione il giudice può disporre con ordinanza la sospensione del processo fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta. La Corte di cassazione può sempre disporre con ordinanza la sospensione del processo. 2. Il giudice deve comunque sospendere il processo prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione e non possono essere pronunciati il decreto che dispone il giudizio o la sentenza quando ha avuto notizia dalla Corte di cassazione che la richiesta di rimessione è stata assegnata alle sezioni unite ovvero a sezione diversa dall’apposita sezione di cui all’articolo 610, comma 1. Il giudice non dispone la sospensione quando la richiesta non è fondata su elementi nuovi rispetto a quelli di altra già rigettata o dichiarata inammissibile. 3. La sospensione del processo ha effetto fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che rigetta o

Codice procedura penale Artt. 45, 51 dichiara inammissibile la richiesta e non impedisce il compimento degli atti urgenti. 4. In caso di sospensione del processo si applica l’articolo 159 del codice penale e, se la richiesta è stata proposta dall’imputato, sono sospesi i termini di cui all’articolo 303, comma 1. La prescrizione e i termini di custodia cautelare riprendono il loro corso dal giorno in cui la Corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta ovvero, in caso di suo accoglimento, dal giorno in cui il processo dinanzi al giudice designato perviene al medesimo stato in cui si trovava al momento della sospensione. Si osservano in quanto compatibili le disposizioni dell’articolo 304.

––––––––––– Articolo così sostituito dall’art. 1 co. 2, L. 7 novembre 2002, n. 248. Per disposizioni transitorie, v. il comma 5 dell’art. 1, L. 248/2002 cit., riportato in Nota all’art. 45. Disposizioni correlative: (2) artt. 18, 467.

Art. 48. Decisione. 1. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni. 2. Il Presidente della Corte di cassazione, se rileva una causa d’inammissibilità della richiesta, dispone che per essa si proceda a norma dell’articolo 610, comma 1. 3. L’avvenuta assegnazione della richiesta di rimessione alle sezioni unite o a sezione diversa dall’apposita sezione prevista dall’articolo 610, comma 1, è immediatamente comunicata al giudice che procede. 4. L’ordinanza che accoglie la richiesta è comunicata senza ritardo al giudice procedente e a quello designato. Il giudice procedente trasmette immediatamente gli atti del processo al giudice designato e dispone che l’ordinanza della Corte di cassazione sia per estratto comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti private. 5. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 190-bis, il giudice designato dalla Corte di cassazione procede alla rinnovazione degli atti compiuti anteriormente al provvedimento che ha accolto la richiesta di rimessione, quando ne è richiesto da una delle parti e non si tratta di atti di cui è divenuta impossibile la ripetizione. Nel processo davanti a tale giudice, le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che sarebbero loro spettanti davanti al giudice originariamente competente. 6. Se la Corte rigetta o dichiara inammissibile la richiesta delle parti private queste con la stessa ordinanza possono essere condannate al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro. ––––––––––– Articolo così sostituito dall’art. 1 co. 3, L. 7 novembre 2002, n. 248. Per disposizioni transitorie, v. il comma 5 dell’art. 1, L. 248/2002 cit., riportato in Nota all’art. 45. Disposizioni correlative: (1) art. 611.


Codice procedura penale Art. 51 Art. 49. Nuova richiesta di rimessione. 1. Anche quando la richiesta è stata accolta, il pubblico ministero o l’imputato può chiedere un nuovo provvedimento per la revoca di quello precedente o per la designazione di un altro giudice. 2. L’ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di rimessione non impedisce che questa sia nuovamente proposta purché sia fondata su elementi nuovi. 3. È inammissibile per manifesta infondatezza anche la richiesta di rimessione non fondata su elementi nuovi rispetto a quelli già valutati in una ordinanza che ha rigettato o dichiarato inammissibile una richiesta proposta da altro imputato dello stesso procedimento o di un procedimento da esso separato. 4. La richiesta dichiarata inammissibile per motivi diversi dalla manifesta infondatezza può essere sempre riproposta.

––––––––––– Articolo così sostituito dall’art. 1 co. 4, L. 7 novembre 2002, n. 248. Per disposizioni transitorie, v. il comma 5 dell’art. 1, L. 248/2002 cit., riportato in Nota all’art. 45.

TITOLO II IL PUBBLICO MINISTERO Art. 50. Azione penale. 1. Il pubblico ministero esercita l’azione penale quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione. 2. Quando non è necessaria la querela, la richiesta, l’istanza o l’autorizzazione a procedere, l’azione penale è esercitata di ufficio. 3. L’esercizio dell’azione penale può essere sospeso o interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 112 Cost.; artt. 326, 358 e segg., 405, 408 e segg.; R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario); (2) artt. 120-126, 131 Cod. pen.; artt. 330-334, 336, 340-344; (3) artt. 3, 41, 47, 70, 71, 343 in rel. agli artt. 346, 392, 467 (per il tipo di atti che è consentito compiere); (1-3) artt. 3 e 231 att. c.p.p.

Art. 51. Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni del procuratore della Repubblica distrettuale. 1. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate: a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale; b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della procura generale presso la corte di appello o presso la corte di cassazione. 2. Nei casi di avocazione, le funzioni previste dal comma 1 lettera a) sono esercitate dai magistrati della procura generale presso la corte di appello. Nei casi di avocazione previsti dall’articolo 371 bis, sono esercitate dai magistrati della Direzione nazionale antimafia.

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3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente a norma del capo II del titolo I. 3 bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416 bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416 bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall’articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e dall’articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. 3 ter. Nei casi previsti dal comma 3 bis, se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte di appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente. 3 quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Si applicano le disposizioni del comma 3-ter. ––––––––––– Articolo così modificato dall’art. 175 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. A norma dell’articolo 2 D.Lgs. 51/98 «L’ufficio del pubblico ministero presso la pretura circondariale è soppresso. Le relative funzioni sono trasferite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale ordinario». 1 I commi 3 bis e 3 ter sono stati aggiunti dall’art. 3 comma 1 lett. c) D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini). Nel comma 3 bis il riferimento all’art. 291-quater D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 è stato inserito dall’art. 5, L. 19 marzo 2001, n. 92. Il comma 2 e la rubrica sono stati così modificati dall’art. 3, comma 1, lett. a) e b) D.L. 367/1991 cit. Il decreto appena indicato è finalizzato in specie a regolamentare ex novo le attribuzioni del pubblico ministero nei procedimenti per fatto di criminalità di tipo mafioso. Di qui la conseguenza che proprio la qualificazione «mafiosa» del reato per cui si procede rappresenta, a ben vedere, la base interpretativa dell’intero provvedimento poiché sulla individuata «mafiosità» del fatto si basano lo spostamento della «legittimazione» del pubblico ministero e quella – pur delimitata – del giudice (v. art. 328). Lo «spostamento» di legittimazione e di competenza non opera per reati che, pur gravissimi, non appartengono ai comportamenti delle associazioni di tipo mafioso o che ad esse non si collegano tipicamente. La modifica apportata dal D.L. 367/1991 al comma 2 riguarda la individuazione – nei magistrati della Direzione nazionale antimafia – dei pubblici ministeri incaricati delle indagini nel caso di avocazione prevista dal nuovo articolo 371 bis comma 3, lettera h) (v. sub art. 371 bis).


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2 Le indagini su fatti «mafiosi» sono dunque svolte, dagli uffici di procura distrettuale. L’art. 5 del D.L. 20 novembre 1991, n. 367 delinea però un particolare modello organizzativo di tali uffici istituzionalizzando il c.d. pool antimafia (o Direzione distrettuale antimafia). Più dettagliatamente, ai responsabili delle procure distrettuali viene infatti attribuito il compito di istituire un’apposita «direzione distrettuale antimafia», della quale vengono chiamati a far parte, per un periodo minimo di due anni, magistrati prescelti sulla base di specifiche attitudini ed esperienze professionali, con espressa esclusione degli uditori giudiziari. Al fine di armonizzare i criteri di selezione e consentire ogni opportuno intervento, è stato stabilito che per la designazione dei componenti della direzione e per le eventuali variazioni debba essere preventivamente sentito o informato il procuratore nazionale antimafia; dei provvedimenti adottati va poi data tempestiva comunicazione al Consiglio superiore della magistratura. Per consentire la immediata costituzione delle direzioni distrettuali, si è peraltro ritenuto che, in sede di prima costituzione delle stesse, la designazione dei sostituti possa avvenire senza l’intervento del procuratore nazionale antimafia, del quale, diversamente, si sarebbe dovuta attendere la nomina e l’insediamento nelle funzioni. I compiti del procuratore distrettuale non si limitano peraltro alla costituzione della nuova struttura, giacché lo stesso è chiamato a dirigerla tenendo conto di due aspetti importantissimi ai fini del buon funzionamento della attività del gruppo; da un lato, infatti, il procuratore o un suo delegato deve curare che fra i magistrati addetti sia sempre assicurata la reciproca informazione sulle indagini e, dall’altro, che la direzione distrettuale ottemperi alle direttive impartite sul coordinamento investigativo e sull’im piego della polizia giudiziaria. Corollario naturale di tutto ciò è che, salve ipotesi eccezionali, il procuratore distrettuale deve designare per la gestione dei procedimenti riguardanti la criminalità organizzata i magistrati addetti alla direzione, essendo fin troppo evidente che la costituzione della nuova struttura resterebbe priva di significato ove poi al procuratore distrettuale fosse consentito di non avvalersene o impiegarla per finalità diverse. Le disposizioni sulla istituzione delle Direzioni distrettuali antimafia è inserita come art. 70 bis dell’Ordinamento giudiziario. 3 Il comma 3-quater è stato aggiunto dal comma 1 dell’art. 10- bis D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif., dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. Ai sensi del co. 3 art. 10-bis D.L. n. 374/2001 cit. le disposizioni del nuovo co. 3-quater dell’art. 51 si applicano solo ai procedimenti iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della disposizione medesima. Con l’introduzione del comma 3-quater è stata quindi attribuita, agli uffici di procura distrettuale, la competenza alle indagini per delitti di terrorismo. Disposizioni correlative: (1-3) art. 107 Cost.; art. 238 att. c.p.p.; (1) (a) artt. 327, 328, 358 e segg., 405 e segg., 416 e segg., 438 e segg., 444 e segg., 449 e segg., 453 e segg., 459 e segg., 470 e segg., 550; (1) (b) artt. 570, 599, 602, 611, 614, 636; (2) artt. 53, 372, 412; (3) artt. 4-16, 655, 678; (1-3) artt. 2, 70-73, 74, 109, 113 e 190 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) come adeguato dal D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. V. in specie gli artt. 28 e 30 D.P.R. 449/1988 cit. che, modificando l’art. 113 Ord. giud. e l’art. 16 R.D. Lgs. 31 maggio 1946, n. 511 hanno «ridisegnato» i poteri di sorveglianza attribuiti al procuratore generale sugli uffici del pubblico ministero del distretto.

Art. 52. (1) Astensione. 1. Il magistrato del pubblico ministero ha la facoltà di astenersi quando esistono gravi ragioni di convenienza. 2. Sulla dichiarazione di astensione decidono, nell’ambito dei rispettivi uffici, il procuratore della Re-

Codice procedura penale Artt. 52, 53 pubblica presso il tribunale e il procuratore generale. 3. Sulla dichiarazione di astensione del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del procuratore generale presso la corte di appello decidono, rispettivamente, il procuratore generale presso la corte di appello e il procuratore generale presso la corte di cassazione. 4. Con il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione, il magistrato del pubblico ministero astenuto è sostituito con un altro magistrato del pubblico ministero appartenente al medesimo ufficio. Nondimeno, quando viene accolta la dichiarazione di astensione del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del procuratore generale presso la corte di appello, può essere designato alla sostituzione altro magistrato del pubblico ministero appartenente all’ufficio ugualmente competente determinato a norma dell’articolo 11. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 176 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (1) art. 36; (2) art. 550; R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) come adeguato dal D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.

Art. 53. Autonomia del pubblico ministero nell’udienza. Casi di sostituzione. 1. Nell’udienza, il magistrato del pubblico ministero esercita le sue funzioni con piena autonomia. 2. Il capo dell’ufficio provvede alla sostituzione del magistrato nei casi di grave impedimento, di rilevanti esigenze di servizio e in quelli previsti dall’articolo 36 comma 1 lettere a), b), d), e). Negli altri casi il magistrato può essere sostituito solo con il suo consenso. 3. Quando il capo dell’ufficio omette di provvedere alla sostituzione del magistrato nei casi previsti dall’articolo 36 comma 1 lettere a), b), d), e), il procuratore generale presso la corte di appello designa per l’udienza un magistrato appartenente al suo ufficio. ––––––––––– Alla regola della piena autonomia del P.M. designato per l’udienza (e sancita nell’art. 53 c.p.p.) non corrisponde peraltro, nel corso della fase delle indagini preliminari, una autonomia dimezzata perché il ricorso alla nozione di designazione, fatto dal nuovo art. 70 Ord. Giud. per l’eventualità che il Procuratore non voglia esercitare personalmente le funzioni di P.M., è significativo di una eguale pie nezza di poteri che si pone, mediante l’abbandono del vecchio rapporto di «dipendenza» dei Sostituti del Procuratore, in termini di superamento della precedente costruzione, fortemente unitaria e verticistica. Le divergenze tra magistrato designato e dirigente non autorizzano – conseguentemente – il potere di avvicendamento nella designazione, con affidamento dell’incarico ad altro Sostituto perché l’originaria attribuzione dell’affare consuma, in assenza di un espresso potere di ordinario avvicendamento orizzontale nella conduzione delle indagini, la possibilità di designare un Sostituto diverso da quello al quale l’affare venne a suo tempo affidato. V., in questa direzione, l’art. 3 att. c.p.p. dove infatti, l’espresso riferimento alla originaria attribuzione dell’affare giudiziario radica una stabilità del Sostituto che sembra ri-


Codice procedura penale Art. 54, 54 bis muovibile solo in presenza di una situazione che la renda di fatto impossibile. La disciplina che ne deriva è dunque evidente: il P.M. designato per le indagini preliminari è avvicendabile con altro Sostituto solo in caso di sopravvenienza di situazioni che giustifichino, in funzione del soddisfacimento di imprescindibili oggettive esigenze, un siffatto provvedimento e quindi in presenza di un quadro fattuale sostanzialmente non diverso da quello descritto dall’art. 53 c.p.p. La regola del generale potere di esercitare personalmente le funzioni di P.M., in raffronto alla possibilità di autosostituirsi al Sostituto designato per l’udienza limitatamente alle ipotesi previste dal citato art. 53, segna la diversità di disciplina tra il momento investigativo e quello dell’udienza. Il Procuratore, nella fase delle indagini preliminari, potrà sempre assumere la titolarità dell’affare pervenuto all’esame del suo ufficio, anche al di fuori di qualsivoglia emergenza, perché l’art. 70 Ord. Giud. mantiene fermo quel potere alternativo di trattare personalmente l’affare che verrebbe meno nella sua estensione temporale ove, in ipotesi, lo si ritenesse precluso da una già disposta designazione, ed infatti il citato art. 3, nel codificare la tendenziale immutabilità del P.M. inizialmente incaricato, restringe l’operatività di tale indicazione ai soli casi in cui il Procuratore abbia designato un Sostituto così riconoscendogli, implicitamente, la possibilità di esercitare direttamente le funzioni in ogni momento delle indagini preliminari. Peraltro, secondo i principi generali del diritto amministrativo ed in particolare alla luce del principio di buona amministrazione (art. 97 Cost.), la revoca della designazione richiederà una congrua motivazione, particolarmente perché – trattandosi di contrarius actus – deve essere data contezza delle ragioni che inducono ad adottare una determinazione contraria o diversa dalla precedente. La necessità di tale motivazione è stata esplicitamente affermata, con riguardo al potere del pretore dirigente di revocare un’assegnazione già disposta da Corte Cost. 28 giugno 1973, n. 143 a salvaguardia dell’indipendenza del magistrato, esigenza che – unitamente a quella della trasparenza dell’attività giudiziaria – ricorre per i magistrati del P.M. non meno che per i pretori. In tali sensi ha ritenuto il C.S.M. nella risoluzione in data 23 aprile 1975, affermando che «l’assegnazione di un procedimento penale al magistrato incaricato di istruirlo non può essere revocata se non per gravi motivi che devono essere precisati nel relativo provvedimento». Applicando tale risoluzione – che riguarda tutti i magistrati – ai rapporti tra procuratore della Repubblica e sostituti, deve pertanto ritenersi che la revoca di provvedimento di assegnazione di affare deve essere congruamente motivata e che, in mancanza, il Sostituto spogliato della trattazione di un determinato affare possa richiedere la motivazione scritta del provvedimento ed eventualmente invocare l’intervento del C.S.M. a tutela della sua indipendenza e della buona amministrazione della giustizia. Disposizioni correlative: (1-3) artt. 107-112 Cost.; art. 3 att. c.p.p.; (1) artt. 127, 391, 401, 418 e segg., 438 e segg., 444 e segg., 470 e segg., 560 e segg., 568 e segg., 666, 678, 704, 724; (2) art. 70 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) come adeguato dal D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449; art. 5 att. o.g.; (3) artt. 372, 412.

Art. 54. (1) Contrasti negativi tra pubblici ministeri. 1. Il pubblico ministero, se durante le indagini preliminari ritiene che il reato appartenga alla competenza di un giudice diverso da quello presso cui egli esercita le funzioni, trasmette im-

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mediatamente gli atti all’ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente. 2. Il pubblico ministero che ha ricevuto gli atti, se ritiene che debba procedere l’ufficio che li ha trasmessi, informa il procuratore generale presso la corte di appello ovvero, qualora appartenga a un diverso distretto, il procuratore generale presso la corte di cassazione. Il procuratore generale, esaminati gli atti, determina quale ufficio del pubblico ministero deve procedere e ne dà comunicazione agli uffici interessati. 3. Gli atti di indagine preliminare compiuti prima della trasmissione o della designazione indicate nei commi 1 e 2 possono essere utilizzati nei casi e nei modi previsti dalla legge. 3 bis. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano in ogni altro caso di contrasto negativo fra pubblici ministeri. ––––––––––– (1) L’art. 8 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 ha così sostituito la rubrica (che era «Trasmissione degli atti ad altro ufficio») ed ha aggiunto il comma 3 bis. Quest’ultima disposizione risolve i casi in cui il contrasto negativo sorge in una fase diversa da quella delle indagini preliminari. Unica fase che era presa in considerazione dall’art. 54 nella sua originaria formazione. Può invece accadere – ed in effetti è accaduto – che il contrasto sorga anche in altro ambito, ad esempio quello dell’esecuzione penale, nel senso che due uffici del pubblico ministero ritengano ciascuno che la competenza ad emettere l’ordine di esecuzione ex art. 656 spetti all’altro. Problemi analoghi possono porsi anche nella materia disciplinata dal libro XI del codice. Per colmare la lacuna il comma 3 bis estende la disciplina dei primi due commi dell’art. 54 ai casi analoghi con una formulazione generica atta a coprire tutte le situazioni che possano verificarsi. È poi evidente che in caso di contrasto «positivo», o comunque dopo il compimento dell’attività da parte del pubblico ministero designato ai sensi della predetta disciplina, ogni interessato potrà, con gli appositi rimedi previsti dal codice, investire il giudice al fine di sollevare conflitto (Cfr. Rel. D.Lgs. 12/1991). Disposizioni correlative: (1) artt. 4-16, 51, 326-404: (2) art. 51; art. 4 att. c.p.p.; art. 6 reg.; (3) artt. 326, 347 e segg., 358 e segg.; artt. 419, 421, 431, 432, 500, 503, 511515; artt. 26, 238.

Art. 54 bis. (1) Contrasti positivi tra uffici del pubblico ministero. 1. Quando il pubblico ministero riceve notizia che presso un altro ufficio sono in corso indagini preliminari a carico della stessa persona e per il medesimo fatto in relazione al quale egli procede, informa senza ritardo il pubblico ministero di detto ufficio richiedendogli la trasmissione degli atti a norma dell’articolo 54 comma 1. 2. Il pubblico ministero che ha ricevuto la richiesta, ove non ritenga di aderire, informa il procuratore generale presso la corte di appello ovvero, qualora appartenga a un diverso distretto, il procuratore generale presso la Corte di cassazione. Il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, determina con decreto motivato,


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secondo le regole sulla competenza del giudice quale ufficio del pubblico ministero deve procedere e ne dà comunicazione agli uffici interessati. All’ufficio del pubblico ministero designato sono immediatamente trasmessi gli atti da parte del diverso ufficio. 3. Il contrasto si intende risolto quando, prima della designazione prevista dal comma 2, uno degli uffici del pubblico ministero provvede alla trasmissione degli atti a norma dell’articolo 54 comma 1. 4. Gli atti di indagine preliminare compiuti dai diversi uffici del pubblico ministero sono comunque utilizzabili nei casi e nei modi previsti dalla legge. 5. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 si applicano in ogni altro caso di contrasto positivo tra pubblici ministeri. ––––––––––– (1) L’articolo 54 bis è stato aggiunto dall’art. 2 comma 1 D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini...). Tenendo in conto specifico le richieste provenienti dagli operatori del settore l’art. 54 bis attribuisce al procuratore generale della corte di appello o della Corte di cassazione, a seconda che si tratti di contrasti infradistrettuali o interdistrettuali, la soluzione dei contrasti positivi di «competenza» tra uffici del pubblico ministero. La precedente assenza nel sistema di una previsione del genere non ha prodotto positivi effetti ma solo l’accavallarsi di analoghe indagini e un defatigante impegno degli organi anche di polizia e ciò, all’evidenza, è null’altro che una delle conseguenze del mancato funzionamento delle forme di coordinamento spontaneo vagheggiate dal codice (articolo 371) e che avevano indotto il legislatore a non disciplinare nel 1988 i «contrasti positivi» tra pubblici ministeri, ritenendoli di fatto evitabili (e così non è stato) proprio grazie ai meccanismi di coordinamento appena ricordati. Nel decreto 367/1991, la soluzione adottata dal codice per i contrasti negativi fra uffici del pubblico ministero è stata perciò estesa a quelli positivi modellando la procedura su quella, già esistente, dell’articolo 54 del codice di procedura penale. Con riguardo ai procedimenti per reati caratterizzati dalla «mafiosità», sono state inserite previsioni (articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto) (v. art. 54 ter) idonee a consentire al procuratore nazionale antimafia di acquisire adeguate notizie sull’esistenza e la soluzione del contrasto negativo o positivo fra pubblici ministeri. Le previsioni si spiegano con l’intento di permettere al procuratore nazionale di formulare le proprie valutazioni sul contrasto e di venire a pronta conoscenza dei suoi termini di definizione. Più specificamente, sia nel caso di contrasto negativo sia nel caso di contrasto positivo, si è stabilito che: a) nell’ipotesi di contrasti infradistrettuali (tra procuratori della Repubblica ordinari e procuratori della Repubblica distrettuali) il procuratore nazionale venga informato della soluzione data al contrasto dal procuratore generale presso la corte di appello; b) nell’ipotesi di contrasti interdistrettuali (tra procuratori distrettuali) il procuratore nazionale venga sentito dal procuratore generale presso la Corte di cassazione prima della decisione da parte di quest’ultimo. La diversità degli interventi demandati al procuratore

Codice procedura penale Artt. 54 ter, 54 quater nazionale si spiega con la considerazione che, nell’ipotesi di contrasti infradistrettuali (tra un procuratore che contesta e l’altro che afferma la «mafiosità» del procedimento) è in contestazione, sia pure indiretta, la legittimazione stessa del procuratore nazionale allo svolgimento delle sue funzioni (sicché la previsione di un suo parere avrebbe potuto essere letta come una «ingerenza» pre ventiva sulla decisione del procuratore generale), nell’ipotesi di contrasti interdistrettuali, invece, il procuratore nazionale è una sorta di «parte in causa» poiché non è in contestazione la «mafiosità» del procedimento, ma la sua «attribuzione» all’uno o all’altro procuratore distrettuale, con la conseguente necessità che lo stesso procuratore nazionale si esprima in ordine alle problematiche in questione anche con riguardo alle evenienze discendenti dall’una o dall’altra delle decisioni adottate ed alle motivazioni realmente sottese al contrasto. Vi è da aggiungere soltanto che la soluzione privilegiata nel decreto intende anche evidenziare la «particolarità» delle attribuzioni del procuratore nazionale collocandolo all’interno dell’organizzazione degli organi giudiziari, ma con funzioni di carattere prevalentemente «operativo» e non interferenti sulle questioni di legittimazione giuridica, che restano demandate ad organi «storicamente» sperimentati e da sempre caratterizzanti l’apparato del pubblico ministero.

Art. 54 ter. (1) Contrasti tra pubblici ministeri in materia di criminalità organizzata. 1. Quando il contrasto previsto dagli articoli 54 e 54 bis riguarda taluno dei reati indicati nell’articolo 51 comma 3 bis, se la decisione spetta al procuratore generale presso la Corte di cassazione, questi provvede sentito il procuratore nazionale antimafia; se spetta al procuratore generale presso la corte di appello, questi informa il procuratore nazionale antimafia dei provvedimenti adottati. ––––––––––– (1) L’art. 54 ter è stato aggiunto dall’art. 2 comma 1 lett. b) D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini...). Le motivazioni dell’inserimento della nuova norma sono esposti nel commento all’art. 54 bis. In generale, sulla figura e sui poteri del procuratore nazionale antimafia, v. note all’art. 51 e all’art. 371 bis.

Art. 54 quater. (1) Richiesta di trasmissione degli atti a un diverso pubblico ministero. 1. La persona sottoposta alle indagini che abbia conoscenza del procedimento ai sensi dell’articolo 335 o dell’articolo 369 e la persona offesa dal reato che abbia conoscenza del procedimento ai sensi dell’articolo 369, nonché i rispettivi difensori, se ritengono che il reato appartenga alla competenza di un giudice diverso da quello presso il quale il pubblico ministero che procede esercita le sue funzioni, possono chiedere la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente enunciando, a pena di inammissibilità, le ragioni a sostegno della indicazione del diverso giudice ritenuto competente. 2. La richiesta deve essere depositata nella segreteria del pubblico ministero che procede con l’indicazione del giudice ritenuto competente.


Codice procedura penale Artt. 56, 57 3. Il pubblico ministero decide entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta e, ove la accolga, trasmette gli atti del procedimento all’ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente, dandone comunicazione al richiedente. Se non provvede in tal senso, il richiedente, entro i successivi dieci giorni, può chiedere al procuratore generale presso la corte d’appello o, qualora il giudice ritenuto competente appartenga ad un diverso distretto, al procuratore generale presso la Corte di cassazione, di determinare quale ufficio del pubblico ministero deve procedere. Il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, provvede alla determinazione, entro venti giorni dal deposito della richiesta, con decreto motivato dandone comunicazione alle parti ed agli uffici interessati Quando la richiesta riguarda taluno dei reati indicati nell’articolo 51, comma 3 bis, il procuratore generale provvede osservando le disposizioni dell’articolo 54 ter. 4. La richiesta non può essere riproposta a pena di inammissibilità salvo che sia basata su fatti nuovi e diversi. 5. Gli atti di indagine preliminare compiuti prima della trasmissione degli atti o della comunicazione del decreto di cui al comma 3 possono essere utilizzati nei casi e nei modi previsti dalla legge. ––––––––––– (1) Articolo introdotto dall’art. 12 L. 16 dicembre 1999, n. 479. L’articolo introduce un istituto del tutto nuovo poiché mentre con il precedente regime i contrasti, positivi o negativi, circa la legittimazione a svolgere le indagini preliminari potevano esser sollevati solo dai pubblici ministeri, ora anche le parti private (indagato e persona offesa) ed i loro difensori potranno «contestare» la «competenza» di un pubblico ministero a svolgere una certa indagine e provocare una decisione circa la sua legittimazione.

TITOLO III POLIZIA GIUDIZIARIA Art. 55. Funzioni della polizia giudiziaria. 1. La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale. 2. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall’autorità giudiziaria. 3. Le funzioni indicate nei commi 1 e 2 sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) artt. 12-19 att. c.p.p. (1) artt. 55-59; 326, 330-334, 336, 347-357; (2) artt. 58, 59, 131, 348, 370, 378, (3) artt. 57, 383.

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Art. 56. Servizi e sezioni di polizia giudiziaria. 1. Le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria: a) dai servizi di polizia giudiziaria previsti dalla legge; b) dalle sezioni di polizia giudiziaria istituite presso ogni procura della Repubblica e composte con personale dei servizi di polizia giudiziaria; c) dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria appartenenti agli altri organi cui la legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di una notizia di reato. ––––––––––– 1 Al contenuto dei decreti concernenti la costituzione delle sezioni, si fa cenno agli artt. 6 e 20 att. c.p.p. 2 Per la compilazione del rapporto informativo per il personale di polizia giudiziaria, v. art. 65 D.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia) e succ. modif: (in specie, art. 12 L. 7 agosto 1990, n. 232). 3 Sul piano di potenziamento delle sezioni, v. sub art. 58. 4 Per quanto concerne i Servizi centrali ed interprovinciali di polizia giudiziaria, v. art. 12 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 conv. in L. 12 luglio 1991, n. 203 riportato in “Coordinamento delle indagini di criminalità organizzata”. Disposizioni correlative: (1) artt. 55, 58, 59; art. 17 L. 1 aprile 1981, n. 121 (Polizia di Stato); (1) (a) artt. 12-15 att. c.p.p.; (1) (b) art. 51; artt. 5-11, 15, 20 att. c.p.p., (1) (c) artt. 55, 57. V. anche art. 5 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Minori) e art. 6 att. m.

Art. 57. Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. 1. Salve le disposizioni delle leggi speciali, sono ufficiali di polizia giudiziaria: a) i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti alla polizia di Stato ai quali l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità; b) gli ufficiali superiori e inferiori e i sottufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, degli agenti di custodia e del corpo forestale dello Stato nonché gli altri appartenenti alle predette forze di polizia ai quali l’ordinamento delle rispettive amministrazioni riconosce tale qualità; c) il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di Stato ovvero un comando dell’arma dei carabinieri o della guardia di finanza. 2. Sono agenti di polizia giudiziaria: a) il personale della polizia di Stato al quale l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità; b) i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia, le guardie forestali e, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, le guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio. 3. Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’articolo 55. ––––––––––– 1 Con l’art. 2 L. 15 dicembre 1990, n. 395 è stato sciolto il Corpo degli agenti di custodia ed il personale ad esso ap-


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partenente è entrato a far parte del Corpo di polizia penitenziaria istituito con l’art. 1 L. cit. (Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria). Il Corpo di polizia penitenziaria è posto alle dipendenze del Ministero di Grazia e Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e, nell’ambito delle proprie attribuzioni, fa parte delle forze di polizia. Il personale del Corpo di polizia penitenziaria espleta in specie i seguenti compiti istituzionali: – attende ad assicurare l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale; – garantisce l’ordine all’interno degli istituti di prevenzione e pena e ne tutela la sicurezza; – espleta il servizio di traduzioni dei detenuti e degli internati (secondo le modalità e con le gradualità stabilite con decreto del Ministro della Giustizia – di concerto con i Ministri dell’Interno e della Difesa – ed in concomitanza con il completamento del contingente di personale previsto dalla tabella A della legge 395/1990); – espleta il servizio di piantonamento dei detenuti ed internati ricoverati in luoghi esterni di cura (a decorrere dal luglio 1991 e secondo le modalità e i criteri stabiliti con decreto del Ministro di Grazia e Giustizia, di concerto con i Ministri dell’interno e della difesa). Ai fini della qualifica di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria, alla luce delle disposizioni in tema di ordinamento del personale e di equiparazione delle qualifiche del Corpo di polizia penitenziaria con i gradi del Corpo degli agenti di custodia (artt. 4, 14 e 29 L. 395/1990 e relative tabelle) sono ufficiali di polizia giudiziaria, gli appartenenti al ruolo degli ispettori e dei sovrintendenti; sono invece agenti di polizia giudiziaria, gli appartenenti al ruolo degli agenti e degli assistenti. In tal senso devono pertanto leggersi i riferimenti al personale del Corpo degli agenti di custodia contenuti nell’art. 57 c.p.p. Disposizioni correlative: (1) artt. 55 co. 3, 56 co. 1 lett. c); (1) art. 9 L. 24 ottobre 1977, n. 801 (Segreto di Stato); (1) (a) art. 39 L. 1 aprile 1981, n. 121 (Polizia di Stato); (1) (b): L. 9 maggio 1940, n. 368; D.L.Lt. 11 gennaio 1945, n. 30 (per gli appuntati preposti a comandi di stazione); (2) artt. 55 co. 3, 65 co. 1 lett. c), art. 39 L. 1 aprile 1981, n. 121 (nelle articolazioni previste dagli artt. 4, 5, 8 e 9 D.P.R. n. 335 del 1982 (Polizia di Stato) nonché (sempre per la Polizia di Stato con riferimento al personale che espleta attvità tecnico-scientifica o tecnica), il D.P.R. 24 aprile 1982, n. 337 il cui art. 42 comma 2 (in tema di qualifica di ufficiale ed agente di polizia giudiziaria) è stato sostituito con l’art. 6 L. 7 agosto 1990, n. 232; L. 7 marzo 1986, n. 65 (Ordinamento della polizia municipale); (3) fra gli altri, ad esempio, art. 16 L. 13 maggio 1961, n. 469 (Vigili del fuoco); art. 27 L. 27 dicembre 1977, n. 968 (Agenti venatori); art. 40 R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (Ufficiale sanitario); art. 31 R.D. 8 ottobre 1931, n. 1604 (Agenti giurati); (3) (c) art. 383; (1-3) artt. 5-6, 9-10, 12-15, 16-19 att. c.p.p.

Art. 58. Disponibilità della polizia giudiziaria. 1. Ogni procura della Repubblica dispone della rispettiva sezione; la procura generale presso la corte di appello dispone di tutte le sezioni istituite nel distretto. 2. Le attività di polizia giudiziaria per i giudici del distretto sono svolte dalla sezione istituita presso la corrispondente procura della Repubblica. 3. L’autorità giudiziaria si avvale direttamente del personale delle sezioni a norma dei commi 1 e

Codice procedura penale Artt. 58, 60 2 e può altresì avvalersi di ogni servizio o altro organo di polizia giudiziaria. ––––––––––– 1 In tema di avvio di un piano di potenziamento delle sezioni di polizia giudiziaria v. D.L. 4 ottobre 1990, n. 276 (conv. con modific. nella L. 30 novembre 1990, n. 359). 2 Il principio della disponibilità della polizia giudiziaria assume ora nuovi aspetti nelle indagini sulla criminalità organizzata a seguito della previsione di cui all’art. 12 commi 4 e 5 D.L. 13 maggio 1991, n. 152. Le previsioni del D.L. 276/1990 sono state ora integrate dalle previsioni dell’art. 8 D.L. 18 gennaio 1992, n. 9 (conv. nella L. 28 febbraio 1992, n. 217). Disposizioni correlative: (1) art. 9 att. c.p.p.; art. 6 att. o.g.; (1) artt. 51, 56, 327, 550; (2) artt. 131, 328, 465 e segg., 550, 593. - V. anche art. 83 R. D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) e art. 23 D.P.R. n. 449/88 (Ordinamento giudiziario adeguamento) con richiami.

Art. 59. Subordinazione della polizia giudiziaria. 1. Le sezioni di polizia giudiziaria dipendono dai magistrati che dirigono gli uffici presso i quali sono istituite. 2. L’ufficiale preposto ai servizi di polizia giudiziaria è responsabile verso il procuratore della Repubblica presso il tribunale dove ha sede il servizio dell’attività di polizia giudiziaria svolta da lui stesso e dal personale dipendente. 3. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti a eseguire i compiti a essi affidati. Gli appartenenti alle sezioni non possono essere distolti dall’attività di polizia giudiziaria se non per disposizione del magistrato dal quale dipendono a norma del comma 1. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 56, 57; (2) art. 13 att. c.p.p.; art. 6 att. o.g.; (3) art. 16 att. c.p.p.; (1-3) artt. 8-15, 77 att. c.p.p. V. nota 1 sub art. 58.

TITOLO IV IMPUTATO Art. 60. Assunzione della qualità di imputato. 1. Assume la qualità di imputato la persona alla quale è attribuito il reato nella richiesta di rinvio a giudizio, di giudizio immediato, di decreto penale di condanna, di applicazione della pena a norma dell’articolo 447 comma 1, nel decreto di citazione diretta a giudizio e nel giudizio direttissimo. (1) 2. La qualità di imputato si conserva in ogni stato e grado del processo, sino a che non sia più soggetta a impugnazione la sentenza di non luogo a procedere, sia divenuta irrevocabile la sentenza di proscioglimento o di condanna o sia divenuto esecutivo il decreto penale di condanna. 3. La qualità di imputato si riassume in caso di revoca della sentenza di non luogo a procedere e qualora sia disposta la revisione del processo. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato così modificato dall’art. 47 L. 16 dicembre 1999, n. 479.


Codice procedura penale Artt. 61, 66 Disposizioni correlative: (1) artt. 61, 405, 416, 447, 449, 453, 459, 555, 566; (2) artt. 129, 428, 461, 529 e segg.; (3) artt. 434, 629 e seg.

Art. 61. Estensione dei diritti e delle garanzie dell’imputato. 1. I diritti e le garanzie dell’imputato si estendono alla persona sottoposta alle indagini preliminari. 2. Alla stessa persona si estende ogni altra disposizione relativa all’imputato, salvo che sia diversamente stabilito. Art. 62. Divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell’imputato. 1. Le dichiarazioni comunque rese nel corso del procedimento dall’imputato o dalla persona sottoposta alle indagini non possono formare oggetto di testimonianza. ––––––––––– 1 Il divieto di testimonianza previsto dall’art. 62 non opera: – con riferimento alle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da un «testimone» che, nel prosieguo delle indagini, si scoprirà invece essere l’autore del reato (Cass. 9 marzo 1992, Pizzoleo, in Arch. n. proc. pen. 1992, p. 622); – con riferimento alle dichiarazioni che l’imputato non ha formalmente reso in sede processuale (Corte Cost. 3-13 maggio 1993, n. 237). Disposizioni correlative: (1) artt. 64, 66, 228, 294, 350, 364, 374, 388, 391, 421, 422, 494, 503.

Art. 63. Dichiarazioni indizianti. 1. Se davanti all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l’autorità procedente ne interrompe l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. 2. Se la persona doveva essere sentita sin dall’inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 96, 191.

Art. 64. Regole generali per l’interrogatorio. 1. La persona sottoposta alle indagini, anche se in stato di custodia cautelare o se detenuta per altra causa, interviene libera all’interrogatorio, salve le cautele necessarie per prevenire il pericolo di fuga o di violenze. 2. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti. 3. Prima che abbia inizio l’interrogatorio, la persona deve essere avvertita che: a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;

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b) salvo quanto disposto dall’articolo 66, comma 1, ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso; c) se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dall’art. 197 e le garanzie di cui all’articolo 197 bis (1). 3 bis. L’inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b), rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell’avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potrà assumere, in ordine a detti fatti, l’ufficio di testimone (1). ––––––––––– (1) L’originario comma 3 è stato sostituito con gli attuali commi 3 e 3-bis ad opera dell’art. 2, co. 1, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12. Disposizione correlative: (1) artt. 284-286, 350, 474; (2) art. 188.

Art. 65. Interrogatorio nel merito. 1. L’autorità giudiziaria contesta alla persona sottoposta alle indagini in forma chiara e precisa il fatto che le è attribuito, le rende noti gli elementi di prova esistenti contro di lei e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, gliene comunica le fonti. 2. Invita, quindi, la persona ad esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e le pone direttamente domande. 3. Se la persona rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel verbale. Nel verbale è fatta anche menzione, quando occorre, dei connotati fisici e di eventuali segni particolari della persona. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 294, 350, 364, 374, 388; (2) art. 422; (3) artt. 134, 373.

Art. 66. Verifica dell’identità personale dell’imputato. 1. Nel primo atto cui è presente l’imputato, l’autorità giudiziaria lo invita a dichiarare le proprie generalità e quant’altro può valere a identificarlo, ammonendolo circa le conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false. 2. L’impossibilità di attribuire all’imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell’autorità procedente, quando sia certa l’identità fisica della persona. 3. Le erronee generalità attribuite all’imputato sono rettificate nelle forme previste dall’articolo 130. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 495-496 Cod. pen., artt. 60-61, 63, 349, 364, 365; art. 21 att. c.p.p.


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Art. 67. Incertezza sull’età dell’imputato. 1. In ogni stato e grado del procedimento, quando vi è ragione di ritenere che l’imputato sia minorenne, l’autorità giudiziaria trasmette gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 98 Cod. pen.

Art. 68. Errore sull’identità fisica dell’imputato. 1. Se risulta l’errore di persona, in ogni stato e grado del processo il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, pronuncia sentenza a norma dell’articolo 129. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 620, 667.

Art. 69. Morte dell’imputato. 1. Se risulta la morte dell’imputato, in ogni stato e grado del processo il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, pronuncia sentenza a norma dell’articolo 129. 2. La sentenza non impedisce l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona, qualora successivamente si accerti che la morte dell’imputato è stata erroneamente dichiarata. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 150 Cod. pen.; artt. 60, 411; (2) art. 405.

Art. 70. Accertamenti sulla capacità dell’imputato. 1. Quando non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e vi è ragione di ritenere che, per infermità mentale [sopravvenuta al fatto], l’imputato non è in grado di partecipare coscientemente al processo, il giudice, se occorre, dispone anche di ufficio, perizia. 2. Durante il tempo occorrente per l’espletamento della perizia il giudice assume, a richiesta del difensore, le prove che possono condurre al proscioglimento dell’imputato, e, quando vi è pericolo nel ritardo, ogni altra prova richiesta dalle parti. 3. Se la necessità di provvedere risulta durante le indagini preliminari, la perizia è disposta dal giudice a richiesta di parte con le forme previste per l’incidente probatorio. Nel frattempo restano sospesi i termini per le indagini preliminari e il pubblico ministero compie i soli atti che non richiedono la partecipazione cosciente della persona sottoposta alle indagini. Quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove nei casi previsti dall’articolo 392. ––––––––––– 1 È costituzionalmente illegittimo, in riferimento all’art. 24 Cost., l’art. 70 comma 1 c.p.p. limitatamente alle parole «sopravvenuta al fatto». Deve infatti ritenersi vulnerato il diritto all’autodifesa nell’ipotesi in cui la infermità mentale non coincidente con la totale incapacità di intendere e di volere, risalga al tempus commissi delicti e perduri nel corso del pro-

Codice procedura penale Artt. 67, 73 cedimento poiché in tal caso, non potendo trovare applicazione la disposizione impugnata, resterebbe precluso l’epilogo consistente in una decisione di proscioglimento o di non luogo a procedere (Corte cost. 20 luglio 1992, n. 340). Disposizioni correlative: (1) artt. 129, 190, 220, 425, 529; (2) art. 467; (3) artt. 326 e segg., 392, 405-407.

Art. 71. Sospensione del procedimento per incapacità dell’imputato. 1. Se, a seguito degli accertamenti previsti dall’articolo 70, risulta che lo stato mentale dell’imputato è tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice dispone con ordinanza che questo sia sospeso, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. 2. Con l’ordinanza di sospensione il giudice nomina all’imputato un curatore speciale, designando di preferenza l’eventuale rappresentante legale. 3. Contro l’ordinanza possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore nonché il curatore speciale nominato all’imputato. 4. La sospensione non impedisce al giudice di assumere prove, alle condizioni e nei limiti stabiliti dall’articolo 70 comma 2. A tale assunzione il giudice procede anche a richiesta del curatore speciale, che in ogni caso ha facoltà di assistere agli atti disposti sulla persona dell’imputato, nonché agli atti cui questi ha facoltà di assistere. 5. Se la sospensione interviene nel corso delle indagini preliminari, si applicano le disposizioni previste dall’articolo 70 comma 3. 6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell’articolo 75 comma 3. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 18, 425, 529; (2) art. 166; (5) artt. 326 e segg.

Art. 72. Revoca dell’ordinanza di sospensione. 1. Allo scadere del sesto mese dalla pronuncia dell’ordinanza di sospensione del procedimento, o anche prima quando ne ravvisi l’esigenza, il giudice dispone ulteriori accertamenti peritali sullo stato di mente dell’imputato. Analogamente provvede a ogni successiva scadenza di sei mesi, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso. 2. La sospensione è revocata con ordinanza non appena risulti che lo stato mentale dell’imputato ne consente la cosciente partecipazione al procedimento ovvero che nei confronti dell’imputato deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) art. 252 att. c.p.p., (1) artt. 71, 313; (2) artt. 425, 529.

Art. 73. Provvedimenti cautelari. 1. In ogni caso in cui lo stato di mente dell’imputato appare tale da renderne necessaria la cura nell’ambito del


Codice procedura penale Artt. 74, 77 servizio psichiatrico, il giudice informa con il mezzo più rapido l’autorità competente per l’adozione delle misure previste dalle leggi sul trattamento sanitario per malattie mentali. 2. Qualora vi sia pericolo nel ritardo, il giudice dispone anche di ufficio il ricovero provvisorio dell’imputato in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero. L’ordinanza perde in ogni caso efficacia nel momento in cui viene data esecuzione al provvedimento dell’autorità indicata nel comma 1. 3. Quando è stata o deve essere disposta la custodia cautelare dell’imputato, il giudice ordina che la misura sia eseguita nelle forme previste dall’articolo 286. 4. Nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero provvede all’informativa prevista dal comma 1 e, se ne ricorrono le condizioni, chiede al giudice il provvedimento di ricovero provvisorio previsto dal comma 2. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 252 att. c.p.p.; (4) artt. 326 e segg.

TITOLO V PARTE CIVILE, RESPONSABILE CIVILE E CIVILMENTE OBBLIGATO PER LA PENA PECUNIARIA Art. 74. Legittimazione all’azione civile. 1. L’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile. ––––––––––– 1 Una speciale disciplina è prevista dall’art. 11 comma 5 L. 9 luglio 1990, n. 188 sulla Tutela della ceramica artistica e tradizionale e della ceramica italiana di qualità che, in caso di uso illegittimo del marchio, legittima a costituirsi parte civile, fra l’altro, taluni comitati, le regioni, gli enti locali ed economici della zona o della provincia, i consorzi o enti di tutela, le associazioni dei produttori ceramici. Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 76, 83; art. 10 D.P.R. 448/88 (Minori); art. 212 att. c.p.p.

Art. 75. Rapporti tra azione civile e azione penale. 1. L’azione civile proposta davanti al giudice civile può essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato. L’esercizio di tale facoltà comporta rinuncia agli atti del giudizio; il giudice penale provvede anche sulle spese del procedimento civile. 2. L’azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile. 3. Se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte

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civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge. (1) ––––––––––– (1) Il co. 3 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 22 ottobre 1996, n. 354 nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi contenuta non trovi applicazione nel caso di accertato impedimento fisico permanente che non permetta all’imputato di comparire all’udienza, ove questi non consenta che il dibattimento prosegua in sua assenza. Disposizioni correlative: (1) art. 324 Cod. proc. civ.; art. 541; (2) artt. 79, 652; art. 211 att. c.p.p.; (3) artt. 71, 88, 441, 444.

Art. 76. Costituzione di parte civile. 1. L’azione civile nel processo penale è esercitata, anche a mezzo di procuratore speciale, mediante la costituzione di parte civile. 2. La costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo. ––––––––––– 1 La costituzione di parte civile dello Stato nei procedimenti penali deve essere autorizzata dal Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 1 comma 4 L. 3 gennaio 1991, n. 3 in materia di «Misure urgenti relative all’Avvocatura dello Stato»). Disposizioni correlative: (1) artt. 74, 122.

Art. 77. Capacità processuale della parte civile. 1. Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono costituirsi parte civile se non sono rappresentate, autorizzate o assistite nelle forme prescritte per l’esercizio delle azioni civili. 2. Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza e vi sono ragioni di urgenza ovvero vi è conflitto di interessi tra il danneggiato e chi lo rappresenta, il pubblico ministero può chiedere al giudice di nominare un curatore speciale. La nomina può essere chiesta altresì dalla persona che deve essere rappresentata o assistita ovvero dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante. 3. Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite se possibile le persone interessate, provvede con decreto, che è comunicato al pubblico ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell’incapace. 4. In caso di assoluta urgenza, l’azione civile nell’interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per età minore può essere esercitata dal pubblico ministero, finché subentri a norma dei commi precedenti colui al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza ovvero il curatore speciale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 75 Cod. proc. civ., (2) art. 307 Cod. pen.; art. 338.


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Art. 78. Formalità della costituzione di parte civile. 1. La dichiarazione di costituzione di parte civile è depositata nella cancelleria del giudice che procede o presentata in udienza e deve contenere, a pena di inammissibilità: a) le generalità della persona fisica o la denominazione dell’associazione o dell’ente che si costituisce parte civile e le generalità del suo legale rappresentante; b) le generalità dell’imputato nei cui confronti viene esercitata l’azione civile o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo; c) il nome e il cognome del difensore e l’indicazione della procura; d) l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda; e) la sottoscrizione del difensore. 2. Se è presentata fuori udienza, la dichiarazione deve essere notificata, a cura della parte civile, alle altre parti e produce effetto per ciascuna di esse dal giorno nel quale è eseguita la notificazione. 3. Se la procura non è apposta in calce o a margine della dichiarazione di parte civile, ed è conferita nelle altre forme previste dall’articolo 100, commi 1 e 2, essa è depositata nella cancelleria o presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di costituzione della parte civile. (1) ––––––––––– (1) Il co. 3 è stato sostituito dall’art. 13, co. 2 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 100, 110.

Art. 79. Termine per la costituzione di parte civile. 1. La costituzione di parte civile può avvenire per l’udienza preliminare e, successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’articolo 484. 2. Il termine previsto dal comma 1 è stabilito a pena di decadenza. 3. Se la costituzione avviene dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 468 comma 1, la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici. ––––––––––– 1 Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 79 c.p.p. nella parte in cui non consente che la costituzione di parte civile abbia effetto durante la fase delle indagini preliminari. «La scelta del legislatore non è irragionevole ed è conseguenza della scelta di optare per il regime della separazione dell’azione penale dall’azione civile scoraggiando, in coerenza con il rito accusatorio, anche la partecipazione del danneggiato dal reato al processo. Tale istanza vale anche con riferimento al procedimento che prevede l’assegnazione di una somma in anticipo (provvisionale) dell’ammontare dei danni subiti da incidente stradale (art. 24 L. 4 dicembre 1969, n. 990). Anche in questo caso, il danneggiato può inoltrare la richesta al giudice (G.I.P.) solo una volta iniziato il «processo penale» (Corte Cost. 2 maggio 1991, n. 192). Disposizioni correlative: (1) art. 416; (2) art. 173.

Codice procedura penale Artt. 78, 83 Art. 80. Richiesta di esclusione della parte civile. 1. Il pubblico ministero, l’imputato e il responsabile civile possono proporre richiesta motivata di esclusione della parte civile. 2. Nel caso di costituzione di parte civile per l’udienza preliminare, la richiesta è proposta, a pena di decadenza, non oltre il momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nella udienza preliminare o nel dibattimento. 3. Se la costituzione avviene nel corso degli atti preliminari al dibattimento o introduttivi dello stesso, la richiesta è proposta oralmente a norma dell’articolo 491 comma 1. 4. Sulla richiesta il giudice decide senza ritardo con ordinanza. 5. L’esclusione della parte civile ordinata nell’udienza preliminare non impedisce una successiva costituzione fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’articolo 484. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) artt. 173, 416, 484, 491; (3) artt. 465-469; (4) artt. 478-495.

Art. 81. Esclusione di ufficio della parte civile. 1. Fino a che non sia dichiarato aperto il dibattimento di primo grado, il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per la costituzione di parte civile, ne dispone l’esclusione di ufficio, con ordinanza. 2. Il giudice provvede a norma del comma 1 anche quando la richiesta di esclusione è stata rigettata nella udienza preliminare. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 444, 492.

Art. 82. Revoca della costituzione di parte civile. 1. La costituzione di parte civile può essere revocata in ogni stato e grado del procedimento con dichiarazione fatta personalmente dalla parte o da un suo procuratore speciale in udienza ovvero con atto scritto depositato nella cancelleria del giudice e notificato alle altre parti. 2. La costituzione si intende revocata se la parte civile non presenta le conclusioni a norma dell’articolo 523 ovvero se promuove l’azione davanti al giudice civile. 3. Avvenuta la revoca della costituzione a norma dei commi 1 e 2, il giudice penale non può conoscere delle spese e dei danni che l’intervento della parte civile ha cagionato all’imputato e al responsabile civile. L’azione relativa può essere proposta davanti al giudice civile. 4. La revoca non preclude il successivo esercizio dell’azione in sede civile. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 76, 78, 122; (2) art. 23 att. c.p.p.

Art. 83. Citazione del responsabile civile. 1. Il responsabile civile per il fatto dell’imputato può


Codice procedura penale Artt. 84, 86 essere citato nel processo penale a richiesta della parte civile e, nel caso previsto dall’articolo 77 comma 4, a richiesta del pubblico ministero. L’imputato può essere citato come responsabile civile per il fatto dei coimputati per il caso in cui venga prosciolto o sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere. 2. La richiesta deve essere proposta al più tardi per il dibattimento. 3. La citazione è ordinata con decreto dal giudice che procede. Il decreto contiene: a) le generalità o la denominazione della parte civile, con l’indicazione del difensore e le generalità del responsabile civile, se è una persona fisica, ovvero la denominazione dell’associazione o dell’ente chiamato a rispondere e le generalità del suo legale rappresentante; b) l’indicazione delle domande che si fanno valere contro il responsabile civile; c) l’invito a costituirsi nei modi previsti dall’articolo 84; d) la data e le sottoscrizioni del giudice e dell’ausiliario che lo assiste. 4. Copia del decreto è notificata, a cura della parte civile, al responsabile civile, al pubblico ministero e all’imputato. Nel caso previsto dall’articolo 77 comma 4, la copia del decreto è notificata al responsabile civile e all’imputato a cura del pubblico ministero. L’originale dell’atto con la relazione di notificazione è depositato nella cancelleria del giudice che procede. 5. La citazione del responsabile civile è nulla se per omissione o per erronea indicazione di qualche elemento essenziale il responsabile civile non è stato posto in condizione di esercitare i suoi diritti nell’udienza preliminare o nel giudizio. La nullità della notificazione rende nulla la citazione. 6. La citazione del responsabile civile perde efficacia se la costituzione di parte civile è revocata o se è ordinata l’esclusione della parte civile. ––––––––––– 1 La Corte Costituzionale (sentenza 17 novembre 1992, n. 453) ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 83 comma 5 c.p.p. «nella parte in cui non prevede per la citazione del responsabile civile nel procedimento davanti al pretore il medesimo termine assegnato all’imputato dall’art. 555, terzo comma dello stesso codice». La medesima Corte, in precedenza (sent. 10 novembre 1992, n. 430) nel dichiarare non fondata una questione di costituzionalità del medesimo articolo 83 aveva affermato che, nel procedimento davanti al tribunale, il disposto dell’articolo 429 commi 3 e 4 c.p.p. (notifica e termini per la notifica del decreto che dispone il giudizio) deve ritenersi applicabile anche al responsabile civile che non sia stato citato o non sia interventuto all’udienza preliminare: ne deriva che, in tale procedimento, il decreto che dispone il giudizio deve essere notificato anche al predetto soggetto almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio. 2 Con sentenza n. 112 del 16 aprile 1998, la Corte ha infine dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 83 nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità

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civile derivante dall’assicurazione obbligatoria ex L. 990/1969, l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato. Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 110, 126, 425, 529; (4) art. 152; (5) artt. 178, 416, 465.

Art. 84. Costituzione del responsabile civile. 1. Chi è citato come responsabile civile può costituirsi in ogni stato e grado del processo, anche a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione depositata nella cancelleria del giudice che procede o presentata in udienza. 2. La dichiarazione deve contenere a pena di inammissibilità: a) le generalità della persona fisica o la denominazione dell’associazione o dell’ente che si costituisce e le generalità del suo legale rappresentante; b) il nome e il cognome del difensore e l’indicazione della procura; c) la sottoscrizione del difensore. 3. La procura conferita nelle forme previste dall’articolo 100 comma 1 è depositata nella cancelleria o presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di costituzione del responsabile civile. 4. La costituzione produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 122; (2) artt. 100, 110; (4) art. 83.

Art. 85. Intervento volontario del responsabile civile. 1. Quando vi è costituzione di parte civile o quando il pubblico ministero esercita l’azione civile a norma dell’articolo 77 comma 4, il responsabile civile può intervenire volontariamente nel processo, anche a mezzo di procuratore speciale, per l’udienza preliminare e, successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’articolo 484, presentando una dichiarazione scritta a norma dell’articolo 84 commi 1 e 2. 2. Il termine previsto dal comma 1 è stabilito a pena di decadenza. Se l’intervento avviene dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 468 comma 1, il responsabile civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici. 3. Se è presentata fuori udienza, la dichiarazione è notificata, a cura del responsabile civile, alle altre parti e produce effetto per ciascuna di esse dal giorno nel quale è eseguita la notificazione. 4. L’intervento del responsabile civile perde efficacia se la costituzione di parte civile è revocata o se è ordinata l’esclusione della parte civile. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) artt. 122, 173; (3) art. 152.

Art. 86. Richiesta di esclusione del responsabile civile. 1. La richiesta di esclusione del re-


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sponsabile civile può essere proposta dall’imputato nonché dalla parte civile e dal pubblico ministero che non ne abbiano richiesto la citazione. 2. La richiesta può essere proposta altresì dal responsabile civile che non sia intervenuto volontariamente anche qualora gli elementi di prova raccolti prima della citazione possano recare pregiudizio alla sua difesa in relazione a quanto previsto dagli articoli 651 e 654. 3. La richiesta deve essere motivata ed è proposta, a pena di decadenza, non oltre il momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nella udienza preliminare o nel dibattimento. Il giudice decide senza ritardo con ordinanza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (3) artt. 173, 420, 484, 491.

Art. 87. Esclusione di ufficio del responsabile civile. 1. Fino a che non sia dichiarato aperto il dibattimento di primo grado, il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per la citazione o per l’intervento del responsabile civile, ne dispone l’esclusione di ufficio, con ordinanza. 2. Il giudice provvede a norma del comma 1 anche quando la richiesta di esclusione è stata rigettata nella udienza preliminare. 3. L’esclusione è disposta senza ritardo, anche di ufficio, quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 492; (3) art. 440.

Art. 88. Effetti dell’ammissione o dell’esclusione della parte civile o del responsabile civile. 1. L’ammissione della parte civile o del responsabile civile non pregiudica la successiva decisione sul diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno. 2. L’esclusione della parte civile o del responsabile civile non pregiudica l’esercizio in sede civile dell’azione per le restituzioni e il risarcimento del danno. Tuttavia se il responsabile civile è stato escluso su richiesta della parte civile, questa non può esercitare l’azione davanti al giudice civile per il medesimo fatto. 3. Nel caso di esclusione della parte civile non si applica la disposizione dell’articolo 75 comma 3. Art. 89. Citazione del civilmente obbligato per la pena pecuniaria. 1. La persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria è citata per l’udienza preliminare o per il giudizio a richiesta del pubblico ministero o dell’imputato. 2. Si osservano in quanto applicabili le disposizioni relative alla citazione e alla costituzione del responsabile civile. Non si applica la disposizione dell’articolo 87 comma 3. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 416, 459, 465.

Codice procedura penale Artt. 87, 92 TITOLO VI PERSONA OFFESA DAL REATO Art. 90. Diritti e facoltà della persona offesa dal reato. 1. La persona offesa dal reato, oltre ad esercitare i diritti e le facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge, in ogni stato e grado del procedimento può presentare memorie e, con esclusione del giudizio di cassazione, indicare elementi di prova. 2. La persona offesa minore, interdetta per infermità di mente o inabilitata esercita le facoltà e i diritti a essa attribuiti a mezzo dei soggetti indicati negli articoli 120 e 121 del codice penale. 3. Qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti di essa. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 33, 244 att. c.p.p.; (1) artt. 101, 336, 341, 360, 367, 369, 394, 398, 401, 408-410, 413, 419, 429, 451, 456, 572; (3) art. 307 Cod. pen.

Art. 91. Diritti e facoltà degli enti e delle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato. 1. Gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato. ––––––––––– 1 Nei procedimenti per i reati di cui agli articoli 2 e 5 L. 17 maggio 1991, n. 157 (Uso di informazioni riservate nelle operazioni in valori mobiliari), la CONSOB esercita i diritti e le facoltà attribuiti dal codice di procedura pe nale alla persona offesa dal reato, nonché le facoltà riconosciute negli articoli 505 e 511 del medesimo codice di procedura penale agli enti e alle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato (art. 8 comma 6 L. 157/1991). Disposizioni correlative: (1) artt. 90, 505, 511, 572; art. 212 att. c.p.p.

Art. 92. Consenso della persona offesa. 1. L’esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti agli enti e alle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato è subordinato al consenso della persona offesa. 2. Il consenso deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata e può essere prestato a non più di uno degli enti o delle associazioni. È inefficace il consenso prestato a più enti o associazioni. 3. Il consenso può essere revocato in qualsiasi momento con le forme previste dal comma 2. 4. La persona offesa che ha revocato il consenso non può prestarlo successivamente né allo stesso né ad altro ente o associazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-4) art. 212 att. c.p.p.


Codice procedura penale Artt. 94, 97 Art. 93. Intervento degli enti o delle associazioni. 1. Per l’esercizio dei diritti e delle facoltà previsti dall’articolo 91 l’ente o l’associazione presenta all’autorità procedente un atto di intervento che contiene a pena di inammissibilità: a) le indicazioni relative alla denominazione dell’ente o dell’associazione, alla sede, alle disposizioni che riconoscono le finalità di tutela degli interessi lesi, alle generalità del legale rappresentante; b) l’indicazione del procedimento; c) il nome e il cognome del difensore e l’indicazione della procura; d) l’esposizione sommaria delle ragioni che giustificano l’intervento; e) la sottoscrizione del difensore. 2. Unitamente all’atto di intervento sono presentate la dichiarazione di consenso della persona offesa e la procura al difensore se questa è stata conferita nelle forme previste dall’articolo 100 comma 1. 3. Se è presentato fuori udienza, l’atto di intervento deve essere notificato alle parti e produce effetto dal giorno dell’ultima notificazione. 4. L’intervento produce i suoi effetti in ogni stato e grado del procedimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-4) art. 212 att. c.p.p.; (1) artt. 100, 110; (3) art. 152.

Art. 94. Termine per l’intervento. 1. Gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato possono intervenire nel procedimento fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’articolo 484. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 212 att. c.p.p.

Art. 95. Provvedimenti del giudice. 1. Entro tre giorni dalla notificazione eseguita a norma dell’articolo 93 comma 3, le parti possono opporsi con dichiarazione scritta all’intervento dell’ente o dell’associazione. L’opposizione è notificata al legale rappresentante dell’ente o dell’associazione, il quale può presentare le sue deduzioni nei cinque giorni successivi. 2. Se l’intervento è avvenuto prima dell’esercizio dell’azione penale, sull’opposizione provvede il giudice per le indagini preliminari; se è avvenuto nell’udienza preliminare, l’opposizione è proposta prima dell’apertura della discussione; se è avvenuto in dibattimento, l’opposizione è proposta a norma dell’articolo 491 comma 1. 3. I termini previsti dai commi 1 e 2 sono stabiliti a pena di decadenza. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza. 4. In ogni stato e grado del processo il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per l’e-

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sercizio dei diritti e delle facoltà previsti dall’articolo 91, dispone anche di ufficio, con ordinanza, l’esclusione dell’ente o dell’associazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 328, 405, 416, 421; (3) art. 173.

TITOLO VII IL DIFENSORE Art. 96. Difensore di fiducia. 1. L’imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia. 2. La nomina è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata. 3. La nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, finché la stessa non vi ha provveduto, può essere fatta da un prossimo congiunto, con le forme previste dal comma 2. ––––––––––– 1 L’art. 9 L. 7 agosto 1990, n. 232 (Provvedimenti a carico del personale di polizia) prevede che continuino ad applicarsi le disposizioni dell’art. 32 L. 22 maggio 1975, n. 152 (sulla difesa di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria per fatti compiuti in servizio e relativi all’uso delle armi). 2 La disposizione del comma 3 dell’art. 96 c.p.p. che consente la nomina del difensore di fiducia da parte di un prossimo congiunto in favore di persone arrestate, fer mate o in custodia cautelare, si applica solo ai casi tassativamente previsti dalla disposizione medesima. Non si applica perciò né in favore dell’imputato latitante (Cass. 31 ottobre 1990, De Vitis, in Arch. n. proc. pen. 1991, p. 447), né in favore di chi è condannato o in espiazione pena (Cass. 6 marzo 1991, Rufinatscha, in Cass. pen. 1992, m. 818). Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 61, 655; (3) artt. 293, 386. V. anche: artt. 63, 369 e 386 per le modalità di rendere edotto il soggetto del diritto alla difesa tecnica; (13) artt. 24-27, 34, 35, 36, 38, 65, 222 att. c.p.p.

Art. 97. Difensore di ufficio. 1. L’imputato che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo è assistito da un difensore di ufficio. 2. I consigli dell’ordine forense di ciascun distretto di corte d’appello, mediante un apposito ufficio centralizzato, al fine di garantire l’effettività della difesa d’ufficio, predispongono gli elenchi dei difensori che a richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria sono indicati ai fini della nomina. I consigli dell’ordine fissano i criteri per la nomina dei difensori sulla base delle competenze specifiche, della prossimità alla sede del procedimento e della reperibilità (1). 3. Il giudice, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, se devono compiere un atto per il quale è prevista l’assistenza del difensore e la persona sottoposta alle indagini o l’imputato ne sono privi, danno avviso dell’atto al difensore il cui no-


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minativo è comunicato dall’ufficio di cui al comma 2 (1). 4. Quando è richiesta la presenza del difensore e quello di fiducia o di ufficio nominato a norma dei commi 2 e 3 non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa, il giudice designa come sostituto altro difensore immediatamente reperibile per il quale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 102. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, nelle medesime circostanze, richiedono un altro nominativo all’ufficio di cui al comma 2, salva, nei casi di urgenza, la designazione di un altro difensore immediatamente reperibile, previa adozione di un provvedimento motivato che indichi le ragioni dell’urgenza. Nel corso del giudizio può essere nominato sostituto solo un difensore iscritto nell’elenco di cui al comma 2 ( 1). 5. Il difensore di ufficio ha l’obbligo di prestare il patrocinio e può essere sostituito solo per giustificato motivo. 6. Il difensore di ufficio cessa dalle sue funzioni se viene nominato un difensore di fiducia. ––––––––––– (1) I commi secondo, terzo e quarto sono stati così sostituiti, rispettivamente, dagli artt. 1, 2 e 3, L. 6 marzo 2001, n. 60. 1 L’istituto della difesa d’ufficio ha subito profonde modificazioni a seguito della L. 60/2001. Per comprendere il nuovo sistema occorre muovere dalla lettura dell’articolo 29, comma 1-bis delle disposizioni di attuazione, in base al quale il Consiglio di ciascun Ordine forense predispone e aggiorna ogni tre mesi l’elenco alfabetico degli iscritti agli albi disponibili ad assumere le difese d’ufficio. Possono ottenere l’iscrizione al suddetto elenco, in primo luogo, i difensori che abbiano conseguito un attestato di idoneità, rilasciato dall’Ordine forense di appartenenza al termine della frequenza dei corsi di aggiornamento professionale organizzati dagli stessi Ordini, oppure dalla Camera penale territoriale o dall’Unione delle camere penali. Inoltre, possono essere iscritti nell’elenco anche i difensori che, benché privi di tale attestato, dimostrino di avere esercitato la professione in sede penale per almeno due anni, «mediante la produzione di idonea documentazione». Gli elenchi predisposti da ciascun Ordine confluiscono presso l’Ordine forense del capoluogo del distretto di Corte di appello. In questa sede trova collocazione un apposito ufficio con recapito centralizzato, il quale «mediante linee telefoniche dedicate» e mediante gestione separata degli elenchi provenienti da ciascun Ordine forense del distretto, «fornisce i nominativi dei difensori di ufficio a richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria». La designazione deve avvenire all’insegna di un sistema informatizzato, impostato in modo da garantire la rotazione automatica degli iscritti ed evitare «l’attribuzione contestuale di nomine, ad un unico difensore, per procedimenti pendenti innanzi ad autorità giudiziarie e di polizia distanti tra loro e, comunque, dislocate in modo da non permettere l’effettività della difesa». Infine, il predetto sistema deve garantire, attraverso l’istituzione di un turno differenziato e con rotazione giornaliera dei nominativi, che per le necessità difensive di indagati e imputati detenuti risultino re -

Codice procedura penale Artt. 98, 100 peribili, «un numero di difensori di ufficio corrispondenti alle esigenze». Per questi difensori è espressamente previsto – e sembra solo per essi – l’obbligo della reperibilità (nuovi commi 2, 3, 4 e 7 dell’art. 29 disp. att. c.p.p.). Laddove il procedimento concerna «materie che riguardino competenze specifiche», è espressamente previsto che la designazione del difensore non avvenga tramite il sistema informatizzato (nuovo comma 2, ultima parte, dell’art. 29 disp. att. c.p.p.). A completamento del congegno così predisposto è ancora una volta ribadito che «l’autorità giudiziaria e, nei casi previsti, la polizia giudiziaria individuano il difensore, richiedendone il nominativo» all’ufficio centralizzato e che «il presidente del consiglio dell’ordine forense o un componente da lui delegato vigila sul rispetto dei criteri per l’individuazione e la designazione del difensore di ufficio (commi 5 e 6 dell’art. 29 disp. att. c.p.p.)». Disposizioni correlative: (1) art. 96; (2)art. 11 D.P.R. 498/88 (Minori); (3) artt. 127, 155, 159, 165, 169, 294, 309, 324, 350, 356, 364, 365, 395, 401, 416 e segg., 456, 484, 666, 704, 717; (4) artt. 350, 391, 401, 420, 484, 666; (1-4) artt. 26-31, 35-38, 65 att. c.p.p.; art. 15 att. m.

Art. 98. Patrocinio dei non abbienti. 1. L’imputato, la persona offesa dal reato, il danneggiato che intende costituirsi parte civile e il responsabile civile possono chiedere di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, secondo le norme della legge sul patrocinio dei non abbienti. ––––––––––– 1 Sul patrocinio dei non abbienti, v. L. 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti) come modificata dalla L. 29 marzo 2001, n. 134, con il relativo regolamento (D.M. 3 novembre 1990). 2 V. anche l’art. 369-bis c.p.p., in tema di comunicazione della nomina del difensore di ufficio che deve contenere, fra l’altro, l’indicazione delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 61, 76, 83, 101; art. 32 att. c.p.p.

Art. 99 Estensione al difensore dei diritti dell’imputato. 1. Al difensore competono le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato, a meno che essi siano riservati personalmente a quest’ultimo. 2. L’imputato può togliere effetto, con espressa dichiarazione contraria, all’atto compiuto dal difensore prima che, in relazione all’atto stesso, sia intervenuto un provvedimento del giudice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 46, 141, 419, 438, 446, 571, 589; artt. 38, 222 att. c.p.p.

Art. 100. Difensore delle altre parti private. 1. La parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria stanno in giudizio col ministero di un difensore, munito di procura speciale conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata dal difensore o da altra persona abilitata. (1) 2. La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della dichiarazione di costi-


Codice procedura penale Artt. 101, 104 tuzione di parte civile, del decreto di citazione o della dichiarazione di costituzione o di intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. In tali casi l’autografia della sottoscrizione della parte è certificata dal difensore. 3. La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa volontà diversa. 4. Il difensore può compiere e ricevere, nell’interesse della parte rappresentata, tutti gli atti del procedimento che dalla legge non sono a essa espressamente riservati. In ogni caso non può compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa se non ne ha ricevuto espressamente il potere. 5. Il domicilio delle parti private indicate nel comma 1 per ogni effetto processuale si intende eletto presso il difensore. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato così modificato dall’art. 13 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 76, 83, 89, 122; artt. 24, 27, 38, 65, 222 att. c.p.p. (4) artt. 82, 84-85; (5) art. 154.

Art. 101. Difensore della persona offesa. 1. La persona offesa dal reato, per l’esercizio dei diritti e delle facoltà ad essa attribuiti, può nominare un difensore nelle forme previste dall’articolo 96 comma 2. 2. Per la nomina dei difensori degli enti e delle associazioni che intervengono a norma dell’articolo 93 si applicano le disposizioni dell’articolo 100. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 90; artt. 24, 27, 33, 38, 65 att. c.p.p.

Art. 102. Sostituto del difensore. 1. Il difensore di fiducia e il difensore d’uffico possono nominare un sostituto (1). 2. Il sostituto esercita i diritti e assume i doveri del difensore. ––––––––––– (1) Comma così sostituito dall’art. 4, L. 6 marzo 2001, n. 60. Disposizioni correlative: (1) art. 97 co. 4; artt. 34, 38 att. c.p.p.

Art. 103. Garanzie di libertà del difensore. 1. Le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori sono consentite solo: a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono imputati, limitatamente ai fini dell’accertamento del reato loro attribuito; b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate. 2. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici non si può procedere a sequestro di carte o documenti relativi al-

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l’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato (1). 3. Nell’accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell’ufficio di un difensore, l’autorità giudiziaria a pena di nullità avvisa il consiglio dell’ordine forense del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento. 4. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice. 5. Non è consentita l’intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite (2). 6. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l’imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato. 7. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati. ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 1, co. 1, lett. a), L. 7 dicembre 2000, n. 397. (2) Comma così modificato dall’art. 1, co. 1, lett. b), L. 7 dicembre 2000, n. 397. Le garanzie previste da questo articolo si estendono anche agli assistenti sociali in base all’art. 1 (per il cui testo v. sub art. 200), L. 3 aprile 2001, n. 119. Disposizioni correlative: (1) artt. 96, 97, 244, 247, 352; (2-3-4) artt. 225, 233, 252, 253, 354; (5) artt. 225, 233, 271, 359; (5-6) art. 35 att. c.p.p.; (7) art. 191.

Art. 104. Colloqui del difensore con l’imputato in custodia cautelare. 1. L’imputato in stato di custodia cautelare ha diritto di conferire con il difensore fin dall’inizio dell’esecuzione della misura. 2. La persona arrestata in flagranza o fermata a norma dell’articolo 384 ha diritto di conferire con il difensore subito dopo l’arresto o il fermo. 3. Nel corso delle indagini preliminari, quando sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il giudice su richiesta del pubblico ministero può, con decreto motivato, dilazionare, per un tempo non superiore a cinque giorni, l’esercizio del diritto di conferire con il difensore (1). 4. Nell’ipotesi di arresto o di fermo, il potere previsto dal comma 3 è esercitato dal pubblico mini-


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stero fino al momento in cui l’arrestato o il fermato è posto a disposizione del giudice. ––––––––––– (1) Il comma 3 è stato modificato dall’art. 1 L. 8 agosto 1995, n. 332. Disposizioni correlative: (1) artt. 284-286, 293; (2) artt. 380, 381, 383; (3) art. 328; (4) art. 390; (1-4) artt. 27, 36, 245 att. c.p.p.

Art. 105. Abbandono e rifiuto della difesa. 1. Il consiglio dell’ordine forense ha competenza esclusiva per le sanzioni disciplinari relative all’abbandono della difesa o al rifiuto della difesa di ufficio. 2. Il procedimento disciplinare è autonomo rispetto al procedimento penale in cui è avvenuto l’abbandono o il rifiuto. 3. Nei casi di abbandono o di rifiuto motivati da violazione dei diritti della difesa, quando il consiglio dell’ordine li ritiene comunque giustificati, la sanzione non è applicata, anche se la violazione dei diritti della difesa è esclusa dal giudice. 4. L’autorità giudiziaria riferisce al consiglio dell’ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto della difesa di ufficio o, nell’ambito del procedimento, i casi di violazione da parte del difensore dei doveri di lealtà e di probità nonché del divieto di cui all’articolo 106, comma 4 bis (1). 5. L’abbandono della difesa delle parti private diverse dall’imputato, della persona offesa, degli enti e delle associazioni previsti dall’articolo 91 non impedisce in alcun caso l’immediata continuazione del procedimento e non interrompe l’udienza. ––––––––––– (1) Comma così sostituito dall’art. 15, L. 13 febbraio 2001, n. 45 (in S.O. alla G.U. 10 marzo 2001, n. 58).

Art. 106. Incompatibilità della difesa di più imputati nello stesso procedimento. 1. Salva la disposizione del comma 4 bis, la difesa di più imputati può essere assunta da un difensore comune, purché le diverse posizioni non siano tra loro incompatibili (1). 2. L’autorità giudiziaria, se rileva una situazione di incompatibilità, la indica e ne espone i motivi, fissando un termine per rimuoverla. 3. Qualora l’incompatibilità non sia rimossa, il giudice la dichiara con ordinanza provvedendo alle necessarie sostituzioni a norma dell’articolo 97. 4. Se l’incompatibilità è rilevata nel corso delle indagini preliminari, il giudice, su richiesta del pubblico ministero o di taluna delle parti private e

Codice procedura penale Artt. 105, 108 sentite le parti interessate, provvede a norma del comma 3 (2). 4 bis. Non può essere assunta da uno stesso difensore la difesa di più imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti la responsabilità di altro imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso ai sensi dell’articolo 12 o collegato ai sensi dell’articolo 371, comma 2, lettera b). Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei commi 2, 3 e 4 (3). ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 16, comma 1, lett. a), L. 13 febbraio 2001, n. 45 (in S.O. alla G.U. 10 marzo 2001, n. 58). (2) Comma così modificato dall’art. 16, comma 1, lett. b), L. 45/2001 cit. (3) Comma aggiunto dall’art. 16, comma 1, lett. c), L. 45/2001 cit.. Disposizioni correlative: (4) artt. 326 e segg.

Art. 107. Non accettazione, rinuncia o revoca del difensore. 1. Il difensore che non accetta l’incarico conferitogli o vi rinuncia ne dà subito comunicazione all’autorità procedente e a chi lo ha nominato. 2. La non accettazione ha effetto dal momento in cui è comunicata all’autorità procedente. 3. La rinuncia non ha effetto finché la parte non risulti assistita da un nuovo difensore di fiducia o da un difensore di ufficio e non sia decorso il termine eventualmente concesso a norma dell’articolo 108. 4. La disposizione del comma 3 si applica anche nel caso di revoca. Art. 108. (1) Termine per la difesa. 1. Nei casi di rinuncia, di revoca, di incompatibilità, e nel caso di abbandono, il nuovo difensore dell’imputato o quello designato d’ufficio che ne fa richiesta ha diritto ad un termine congruo, non inferiore a sette giorni, per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento. 2. Il termine di cui al comma 1 può essere inferiore se vi è consenso dell’imputato o del difensore o se vi sono specifiche esigenze processuali che possono determinare la scarcerazione dell’imputato o la prescrizione del reato. In tale caso il termine non può comunque essere inferiore a ventiquattro ore. Il giudice provvede con ordinanza. ––––––––––– (1) Articolo così sostituito dall’art. 5, L. 6 marzo 2001, n. 60. Disposizioni correlative: (1) artt. 97-107.


LIBRO SECONDO ATTI TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 109. Lingua degli atti. 1. Gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana. 2. Davanti all’autorità giudiziaria avente competenza di primo grado o di appello su un territorio dove è insediata una minoranza linguistica riconosciuta, il cittadino italiano che appartiene a questa minoranza è, a sua richiesta, interrogato o esaminato nella madrelingua e il relativo verbale è redatto anche in tale lingua. Nella stessa lingua sono tradotti gli atti del procedimento a lui indirizzati successivamente alla sua richiesta. Restano salvi gli altri diritti stabiliti da leggi speciali e da convenzioni internazionali. 3. Le disposizioni di questo articolo si osservano a pena di nullità. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 169; (2) artt. 64, 65, 134 e segg., 194, 208 e segg.; art. 26 att. c.p.p.; (3) artt. 177 e segg.

Art. 110. Sottoscrizione degli atti. 1. Quando è richiesta la sottoscrizione di un atto, se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell’atto, del nome e cognome di chi deve firmare. 2. Non è valida la sottoscrizione apposta con mezzi meccanici o con segni diversi dalla scrittura. 3. Se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l’atto scritto o che riceve l’atto orale, accertata l’identità della persona, ne fa annotazione in fine dell’atto medesimo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (3) art. 357 Cod. pen.

Art. 111. Data degli atti. 1. Quando la legge richiede la data di un atto, sono indicati il giorno, il mese, l’anno e il luogo in cui l’atto è compiuto. L’indicazione dell’ora è necessaria solo se espressamente prescritta. 2. Se l’indicazione della data di un atto è prescritta a pena di nullità, questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza in base ad elementi contenuti nell’atto medesimo o in atti a questo connessi. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) art. 292.

Art. 112. (1) Surrogazione di copie agli originali mancanti. 1. Salvo che la legge disponga altrimenti, quando l’originale di una sentenza o di un altro atto del procedimento, del quale occorre fare uso, è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, la copia autentica ha valore di originale ed è posta nel luogo in cui l’originale dovrebbe trovarsi. 2. A tal fine, il presidente della corte o del tribunale, anche di ufficio, ordina con decreto a chi detiene la copia di consegnarla alla cancelleria, salvo il diritto del detentore di avere gratuitamente un’altra copia autentica. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 177 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: artt. 40-41 att. c.p.p.

Art. 113. Ricostituzione di atti. 1. Se non è possibile provvedere a norma dell’articolo 112, il giudice, anche di ufficio, accerta il contenuto dell’atto mancante e stabilisce con ordinanza se e in quale tenore esso deve essere ricostituito. 2. Se esiste la minuta dell’atto mancante, questo è ricostituito secondo il tenore della medesima, quando alcuno dei giudici che l’hanno sottoscritto riconosce che questo era conforme alla minuta. 3. Quando non si può provvedere a norma dei commi 1 e 2, il giudice dispone con ordinanza la rinnovazione dell’atto mancante, se necessaria e possibile, prescrivendone il modo ed eventualmente indicando anche gli altri atti che devono essere rinnovati. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) art. 41 att. c.p.p.

Art. 114. Divieto di pubblicazione di atti e di immagini. 1. È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto. 2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare. 3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti [del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli] del fascicolo del pubblico ministero, se non dopo la


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pronuncia della sentenza in grado di appello. È sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni. 4. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall’articolo 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia. 5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell’interesse dello Stato ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell’ultimo periodo del comma 4. 6. È vietata la pubblicazione delle generalità e dell’immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. Il tribunale per i minorenni, nell’interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione. 6 bis. È vietata la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta. 7. È sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto. ––––––––––– La rubrica è stata modificata e il co. 6 bis è stato inserito dall’art. 14 L. 16 dicembre 1999, n. 479. 1 Per il divieto di pubblicazione nei procedimenti relativi ai reati indicati nell’art. 90 Cost., v. art. 11 L. 5 giugno 1989, n. 219. 2 Per il diritto degli organi della disciplina sportiva di ottenere, in determinati casi, copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell’art. 116 ma fermo restando il divieto della loro pubblicazione, v. art. 1 L. 13 dicembre 1989, n. 401 (v. nota 1 all’art. 116). 3 Con sentenza n. 59 del 20 febbraio 1995, la Corte costituzionale ha ritenuto illegittimo il terzo comma dell’art. 114 c.p.p. limitatamente alla locuzione racchiusa tra le parentesi [..]. V. supra. Disposizioni correlative: (1-6) art. 684 Cod. pen.; art. 115; (1) art. 329, (2) artt. 116, 243, 258, 309, 324, 366, 395, 409, 419, 430, 432; (3) artt. 431, 433, 449, 453, 500, 506, 515, 525 e segg., 605; (4) art. 472, 500; art. 21 D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 (Archivi di Stato); (5) artt. 256, 258, 261-263 Cod. pen.; (6) artt. 74, 94, 194, art. 13 D.P.R. 498/88 (Minori).

Codice procedura penale Artt. 115, 116 Art. 115. Violazione del divieto di pubblicazione. 1. Salve le sanzioni previste dalla legge penale, la violazione del divieto di pubblicazione previsto dagli articoli 114 e 329 comma 3 lettera b) costituisce illecito disciplinare quando il fatto è commesso da impiegati dello Stato o di altri enti pubblici ovvero da persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. 2. Di ogni violazione del divieto di pubblicazione commessa dalle persone indicate nel comma 1 il pubblico ministero informa l’organo titolare del potere disciplinare. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 323, 326, 684 Cod. pen.; artt. 114, 329. - Per quanto attiene alle professioni per le quali è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, V. A) D.Lg.Lt. 23 novembre 1944, n. 382 che restituì i loro ordinamenti agli avvocati e procuratori (R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578), ai notai (L. 16 febbraio 1913, n. 89), agli ingegneri e architetti (R.D. 27 ottobre 1927, n. 2145 e R.D. 31 maggio 1928, n. 1337), ai geometri (R.D. 11 febbraio 1929, n. 274), ai chimici, periti industriali, periti agrari e attuari (RR.DD. maggio 1928, n. 482; 11 febbraio 1929, n. 275, 25 novembre 1929, n. 2365, L. 9 febbraio 1942, n. 194); B) D.Lg.C.p.S. 13 settembre 1946, n. 233 e succ. mod. per gli esercenti le professioni sanitarie (medici chirurghi, veterinari, farmacisti, ostetriche e infermieri, assistenti e visitatrici, tecnici di radiologia cardiaca); C) D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067 per i dottori commercialisti e i periti commerciali; D) L. 3 febbraio 1963, n. 69 per i giornalisti, E) L. 3 febbraio 1963, n. 112 per i geologi; F) L. 24 maggio 1967, n. 396 per i biologi; G) L. 7 gennaio 1976, n. 3 per i dottori agronomi e forestali; H) L. 11 gennaio 1979, n. 12 per i consulenti del lavoro.

Art. 116. Copie, estratti e certificati. 1. Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti. 2. Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza. 3. Il rilascio non fa venire meno il divieto di pubblicazione stabilito dall’articolo 114. 3 bis. Quando il difensore, anche a mezzo di sostituti, presenta all’autorità giudiziaria atti o documenti, ha diritto al rilascio di attestazione dell’avvenuto deposito, anche in calce ad una copia (1). ––––––––––– (1) Comma aggiunto dall’art. 2, L. 7 dicembre 2000, n. 397. 2 L’art. 1 comma 3 L. 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche) legittima «gli organi della disciplina sportiva, ai fini della propria competenza funzionale» a chiedere «copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell’art.


Codice procedura penale Artt. 117, 119 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all’art. 114 dello stesso codice». Disposizioni correlative: (1) artt. 243, 258, 329, 335, 366; (1-3) artt. 42 e 43 att. c.p.p.

Art. 117. Richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del pubblico ministero. 1. Fermo quanto disposto dall’articolo 371, quando è necessario per il compimento delle proprie indagini, il pubblico ministero può ottenere dall’autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall’articolo 329, copie di atti relativi ad altri procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto. L’autorità giudiziaria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa. 2. L’autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato. 2 bis. Il procuratore nazionale antimafia, nell’ambito delle funzioni previste dall’art. 371 bis, accede al registro delle notizie di reato e alle banche dati istituite appositamente presso le direzioni distrettuali antimafia realizzando se del caso collegamenti reciproci. (1) ––––––––––– (1) Il comma 2 bis è stato aggiunto dall’art. 4 comma 9 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con mod. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...), per dotare di adeguati strumenti conoscitivi il procuratore nazionale antimafia, in vista del miglior esercizio delle funzioni attribuitegli dalla legge (sulle quali, v. specialmente, l’art. 371 bis c.p.p. con richiami).

Art. 118. Richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del ministro dell’interno. 1. Il ministro dell’interno, direttamente o a mezzo di un ufficiale di polizia giudiziaria o del personale della Direzione investigativa antimafia appositamente delegato, può ottenere dall’autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall’articolo 329, copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, ritenute indispensabili per la prevenzione dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza. L’autorità giudiziaria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa. 1 bis. Ai medesimi fini l’autorità giudiziaria può autorizzare i soggetti indicati nel comma 1 all’accesso diretto al registro previsto dall’art. 335, anche se tenuto in forma automatizzata. 2. L’autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato. 3. Le copie e le informazioni acquisite a norma del comma 1 sono coperte dal segreto di ufficio. ––––––––––– 1 Specifiche ipotesi di richiesta di atti e di informazioni da parte del Ministro dell’interno sono previste dall’art. 1 quinquies commi 3-5 D.L. 6 settembre 1982, n. 629 (conv. con modif. nella L. 12 ottobre 1982, n. 726) e succ. modif. (Misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa) e dall’art. 102 T.U. in materia di stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309).

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2 Sulla comunicazione da parte dell’Autorità giudiziaria al Governatore della Banca d’Italia, v. art. 4 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991, n. 82) (Nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia). 3 Sulla comunicazione da parte dell’Autorità giudiziaria alla CONSOB, v. art. 8 comma 5 L. 17 maggio 1991, n. 157 in tema d’uso di informazioni riservate nelle operazioni in valori mobiliari. 4 Il comma 1 bis è stato aggiunto dall’art. 4 comma 10 (lett. a) D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). Sempre dall’art. 4 comma 10 (lett. b) D.L. 306/1992 cit. è stato aggiunto, nel comma 1, il riferimento alla Direzione investigativa antimafia come «soggetto» che il Ministro dell’Interno può delegare all’acquisizione di copie di atti e di informazioni su procedimenti penali. Entrambe le nuove previsioni sono ovviamente dirette ad agevolare la circolazione dei dati processuali nell’ottica di quella cooperazione istituzionale assolutamente necessaria specie per la prevenzione e la repressione dei delitti di criminalità organizzata. Sul registro delle notizie di reato e sulla sua informatizzazione, v. art. 335 c.p.p. 5 Il prefetto e il comitato antiracket possono ottenere dall’autorità giudiziaria copie di atti e informazioni scritte sul loro contenuto qualora risulti indispensabile per l’accertamento dei presupposti e delle condizioni per l’elargizione di somme alle vittime di richieste estorsive. Le copie di atti e le informazioni sono coperte dal segreto di ufficio e sono trasmesse in forme idonee ad assicurare la massima riservatezza (art. 5 bis D.L. 31 dicembre 1991, n. 419 – conv. con modif. nella L. 18 febbraio 1992, n. 172 – aggiunto dall’art. 6 D.L. 27 settembre 1993, n. 382). 6 Ai sensi del comma 2 dell’art. 143 (Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso) del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il prefetto, nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al comma 1 dell’art. 143 cit. o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, può richiedere preventivamente informazioni al procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all’articolo 329 del codice di procedura penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento. 7 Ai sensi del comma 4 dell’art. 59 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) sono comunicati al prefetto, a cura della cancelleria del Tribunale o della segreteria del pubblico ministero, i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione dalle cariche ricoperte nell’ambito di enti locali ed indicate nell’art. 58 co. 1 D.Lgs. cit. Disposizioni correlative: (1) artt. 57, 380; (1 bis) artt. 335, 348; (2) art. 125; (3) art. 326 Cod. pen.

Art. 119. (1) Partecipazione del sordo, muto o sordomuto ad atti del procedimento. 1. Quando un sordo, un muto o un sordomuto vuole o deve fare dichiarazioni, al sordo si presentano per iscritto le domande, gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde oralmente; al muto si fanno oralmente le domande, gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde per iscritto.


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2. Se il sordo, il muto o il sordomuto non sa leggere o scrivere, l’autorità procedente nomina uno o più interpreti, scelti di preferenza fra le persone abituate a trattare con lui. ––––––––––– (1) L’articolo è stato dichiarato illegittimo «nella parte in cui non prevede che l’imputato sordo, muto o sordomuto, indipendentemente dal fatto che sappia o meno leggere e scrivere, ha diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete, scelto di preferenza fra le persone abituate a trattare con lui, al fine di potere comprendere l’accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa» (Corte cost. 22 luglio 1999, n. 341). Disposizioni correlative: (1) art. 110; (2) artt. 143 e segg.

Art. 120. Testimoni ad atti del procedimento. 1. Non possono intervenire come testimoni ad atti del procedimento: a) i minori degli anni quattordici e le persone palesemente affette da infermità di mente o in stato di manifesta ubriachezza o intossicazione da sostanze stupefacenti o psicotrope. La capacità si presume sino a prova contraria; b) le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive o a misure di prevenzione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 215 e segg, 228 Cod. pen. - Sulle misure di prevenzione, v. L. 27 dicembre 1956, n. 1423; L. 31 maggio 1965, n. 575; L. 13 settembre 1982, n. 646; L. 3 agosto 1988, n. 327.

Art. 121. Memorie e richieste delle parti. 1. In ogni stato e grado del procedimento le parti e i difensori possono presentare al giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria. 2. Sulle richieste ritualmente formulate il giudice provvede senza ritardo e comunque, salve specifiche disposizioni di legge, entro quindici giorni. ––––––––––– L’articolo 121 ripete, nel comma 1, il disposto dell’art. 145 c.p.p. del 1930 mentre, nel comma 2, dà attuazione all’ultima parte della direttiva 3 della legge-delega, relativa all’obbligo del giudice anche per le indagini preliminari di provvedere senza ritardo e comunque entro un termine prestabilito (fissato in quindici giorni, quando una specifica diversa disposizione non prevede un termine diverso). La citata direttiva si riferisce anche alla persona offesa, i cui diritti sono stati globalmente disciplinati nell’art. 90. (R.p.p.). Nel testo definitivo del codice è stato soppresso l’inciso finale del comma 1 (senza obbligo di comunicazione alle altre parti) che compariva nel Progetto preliminare. Si è voluto così assicurare un effettivo contraddittorio tra le parti imponendo implicitamente (poiché la regola è il contraddittorio) la comunicazione o la notificazione. (R.c.). Disposizioni correlative: (1) artt. 50, 60, 74, 83, 89, 90, 367; artt. 299, 398, 418.

Art. 122. Procura speciale per determinati atti. 1. Quando la legge consente che un atto sia compiuto per mezzo di un procuratore speciale, la procura deve, a pena di inammissibilità, essere ri-

Codice procedura penale Artt. 120, 124 lasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve contenere, oltre alle indicazioni richieste specificamente dalla legge, la determinazione dell’oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce. Se la procura è rilasciata per scrittura privata al difensore, la sottoscrizione può essere autenticata dal difensore medesimo. La procura è unita agli atti. (1) 2. Per le pubbliche amministrazioni è sufficiente che la procura sia sottoscritta dal dirigente dell’ufficio nella circoscrizione in cui si procede e sia munita del sigillo dell’ufficio. 3. Non è ammessa alcuna ratifica degli atti compiuti nell’interesse altrui senza procura speciale nei casi in cui questa è richiesta dalla legge. ––––––––––– (1) Il secondo periodo del co. 1 è stato introdotto dall’art. 13 della L. 16 dicembre 1999, n. 479. Ai sensi del co. 4 dell’art. 13, come modificato dall’art. 3 D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144, la nuova previsione introdotta dal co. 1 dell’art. 122 si applica anche alle procure conferite prima dell’entrata in vigore della L. 479/1999. Disposizioni correlative: (1) artt. 2699, 2703, Cod. civ; art. 37 att. c.p.p. Sulle funzioni del procuratore speciale, v. artt. 34, 38, 46, 82, 84, 85, 141, 333, 336, 337, 339, 340, 419, 438,446, 571, 589, 633, 645.

Art. 123. Dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate. 1. L’imputato detenuto o internato in un istituto per l’esecuzione di misure di sicurezza ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto dal direttore. Esse sono iscritte in apposito registro, sono immediatamente comunicate all’autorità competente e hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall’autorità giudiziaria. 2. Quando l’imputato è in stato di arresto o di detenzione domiciliare ovvero è custodito in un luogo di cura, ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto da un ufficiale di polizia giudiziaria, il quale ne cura l’immediata trasmissione all’autorità competente. Le impugnazioni, le dichiarazioni e le richieste hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall’autorità giudiziaria. 3. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle denunce, impugnazioni, dichiarazioni e richieste presentate dalle altre parti private o dalla persona offesa. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 95, 121, 141, 161, 571, 582; (2) artt. 284, 286; art. 47 ter L. 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario); (1-3) art. 44 att. c.p.p.

Art. 124. Obbligo di osservanza delle norme processuali. 1. I magistrati, i cancellieri e gli altri ausiliari del giudice, gli ufficiali giudiziari, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti


Codice procedura penale Artt. 125, 127 a osservare le norme di questo codice anche quando l’inosservanza non importa nullità o altra sanzione processuale. 2. I dirigenti degli uffici vigilano sull’osservanza delle norme anche ai fini della responsabilità disciplinare. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 57, 126, 177 e segg.

TITOLO II ATTI E PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE Art. 125. Forme dei provvedimenti del giudice. 1. La legge stabilisce i casi nei quali il provvedimento del giudice assume la forma della sentenza, dell’ordinanza o del decreto. 2. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano. 3. Le sentenze e le ordinanze sono motivate, a pena di nullità. I decreti sono motivati, a pena di nullità, nel caso in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge. 4. Il giudice delibera in camera di consiglio senza la presenza dell’ausiliario designato ad assisterlo e delle parti. La deliberazione è segreta. 5. Nel caso di provvedimenti collegiali, se lo richiede un componente del collegio che non ha espresso voto conforme alla decisione, è compilato sommario verbale contenente l’indicazione del dissenziente, della questione o delle questioni alle quali si riferisce il dissenso e dei motivi dello stesso, succintamente esposti. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell’ufficio. (1) 6. Tutti gli altri provvedimenti sono adottati senza l’osservanza di particolari formalità e, quando non è stabilito altrimenti, anche oralmente. ––––––––––– (1) Il comma 5 riproduceva originariamente l’art. 148 comma 4 del codice del 1930 introdotto dall’art. 16 commi 1 e 2 L. 13 aprile 1988, n. 117 sulla responsabilità civile dei magistrati. L’art. 16 commi 1 e 2 della legge citata è stato perciò dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui dispone «è compilato sommario processo verbale» anziché «può, se uno dei componenti dell’organo collegiale lo richieda, essere compilato sommario processo verbale» (Corte cost. sent. 18 gennaio 1989, n. 128). Con l’art. 1 D. Lgs. 30 ottobre 1989, n. 351, il Governo ha pertanto provveduto a sostituire l’originario comma 5 dell’art. 125 nel senso indicato dalla Corte costituzionale e secondo la formulazione ora riportata nel testo dell’articolo. Disposizioni correlative: (2) art. 101 Cost.; (3) artt. 111 Cost.; artt. 546, 547; (4) art. 126; (5) artt. 110, 140; (2-4) art. 48 att. c.p.p.

Art. 126. Assistenza al giudice. 1. Il giudice in tutti gli atti ai quali procede, è assistito dall’ausi-

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liario a ciò designato a norma dell’ordinamento, se la legge non dispone altrimenti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 125, 135, 142, 373; art. 45 att. c.p.p.; artt. 1, 3 reg.

Art. 127. Procedimento in camera di consiglio. 1. Quando si deve procedere in camera di consiglio il giudice o il presidente del collegio fissa la data dell’udienza e ne fa dare avviso alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori. L’avviso è comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta. Se l’imputato è privo di difensore, l’avviso è dato a quello di ufficio. 2. Fino a cinque giorni prima dell’udienza possono essere presentate memorie in cancelleria. 3. Il pubblico ministero, gli altri destinatari dell’avviso nonché i difensori sono sentiti se compaiono. Se l’interessato è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne fa richiesta, deve essere sentito prima del giorno dell’udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo. 4. L’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato o del condannato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice. 5. Le disposizioni dei commi 1, 3 e 4 sono previste a pena di nullità. 6. L’udienza si svolge senza la presenza del pubblico. 7. Il giudice provvede con ordinanza comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nel comma 1, che possono proporre ricorso per cassazione. 8. Il ricorso non sospende l’esecuzione dell’ordinanza, a meno che il giudice che l’ha emessa disponga diversamente con decreto motivato. 9. L’inammissibilità dell’atto introduttivo del procedimento è dichiarata dal giudice con ordinanza, anche senza formalità di procedura, salvo che sia altrimenti stabilito. Si applicano le disposizioni dei commi 7 e 8. 10. Il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva a norma dell’articolo 140 comma 2. ––––––––––– 1 L’art. 127 comma 10 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede che il verbale di udienza può essere redatto «soltanto» in forma riassuntiva (Corte cost. 3 dicembre 1990, n. 529). La Corte ha precisato che il comma è incostituzionale nella parte in cui, dopo la parola «redatto» prevede «soltanto» anziché «di regola». La dichiarazione di illegittimità costituzionale è avvenuta in base all’art. 27 L. 11 maggio 1953, n. 87 essendo stata ritenuta l’incostituzionalità dell’art. 420 comma 5 ed avendo l’art. 127 comma 10 e l’art. 666


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comma 9 pure dichiarato incostituzionale contenuto identico a quello dell’art. 420 comma 5. La Corte Costituzionale ha ritenuto che le disposizioni di cui agli artt. 127 comma 10, 420 comma 5 e 666 comma 9 fossero in contrasto con i criteri ed i principi fissati dall’art. 2 direttiva n. 8, della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81 e ciò in quanto esse prevedono in modo esclusivo la forma della verbalizzazione riassuntiva, impedendo al giudice, che ne ravvisi i presupposti, di ricorrere a quella alternativa della verbalizzazione integrale. (V. anche sub artt. 420 e 666). 2 In altra sentenza interpretativa la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 309 comma 8 e 127 comma 3 c.p.p. sollevata dal Tribunale di Torino (ordinanza 15 giugno 1990 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 38 prima serie speciale, dell’anno 1990) in riferimento all’art. 24 comma 2 Cost. (Corte cost. 31 gennaio 1991, n. 45). In tale sentenza, la Corte ha precisato che la delega al giudice di sorveglianza della audizione dell’im putato che sia detenuto o internato in luogo esterno al circondario è prevista per ragioni di sicurezza e di economia processuale, ma non esclude, ove l’imputato ne abbia fatto espressa richiesta o il giudice di cognizione lo ritenga necessario, che dell’imputato stesso possa essere ordinata la traduzione innanzi al giudice competente a decidere. Disposizioni correlative: (1) artt. 97, 172; (3) artt. 121, 123, 309; (4) art. 486; (5) art. 178; (6) artt. 45, 101 att. c.p.p.; (7) artt. 406, 409-410. – Per i vari casi di procedimento in camera di consiglio, v. in specie artt. 32, 41, 48, 130, 263, 269, 309, 311, 324, 391, 401, 406, 409, 418, 428, 435, 447, 469.

tenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta.

Art. 128. Deposito dei provvedimenti del giudice. 1. Salvo quanto disposto per i provvedimenti emessi nell’udienza preliminare e nel dibattimento, gli originali dei provvedimenti del giudice sono depositati in cancelleria entro cinque giorni dalla deliberazione. Quando si tratta di provvedimenti impugnabili, l’avviso di deposito contenente l’indicazione del dispositivo è comunicato al pubblico ministero e notificato a tutti coloro cui la legge attribuisce il diritto di impugnazione.

Art. 130. Correzione di errori materiali. 1. La correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità, e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto, è disposta, anche di ufficio, dal giudice che ha emesso il provvedimento. Se questo è impugnato, e l’impugnazione non è dichiarata inammissibile, la correzione è disposta dal giudice competente a conoscere dell’impugnazione. 2. Il giudice provvede in camera di consiglio a norma dell’articolo 127. Dell’ordinanza che ha disposto la correzione è fatta annotazione sull’originale dell’atto.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 424, 544, 568 e segg; art. 24 reg.

Art. 129. Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità. 1. In ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità lo dichiara di ufficio con sentenza. 2. Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sen-

––––––––––– 1 La Corte Costituzionale (Corte cost. 26 giugno 1991, n. 300) ha dichiarato non fondata una questione di costituzionalità dell’art. 129 comma 2 c.p.p. stabilendo che: «il principio della prevalenza delle formule assolutorie di merito su quelle dichiarative dell’estinzione del reato è razionalmente contemperato, anche a fini di economia processuale, con l’esigenza che appaia del tutto evidente dalle risultanze probatorie che ‘il fatto non sussiste’ o che ‘l’imputato non lo ha commesso’ o che ‘il fatto non costituisce reato’ o ‘non è previsto dalla legge come reato’. – Tale esigenza deve necessariamente valutarsi in rapporto allo stato del procedimento, di talche, ove il dibattimento sia giunto al proprio epilogo, il giudice sarà chiamato a pronunciare sentenza a norma degli artt. 529 e seguenti del codice di procedura penale» (il che equivale a dire che, in tal caso, anche in presenza ad esempio di una amnistia, può essere pronunciata una formula di assoluzione nel me rito). «L’applicazione dell’amnistia, nei confronti degli imputati per i quali non ricorrono tali ipotesi, non concreta violazione del principio di eguaglianza, attesa la rinunziabilità della causa estintiva che – costituendo esplicazione del diritto di difesa-tutela il diritto ‘di chi sia perseguito penalmente ad ottenere non già solo una qualsiasi sentenza che lo sottragga alla irrogazione di una pena, ma precisamente quella sentenza che nella sua formulazione documenti la non colpevolezza’ (sentenza n. 175 del 1971)». Disposizioni correlative: (1) artt. 150 e segg., 544, 641 Cod. pen.; artt. 336 e segg., 411, 425, 427, 444, 455, 459, 469, 529-531.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 125, 127, 177 e segg, 426, 535, 546, 547, 624, 668.

Art. 131. Poteri coercitivi del giudice. 1. Il giudice, nell’esercizio delle sue funzioni, può chiedere l’intervento della polizia giudiziaria e, se necessario della forza pubblica, prescrivendo tutto ciò che occorre per il sicuro e ordinato compimento degli atti ai quali procede. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 109 Cost.; artt. 58, 378.

Art. 132. Accompagnamento coattivo dell’imputato. 1. L’accompagnamento coattivo è disposto, nei casi previsti dalla legge, con decreto motivato,


Codice procedura penale Artt. 133, 139 con il quale il giudice ordina di condurre l’imputato alla sua presenza, se occorre anche con la forza. 2. La persona sottoposta ad accompagnamento coattivo non può essere tenuta a disposizione oltre il compimento dell’atto previsto e di quelli conseguenziali per i quali perduri la necessità della sua presenza. In ogni caso la persona non può essere trattenuta oltre le ventiquattro ore. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 210, 375, 376, 392, 399, 490, 513; art. 46 att. c.p.p.

Art. 133. Accompagnamento coattivo di altre persone. 1. Se il testimone, il perito, il consulente tecnico, l’interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice può altresì condannarli, con ordinanza, al pagamento di una somma da lire centomila (euro 51) a lire un milione (euro 516) a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. 2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 132. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt 143, 194, 221, 259; (12) artt. 46-47 att. c.p.p.

TITOLO III DOCUMENTAZIONE DEGLI ATTI Art. 134. Modalità di documentazione. 1. Alla documentazione degli atti si procede mediante verbale. 2. Il verbale è redatto, in forma integrale o riassuntiva, con la stenotipia o altro strumento meccanico ovvero, in caso di impossibilità di ricorso a tali mezzi, con la scrittura manuale. 3. Quando il verbale è redatto in forma riassuntiva è effettuata anche la riproduzione fonografica. 4. Quando le modalità di documentazione indicate nei commi 2 e 3 sono ritenute insufficienti, può essere aggiunta la riproduzione audiovisiva se assolutamente indispensabile. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 357, 373, 401 co. 5, 420 co. 5, 480-483, 510, 528; (2) artt. 125, 127, 140, 268, 357, 373 co. 3, 420 co. 5, 481, 567 co. 3, 666; (3) art. 139 (1-4) art. 50 att. c.p.p.

Art. 135. Redazione del verbale. 1. Il verbale è redatto dall’ausiliario che assiste il giudice. 2. Quando il verbale è redatto con la stenotipia o altro strumento meccanico, il giudice autorizza l’ausiliario che non possiede le necessarie competenze a farsi assistere da personale tecnico, anche esterno all’amministrazione dello Stato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 126, 373; artt. 48 e 5051 att. c.p.p.; artt. 1, 3 reg.

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Art. 136. Contenuto del verbale. 1. Il verbale contiene la menzione del luogo, dell’anno, del mese del giorno e, quando occorre, dell’ora in cui è cominciato e chiuso, le generalità delle persone intervenute l’indicazione delle cause, se conosciute, della mancata presenza di coloro che sarebbero dovuti intervenire, la descrizione di quanto l’ausiliario ha fatto o ha constatato o di quanto è avvenuto in sua presenza nonché le dichiarazioni ricevute da lui o da altro pubblico ufficiale che egli assiste. 2. Per ogni dichiarazione è indicato se è stata resa spontaneamente o previa domanda e, in tale caso, è riprodotta anche la domanda; se la dichiarazione è stata dettata dal dichiarante, o se questi si è avvalso dell’autorizzazione a consultare note scritte, ne è fatta menzione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 63, 111, 357, 373, 384, 480; (2) artt. 140, 482, 499, 501, 514.

Art. 137. Sottoscrizione del verbale. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 483 comma 1, il verbale, previa lettura, è sottoscritto alla fine di ogni foglio dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, dal giudice e dalle persone intervenute, anche quando le operazioni non sono esaurite e vengono rinviate ad altro momento. 2. Se alcuno degli intervenuti non vuole o non è in grado di sottoscrivere, ne è fatta menzione con l’indicazione del motivo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 110, 142, 477.

Art. 138. Trascrizione del verbale redatto con il mezzo della stenotipia. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 483 comma 2, i nastri impressi con i caratteri della stenotipia sono trascritti in caratteri comuni non oltre il giorno successivo a quello in cui sono stati formati. Essi sono uniti agli atti del processo, insieme con la trascrizione. 2. Se la persona che ha impresso i nastri è impedita, il giudice dispone che la trascrizione sia affidata a persona idonea anche estranea all’amministrazione dello Stato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 134, 483; (2) art. 51 att. c.p.p.

Art. 139. Riproduzione fonografica o audiovisiva. 1. La riproduzione fonografica o audiovisiva è effettuata da personale tecnico, anche estraneo all’amministrazione dello Stato, sotto la direzione dell’ausiliario che assiste il giudice. 2. Quando si effettua la riproduzione fonografica, nel verbale è indicato il momento di inizio e di cessazione delle operazioni di riproduzione.


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3. Per la parte in cui la riproduzione fonografica, per qualsiasi motivo, non ha avuto effetto o non è chiaramente intelligibile, fa prova il verbale redatto in forma riassuntiva. 4. La trascrizione della riproduzione è effettuata da personale tecnico giudiziario. Il giudice può disporre che essa sia affidata a persona idonea estranea all’amministrazione dello Stato. 5. Quando le parti vi consentono, il giudice può disporre che non sia effettuata la trascrizione. 6. Le registrazioni fonografiche o audiovisive e le trascrizioni, se effettuate, sono unite agli atti del procedimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 126, 134, art. 49 att. c.p.p.; art. 24 reg.; (4) art. 51 att. c.p.p.

Art. 140. Modalità di documentazione in casi particolari. 1. Il giudice dispone che si effettui soltanto la redazione contestuale del verbale in forma riassuntiva quando gli atti da verbalizzare hanno contenuto semplice o limitata rilevanza ovvero quando si verifica una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di ausiliari tecnici. 2. Quando è redatto soltanto il verbale in forma riassuntiva, il giudice vigila affinché sia riprodotta nell’originaria genuina espressione la parte essenziale delle dichiarazioni, con la descrizione delle circostanze nelle quali sono rese se queste possono servire a valutarne la credibilità. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 134 e segg., 357, 373, 420 comma 5, 494, 510. V. sub art. 134 (2) per i casi di verbali redatti in forma soltanto riassuntiva.

Art. 141. Dichiarazioni orali delle parti. 1. Quando la legge non impone la forma scritta, le parti possono fare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, richieste o dichiarazioni orali attinenti al procedimento. In tal caso l’ausiliario che assiste il giudice redige il verbale e cura la registrazione delle dichiarazioni a norma degli articoli precedenti. Al verbale è unita, se ne è il caso, la procura speciale. 2. Alla parte che lo richiede è rilasciata, a sue spese, una certificazione ovvero una copia delle dichiarazioni rese. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 122, 134 e segg.; (2) art. 116.

Art. 141 bis. (1) Modalità di documentazione dell’interrogatorio di persona in stato di detenzione. 1. Ogni interrogatorio di persona che si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione, e che non si svolga in udienza, deve essere documentato integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando

Codice procedura penale Artt. 140, 143 si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti. ––––––––––– (1) Articolo aggiunto dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. Per stato di detenzione, ai limitati fini dell’applicabilità della citata norma (n.d.u.: articolo 141 bis c.p.p.) deve pertanto intendersi la condizione materiale di restrizione in un istituto di custodia o di pena o in un luogo di cura esterno ad esso, e, nei casi in cui è eccezionalmente consentita, negli uffici di polizia giudiziaria. Per identità della ragione ispiratrice la disposizione in esame deve ritenersi applicabile anche nei casi di internamento della persona a seguito di applicazione di misure di sicurezza detentive, provvisorie o definitive. Deve invece escludersi che possa rilevare, come già si è detto, la condizione della persona soggetta agli arresti domiciliari, nonché del minorenne obbligato alla permanenza in casa, dell’affidato in prova al servizio sociale del semilibero o del condannato in licenza o in permesso premio (Sentenza Corte di cassazione, Sezioni Unite n. 9 del 25 marzo 1998, dep. 30 giugno 1998, c/D’Abramo Michele).

Art. 142. Nullità dei verbali. 1. Salve particolari disposizioni di legge, il verbale è nullo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 110, 137, 184 e segg., 214, 217, 510.

TITOLO IV TRADUZIONE DEGLI ATTI Art. 143. Nomina dell’interprete. 1. L’imputato che non conosce la lingua italiana ha diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete al fine di potere comprendere l’accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa. La conoscenza della lingua italiana è presunta fino a prova contraria per chi sia cittadino italiano. 2. Oltre che nel caso previsto dal comma 1 e dall’articolo 119, l’autorità procedente nomina un interprete quando occorre tradurre uno scritto in lingua straniera o in un dialetto non facilmente intelligibile ovvero quando la persona che vuole o deve fare una dichiarazione non conosce la lingua italiana. La dichiarazione può anche essere fatta per iscritto e in tale caso è inserita nel verbale con la traduzione eseguita dall’interprete. 3. L’interprete è nominato anche quando il giudice il pubblico ministero o l’ufficiale di polizia giudiziaria ha personale conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare.


Codice procedura penale Artt. 144, 148 4. La prestazione dell’ufficio di interprete è obbligatoria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 109, 119, 135 e segg., 242, 348, 377; (2) art. 52 att. c.p.p.; (4) art. 366 Cod. pen.; art. 133.

Art. 144. Incapacità e incompatibilità dell’interprete. 1. Non può prestare ufficio di interprete, a pena di nullità: a) il minorenne, l’interdetto, l’inabilitato e chi è affetto da infermità di mente; b) chi è interdetto anche temporaneamente dai pubblici uffici ovvero è interdetto o sospeso dall’esercizio di una professione o di un’arte; c) chi è sottoposto a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione; d) chi non può essere assunto come testimone o ha facoltà di astenersi dal testimoniare o chi è chiamato a prestare ufficio di testimone o di perito ovvero è stato nominato consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento connesso. Nondimeno, nel caso previsto dall’articolo 119, la qualità di interprete può essere assunta da un prossimo congiunto della persona sorda, muta o sordomuta. Art. 145. Ricusazione e astensione dell’interprete. 1. L’interprete può essere ricusato, per i motivi indicati nell’articolo 144, dalle parti private e, in rapporto agli atti compiuti o disposti dal giudice, anche dal pubblico ministero. 2. Quando esiste un motivo di ricusazione, anche se non proposto, ovvero se vi sono gravi ragioni di convenienza per astenersi, l’interprete ha obbligo di dichiararlo. 3. La dichiarazione di ricusazione o di astensione può essere presentata fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell’incarico e, quando si tratti di motivi sopravvenuti ovvero conosciuti successivamente, prima che l’interprete abbia espletato il proprio incarico. 4. Sulla dichiarazione di ricusazione o di astensione decide il giudice con ordinanza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 28-32, 35, 215 Cod. pen. artt. 120, 194, 199, 221, 225, 233, 359; artt. 414-415 cod. civ. Per le misure di prevenzione, v. nota art. 120.

Art. 146. Conferimento dell’incarico. 1. L’autorità procedente accerta l’identità dell’interprete e gli chiede se versi in una delle situazioni previste dagli articoli 144 e 145. 2. Lo ammonisce poi sull’obbligo di adempiere bene e fedelmente l’incarico affidatogli, senz’altro scopo che quello di far conoscere la verità, e di mantenere il segreto su tutti gli atti che si faranno per suo mezzo o in sua presenza. Quindi lo invita a prestare l’ufficio. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) art. 326 Cod. pen.; art. 329.

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Art. 147. Termine per le traduzioni scritte. Sostituzione dell’interprete. 1. Per la traduzione di scritture che richiedono un lavoro di lunga durata, l’autorità procedente fissa all’interprete un termine che può essere prorogato per giusta causa una sola volta. L’interprete può essere sostituito se non presenta entro il termine la traduzione scritta. 2. L’interprete sostituito, dopo essere stato citato a comparire per discolparsi, può essere condannato dal giudice al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da lire centomila (euro 51) a lire un milione (euro 516). ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) artt. 348, 377; art. 53 att. c.p.p.

TITOLO V NOTIFICAZIONI Art. 148. Organi e forme delle notificazioni. 1. Le notificazioni degli atti, salvo che la legge disponga altrimenti, sono eseguite dall’ufficiale giudiziario o da chi ne esercita le funzioni. 2. Nei procedimenti con detenuti [e negli altri casi di assoluta urgenza], il giudice può disporre che le notificazioni siano eseguite dalla polizia giudiziaria, con l’osservanza delle norme del presente titolo. 2-bis. L’autorità giudiziaria può disporre che le notificazioni o gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei. L’ufficio che invia l’atto attesta in calce ad esso di avere trasmesso il testo originale. 2-ter. Nei procedimenti avanti il tribunale per il riesame il giudice può disporre che, in caso di urgenza, le notificazioni siano eseguite dalle sezioni della polizia giudiziaria presso le procure della Repubblica con le medesime modalità di cui al comma 2. 3. L’atto è notificato per intero, salvo che la legge disponga altrimenti. 4. La consegna di copia dell’atto all’interessato da parte della cancelleria ha valore di notificazione. Il pubblico ufficiale addetto annota sull’originale dell’atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta. 5. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che sono dati dal giudice verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale. ––––––––––– Il comma 2 è stato così sostituito dall’art. 3, L. 26 marzo 2001, n. 128 e poi così modificato dall’art. 9 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif. dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. L’art. 9 D.L. n. 374/2001 cit. ha inoltre inserito i commi 2-bis e 2-ter. 1 Le misure delle indennità di trasferta spettanti agli ufficiali (e aiutanti) giudiziari, sono state rideterminate dall’art. 1 D.P.R. 8 novembre 1991, n. 401. Disposizioni correlative: (1) artt. 54, 65, 142 att. c.p.p.; art. 16 att. m.; (2) art. 57; (3) artt. 32, 48, 149, 171, 397, 520, 548, 585; (5) artt. 424, 429, 477, 486, 545.


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Art. 149. Notificazioni urgenti a mezzo del telefono e del telegrafo. 1. Nei casi di urgenza, il giudice può disporre, anche su richiesta di parte, che le persone diverse dall’imputato siano avvisate o convocate a mezzo del telefono a cura della cancelleria [o della polizia giudiziaria] (1). 2. Sull’originale dell’avviso o della convocazione sono annotati il numero telefonico chiamato, il nome, le funzioni o le mansioni svolte dalla persona che riceve la comunicazione, il suo rapporto con il destinatario, il giorno e l’ora della telefonata. 3. Alla comunicazione si procede chiamando il numero telefonico corrispondente ai luoghi indicati nell’articolo 157 commi 1 e 2. Essa non ha effetto se non è ricevuta dal destinatario ovvero da persona che conviva anche temporaneamente col medesimo. 4. La comunicazione telefonica ha valore di notificazione con effetto dal momento in cui è avvenuta sempre che della stessa sia data immediata conferma al destinatario mediante telegramma. 5. Quando non è possibile procedere nel modo indicato nei commi precedenti, la notificazione è eseguita, per estratto, mediante telegramma. ––––––––––– (1) Parole soppresse dall’art. 9 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif. dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. Disposizioni correlative: (1) art. 167; (2-4-5) artt. 55, 64 att. c.p.p.

Art. 150. Forme particolari di notificazione disposte dal giudice. 1. Quando lo consigliano circostanze particolari, il giudice può prescrivere, anche di ufficio, con decreto motivato in calce all’atto, che la notificazione a persona diversa dall’imputato sia eseguita mediante l’impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell’atto. 2. Nel decreto sono indicate le modalità necessarie per portare l’atto a conoscenza del destinatario. ––––––––––– Disposizioni correlative:(1-2) art. 64 att. c.p.p.

Art. 151. Notificazioni richieste dal pubblico ministero. 1. Le notificazioni di atti del pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari sono eseguite dalla polizia giudiziaria o dall’ufficiale giudiziario. 2. La consegna di copia dell’atto all’interessato da parte della segreteria ha valore di notificazione. Il pubblico ufficiale addetto annota sull’originale dell’atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta. 3. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che sono dati dal pubblico ministero verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale.

Codice procedura penale Artt. 149, 154 4. [Abrogato]. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 326 e segg.; artt. 54, 142 att. c.p.p.; (2) artt. 148, 153; (3) artt. 360, 364, 366, 388.

Art. 152. Notificazioni richieste dalle parti private. 1. Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni richieste dalle parti private possono essere sostituite dall’invio di copia dell’atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 56 artt. c.p.p.

Art. 153. Notificazioni e comunicazioni al pubblico ministero. 1. Le notificazioni al pubblico ministero sono eseguite, anche direttamente dalle parti o dai difensori, mediante consegna di copia dell’atto nella segreteria. Il pubblico ufficiale addetto annota sull’originale e sulla copia dell’atto le generalità di chi ha eseguito la consegna e la data in cui questa è avvenuta. 2. Le comunicazioni di atti e provvedimenti del giudice al pubblico ministero sono eseguite a cura della cancelleria nello stesso modo, salvo che il pubblico ministero prenda visione dell’atto sottoscrivendolo. Il pubblico ufficiale addetto annota sull’originale dell’atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-4) art. 64 att. c.p.p.

Art. 154. Notificazioni alla persona offesa, alla parte civile, al responsabile civile e al civilmente obbligato per la pena pecuniaria. 1. Le notificazioni alla persona offesa dal reato sono eseguite a norma dell’articolo 157 commi 1, 2, 3, 4 e 8. Se sono ignoti i luoghi ivi indicati, la notificazione è eseguita mediante deposito dell’atto nella cancelleria. Qualora risulti dagli atti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all’estero, la persona offesa è invitata mediante raccomandata con avviso di ricevimento a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato. Se nel termine di venti giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l’elezione di domicilio ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, la notificazione è eseguita mediante deposito dell’atto nella cancelleria. 2. La notificazione della prima citazione al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria è eseguita con le forme stabilite per la prima notificazione all’imputato non detenuto. 3. Se si tratta di pubbliche amministrazioni, di persone giuridiche o di enti privi di personalità giuridica, le notificazioni sono eseguite nelle forme stabilite per il processo civile. 4. Le notificazioni alla parte civile, al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria costituiti in giudizio sono ese-


Codice procedura penale Artt. 155 ,157 guite presso i difensori. Il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, se non sono costituiti, devono dichiarare o eleggere il proprio domicilio nel luogo in cui si procede con atto ricevuto dalla cancelleria del giudice competente. In mancanza di tale dichiarazione o elezione o se la stessa è insufficiente o inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante deposito nella cancelleria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 43 Cod. civ., art. 54 att. c.p.p.; (2) artt. 83, 89; (3) artt. 76, 83, 89, 100.

Art. 155. Notificazioni per pubblici annunzi alle persone offese. 1. Quando per il numero dei destinatari o per l’impossibilità di identificarne alcuni, la notificazione nelle forme ordinarie alle persone offese risulti difficile, l’autorità giudiziaria può disporre, con decreto in calce all’atto da notificare, che la notificazione sia eseguita mediante pubblici annunzi. Nel decreto sono designati, quando occorre, i destinatari nei cui confronti la notificazione deve essere eseguita nelle forme ordinarie e sono indicati i modi che appaiono opportuni per portare l’atto a conoscenza degli altri interessati. 2. In ogni caso, copia dell’atto è depositata nella casa comunale del luogo in cui si trova l’autorità procedente e un estratto è inserito nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. 3. La notificazione si ha per avvenuta quando l’ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell’attività svolta, nella cancelleria o segreteria dell’autorità procedente. ––––––––––– Disposizioni correlative: (3) art. 168.

Art. 156. Notificazioni all’imputato detenuto. 1. Le notificazioni all’imputato detenuto sono eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona. 2. In caso di rifiuto della ricezione, se ne fa menzione nella relazione di notificazione e la copia rifiutata è consegnata al direttore dell’istituto o a chi ne fa le veci. Nello stesso modo si provvede quando non è possibile consegnare la copia direttamente all’imputato, perché legittimamente assente. In tal caso, della avvenuta notificazione il direttore dell’istituto informa immediatamente l’interessato con il mezzo più celere. 3. Le notificazioni all’imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari sono eseguite a norma dell’articolo 157. 4. Le disposizioni che precedono si applicano anche quando dagli atti risulta che l’imputato è detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione o è internato in un istituto penitenziario. 5. In nessun caso le notificazioni all’imputato

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detenuto o internato possono essere eseguite con le forme dell’articolo 159. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60-61; (2) art. 168, artt. 57-58 att. c.p.p.; art. 8 reg.; (3) artt. 284, 286, 386, 449, 566. - V. anche gli artt. 21, 30, 30 ter, 42, 47 ter 48, 52, 53 L. 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario).

Art. 157. Prima notificazione all’imputato non detenuto. 1. Salvo quanto previsto dagli articoli 161 e 162, la prima notificazione all’imputato non detenuto è eseguita mediante consegna di copia alla persona. Se non è possibile consegnare personalmente la copia, la notificazione è eseguita nella casa di abitazione o nel luogo in cui l’imputato esercita abitualmente l’attività lavorativa, mediante consegna a una persona che conviva anche temporaneamente o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci. 2. Qualora i luoghi indicati nel comma 1 non siano conosciuti, la notificazione è eseguita nel luogo dove l’imputato ha temporanea dimora o recapito, mediante consegna a una delle predette persone. 3. Il portiere o chi ne fa le veci sottoscrive l’originale dell’atto notificato e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata. 4. La copia non può essere consegnata a persona minore degli anni quattordici o in stato di manifesta incapacità di intendere o di volere. 5. L’autorità giudiziaria dispone la rinnovazione della notificazione quando la copia è stata consegnata alla persona offesa dal reato e risulta o appare probabile che l’imputato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’atto notificato. 6. La consegna alla persona convivente, al portiere o a chi ne fa le veci è effettuata in plico chiuso e la relazione di notificazione è scritta all’esterno del plico stesso. 7. Se le persone indicate nel comma 1 mancano o non sono idonee o si rifiutano di ricevere la copia, si procede nuovamente alla ricerca dell’imputato, tornando nei luoghi indicati nei commi 1 e 2. 8. Se neppure in tal modo è possibile eseguire la notificazione, l’atto è depositato nella casa del comune dove l’imputato ha l’abitazione, o, in mancanza di questa, del comune dove egli esercita abitualmente la sua attività lavorativa. Avviso del deposito stesso è affisso alla porta della casa di abitazione dell’imputato ovvero alla porta del luogo dove egli abitualmente esercita la sua attività lavorativa. L’ufficiale giudiziario dà inoltre comunicazione all’imputato dell’avvenuto deposito a mezzo di lettera raccomandata con avviso di rice-


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vimento. Gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60-61, 157; (2) art. 110; (5) artt. 420, 485; (6) art. 168; (7) art. 59 att. c.p.p.; (3,8) art. 4 reg.

Art. 158. Prima notificazione all’imputato in servizio militare. 1. La prima notificazione all’imputato militare in servizio attivo il cui stato risulti dagli atti è eseguita nel luogo in cui egli risiede per ragioni di servizio, mediante consegna alla persona. Se la consegna non è possibile, l’atto è notificato presso l’ufficio del comandante il quale informa immediatamente l’interessato della avvenuta notificazione con il mezzo più celere. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60-61; art. 60 att. c.p.p.

Art. 159. Notificazioni all’imputato in caso di irreperibilità. 1. Se non è possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dall’articolo 157, l’autorità giudiziaria dispone nuove ricerche dell’imputato, particolarmente nel luogo di nascita, dell’ultima residenza anagrafica, dell’ultima dimora, in quello dove egli abitualmente esercita la sua attività lavorativa e presso l’amministrazione carceraria centrale. Qualora le ricerche non diano esito positivo, l’autorità giudiziaria emette decreto di irreperibilità con il quale, dopo aver designato un difensore all’imputato che ne sia privo ordina che la notificazione sia eseguita mediante consegna di copia al difensore. (1) 2. Le notificazioni in tal modo eseguite sono valide a ogni effetto. L’irreperibile è rappresentato dal difensore. ––––––––––– (1) Con l’art. 3 D. Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, il comma 1 è stato così modificato sostituendo le parole «l’autorità giudiziaria» alle parole «il giudice». Le modifiche sono una coerente conseguenza della nuova disciplina introdotta in tema di irreperibilità e di dichiarazione o elezione di domicilio (V. sub artt. 160 e 161). Disposizioni correlative: (1) artt. 151, 156, 460; art. 43 Cod. civ.; art. 61 att. c.p.p.

Art. 160. (1) Efficacia del decreto di irreperibilità. 1. Il decreto di irreperibilità emesso dal giudice o dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari cessa di avere efficacia con la pronuncia del provvedimento che definisce l’udienza preliminare ovvero quando questa manchi, con la chiusura delle indagini preliminari. 2. Il decreto di irreperibilità emesso dal giudice per la notificazione degli atti introduttivi dell’udienza preliminare nonché il decreto di irreperibilità emesso dal giudice o dal pubblico ministero per la notificazione del provvedimento che dispone il giudizio cessano di avere efficacia con la pronuncia della sentenza di primo grado.

Codice procedura penale Artt. 158, 161 3. Il decreto di irreperibilità emesso dal giudice di secondo grado e da quello di rinvio cessa di avere efficacia con la pronuncia della sentenza. 4. Ogni decreto di irreperibilità deve essere preceduto da nuove ricerche nei luoghi indicati nell’articolo 159. ––––––––––– (1) L’articolo è stato così sostituito ad opera dell’art. 4 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. Disposizioni correlative: (1) artt. 159, 326 e seg, 551 e seg.; (2) artt. 405, 419, 424, 442, 448, 450, 456, 464, 529 e seg, 554; (3) artt. 605, 627.

Art. 161. Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni. 1. Il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato non detenuto né internato, lo invitano a dichiarare uno dei luoghi indicati nell’articolo 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato, ha l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, è fatta menzione nel verbale. 2. Fuori del caso previsto dal comma 1, l’invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato con l’informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell’autorità giudiziaria. L’imputato è avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l’atto è stato notificato. 3. L’imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo e l’imputato che deve essere dimesso da un istituto per l’esecuzione di misura di sicurezza, all’atto della scarcerazione o della dimissione ha l’obbligo di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell’istituto. Questi lo avverte a norma del comma 1, iscrive la dichiarazione o elezione nell’apposito registro e trasmette immediatamente il verbale all’autorità che ha disposto la scarcerazione o la dimissione. 4. Se la notificazione del domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insuffi-


Codice procedura penale Artt. 162, 169 cienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l’imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159. L’articolo è stato così sostituito ad opera dell’art. 5 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. ––––––––––– 1 Sull’autorizzazione a «speciali» elezioni di domicilio v. art. 13 comma 12 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991, n. 82) relativo, per la parte che qui interessa, alle nuove misure per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia. Disposizioni correlative: (1) artt. 61, 63, 349, 364, 369, 374; (2) (3) artt. 60, 61; art. 389.

Art. 162. Comunicazione del domicilio dichiarato o del domicilio eletto. 1. Il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni loro mutamento sono comunicati dall’imputato all’autorità che procede, con dichiarazione raccolta a verbale ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore. 2. La dichiarazione può essere fatta anche nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale l’imputato si trova. (1) 3. Nel caso previsto dal comma 2 il verbale è trasmesso immediatamente all’autorità giudiziaria che procede. Analogamente si provvede in tutti i casi in cui la comunicazione è ricevuta da una autorità giudiziaria che, nel frattempo, abbia trasmesso gli atti ad altra autorità. 4. Finché l’autorità giudiziaria che procede non ha ricevuto il verbale o la comunicazione, sono valide le notificazioni disposte nel domicilio precedentemente dichiarato o eletto. ––––––––––– (1) Il co. 2 è stato così modificato dall’art. 178 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 61, 134, 136, 141, 161; art. 62 att. c.p.p.

Art. 163. Formalità per le notificazioni nel domicilio dichiarato o eletto. 1. Per le notificazioni eseguite nel domicilio dichiarato o eletto a norma degli articoli 161 e 162 si osservano, in quanto applicabili le disposizioni dell’articolo 157. Art. 164. Durata del domicilio dichiarato o eletto. 1. La determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per ogni stato e grado del procedimento, salvo quanto è previsto dagli articoli 156 e 613 comma 2. Art. 165. Notificazioni all’imputato latitante o evaso. 1. Le notificazioni all’imputato latitante o evaso sono eseguite mediante consegna di copia al difensore.

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2. Se l’imputato è privo di difensore, l’autorità giudiziaria designa un difensore di ufficio. 3. L’imputato latitante o evaso è rappresentato a ogni effetto dal difensore. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 385 Cod. pen., artt. 60, 61, 296; (2) art. 97.

Art. 166. Notificazioni all’imputato interdetto o infermo di mente. 1. Se l’imputato è interdetto, le notificazioni si eseguono a norma degli articoli precedenti e presso il tutore; se l’imputato si trova nelle condizioni previste dall’articolo 71 comma 1, le notificazioni si eseguono a norma degli articoli precedenti e presso il curatore speciale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 32 Cod. pen; artt. 60, 61; art. 414 Cod. civ.

Art. 167. Notificazioni ad altri soggetti. 1. Le notificazioni a soggetti diversi da quelli indicati negli articoli precedenti si eseguono a norma dell’articolo 157 commi 1, 2, 3, 4 e 8, salvi i casi di urgenza previsti dall’articolo 149. Art. 168. Relazione di notificazione. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 157 comma 6, l’ufficiale giudiziario che procede alla notificazione scrive, in calce all’originale e alla copia notificata, la relazione in cui indica l’autorità o la parte privata richiedente, le ricerche effettuate, le generalità della persona alla quale è stata consegnata la copia, i suoi rapporti con il destinatario, le funzioni o le mansioni da essa svolte, il luogo e la data della consegna della copia, apponendo la propria sottoscrizione. 2. Quando vi è contraddizione tra la relazione scritta sulla copia consegnata e quella contenuta nell’originale, valgono per ciascun interessato le attestazioni contenute nella copia notificata. 3. La notificazione produce effetto per ciascun interessato dal giorno della sua esecuzione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 110, 171.

Art. 169. Notificazioni all’imputato all’estero. 1. Se risulta dagli atti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all’estero della persona nei cui confronti si deve procedere, il giudice o il pubblico ministero le invia raccomandata con avviso di ricevimento, contenente l’indicazione della autorità che procede, il titolo del reato e la data e il luogo in cui è stato commesso nonché l’invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato. Se nel termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l’elezione di domicilio ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore.


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2. Nello stesso modo si provvede se la persona risulta essersi trasferita all’estero successivamente al decreto di irreperibilità emesso a norma dell’articolo 159. (1) 3. L’invito previsto dal comma 1 è redatto nella lingua dell’imputato straniero quando dagli atti non risulta che egli conosca la lingua italiana. 4. Quando dagli atti risulta che la persona nei cui confronti si deve procedere risiede o dimora all’estero, ma non si hanno notizie sufficienti per provvedere a norma del comma 1, il giudice o il pubblico ministero, prima di pronunciare decreto di irreperibilità, dispone le ricerche anche fuori del territorio dello Stato nei limiti consentiti dalle convenzioni internazionali. 5. Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui dagli atti risulti che la persona è detenuta all’estero. ––––––––––– (1) Va rilevato che il comma 2 ha subìto modifiche di carattere tecnico-formale ad opera dell’art. 6 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 61, 161, 369; art. 43 Cod. civ.; (3) art. 143; art. 63 att. c.p.p.; (4) art. 159.

Art. 170. Notificazioni col mezzo della posta. 1. Le notificazioni possono essere eseguite anche col mezzo degli uffici postali, nei modi stabiliti dalle relative norme speciali. 2. È valida la notificazione anche se eseguita col mezzo di un ufficio postale diverso da quello a cui inizialmente fu diretto il piego. 3. Qualora l’ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, l’ufficiale giudiziario provvede alle notificazioni nei modi ordinari. ––––––––––– V. L. 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni a mezzo posta).

Art. 171. Nullità delle notificazioni. 1. La notificazione è nulla: a) se l’atto è notificato in modo incompleto, fuori dei casi nei quali la legge consente la notificazione per estratto; b) se vi è incertezza assoluta sull’autorità o sulla parte privata richiedente ovvero sul destinatario; c) se nella relazione della copia notificata manca la sottoscrizione di chi l’ha eseguita; d) se sono violate le disposizioni circa la persona a cui deve essere consegnata la copia; e) se non è stato dato l’avvertimento nei casi previsti dall’articolo 161 commi 1, 2 e 3 e la notificazione è stata eseguita mediante consegna al difensore ( 1); f) se è stata omessa l’affissione o non è stata data la comunicazione prescritta dall’articolo 157 comma 8; g) se sull’originale dell’atto notificato manca la

Codice procedura penale Artt. 170, 173 sottoscrizione della persona indicata nell’articolo 157 comma 3; h) se non sono state osservate le modalità prescritte dal giudice nel decreto previsto dall’articolo 150 e l’atto non è giunto a conoscenza del destinatario. ––––––––––– (1) Per ragioni di coordinamento tecnico-sistematico, il comma 1 lett. e) contiene ora il richiamo anche al comma 1 dell’art. 161 (anziché ai soli commi 2 e 3). La modificazione, rispetto all’originaria formulazione della norma, è stata introdotta con l’art. 7 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. Disposizioni correlative: (1) (a) art. 148; (1) (c) artt. 110, 168.

TITOLO VI TERMINI Art. 172. Regole generali. 1. I termini processuali sono stabiliti a ore, a giorni, a mesi o ad anni. 2. I termini si computano secondo il calendario comune. 3. Il termine stabilito a giorni, il quale scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo. 4. Salvo che la legge disponga altrimenti, nel termine non si computa l’ora o il giorno in cui ne è iniziata la decorrenza; si computa l’ultima ora o l’ultimo giorno. 5. Quando è stabilito soltanto il momento finale, le unità di tempo stabilite per il termine si computano intere e libere. 6. Il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti in un ufficio giudiziario si considera scaduto nel momento in cui, secondo i regolamenti, l’ufficio viene chiuso al pubblico. ––––––––––– Sono considerati festivi, tutte le domeniche, il 1° gennaio, il 6 gennaio, il 25 aprile, il lunedì dopo Pasqua, il 1° maggio, il 2 giugno, il 15 agosto, il 1° novembre, l’8, il 25 e il 26 dicembre (V., da ultimo, D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 792).

Art. 173. Termini a pena di decadenza. Abbreviazione. 1. I termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge. 2. I termini stabiliti dalla legge a pena di decadenza non possono essere prorogati, salvo che la legge disponga altrimenti. 3. La parte a favore della quale è stabilito un termine può chiederne o consentirne l’abbreviazione con dichiarazione ricevuta nella cancelleria o nella segreteria dell’autorità procedente. ––––––––––– V., sui termini a pena di decadenza, gli artt. 21, 41, 46, 79, 80, 85, 86, 95, 182, 386, 391, 393, 397, 419, 458, 461, 468, 585, 646.


Codice procedura penale Artt. 174, 178 Art. 174. Prolungamento dei termini di comparizione. 1. Se la residenza dell’imputato risultante dagli atti ovvero il domicilio dichiarato o eletto a norma dell’articolo 161 è fuori del comune nel quale ha sede l’autorità giudiziaria procedente, il termine per comparire è prolungato del numero di giorni necessari per il viaggio. Il prolungamento è di un giorno ogni cinquecento chilometri di distanza, quando è possibile l’uso dei mezzi pubblici di trasporto e di un giorno ogni cento chilometri negli altri casi. Lo stesso prolungamento ha luogo per gli imputati detenuti o internati fuori del comune predetto. In ogni caso il prolungamento del termine non può essere superiore a tre giorni. Per l’imputato residente all’estero il prolungamento del termine è stabilito dall’autorità guidiziaria, tenendo conto della distanza e dei mezzi di comunicazione utilizzabili. 2. Le stesse disposizioni si applicano quando si tratta di termine stabilito per la presentazione di ogni altra persona per la quale l’autorità procedente emette ordine o invito. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 169. Sul termine per comparire, v. artt. 127, 398, 419, 450, 456, 467, 555, 560, 563, 601, 666.

Art. 175. Restituzione nel termine. 1. Il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore. 2. Se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, può essere chiesta la restituzione nel termine per proporre impugnazione od opposizione anche dall’imputato che provi di non aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento, sempre che l’impugnazione non sia stata già proposta dal difensore e il fatto non sia dovuto a sua colpa ovvero, quando la sentenza contumaciale è stata notificata mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161 comma 4 e 169, l’imputato non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento. 3. La richiesta per la restituzione nel termine è presentata, a pena di decadenza, entro dieci giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore ovvero, nei casi previsti dal comma 2, da quello in cui l’imputato ha avuto effettiva conoscenza dell’atto. La restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento. 4. Sulla richiesta decide con ordinanza il giudice che procede al tempo della presentazione della stessa. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Se sono stati pronunciati sentenza o decreto di con-

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danna, decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione o sulla opposizione. 5. L’ordinanza che concede la restituzione nel termine per la proposizione della impugnazione o della opposizione può essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla impugnazione o sulla opposizione. 6. Contro l’ordinanza che respinge la richiesta di restituzione nel termine può essere proposto ricorso per cassazione. 7. Quando accoglie la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione, il giudice, se occorre, ordina la scarcerazione dell’imputato detenuto e adotta tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti determinati dalla scadenza del termine. 8. Se la restituzione nel termine è concessa a norma del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 173 (2) artt. 460-462, 487, 548, 571; (4) artt. 328, 405, 670; (8) art. 157 Cod. pen.

Art. 176. Effetti della restituzione nel termine. 1. Il giudice che ha disposto la restituzione provvede a richiesta di parte e in quanto sia possibile, alla rinnovazione degli atti ai quali la parte aveva diritto di assistere. 2. Se la restituzione nel termine è concessa dalla corte di cassazione, al compimento degli atti di cui è disposta la rinnovazione provvede il giudice competente per il merito. TITOLO VII NULLITÀ Art. 177. Tassatività. 1. L’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge. Art. 178. Nullità di ordine generale. 1. È sempre prescritta a pena di nullità l’osservanza delle disposizioni concernenti: a) le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario; b) l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e la sua partecipazione al procedimento; c) l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante. ––––––––––– 1 L’art. 178 comma 1 lett. c) c.p.p. non è illegittimo costituzionalmente nella parte in cui non prevede come causa di nullità l’omesso avviso alla persona offesa.


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Disposizioni correlative: (1) artt. 33, 90, 91, 405, 429, 451, 456, 464, 465, 519, 552.

Art. 179. Nullità assolute. 1. Sono insanabili e sono rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità previste dall’articolo 178 comma 1 lettera a), quelle concernenti l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e quelle derivanti dalla omessa citazione dell’imputato o dall’assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza. 2. Sono altresì insanabili e sono rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità definite assolute da specifiche disposizioni di legge. ––––––––––– L’articolo 179 individua e disciplina le nullità assolute, caratterizzate dall’insanabilità e dalla rilevabilità anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Quanto all’area di applicazione, l’articolo in esame, oltre a prevedere che il carattere assoluto possa essere attribuito a singole figure di nullità da specifiche disposizioni di legge, individua le ipotesi di nullità di ordine generale che sono soggette a tale regime. Le fattispecie di nullità previste dall’art. 178 e non rientranti in quelle menzionate dall’art. 179, confluiscono nella categoria delle c.d. nullità a regime intermedio. Circa l’individuazione della nullità assoluta, oltre quelle della lettera a) dell’art. 178, si rileva che, per le disposizioni concernenti il pubblico ministero, si è limitata l’attribuzione del carattere assoluto alle sole nullità riguardanti l’iniziativa nell’esercizio dell’azione penale. Per le parti private diverse dall’imputato non sono state previste ipotesi di nullità assoluta. (Cfr. R.p.p.). Per quanto riguarda l’imputato, è rimasta insanabile la «omessa» citazione che va intesa come riferita non al solo dibattimento, ma anche a momenti diversi, come, ad esempio, l’udienza preliminare. La insanabilità è pure prevista per le nullità concernenti l’assenza del difensore «nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza». È stata quindi ritenuta sufficiente la garanzia ridotta ai casi ivi specificati, considerando che l’assenza del difensore nelle ipotesi diverse darà luogo comunque a nullità d’ordine intermedio. (R.p.p.). Disposizioni correlative: (1) artt. 350, 391, 401, 420, 484, 598, 666.

Art. 180. Regime delle altre nullità di ordine generale. 1. Salvo quanto disposto dall’articolo 179, le nullità previste dall’articolo 178 sono rilevate anche di ufficio, ma non possono più essere rilevate né dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado ovvero, se si sono verificate nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 442, 444, 525.

Art. 181. Nullità relative. 1. Le nullità diverse da quelle previste dagli articoli 178 e 179 comma 2 sono dichiarate su eccezione di parte. 2. Le nullità concernenti gli atti delle indagini preliminari e quelli compiuti nell’incidente probatorio e le nullità concernenti gli atti dell’udienza

Codice procedura penale Artt. 179, 184 preliminare devono essere eccepite prima che sia pronunciato il provvedimento previsto dall’articolo 424. Quando manchi l’udienza preliminare, le nullità devono essere eccepite entro il termine previsto dall’articolo 491 comma 1. 3. Le nullità concernenti il decreto che dispone il giudizio ovvero gli atti preliminari al dibattimento devono essere eccepite entro il termine previsto dall’articolo 491 comma 1. Entro lo stesso termine, ovvero con l’impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, devono essere riproposte le nullità eccepite a norma del primo periodo del comma 2, che non siano state dichiarate dal giudice. 4. Le nullità verificatesi nel giudizio devono essere eccepite con l’impugnazione della relativa sentenza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) artt. 326, 392, 419, 447, 453 459, 555; (3) artt. 429, 450, 456, 555; (4) artt. 438 e segg., 444 e segg., 465 e segg., 496 e segg.

Art. 182. Deducibilità delle nullità. 1. Le nullità previste dagli articoli 180 e 181 non possono essere eccepite da chi vi ha dato o ha concorso a darvi causa ovvero non ha interesse all’osservanza della disposizione violata. 2. Quando la parte vi assiste, la nullità di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo. Negli altri casi la nullità deve essere eccepita entro i termini previsti dagli articoli 180 e 181 commi 2, 3 e 4. 3. I termini per rilevare o eccepire le nullità sono stabiliti a pena di decadenza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 180, 181.

Art. 183. Sanatorie generali delle nullità. 1. Salvo che sia diversamente stabilito, le nullità sono sanate: a) se la parte interessata ha rinunciato espressamente ad eccepirle ovvero ha accettato gli effetti dell’atto; b) se la parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l’atto omesso o nullo è preordinato. Art. 184. Sanatoria delle nullità delle citazioni degli avvisi e delle notificazioni. 1. La nullità di una citazione o di un avviso ovvero delle relative comunicazioni e notificazioni è sanata se la parte interessata è comparsa o ha rinunciato a comparire. 2. La parte la quale dichiari che la comparizione è determinata dal solo intento di far rilevare l’irregolarità ha diritto a un termine per la difesa non inferiore a cinque giorni. 3. Quando la nullità riguarda la citazione a comparire al dibattimento, il termine non può essere inferiore a quello previsto dall’articolo 429.


Codice procedura penale Artt. 185, 186 Art. 185. Effetti della dichiarazione di nullità. 1. La nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo. 2. Il giudice che dichiara la nullità di un atto ne dispone la rinnovazione, qualora sia necessaria è possibile, ponendo le spese a carico di chi ha dato causa alla nullità per dolo o colpa grave. 3. La dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l’atto nullo, salvo che sia diversamente stabilito.

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4. La disposizione del comma 3 non si applica alle nullità concernenti le prove. ––––––––––– Disposizioni correlative: (4) artt. 26, 191.

Art. 186. Inosservanza di norme tributarie. 1. Quando la legge assoggetta un atto a una imposta o a una tassa, l’inosservanza della norma tributaria non rende inammissibile l’atto né impedisce il suo compimento, salve le sanzioni finanziarie previste dalla legge.


LIBRO TERZO PROVE TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 187. Oggetto della prova. 1. Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all’imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza. 2 Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali. 3. Se vi è costituzione di parte civile, sono inoltre oggetto di prova i fatti inerenti alla responsabilità civile derivante dal reato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 405, 423, 516, 517, 566; artt. 45-54, 85, 132, 200, 308, 309, 384, 599, 649 Cod. pen.; (3) art. 185 Cod. pen.; artt. 74, 76.

Art. 188. Libertà morale della persona nell’assunzione della prova. 1. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 64.

Art. 189. Prove non disciplinate dalla legge. 1. Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona. Il giudice provvede all’ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova. Art. 190. Diritto alla prova. 1. Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti. 2. La legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse di ufficio. 3. I provvedimenti sull’ammissione della prova possono essere revocati sentite le parti in contraddittorio.

––––––––––– 1 Il principio secondo il quale la prova si forma, nell’oralità e immediatezza del dibattimento, a «richiesta di parte» e non ad iniziativa del giudice cui spetta, invece, solo il potere di escludere le prove «manifestamente superflue o irrilevanti», è derogato in modo significativo dalle nuove previsioni degli artt. 190 bis, 238 e 238 bis (tutte in-

trodotte dal D.L. 8 giugno 1992, n. 306 conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356). Specie nei procedimenti per fatti di criminalità organizzata, caratterizzati da un «organizzato» collegamento probatorio (ossia comprensibili solo avendo una visione di assieme dei vari episodi criminosi che interferiscono l’uno sull’altro), è spesso necessario esaminare gli stessi testimoni o compiere gli stessi atti già compiuti in altri giudizi collegati, ma trattati separatamente. La «rinnovazione» dello stesso esame in ogni processo comporta una evidente «usura delle fonti di prova» (i testimoni sono costretti a ripetere infinite volte le stesse dichiarazioni) oltre che un consistente allungamento dei tempi di ogni dibattimento. Anche quando ricorrono tali situazioni, il diritto dell’imputato ad ottenere che la prova si fermi nel «proprio» dibattimento non può peraltro essere compromesso in modo assoluto. È evidente infatti che non può impedirsi all’imputato di ottenere che vengano ripetute nel «suo» procedimento anche atti e prove che si sono formati in un procedimento al quale l’imputato stesso non ha avuto possibilità di partecipare. Dalla necessità di contemperare i due principi appena esposti (del diritto alla prova e dell’economia processuale) discende la nuova disciplina codicistica. Può dirsi in via generale che: A) le parti hanno sempre diritto di ottenere che la prova si formi nel proprio dibattimento (art. 238 comma 5 c.p.p.). Di conseguenza, e in via generale salvo quanto disposto dall’art. 190 bis (v. lett. e), le parti hanno sempre diritto a richiedere ed ottenere che si proceda al «nuovo esame» incrociato (se del caso «a distanza»: v. art. 147 bis att. c.p.p.) di un soggetto anche se questi è già stato sottoposto ad esame in altro e diverso procedimento. In questo caso, i verbali delle prove formatesi in altro procedimento sono letti e utilizzati solo dopo che l’esame ha avuto luogo. B) Alcuni atti formatisi in altro procedimento possono perciò essere letti e utilizzati nel procedimento diverso da quello in cui sono stati compiuti anche se non vi è stata la loro «ripetizione» (artt. 238 commi 1-4). Ciò può accadere: – quando le parti non hanno richiesto la «ripetizione» dell’atto (ed hanno quindi acconsentito alla lettura di quello formatosi in altro procedimento); – quando la «ripetizione» dell’atto non è stata possibile per qualsiasi causa. In tali casi, il principio della economia processuale e della non dispersione del mezzo di prova prevale su quello della formazione della prova nella oralità e nella immediatezza del dibattimento. C) La deroga al principio della formazione della prova nella oralità del dibattimento assume particolare ampiezza nei procedimenti per delitti di mafia (art. 190 bis c.p.p. in rel. all’art. 51 comma 3 bis c.p.p.). Qui infatti la regola generale sul diritto alla prova è invertita.


Codice procedura penale Artt. 190 bis, 192 Per evitare l’usura delle fonti di prova e il pericolo della loro intimidazione, il legislatore ha previsto infatti che, in tali procedimenti, le parti non possano ottenere il «nuovo esame» dei testimoni e dei «pentiti» ogni volta che lo richiedano, ma solo quando il giudice lo ritiene assolutamente necessario. Ciò vuol dire che, se il giudice non ammette la nuova assunzione della prova, può procedersi direttamente alla acquisizione e utilizzazione (mediante lettura) dei verbali delle prove formatesi in altri giudizi: purché naturalmente, si tratti di prove assunte nell’incidente probatorio o nel dibattimento (ovvero di documentazione concernente atti irripetibili o alla cui acquisizione le stesse parti abbiano consentito). Si pensi al caso di un omicidio commesso da più persone di cui una minorenne. Nel processo celebrato davanti al Tribunale per i minorenni, l’imputato indica i nomi dei suoi complici e fa rinvenire l’arma usata per il delitto. Nel processo a carico dei maggiorenni, possono essere acquisite e utilizzate per la decisione anche le prove formatesi nell’altro processo. In particolare trattandosi di documentazione relativa ad atti irripetibili, possono essere acquisiti e utilizzati i verbali di perquisizione e sequestro dell’arma. Possono essere acquisiti e utilizzati anche i verbali delle dichiarazioni accusatorie rese dal minorenne nel corso del dibattimento, ma, in tal caso, gli imputati e i loro difensori hanno diritto di chiedere ed ottenere che, prima della lettura dei verbali, si proceda ad un «nuovo esame» del minorenne. Se però si tratta di un omicidio «mafioso», il diritto al «nuovo esame» può essere esercitato solo se il giudice ritiene la nuova assunzione assolutamente necessaria ai fini del decidere. Se il giudice non ravvisa tale assoluta necessità, l’utilizzazione delle dichiarazioni rese nell’altro dibattimento avviene immediatamente e direttamente. D) Ai fini della prova del fatto in esse accertato è consentita la acquisizione di sentenze irrevocabili (art. 238 bis c.p.p.). Si pensi ad un processo a carico di un soggetto imputato di appartenere alla associazione mafiosa «Cosa nostra». Alla condanna dell’imputato potrà pervenirsi solo provando la sua partecipazione all’associazione e la natura «mafiosa» di questa. La previsione dell’art. 238 bis serve ad evitare che per ogni processo a carico di un presunto appartenente a «Cosa nostra» debba essere autonomamente accertata la illiceità della organizzazione rinnovando le stesse prove o acquisendo la stessa documentazione. A provare la «natura mafiosa» di «Cosa nostra», è invece sufficiente l’acquisizione di una sentenza irrevocabile che abbia accertato tale fatto (ad esempio, l’acquisizione della sentenza che ha concluso il maxi processo di Palermo). Una volta acquisita la sentenza e per ottenere la condanna dell’imputato, l’accusa dovrà provare «soltanto» che l’imputato stesso ha davvero fatto parte dell’associazione. Disposizioni correlative: (1) artt. 190 bis, 238, 238 bis, 392, 422, 468, 493, 495, 507, 519; (2)artt. 70, 195, 224, 237, 507, 508, 511, 603; (1-2) art. 38 att. c.p.p.

Art. 190 bis. (1) Requisiti della prova in casi particolari. 1. Nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’art. 51, comma 3 bis, quando

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è richiesto l’esame di un testimone o di una delle persone indicate nell’art. 210 e queste hanno già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contradditorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell’articolo 238, l’esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna della parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze (2). 1 bis. La stessa disposizione si applica quando si procede per uno dei reati previsti dagli articoli 600 bis comma 1, 600 ter, 600 quater, 600 quinquies, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies del codice penale, se l’esame richiesto riguarda un testimone minore degli anni sedici (3). ––––––––––– (1) L’articolo è stato aggiunto dall’art. 3 comma 3 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale....). (2) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 1° marzo 2001, n. 63. (3) Comma inserito dall’art. 13, L. 3 agosto 1998, n. 269. (4) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 1° marzo 2001, n. 63, v. nota 4) sub art. 12.

Art. 191. Prove illegittimamente acquisite. 1. Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. 2. L’inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 26, 62, 63, 103, 195, 203, 228, 240, 254, 270, 504.

Art. 192. Valutazione della prova. 1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. 2. L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti. 3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità. 4. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall’articolo 371 comma 2 lettera b). ––––––––––– V. anche sub art. 210. 1 In tema di «collaboratori» della giustizia v. artt. 9 ss. D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991, n. 82 e succ. mod. 2 In attuazione della previsione di cui all’art. 15 comma 1 bis D.L. 8/1991, il Governo ha emanato il D.Lgs. 29


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marzo 1993, n. 119 (Disciplina del cambiamento delle generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia). Si ricordi in particolare che: a) le notificazioni a norma dell’art. 157 c.p.p. alla persona che ha ottenuto il cambiamento delle generalità av vengono nella località stabilita dal servizio centrale di protezione e con riferimento alla quale sono intervenute le variazioni e i trasferimenti delle iscrizioni anagrafiche (art. 7 D.Lgs. cit); b) avviene sempre «a distanza» (art. 147 bis att. c.p.p.) l’esame in dibattimento (e nell’incidente probatorio) della persona nei confronti della quale è stato emesso il decreto di cambiamento delle generalità. Quando nel dibattimento (o nell’incidente probatorio) occorre procedere alla ricognizone della persona protetta o ad altro atto per l’assunzione del quale è necessaria l’osservazione diretta del corpo della persona, il giudice, a seconda dei casi ed ove occorra, ne autorizza od ordina la citazione o ne dispone l’accompagnamento coattivo. In tale caso, durante tutto il tempo in cui la persona è presente nell’aula di udienza, il dibattimento si svolge a porte chiuse (art. 473 comma 2 c.p.p.). Se l’atto da assumere non ne rende necessaria l’osservazione, il giudice dispone le cautele idonee ad evitare che sia visibile il volto della persona (art. 6 commi 8 e 9 D.Lgs cit.). Disposizioni correlative: (1-4) art. 245 att. c.p.p.; (2) art. 2729 Cod. civ.

Art. 193. Limiti di prova stabiliti dalle leggi civili. 1. Nel processo penale non si osservano i limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, eccettuati quelli che riguardano lo stato di famiglia e di cittadinanza. TITOLO II MEZZI DI PROVA CAPO I TESTIMONIANZA Art. 194. Oggetto e limiti della testimonianza. 1. Il testimone è esaminato sui fatti che costituiscono oggetto di prova. Non può deporre sulla moralità dell’imputato, salvo che si tratti di fatti specifici, idonei a qualificarne la personalità in relazione al reato e alla pericolosità sociale. 2. L’esame può estendersi anche ai rapporti di parentela e di interesse che intercorrono tra il testimone e le parti o altri testimoni nonché alle circostanze il cui accertamento è necessario per valutarne la credibilità. La deposizione sui fatti che servono a definire la personalità della persona offesa dal reato è ammessa solo quando il fatto dell’imputato deve essere valutato in relazione al comportamento di quella persona. 3. Il testimone è esaminato su fatti determinati. Non può deporre sulle voci correnti nel pubblico ne esprimere apprezzamenti personali salvo che

Codice procedura penale Artt. 193, 196 sia impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 133, 203 Cod. pen.; artt. 187, 234; (3) art. 499.

Art. 195. Testimonianza indiretta. 1. Quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre. 2. Il giudice può disporre anche di ufficio l’esame delle persone indicate nel comma 1. 3. L’inosservanza della disposizione del comma 1 rende inutilizzabili le dichiarazioni relative a fatti di cui il testimone abbia avuto conoscenza da altre persone, salvo che l’esame di queste risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità. 4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli articoli 351 e 357, comma 2, lettere a) e b). Negli altri casi si applicano le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 del presente articolo (1) (2). 5. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche quando il testimone abbia avuto comunicazione del fatto in forma diversa da quella orale. 6. I testimoni non possono essere esaminati su fatti comunque appresi dalle persone indicate negli articoli 200 e 201 in relazione alle circostanze previste nei medesimi articoli, salvo che le predette persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati. 7. Non può essere utilizzata la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell’esame. ––––––––––– (1) Comma così sostituito dall’art. 4, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) Per la polizia giudiziaria opera anche il divieto di de porre sulle dichiarazioni comunque rese nel corso del procedimento dall’imputato o dalla persona sottoposta alle indagini (art. 62). (3) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 1° marzo 2001, n. 63, v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1) artt. 62, 209; (2) art. 190; (3) (7) art. 191.

Art. 196. Capacità di testimoniare. 1. Ogni persona ha la capacità di testimoniare. 2. Qualora, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l’idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza, il giudice anche di ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge. 3. I risultati degli accertamenti che, a norma del comma 2, siano stati disposti prima dell’esame testimoniale non precludono l’assunzione della testimonianza.


Codice procedura penale Artt. 197, 199 Art. 197. Incompatibilità con l’ufficio di testimone. 1. Non possono essere assunti come testimoni: a) i coimputati del medesimo reato o le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12, comma 1, lettera a), salvo che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 (1); b) salvo quanto previsto dall’articolo 64, comma 3, lettera c), le persone imputate in procedimento connesso a norma dell’art. 12, comma 1, lettera c), o di un reato collegato a norma dell’articolo 371, comma 2, lettera b), prima che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 (1); c) il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria; d) coloro che nel medesimo procedimento svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, pubblico ministero o loro ausiliario nonché il difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva e coloro che hanno formato la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni assunte ai sensi dell’articolo 391 ter (2). ––––––––––– (1) Le lettere a) e b) sono state così sostituite dall’art. 5, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) Comma così modificato dall’art. 3, L. 7 dicembre 2000, n. 397. (3) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 1° marzo 2001, n. 63, v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1) (a) artt. 41, 110, 113 Cod. pen. artt. 60, 61, 210, 425, 469, 529, 648; (1) (c) artt. 83, 89, (1) (d) art. 126.

Art. 197 bis.(1) Persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato che assumono l’ufficio di testimone. 1. L’imputato in un procedimento connesso ai sensi dell’articolo 12 o di un reato collegato a norma dell’articolo 371, comma 2, lettera b), può essere sempre sentito come testimone quando nei suoi confronti è stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444. 2. L’imputato in un procedimento connesso ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettera c), o di un reato collegato a norma dell’articolo 371, comma 2, lettera b), può essere sentito come testimone, inoltre, del caso previsto dall’articolo 64, comma 3, lettera c). 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 il testimone è assistito da un difensore. In mancanza di difensore di fiducia è designato un difensore di ufficio. 4. Nel caso previsto dal comma 1 il testimone non può essere obbligato a deporre sui fatti per i quali è stata pronunciata in giudizio sentenza di

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condanna nei suoi confronti, se nel procedimento egli aveva negato la propria responsabilità ovvero non aveva reso alcuna dichiarazione. Nel caso previsto dal comma 2 il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti che concernono la propria responsabilità in ordine al reato per cui si procede o si è proceduto nei suoi confronti. 5. In ogni caso le dichiarazioni rese dai soggetti di cui al presente articolo non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese nel procedimento a suo carico, nel procedimento di revisione della sentenza di condanna ed in qualsiasi giudizio civile o amministrativo relativo al fatto oggetto dei procedimenti e delle sentenze suddette. 6. Alle dichiarazioni rese dalle persone che assumono l’ufficio di testimone ai sensi del presente articolo si applica la disposizione di cui all’art. 192, comma 3. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 6, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12.

Art. 198. Obblighi del testimone. 1. Il testimone ha l’obbligo di presentarsi al giudice e di attenersi alle prescrizioni date dal medesimo per le esigenze processuali e di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte. 2. Il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 497.

Art. 199. Facoltà di astensione dei prossimi congiunti. 1. I prossimi congiunti dell’imputato non sono obbligati a deporre. Devono tuttavia deporre quando hanno presentato denuncia, querela o istanza ovvero essi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato. 2. Il giudice, a pena di nullità, avvisa le persone predette della facoltà di astenersi chiedendo loro se intendono avvalersene. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche a chi è legato all’imputato da vincolo di adozione. Si applicano inoltre, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall’imputato durante la convivenza coniugale: a) a chi, pur non essendo coniuge dell’imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso; b) al coniuge separato dell’imputato; c) alla persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con l’imputato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 307 Cod. pen.; artt. 333, 336, 341; (2) art. 181.


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Art. 200. Segreto professionale. 1. Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria: a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano; b) gli avvocati, gli investigatori privati, i consulenti tecnici e i notai (1); c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria; d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale. 2. Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga. 3. Le disposizioni previste dai commi 1 e 2 si applicano ai giornalisti professionisti iscritti nell’albo professionale, relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio della loro professione. Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l’identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni. ––––––––––– (1) Lettera così modificata dall’art. 4, L. 7 dicembre 2000, n. 397. Si riporta il testo dell’art. 1, L. 3 aprile 2001, n. 119 , recante: «Disposizioni concernenti l’obbligo del segreto professionale per gli assistenti sociali»: «Art. 1. Obbligo del segreto professionale. Gli assistenti sociali iscritti all’albo professionale istituito con legge 23 marzo 1993, n. 84, hanno l’obbligo del segreto professionale su quanto hanno conosciuto per ragione della loro professione esercitata sia in regime di lavoro dipendente, pubblico o privato, sia in regime di lavoro autonomo libero-professionale. 2. Agli assistenti sociali di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui agli articoli 249 del codice di procedura civile e 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste dall’articolo 103 del codice di procedura penale per il difensore. 3. Agli assistenti sociali si applicano, altresì, tutte le altre norme di legge in materia di segreto professionale, in quanto compatibili». Disposizioni correlative: (1-3) artt. 222, 245 att. c.p.p.; (1) artt. 331, 334. V. nota art. 115. Per i dottori commercialisti, v. art. 1 L. 5 dicembre 1987, n. 507 e, per i consulenti del lavoro, v. art. 6 L. 11 gennaio 1979, n. 12.

Art. 201. Segreto di ufficio. 1. Salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria, i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l’ob-

Codice procedura penale Artt. 200, 204 bligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti. 2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 200 commi 2 e 3. ––––––––––– 1 Nei procedimenti relativi ai reati indicati nell’art. 90 Cost. «non possono essere opposti il segreto di Stato e il segreto d’ufficio» (art. 6 L. 5 giugno 1989, n. 219). Disposizioni correlative: (1) artt. 326, 357, 358 Cod. pen.; artt. 204, 331.

Art. 202. Segreto di Stato. 1. I pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l’obbligo di astenersi dal deporre su fatti coperti dal segreto di Stato. 2. Se il testimone oppone un segreto di Stato, il giudice ne informa il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che ne sia data conferma. 3. Qualora il segreto sia confermato e la prova sia essenziale per la definizione del processo, il giudice dichiara di non doversi procedere per la esistenza di un segreto di Stato. 4. Qualora, entro sessanta giorni dalla notificazione della richiesta, il Presidente del Consiglio dei Ministri non dia conferma del segreto, il giudice ordina che il testimone deponga.

––––––––––– 1 V. nota 1 all’art. 201. Disposizioni correlative: (1) artt. 261, 357, 358 Cod. pen.; art. 204; artt. 12, 16 L. 24 ottobre 1977, n. 801.

Art. 203. Informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza. 1. Il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria nonché il personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica a rivelare i nomi dei loro informatori. Se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite né utilizzate. 1 bis. L’inutilizzabilità opera anche nelle fasi diverse dal dibattimento, se gli informatori non sono stati interrogati né assunti a sommarie informazioni (1). ––––––––––– (1) Comma aggiunto dall’art. 7, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 1° marzo 2001, n. 63, v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1) artt. 57, 191, 204; artt. 65, 66 att. c.p.p. V. art. 7 L. 24 ottobre 1977, n. 801.

Art. 204. Esclusione del segreto. 1. Non possono essere oggetto del segreto previsto dagli articoli 201, 202 e 203 fatti, notizie o documenti concernenti reati diretti all’eversione dell’ordinamento costituzionale. Se viene opposto il segreto, la natura del reato è definita dal giudice. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari su richiesta di parte.


Codice procedura penale Artt. 205, 210

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2. Del provvedimento che rigetta l’eccezione di segretezza è data comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri.

informa il pubblico ministero trasmettendogli i relativi atti.

Art. 205. Assunzione della testimonianza del Presidente della Repubblica e di grandi ufficiali dello Stato. 1. La testimonianza del Presidente della Repubblica è assunta nella sede in cui egli esercita la funzione di Capo dello Stato. 2. Se deve essere assunta la testimonianza di uno dei presidenti delle Camere o del Presidente del Consiglio dei Ministri o della Corte costituzionale, questi possono chiedere di essere esaminati nella sede in cui esercitano il loro ufficio, al fine di garantire la continuità e la regolarità della funzione cui sono preposti. 3. Si procede nelle forme ordinarie quando il giudice ritiene indispensabile la comparizione di una delle persone indicate nel comma 2 per eseguire un atto di ricognizione o di confronto o per altra necessità. Art. 206. Assunzione della testimonianza di agenti diplomatici. 1. Se deve essere esaminato un agente diplomatico o l’incaricato di una missione diplomatica all’estero durante la sua permanenza fuori dal territorio dello Stato, la richiesta per l’esame e trasmessa, per mezzo del ministero di grazia e giustizia, all’autorità consolare del luogo. Si procede tuttavia nelle forme ordinarie nei casi previsti dall’articolo 205 comma 3. 2. Per ricevere le deposizioni di agenti diplomatici della Santa Sede accreditati presso lo Stato italiano ovvero di agenti diplomatici di uno stato estero accreditati presso lo Stato italiano o la Santa Sede si osservano le convenzioni e le consuetudini internazionali. Art. 207. Testimoni sospettati di falsità o reticenza. Testimoni renitenti. 1. Se nel corso dell’esame un testimone rende dichiarazioni contraddittorie incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, il presidente o il giudice glielo fa rilevare rinnovandogli, se del caso, l’avvertimento previsto dall’articolo 497 comma 2. Allo stesso avvertimento provvede se un testimone rifiuta di deporre fuori dei casi espressamente previsti dalla legge e, se il testimone persiste nel rifiuto, dispone l’immediata trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda a norma di legge. 2. Con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, il giudice, se ravvisa indizi del reato previsto dall’articolo 372 del codice penale, ne

CAPO II ESAME DELLE PARTI

––––––––––– 1 V. la nota 1 all’art. 201. Disposizioni correlative: (1-2) art. 66 att. c.p.p.; (1) artt. 270, 270 bis, 272, 280, 289 bis Cod. pen.; artt. 328, 405. V. anche artt. 21, 29 L. 18 aprile 1975, n. 110.

––––––––––– 1 Sul divieto di arresto del testimone v. sub art. 381. Disposizioni correlative: (1-2) art. 245 att. c.p.p.; (2) artt. 424, 442, 460, 476, 525 e segg. 605.

Art. 208. Richiesta dell’esame. 1. Nel dibattimento, l’imputato, la parte civile che non debba essere esaminata come testimone, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria sono esaminati se ne fanno richiesta o vi consentono. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 503.

Art. 209. Regole per l’esame. 1. All’esame delle parti si applicano le disposizioni previste dagli articoli 194, 198 comma 2 e 499 e, se è esaminata una parte diversa dall’imputato, quelle previste dall’articolo 195. 2. Se la parte rifiuta di rispondere a una domanda ne è fatta menzione nel verbale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 136.

Art. 210. (1) Esame di persona imputata in un procedimento connesso. 1. Nel dibattimento, le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12, comma 1, lettera a), nei confronti delle quali si procede o si è proceduto separatamente e che non possono assumere l’ufficio di testimone, sono esaminate a richiesta di parte, ovvero, nel caso indicato nell’articolo 195, anche di ufficio. 2. Esse hanno obbligo di presentarsi al giudice il quale, ove occorra, ne ordina l’accompagnamento coattivo. Si osservano le norme sulla citazione dei testimoni. 3. Le persone indicate nel comma 1 sono assistite da un difensore che ha diritto di partecipare all’esame. In mancanza di un difensore di fiducia è designato un difensore di ufficio. 4. Prima che abbia inizio l’esame, il giudice avverte le persone indicate nel comma 1 che, salvo quanto disposto dall’articolo 66 comma 1, esse hanno facoltà di non rispondere. 5. All’esame si applicano le disposizioni previste dagli articoli 194, 195, 498, 499, 500. 6. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche alle persone imputate in un procedimento connesso ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettera c), o di un reato collegato a norma dell’articolo 371, comma 2 lettera b), che non hanno reso in precedenza dichiarazioni concernenti la respon-


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sabilità dell’imputato. Tuttavia a tali persone è dato l’avvertimento previsto dall’articolo 64, comma 3, lettera c), e, se esse non si avvalgono della facoltà di non rispondere, assumono l’ufficio del testimone. Al loro esame si applicano, in tal caso, oltre alle disposizioni richiamate dal comma 5, anche quelle previste dagli articoli 197-bis e 497. ––––––––––– (1) L’articolo, già modificato dall’art. 2, co. 1, D.L. 8 giugno 1992, n, 306 conv., con modif., in L. 7 agosto 1992, n. 356 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale), è stato ulteriormente modificato, nei commi 1, 5 e 6 (quest’ultimo comma è stato interamente sostituito), dall’art. 8, co. 1, L. 1° marzo 2001, n. 63 (recante «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell’articolo 111 della Costituzione»). (2) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 1° marzo 2001, n. 63, v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1) Artt. 192, 363, 392, 422, 513; (2) Artt. 132, 197, 198, 513; (3) Art. 97; (4) Art; 64; (6) Art. 197.

CAPO III CONFRONTI Art. 211. Presupposti del confronto. 1. Il confronto è ammesso esclusivamente fra persone già esaminate o interrogate, quando vi è disaccordo fra esse su fatti e circostanze importanti.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 65, 194 e segg. 208, 364, 392.

Art. 212. Modalità del confronto. 1. Il giudice, richiamate le precedenti dichiarazioni ai soggetti tra i quali deve svolgersi il confronto, chiede loro se le confermano o le modificano, invitandoli, ove occorra, alle reciproche contestazioni. 2. Nel verbale è fatta menzione delle domande rivolte dal giudice, delle dichiarazioni rese dalle persone, messe a confronto e di quanto altro è avvenuto durante il confronto. CAPO IV RICOGNIZIONI Art. 213. Ricognizione di persone. Atti preliminari. 1. Quando occorre procedere a ricognizione personale, il giudice invita chi deve eseguirla a descrivere la persona indicando tutti i particolari che ricorda; gli chiede poi se sia stato in precedenza chiamato a eseguire il riconoscimento, se, prima e dopo il fatto per cui si procede, abbia visto, anche se riprodotta in fotografia o altrimenti, la persona da riconoscere, se la stessa gli sia stata indicata o descritta e se vi siano altre circostanze che possano influire sull’attendibilità del riconoscimento.

Codice procedura penale Artt. 211, 216 2. Nel verbale è fatta menzione degli adempimenti previsti dal comma 1 e delle dichiarazioni rese. 3. L’inosservanza delle disposizioni previste dai commi 1 e 2 è causa di nullità della ricognizione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 361, 392; (3) art. 181.

Art. 214. Svolgimento della ricognizione. 1. Allontanato colui che deve eseguire la ricognizione, il giudice procura la presenza di almeno due persone il più possibile somiglianti, anche nell’abbigliamento, a quella sottoposta a ricognizione. Invita quindi quest’ultima a scegliere il suo posto rispetto alle altre, curando che si presenti, sin dove è possibile, nelle stesse condizioni nelle quali sarebbe stata vista dalla persona chiamata alla ricognizione. Nuovamente introdotta quest’ultima, il giudice le chiede se riconosca taluno dei presenti e, in caso affermativo, la invita a indicare chi abbia riconosciuto e a precisare se ne sia certa. 2. Se vi è fondata ragione di ritenere che la persona chiamata alla ricognizione possa subire intimidazione o altra influenza dalla presenza di quella sottoposta a ricognizione, il giudice dispone che l’atto sia compiuto senza che quest’ultima possa vedere la prima. 3. Nel verbale è fatta menzione, a pena di nullità, delle modalità di svolgimento della ricognizione. Il giudice può disporre che lo svolgimento della ricognizione sia documentato anche mediante rilevazioni fotografiche o cinematografiche o mediante altri strumenti o procedimenti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (3) art. 11.

Art. 215. Ricognizione di cose. 1. Quando occorre procedere alla ricognizione del corpo del reato o di altre cose pertinenti al reato, il giudice procede osservando le disposizioni dell’articolo 213, in quanto applicabili. 2. Procurati, ove possibile, almeno due oggetti simili a quello da riconoscere, il giudice chiede alla persona chiamata alla ricognizione se riconosca taluno tra essi e, in caso affermativo, la invita a dichiarare quale abbia riconosciuto e a precisare se ne sia certa. 3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 214 comma 3. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 253.

Art. 216. Altre ricognizioni. 1. Quando dispone la ricognizione di voci, suoni o di quanto altro può essere oggetto di percezione sensoriale, il giudice procede osservando le disposizioni dell’articolo 213, in quanto applicabili. 2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 214 comma 3.


Codice procedura penale Artt. 217, 223 Art. 217. Pluralità di ricognizioni. 1. Quando più persone sono chiamate ad eseguire la ricognizione della medesima persona o del medesimo oggetto, il giudice procede con atti separati, impedendo ogni comunicazione tra chi ha compiuto la ricognizione e coloro che devono ancora eseguirla. 2. Se una stessa persona deve eseguire la ricognizione di più persone o di più oggetti, il giudice provvede, per ogni atto, in modo che la persona o l’oggetto sottoposti a ricognizione siano collocati tra persone od oggetti diversi. 3. Si applicano le disposizioni degli articoli precedenti. CAPO V ESPERIMENTI GIUDIZIALI Art. 218. Presupposti dell’esperimento giudiziale. 1. L’esperimento giudiziale è ammesso quando occorre accertare se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo. 2. L’esperimento consiste nella riproduzione, per quanto è possibile, della situazione in cui il fatto si afferma o si ritiene essere avvenuto e nella ripetizione delle modalità di svolgimento del fatto stesso. Art. 219. Modalità dell’esperimento giudiziale. 1. L’ordinanza che dispone l’esperimento giudiziale contiene una succinta enunciazione dell’oggetto dello stesso e l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui si procederà alle operazioni. Con la stessa ordinanza o con un provvedimento successivo il giudice può designare un esperto per l’esecuzione di determinate operazioni. 2. Il giudice dà gli opportuni provvedimenti per lo svolgimento delle operazioni, disponendo per le rilevazioni fotografiche o cinematografiche o con altri strumenti o procedimenti. 3. Anche quando l’esperimento è eseguito fuori dell’aula di udienza, il giudice può adottare i provvedimenti previsti dall’articolo 471 al fine di assicurare il regolare compimento dell’atto. 4. Nel determinare le modalità dell’esperimento, il giudice, se del caso, dà le opportune disposizioni affinché esso si svolga in modo da non offendere sentimenti di coscienza e da non esporre a pericolo l’incolumità delle persone o la sicurezza pubblica. CAPO VI PERIZIA Art. 220. Oggetto della perizia. 1. La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche. 2. Salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono

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ammesse perizie per stabilire l’abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell’imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 398, 495; artt. 74-75 att. c.p.p.; (2) artt. 102-105, 108 Cod. pen.

Art. 221. Nomina del perito. 1. Il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti negli appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina. Quando la perizia è dichiarata nulla, il giudice cura, ove possibile, che il nuovo incarico sia affidato ad altro perito. 2. Il giudice affida l’espletamento della perizia a più persone quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in differenti discipline. 3. Il perito ha l’obbligo di prestare il suo ufficio, salvo che ricorra uno dei motivi di astensione previsti dall’articolo 36. ––––––––––– 1 Quando si tratta di autopsie, esse devono essere eseguite da medici legalmente abilitati all’esercizio professionale (art. 45 comma 1 Regolamento di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285). Disposizioni correlative: (1-3) artt. 67-72, 116 att. c.p.p.; (2) art. 227; (3) art. 366 Cod. pen.

Art. 222. Incapacità e incompatibilità del perito. 1. Non può prestare ufficio di perito, a pena di nullità: a) il minorenne, l’interdetto, l’inabilitato e chi è affetto da infermità di mente; b) chi è interdetto anche temporaneamente dai pubblici uffici ovvero è interdetto o sospeso dall’esercizio di una professione o di un’arte; c) chi è sottoposto a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione; d) chi non può essere assunto come testimone o ha facoltà di astenersi dal testimoniare o chi è chiamato a prestare ufficio di testimone o di interprete; e) chi è stato nominato consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento connesso. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) (a) (b) (c) art. 69 att. c.p.p.; (1) (a) artt. 32 Cod. pen.; artt. 414-415 Cod. civ., (1) (b) artt. 28, 29, 31, 35 Cod. pen., (1) (c) art. 215 Cod. pen., (1) (d) artt. 120, 143, 194, 197, 199; (1) (e) artt. 12, 225, 233, 359.

Art. 223. Astensione e ricusazione del perito. 1. Quando esiste un motivo di astensione, il perito ha l’obbligo di dichiararlo. 2. Il perito può essere ricusato dalle parti nei casi previsti dall’articolo 36 a eccezione di quello previsto dal comma 1 lettera h) del medesimo articolo. 3. La dichiarazione di astensione o di ricusazione può essere presentata fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell’incarico


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e, quando si tratti di motivi sopravvenuti ovvero conosciuti successivamente, prima che il perito abbia dato il proprio parere. 4. Sulla dichiarazione di astensione o di ricusazione decide, con ordinanza, il giudice che ha disposto la perizia. 5 Si osservano, in quanto applicabili, le norme sulla ricusazione del giudice. Art. 224. Provvedimenti del giudice. 1. Il giudice dispone anche di ufficio la perizia con ordinanza motivata, contenente la nomina del perito, la sommaria enunciazione dell’oggetto delle indagini, l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo fissati per la comparizione del perito. 2. Il giudice dispone la citazione del perito e dà gli opportuni provvedimenti per la comparizione delle persone sottoposte all’esame del perito. Adotta tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l’esecuzione delle operazioni peritali. (1) ––––––––––– (1) Il co. 2 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 9 luglio 1996, n. 238 nella parte in cui consente che il giudice, nell’am bito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale dell’indagato o dell’imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei «casi» e nei «modi» dalla legge. Disposizioni correlative: (1) artt. 125, 190, 220, 468, 508; (2) artt. 398, 468, 508.

Art. 225. Nomina del consulente tecnico. 1. Disposta la perizia, il pubblico ministero e le parti private hanno facoltà di nominare propri consulenti tecnici in numero non superiore, per ciascuna parte, a quello dei periti. 2. Le parti private, nei casi e alle condizioni previste dalla legge sul patrocinio statale dei non abbienti, hanno diritto di farsi assistere da un consulente tecnico a spese dello Stato. 3. Non può essere nominato consulente tecnico chi si trova nelle condizioni indicate nell’articolo 222 comma 1 lettere a), b), c), d). ––––––––––– 1 Sul consulente tecnico della persona ammessa al patrocinio dei non abbienti, v. L. 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti). Disposizioni correlative: (1) artt. 233, 359; artt. 38, 73, 152, 222 att. c.p.p.; (2) art. 98.

Art. 226. Conferimento dell’incarico. 1. Il giudice, accertate le generalità del perito, gli chiede se si trova in una delle condizioni previste dagli articoli 222 e 223, lo avverte degli obblighi e delle responsabilità previste dalla legge penale e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo nello svolgimento dell’incarico, mi impegno ad adempiere al mio ufficio senza altro scopo che quello di far conoscere la verità e a mantenere il segreto su tutte le operazioni peritali».

Codice procedura penale Artt. 224, 228 2. Il giudice formula quindi i quesiti, sentiti il perito, i consulenti tecnici, il pubblico ministero e i difensori presenti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 373 Cod. pen.; art. 329; (1-2) art. 70 att. c.p.p.

Art. 227. Relazione peritale. 1. Concluse le formalità di conferimento dell’incarico, il perito procede immediatamente ai necessari accertamenti e risponde ai quesiti con parere raccolto nel verbale. 2. Se, per la complessità dei quesiti, il perito non ritiene di poter dare immediata risposta, può chiedere un termine al giudice. 3. Quando non ritiene di concedere il termine, il giudice provvede alla sostituzione del perito; altrimenti fissa la data, non oltre novanta giorni, nella quale il perito stesso dovrà rispondere ai quesiti e dispone perché ne venga data comunicazione alle parti e ai consulenti tecnici. 4. Quando risultano necessari accertamenti di particolare complessità, il termine può essere prorogato dal giudice, su richiesta motivata del perito, anche più volte per periodi non superiori a trenta giorni. In ogni caso, il termine per la risposta ai quesiti, anche se prorogato, non può superare i sei mesi. 5. Qualora sia indispensabile illustrare con note scritte il parere, il perito può chiedere al giudice di essere autorizzato a presentare, nel termine stabilito a norma dei commi 3 e 4, relazione scritta. ––––––––––– Disposizioni correlative: (3) artt. 225, 231, 233; (4) artt. 221. 392.

Art. 228. Attività del perito. 1. Il perito procede alle operazioni necessarie per rispondere ai quesiti. A tal fine può essere autorizzato dal giudice a prendere visione degli atti, dei documenti e delle cose prodotti dalle parti dei quali la legge prevede l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento. 2. Il perito può essere inoltre autorizzato ad assistere all’esame delle parti e all’assunzione di prove nonché a servirsi di ausiliari di sua fiducia per lo svolgimento di attività materiali non implicanti apprezzamenti e valutazioni. 3. Qualora, ai fini dello svolgimento dell’incarico, il perito richieda notizie all’imputato, alla persona offesa o ad altre persone, gli elementi in tal modo acquisiti possono essere utilizzati solo ai fini dell’accertamento peritale. 4. Quando le operazioni peritali si svolgono senza la presenza del giudice e sorgono questioni relative ai poteri del perito e ai limiti dell’incarico, la decisione è rimessa al giudice, senza che ciò importi sospensione delle operazioni stesse. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 431; art. 76 att. c.p.p.; (3) artt. 60, 191; (4) art. 508.


Codice procedura penale Artt. 229, 235 Art. 229. Comunicazioni relative alle operazioni peritali. 1. Il perito indica il giorno, l’ora e il luogo in cui inizierà le operazioni peritali e il giudice ne fa dare atto nel verbale. 2. Della eventuale continuazione delle operazioni peritali il perito dà comunicazione senza formalità alle parti presenti. Art. 230. Attività dei consulenti tecnici. 1. I consulenti tecnici possono assistere al conferimento dell’incarico al perito e presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve, delle quali è fatta menzione nel verbale. 2. Essi possono partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione. 3. Se sono nominati dopo l’esaurimento delle operazioni peritali, i consulenti tecnici possono esaminare le relazioni e richiedere al giudice di essere autorizzati a esaminare la persona, la cosa e il luogo oggetto della perizia. 4. La nomina dei consulenti tecnici e lo svolgimento della loro attività non può ritardare l’esecuzione della perizia e il compimento delle altre attività processuali. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-4) artt. 38, 223 att. c.p.p.

Art. 231. Sostituzione del perito. 1. Il perito può essere sostituito se non fornisce il proprio parere nel termine fissato o se la richiesta di proroga non è accolta ovvero se svolge negligentemente l’incarico affidatogli. 2. Il giudice, sentito il perito, provvede con ordinanza alla sua sostituzione, salvo che il ritardo o l’inadempimento sia dipeso da cause a lui non imputabili. Copia dell’ordinanza è trasmessa all’ordine o al collegio cui appartiene il perito. 3. Il perito sostituito, dopo essere stato citato a comparire per discolparsi, può essere condannato dal giudice al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da lire trecentomila (euro 154) a lire tre milioni (euro 1.549). 4. Il perito è altresì sostituito quando è accolta la dichiarazione di astensione o di ricusazione. 5. Il perito sostituito deve mettere immediatamente a disposizione del giudice la documentazione e i risultati delle operazioni peritali già compiute. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 227, (4) art. 223, (1-4) artt. 70-72, 223 att. c.p.p.

Art. 232. Liquidazione del compenso al perito. 1. Il compenso al perito è liquidato con decreto del giudice che ha disposto la perizia, secondo le norme delle leggi speciali. ––––––––––– V. L. 8 luglio 1980, n. 319.

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Art. 233. Consulenza tecnica fuori dei casi di perizia. 1. Quando non è stata disposta perizia, ciascuna parte può nominare, in numero non superiore a due, propri consulenti tecnici. Questi possono esporre al giudice il proprio parere, anche presentando memorie a norma dell’articolo 121. 1 bis. Il giudice, a richiesta del difensore, può autorizzare il consulente tecnico di una parte privata ad esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano, ad intervenire alle ispezioni, ovvero ad esaminare l’oggetto delle ispezioni alle quali il consulente non è intervenuto. Prima dell’esercizio dell’azione penale l’autorizzazione è disposta dal pubblico ministero a richiesta del difensore. Contro il decreto che respinge la richiesta il difensore può proporre opposizione al giudice, che provvede nelle forme di cui all’articolo 127 (1). 1 ter. L’autorità giudiziaria impartisce le prescrizioni necessarie per la conservazione dello stato originario delle cose e dei luoghi e per il rispetto delle persone (1). 2. Qualora, successivamente alla nomina del consulente tecnico, sia disposta perizia, ai consulenti tecnici già nominati sono riconosciuti i diritti e le facoltà previsti dall’articolo 230, salvo il limite previsto dall’articolo 225 comma 1. 3. Si applica la disposizione dell’articolo 225 comma 3. ––––––––––– (1) Comma inserito dall’art. 5, L. 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni correlative: (1) artt. 225, 359; artt. 38, 73, 222 att. c.p.p.

CAPO VII DOCUMENTI Art. 234. Prova documentale. 1. È consentita l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo. 2. Quando l’originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia. 3. È vietata l’acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) art. 112; (3) artt. 191, 194.

Art. 235. Documenti costituenti corpo del reato. 1. I documenti che costituiscono corpo del reato devono essere acquisiti qualunque sia la persona che li abbia formati o li detenga. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 240, 253.


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Art. 236. Documenti relativi al giudizio sulla personalità. 1. È consentita l’acquisizione dei certificati del casellario giudiziale, della documentazione esistente presso gli uffici del servizio sociale degli enti pubblici e presso gli uffici di sorveglianza nonché delle sentenze irrevocabili di qualunque giudice italiano e delle sentenze straniere riconosciute, ai fini del giudizio sulla personalità dell’imputato o della persona offesa dal reato, se il fatto per il quale si procede deve essere valutato in relazione al comportamento o alle qualità morali di questa. 2. Le sentenze indicate dal comma 1 e i certificati del casellario giudiziale possono inoltre essere acquisiti al fine di valutare la credibilità di un testimone. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 648, 688, 730.

Art. 237. Acquisizione di documenti provenienti dall’imputato. 1. È consentita l’acquisizione, anche di ufficio, di qualsiasi documento proveniente dall’imputato, anche se sequestrato presso altri o da altri prodotto. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 190, 240.

Art. 238. (1) Verbali di prove di altri procedimenti. 1. È ammessa l’acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale se si tratta di prove assunte nell’incidente probatorio o nel dibattimento. 2. È ammessa l’acquisizione di verbali di prove assunte in un giudizio civile definito con sentenza che abbia acquistato autorità di cosa giudicata. 2 bis. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati contro l’imputato soltanto se il suo difensore ha partecipato all’assunzione della prova o se nei suoi confronti fa stato la sentenza civile (2). 3. È comunque ammessa l’acquisizione della documentazione di atti che non sono ripetibili. Se la ripetizione dell’atto è divenuta impossibile per fatti o circostanze sopravvenuti, l’acquisizione è ammessa se si tratta di fatti o circostanze imprevedibili (3). 4. Al di fuori dei casi previsti dai commi 1, 2, 2 bis e 3, i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati nel dibattimento soltanto nei confronti dell’imputato che vi consenta; in mancanza di consenso, detti verbali possono essere utilizzati per le contestazioni previste dagli articoli 500 e 503 (4). 5. Salvo quanto previsto dall’art. 190 bis, resta fermo il diritto delle parti di ottenere a norma dell’articolo 190 l’esame delle persone le cui dichiarazioni sono state acquisite a norma dei commi 1, 2, 2 bis e 4 del presente articolo (5). ––––––––––– (1) L’art. 238 è stato così sostituito dall’art. 3 comma 1 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale).

Codice procedura penale Artt. 236, 243 (2) Il co. 2 bis, inserito dalla L. 7 agosto 1997, n. 267, è stato così modificato dall’art. 9, co. 1, lett. a), L. 1° marzo 2001, n. 63. (3) Comma così modificato dall’art. 9, co. 1, lett. b), L. 63/2001 cit. (4) Il comma già modificato dalla L. 7 agosto 1997, n. 267, è stato così modificato dall’art. 9, co. 1, lett. c), L. 63/2001 cit. (5) Comma così modificato dalla L. 7 agosto 1997, n. 267. (6) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 1° marzo 2001, n. 63, v. nota 4) sub art. 12.

Art. 238 bis. (1) Sentenze irrevocabili. 1. Fermo quanto previsto dall’art. 236, le sentenze divenute irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova del fatto in esse accertato e sono valutate a norma degli articoli 187 e 192, comma 3.

––––––––––– (1) L’art. 238 bis è stato aggiunto dall’art. 3 comma 2 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992 n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale ...). Disposizioni correlative: (1-4) art. 78 att. c.p.p.; (1) artt. 392 e segg., 496 e segg., 511 e segg.; (2) art. 324 Cod. proc. civ.; (3) artt. 247-271, 354, 360, 512.

Art. 239. Accertamento della provenienza dei documenti. 1. Se occorre verificarne la provenienza, il documento è sottoposto per il riconoscimento alle parti private o ai testimoni. Art. 240. Documenti anonimi. 1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 195, 235, 237, 253, 333, art. 108 att. c.p.p.; art. 5 reg.

Art. 241. Documenti falsi. 1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 537, il giudice, se ritiene la falsità di un documento acquisito al procedimento, dopo la definizione di questo, ne informa il pubblico ministero trasmettendogli copia del documento. Art. 242. Traduzione di documenti. Trascrizione di nastri magnetofonici. 1. Quando è acquisito un documento redatto in lingua diversa da quella italiana, il giudice ne dispone la traduzione a norma dell’articolo 143 se ciò è necessario alla sua comprensione. 2. Quando è acquisito un nastro magnetofonico, il giudice ne dispone, se necessario, la trascrizione a norma dell’articolo 268 comma 7. Art. 243. Rilascio di copie. 1. Quando dispone l’acquisizione di un documento che non deve rimanere segreto, il giudice, a richiesta di chi ne abbia interesse, può autorizzare la cancel-


Codice procedura penale Artt. 244, 250 leria a rilasciare copia autentica a norma dell’articolo 116. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 258, 329; art. 43 att. c.p.p.

TITOLO III MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA CAPO I ISPEZIONI Art. 244. Casi e forme delle ispezioni. 1. L’ispezione delle persone, dei luoghi e delle cose è disposta con decreto motivato quando occorre accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato. 2. Se il reato non ha lasciato tracce o effetti materiali, o se questi sono scomparsi o sono stati cancellati o dispersi, alterati o rimossi, l’autorità giudiziaria descrive lo stato attuale e, in quanto possibile, verifica quello preesistente, curando anche di individuare modo, tempo e cause delle eventuali modificazioni. L’autorità giudiziaria può disporre rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ogni altra operazione tecnica. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 103, 354, 359, 360.

Art. 245. Ispezione personale. 1. Prima di procedere all’ispezione personale l’interessato è avvertito della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell’articolo 120. 2. L’ispezione è eseguita nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pudore di chi vi è sottoposto. 3. L’ispezione può essere eseguita anche per mezzo di un medico. In questo caso l’autorità giudiziaria può astenersi dall’assistere alle operazioni. ––––––––––– Disposizioni correlative:(1-3) art. 79 att. c.p.p.; (1) art. 13 Cost.; artt. 354, 364; (2) art. 249.

Art. 246. Ispezione di luoghi o di cose. 1. All’imputato e in ogni caso a chi abbia l’attuale disponibilità del luogo in cui è eseguita l’ispezione è consegnata, nell’atto di iniziare le operazioni e sempre che essi siano presenti, copia del decreto che dispone tale accertamento. 2. Nel procedere all’ispezione dei luoghi, l’autorità giudiziaria può ordinare, enunciando nel verbale i motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le operazioni siano concluse e può far ricondurre coattivamente sul posto il trasgressore. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 61, 103; (2) artt. 131, 134, 373.

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CAPO II PERQUISIZIONI Art. 247. Casi e forme delle perquisizioni. 1. Quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o cose pertinenti al reato, è disposta perquisizione personale. Quando vi è fondato motivo di ritenere che tali cose si trovino in un determinato luogo ovvero che in esso possa eseguirsi l’arresto dell’imputato o dell’evaso, è disposta perquisizione locale. 2. La perquisizione è disposta con decreto motivato. 3. L’autorità giudiziaria può procedere personalmente ovvero disporre che l’atto sia compiuto da ufficiali di polizia giudiziaria delegati con lo stesso decreto. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 103, 253, 352, 365; (2) artt. 103, 370.

Art. 248. Richiesta di consegna. 1. Se attraverso la perquisizione si ricerca una cosa determinata l’autorità giudiziaria può invitare a consegnarla. Se la cosa è presentata, non si procede alla perquisizione salvo che si ritenga utile procedervi per la completezza delle indagini. 2. Per rintracciare le cose da sottoporre a sequestro o per accertare altre circostanze utili ai fini delle indagini, l’autorità giudiziaria o gli ufficiali di polizia giudiziaria da questa delegati possono esaminare atti, documenti e corrispondenza presso banche. In caso di rifiuto, l’autorità giudiziaria procede a perquisizione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 15 Cost.; artt. 57, 253, 255 370.

Art. 249. Perquisizioni personali. 1. Prima di procedere alla perquisizione personale è consegnata una copia del decreto all’interessato, con l’avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell’articolo 120. 2. La perquisizione è eseguita nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pudore di chi è sottoposto. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) art. 79 att. c.p.p.; (1) art. 1 Cost.; artt. 356, 365; (2) art. 245.

Art. 250. Perquisizioni locali. 1. Nell’atto di iniziare le operazioni, copia del decreto di perquisizione locale è consegnata all’imputato, se presente, e a chi abbia l’attuale disponibilità del luogo, con l’avviso della facoltà di farsi rappresentare o assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile idonea a norma dell’articolo 120.


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2. Se mancano le persone indicate nel comma 1, la copia è consegnata e l’avviso è rivolto a un congiunto, un coabitante o un collaboratore ovvero, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci. 3. L’autorità giudiziaria, nel procedere alla perquisizione locale, può disporre con decreto motivato che siano perquisite le persone presenti o sopraggiunte, quando ritiene che le stesse possano occultare il corpo del reato o cose pertinenti al reato. Può inoltre ordinare, enunciando nel verbale i motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le operazioni siano concluse. Il trasgressore è trattenuto o ricondotto coattivamente sul posto. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 103, 356, 365; (2) art. 80 att. c.p.p.; (3) artt. 131, 134, 247, 378.

Art. 251. Perquisizioni nel domicilio. Limiti temporali. 1. La perquisizione in un’abitazione o nei luoghi chiusi adiacenti a essa non può essere iniziata prima delle ore sette e dopo le ore venti. 2. Tuttavia nei casi urgenti l’autorità giudiziaria può disporre per iscritto che la perquisizione sia eseguita fuori dei suddetti limiti temporali. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 14 Cost.; art. 352.

Art. 252. Sequestro conseguente a perquisizione. 1. Le cose rinvenute a seguito della perquisizione sono sottoposte a sequestro con l’osservanza delle prescrizioni degli articoli 259 e 260. CAPO III SEQUESTRI Art. 253. Oggetto e formalità del sequestro. 1. L’autorità giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti. 2. Sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. 3. Al sequestro procede personalmente l’autorità giudiziaria ovvero un ufficiale di polizia giudiziaria delegato con lo stesso decreto. 4. Copia del decreto di sequestro è consegnata all’interessato, se presente. ––––––––––– 1 Sul tema delle cc.dd. consegne controllate si veda: A) l’art. 98 T.U. in materia di sostanze stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309); B) l’art. 7 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modificazioni nella L. 15 maggio 1991, n. 82) (specie comma 3) che rappresenta, fra l’altro, una deroga di non sottovalutabile rilievo al principio generale del «blocco dei beni» della persona sequestrata e dei suoi congiunti (art. 1 D.L. cit.).

Codice procedura penale Artt. 251, 256 C) Un’ulteriore ipotesi di ritardo nella esecuzione delle misure del sequestro, della cattura, dell’arresto o del fermo è quella stabilita nell’art. 10 D.L. 31 dicembre 1991, n. 419 (conv. con modif. nella L. 18 febbraio 1992, n. 172) che riguarda le operazioni controllate in materia di estorsione e riciclaggio. D) L’art. 14 L. 3 agosto 1998, n. 269 recante «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale, in danno di minori quali nuove forme di riduzione in schiavitù». E) L’art. 4 D.L. 18/10/2001, n. 274, conv., con modif., dalla L. 15/12/2001, n. 438 (recante «Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale») che, nei procedimenti per i delitti previsti dall’art. 407, co. 2, lett. a) n. 4 c.p.p., dispone l’applicazione, delle disposizioni di cui all’art. 10 D.L. 31/12/91, n. 419, conv., con modif., della L. 18/2/92, n. 172. 2 L’art. 87 T.U. in materia di stupefacenti detta specifiche disposizioni in tema di destinazione delle sostanze sequestrate dall’Autorità Giudiziaria. Disposizioni correlative: (1) artt. 187, 714 e segg.; artt. 66, 81-88 att. c.p.p.; art. 10 reg.; (2) art. 240 Cod. pen., (3) artt. 103, 370.

Art. 254. Sequestro di corrispondenza. 1. Negli uffici postali o telegrafici è consentito procedere al sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi e altri oggetti di corrispondenza che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere spediti dall’imputato o a lui diretti, anche sotto nome diverso o per mezzo di persona diversa o che comunque possono avere relazione con il reato. 2. Quando al sequestro procede un ufficiale di polizia giudiziaria, questi deve consegnare all’autorità giudiziaria gli oggetti di corrispondenza sequestrati, senza aprirli e senza prendere altrimenti conoscenza del loro contenuto. 3. Le carte e gli altri documenti sequestrati che non rientrano fra la corrispondenza sequestrabile sono immediatamente restituiti all’avente diritto e non possono comunque essere utilizzati. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 15 Cost.; art. 616 Cod. pen.; art. 103; (2) artt. 253, 353; (3) art. 191.

Art. 255. Sequestro presso banche. 1. L’autorità giudiziaria può procedere al sequestro presso banche di documenti, titoli, valori, somme depositate in conto corrente e di ogni altra cosa, anche se contenuti in cassette di sicurezza, quando abbia fondato motivo di ritenere che siano pertinenti al reato, quantunque non appartengano all’imputato o non siano iscritti al suo nome. Art. 256. Dovere di esibizione e segreti. 1. Le persone indicate negli articoli 200 e 201 devono consegnare immediatamente all’autorità giudiziaria, che ne faccia richiesta, gli atti e i documenti, anche in originale se così è ordinato, e ogni altra cosa esistente presso di esse per ragioni del loro ufficio, incarico, ministero, professione o arte, salvo che dichiarino per iscritto che si tratti di se-


Codice procedura penale Artt. 257, 260 greto di Stato ovvero di segreto inerente al loro ufficio o professione. 2. Quando la dichiarazione concerne un segreto di ufficio o professionale, l’autorità giudiziaria, se ha motivo di dubitare della fondatezza di essa e ritiene di non potere procedere senza acquisire gli atti, i documenti o le cose indicati nel comma 1, provvede agli accertamenti necessari. Se la dichiarazione risulta infondata, l’autorità giudiziaria dispone il sequestro. 3. Quando la dichiarazione concerne un segreto di Stato, l’autorità giudiziaria ne informa il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che ne sia data conferma. Qualora il segreto sia confermato e la prova sia essenziale per la definizione del processo, il giudice dichiara non doversi procedere per l’esistenza di un segreto di Stato. 4. Qualora, entro sessanta giorni dalla notificazione della richiesta, il Presidente del Consiglio dei Ministri non dia conferma del segreto, l’autorità giudiziaria dispone il sequestro. 5. Si applica la disposizione dell’articolo 204. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-5) artt. 202-204; art. 65 att. c. p. p.; (1) art. 103; (3) art. 129. V. artt. 12 e 16 L. 24 ottobre 1977, n. 801.

Art. 257. Riesame del decreto di sequestro. 1. Contro il decreto di sequestro l’imputato, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell’articolo 324. 2. La richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) artt. 229, 257 att. c.p.p.

Art. 258. Copie dei documenti sequestrati. 1. L’autorità giudiziaria può fare estrarre copia degli atti e dei documenti sequestrati, restituendo gli originali, e, quando il sequestro di questi è mantenuto, può autorizzare la cancelleria o la segreteria a rilasciare gratuitamente copia autentica a coloro che li detenevano legittimamente. 2. I pubblici ufficiali possono rilasciare copie, estratti o certificati dei documenti loro restituiti dall’autorità giudiziaria in originale o in copia, ma devono fare menzione in tali copie, estratti o certificati del sequestro esistente. 3. In ogni caso la persona o l’ufficio presso cui fu eseguito il sequestro ha diritto di avere copia del verbale dell’avvenuto sequestro. 4. Se il documento sequestrato fa parte di un volume o di un registro da cui non possa essere separato e l’autorità giudiziaria non ritiene di farne estrarre copia, l’intero volume o registro rimane in deposito giudiziario. Il pubblico ufficiale addetto, con l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, rila-

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scia agli interessati che li richiedono copie, estratti o certificati delle parti del volume o del registro non soggette al sequestro, facendo menzione del sequestro parziale nelle copie, negli estratti e nei certificati. ––––––––––– Disposizioni correlative: (4) art. 43 att. c.p.p.

Art. 259. Custodia delle cose sequestrate. 1. Le cose sequestrate sono affidate in custodia alla cancelleria o alla segreteria. Quando ciò non è possibile o non è opportuno, l’autorità giudiziaria dispone che la custodia avvenga in luogo diverso, determinandone il modo e nominando un altro custode, idoneo a norma dell’articolo 120. 2. All’atto della consegna, il custode è avvertito dell’obbligo di conservare e di presentare le cose a ogni richiesta dell’autorità giudiziaria nonché delle pene previste dalla legge penale per chi trasgredisce ai doveri della custodia. Al custode può essere imposta una cauzione. Dell’avvenuta consegna, dell’avvertimento dato e della cauzione imposta è fatta menzione nel verbale. La cauzione è ricevuta, con separato verbale, nella cancelleria o nella segreteria. ––––––––––– 1 Per le cose sequestrate relativamente ai reati che hanno ad oggetto tabacchi lavorati esteri, v. art. 4 D. Lgs. 9 novembre 1990, n. 375 e la nota 2 all’art. 260. Disposizioni correlative: (1) art. 133, (2) artt. 328, 334, 335, 366 Cod. pen; (1-2) artt. 81-83 att. c.p.p.; art. 11 reg.

Art. 260. Apposizione dei sigilli alle cose sequestrate. Cose deperibili. 1. Le cose sequestrate si assicurano con il sigillo dell’ufficio giudiziario e con le sottoscrizioni dell’autorità giudiziaria e dell’ausiliario che la assiste ovvero, in relazione alla natura delle cose, con altro mezzo idoneo a indicare il vincolo imposto a fini di giustizia. 2. L’autorità giudiziaria fa estrarre copia dei documenti e fa eseguire fotografie o altre riproduzioni delle cose sequestrate che possono alterarsi o che sono di difficile custodia, le unisce agli atti e fa custodire in cancelleria o segreteria gli originali dei documenti, disponendo, quanto alle cose, in conformita dell’articolo 259. 3. Se si tratta di cose che possono alterarsi, l’autorità giudiziaria ne ordina, secondo i casi, l’alienazione o la distruzione. ––––––––––– 1 Per la campionatura e la distruzione di sostanze stupefacenti, si vedano gli artt. 87 e 88 T.U. in materia di sostanze stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309). 2 Apposite disposizioni regolano la custodia e la vendita di cose sequestrate relativamente ai reati che hanno ad oggetto tabacchi lavorati esteri (v. art. 4 D.Lgs. 9 novembre 1990, n. 291). Disp. corr.: (1) artt. 110, 126; (2) art. 349 Cod. pen.; (3) art. 83 att. c.p.p.


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Art. 261. Rimozione e riapposizione dei sigilli. 1. L’autorità giudiziaria, quando occorre procedere alla rimozione dei sigilli, ne verifica prima l’identità e l’integrità con l’assistenza dell’ausiliario. Compiuto l’atto per cui si è resa necessaria la rimozione dei sigilli, le cose sequestrate sono nuovamente sigillate dall’ausiliario in presenza dell’autorità giudiziaria. L’autorità giudiziaria e l’ausiliario appongono presso il sigillo la data e la sottoscrizione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 110, 111, 126; art. 11 reg.

Art. 262. Durata del sequestro e restituzione delle cose sequestrate. 1. Quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova, le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto, anche prima della sentenza. Se occorre, l’autorità giudiziaria prescrive di presentare a ogni richiesta le cose restituite e a tal fine può imporre cauzione. 2. Nel caso previsto dal comma 1, la restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all’imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell’articolo 316. 3. Non si fa luogo alla restituzione e il sequestro è mantenuto ai fini preventivi quando il giudice provvede a norma dell’articolo 321. 4. Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto, salvo che sia disposta la confisca. ––––––––––– Disposizioni correlative: (4) art. 240 Cod. pen.; artt. 460, 648, 650; (1-4) artt. 84-88 att. c.p.p.; art. 12 reg.

Art. 263. Procedimento per la restituzione delle cose sequestrate. 1. La restituzione delle cose sequestrate è disposta dal giudice con ordinanza se non vi è dubbio sulla loro appartenenza. 2. Quando le cose sono state sequestrate presso un terzo, la restituzione non può essere ordinata a favore di altri senza che il terzo sia sentito in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127. 3. In caso di controversia sulla proprietà delle cose sequestrate, il giudice ne rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo il sequestro. 4. Nel corso delle indagini preliminari, sulla restituzione delle cose sequestrate il pubblico ministero provvede con decreto motivato. (1) 5. Contro il decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione o respinge la richiesta, gli interessati possono proporre opposizione sulla quale il giudice provvede a norma dell’articolo 127. (1) 6. Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione, provvede il giudice dell’esecuzione. ––––––––––– 1 L’art. 10 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 ha così sostituito il comma 4 e modificato il comma 5 introducendo una nuova disciplina più agile rispetto a quella originaria. Con la nuova disposizione, si è prevista l’attribuzione al pubblico ministero del potere di assumere de plano le proprie

Codice procedura penale Artt. 261, 266 determinazioni in ordine alla richiesta di restituzione, riservando agli interessati la facoltà di scegliere se proporre o meno opposizione avverso il decreto dello stesso pubblico ministero e dar vita conseguentemente, al rito camerale disciplinato dall’art. 127: ciò anche in base alla considerazione che il richiedente potrebbe acquietarsi davanti ad un motivato provvedimento di rigetto che prospettasse adeguate esigenze ostative, connesse alla perdurante fase delle indagini. Disposizioni correlative: (1) artt. 84-85 att. c.p.p.; art. 12 reg.; (4) artt. 326 e segg.; (5) art. 328; (6) artt. 648, 650, 665, 676.

[Art. 264. Provvedimenti in caso di mancata restituzione. 1. Dopo un anno dal giorno in cui la sentenza è divenuta inoppugnabile, se la richiesta di restituzione non è stata proposta o è stata respinta, il giudice dell’esecuzione dispone con ordinanza che il denaro, i titoli al portatore, quelli emessi o garantiti dallo Stato anche se non al portatore e i valori di bollo siano depositati nell’ufficio del registro del luogo. Negli altri casi, ordina la vendita delle cose, secondo la loro qualità, nelle pubbliche borse o all’asta pubblica, da eseguirsi a cura della cancelleria. Tuttavia, se tali cose hanno interesse scientifico ovvero pregio di antichità o di arte, ne è ordinata la consegna al ministero di grazia e giustizia. 2. L’autorità giudiziaria può disporre la vendita anche prima del termine indicato nel comma 1 o immediatamente dopo il sequestro, se le cose non possono essere custodite senza pericolo di deterioramento o senza rilevante dispendio. 3. La somma ricavata dalla vendita è versata in deposito giudiziale nell’ufficio postale del luogo. Questa somma e i valori depositati presso l’ufficio del registro, dedotte le spese indicate nell’articolo 265, sono devoluti dopo due anni alla cassa delle ammende se nessuno ha provato di avervi diritto.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, gli artt. 151, 152, 153 e 154 D.P.R. n. 115/2002 cit.

[Art. 265. Spese relative al sequestro penale. 1. Le spese occorrenti per la conservazione e per la custodia delle cose sequestrate per il procedimento penale sono anticipate dallo Stato, salvo all’erario il diritto di recupero a preferenza di ogni altro creditore sulle somme e sui valori indicati nell’articolo 264.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, gli artt. 154 e 155 D.P.R. n. 115/2002 cit.

CAPO IV INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI E COMUNICAZIONI Art. 266. Limiti di ammissibilità. 1. L’ intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione è


Codice procedura penale Artt. 266 bis, 268 consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati: a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo 4; b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo 4; c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope; d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive; e) delitti di contrabbando; f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono; f bis) delitti previsti dall’art. 600 ter, comma 3, del codice penale. 2. Negli stessi casi è consentita l’intercettazione di comunicazioni tra presenti. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale, l’intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa. ––––––––––– Articolo modificato dall’art. 8 della L. 7 marzo 1996, n. 108 recante «Disposizioni in materia di usura». La lett. f bis) è stata inserita dall’art. 12 L. 3 agosto 1998, n. 269. 1 In tema di procedimenti per i reati (ministeriali) indicati nell’art. 96 della Costituzione v. art. 10 L. cost. 16 gennaio 1989, n. 1. 2 Sulle intercettazioni ambientali (art. 266 comma 2) e sui loro presupposti di ammissibilità nei procedimenti per reati di criminalità organizzata v. l’art. 13 D.L. 13 maggio 1991, n. 152. 3 Le norme in materia di intercettazione (artt. 266-271) si applicano solo quando si deve «captare» il contenuto di una conversazione; non si applicano invece quando si deve solo accertare (ad esempio mediante l’acquisizione del tabulato della TELECOM) la provenienza di una conversazione o il tempo in cui essa è avvenuta. Anche questo tipo di accertamento incide però sul diritto della persona alla libertà e segretezza delle sue comunicazioni (art. 15 Cost.). Di conseguenza esso può essere disposto solo con atto motivato dell’autorità giudiziaria e solo quando è indispensabile per le investigazioni su gravi reati (Corte cost. 11 marzo 1993, n. 81). Disposizioni correlative: (1-2) art. 226 att. c.p.p. (1) art. 15 Cost.; artt. 103, 295; (2) art. 615 bis Cod. pen.

Art. 266 bis. (1) Intercettazioni di comunicazioni informatiche e telematiche. Nei procedimenti relativi ai reati indicati nell’articolo 266, nonché a quelli commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche, è consentita l’intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ovvero intercorrente tra più sistemi. ––––––––––– (1) Articolo aggiunto dall’art. 11 L. 23 dicembre 1993, n. 547.

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Disposizioni correlative: artt. 615 ter, 615 quater, 615 quinquies, 617 quater c.p.

Art. 267. Presupposti e forme del provvedimento. 1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione a disporre le operazioni previste dall’articolo 266. L’autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l’intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. 1 bis. Nella valutazione dei gravi indizi di reato si applica l’articolo 203 (1). 2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l’intercettazione con decreto motivato, che va comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice indicato nel comma 1. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, l’intercettazione non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati. 3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l’intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni. Tale durata non può superare i quindici giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di quindici giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1. 4. Il pubblico ministero procede alla operazione personalmente ovvero avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria. 5. In apposito registro riservato tenuto nell’ufficio del pubblico ministero sono annotati, secondo un ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l’inizio e il termine della operazione. ––––––––––– (1) Comma inserito dall’art. 10, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12. (3) Per deroghe alla disciplina prevista dal presente articolo e, in particolare, sulle intercettazioni disposte in provvedimenti di criminalità organizzata, vedi l’art. 13, D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata). Disposizioni correlative: (1) art. 328; (2) art. 191; (4) artt. 57, 370; (5) art. 89 att. c.p.p.; art. 2 reg.

Art. 268. Esecuzione delle operazioni. 1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale. 2. Nel verbale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle comunicazioni intercettate.


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3. Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei ed esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria. 3 bis. Quando si procede a intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche, il pubblico ministero può disporre che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati. (1) 4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga. 5. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la chiusura delle indagini preliminari. 6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Scaduto il termine, il giudice dispone l’acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiano manifestamente irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l’utilizzazione. Il pubblico ministero e i difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno ventiquattro ore prima. (1) 7. Il giudice dispone la trascrizione integrale delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche da acquisire, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l’espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento. (1) 8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione della registrazione su nastro magnetico. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa prevista dal comma 7. (1) ––––––––––– (1) Comma 3 bis aggiunto e commi 6, 7, 8 sostituiti dall’art. 12 della L. 23 dicembre 1993, n. 547. Disposizioni correlative: (1) artt. 357, 373; artt. 89, 90

Codice procedura penale Artt. 269, 271 att. c.p.p.; (3) art. 90 att. c.p.p.; (4) art. 366; (5) art. 405; (6) art. 271; (7) artt. 221, 431; (8) art. 116.

Art. 269. Conservazione della documentazione. 1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente presso il pubblico ministero che ha disposto l’intercettazione. 2. Salvo quanto previsto dall’articolo 271 comma 3, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione. Tuttavia gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l’intercettazione. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 127. 3. La distruzione, nei casi in cui è prevista, viene eseguita sotto controllo del giudice. Dell’operazione è redatto verbale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 89 att. c.p.p., (2) artt. 648, 650; (3) art. 134.

Art. 270. Utilizzazione in altri procedimenti. 1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza. 2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono depositati presso l’autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni dell’articolo 268 commi 6, 7 e 8. 3. Il pubblico ministero e i difensori delle parti hanno altresì facoltà di esaminare i verbali e le registrazioni in precedenza depositati nel procedimento in cui le intercettazioni furono autorizzate. ––––––––––– 1 Sul fatto che l’intera disciplina delle intercettazioni rappresenta l’attuazione legislativa del bilanciamento di due valori contrastanti: il diritto dei singoli individui alla libertà e alla segretezza delle loro comunicazioni e l’interesse pubblico a reprimere i reati ed a perseguire in giudizio coloro che delinquono, v. Corte cost. 23 luglio 1991, n. 366. Disposizioni correlative: (1) artt. 191, 380.

Art. 271. Divieti di utilizzazione. 1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati qualora le stesse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dagli articoli 267 e 268 commi 1 e 3. 2. Non possono essere utilizzate le intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni delle persone indicate nell’articolo 200 comma 1, quando hanno a oggetto fatti conosciuti per ragione del loro ministero, ufficio o professione, salvo che le stesse persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati.


Codice procedura penale Art. 271 3. In ogni stato e grado del processo il giudice dispone che la documentazione delle intercettazioni previste dai commi 1 e 2 sia distrutta, salvo che costituisca corpo del reato. ––––––––––– 1 Accanto alle intercettazioni investigative (disciplinate dagli artt. 266-271 c.p.p.), il nostro ordinamento pone anche le intercettazioni per il rintraccio di un latitante (art. 295 c.p.p.) e le intercettazioni preventive (art. 226 disp. art. c.p.p.). Le intercettazioni preventive possono essere disposte, anche in assenza di un procedimento penale, quando è necessario per le attività di prevenzione e di informazione in ordine ai delitti di cui all’art. 407 comma 2 lett. a) n. 4 c.p.p. (delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché i delitti di cui

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agli art. 270 co. 3 e 306 co. 2 c.p.) nonché ai tipici delitti di mafia indicati nell’art. 51 comma 3 bis c.p.p. Esse prescindono, dunque, sia dal compimento di un reato sia dalla assunzione della qualità di indagato da parte della persona le cui comunicazioni vengono assoggettate a controllo. I loro risultati possono però essere utilizzati esclusivamente ai fini della prosecuzione delle indagini e sono privi di ogni valore ai fini processuali. Si veda l’art. 226 disp. art. c.p.p. (come sostituito dall’art. 5 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, conv., con modif. dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438) dalla lettura del quale emergono con chiarezza: le finalità delle intercettazioni preventive, i loro presupposti e le loro modalità esecutive nonché gli organi legittimati a richiederle. Quanto alle modalità di documentazione delle intercettazioni medesime, può ritenersi applicabile quella prevista dagli artt. 268 e 271 c.p.p. Disposizioni correlative: (1) artt. 191, 266; (2) art. 102; (3) art. 253.


LIBRO QUARTO MISURE CAUTELARI TITOLO I MISURE CAUTELARI PERSONALI CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 272. Limitazioni alle libertà della persona. 1. Le libertà della persona possono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo. ––––––––––– 1 Sulle misure limitative della libertà personale nei procedimenti per i reati (ministeriali) indicati nell’art. 96 Cost., v. art. 10 L. cost. 16 gennaio 1989, n. 1. Disposizioni correlative: (1) artt. 13 Cost.; artt. 131-133, 250, 349, 378, 380-384, 635, 714, 719, 736; artt. 19-24 D.P.R. 448/88 (Minori); artt. 214, 250 att. c.p.p.

Art. 273. Condizioni generali di applicabilità delle misure. 1. Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza. 1 bis. Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 3 e 4,195, comma 7, 203 e 271, comma 1( 1). 2. Nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata. ––––––––––– (1) Comma inserito dall’art. 11, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 1° marzo 2001, n. 63, v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1-2) art. 250 att. c.p.p.; (1) artt. 384, 714, 715, 736; (2) artt. 45-48, 50-54, 150, 171, 308, 309, 384, 445, 599, 649 Cod. pen.; (1-2) art. 250 att. c.p.p.

Art. 274. Esigenze cautelari. 1. Le misure cautelari sono disposte: a) quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere

individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata espressione degli addebiti; b) quando l’imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione; c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 224, 250 att. c.p.p.; (1) (a) art. 292; (1) (b) artt. 384, 714, 715; (1) (c) artt. 270, 270 bis, 272, 280, 289 bis. V. anche L. 6 febbraio 1980, n. 15 e L. 29 maggio 1982, n. 304 nonché gli artt. 21 e 29 L. 18 aprile 1975, n. 110. Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 275. (1) Criteri di scelta delle misure. 1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto. 1 bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell’esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell’articolo 274, comma 1, lettere b) e c). (2) 2. Ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata. (3) 2 bis. Non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.


Codice procedura penale Art. 275 bis 2 ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all’esito dell’esame condotto a norma del comma 1 bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall’articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall’articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole (3). 3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all’articolo 416 bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416 bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. 4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l’età di settanta anni. 4 bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell’articolo 286 bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere. 4 ter. Nell’ipotesi di cui al comma 4 bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell’imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135. 4 quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cau-

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telare per uno dei delitti previsti dall’articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l’applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4 bis e 4 ter. In tal caso il giudice dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie. 4 quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative. ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332 e dalla L. 12 luglio 1999, n. 231. (2) Il comma 1 bis inserito dall’art. 16, co. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4, è stato successivamente così sostituito dall’art. 14, co. 1, lett. a), L. 26 marzo 2001, n. 128. (3) I commi 2 e 2 ter sono stati, rispettivamente, così modificato e inserito dall’art. 14, co. 1, L. 26 marzo 2001, n. 128. Disposizioni correlative: (1) art. 274; (3) (4) (5) art. 285; (5) art. 9 reg.

Art. 275 bis. Particolari modalità di controllo. 1. Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, se lo ritiene necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione dei mezzi e strumenti anzidetti. 2. L’imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al comma 1 ovvero nega il consenso all’applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all’ufficiale o all’agente incaricato di eseguire l’ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione è trasmessa al giudice che ha emesso l’ordinanza e al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall’articolo 293, comma 1. 3. L’imputato che ha accettato l’applicazione dei mezzi e strumenti di cui al comma 1 è tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli. ––––––––––– Articolo inserito dall’art. 16, co. 2, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. (1) Si riportano gli artt. 18 e 19 del citato D.L. 341/2000: «Art. 18. 1. Il condannato o la persona sottoposta a misura cautelare che, al fine di sottrarsi ai controlli prescritti, in qualsiasi modo altera il funzionamento dei mezzi elettronici o degli altri strumenti tecnici adottati nei suoi confronti, o comunque si sottrae fraudolentemente alla loro applicazione o al loro funzionamento, è punito con la reclusione da uno a tre anni.


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Art. 19. 1. Con decreto del Ministro dell’interno, assunto di concerto con il Ministro della giustizia, sono determinate le modalità di installazione ed uso e sono individuati i tipi e le caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici destinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei casi previsti dall’articolo 275 bis del codice di procedura penale, e dei condannati nel caso previsto dall’articolo 47 ter, comma 4 bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354». (2) Si riporta il testo del decreto Ministro dell’interno 2 febbraio 2001 (in G.U. 15 febbraio 2001, n. 38) recante «Modalità di installazione ed uso e descrizione dei tipi e delle caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici destinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei casi previsti dall’art. 275 bis del codice di procedura penale e dei condannati nel caso previsto dall’art. 47 ter, comma 4 bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354»: «Art. 1. Modalità di installazione ed uso e tipi e caratteristiche tecniche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo. 1. Le modalità di installazione ed uso ed i tipi e le caratteristiche tecniche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici, destinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei casi previsti dall’art. 275 bis del codice di procedura penale e dei condannati nel caso previsto dall’art. 47 ter, comma 4 bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono individuati nell’allegato 1 che fa parte integrante del presente decreto. Art. 2. Verifica della disponibilità dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo. 1. Nei casi previsti dall’art. 275 bis del codice di procedura penale e dall’art. 47 ter, comma 4 bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, ai fini dell’applicazione delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, la que stura o i comandi provinciali delle altre Forze di polizia, su richiesta proveniente dall’autorità giudiziaria, verificano l’effettiva disponibilità di tali mezzi e strumenti, l’e sistenza delle condizioni tecniche necessarie a garantirne il corretto funzionamento presso il domicilio indicato dall’autorità giudiziaria per l’esecuzione della misura, nonché i tempi tecnici necessari per la attivazione dei sistemi di controllo. Art. 3. Attivazione dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo. 1. L’ufficio o comando di polizia incaricato del controllo sull’osservanza delle prescrizioni connesse all’esecuzione degli arresti domiciliari o della detenzione domiciliare provvede affinché i mezzi elettronici o gli altri strumenti tecnici di controllo vengano installati ed attivati. 2. L’ufficio o comando di polizia che provvede alla notifica del provvedimento che dichiara la cessazione o la revoca degli arresti domiciliari o della detenzione domiciliare, provvede affinché i mezzi elettronici e gli altri strumenti tecnici di controllo vengano contestualmente disattivati o rimossi. Art. 4. Trattamento dei dati personali. 1. L’applicazione dei mezzi e degli strumenti di cui all’art. 1 e l’imposizione di prescrizioni sono disposte nel rispetto della dignità dell’interessato. 2. I dati personali trattati nell’uso di mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo sono utilizzati per le finalità di applicazione del capo VII del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, convertito, con modificazioni, nella legge 19 gennaio 2001, n. 4. 3. L’ufficio o comando di polizia conserva i dati relativi

Codice procedura penale Artt. 276, 278 ad allarmi od eventi che rilevano ai fini dell’eventuale inosservanza delle prescrizioni o della sottrazione al controllo e cancella periodicamente gli altri dati. 4. L’ufficio o comando di Polizia individua le persone aventi accesso ai dati e adotta le misure di sicurezza dei dati ai sensi dell’art. 15, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 1996, n. 675. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana». Con l’allegato al D.M. cit. è stato definito l’«Uso e descrizione delle caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici», il «Dispositivo di controllo», la «Linea telefonica», il «Sistema informatico centrale», le «Modalità di installazione».

Art. 276. Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte. 1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell’entità, dei motivi e delle circostanze della violazione. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva. 1 bis. Quando l’imputato si trova nelle condizioni di cui all’articolo 275, comma 4 bis, e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie. (1) 1 ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere (2).

––––––––––– (1) Il co. 1 bis è stato introdotto dall’art. 2 L. 12 luglio 1999, n. 231. (2) Comma aggiunto dall’art. 16, co. 3, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. Disposizioni correlative: (1) artt. 281-286, 288-290, 299.

Art. 277. Salvaguardia dei diritti della persona sottoposta a misure cautelari. 1. Le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 274, 656.

Art. 278. (1) Determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure. 1. Agli effetti dell’applicazione delle misure, si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato


Codice procedura penale Artt. 279, 282 bis consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione della circostanza aggravante prevista al n. 5) dell’articolo 61 del codice penale e della circostanza attenuante prevista dall’articolo 62 n. 4 del codice penale nonché delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. (2) ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. (2) Le parole «della circostanza aggravante prevista al numero 5) dell’articolo 61 del codice penale e» sono state inserite dall’art. 4, L. 26 marzo 2001, n. 128.

Art. 279. Giudice competente. 1. Sull’applicazione e sulla revoca delle misure nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 291, 292, 299, 328, 635, 714, 716, 736, 745; artt. 22, 91 att. c.p.p.

CAPO II MISURE COERCITIVE Art. 280. (1) Condizioni di applicabilità delle misure coercitive. 1. Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall’articolo 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. 2. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per i delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. 3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare. ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. Disposizioni correlative: (1) artt. 381, 391; artt. 224, 230, 250 att. c.p.p.

Art. 281. Divieto di espatrio. 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di espatrio, il giudice prescrive all’imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l’autorizzazione del giudice che procede. 2. Il giudice dà le disposizioni necessarie per assicurare l’esecuzione del provvedimento, anche al fine di impedire l’utilizzazione del passaporto e degli altri documenti di identità validi per l’espatrio. 2 bis. Con l’ordinanza che applica una delle altre misure coercitive previste dal presente capo,

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il giudice dispone in ogni caso il divieto di espatrio (1). ––––––––––– (1) Il comma 2 bis è stato introdotto dal decreto legislativo 8 giugno 1992, n. 306 convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356. Successivamente il comma è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 31 marzo 1994, n. 109, in quanto non sempre rispondente ai principi di adeguatezza e di proporzionalità della pena. L’applicabilità «in ogni caso» del divieto di espatrio confligge, infatti, con il principio generale secondo cui ogni sanzione, ancorché accessoria, deve sempre discendere da una valutazione discrezionale del giudice. Disposizioni correlative: (1) art. 279; (1-2) artt. 98, 215 att. c.p.p..

Art. 282. Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. 1. Con il provvedimento che dispone l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il giudice prescrive all’imputato di presentarsi a un determinato ufficio di polizia giudiziaria. 2. Il giudice fissa i giorni e le ore di presentazione tenendo conto dell’attività lavorativa e del luogo di abitazione dell’imputato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 279; (1-2) art. 98 att. c.p.p.

Art. 282 bis. (1) Allontanamento dalla casa familiare. 1. Con il provvedimento che dispone l’allontanamento il giudice prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. L’eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita. 2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. 3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. Il giudice determina la misura dell’assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell’obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che l’assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L’ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.


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4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere assunti anche successivamente al provvedimento di cui al comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1. Il provvedimento di cui al comma 3, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga l’ordinanza prevista dall’articolo 708 del codice di procedura civile ovvero altro provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli. 5. Il provvedimento di cui al comma 3 può essere modificato se mutano le condizioni dell’obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende. 6. Qualora si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 600 bis, 600 ter, 600 quater, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 1, co. 2, L. 4 aprile 2001, n. 154. (2) L’articolo 2, L. 4 aprile 2001, n. 154 ha inserito, nel libro primo del codice civile, il Titolo IX bis «Ordini di protezione contro gli abusi familiari».

Art. 283. Divieto e obbligo di dimora. 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all’imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. 2. Con il provvedimento che dispone l’obbligo di dimora, il giudice prescrive all’imputato di non allontanarsi, senza l’autorizzazione del giudice che procede, dal territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non è sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest’ultimo. Se per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste dall’articolo 274, l’obbligo di dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell’ambito della regione ove è ubicato il comune di abituale dimora. 3. Quando dispone l’obbligo di dimora, il giudice indica l’autorità di polizia alla quale l’imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo dove fisserà la propria abitazione. Il giudice

Codice procedura penale Artt. 283, 284 può prescrivere all’imputato di dichiarare all’autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti. 4. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere all’imputato di non allontanarsi dall’abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro. 5. Nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell’imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell’ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua. 6. Dei provvedimenti del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all’autorità di polizia competente, che ne vigila l’osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 279; (6) art. 276, (1-6) art. 98 att. c.p.p.

Art. 284. Arresti domiciliari. 1. Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all’imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza. 2. Quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell’imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. 3. Se l’imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa. 4. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l’osservanza delle prescrizioni imposte all’imputato. 5. L’imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare. 5 bis. Non possono essere, comunque, concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede. A tale fine il giudice assume nelle forme più rapide le relative notizie (1). ––––––––––– (1) Il comma – aggiunto dall’art. 16, co. 4, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., dalla L. 19 gennaio


Codice procedura penale Artt. 285, 286 bis 2001, n. 4 – è stato così sostituito dall’art. 5, L. 26 marzo 2001, n. 128. Disposizioni correlative: (1) art. 21 D.P.R. 448/88 (Mi nori) (5) artt. 285, 286; (1-5) artt. 22, 98 att. c.p.p.; art. 9 reg.

Art. 285. Custodia cautelare in carcere. 1. Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l’imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell’autorità giudiziaria. 2. Prima del trasferimento nell’istituto la persona sottoposta a custodia cautelare non può subire limitazione della libertà, se non per il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione. 3. Per determinare la pena da eseguire, la custodia cautelare subita si computa a norma dell’articolo 657, anche quando si tratti di custodia cautelare subita all’estero in conseguenza di una domanda di estradizione ovvero nel caso di rinnovamento del giudizio a norma dell’articolo 11 del codice penale. ––––––––––– 1 V. nota 1 all’art. 57 con riferimento al fatto che spetta al personale del Corpo di polizia penitenziaria attendere ad assicurare l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale (art. 5 comma 2 L. 15 dicembre 1990, n. 395). 2 Quanto alla custodia di coloro che collaborano con la giustizia e per i quali è previsto uno speciale programma di «protezione», v. art. 13 co. 13 L. 15 marzo 1991, n. 82. 3 Sulle cautele da adottare durante la traduzione dei detenuti, v. nota 2 all’art. 293. Disposizioni correlative: (1) artt. 275, 279; art. 23 D.P.R. 448/88 (Minori).

Art. 286. Custodia cautelare in luogo di cura. 1. Se la persona da sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità di mente che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere o di volere, il giudice, in luogo della custodia in carcere, può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, adottando i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga. Il ricovero non può essere mantenuto quando risulta che l’imputato non è più infermo di mente. 2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 285 commi 2 e 3. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 73, 85 Cod. pen.; art. 279; (1-2) artt. 95, 98 att. c.p.p.

Art. 286 bis. Divieto di custodia cautelare. [1. Non può essere mantenuta la custodia cautelare in carcere nei confronti di chi sia affetto da infezione da HIV e ricorra una situazione di incompatibilità con lo stato di detenzione. L’incompatibilità sussiste, ed è dichiarata dal giudice, nei casi di AIDS conclamata o di grave deficienza immunitaria; ne-

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gli altri casi l’incompatibilità per infezione da HIV è valutata dal giudice tenendo conto del periodo residuo di custodia cautelare e degli effetti che sulla pericolosità del detenuto hanno le sue attuali condizioni fisiche. La richiesta di accertamento dello stato di incompatibilità può essere fatta dall’imputato, dal suo difensore o dal servizio sanitario penitenziario. Nei casi di incompatibilità il giudice dispone la revoca della misura cautelare, ovvero gli arresti domiciliari presso l’abitazione dell’imputato.] 2. Con decreto del Ministro della sanità, da adottare di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sono definiti i casi di AIDS conclamata o di grave deficienza immunitaria e sono stabilite le procedure diagnostiche e medico-legali per il loro accertamento (1). 3. Quando ricorrono esigenze diagnostiche al fine di accertare la sussistenza delle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4-bis, ovvero esigenze terapeutiche nei confronti di persona che si trovi in tali condizioni, se tali esigenze non possono essere soddisfatte nell’ambito penitenziario, il giudice può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del Servizio sanitario nazionale per il tempo necessario, adottando, ove occorra, i provvedimenti idonei a evitare il pericolo di fuga. Cessate le esigenze di ricovero, il giudice provvede a norma dell'articolo 275. ––––––––––– 1 L’art. 286 bis è stato aggiunto dall’art. 1 D.L. 14 maggio 1993, n. 139 (conv. con modif. nella L. 14 luglio 1933, n. 222) (Disposizioni urgenti relative al trattamento di persone detenute affette da infezione da HIV e di tossicodipendenti). 2 Il co. 1 è stato abrogato, il co. 2 modificato e il co. 3 interamente sostituito dall’art. 3 L. 12 luglio 1999, n. 231. 3 Decreto 21 ottobre 1999 (del Ministro della sanità di concerto con il Ministro della giustizia). Definizione dei casi di AIDS conclamato o di grave deficienza immunitaria per i fini di cui alla legge 12 luglio 1999, n. 231 (G.U. 22 dicembre 1999, n. 299), così come modificato dal Decreto del Ministro della Sanità 7 maggio 2001 (G.U. 244 del 19.10.2001). 1. Definizione di caso di AIDS – 1. La definizione di caso di AIDS conclamata ricorre, ai fini di cui all’art. 1 della legge 12 luglio 1999, n. 231, nelle situazioni indicate nella circolare del Ministero della sanità 29 aprile 1994, n. 9, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 13 maggio 1994. 2. Grave deficienza immunitaria. – 1. La grave defi cienza immunitaria ricorre ai fini di cui all’art. 231, quando, anche in assenza di identificazione e segnalazione ai sensi della circolare di cui all’art. 1 del presente decreto, la persona presenti anche uno solo dei seguenti parametri: a) numero di linfociti TCD4+ pari o inferiore a 200/mmc, come valore ottenuto in almeno due esami consecutivi effettuati a distanza di quindici giorni l’uno dall’altro; b) indice di Karnofsky pari al valore di 50. 3. Certificazioni. – 1. Qualora la diagnosi di caso di AIDS di cui all’art. 1 o l’accertamento della grave defi -


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cienza immunitaria di cui all’art. 2, ai fini di cui all’art. 1 della legge 12 luglio 1999, n. 231, non risultino effettuate da unità operative di malattie infettive, ospedaliere o universitarie, o da altre strutture pubbliche tra quelle individuate dalle regioni per l’assistenza agli ammalati di AIDS, le relative certificazioni devono essere convalidate da una delle suddette unità o strutture agli effetti di quanto previsto dalla legge 12 luglio 1999, n. 231. Si riporta uno stralcio della circolare 29 aprile 1994, n. 9 cui fa riferimento il D.M sopra riportato con l’allegato 1: «Per i casi di AIDS diagnosticati a partire dal 1° luglio 1993 la lista delle patologie indicative di sindrome di immunodeficienza acquisita comprenderà i 26 quadri clinici indicati nell’allegato 1, in luogo dei 23 precedentemente considerati. È consentita la diagnosi presuntiva di polmonite ricorrente e tubercolosi polmonare, mentre il carcinoma cervicale deve essere accertato con diagnosi istologica. Allegato 1 Lista delle malattie indicative di AIDS Candidosi di bronchi trachea o polmoni; candidosi esofagea; carcinoma cervicale invasivo; coccidioidomicosi disseminata o extrapolmonare; criptococcosi extrapolmonare; criptosporidiosi intestinale cronica (durata un mese); infezione da Cytomegalovirus; retinite da Cytomegalovirus; encefalopatia HIV correlata; herpes simplex: ulcera cronica (durata un mese), o bronchite, polmonite, o esofagite; istoplasmosi disseminata o extrapolmonare; isosporidiosi intestinale cronica (durata un mese); sarcoma di Kaposi; linfoma di Burkitt; linfoma inoblastico; linfoma primitivo cerebrale; micobatteriosi da M. Avium o da M. Kansasii disseminata o extrapolmonare; tubercolosi polmonare; tubercolosi extrapolmonare; micobatteriosi da altre specie o da specie non identificate disseminata o extrapolmonare; polmonite da Pneumoeystis Carinii; polmonite ricorrente; leucoencefalopatia multifocale progressiva; sepsi ricorrente da salmonella; toxoplasmosi cerebrale; wasting syndrome HIV- correlata».

CAPO III MISURE INTERDITTIVE Art. 287. Condizioni di applicabilità delle misure interdittive. 1. Salvo quanto previsto da disposizioni particolari, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. ––––––––––– 1 V. art. 3 L. 25 gennaio 1982, n. 17. 2 Relativamente ai reati ministeriali, l’art. 10 comma 4 L. cost. 16 gennaio 1989, n. 1 stabilisce che «nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri non può essere disposta l’applicazione provvisoria di pene accessorie che comportino la sospensione degli stessi dal loro ufficio. Essendo intervenuta l’abrogazione dell’art. 140 c.p. (Applicazione provvisoria di pene accessorie) (v. art. 217 att. c.p.p.), il divieto di cui all’art. 10 L. cit. deve intendersi riferito alla corrispondente misura interdittiva. Disposizioni correlative: (1) artt. 288-290; artt. 217, 250 att. c.p.p.

Art. 288. Sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori. 1. Con il provvedimento che di-

Codice procedura penale Artt. 287, 290 spone la sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori, il giudice priva temporaneamente l’imputato, in tutto o in parte, dei poteri a essa inerenti. 2. Qualora si proceda per un delitto contro la libertà sessuale, ovvero per uno dei delitti previsti dagli articoli 530 e 571 del codice penale, commesso in danno di prossimi congiunti, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 287 comma 1. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 34 Cod. pen.; art. 279; (2) artt. 307, 519-526 Cod. pen.; (1-2) art. 98 att. c.p.p.

Art. 289. Sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio. 1. Con il provvedimento che dispone la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice interdice temporaneamente all’imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti. 2. Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione, la misura può essere disposta a carico del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 287 comma 1. Nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all’interrogatorio dell’indagato, con le modalità indicate negli artt. 64 e 65. 3. La misura non si applica agli uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare. (1) ––––––––––– (1) Il co. 2 è stato così modificato dalla L. 16 luglio 1997, n. 234. Disposizioni correlative: (1) artt. 28-31 Cod. pen.; art. 279; (2) artt. 314-360 Cod. pen.; (1-3) art. 98 att. c.p.p.

Art. 290. Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali. 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, il giudice interdice temporaneamente all’imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti. 2. Qualora si proceda per un delitto contro l’incolumità pubblica o contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio ovvero per alcuno dei delitti previsti dalle disposizioni penali in materia di società e di consorzi o dagli articoli 353, 355, 373, 380 e 381 del codice penale, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 287 comma 1. ––––––––––– 1 Le disposizioni dell’art. 290 si applicano anche nel caso di violazione alle norme della L. 17 maggio 1991, n. 157 (relative all’uso di informazioni riservate nelle operazioni in valori mobiliari) (art. 2 comma 5 L. 157/1991). Disposizioni correlative: (1) artt. 30-35 Cod. pen.; art. 279; (2) artt. 422-452, 499-518 Cod. pen.; artt. 2621-2642 Cod. civ.; (1-2) art. 98 att. c.p.p.


Codice procedura penale Artt. 291, 293 CAPO IV FORMA ED ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI Art. 291. (1) Procedimento applicativo. 1. Le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda, nonché tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate. 1 bis. Abrogato. 2. Se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, il giudice, quando ne ricorrono le condizioni e sussiste l’urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall’articolo 274, dispone la misura richiesta con lo stesso provvedimento con il quale dichiara la propria incompetenza. Si applicano in tal caso le disposizioni dell’articolo 27. 2 bis. In caso di necessità o urgenza il pubblico ministero può chiedere al giudice, nell’interesse della persona offesa, le misure patrimoniali provvisorie di cui all’articolo 282 bis. Il provvedimento perde efficacia qualora la misura cautelare sia successivamente revocata. (2) ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. (2) Comma aggiunto dall’art. 1, L. 4 aprile 2001, n. 154 Disposizioni correlative: (1) artt. 279, 391, 714, 715, 716, 745.

Art. 292. (1) Ordinanza del giudice. 1. Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza. 2. L’ordinanza che dispone la misura cautelare contiene a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio: a) le generalità dell’imputato o quanto altro valga a identificarlo; b) la descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate; c) l’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l’indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato; c bis) l’esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l’esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all’articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure; d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l’esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 274; e) la data e la sottoscrizione del giudice.

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2 bis. L’ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell’ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell’ufficio e, se possibile, l’indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l’imputato. 2 ter. L’ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell’imputato, di cui all’articolo 358, nonché all’articolo 327 bis (2). 3. L’incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione. ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. (2) Comma così modificato dall’art. 6 L. 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni correlative: (1-3) artt. 92, 95, 97, 250 att. c.p.p. art. 6 reg.; (2) artt. 181, 313; (2) (c) artt. 273, 274; (2) (d) art. 301; (2) (e) artt. 110, 111, 126.

Art. 293. Adempimenti esecutivi. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 156, l’ufficiale o l’agente incaricato di eseguire l’ordinanza che ha disposto la custodia cautelare consegna all’imputato copia del provvedimento e lo avverte della facoltà di nominare un difensore di fiducia; informa immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato a norma dell’articolo 97 e redige verbale di tutte le operazioni compiute. Il verbale è immediatamente trasmesso al giudice che ha emesso l’ordinanza e al pubblico ministero. 2. Le ordinanze che dispongono misure diverse dalla custodia cautelare sono notificate all’imputato. 3. Le ordinanze previste dai commi 1 e 2, dopo la loro notificazione o esecuzione, sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con essa. Avviso del deposito è notificato al difensore. 4. Copia dell’ordinanza che dispone una misura interdittiva è trasmessa all’organo eventualmente competente a disporre l’interdizione in via ordinaria. ––––––––––– 1 Per la possibilità offerta agli ufficiali di polizia giudiziaria addetti alle unità specializzate antidroga di ritardare l’esecuzione di provvedimenti di cattura, v. art. 98 T. U. in materia di stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309). 2 Fra gli adempimenti esecutivi affidati alla polizia giudiziaria il più significativo è certamente quello concernente la traduzione dei detenuti. Sul tema, v. ora l’art. 42 bis L. 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario) aggiunto dall’art. 2 L. 12 dicembre 1992, n. 492. 3 Il co. 3 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 17 giugno 1997, n. 192 nella parte in cui non prevede la facoltà per il difensore di estrarre copia, insieme all’ordinanza che ha disposto la misura cautelare della richiesta del pubblico ministero e degli atti presentati con la stessa. 4 Occorre ricordare che, secondo quanto dispone il novellato co. 6 bis dell’articolo 114, è vietata la pubblica-


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zione dell’immagine di una persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta. Disposizioni correlative: (1) artt. 284-286; artt. 92-97, 216 att. c.p.p.; art. 7 reg. (2) artt. 156-158; (4) artt. 288-290.

Art. 294. (1) Interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale. 1. Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice che ha deciso in ordine all’applicazione della misura cautelare, se non vi ha proceduto nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto o del fermo di indiziato di delitto, procede all’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita. 1 bis. Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l’interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione (1 bis). 1 ter. L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine di quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare. 2. Nel caso di assoluto impedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l’interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell’impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso. 3. Mediante l’interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni, provvede, a norma dell’articolo 299, alla revoca o alla sostituzione della misura disposta. 4. Ai fini di quanto previsto dal comma 3, l’interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità indicate negli articoli 64 e 65. Al pubblico ministero e al difensore, che ha l’obbligo di intervenire, è dato tempestivo avviso del compimento dell’atto (2). 4 bis. Quando la misura cautelare è stata disposta dalla corte d’assise o dal tribunale, all’interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato. 5. Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice o il presidente nel caso di organo collegiale, qualora non ritenga di procedere personalmente, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo. 6. L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l’interrogatorio del giudice. ––––––––––– (1) Articolo modificato dapprima dal D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, dalla L. 8 agosto 1995, n. 332 e da ultimo dal

Codice procedura penale Artt. 294, 295 D.L. 22 febbraio 1999, n. 29 conv. in L. 21 aprile 1999, n. 109. (1 bis) La Corte costituzionale, con sentenza n. 95 del 21 marzo 2001, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 302 «nella parte in cui non prevede che le misure cautelari coercitive, diverse dalla custodia cautelare, e quelle interdittive, perdono immediatamente efficacia se il giudice non procede all’interrogatorio entro il termine previsto dall’articolo 294, comma 1-bis». (2) Comma così sostituito dall’art. 12, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12. Chiunque viene sottoposto ad una misura cautelare, coercitiva o interdittiva che sia, ha diritto di essere interrogato dal giudice entro i precisi termini indicati dall’articolo in commento decorrenti dalla esecuzione della misura o dalla sua notificazione. È opportuno ricordare, poi, che l’interrogatorio deve intervenire addirittura prima che il soggetto sia sottoposto alla misura cautelare quando questa consiste nella sospensione dell’esercizio di un pubblico ufficio o servizio. È bene tener presente che, secondo quanto dispone l’art. 302, la custodia cautelare perde efficacia se il giudice non procede all’interrogatorio nei termini previsti dall’articolo in commento. Per ragioni di garanzia, l’ultimo comma vieta al pubblico ministero di procedere all’interrogatorio della persona sottoposta a custodia cautelare prima del giudice. Disposizioni correlative: (1) artt. 64-65, 284-286, 297, 302, 313, 391; (2) art. 101 att. c.p.p.; (4) art. 93, 118 att. c.p.p.

Art. 295. Verbale di vane ricerche. 1. Se la persona nei cui confronti la misura è disposta non viene rintracciata e non è possibile procedere nei modi previsti dall’articolo 293, l’ufficiale o l’agente redige ugualmente il verbale, indicando specificamente le indagini svolte, e lo trasmette senza ritardo al giudice che ha emesso l’ordinanza. 2. Il giudice, se ritiene le ricerche esaurienti, dichiara, nei casi previsti dall’articolo 296, lo stato di latitanza. 3. Al fine di agevolare le ricerche del latitante, il giudice o il pubblico ministero, nei limiti e con le modalità previste dagli articoli 266 e 267, può disporre l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione. Si applicano, ove possibile, le disposizioni degli articoli 268, 269 e 270. 3 bis. Fermo quanto disposto nel comma 3 del presente articolo e nel comma 5 dell’articolo 103, il giudice o il pubblico ministero può disporre l’intercettazione di comunicazioni tra presenti quando si tratta di agevolare le ricerche di un latitante in relazione a uno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3 bis. (1) (2) nonché dall’articolo 407 co. 2 lettera a) n. 4. ––––––––––– (1) Il comma 3 bis è stato aggiunto dall’art. 3 bis comma 1 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356). Il comma 3 dell’art. 295 consente di procedere a intercettazioni di conversazioni o comunica-


Codice procedura penale Artt. 296, 299 zioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazioni per il rintraccio di una persona che sia latitante per taluno dei reati previsti dall’art. 266 c.p.p. Il comma 3 bis consente che, per il rintraccio di un latitante per delitti di mafia (art. 51 comma 3 bis c.p.p.), nonché per quelli di terrorismo anche internazionale o di eversione (art. 407 co. 2 lett. a) n. 4) c.p.p.), possa procedersi non solo alle inter cettazioni tradizionali di cui si è appena detto, ma anche alle intercettazioni ambientali, purché non siano relative a conversazioni o comunicazioni di difensori, consulenti tecnici e loro ausiliari (art. 103 c.p p.). (2) Le parole “nonché dall’art. 407 co. 2, lett. a) n. 4” sono state aggiunte dall’art. 6 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif., dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438.

Art. 296. Latitanza. 1. È latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all’obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione. 2. Con il provvedimento che dichiara la latitanza, il giudice designa un difensore di ufficio al latitante che ne sia privo e ordina che sia depositata in cancelleria copia dell’ordinanza con la quale è stata disposta la misura rimasta ineseguita. Avviso del deposito è notificato al difensore. 3. Gli effetti processuali conseguenti alla latitanza operano soltanto nel procedimento penale nel quale essa è stata dichiarata. 4. La qualità di latitante permane fino a che il provvedimento che vi ha dato causa sia stato revocato a norma dell’articolo 299 o abbia altrimenti perso efficacia ovvero siano estinti il reato o la pena per cui il provvedimento è stato emesso. 5. Al latitante per ogni effetto è equiparato l’evaso. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 281-286; (2) artt. 97, 292, 295; (3) artt. 150 e segg. Cod. pen.; art. 245 att. c.p.p.; (4) artt. 150 e segg., 171 e segg. Cod. pen.; artt. 303, 304, 308, (5) art. 385 Cod. pen.

Art. 297. Computo dei termini di durata delle misure. 1. Gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della cattura, dell’arresto o del fermo. 2. Gli effetti delle altre misure decorrono dal momento in cui l’ordinanza che le dispone è notificata a norma dell’articolo 293. 3. Se nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura per uno stesso fatto, benché diversamente circostanziato o qualificato, ovvero per i fatti diversi commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettere b) e c), limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all’imputazione più grave. La disposizione non si applica relativamente alle ordinanze per fatti non desumi-

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bili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste connessione ai sensi del presente comma. 4. Nel computo dei termini della custodia cautelare si tiene conto dei giorni in cui si sono tenute le udienze e di quelli impiegati per la deliberazione della sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni solo ai fini della determinazione della durata complessiva della custodia a norma dell’articolo 303 comma 4. 5. Se l’imputato è detenuto per un altro reato o è internato per misura di sicurezza, gli effetti della misura decorrono dal giorno in cui è notificata l’ordinanza che la dispone, se sono compatibili con lo stato di detenzione o di internamento; altrimenti decorrono dalla cessazione di questo. Ai soli effetti del computo dei termini di durata massima, la custodia cautelare si considera compatibile con lo stato di detenzione per esecuzione di pena o di internamento per misura di sicurezza. ––––––––––– 1 Per l’interpretazione autentica dell’art. 297 comma 4 e dell’art. 304 comma 2, v. ora art. 1 D.L. 1 marzo 1991, n. 60. Disposizioni correlative: (1) artt. 283-286, 380, 384, 722; (2) artt. 281-283, 288-290, 312; (3) artt. 16, 278; (4) artt. 441, 447, 470, 599, 602, 611, 614; (5) artt. 284-286, 303. Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 298. Sospensione dell’esecuzione delle misure. 1. L’esecuzione di un ordine con cui si dispone la carcerazione nei confronti di un imputato al quale sia stata applicata una misura cautelare personale per un altro reato ne sospende l’esecuzione, salvo che gli effetti della misura disposta siano compatibili con la espiazione della pena. 2. La sospensione non opera quando la pena è espiata in regime di misure alternative alla detenzione. ––––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 656; (1-2) art. 245 att. c.p.p.

CAPO V ESTINZIONE DELLE MISURE Art. 299. (1) Revoca e sostituzione delle misure. 1. Le misure coercitive e interdittive sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall’articolo 273 o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall’articolo 274. 2. Salvo quanto previsto dall’articolo 275 comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all’entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la


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misura con un’altra meno grave ovvero ne dispone l’applicazione con modalità meno gravose. 3. Il pubblico ministero e l’imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell’assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all’udienza preliminare o al giudizio. 3 bis. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive e interdittive, di ufficio o su richiesta dell’imputato, deve sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio parere, il giudice procede. 3 ter. Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure, prima di provvedere può assumere l’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Se l’istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l’interrogatorio dell’imputato che ne ha fatta richiesta. 4. Fermo quanto previsto dall’articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un’altra più grave ovvero ne dispone l’applicazione con modalità più gravose. 4 bis. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l’imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste. 4 ter. In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche d’ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell’imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all’articolo 275, comma 4 bis, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre il termine previsto nel comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai sensi dell’articolo 220 e seguenti,

Codice procedura penale Artt. 300, 301 il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall’accertamento. Durante il periodo compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine previsto dal comma 3. 4 quater. Si applicano altresì le disposizioni di cui all’art. 286 bis, comma 3. ––––––––––– (1) Articolo dapprima modificato dal D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, poi dalla L. 8 agosto 1995, n. 332 e da ultimo dalla L. 12 luglio 1999, n. 231. Disposizioni correlative: (1-4) artt 97, 98 att. c.p.p.; art. 6 reg.; (1) artt. 281-286, 288-290, 714-718, 736; (3) artt. 279, 294, 393, 406, 416, 438, 447, 465; (4 bis) artt. 405, 554.

Art. 300. Estinzione delle misure per effetto della pronuncia di determinate sentenze. 1. Le misure disposte in relazione a un determinato fatto perdono immediatamente efficacia quando, per tale fatto e nei confronti della medesima persona, è disposta l’archiviazione ovvero è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento. 2. Se l’imputato si trova in stato di custodia cautelare e con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere è applicata la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il giudice provvede a norma dell’articolo 312. 3. Quando, in qualsiasi grado del processo, è pronunciata sentenza di condanna, le misure perdono efficacia se la pena irrogata è dichiarata estinta ovvero condizionalmente sospesa. 4. La custodia cautelare perde altresì efficacia quando è pronunciata sentenza di condanna, ancorché sottoposta a impugnazione, se la durata della custodia già subita non è inferiore all’entità della pena irrogata. 5. Qualora l’imputato prosciolto o nei confronti del quale sia stata emessa sentenza di non luogo a procedere sia successivamente condannato per lo stesso fatto, possono essere disposte nei suoi confronti misure coercitive quando ricorrono le esigenze cautelari previste dall’articolo 274 comma 1 lettere b) o c). ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 129, 408-411, 425, 529-532; (2) art. 222 Cod. pen.; (3) Artt. 171 e segg. Cod. pen.; (5) Artt. 281-286.

Art. 301. Estinzione di misure disposte per esigenze probatorie. 1. Le misure disposte per le esigenze cautelari previste dall’articolo 274 comma 1 lettera a) perdono immediatamente efficacia se alla scadenza del termine previsto dall’articolo 292 comma 2 lettera d) non ne è ordinata la rinnovazione. 2. La rinnovazione è disposta dal giudice con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero, anche


Codice procedura penale Artt. 302, 303 per più di una volta, entro i limiti previsti dagli articoli 305 e 308 (1). 2 bis (2). Salvo quanto disposto dall’articolo 292, comma 2, lettera d), quando si procede per reati diversi sia da quelli previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), sia da quelli per il cui accertamento sono richieste investigazioni particolarmente complesse per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l’elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese, ovvero per reati per il cui accertamento è richiesto il compimento di atti di indagine all’estero, la custodia cautelare in carcere disposta per il compimento delle indagini previste dall’articolo 274, comma 1, lettera a), non può avere durata superiore a trenta giorni. 2 ter (2). La proroga della medesima misura è disposta, per non più di due volte ed entro il limite complessivo di novanta giorni, dal giudice con ordinanza, su richiesta inoltrata dal pubblico ministero prima della scadenza, valutate le ragioni che hanno impedito il compimento delle indagini per le cui esigenze la misura era stata disposta e previo interrogatorio dell’imputato. ––––––––––– (1) Con sentenza 8 giugno 1994, n. 219, la Corte costituzionale ha considerato illegittimo il comma 2 dell’art. 301, nella parte in cui non prevede che, ai fini dell’adozione del provvedimento di rinnovazione della misura cautelare personale, debba essere previamente sentito il difensore della persona da assoggettare alla misura. (2) Commi aggiunti dalla L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 302. Estinzione della custodia per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare. 1. La custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari perde immediatamente efficacia se il giudice non procede all’interrogatorio entro il termine previsto dall’articolo 294. Dopo la liberazione, la misura può essere nuovamente disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, previo interrogatorio, allorché, valutati i risultati di questo, sussistono le condizioni indicate negli articoli 273, 274 e 275. Nello stesso modo si procede nel caso in cui la persona, senza giustificato motivo, non si presenta a rendere interrogatorio. Si osservano le disposizioni dell’articolo 294 commi 3, 4 e 5. ––––––––––– La Corte costituzionale ha dichiarato, con sentenza 24 marzo 1997, n. 77 costituzionalmente illegittimo l’art. 302 limitatamente alle parole «disposta nel corso delle indagini preliminari». La Corte costituzionale, con sentenza n. 95 del 21 marzo 2001, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 302 «nella parte in cui non prevede che le misure cautelari coercitive, diverse dalla custodia cautelare, e quelle interdittive, perdono immediatamente efficacia se il giudice non procede all’interrogatorio entro il termine previsto dall’articolo 294, comma 1bis». Disposizioni correlative: (1) artt. 326 e segg.

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Art. 303. Termini di durata massima della custodia cautelare. 1. La custodia cautelare perde efficacia quando: a) dall’inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio o l’ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato ai sensi dell’articolo 438, ovvero senza che sia stata pronunciata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti: 1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal numero 3); 3) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell’articolo 407 comma 2 lettera a) sempre che per lo stesso la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni; b) dall’emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini, senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado: 1) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni salvo quanto previsto dal numero 1); 3) un anno e sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni; 3 bis) qualora si proceda per i delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), i termini di cui ai numeri 1), 2) e 3) sono aumentati fino a sei mesi. Tale termine è imputato a quello della fase precedente ove non completamente utilizzato, ovvero ai termini di cui alla lettera d) per la parte eventualmente residua. In quest’ultimo caso i termini di cui alla lettera d) sono proporzionalmente ridotti. b-bis) dall’emissione dell’ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna ai sensi dell’articolo 442: 1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) sei mesi, quando si procede per un delitto


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per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto nel numero 1; 3) nove mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni; c) dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello: 1) nove mesi, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a tre anni; 2) un anno, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a dieci anni; 3) un anno e sei mesi, se vi è stata condanna alla pena dell’ergastolo o della reclusione superiore a dieci anni; d) dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti dalla lettera c) senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, salve le ipotesi di cui alla lettera b), numero 3 bis). Tuttavia, se vi è stata condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione è stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applica soltanto la disposizione del comma 4. 2. Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della corte di cassazione o per altra causa, il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice, dalla data del provvedimento che dispone il regresso o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia cautelare decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento. 3. Nel caso di evasione dell’imputato sottoposto a custodia cautelare, i termini previsti dal comma 1 decorrono di nuovo, relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento, dal momento in cui venga ripristinata la custodia cautelare. 4. La durata complessiva della custodia cautelare, considerate anche le proroghe previste dall’articolo 305, non può superare i seguenti termini: a) due anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; b) quattro anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dalla lettera a); c) sei anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a venti anni. ––––––––––– Il numero 3 bis) della lett. b) del comma 1 è stato ag-

Codice procedura penale Art. 304 giunto dall’art. 2, co. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La lett. d) del comma 1 è stata così modificata dall’art. 2, co. 1 bis, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. Le disposizioni introdotte dal citato D.L. n. 341/2000 si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.). 1 L’art. 1 D.L. 7 aprile 2000, n. 82, conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144 ha modificato la lett. a) del co.1 ed ha introdotto la lett. b bis). 2 Sulla custodia cautelare subita all’estero e la sua computabilità a norma degli artt. 303 e 304 c.p.p., v. nota 1 all’art. 722 c.p.p. Disposizioni correlative: (1-4) artt. 224, 251 att. c.p.p.; (1) artt. 297, 429, 448, 450, 456, 533, 555, 605, 648; (2) art. 623; (3) art. 385 Cod. pen.; (4) art. 304 comma 4.

Art. 304. (1) Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare. 1. I termini previsti dall’articolo 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell’articolo 310, nei seguenti casi: a) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell’imputato o del suo difensore ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa; b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell’allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati; c) nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall’articolo, 544 commi 2 e 3. c-bis) nel giudizio abbreviato, durante il tempo in cui l’udienza è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nelle lettere a) e b) e durante la pendenza dei termini previsti dall’articolo 544, commi 2 e 3; 2. I termini previsti dall’articolo 303 possono altresì essere sospesi, nella fase del giudizio, quando si tratta dei reati indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), nel caso di dibattimenti particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni. 3. Nei casi previsti dal comma 2, la sospensione è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, con ordinanza appellabile a norma dell’articolo 310. 4. I termini previsti dall’articolo 303, comma 1, lettera a), sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell’articolo 310, se l’udienza preliminare è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nel comma 1, lettere a) e b) del presente articolo. 5. Le disposizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1, anche se riferite al giudizio abbreviato,


Codice procedura penale Artt. 305, 307 e di cui al comma 4 non si applicano ai coimputati ai quali i casi di sospensione non si riferiscono e che chiedono che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi. 6. La durata della custodia cautelare non può comunque superare il doppio dei termini previsti dall’articolo 303, commi 1, 2 e 3 senza tenere conto dell’ulteriore termine previsto dall’articolo 303, comma 1, lettera b), numero 3 bis) e i termini aumentati della metà previsti dall’articolo 303, comma 4, ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza. A tale fine la pena dell’ergastolo è equiparata alla pena massima temporanea. 7. Nel computo dei termini di cui al comma 6, salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui al comma 1, lettera b). ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. I commi 1, 2 e 5 sono stati così modificati dall’art. 2 D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. Il primo periodo del comma 6 è stato così modificato dall’art. 2, co. 2, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione introdotta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.). Disposizioni correlative: (1) artt. 108, 451, 470 e segg., 486, 519, 520; (2) artt. 525-528; (4) art. 521.

Art. 305. Proroga della custodia cautelare. 1. In ogni stato e grado del procedimento di merito, quando è disposta perizia sullo stato di mente dell’imputato, i termini di custodia cautelare sono prorogati per il periodo di tempo assegnato per l’espletamento della perizia. La proroga è disposta con ordinanza dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, sentito il difensore. L’ordinanza è soggetta a ricorso per cassazione nelle forme previste dall’articolo 311. 2. Nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero può altresì chiedere la proroga dei termini di custodia cautelare che siano prossimi a scadere, quando sussistono gravi esigenze cautelari che, in rapporto ad accertamenti particolarmente complessi o a nuove indagini disposte ai sensi dell’articolo 415 bis, comma 4, rendano indispensabile il protrarsi della custodia. Il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, provvede con ordinanza appellabile a norma dell’articolo 310. La proroga è rinnovabile una sola volta. I termini previsti dall’articolo 303 comma 1 non possono essere comunque superati di oltre la metà (1) (2). ––––––––––– (1) Il comma 2 è stato modificato dall’art. 2 D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144.

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(2) La Corte costituzionale con sentenza 15 settembre 1995 n. 433 ha dichiarato non fondata «nei sensi di cui in motivazione» la questione di legittimità costituzionale del l’art. 305, cornma 2 c.p.p. In motivazione la Corte ha chiarito che il fatto che l’art. 305 comma 2, non disciplini il procedimento da instaurarsi sulla richiesta di proroga – limitandosi a stabilire che il giudice, sentito il pubblico ministero ed il difensore, provveda con ordinanza – non può assumere il significato di un esonero dal rispetto del contraddittorio, ma soltanto che il legislatore non ha inteso vincolare il giudice all’obbligo di determinate forme, lasciandolo libero di scegliere, caso per caso, quelle ritenute più opportune per assicurare, sia pure in modo celere e semplificato, una effettiva dialettica fra accusa e difesa. Disposizioni correlative: (1) artt. 227, 284-286; (2) art. 303.

Art. 306. Provvedimenti conseguenti alla estinzione delle misure. 1. Nei casi in cui la custodia cautelare perde efficacia secondo le norme del presente titolo, il giudice dispone con ordinanza l’immediata liberazione della persona sottoposta alla misura. 2. Nei casi di perdita di efficacia di altre misure cautelari, il giudice adotta con ordinanza i provvedimenti necessari per la immediata cessazione delle misure medesime. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) (2) artt. 299, 301-304, 308, 309; art. 98 att. c.p.p.; art. 6 reg.

Art. 307. Provvedimenti in caso di scarcerazione per decorrenza di termini. 1. Nei confronti dell’imputato scarcerato per decorrenza dei termini, il giudice dispone le altre misure cautelari di cui ricorrano i presupposti, solo se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare (2). 1 bis. Qualora si proceda per taluno dei reati indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), il giudice dispone le misure cautelari indicate dagli articoli 281, 282 e 283 anche cumulativamente (2). 2. La custodia cautelare, ove risulti necessaria a norma dell’articolo 275, è tuttavia ripristinata: a) se l’imputato ha dolosamente trasgredito alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta a norma del comma 1, sempre che, in relazione alla natura di tale trasgressione, ricorra taluna delle esigenze cautelari previste dall’articolo 274; b) contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna di primo o di secondo grado, quando ricorre l’esigenza cautelare prevista dall’articolo 274 comma 1 lettera b) (1). 3. Con il ripristino della custodia, i termini relativi alla fase in cui il procedimento si trova decorrono nuovamente ma, ai fini del computo del termine previsto dall’articolo 303 comma 4, si tiene conto anche della custodia anteriormente subita. 4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere al fermo dell’imputato che, trasgredendo alle prescrizioni inerenti a una misura


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cautelare disposta a norma del comma 1 o nell’ipotesi prevista dal comma 2 lettera b), stia per darsi alla fuga. Del fermo è data notizia senza ritardo, e comunque entro le ventiquattro ore, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del luogo ove il fermo è stato eseguito. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sul fermo di indiziato di delitto. Con il provvedimento di convalida, il giudice per le indagini preliminari, se il pubblico ministero ne fa richiesta, dispone con ordinanza, quando ne ricorrono le condizioni, la misura della custodia cautelare e trasmette gli atti al giudice competente (2). 5. La misura disposta a norma del comma 4 cessa di avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza, il giudice competente non provvede a norma del comma 2 lettera a). ––––––––––– (1) Il comma 2 lett. b) è stato così sostituito ad opera dell’art 5 D.L. 1 marzo 1991, n 60. Tale articolo 5 prevede in modo esplicito che il ripristino della custodia cautelare nella ipotesi dell’articolo 307 conma 2 lettera b) può essere disposto oltre che contestualmente alla sentenza di condanna anche dopo la pronuncia della stessa. Ciò appare razionale ove si consideri che l’esigenza di ripristinare la custodia può sorgere dopo la suddetta pronuncia sia perché la scarcerazione per decorrenza dei termini interviene in un secondo momento ad opera del giudice dell’impugnazione sia perché soltanto allora è accertata la fuga o il concreto pericolo di fuga dell’imputato. (2) I commi 1, 1 bis e 4 sono stati, rispettivamente, sostituito, inserito e modificato dall’art. 2, co. 5, 6 e 7 D.L. 24 novembre 2000, n. 341, conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione introdotta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.). È da segnalare che, a seguito della modificazione introdotta nel comma 4, la possibilità di ripristino della custodia carceraria avviene quando il soggetto stia per darsi alla fuga, anziché quando si sia già dato alla fuga (secondo la previgente previsione). Disposizioni correlative: (1) artt 279, 303, 306; (2) artt. 284-286, 442, 448, 531, 561, 563, 605; (3) art. 303; (4) artt. 384, 386, 391; (5) artt. 27, 291.

Art. 308. Termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare. 1. Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dall’inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall’articolo 303. 2. Le misure interdittive perdono efficacia quando sono decorsi due mesi dall’inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di due mesi dall’inizio dell’esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1. 3. L’estinzione delle misure non pregiudica l’esercizio dei poteri che la legge attribuisce al giudice penale o ad altre autorità nell’applicazione di pene accessorie o di altre misure interdittive. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 281-283, 297; art. 251 att c.p.p.; (2) artt. 288-290, 297; (3) artt. 28-38 cod. pen.

Codice procedura penale Artt. 308, 309 CAPO VI IMPUGNAZIONI Art. 309. Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva. 1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione del provvedimento, l’imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, della ordinanza che dispone una misura coercitiva, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero. 2. Per l’imputato latitante il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell’articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l’esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l’imputato prova di non aver avuto tempestiva conoscenza del provvedimento. 3. Il difensore dell’imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza che dispone la misura. 3 bis. Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell’articolo 104, comma 3. 4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583. 5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell’articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini. 6. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta, inoltre, ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell’inizio della discussione. 7. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte d’appello o la sezione distaccata della corte d’appello nella cui circoscrizione è compreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza. 8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall’articolo 127. L’avviso della data fissata per l’udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 e, se diverso, a quello che ha richiesto l’applicazione della misura; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all’imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia. 8 bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l’ap-


Codice procedura penale Artt. 310, 312 plicazione della misura può partecipare alla udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7. 9. Entro dieci giorni dalla ricezione il tribunale, se non deve dichiarare l’inammissibilità della richiesta, annulla, riforma o conferma l’ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all’imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. 10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia. ––––––––––– Articolo modificato dalla Legge 8 agosto 1995, n. 332. Il comma 7, prima modificato dal D.L. 23 ottobre 1996, n. 553, conv. in L. 23 dicembre 1996, n. 652, è stato da ultimo modificato dall’art. 179 D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. I commi 8 e 8 bis sono stati modificati dal citato D.L. n. 553/1996. 1 Se l’imputato è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice del riesame può es sere sentito – art. 127 comma 3 – dal magistrato di sorveglianza del luogo: sempreché, peraltro, l’imputato stesso non faccia espressa richiesta di essere sentito dal giudice del riesame ovvero questi non ne disponga di ufficio la traduzione innanzi a sé (Corte cost. 31 gennaio 1991, n. 45). 2 La Corte costituzionale con sentenza 15 marzo 1996, n. 71 ha dichiarato la illegittimità dell’art. 309 nella parte in cui non prevede la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell’ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell’art. 429 c.p.p. Disposizioni correlative: (1) artt. 281-286, 293, 310, 313; art. 99 att. c.p.p.; (2) art. 296; (3) art. 293; (5) art. 100 att. c.p.p.; (7) artt. 291 292; (8) art. 127; (9) art. 311; (10) art. 306; art. 101 att. c.p.p.; art. 25 att. m.

Art. 310. (1) Appello. 1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 309 comma 1, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, enunciandone contestualmente i motivi. 2. Si osservano le disposizioni dell’articolo 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7. Dell’appello è dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale l’ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall’articolo 127. Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia. Il tribunale decide entro venti giorni dalla ricezione degli atti.

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3. L’esecuzione della decisione con la quale il tribunale, accogliendo l’appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva. (2) ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. (2) La Corte Costituzionale con sentenza 15 marzo 1996, n. 71 ha dichiarato la illegittimità dell’art. 310 nella parte in cui non prevede la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell’ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell’art. 429 c.p.p. Disposizioni correlative: artt. 99, 100 att. c.p.p.; art. 25 att. m.

Art. 311. Ricorso per cassazione. 1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura, l’imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell’articolo 309. (1) 2. Entro i termini previsti dall’articolo 309 commi 1, 2 e 3, l’imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame. 3. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero, nel caso previsto dal comma 2, in quella del giudice che ha emesso l’ordinanza. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla corte di cassazione. 4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla corte di cassazione, prima dell’inizio della discussione. 5. La corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall’articolo 127. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato così sostituito dal D.L. 23 ottobre 1990, n. 553, conv. in L. 23 dicembre 1996, n. 652 Disposizioni correlative: (1) art. 111 Cost.; artt. 127, 568; artt. 99, 100 att. c.p.p.; (2) artt. 281-286, 313; (3) artt. 291, 292; (5) art. 611.

CAPO VII APPLICAZIONE PROVVISORIA DI MISURE DI SICUREZZA Art. 312. Condizioni di applicabilità. 1. Nei casi previsti dalla legge, l’applicazione provvisoria


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delle misure di sicurezza è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, in qualunque stato e grado del procedimento, quando sussistono gravi indizi di commissione del fatto e non ricorrono le condizioni previste dall’articolo 273 comma 2. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 206 Cod. pen.; artt. 279, 291, 300.

Art. 313. Procedimento. 1. Il giudice provvede con ordinanza a norma dell’articolo 292, previo accertamento sulla pericolosità sociale dell’imputato. Ove non sia stato possibile procedere all’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini prima della pronuncia del provvedimento, si applica la disposizione dell’articolo 294. 2. Salvo quanto previsto dall’articolo 299 comma 1 ai fini dell’articolo 206 comma 2 del codice penale, il giudice procede a nuovi accertamenti sulla pericolosità sociale dell’imputato nei termini indicati nell’articolo 72. 3. Ai fini delle impugnazioni, la misura prevista dall’articolo 312 è equiparata alla custodia cautelare. Si applicano le norme sulla riparazione per l’ingiusta detenzione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 203 Cod. pen.

CAPO VIII RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE Art. 314. Presupposti e modalità della decisione. 1. Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile poché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. 2. Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, alle medesime condizioni, a favore delle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento di archiviazione ovvero sentenza di non luogo a procedere. 4. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena

Codice procedura penale Artt. 313, 315 ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all’applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo. 5. Quando con la sentenza o con il provvedimento di archiviazione è stato affermato che il fatto non è previsto dalla legge come reato per abrogazione della norma incriminatrice, il diritto alla riparazione è altresì escluso per quella parte di custodia cautelare sofferta prima della abrogazione medesima. ––––––––––– L’art. 314 c.p.p. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 18 luglio 1996, n 310 nella parte in cui non prevede il diritto all’equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione. La Corte costituzionale, con sentenza 24 marzo-2 aprile 1999, n. 109 ha dichiarato: - l’illegittimità costituzionale dell’articolo 314, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non avere commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è pre visto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la detenzione subita a causa di arresto in flagranza o di fermo indiziato di delitto, entro gli stessi limiti stabiliti per la custodia cautelare; - l’illegittimità costituzionale dell’articolo 314, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che lo stesso diritto nei medesimi limiti spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto ad arresto in flagranza o a fermo di indiziato di delitto quando, con decisione irrevocabile, siano risultate insussistenti le condizioni per la convalida. Disposizioni correlative: (1-5) art. 245 att. c.p.p.; (1) artt. 284-286, 297, 380, 381, 384, 530, 643, 648; (2) artt. 529-533; (3) artt. 408, 409, 411, 425.

Art. 315. (1) Procedimento per la riparazione. 1. La domanda di riparazione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o di condanna è divenuta irrevocabile, la sentenza di non luogo a procedere è divenuta inoppugnabile o è stata effettuata la notificazione del provvedimento di archiviazione alla persona nei cui confronti è stato pronunciato a norma del comma 3 dell’art. 314. 2. L’entità della riparazione non può comunque eccedere lire un miliardo (euro 516.456). 3. Si applicano, in quanto compatibili, le norme sulla riparazione dell’errore giudiziario. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 15 L. 16 dicembre 1999, n. 479. (2) Per l’equa riparazione dei danni subiti per il mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6 par. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (ratificata con L. 4 agosto 1955, n. 848), v. L. 24 marzo 2001, n. 89 riportata nella Voce «Convenzioni internazionali» in nota all’art. 6 Convenzione cit. Disposizioni correlative: (1) artt. 643-647; artt. 102, 245 att. c.p.p.


Codice procedura penale Artt. 316, 320 TITOLO II MISURE CAUTELARI REALI CAPO I SEQUESTRO CONSERVATIVO Art. 316. Presupposti ed effetti del provvedimento. 1. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell’imputato o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento. 2. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato, la parte civile può chiedere il sequestro conservativo dei beni dell’imputato o del responsabile civile, secondo quanto previsto dal comma 1. 3. Il sequestro disposto a richiesta del pubblico ministero giova anche alla parte civile. 4. Per effetto del sequestro i crediti indicati nei commi 1 e 2 si considerano privilegiati, rispetto a ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento dei tributi. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 189 Cod. pen.; artt. 60, 535, 592, 691; art. 513 Cod. proc. civ., (2) art. 185 Cod. pen, artt. 60, 83; (4) art. 2745 Cod. civ.; (1-4) art. 218 att. c.p.p.

Art. 317. Forma del provvedimento. Competenza. 1. Il provvedimento che dispone il sequestro conservativo a richiesta del pubblico ministero o della parte civile è emesso con ordinanza del giudice che procede. 2. Se è stata pronunciata sentenza di condanna, di proscioglimento o di non luogo a procedere, soggetta a impugnazione, i1 sequestro è ordinato, prima che gli atti siano trasmessi al giudice dell’impugnazione, dal giudice che ha pronunciato la sentenza e, successivamente, dal giudice che deve decidere sull’impugnazione. Dopo il provvedimento che dispone il giudizio e prima che gli atti siano trasmessi al giudice competente, provvede il giudice per le indagini preliminari. 3. Il sequestro è eseguito dall’ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile per l’esecuzione del sequestro conservativo sui beni mobili o immobili. 4. Gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione. La can-

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cellazione della trascrizione del sequestro di immobili è eseguita a cura del pubblico ministero. Se il pubblico ministero non provvede, l’interessato può proporre incidente di esecuzione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 262; (2) artt. 425, 429, 456, 529-531, 555; (3) artt. 678, 679 Cod proc. civ; (4) artt. 428, 648, 666; (1-4) artt. 103 att. c.p.p.

Art. 318. Riesame dell’ordinanza di sequestro conservativo. 1. Contro l’ordinanza di sequestro conservativo chiunque vi abbia interesse può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell’articolo 324. 2. La richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) art. 229 att c.p.p.

Art. 319. Offerta di cauzione. 1. Se l’imputato o il responsabile civile offre cauzione idonea a garantire i crediti indicati nell’articolo 316, il giudice dispone con decreto che non si faccia luogo al sequestro conservativo e stabilisce le modalità con cui la cauzione deve essere prestata. 2. Se l’offerta è proposta con la richiesta di riesame, il giudice revoca il sequestro conservativo quando ritiene la cauzione proporzionata al valore delle cose sequestrate. 3. Il sequestro è altresì revocato dal giudice se l’imputato o il responsabile civile offre, in qualunque stato e grado del processo di merito, cauzione idonea. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 83.

Art. 320. Esecuzione sui beni sequestrati. 1. Il sequestro conservativo si converte in pignoramento quando diventa irrevocabile la sentenza di condanna al pagamento di una pena pecuniaria ovvero quando diventa esecutiva la sentenza che condanna l’imputato e il responsabile civile al risarcimento del danno in favore della parte civile. La conversione non estingue il privilegio previsto dall’articolo 316 comma 4. 2. Salva l’azione per ottenere con le forme ordinarie il pagamento delle somme che rimangono ancora dovute, l’esecuzione forzata sui beni sequestrati ha luogo nelle forme prescritte dal codice di procedura civile. Sul prezzo ricavato dalla vendita dei beni sequestrati e sulle somme depositate a titolo di cauzione e non devolute alla cassa delle ammende, sono pagate, nell’ordine, le somme dovute alla parte civile a titolo di risarcimento del danno e di spese processuali, le pene pecuniarie, le spese di procedimento e ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 538, 648, 650; art. 686 Cod. proc. civ.; (2) art. 191 Cod. pen.; art. 483 Cod. proc. civ.


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CAPO II SEQUESTRO PREVENTIVO Art. 321. Oggetto del sequestro preventivo. 1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. 2. Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca. 2 bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca. 3. Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell’interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell’interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria. 3 bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell’intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria. 3 ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3 bis ovvero se il giudice non emette l’ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell’ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. ––––––––––– 1 Con l’art. 15 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 sono stati

Codice procedura penale Artt. 321, 322 aggiunti i commi 3 bis e 3 ter oltreché il secondo periodo del comma 3. 1 bis Il comma 2 bis è stato inserito dall’art. 6, co. 3, L. 27 marzo 2001, n. 97. 2 È assimilabile alle ipotesi di sequestro preventivo l’ipotesi del «blocco dei beni» della persona sottoposta a sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.) e dei suoi congiunti (o di altri soggetti disponibili a consentire l’utilizzazione dei propri beni per far conseguire agli autori del reato il prezzo della liberazione della vittima). V. al riguardo l’art 1 D.L 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991, n. 82) (Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione…). Una importante deroga al principio del «blocco dei beni» (fissata nell’art. 7 del medesimo decreto-legge e riguarda i casi di «operazioni controllate di pagamento del riscatto». 3 Un sequestro a carattere prevalentemente preventivo è quello cui gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono obbligatoriamente tenuti a procedere a norma dell’art. 116 commi 13 e 18 del nuovo codice della strada – D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 – in vigore dal 1° gennaio 1993: sequestro del veicolo condotto da chi non ha conseguito la patente di guida (ovvero cui la patente è stata revocata o non rinnovata). 4 Il giudice può decidere in ordine al sequestro preventivo solo su richiesta del pubblico ministero e non anche su richiesta della parte offesa. Al riguardo la Corte costituzionale (Cort. cost. 11 luglio 1991, n. 334) ha precisato che l’esercizio del potere di sequestro preventivo essendo finalizzato ad interrompere l’iter criminoso o ad impedirne la progressione, è quindi ispirato ad un’evidente ratio di prevenzione del reato non può che spettare al pubblico ministero che è bensì parte ma parte pubblica (vedi sentt. nn. 190 e 88 del 1991). Tale esigenza «di tutela della collettività con riferimento al protrarsi dell’attività criminosa e dei suoi effetti» (Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale) non può confondersi con l’eventuale interesse della parte offesa querelante alla cessazione della situazione di illecito che non sempre sussiste e che comunque è ben distinto dall’interesse manifestato – attraverso la presentazione della querela – all’esercizio dell’azione penale nei confronti dell’autore del reato. 5 Hanno carattere preventivo anche i sequestri di immobili previsti, rispettivamente, dagli artt. 3 L. 8 agosto 1977, n. 533 e 5 comma 2 D.L. 2 aprile 1993, n. 122 (conv. con modif. nella L. 25 giugno 1993, n. 205). a) Nel primo caso, si tratta del sequestro di immobili, sedi di enti, associazioni o gruppi, nei quali sono rinvenute armi da sparo, esplosivi od ordigni esplosivi o incendiari ovvero di immobili pertinenti a reati in materia di armi o esplosivi o a gravi reati contro la personalità dello Stato (artt. 241, 285, 286, 306, c.p. e L. 20 giugno 1952, n. 645). b) Nel secondo caso, invece, il sequestro riguarda immobili nei quali, a seguito di perquisizione, sono rinvenuti armi, munizioni, esplosivi, ordigni esplosivi o incendiari ovvero oggetti atti ad offendere (ricompresi fra quelli di cui all’art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110) riferibili ad organizzazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Disposizioni correlative: (1-3) artt. 91, 104 att. c.p.p.; (1) artt. 262, 328, 405; (2) art. 240 Cod. pen.

Art. 322. Riesame del decreto di sequestro preventivo. 1. Contro il decreto di sequestro


Codice procedura penale Artt. 322 bis, 324 emesso dal giudice l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell’articolo 324. (1) 2. La richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento. ––––––––––– (1) Il comma 1 è stato così modificato dall’art. 16 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 prevedendo che soggetto al riesame sia solo il provvedimento di sequestro emesso dal giudice e che, di conseguenza il riesame non sia consentito per i provvedimenti di «fermo reale» (art. 321 commi: 3 bis e 3 ter). Disposizioni correlative: (1) art. 323; (1-2) art. 229 att. c.p.p.

Art. 322 bis. (1) Appello. 1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 322 il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, possono proporre appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero. 1 bis. Sull’appello decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento (2). 2. L’appello non sospende l’esecuzione del provvedimento. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 310. ––––––––––– (1) L’art. 322 bis è stato aggiunto dall’art. 17 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. Si è infatti rilevato che, al di là del riesame e del ricorso per cassazione, riguardanti solo l’adozione del provvedimento di sequestro, manca uno specifico gravame avverso i provvedimenti che respingono la richiesta di sequestro o quella di restituzione, profilandosi, a quest’ultimo riguardo, un possibile ricorso alla procedura degli incidenti di esecuzione, certo più impegnativa del l’ordinario rito camerale. In armonia, pertanto, con la disciplina dettata per le misure cautelari personali, si è previsto sotto il nuovo art. 322 bis c.p.p. l’ istituto dell’appello, quale rimedio contro le decisioni che il giudice adotta in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero. La struttura della norma non diverge, nella sostanza, dalle corrispondenti previsioni dettate dall’art. 310 in tema di appello avverso le ordinanze in materia di misure cautelari personali. L’appello, quindi, si configura come mezzo di impugnazione residuale rispetto al riesame, nel senso che il primo istituto potrà operare solo fuori dei casi in cui, a norma dell’art. 322 c.p.p., è consentito il riesame. Per il resto, troveranno applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall’art. 310 commi 2 e 3 c.p.p.. Una specifica previsione si è resa peraltro necessaria in tema di effetto sospensivo della impugnazione. A norma dell’art. 588 c.p.p., infatti, l’ordinario effetto sospensivo che l’impugnazione del provvedimento genera sulla relativa esecuzione, viene derogato solo qualora l’impugnazione riguardi provvedimenti in materia di libertà personale. Non operando, quindi, alcuna deroga per le misure cautelari reali in virtù della richiamata norma generale, il codice ha espres-

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samente stabilito la mancanza di effetto sospensivo sia per il riesame (art. 322 comma 2) che per il ricorso per cassazione (art. 325 comma 4). Ad evitare, pertanto, la conseguenza di un diverso regime per l’appello, si è previsto che anche per tale nuovo mezzo la relativa proposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento impugnato. Attraverso il richiamo all’art. 310, resta poi stabilito che qualora il tribunale, accogliendo l’appello del pubblico ministero, disponga il sequestro preventivo non concesso dal giudice, la relativa decisione è sospesa fino a che la stessa non sia divenuta definitiva (Cfr. Rel. D.Lgs. 12/1991). (2) Il co. 1 bis è stato inserito dal D.L. 23 ottobre 1996, n. 553 conv. in L. 23 dicembre 1996, n. 652 e poi successivamente modificato dall’art. 180 D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Disposizioni correlative: artt. 310, 588.

Art. 323. Perdita di efficacia del sequestro preventivo. 1. Con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorché soggetta a impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell’articolo 240 del codice penale. Il provvedimento è immediatamente esecutivo. 2. Quando esistono più esemplari identici della cosa sequestrata e questa presenta interesse a fini di prova, il giudice, anche dopo la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere impugnata dal pubblico ministero, ordina che sia mantenuto il sequestro di un solo esemplare e dispone la restituzione degli altri esemplari. 3. Se è pronunciata sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate. 4. La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all’imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell’articolo 316. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 324, 425, 529-531; (3) art. 240 Cod. pen.

CAPO III IMPUGNAZIONI Art. 324. Procedimento di riesame. 1. La richiesta di riesame è presentata, nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 5, entro dieci giorni dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro. 2. La richiesta è presentata con le forme previste dall’articolo 582. Se la richiesta è proposta dall’imputato non detenuto né internato, questi, ove non abbia già dichiarato o eletto domicilio o non si sia proceduto a norma dell’articolo 161 comma 2,


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deve indicare il domicilio presso il quale intende ricevere l’avviso previsto dal comma 6; in mancanza, l’avviso è notificato mediante consegna al difensore. Se la richiesta è proposta da un’altra persona e questa abbia omesso di dichiarare il proprio domicilio, l’avviso è notificato mediante deposito in cancelleria (1). 3. La cancelleria dà immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto del riesame. 4. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame, facendone dare atto a verbale prima dell’inizio della discussione. 5. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento, nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti (2). 6. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall’articolo 127. Almeno tre giorni prima, l’avviso della data fissata per l’udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore e a chi ha proposto la richiesta. Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria. 7. Si applicano le disposizioni dell’articolo 309 commi 9 e 10. La revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi indicati nell’articolo 240 comma 2 del codice penale. 8. Il giudice del riesame, nel caso di contestazione della proprietà, rinvia la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel frattempo il sequestro.

bile conseguenza, la necessità di disporre faticose ricerche in grado di erodere o consumare del tutto i termini assai brevi (dieci giorni) entro i quali deve intervenire la decisione, pena la perdita di efficacia del sequestro (art. 324 comma 7 in relazione all’art. 309 commi 9 e 10). Ad evitare simili conseguenze, si è pertanto stabilito che se la richie sta di riesame è stata proposta dall’imputato non detenuto né internato, questi ha l’onere di indicare il domicilio presso il quale intende ricevere l’avviso di fissazione della udienza, prevedendosi che, in mancanza, l’avviso è notificato mediante consegna al difensore (modalità, questa, che, come è noto, sostituisce nel codice il precedente istituto del deposito in cancelleria). Viene fatta ovviamente salva l’ipotesi in cui l’imputato abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero trovi applicazione la disciplina del domicilio determinato a norma dell’art. 161 del comma 2. Qualora, poi, la richiesta di riesame sia stata proposta da un’altra persona e questa abbia omesso di dichiarare il proprio domicilio, la notificazione dell’avviso è eseguita mediante deposito in cancelleria, analogamente a quanto stabilito dall’art. 154 comma I secondo periodo. (Cfr. Rel. D.Lgs. 12/1991). (2) Il co. 5 è stato così modificato dall’art. 181 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (1) art. 257, 318, 322, 355; (2) 154, 161; (1-8) artt. 99, 229 att. c.p.p.

––––––––––– (1) Il 2° e il 3° periodo del comma 2 sono stati aggiunti ad opera dell’art. 18 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. La nuova previsione si spiega con la circostanza, lamentata da molti uffici, secondo la quale, i tribunali incontravano sovente notevoli difficoltà per la notificazione dell’avviso della data fissata per l’udienza, giacché era spesso carente l’indicazione del domicilio della persona che aveva proposto la richiesta di riesame; il che determinava, come intui-

––––––––––– 1 Con l’art. 19 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 al comma 1 e al comma 2 sono state apportate modifiche di carattere tecnico-formale e di coordinamento con le modifiche apportate con il medesimo provvedimento, alle altre disposizioni che disciplinano l’istituto del sequestro pre ventivo. Disposizioni correlative: (1) artt. 324, 569; (4) art. 588; (1-4) artt. 99, 229 att. c.p.p.

Art. 325. Ricorso per cassazione. 1. Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322 bis e 324 il pubblico ministero l’imputato e il suo difensore la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. 2. Entro il termine previsto dall’articolo 324 comma 1, contro il decreto di sequestro emesso dal giudice può essere proposto direttamente ricorso per cassazione. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame. 3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 311 commi 3 e 4. 4. Il ricorso non sospende l’esecuzione della ordinanza.


PARTE SECONDA LIBRO QUINTO INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 326. Finalità delle indagini preliminari. 1. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 50, 55, 347, 358, 347404, 405, 405-415; art. 14 reg.

Art. 327. Direzione delle indagini preliminari. 1. Il pubblico ministero dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria che, anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa secondo le modalità indicate nei successivi articoli. (1) ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 7, L. 26 marzo 2001, n. 128. Disposizioni correlative: (1) artt. 58, 348, 384 co. 2.

Art. 327 bis (1). Attività investigativa del difensore. 1. Fin dal momento dell’incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI-bis del presente libro. 2. La facoltà indicata al comma 1 può essere attribuita per l’esercizio del diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nell’esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione. 3. Le attività previste dal comma 1 possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 7 L. 7 dicembre 2000, n. 397. (2) La disciplina dettata dal presente articolo deve essere completata con quella disciplinata dall’art. 391 nonies, titolato «Attività investigativa preventiva». Dal combinato disposto delle due norme risulta, dunque, che l’attività investigativa del difensore può prescindere dalla circostanza che un procedimento penale sia già instaurato. Peraltro in questa ipotesi essa non potrà, ovviamente, esplicarsi mediante attività che richiedono l’autorizzazione o l’intervento dell’autorità giudiziaria. Disposizioni correlative: art. 391 nonies.

Art. 328. Giudice per le indagini preliminari. 1. Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del

pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa dal reato, provvede il giudice per le indagini preliminari. 1 bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell’articolo 51 comma 3 bis, le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. 1 ter. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell’articolo 51, co. 3-quater, le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. ––––––––––– 1 Per la individuazione degli interventi del «giudice per le indagini preliminari» (G.I.P.) v. specialmente artt. 70-73, 95, 103-104, 106, 131-133, 145, 175, 204, 262-263, 267, 268, 269, 279, 294, 304, 305, 307, 312, 317, 321, 338, 368, 376, 390, 391, 392 e segg., 405, 406, 408-411, 414-415, 419 e segg. 434 e segg., 438 e segg., 447, 455-458, 459 e segg. 489, 725; 22, 123, 124, 128, 135, 155, 238 att. c.p.p.; 16, 17 reg. Sulle funzioni del G.I.P. nei procedimenti per reati ministeriali v. art. 1 L. 5 giugno 1989, n. 219. 2 Il comma 1 bis è stato aggiunto dall’art. 12 D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (conv. con modif. nella L. 20 gennaio 1992, n. 8) (Coordinamento delle indagini...). La previsione consegue alla scelta di individuare nel giudice per le indagini preliminari «distrettuale» il «referente» del procuratore distrettuale legittimato alle investigazioni su delitti mafiosi. 3 Sempre con riferimento al comma 1 bis, si riporta il testo dell’art. 4 bis D.L. 7 aprile 2000, n.82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144: «La disposizione del l’articolo 328, comma 1 bis, del codice di procedura penale deve essere interpretata nel senso che quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell’articolo 51, comma 3 bis, del codice di procedura penale, anche le funzioni di giudice per l’udienza preliminare sono esercitate da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente». 4 Le disposizioni di ordinamento giudiziario prendono in esame il giudice per le indagini preliminari agli artt. 7 ter, 35, 46, 50 bis. 5 Nel corso delle indagini unico titolare delle indagini stesse è il pubblico ministero che le dirige, sicché il giudice rimane estraneo ad esse ed interviene per provvedere sulle richieste delle parti e della persona offesa solo nei casi previsti dalla legge (Cass. 30 luglio 1991, Sperio in Cass. pen. 1992, n. 534). 6 Il comma 1-ter è stato aggiunto dal comma 2 dell’art. 10-bis D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif. dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. Il successivo comma 3 dell’art. 10-bis D.L. 374/2001 cit., prevede che le disposizioni


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di cui al comma 1-ter dell’art. 328 c.p.p. si applicano soltanto ai procedimenti iniziati successivamente alla data di entrata in vigore delle disposizioni medesime. Disposizioni correlative: (1) artt. 22, 51, 60, 61, 74 83, 89, 90, 91, 121; artt. 105, 238 att. c.p.p. artt. 14, 16, 17, 23 reg.

Art. 329. Obbligo del segreto. 1. Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari. 2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall’articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero. 3. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato: a) l’obbligo del segreto per singoli atti, quando l’imputato lo consente o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone; b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni. ––––––––––– 1 Sono coperte da «segreto d’ufficio» le notizie comunicate dall’Autorità giudiziaria al Governatore della Banca d’ltalia a norma dell’art. 4 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991, n. 82). 2 Devono ritenersi coperte da segreto d’ufficio le informazioni che l’autorità giudiziaria procedente è tenuta a comunicare alla CONSOB se la notizia dei reati di cui agli artt. 2 e 5 L. 157/1991 (in tema di uso di informazioni riservate nelle operazioni in valori mobiliari) è acquisita al di fuori dell’attività di verifica demandata alla stessa CONSOB (art. 8 comma 5 L. 17 maggio 1991, n. 157). 3 La disciplina sul segreto di indagine subisce alcune significative deroghe collegate alla volontà del legislatore di assicurare: a) La circolazione degli atti fra procedimenti connessi e collegati anche se pendenti davanti ad autorità giudiziarie diverse (ivi compreso il procuratore nazionale antimafia) (art. 117: trasmissione anche spontanea – e quindi non solo su richiesta – di atti coperti dal segreto da una autorità giudiziaria all’altra quando ciò è «necessario» per il compimento di indagini). b) La cooperazione fra organismi istituzionali: 1) il Ministro dell’Interno (art. 118 come modif. dall’art. 4 comma 10 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356 – e art. 2 comma 2 quater D.L. 28 ottobre 1991, n. 345 – conv. con modif. nella L. 30 dicembre 1991, n. 410 – in rel. all’art. 1 quinquies D.L. 6 settembre 1992, n. 629), direttamente o a mezzo di un ufficiale di polizia giudiziaria (o anche di personale della D.l.A.) appositamente delegato può ottenere copia di atti o informazioni sul loro contenuto ritenute «indispensabili» per la prevenzione dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza (art. 380) o dei delitti di tipo mafioso (art. 1 quinquies comma 3). 2) L’autorità giudiziaria deve trasmettere al Ministro

Codice procedura penale Artt. 329, 331 dell’Interno copia degli atti ritenuti utili concernenti fatti connessi a delitti di tipo mafioso (art. 1 quinquies comma 4 D.L. 629/1982 in rel. all’art. 2 comma 2 quater D.L. 345/1991). 3) ll Ministro dell’Interno direttamente o a mezzo di ufficiali di polizia giudiziaria specificamente delegati può richiedere (o l’autorità giudiziaria anche di iniziativa può trasmettere) copia di atti e informazioni ritenute indispensabili per la prevenzione e il tempestivo accertamento dei delitti in materia di sostanze stupefacenti. Le copie e le informazioni possono essere comunicate anche agli organi di polizia di stati esteri con i quali siano state raggiunte intese specifiche in materia di lotta al traffico degli stupefacenti (art 102 T.U. approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309). 4 Un’ipotesi di deroga al regime previsto dall’art. 329 è prevista dall’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 143 (Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso) del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 che così dispone: «Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al comma 1 o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all’articolo 329 del codice di procedura penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento». Disposizioni correlative: (1) artt. 326, 621 Cod. pen.; artt. 114, 116, 117, 118, 243, 258, 309, 324, 366, 369, 395, 409, 419, 430, 432, 433; (3) art. 114.

TITOLO II NOTIZIA DI REATO Art. 330. Acquisizione delle notizie di reato. 1. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 55.

Art. 331. Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio. 1. Salvo quanto stabilito dall’articolo 347, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito. 2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria. 3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto. 4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l’autorità che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero. ––––––––––– 1 L’art. 3 1. 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel set-


Codice procedura penale Artt. 332, 333 tore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche) ha previsto espressamente un «obbligo di rapporto» all’autorità giudiziaria a carico dei: a) presidenti delle federazioni sportive nazionali affiliate al CONI; b) presidenti degli organi di disciplina di 2° grado delle stesse federazioni; c) presidenti e organi corrispondenti preposti alle federazioni riconosciute dal CONI, all’UNIRE, ad altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e alle associazioni ad essi aderenti. L’obbligo di «rapporto» sussiste quando i soggetti appena indicati hanno nell’esercizio o a causa delle loro funzioni notizia di «frodi di competizioni sportive» e cioè dei reati previsti dall’art. 1 della stessa legge 401/1989. 2 Sul sindaco incombe l’obbligo di immediata comunicazione all’autorità giudiziaria e a quella di pubblica sicurezza ove dalla scheda di morte risulti o sorga comunque il sospetto che la morte sia dovuta a reato (art. 3 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 che ha approvato il Regolamento di polizia mortuaria). 3 Nel caso di assegni bancari senza provvista (art. 2 L. 15 dicembre 1990 n. 386) e di loro mancato pagamento a noma dell’art. 8 comma 1 L. cit. la denuncia di reato è presentata o trasmessa dal pubblico ufficiale che deve levare il protesto o effettuare la constatazione equivalente decorso il termine di sessanta giorni previsto nel predetto comma 1 dell’art. 8. 4 Per i «rapporti, i referti e le denunzie» in tema di reati ministeriali e dei reati indicati nell’art. 90 Cost. v. L. Cost. 1 gennaio 1989, n. 1 e L. 5 giugno 1989, n. 219. 5 Nel caso di violazione delle disposizioni di cui agli artt. 2 e 5 L. 17 maggio 1991, n. 157 in tema di insider trading (uso di informazioni riservate nelle operazioni in valori mobiliari) incombe sul presidente della CONSOB (commissione nazionale per la società e la borsa) l’obbligo di denuncia di cui all’art. 8 L. 157/1991 cit. 5 Con riferimento agli adempimenti relativi alla morte di una persona, si riportano gli articoli 76, 77 e 78 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 recante «Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello Stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127»: «Art. 76. Denuncia di ipotesi di reato. 1. L’ufficiale dello Stato civile che, nell’accertare la morte di una persona ai fini dell’autorizzazione alla inumazione o alla tumulazione, o il sindaco che, ai fini dell’autorizzazione alla cre mazione, rilevi qualche indizio di morte dipendente da reato, o ne abbia comunque conoscenza, deve farne imme diata denuncia al procuratore della Repubblica dando, intanto, se occorre, le disposizioni necessarie affinché il cadavere non sia rimosso dal luogo in cui si trova. Art. 77. Accertamenti legali. 1. Quando risultano segni o indizi di morte violenta, o vi è ragione di sospettarla per altre circostanze, non si può inumare, tumulare o cremare il cadavere, se non dopo che il magistrato o l’ufficiale di polizia giudiziaria, assistito da un medico, ha redatto il processo verbale sullo stato del cadavere, sulle circostanze relative alla morte e sulle notizie che ha potuto raccogliere circa il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita e la residenza del defunto. 2. Il magistrato o l’ufficiale di polizia giudiziaria deve prontamente dare all’ufficiale dello stato civile del luogo dove è morta la persona e, quando questo non è noto, del luogo dove il cadavere è stato deposto, le notizie necessarie alla formazione dell’atto di morte. Art. 78. Irreperibilità o irriconoscibilità di cadavere. 1. Nel caso di morte di una o più persone senza che sia possibile rinvenirne o riconoscerne i cadaveri, il procuratore della Repubblica redige processo verbale dell’accaduto.

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2. L’atto di morte viene formato con la procedura di rettificazione sulla base del decreto emesso dal tribunale. 3. La relativa azione è promossa dal procuratore della Repubblica.». Disposizioni correlative: (1) artt. 357-362; artt. 106, 129 att. c.p.p.; art. 3 L. 13 dicembre 1989, n. 401; (2) artt. 51 57; (2) artt. 107, 221 att. c.p.p.; (3) art. 110; (4) art. 295 Cod. proc. civ.

Art. 332. Contenuto della denuncia. 1. La denuncia contiene la esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno dell’acquisizione della notizia nonché le fonti di prova già note. Contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti. Art. 333. Denuncia da parte di privati. 1. Ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può farne denuncia. La legge determina i casi in cui la denuncia è obbligatoria. 2. La denuncia è presentata oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria; se è presentata per iscritto, è sottoscritta dal denunciante o da un suo procuratore speciale. 3. Delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto disposto dall’articolo 240. ––––––––––– 1 Va ricordata la peculiare ipotesi di cui all’art. 3 D.L 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991, n. 82) (Nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia). 2 Sull’obbligo di rapporto a carico degli organi delle federazioni sportive v. nota 1 sub art. 331. 3 Per le «denunzie» concernenti i reati ministeriali v. nota 4 sub art. 331. 4 La denuncia da parte dei privati è obbligatoria: – per il cittadino italiano che abbia avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato per il quale la legge prevede la pena dell’ergastolo (art. 364 c.p.); – per chiunque abbia ricevuto in buona fede monete contraffatte o alterate e si accorga poi della loro contraffazione (art. 694 c.p. ora sanzionato in via amministrativa); – per chiunque abbia ricevuto denaro o acquistato o comunque ricevuto cose provenienti da delitto senza conoscerne o sospettarne la provenienza (art. 709 c.p.) – per chi abbia notizia che nel luogo da lui abitato si trovano materie esplodenti (art. 679 c.p.) o rinvenga esplosivi di qualunque natura o venga a conoscenza di depositi o di rinvenimenti di esplosivi (art. 20 comma 6 L. 18 aprile 1975, n. 110); – per chi abbia subìto il furto o sia incorso nello smarrimento di armi, parti di esse o esplosivi di qualunque natura (art. 20 comma 3 L. 110/1975). Si aggiunga infine che chiunque rinvenga un’arma o parte di essa è tenuto ad effettuarne immediatamente il deposito presso l’Autorità locale di Pubblica Sicurezza o in mancanza al più vicino comando dei Carabinieri (art. 20 comma 5 L. 110/1975); – per i rappresentanti di enti sportivi (affiliati o riconosciuti dal CONI e dall’UNIRE) che nell’esercizio o a causa


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delle loro funzioni hanno avuto notizia di frodi in competizioni sportive (v. anche per maggiori dettagli artt. 1 e 3 L. 13 dicembre 1989, n. 401). 5 In tema di ricezione di denuncia a domicilio di soggetti portatori di handicap, di persone anziane o altrimenti im pedite, il comma 2 dell’art. 17, L. 26 marzo 2001, n. 128 così dispone: «2. Qualora vittime di reati siano soggetti portatori di handicap, persone anziane o altrimenti impedite, in seguito alle richieste di intervento da questi inoltrate un appartenente alle forze dell’ordine si reca al domicilio della vittima stessa anche al fine di stendere e ricevere la relativa denuncia. Le modalità di attuazione del servizio sono stabilite con prtocolli di intesa tra comuni e prefetture». Disposizioni correlative (1-2) artt. 107, 108 att. c.p.p.; art. 5 reg.; (1) artt. 679, 694, 697, 709 Cod. pen.; art. 256 Cod. proc civ.; art. 364; (2) artt. 51, 57, 110, 122, 357, 373; (3) art. 191 .

Art. 334. Referto. 1. Chi ha l’obbligo del referto deve farlo pervenire entro quarantotto ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all’ufficiale di polizia giudiziaria più vicino. 2. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze dell’intervento; dà inoltre le notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare. 3. Se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto. ––––––––––– 1 Per i referti concernenti i reati ministeriali v. nota 4 sub art 331. Disposizioni correlative: (1) art. 365 Cod. pen artt. 51, 57; art. 3 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (che ha approvato il Regolamento di polizia mortuaria); (3) art. 110.

Art. 334 bis. (1) Esclusione dell’obbligo di denuncia nell’ambito dell’attività di investigazioni difensiva. 1. Il difensore e gli altri soggetti di cui all’articolo 391 bis non hanno obbligo di denuncia neppure relativamente ai reati dei quali abbiano avuto notizia nel corso delle attività investigative da essi svolte. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 8 L. 7 dicembre 2000, n. 397.

Art. 335. (1) Registro delle notizie di reato. 1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell’apposito registro custodito presso l’ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito.

Codice procedura penale Artt. 334, 337 2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l’aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni. 3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), le iscrizioni previste dai commi 1 e 2 sono comunicate alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano richiesta. 3 bis. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine, il pubblico ministero, nel decidere sulla richiesta, può disporre, con decreto motivato il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile. ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. Disposizioni correlative: (1-3) artt. 109, 110, 244 att. c.p.p.; artt. 27, 28, 36 reg.; (1) artt. 330, 405, 414, 415, 449, 454, 459, 553; (3) artt. 60, 116, 329.

TITOLO III CONDIZIONI DI PROCEDIBILITÀ Art. 336. Querela. 1. La querela è proposta mediante dichiarazione nella quale, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, si manifesta la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 120 Cod. pen.; art. 122; art. 107 att. c.p.p. Sui casi di intevento del procuratore speciale v. artt. 38, 46, 82, 84-85, 122, 141, 333, 336, 337, 339, 340, 419, 438, 446, 571, 589, 633, 645.

Art. 337. Formalità della querela. 1. La dichiarazione di querela è proposta, con le forme previste dall’articolo 333 comma 2, alle autorità alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. Essa, con sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato. 2. Quando la dichiarazione di querela è proposta oralmente, il verbale in cui essa è ricevuta è sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale. 3. La dichiarazione di querela proposta dal legale rappresentante di una persona giuridica, di un ente o di una associazione deve contenere la indicazione specifica della fonte dei poteri di rappresentanza. 4. L’autorità che riceve la querela provvede all’attestazione della data e del luogo della presentazione, all’identificazione della persona che la pro-


Codice procedura penale Artt. 338, 343 pone e alla trasmissione degli atti all’ufficio del pubblico ministero. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 110, 331, 333; art. 107 att c.p.p; art. 2703 Cod. civ.; (2) artt. 110, 122, 357, 373, 380, 381; (4) artt. 51, 111.

Art. 338. Curatore speciale per la querela. 1. Nel caso previsto dall’articolo 121 del codice penale, il termine per la presentazione della querela decorre dal giorno in cui è notificato al curatore speciale il provvedimento di nomina. 2. Alla nomina provvede, con decrcto motivato, il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui si trova la persona offesa, su richiesta del pubblico ministero. 3. La nomina può essere promossa anche dagli enti che hanno per scopo la cura, l’educazione, la custodia o l’assistenza dei minorenni. 4. Il curatore speciale ha facoltà di costituirsi parte civile nell’interesse della persona offesa. 5. Se la necessità della nomina del curatore speciale sopravviene dopo la presentazione della querela, provvede il giudice per le indagini preliminari o il giudice che procede. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 124 Cod. pen.; (2) art. 328. Sui casi di intervento del curatore, v. artt. 71, 77, 338, 340, 571, 630, 666, 681.

Art. 339. Rinuncia alla querela. 1. La rinuncia espressa alla querela è fatta personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione sottoscritta, rilasciata all’interessato o a un suo rappresentante. La dichiarazione può anche essere fatta oralmente a un ufficiale di polizia giudiziaria o a un notaio, i quali accertata l’identità del rinunciante, redigono verbale. Questo non produce effetti se non è sottoscritto dal dichiarante. 2. La rinuncia sottoposta a termini o a condizioni non produce effetti. 3. Con la stessa dichiarazione può essere fatta rinuncia anche all’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 57, 110, 122; (3) art. 74.

Art. 340. Remissione della querela. 1. La remissione della querela è fatta e accettata personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione ricevuta dall’autorità procedente o da un ufficiale di polizia giudiziaria che deve trasmetterla immediatamente alla predetta autorità. 2. La dichiarazione di remissione e quella di accettazione sono fatte con le forme previste per la rinuncia espressa alla querela. 3. Il curatore speciale previsto dall’articolo 155 comma 4 del codice penale è nominato a norma dell’articolo 338.

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4. Le spese del procedimento sono a carico del querelato, salvo che nell’atto di remissione sia stato diversamente convenuto. (1) ––––––––––– (1) L’ultimo comma, così come modificato dall’art. 13 L. 25 giugno 1999, n. 205, ha invertito il principio del carico delle spese in caso di remissione di querela: esse sono ora sopportate, salva diversa pattuizione, dal querelato e non più dal remittente. Disposizioni correlative: (1) artt. 152-156 Cod. pen.; artt. 57, 122; (2) art. 339; (4) art. 147.

Art. 341. Istanza di procedimento. 1. L’istanza di procedimento è proposta dalla persona offesa con le forme della querela. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 9, 10, 58 bis, 130 Cod. pen.; artt. 337, 357, 373.

Art. 342. Richiesta di procedimento. 1. La richiesta di procedimento è presentata al pubblico ministero con atto sottoscritto dall’autorità competente. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 8-11, 58 bis, 127 e segg., 313 Cod. pen.

Art. 343. Autorizzazione a procedere. 1. Qualora sia prevista l’autorizzazione a procedere, il pubblico ministero ne fa richiesta a norma dell’articolo 344. 2. Fino a quando non sia stata concessa l’autorizzazione, è fatto divieto di disporre il fermo o misure cautelari personali nei confronti della persona rispetto alla quale è prevista l’autorizzazione medesima nonché di sottoporla a perquisizione personale o domiciliare, a ispezione personale, a ricognizione, a individuazione, a confronto, a intercettazione di conversazioni o di comunicazioni. Si può procedere all’interrogatorio solo se l’interessato lo richiede. 3. Gli atti previsti dal comma 2 sono consentiti, anche prima della richiesta di autorizzazione, quando la persona è colta nella flagranza di uno dei delitti indicati nell’articolo 380 commi 1 e 2. Tuttavia, se la necessità dell’autorizzazione concerne un membro della Corte costituzionale, non possono essere compiuti atti diversi dall’arresto o dalle perquisizioni personali o domiciliari, ai quali può procedersi soltanto in caso di flagranza di un delitto non colposo consumato o tentato, nei casi indicati nell’articolo 380 commi 1 e 2 lettere a), b), d), i), nonché lettere c), f), g), h) se la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni (1). 4. Gli atti compiuti in violazione di quanto stabilito nei commi 2 e 3 non possono essere utilizzati. 5. L’autorizzazione a procedere, una volta concessa, non può essere revocata. ––––––––––– 1 Per l’autorizzazione a procedere in ordine a reati mini-


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steriali v. L. Cost. 16 gennaio 1989, n. 1 e L. 5 giugno 1989, n. 219. Si veda anche l’art. 96 Cost. come sostituito dall’art. 1 della L. cost. 1/1989. 2 A seguito della modifica dell’art. 68 Cost. (intervenuta con L. cost. 29 ottobre 1993, n. 3) gli articoli 343 e 344 non operano più con riferimento ai membri del Parlamento (nazionale ed europeo) ma solo con riferimento ai giudici della Corte cost. e alle ipotesi di cui all’art.313 c.p.p. Disposizioni correlative: (1) art. 68 Cost.; art. 313 Cod. pen.; art. 339 Cod. pen. mil. pace; art. 655; art. 111 att. c.p.p.; (2) artt. 65, 364, 374, 249, 352, 250, 251, 352, 245, 211, 212, 280-290, 312, 313, 384; (3) artt. 249-251, 352, 380; (4) art. 191.

Art. 344. Richiesta di autorizzazione a procedere. 1. Il pubblico ministero chiede l’autorizzazione prima di procedere a giudizio direttissimo o di richiedere il giudizio immediato, il rinvio a giudizio, il decreto penale di condanna o di emettere il decreto di citazione a giudizio. Nei procedimenti di competenza del [pretore] (3), la richiesta deve essere presentata prima dell’emissione del decreto di citazione a giudizio. La richiesta deve, comunque, essere presentata entro trenta giorni dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome della persona per la quale è necessaria l’autorizzazione. 2. Se la persona per la quale è necessaria l’autorizzazione è stata arrestata in flagranza, il pubblico ministero richiede l’autorizzazione a procedere immediatamente e comunque prima della udienza di convalida. 3. Il giudice sospende il processo e il pubblico ministero richiede senza ritardo l’autorizzazione a procedere qualora ne sia sorta la necessità dopo che si è proceduto a giudizio direttissimo ovvero dopo che sono state formulate le richieste previste dalla prima parte del comma 1. Se vi è pericolo nel ritardo, il giudice provvede all’assunzione delle prove richieste dalle parti. 4. Quando si procede nei confronti di più persone per alcune delle quali soltanto è necessaria l’autorizzazione e questa tarda ad essere concessa, si può procedere separatamente contro gli imputati per i quali l’autorizzazione non è necessaria. ––––––––––– Il co. 1 è stato così modificato dall’art. 182 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. 1 In caso di autorizzazione a procedere il corso della prescrizione (art. 159 c.p.) è sospeso dal momento in cui il pubblico ministero effettua la relativa richiesta. Riprende a decorrere dal giorno in cui l’autorità competente accoglie la richiesta (art. 1 L. 5 ottobre 1991, n. 320). 2 Vedi nota 2) sub art. 343. Disposizioni correlative: (1) artt. 7, 335, 405, 453, 459, 554-555, 565-566; (2) artt. 343, 391; (3) artt. 18, 449, 566; (4) art. 18. 3 In relazione all’art. 244 del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, il riferimento al pretore deve essere inteso al tribunale in composizione monocratica a cui sono state trasferite le relative funzioni.

Codice procedura penale Artt. 344, 347 Art. 345. Difetto di una condizione di procedibilità. Riproponibilità dell’azione penale. 1. Il provvedimento di archiviazione e la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, anche se non più soggetta a impugnazione, con i quali è stata dichiarata la mancanza della querela, della istanza, della richiesta o dell’autorizzazione a procedere, non impediscono l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona se è in seguito proposta la querela, l’istanza, la richiesta o è concessa l’autorizzazione ovvero se è venuta meno la condizione personale che rendeva necessaria l’autorizzazione. 2. La stessa disposizione si applica quando il giudice accerta la mancanza di una condizione di procedibilità diversa da quelle indicate nel comma 1. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 336, 341-343, 405, 409, 411, 425.

Art. 346. Atti compiuti in mancanza di una condizione di procedibilità. 1. Fermo quanto disposto dall’articolo 343, in mancanza di una condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire, possono essere compiuti gli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova e, quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste dall’articolo 392. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 348; art. 112 att. c.p.p.

TITOLO IV ATTIVITÀ A INIZIATIVA DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA Art. 347. Obbligo di riferire la notizia del reato. 1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria senza ritardo riferisce al pubblico ministero per iscritto gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute delle quali trasmette la relativa documentazione. 2. Comunica, inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti. 2 bis. Qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro quarantotto ore dal compimento dell’atto salve le disposizioni di legge che prevedono termini particolari. 3. Se si tratta di taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1 a 6 e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di ur-


Codice procedura penale Artt. 348, 349 genza, la comunicazione della notizia di un reato è data immediatamente anche in forma orale. Alla comunicazione orale deve seguire senza ritardo quella scritta con le indicazioni e la documentazione previste dai commi 1 e 2. 4. Con la comunicazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l’ora in cui ha acquisito la notizia. ––––––––––– Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. 1 Per quanto concerne i tempi e le forme in cui la notizia di reato deve essere trasmessa, le originarie previsioni dell’art. 347 c.p.p. sono state per più versi significativamente modificate dall’art. 4 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 35) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). L’art. 4 D.L. cit. ha sostituito il precedente comma 1 dell’art. 347, ha introdotto un nuovo comma, il 2 bis, e sostituito il primo periodo del «vecchio» comma 3. 2 È ancora da segnalare che il co. 7 art. 4 D. L. 306/92, inserisce l’art. 108 bis disp. att. che disciplina le «Modalità particolari di trasmissione della notizia di reato» prevedendo che tiene luogo alla comunicazione scritta quella consegnata su supporto magnetico o trasmessa per via telematica, con l’obbligo, per la polizia giudiziaria di indicare le date di consegna e di trasmissione. Tali previsioni mirano ad adeguare il flusso informativo che alimenta il registro delle notizie di reato con le esigenze di informatizzazione dello stesso: la completa disciplina della materia è rinviata ad apposite norme regolamentari (art. 4 commi 11 e 12 D.L. 306/92). 3 Si veda la nota 1 all’art 117 c.p.p. per quanto attiene al nuovo potere del procuratore nazionale antimafia di accedere nell’ambito delle funzioni di cui al predetto art. 371 bis c.p.p. al registro delle notizie di reato e alle banche dati istituite presso le procure distrettuali antimafia. 4 V. note 2 e 4 all’art. 331. 5 Una specifica disciplina per l’invio delle «segnalazioni» concernenti reati in materia di contrabbando di tabacchi lavorati esteri è prevista dall’art. 3 D.Lgs. 9 novembre 1990, n. 375. Su tale decreto e sulla custodia delle cose sequestrate relativamente ai predetti reati v. nota all’art. 259. 6 L’art. 50 L. 16 dicembre 1999, n. 479 ha introdotto l’art.107 bis disp. att. c.p.p. a mente del quale «Le denunce a carico di ignoti sono trasmesse all’ufficio di procura competente da parte degli organi di polizia, unitamente agli eventuali atti di indagine svolti per la identificazione degli autori del reato, con elenchi mensili». Disposizioni correlative: (1-2) artt. 16, 112, 221 att. c.p.p.; art. 14 reg.; (1) artt. 55, 330, 331, 332, 335, 348, 350 co. 6, 352 co. 4, 353, 355 co. 1, 357, 366, 386, 389; (2) art. 349.

Art. 348. Assicurazione delle fonti di prova. 1. Anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, la polizia giudiziaria continua a svolgere le funzioni indicate nell’articolo 55 raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole. 2. Al fine indicato nel comma 1, procede, fra l’altro: a) alla ricerca delle cose e delle tracce perti-

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nenti al reato nonché alla conservazione di esse e dello stato dei luoghi; b) alla ricerca delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti; c) al compimento degli atti indicati negli articoli seguenti. 3. Dopo l’intervento del pubblico ministero, la polizia giudiziaria compie gli atti ad essa specificamente delegati a norma dell’articolo 370, esegue le direttive del pubblico ministero ed inoltre svolge di propria iniziativa, informandone prontamente il pubblico ministero, tutte le altre attività di indagine per accertare i reati ovvero richieste da elementi successivamente emersi e assicura le nuove fonti di prova. 4. La polizia giudiziaria, quando, di propria iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero, compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee le quali non possono rifiutare la propria opera. ––––––––––– 1 Il comma 1 è stato sostituito dall’art. 4, comma 2, D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. dalla L. 7 agosto 1992, n 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). 1 bis Il comma 3 è stato così sostituito dall’art. 8, L. 26 marzo 2001, n. 128. 2 Sul punto delle fasi e delle caratteristiche dell’attività di polizia giudiziaria può dirsi allora che tale attività può essere distinta in attività a iniziativa e attività delegata. L’attività a iniziativa può essere ripartita a sua volta in: a) attività autonoma: è l’attività compiuta, dopo l’acquisizione della notizia di reato e sino a quando non intervengono le direttive del pubblico ministero (art. 348 comma 1); b) attività guidata: è, dunque, l’attività che la polizia giudiziaria svolge nell’ambito delle direttive impartite dal pubblico ministero (v. art. 348 comma 3); c) attività successiva: è l’attività svolta dalla polizia giudiziaria sulla base di quanto richiesto da elementi successivamente emersi (art. 348 comna 3); L’emergere di tali elementi è conseguenza di atti specificamente delegati o dell’attività di indagine guidata (compiuta cioè nell’ambito delle direttive impartite). Nel caso di attività successiva si assiste quindi ad una sorta di «reviviscenza» dell’attività autonoma originaria della polizia giudiziaria che, come dispone l’art. 348 comma 3, ultimo inciso, dovrà assicurare le nuove fonti di prova delle quali è venuta a conoscenza informando prontamente il pubblico ministero; d) attività parallela: è l’attività autonoma che la polizia giudiziaria compie, dopo aver ricevuto le direttive del pubblico ministero e indipendentemente da queste, in attuazione di proprie idee investigative (art. 348 comma 3 come modif. dall’art. 4 D.L. 306/1992). Disposizioni correlative: (1) artt. 55, 326, 327, 346, 352354, 357; (2) artt. 349-355; (3) artt. 327, 347, 384 co. 3; (4) art. 650 Cod. pen.; artt. 143, 359, 370; art. 77 att. c.p.p.

Art. 349. Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone. 1. La polizia giudiziaria procede alla


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identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti. 2. Alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini può procedersi anche eseguendo, ove occorra, rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti. 3. Quando procede alla identificazione, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o a eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell’articolo 161. Osserva inoltre le disposizioni dell’articolo 66. 4. Se taluna delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore. 5. Dell’accompagnamento e dell’ora in cui questo è stato compiuto è data immediata notizia al pubblico ministero il quale, se ritiene che non ricorrono le condizioni previste dal comma 4, ordina il rilascio della persona accompagnata. 6. Al pubblico ministero è data altresì notizia del rilascio della persona accompagnata e dell’ora in cui esso è avvenuto. ––––––––––– 1 Per le identificazioni di pubblica sicurezza v. art. 11 D.L. 21 marzo 1978, n. 59 e l’art. 4 T.U.L.P.S. Esse si distinguono dalla identificazione dell’art. 349 c.p.p. in quanto, a differenza di quest’ultima, non riguardano l’indagato, l’imputato e il «testimone», ma «persone pericolose o sospette» e si collocano, quindi, «prima e indipendentemente dal compimento di un reato. Disposizioni correlative (1-6) art. 650 Cod. pen.; artt. 55, 347-348, 351; art. 94 att. c.p.p.; (4) artt. 495, 496 Cod. pen; artt. 132-133. V. anche, art. 4 R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e art. 7 R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (Pubblica sicurezza); art. 11 D.L. 21 marzo 1978, n. 59 (Nuove norme ... per la prevenzione e la repressione di gravi reati).

Art. 350. Sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini. 1. Gli ufficiali di polizia giudiziaria assumono, con le modalità previste dall’articolo 64, sommarie informazioni utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di arresto o di fermo a norma dell’articolo 384. 2. Prima di assumere le sommarie informazioni, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a norma dell’articolo 97 comma 3.

Codice procedura penale Artt. 350, 351 3. Le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore, al quale la polizia giudiziaria dà tempestivo avviso. ll difensore ha l’obbligo di presenziare al compimento dell’atto. 4. Se il difensore non è stato reperito o non è comparso, la polizia giudiziaria richiede al pubblico ministero di provvedere a norma dell’articolo 97 comma 4. 5. Sul luogo o nell’immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la presenza del difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o fermata a norma dell’articolo 384, notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini. 6. Delle notizie e delle indicazioni assunte senza l’assistenza del difensore sul luogo o nell’immediatezza del fatto a norma del comma 5 è vietata ogni documentazione e utilizzazione. 7. La polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita la utilizzazione nel dibattimento salvo quanto previsto dall’articolo 503, comma 3. (1) ––––––––––– (1) Il comma 7 è stato così sostituito dall’art. 4 comma 3 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale. . .). Per una precedente dichiarazione di incostituzionalità dello stesso comma 7 (per «eccesso di delega») v. sent. Corte cost. 12 giugno 1991, n. 259. Disposizioni correlative: (1) artt. 57, 61, 357, 380 e segg.; (2) artt. 63, 96; (3) artt. 179, 503; (5) artt. 348, 380 e segg.; (6) artt. 62, 191, 357, 405, 421, 431, 433, 503, 514; (7) artt. 62, 191, 514 co. 2.

Art. 351. Altre sommarie informazioni. 1. La polizia giudiziaria assume sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Si applicano le disposizioni del secondo e terzo periodo del comma 1 dell’articolo 362. (1) 1 bis. All’assunzione di informazioni da persona imputata in un procedimento connesso ovvero da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede nel caso previsto dall’art. 371, comma 2, lettera b), procede un ufficiale di polizia giudiziaria. La persona predetta, se priva del difensore, è avvisata che è assistita da un difensore di ufficio, ma che può nominarne uno di fiducia. Il difensore deve essere tempestivamente avvisato e ha diritto di assistere all’atto. ( 2) ––––––––––– (1) L’ultimo periodo introdotto dall’art. 4 lett. a) D.L. 8 giugno 1992, n. 306 conv., con modif., nella L. 7 agosto 1992, n. 356 (Modifiche urgenti al nuovo codice di proce-


Codice procedura penale Art. 352 dura penale...) è stato così modificato dall’art. 13, co. 1, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12. L’art. 362, cui è operato il rinvio contenuto nell’ultimo periodo del comma 1 disciplina l’assunzione delle informazioni dei «potenziali testimoni» da parte del pubblico ministero (così come l’art. 351 comma 1 c.p.p. regola quelle assunte dalla polizia giudiziaria) ed è stato a sua volta modificato prima dall’art. 5 comma 2 D.L. cit. e poi dall’art. 13, co. 2, L. 63/2001 cit., con la sostituzione dell’ultimo periodo mediante il seguente: «Si applicano le disposizioni degli articoli 197, 197 bis, 198, 199, 200, 201, 202 e 203». Da quanto sopra, risulta dunque che l’assunzione delle informazioni dei «potenziali testimoni» sia da parte della polizia giudiziaria che del pubblico ministero è regolata dalle disposizioni dettate dal codice per la vera e propria testimonianza in tema di «Incompatibilità con l’ufficio di testimone» (art. 197), «Persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato che assumono l’ufficio di testimone (art. 197 bis)», di «Obblighi del testimone» (art. 198) (fra i quali va in particolare segnalato quello di «... rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte...») «Facoltà di astensione» e di facoltà od obbligo di astenersi dal deporre o di opporre il segreto (di ufficio, professionale, di Stato...). Di tutte le informazioni assunte a norma dell’art. 351 (e non solo, dunque, come secondo il testo previgente di quelle «assunte nel corso delle perquisizioni ovvero sul luogo e nell’immediatezza del fatto») (art. 357 comma 2 lett. c) c.p.p. come modif. dall’art. 4 comma 5 D.L. cit.) deve essere redatto verbale. Nello stesso senso dispone, per quanto concerne le informazioni assunte dal pubblico ministero l’art. 5 comma 4 D.L. cit. che sostituisce la lett. d) dell’art. 373 comma 1 c.p.p. (2) Il comma 1 bis dell’art. 351 è stato inserito dall’art. 4 comma 4 lett. b) D.L. 306/1992 cit. Esso legittima espressamente gli ufficiali di polizia giudiziaria ad assumere le informazioni di persone imputate in un procedimento connesso o collegato (ad esempio dei cc.dd. pentiti) siano esse in stato di libertà o detenute (non è infatti posta alcuna limitazione correlata allo status del soggetto). Quanto alle garanzie difensive è previsto che la persona, se priva di difensore debba essere avvisata che è assistita da un difensore di ufficio ma che può nominarne uno di fiducia. ll difensore deve essere tempestivamente avvisato ed ha diritto di assistere all’atto (l’assistenza non è obbligatoria). Quanto all’utilizzazione dell’atto è da tener presente che, a parte la sua piena utilizzabilità prima del giudizio nel dibattimento esso potrà essere utilizzato per le contestazioni ai sensi dell’art. 503 comma 3 c.p.p. Quanto alla documentazione essa deve avvenire mediante verbale (art. 357 comma 2 lett. c) c.p.p., come sostituita dall’art. 4 comma 5 D.L. cit.). (3) Sugli effetti delle false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria, v. sub art. 381 nota 8. Disposizioni correlative: (1) artt. 63, 195, 348, 362, 357 co. 1 e co. 2 lett. c) 405, 421, 431, 433, 500 co. 1 e 4.

Art. 352. Perquisizioni. 1. Nella flagranza del reato o nel caso di evasione, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono a perquisizione personale o locale quando hanno fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o

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disperse ovvero che tali cose o tracce si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l’evaso. 2. Quando si deve procedere alla esecuzione di un’ordinanza che dispone la custodia cautelare o di un ordine che dispone la carcerazione nei confronti di persona imputata o condannata per uno dei delitti previsti dall’articolo 380 ovvero al fermo di una persona indiziata di delitto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizione personale o locale se ricorrono i presupposti indicati nel comma 1 e sussistono particolari motivi di urgenza che non consentono la emissione di un tempestivo decreto di perquisizione. 3. La perquisizione domiciliare può essere eseguita anche fuori dei limiti temporali dell’articolo 251 quando il ritardo potrebbe pregiudicarne l’esito. 4. La polizia giudiziaria trasmette senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita il verbale delle operazioni compiute. Il pubblico ministero, se ne ricorrono i presupposti, nelle quarantotto ore successive, convalida la perquisizione. ––––––––––– 1 Restano tuttora in vigore altri tipi di perquisizione previsti da leggi speciali e, in specie, quelli di cui agli artt. 41 T.U.L.P.S. e 33 L. 7 gennaio 1929, n. 1 (sui quali, v. sub art. 225 att. c.p.p.). Restano in vigore anche le previsioni dell’art. 4 L. 22 maggio 1975, n. 152 (c.d. perquisizione sul posto) espressamente «mantenute in vita» dalla disposizione dell’art. 27 L. 19 marzo 1990, n. 55 e la cui ultravigenza, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale era già stata affermata nelle osservazioni al progetto definitivo delle disposizioni di attuazione del codice stesso. Dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura sono stati introdotti nell’ordinamento altri tipi di perquisizione anche personale (oltre che di ispezione e di controllo dei mezzi di trasporto dei bagagli e degli effetti personali) nell’ambito delle operazioni di prevenzione e repressione dei reati di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.) riciclaggio (artt. 648 bis e ter c.p.) e traffico illecito di sostanze stupefacenti (v. rispettivamente art. 27 L. 19 marzo 1990, n. 55 e 103 T. U. in materia di stupefacenti approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309). Si ricordi, anche l’art. 99 T.U. in materia di sostanze stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) in tema di perquisizione e «cattura» di navi e aeromobili sospetti di attendere al traffico illecito di tali sostanze. 2 L’art. 25 bis D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...) ha disciplinato l’istituto delle perquisizioni di edifici. 3 Il D.L. 25 luglio 1992, n. 349 (conv. con modif. nella L. 23 settembre 1992, n. 386) (Misure urgenti per contrastare la criminalità organizzata in Sicilia) previde che i militari delle Forze armate, nell’ambito di operazioni di sicurezza e controllo del territorio e di prevenzione di delitti di criminalità organizzata potessero procedere alla identificazione ed alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto a norma dell’articolo 4 della legge 22 maggio 1975, n. 152 anche al fine di prevenire o impedire compor-


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tamenti che possono mettere in pericolo l’incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi o delle infrastrutture vigilate con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria. In conformità a quanto previsto dall’art. 352 c.p.p. delle operazioni di perquisizione doveva essere data notizia, senza ritardo e comunque entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica presso il tribunale del luogo in cui le operazioni erano state effettuate il quale se ne ricorrevano i presupposti le convalidava entro le successive quarantotto ore. Per quanto concerne il personale militare, posto a disposizione dei prefetti, da utilizzare per la sorveglianza e il controllo di obiettivi fissi, vedi, ora, l’art. 18 L. 26/3/2001, n. 128 ed il successivo art. 19 che stabilisce, per tale personale, i limiti al potere di identificazione e di trattenimento sul posto di persone e mezzi di trasporto. 4 Si veda anche l’art. 5 comma 1 D.L. 26 aprile 1993, n. 122 (conv. con modif. nella L. 25 giugno 1993, n. 205) che ha introdotto una nuova ipotesi di perquisizione locale quando si procede in ordine a reati commessi per finalità di discriminazione etnica, nazionale, razziale o religiosa ovvero alfine di agevolare l’attività di associazioni movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità. Quando si procede in ordine a tali reati gli ufficiali di p.g. anche di iniziativa possono provvedere alla perquisizione dell’immobile che si ha concreto motivo di ritenere sia servito all’autore del reato come luogo di riunione, deposito o rifugio o per altre attività comunque connesse al fatto criminoso. Gli ufficiali di p.g. possono procedere alla perquisizione di iniziativa solo se ricorrono motivi di particolare necessità e urgenza che non consentono di richiedere l’autorizzazione neppure telefonica del pubblico ministero. Della perquisizione va comunque data notizia al procuratore della Repubblica il quale se ne ricorrono i presupposti la convalida entro le successive quarantotto ore. V. anche sub art. 321 nota 1. Disposizioni correlative: (1-3) artt. 13-14 Cost.; artt. 609, 610, 614 Cod. pen.; artt. 57, 103, 247-252, 253, 355-357, 366, 431, 500 co. 4, 511; artt. 113, 225 att. c.p.p.; (1) artt. 385 Cod. pen., art. 382; (2) artt. 57, 60, 61, 247, 284-286, 292-293, 384, 656; (4) art. 609 Cod. pen.; artt. 347, 357.

Art. 353. Acquisizione di plichi o di corrispondenza. 1. Quando vi è necessità di acquisire plichi sigillati o altrimenti chiusi, l’ufficiale di polizia giudiziaria li trasmette intatti al pubblico ministero per l’eventuale sequestro. 2. Se ha fondato motivo di ritenere che i plichi contengano notizie utili alla ricerca e all’assicurazione di fonti di prova che potrebbero andare disperse a causa del ritardo, l’ufficiale di polizia giudiziaria informa col mezzo più rapido il pubblico ministero il quale può autorizzarne l’apertura immediata. 3. Se si tratta di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o altri oggetti di corrispondenza per i quali è consentito il sequestro a norma dell’articolo 254, gli ufficiali di polizia giudiziaria, in caso di urgenza, ordinano a chi è preposto al servizio postale di sospendere l’inoltro. Se entro quarantotto ore dall’ordine della polizia giudiziaria il pubblico ministero non dispone il sequestro, gli oggetti di corrispondenza sono inoltrati. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 15 Cost.; art. 616 Cod. pen.; artt. 57, 103, 254, 258, 347, 348, 354, 356, 366; V. anche art. 2 bis L. 31 maggio 1965, n. 575 (per quello

Codice procedura penale Artt. 353, 355 che attiene ai poteri di sequestro nei confronti di persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso).

Art. 354. Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro. 1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del pubblico ministero. 2. Se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi indicati nel comma 1 si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente, ovvero non ha ancora assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose. Se del caso, sequestrano il corpo del reato e le cose a questo pertinenti. 3. Se ricorrono i presupposti previsti dal comma 2, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sulle persone diversi dalla ispezione personale. ––––––––––– Nel comma 2 le parole «ovvero non ha ancora assunto la direzione delle indagini» sono state inserite dall’art. 9, L. 26 marzo 2001, n. 128. 1 V. nota 1 sub art. 352 con riferimento alle ipotesi di ispezione e controllo colà indicate (v. anche all’art. 225 att. c.p.p). 2 Per la possibilità offerta ad ufficiali di polizia giudiziaria addetti alle unità specializzate antidroga di omettere o ritardare l’esecuzione di provvedimenti di sequestro v. art. 98 T. U. in materia di stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), e l’art. 7 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991 n. 82) (Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione...) che riguarda il potere del pubblico ministero di ritardare l’esecuzione o disporre che sia ritardata l’esecuzione del sequestro quando è necessario in ordine alle indagini sul delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione. In tema di destinazione delle sostanze stupefacenti dei campioni delle stesse, dei beni o valori sequestrati o confiscati a seguito di operazioni antidroga; e circa il dovere dell’autorità che effettua il sequestro di simili sostanze di darne immediata notizia al Servizio centrale antidroga v. artt. 87, 88, 100 e 101 T.U cit. (e al riguardo la nota 2 all’art. 253; la nota 1 all’art. 260; la nota 1 all’art 352 e la nota 1 all’art. 225 att. c.p.p.). Vedi anche nota sub art. 253 c.p.p. Disposizioni correlative: (1-3) artt. 57, 348, 355-357, 366, 431, 511; art. 113 att. c.p.p.; (2) artt. 244, 253; (3) artt. 245.

Art. 355. Convalida del sequestro e suo riesame. 1. Nel caso in cui abbia proceduto a sequestro, la polizia giudiziaria enuncia nel relativo verbale il motivo del provvedimento e ne consegna copia alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. Il verbale è trasmesso senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove il sequestro è stato eseguito. 2. Il pubblico ministero, nelle quarantotto ore successive, con decreto motivato convalida il sequestro


Codice procedura penale Artt. 356, 358 se ne ricorrono i presupposti ovvero dispone la restituzione delle cose sequestrate. Copia del decreto di convalida è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. 3. Contro il decreto di convalida, la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre, entro dieci giorni dalla notifica del decreto ovvero dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro, richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell’articolo 324. 4. La richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento. ––––––––––– 1 Non è illegittima costituzionalmente la previsione del l’art. 355 nella parte in cui non prevede come perentori i termini (di 48 ore) entro i quali il verbale di sequestro deve essere trasmesso all’autorità giudiziaria ed entro i quali deve intervenire la convalida. L’art. 355 infatti, «impone al pubblico ministero un duplice obbligo, in via alternativa, che va adempiuto, in entrambi i casi, «nelle quarantotto ore» successive alla ricezione del verbale di sequestro: e cioè, o di convalidare il sequestro (ricorrendone i presupposti) o di disporre la restituzione delle cose sequestrate. Di conseguenza, la possibilità di optare per la convalida ove ne ricorrano i presupposti, si consuma ove il termine di quarantotto ore sia inutilmente spirato, ed in tal caso sorge in capo al pubblico ministero l’obbligo, conseguente alla mancata convalida, di provvedere alla restituzione delle cose sequestrate, a seguito della sopravvenuta inefficacia del sequestro. La norma, cioè, pre vede una fattispecie di restituzione – autonoma rispetto a quella di cui all’art. 262 del codice di rito, e regolata nelle modalità applicative dall’art. 263 – che si perfe ziona non solo ove non ricorrano i presupposti per la convalida, ma anche quando questa non intervenga nel termine di quarantotto ore. Ne deriva che, ove la convalida non intervenga nel termine perentorio sopra indicato, l’interessato ha la facoltà di attivare la procedura di restituzione e di reagire contro il diniego di questa da parte del pubblico ministero, ai sensi del quinto comma del citato art. 263: e perciò stesso resta priva di base la censura riferita dall’art. 24, secondo comma della Costituzione e, conseguentemente, anche quella di cui all’art. 42 (V. sentenza Corte cost. 8 aprile 1993, n. 151). Disposizioni correlative: (1) artt. 347, 353, 354, 357; artt. 228, 229 att. c.p.p.; (2) artt. 253 e segg.; (3) artt. 262, 324.

Art. 356. Assistenza del difensore. 1. Il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli articoli 352 e 354 oltre che all’immediata apertura del plico autorizzata dal pubblico ministero a norma dell’articolo 353 comma 2. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 96 e segg., 178, 181, 366, 431, 511, 514; artt. 114, 118 att. c.p.p.

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Art. 357. Documentazione dell’attività di polizia giudiziaria. 1. La polizia giudiziaria annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente, tutte le attività svolte, comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova. 2. Fermo quanto disposto in relazione a specifiche attività, redige verbale dei seguenti atti: a) denunce, querele e istanze presentate oralmente; b) sommarie informazioni rese e dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini c) informazioni assunte, a norma dell’articolo 351 (1); d) perquisizioni e sequestri; e) operazioni e accertamenti previsti dagli articoli 349, 353 e 354; f) atti, che descrivono fatti e situazioni, eventualmente compiuti sino a che il pubblico ministero non ha impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini. 3. Il verbale è redatto da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall’articolo 373. 4. La documentazione dell’attività di polizia giudiziaria è posta a disposizione del pubblico ministero. 5. A disposizione del pubblico ministero sono altresì poste le denunce, le istanze e le querele presentate per iscritto, i referti, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato. ––––––––––– (1) La lett. c) del comma 2 è stata così sostituita dall’art. 4 comma 5 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). Per effetto della modifica tutte le informazioni assunte dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 351 devono essere documentate mediante verbale. Disposizioni correlative: (1-2) art. 115 att. c.p.p.; (1) artt. 55-56, 347-348; (2) artt. 123, 161, 268, 293, 295, 383, 386 (2) (a) 331-333, 336, 341; (2) (b) artt. 62, 350, 503, (2) (c) artt 351-352, 500; (2) (d) artt. 349, 353, 354-355, (2) (f) art. 348 (3) artt. 57, 134 e segg.; (4) artt. 347, 348 co. 3, 349 co. 5, 352 co. 4, 353 co. 2, 355 co. 1, 386; (5) artt. 253, 330 e segg.

TITOLO V ATTIVITÀ DEL PUBBLICO MINISTERO Art. 358. Attività di indagine del pubblico ministero. 1. Il pubblico ministero compie ogni attività necessaria ai fini indicati nell’articolo 326 e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. ––––––––––– In tema di correlazione ha limiti cronologici per lo svolgimento delle indagini e la completezza di queste, V. Corte cost. 10 febbraio 1993, n. 48.


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Sull’obbligo di procedere ad indagini complete e la sua compatibilità con la nuova previsione dell’art. 425 cpp.: v. sub art. 425 nota 2. Disposizioni correlative: (1) art. 112 Cost.; artt. 50 e segg., 187, 326, 327; artt. 14 reg.

Art. 359. Consulenti tecnici del pubblico ministero. 1. Il pubblico ministero, quando procede ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie specifiche competenze, può nominare e avvalersi di consulenti, che non possono rifiutare la loro opera. 2. Il consulente può essere autorizzato dal pubblico ministero ad assistere a singoli atti di indagine. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 366 Cod. pen., artt. 225, 230, 233, 244, 326, 348, 360; art. 73 att. c.p.p.; (2) art. 228.

Art. 360. Accertamenti tecnici non ripetibili. 1. Quando gli accertamenti previsti dall’articolo 359 riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il conferimento dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici. 2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 364 comma 2. 3. I difensori nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto di assistere al conferimento dell’incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve. 4. Qualora, prima del conferimento dell’incarico, la persona sottoposta alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio, il pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti. 5. Se il pubblico ministero, malgrado l’espressa riserva formulata dalla persona sottoposta alle indagini e pur non sussistendo le condizioni indicate nell’ultima parte del comma 4, ha ugualmente disposto di procedere agli accertamenti, i relativi risultati non possono essere utilizzati nel dibattimento. (1) ––––––––––– (1) Nel comma 5 le originarie parole «agli effetti del giudizio» sono state sostituite da quelle «nel dibattimento» dall’art. 5 comma 1 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). Mediante tale modificazione si è inteso consentire l’utilizzazione degli accertamenti tecnici non ripetibili esperiti nonostante l’espressa riserva dell’indagato di promuovere incidente probatorio, ai fini dei giudizi speciali che «saltano il dibattimento». D’altra parte, fondandosi questi giudizi (ad es., giudizio abbreviato, «patteggiamento») sull’accordo delle parti, l’utilizzazione degli accertamenti non

Codice procedura penale Artt. 359, 363 ripetibili ben si giustifica, anche perché il relativo regime finisce per essere equivalente a quello previsto per gli atti di indagine non garantiti in genere e per gli accertamenti di cui all’art. 359 in specie. Disposizioni correlative: (1) artt. 50 e segg., 61, 90, 91, 96, 97, 100-101, 220, 225, 230, 233, 364, 369, 377, 392; artt. 73, 116, 117 att. c.p.p.; (2) artt. 97, 99; (4) artt. 61, 373, 392 e segg.; (5) artt. 191, 431, 511.

Art. 361. Individuazione di persone e di cose. 1. Quando è necessario per la immediata prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero procede alla individuazione di persone, di cose o di quanto altro può essere oggetto di percezione sensoriale. 2. Le persone, le cose e gli altri oggetti sono presentati ovvero sottoposti in immagine a chi deve eseguire la individuazione. 3. Se ha fondata ragione di ritenere che la persona chiamata alla individuazione possa subire intimidazione o altra influenza dalla presenza di quella sottoposta a individuazione, il pubblico ministero adotta le cautele previste dall’articolo 214 comma 2. ––––––––––– 1 L’individuazione di cose operata su iniziativa della polizia giudiziaria non è viziata da nullità, in quanto rientra tra le funzioni, attribuite alla stessa, di raccolta di quanto possa servire all’applicazione della legge penale (Cass. 21 novembre 1990, Esposito, in Cass. pen. 1992, n. 532). Disposizioni correlative: (1) artt. 213 e segg., 373 co. 3, 375 co. 2 lett. c), 392.

Art. 362. Assunzione di informazioni. 1. Il pubblico ministero assume informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Alle persone già sentite dal difensore o dal suo sostituto non possono essere chieste informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date (1). Si applicano le disposizioni degli articoli 197, 197 bis, 198, 199, 200, 201, 202 e 203 (2). ––––––––––– (1) Periodo inserito dall’art. 9 L. 7 dicembre 2000, n. 397. (2) L’ultimo periodo è stato da ultimo così sostituito dall’art. 13, co. 2, L. 1° marzo 2001, n. 63 (in precedenza era stato sostituito dall’art. 5, co. 2, D.L. n. 306/1992). Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12. 3 Chi rende false informazioni al pubblico ministero risponde del reato di cui all’art. 371 bis c.p. Sul divieto di arrestare in flagranza chi commette il reato di cui all’art. 371 bis c.p., v. sub art. 381 nota 8. Disposizioni correlative: (1) artt. 366, 368, 378, 650 Cod. pen.; artt. 133, 194, 197-206, 373, 377, 392, 500.

Art. 363. Interrogatorio di persona imputata in un procedimento connesso. 1. Le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12 sono interrogate dal pubblico ministero sui fatti per cui si procede nelle forme previste dall’articolo 210 commi 2, 3, 4 e 6 (1). 2. La disposizione del comma 1 si applica anche alle persone imputate di un reato collegato a


Codice procedura penale Artt. 364, 368 quello per cui si procede, nel caso previsto dall’articolo 371 comma 2 lettera b). ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 8, co. 2, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 1° marzo 2001, n. 63, v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1) artt. 366, 368, 378, 650 Cod. pen; artt. 64, 66, 96, 97, 133, 194, 197, 210, 351, 373; (2) art. 371.

Art. 364. Nomina e assistenza del difensore. 1. Il pubblico ministero, se deve procedere a interrogatorio, ovvero a ispezione o confronto cui deve partecipare la persona sottoposta alle indagini, la invita a presentarsi a norma dell’articolo 375. 2. La persona sottoposta alle indagini priva del difensore è altresì avvisata che è assistita da un difensore di ufficio, ma che può nominarne uno di fiducia. 3. Al difensore di ufficio o a quello di fiducia in precedenza nominato è dato avviso almeno ventiquattro ore prima del compimento degli atti indicati nel comma 1 e delle ispezioni a cui non deve partecipare la persona sottoposta alle indagini. 4. Il difensore ha in ogni caso diritto di assistere agli atti indicati nei commi 1 e 3, fermo quanto previsto dall’articolo 245. 5. Nei casi di assoluta urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare la ricerca o l’assicurazione delle fonti di prova, il pubblico ministero può procedere a interrogatorio, a ispezione o a confronto anche prima del termine fissato dandone avviso al difensore senza ritardo e comunque tempestivamente. L’avviso può essere omesso quando il pubblico ministero procede a ispezione e vi è fondato motivo di ritenere che le tracce o gli altri effetti materiali del reato possano essere alterati. È fatta salva, in ogni caso, la facoltà del difensore d’intervenire. 6. Quando procede nei modi previsti dal comma 5, il pubblico ministero deve specificamente indicare, a pena di nullità, i motivi della deroga e le modalità dell’avviso. 7. È vietato a coloro che intervengono agli atti di fare segni di approvazione o disapprovazione. Quando assiste al compimento degli atti, il difensore può presentare al pubblico ministero richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale. ––––––––––– Disposizioni correlative (1-3) artt. 61, 64, 65, 103, 211, 244-245, 374, 388; (2) artt. 96, 97, 360, 363, 365, 366, 386 (3) artt. 246, 360; (4)artt. 377, 431-432, 503, 511; (5) art. 377 (7) artt. 121, 367, 377.

Art. 365. Atti ai quali il difensore ha diritto di assistere senza avviso. 1. Il pubblico ministero, quando procede al compimento di atti di perquisizione o sequestro, chiede alla persona sottoposta

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alle indagini, che sia presente, se è assistita da un difensore di fiducia e, qualora ne sia priva, designa un difensore di ufficio a norma dell’articolo 97 comma 3. 2. Il difensore ha facoltà di assistere al compimento dell’atto, fermo quanto previsto dall’articolo 249. 3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 364 comma 7. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 61, 96, 97, 103, 247 e segg., 253 e segg., 263, 364, 367, 377, 431, 511; (2) art. 250.

Art. 366. Deposito degli atti cui hanno diritto di assistere i difensori. 1. Salvo quanto previsto da specifiche disposizioni, i verbali degli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria ai quali il difensore ha diritto di assistere, sono depositati nella segreteria del pubblico ministero entro il terzo giorno successivo al compimento dell’atto, con facoltà per il difensore di esaminarli ed estrarne copia nei cinque giorni successivi. Quando non è stato dato avviso del compimento dell’atto, al difensore è immediatamente notificato l’avviso di deposito e il termine decorre dal ricevimento della notificazione. Il difensore ha facoltà di esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano e, se si tratta di documenti, di estrarne copia (1). 2. Il pubblico ministero, con decreto motivato, può disporre, per gravi motivi, che il deposito degli atti indicati nel comma 1 e l’esercizio della facoltà indicata nel terzo periodo dello stesso comma siano ritardati, senza pregiudizio di ogni altra attività del difensore, per non oltre trenta giorni. Contro il decreto del pubblico ministero la persona sottoposta ad indagini ed il difensore possono proporre opposizione al giudice, che provvede ai sensi dell’articolo 127 (2). ––––––––––– (1) L’ultimo periodo è stato aggiunto dall’art. 10, co. 1, L. 7 dicembre 2000, n. 397. (2) Comma così sostituito dall’art. 10, co. 2, L. 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni correlative: (1) artt. 116, 268, 350, 352, 353, 354, 356, 357, 360, 364, 365, 377, 392, 419, 430; artt. 43, 118 att. c.p.p.

Art. 367. Memorie e richieste dei difensori. 1. Nel corso delle indagini preliminari, i difensori hanno facoltà di presentare memorie e richieste scritte al pubblico ministero. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 61, 89, 90, 96 e segg., 100, 101, 121, 358, 364, 365, 405.

Art. 368. Provvedimenti del giudice sulla richiesta di sequestro. 1. Quando, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero ritiene che non si debba disporre il sequestro richiesto


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dall’interessato trasmette la richiesta con il suo parere, al giudice per le indagini preliminari. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 61, 74, 89, 90, 96 e segg. 100, 253 e segg., 257, 263, 321, 326, 328, 367.

Art. 369. (1) Informazione di garanzia. 1. Solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero invia per posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia. 2. Qualora ne ravvisi la necessità ovvero l’ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, il pubblico ministero può disporre che l’in-formazione di garanzia sia notificata a norma dell’articolo 151. ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. Disposizioni correlative: (1) artt. 61, 63, 89, 90, 151, 360, 365, 375, 406; art. 7 D.P.R. 498/88 (Minori).

Art. 369 bis. (1) Informazione della persona sottoposta alle indagini sul diritto di difesa. 1. Al compimento del primo atto a cui il difensore ha diritto di assistere e, comunque, prima dell’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio ai sensi del combinato disposto degli articoli 375, comma 3, e 416, il pubblico ministero, a pena di nullità degli atti successivi, notifica alla persona sottoposta alle indagini la comunicazione della nomina del difensore d’ufficio. 2. La comunicazione di cui al comma 1 deve contenere: a) l’informazione della obbligatorietà della difesa tecnica nel processo penale con l’indicazione della facoltà e dei diritti attribuiti dalla legge alla persona sottoposta alle indagini; b) il nominativo del difensore d’ufficio e il suo indirizzo e recapito telefonico; c) l’indicazione della facoltà di nominare un difensore di fiducia con l’avvertimento che, in mancanza, l’indagato sarà assistito da quello nominato d’ufficio; d) l’indicazione dell’obbligo di retribuire il difensore d’ufficio ove non sussistano le condizioni per accedere al beneficio di cui alla lettera e) e l’avvertimento che, in caso di insolvenza, si procederà ad esecuzione forzata; e) l’indicazione delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 19, L. 6 marzo 2001, n. 60.

Art. 370. Atti diretti e atti delegati. 1. Il pubblico ministero compie personalmente ogni atti-

Codice procedura penale Artt. 369, 371 vità di indagine. Può avvalersi della polizia giudiziaria per il compimento di attività di indagine e di atti specificamente delegati, ivi compresi gli interrogatori ed i confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di libertà, con l’assistenza necessaria del difensore. (1) 2. Quando procede a norma del comma 1, la polizia giudiziaria osserva le disposizioni degli articoli 364, 365 e 373. 3. Per singoli atti da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il pubblico ministero, qualora non ritenga di procedere personalmente, può delegare, secondo la rispettiva competenza per materia, il pubblico ministero presso il tribunale del luogo. 4. Quando ricorrono ragioni di urgenza o altri gravi motivi, il pubblico ministero delegato a norma del comma 3 ha facoltà di procedere di propria iniziativa anche agli atti che a seguito dello svolgimento di quelli specificamente delegati appaiono necessari ai fini delle indagini. ––––––––––– 1 Il comma 1 è stato così sostituito dall’art. 5 comma 3 D.L. 8 giugno 1992 n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992 n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...) ed il co. 3 è stato modificato dall’art. 183 D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Fra gli atti per il cui compimento il pubblico ministero può delegare la polizia giudiziaria sono dunque compresi – il che era in precedenza vietato – gli interrogatori ed i confronti cui parecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di libertà con l’assistenza necessaria del difensore. L’atto è compiuto secondo le regole dettate per gli atti del pubblico ministero e, dunque, per l’interrogatorio, dagli artt. 64, 65, 66, 364 c.p.p. e, per il confronto, dagli artt. 211-212, 364 c.p.p., ma, quanto alle garanzie difensive, la presenza del difensore è necessaria. La documentazione degli atti avviene mediante verbale (art. 373 comma 1 lett. b). Gli atti in questione hanno, nel dibattimento, una utilizzazione piena per effetto delle contestazioni poiché a mente del «nuovo» comma 5 dell’art. 503 c.p.p., sostituito dall’art. 8 comma I D.L. 306/92, le dichiarazioni alle quali il difensore aveva diritto di assistere assunte, non solo dal pubblico ministero, ma anche dalla polizia giudiziaria su delega del primo, sono acquisite nel fascicolo per il dibattimento, se utilizzate per le contestazioni previste dal comma 3. 2 Vedi sentenza Corte costituzionale 30 marzo 1999, n. 101, che ha dichiarato illegittimo per contrasto con l’articolo 3 Cost. l’articolo 376 c.p.p. nella parte in cui non prevede la ritrattazione come causa di non punibilità per chi, richiesto dalla polizia giudiziaria, delegata dal p.m. a norma dell’articolo 370, di fornire informazioni ai fini delle indagini, abbia reso dichiarazioni false ovvero in tutto o in parte reticenti. Disposizioni correlative: (1) artt. 103, 244, 247, 253, 254, 267, 348, 358, 364; (2) artt. 398, 431, 433, 500, 503, 511, 514, 655; (3) artt. 5 e segg., 51, 358; (4) artt. 326, 358.

Art. 371. Rapporti tra diversi uffici del pubblico ministero. 1. Gli uffici diversi del pubblico ministero che procedono a indagini collegate, si coordinano tra loro per la speditezza, economia ed


Codice procedura penale Art. 371 bis efficacia delle indagini medesime. A tali fini provvedono allo scambio di atti e di informazioni nonché alla comunicazione delle direttive rispettivamente impartite alla polizia giudiziaria. Possono altresì procedere, congiuntamente, al compimento di specifici atti. 2. Le indagini di uffici diversi del pubblico ministero si considerano collegate: a) se i procedimenti sono connessi a norma dell’articolo 12 [ovvero si tratta di reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre] (1); b) se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza (2); c) se la prova di più reati deriva, anche in parte, dalla stessa fonte. 3. Salvo quanto disposto dall’articolo 12, il collegamento delle indagini non ha effetto sulla competenza. ––––––––––– (1) La lett. a) è stata modificata dall’art. 1, co. 3, D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini). Le parole da «ovvero» fino alla fine sono state soppresse dall’art. 1, co. 4, L. 1° marzo 2001, n. 63. (2) La lett. b) è stata così sostituita dall’art. 1, co. 5, L. 1° marzo 2001, n. 63. Il testo originario così disponeva: «b) se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza;». (3) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 1° marzo 2001, n. 63, v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1-3) artt. 197, 210, 363, 392, 422, 513; artt. 77, 118 bis att. c.p.p.; (1) artt. 117, 329, 348; (2) art. 81 Cod. pen.

Art. 371 bis. (1) Attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia. 1. Il procuratore nazionale antimafia esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell’articolo 51 comma 3 bis. A tal fine dispone della direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l’impiego a fini investigativi. 2. Il procuratore nazionale antimafia esercita funzioni di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al fine di rendere effettivo il coordinamento delle attività di indagine, di garantire la funzionalità dell’impiego della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e di assicurare la completezza e tempestività delle investigazioni. 3. Per lo svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla legge, il procuratore nazionale antimafia, in particolare:

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a) d’intesa con i procuratori distrettuali interessati, assicura il collegamento investigativo anche per mezzo dei magistrati della Direzione nazionale antimafia; b) cura, mediante applicazioni temporanee dei magistrati della Direzione nazionale e delle direzioni distrettuali antimafia, la necessaria flessibilità e mobilità che soddisfino specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali; c) ai fini del coordinamento investigativo e della repressione dei reati provvede all’acquisizione e all’elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata; d) [soppressa]; e) [soppressa]; f) impartisce ai procuratori distrettuali specifiche direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità secondo le quali realizzare il coordinamento nell’attività di indagine; g) riunisce i procuratori distrettuali interessati al fine di risolvere i contrasti che, malgrado le direttive specifiche impartite, sono insorti e hanno impedito di promuovere o di rendere effettivo il coordinamento; h) dispone con decreto motivato, reclamabile al procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’avocazione delle indagini preliminari relative a taluno dei delitti indicati nell’articolo 51 comma 3 bis quando non hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere o rendere effettivo il coordinamento e questo non è stato possibile a causa della: 1) perdurante e ingiustificata inerzia nella attività di indagine; 2) ingiustificata e reiterata violazione dei doveri previsti dall’articolo 371 ai fini del coordinamento delle indagini. 4. Il procuratore nazionale antimafia provvede alla avocazione dopo aver assunto sul luogo le necessarie informazioni personalmente o tramite un magistrato della Direzione nazionale antimafia all’uopo designato. Salvi casi particolari, il procuratore nazionale antimafia o il magistrato da lui designato non può delegare per il compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico ministero. ––––––––––– 1 L’art. 371 bis è stato aggiunto dall’art. 7 D.L. 20 novembre 1991, n. 367 – conv. con modif. nella L. 20 gennaio 1991, n. 8 – (Coordinamento delle indagini....). La individuazione del procuratore nazionale antimafia e della Direzione nazionale antimafia come nuovi «uffici» del pubblico ministero con finalità di impulso, coordinamento e direzione delle indagini antimafia è stata operata dall’art. 76 bis R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) aggiunto dall’art. 6 D.L. 367/1991 cit. e successivamente modificato (v. commi 2, 4 e 7) dell’art. 21 quater commi 1 e 2 e dall’art. 21 quinquies D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...).


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2 La «sorveglianza» sui poteri del procuratore nazionale e sul loro esercizio è svolta dal procuratore generale presso la Corte di Cassazione. In tal senso dispone l’art. 76 ter R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) aggiunto dall’art. 9 D.L. 367/1991. Per quanto concerne le attribuzioni del procuratore nazionale antimafia in tema di Servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia, vedi anche l’articolo 1 del decreto Ministro dell’Interno 25 marzo 1998, come modificato dal successivo decreto del 4 marzo 2000, riportato in nota all’articolo 12 D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 1992, n. 203 sotto la voce «Coordinamento delle indagini di criminalità organizzata». 3 Tra i più rilevanti poteri del procuratore nazionale vi è quello di disporre applicazioni temporanee. Il tema è disciplinato dall’art. 110 bis R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 aggiunto dall’art. 11 D.L. 367/1991. La flessibilità di impiego che deve caratterizzare l’attività dei magistrati del pubblico ministero deputati alla trattazione dei procedimenti relativi alla criminalità organizzata, trova compiuta realizzazione attraverso la particolare disciplina delle applicazioni prevista dall’articolo 110 bis dell’ordinamento giudiziario. Viene infatti stabilito che per i procedimenti che concernono i delitti indicati nell’articolo 51, comma 3 bis, del codice di procedura penale, il procuratore nazionale antimafia può disporre, in determinate ipotesi, la temporanea applicazione dei magistrati della Direzione nazionale antimafia e delle direzioni distrettuali antimafia, nonché, con il loro consenso, anche dei magistrati addetti alle altre procure della Repubblica presso i tribunali. Il consenso di questi ultimi è reso necessario dal fatto che la loro applicazione determina un sia pur temporaneo allontanamento dalla naturale sede di servizio, che va al di là dell’ambito distrettuale diversa è, invece, la situazione per i magistrati addetti alla Direzione nazionale o alle direzioni distrettuali antimafia, giacché gli stessi si trovano inseriti in strutture che postulano la disponibilità ad operare anche presso uffici diversi da quello di appartenenza. Le diverse ipotesi in presenza delle quali il procuratore nazionale può adottare il provvedimento di applicazione sono tutte riconducibili all’unico denominatore della eccezionalità e temporaneità; l’applicazione, infatti, può essere disposta nei casi di procedimenti particolarmente complessi o che richiedono specifiche competenze professionali, ovvero quando sussistono protratte vacanze di organico, inerzia nella conduzione delle indagini o contingenti esigenze investigative o processuali. Si tratta, dunque, di una gamma sufficientemente ampia di situazioni tipizzate, che permettono al procuratore nazionale di impedire, attraverso le applicazioni, il protrarsi di evenienze tutte pregiudizievoli ai fini del buon governo delle indagini. All’applicazione il procuratore nazionale provvede solo dopo aver sentito i procuratori generali e i procuratori della Repubblica interessati essendo evidente l’opportunità di acquisire elementi di valutazione quanto più completi è possibile, sia in ordine alla reale sussistenza dei presupposti che legittimano il provvedimento, sia per ciò che attiene all’apprezzamento di eventuali circostanze che possono sconsigliare la scelta di distrarre un magistrato dagli im pegni che lo occupano presso l’ufficio di appartenenza. Qualora poi l’applicazione debba essere disposta nell’ambito del distretto, alla stessa provvede il procuratore generale presso la corte di appello, dandone comunicazione al procuratore nazionale antimafia. Tenuto conto delle particolari esigenze che l’applicazione mira a soddisfare, la relativa durata può giungere sino ad un

Codice procedura penale Artt. 372, 373 massimo di un anno, con possibilità di rinnovo per un uguale periodo. Il relativo decreto, poi, deve essere trasmesso senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura per la relativa approvazione, nonché al Ministro della giustizia. Ad evitare, infine, che il magistrato applicato possa essere destinato a compiti diversi da quelli per i quali il provvedimento è stato adottato, si è ritenuto opportuno stabilire espressamente che il capo dell’ufficio non possa designare il magistrato medesimo per la trattazione di affari diversi da quelli che sono indicati nel decreto di applicazione. Disposizioni correlative: (1) art. 70 bis e 76 bis ord. giud; (2) art. 371; art. 18 bis att.; (3) artt. 117, 372; artt. 76 bis e 110 bis ord. giud.

Art. 372. Avocazione delle indagini. 1. Il procuratore generale presso la corte di appello dispone con decreto motivato, e assunte, quando occorre, le necessarie informazioni, l’avocazione delle indagini preliminari quando: a) in conseguenza dell’astensione o della incompatibilità del magistrato designato non è possibile provvedere alla sua tempestiva sostituzione; b) il capo dell’ufficio del pubblico ministero ha omesso di provvedere alla tempestiva sostituzione del magistrato designato per le indagini nei casi previsti dall’articolo 36 comma 1 lettere a), b), d), e). 1 bis. Il procuratore generale presso la corte di appello, assunte le necessarie informazioni, dispone altresì con decreto motivato l’avocazione delle indagini preliminari relative ai delitti previsti dagli articoli 270 bis, 280, 285, 286, 289 bis, 305, 306, 416 nei casi in cui è obbligatorio l’arresto in flagranza e 422 del codice penale quando, trattandosi di indagini collegate, non risulta effettivo il coordinamento delle indagini previste dall’articolo 371 comma 1 e non hanno dato esito le riunioni per il coordinamento disposte o promosse dal procuratore generale anche d’intesa con altri procuratori generali interessati. (1) ––––––––––– (1) L’art. 372 comma 1 bis è stato aggiunto dall’art. 3 comma 1 del D.L. 292/1991 e poi così sostituito dall’art. 8 di D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini...). Per la reclamabilità del provvedimento di avocazione v. art. 70 commi 6 e 6 bis R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, come sostituiti e aggiunti dall’art. 10 D.L. 367/1991. Disposizioni correlative: (1) artt. 36, 412-413; R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario).

Art. 373. Documentazione degli atti. 1. Salvo quanto disposto in relazione a specifici atti, è redatto verbale: a) delle denunce, querele e istanze di procedimento presentate oralmente; b) degli interrogatori e dei confronti con la persona sottoposta alle indagini; c) delle ispezioni, delle perquisizioni e dei sequestri; d) delle sommarie informazioni assunte a norma dell’articolo 362; (1)


Codice procedura penale Artt. 374, 377 d bis) dell’interrogatorio assunto a norma dell’articolo 363; (1) e) degli accertamenti tecnici compiuti a norma dell’articolo 360. 2. Il verbale è redatto secondo le modalità previste nel titolo III del libro II. 3. Alla documentazione delle attività di indagine preliminare, diverse da quelle previste dal comma 1, si procede soltanto mediante la redazione del verbale in forma riassuntiva ovvero, quando si tratta di atti a contenuto semplice o di limitata rilevanza, mediante le annotazioni ritenute necessarie. 4. Gli atti sono documentati nel corso del loro compimento ovvero immediatamente dopo quando ricorrono insuperabili circostanze, da indicarsi specificamente, che impediscono la documentazione contestuale. 5. L’atto contenente la notizia di reato e la documentazione relativa alle indagini sono conservati in apposito fascicolo presso l’ufficio del pubblico ministero assieme agli atti trasmessi dalla polizia giudiziaria a norma dell’articolo 357. 6. Alla redazione del verbale e delle annotazioni provvede l’ufficiale di polizia giudiziaria o l’ausiliario che assiste il pubblico ministero. Si applica la disposizione dell’articolo 142. ––––––––––– (1) Le lettere d) e d bis) sono state sostituite all’originaria lettera d) dall’art. 5 comma 4 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale). La sostituzione consegue al potenziamento del regime di utilizzabilità dell’attività del pubblico ministero. Disposizioni correlative (1-6) artt. 360, 431, 500, 503, 511, 513; artt. 115, 119 att. c.p.p.; 1,3 reg.; (1) artt. 161, 268; (1) (a) artt. 332-333, 337, 341; (1) (b) artt. 64, 65, 211, 364, 374, 388; (1) (c) artt. 244 e seg., 253 e segg., 321 e segg., 362, 364, 365; (1) (d) artt. 362, 377; (1) (e) art. 360; (2) artt. 134 e segg., 357; (3) artt. 140, 357; (5) artt. 330 e segg., 347, 348 co. 3, 350 co. 6, 352 co. 4, 353 co. 2, 355 co. 1, 416, 447, 454, 459.

Art. 374. Presentazione spontanea. 1. Chi ha notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini, ha facoltà di presentarsi al pubblico ministero e di rilasciare dichiarazioni. 2. Quando il fatto per cui si procede è contestato a chi si presenta spontaneamente e questi è ammesso a esporre le sue discolpe, l’atto così compiuto equivale per ogni effetto all’interrogatorio. In tale ipotesi, si applicano le disposizioni previste dagli articoli 64, 65 e 364. 3. La presentazione spontanea non pregiudica l’applicazione di misure cautelari. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 348 e segg., 358 e segg., 375; (2) artt. 64, 65, 364, 449, 453; (3) artt. 280286, 287-290, 312, 313, 316-323.

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Art. 375. Invito a presentarsi. 1. Il pubblico ministero invita la persona sottoposta alle indagini a presentarsi quando deve procedere ad atti che ne richiedono la presenza. 2. L’invito a presentarsi contiene: a) le generalità o le altre indicazioni personali che valgono a identificare la persona sottoposta alle indagini; b) il giorno, l’ora e il luogo della presentazione nonché l’autorità davanti alla quale la persona deve presentarsi; c) il tipo di atto per il quale l’invito è predisposto; d) l’avvertimento che il pubblico ministero potrà disporre a norma dell’articolo 132 l’accompagnamento coattivo in caso di mancata presentazione senza che sia stato addotto legittimo impedimento. 3. Quando la persona è chiamata a rendere l’interrogatorio, l’invito contiene altresì la sommaria enunciazione del fatto quale risulta dalle indagini fino a quel momento compiute. L’invito può inoltre contenere, ai fini di quanto previsto dall’art. 453 comma 1, l’indicazione degli elementi e delle fonti di prova e l’avvertimento che potrà essere presentata richiesta di giudizio immediato. (1) 4. L’invito a presentarsi è notificato almeno tre giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni di urgenza, il pubblico ministero ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire. ––––––––––– (1) Il secondo periodo del comma 3 è stato aggiunto dall’art. 26 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 al fine di coordinare la disciplina con quella elaborata per il giudizio immediato ed evitare sostanziali diminuzioni delle garanzie della persona sottoposta alle indagini. Disposizioni correlative: (1) artt. 66, 132, 292, 358, 360, 361, 364, 365, 369, 376; (3) artt. 292, 364, 369, 417, 453; (4) artt. 172- 174.

Art. 376. Accompagnamento coattivo per procedere a interrogatorio o a confronto. 1. Quando si tratta di procedere ad atti di interrogatorio o confronto, l’accompagnamento coattivo è disposto dal pubblico ministero su autorizzazione del giudice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 132, 328, 361, 375.

Art. 377. Citazioni di persone informate sui fatti. 1. Il pubblico ministero può emettere decreto di citazione quando deve procedere ad atti che richiedono la presenza della persona offesa e delle persone in grado di riferire su circostanze utili ai fini delle indagini. 2. Il decreto contiene: a) le generalità della persona; b) il giorno l’ora e il luogo della comparizione nonché l’autorità davanti alla quale la persona deve presentarsi;


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c) l’avvertimento che il pubblico ministero potrà disporre a norma dell’articolo 133 l’accompagnamento coattivo in caso di mancata comparizione senza che sia stato addotto legittimo impedimento. 3. Il pubblico ministero provvede allo stesso modo per la citazione del consulente tecnico, dell’interprete e del custode delle cose sequestrate.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 90, 91, 150, 362, 363; (2) art. 133; art. 46 att.; (3) artt. 143, 225, 233, 259, 359, 360.

Art. 378. Poteri coercitivi del pubblico ministero. 1. Il pubblico ministero ha, nell’esercizio delle sue funzioni, i poteri indicati nell’articolo 131.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 109 Cost.; artt. 50 e segg., 131.

TITOLO VI ARRESTO IN FLAGRANZA E FERMO DI INDIZIATI Art. 379. Determinazione della pena. 1. Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, la pena è determinata a norma dell’articolo 278. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 4, 278, 380-391.

Art. 380. Arresto obbligatorio in flagranza. 1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all’arresto di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni. 2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all’arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati: a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni; b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall’articolo 419 del codice penale; c) delitti contro l’incolumità pubblica previsti nel titolo VI del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni; d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall’art. 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall’art. 600 bis, comma 1, delitto di pornografia minorile previsto dall’articolo 600 ter, commi 1 e

Codice procedura penale Artt. 378, 380 2 e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall’art. 600 quinquies del codice penale; e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 o quella prevista dall’articolo 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che, in quest’ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale; e bis) delitti di furto previsti dall’art. 624 bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale; f) delitto di rapina previsto dall’articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall’articolo 629 del codice penale; g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall’articolo 2 comma terzo della legge 18 aprile 1975 n. 110; h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell’articolo 73 comma 4 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo; i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni; l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall’articolo 1 della legge 25 gennaio 1982 n. 17, delle associazioni di carattere militare previste dall’articolo 1 della legge 17 aprile 1956 n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2 della legge 20 giugno 1952 n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654; l bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall’articolo 416 bis del codice penale; m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall’articolo 416 commi 1 e 3 del codice penale, se l’associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a) b), c), d), f), g), i) del presente comma.


Codice procedura penale Art. 381 3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l’arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l’avente diritto dichiara di rimettere la querela, l’arrestato è posto immediatamente in libertà. ––––––––––– 1 Secondo quanto dispone l’articolo 12 comma 4 del Testo Unico 25 luglio 1998, n. 286 (come sostituito dall’art. 2 co. 1 D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113), è obbligatorio l’arresto in flagranza di chi compie attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del testo unico. 2 Per la possibilità offerta agli ufficiali di polizia giudiziaria addetti alle unità specializzate antidroga di omettere o ritardare l’arresto, v. art. 98 T. U. in materia di sostanze stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309). In ordine al potere del pubblico ministero di ritardare l’esecuzione o disporre che sia ritardata l’esecuzione dell’arresto quando è necessario per acquisire rilevanti elementi probatori, ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, v. l’art. 7 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991, n. 82). A norma dell’art. 10 D.L. 31 dicembre 1991, n. 419 (conv. con modif. nella L. 18 febbraio 1992, n. 172), gli organi delle indagini possono ritardare od omettere l’arresto quando il ritardo o l’omissione sono necessari per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per proce dere alla individuazione o alla cattura dei responsabili dei delitti di estorsione (art. 629 c.p.) e riciclaggio (art. 648 bis c.p.). La disposizione suddetta si applica anche ai procedimenti commessi per finalità di terrorismo o di eversione di cui all’art. 407 co.2 lett. a) n. 4 c.p.p., come disposto dall’art. 4 D.L. 18/10/2001, n. 374. 2 bis La lettera e) del comma 2 è stata così modificata dall’art. 10, co. 1, L. 26 marzo 2001, n. 128. 2 ter La lettera e-bis) del comma 2 è stata inserita dall’art. 10, co. 2, L. 26 marzo 2001, n. 128. 3 La lettera h) dell’art. 380 è stata così sostituita ad opera dell’art. 2 D.L. 8 agosto 1991, n. 247 (conv. con modif. nella L. 5 ottobre 1991, n. 314) per evidenziare che l’arresto in flagranza è ora obbligatorio solo nel caso di detenzione o altra condotta che, per le modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità delle sostanze, faccia apparire il fatto come di «non lieve entità». Quando ricorre la diminuzione prevista dall’art. 73 comma 5 del T. U. in materia di sostanze stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), l’arresto è invece facoltativo sia per i casi di «droghe leggere» che di «droghe pesanti». 3 bis Sulla complessiva disciplina dell’arresto in flagranza per reati in materia di stupefacenti, v. la nota 6 sub art. 381. 4 La lettera g) del comma 2 dell’art. 380 è stata così modificata (con l’inserimento delle parole «armi clandestine» e con qualche modifica formale) dall’art. 10 D.L. 13 maggio 1991, n. 152: Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa. 4 bis Fra le ipotesi di arresto obbligatono in flagranza compare ora (alla lett. l) anche quella relativa alla promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per mo-

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tivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. La previsione è stata aggiunta dall’art. 2 comma 2 bis D.L. 26 aprile 1993, n. 122 (conv. con modif. nella L. 25 giugno 1992, n. 205 un provvedimento, quello appena indicato diretto a reprimere con maggior determinazione ed efficacia le condotte di violenza dei cc.dd. naziskin. 4 ter La lettera l bis è stata aggiunta dall’art. 4 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) per aderire a una specifica richiesta avanzata in tal senso dagli uffici giudiziari più impegnati nell’attività di investigazione per reati di criminalità organizzata. L’estensione del regime dell’arresto obbligatorio alla figura della semplice partecipazione permetterà (ai sensi dell’art. 270 c.p.p.) l’utilizzazione – in un procedimento incardinato sulla fattispecie dell’art. 416 bis comma 1 c.p. – dei risultati delle intercettazioni disposte in un altro procedimento. 5 Le disposizioni del codice (artt. 380 e 381) valgono anche al fine della determinazione dei reati militari commessi da militare per i quali è imposto o consentito l’arresto in flagranza. È stato infatti dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 308 Cod. pen. mil. che imponeva l’arresto in flagranza per qualsiasi reato militare punibile con pena detentiva (Cort. cost. 15 novembre 1989, n. 503). 6 Occorre ricordare che, secondo quanto dispone il novellato co. 6 bis dell’articolo 114, è vietata la pubblicazione dell’immagine di una persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta. 7 Alla condanna riportata in Italia da uno straniero extracomunitario per uno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 c.p.p., l’art. 15 Testo Unico 25 luglio 1998, n. 286 ricollega il potere del giudice di ordinarne la espulsione fuori dei casi previsti dal codice penale. Disposizioni correlative (1-3) artt. 214, 224, 230 att. c.p.p.; (1) art. 13 Cost.; artt. 22, 23, 39, 43, 56 Cod. pen., artt. 57, 118, 270, 343, 344, 350, 352, 379, 382, 383, 384, 404, 470, 716, 720; (1) (e) art. 624 Cod. pen; (1) (g) artt. 1, 2, 4, 7 L. 2 ottobre 1967, n. 895; artt. 1 2 L. 18 aprile 1975, n. 110; (1) (i) art. 1 L. 6 febbraio 1980, n. 15; art. 11 L. 29 maggio 1982, n. 304; artt. 21 e 29 L. 18 aprile 1975, n. 110; (1) (m) art. 404; (3) art. 120 Cod. pen.; artt. 337, 340. Per i minori, v. art. 16 D.P.R. 448/88 (Minori).

Art. 381. Arresto facoltativo in flagranza. 1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. 2. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno altresì facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti: a) peculato mediante profitto dell’errore altrui previsto dall’articolo 316 del codice penale; [b) corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio prevista dagli articoli 319 comma 4 e 321 del codice penale]; c) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 336 comma 2 del codice penale;


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d) commercio e somministrazione di medicinali guasti e di sostanze alimentari nocive previsti dagli articoli 443 e 444 del codice penale; e) corruzione di minorenni prevista dall’articolo 530 del codice penale; f) lesione personale prevista dall’articolo 582 del codice penale; g) furto previsto dall’articolo 624 del codice penale; h) danneggiamento aggravato a norma dell’articolo 635 comma 2 del codice penale; i) truffa prevista dall’articolo 640 del codice penale; l) appropriazione indebita prevista dall’articolo 646 del codice penale; m) alterazione di armi e fabbricazione di esplosivi non riconosciuti previste dagli articoli 3 e 24 comma 1 della legge 18 aprile 1975 n. 110. 3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l’arresto in flagranza può essere eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l’avente diritto dichiara di rimettere la querela, l’arrestato è posto immediatamente in libertà. 4. Nelle ipotesi previste dal presente articolo si procede all’arresto in flagranza soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto. 4 bis. Non è consentito l’arresto della persona richiesta di fornire informazioni dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero per reati concernenti il contenuto delle informazioni o il rifiuto di fornirle. ––––––––––– 1 L’art. 21 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 ha eliminato al fine di superare le difficoltà interpretative scaturenti, l’ulteriore presupposto che il codice richiedeva originariamente per l’esercizio della facoltà di arresto nelle ipotesi del comma 2: la «necessità di interrompere l’attività criminosa». 2 Con l’art. 22 dello stesso D.Lgs. 12/1991, è stato modificato il comma 2 lettera c) eliminando il riferimento alla «seconda ipotesi» dell’art. 336 c.p. che compariva nella originaria versione del codice. Si è ritenuto, infatti, che si trattasse di una ipotesi solo residuale e, addirittura, secondo autorevole dottrina, di una ipotesi difficilmente realizzabile: sicché è apparso preferibile escludere il riferimento specifico e consentire così l’arresto in flagranza per tutti i casi dell’art. 336 comma 2 c.p. 3 L’ipotesi criminosa prevista dagli artt. 319 comma 4 e 321 c.p. (art. 381 comma 2 lett. b) è stata abolita con la nuova formulazione dell’art. 319 c.p. introdotta con l’art. 7 L. 26 aprile 1990, n. 86 in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. In base alla nuova formulazione dell’art 319 c.p. l’arresto in flagranza è sempre facoltativo sia che riguardi il corrotto che il corruttore (art. 321). 4 Una ipotesi di arresto facoltativo anche fuori flagranza è stata introdotta con l’art 3 D.L. 13 maggio 1991, n 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata...) (conv. con modif. nella L. 12 luglio 1991, n. 203).

Codice procedura penale Art. 381 La disposizione si applica alle diverse condotte punibili a norma dell’art. 385 (Evasione) c.p. e fra queste in particolare ai casi di allontanamento dagli arresti domiciliari di allontanamento dal luogo di detenzione domiciliare di mancato rientro da un «permesso», e di assenza di un condannato «semilibero» per oltre 12 ore (v. art. 284 c.p.p.; artt. 30, 47 ter, 51 L. 26 luglio 1975, n. 354). 4 bis Con riferimento alle ipotesi di arresto (facoltativo od obbligatorio) anche fuori di flagranza previste da leggi speciali può comunque dirsi in via generale che: 1) Quando si tratta di reati per i quali l’arresto fuori flagranza è previsto da disposizioni precedenti all’entrata in vigore del codice una apposita disposizione di coordinamento (art. 230 att.) stabilisce che per tali reati si possa ora procedere al fermo (art. 384) se la pena per essi stabilita è quella dell’ergastolo o quella della reclusione superiore nel massimo a tre anni. Trattandosi di una ipotesi di fermo, la misura è dunque adottata in via prioritaria dal pubblico ministero e solo quando sussistono i presupposti previsti dall’art. 384 per il fermo di indiziato di delitto (fondato pericolo di fuga e gravi indizi) fatta eccezione per quelli che riguardano i limiti di pena. A norma dell’art. 230 att., l’arresto fuori flagranza è, ad esempio, consentito per i delitti previsti: – dall’art. 7 ter L.1423/1956 (mancato rientro, entro i termini stabiliti, nel comune di soggiorno obbligato); – dall’art. 7 L. 575/1965 (taluni gravi delitti commessi da chi e sottoposto a misura di prevenzione antimafia). 2) I limiti all’arresto fuori flagranza stabiliti dall’art. 230 att. non operano, naturalmente, nelle ipotesi in cui l’arresto fuori flagranza è previsto da disposizioni successive all’entrata in vigore del codice. Con riferimento alle ipotesi di arresto fuori flagranza introdotte dopo l’entrata in vigore del codice, può ricordarsi: a) è ora consentito (si tratta perciò di un arresto facoltativo) l’arresto anche fuori di flagranza della persona che ha posto in essere una condotta punibile a titolo di evasione anche non aggravata (art. 385 c.p.) (art. 3 DL. 13 maggio 1991, n. 152 conv. con modif. nella L. 12 luglio 1991, n. 203). b) Altre nuove ipotesi di arresto (anche qui, come per l’ipotesi dell’evasione, l’arresto non è obbligatorio ma solo facoltativo) anche fuori di flagranza riguardano l’inosservanza delle misure di prevenzione o del soggiorno cautelare. Più in particolare, l’arresto anche fuori di flagranza è previsto: – dall’art. 9 comma 2 L. 27 dicembre 1956, n. 1423 (come sost. dall’art. 23 comma 1 D L. 8 giugno 1992, n. 306 conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (inosservanza della sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di soggiorno); – dall’art. 5 L. 31 maggio 1965, n. 575 (come sost. dall’art. 23 comma 2 D.L. 306/1992) (allontanamento abusivo dal comune di soggiorno obbligatorio); 5 Per l’arresto in flagranza relativamente a reati militari, v. sub art. 380 nota 5. 6 Per le condotte illecite in materia di sostanze stupefacenti (v. spec. art. 73 T.U. approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) l’arresto in flagranza è vietato solo quando si tratta di detenzione per uso personale. Negli altri casi, l’arresto è obbligatorio salvo che il fatto non sia di lieve entità. A) Ciò comporta che l’arresto è obbligatorio: 1) sia che si tratti di «droghe pesanti» che di «droghe leggere»; 2) sia che le condotte consistano nello «spaccio» sia che consistano nel regalo, nel prestito, nell’offerta, nel-


Codice procedura penale Artt. 382, 383 l’uso di gruppo o in qualsiasi altra condotta che contribuisca alla diffusione dell’uso della droga; 3) se il fatto non è di lieve entità: per le modalità o le circostanze dell’azione o per la qualità o quantità delle sostanze (art. 73 comma 5 T.U. cit.). B) Se il fatto e di lieve entità, l’arresto è facoltativo (art. 380 comma 2 lett. h). C) Non può invece procedersi all’arresto in flagranza di chi, per farne uso personale, illecitamente importa, acquista o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope (v. art. 75 comma 1 T. U. cit. nella formulazione conseguente all’abrogazione parziale a seguito di referendum popolare v. D.P.R. 5 giugno 1993, n. 174). D) Spetta alla p.g. provare che la detenzione non è finalizzata all’uso personale (= assunzione), ma è dovuta ad altra ragione (spaccio, offerta, cessione, uso di gruppo...). 7 In materia di reati concernenti le armi, deve ricordarsi che, oltre che nei casi di cui all’art. 380 comma 2 lett. g (arresto obbligatorio), l’arresto in flagranza è consentito (arresto facoltativo) anche nei casi di cui all’art. 4 commi 4 e 5 L. 18 aprile 1975, n. 110 e nei casi di cui ai commi 1 e 2 del medesimo art. 4 (purché, in tali ultime ipotesi, i reati siano commessi per finalità di discriminazione o violenza razziale, etnica, religiosa) (così ora dispone, infatti, l’art. 6 comma 2 D.L. 26 aprile 1993, n. 122 conv. con modif. nella L. 25 giugno 1993, n. 205). 8 Sulla possibilità di procedere all’arresto di chi rende false dichiarazioni al giudice, al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria, è opportuno ricordare che: 1) il reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p. come modif. dall’art. 11 comma 2 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 conv. con modif. nella L. 7 giugno 1992, n. 356) può essere commesso solo da chi depone davanti al giudice. Non può essere commesso né da chi depone davanti al pubblico ministero né da chi depone davanti alla polizia giudiziaria. In questi casi, infatti, sono configurabili le altre ipotesi di reato previste, rispettivamente, dagli artt. 371 bis e 378 c.p.. Nell’ipotesi tipica, il reato di falsa testimonianza è punito con la pena della reclusione da due a sei anni. In astratto, e tenendo conto dei limiti di pena per esso previsti, si tratta perciò di un reato che consente l’arresto in flagranza (art. 381 comma 1). In concreto, però, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono mai arrestare in flagranza un falso testimone. L’arresto in udienza del testimone per reati concernenti il contenuto della deposizione è infatti vietato sia dall’art. 476 comma 2 sia, indirettamente, dall’art. 207 comma 2 (per il quale, in presenza di un falso testimone, il giudice non può adottare alcun provvedimento immediato, ma solo trasmettere gli atti al pubblico ministero). Il divieto di arresto in udienza è assoluto e vale pertanto anche per la polizia giudiziaria. Deve poi escludersi che questa possa procedere all’arresto del testimone «fuori dell’udienza» (= «fuori dell’aula di udienza») in cui il testimone stesso ha deposto il falso. In tale ipotesi, infatti, l’arresto sarebbe illegittimo perché compiuto in assenza del presupposto dello «stato di flagranza». 2) Come si è detto (v. n. 1), il reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) non può essere compiuto da chi de pone il falso davanti alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero. a) La condotta di colui che si rifiuta di dire ciò che sa alla polizia giudiziaria ovvero ad essa rende false o reticenti dichiarazioni, può peraltro realizzare il reato di favo-

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reggiamento personale (art. 378 c.p.) allorché determina uno sviamento o un rallentamento delle indagini. Per il reato di favoreggiamento personale (che è punito con la reclusione fino a quattro anni), la polizia giudiziaria può procedere all’arresto in flagranza. b) La condotta di colui che si rifiuta di dire ciò che sa al pubblico ministero overo a questi rende false o reticenti dichiarazioni realizza il reato di false informazioni al pubblico ministero (art. 371 bis c.p. aggiunto dall’art. 11 comma 1 D.L. 306/1992) che è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni. Il limite di pena previsto dall’art. 371 bis consente l’arresto in flagranza; in concreto, però, il provvedimento non può essere adottato perché il pubblico ministero non è legittimato a procedere all’arresto in flagranza (ma deve solo limitarsi a richiedere al giudice l’emissione di una ordinanza di custodia cautelare). c) Il reato previsto dall’art. 371 bis non è configurabile quando le «false informazioni» vengono assunte dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero. La norma prende infatti in considerazione solo la condotta di chi «nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero» gli rende «dichiarazioni false...». 9 Per il divieto di pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale, v. art. 114, co. 6 bis. 10 L’arresto non è consentito per i reati di competenza dal giudice di pace per effetto di quanto disposto dall’art. 2 co. 1 lett. b) D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Disposizioni correlative: (1-4) art. 13 Cost.; artt. 22, 23, 39, 43, 56 Cod. pen.; artt. 57, 343, 350, 379, 382, 384, 470, 716, 720; art. 230 att. c.p.p.; (3) art. 120 Cod. pen.; artt. 337, 340; (4) artt. 133, 203 Cod. pen.; art. 274. V. anche note sub art. 380.

Art. 382. Stato di flagranza. 1. È in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima. 2. Nel reato permanente lo stato di flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza. ––––––––––– 1 Lo stato di flagranza, per acuno dei reati di cui all’art. 73 T.U. in materia di sostanze stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n 309) può importare l’immediata espulsione dello straniero. V. anche l’art. 86 T.U. cit., comma 3. 2 Per ipotesi di arresto facoltativo od obbligatorio fuori flagranza, v. oltre all’art. 230 att. c.p.p., la nota 4 all’art. 381, la nota 1 all’art. 380 e la nota 2 all’art. 16 Min. Disposizioni correlative: (1-2) artt. 343, 380, 381, 449, 476, 566.

Art. 383. Facoltà di arresto da parte dei privati. 1. Nei casi previsti dall’articolo 380 ogni persona è autorizzata a procedere all’arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio. 2. La persona che ha eseguito l’arresto deve senza ritardo consegnare l’arrestato e le cose costituenti il corpo del reato alla polizia giudiziaria la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 382; (2) artt. 55, 116, 253, 357.


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Art. 384. Fermo di indiziato di delitto. 1. Anche fuori dei casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi, anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indiziato, che fanno ritenere fondato il pericolo di fuga, il pubblico ministero dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi. 2. Nei casi previsti dal comma 1 e prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono al fermo di propria iniziativa. 3. La polizia giudiziaria procede inoltre al fermo di propria iniziativa qualora sia successivamente individuato l’indiziato ovvero sopravvengano specifici elementi che rendano fondato il pericolo che l’indiziato stia per darsi alla fuga e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del pubblico ministero. ––––––––––– Nel comma 1 le parole «anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indiziato» sono state inserite dall’art. 11, L. 26 marzo 2001, n. 128. 1 Per il potere del pubblico ministero di ritardare l’esecuzione o disporre che sia ritardata l’esecuzione del fermo di indiziato di delitto quando tale differimento è necessario per le investigazioni in ordine al delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, v. art. 7 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991, n. 82) (Nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione...). 2 Per il divieto di pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale, v. art. 114, co. 6 bis. 3 Il fermo non è consentito per i reati di competenza del giudice di pace per effetto di quanto disposto dall’art. 2 co. 1 lett. b) D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Disposizioni correlative: (1-3) artt. 230, 250 att. c.p.p., art. 6 reg.; (1) art. 13 Cost.; artt. 22, 23, 39, 43, 56 Cod. pen.; artt. 273, 274, 379, 382; (2) artt. 57, 348; (3) artt. 307, 352. Per i minori, v. art. 17 D.P.R. 448/88 (Minori).

Art. 385. Divieto di arresto o di fermo in determinate circostanze. 1. L’arresto o il fermo non è consentito quando, tenuto conto delle circostanze del fatto, appare che questo è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima ovvero in presenza di una causa di non punibilità. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 50-54 Cod. pen.; artt. 273, 343, 380-381, 383, 384, 425, 530. V. anche art. 68 Cost., art. 133 D.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 e D.P.R. 4 luglio 1980, n. 15.

Art. 386. Doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo. 1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o il fermo o hanno avuto in consegna l’arrestato, ne danno immediata notizia al pubblico mi-

Codice procedura penale Artt. 384, 386 nistero del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito. Avvertono inoltre l’arrestato o il fermato della facoltà di nominare un difensore di fiducia. 2. Dell’avvenuto arresto o fermo gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria informano immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato dal pubblico ministero a norma dell’articolo 97. 3. Qualora non ricorra l’ipotesi prevista dall’articolo 389 comma 2, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero al più presto e comunque non oltre ventiquattro ore dall’arresto o dal fermo. Entro il medesimo termine trasmettono il relativo verbale salvo che il pubblico ministero autorizzi una dilazione maggiore. Il verbale contiene l’eventuale nomina del difensore di fiducia, l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui l’arresto o il fermo è stato eseguito e l’enunciazione delle ragioni che lo hanno determinato. 4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero mediante la conduzione nella casa circondariale o mandamentale del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito. Il pubblico ministero può disporre che l’arrestato o il fermato sia custodito, in uno dei luoghi indicati nel comma 1 dell’articolo 284 ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale o mandamentale. 6. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria trasmettono il verbale di fermo anche al pubblico ministero che lo ha disposto, se diverso da quello indicato nel comma 1. 7. L’arresto o il fermo diviene inefficace se non sono osservati i termini previsti dal comma 3. ––––––––––– Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. Nel co. 1 le parole «anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indiziato» sono state inserite dall’art. 11, L. 26 marzo 2001, n. 128. 1 Sullo speciale programma di protezione a favore dei cc.dd. pentiti, v. in generale, sub art. 192 con richiami. 2 I commi 3, 4 e 7 sono stati così sostituiti dall’art. 23 D.Lgs 12 gennaio 1991, n. 12. 3 Per prevenire eventuali reazioni e tentativi di fuga è consentito ammanettare l’arrestato o il fermato. In proposito deve però ricordarsi che: 1) le modalità di esecuzione di tutte le misure che privano della libertà personale devono sempre salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto (art. 277). 2) Specie nel corso delle traduzioni, va perciò assicurato il fondamentale rispetto della dignità e del diritto alla riservatezza della persona adottando ogni possibile provvedimento sia per proteggere la persona stessa dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità sia per evi -


Codice procedura penale Artt. 387, 391 tarle inutili disagi (art. 42 bis comma 4 L. 26 luglio 1975, n. 354 aggiunto dall’art. 2 L. 12 dicembre 1992, n. 492, per i minorenni: art. 20 att. min.). 3) L’inosservanza delle disposizioni stabilite per evitare che le traduzioni di arrestati e fermati diventino forme di «spettacolo» costituisce comportamento valutabile ai fini disciplinari (art. 42 bis comma 4 L. 354/1975). 4) Salvo che non ricorrano gravi esperienze di sicurezza, è vietato l’uso delle manette o di analoghi mezzi di costrizione nelle traduzioni di arrestati o fermati minorenni (art. 20 att. min.). Nelle traduzioni individuali (= traduzioni di ogni arrestato o fermato separatamente dall’altro) di maggiorenni, l’uso delle manette ai polsi è invece consentito solo quando lo richiedono la pericolosità del soggetto o il pericolo di fuga o circostanze di ambiente (art. 42 bis comma 5 L. 354/1975). La valutazione sulla sussistenza di tali pericoli o circostanze spetta all’autorità che ha disposto la misura e, di conseguenza alla stessa polizia giudiziaria se l’arresto o il fermo è avvenuto su sua iniziativa (così Circol. Ministero Gius. 8 aprile 1993). 5) Valgono anche per l’arresto in flagranza e il fermo, le altre previsioni illustrate con riferimento generale alle modalità per l’esecuzione delle traduzioni (v. nota 2 all’art. 293 c.p.p.). Disposizioni correlative: (1-7) art. 13 Cost.; artt. 57, 307, 347, 350 co. 1, 5, 380-381, 383, 384, 566; artt. 120 att. c.p.p.; (1-2) artt. 96 e segg., 104; (3) artt. 135 e segg., 357, 373, 380 co. 3, 381 co. 3, 385, 389, 390; art. 122 att.; (4) artt. 285, 566; art. 7 reg.; (7) artt. 389, 390, 391. C.p.p. artt. 385-386 C.p.p. art. 386. Per i minori, v. art. 18 D.P.R. 448/88 (Minori); artt. 2020 bis att. Min.

Art. 387. Avviso dell’arresto o del fermo ai familiari. 1. La polizia giudiziaria, con il consenso dell’arrestato o del fermato, deve senza ritardo dare notizia ai familiari dell’avvenuto arresto o fermo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 96, 119, 380, 381, 383, 384. V. anche art. 59 reg. 29 aprile 1976, n. 435 (Ordinamento penitenziario) nonché art. 18 Min.

Art. 388. Interrogatorio dell’arrestato o del fermato. 1. Il pubblico ministero può procedere all’interrogatorio dell’arrestato o del fermato, dandone tempestivo avviso al difensore di fiducia ovvero, in mancanza, al difensore di ufficio. 2. Durante l’interrogatorio, osservate le forme previste dall’articolo 64, il pubblico ministero informa l’arrestato o il fermato del fatto per cui si procede e delle ragioni che hanno determinato il provvedimento comunicandogli inoltre gli elementi a suo carico e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, le fonti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 51, 64, 65, 95, 96, 350, 364, 380-381, 383, 384, 386 co. 3, 449, 566 co. 4; art. 118 att. c.p.p.

Art. 389. Casi di immediata liberazione dell’arrestato o del fermato. 1. Se risulta evidente

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che l’arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge o se la misura dell’arresto o del fermo è divenuta inefficace a norma degli articoli 386 comma 7 e 390 comma 3, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l’arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà. 2. La liberazione è altresì disposta prima dell’intervento del pubblico ministero dallo stesso ufficiale di polizia giudiziaria, che ne informa subito il pubblico ministero del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 68, 380-381, 383-386, 390; (2) artt. 386 co. 1 e 3; artt. 97, 120, 121 att. c.p.p.; art. 6 reg.

Art. 390. Richiesta di convalida dell’arresto o del fermo. 1. Entro quarantotto ore dall’arresto o dal fermo il pubblico ministero, qualora non debba ordinare la immediata liberazione dell’arrestato o del fermato, richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito. 2. Il giudice fissa l’udienza di convalida al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero e al difensore. 3. L’arresto o il fermo diviene inefficace se il publico ministero non osserva le prescrizioni del comma 1. 3 bis. Se non ritiene di comparire, il pubblico ministero trasmette al giudice, per l’udienza di convalida le richieste in ordine alla libertà personale con gli elementi su cui le stesse si fondano. (1) ––––––––––– (1) Il comma 3 bis è stato aggiunto ad opera dell’art. 24 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. Disposizioni correlative: (12) art. 13 Cost.; artt. 8, 297, 328. 380-381, 382, 384, 389, 391; artt. 121, 122 att. c.p.p.; (2) art. 149; (3) artt. 386, 389, 391.

Art. 391. Udienza di convalida. 1. L’udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore dell’arrestato o del fermato. 2. Se il difensore di fiducia o di ufficio non è stato reperito o non è comparso, il giudice provvede a norma dell’articolo 97 comma 4. 3. Il pubblico ministero, se comparso, indica i motivi dell’arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale. Il giudice procede quindi all’interrogatorio dell’arrestato o del fermato salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore. (1) 4. Quando risulta che l’arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386 comma 3 e 390 comma 1, il giudice provvede alla convalida con ordinanza. Contro l’ordinanza che de-


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cide sulla convalida, il pubblico ministero e l’arrestato o il fermato possono proporre ricorso per cassazione (1). 5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall’articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall’articolo 274, il giudice dispone l’applicazione di una misura coercitiva a norma dell’articolo 291. Quando l’arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell’articolo 381 comma 2, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l’applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280. (1 bis) 6. Quando non provvede a norma del comma 5, il giudice dispone con ordinanza la immediata liberazione dell’arrestato o del fermato. 7. Le ordinanze previste dai commi precedenti, se non sono pronunciate in udienza, sono comunicate o notificate a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Le ordinanze pronunciate in udienza sono comunicate al pubblico ministero e notificate all’arrestato o al fermato, se non comparsi. I termini per l’impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza ovvero dalla sua comunicazione o notificazione. L’arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l’ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui l’arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice. (1) ––––––––––– 1 I commi 3, 4 e 7 sono stati modificati dall’art. 25, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. 1 bis Il comma 5 è stato modificato dall’art. 25, D.Lgs. 12/1991 cit. Successivamente il secondo periodo di tale comma è stato così sostituito dall’art. 12, L. 26 marzo 2001, n. 128. 2 V. l’art. 8 L. 13 dicembre 1989, n. 401 sulle prescrizioni in ordine al divieto di accedere ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche che possono essere imposte con il provvedimento di convalida dell’arresto nei confronti di chi è stato arrestato in flagranza per reato commesso durante o in occasione di manifestazioni sportive. 3 Per l’esercizio delle funzioni di pubblico ministero nell’udienza di convalida da parte degli uditori giudiziari con almeno quattro mesi di tirocinio e dei vice procuratori onorari, v. il periodo aggiunto al comma 1 dell’art. 72 ord. giud. dall’art. 1 D.L.gs. 2 febbraio 1990, n. 15 (v. sub art. 22 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449) in tema di adeguamento dell’ordinamento giudiziario. 4 Sui provvedimenti che il giudice può assumere nell’udienza di convalida nel caso di arresto fuori dei casi di flagranza della persona che ha posto in essere una condotta punibile a norma dell’art. 385 Cod. pen. v. art. 3 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (conv. con modif. nella L. 12 luglio 1991, n. 203). Disposizioni correlative; (1-7) art. 13 Cost.; artt. 307, 328, 449, 566; artt. 118, 123, 162 att. c.p.p.; art. 21, 22 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 (Norme ... adeguamento ... ordinamento giudiziario); (1) artt. 96, 97, 127, 178, 179, 386 co. 1 e 2; (3) artt. 291, 294; (4) artt. 125, 380-381,

Codice procedura penale Art. 391 bis 383-386, 389, 390, 606 e segg.; (5-6) artt. 273-275, 280 e segg., 291, 309-310; art. 8 L. 13 dicembre 1989, n. 401; (7) artt. 386, 389, 390. Con riferimento alle misure adottate nei confronti di imputati minorenni, v. artt. 19 e segg. D.P.R. 448/88 (Minori).

TITOLO VI bis (1) INVESTIGAZIONI DIFENSIVE ––––––––––– (1) Titolo inserito dall’art. 11 L. 7 dicembre 2000, n. 397.

Art. 391 bis. (1) Colloquio, ricezione di dichiarazioni e assunzione di informazioni da parte del difensore. 1. Salve le incompatibilità previste dall’articolo 197, comma 1, lettere c) e d), per acquisire notizie il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici possono conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa. In questo caso, l’acquisizione delle notizie aviene attraverso un colloquio non documentato. 2. Il difensore o il sostituto possono inoltre chiedere alle persone di cui al comma 1 una dichiarazione scritta ovvero di rendere informazioni da documentare secondo le modalità previste dall’articolo 391-ter. 3. In ogni caso, il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici avvertono le persone indicate nel comma 1: a) della propria qualità e dello scopo del colloquio; b) se intendono semplicemente conferire ovvero ricevere dichiarazioni o assumere informazioni indicando, in tal caso, le modalità e la forma di documentazione; c) dell’obbligo di dichiarare se sono sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato; d) della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione; e) del divieto di rivelare le domande eventualmente formulate dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero e le risposte date; f) delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione. 4. Alle persone già sentite dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero non possono essere richieste notizie sulle domande formulate o sulle risposte date. 5. Per conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da una persona sottoposta ad indagini o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato, è dato avviso, almeno ventiquattro ore prima, al suo difensore la cui presenza è necessaria. Se la persona è priva di difensore, il giudice, su richiesta del difensore che procede alle investiga-


Codice procedura penale Artt. 391 ter, 391 quinquies zioni, dispone la nomina di un difensore di ufficio ai sensi dell’articolo 97. 6. Le dichiarazioni ricevute e le informazioni assunte in violazione di una delle disposizioni di cui ai commi precedenti non possono essere utilizzate. La violazione di tali disposizioni costituisce illecito disciplinare ed è comunicata dal giudice che procede all’organo titolare del potere disciplinare. 7. Per conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da persona detenuta, il difensore deve munirsi di specifica autorizzazione del giudice che procede nei confronti della stessa, sentiti il suo difensore ed il pubblico ministero. Prima dell’esercizio dell’azione penale l’autorizzazione è data dal giudice per le indagini preliminari. Durante l’esecuzione della pena provvede il magistrato di sorveglianza. 8. All’assunzione di informazioni non possono assistere la persona sottoposta alle indagni, la persona offesa e le altre parti private. 9. Il difensore o il sostituto interrompono l’assunzione di informazioni da parte della persona non imputata ovvero della persona non sottoposta ad indagini, qualora essa renda dichiarazioni dalle quali emergano indizi di reità a suo carico. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. 10. Quando la persona in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera d) del comma 3, il pubblico ministero, su richiesta del difensore, ne dispone l’audizione che fissa entro sette giorni dalla richiesta medesima. Tale disposizione non si applica nei confronti delle persone sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento e nei confronti delle persone sottoposte ad indagini o imputate in un diverso procedimento nelle ipotesi previste dall’articolo 210. L’audizione si svolge alla presenza del difensore che per primo formula le domande. Anche con riferimento alle informazioni richieste dal difensore si applicano le disposizioni dell’articolo 362. 11. Il difensore, in alternativa all’audizione di cui al comma 10, può chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza o all’esame della persona che abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera d) del comma 3, anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 392, comma 1. ––––––––––– (1) Vedi nota sub Titolo VI bis. (2) Le modalità attraverso le quali può avvenire il contatto fra la difesa e la persona in grado di riferire circostanze utili ai fini della attività investigativa sono le seguenti: il colloquio non documentato, finalizzato, evidentemente a rendersi conto del grado di conoscenza del

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soggetto e ad acquisire notizie da costui; la richiesta di una dichiarazione scritta e, infine, la richiesta di informazioni da documentare nelle forme indicate dall’art. 391 ter. Disposizioni correlative: artt. 371 bis e 371 ter c.p.

Art. 391 ter. (1) Documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni. La dichiarazione di cui al comma 2 dell’articolo 391-bis, sottoscritta dal dichiarante, è autenticata dal difensore o da un suo sostituto, che redige una relazione nella quale sono riportati: a) la data in cui ha ricevuto la dichiarazione; b) le proprie generalità e quelle della persona che ha rilasciato la dichiarazione; c) l’attestazione di avere rivolto gli avvertimenti previsti dal comma 3 dell’articolo. 391-bis; d) i fatti sui quali verte la dichiarazione. 2. La dichiarazione è allegata alla relazione. 3. Le informazioni di cui al comma 2 dell’articolo 391-bis sono documentate dal difensore o da un suo sostituto che possono avvalersi per la materiale redazione del verbale di persone di loro fiducia. Si osservano le disposizioni contenute nel titolo III del libro secondo, in quanto applicabili. ––––––––––– (1) Vedi nota sub Titolo VI bis.

Art. 391 quater. (1) Richiesta di documentazione alla pubblica amministrazione. 1. Ai fini delle indagini difensive, il difensore può chiedere i documenti in possesso della pubblica amministrazione e di estrarne copia a sue spese. 2. L’istanza deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o lo detiene stabilmente. 3. In caso di rifiuto da parte della pubblica amministrazione si applicano le disposizioni degli articoli 367 e 368. ––––––––––– (1) Vedi nota sub Titolo VI bis.

Art. 391 quinquies.(1) Potere di segretazione del pubblico ministero. 1. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività, di indagine, il pubblico ministero può, con decreto motivato, vietare alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell’indagine di cui hanno conoscenza. Il divieto non può avere una durata superiore a due mesi. 2. Il pubblico ministero, nel comunicare il divieto di cui al comma 1 alle persone che hanno rilasciato le dichiarazioni, le avverte delle responsabilità penali conseguenti all’indebita rivelazione delle notizie. ––––––––––– (1) Vedi nota sub Titolo VI bis. (2) La disposizione mira a disciplinare le possibili interferenze della investigazione difensiva con le indagini, ancora segrete, del pubblico ministero e della polizia giudiziaria.


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Codice procedura penale Artt. 391 sexies, 391 decies

Il secondo comma contiene un riferimento, per l’inosservanza della segretazione posta dal pubblico ministero, al nuovo delitto di «Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale» previsto dall’art. 379 bis c.p. Disposizioni correlative: art. 379 bis c.p.

Art. 391 sexies. (1) Accesso ai luoghi di documentazione. 1. Quando effettuano un acceso per prendere visione dello stato dei luoghi e delle cose ovvero per procedere alla loro descrizione o per eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi, il difensore, il sostituto e gli ausiliari indicati nell’articolo 391-bis possono redigere un verbale nel quale sono riportati: a) la data ed il luogo dell’accesso; b) le proprie generalità e quelle delle persone intervenute; c) la descrizione dello stato dei luoghi e delle cose; d) l’indicazione degli eventuali rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi eseguiti, che fanno parte integrante dell’atto e sono allegati al medesimo. Il verbale è sottoscritto dalle persone intervenute. ––––––––––– (1) Vedi nota sub Titolo VI bis.

Art. 391 septies.(1) Accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico). 1. Se è necessario accedere a luoghi privati o non aperti al pubblico e non vi è il consenso di chi ne ha la disponibilità, l’accesso, su richiesta del difensore, è autorizzato dal giudice, con decreto motivato che ne specifica le concrete modalità. 2. Nel caso di cui al comma 1, la persona presente è avvertita della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell’articolo 120. 3. Non è consentito l’accesso ai luoghi di abitazione e loro pertinenze, salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato. ––––––––––– (1) Vedi nota sub Titolo VI bis.

Art. 391 octies. (1) Fascicolo del difensore. 1. Nel corso delle indagini preliminari e nell’udienza preliminare, quando il giudice deve adottare una decisione con l’intervento della parte privata, il difensore può presentargli direttamente gli elementi di prova a favore del proprio assistito. 2. Nel corso delle indagini preliminari il difensore che abbia conoscenza di un procedimento penale puo presentare gli elementi difensivi di cui al comma 1 direttamente al giudice, perché ne tenga conto anche nel caso in cui debba adottare una decisione per la quale non è previsto l’intervento della parte assistita. 3. La documentazione di cui ai commi 1 e 2, in originale o, se il difensore ne richiede la restituzione, in copia, è inserita nel fascicolo del difen-

sore, che è formato e conservato presso l’ufficio de giudice per le indagini preliminari. Della documentazione il pubblico ministero può prendere visione ed estrarre copia prima che venga adottata una decisione su richiesta delle altre parti o con il loro intervento. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il fascicolo del difensore è inserito nel fascicolo di cui all’articolo 433. Il difensore può, in ogni caso, presentare al pubblico ministero gli elementi di prova a favore del proprio assistito. ––––––––––– (1) Vedi nota sub Titolo VI bis.

Art. 391 nonies.(1) Attività investigativa preventiva. 1. L’attivita investigativa prevista dall’articolo 327-bis, con esclusione degli atti che richiedono l’autorizzazione o l’intervento dell’autorità giudiziaria, può essere svolta anche dal difensore che ha ricevuto apposito mandato per l’eventualità che si instauri un procedimento penale. 2. Il mandato è rilasciato con sottoscrizione autenticata e contiene la nomina del difensore e l’indicazione dei fatti ai quali si riferisce. ––––––––––– (1) Vedi nota sub Titolo VI bis. (2) Vedi nota (2) sub art. 327 bis c.p.p. Disposizioni correlative: art. 327 bis c.p.p.

Art. 391 decies.(1) Utilizzazione della documentazione delle investigazioni difensive). 1. Delle dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore le parti possono servirsi a norma degli articoli 500, 512 e 513. 2. Fuori del caso in cui è applicabile l’articolo 234, la documentazione di atti non ripetibili compiuti in occasione dell’accesso ai luoghi, presentata nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, è inserita nel fascicolo previsto dall’articolo 431. 3. Quando si tratta di accertamenti tecnici non ripetibili, il difensore deve darne avviso, senza ritardo, al pubblico ministero per l’esercizio delle facoltà previste, in quanto compatibili. dall’articolo 360. Negli altri casi di atti non ripetibili di cui al comma 2, il pubblico ministero, personalmente o mediante delega alla polizia giudiziaria, ha facolta di assistervi 4. Il verbale degli accertamenti compiuti ai sensi del comma 3 e, quando il pubblico ministero ha esercitato la facoltà di assistervi, la documentazione degli atti compiuti ai sensi del comma 2 sono inseriti nel fascicolo del difensore e nel fascicolo del pubblico ministero. Si applica la disposizione di cui all’articolo 431, comma 1, lettera c). ––––––––––– (1) Vedi nota sub Titolo VI bis.


Codice procedura penale Artt. 392, 395

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TITOLO VII INCIDENTE PROBATORIO

Disposizioni correlative: (1) artt. 3, 41, 47, 70, 326, 328, 344, 467; (1) (a-b) artt. 194 e segg.; (1) (e) art. 211; (1) (f): artt. 218 e segg., 360; (2) artt. 227, 468, 477, 508.

Art. 392. Casi. 1. Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio: a) all’assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento; b) all’assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso; c) all’esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri; (1) d) all’esame delle persone indicate nell’articolo 210; (1) e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b); f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile; g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l’atto al dibattimento. 1 bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies del codice penale il pubblico ministero o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. (2) 2. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono altresì chiedere una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una sospensione superiore a sessanta giorni (3).

Art. 393. Richiesta. 1. La richiesta è presentata entro i termini per la conclusione delle indagini preliminari e comunque in tempo sufficiente per l’assunzione della prova prima della scadenza dei medesimi termini e indica: a) la prova da assumere, i fatti che ne costituiscono l’oggetto e le ragioni della sua rilevanza per la decisione dibattimentale; b) le persone nei confronti delle quali si procede per i fatti oggetto della prova; c) le circostanze che, a norma dell’articolo 392 rendono la prova non rinviabile al dibattimento. 2. La richiesta proposta dal pubblico ministero indica anche i difensori delle persone interessate a norma del comma 1 lettera b), la persona offesa e il suo difensore. 2 bis. Con la richiesta di incidente probatorio di cui all’articolo 392, comma 1 bis, il pubblico ministero deposita tutti gli atti di indagine compiuti. (1) 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si osservano a pena di inammissibilità. 4. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere la proroga del termine delle indagini preliminari ai fini dell’esecuzione dell’incidente probatorio. Il giudice provvede con decreto motivato, concedendo la proroga per il tempo indispensabile all’assunzione della prova quando risulta che la richiesta di incidente probatorio non avrebbe potuto essere formulata anteriormente. Nello stesso modo il giudice provvede se il termine per le indagini preliminari scade durante l’esecuzione dell’incidente probatorio. Del provvedimento è data in ogni caso comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello (2).

––––––––––– (1) Il co. 1, lett c) e d) è stato così modificato dalla L. 7 agosto 1997, n. 267. (2) Il comma 1 bis è stato introdotto dall’art. 13 della legge 15 febbraio 1996, n. 66 e così modificato dalla L. 3 agosto 1998, n. 269. (3) Con sentenza 10 marzo 1994, n. 77, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità degli artt. 392 e 393, nella parte in cui non consentono che, nei casi pre visti dalla prima di tali disposizioni, l’incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito anche nella fase dell’udienza preliminare. (4) Per l’incidente probatorio in tema di reati ministeriali, v. l’art. 1 L. 5 giugno 1989, n. 219.

––––––––––– (1) Il comma 2 bis è stato introdotto dalla 15 febbraio 1996, n. 66. (2) Vedi nota (3) sub art. precedente. Disposizioni correlative: (1) artt. 405-407, (1) (a) artt. 433, 495; (1) (b) art. 396; (4) artt. 99, 153, 405-407, 412, 553.

Art. 394. Richiesta della persona offesa. 1. La persona offesa può chiedere al pubblico ministero di promuovere un incidente probatorio. 2. Se non accoglie la richiesta, il pubblico ministero pronuncia decreto motivato e lo fa notificare alla persona offesa. ––––––––––– Diposizioni correlative: (1) artt. 90, 91.

Art. 395. Presentazione e notificazione della richiesta. 1. La richiesta di incidente probatorio è depositata nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, unitamente a eventuali cose o documenti, ed è notificata a cura di chi l’ha pro-


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posta, secondo i casi, al pubblico ministero e alle persone indicate nell’articolo 393 comma 1 lettera b). La prova della notificazione è depositata in cancelleria. ––––––––––– 1 Con una sentenza «interpretativa di rigetto» la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 393, 395 e 396 del codice (Corte cost. 10 ottobre 1990, n. 436). Le questioni di costituzionalità erano state sollevate dai Giudici per le indagini preliminari presso i tribunali di Pavia e di Roma, rispettivamente con ordinanze 9 febbraio 1990 e 13 febbraio 1990 (pubblicate sui nn. 18 e 19 della Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale, dell’anno 1990). Nelle citate ordinanze la questione di legittimità costituzionale veniva fondata sul rilievo che l’art. 395 non pre vede che la richiesta del pubblico ministero di procedere ad incidente probatorio debba essere notificata anche al difensore della persona sottoposta alle indagini. La Corte ha rilevato che una interpretazione sistematica delle diverse disposizioni codicistiche rilevanti in materia (artt. 61, 99 co. 1, 396, 401 co. 4) permette di considerare compreso, fra i destinatari della notifica della richiesta di incidente probatorio, anche il difensore della persona sottoposta alle indagini preliminari. Ha pertanto dichiarato non fondate le questioni di costituzionalità dovendosi ritenere che la richiesta di incidente probatorio (art. 393) debba essere notificata anche al difensore oltre che ai soggetti espressamente indicati negli artt. 393, 395 e 396 c.p.p. V. anche le sentenze della Corte costituzionale, citate sub art. 401.

Art. 396. Deduzioni. 1. Entro due giorni dalla notificazione della richiesta, il pubblico ministero ovvero la persona sottoposta alle indagini può presentare deduzioni sull’ammissibilità e sulla fondatezza della richiesta, depositare cose, produrre documenti nonché indicare altri fatti che debbano costituire oggetto della prova e altre persone interessate a norma dell’articolo 393 comma 1 lettera b). 2. Copia delle deduzioni è consegnata dalla persona sottoposta alle indagini alla segreteria del pubblico ministero, che comunica senza ritardo al giudice le indicazioni necessarie per gli avvisi. La persona sottoposta alle indagini può prendere visione ed estrarre copia delle deduzioni da altri presentate (1).

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 395, 400, (2) artt. 99, 153. (1) Vedi nota (2) sub art. 393.

Art. 397. Differimento dell’incidente probatorio. 1. Il pubblico ministero può chiedere che il giudice disponga il differimento dell’incidente probatorio richiesto dalla persona sottoposta alle indagini quando la sua esecuzione pregiudicherebbe uno o più atti di indagine preliminare. Il differimento non è consentito quando pregiudicherebbe l’assunzione della prova. 2. La richiesta di differimento è presentata a pena di inammissibilità nella cancelleria del giudice en-

Codice procedura penale Artt. 396, 398 tro il termine previsto dall’articolo 396 comma 1 e indica: a) l’atto o gli atti di indagine preliminare che l’incidente probatorio pregiudicherebbe e le cause del pregiudizio; b) il termine del differimento richiesto. 3. Il giudice, se non dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di incidente probatorio, provvede entro due giorni con ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di differimento. L’ordinanza di inammissibilità o di rigetto e immediatamente comunicata al pubblico ministero. 4. Nell’accogliere la richiesta di differimento il giudice fissa l’udienza per l’incidente probatorio non oltre il termine strettamente necessario al compimento dell’atto o degli atti di indagine preliminare indicati nel comma 2 lettera a). L’ordinanza è immediatamente comunicata al pubblico ministero e notificata per estratto alle persone indicate nell’articolo 393 comma 1 lettera b). La richiesta di differimento e l’ordinanza sono depositate all’udienza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 402; (2) art. 173; (3) art. 153.

Art. 398. Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio. 1. Entro due giorni dal deposito della prova della notifica e comunque dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 396 comma 1, il giudice pronuncia ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di incidente probatorio. L’ordinanza di inammissibilità o di rigetto è immediatamente comunicata al pubblico ministero e notificata alle persone interessate. 2. Con l’ordinanza che accoglie la richiesta il giudice stabilisce: a) l’oggetto della prova nei limiti della richiesta e delle deduzioni; b) le persone interessate all’assunzione della prova individuate sulla base della richiesta e delle deduzioni; c) la data dell’udienza. Tra il provvedimento e la data dell’udienza non può intercorrere un termine superiore a dieci giorni. 3. Il giudice fa notificare alla persona sottoposta alle indagini, alla persona offesa e ai difensori avviso del giorno, dell’ora e del luogo in cui si deve procedere all’incidente probatorio almeno due giorni prima della data fissata con l’avvertimento che nei due giorni precedenti l’udienza possono prendere cognizione ed estrarre copia delle dichiarazioni già rese dalla persona da esaminare. Nello stesso termine l’avviso è comunicato al pubblico ministero. (1) 3 bis. La persona sottoposta alle indagini ed i di-


Codice procedura penale Artt. 399, 401 fensori delle parti hanno diritto di ottenere copia degli atti depositati ai sensi dell’articolo 393, comma 2 bis. (2) 4. Se si deve procedere a più incidenti probatori, essi sono assegnati alla medesima udienza, sempre che non ne derivi ritardo. 5. Quando ricorrono ragioni di urgenza e l’incidente probatorio non può essere svolto nella circoscrizione del giudice competente, quest’ultimo può delegare il giudice per le indagini preliminari del luogo dove la prova deve essere assunta. 5 bis. Nel caso di indagini che riguardano ipotesi di reato previste dagli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies del codice penale, il giudice, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, con l’ordinanza di cui al comma 2, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l’abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia ovvero della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti. (2) (3) ––––––––––– (1) Il comma 3 è stato così modificato dalla legge 7 agosto 1997, n. 267. (2) I commi 3 bis e 5 bis sono stati introdotti dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66 (art. 14). (3) Il co. 5 bis è stato così modificato dall’art. 13 L. 3 agosto 1998, n. 269. Disposizioni correlative: (1) artt. 395, 400, 551, 552; (2) artt. 393, 396; art. 124 att. c.p.p.; (3) artt. 90, 91, 96, 97, 101, 172 400; (5) artt. 4-16, 370.

Art. 399. Accompagnamento coattivo della persona sottoposta alle indagini. 1. Se la persona sottoposta alle indagini, la cui presenza è necessaria per compiere un atto da assumere con l’incidente probatorio, non compare senza addurre un legittimo impedimento, il giudice ne ordina l’accompagnamento coattivo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 132, 392, 490; art. 46 att. c.p.p.

Art. 400. Provvedimenti per i casi di urgenza. 1. Quando per assicurare l’assunzione della prova è indispensabile procedere con urgenza all’incidente probatorio, il giudice dispone con decreto

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motivato che i termini previsti dagli articoli precedenti siano abbreviati nella misura necessaria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 552.

Art. 401. Udienza. 1. L’udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore della persona sottoposta alle indagini. Ha altresì diritto di parteciparvi il difensore della persona offesa. 2. In caso di mancata comparizione del difensore della persona sottoposta alle indagini, il giudice designa altro difensore a norma dell’articolo 97 comma 4. 3. La persona sottoposta alle indagini e la persona offesa hanno diritto di assistere all’incidente probatorio quando si deve esaminare un testimone o un’altra persona. Negli altri casi possono assistere previa autorizzazione del giudice. 4. Non è consentita la trattazione e la pronuncia di nuovi provvedimenti su questioni relative all’ammissibilità e alla fondatezza della richiesta. 5. Le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento. Il difensore della persona offesa può chiedere al giudice di rivolgere domande alle persone sottoposte ad esame. 6. Salvo quanto previsto dall’articolo 402, è vietato estendere l’assunzione della prova a fatti riguardanti persone diverse da quelle i cui difensori partecipano all’incidente probatorio. È in ogni caso vietato verbalizzare dichiarazioni riguardanti tali soggetti. 7. Se l’assunzione della prova non si conclude nella medesima udienza, il giudice ne dispone il rinvio al giorno successivo non festivo, salvo che lo svolgimento delle attività di prova richieda un termine maggiore. 8. Il verbale, le cose e i documenti acquisiti nell’incidente probatorio sono trasmessi al pubblico ministero. I difensori hanno diritto di prenderne visione ed estrarne copia. ––––––––––– 1 L’art. 401 comma 1 prevede che, nel corso dell’incidente probatorio, le «prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento». La Corte costituzionale, al riguardo, ha precisato (sentenza interpretativa Corte cost. 11 febbraio 1991, n. 74): «il richiamo alle forme stabilite per il dibattimento» implica con riferimento alla prova testimoniale, che quando si tratti di prova richiesta dal pubblico ministero, la persona sottoposta alle indagini sia messa in grado di controesaminare il teste, eventualmente anche contestandogli, ai sensi dell’art. 500, le dichiarazioni in precedenza rese alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero e già depositate nella cancelleria del giudice (v. art. 395). Peraltro, l’assunzione della prova in una fase per sua natura segreta (con in più, quando si tratti di esaminare un testimone, il pericolo di inquinamento della prova oppure il rischio della scomparsa della stessa fonte proprio in relazione a quanto dichiarato dal testimone alla polizia giudiziaria od al pubblico ministero), da un lato, esige che, considerato il valore di prova della testimonianza assunta a norma degli


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artt. 392 e seguenti, vengano salvaguardati il diritto alla prova della persona sottoposta alle indagini ed il principio di parità delle parti; d’altro lato impone di consentire al pubblico ministero che l’acquisizione della prova non rinviabile al dibattimento non rimanga compromessa dal fatto che la persona sottoposta alle indagini possa prendere conoscenza, sin dalla notificazione della richiesta, delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone. «Un punto di equilibrio fra così contrapposte esigenze può ricavarsi dal testo dello stesso art. 401, quinto comma, leggendolo nel senso» «che – addivenendosi con l’incidente probatorio «all’assunzione anticipata di mezzi di prova destinati ad acquisire la forza probatoria propria delle prove espletate in dibattimento» – l’«interpretazione letterale» del disposto del quinto comma dell’art. 401 (ove si prescrive, in via generale, che «le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento») «rende chiaro che le modalità di espletamento» della prova «nell’incidente probatorio sono quelle stesse che valgono per la fase dibattimentale». Se, a proposito delle deposizioni testimoniali, la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di avere la disponibilità delle dichiarazioni in precedenza rese alla polizia giudiziaria od al pubblico ministero non viene «menzionata nell’art. 401», ciò accade perché essa risulta «ricompresa in tale regola». D’altro canto, se né l’art. 395 né l’art. 396 includono le dette dichiarazioni tra gli atti da notificare alla persona sottoposta alle indagini (di esse è previsto il solo deposito nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari unitamente alla richiesta), ciò accade perché, per ovvie esigenze di salvaguardia del testimone in funzione dell’esercizio dell’azione penale, non possono essere messe a disposizione della persona sottoposta alle indagini (quanto meno nelle ipotesi di assunzione anticipata della prova per le ragioni indicate nell’art 392, primo comma, lettera b), prima dell’udienza di assunzione della prova: soltanto da quel momento, infatti, i rischi di inquinamento e di dispersione della prova o della sua fonte vengono ad attenuarsi. Così interpretato, l’art. 401, quinto comma, del codice di procedura penale non incorre nella violazione dell’art. 24 della Costituzione». 2 Con altra precedente sentenza intepretativa (Corte cost. 28 dicembre 1990, n. 559), la Corte aveva sostenuto che, nell’incidente probatorio la persona offesa ha facoltà di nominare un consulente tecnico ai fini della perizia disposta con tale incidente. La mancanza di una previsione esplicita in tal senso non è di ostacolo alla facoltà di nomina. Disposizioni correlative: (1) artt. 90, 91, 101, 127, 179, 404; (5) art. 496; (6) artt. 191, 398; (8) art. 118 att. c.p.p.

Art . 402. Estensione dell’incidente probatorio. 1. Se il pubblico ministero o il difensore della persona sottoposta alle indagini chiede che la prova si estenda ai fatti o alle dichiarazioni previsti dall’articolo 401 comma 6, il giudice, se ne ricorrono i requisiti, dispone le necessarie notifiche a norma dell’articolo 398 comma 3 rinviando l’udienza per il tempo strettamente necessario e comunque non oltre tre giorni. La richiesta non è accolta se il rinvio pregiudica l’assunzione della prova. Art. 403. Utilizzabilità nel dibattimento delle prove assunte con incidente probatorio. 1. Nel dibattimento le prove assunte con l’incidente probatorio sono utilizzabili soltanto nei confronti de-

Codice procedura penale Artt. 402, 405 gli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione. 1 bis. Le prove di cui al comma 1 non sono utilizzabili nei confronti dell’imputato raggiunto solo successivamente all’incidente probatorio da indizi di colpevolezza se il difensore non ha partecipato alla loro assunzione, salvo che i suddetti indizi siano emersi dopo che la ripetizione dell’atto sia divenuta impossibile. (1) ––––––––––– (1) Il co. 1 bis è stato inserito dalla L. 7 agosto 1997, n. 267. Disposizioni correlative: (1) artt. 191 401.

Art. 404. Efficacia dell’incidente probatorio nei confronti della parte civile. 1. La sentenza pronunciata sulla base di una prova assunta con incidente probatorio a cui il danneggiato dal reato non è stato posto in grado di partecipare non produce gli effetti previsti dall’articolo 652, salvo che il danneggiato stesso ne abbia fatta eccezione anche tacita. TITOLO VIII CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI Art. 405. Inizio dell’azione penale. Forme e termini. 1. Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l’archiviazione, esercita l’azione penale, formulando l’imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV, e V del libro VI ovvero con richiesta di rinvio a giudizio. 2. Salvo quanto previsto dall’art. 415 bis, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine è di un anno se si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lett. a). 3. Se è necessaria la querela, l’istanza o la richiesta di procedimento, il termine decorre dal momento in cui queste pervengono al pubblico ministero. 4. Se è necessaria l’autorizzazione a procedere, il decorso del termine è sospeso dal momento della richiesta a quello in cui l’autorizzazione perviene al pubblico ministero. ––––––––––– 1 Per i termini delle indagini in tema di reati ministeriali, e per la relativa proroga, v. art. 8 L. 5 giugno 1989, n. 219. 2 L’inciso iniziale del comma 2 introdotto dalla legge n. 479 del 1999, si spiega con la considerazione che, in base al disposto dell’articolo 415 bis, il pubblico ministero, prima della scadenza del termine per le indagini, non deve formulare l’imputazione, ma salvo che debba richiedere l’archiviazione, deve far notificare alla persona sottoposta alle indagini ed al difensore l’avviso della conclusione delle indagini stesse. Per un più ampio chiarimento si veda sub articolo 415 bis.


Codice procedura penale Artt. 406, 407 Disposizioni correlative: (1) artt. 408, 411, 415; 50, 60, 447, 449, 453, 459, 416; artt. 125, 127, 129 att. c.p.p.; art. 15 reg.; (2) artt. 335, 414, 415, 436; (3) artt. 336, 341, 342, 345; (4) artt. 343, 344, 345.

Art. 406. (1) Proroga del termine. 1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, per giusta causa, la proroga del termine previsto dall’art. 405. La richiesta contiene l’indicazione della notizia di reato e l’esposizione dei motivi che la giustificano. 2. Ulteriori proroghe possono essere richieste dal pubblico ministero nei casi di particolare complessità delle indagini ovvero di oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato. 2 bis. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi. 3. La richiesta di proroga è notificata, a cura del giudice, con l’avviso della facoltà di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonché alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie. 4. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza emessa in camera di consiglio senza intervento del pubblico ministero e dei difensori. 5. Qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 3 secondo periodo, fissa la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa notificare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini nonché, nella ipotesi prevista dal comma 3, alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall’articolo 127. 5 bis. Le disposizioni dei commi 3, 4 e 5 non si applicano se si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 51 comma 3 bis e nell’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 4 e 7 bis. In tali casi, il giudice provvede con ordinanza entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, dandone comunicazione al pubblico ministero (2). 6. Se non ritiene di respingere la richiesta di proroga, il giudice autorizza con ordinanza il pubblico ministero a proseguire le indagini. 7. Con l’ordinanza che respinge la richiesta di proroga, il giudice, se il termine per le indagini preliminari e già scaduto, fissa un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del pubblico ministero a norma dell’articolo 405. 8. Gli atti di indagine compiuti dopo la presentazion della richiesta di proroga e prima della comunicazione del provvedimento del giudice sono comunque utilizzabili, sempre che, nel caso di provvedimento negativo, non siano successivi alla data

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di scadenza del termine originariamente previsto per le indagini. ––––––––––– (1) L’art. 406 è stato così sostituito dall’art. 6 comma 2 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con mod. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale…) ed il comma 5 bis è stato successivamente modificato dall’art. 3, co. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione introdotta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.). (2) Il primo periodo del comma 5 bis è stato, da ultimo, così modificato dall’art. 1 co. 1 D.L. 5 aprile 2001, n. 98 (recante «Modifica dei termini di durata massima delle indagini preliminari riguardanti taluni delitti contro la personalità dello Stato») conv. in L. 14 maggio 2001, n. 196, che ha introdotto il riferimento al numero 4 della lett. a) del co. 2 dell’art. 407. Vedi anche nota (3) sub art. 407 c.p.p. Disposizioni correlative: (1) artt. 328, 393, 407, 436, 553; (3) artt. 90, 91, 330, 369, 408; (5) artt. 90, 91, 583.

Art. 407. Termini di durata massima delle indagini preliminari. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 393 comma 4, la durata delle indagini preliminari non può comunque superare diciotto mesi. 2. La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano: a) i delitti appresso indicati: 1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416 bis e 422 del codice penale, 291 ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291 quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43; 2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma e 630 dello stesso codice penale; 3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; 4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma, [270 bis, secondo comma,] e 306, secondo comma, del codice penale; 5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall’art. 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110; 6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, comma 2 e 74 del testo unico delle leggi in mate-


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ria di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza approvato con decreto Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni; 7) delitto di cui all’articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l’arresto in flagranza; 7 bis) dei delitti previsti dagli articoli 600 bis, comma 1, 600 ter, comma 1, 601, 609 bis nelle ipotesi aggravate previste dall’articolo 609 ter, 609 quater, 609 octies del codice penale; b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l’elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese; c) indagini che richiedono il compimento di atti all’estero; d) procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma dell’articolo 371. 3. Salvo quanto previsto dall’art. 415 bis, qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati. ––––––––––– 1 La lett. a) del comma 2 è stata prima sostituita dall’art. 6 comma 3 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...) e poi modificata dall’art. 3, co. 2, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4 che ha aggiunto il numero 7 bis. 1 bis Il numero 1 della lett. a) del comma 2 è stato così sostituito dall’art. 5, co. 3, L. 19 marzo 2001, n. 92 che ha inserito il riferimento al comma 4 dell’art. 291 quater D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43. 1 ter Nel numero 4 della lettera a) del comma 2, il riferimento agli articoli 270 co. 3, 270 bis co. 2 e 306 co. 2, è stato introdotto dall’art. 1 co. 2 D.L. 5 aprile 2001, n. 98 (recante «Modifica dei termini di durata massima delle indagini preliminari riguardanti taluni delitti contro la personalità dello Stato») conv. in L. 14 maggio 2001, n. 196. Le parole “270-bis, secondo comma” sono state soppresse dall’art. 1 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif., dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. 2 Per quanto riguarda il nuovo inciso iniziale del co. 3, v. nota 2 sub art. 405. 3 Le disposizioni di modifica degli articoli 406 e 407 operate dal citato D.L. n. 341/2000 – che ai sensi dell’art. 5 si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo – estendono la disciplina processuale di maggior rigore anche alle più significative manifestazioni delittuose in tema di pedofilia e di violenza sessuale, attesa la loro particolare gravità. Questa è tanto più apprezzabile ove si considerino le condizioni di inferiorità e di vulnerabilità che caratterizzano, di regola, le persone offese. L’obiettivo delle modificazioni è quello di evitare discovery anticipate degli atti di indagine ovvero di raccordare le altre disposizioni che fanno rinvio al comma

Codice procedura penale Art. 408 2 lett. a) dell’articolo, arricchendone i contenuti per le ragioni sopra esposte. 4 Si riporta l’art. 9 D.L. n. 341/2000 cit., come modificato dall’art. 13, D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, conv. con modif., dall’art. 1, L. 27 dicembre 2002, n. 284: «Art. 9. 1. Nei procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legge, aventi ad oggetto i reati di cui agli articoli 285 e 422 del codice penale, commessi anteriormente alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988 n. 447, il termine di durata massima delle indagini preliminari è di sei anni ove ricorra l’ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 407 del codice di procedura penale.». 5 Ai sensi dell’art. 3 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif., dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438, nei procedimenti per i delitti previsti dall’art. 407 co. 2 lett. a) n. 4 applicano le disposizioni sulle intercettazioni di cui all’art. 13 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 conv., con modif., dalla L. 12 luglio 1991, n. 203. Ai medesimi delitti, si applicano anche le disposizioni dell’art. 10 D.L. 31 dicembre 1991, n. 419 conv., con modif., dalla L. 18 febbraio 1992 (ai sensi art. 4 co. 3 D.L. 374/2001 cit.). Disposizioni corelative: (1-3) art. 242 att. c.p.p.; (1) artt. 409, 412-415, 419, 430, 436; (2) artt. 380, 727; art. 118 bis att. c.p.p.; (3) artt. 197, 405, 408, 411, 415.

Art. 408. Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. 1. Entro i termini previsti dagli articoli precedenti, il pubblico ministero, se la notizia di reato è infondata, presenta al giudice richiesta di archiviazione. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. 2. L’avviso della richiesta è notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l’eventuale archiviazione. 3. Nell’avviso è precisato che, nel termine di dieci giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari.

––––––––––– 1 Per il procedimento di archiviazione relativo ai reati ministeriali ed a quelli indicati nell’art. 90 della Cost., v. L. cost. 16, gennaio 1989, n. 1 e L. 5 giugno 1989, n. 219. 2 La disciplina delineata negli artt. 408-410 per l’ipotesi in cui il pubblico ministero presenta richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, è applicabile anche ai casi in cui la richiesta è presentata per uno dei motivi indicati nell’art. 111. La disciplina può così sintetizzarsi a seconda delle varie alternative possibili. Ecco la prima: o il giudice accoglie subito la richiesta di archiviazione, nel qual caso «pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero» (art. 409, primo comma), oppure «fissa la data dell’udienza in camera di consiglio», procedendo «nelle forme previste dall’articolo 127)» (art. 409, secondo e terzo comma). In seguito di tale udienza, ecco le altre possibili scelte: o il giudice «ritiene necessarie ulteriori indagini», nel qual caso «le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse» (art. 409, quarto comma); fuori di tale evenienza, o «accoglie la richiesta di archiviazione» o «dispone con ordinanza che, entro dieci


Codice procedura penale Art. 409 giorni, il pubblico ministero formuli l’imputazione», in vista della fissazione dell’udienza preliminare entro i due giorni successivi (art. 409, quinto comma), il che, ovviamente, potrà poi avvenire anche dopo il compimento delle ulteriori indagini indicate al pubblico ministero. Nell’ipotesi in cui l’archiviazione sia stata richiesta per essere «ignoto l’autore del reato», (art. 415) non possono trovare posto per insuperabili ragioni sistematiche, né la formulazione dell’imputazione né la fissazione dell’udienza preliminare, momenti che presuppongono entrambi l’attribuzione del reato a persona già individuata. In capo al giudice permane però la possibilità, come alternativa all’archiviazione, di indicare ulteriori indagini al pubblico ministero. In proposito, l’art. 415 nulla dice espressamente, ma la finalità che accomuna tutte le varie ipotesi di archiviazione giustifica l’estensione, dall’ipotesibase (archiviazione per infondatezza della notizia di reato) all’ipotesi dell’art. 415 (archiviazione perché ignoto l’autore del reato), di quanto risulta compatibile con quest’ultima (Corte cost. 31 luglio 1990, art. 409). V. anche sub art. 415. Disposizioni correlative: (1) artt. 330 e segg., 357, 373; art. 125 att. c.p.p.; (2) art. 406; art. 126 att. c.p.p.; (3) art. 410; art. 126 att. c.p.p.

Art. 409. Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione. 1. Fuori dei casi in cui sia stata presentata l’opposizione prevista dall’articolo 410, il giudice, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Il provvedimento che dispone l’archiviazione è notificato alla persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare. 2. Se non accoglie la richiesta, il giudice fissa la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall’articolo 127. Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia. 3. Della fissazione dell’udienza il giudice dà inoltre comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello. 4. A seguito dell’udienza, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse. 5. Fuori del caso previsto dal comma 4, il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l’imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell’imputazione, il giudice fissa con decreto l’udienza preliminare. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418 e 419. 6. L’ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127 comma 5. ––––––––––– L’ultimo periodo del co. 1 è stato introdotto dall’art. 15 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

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L’ultimo periodo del co. 2 è stato così sostituito dall’art. 12 L. 7 dicembre 2000, n. 397. 1 Il problema dell’archiviazione sta nell’evitare il processo superfluo senza escludere il principio di obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale ed anzi controllando, caso per caso, la legalità dell’inerzia del pubblico ministero mediante gli strumenti di cui agli artt. 409 comma 4 e 412 comma 2 (Corte cost. 15 febbraio 1991, n. 88). Ciò non vuol dire che gli strumenti dell’art. 409 comma 4 e 412 comma 2, presupponendo la indicazione al pubblico ministero delle ulteriori indagini da compiere, importino una sostituzione del giudice al pubblico ministero stesso alterando così il potere-dovere di quest’ultimo in tema di gestione e direzione delle indagini (artt. 326 e 358 c.p.p.). Il pubblico ministero non perde infatti tale potere – dovere neppure quando il giudice gli indica il tema di indagine: poiché anche in tali casi il pubblico ministero è chiamato a sviluppare in piena autonomia e libertà di scelta la natura, il contenuto e le modalità di assunzione dei singoli atti che ritenga necessari ai fini inerenti all’esercizio dell’azione penale. Il permanere della piena autonomia e della libertà di scelta spiega anche il motivo per il quale non sia mai obbligatoria neppure l’avocazione del procuratore generale (art. 412, comma 2 c.p.p.) nell’ipotesi in cui il pubblico ministero non abbia ottemperato all’espletamento delle ulteriori indagini indicate a norma dell’art. 409 comma 4 c.p.p. Ciò perché, al contrario, l’intervento sostitutivo del procuratore generale previsto dall’art. 412 comma 2 non è in sé destinato a «modificare» le conclusioni del pubblico ministero o a surrogare una obiettiva inerzia in ordine alle scelte sulla azione ovvero ancora, a dirimere patologiche – e perciò stesso non disciplinabili –- situazioni di stallo, ma unicamente a consentire ad un diverso ufficio del medesimo organo di apprezzare se in concreto l’attività di indagine sia stata o meno esauriente ai fini che sono istituzionalmente imposti al pubblico ministero (Corte cost. 6 giugno 1991, n 253). 2 Nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 409 comma 5 e 554 comma 2 c.p.p., la Corte costituzionale (Corte cost. 12 giugno 1991, n. 263), richiamando anche la sua precedente sentenza 88/1991, (v. nota * 1) ha precisato funzioni e caratteristiche dell’invito alla formulazione delle imputazioni svolte dal giudice per le indagini preliminari al pubblico ministero. Ha sostenuto: «L’ordine di formulare l’imputazione previsto dagli artt. 409, quinto comma e 554, secondo comma, del nuovo codice di procedura penale costituisce un incisivo strumento di garanzia del rispetto sostanziale, e non solo fomale, del principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale, che esige che l’inazione del pubblico ministero, manifestata con la richiesta di archiviazione, sia sottoposta ad un penetrante controllo da parte del giudice. A tal fine, occorreva provvedere per l’ipotesi in cui il dissenso tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari circa l’idoneità degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa sia determinato non da carenza di indagini, ma da divergenti valutazioni in ordine alla ricostruzione dei fatti ed alla loro riconducibilità in determinate figure criminose: e, stante la preminenza di quel principio, si è stabilito che dovesse prevalere la valutazione del giudice, cui si è di conseguenza attribuito il potere-dovere di ordinare che l’azione penale venisse esercitata attraverso la formulazione dell’imputazione. Indubbiamente, vi è in ciò – come già si è osservato nella predetta sentenza – una deviazione dall’astratto modello accusatorio: ma essa è stata dal legislatore contenuta nei limiti necessari al rispetto della titolarità ed obbligatorietà dell’azione, dato che al giudice per le indagini preliminari è demandato solo l’atto d’impulso, che non fuoriesce dalla fun-


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zione di controllo, mentre il concreto promovimento dell’azione, che si esplica nella formulazione dell’imputazione, resta di competenza del pubblico ministero. Di conseguenza, non vi è instaurazione di un rapporto gerarchico, che presuppone l’identità della funzione esercitata dai due organi, laddove nella specie si tratta di funzioni diverse». 3 La persona offesa che, nonostante la sua espressa domanda (art. 408 comma 2), non viene preavvisata del decreto di archiviazione emesso dal giudice, può ricorrere per cassazione avverso il decreto medesimo (Corte cost. 16 luglio 1991, n. 353). Disposizioni correlative: (1) artt. 408, 411; art. 16 reg.; (3) artt. 153, 412; (5) art. 128 att. c.p.p.

Art. 410. Opposizione alla richiesta di archiviazione. 1. Con l’opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa dal reato chiede la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l’oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova. 2. Se l’opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata, il giudice dispone l’archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. 3. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il giudice provvede a norma dell’articolo 409 commi 2, 3, 4 e 5, ma, in caso di più persone offese, l’avviso per l’udienza è notificato al solo opponente.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 408, 411; art. 156 att. c.p.p.

Art. 411. Altri casi di archiviazione. 1. Le disposizioni degli articoli 408, 409 e 410 si applicano anche quando risulta che manca una condizione di procedibilità, che il reato è estinto o che il fatto non è previsto dalla legge come reato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 150 e segg. Cod. pen.; artt. 345, 425; artt. 227, 232 att. c.p.p.; art. 16 reg.

Art. 412. Avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell’azione penale. 1. Il procuratore generale presso la corte di appello dispone con decreto motivato l’avocazione delle indagini preliminari se il pubblico ministero non esercita l’azione penale o non richiede l’archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice. Il procuratore generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dal decreto di avocazione. 2. Il procuratore generale può altresì disporre l’avocazione a seguito della comunicazione prevista dall’articolo 409 comma 3. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 51, 53, 372, 405, 408, 411, 413, 415; art. 127 att. c.p.p.; (1-2) art. 20 Ord. giud.

Art. 413. Richiesta della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa dal reato. 1. La persona sottoposta alle indagini o la persona

Codice procedura penale Artt. 410, 415 offesa dal reato può chiedere al procuratore generale di disporre l’avocazione a norma dell’articolo 412 comma 1. 2. Disposta l’avocazione, il procuratore generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dalla richiesta proposta a norma del comma 1. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 405, 408, 411, 415.

Art. 414. Riapertura delle indagini. 1. Dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni. 2. Quando è autorizzata la riapertura delle indagini, il pubblico ministero procede a nuova iscrizione a norma dell’articolo 335. ––––––––––– 1 Per la revoca dell’archiviazione nel caso di reati ministeriali v. L. cost 16 gennaio 1989, n 1 e L. 5 giugno 1989, n. 219. Disposizioni correlative: (1) artt. 405, 407, 553.

Art. 415. (1) Reato commesso da persone ignote. 1. Quando è ignoto l’autore del reato, il pubblico ministero, entro sei mesi dalla data della registrazione della notizia di reato, presenta al giudice richiesta di archiviazione ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini. 2. Quando accoglie la richiesta di archiviazione ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini, il giudice pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata, ordina che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato. 3. Si osservano, in quanto applicabili, le altre disposizioni di cui al presente titolo. 4. Nell’ipotesi di cui all’articolo 107 bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, la richiesta di archiviazione ed il decreto del giudice che accoglie la richiesta sono pronunciati cumulativamente con riferimento agli elenchi trasmessi dagli organi di polizia con l’eventuale indicazione delle denunce che il pubblico ministero o il giudice intendono escludere, rispettivamente, dalla richiesta o dal decreto. ––––––––––– (1) Articolo interamente sostituito dall’art. 16 L. 16 dicembre 1999, n. 479. La disciplina dell’archiviazione nei procedimenti contro ignoti è stata completamente rivisitata dal legislatore. Innanzitutto viene stabilito che «Si osservano in quanto applicabili, le altre disposizioni di cui al presente Titolo»: da ciò consegue, e la nuova disposizione è diretta a sanare divergenze interpretative insorte, che per riaprire le indagini dopo l’archiviazione pronunciata per essere ignoto l’autore del reato il pubblico ministero dovrà richiedere l’autorizzazione del giudice. La seconda novità consiste nel


Codice procedura penale Artt. 415 bis, 417 fatto che è ora possibile il ricorso all’archiviazione cumulativa, poiché la norma prevede che tanto la richiesta quanto il decreto che decide sulla stessa vengano pronunciati cumulativamente «con riferimento agli elenchi trasmessi dagli organi di polizia con l’eventuale indicazione delle denunce che il pubblico ministero o il giudice intendono escludere, rispettivamente dalla richiesta o dal decreto». Il principio ora illustrato si collega a quanto prevede il nuovo articolo 107 bis disp. att. secondo cui «le denunce a carico di ignoti sono trasmesse all’ufficio di procura competente da parte degli organi di polizia, unitamente agli eventuali atti di indagine svolti per l’identificazione degli autori del reato, con elenchi mensili». Disposizioni correlative: (1) artt. 328, 335; artt. 77, 107, 107 bis, 232 att c. p. p.; artt. 15-17 reg.; (2) artt. 405-407.

Art. 415 bis (1) Avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari. 1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell’articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari. 2. L’avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia. 3. L’avviso contiene altresì l’avvertimento che l’indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l’indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi. 4. Quando il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell’indagato, dispone nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e per non più di sessanta giorni. 5. Le dichiarazioni rilasciate dall’indagato, l’interrogatorio del medesimo ed i nuovi atti di indagine del pubblico ministero, previsti dai commi 3 e 4, sono utilizzabili se compiuti entro il termine stabilito dal comma 4, ancorché sia decorso il termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice per l’esercizio dell’azione penale o per la richiesta di archiviazione. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 17 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

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La disposizione è stata introdotta per consentire all’indagato l’esercizio concreto del diritto di difesa e per produrre un eventuale effetto deflattivo sul numero dei processi in quanto il pubblico ministero, dopo l’interrogatorio dell’indagato che lo abbia richiesto o l’espletamento delle indagini dall’indagato stesso indicate, potrebbe orientarsi per un diverso modo di chiusura della fase delle indagini preliminari, ritenendo non fondata la ipotesi di accusa originariamente formulata. Alla precedente ipotesi di nullità per omesso invito a rendere l’interrogatorio all’indagato, subentrano ora le ipotesi di nullità per omesso avviso della conclusione delle indagini e dell’invito a comparire per rendere l’interrogatorio quando l’indagato abbia chiesto di esservi sottoposto.

TITOLO IX UDIENZA PRELIMINARE Art. 416. Presentazione della richiesta del pubblico ministero. 1. La richiesta di rinvio a giudizio è depositata dal pubblico ministero nella cancelleria del giudice. La richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non è preceduta dall’avviso previsto dall’articolo 415 bis, nonché dall’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio ai sensi dell’articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all’articolo 415 bis, comma 3. (1) 2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato così modificato dalla L. 16 luglio 1997, n. 234 e da ultimo dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il pubblico ministero ha l’obbligo di trasmettere al giudice dell’udienza preliminare l’intera documentazione relativa agli atti compiuti nel corso delle indagini preliminari. Al pubblico ministero pertanto non spetta alcun potere di scelta degli atti da trasmettere ai fini del sostegno della domanda di rinvio a giudizio (Corte cost. 5 aprile 1991, n. 145). In tal senso dispongono, come osserva la Corte i lavori preparatori e una lettura sistematica degli artt. 419 comma 3, 431 e 433 c.p.p. nonché dell’art. 130 comma 1 att. c.p.p.: disposizioni dalle quali si deduce che il fascicolo non può presentare lacune ma deve essere costituito da tutta la «documentazione relativa alle indagini espletate». Disposizioni correlative: (1-2) artt. 130-131 att. c.p.p. artt. 3, 1 reg.; (1) artt. 328, 405; (2) artt. 294, 330 e segg., 357, 373, 391, 401, 447, 450, 454, 459.

Art. 417. Requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio. 1. La richiesta di rinvio a giudizio contiene: a) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché


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le generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l’identificazione; b) l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge; (1) c) l’indicazione delle fonti di prova acquisite; d) la domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio; e) la data e la sottoscrizione. ––––––––––– (1) La lettera b) è stata così sostituita dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479. Detta sostituzione risponde al fine di garantire nel modo migliore il diritto di difesa perché si stabilisce che il fatto debba essere enunciato in forma chiara e precisa. Disposizioni correlative: (1) (a) artt. 90, 91, (1) (b) artt. 61 199 Cod. pen.; (1) (d) art. 429; (1) (e) artt. 110, 111.

Art. 418. Fissazione dell’udienza. 1. Entro cinque giorni dal deposito della richiesta, il giudice fissa con decreto il giorno, l’ora e il luogo dell’udienza in camera di consiglio, provvedendo a norma dell’articolo 97 quando l’imputato è privo di difensore di fiducia. (1) 2. Tra la data di deposito della richiesta e la data dell’udienza non può intercorrere un termine superiore a trenta giorni. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato così modificato dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) art. 127.

Art. 419. Atti introduttivi. 1. Il giudice fa notificare all’imputato e alla persona offesa, della quale risulti agli atti l’identità e il domicilio, l’avviso del giorno, dell’ora e del luogo dell’udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero e con l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia. (1) 2. L’avviso è altresì comunicato al pubblico ministero è notificato al difensore dell’imputato con l’avvertimento della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose trasmessi a norma dell’articolo 416 comma 2 e di presentare memorie e produrre documenti. 3. L’avviso [comunicato al pubblico ministero] contiene inoltre l’invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio (2). 4. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data dell’udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. 5. L’imputato può rinunciare all’udienza preliminare e richiedere il giudizio immediato con dichia-

Codice procedura penale Artt. 418, 420 ter razione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno tre giorni prima della data dell’udienza. L’atto di rinuncia è notificato al pubblico ministero e alla persona offesa dal reato a cura dell’imputato. 6. Nel caso previsto dal comma 5, il giudice emette decreto di giudizio immediato. 7. Le disposizioni dei commi 1 e 4 sono previste a pena di nullità. ––––––––––– (1) Il comma 1 è stato così modificato dall’art.2 quinquies D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. (2) Le parole «comunicato al pubblico ministero» sono state soppresse dall’art. 13 L. 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni correlative: (1) artt. 90, 91, 328, 409, 416, 417; 3 reg.; (2) artt. 153, 234; (3) art. 407; (4) artt. 83, 89; (5) artt. 90, 91, 99, 122, 453; (2-3) art. 131 att. c p.p.; (6) art. 456; (7) artt. 178-181, 428.

Art. 420. Costituzione delle parti. 1. L’udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato. 2. Il giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti ordinando la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullità. 3. Se il difensore dell’imputato non è presente il giudice provvede a norma dell’articolo 97, comma 4. 4. Il verbale dell’udienza preliminare è redatto di regola in forma riassuntiva a norma dell’articolo 140, comma 2; il giudice, su richiesta di parte, dispone la riproduzione fonorafica o audiovisiva ovvero la redazione del verbale con la stenotipia. ––––––––––– V. nota sub art. 420 quinquies.

Art. 420 bis. Rinnovazione dell’avviso. 1. Il giudice dispone, anche di ufficio, che sia rinnovato l’avviso dell’udienza preliminare a norma dell’articolo 419, comma 1, quando è provato o appare probabile che l’imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, sempre che il fatto non sia dovuto a sua colpa e fuori dei casi di notificazione mediante consegna al difensore a norma degli articoli 159, 161, comma 4, e 169. 2. La probabilità che l’imputato non abbia avuto conoscenza dell’avviso è liberamente valutata dal giudice. Tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione. ––––––––––– V. nota sub art. 420 quinquies.

Art. 420 ter. L’impedimento a comparire dell’imputato o del difensore. 1. Quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta all’udienza e risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impos-


Codice procedura penale Artt. 420 quater, 421 sibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l’avviso all’imputato, a norma dell’articolo 419, comma 1. 2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l’assenza dell’imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione. 3. Quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche d’ufficio l’udienza, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all’imputato. 4. In ogni caso la lettura dell’ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. 5. Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l’assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l’imputato è assistito da due difensori e l’impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito. ––––––––––– V. nota sub art. 420 quinquies.

Art. 420 quater. Contumacia dell’imputato. 1. Se l’imputato, libero o detenuto, non compare all’udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli articoli 420, comma 2, 420 bis e 420 ter, commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia. 2. L’imputato, quando si procede in sua contumacia, è rappresentato dal suo difensore. 3. Se l’imputato compare prima che il giudice adotti i provvedimenti di cui al comma 1 dell’articolo 424, il giudice revoca l’ordinanza che ha dichiarato la contumacia. In tal caso l’imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. 4. L’ordinanza dichiarativa di contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l’assenza dell’imputato è dovuta a mancata conoscenza dell’avviso a norma dell’articolo 420 bis ovvero ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento. 5. Se la prova dell’assenza indicata nel comma 4 perviene dopo la pronuncia dell’ordinanza previ-

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sta dal comma 1, ma prima dei provvedimenti cui al comma 1 dell’articolo 424, il giudice revoca l’ordinanza medesima e, se l’imputato non è comparso, rinvia anche d’ufficio l’udienza. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l’imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l’assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini dei provvedimenti di cui al comma 1 dell’articolo 424. 6. Quando si procede a carico di più imputati, si applicano le disposizioni dell’articolo 18, comma 1, lettere c) e d). 7. L’ordinanza dichiarativa della contumacia è allegata al decreto che dispone il giudizio. Nel decreto è in ogni caso indicato se l’imputato è contumace o assente. ––––––––––– V. nota sub art. 420 quinquies.

Art. 420 quinquies. Assenza e allontanamento volontario dell’imputato. 1. Le disposizioni degli articoli 420 bis e 420 ter non si applicano quando l’imputato, anche se impedito, chiede o consente che l’udienza preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifuta di assistervi. L’imputato in tali casi è rappresentato dal difensore. 2. L’imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall’aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore. ––––––––––– Mediante le innovazioni introdotte dall’articolo 19 comma 2 della legge 479/1999 viene ridisegnata la fase della costituzione delle parti che precede la discussione nell’udienza preliminare, che mantiene, però, l’originaria scansione in due fasi, quella, appunto, concernente la costituzione delle parti e quella della discussione. Una particolare novità che caratterizza l’art.420 consiste nel fatto che il verbale dell’udienza preliminare è redatto, di regola, in forma riassuntiva ma se una delle parti lo richiede, il giudice deve redigerlo con la stenotipia oppure disporre la riproduzione fonografica o audiovisiva. Per quanto concerne gli articoli 420 bis e 420 ter il legislatore ha in essi riprodotto il contenuto degli articoli 485 e 486 del codice dettati per l’udienza dibattimentale e che ora sono stati abrogati. L’unica vera innovazione consiste nella rilevanza assunta dal legittimo impedimento del difensore. Con l’articolo 420 quater è stato introdotto nell’udienza preliminare l’istituto della contumacia adattando l’articolo 487 del codice ora abrogato. L’articolo 420 quinquies infine, rende applicabili anche all’udienza preliminare gli istituti dell’assenza e dell’allontanamento volontario dell’imputato, secondo un modello simile a quello che era previsto per il dibattimento dall’art. 488 del codice anch’esso abrogato.

Art. 421. Discussione. 1. Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, il giudice dichiara aperta la discussione. 2. Il pubblico ministero espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di


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prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. L’imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all’interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l’interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli artt. 498 e 499. Prendono poi la parola, nell’ordine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell’imputato che espongono le loro difese. Il pubblico ministero e i difensori possono replicare una sola volta. (1) 3. Il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell’articolo 416 comma 2 nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell’inizio della discussione. 4. Se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione. ––––––––––– (1) Il comma 2 è stato così modificato dalla legge 7 agosto 1997 n. 267 e dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) art. 420; (2) artt. 76, 83, 89, 96, 97, 110.

Art. 421 bis. (1) Ordinanza per l’integrazione delle indagini. 1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell’articolo 421, il giudice, se le indagini preliminari sono incomplete, indica le ulteriori indagini, fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare. Del provvedimento è data comunicazione al procuratore generale presso la corte d’appello. 2. Il procuratore generale presso la corte d’appello può disporre con decreto motivato l’avocazione delle indagini a seguito della comunicazione prevista dal comma 1. Si applica, in quanto compatibile, la disposizione dell’articolo 412, comma 1. ––––––––––– (1) Articolo inserito dal comma 1 dell’art. 21 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Al giudice dell’udienza preliminare viene attribuito dalla nuova disposizione un ruolo di controllo sulla com pletezza delle indagini, simile a quello che spetta, in base all’articolo 409, al giudice per le indagini preliminari in caso di richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero.

Art. 422. (1) Attività di integrazione probatoria del giudice. 1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell’articolo 421, ovvero a norma dell’articolo 421 bis, il giudice può disporre, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere. 2. Il giudice, se non è possibile procedere immediatamente all’assunzione delle prove, fissa la data della nuova udienza e dispone la citazione dei te-

Codice procedura penale Artt. 421 bis, 424 stimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate nell’articolo 210 di cui siano stati ammessi l’audizione o l’interrogatorio. 3. L’audizione e l’interrogatorio delle persone indicate nel comma 2 sono condotti dal giudice. Il pubblico ministero e i difensori possono porre domande, a mezzo del giudice, nell’ordine previsto dall’articolo 421, comma 2. Successivamente, il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni. 4. In ogni caso l’imputato può chiedere di essere sottoposto all’interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l’interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli articoli 498 e 499. ––––––––––– (1) Articolo interamente sostituito dalla L. 16 dicembre 1999, n.479. Dalla nuova formulazione della disposizione risulta che, ora, il giudice può disporre anche di ufficio l’assunzione di mezzi di prova, ma solo se ne appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere. Disposizioni correlative: (1) artt. 194, 225, 233, 351, 359, 360, 362; (2) artt. 96-100, 425; (3) art. 421; (5) art. 407; (6) artt. 151, 152; (7) art. 498.

Art. 423. Modificazione dell’imputazione. 1. Se nel corso dell’udienza il fatto risulta diverso da come è descritto nell’imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell’articolo 12 comma 1 lettera b), o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l’imputazione e la contesta all’imputato presente. Se l’imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l’imputato ai fini della contestazione. 2. Se risulta a carico dell’imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere di ufficio il giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e vi è il consenso dell’imputato. ––––––––––– 1 Quando nel corso dell’udienza preliminare risulta a carico dell’imputato un fatto nuovo che configura un reato perseguibile di ufficio (art. 423 comma 2) il pubblico ministero è sempre obbligato ad esercitare l’azione penale potendo solo scegliere se esercitare per tale fatto un’azione separata o procedere con il consenso dell’imputato alla nuova contestazione nell’ambito del processo già in corso con conseguente trattazione unitaria delle due imputazioni (così Corte cost. 18 aprile 1991, n. 166). Disposizioni correlative: (1) artt 417, 516, 517; (2) art. 518.

Art. 424. Provvedimenti del giudice. 1. Subito dopo che è stata dichiarata chiusa la discussione, il giudice procede alla deliberazione pronunciando sentenza di non luogo a procedere o decreto che dispone il giudizio. 2. Il giudice dà immediata lettura del provvedi-


Codice procedura penale Artt. 425, 426 mento. La lettura equivale a notificazione per le parti presenti. 3. Il provvedimento è immediatamente depositato in callcelleria. Le parti hanno diritto di ottenerne copia. 4. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi della sentenza di non luogo a procedere, il giudice provvede non oltre il trentesimo giorno da quello della pronuncia. ––––––––––– 1 Si riporta il testo dei commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 3, L. 27 marzo 2001, n. 97 (recante «Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche»): «Art. 3. (Trasferimento a seguito di rinvio a giudizio). 1. Salva l’applicazione della sospensione dal servizio in conformità a quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, quando nei confronti di un dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica è disposto il giudizio per alcuni dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale e dall’articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, l’amministrazione di appartenenza lo trasferisce ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto, con attribuzione di funzioni corrispondenti, per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera, a quelle svolte in precedenza. L’amministrazione di appartenenza, in relazione alla propria organizzazione, può procedere al trasferimento di sede, o alla attribuzione di un incarico differente da quello già svolto dal dipendente, in presenza di evidenti motivi di opportunità circa la permanenza del dipendente, nell’ufficio in considerazione del discredito che l’amministrazione stessa può ricevere da tale permanenza. 2. Qualora, in ragione della qualifica rivestita, ovvero per obiettivi motivi organizzativi, non sia possibile attuare il trasferimento di ufficio, il dipendente è posto in posizione di aspettativa o di disponibilità, con diritto al trattamento economico in godimento salvo che per gli emolumenti strettamente connessi alle presenze in servizio, in base alle disposizioni dell’ordinamento dell’amministrazione di appartenenza. 3. Salvo che il dipendente chieda di rimanere pesso il nuovo ufficio o di continuare ad esercitare le nuove funzioni, i provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 perdono efficacia se per il fatto è pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorsi cinque anni dalla loro adozione, sempre che non sia intervenuta sentenza di condanna definitiva. In caso di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva, l’amministrazione, sentito l’interessato, adotta i provvedimenti consequenziali nei dieci giorni successivi alla comunicazione della sentenza, anche a cura dell’interessato. 4. Nei casi previsti nel comma 3, in presenza di obiettive e motivate ragioni per le quali la riassegnazione all’ufficio originariamente coperto sia di pregiudizio alla funzionalità di quest’ultimo, l’amministrazione di appartenenza può non dare corso al rientro». Disposizioni correlative: (1) artt. 421, 422, 425, 426, 429; artt. 15, 16 reg.; (2) art. 128; (4) art. 544.

Art. 425. (1) Sentenza di non luogo a procedere. 1. Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere

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iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo. 2. Ai fini della pronuncia della sentenza di cui al comma 1, il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti. Si applicano le disposizioni dell’articolo 69 del codice penale. 3. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio. 4. Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca. 5. Si applicano le disposizioni dell’articolo 537. ––––––––––– (1) Sostituito dal comma 1 dell’art. 23 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Le novità contenute nella nuova formulazione dell’articolo possono sinteticamente indicarsi nel modo seguente. Il nuovo comma 2 prevede che, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il giudice deve tener conto delle circostanze attenuanti, effettuando l’eventuale giudizio di comparazione secondo la regola fissata dall’articolo 69 c.p., potere questo che prima non gli era attribuito. Il comma 3 prevede che il giudice è tenuto a pronunciare sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Si tratta di una previsione finalizzata alla deflazione dei dibattimenti quando il giudice ritiene che l’insufficienza degli elementi di prova già acquisiti non possa essere colmata o che la loro contraddittorietà non possa essere composta nella fase del giudizio. Il comma 4 stabilisce, infine, che il giudice non possa pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca. Lo specifico riferimento ad una misura di sicurezza diversa dalla confisca è stato introdotto con la modifica apportata al comma 4 dall’art.2 sexies del citato D.L. 7.4.2000, n.82 conv., con mod., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. Disposizioni correlative: (1) artt. 85, 150 Cod. pen., artt. 336, 649, art. 232 att. c.p.p., artt. 15, 16 Reg. V. anche art. 32 D.P.R. 448/88 (Minori).

Art. 426. Requisiti della sentenza. 1. La sentenza contiene: a) l’intestazione «in nome del popolo italiano» e l’indicazione dell’autorità che l’ha pronunciata; b) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private; c) l’imputazione; d) l’esposizione sommaria dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata; e) il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati; f) la data e la sottoscrizione del giudice.


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2. In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione. 3. Oltre che nel caso previsto dall’articolo 125 comma 3, la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) (c) artt. 417, 423, 521; (1) (f) artt. 110, 111; (2) (3) art. 546.

Art. 427. Condanna del querelante alle spese e ai danni. 1. Quando si tratta di reato per il quale si procede a querela della persona offesa, con la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso il giudice condanna il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato (1). 2. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice, quando ne è fatta domanda, condanna inoltre il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall’imputato e, se il querelante si è costituito parte civile, anche di quelle sostenute dal responsabile civile citato o intervenuto. Quando ricorrono giusti motivi, le spese possono essere compensate m tutto o in parte. 3. Se vi è colpa grave, il giudice può condannare il querelante a risarcire i danni all’imputato e al responsabile civile che ne abbiano fatto domanda. 4. Contro il capo della sentenza di non luogo a procedere che decide sulle spese e sui danni possono proporre impugnazione, a norma dell’articolo 428, il querelante, l’imputato e il responsabile civile. 5. Se il reato è estinto per remissione della querela, si applica la disposizione dell’articolo 340 comma 4. ––––––––––– (1) Con sentenza 21 aprile 1993, n. 180, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il comma 1 di tale articolo, nella parte in cui prevede, nel caso di proscioglimento dell’imputato per non avere commesso il fatto, che il giudice condanni il querelante al pagamento delle spese anticipate dallo Stato, anche laddove risulti che l’attuazione del reato all’imputato non sia ascrivibile a colpa del querelante. L’art. 427 comma 1 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede, nel caso di proscioglimento dell’imputato perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, che il giudice condanni il querelante al pagamento delle spese anticipate dallo Stato anche in assenza di qualsiasi colpa a questi ascrivibile nell’esercizio del diritto di querela (Corte cost. 3 dicembre 1993, n. 423). Disposizioni correlative: (1) art. 120 Cod. pen.; artt. 336, 425, 542, 691; (2) artt. 76, 83; (5) artt. 152-156 Cod. pen.

Art. 428. Impugnazione della sentenza di non luogo a procedere. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 593 comma 3, contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre appello:

Codice procedura penale Artt. 427, 429 a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale b) l’imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso. 2. Sull’impugnazione decide la corte di appello in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127. 3. La persona offesa dal reato può ricorrere per cassazione nei casi di nullità previsti dall’articolo 419 comma 7. 4. Il procuratore della Repubblica, il procuratore generale e l’imputato possono proporre ricorso immediato per cassazione a norma dell’articolo 569. 5. Se la sentenza è inappellabile, il procuratore generale, il procuratore della Repubblica e l’imputato possono ricorrere per cassazione. 6. In caso di appello del procuratore della Repubblica o del procuratore generale, la corte di appello, se non conferma la sentenza, pronuncia decreto che dispone il giudizio ovvero sentenza di non luogo a procedere con formula meno favorevole all’imputato. 7. In caso di appello dell’imputato, la corte di appello, se non conferma la sentenza, pronuncia sentenza di non luogo a procedere con formula più favorevole all’imputato. 8. Contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in grado di appello possono ricorrere per cassazione l’imputato e il procuratore generale. 9. In ogni caso la corte di cassazione decide in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 611. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 425, 426, 593, 594; art. 132 att c.p.p.; (2) art. 599; (3) art. 606; (4) art. 593; art. 133 att. c.p.p.

Art. 429. Decreto che dispone il giudizio. 1. Il decreto che dispone il giudizio contiene: a) le generalità dell’imputato e le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l’indicazione dei difensori; b) l’indicazione della persona offesa dal reato qualora risulti identificata; c) l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge; d) l’indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono; e) il dispositivo, con l’indicazione del giudice competente per il giudizio; f) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione, con l’avvertimento all’impu-


Codice procedura penale Artt. 430, 431 tato che non comparendo sarà giudicato in contumacia, g) la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che l’assiste. 2. Il decreto è nullo se l’imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l’indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1 lettere c) e f). 3. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni. 4. Il decreto è notificato all’imputato contumace nonché all’imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell’articolo 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio. ––––––––––– 1 Per quanto riguarda la citazione del responsabile civile che non sia stato presente all’udienza preliminare, v. Corte cost. 10 novembre 1992, n. 430. 2 La lett. c) è stata così modificata e il co. 4 dapprima sostituito dall’art. 18 L. 16 dicembre 1999, n. 479 e poi nuovamente sostituito dall’art.2 septies D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. Disposizioni correlative: (1) art. 132 att. c.p.p.; art. 21 reg., (1) (a) artt 60, 96, 97, 100; (1) (b) artt. 90, 91; (1) (c) artt. 61, 199 c.p.; artt. 417, 423, 521; (1) artt. 465, 487; (1) (g) artt. 170, 111; (4) artt. 90, 91, 148, 172; art. 133 att. c.p.p.

Art. 430 (1). Attività integrativa di indagine del pubblico ministero e del difensore. 1. Successivamente all’emissione del decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero e il difensore possono, ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento, compiere attività integrativa di indagine, fatta eccezione degli atti per i quali è prevista la partecipazione dell’imputato o del difensore di questo. 2. La documentazione relativa all’attività indicata nel comma 1 è immediatamente depositata nella segreteria del pubblico ministero con facoltà delle parti di prenderne visione e di estrarne copia. ––––––––––– (1) Articolo così sostituito dall’art. 14 L. 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni correlative: (1) artt. 429, 468, 493, 495, 507, 508, 516, 518; (2) art. 433; artt. 3, 18 reg.

Art. 430 bis. (1) Divieto di assumere informazioni. 1. È vietato al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria e al difensore assumere informazioni dalla persona ammessa ai sensi dell’articolo 507 o indicata nella richiesta di incidente probatorio o ai sensi dell’articolo 422, comma 2, ovvero nella lista prevista dall’articolo 468 e presentata dalle altre parti processuali. Le informazioni assunte in violazione del divieto sono inutilizzabili. 2. Il divieto di cui al comma 1 cessa dopo l’as-

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sunzione della testimonianza e nei casi in cui questa non sia ammessa o non abbia luogo. ––––––––––– (1) Inserito dal comma 1 dell’art. 25 L. 16 dicembre 1999, n. 479 La disposizione tende ad evitare influenze sulla persona dalla quale devono essere assunte informazioni, ma come è stato rilevato la sua collocazione non è delle più felici perché essa inibisce l’assunzione delle dichiarazioni anche in fasi diverse dall’udienza preliminare.

Art. 431. (1) Fascicolo per il dibattimento. 1. Immediatamente dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio, il giudice provvede nel contraddittorio delle parti alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Se una delle parti ne fa richiesta il giudice fissa una nuova udienza, non oltre il termine di quindici giorni, per la formazione del fascicolo. Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti: a) gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale e all’esercizio dell’azione civile; b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria; c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero e dal difensore (2); d) i documenti acquisiti all’estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità; e) i verbali degli atti assunti nell’incidente probatorio; f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all’estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana; g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati nell’articolo 236; h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove. 2. Le parti possono concordare l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva. ––––––––––– (1) Sostituito dall’art. 26 L. 16 dicembre 1999, n. 479. (2) Le parole «e dal difensore» sono state aggiunte dall’art. 15 L. 7 dicembre 2000, n. 397. La nuova formulazione dell’articolo introduce significative diversità, rispetto alla precedente disciplina, per quanto riguarda la formazione del fascicolo per il dibattimento. Prima tale compito era riservato alla cancelleria del giudice mentre ora dovrà essere il giudice stesso, subito dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio, a formare il fascicolo nel contraddittorio delle parti. Sarà sicuramente fonte di allungamento dei tempi del procedimento la previsione secondo la quale il giudice è tenuto a fissare, sempre per la formazione del fascicolo, una nuova udienza non oltre quindici giorni dalla precedente, solo che una delle parti ne faccia richiesta. Per quanto ri-


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guarda gli atti da inserire nel fascicolo una particolare menzione va fatta per quelli assunti all’estero ed indicati nelle lett. d) ed f): si stabilisce ora che nel fascicolo possono essere raccolti solo i documenti acquisiti all’estero mediante rogatoria internazionale, i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità e i verbali degli atti ripetibili solo quando i difensori siano stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana. Disposizioni correlative: (1) artt. 268, 429, 466, art. 138 att. c.p.p.; artt. 3, 19 reg.; (1) (a) artt. 76, 336; (1) (h) artt. 349, 352 e segg.; artt. 78, 135, 223 att. c.p.p.; art 19 reg.; (1) (c) artt. 244-271, 360; (1) (d) art. 101; (1) (e) artt. 689 s.; art. 110 att. c.p.p.; (1) (f) artt. 253, 259.

Art. 432. Trasmissione e custodia del fascicolo per il dibattimento. 1. Il decreto che dispone il giudizio è trasmesso senza ritardo, con il fascicolo previsto dall’articolo 431 e con l’eventuale provvedimento che abbia disposto misure cautelari in corso di esecuzione, alla cancelleria del giudice competente per il giudizio. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 3 reg.

Art. 433. Fascicolo del pubblico ministero. 1. Gli atti diversi da quelli previsti dall’articolo 431 sono trasmessi al pubblico ministero con gli atti acquisiti all’udienza preliminare unitamente al verbale dell’udienza. 2. I difensori hanno facoltà di prendere visione ed estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, degli atti raccolti nel fascicolo formato a norma del comma 1. 3. Nel fascicolo del pubblico ministero ed in quello del difensore è altresì inserita la documentazione dell’attività prevista dall’articolo 430 quando di essa le parti si sono servite per la formulazione di richieste al giudice del dibattimento e quest’ultimo le ha accolte (1). ––––––––––– (1) Le parole «ed in quello del difensore» sono state aggiunte dall’art. 16 L. 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni correlative: (1) artt. 3, 19 reg.; (2) art. 43 att. c.p.p.

TITOLO X REVOCA DELLA SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE Art. 434. Casi di revoca. 1. Se dopo la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere sopravvengono o si scoprono nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio, il giudice

Codice procedura penale Artt. 432, 437 per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, dispone la revoca della sentenza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 328, 422, 425, 630; art. 243 att. c.p.p.

Art. 435. Richiesta di revoca. 1. Nella richiesta di revoca il pubblico ministero indica le nuove fonti di prova, specifica se queste sono già state acquisite o sono ancora da acquisire e richiede, nel primo caso, il rinvio a giudizio e, nel secondo, la riapertura delle indagini. 2. Con la richiesta sono trasmessi alla cancelleria del giudice gli atti relativi alle nuove fonti di prova. 3. Il giudice, se non dichiara inammissibile la richiesta, designa un difensore all’imputato che ne sia privo, fissa la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, all’imputato, al difensore e alla persona offesa. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall’articolo 127. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 416, 417; (2) artt. 90, 91, 97.

Art. 436. Provvedimenti del giudice. 1. Sulla richiesta di revoca il giudice provvede con ordinanza. 2. Quando revoca la sentenza di non luogo a procedere, il giudice, se il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio, fissa l’udienza preliminare, dandone avviso agli interessati presenti e disponendo per gli altri la notificazione; altrimenti ordina la riapertura delle indagini. 3. Con l’ordinanza di riapertura delle indagini, il giudice stabilisce per il loro compimento un termine improrogabile non superiore a sei mesi. 4. Entro la scadenza del termine il pubblico ministero, qualora sulla base dei nuovi atti di indagine non debba chiedere l’archiviazione, trasmette alla cancelleria del giudice la richiesta di rinvio a giudizio. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 148, 414, 418; (4) artt. 408, 411, 416, 417.

Art. 437. Ricorso per cassazione. 1. Contro l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di revoca il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione, solamente per i motivi indicati all’art. 606, comma 1, lettere b), d) ed e). (1) ––––––––––– (1) Le parole «solamente per i motivi indicati all’art. 606, comma 1, lettere b), d) ed e)» sono state aggiunte dall’art. 6, L. 26 marzo 2001, n. 128. Disposizioni correlative: (1) art. 606.


LIBRO SESTO PROCEDIMENTI SPECIALI TITOLO I GIUDIZIO ABBREVIATO (1) Si riporta il testo dell’art. 4 ter D.L. 7 aprile 2000, n.82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n.144: «1. Salvo quanto previsto dai commi seguenti, le disposizioni di cui agli articoli 438 e seguenti del codice di procedura penale come modificate o sostituite dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, si applicano ai processi nei quali, ancorché sia scaduto il termine per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato, non sia ancora iniziata l'istruzione dibattimentale alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. 2. Nei processi penali per reati puniti con la pena dell'ergastolo, in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e nei quali prima della data di entrata in vigore della legge 16 dicembre 1999, n. 479, era scaduto il termine per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato, l'imputato, nella prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, può chiedere che il processo, ai fini di cui all'articolo 442, comma 2, del codice di procedura penale, sia immediatamente definito, anche sulla base degli atti contenuti nel fascicolo di cui all'articolo 416, comma 2, del medesimo codice. 3. La richiesta di cui al comma 2 è ammessa se è presentata: a) nel giudizio di primo grado prima della conclusione dell'istruzione dibattimentale; b) nel giudizio di appello, qualora sia stata disposta la rinnovazione dell’istruzione ai sensi dell'articolo 603 del codice di procedura penale, prima della conclusione della istruzione stessa; c) nel giudizio di rinvio, se ricorrono le condizioni di cui alle lettere a) e b). 4. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583, comma 3, del codice di procedura penale. 5. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza, disponendo l'acquisizione del fascicolo di cui all'articolo 416, comma 2, del codice di procedura penale.

6. Ai fini della deliberazione, il giudice utilizza, oltre agli atti contenuti nel fascicolo di cui al comma 5, le prove assunte in precedenza. 7. Per quanto non previsto nel presente articolo, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 441, escluso il comma 3, e 442 del codice di procedura penale, nonché l'articolo 443 del medesimo codice se la sentenza è pronunciata nel giudizio di primo grado». (2) Si riporta anche il testo dell’art. 8 D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4 (in G.U. 20 gennaio 2001, n. 16 ed entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione): 1. Nei processi penali in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, nei casi in cui è applicabile o è stata applicata la pena dell’ergastolo con isolamento diurno, se è stata formulata la richiesta di giudizio abbreviato, ovvero la richeista di cui al comma 2 dell’articolo 4-ter del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2000, n. 144, l’imputato può revocare la richiesta nel termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In tali casi il procedimento riprende secondo il rito ordinario dallo stato in cui si trovava allorché era stata fatta la richiesta. Gli atti di istruzione eventualmente compiuti sono utilizzabili nei limiti stabiliti dall’articolo 511 del codice di procedura penale. 2. Quando per effetto dell’impugnazione del pubblico ministero possono essere applicate le disposizioni di cui all’articolo 7, l’imputato può revocare la richiesta di cui al comma 1 nel termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’impugnazione del pubblico ministero o, se questa era stata proposta anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nel termine di trenta giorni da quest’ultima data. Si applicano le disposizioni di cui al secondo ed al terzo periodo del comma 1. 3. Nelle ipotesi di cui ai commi 1 e 2 si applicano le disposizioni del comma 2 dell’articolo 303 del codice di procedura penale. Art. 438. (1) Presupposti del giudizio abbreviato. 1. L’imputato può chiedere che il processo sia definito all’udienza preliminare allo stato degli


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atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e all’articolo 441, comma 5. 2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422. 3. La volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3. 4. Sulla richiesta il giudice provede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato. 5. L’imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell’articolo 442, comma 1 bis, può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l’integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l’ammissione di prova contraria. Resta salva l’applicabilità dell’articolo 423. 6. In caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2. ––––––––––– (1) Sostituito dall’art. 27 L. 16 dicembre 1999, n. 479. (2) Vedi anche nota (2) sub Titolo I del presente Libro Sesto. Si forniscono qui alcune indicazioni generali sul giudizio abbreviato che è stato ampiamente modificato dagli artt. 27-31 della legge 479/1999. Tale tipo di giudizio, nelle intenzioni del legislatore, è destinato a diventare il giudizio «normale» nel nostro sistema processuale ed infatti, per iniziare, non è più necessario per la sua celebrazione il consenso del pubblico ministero ma è sufficiente la sola richiesta dell’imputato. Inoltre non è più necessario che al momento della richiesta il procedimento sia definibile allo stato degli atti. Ed infatti da un lato si consente all’imputato di subordinare la richiesta di giudizio abbreviato ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione e dall’altro è consentito al giudice, qualora ritenga di non poter decidere allo stato degli atti, di assumere, anche d’ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione. Per ultimo va ricordato che il giudizio abbreviato può ora riguardare anche un reato astrattamente punibile con la pena dell’ergastolo, senza isolamento diurno. Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 420, 452, 458, 41, 556, 557, 560, 566; art. 247 att. c.p.p.; (2) art. 122.

[Art. 439. Richiesta di giudizio abbreviato. 1. La richiesta è depositata in cancelleria unitamente all’atto di consenso del pubblico ministero almeno cinque giorni prima della data fissata per l’udienza. 2. La richiesta e il consenso possono essere presentati anche nel corso dell’udienza preliminare fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.] ––––––––––– Abrogato dall’art. 28 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Codice procedura penale Artt. 439, 441 bis [Art. 440. Provvedimenti del giudice. 1. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza, con la quale dispone il giudizio abbreviato se ritiene che il processo possa essere definito allo stato degli atti. 2. L’ordinanza di accoglimento o di rigetto è depositata in cancelleria almeno tre giorni prima della data dell’udienza. Nel caso previsto dall’articolo 439 comma 2, il giudice decide immediatamente in udienza, dando lettura dell’ordinanza. 3. In caso di rigetto, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dall’articolo 439 comma 2.] ––––––––––– Abrogato dall’art. 28 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 441. (1) Svolgimento del giudizio abbreviato. 1. Nel giudizio abbreviato si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste per l’udienza preliminare, fatta eccezione di quelle degli articoli 422 e 423. 2. La costituzione di parte civile, intervenuta dopo la conoscenza dell’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato equivale ad accettazione del rito abbreviato. 3. Il giudizio abbreviato si svolge in camera di consiglio; il giudice dispone che il giudizio si svolga in pubblica udienza quando ne fanno richiesta tutti gli imputati. 4. Se la parte civile non accetta il rito abbreviato non si applica la disposizione di cui all’articolo 75, comma 3. 5. Quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti assume, anche d’ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione. Resta salva in tale caso l’applicabilità dell’articolo 423. 6. All’assunzione delle prove di cui al comma 5 del presente articolo 438, comma 5, si procede nelle forme previste dall’articolo 422, commi 2, 3 e 4. ––––––––––– (1) Articolo così sostituito dall’art. 29 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 441 bis. (1) Provvedimenti del giudice a seguito di nuove contestazioni sul giudizio abbreviato. 1. Se, nei casi disciplinati dagli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, il pubblico ministero procede alle contestazioni previste dall’articolo 423, comma 1, l’imputato può chiedere che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie. 2. La volontà dell’imputato è espressa nelle forme previste dall’articolo 438, comma 3. 3. Il giudice, su istanza dell’imputato o del difensore, assegna un termine non superiore a dieci giorni, per la formulazione della richiesta di cui ai commi 1 e 2 ovvero per l’integrazione della difesa, e sospende il giudizio per il tempo corrispondente. 4. Se l’imputato chiede che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie, il giudice revoca l’or-


Codice procedura penale Artt. 442, 444 dinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato e fissa l’udienza preliminare o la sua eventuale prosecuzione. Gli atti compiuti ai sensi degli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, hanno la stessa efficacia degli atti compiuti ai sensi dell’articolo 422. La richiesta di giudizio abbreviato non può essere riproposta. Si applicano le disposizioni dell’articolo 303, comma 2 (2). 5. Se il procedimento prosegue nelle forme del giudizio abbreviato, l’imputato può chiedere l’ammissione di nuove prove, in relazione alle contestazioni ai sensi dell’articolo 423, anche oltre i limiti previsti dall’articolo 438, comma 5, ed il pubblico ministero può chiedere l’ammissione di prova contraria. ––––––––––– (1) Articolo introdotto dall’art.2 octies D.L. 7 aprile 2000, n.82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. (2) L’ultimo periodo del comma 4 è stato aggiunto dall’art. 7 bis D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif,, nella L. 19 gennaio 2001, n. 4.

Art. 442. Decisione. 1. Terminata la discussione, il giudice provvede a norma degli articoli 529 e seguenti. 1 bis. Ai fini della deliberazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo di cui all’articolo 416, comma 2, la documentazione di cui all’articolo 419, comma 3, e le prove assunte nell’udienza. 2. In caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita di un terzo. Alla pena dell’ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta. Alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quella dell’ergastolo. 3. La sentenza è notificata all’imputato che non sia comparso. 4. Si applica la disposizione dell’articolo 426 comma 2. ––––––––––– Articolo prima modificato dall’art. 30 L. 16 dicembre 1999, n. 479 e successivamente (nel comma 2) dall’art. 7, co. 2, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001 n. 4. Ai sensi del comma 1 dell’art. 7 D.L. n. 341/2000 cit. l’espressione «la pena dell’ergastolo» deve intendersi riferita all’ergastolo senza isolamento diurno. Disposizioni correlative: (1) artt. 421, 523, 651, 52; artt. 134, 257 att. c.p.p.; art. 15 reg.; (2) art. 533; (3) art. 545.

Art. 443. (1) Limiti all’appello. 1. L’imputato e il pubblico ministero non possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento, quando l’appello tende a ottenere una diversa formula. [2. L’imputato non può proporre appello contro le sentenze di condanna a una pena che comunque non deve essere eseguita ovvero alla sola pena pecuniaria.]

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3. Il pubblico ministero non può proporre appello contro le sentenze di condanna, salvo che si tratti di sentenza che modifica il titolo del reato. 4. Il giudizio di appello si svolge con le forme previste dall’articolo 599. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 31 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1-3) art. 247 att. c.p.p.; art. 15 reg.; (1) artt. 529, 596; (3) artt. 521, 533. Per le sanzioni sostitutive, v. L. 24 novembre 1981, n. 689 (Depenalizzazione).

TITOLO II APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI Art. 444. Applicazione della pena su richiesta. 1. L’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze è diminuita fino a un terzo, non supera due anni di reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena pecuniaria. 2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonché congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l’applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell’articolo 75, comma 3. (1) 3. La parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l’efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non può essere concessa, rigetta la richiesta. ––––––––––– (1) Co. 2 sostituito dall’art. 32 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Nelle nuove disposizioni che regolano il c.d. «patteggiamento», il legislatore ha operato, anzitutto, un adeguamento dell’istituto a talune indicazioni contenute in sentenze della Corte costituzionale. Così, tra i presupposti del patteggiamento è stato inserito l’espresso riferimento alla congruità della pena indicata, come aveva richiesto la Corte con sentenza 2 luglio 1990, n. 313. In secondo luogo


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è prevista la possibilità, se vi è costituzione di parte civile, che l’imputato venga condannato al pagamento delle spese processuali sostenute da tale parte, salvo che ricorrano giusti motivi per la loro totale o parziale compensazione: anche in questo caso è evidente il riferimento alla decisione della Corte del 12 ottobre 1990, n. 443. Un’ulteriore novità è rappresentata dal fatto che le parti possono formulare la richiesta di patteggiamento fino alla presentazione delle conclusioni nell’udienza preliminare e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se, invece, è stato notificato il decreto di giudizio immediato la richiesta deve esser formulata entro sette giorni dalla notificazione del decreto. Tali previsioni mirano ad incentivare il ricorso a questo procedimento speciale per alleggerire il lavoro del giudice del dibattimento. Disposizioni correlative: (1-3) art. 248 att. c.p.p.; (1) artt. 60, 61, 446; (2) art. 69 Cod. pen.; artt. 76, 448, (3) art. 163 Cod. pen.; art. 448. V. anche art. 25 D.P.R. 448/88 (Minori); artt. 53 e segg. L. 24 novembre 1981, n. 689 (Depenalizzazione).

Art. 445. Effetti dell’applicazione della pena su richiesta. 1. La sentenza prevista dall’articolo 444 comma 2 non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né l’applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza, fatta eccezione della confisca nei casi previsti dall’articolo 240 comma 2 del codice penale. Salvo quanto previsto dall’articolo 653, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, la sentenza non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi. Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna (1). 2. Il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale, e se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l’applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena. ––––––––––– (1) Il secondo periodo è stato così modificato dall’art. 2, L. 27 marzo 2001, n. 97. Disposizioni correlative: (1) artt. 19, 215 Cod. pen. artt. 524, 535; (2) art. 170 Cod. pen.; artt. 136-137 att. c.p.p.

Art. 446. Richiesta di applicazione della pena e consenso. 1. Le parti possono formulare la richiesta prevista dall’articolo 444, comma 1, fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli articoli 421, comma 3, e 422, comma 3, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall’articolo 458, comma 1. (1)

Codice procedura penale Artt. 445, 448 2. La richiesta e il consenso nell’udienza sono formulati oralmente; negli altri casi sono formulati con atto scritto. 3. La volontà dell’imputato è espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall’articolo 583 comma 3. 4. Il consenso sulla richiesta può essere dato entro i termini previsti dal comma 1, anche se in precedenza era stato negato. (1) 5. Il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, dispone la comparizione dell’imputato. 6. Il pubblico ministero, in caso di dissenso, deve enunciarne le ragioni. ––––––––––– (1) I commi 1 e 4 sono stati sostituiti dall’art. 33 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative (1-6) art. 248 att. c.p.p.; (1) artt. 461, 484, 492; (6) art. 448.

Art. 447. Richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari. 1. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice, se è presentata una richiesta congiunta o una richiesta con il consenso scritto dell’altra parte, fissa, con decreto in calce alla richiesta, l’udienza per la decisione, assegnando, se necessario, un termine al richiedente per la notificazione all’altra parte. Almeno tre giorni prima dell’udienza il fascicolo del pubblico ministero è depositato nella cancelleria del giudice. 2. Nell’udienza il pubblico ministero e il difensore sono sentiti se compaiono. 3. Se la richiesta è presentata da una parte, il giudice fissa con decreto un termine all’altra parte per esprimere il consenso o il dissenso e dispone che la richiesta e il decreto siano notificati a cura del richiedente. Prima della scadenza del termine non è consentita la revoca o la modifica della richiesta e in caso di consenso si procede a norma del comma 1. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 248 att. c p. p.; art. 15 reg.; (1) artt. 326, 328; (2) art. 127.

Art. 448. Provvedimenti del giudice. 1. Nell’udienza prevista dall’articolo 447, nell’udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice, se ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta prevista dall’articolo 444, comma 1, pronuncia immediatamente sentenza. Nel caso di dissenso da parte del pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del giudice per le indagini preliminari, l’imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può rinnovare la richiesta e il giudice, se la ritiene fondata, pronuncia immediatamente sentenza. La richiesta non è ulterior-


Codice procedura penale Artt. 449, 450 mente rinnovabile dinanzi ad altro giudice. Nello stesso modo il giudice provvede dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione quando ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o il rigetto della richiesta. (1) 2. In caso di dissenso, il pubblico ministero può proporre appello; negli altri casi la sentenza è inappellabile. 3. Quando la sentenza è pronunciata nel giudizio di impugnazione, il giudice decide sull’azione civile a norma dell’articolo 578. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato sostituito dall’art. 34 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 416, 465, 524, 601; artt. 135, 248 att. c.p.p.

TITOLO III GIUDIZIO DIRETTISSIMO ––––––––––– 1 Secondo quanto dispone l’art. 12 bis D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con mod. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura pe nale...). «1. Per i reati concernenti le armi e gli esplosivi, il pubblico ministero procede al giudizio direttissimo anche fuori dei casi previsti dagli articoli 449 e 566 del codice di procedura penale, salvo che siano necessarie spe ciali indagini». Può ritenersi perciò che, per i reati in materia di armi, il giudizio direttissimo è tendenzialmente obbligatorio: deve cioè instaurarsi tale procedimento speciale tutte le volte in cui si versa in una situazione di evidenza probatoria che rende superflue specifiche attività di indagine e consente al pubblico ministero di «pronosticare» una non particolare complessità della istruzione dibattimentale. 2 Salvo che siano necessarie speciali indagini, il giudizio direttissimo è imposto (anche fuori dei casi previsti dall’art. 449 c.p.p.) per i reati indicati all’art. 5 comma 1 D.L. 26 aprile 1993, n. 122 (conv. con modif. nella L. 25 giugno 1993, n. 205). Si tratta dei reati di violenza o di incitamento a commettere violenza (o atti di provocazione alla violenza) per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, nonché dei reati associativi in materia di discriminazione o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, nonché infine, di tutti i reati aggravati dalle sopradette finalità di discriminazione o violenza. 3 Si veda l’art. 566 c.p.p.

Art. 449. Casi e modi del giudizio direttissimo. 1. Quando una persona è stata arrestata in flagranza di un reato, il pubblico ministero, se ritiene di dover procedere, può presentare direttamente l’imputato in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall’arresto. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell’articolo 391, in quanto compatibili.

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2. Se l’arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l’imputato e il pubblico ministero vi consentono. 3. Se l’arresto è convalidato, si procede immediatamente al giudizio. 4. Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo quando l’arresto in flagranza e già stato convalidato. In tal caso l’imputato è presentato all’udienza non oltre il quindicesimo giorno dall’arresto. 5. Il pubblico ministero può, inoltre, procedere al giudizio direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell’interrogatorio ha reso confessione. L’imputato libero è citato a comparire a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato. L’imputato in stato di custodia cautelare per il fatto per cui si procede è presentato all’udienza entro il medesimo termine. 6. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulta connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Se la riunione risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario. ––––––––––– Diposizioni correlative: (1) artt. 380-383, 405; artt. 123, 138, 233 att. c.p.p.; art. 15 reg; (4) art. 391; (5) artt. 65, 294, 335, 364, 374, 388, 450; (6) artt. 12, 17, 18.

Art. 450. Instaurazione del giudizio direttissimo. 1. Se ritiene di procedere a giudizio direttissimo, il pubblico ministero fa condurre direttamente all’udienza l’imputato arrestato in flagranza o in stato di custodia cautelare. 2. Se l’imputato è libero, il pubblico ministero lo cita a comparire all’udienza per il giudizio direttissimo. Il termine per comparire non può essere inferiore a tre giorni. 3. La citazione contiene i requisiti previsti dall’articolo 429 comma 1 lettere a), b), c), f), con l’indicazione del giudice competente per il giudizio nonché la data e la sottoscrizione. Si applica inoltre la disposizione dell’articolo 429 comma 2. 4. Il decreto, unitamente al fascicolo previsto dall’articolo 431, formato dal pubblico ministero, è trasmesso alla cancelleria del giudice competente per il giudizio. 5. Al difensore è notificato senza ritardo a cura del pubblico ministero l’avviso della data fissata per il giudizio. 6. Il difensore ha facoltà di prendere visione e di estrarre copia, nella segreteria del pubblico mini-


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stero, della documentazione relativa alle indagini espletate. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 284, 286, 380-383; (2) art. 172; (3) artt. 110, 111; (4) art. 465; art. 138 att. c.p.p.; art. 3 reg.; (6) art 433.

Art. 451. Svolgimento del giudizio direttissimo. 1. Nel corso del giudizio direttissimo si osservano le disposizioni degli articoli 470 e seguenti. 2. La persona offesa e i testimoni possono essere citati anche oralmente da un ufficiale giudiziario o da un agente di polizia giudiziaria. 3. Il pubblico ministero, l’imputato e la parte civile possono presentare nel dibattimento testimoni senza citazione. 4. Il pubblico ministero, fuori del caso previsto dall’articolo 450 comma 2, contesta l’imputazione all’imputato presente. 5. Il presidente avvisa l’imputato della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato ovvero l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444. 6. L’imputato è altresì avvisato della facoltà di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a dieci giorni. Quando l’imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine. ––––––––––– 1 È opportuno ricordare che, quando procede a giudizio direttissimo a carico di una persona arrestata in flagranza per reato commesso durante o in occasione di manifestazioni sportive, il giudice può, in caso di condanna per la quale sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, dettare nella sentenza delle prescrizioni in ordine al divieto per l’imputato di accedere ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche (art. 8 L. 13 dicembre 1989, n. 401). (V. anche sub art. 391). Disposizioni correlative: (1) art 493; (5) artt. 438, 452; (6) artt. 477, 566.

Art. 452. Trasformazione del rito. 1. Se il giudizio direttissimo risulta promosso fuori dei casi previsti dall’articolo 449, il giudice dispone con ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero. 2. Se l’imputato chiede il giudizio abbreviato, il giudice, prima che sia dichiarato aperto il dibattimento, dispone con ordinanza la prosecuzione del giudizio con il rito abbreviato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441 bis, 442 e 443; nel caso di cui all’articolo 441 bis, comma 4, il giudice, revocata l’ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l’udienza per il giudizio direttissimo. (1) (2) ––––––––––– (1) Il co. 2 è stato sostituito dall’art. 35 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Codice procedura penale Artt. 451, 453 (2) Il secondo periodo del co. 2 è stato così modificato dall’art. 2 nonies D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n.144. Disposizioni correlative: (1) artt. 420, 438, 451, 492.

TITOLO IV GIUDIZIO IMMEDIATO Art. 453. Casi e modi di giudizio immediato. 1. Quando la prova appare evidente, il pubblico ministero, può chiedere il giudizio immediato se la persona sottoposta alle indagini è stata interrogata sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova ovvero, a seguito di invito a presentarsi emesso con l’osservanza delle forme indicate nell’articolo 375 comma 3 secondo periodo, la stessa abbia omesso di comparire, sempre che non sia stato addotto un legittimo impedimento e che non si tratti di persona irreperibile. 2. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio immediato risulta connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Se la riunione risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario. 3. L’imputato può chiedere il giudizio immediato a norma dell’articolo 419 comma 5. ––––––––––– 1 L’art. 27 D.Lgs. 12/1991 ha praticamente aggiunto una nuova ipotesi di giudizio immediato. La nuova previsione trae origine dal rilievo, da più parti sottolineato, circa l’evidente antieconomicità del ricorso necessitato all’udienza preliminare quando, pur ricorrendo il requisito della «prova evidente», l’indagato non sia stato effettivamente «interrogato», ad esempio perché non ha ade rito all’«invito a presentarsi» ex art. 375 c.p.p. La que stione è stata avvertita come particolarmente rilevante per una serie di reati di modesta gravità ma di notevole frequenza. Si è ritenuto pertanto opportuno (recependosi normativamente una linea interpretativa della giurisprudenza di merito) di modificare il comma 1 dell’art. 453 nel senso di prevedere come requisito necessario e sufficiente ai fini del giudizio immediato, ferma restando l’evidenza della prova, quello della previa contestazione dell’imputazione (anche, cioè, se non seguita da interrogatorio). Conformemente al parere espresso dalla Commissione parlamentare, si è poi specificato, ad evitare dubbi interpretativi, che il ricorso al giudizio immediato è consentito solo se i fatti dai quali emerge l’evidenza della prova non siano diversi o ulteriori da quelli che hanno formato oggetto dell’interrogatorio. Non sembra d’altro canto che un intervento del genere incontri ostacoli insuperabili nella direttiva 44 della leggedelega, ove il riferimento al «previo interrogatorio dell’imputato» può essere ragionevolmente interpretato come garanzia per tale soggetto di essere posto in grado di esprimere le proprie difese in ordine ad una imputazione per la quale il pubblico ministero solleciti il rinvio a giudizio.


Codice procedura penale Artt. 454, 458 Proprio ad evitare una sostanziale diminuzione delle garanzie del sottoposto alle indagini, si è introdotta una previsione aggiuntiva al comma 3 dell’art. 375, stabilendosi che in vista di una richiesta di giudizio immediato, il pubblico ministero indichi nell’invito a presentarsi ex art. 375 gli elementi di prova e le relative fonti, con l’esplicito avvertimento che potrà essere presentata richiesta di giudizio immediato. Resta naturalmente impregiudicato il potere del giudice per le indagini preliminari di rigettare la richiesta per difetto dei presupposti di legge, ed in particolare di quello della evidenza probatoria. Un ulteriore aspetto di garanzia è rappresentato poi dalla previsione che esclude il ricorso al rito immediato nel caso di persona sottoposta alle indagini cui l’invito a comparire sia stato notificato quale irreperibile. (Cfr. Rel. D.Lgs. 12/1991). Diposizioni correlative: (1) artt. 65, 294, 364, 374, 375, 388, 405; art. 15 reg.; (2) 12, 17, 18; (3) artt. 458, 461.

Art. 454. Presentazione della richiesta del pubblico ministero. 1. Entro novanta giorni dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall’articolo 335, il pubblico ministero trasmette la richiesta di giudizio immediato alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari. 2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 328; art. 258 att. c.p.p.; (2) artt. 330, 357, 373, 391; art. 139 att. c.p.p.; art. 3 reg.

Art. 455. Decisione sulla richiesta di giudizio immediato. 1. Il giudice, entro cinque giorni, emette decreto con il quale dispone il giudizio immediato ovvero rigetta la richiesta ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero. ––––––––––– V. sub art. 454.

Art. 456. Decreto di giudizio immediato. 1. Al decreto che dispone il giudizio immediato si applicano le disposizioni dell’articolo 429 commi 1 e 2. 2. Il decreto contiene anche l’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato ovvero l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444 (1). 3. Il decreto è comunicato al pubblico ministero e notificato all’imputato o alla persona offesa almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio (2). 4. All’imputato e alla persona offesa, unitamente al decreto, è notificata la richiesta del pubblico ministero.

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5. Al difensore dell’imputato è notificato avviso della data fissata per il giudizio entro il termine previsto dal comma 3. ––––––––––– (1) L’avviso contemplato nell’art. 456 comma 2 c.p.p. comprensivo dell’indicazione del termine entro cui richiedere il giudizio abbreviato, deve essere tradotto nella lingua conosciuta dall’imputato straniero che ignora la lingua italiana (Corte cost. 19 gennaio 1993, n. 10). V. anche sub art. 143 c.p.p. (2) L’originaria parola «venti» è stata così sostituita dall’art. 14, co. 1, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1-5) artt. 132-160 att. c.p.p.; (2) artt. 438, 458; (3) artt. 90, 91, 153, 172.

Art. 457. Trasmissione degli atti. 1. Decorsi i termini previsti dall’articolo 458 comma 1, il decreto che dispone il giudizio immediato è trasmesso, con il fascicolo formato a norma dell’artico1o 431, al giudice competente per il giudizio. 2. Gli atti non inseriti nel fascicolo previsto dal comma 1 sono restituiti al pubblico ministero. Si applica la disposizione dell’articolo 433 comma 2. ––––––––––– V. sub art. 458. Disposizioni correlative: art. 3 reg.

Art. 458. Richiesta di giudizio abbreviato. 1. L’imputato, a pena di decadenza, può chiedere il giudizio abbreviato depositando nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari la richiesta, con la prova della avvenuta notifica al pubblico ministero, entro quindici giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato. (1) (3) (4) 2. Se la richiesta è ammissibile, il giudice fissa con decreto l’udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all’imputato, al difensore e alla persona offesa. Nel giudizio si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441 bis, 442 e 443; nel caso di cui all’articolo 441 bis, comma 4, il giudice, revocata l’ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l’udienza per il giudizio immediato. (1) (2) 3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano quando il giudizio immediato è stato richiesto dall’imputato a norma dell’articolo 419 comma 5. ––––––––––– (1) I commi 1 e 2 sono stati modificati dall’art. 36 L. 16 dicembre 1999, n. 479. (2) Il secondo periodo del comma 2 è stato nuovamente modificato dall’art. 2 nonies D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. (3) Le originarie parole «entro sette giorni» sono state così sostituite dall’art; 14, co. 2, L. 1° marzo 2001, n. 63.


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Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001, v. nota 4) sub art. 12. (4) La Corte costituzionale, con sentenza 10-16 aprile 2002, n. 120, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 1 nella parte in cui prevede che il termine entro cui l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anziché dall’ultima notificazione, all’imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell’avviso della data fissata per il giudizio immediato. Disposizioni correlative: (1-3) art. 139 att. c.p.p.; (1) artt. 328, 438, 456; (2) artt 172, 440.

TITOLO V PROCEDIMENTO PER DECRETO Art. 459. (1) Casi di procedimento per decreto. 1. Nei procedimenti per reati perseguibili di ufficio ed in quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena. 2. Il pubblico ministero può chiedere l’applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale. 3. Il giudice, quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129, restituisce gli atti al pubblico ministero. 4. Del decreto penale è data comunicazione al querelante. 5. Il procedimento per decreto non è ammesso quando risulta la necessità di applicare una misura di sicurezza personale. ––––––––––– (1) Articolo sostituito dall’art. 37 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Le linee fondamentali del procedimento per decreto quali risultano dalla recente riforma legislativa sono le seguenti. Nei procedimenti per reati perseguibili d’ufficio ed in quelli perseguibili a querela validamente presentata ed in cui il querelante non abbia dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero può presentare al giudice richiesta di emissione del decreto penale di condanna quando ritiene che sia irrogabile soltanto una pena pecuniaria, anche se in sostituzione di una pena detentiva. La richiesta del pubblico ministero, che deve essere presentata entro sei mesi dalla data in cui il nome dell’indagato è iscritto nel registro delle notizie di reato, deve essere motivata e deve contenere l’indicazione della misura della pena da applicare. Il pubblico ministero può chiedere l’applicazione di una pena diminuita sino alla

Codice procedura penale Artt. 459, 460 metà rispetto al minimo edittale. Quando il giudice respinge la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento, restituisce gli atti al pubblico ministero. Il decreto pe nale di condanna deve essere comunicato al querelante. A questo tipo di procedimento non può farsi ricorso quando deve essere applicata una misura di sicurezza personale. Disposizioni correlative: (1-4) art. 249 att. c.p.p.; (1) art. 19 Cod. pen.; artt. 328, 335, 373, 416; artt. 21, 22 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 (Norme ... adeguamento ... ordinamento giudiziario); (4) art. 215 Cod. pen. V. art. 25 D.P.R. 448/88 (Minori) e art. 53 L. 24 novembre 1981, n. 689 (Depenalizzazione).

Art. 460. Requisiti del decreto di condanna. 1. Il decreto di condanna contiene: a) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo nonché, quando occorre, quelle della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria; b) l’enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate; c) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, comprese le ragioni dell’eventuale diminuzione della pena al di sotto del minimo edittale; d) il dispositivo; e) l’avviso che l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possono proporre opposizione entro quindici giorni dalla notificazione del decreto e che l’imputato può chiedere mediante l’opposizione il giudizio immediato ovvero il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444; f) l’avvertimento all’imputato e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria che, in caso di mancata opposizione, il decreto diviene esecutivo; g) l’avviso che l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria hanno la facoltà di nominare un difensore; h) la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che lo assiste. 2. Con il decreto di condanna il giudice applica la pena nella misura richiesta dal pubblico ministero indicando l’entità della eventuale diminuzione della pena stessa al di sotto del minimo edittale; ordina la confisca, nei casi previsti dall’articolo 240, secondo comma, del codice penale, o la restituzione delle cose sequestrate; concede la sospensione condizionale della pena [e la non menzione della condanna nel certificato penale spedito a richiesta di privati]. Nei casi previsti dagli articoli 196 e 197 del codice penale, dichiara altresì la responsabilità della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. (1) (2) 3. Copia del decreto è comunicata al pubblico ministero ed è notificata con il precetto al condannato, al difensore d’ufficio o al difensore di fiducia eventualmente nominato ed alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria (3).


Codice procedura penale Artt. 461, 464 4. Se non è possibile eseguire la notificazione per irreperibilità dell’imputato, il giudice revoca il decreto penale di condanna e restituisce gli atti al pubblico ministero (4). 5. Il decreto penale di condanna non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, né l’applicazione di pene accessorie. Anche se divenuto esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. Il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena. (1) ––––––––––– (1) I commi 2 e 5 sono stati sostituiti dall’art. 37 L. 16 dicembre 1999, n. 479. (2) Il comma 2 è stato successivamente modificato dall’art.2 decies D.L. 7 aprile 2000, n.82 conv. con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. (3) Comma così sostituito dall’art. 20, L. 6 marzo 2001, n. 60. (4) Con sentenza 18 novembre 2000, n. 504, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 4 nella parte in cui non prevede la revoca del decreto penale di condanna e la restituzione degli atti del pubblico ministero anche nel caso in cui non sia possibile la notificazione nel domicilio dichiarato a norma dell’art. 161 c.p.p. Disposizioni correlative: (1) art. 59 Cod. pen.; artt. 89, 96, 100, 441-443; art. 141 att. c.p.p.; artt. 15, 23 reg.; (2) artt. 163, 175, 240 Cod. pen.; artt. 262, 459, 535, 691; (3) art. 153; (5) artt 651, 654.

Art. 461. Opposizione. 1. Nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato, possono proporre opposizione mediante dichiarazione ricevuta nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari che ha emesso il decreto ovvero nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trova l’opponente. (1) 2. La dichiarazione di opposizione deve indicare, a pena di inammissibilità, gli estremi del decreto di condanna, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso. Ove non abbia già provveduto in precedenza, nella dichiarazione l’opponente può nominare un difensore di fiducia. 3. Con l’atto di opposizione l’imputato può chiedere al giudice che ha emesso il decreto di condanna il giudizio immediato ovvero il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444. 4. L’opposizione è inammissibile, oltre che nei casi indicati nel comma 2, quando è proposta fuori termine o da persona non legittimata.

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5. Se non è proposta opposizione o se questa è dichiarata inammissibile, il giudice che ha emesso il decreto di condanna ne ordina l’esecuzione. 6. Contro l’ordinanza di inammissibilità l’opponente può proporre ricorso per cassazione. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato modificato dall’art. 184 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. e dall’art. 45 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 89, 96, 100; artt. 140, 249 att. c.p.p.; (3) artt. 441-443, 456; (4) art. 173; (5) artt. 463, 648, 650.

Art. 462. Restituzione nel termine per proporre opposizione. 1. L’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria sono restituiti nel termine per proporre opposizione a norma dell’articolo 175. Art. 463. Opposizione proposta soltanto da alcuni interessati. 1. L’esecuzione del decreto di condanna pronunciato a carico di più persone imputate dello stesso reato rimane sospesa nei confronti di coloro che non hanno proposto opposizione fino a quando il giudizio conseguente all’opposizione proposta da altri coimputati non sia definito con pronuncia irrevocabile. 2. Se l’opposizione è proposta dal solo imputato o dalla sola persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, gli effetti si estendono anche a quella fra le dette parti che non ha proposto opposizione. Art. 464. Giudizio conseguente all’opposizione. 1. Se l’opponente ha chiesto il giudizio immediato, il giudice emette decreto a norma dell’articolo 456 commi 1, 3 e 5. Se l’opponente ha chiesto il giudizio abbreviato, il giudice fissa con decreto l’udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all’imputato, al difensore e alla persona offesa; nel giudizio si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441 bis, 442 e 443; nel caso di cui all’articolo 441 bis, comma 4, il giudice, revocata l’ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l’udienza per il giudizio conseguente all’opposizione. Se l’opponente ha chiesto l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444, il giudice fissa con decreto un termine entro il quale il pubblico ministero deve esprimere il consenso, disponendo che la richiesta e il decreto siano notificati al pubblico ministero a cura dell’opponente. Ove il pubblico ministero non abbia espresso il consenso nel termine stabilito ovvero l’imputato non abbia formulato nell’atto di opposizione alcuna richiesta, il giudice emette decreto di giudizio immediato. (1) (2) 2. Il giudice, se è presentata domanda di oblazione contestuale all’opposizione, decide sulla do-


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manda stessa prima di emettere i provvedimenti a norma del comma 1. 3. Nel giudizio conseguente all’opposizione, l’imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena su richiesta, né presentare domanda di oblazione. In ogni caso, il giudice revoca il decreto penale di condanna. (1) 4. Il giudice può applicare in ogni caso una pena anche diversa e più grave di quella fissata nel decreto di condanna e revocare i benefici già concessi. 5. Con la sentenza che proscioglie l’imputato perché il fatto non sussiste, non è previsto dalla

Codice procedura penale Art. 464 legge come reato ovvero è commesso in presenza di una causa di giustificazione, il giudice revoca il decreto di condanna anche nei confronti degli imputati dello stesso reato che non hanno proposto opposizione. ––––––––––– (1) Articolo così modificato nei commi 1 e 3 dall’art. 37 L. 16 dicembre 1999, n. 479. (2) Il comma 1 è stato successivamente modificato dall’art. 2 nonies D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. Disposizioni correlative: (1) artt. 153, 438, 461; artt. 132, 160 att. c.p.p.; art. 15 reg.; (2) artt. 162, 162 bis Cod. pen.


LIBRO SETTIMO GIUDIZIO TITOLO I ATTI PRELIMINARI AL DIBATTIMENTO Art. 465. Atti del presidente del tribunale o della corte di assise. 1. Il presidente del tribunale o della corte di assise, ricevuto il decreto che dispone il giudizio, può, con decreto, per giustificati motivi, anticipare l’udienza o differirla non più di una volta. 2. Il provvedimento è comunicato al pubblico ministero e notificato alle parti private, alla persona offesa e ai difensori; nel caso di anticipazione, fermi restando i termini previsti dall’articolo 429 commi 3 e 4, il provvedimento è comunicato e notificato almeno sette giorni prima della nuova udienza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 425, 432, 457, 464; art. 143 att. c.p.p.; (2) artt. 60, 76, 84, 85, 89-91, 96, 97, 100, 101.

Art. 466. Facoltà dei difensori. 1. Durante il termine per comparire, le parti e i loro difensori hanno facoltà di prendere visione, nel luogo dove si trovano, delle cose sequestrate, di esaminare in cancelleria gli atti e i documenti raccolti nel fascicolo per il dibattimento e di estrarne copia. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 259, 429, 431, 432, 465; art. 143 att. c.p.p.

Art. 467. Atti urgenti. 1. Nei casi previsti dall’articolo 392, il presidente del tribunale o della corte di assise dispone, a richiesta di parte, l’assunzione delle prove non rinviabili, osservando le forme previste per il dibattimento. 2. Del giorno, dell’ora e del luogo stabiliti per il compimento dell’atto è dato avviso almeno ventiquattro ore prima al pubblico ministero, alla persona offesa e ai difensori. 3. I verbali degli atti compiuti sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 3, 41, 47, 70, 344, 496; (3) artt. 431, 432, 466.

Art. 468. Citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici. 1. Le parti che intendono chiedere l’esame di testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell’art. 210

devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, la lista con la indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame. 2. Il presidente del tribunale o della corte di assise, quando ne sia fatta richiesta, autorizza con decreto la citazione dei testimoni, periti e consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell’articolo 210, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. Il presidente può stabilire che la citazione dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell’articolo 210 sia effettuata per la data fissata per il dibattimento ovvero per altre successive udienze nelle quali ne sia previsto l’esame. In ogni caso, il provvedimento non pregiudica la decisione sull’ammissibilità della prova a norma dell’articolo 495. 3. I testimoni e i consulenti tecnici indicati nelle liste possono anche essere presentati direttamente al dibattimento. 4. In relazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte può chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista, ovvero presentarli al dibattimento. 4 bis. La parte che intende chiedere l’acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale deve farne espressa richiesta unitamente al deposito delle liste. Se si tratta di verbali di dichiarazioni di persone delle quali la stessa o altra parte chiede la citazione, questa è autorizzata dal presidente solo dopo che in dibattimento il giudice ha ammesso l’esame a norma dell’art. 495. 5. Il presidente in ogni caso dispone di ufficio la citazione del perito nominato nell’incidente probatorio a norma dell’articolo 392 comma 2. ––––––––––– 1 Il comma 4 bis è stato aggiunto dall’art. 7 comma 1 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). In base alla nuova previsione, le parti, oltre ad indicare nelle rispettive liste il nominativo dei testimoni, dei periti o dei consulenti tecnici di cui si intende chiedere l’esame, devono anche precisare quali siano i verbali relativi ad altro procedimento penale, che si vorrebbero acquisire nel fascicolo del dibattimento (art. 238 c.p.p.). Se i verbali si riferiscono a dichiarazioni rese da soggetti citati per il dibattimento, l’autorizzazione alla cita-


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zione viene posposta all’ammissione della prova e cioè viene concessa solo dopo che, in dibattimento, il giudice ha ammesso l’esame a norma dell’art. 495 c.p.p. Sotto questo aspetto, la norma si coordina con quanto stabilito dall’art. 190 bis c.p.p. per cui, in relazione ai reati di mafia, (art. 51 comma 3 bis c.p.p.) l’escussione orale dei testi o degli imputati «connessi» è ammessa solo dopo che il giudice abbia ravvisato l’assoluta necessità dell’e same. 2 Sulla decadenza delle parti per la mancata o tardiva indicazione dei testimoni nella lista prevista dall’art. 468 c.p.p. e sulla possibilità o meno del giudice di provvedere a norma dell’art. 507 c.p.p., v. Corte cost. 26 marzo 1993, n. 111 (ampiamente riportata sub art. 507 nota 1). 3 Il comma 1 è stato modificato ed il comma 2 è stato invece sostituito dall’art. 38 della legge n. 479/1999. Le modificazioni apportate all’articolo 468 concernono i seguenti profili. Nella lista devono essere menzionate anche le persone indicate nell’articolo 210 c.p.p. così come ritenuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 2 novembre 1998, n. 361. È inoltre data al presidente la possibilità di stabilire, con il provvedimento di autorizzazione, che la citazione sia effettuata per la data fissata per il dibattimento oppure per altre successive udienze nelle quali sia previsto l’esame delle persone. Si tratta di una previsione opportuna al fine di evitare l’inutile convocazione di tutti i testimoni fin per la prima udienza dibattimentale. Disposizioni correlative: (1) artt. 172, 173, 194, 220, 225, 567; (4) art. 495; (4 bis) artt. 190 bis, 238; (1-4) artt. 142, 144, 145 att. c.p.p.; art. 22 reg.

Art. 469. Proscioglimento prima del dibattimento. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 129 comma 2, se l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita ovvero se il reato è estinto e se per accertarlo non è necessario procedere al dibattimento, il giudice, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero e l’imputato e se questi non si oppongono, pronuncia sentenza inappellabile di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 150 e segg. Cod. pen.; artt. 127, 336, 593.

TITOLO II DIBATTIMENTO CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 470. Disciplina dell’udienza. 1. La disciplina dell’udienza e la direzione del dibattimento sono esercitate dal presidente che decide senza formalità; in sua assenza la disciplina dell’udienza è esercitata dal pubblico ministero. 2. Per l’esercizio delle funzioni indicate in questo capo, il presidente o il pubblico ministero si avvale,

Codice procedura penale Artt. 469, 472 ove occorra, anche della forza pubblica, che dà immediata esecuzione ai relativi provvedimenti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) art. 146 att. c.p.p.; art. 21 reg.; (1) art. 125; (2) att. 131, 378.

Art. 471. Pubblicità dell’udienza. 1. L’udienza è pubblica a pena di nullità. 2. Non sono ammessi nell’aula di udienza coloro che non hanno compiuto gli anni diciotto, le persone che sono sottoposte a misure di prevenzione e quelle che appaiono in stato di ubriachezza, di intossicazione o di squilibrio mentale. 3. Se alcuna di queste persone deve intervenire all’udienza come testimone, è fatta allontanare non appena la sua presenza non è più necessaria. 4. Non è consentita la presenza in udienza di persone armate, fatta eccezione per gli appartenenti alla forza pubblica, né di persone che portino oggetti atti a molestare. Le persone che turbano il regolare svolgimento dell’udienza sono espulse per ordine del presidente o, in sua assenza, del pubblico ministero, con divieto di assistere alle ulteriori attività processuali. 5. Per ragioni di ordine, il presidente può disporre, in casi eccezionali, che l’ammissione nell’aula di udienza sia limitata a un determinato numero di persone. 6. I provvedimenti menzionati nel presente articolo sono dati oralmente e senza formalità. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 181, 472, 502; artt. 145-147 att. c.p.p.; art. 21 reg.; (4) art. 470; (6) art. 125.

Art. 472. Casi in cui si procede a porte chiuse. 1. Il giudice dispone che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere al buon costume ovvero, se vi è richiesta dell’autorità competente, quando la pubblicità può comportare la diffusione di notizie da mantenere segrete nell’interesse dello Stato. 2. Su richiesta dell’interessato, il giudice dispone che si proceda a porte chiuse all’assunzione di prove che possono causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni ovvero delle parti private in ordine a fatti che non costituiscono oggetto dell’imputazione. Quando l’interessato è assente o estraneo al processo, il giudice provvede di ufficio. 3. Il giudice dispone altresì che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, quando avvengono da parte del pubblico manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze ovvero quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati. 3 bis. Il dibattimento relativo ai delitti previsti dagli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 609


Codice procedura penale Artt. 473, 479 bis, 609 ter e 609 octies del codice penale si svolge a porte aperte; tuttavia, la persona offesa può chiedere che si proceda a porte chiuse anche solo per una parte di esso. Si procede sempre a porte chiuse quando la parte offesa è minorenne. In tali procedimenti non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto. (1) 4. Il giudice può disporre che avvenga a porte chiuse l’esame dei minorenni. ––––––––––– (1) Il comma 3 bis è stato introdotto dall’art. 15 della Legge 15 febbraio 1996, n. 66 e modificato dall’art. 13 L. 3 agosto 1998, n. 269. Disposizioni correlative: (1) artt. 256-258, 261 e segg. Cod. pen.; art. 114; art. 147 att. c.p.p.; art. 22 reg.; (4) art. 498. V. anche art. 33 D.P.R. 448/88 (Minori).

Art. 473. Ordine di procedere a porte chiuse. 1. Nei casi previsti dall’articolo 472, il giudice, sentite le parti, dispone, con ordinanza pronunciata in pubblica udienza, che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse. L’ordinanza è revocata con le medesime forme quando sono cessati i motivi del provvedimento. 2. Quando si è ordinato di procedere a porte chiuse, non possono per alcun motivo essere ammesse nell’aula di udienza persone diverse da quelle che hanno il diritto o il dovere di intervenire. Nei casi previsti dall’articolo 472 comma 3, il giudice può consentire la presenza dei giornalisti. 3. I testimoni, i periti e i consulenti tecnici sono assunti secondo l’ordine in cui vengono chiamati e, fatta eccezione di quelli che sia necessario trattenere nell’aula di udienza, vi rimangono per il tempo strettamente necessario. ––––––––––– 1 Per l’ipotesi di dibattimento a porte chiuse, durante il tempo in cui è presente nell’aula di udienza una persona protetta che ha ottenuto il cambiamento delle generalità, v. art. 6 commi 8 e 9 D.Lgs. 29 marzo 1993, n. 119. Sul medesimo tema, v. già sub art. 192.

Art. 474. Assistenza dell’imputato all’udienza. 1. L’imputato assiste all’udienza libero nella persona, anche se detenuto, salvo che in questo caso siano necessarie cautele per prevenire il pericolo di fuga o di violenza. Art. 475. Allontanamento coattivo dell’imputato. L’imputato che, dopo essere stato ammonito, persiste nel comportarsi in modo da impedire il regolare svolgimento dell’udienza, è allontanato dall’aula con ordinanza del presidente. 2. L’imputato allontanato si considera presente ed è rappresentato dal difensore.

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3. L’imputato allontanato può essere riammesso nell’aula di udienza, in ogni momento, anche di ufficio. Qualora l’imputato debba essere nuovamente allontanato, il giudice può disporre con la stessa ordinanza che sia espulso dall’aula, con divieto di partecipare ulteriormente al dibattimento, se non per rendere le dichiarazioni previste dagli articoli 503 e 523 comma 5. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 470; (2) artt. 477, 488.

Art. 476. Reati commessi in udienza. 1. Quando viene commesso un reato in udienza, il pubblico ministero procede a norma di legge, disponendo l’arresto dell’autore nei casi consentiti. 2. Non è consentito l’arresto del testimone in udienza per reati concernenti il contenuto della deposizione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) art. 245 att. c.p.p.; (1) artt. 11, 380, 381; (2) art. 207.

Art. 477. Durata e prosecuzione del dibattimento. 1. Quando non è assolutamente possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, il presidente dispone che esso venga proseguito nel giorno seguente non festivo. 2. Il giudice può sospendere il dibattimento soltanto per ragioni di assoluta necessità e per un termine massimo che, computate tutte le dilazioni, non oltrepassi i dieci giorni, esclusi i festivi. 3. Il presidente dà oralmente gli avvisi opportuni e l’ausiliario ne fa menzione nel verbale. Gli avvisi sostituiscono le citazioni e le notificazioni per coloro che sono comparsi o debbono considerarsi presenti.

––––––––––– Disposizioni correlative: (3) artt. 148, 475, 487, 488, 502. Per i casi di sospensione, v. artt. 3, 41, 47, 71, 108, 344, 451, 479, 486, 508, 519.

Art. 478. Questioni incidentali. Sulle questioni incidentali proposte dalle parti nel corso del dibattimento il giudice decide immediatamente con ordinanza, previa discussione nei modi previsti dall’articolo 491. Art. 479. Questioni civili o amministrative. 1 Fermo quanto previsto dall’articolo 3, qualora la decisione sull’esistenza del reato dipenda dalla risoluzione di una controversia civile o amministrativa di particolare complessità, per la quale sia già in corso un procedimento presso il giudice competente, il giudice penale, se la legge non pone limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa, può disporre la sospensione del dibattimento, fino a che la questione non sia stata decisa con sentenza passata in giudicato.


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2 La sospensione è disposta con ordinanza, contro la quale può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso non ha effetto sospensivo. 3 Qualora il giudizio civile o amministrativo non si sia concluso nel termine di un anno, il giudice, anche di ufficio, può revocare l’ordinanza di sospensione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 324 Cod. proc. civ., (2) art. 588; art. 246 att. c.p.p.

Art. 480. Verbale di udienza. 1. L’ausiliario che assiste il giudice redige il verbale di udienza, nel quale sono indicati: a) il luogo, la data, l’ora di apertura e di chiusura dell’udienza; b) i nomi e i cognomi dei giudici; c) il nome e il cognome del rappresentante del pubblico ministero, le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti e dei loro rappresentanti, i nomi e i cognomi dei difensori. 2. Il verbale di udienza è inserito nel fascicolo per il dibattimento.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 126, 134-136; (2) artt. 431, 432.

Art. 481. Contenuto del verbale. 1. Il verbale descrive le attività svolte in udienza e riporta sinteticamente le richieste e le conclusioni del pubblico ministero e dei difensori. 2. I provvedimenti dati oralmente dal presidente sono riprodotti in modo integrale. I provvedimenti del giudice pubblicati in udienza mediante lettura sono allegati al verbale. Art. 482. Diritto delle parti in ordine alla documentazione. 1. Le parti hanno diritto di fare inserire nel verbale, entro i limiti strettamente necessari, ogni dichiarazione a cui abbiano interesse, purché non contraria alla legge. Le memorie scritte presentate dalle parti a sostegno delle proprie richieste e conclusioni sono allegate al verbale. 2. Il presidente può disporre, anche di ufficio, che l’ausiliario dia lettura di singole parti del verbale al fine di verificarne la fedeltà e la completezza. Sulla domanda di rettificazione o di cancellazione nonché sulle questioni relative a quanto previsto dal comma 1, il presidente decide con ordinanza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 121, 136, 141; (2) art. 126.

Art. 483. Sottoscrizione e trascrizione del verbale. 1. Subito dopo la conclusione dell’udienza o la chiusura del dibattimento, il verbale, sottoscritto alla fine di ogni foglio dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, è presentato al presidente per l’apposizione del visto.

Codice procedura penale Artt. 480, 486 2. Salvo quanto previsto dall’articolo 528, i nastri impressi con i caratteri della stenotipia sono trascritti in caratteri comuni non oltre tre giorni dalla loro formazione. 3. I verbali e le trascrizioni sono acclusi al fascicolo per il dibattimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 157.

CAPO II ATTI INTRODUTTIVI Art. 484. Costituzione delle parti. 1. Prima di dare inizio al dibattimento, il presidente controlla la regolare costituzione delle parti. 2. Qualora il difensore dell’imputato non sia presente, il presidente designa come sostituto altro difensore a norma dell’articolo 97 comma 4. 2 bis. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 420 bis, 420 ter, 420 quater e 420 quinquies. (1) ––––––––––– (1) Il co. 2 bis è stato inserito dall’art. 39 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) art. 492; (2) artt. 102, 179.

[Art. 485. Rinnovazione della citazione. 1. Il giudice dispone, anche di ufficio, che sia rinnovata la citazione a giudizio quando è provato o appare probabile che l’imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, sempre che il fatto non sia dovuto a sua colpa e fuori dei casi di notificazione mediante consegna al difensore a norma degli articoli 159, 161 comma 4 e 169. 2. La probabilità che l’imputato non abbia avuto conoscenza della citazione è liberamente valutata dal giudice. Tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.] ––––––––––– Abrogato dall’art. 39 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

[Art. 486. Impedimento a comparire dell’imputato o del difensore. 1. Quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta alla prima udienza e risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice con ordinanza, anche di ufficio, sospende o rinvia il dibattimento, fissa la data della nuova udienza e dispone che sia rinnovata la citazione a giudizio. 2. Nello stesso modo il giudice provvede quando appare probabile che l’assenza dell’imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. La probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.


Codice procedura penale Artt. 487, 489 3. Quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice sospende o rinvia anche di ufficio il dibattimento, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all’imputato. 4. In ogni caso la lettura dell’ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. 5. Il giudice provvede a norma del comma 3 anche nel caso di assenza del difensore, quando risulta che la stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l’imputato è assistito da due difensori e l’impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.] ––––––––––– Abrogato dall’art. 39 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

[Art. 487. Contumacia dell’imputato. 1. Se l’imputato, libero o detenuto, non compare all’udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli articoli 485 e 486 commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia, salvo che risulti la nullità dell’atto di citazione o della sua notificazione. In tal caso il giudice pronuncia ordinanza con la quale rinvia il dibattimento e dispone la rinnovazione degli atti nulli. 2. L’imputato, quando si procede in sua contumacia, è rappresentato nel dibattimento dal difensore. 3. Se l’imputato compare prima della decisione, il giudice revoca l’ordinanza che ha dichiarato la contumacia. In tal caso l’imputato può rendere le dichiarazioni previste dall’articolo 494 e, se la comparizione avviene prima dell’inizio della discussione finale, può chiedere di essere sottoposto all’esame a norma dell’articolo 503. In ogni caso il dibattimento non può essere sospeso o rinviato a causa della comparizione tardiva. 4. L’ordinanza dichiarativa della contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l’assenza dell’imputato è dovuta a mancata conoscenza della citazione a norma dell’articolo 485 comma 1 ovvero ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento. 5. Se la prova indicata nel comma 4 perviene dopo la pronuncia dell’ordinanza prevista dal comma 1, ma prima della decisione, il giudice revoca l’ordinanza medesima e, se l’imputato non è comparso, sospende o rinvia anche di ufficio il dibattimento. Restano comunque validi gli atti com-

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piuti in precedenza, ma se l’imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l’assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini della decisione. 6. Quando si procede a carico di più imputati si applicano le disposizioni dell’articolo 18 comma 1 lettere c) e d).] ––––––––––– Abrogato dall’art. 39 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

[Art. 488. Assenza e allontanamento volontario dell’imputato. 1. Le disposizioni degli articoli 486 e 487 non si applicano quando l’imputato, anche se impedito, chiede o consente che il dibattimento avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L’imputato in tali casi è rappresentato dal difensore. 2. L’imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall’aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore. 3. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche quando l’imputato detenuto evade in qualsiasi momento del dibattimento ovvero durante gli intervalli di esso.] ––––––––––– Abrogato dall’art. 39 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 489. Dichiarazioni del contumace. 1. L’imputato già contumace che prova di non avere avuto conoscenza del procedimento a suo carico, può chiedere di rendere le dichiarazioni previste dall’articolo 494. Nel corso del giudizio di cassazione le dichiarazioni sono rese al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del luogo in cui l’imputato si trova. (1) 2. L’imputato nella richiesta prevista dal comma 1 può nominare un difensore al quale deve essere dato tempestivo avviso del giorno e del luogo fissato per l’audizione; in mancanza, il giudice designa un difensore di ufficio. Se l’imputato si trova in stato di custodia cautelare, le dichiarazioni devono essere assunte entro un termine non superiore a quindici giorni da quello in cui è pervenuta la richiesta. 3. La disposizione del comma 1 si applica anche nei confronti del condannato nel corso del giudizio di revisione o nella fase della esecuzione. In tal caso le dichiarazioni sono assunte nelle forme previste dal comma 2 dal magistrato di sorveglianza del luogo in cui il condannato si trova. 4. Il verbale delle dichiarazioni rese dall’imputato o dal condannato è trasmesso senza ritardo alla corte di cassazione o alla corte di appello davanti alla quale pende il giudizio di revisione. Se le dichiarazioni sono state rese dal condannato e non pende giudizio di revisione, il relativo verbale


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è trasmesso al magistrato di sorveglianza competente a norma dell’articolo 677. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato modificato dall’art. 185 D.Lgs. 51/98 e succ. mod.

Art. 490. Accompagnamento coattivo dell’imputato assente o contumace. 1. Il giudice, a norma dell’articolo 132, può disporre l’accompagnamento coattivo dell’imputato assente o contumace, quando la sua presenza è necessaria per l’assunzione di una prova diversa dall’esame. Art. 491. Questioni preliminari. 1. Le questioni concernenti la competenza per territorio o per connessione, le nullità indicate nell’articolo 181 commi 2 e 3, la costituzione di parte civile, la citazione o l’intervento del responsabile civile è della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e l’intervento degli enti e delle associazioni previsti dall’articolo 91 sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente. 2. La disposizione del comma 1 si applica anche alle questioni concernenti il contenuto del fascicolo per il dibattimento e la riunione o la separazione dei giudizi, salvo che la possibilità di proporle sorga soltanto nel corso del dibattimento. 3. Le questioni preliminari sono discusse dal pubblico ministero e da un difensore per ogni parte privata. La discussione deve essere contenuta nei limiti di tempo strettamente necessari alla illustrazione delle questioni. Non sono ammesse repliche. 4. Il giudice provvede in merito agli atti che devono essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento ovvero eliminati da esso. Sulle questioni preliminari il giudice decide con ordinanza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 21, 23, 76, 80, 83-86, 89, 93-95; (2) artt. 431, 450, 457, 558; (4) art. 148 att. c.p.p.; (5) art. 586.

Art. 492. Dichiarazione di apertura del dibattimento. 1. Compiute le attività indicate negli articoli 484 e seguenti, il presidente dichiara aperto il dibattimento. 2. L’ausiliario che assiste il giudice dà lettura dell’imputazione. ––––––––––– Disposizioni correlative (2) artt. 126, 429, 450, 456, 464, 552.

Art. 493. (1) Richieste di prova. 1. Il pubblico ministero, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell’imputato nell’ordine indicano i fatti che intendono provare e chiedono l’ammissione delle prove.

Codice procedura penale Artt. 490, 495 2. È ammessa l’acquisizione di prove non indicate nella lista prevista dall’articolo 468 quando la parte che le richiede dimostra di non averle potute indicare tempestivamente. 3. Le parti possono concordare l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva. 4. Il presidente impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione e ogni lettura o esposizione del contenuto degli atti compiuti durante le indagini preliminari. ––––––––––– (1) Articolo sostituito dall’art. 40 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 494. Dichiarazioni spontanee dell’imputato. 1. Esaurita l’esposizione introduttiva, il presidente informa l’imputato che egli ha facoltà di rendere in ogni stato del dibattimento le dichiarazioni che ritiene opportune, purché esse si riferiscano all’oggetto dell’imputazione e non intralcino l’istruzione dibattimentale. Se nel corso delle dichiarazioni l’imputato non si attiene all’oggetto dell’imputazione, il presidente lo ammonisce e, se l’imputato persiste, gli toglie la parola. 2. L’ausiliario riproduce integralmente le dichiarazioni rese a norma del comma 1, salvo che il giudice disponga che il verbale sia redatto in forma riassuntiva. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 487, 493, 496; (2) artt. 126, 140.

Art. 495. Provvedimenti del giudice in ordine alla prova. 1. Il giudice, sentite le parti, provvede con ordinanza all’ammissione delle prove a norma degli articoli 190 comma 1 e 190 bis. Quando è stata ammessa l’acquisizione di verbali di prove di altri procedimenti, il giudice provvede in ordine alla richiesta di nuova assunzione della stessa prova solo dopo l’acquisizione della documentazione relativa alla prova dell’altro procedimento.( 1) 2. L’imputato ha diritto all’ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico; lo stesso diritto spetta al pubblico ministero in ordine alle prove a carico dell’imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico. 3. Prima che il giudice provveda sulla domanda, le parti hanno facoltà di esaminare i documenti di cui è chiesta l’ammissione. 4. Nel corso dell’istruzione dibattimentale, il giudice decide con ordinanza sulle eccezioni proposte dalle parti in ordine alla ammissibilità delle prove. Il giudice, sentite le parti, può revocare con ordinanza l’ammissione di prove che risultano superflue o ammettere prove già escluse.


Codice procedura penale Artt. 496, 499 4 bis. Nel corso dell’istruzione dibattimentale ciascuna delle parti può rinunziare, con il consenso dell’altra parte, all’assunzione delle prove ammesse a sua richiesta (2). ––––––––––– (1) Il comma 1 è stato così modificato dagli artt. 3 comma 4 e 7 comma 3 del 18 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n 356 (Modifiche Urgenti al nuovo codice di procedura penale...). La disposizione si coordina con quelle di cui agli artt. 190 bis 238 e 468 comma 4 bis c.p.p. egualmente attinenti all’acquisizione dei verbali di prova di altro procedimento. Il nuovo art. 495 comma 1 prevede che qualora tali verbali siano stati ammessi, la loro acquisizione deve precedere la decisione del giudice «in ordine alla richiesta di nuova assunzione della stessa prova con riferimento a tali verbali esiste insomma quantomeno nei procedimenti per delitti di mafia (artt. 51 comma 3 bis e 190 bis c.p.p.), una sorta di giudizio di superfluità della ripetizione della stessa prova. Il giudice infatti ne dispone la «nuova assunzione» (= ripetizione) solo dopo aver preso conoscenza delle precedenti dichiarazioni ed aver dunque valutato la necessità effettiva di una scissione orale di «testimoni già sentiti» in altro procedimento. (2) Comma aggiunto dall’art. 17 L. 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni correlative: (1) art. 586; (2) art. 468; (4) art. 496.

CAPO III ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE Art. 496. Ordine nell’assunzione delle prove. 1. L’istruzione dibattimentale inizia con l’assunzione delle prove richieste dal pubblico ministero e prosegue con l’assunzione di quelle richieste da altre parti, nell’ordine previsto dall’articolo 493 comma 2. 2. Le parti possono concordare un diverso ordine di assunzione delle prove. Art. 497. Atti preliminari all’esame dei testimoni. 1. I testimoni sono esaminati l’uno dopo l’altro nell’ordine prescelto dalle parti che li hanno indicati. 2. Prima che l’esame abbia inizio, il presidente avverte il testimone dell’obbligo di dire la verità. Salvo che si tratti di persora minore degli anni quattordici, il presidente avverte altresì il testimone delle responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti e lo invita a rendere seguente dichiarazione: «Consapevole della responsabilità morale e giuridica con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza». Lo invita quindi a fornire le proprie generalità. 3. L’osservanza delle disposizioni del comma 2 è prescritta a pena di nullità. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 194, 198; artt. 145, 149 att. c.p.p.; art. 22 reg.; (2) artt. 372, 495, Cod. pen.; artt 207 e 476.

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Art. 498. Esame diretto e controesame dei testimoni. 1. Le domande sono rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha chiesto l’esame del testimone. 2. Successivamente altre domande possono essere rivolte dalle parti che non hanno chiesto l’esame, secondo l’ordine indicato nell’articolo 496. 3. Chi ha chiesto l’esame può proporre nuove domande. 4. L’esame testimoniale del minorenne è condotto dal presidente su domande e contestazioni proposte dalle parti. Nell’esame il presidente può avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile. Il presidente, sentite le parti, se ritiene che l’esame diretto del minore non possa nuocere alla serenità del teste, dispone con ordinanza che la deposizione prosegua nelle forme previste dai commi precedenti. L’ordinanza può essere revocata nel corso dell’esame. 4 bis. Si applicano, se una parte lo richiede ovvero se il presidente lo ritiene necessario, le modalità di cui all’articolo 398, comma 5 bis (1). 4 ter. Quando si procede per i reati di cui agli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quinquies, 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies del codice penale, l’esame del minore vittima del reato viene effettuato, su richiesta sua o del suo difensore, mediante l’uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico. (1) ––––––––––– (1) I co. 4 bis e 4 ter sono stati inseriti dall’art. 13 L. 3 agosto 1998, n. 269. L’art. 498 c.p.p. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 18 luglio 1997 nella parte in cui non consente, nel caso di testimone infermo di mente che il presidente, sentite le parti, ove ritenga che l’esame del teste ad opera delle parti possa nuocere alla personalità del teste medesimo, ne conduca direttamene l’esame su domande e contestazioni proposte dalle parti. Disposizioni correlative: (1-4) art. 151 att. c.p.p.

Art. 499. Regole per l’esame testimoniale. 1. L’esame testimoniale si svolge mediante domande su fatti specifici. 2. Nel corso dell’esame sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte. 3. Nell’esame condotto dalla parte che ha chiesto la citazione del testimone e da quella che ha un interesse comune sono vietate le domande che tendono a suggerire le risposte. 4. Il presidente cura che l’esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto della persona. 5. Il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti. 6. Durante l’esame, il presidente, anche di ufficio, interviene per assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle contestazioni, ordi-


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nando, se occorre, l’esibizione del verbale nella parte in cui le dichiarazioni sono state utilizzate per le contestazioni (1). ––––––––––– (1) Comma così sostituito dall’art. 15, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001, v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1-6) art. 149 att. c.p.p.

Art. 500. (1) Contestazioni nell’esame testimoniale. 1. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, le parti, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti o sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto. 2. Le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate ai fini della credibilità del teste. 3. Se il teste rifiuta di sottoporsi all’esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altra parte, salve restando le sanzioni penali eventualmente applicabili al dicharante. 4. Quando, anche per le circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento e quelle previste dal comma 3 possono essere utilizzate. 5. Sull’acquisizione di cui al comma 4 il giudice decide senza ritardo, svolgendo gli accertamenti che ritiene necessari, su richiesta della parte, che può fornire gli elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità. 6. A richiesta di parte, le dicharazioni assunte dal giudice a norma dell’articolo 422 sono acquisite al fascicolo del dibattimento e sono valutate ai fini della prova nei confronti delle parti che hanno partecipato alla loro assunzione, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dal presente articolo. Fuori dal caso previsto dal periodo precedente, si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 4 e 5. 7. Fuori dai casi di cui al comma 4, su accordo delle parti le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento. ––––––––––– (1) L’articolo – già sostituito dall’art. 7, D.L. 306/1992 – è stato da ultimo così sostituito dall’art. 16, L. 1° marzo 2001, n. 63.

Codice procedura penale Artt. 500, 503 (2) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1) artt. 351, 362, 422, 431, 433, 514, 515; (4) artt. 247, 351, 352, 357, 362, 365, 373, 431.

Art. 501. Esame dei periti e dei consulenti tecnici. 1. Per l’esame dei periti e dei consulenti tecnici si osservano le disposizioni sull’esame dei testimoni, in quanto applicabili. 2. Il perito e il consulente tecnico hanno in ogni caso facoltà di consultare documenti, note scritte e pubblicazioni, che possono essere acquisite anche di ufficio. ––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 220, 225, 497-500, 508; art. 145 att. c.p.p.

Art. 502. Esame a domicilio di testimoni, periti e consulenti tecnici. 1. In caso di assoluta impossibilità di un testimone, di un perito o di un consulente tecnico a comparire per legittimo impedimento, il giudice, a richiesta di parte, può disporne l’esame nel luogo in cui si trova, dando comunicazione, a norma dell’articolo 477 comma 3, del giorno, dell’ora e del luogo dell’esame. 2. L’esame si svolge con le forme previste dagli articoli precedenti, esclusa la presenza del pubblico. L’imputato e le altre parti private sono rappresentati dai rispettivi difensori. Il giudice, quando ne è fatta richiesta, ammette l’intervento personale dell’imputato interessato all’esame. Art. 503. Esame delle parti private. 1. Il presidente dispone l’esame delle parti che ne abbiano fatto richiesta o che vi abbiano consentito, secondo il seguente ordine: parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e imputato. 2. L’esame si svolge nei modi previsti dagli articoli 498 e 499. Ha inizio con le domande del difensore o del pubblico ministero che l’ha chiesto e prosegue con le domande, secondo i casi, del pubblico ministero e dei difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, del coimputato e dell’imputato. Quindi, chi ha iniziato l’esame può rivolgere nuove domande. 3. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, il pubblico ministero e i difensori, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dalla parte esaminata e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti e sulle circostanze da contestare la parte abbia già deposto. 4. Si applica la disposizione dell’articolo 500 comma 2 (1). 5. Le dichiarazioni alle quali il difensore aveva diritto di assistere assunte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico mi-


Codice procedura penale Artt. 504, 507 nistero sono acquisite nel fascicolo per il dibattimento, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dal comma 3 (2). 6. La disposizione prevista dal comma 5 si applica anche per le dichiarazioni rese a norma degli articoli 294, 299, comma 3 ter, 391 e 422.

––––––––––– Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. (1) Comma così modificato dall’art. 17, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001, v. nota 4) sub art. 12. (2) Il comma 5 è stato così sostituito dall’art. 8 comma 1 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). La nuova disciplina prevede l’acquisizione nel fascicolo per il dibattimento, dopo l’utilizzazione per le contestazioni, oltre che delle dichiarazioni «garantite» assunte dal pubblico ministero, anche di quelle assunte dalla polizia giudiziaria su delega del primo. Disposizioni correlative: (1) art. 150 att. c.p.p.; (3) artt. 294, 350, 357, 364, 373, 374, 388, 391, 421, 422; (5) artt. 364, 373. 374, 388.

Art. 504. Opposizioni nel corso dell’esame dei testimoni. 1. Salvo che la legge disponga diversamente, sulle opposizioni formulate nel corso dell’esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle parti private il presidente decide immediatamente e senza formalità. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 470, 495.

Art. 505. Facoltà degli enti e delle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato. 1. Gli enti e le associazioni intervenuti nel processo a norma dell’articolo 93 possono chiedere al presidente di rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici e alle parti private che si sono sottoposte a esame. Possono altresì chiedere al giudice l’ammissione di nuovi mezzi di prova utili all’accertamento dei fatti. Art. 506. Poteri del presidente in ordine all’esame dei testimoni e delle parti private. 1. Il presidente, anche su richiesta di altro componente del collegio, in base ai risultati delle prove assunte nel dibattimento a iniziativa delle parti o a seguito delle letture disposte a norma degli articoli 511, 512 e 513, può indicare alle parti temi di prova nuovi o più ampi, utili per la completezza dell’esame. 2. Il presidente, anche su richiesta di altro componente del collegio, può rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici, alle persone indicate nell’articolo 210 ed alle parti già esaminate solo dopo l’esame e il controesame. Resta salvo il diritto delle parti di concludere l’esame, secondo l’ordine indicato negli articoli 498, commi 1 e 2 e 503, comma 2. (1) ––––––––––– (1) Il co. 2 è stato così sostituito dall’art. 41 della L. 16 dicembre 1999, n. 479.

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Art. 507. Ammissione di nuove prove. 1. Terminata l’acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche di ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prove. 1 bis. Il giudice può disporre a norma del comma 1 anche l’assunzione di mezzi di prova relativi agli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento a norma degli articoli 431, comma 2, e 493, comma 3. ––––––––––– 1 Sui limiti entro i quali il giudice può esercitare i poteri di cui all’art. 507 c.p.p., v. Corte cost. 26 marzo 1993, n. 111 che cita fra l’altro anche la sentenza Corte Cass. Sez. Un. 21 novembre l992, n. 1227 sul medesimo tema. Attesa l’importanza e la delicatezza del tema si riportano qui di seguito ampi stralci della sentenza della Corte costituzionale. L’art. 507 del codice di procedura penale stabilisce che «terminata l’acquisizione delle prove il giudice se risulta assolutamente necessario può disporre anche di ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova». Le ordinanze di rimessione muovono dal presupposto interpretativo che le condizioni alle quali tale norma subordina il potere del giudice di assunzione d’ufficio di mezzi di prova – e cioè che l’acquisizione delle prove richieste dalle parti sia ter minata e che si tratti di prove «nuove» – siano da intendere nel senso che tale potere non possa essere esercitato né nel caso in cui da tali prove le parti siano decadute per la mancata o tardiva indicazione dei testimoni nella lista prevista dall’art. 468 cod. proc. pen. né nel caso in cui non vi sia stata ad iniziativa di esse una qualunque attività probatoria. La tesi dei giudici rimettenti è contrastata dalla sentenza 21 novembre 1992, n. 11227 delle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione la quale ha stabilito: a) che il potere del giudice di assunzione anche d’ufficio, di mezzi di prova ben può essere esercitato anche se si tratti di prove dalle quali le parti siano decadute per mancata o irrituale indicazione nella lista di cui all’art. 46 cod. proc. pen. – dovendo intendersi per prove «nuove» ai sensi dell’art. 507 (così come dell’art. 603) tutte quelle precedentemente non disposte siano esse preeesistenti o sopravvenute conosciute ovvero sconosciute; b) che tale potere suppletivo non trova ostacolo nella circostanza che non vi sia stata alcuna acquisizione probatoria ad iniziativa delle parti dato che la locuzione «terminata l’acquisizione delle prove» indica non il presupposto per l’eser cizio del potere del giudice ma solo il momento dell’istruzione dibattimentale a partire dal quale – nell’ipotesi normale in cui tali acquisizioni vi siano state può avvenire l’assunzione delle nuove prove. Nonostante l’autorevolezza della decisione delle Sezioni Unite, la diffusione che ha avuto in più direzioni l’opposto indirizzo interpretativo fatto proprio dai giudici a quibus rende necessario cbe questa Corte proceda a verificare la coerenza dell’uno o dell’altro orientamento nei loro fondamenti ed esiti, con la legge delega e con i principi costituzionali che questa espressamente richiama (art. 2, prima parte). Considerata nelle sue premesse ispiratrici l’interpretazione dell’art. 507 cui i giudici rimettenti aderiscono, secondo la quale il potere del giudice di assumere d’ufficio mezzi di prova sarebbe precluso dalla carenza di attività probatorie delle parti e dalle decadenze in cui queste siano


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incorse, muove – come rilevano le Sezioni Unite della Cassazione – da una concezione alla stregua della quale il nuovo codice processuale «non tenderebbe alla ricerca della verità» ma solo ad una decisione correttamcnte presa in una contesa dialettica tra le parti, secondo un astratto modello accusatorio nel quale «un esito vale l’altro, purché correttamente ottenuto». In questa prospettiva, si assume che la caratterizzazione del nuovo processo come processo di parti comporta l’operatività di un principio dispositivo sotto il profilo probatorio. A ciò consegue, da un lato, l’espansione degli spazi di discrezionalità della parte pubblica e l’accentuazione dell’oralità come strumento della formazione della prova in dibattimento; dall’altro, la configurazione del potere di intervento del giudice in materia di prova come eccezionale, e perciò precluso dall’inattività delle parti o dall’inosservanza da parte di esse delle regole poste a presidio della correttezza della loro «contesa». Va premesso, sul piano metodologico, che la considerazione dell’ordinamento processual-penale italiano va condotta, a prescindere da astratte modellistiche, sulla base del tessuto normativo positivo, la cui interpretazione e comprensione non può che derivare da un’attenta lettura dei principi e criteri direttivi enunciati nella legge delega e dei principi costituzionali di cui questa richiede l’attuazione. Non va, cioè, dimenticato che «il sistema processuale delineato nella legge delega e poi concretamente attuato nel codice e tutt’affatto originale, dato che tende bensì (art. 2, primo comma) ad attuare «i caratteri del sistema accusatorio», ma «secondo i principi e i criteri» specificati nelle direttive che seguono» (sentenza n. 88 del 1991); e che, poiché la stessa norma detta ancor prima l’obbligo di attuare i principi della Costituzione», un’adeguata considerazione dell’ordinamento effettivamente vigente non può prescindere dagli interventi correttivi che questa Corte si è trovata a dover apportare. Alla luce di tale premessa, mette conto innanzitutto di notare che la stessa caratterizzazione del processo penale italiano come «processo di parti», nella misura in cui evoca lo schema di una contesa tra parti contrapposte operanti sul medesimo piano, non può non considerare che il pubblico ministero è un magistrato indipendente appartenente all’ordine giudiziario che «non fa valere interessi particolari ma agisce esclusivamente a tutela dell’interesse generale all’osservanza della legge» (cfr. sentenza n. 88 del 1991, cit.) cui è percio demandato anche il compito di svolgere gli «accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini» (art. 358 cod. proc. pen.). Inoltre, a salvaguardia del principio di obbligatorietà dell’azione penale, gli spazi di discrezionalità della parte pubblica sono stati rigorosamente contenuti circondando il potere di archiviazione con una fitta rete di controlli e dettando in materia una regola di giudizio rispettosa di tale principio (cfr. sentenza n. 88 del 1991, cit.). E questa Corte, dal canto suo ha riscontrato l’«incompatibilità con un ordinamento costituzionale fondato sui principi di uguaglianza e di legalità della pena, di una disciplina» (del giudizio abbreviato) «che affida(va) a scelte discrezionali – immotivate e, quindi, insindacabili – del pubblico ministero l’accesso dell’imputato ad un rito dal quale scaturiscono automaticamente rilevanti effetti sulla determinazione della pena» (cfr, sentenza n. 92 del 1992). Quanto, poi, alla tecnica del processo, è ben vero che l’esigenza di accentuare la terzietà del giudice – perciò programmaticamente ignaro dei precedenti sviluppi della vicenda procedimentale – ha condotto ad introdurre, di

Codice procedura penale Art. 507 massima, un criterio di separazione funzionale delle fasi processuali, allo scopo di privilegiare il metodo orale di raccolta delle prove, concepito come strumento per favorire la dialettica del contraddittorio e la formazione nel giudice di un convincimento libero da influenze pregresse. Ma tale opzione metodologica non ha fatto, né poteva far trascurare che «fine primario ed ineludibile del processo penale non può che rimanere quello della ricerca della ve rità» (sentenza n. 255 del 1992), e che ad un ordinamento improntato al principio di legalità (art. 25, secondo comma, della Costituzione) – che rende doverosa la punizione delle condotte penalmente sanzionate – nonché al connesso principio di obbligatorietà dell’azione penale (cfr. sentenza n. 88 del 1991 cit.) non sono consone norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di accertamento del fatto storico ne cessario per pervenire ad una giusta decisione (cfr. la sentenza n. 255 del 1992). Simili regole di predeterminazione legale del valore persuasivo delle prove sono, d’altra parte, dissonanti rispetto ai principi di fondo del nuovo codice, che «fa salvo (e, in aderenza ai principi costituzionali, non poteva essere altrimenti) il principio del libero convincimento, inteso come libertà del giudice di valutare la prova secondo il proprio prudente apprezzamento, con l’obbligo di dar conto in motivazione dei criteri adottati e dei risultati conseguiti» (art. 192 cod. proc. pen., cfr. sent. n. 255 del 1992, cit.). Più in generale – come si è chiarito nella stessa decisione – il nuovo codice, se ha prescelto la dialettica del contraddittorio dibattimentale ed il metodo orale quali criteri maggiormente rispondenti all’esigenza di ricerca della verità, ha però nel contempo provveduto a temperarne opportunamente la portata in riferimento agli elementi di prova non compiutamente (o non genuinamene) acquisibili con tale metodo, adottando per essi un principio di non dispersione degli elementi di prova. La configurazione del potere istruttorio conferito al giudice dall’art. 507 come eccezionale, e quindi da escludere in caso di decadenza o inattività delle parti, discende, nella logica presupposta dai giudici rimettenti, dall’assunzione dell’immanenza nel nuovo codice, come conseguenza della scelta accusatoria, di un principio dispositivo in materia di prova. Si tratta, però, di un assunto che non trova riscontro né nei principi della delega né nel tessuto normativo concretamente disegnato nel codice. È soprattutto dall’art. 507 che si desume l’inesistenza di un potere dispositivo delle parti in materia di prova. Questa Corte ha già avuto modo di dire, nella sentenza n. 241 del 1992, che tale norma – inserita «in un sistema processuale imperniato su un ampio riconoscimento del diritto alla prova e nel quale l’acquisizione del materiale probatorio e immessa in primo luogo all’iniziativa delle parti» – «conferisce al giudice il potere-dovere d’integrazione, anche d’ufficio, delle prove per l’ipotesi in cui la carenza o insufficienza, per qualsiasi ragione dell’iniziativa delle parti impedisca al dibattimento di assolvere la funzione di assicurare la piena conoscenza da parte del giudice dei fatti oggetto del processo, onde consentirgli di pervenire ad una giusta decisione». E che essa debba essere intesa in tal modo, lo dimostrano esaurientemente, nella sentenza più volte citata, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, quando ricordano che la previsione – contenuta nella direttiva n. 73 della legge delega (da cui l’art. 507 promana) – «del potere del giudice di disporre l’assunzione di mezzi di prova», fu introdotta – e poi mantenuta senza ripensamenti – in coerenza «con una visione più realistica della funzione


Codice procedura penale Artt. 508, 511 del giudice, che può e deve essere anche di supplenza dell’inerzia delle parti e deve esplicarsi in modo che tutto il tema della decisione gli possa essere chiarito». Il legislatore delegante ha cioè esattamente considerato – in armonia con l’obiettivo di eliminazione delle disuguaglianze di fatto posto dall’art. 3, secondo comma, della Costituzione – che «la parità delle armi» delle parti normativamente enunciata può talvolta non trovare concreta verifica nella realtà effettuale, sì che il fine della giustizia della decisione può richiedere un intervento riequilibratore del giudice atto a supplire alle carenze di taluna di esse, così evitando assoluzioni o condanne immeritate. Il potere conferito al giudice dall’art. 507 è, dunque, un potere suppletivo ma non certo eccezionale. Che poi esso sia connotato da un criterio che la norma pleonasticamente definisce di «assoluta necessità» – e che peraltro la delega neppure prevede – si spiega considerando che il suo esercizio si colloca in una fase in cui è «terminata l’acquisizione delle prove» che siano state svolte ad iniziativa delle parti (artt. 468, 493, 495) o su indicazione del giudice (cit. 506): ditalché le «nuove prove» la cui possibile esistenza ed esperibilità emerga dal materiale a disposizione del giudice sono soggette, rispetto a quelle inizialmente richieste dalle parti, ad «una più penetrante e approfondita valutazione della loro pertinenza e rilevanza che è correlativa alla più ampia conoscenza dei fatti di causa che il giudice ha ormai conseguito in tale momento» (cfr. sentenza n. 241 del 1992, cit.). È del resto evidente che sarebbe contraddittorio, da un lato garantire l’effettiva obbligatorietà dell’azione penale contro le negligenze o le deliberate inerzie del pubblico ministero conferendo al giudice per le indagini preliminari il potere di disporre che costui formuli l’imputazione (art. 409, quinto comma); e, dall’altro, negare al giudice dibattimentale il potere di supplire ad analoghe condotte della parte pubblica. L’attribuzione di tale potere ha, anzi, un fondamento maggiore, perché i principi di legalità ed uguaglianza – di cui quello di obbligatorietà dell’azione e strumento (cfr. sentenza n. 88 del 1991) – esigono che il giudice sia messo in grado di porre rimedio anche alle ne gligenze ed inerzie del difensore. Deve quindi convenirsi con le conclusioni cui le Sezioni Unite della Cassazione sono pervenute: che, cioè, «se si dovessero ritenere possibili entrambe le contrapposte intepretazioni dell’art. 507 dovrebbe optarsi per quella che esclude qualunque pre clusione legata all’inerzia delle parti perché essa sola appare conforme alla direttiva n. 73 ed in grado di far escludere una violazione della delega. Tale conclusione va anzi integrata con la considerazione che un’intepretazione diversa da quella qui illustrata contraddirebbe non solo tale direttiva, ma anche i principi costituzionali richiamati nella presente decisione. Il nuovo comma 1 bis, inserito dall’art. 42 L. 16 dicembre 1999, n. 479, ha la finalità di attribuire al giudice, ove risulti assolutamente necessario, il potere di disporre, anche di ufficio, l’assunzione di nuovi mezzi di prova relativi agli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento. Disposizioni correlative: (1) artt. 18, 190, 495, 509, 519, 523; art. 151 att. c.p.p.

Art. 508. Provvedimenti conseguenti all’ammissione della perizia nel dibattimento. 1. Se il giudice, di ufficio o su richiesta di parte, dispone una perizia, il perito è immediatamente citato a comparire e deve esporre il suo parere nello stesso

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dibattimento. Quando non è possibile provvedere in tale modo, il giudice pronuncia ordinanza con la quale, se è necessario, sospende il dibattimento e fissa la data della nuova udienza nel termine massimo di sessanta giorni. 2. Con l’ordinanza il giudice designa un componente del collegio per l’esercizio dei poteri previsti dall’articolo 228. 3. Nella nuova udienza il perito risponde ai quesiti ed è esaminato a norma dell’articolo 501. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 152, 245 att. c.p.p.

Art. 509. Sospensione del dibattimento per esigenze istruttorie. 1. Nei casi previsti dagli articoli 495 comma 4, 506 e 507 il giudice, qualora non sia possibile provvedere nella medesima udienza, sospende il dibattimento per il tempo strettamente necessario, fissando la data della nuova udienza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 477.

Art. 510. Verbale di assunzione dei mezzi di prova. 1. Nel verbale sono indicate le generalità dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e degli interpreti ed è fatta menzione di quanto previsto dall’articolo 497 comma 2. 2. L’ausiliario che assiste il giudice documenta nel verbale lo svolgimento dell’esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle parti private, riproducendo integralmente in forma diretta le domande poste dalle parti o dal presidente nonché le risposte delle persone esaminate. 3. Quando il giudice dispone che il verbale sia redatto solo in forma riassuntiva, i poteri di vigilanza previsti dall’articolo 140 comma 2 sono esercitati dal presidente. Art. 511. Letture consentite. 1. Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento. 2. La lettura di verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l’esame della persona che le ha rese, a meno che l’esame non abbia luogo. 3. La lettura della relazione peritale è disposta solo dopo l’esame del perito. 4. La lettura dei verbali delle dichiarazioni orali di querela o di istanza è consentita ai soli fini dell’accertamento della esistenza della condizione di procedibilità. 5. In luogo della lettura, il giudice, anche di ufficio, può indicare specificamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione. L’indicazione degli atti equivale alla loro lettura. Il giudice dispone tuttavia la lettura, integrale o parziale, quando si tratta di verbali di dichiarazioni e una parte ne fa richie-


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sta. Se si tratta di altri atti, il giudice è vincolato alla richiesta di lettura solo nel caso di un serio disaccordo sul contenuto di essi. 6. La facoltà di chiedere la lettura o l’indicazione degli atti, prevista dai commi 1 e 5, è attribuita anche agli enti e alle associazioni intervenuti a norma dell’articolo 93. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 190, 431, 500, 501, 503, 515; (3) artt. 227, 501, 508; (5) art. 526; (6) art. 505.

Art. 511 bis. (1) Lettura dei verbali di prove di altri procedimenti. 1. Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura dei verbali degli atti indicati nell’articolo 238. Si applica il comma 2 dell’articolo 511. ––––––––––– (1) Il nuovo articolo è stato inserito dall’art. 8 comma 1 bis D.L. giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). La previsione si inquadra nella disciplina diretta ad un maggior «recupero» dei verbali di altri procedimenti. Si vedano perciò gli artt. 238, 190 c.p.p. oltreché i riferimenti contenuti negli artt. 468 e 495 c.p.p.

Art. 512. (1) Lettura di atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione. 1. Il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso della udienza preliminare quando per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione (2). ––––––––––– (1) L’articolo è stato così modificato dall’art. 8 comma 2 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale…». Per effetto della nuova disciplina vengono resi utilizzabili come prova nel dibattimento, a seguito di lettura, anche gli atti assunti dalla polizia giudiziaria (oltre che quelli assunti dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice) che sono divenuti non ripetibili per circostanze o fatti che non potevano essere previsti quando furono compiuti. La modificazione di cui alla nota (1) si è resa tanto più necessaria a seguito della sentenza 24/1992 della Corte cost. che, come è noto, ha dichiarato illegittimo il divieto di testimonianza indiretta della polizia giudiziaria (art. 195 comma 4). Nei casi, infatti, in cui non è più possibile l’assunzione del testimone «diretto», è necessario quanto meno offrire al giudice un elemento documentale di riscontro e di verifica rispetto alla narrazione de relato del testimone-polizia giudiziaria. (Sul tema si veda anche, per completezza, Corte cost. 13 novembre 1992, n. 449). La Corte costituzionale, con sentenza 16 maggio 1994, n. 179, ha ritenuto che è possibile contestare – ovvero di dare lettura di esse – le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari da prossimi congiunti dell’imputato, citati come testi, che si siano avvalsi al dibattimento della facoltà di non

Codice procedura penale Artt. 511 bis, 513 rispondere dopo che, nel corso delle indagini preliminari, avevano ritenuto di non avvalersi di tali facoltà. Tale circostanza realizza infatti, ad avviso della Corte, il presupposto della oggettivà e non prevedibile impossibilità di ripetizione dell’atto dichiarativo. (2) Le parole «dai difensori delle parti private» sono state inserite dall’art. 18 L. 7 dicembre 2000, n. 397.

Art. 512 bis. (1) Lettura di dichiarazioni rese da persona residente all’estero. 1. Il giudice, a richiesta di parte, può disporre, tenuto conto, degli altri elementi di prova acquisiti, che sia data lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all’estero anche a seguito di rogatoria internazionale se essa, essendo stata citata, non è comparsa e solo nel caso in cui non ne sia assolutamente possibile l’esame dibattimentale. ––––––––––– (1) Sostituito dall’art. 43 L. 16 dicembre 1999, n. 479. La norma modifica integralmente l’articolo 512 bis c.p.p., che si riferiva alla sola lettura di dichiarazioni rese dal cittadino straniero, lettura consentita quando la persona non fosse stata citata oppure, benché citata, non fosse comparsa. L’articolo nella nuova formulazione prevede che il giudice, a richiesta di parte, possa disporre, tenuto conto degli altri elementi di prova acquisiti, che sia data lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all’estero anche a seguito di rogatoria internazionale se tale persona, essendo stata citata, non è comparsa e solo nell’ipotesi in cui non ne sia assolutamente possibile l’e same dibattimentale. La previsione si raccorda a quanto stabilito dall’art. 431 con specifico riferimento all’inclusione, nel fascicolo per il dibattimento, dei verbali degli atti assunti all’estero a seguito di rogatoria internazionale.

Art. 513. (1) Lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare. 1. Il giudice, se l’imputato è contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi all’esame, dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall’imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso, salvo che ricorrano i presupposti di cui all’articolo 500, comma 4 (2). 2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell’articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l’accompagnamento coattivo del dichiarante o l’esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l’esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contraddittorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all’esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell’art. 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispon-


Codice procedura penale Artt. 514, 516 dere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l’accordo delle parti (3). 3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell’articolo 392, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 511. ––––––––––– (1) Articolo così sostituito dalla L. 7 agosto 1997, n. 267. (2) Comma da ultimo così modificato dall’art. 18, L. 1° marzo 2001, n. 63. (3) Nel primo periodo, l’indicazione del comma 1 dell’art. 210, è stata inserita dall’art. 18, L. 63/2001 cit. (4) Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12. Disposizioni correlative: (1) artt. 208, 294, 364, 373, 374, 388, 391, 421, 422, 487, 488, 503; (2) artt. 132, 210, 502.

Art. 514. (1) Letture vietate. 1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 511, 512, 512 bis e 513, non può essere data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall’imputato, dalle persone indicate nell’articolo 210 e dai testimoni alla polizia giudiziaria, al pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, a meno che nell’udienza preliminare le dichiarazioni siano state rese nelle forme previste dagli articoli 498 e 499, alla presenza dell’imputato o del suo difensore. 2. Fuori dei casi previsti dall’articolo 511, è vietata la lettura dei verbali e degli altri atti di documentazione delle attività compiute dalla polizia giudiziaria. L’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria esaminato come testimone può servirsi di tali atti a norma dell’articolo 499, comma 5. ––––––––––– (1) Articolo così sostituito dalla L. 7 agosto 1997, n. 267. Per effetto dell’art 6, L. 267/97: «1. Nei procedimenti penali in corso, il pubblico ministero può avvalersi della facoltà di cui al comma 1, lett. c) e d) dell’art. 392 c.p.p., come modificate dall’art. 4 della presente legge, anche dopo l’esercizio dell’azione penale, se ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 2. Nel giudizio di primo grado in corso, quando è stata disposta la lettura, nei confronti di altri senza il loro consenso, dei verbali delle dichiarazioni, rese dalle persone indicate nell’art. 513 c.p.p. al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria da questi delegata o al giudice nel corso delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare, ove le parti la richiedano, il giudice dispone la citazione delle predette persone per un nuovo esame. 3. Se è in corso il giudizio di appello e la decisione sul punto, cui si riferiscono i motivi di impugnazione, implica l’utilizzazione delle dichiarazioni delle persone di cui al comma 2, ove la parte interessata la richieda è disposta la rinnovazione parziale del dibattimento, al fine di ottenere la citazione di coloro che avevano reso tali dichiarazioni. 4. Se è in corso giudizio di rinvio a seguito di annullamento disposto dalla Corte di cassazione, nei limiti della cognizione devoluta, si applica la disposizione di cui al comma 3.

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5. Disposta la citazione delle persone indicate nei commi precedenti, ove esse si siano ulteriormente avvalse della facoltà di non rispondere ovvero non si siano presentate, nonostante il ricorso alle misure di cui al comma 2, primo periodo, dell’art. 513 c.p.p., come sostituito dall’art. 1 della presente legge, le dichiarazioni rese in precedenza possono essere valutate come prova dei fatti in esse affermati, solo se la loro attendibilità sia confermata da altri elementi di prova, non desunti da dichiarazioni rese al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria da questi delegata o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, di cui sia stata data lettura ai sensi dell’art. 513 c.p.p., nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge. 6. Il corso della prescrizione rimane sospeso per il tempo necessario per la citazione e l’assunzione delle dichiarazioni delle persone indicate nei commi precedenti. La durata della sospensione, che decorre dal momento in cui è disposto il rinnovo della citazione delle persone indicate nell’art. 513 c.p.p. fino all’udienza stabilita per il nuovo esame non può in ogni caso superare il termine di sei mesi». Disposizioni correlative: (1) artt. 134, 326, 328, 357, 373; art. 78 att. c.p.p.

Art. 515. Allegazione di atti al fascicolo per il dibattimento. 1. I verbali degli atti di cui è stata data lettura e i documenti ammessi a norma dell’articolo 495 sono inseriti, unitamente al verbale di udienza, nel fascicolo per il dibattimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 3 reg.

CAPO IV NUOVE CONTESTAZIONI Art. 516. Modifica della imputazione. 1. Se nel corso dell’istruzione dibattimentale il fatto risulta diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio, e non appartiene alla competenza di un giudice superiore, il pubblico ministero modifica l’imputazione e procede alla relativa contestazione. 1 bis. Se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, immediatamente dopo la nuova contestazione ovvero, nei casi indicati dagli articoli 519 comma 2 e 520 comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli. (1) 1 ter. Se a seguito della modifica risulta un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare, e questa non si è tenuta, l’inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1 bis. (2) ––––––––––– 1 Il co. 1 bis è stato inserito dal D.Lgs. 51/98 e succ. mod.


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2 Il co. 1 ter è stato inserito dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479. 3 Con sentenza 30 giugno 1994, n. 265, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di tale articolo nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, re lativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, qualora la nuova contestazione riguardi un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell’esercizio dell’azione penale, ovvero quando l’imputato abbia tempestivamente e naturalmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni. 4 La stessa Corte, con successiva sentenza 15-29 dicem bre 1995, n. 530 ha dichiarato l’illegittimità di tale articolo nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di proporre domande di oblazione, ai sensi degli artt. 162 e 162 bis del codice penale, relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento. Disposizioni correlative: (1) artt. 423, 429, 450, 456, 496-515, 520, 552.

Art. 517. Reato concorrente e circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento. 1. Qualora nel corso dell’istruzione dibattimentale emerga un reato connesso a norma dell’articolo 12 comma 1 lettera b) ovvero una circostanza aggravante e non ve ne sia menzione nel decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero contesta all’imputato il reato o la circostanza, purché la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore (1). 1 bis. Si applicano le disposizioni previste dall’art. 516, commi 1 bis e 1 ter. ––––––––––– Il co. 1 bis, introdotto dall’art. 187 D.Lgs. 51/98 e succ. mod., è stato sostituito dall’art. 47 L. 16 dicembre 1999, n. 479. (1) Cfr. nota (3) sub articolo precedente. La Corte costituzionale con sentenza 15-29 dicembre 1995, n. 530 ha dichiarato l’illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di proporre domanda di oblazione, ai sensi degli artt. 162 e 162 bis del codice penale, relativamente al reato concorrente contestato in dibattimento. Disposizioni correlative: (1) artt. 23, 423, 429, 450, 520, 555.

Art. 518. Fatto nuovo risultante dal dibattimento. Fuori dei casi previsti dall’articolo 517, il pubblico ministero procede nelle forme ordinarie se nel corso del dibattimento risulta a carico dell’imputato un fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio e per il quale si debba procedere di ufficio. 2. Tuttavia il presidente, qualora il pubblico ministero ne faccia richiesta, può autorizzare la contestazione nella medesima udienza, se vi è consenso dell’imputato presente e non ne deriva pregiudizio per la speditezza dei procedimenti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 429, 450, 456, 555.

Codice procedura penale Artt. 517, 521 Art. 519. Diritti delle parti. 1. Nei casi previsti dagli articoli 516, 517 e 518 comma 2, salvo che la contestazione abbia per oggetto la recidiva, il presidente informa l’imputato che può chiedere un termine per la difesa. 2. Se l’imputato ne fa richiesta, il presidente sospende il dibattimento per un tempo non inferiore al termine per comparire previsto dall’articolo 429, ma comunque non superiore a quaranta giorni. In ogni caso l’imputato può chiedere l’ammissione di nuove prove a norma dell’articolo 507. (1) (2) 3. Il presidente dispone la citazione della persona offesa, osservando un termine non inferiore a cinque giorni. ––––––––––– (1) La Corte cost., con sentenza 3 giugno 1992, n. 241 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 519 comma 2: a) nella parte in cui, nei casi previsti dall’art. 516 c.p.p., non consente al pubblico ministero ed alle parti private diverse dall’imputato di chiedere l’ammissione di nuove prove; b) dell’inciso a norma dell’art. 507» (2) Con sentenza n. 50 dell’8 febbraio 1995, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il comma 2 del presente articolo limitatamente alla parte in cui non prevede la possibilità nei confronti del pubblico ministero e delle parti private diverse da quelle dell’imputato, di chiedere l’ammissione di nuove prove in presenza di nuove contestazioni ex art. 517 c.p.p.

Art. 520. Nuove contestazioni all’imputato contumace o assente. 1. Quando intende contestare i fatti o le circostanze indicati negli articoli 516 e 517 all’imputato contumace o assente, il pubblico ministero chiede al presidente che la contestazione sia inserita nel verbale del dibattimento e che il verbale sia notificato per estratto all’imputato. 2. In tal caso il presidente sospende il dibattimento e fissa una nuova udienza per la prosecuzione, osservando i termini indicati nell’articolo 519 commi 2 e 3. Art. 521. Correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza. 1. Nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza, né risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, [ovvero non risulti tra quelli per i quali è prevista l’udienza preliminare e questa non si sia tenuta]. (1) 2. Il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero se accerta che il fatto è diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio ovvero nella contestazione effettuata a norma degli articoli 516, 517 e 518 comma 2.


Codice procedura penale Artt. 521 bis, 526 3. Nello stesso modo il giudice procede se il pubblico ministero ha effettuato una nuova contestazione fuori dei casi previsti dagli articoli 516, 517 e 518 comma 2. ––––––––––– (1) Il co. 1, prima modificato dall’art. 188 D.Lgs. 51/98 e poi dall’art. 47 L. 16 dicembre 1999, n. 479, è stato ulteriormente modificato dall’art. 2 undecies D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144. 1

Art. 521 bis. ( ) Modifiche della composizione del giudice a seguito di nuove contestazioni. 1. Se, in seguito ad una diversa definizione giuridica o alle contestazioni previste dagli articoli 516, commi 1 bis e 1 ter, 517, comma 1 bis, e 518, il reato risulta tra quelli attribuiti alla cognizione del tribunale per cui è prevista l’udienza preliminare e questa non si è tenuta, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero. 2. L’inosservanza della disposizione prevista dal comma 1 deve essere eccepita, a pena di decadenza, nei motivi di impugnazione. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 189 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. e modificato, nel co. 1, dall’art. 47 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 522. Nullità della sentenza per difetto di contestazione. 1. L’inosservanza delle disposizioni previste in questo capo è causa di nullità. 2. La sentenza di condanna pronunciata per un fatto nuovo, per un reato concorrente o per una circostanza aggravante senza che siano state osservate le disposizioni degli articoli precedenti è nulla soltanto nella parte relativa al fatto nuovo, al reato concorrente o alla circostanza aggravante. CAPO V DISCUSSIONE FINALE Art. 523. Svolgimento della discussione. 1. Esaurita l’assunzione delle prove, il pubblico ministero e successivamente i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell’imputato formulano e illustrano le rispettive conclusioni, anche in ordine alle ipotesi previste dall’articolo 533, comma 3 bis (1). 2. La parte civile presenta conclusioni scritte, che devono comprendere, quando sia richiesto il risarcimento dei danni, anche la determinazione del loro ammontare. 3. Il presidente dirige la discussione e impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione. 4. Il pubblico ministero e i difensori delle parti private possono replicare; la replica è ammessa una sola volta e deve essere contenuta nei limiti strettamente necessari per la confutazione degli argomenti avversari.

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5. In ogni caso l’imputato e il difensore devono avere, a pena di nullità, la parola per ultimi se la domandano. 6. La discussione non può essere interrotta per l’assunzione di nuove prove, se non in caso di assoluta necessità. Se questa si verifica, il giudice provvede a norma dell’articolo 507. ––––––––––– (1) Le parole «anche in ordine alle ipotesi previste dall’articolo 533, comma 3 bis» sono state aggiunte dall’art. 4, co. 1 bis, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione introdotta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.). Disposizioni correlative: (1) artt. 9, 97, 100, 496-515; (3) art. 470; (4) art. 614.

Art. 524. Chiusura del dibattimento. 1. Esaurita la discussione, il presidente dichiara chiuso il dibattimento. TITOLO III SENTENZA CAPO I DELIBERAZIONE Art. 525. Immediatezza della deliberazione. 1. La sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento. 2. Alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. Se alla deliberazione devono concorrere i giudici supplenti in sostituzione dei titolari impediti, i provvedimenti già emessi conservano efficacia se non sono espressamente revocati. 3. Salvo quanto previsto dall’articolo 528, la deliberazione non può essere sospesa se non in caso di assoluta impossibilità. La sospensione è disposta dal presidente con ordinanza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 524; art. 15 reg.; (3) art. 615.

Art. 526. Prove utilizzabili ai fini della deliberazione. 1. Il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento. 1 bis. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore (1). ––––––––––– (1) Comma aggiunto dall’art. 19, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per la normativa transitoria di carattere generale contenuta nella L. 63/2001 cit., v. nota 4) sub art. 12.


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Codice procedura penale Artt. 527, 533

Art. 527. Deliberazione collegiale. 1. Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide separatamente le questioni preliminari non ancora risolte e ogni altra questione relativa al processo. Qualora l’esame del merito non risulti precluso dall’esito della votazione, sono poste in decisione le questioni di fatto e di diritto concernenti l’imputazione e, se occorre, quelle relative all’applicazione delle pene e delle misure di sicurezza nonché quelle relative alla responsabilità civile. 2. Tutti i giudici enunciano le ragioni della loro opinione e votano su ciascuna questione qualunque sia stato il voto espresso sulle altre. Il presidente raccoglie i voti cominciando dal giudice con minore anzianità di servizio e vota per ultimo. Nei giudizi davanti alla corte di assise votano per primi i giudici popolari, cominciando dal meno anziano per età. 3. Se nella votazione sull’entità della pena o della misura di sicurezza si manifestano più di due opinioni, i voti espressi per la pena o la misura di maggiore gravità si riuniscono a quelli per la pena o la misura gradatamente inferiore, fino a che venga a risultare la maggioranza. In ogni altro caso, qualora vi sia parità di voti, prevale la soluzione più favorevole all’imputato. Art. 528. Lettura del verbale in camera di consiglio. 1. Qualora sia necessaria la lettura del verbale di udienza redatto con la stenotipia ovvero l’ascolto o la visione di riproduzioni fonografiche o audiovisive di atti del dibattimento, il giudice sospende la deliberazione e procede in camera di consiglio alle operazioni necessarie, con l’assistenza dell’ausiliario ed eventualmente del tecnico incaricato della documentazione.

Art. 530. Sentenza di assoluzione. 1. Se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo. 2. Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile. 3. Se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi è dubbio sull’esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a norma del comma 1. 4. Con la sentenza di assoluzione il giudice applica, nei casi previsti dalla legge, le misure di sicurezza.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 129, 134, 135, 139, 480-483, 510.

Art. 532. Provvedimenti sulle misure cautelari personali. 1. Con la sentenza di proscioglimento, il giudice ordina la liberazione dell’imputato in stato di custodia cautelare e dichiara la cessazione delle altre misure cautelari personali eventualmente disposte. 2. La stessa disposizione si applica nel caso di sentenza di condanna che concede la sospensione condizionale della pena.

CAPO II DECISIONE Sezione I Sentenza di proscioglimento Art. 529. Sentenza di non doversi procedere. 1. Se l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere indicandone la causa nel dispositivo. 2. Il giudice provvede nello stesso modo quando la prova dell’esistenza di una condizione di procedibilità è insufficiente o contraddittoria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 336, 345, 649; art. 254 att. c.p.p.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 254 att. c.p.p.; (1) artt. 85 e segg. Cod. pen.; (3) 50-54 Cod. pen.; (4) art. 222 Cod. pen.

Art. 531. Dichiarazione di estinzione del reato. 1. Salvo quanto disposto dall’articolo 129 comma 2 il giudice, se il reato è estinto, pronuncia sentenza di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo. 2. Il giudice provvede nello stesso modo quando vi è dubbio sull’esistenza di una causa di estinzione del reato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 150 e segg. Cod. pen.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 280-286; (2) art. 163 Cod. pen.; art. 300.

Sezione II Sentenza di condanna Art. 533. Condanna dell’imputato. 1. Se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli, il giudice pronuncia sentenza di condanna applicando la pena e l’eventuale misura di sicurezza. 2. Se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi de-


Codice procedura penale Artt. 534, 538 termina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione. Nei casi previsti dalla legge il giudice dichiara il condannato delinquente o contravventore abituale o professionale o per tendenza. 3. Quando il giudice ritiene di dover concedere la sospensione condizionale della pena o la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, provvede in tal senso con la sentenza di condanna nel certificato del casellario giudiziale, provvede in tal senso alla sentenza di condanna. 3 bis. Quando la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), anche se connessi ad altri reati, il giudice può disporre, nel pronunciare la sentenza, la separazione dei procedimenti anche con riferimento allo stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare e, per la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in libertà. ––––––––––– Il comma 3 bis è stato aggiunto dall’art. 4, co. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione introdotta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.). 1 In relazione alla concessione della sospensione condizionale della pena «a seguito di giudizio diretissimo», si veda la particolare previsione di cui all’art. 8 L. 13 dicembre 1989, n. 401. 2 Si riporta il testo degli articoli 4 e 6, comma 2, della L. 27 marzo 2001, n. 97 (recante «Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche»): «Art. 4 (Sospensione a seguito di condanna non definitiva). 1. Nel caso di condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, per alcuno dei delitti previsti dall’articolo 3, comma 1, i dipendenti indicati nello stesso articolo sono sospesi dal servizio. 2. La sospensione perde efficacia se per il fatto è successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato». «Art. 6. (Disposizioni patrimoniali). 1. Omissis. 2. Nel caso di condanna per delitti di cui al capo I del titolo II del libro secondo del codice penale commessi a fini patrimoniali, la sentenza è trasmessa al procuratore generale presso la Corte dei Conti, che procede ad accertamenti patrimoniali a carico del condannato». 3 Vedi anche nota 1 sub art. 424. Disposizioni correlative: (1) artt. 17-38, 132-139, 199240 Cod. pen.; (2) artt. 72, 81, 102-108 Cod. pen., (3) artt. 163, 175 Cod .pen.

Art. 534. Condanna del civilmente obbligato per la pena pecuniaria. 1. Nei casi previsti dagli articoli 196 e 197 del codice penale e nelle leggi speciali, il giudice condanna la persona civilmente

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obbligata a pagare, se il condannato risulterà insolvibile, una somma pari alla pena pecuniaria a questo inflitta. Art. 535. Condanna alle spese. 1. La sentenza di condanna pone a carico del condannato il pagamento delle spese processuali relative ai reati cui la condanna si riferisce. 2. I condannati per lo stesso reato o per reati connessi sono obbligati in solido al pagamento delle spese. I condannati in uno stesso giudizio per reati non connessi sono obbligati in solido alle sole spese comuni relative ai reati per i quali è stata pronunciata condanna. 3. Sono poste a carico del condannato le spese di mantenimento durante la custodia cautelare, a norma dell’articolo 692. 4. Qualora il giudice non abbia provveduto circa le spese, la sentenza è rettificata a norma dell’articolo 130. ––––––––––– Diposizioni correlative: (1-4) art. 29 att. c.p.p.

Art. 536. Pubblicazione della sentenza come effetto della condanna. 1. Nei casi previsti dall’articolo 36 del codice penale, il giudice stabilisce nel dispositivo se la sentenza deve essere pubblicata per intero o per estratto e designa il giornale o i giornali in cui deve essere inserita. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 543, 642, 694.

Art. 537. Pronuncia sulla falsità di documenti. 1. La falsità di un atto o di un documento, accertata con sentenza di condanna, è dichiarata nel dispositivo. 2. Con lo stesso dispositivo è ordinata la cancellazione totale o parziale, secondo le circostanze e, se è il caso, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma dell’atto o del documento, con la prescrizione del modo con cui deve essere eseguita. La cancellazione, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma non è ordinata quando possono essere pregiudicati interessi di terzi non intervenuti come parti nel procedimento. 3. La pronuncia sulla falsità è impugnabile, anche autonomamente, con il mezzo previsto dalla legge per il capo che contiene la decisione sull’imputazione. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di sentenza di proscioglimento. Sezione III Decisione sulle questioni civili Art. 538. Condanna per la responsabilità civile. 1. Quando pronuncia sentenza di condanna, il giudice decide sulla domanda per le restituzioni


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e il risarcimento del danno, proposta a norma degli articoli 74 e seguenti. 2. Se pronuncia condanna dell’imputato al risarcimento del danno, il giudice provvede altresì alla liquidazione, salvo che sia prevista la competenza di altro giudice. 3. Se il responsabile civile è stato citato o è intervenuto nel giudizio, la condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno è pronunciata anche contro di lui in solido, quando è riconosciuta la sua responsabilità. Art. 539. Condanna generica ai danni e provvisionale. 1. Il giudice, se le prove acquisite non consentono la liquidazione del danno, pronuncia condanna generica e rimette le parti davanti al giudice civile. 2. A richiesta della parte civile, l’imputato e il responsabile civile sono condannati al pagamento di una provvisionale nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova. Art. 540. Provvisoria esecuzione delle disposizioni civili. 1. La condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno è dichiarata provvisoriamente esecutiva, a richiesta della parte civile, quando ricorrono giustificati motivi. 2. La condanna al pagamento della provvisionale è immediatamente esecutiva. Art. 541. Condanna alle spese relative all’azione civile. 1. Con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, il giudice condanna l’imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale. 2. Con la sentenza che rigetta la domanda indicata nel comma 1 che assolve l’imputato per cause diverse dal difetto di imputabilità, il giudice, se ne è fatta richiesta, condanna la parte civile alla rifusione delle spese processuali sostenute dall’imputato e dal responsabile civile per effetto dell’azione civile, sempre che non ricorrano giustificati motivi per la compensazione totale o parziale. Se vi è colpa grave, può inoltre condannarla al risarcimento dei danni causati all’imputato o al responsabile civile. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 153 att. c.p p.

Art. 542. Condanna del querelante alle spese e ai danni. 1. Nel caso di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso, quando si tratta di reato perseguibile a querela, si applicano le disposizioni dell’articolo 427 per ciò che concerne la condanna del querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato nonché alla rifusione delle

Codice procedura penale Artt. 539, 544 spese e al risarcimento del danno in favore dell’imputato e del responsabile civile. 2. L’avviso del deposito della sentenza è notificato al querelante. Art. 543. Ordine di pubblicazione della sentenza come riparazione del danno. 1. La pubblicazione della sentenza di condanna a norma dell’articolo 186 del codice penale è ordinata dal giudice su richiesta della parte civile con la stessa sentenza. 2. La pubblicazione ha luogo a spese del condannato e, se del caso, anche del responsabile civile, per una o due volte, per estratto o per intero, in giornali indicati dal giudice. 3. Se l’inserzione non avviene nel termine stabilito dal giudice con la sentenza, la parte civile può provvedervi direttamente con diritto a ripetere le spese dall’obbligato. CAPO III ATTI SUCCESSIVI ALLA DELIBERAZIONE Art. 544. Redazione della sentenza. 1. Conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito dopo è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata. 2. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvede non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia. (1) 3. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia. 3 bis. Nelle ipotesi previste dall’articolo 533, comma 3 bis, il giudice provvede alla stesura della motivazione per ciascuno dei procedimenti separati, accordando precedenza alla motivazione della condanna degli imputati in stato di custodia cautelare. In tal caso il termine di cui al comma 3 è raddoppiato per la motivazione della sentenza cui non si è accordata precedenza (2). ––––––––––– (1) Il comma 2 è stato così sostituito ad opera dell’art. 6 D.L. 1 marzo 1999, n. 60. La modifica è consistita nel ridurre da trenta a quindici i giorni per la redazione delle sentenze di «media complessità». (2) Comma aggiunto dall’art. 4, co. 2, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione introdotta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.).


Codice procedura penale Art. 545, 548 Disposizioni correlative: (1) artt. 525-528, 546; (2 3) art. 154 att c. p. p.; (2) art. 548.

Art. 545. Pubblicazione della sentenza. 1. La sentenza è pubblicata in udienza dal presidente o da un giudice del collegio mediante la lettura del dispositivo. 2. La lettura della motivazione redatta a norma dell’articolo 544 comma 1, segue quella del dispositivo e può essere sostituita con un’esposizione riassuntiva. 3. La pubblicazione prevista dal comma 2 equivale a notificazione della sentenza per le parti che sono o devono considerarsi presenti all’udienza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) (2) art. 546; (3) artt. 475, 488.

Art. 546. Requisiti della sentenza. 1. La sentenza contiene: a) l’intestazione in nome del popolo italiano e l’indicazione dell’autorità che l’ha pronunciata; b) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private; c) l’imputazione; d) l’indicazione delle conclusioni delle parti; e) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l’indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e l’enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie; f) il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati; g) la data e la sottoscrizione del giudice. 2. La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta dal presidente e dal giudice estensore. Se, per morte o altro impedimento, il presidente non può sottoscrivere, alla sottoscrizione provvede, previa menzione dell’impedimento, il componente più anziano del collegio; se non può sottoscrivere l’estensore, alla sottoscrizione, previa menzione dell’impedimento, provvede il solo presidente. 3. Oltre che nel caso previsto dall’articolo 125 comma 3, la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice.

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Art. 547. Correzione della sentenza. Fuori dei casi previsti dall’articolo 546 comma 3, se occorre completare la motivazione insufficiente ovvero se manca o è incompleto alcuno degli altri requisiti previsti dall’articolo 546, si procede anche di ufficio alla correzione della sentenza a norma dell’articolo 130. Art. 548. Deposito della sentenza. 1. La sentenza è depositata in cancelleria immediatamente dopo la pubblicazione ovvero entro i termini previsti dall’articolo 544 commi 2 e 3. Il pubblico ufficiale addetto vi appone la sottoscrizione e la data del deposito. 2. Quando la sentenza non è depositata entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine indicato dal giudice a norma dell’articolo 544 comma 3, l’avviso di deposito è comunicato al pubblico ministero è notificato alle parti private cui spetta il diritto di impugnazione. È notificato altresì a chi risulta difensore dell’imputato al momento del deposito della sentenza. (1) 3. L’avviso di deposito con l’estratto della sentenza e in ogni caso notificato all’imputato contumace è comunicato al procuratore generale presso la corte di appello. ––––––––––– (1) Il comma 2 non è stato coordinato alle modifiche apportate al comma 2 dell’art. 544 comma 2 dall’art. 6 D.L. 1 marzo 1991, n. 60 (v. nota 1 all’art. 544) (riduzione da 30 a 15 giorni del termine per la redazione delle sentenze di «media complessità»). Il mancato coordinamento dà luogo a gravi inconvenienti pratici cui il Governo aveva posto rimedio con l’art. 5 comma 5 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata...): comma soppresso dal Parlamento in sede di conversione del decreto (L. 12 luglio 1991, n. 203). Attualmente pertanto non è chiaro se nel caso di sentenze depositate tra il 16simo e il 30simo giorno le parti hanno diritto all’avviso di deposito e da quando decorre il termine per impugnare la sentenza. In merito, tuttavia, con sentenza n. 363 del 30 luglio 1993 la Corte Costituzionale ha precisato che l’avviso di deposito di sentenza non contestualmente motivata e depositata oltre il quindicesimo giorno dalla pronuncia dev’essere comunque notificata alle parti. Il termine per l’impugnazione inizia a decorrere dal giorno in cui è intervenuta la notificazione dell’avviso stesso. Disposizioni correlative: art. 23 reg.


LIBRO OTTAVO PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (*) ––––––––––– (*) lnteramente sostituito dall’art. 44 L. 16 dicembre 1999, n. 479. In questa nota si offrono alcune indicazioni essenziali relative al procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica che costituisce oggetto della disciplina dettata dal Libro Ottavo c.p.p. dedicato, originariamente, al Procedimento davanti al pretore ed ora completamente innovato dall’articolo 44 della legge 16 dicembre 1999, n. 479 che inserisce nel codice i nuovi articoli da 549 a 559 che compongono, ora, l’intero libro ottavo. Il principio di fondo, contenuto nell’articolo 549, è che per quanto non viene stabilito dalle citate disposizioni si applicano quelle contenute nei Libri che precedono: ciò vale anche per la fase delle indagini preliminari. Il secondo principio consiste nel fatto che il pubblico ministero potrà esercitare l’azione penale con la citazione diretta a giudizio ma ciò solo con riferimento ai reati indicati nell’articolo 550. In tutti gli altri casi, invece, il pubblico ministero eserciterà l’azione penale nelle stesse forme previste per il procedimento ordinario: conseguentemente, salvo che il procedimento venga definito ricorrendo a uno di quelli «speciali», sarà depositata nella cancelleria del giudice la richiesta di rinvio a giudizio, alla quale seguirà la fissazione e la celebrazione dell’udienza preliminare. Pertanto davanti al giudice monocratico si realizzerà una duplicità di riti: uno con udienza preliminare e l’altro senza e con citazione diretta a giudizio. Nel Titolo II del Libro Ottavo viene appunto disciplinata questa seconda ipotesi. Il Titolo III è invece dedicato ai procedimenti speciali. Per quanto concerne il giudizio abbreviato ed il patteggiamento troveranno applicazione le disposizioni contenute nei Titoli I e II del Libro Sesto. Tuttavia, nei casi in cui vi è la citazione diretta a giudizio, la richiesta di applicazione della pena o di giudizio abbreviato potrà avvenire anche prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. La disciplina della convalida dell’arresto e del giudizio direttissimo riproduce integralmente, nell’articolo 558, i contenuti dell’abrogato articolo 566 del codice, con due novità. In primo luogo non compare più il riferimento al consenso del pubblico ministero per la celebrazione del giudizio abbreviato o del patteggiamento dopo l’udienza di convalida, in conformità con la disciplina generale che ora vige per tali speciali riti. In secondo luogo è previsto che il pubblico ministero possa procedere al giudizio direttissimo nei casi previsti dall’articolo 449 commi 4 e 5 c.p.p. per l’arresto in flagranza già convalidato o per la confessione dell’indagato. Il Titolo IV, infine, disciplina il dibattimento. È da richiamare l’attenzione sulla previsione secondo la quale il

verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva se le parti vi consentono e se il giudice non ritiene necessaria la redazione in forma integrale.

TITOLO I DISPOSIZIONE GENERALE Art. 549. Norme applicabili al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica. 1. Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per tutto ciò che non è previsto nel presente libro o in altre disposizioni, si osservano le norme contenute nei libri che precedono, in quanto applicabili. TITOLO II CITAZIONE DIRETTA A GIUDIZIO Art. 550. Casi di citazione diretta a giudizio. 1. Il pubblico ministero esercita l’azione penale con la citazione diretta a giudizio quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 415 bis. Per la determinazione della pena si osservano le disposizioni dell’articolo 4. (1) 2. La disposizione del comma 1 si applica anche quando si procede per uno dei seguenti reati: a) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 336 del codice penale; b) resistenza a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 337 del codice penale; c) oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell’articolo 343, secondo comma, del codice penale; d) violazione di sigilli aggravata a norma dell’articolo 349, secondo comma, del codice penale; e) rissa aggravata a norma dell’articolo 588, secondo comma, del codice penale, con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime;


Codice procedura penale Artt. 551, 555 f) furto aggravato a norma dell’articolo 625 del codice penale; g) ricettazione prevista dall’articolo 648 del codice penale. 3. Se il pubblico ministero ha esercitato l’azione penale con citazione diretta per un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare e la relativa eccezione è proposta entro il termine indicato dall’articolo 49l, comma 1, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero. ––––––––––– (1) Il comma 1 è stato modificato dall’art. 2 duodecies D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144.

Art. 551. Procedimenti connessi. 1. Nel caso di procedimenti connessi, se la citazione diretta a giudizio è ammessa solo per alcuni di essi, il pubblico ministero presenta per tutti la richiesta di rinvio a giudizio a norma dell’articolo 416. Art. 552. Decreto di citazione a giudizio. 1. Il decreto di citazione a giudizio contiene: a) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l’indicazione dei difensori; b) l’indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata; c) l’enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge; d) l’indicazione del giudice competente per il giudizio nonché del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione, con l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia; e) l’avviso che l’imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio; f) l’avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l’imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può presentare le richieste previste dagli articoli 438 e 444 ovvero presentare domanda di oblazione; g) l’avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato nella segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia; h) la data e la sottoscrizione del pubblico ministero e dell’ausiliario che lo assiste. 2. Il decreto è nullo se l’imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l’indicazione di uno dei requisiti previsti dalle lettere c), d), e) ed f) del comma 1. Il decreto

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è altresì nullo se non è preceduto dall’avviso previsto dall’articolo 415 bis, nonché dall’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio ai sensi dell’articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini lo abbia richiesto entro il termine di cui al comma 3 del medesimo articolo 415 bis. 3. Il decreto di citazione è notificato all’imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno sessanta giorni prima della data fissata per l’udienza di comparizione. Nei casi di urgenza, di cui deve essere data motivazione, il termine è ridotto a quarantacinque giorni. 4. Il decreto di citazione è depositato dal pubblico ministero nella segreteria unitamente al fascicolo contenente la documentazione, gli atti e le cose indicati nell’articolo 416, comma 2. Art. 553. Trasmissione degli atti al giudice dell’udienza di comparizione in dibattimento. 1. Il pubblico ministero forma il fascicolo per il dibattimento e lo trasmette al giudice con il decreto di citazione immediatamente dopo la notificazione. Art. 554. Atti urgenti. 1. Il giudice per le indagini preliminari è competente ad assumere gli atti urgenti a norma dell’articolo 467 e provvede sulle misure cautelari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo per il dibattimento, non è trasmesso al giudice a norma dell’articolo 553, comma l. Art. 555. Udienza di comparizione a seguito della citazione diretta. 1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l’udienza di comparizione, le parti devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell’articolo 210 di cui intendono chiedere l’esame. 2. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l’imputato o il pubblico ministero può presentare la richiesta prevista dall’articolo 444, comma 1; l’imputato, inoltre, può richiedere il giudizio abbreviato o presentare domanda di oblazione. 3. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, verifica se il querelante è disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione. 4. Se deve procedersi al giudizio, le parti, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, indicano i fatti che intendono provare e chiedono l’ammissione delle prove; inoltre, le parti possono concordare l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva. 5. Per tutto ciò che non è espressamente previsto si osservano le disposizioni contenute nel libro settimo, in quanto compatibili.


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TITOLO III PROCEDIMENTI SPECIALI Art. 556. Giudizio abbreviato e applicazione della pena su richiesta. 1. Per il giudizio abbreviato e per l’applicazione della pena su richiesta si osservano, rispettivamente, le disposizioni dei titoli I e II del libro sesto, in quanto applicabili. 2. Se manca l’udienza preliminare, si applicano, secondo i casi, le disposizioni degli articoli 555, comma 2, 557 e 558, comma 8. Si osserva altresì, in quanto applicabile, la disposizione dell’articolo 441 bis; nel caso di cui al comma 4 di detto articolo, il giudice, revocata l’ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l’udienza per il giudizio. (1) ––––––––––– (1) Il secondo periodo del comma 2 è stato introdotto dall’art. 2 nonies D.L. 7 aprile 2000, n. 82 conv., con modif., nella L. 5 giugno 2000, n. 144.

Art. 557. Procedimento per decreto. 1. Con l’atto di opposizione l’imputato chiede al giudice di emettere il decreto di citazione a giudizio ovvero chiede il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444 o presenta domanda di oblazione. 2. Nel giudizio conseguente all’opposizione, l’imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena su richiesta, né presentare domanda di oblazione. In ogni caso, il giudice revoca il decreto penale di condanna. 3. Si osservano le disposizioni del titolo V del libro sesto, in quanto applicabili. Art. 558. Convalida dell’arresto e giudizio direttissimo. 1. Gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto in flagranza o che hanno avuto in consegna l’arrestato lo conducono direttamente davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell’arresto e il contestuale giudizio, sulla base della imputazione formulata dal pubblico ministero. In tal caso citano anche oralmente la persona offesa e i testimoni e avvisano il difensore di fiducia o, in mancanza, quello designato di ufficio a norma dell’articolo 97, comma 3. 2. Quando il giudice non tiene udienza, gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o che hanno avuto in consegna l’arrestato gliene danno immediata notizia e presentano l’arrestato all’udienza che il giudice fissa entro quarantotto ore dall’arresto. Non si applica la disposizione prevista dall’articolo 386, comma 4. 3. Il giudice al quale viene presentato l’arrestato autorizza l’ufficiale o l’agente di polizia giudizia-

Codice procedura penale Artt. 556, 559 ria a una relazione orale e quindi sente l’arrestato per la convalida dell’arresto. 4. Se il pubblico ministero ordina che l’arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione a norma dell’articolo 386, lo può presentare direttamente all’udienza, in stato di arresto, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall’arresto. Se il giudice non tiene udienza, la fissa a richiesta del pubblico ministero, al più presto e comunque entro le successive quarantotto ore. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell’articolo 391, in quanto compatibili. 5. Se l’arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l’imputato e il pubblico ministero vi consentono. 6. Se l’arresto è convalidato a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente al giudizio. 7. L’imputato ha facoltà di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a cinque giorni. Quando l’imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine. 8. Subito dopo l’udienza di convalida, l’imputato può formulare richiesta di giudizio abbreviato ovvero di applicazione della pena su richiesta. In tal caso il giudizio si svolge davanti allo stesso giudice del dibattimento. Si applicano le disposizioni dell’articolo 452, comma 2. 9. Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo nei casi previsti dall’articolo 449, commi 4 e 5. TITOLO IV DIBATTIMENTO Art. 559. Dibattimento. 1. Il dibattimento si svolge secondo le norme stabilite per il procedimento davanti al tribunale in composizione collegiale, in quanto applicabili. 2. Anche fuori dei casi previsti dall’articolo 140, il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva se le parti vi consentono e il giudice non ritiene necessaria la redazione in forma integrale. 3. L’esame diretto e il controesame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici, delle persone indicate nell’articolo 210 e delle parti private sono svolti dal pubblico ministero e dai difensori. Su concorde richiesta delle parti, l’esame può essere condotto direttamente dal giudice sulla base delle domande e contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori.


Codice procedura penale Artt. 560, 567

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4. In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione. Art. 560. Giudizio abbreviato. [Abrogato].

Art. 563. Applicazione della pena su richiesta. [Abrogato].

––––––––––– 1 L’articolo è abrogato in quanto l’art. 44 della L. 16 dicembre 1999, n. 479 ha sostituito il Libro ottavo del codice di procedura penale, originariamente composto dagli articoli da 549 a 567, con gli articoli da 549 a 559.

––––––––––– Vedi nota all’art. 560.

Art. 561. Udienza per il giudizio abbreviato. [Abrogato].

Art. 566. Convalida dell’arresto e giudizio direttissimo. [Abrogato].

––––––––––– Vedi nota all’art. 560.

Art. 562. Trasformazione del rito. [Abrogato]. ––––––––––– Vedi nota all’art. 560.

––––––––––– Vedi nota all’art. 560.

Art. 564. Tentativo di conciliazione. [Abrogato].

Art. 565. Procedimento per decreto. [Abrogato]. ––––––––––– Vedi nota all’art. 560.

––––––––––– Vedi nota all’art. 560.

Art. 567. Dibattimento. [Abrogato]. ––––––––––– Vedi nota all’art. 560.


LIBRO NONO IMPUGNAZIONI

TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 568. Regole generali. 1. La legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati. 2. Sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze, salvo quelle sulla competenza che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell’articolo 28. 3. Il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce. Se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse. 4. Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse. 5. L’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l’ha proposta. Se l’impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente. ––––––––––– Disposizioni correlative; (1) artt. 125, 591; art. 168 att. c.p.p.; (2) artt 309-311; (3) art. 591.

Art. 569. Ricorso immediato per cassazione. 1. La parte che ha diritto di appellare la sentenza di primo grado può proporre direttamente ricorso per cassazione. 2. Se la sentenza è appellata da una delle altre parti, si applica la disposizione dell’articolo 580. Tale disposizione non si applica se, entro quindici giorni dalla notificazione del ricorso, le parti che hanno proposto appello dichiarano tutte di rinunciarvi per proporre direttamente ricorso per cassazione. In tale caso, l’appello si converte in ricorso e le parti devono presentare entro quindici giorni dalla dichiarazione suddetta nuovi motivi, se l’atto di appello non aveva i requisiti per valere come ricorso. 3. La disposizione del comma 1 non si applica nei casi previsti dall’articolo 606 comma 1 lettere d) ed e). In tali casi, il ricorso eventualmente proposto si converte in appello.

4. Fuori dei casi in cui nel giudizio di appello si sarebbe dovuta annullare la sentenza di primo grado, la corte di cassazione, quando pronuncia l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata a norma del comma 1, dispone che gli atti siano trasmessi al giudice competente per l’appello. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 593, 594, 606; art. 255 att. c.p.p.; (2) artt. 584, 589; (4) artt. 604, 623.

Art. 570. (1) Impugnazione del pubblico ministero. 1. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge, quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero. Il procuratore generale può proporre impugnazione nonostante l’impugnazione o l’acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento. 2. L’impugnazione può essere proposta anche dal rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni. 3. Il rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell’atto di appello può partecipare al successivo grado di giudizio quale sostituto del procuratore generale presso la corte di appello. La partecipazione è disposta dal procuratore generale presso la corte di appello qualora lo ritenga opportuno. Gli avvisi spettano in ogni caso al procuratore generale. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 200 D.lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (3) art. 594.

Art. 571. Impugnazione dell’imputato. 1. L’imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di un procuratore speciale nominato anche prima della emissione del provvedimento. 2. Il tutore per l’imputato soggetto alla tutela e il curatore speciale per l’imputato incapace di intendere o di volere, che non ha tutore, possono proporre l’impugnazione che spetta all’imputato. 3. Può inoltre proporre impugnazione il difensore dell’imputato al momento del deposito del


Codice procedura penale Artt. 572, 579 provvedimento ovvero il difensore nominato a tal fine. (1) 4. L’imputato, nei modi previsti per la rinuncia, può togliere effetto all’impugnazione proposta dal suo difensore. Per l’efficacia della dichiarazione nel caso previsto dal comma 2, è necessario il consenso del tutore o del curatore speciale. ––––––––––– (1) Il co. 3 è stato così modificato dall’art. 46 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 122, 581, (2) art. 71, artt. 419, 424 Cod. civ.; (3) artt. 487, 548. V. anche art. 34 D.P.R. 448/88 (Minori).

Art. 572. Richiesta della parte civile o della persona offesa. 1. La parte civile, la persona offesa, anche se non costituita parte civile, e gli enti e le associazioni intervenuti a norma degli articoli 93 e 94, possono presentare richiesta motivata al pubblico ministero di proporre impugnazione a ogni effetto penale. 2. Il pubblico ministero, quando non propone impugnazione, provvede con decreto motivato da notificare al richiedente. Art. 573. Impugnazione per i soli interessi civili. 1. L’impugnazione per i soli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale. 2. L’impugnazione per i soli interessi civili non sospende l’esecuzione delle disposizioni penali del provvedimento impugnato. Art. 574. Impugnazione dell’imputato per gli interessi civili. 1. L’imputato può proporre impugnazione contro i capi della sentenza che riguardano la sua condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno e contro quelli relativi alla rifusione delle spese processuali. 2. L’imputato può altresì proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande da lui proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali. 3. L’impugnazione è proposta col mezzo previsto per le disposizioni penali della sentenza. 4. L’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 535, 538, 541, 581, 600; (2) artt. 541, 542; (4) artt. 535, 538.

Art. 575. Impugnazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. 1. Il responsabile civile può proporre impugnazione contro le disposizioni

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della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato e contro quelle relative alla condanna di questi e del responsabile civile alle restituzioni, al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese processuali. L’impugnazione è proposta col mezzo che la legge attribuisce all’imputato. 2. Lo stesso diritto spetta alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria nel caso in cui sia stata condannata. 3. Il responsabile civile può altresì proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali. Art. 576. Impugnazione della parte civile e del querelante. 1. La parte civile può proporre impugnazione, con il mezzo previsto per il pubblico ministero contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio. Con lo stesso mezzo e negli stessi casi può proporre impugnazione contro la sentenza pronunciata a norma dell’articolo 442, quando ha consentito alla abbreviazione del rito. 2. Lo stesso diritto compete al querelante condannato a norma dell’articolo 542. Art. 577. Impugnazione della persona offesa per i reati di ingiuria e diffamazione. 1. La persona offesa costituita parte civile può proporre impugnazione, anche agli effetti penali, contro le sentenze di condanna e di proscioglimento per i reati di ingiuria e diffamazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 594, 595 Cod. pen; artt. 76, 90, 529 e segg.

Art. 578. Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione. 1. Quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 245 att c.p.p.

Art. 579. Impugnazione di sentenze che dispongono misure di sicurezza. 1. Contro le sentenze di condanna o di proscioglimento è data impugnazione anche per ciò che concerne le misure di sicurezza, se l’impugnazione è proposta per un altro capo della sentenza che non riguardi esclusivamente gli interessi civili. (1)


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2. L’impugnazione contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza è proposta a norma dell’articolo 680 comma 2. 3. L’impugnazione contro la sola disposizione che riguarda la confisca è proposta con gli stessi mezzi previsti per i capi penali. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato modificato dall’art. 23 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 199 cod. pen., art. 529533 (3) art. 240 cod. pen.

Art. 580. Conversione del ricorso in appello. 1. Quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, il ricorso per cassazione si converte nell’appello. ––––––––––– Si riporta il testo dell’art. 1 della L. 19 aprile 2002, n. 72, recante «Disposizioni transitorie sulla conversione del ricorso per cassazione in appello»: «1. Il ricorso per cassazione presentato, prima del 4 maggio 2001, contro una sentenza di condanna per delitto per il quale è stata applicata la sola pena della multa o contro sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere relative a delitti puniti con la sola pena della multa o con pena alternativa, si converte in appello, ai sensi dell’articolo 580 del codice di procedura penale, su richiesta della parte che lo ha presentato. 2. La richiesta di cui al comma 1 è presentata, anche a mezzo telefax, almeno cinque giorni prima della data della prima udienza successiva all’entrata in vigore della presente legge, per la quale vi sia stata regolare notifica a tutte le parti. 3. Nei termini per la presentazione dei motivi aggiunti possono essere presentati nuovi motivi di merito».

Art. 581. Forma dell’impugnazione. 1. L’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo, il giudice che lo ha emesso, e sono enunciati: a) i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione; b) le richieste; c) i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 109, 111, 591, 597; artt. 167, 240 bis att. c.p.p.

Art. 582. Presentazione dell’impugnazione. 1. Salvo che la legge disponga altrimenti, l’atto di impugnazione è presentato personalmente ovvero a mezzo di incaricato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Il pubblico ufficiale addetto vi appone l’indicazione del giorno in cui riceve l’atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione. 2. Le parti private e i difensori possono presentare l’atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui

Codice procedura penale Artt. 580, 585 fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all’estero. In tali casi, l’atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato. (1) ––––––––––– (1) Il co. 2 è stato modificato dapprima dall’art. 201 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. e da ultimo dall’art. 45 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 110, 123, 583, 591; (2) artt. 96, 97, 100; art. 164 att. c.p.p.

Art. 583. Spedizione dell’atto di impugnazione. 1. Le parti e i difensori possono proporre l’impugnazione con telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nell’articolo 582 comma 1. Il pubblico ufficiale addetto allega agli atti la busta contenente l’atto di impugnazione e appone su quest’ultimo l’indicazione del giorno della ricezione e la propria sottoscrizione. 2. L’impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma. 3. Se si tratta di parti private, la sottoscrizione dell’atto deve essere autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore. Art. 584. Notificazione della impugnazione. 1. A cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, l’atto di impugnazione è comunicato al pubblico ministero presso il medesimo giudice ed è notificato alle parti private senza ritardo. ––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 164-165 att. c.p.p.

Art. 585. Termini per l’impugnazione. 1. Il termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti, è: a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso previsto dall’articolo 544 comma 1; b) di trenta giorni, nel caso previsto dall’articolo 544 comma 2; c) di quarantacinque giorni, nel caso previsto dall’articolo 544 comma 3. 2. I termini previsti dal comma 1 decorrono: a) dalla notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento emesso in seguito a procedimento in camera di consiglio; b) dalla lettura del provvedimento in udienza quando è redatta anche la motivazione, per tutte le parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel giudizio, anche se non sono presenti alla lettura; c) dalla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza ovvero, nel caso previsto dall’articolo 548 comma 2, dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell’avviso di deposito;


Codice procedura penale Artt. 586, 591 d) dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell’avviso di deposito con l’estratto del provvedimento, per l’imputato contumace e per il procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte di appello. 3. Quando la decorrenza è diversa per l’imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo. 4. Fino a quindici giorni prima dell’udienza possono essere presentati nella cancelleria del giudice della impugnazione motivi nuovi nel numero di copie necessarie per tutte le parti. L’inammissibilità dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi. 5. I termini previsti dal presente articolo sono stabiliti a pena di decadenza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 127, 591; artt. 164-167, 240 bis att. cpp.; (2) artt. 128, 475, 487, 488, 544, 548; (5) art. 99 att. c.p.p.

Art. 586. Impugnazione di ordinanze emesse nel dibattimento. 1. Quando non è diversamente stabilito dalla legge, l’impugnazione contro le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari ovvero nel dibattimento può essere proposta, a pena di inammissibilità, soltanto con l’impugnazione contro la sentenza. L’impugnazione è tuttavia ammissibile anche se la sentenza è impugnata soltanto per connessione con l’ordinanza. 2. L’impugnazione dell’ordinanza è giudicata congiuntamente a quella contro la sentenza, salvo che la legge disponga altrimenti. 3. Contro le ordinanze in materia di libertà personale è ammessa l’impugnazione immediata, indipendentemente dall’impugnazione contro la sentenza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 245 att. c.p.p.; (1) artt. 310, 311, 479; (3) artt. 292, 299, 304-307, 309-311.

Art. 587. Estensione dell’impugnazione. 1. Nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l’impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati. 2. Nel caso di riunione di procedimenti per reati diversi, l’impugnazione proposta da un imputato giova a tutti gli altri imputati soltanto se i motivi riguardano violazioni della legge processuale e non sono esclusivamente personali. 3. L’impugnazione proposta dall’imputato giova anche al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. 4. L’impugnazione proposta dal responsabile civile o dalla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria giova all’imputato anche agli effetti penali, purché non sia fondata su motivi esclusivamente personali. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 110 Cod. pen.; artt. 592, 595.

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Art. 588. Sospensione della esecuzione. 1. Dal momento della pronuncia, durante i termini per impugnare e fino all’esito del giudizio di impugnazione, l’esecuzione del provvedimento impugnato è sospesa, salvo che la legge disponga altrimenti. 2. Le impugnazioni contro i provvedimenti in materia di libertà personale non hanno in alcun caso effetto sospensivo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) artt. 18 att. c.p.p., art. 28 reg.; (1) artt. 127, 257, 318, 322, 325, 355, 479, 573, 666, 680.

Art. 589. Rinuncia all’impugnazione. 1. Il pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato può rinunciare alla impugnazione da lui proposta fino all’apertura del dibattimento. Successivamente la dichiarazione di rinuncia può essere effettuata prima dell’inizio della discussione dal pubblico ministero presso il giudice della impugnazione, anche se l’impugnazione stessa è stata proposta da altro pubblico ministero. 2. Le parti private possono rinunciare all’impugnazione anche per mezzo di procuratore speciale. 3. La dichiarazione di rinuncia è presentata a uno degli organi competenti a ricevere l’impugnazione nelle forme e nei modi previsti dagli articoli 581, 582 e 583 ovvero, in dibattimento, prima dell’inizio della discussione. 4. Quando l’impugnazione è trattata e decisa in camera di consiglio, la dichiarazione di rinuncia può essere effettuata, prima dell’udienza, dal pubblico ministero che ha proposto l’impugnazione e, successivamente, dal pubblico ministero presso il giudice dell’impugnazione, anche se la stessa è stata proposta da altro pubblico ministero. Art. 590. Trasmissione di atti in seguito all’impugnazione. 1. Al giudice della impugnazione sono trasmessi senza ritardo il provvedimento impugnato, l’atto di impugnazione e gli atti del procedimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 165 att. c.p.p.; art. 15 reg.

Art. 591. Inammissibilità dell’impugnazione. 1. L’impugnazione è inammissibile: a) quando è proposta da chi non è legittimato o non ha interesse; b) quando il provvedimento non è impugnabile; c) quando non sono osservate le disposizioni degli articoli 581, 582, 583, 585 e 586; d) quando vi è rinuncia all’impugnazione. 2. Il giudice dell’impugnazione, anche di ufficio, dichiara con ordinanza l’inammissibilità e dispone l’esecuzione del provvedimento impugnato. 3. L’ordinanza è notificata a chi ha proposto l’impugnazione ed è soggetta a ricorso per cassazione. Se l’impugnazione è stata proposta perso-


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nalmente dall’imputato, l’ordinanza è notificata anche al difensore 4. L’inammissibilità, quando non è stata rilevata a norma del comma 2, può essere dichiarata in ogni stato del procedimento. Art. 592. Condanna alle spese nei giudizi di impugnazione. 1. Con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile l’impugnazione, la parte privata che l’ha proposta è condannata alle spese del procedimento. 2. I coimputati che hanno partecipato al giudizio a norma dell’articolo 587 sono condannati alle spese in solido con l’imputato che ha proposto l’impugnazione. 3. L’imputato che nel giudizio di impugnazione riporta condanna penale è condannato alle spese dei precedenti giudizi, anche se in questi sia stato prosciolto. 4. Nei giudizi di impugnazione per i soli interessi civili, la parte privata soccombente è condannata alle spese. TITOLO II APPELLO Art. 593. Casi di appello. 1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, 448 comma 2, 469, il pubblico ministero e l’imputato possono appellare contro le sentenze di condanna o di proscioglimento. 2. L’imputato non può appellare contro la sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. 3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda e le sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda o con pena alternativa. (1)

––––––––––– (1) Il co. 3, prima sostituito dall’art. 18, L. 24 novembre 1999, n. 468, è stato successivamente così sostituito dall’art. 13, L. 26 marzo 2001, n. 128. Disposizioni correlative: (1-3) artt. 529 e segg; (2) art. 530; (3) artt. 425, 428.

[Art. 594. Appello del pubblico ministero. 1. Nei casi consentiti, contro le sentenze del giudice per le indagini preliminari, della corte di assise e del tribunale possono appellare il procuratore generale presso la corte di appello e il procuratore della Repubblica presso il tribunale; contro le sentenze del giudice per le indagini preliminari presso la pretura e contro le sentenze del pretore possono appellare il procuratore generale presso la corte di appello e il procuratore della Repubblica presso la pretura.] ––––––––––– Abrogato dall’art. 218 D.Lgs. 51/98 e succ. mod.

Codice procedura penale Artt. 592, 597 Art. 595. Appello incidentale. 1. La parte che non ha proposto impugnazione può proporre appello incidentale entro quindici giorni da quello in cui ha ricevuto la comunicazione o la notificazione previste dall’articolo 584. 2. L’appello incidentale è proposto, presentato e notificato a norma degli articoli 581, 582, 583 e 584. 3. L’appello incidentale del pubblico ministero produce gli effetti previsti dall’articolo 597 comma 2; esso tuttavia non ha effetti nei confronti del coimputato non appellante che non ha partecipato al giudizio di appello. Si osservano le disposizioni previste dall’articolo 587. 4. L’appello incidentale perde efficacia in caso di inammissibilità dell’appello principale o di rinuncia allo stesso. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 166 att. c.p.p.

Art. 596. (1) Giudice competente. 1. Sull’appello proposto contro le sentenze pronunciate dal tribunale, decide la corte di appello. 2. Sull’appello proposto contro le sentenze della corte di assise decide la corte di assise di appello. 3. Salvo quanto previsto dall’articolo 428, sull’appello contro le sentenze pronunciate dal giudice per le indagini preliminari, decidono, rispettivamente, la corte di appello e la corte di assise di appello, a seconda che si tratti di reato di competenza del tribunale o della corte di assise. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 202 D.Lgs. 51/98 e succ. mod.

Art. 597. Cognizione del giudice di appello. 1. L’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti. 2. Quando appellante è il pubblico ministero: a) se l’appello riguarda una sentenza di condanna, il giudice può, entro i limiti della competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giuridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare, quando occorre, misure di sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge; b) se l’appello riguarda una sentenza di proscioglimento, il giudice può pronunciare condanna ed emettere i provvedimenti indicati nella lettera a) ovvero prosciogliere per una causa diversa da quella enunciata nella sentenza appellata; c) se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza.


Codice procedura penale Artt. 598, 601 3. Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata né revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado. 4. In ogni caso, se è accolto l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita. 5. Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio la sospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e una o più circostanze attenuanti; può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione a norma dell’articolo 69 del codice penale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-5) art. 245 att. c.p.p.: (3) artt. 17, 132, 199 Cod. pen., art. 521; (4) artt. 59 e segg., 72 e segg., 81 Cod. pen.; (5) artt. 62, 62bis, 163, 175 Cod. pen.

Art. 598. Estensione delle norme sul giudizio di primo grado al giudizio di appello. 1. In grado di appello si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni relative al giudizio di primo grado, salvo quanto previsto dagli articoli seguenti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 465 e segg.; art. 168 att. c.p.p.

Art. 599. Decisioni in camera di consiglio. 1. Quando l’appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, la corte provvede in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127. 2. L’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato che ha manifestato la volontà di comparire. 3. Nel caso di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, il giudice assume le prove in camera di consiglio, a norma dell’articolo 603, con la necessaria partecipazione del pubblico ministero e dei difensori. Se questi non sono presenti quando è disposta la rinnovazione, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che copia del provvedimento sia comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori.

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4. La corte, anche al di fuori dei casi di cui al comma 1, provvede in camera di consiglio altresì quando le parti, nelle forme previste dall’articolo 589, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo. (1) 5. Il giudice, se ritiene di non potere accogliere, allo stato, la richiesta, ordina la citazione a comparire al dibattimento. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte nel dibattimento (1). ––––––––––– (1) I commi 4 e 5 sono stati così sostituiti dalla L. 19 gennaio 1999, n. 14. Disposizioni correlative: (1) art. 245 att. c.p.p.

Art. 600. Provvedimenti in ordine all’esecuzione delle condanne civili. 1. Se il giudice di primo grado ha omesso di pronunciare sulla richiesta di provvisoria esecuzione proposta a norma dell’articolo 540 comma 1 ovvero l’ha rigettata, la parte civile può riproporla mediante impugnazione della sentenza di primo grado al giudice di appello il quale, a richiesta della parte, provvede con ordinanza in camera di consiglio. 2. Il responsabile civile e l’imputato possono chiedere con le stesse forme la revoca o la sospensione della provvisoria esecuzione. 3. Su richiesta delle stesse parti, il giudice di appello può disporre, con le forme previste dal comma 1, che sia sospesa l’esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale quando possa derivarne grave e irreparabile danno (1). ––––––––––– (1) Con sentenza 27 luglio 1994, n. 353 la Corte costituzionale ha considerato illegittimo tale comma nella parte in cui prevede che il giudice d’appello abbia facoltà di disporre la sospensione dell’esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale «quando possa derivarne grave ed irreparabile danno» anziché quando ricorrono gravi motivi». Disposizioni correlative: art. 245 att. c.p.p.

Art. 601. Atti preliminari al giudizio. Fuori dei casi previsti dall’articolo 591, il presidente ordina senza ritardo la citazione dell’imputato appellante, ordina altresì la citazione dell’imputato non appellante se vi è appello del pubblico ministero, se ricorre alcuno dei casi previsti dall’articolo 587 o se l’appello è proposto per i soli interessi civili. 2. Quando si procede in camera di consiglio a norma dell’articolo 599, ne è fatta menzione nel decreto di citazione.


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3. Il decreto di citazione per il giudizio di appello contiene i requisiti previsti dall’articolo 429 comma 1 lettere a), f), g) nonché l’indicazione del giudice competente. Il termine per comparire non può essere inferiore a venti giorni. 4. È ordinata in ogni caso la citazione del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e della parte civile, questa è citata anche quando ha appellato il solo imputato contro una sentenza di proscioglimento. 5. Almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio di appello, è notificato avviso ai difensori. 6. Il decreto di citazione è nullo se l’imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l’indicazione di uno dei requisiti previsti dall’articolo 429 comma 1 lettera f). ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 20 reg.

Art. 602. (1) Dibattimento di appello. 1. Nell’udienza, il presidente o il consigliere da lui delegato fa la relazione della causa. 2. Se le parti richiedono concordemente l’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello a norma dell’articolo 599 comma 4, il giudice, quando ritiene che la richiesta deve essere accolta, provvede immediatamente; altrimenti dispone per la prosecuzione del dibattimento. La richiesta e la rinuncia ai motivi non hanno effetto se il giudice decide in modo difforme dall’accordo. 3. Nel dibattimento può essere data lettura, anche di ufficio, di atti del giudizio di primo grado nonché, entro i limiti previsti dagli articoli 511 e seguenti, di atti compiuti nelle fasi antecedenti. 4. Per la discussione si osservano le disposizioni dell’articolo 523. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 2 L. 19 gennaio 1999, n. 14.

Art . 603. Rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. 1. Quando una parte, nell’atto di appello o nei motivi presentati a norma dell’articolo 585 comma 4, ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l’assunzione di nuove prove, il giudice, se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. 2. Se le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall’articolo 495 comma 1. 3. La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale è disposta di ufficio se il giudice la ritiene assolutamente necessaria. 4. Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale quando l’imputato, con-

Codice procedura penale Artt. 602, 604 tumace in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l’atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161 comma 4 e 169, non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento. 5. Il giudice provvede con ordinanza, nel contraddittorio delle parti. 6. Alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale disposta a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente. In caso di impossibilità, il dibattimento è sospeso per un termine non superiore a dieci giorni. ––––––––––– 1 Si veda la sent. Corte cost. 19 dicembre 1991, n. 470 sulla applicabilità dell’art. 603 nel giudizio abbreviato d’appello.

Art. 604. (1) Questioni di nullità. 1. Il giudice di appello, nei casi previsti dall’articolo 522, dichiara la nullità in tutto o in parte della sentenza appellata e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado, quando vi è stata condanna per un fatto diverso o applicazione di una circostanza aggravante per la quale la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o di una circostanza aggravante ad effetto speciale, sempre che non vengano ritenute prevalenti o equivalenti circostanze attenuanti. 2. Quando sono state ritenute prevalenti o equivalenti circostanze attenuanti o sono state applicate circostanze aggravanti diverse da quelle previste dal comma 1, il giudice di appello esclude le circostanze aggravanti, effettua, se occorre, un nuovo giudizio di comparazione e ridetermina la pena. 3. Quando vi è stata condanna per un reato concorrente o per un fatto nuovo, il giudice di appello dichiara nullo il relativo capo della sentenza ed elimina la pena corrispondente, disponendo che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministero per le sue determinazioni. 4. Il giudice di appello, se accerta una delle nullità indicate nell’articolo 179, da cui sia derivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della sentenza di primo grado, la dichiara con sentenza e rinvia gli atti al giudice che procedeva quando si è verificata la nullità. Nello stesso modo il giudice provvede se accerta una delle nullità indicate nell’articolo 180 che non sia stata sanata e da cui sia derivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della sentenza di primo grado.


Codice procedura penale Artt. 605, 608 5. Se si tratta di altre nullità che non sono state sanate, il giudice di appello può ordinare la rinnovazione degli atti nulli o anche, dichiarata la nullità, decidere nel merito, qualora riconosca che l’atto non fornisce elementi necessari al giudizio. 6. Quando il giudice di primo grado ha dichiarato che il reato è estinto o che l’azione penale non poteva essere iniziata o proseguita, il giudice di appello, se riconosce erronea tale dichiarazione, ordina, occorrendo, la rinnovazione del dibattimento e decide nel merito. 7. Quando il giudice di primo grado ha respinto la domanda di oblazione, il giudice di appello, se riconosce erronea tale decisione, accoglie la domanda e sospende il dibattimento fissando un termine massimo non superiore a dieci giorni per il pagamento delle somme dovute. Se il pagamento avviene nel termine, il giudice di appello pronuncia sentenza di proscioglimento. 8. Nei casi previsti dal comma 1, se annulla una sentenza della corte di assise o del tribunale collegiale, il giudice di appello dispone la trasmissione degli atti ad altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale ovvero, in mancanza, alla corte o al tribunale più vicini. Se annulla una sentenza del tribunale monocratico o di un giudice per le indagini preliminari, dispone la trasmissione degli atti al medesimo tribunale; tuttavia il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 203 D.lgs. 51/98 e succ. mod.

Art. 605. Sentenza. 1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 604, il giudice di appello pronuncia sentenza con la quale conferma o riforma la sentenza appellata. 2. Le pronunce del giudice di appello sull’azione civile sono immediatamente esecutive. 3. Copia della sentenza di appello, con gli atti del procedimento, è trasmessa senza ritardo, a cura della cancelleria, al giudice di primo grado, quando questi è competente per l’esecuzione e non è stato proposto ricorso per cassazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 15 reg.

TITOLO III RICORSO PER CASSAZIONE CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 606. Casi di ricorso. 1. Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:

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a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri; b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale; c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza; d) mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta a norma dell’articolo 495 comma 2; e) mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato. 2. Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può essere proposto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o inappellabili. 3. Il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati ovvero, fuori dei casi previsti dagli articoli 569 e 609 comma 2, per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 169 att. c.p.p; art. 25 reg.; (1) artt. 125, 191, 192, 620; (2) artt. 593, 605; (3) art. 591.

Art. 607. Ricorso dell’imputato. 1. L’imputato può ricorrere per cassazione contro la sentenza di condanna o di proscioglimento ovvero contro la sentenza inappellabile di non luogo a procedere. 2. Può, inoltre, ricorrere contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le spese processuali. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 529 e segg.; (2) artt. 535, 592.

Art. 608. (1) Ricorso del pubblico ministero. 1. Il procuratore generale presso la corte di appello può ricorrere per cassazione contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di appello o inappellabile. 2. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale può ricorrere per cassazione contro ogni sentenza inappellabile, di condanna o di proscioglimento, pronunciata dalla corte di assise, dal tribunale o dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale. [3. Il procuratore della Repubblica presso la pretura può proporre ricorso per cassazione contro ogni sentenza inappellabile, di condanna o di proscioglimento pronunciata dal pretore o dal giudice per le indagini preliminari presso la pretura.] 4. Il procuratore generale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale possono anche ri-


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correre nei casi previsti dall’articolo 569 e da altre disposizioni di legge. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 204 D.lgs. 51/98 e succ. mod.

Art. 609. Cognizione della corte di cassazione. 1. Il ricorso attribuisce alla corte di cassazione la cognizione del procedimento limitatamente ai motivi proposti. 2. La corte decide altresì le questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo e quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 581, 585, 606.

CAPO II PROCEDIMENTO Art. 610. Atti preliminari. 1. Il presidente della corte di cassazione, se rileva una causa di inammissibilità dei ricorsi, li assegna ad apposita sezione. Il presidente della sezione fissa la data per la decisione in camera di consiglio. La cancelleria dà comunicazione del deposito degli atti e della data dell’udienza al procuratore generale ed ai difensori nel termine di cui al comma 5. L’avviso contiene l’enunciazione della causa di inammissibilità rilevata. Si applica il comma 1 dell’articolo 611. Ove non venga dichiarata l’inammissibilità, gli atti sono rimessi al presidente della corte. (1) 1 bis. Il presidente della corte di cassazione provvede all’assegnazione dei ricorsi alle singole sezioni secondo i criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario. (1) 2. Il presidente, su richiesta del procuratore generale, dei difensori delle parti o anche di ufficio, assegna il ricorso alle sezioni unite quando le questioni proposte sono di speciale importanza o quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni. 3. Il presidente della corte, se si tratta delle sezioni unite, ovvero il presidente della sezione fissa la data per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio e designa il relatore. Il presidente dispone altresì la riunione dei giudizi nei casi previsti dall’articolo 17 e la separazione dei medesimi quando giovi alla speditezza della decisione. [4. La cancelleria dà immediata comunicazione al procuratore generale del deposito degli atti per la eventuale richiesta della dichiarazione di inammissibilità del ricorso.] (2) 5. Almeno trenta giorni prima della data dell’udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando se il ricorso sarà deciso a seguito di udienza pubblica ovvero in ca-

Codice procedura penale Artt. 609, 613 mera di consiglio. [In quest’ultimo caso, l’avviso deve inoltre precisare se vi è la richiesta di dichiarazione di inammissibilità, enunciando la causa dedotta.] (3) ––––––––––– (1) L’originario comma 1 è stato così sostituito dall’art. 6, co. 2, lett. a), L. 26 marzo 2001, n. 128. (2) Comma abrogato dall’art. 6, co. 2, lett. b), L. 128/2001 cit. (3) Periodo soppresso dall’art. 6, co. 2, lett. b), L. 128/2001 cit. Disposizioni correlative: artt. 169-170 att. c.p.p.

Art. 611. Procedimento in camera di consiglio. 1. Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte procede in camera di consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento, fatta eccezione delle sentenze pronunciate a norma dell’articolo 442. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di replica. [2. Nello stesso modo la corte procede quando è stata richiesta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Se non dichiara l’inammissibilità, la corte fissa data per la decisione del ricorso in udienza pubblica.] (1) ––––––––––– (1) Comma abrogato dall’art. 6, co. 3, L. 26 marzo 2001, n. 128. Disposizioni correlative: (1) artt. 121, 311 585, 612.

Art. 612. Sospensione dell’esecuzione della condanna civile. 1. A richiesta dell’imputato o del responsabile civile, la corte di cassazione può sospendere, in pendenza del ricorso, l’esecuzione della condanna civile, quando può derivarne grave e irreparabile danno. La decisione sulla richiesta di sospensione della condanna civile è adottata dalla corte di cassazione con ordinanza in camera di consiglio. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 540, 569, 605.

Art. 613. Difensori. 1. Salvo che la parte non vi provveda personalmente, l’atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della corte di cassazione. Davanti alla corte medesima le parti sono rappresentate dai difensori. 2. Per tutti gli atti che si compiono nel procedimento davanti alla corte, il domicilio delle parti è presso i rispettivi difensori, salvo quanto previsto


Codice procedura penale Artt. 614, 619 dal comma 4. Il difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente; in mancanza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte nell’ultimo giudizio, purché abbia i requisiti indicati nel comma 1. 3. Se l’imputato è privo del difensore di fiducia, il presidente del collegio provvede a norma dell’articolo 97. 4. Gli avvisi che devono essere dati al difensore sono notificati anche all’imputato che non sia assistito da difensore di fiducia. 5. Quando il ricorso concerne gli interessi civili, il presidente, se la parte ne fa richiesta, nomina un difensore secondo le norme sul patrocinio dei non abbienti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 121, 581, 585; art. 169 att. c.p.p. (2) art. 164.

Art. 614. Dibattimento. 1. Le norme concernenti la pubblicità, la polizia e la disciplina delle udienze e la direzione della discussione nei giudizi di primo e di secondo grado si osservano davanti alla corte di cassazione, in quanto siano applicabili. 2. Le parti private possono comparire per mezzo dei loro difcnsori. 3. Nell’udienza stabilita, il presidente procede alla verifica della costituzione delle parti e della regolarità degli avvisi, dandone atto a verbale; quindi, il presidente o un consigliere da lui delegato fa la relazione della causa. 4. Dopo la requisitoria del pubblico ministero, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell’imputato espongono nell’ordine le loro difese. Non sono ammesse repliche. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-4) artt. 109, 171 att. c.p.p.; (1) artt. 470, 473, 523; (2) art. 613; (3) artt. 480-484, 610, 613.

CAPO III SENTENZA Art. 615. Deliberazione e pubblicazione. 1. La corte di cassazione delibera la sentenza in camera di consiglio subito dopo terminata la pubblica udienza salvo che, per la molteplicità o per l’importanza delle questioni da decidere, il presidente ritenga indispensabile differire la deliberazione ad altra udienza prossima. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 527 e 546. 2. Se non provvede a norma degli articoli 620, 622 e 623, la corte dichiara inammissibile o rigetta il ricorso. 3. La sentenza è pubblicata in udienza subito dopo la deliberazione, mediante lettura del dispo-

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sitivo fatta dal presidente o da un consigliere da lui delegato. 4. Prima della lettura, il dispositivo è sottoscritto dal presidente. ––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 15, 27 reg.

Art. 616. Spese e sanzione pecuniaria in caso di rigetto o di innammissibilità del ricorso. 1. Con il provvedimento che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento. Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata è inoltre condannata con lo stesso provvedimento al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da lire cinquecentomila (euro 258) a lire quattro milioni (euro 2.065). Nello stesso modo si può provvedere quando il ricorso è rigettato. ––––––––––– Con sentenza 7 – 13 giugno 2000, n.186, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del l’art. 616 nella parte in cui non prevede che la Corte di cassazione, in caso di inammissibilità del ricorso, possa non pronunciare la condanna in favore della cassa delle ammende, a carico della parte privata che abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Art. 617. Motivazione e deposito. 1. Conclusa la deliberazione, il presidente o il consigliere da lui designato redige la motivazione. Si osservano le disposizioni concernenti la sentenza nel giudizio di primo grado, in quanto applicabili. 2. La sentenza, sottoscritta dal presidente e dall’estensore, è depositata in cancelleria non oltre il trentesimo giorno dalla deliberazione. 3. Qualora il presidente lo disponga, la corte si riunisce in camera di consiglio per la lettura e l’approvazione del testo della motivazione. Sulle proposte di rettifica, integrazione o cancellazione la corte delibera senza formalità. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 544; artt. 173-174 att. c.p.p.; (2) art. 110; (3) art. 125.

Art. 618. Decisioni delle sezioni unite. 1. Se una sezione della corte rileva che la questione di diritto sottoposta al suo esame ha dato luogo, o può dar luogo, a un contrasto giurisprudenziale, su richiesta delle parti o di ufficio, può con ordinanza rimettere il ricorso alle sezioni unite. ––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 170, 172 att. c.p.p.; art. 26 reg.

Art. 619. Rettificazione di errori non determinanti annullamento. 1. Gli errori di diritto nella motivazione e le erronee indicazioni di testi di legge non producono l’annullamento della sentenza impugnata, se non hanno avuto influenza decisiva sul


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dispositivo. La corte tuttavia specifica nella sentenza le censure e le rettificazioni occorrenti. 2. Quando nella sentenza impugnata si deve soltanto rettificare la specie o la quantità della pena per errore di denominazione o di computo, la corte di cassazione vi provvede senza pronunciare annullamento. 3. Nello stesso modo si provvede nei casi di legge più favorevole all’imputato, anche se sopravvenuta dopo la proposizione del ricorso, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto. ––––––––––– V. nota sub art. 611.

Art. 620. Annullamento senza rinvio. 1. Oltre che nei casi particolarmerlte previsti dalla legge, la corte pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio: a) se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se il reato è estinto o se l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita; b) se il reato non appartiene alla giurisdizione del giudice ordinarlo; c) se il provvedimento impugnato contiene disposizioni che eccedono i poteri della giurisdizione, limitatamente alle medesime; d) se la decisione impugnata consiste in un provvedimento non consentito dalla legge; e) se la sentenza è nulla a norma e nei limiti dell’articolo 522 in relazione a un reato concorrente; f) se la sentenza è nulla a norma e nei limiti dell’articolo 522 in relazione a un fatto nuovo; g) se la condanna è stata pronunciata per errore di persona; h) se vi è contraddizione fra la sentenza o l’ordinanza impugnata e un’altra anteriore concernente la stessa persona e il medesimo oggetto, pronunciata dallo stesso o da un altro giudice penale; i) se la sentenza impugnata ha deciso in secondo grado sulla materia per la quale non è ammesso l’appello; l) in ogni altro caso in cui la corte ritiene superfluo il rinvio ovvero può essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari.

Codice procedura penale Artt. 620, 624 lettera h), ordina l’esecuzione della prima sentenza o ordinanza, ma, se si tratta di una sentenza di condanna, ordina l’esecuzione della sentenza che ha inflitto la condanna meno grave determinata a norma dell’articolo 669, in quello previsto dalla lettera i), ritiene il giudizio qualificando l’impugnazione come ricorso; in quello previsto dalla lettera 1), procede alla determinazione della pena o dà i provvedimenti che occorrono. Art. 622. Annullamento della sentenza ai soli effetti civili. 1. Fermi gli effetti penali della sentenza, la corte di cassazione, se ne annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l’azione civile ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato, rinvia quando occorre al giudlce civile competente per valore in grado di appello, anche se l’annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 538-541, 605.

Art. 623. (1) Annullamento con rinvio. 1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 620 e 622: a) se è annullata un’ordinanza, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l’ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento; b) se è annullata una sentenza di condanna nei casi previsti dall’articolo 604 comma 1, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice di primo grado; c) se è annullata la sentenza di una corte di assise di appello o di una corte di appello ovvero di una corte di assise o di un tribunale in composizione collegiale, il giudizio è rinviato rispettivamente a un’altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale o, in mancanza, alla corte o al tribunale più vicini; d) se è annullata la sentenza di un tribunale monocratico o di un giudice per le indagini preliminari, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al medesimo tribunale; tuttavia, il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) (a) artt. 150 e segg. cod. pen.; artt. 336, 341-343, 405, 409; (1 (b) art. 20; (1) (c) art. 606; (1) (g) artt. 69, 129; (1) (i) artt. 443, 448, 593.

––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 205 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: art. 175 att. c.p.p.

Art. 621. Effetti dell’annullamento senza rinvio. 1. Nel caso previsto dall’articolo 620 comma 1 lettera b), la corte dispone che gli atti siano trasmessi all’autorità competente, che essa designa, in quello previsto dalla lettera e) e in quello previsto dalla lettera f), la corte dispone che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministero per le sue determinazioni; in quello previsto dalla

Art. 624. Annullamento parziale. 1. Se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata. 2. La corte di cassazione, quando occorre, dichiara nel dispositivo quali parti della sentenza diventano irrevocabili. L’omissione di tale dichiara-


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zione è riparata dalla corte stessa in camera di consiglio con ordinanza che deve trascriversi in margine o in fine della sentenza e di ogni copia di essa posteriormente rilasciata. L’ordinanza può essere pronunciata di ufficio ovvero su domanda del giudice competente per il rinvio, del pubblico ministero presso il medesimo giudice o della parte privata interessata. La domanda si propone senza formalità. 3. La corte di cassazione provvede in camera di consiglio senza l’osservanza delle forme previste dall’articolo 127.

4. Quando la richiesta è proposta fuori dell’ipotesi prevista dal comma 1 o, quando essa riguardi la correzione di un errore di fatto, fuori del termine previsto al comma 2, ovvero risulta manifestamente infondata, la corte, anche d’ufficio, ne dichiara con ordinanza l’inammissibilità; altrimenti procede in camera di consiglio, a norma dell’articolo 127 e, se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l’errore.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 648.

Art. 626. Effetti della sentenza sui provvedimenti di natura personale o reale. 1. Quando, in seguito alla sentenza della corte di cassazione, deve cessare una misura cautelare ovvero una pena accessoria o una misura di sicurezza, la cancelleria ne comunica immediatamente il dispositivo al procuratore generale presso la corte medesima perché dia i provvedimenti occorrenti.

Art. 624 bis. Cessazione delle misure cautelari. (1) 1. La corte di cassazione, nel caso di annullamento della sentenza d’appello, dispone la cessazione delle misure cautelari. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 6, co. 5, L. 26 marzo 2001, n. 128.

Art. 625. Provvedimenti conseguenti alla sentenza. 1. In caso di annullamento con rinvio, la cancelleria della corte di cassazione trasmette senza ritardo gli atti del processo con la copia della sentenza al giudice che deve procedere al nuovo giudizio. 2. In caso di rigetto o di dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la cancelleria trasmette gli atti e la copia del solo dispositivo al giudice che ha emesso la decisione impugnata. 3. In caso di annullamento senza rinvio o di rettificazione, la cancelleria trasmette al giudice indicato nel comma 2 gli atti e la copia della sentenza. 4. In ogni caso la cancelleria del giudice che ha emesso la decisione impugnata esegue annotazione, in margine o in fine dell’originale, della decisione della corte. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 623; (2) art. 615, (3) artt. 619, 620; (4) art. 27 reg.

Art. 625 bis. Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto. (1) 1. È ammessa, a favore del condannato, la richiesta per la correzione dell’errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla corte di cassazione. 2. La richiesta è proposta dal procuratore generale o dal condannato, con ricorso presentato alla corte di cassazione entro centottanta giorni dal deposito del provvedimento. La presentazione del ricorso non sospende gli effetti del provvedimento, ma, nei casi di eccezionale gravità, la corte prevede, con ordinanza, alla sospensione. 3. L’errore materiale di cui al comma 1 può essere rilevato dalla corte di cassazione, d’ufficio, in ogni momento.

––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 6, co. 6, L. 26 marzo 2001, n. 128.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 280, 286, 312, 313, 316, 323; art. 28 reg.

Art. 627. Giudizio di rinvio dopo annullamento. 1. Nel giudizio di rinvio non è ammessa discussione sulla competenza attribuita con la sentenza di annullamento, salvo quanto previsto dall’articolo 25. 2. Il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata salve le limitazioni stabilite dalla legge. Se è annullata una sentenza di appello e le parti ne fanno richiesta il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per l’assunzione delle prove rilevanti per la decisione. 3. Il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della corte di cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa. 4. Non possono rilevarsi nel giudizio di rinvio nullità, anche assolute, o inammissibilità, verificatesi nei precedenti giudizi o nel corso delle indagini preliminari. 5. Se taluno degli imputati, condannati con la sentenza annullata, non aveva proposto ricorso, l’annullamento pronunciato rispetto al ricorrente giova anche al non ricorrente, salvo che il motivo dell’annullamento sia esclusivamente personale. L’imputato che può giovarsi di tale effetto estensivo deve essere citato e ha facoltà di intervenire nel giudizio di rinvio. Art. 628. Impugnabilità della sentenza del giudice di rinvio. l. La lentenza del giudice di rinvio può essere impugnata con ricorso per cassazione se pronunciata in grado di appello e col mezzo previsto dalla legge se pronunciata in primo grado.


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2. In ogni caso la sentenza del giudice di rinvio può essere impugnata soltanto per motivi non riguardanti i punti già decisi dalla corte di cassazione ovvero per inosservanza della disposizione dell’articolo 627 comma 3.

Codice procedura penale Artt. 629, 634

––––––––––– 1 Una specifica ipotesi di revisione della sentenza – stavolta però a favore del condannato – è prevista dall’art. 8 D.L. 3 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di criminalità organizzata...). Riguarda il caso del c.d. .«falso pentito di mafia» e cioè il caso in cui il condannato per delitti di tipo mafioso ha ottenuto la concessione delle attenuanti della «collaborazione» per effetto di dichiarazioni che si scoprono false o reticenti. Il procuratore generale della Corte di appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza che ha applicato le attenuanti può chiedere la revisione della sentenza «ingiustamente favorevole». In caso di accoglimento della richiesta il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena. Disposizioni correlative: (1) att. 171-174 Cod. pen; artt. 533, 648.

nato deve essere prosciolto a norma degli articoli 529, 530 o 531. Art. 632. Soggetti legittimati alla richiesta. l. Possono chiedere la revisione: a) il condannato o un suo prossimo congiunto ovvero la persona che ha sul condannato l’autorità tutoria e, se il condannato è morto, l’erede o un prossimo congiunto; b) il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto fu pronunciata la sentenza di condanna. Le persone indicate nella lettera a) possono unire la propria richiesta a quella del procuratore generale. Art. 633. Forma della richiesta. 1. La richiesta di revisione è proposta personalmente o per mezzo di un procuratore speciale. Essa deve contenere l’indicazione specifica delle ragioni e delle prove che la giustificano e deve essere presentata, unitamente a eventuali atti e documenti, nella cancelleria della corte di appello individuata secondo i criteri di cui all’art. 11. (1) 2. Nei casi previsti dall’articolo 630 comma 1 lettere a) e b), alla richiesta devono essere unite le copie autentiche delle sentenze o dei decreti penali di condanna ivi indicati. 3. Nel caso previsto dall’articolo 630 comma 1 lettera d), alla richiesta deve essere unita copia autentica della sentenza irrevocabile di condanna per il reato ivi indicato.

Art. 630. Casi di revisione. 1. La revisione può essere richiesta: a) se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza penale irrevocabile del giudice ordinario o di un giudice speciale; b) se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile o amministrativo, successivamente revocata, che abbia deciso una delle questioni pregiudiziali previste dall’articolo 3 ovvero una delle questioni previste dall’articolo 479; c) se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’articolo 631; d) se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato. Art. 631. Limiti della revisione. 1. Gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena d’inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condan-

Art. 634. Declaratoria d’inammissibilità. 1. Quando la richiesta è proposta fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 o senza l’osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631, 632, 633, 641 ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l’inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da lire cinquecentomila (euro 258) a lire quattro milioni (euro 2.065).

TITOLO IV REVISIONE Art. 629. Condanne soggette a revisione. 1. È ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condanna o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena e già stata eseguita o è estinta.

––––––––––– (1) Il comma 1 è stato così modificato dall’art. 1 L. 23 novembre 1998, n. 405. Secondo l’art. 2 L. 405/98 «1. La competenza individuata ai sensi del comma 1 dell’art. 633 del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della presente legge, vale anche per i procedimenti di revisione in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa salvo che sia stato aperto il dibattimento ai sensi degli artt. 636 e 492 del codice di procedura penale o sia stata pronunciata ordinanza di inammissibilità a norma dell art. 634 dello stesso codice. 2. Lo spostamento della competenza di cui al comma 1 opera tuttavia anche per i procedimenti di revisione pe i quali la Corte di cassazione ha annullato l’ordinanza di inammissibilità rinviando ad altra sezione della corte di appello che ha pronunciato l’ordinanza annullata». Disposizioni correlative (1) art. 122; (3) art. 648.


Codice procedura penale Artt. 635, 643 2. L’ordinanza è notificata al condannato e a colui che ha proposto la richiesta, i quali possono ricorrere per cassazione. In caso di accoglimento del ricorso, la corte di cassazione rinvia il giudizio di revisione ad altra corte di appello individuata secondo i criteri di cui all’art. 11. (1) ––––––––––– (1) Il comma 2 è stato così modificato dall’art. 1 L. 23 novembre 1988, n. 405.

Art. 635. Sospensione dell’esecuzione. 1. La corte di appello può in qualunque momento disporre, con ordinanza, la sospensione dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, applicando, se del caso, una delle misure coercitive previste dagli articoli 281, 282, 283 e 284. In ogni caso di inosservanza della misura, la corte di appello revoca l’ordinanza e dispone che riprenda l’esecuzione della pena o della misura di sucurezza. 2. Contro l’ordinanza che decide sulla sospensione dell’esecuzione, sull’applicazione delle misure coercitive e sulla revoca, possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero e il condannato. Art. 636. Giudizio di revisione. 1. Il presidente della corte di appello emette il decreto di citazione a norma dell’articolo 601. 2. Si osservano le disposizioni del titolo I e del titolo II del libro VII in quanto siano applicabili e nei limiti delle ragioni indicate nella richiesta di re visione. ––––––––––– Disposizioni correlative (1-2) art. 168 att. c.p.p.

Art. 637. Sentenza. 1. La sentenza è deliberata secondo le disposizioni degli articoli 525, 526, 527, 528. 2. In caso di accoglimento della richiesta di revisione, il giudice revoca la sentenza di condanna o il decreto penale di condanna e pronuncia il proscioglimento indicandone la causa nel dispositivo. 3. Il giudice non può pronunciare il proscioglimento esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio. 4. In caso di rigetto della richiesta, il giudice condanna la parte privata che l’ha proposta al pagamento delle spese processuali e, se è stata disposta la sospensione, dispone che riprenda l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) artt. 460, 529 e segg.; (4) artt. 592, 635.

Art. 638. Revisione a favore del condannato defunto. 1. In caso di morte del condannato dopo la presentazione della richiesta di revisione, il presidente della corte di appello nomina un curatore, il quale esercita i diritti che nel processo di revisione sarebbero spettati al condannato.

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Art. 639. Provvedimenti in accoglimento della richiesta. 1. La corte di appello, quando pronunciati sentenza di proscioglimento a seguito di accoglimento della richiesta di revisione, anche nel caso previsto dall’articolo 638, ordina la restituzione delle somme pagate in esecuzione della condanna per le pene pecuniarie per le misure di sicurezza patrimoniali, per le spese processuali e di mantenimento in carcere e per il risarcimento dei danni a favore della parte civile citata per il giudizio di revisione. Ordina altresì la restituzione delle cose che sono state confiscate, a eccezione di quelle previste nell’articolo 240 comma 2 n. 2 del codice penale. Art. 640. Impugnabilità della sentenza. 1. La sentenza pronunciata nel giudizio di revisione è soggetta al ricorso per cassazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art 606.

Art. 641. Effetti dell’inammissibilità o del rigetto. 1. L’ordinanza che dichiara inammissibile la richiesta o la sentenza che la rigetta non pregiudica il diritto di presentare una nuova richiesta fondata su elementi diversi. Art. 642. Pubblicazione della sentenza di accoglimento della richiesta. 1. La sentenza di accoglimento, a richiesta dell’interessato, è affissa per estratto, a cura della cancelleria, nel comune in cui la sentenza di condanna era stata pronunciata e in quello dell’ultima residenza del condannato. L’ufficiale giudiziario deposita in cancelleria il certificato delle eseguite affissioni. 2. Su richiesta dell’interessato, il presidente della corte di appello dispone con ordinanza che l’estratto della sentenza sia pubblicato a cura della cancelleria in un giornale, indicato nella richiesta; le spese della pubblicazione sono a carico della cassa delle ammende. Art. 643. Riparazione dell’errore giudiziario. 1. Chi è stato prosciolto in sede di revisione, se non ha dato causa per dolo o colpa grave all’errore giudiziario, ha diritto a una riparazione commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena o internamento e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna. 2. La riparazione si attua mediante pagamento di una somma di denaro ovvero, tenuto conto delle condizioni dell’avente diritto e della natura del danno mediante la costituzione di una rendita vitalizia. L’avente diritto, su sua domanda, può essere accolto in un istituto, a spese dello Stato. 3. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della pena detentiva che sia computata nella determinazione della pena da espiare per un reato diverso, a norma dell’articolo 657 comma 2. ––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 314, 637.


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Art. 644. Riparazione in caso di morte. 1. Se il condannato muore, anche prima del procedimento di revisione, il diritto alla riparazione spetta al coniuge, ai discendenti e ascendenti, ai fratelli e sorelle, agli affini entro il primo grado e alle persone legate da vincolo di adozione con quella deceduta. 2. A tali persone, tuttavia, non può essere assegnata a titolo di riparazione una somma maggiore di quella che sarebbe stata liquidata al prosciolto. La somma è ripartita equitativamente in ragione delle conseguenze derivate dall’errore a ciascuna persona. 3. Il diritto alla riparazione non spetta alle persone che si trovino nella situazione di indennità prevista dall’articolo 463 del codice civile. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 638.

Art. 645. Domanda di riparazione. 1. La domanda di riparazione è proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione ed è presentata per iscritto, unitamente ai documenti ritenuti utili, personalmente o per mezzo di procuratore speciale, nella cancelleria della corte di appello che ha pronunciato la sentenza. 2. Le persone indicate nell’articolo 644 possono presentare la domanda nello stesso termine, anche per mezzo del curatore indicato nell’articolo 638 ovvero giovarsi della domanda già proposta da altri. Se la domanda è presentata soltanto da alcuna delle predette persone, questa deve fornire l’indicazione degli altri aventi diritto. ––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 122, 637, 648; art. 176 att. c.p.p.

Codice procedura penale Artt. 644, 647 Art. 646. Procedimento e decisione. 1. Sulla domanda di riparazione la corte di appello decide in camera di consiglio osservando le forme previste dall’articolo 127. 2. La domanda, con il provvedimento che fissa l’udienza, è comunicata al pubblico ministero ed è notificata, a cura della cancelleria, al ministro del tesoro presso l’avvocatura dello Stato che ha sede nel distretto della corte e a tutti gli interessati, compresi gli aventi diritto che non hanno proposto la domanda. 3. L’ordinanza che decide sulla domanda di riparazione è comunicata al pubblico ministero e notificata a tutti gli interessati, i quali possono ricorrere per cassazione. 4. Gli interessati che, dopo aver ricevuto la notificazione prevista dal comma 2, non formulano le proprie richieste nei termini e nelle forme previsti dall’articolo 127 comma 2, decadono dal diritto di presentare la domanda di riparazione successivamente alla chiusura del procedimento stesso. 5. Il giudice, qualora ne ricorrano le condizioni, assegna all’interessato una provvisionale a titolo di alimenti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) artt. 153, 645: (3) art. 606; (5) art. 438 Cod. civ.

Art. 647. Risarcimento del danno e riparazione. 1. Nel caso previsto dall’articolo 630 comma 1 lettera d), lo Stato, se ha corrisposto la riparazione, si surroga, fino alla concorrenza della somma pagata, nel diritto al risarcimento dei danni contro il responsabile. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 1203 Cod. civ.


LIBRO DECIMO ESECUZIONE TITOLO I GIUDICATO Art. 648. Irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali. 1. Sono irrevocabili le sentenze pronunciate in giudizio contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione. 2. Se l’impugnazione è ammessa, la sentenza è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporla o quello per impugnare l’ordinanza che la dichiara inammissibile Se vi è stato ricorso per cassazione, la sentenza è irrevocabile dal giorno in cui è pronunciata l’ordinanza o la sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso. 3. Il decreto penale di condanna è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporre opposizione o quello per impugnare l’ordinanza che la dichiara inammissibile. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 260 att. c.p.p.; (1)artt. 629 e segg.; (2) artt. 585, 591, 606, 611, 615; (3) art. 461.

Art. 649. Divieto di un secondo giudizio. 1. L’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345. 2. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 529 e segg., 648; (2) art. 425.

Art. 650. Esecutività delle sentenze e dei decreti penali. 1. Salvo che sia diversamente disposto, le sentenze e i decreti penali hanno forza esecutiva quando sono divenuti irrevocabili. 2. Le sentenze di non luogo a procedere hanno forza esecutiva quando non sono più soggette a impugnazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (2) artt. 425, 428.

Art. 651. Efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno. 1 La sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. 2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell’articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 533.

Art. 652. Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno. 1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell’interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l’azione in sede civile a norma dell’articolo 75, comma 2 (1). 2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a norma dell’articolo 442, se la parte civile ha accettato il rito abbreviato. ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 9, L. 27 marzo 2001, n. 97.

Art. 653. Efficacia della sentenza penale [di assoluzione] nel giudizio disciplinare. (1) 1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso (1).


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1 bis. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso (2). ––––––––––– (1) La rubrica e il comma 1 sono stati così modificati dall’art. 1, L. 27 marzo 2001, n. 97. (2) Comma inserito dall’art. 1, L. 27 marzo 2001, n. 97.

Art. 654. Efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi. 1. Nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa. TITOLO II ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI Art. 655. Funzioni del pubblico ministero. 1. Salvo che sia diversamente disposto, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 cura di ufficio l’esecuzione dei provvedimenti. 2. Il pubblico ministero propone le sue richieste al giudice competente e interviene in tutti i procedimenti di esecuzione. 3. Quando occorre, il pubblico ministero può chiedere il compimento di singoli atti a un ufficio del pubblico ministero di altra sede. 4. Se per l’esecuzione di un provvedimento è necessaria l’autorizzazione, il pubblico ministero ne fa richiesta all’autorità competente; l’esecuzione è sospesa fino a quando l’autorizzazione non è concessa. Allo stesso modo si procede quando la necessità dell’autorizzazione è sorta nel corso dell’esecuzione. 5. I provvedimenti del pubblico ministero dei quali è prescritta nel presente titolo la notificazione al difensore, sono notificati, a pena di nullità, entro trenta giorni dalla loro emissione, al difensore nominato dall’interessato o, in mancanza, a quello designato dal pubblico ministero a norma dell’articolo

Codice procedura penale Artt. 654, 656 97, senza che ciò determini la sospensione o il ritardo dell’esecuzione. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 28 reg.

Art. 656. (1) Esecuzione delle pene detentive. 1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è detenuto, né dispone la carcerazione. Copia dell’ordine è consegnata all’interessato. 2 Se il condannato è già detenuto, l’ordine di esecuzione è comunicato al Ministro di grazia e giustizia e notificato all’interessato. 3. L’ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant’altro valga a identificarla, l’imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all’esecuzione. L’ordine è notificato al difensore del condannato. 4. L’ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall’articolo 277. 5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni ovvero a quattro anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l’esecuzione. L’ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell’esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l’avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47 ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all’articolo 94 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’art. 90 dello stesso testo unico. L’avviso informa altresì che, ove non sia presentata l’istanza nonché la certificazione da allegare ai sensi degli articoli 91, comma 2, e 94, comma 1, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309, l’esecuzione della pena avrà corso immediato (2). 6. L’istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato al pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero. Se l’istanza non è corredata dalla


Codice procedura penale Artt. 657, 658 documentazione prescritta o necessaria, questa può essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’art. 666, comma 3. Resta salva, in ogni caso, la facoltà del tribunale di sorveglianza di procedere anche d’ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all’assunzione di prove a norma dell’articolo 666, comma 5. Il tribunale di sorveglianza decide entro 45 giorni dal ricevimento dell’istanza (2). 7. La sospensione dell’esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni. 8. Salva la disposizione del comma 8 bis, qualora l’istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell’esecuzione (2). 8 bis. Quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all’esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica (3 ). 9. La sospensione dell’esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta: a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975 n. 354, e successive modificazioni; b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva. 10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero sospende l’esecuzione dell’ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perché provveda, alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall’articolo 47 ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni,

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provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza» (2). ––––––––––– (1) Articolo sostituito dall’art. 1 L. 27 maggio 1998, n. 165. (2) Comma così modificato dall’art. 10 D.L. 24 novembre 2000, n. 341, conv. con modif. nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. (3) Comma inserito dall’art. 10 del citato D.L. n. 341/2000.

Art. 657. Computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo. 1. Il pubblico ministero, nel determinare la pena detentiva da eseguire, computa il periodo di custodia cauelare subita per lo stesso o per altro reato, anche se la custodia è ancora in corso. Allo stesso modo procede in caso di applicazione provvisoria di una misura di sicurezza detentiva, se questa non è stata applicata definitivamente. 2. Il pubblico ministero computa altresì il periodo di pena detentiva espiata per un reato diverso, quando la relativa condanna è stata revocata, quando per il reato è stata concessa amnistia o quando è stato concesso indulto, nei limiti dello stesso. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, il condannato può chiedere al pubblico ministero che i periodi di custodia cautelare e di pena detentiva espiata, operato il ragguaglio, siano computati per la determinazione della pena pecuniaria o della sanzione sostitutiva da eseguire; nei casi previsti dal comma 2, può altresì chiedere che le sanzioni sostitutive espiate siano computate nelle sanzioni sostitutive da eseguire per altro reato. 4. In ogni caso sono computate soltanto la custodia cautelare subita o le pene espiate dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire. 5. Il pubblico ministero provvede con decreto, che deve essere notificato al condannato e al suo difensore. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 312, 655; art. 21 (Min.); art. 194 att. c.p.p.; art. 30 reg.; (2) artt. 151, 174 Cod. pen., att. 637, 669, 673; (3) artt. 660-661; (5) art. 148.

Art. 658. Esecuzione delle misure di sicurezza ordinate con sentenza. 1. Quando deve essere eseguita una misura di sicurezza, diversa dalla confisca ordinata con sentenza, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 trasmette gli atti al pubblico ministero presso il magistrato di sorveglianza competente per i provvedimenti previsti dall’articolo 679. Le misure di sicurezza di cui sia stata ordinata l’applicazione provvisoria a norma dell’articolo 312 sono eseguite dal pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento, il quale provvede a norma dell’articolo 659 comma 2. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 31 reg.


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Art. 659. Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza. 1. Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la carcerazione o la scarcerazione del condannato, il pubblico ministero che cura l’esecuzione della sentenza di condanna emette ordine di esecuzione con le modalità previste dall’articolo 656 comma 4. Tuttavia, nei casi di urgenza, il pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza che ha adottato il provvedimento può emettere ordine provvisorio di esecuzione che ha effetto fino a quando non provvede il pubblico ministero competente. 2. I provvedimenti relativi alle misure di sicurezza diverse dalla confisca sono eseguiti dal pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza che li ha adottati. Il pubblico ministero comunica in copia il provvedimento all’autorità di pubblica sicurezza e, quando ne è il caso, emette ordine di esecuzione, con il quale dispone la consegna o la liberazione dell’interessato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art 677; art. 189 att. c.p.p; (2) art. 215.

[Art. 660. Esecuzione delle pene pecuniarie. 1. Le condanne a pena pecuniaria sono eseguite nei modi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti. 2. Quando è accertata la impossibilità di esazione della pena pecuniaria o di una rata di essa, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione, il quale provvede previo accertamento dell’effettiva insolvibilità del condannato e, se ne è il caso, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Se la pena è stata rateizzata, è convertita la parte non ancora pagata. 3. In presenza di situazioni di insolvenza, il magistrato di sorveglianza può disporre la rateizzazione della pena a norma dell’articolo 133 ter del codice penale, se essa non è stata disposta con la sentenza di condanna ovvero può differire la conversione per un tempo non superiore a sei mesi. Alla scadenza del termine fissato, se lo stato di insolvenza perdura, è disposto un nuovo differimento, altrimenti e ordinata la conversione. Ai fini della estinzione della pena per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale l’esecuzione è stata differita. 4. Con l’ordinanza che dispone la conversione, il magistrato di sorveglianza determina le modalità delle sanzioni conseguenti in osservanza delle norme vigenti. 5. Il ricorso contro l’ordinanza di conversione ne sospende l’esecuzione.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, gli artt. 235, 237, 238, 241 D.P.R. n. 115/2002 cit.

Codice procedura penale Artt. 659, 664 Art. 661. Esecuzione delle sanzioni sostitutive. 1. Per l’esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, il pubblico ministero trasmette l’estratto della sentenza di condanna al magistrato di sorveglianza territorialmente competente che provvede in osservanza delle leggi vigenti. 2. La pena pecuniaria, quale sanzione sostitutiva, eseguita a norma dell’articolo 660. ––––––––––– V. artt. 55 e segg. L. 24 novembre 1981, n. 689 (Depenalizzazione). Disposizioni correlative: artt. 29, 31 reg.

Art. 662. Esecuzione delle pene accessorie. 1. Per l’esecuzione delle pene accessorie, il pubblico ministero, fuori dei casi previsti dagli articoli 32 e 34 del codice penale, trasmette l’estratto della sentenza di condanna agli organi della polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza e, occorrendo, agli altri organi interessati, indicando le pene accessorie da eseguire. Nei casi previsti dagli articoli 32 e 34 del codice penale, il pubblico ministero trasmette l’estratto della sentenza al giudice civile competente. 2. Quando alla sentenza di condanna consegue una delle pene accessorie previste dagli articoli 28, 30, 32 bis e 34 del codice penale, per la determinazione della relativa durata si computa la misura interdittiva di contenuto corrispondente eventualmente disposta a norma degli articoli 288, 289 e 290. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 13 att. c.p.p.

Art. 663. Esecuzione di pene concorrenti. 1. Quando la stessa persona è stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi, il pubblico ministero determina la pena da eseguirsi, in osservanza delle norme sul concorso di pene. 2. Se le condanne sono state inflitte da giudici di versi, provvede il pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 comma 4. 3. Il provvedimento del pubblico ministero è notificato al condannato e al suo difensore. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 194 att. c.p.p.

Art. 664. Esecuzione di altre sanzioni pecuniarie. 1. Le somme dovute per sanzioni disciplinari pecuniarie o per condanna alla perdita della cauzione o in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una richiesta, sono devolute alla cassa delle ammende anche quando ciò non sia espressamente stabilito. 2. I relativi provvedimenti possono essere revocati dal giudice, su richiesta dell’interessato o del pubblico ministero, prima della conclusione della


Codice procedura penale Artt. 665, 666 fase del procedimento nella quale sono stati adottati, sempre che la revoca non sia vietata. [3. I provvedimenti non più revocabili si eseguono nei modi previsti per il recupero delle spese processuali anticipate dallo Stato.] (1) 4. Per l’esecuzione delle sanzioni conseguenti a violazioni amministrative accertate nel processo penale, il pubblico ministero trasmette l’estratto della sentenza esecutiva all’autorità amministrativa competente. ––––––––––– Comma abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, l’art. 202 D.P.R. n. 115/2002 cit. Disposizioni correlative: art. 184 att. c.p.p.

TITOLO III ATTRIBUZIONI DEGLI ORGANI GIURISDIZIONALI CAPO I GIUDICE DELL’ESECUZIONE Art. 665. (1) Giudice competente. 1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell’esecuzione di un provvedimento è il giudice che lo ha deliberato. 2. Quando è stato proposto appello, se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente il giudice di primo grado; altrimenti è competente il giudice di appello. 3. Quando vi è stato ricorso per cassazione e questo è stato dichiarato inammissibile o rigettato ovvero quando la corte ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato, è competente il giudice di primo grado, se il ricorso fu proposto contro provvedimento inappellabile ovvero a norma dell’articolo 569, e il giudice indicato nel comma 2 negli altri casi. Quando è stato pronunciato l’annullamento con rinvio, è competente il giudice di rinvio. 4. Se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi da giudici diversi, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo. Tuttavia, se i provvedimenti sono stati emessi da giudici ordinari e giudici speciali, è competente in ogni caso il giudice ordinario. 4 bis. Se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi dal tribunale in composizione monocratica e collegiale, l’esecuzione è attribuita in ogni caso al collegio. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 206 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (1) art. 260 att. c.p.p.; art. 29 reg. (2) artt. 593, 596; (3) artt. 606, 611, 615, 620, 623.

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Art. 666. Procedimento di esecuzione. 1. Il giudice dell’esecuzione procede a richiesta del pubblico ministero dell’interessato o del difensore. 2. Se la richiesta appare manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi, il giudice o il presidene del collegio, sentito il pubblico ministero, la dichiara inammissibile con decreto motivato, che è notificato entro cinque giorni all’interessato. Contro il decreto può essere proposto ricorso per cassazione. 3. Salvo quanto previsto dal comma 2, il giudice o il presidente del collegio, designato il difensore di ufficio all’interessato che ne sia privo, fissa la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori. L’avviso è comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta. E fino a cinque giorni prima dell’udienza possono essere depositate memorie in cancelleria. 4. L’udienza si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero. L’interessato che ne fa richiesta è sentito personalmente; tuttavia, se è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, è sentito prima del giorno dell’udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo, salvo che il giudice ritenga di disporre la traduzione. 5. Il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno; se occorre assumere prove, procede in udienza nel rispetto del contraddittorio. 6. Il giudice decide con ordinanza. Questa è comunicata o notificata senza ritardo alle parti e ai difensori, che possono proporre ricorso per cassazione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni sulle impugnazioni e quelle sul procedimento in camera di consiglio davanti alla corte di cassazione. 7. Il ricorso non sospende l’esecuzione dell’ordinanza, a meno che il giudice che l’ha emessa disponga diversamente. 8. Se l’interessato è infermo di mente, l’avviso previsto dal comma 3 è notificato anche al tutore o al Curatore, se l’interessato ne è privo, il giudice o il presidente del collegio nomina un curatore provvisorio. Al tutore e al curatore competono gli stessi diritti dell’interessato. 9. Il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva a norma dell’articolo 140 comma 2. ––––––––––– 1 L’art. 666 comma 9 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui dopo la parola «redatto» prevede «soltanto» anziché «di regola» (Corte cost. 3 dicembre 1990, n. 529). Per le motivazioni della sentenza, v. sub artt. 127 e 420.


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2 Gli artt. 666 e 678 c.p.p. sono applicabili anche nel procedimento di reclamo avverso il decreto del magistrato di sorveglianza che esclude dal computo della detenzione il periodo trascorso in permesso-premio (v. Corte cost. 16 febbraio 1993, n. 53). V. anche sub art. 236 att. c.p.p. Disposizioni correlative: art. 185 att. c.p.p.; art. 33 reg.

Art. 667. Dubbio sull’identità fisica della persona detenuta. 1. Se vi è ragione di dubitare dell’identità della persona arrestata per esecuzione di pena o perché evasa mentre scontava una condanna, il giudice dell’esecuzione la interroga e compie ogni indagine utile alla sua identificazione anche a mezzo della polizia giudiziaria. (1) 2. Quando riconosce che non si tratta della persona nei cui confronti deve compiersi l’esecuzione, ne ordina immediatamente la liberazione. Se l’identità rimane incerta, ordina la sospensione dell’esecuzione, dispone la liberazione del detenuto e invita il pubblico ministero a procedere a ulteriori indagini. 3. Se appare evidente che vi è stato un errore di persona e non è possibile provvedere tempestivamente a norma dei commi 1 e 2, la liberazione può essere ordinata in via provvisoria con decreto motivato dal pubblico ministero del luogo dove l’arrestato si trova. Il provvedimento del pubblico ministero ha effetto fino a quando non provvede il giudice competente, al quale gli atti sono immediatamente trasmessi. 4. Il giudice dell’esecuzione provvede in ogni caso senza formalità con ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all’interessato. Contro l’ordinanza possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice il pubblico ministero, l’interessato e il difensore; in tal caso si procede a norma dell’articolo 666. L’oppposizione è proposta, a pena di decadenza, entro quindici giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza. (1) 5. Se la persona detenuta deve essere giudicata per altri reati, l’ordinanza è comunicata all’autorità giudiziaria procedente. ––––––––––– (1) I commi 1 e 4 sono stati così sostituiti ad opera dell’art. 28 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.

Art. 668. Persona condannata per errore di nome. 1. Se una persona è stata condannata in luogo di un’altra per errore di nome, il giudice dell’esecuzione provvede alla correzione nelle forme previste dall’articolo 130 soltanto se la persona contro cui si doveva procedere è stata citata come imputato anche sotto altro nome per il giudizio; altrimenti si provvede a norma dell’articolo 630 comma 1 lettera c). In ogni caso l’esecuzione contro la persona erroneamente condannata è sospesa. Art. 669. Pluralità di sentenze per il medesimo fatto contro la stessa persona. 1. Se più sentenze di condanna divenute irrevocabili sono

Codice procedura penale Artt. 667, 669 state pronunciate contro la stessa persona per il medesimo fatto, il giudice ordina l’esecuzione della sentenza con cui si pronuncia la condanna meno grave, revocando le altre. 2. Quando le pene irrogate sono diverse, l’interessato può indicare la sentenza che deve essere eseguita. Se l’interessato non si avvale di tale facoltà prima della decisione del giudice dell’esecuzione, si applicano le disposizioni dei commi 3 e 4. 3. Se si tratta di pena pecuniaria e pena detentiva, si esegue la pena pecuniaria. Se si tratta di pene detentive o pecuniarie di specie diversa, si esegue la pena di minore entità; se le pene sono di uguale entità, si esegue rispettivamente l’arresto o l’ammenda. Se si tratta di pena detentiva o pecuniaria e della sanzione sostituiva della semidetenzione o della libertà controllata, si esegue, in caso di pena detentiva, la sanzione sostitutiva e, in caso di pena pecuniaria, quest’ultima. 4. Quando le pene principali sono uguali, si tiene conto della eventuale applicazione di pene accessorie o di misure di sicurezza e degli altri effetti penali. Quando le condanne sono identiche, si esegue la sentenza divenuta irrevocabile per prima. 5. Se la sentenza revocata era stata in tutto o in parte eseguita, l’esecuzione si considera come conseguente alla sentenza rimasta in vigore. 6. Le stesse disposizioni si applicano se si tratta di più decreti penali o di sentenze e di decreti ovvero sc il fatto è stato giudicato in concorso formale con altri fatti o quale episodio di un reato continuato, premessa, ove necessaria, la determinazione della pena corrispondente. 7. Se più sentenze di non luogo a procedere o più sentenze di proscioglimento sono state pronunciate nei confronti della stessa persona per il medesimo fatto il giudice, se l’interessato entro il termine previsto dal comma 2 non indica la sentenza che deve essere eseguita, ordina l’esecuzione della sentenza più favorevole, revocando le altre. 8. Salvo quanto previsto dagli articoli 69 comma 2 e 345, se si tratta di una sentenza di proscioglimento di una sentenza di condanna o di un decreto penale il giudice ordina l’esecuzione della sentenza di proscioglimento revocando la decisione di condanna. Tuttavia, se il proscioglimento è stato pronunciato per estinzione del reato verificatasi successivamente alla data in cui è divenuta irrevocabile la decisione di condanna, si esegue quest’ultima. 9. Se si tratta di una sentenza di non luogo a procedere e di una sentenza pronunciata in giudizio o di un decreto penale, il giudice ordina l’esecuzione della sentenza pronunciata in giudizio o del decreto. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-9) art. 193 att. c.p.p.; art. 33 reg.; (1) art. 648; (4) artt. 19, 215 Cod. pen; (6) art. 81 Cod. pen.; art. 460; (7) artt. 425, 529-531; (8) artt. 150 e segg. Cod. pen.


Codice procedura penale Artt. 670, 674 Art. 670. Questioni sul titolo esecutivo. 1. Quando il giudice dell’esecuzione accerta che il provvedimento manca o non è divenuto esecutivo, valutata anche nel merito l’osservanza delle garanzie previste nel caso di irreperibilità del condannato, lo dichiara con ordinanza e sospende l’esecuzione, disponendo, se occorre, la liberazione dell’interessato e la rinnovazione della notificazione non validamente eseguita. In tal caso decorre nuovamente il termine per l’impugnazione. 2. Quando è proposta impugnazione od opposizione, il giudice dell’esecuzione, dopo aver provveduto sulla richiesta dell’interessato, trasmette gli atti al giudice di cognizione competente. La decisione del giudice dell’esecuzione non pregiudica quella del giudice dell’impugnazione o dell’opposizione, il quale, se ritiene ammissibile il gravame, sospende con ordinanza l’esecuzione che non sia già stata sospesa. 3. Se l’interessato, nel proporre richiesta perché sia dichiarata la non esecutività del provvedimento, eccepisce che comunque sussistono i presupposti e le condizioni per la restituzione nel termine a norma dell’articolo 175, e la relativa richiesta non è già stata proposta al giudice dell’impugnazione, il giudice dell’esecuzione, se non deve dichiarare la non esecutività del provvedimento decide sulla restituzione. In tal caso, la richiesta di restituzione nel termine non può essere riproposta al giudice dell’impugnazione. Si applicano le disposizioni dell’articolo 175 commi 7 e 8. Art. 671. Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato. 1. Nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione. 2. Il giudice dell’esecuzione provvede determinando la pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto. 3. Il giudice dell’esecuzione può concedere altresì la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale quando ciò consegue al riconoscimento del concorso formale o della continuazione. Adotta infine ogni altro provvedimento conseguente. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 51, 533, 648; (3) artt. 163, 175; artt. 186-188 att. c.p.p.

Art. 672. Applicazione dell’amnistia e dell’indulto. 1. Per l’applicazione dell’amnistia e dell’indulto il giudice dell’esecuzione procede a norma dell’art. 667 comma 4. (1)

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2. Quando in conseguenza dell’applicazione dell’amnistia o dell’indulto occorre applicare o modificare la misura di sicurezza a norma dell’articolo 210 del codice penale, il giudice dell’esecuzione dispone la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza. 3. Il pubblico ministero che cura l’esecuzione della sentenza di condanna può disporre provvisoriamente la liberazione del condannato detenuto ovvero la cessazione delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative prima che essa sia definitivamente ordinata con il provvedimento che applica l’amnistia o l’indulto. 4. L’amnistia e l’indulto devono essere applicati qualora il condannato ne faccia richiesta anche se è terminata l’esecuzione della pena. 5. L’amnistia e l’indulto condizionati hanno per effetto di sospendere l’esecuzione della sentenza o del decreto penale fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto di concessione o, se non fu stabilito termine, fino alla scadenza del quarto mese dal giorno della pubblicazione del decreto. L’amnistia e l’indulto condizionati si applicano definitivamente se alla scadenza del termine è dimostrato l’adempimento delle condizioni o degli obblighi ai quali la concessione del beneficio è subordinata. ––––––––––– (1) Il comma 1 è stato così sostituito ad opera dell’art. 29 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. Disposizioni correlative: (1) artt. 151, 174 Cod. pen.; (2) art. 215 Cod. pen. V. anche artt. 47 e segg. L. 24 novembre 1981, n. 689 (Depenalizzazione).

Art. 673. Revoca della sentenza per abolizione del reato. Nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. 2. Allo stesso modo provvede quando è stata emessa sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere per estinzione del reato o per mancanza di imputabilità. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-2) art. 193 att. c.p.p.; art. 33 reg.

Art. 674. Revoca di altri provvedimenti. 1. La revoca della sospensione condizionale della pena, della grazia o dell’amnistia o dell’indulto condizionati e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è disposta dal giudice dell’esecuzione qualora non sia stata disposta con la sentenza di condanna per altro reato. 1 bis. Il giudice dell’esecuzione provvede altresì alla revoca della sospensione condizionale della pena quando rileva l’esistenza delle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 168 del codice penale. (1)

––––––––––– (1) Comma aggiunto dall’art. 1, co. 2, L. 26 marzo 2001, n. 128.


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Art. 675. Falsità di documenti. 1. Se la falsità di un atto o di un documento accertata a norma dell’articolo 537 non è stata dichiarata nel dispositivo della sentenza e non è stata proposta impugnazione per questo capo, ogni interessato può chiedere al giudice dell’esecuzione che la dichiari. 2. La cancellazione totale del documento disposta dal giudice della cognizione o dell’esecuzione è eseguita mediante annotazione della sentenza o dell’ordinanza a margine di ciascuna pagina del medesimo e attestazione di tale adempimento nel verbale con la dichiarazione che il documento non può avere alcun effetto giuridico. Il documento rimane allegato al verbale e una copia di questo è rilasciata in sostituzione del documento stesso a chi lo possedeva o lo aveva in deposito quando la copia è stata richiesta per un legittimo interesse. 3. Negli altri casi il testo del documento, quale risulta in seguito alla cancellazione parziale o alla ripristinazione rinnovazione o riforma è inserito per intero nel verbale. Se il documento era in deposito pubblico è restituito al depositario unitamente a una copia autentica del verbale a cui deve rimanere allegato. Se il documento era posseduto da un privato la cancelleria lo conserva allegato al verbale e ne rilascia copia quando questa è richiesta per un legittimo interesse. Tale copia vale come originale per ogni effetto giuridico. 4. Per l’osservanza dei predetti adempimenti il giudice o il presidente del collegio dà le disposizioni occorrenti nel relativo verbale. Art. 676. Altre competenze. 1. Il giudice dell’esecuzione è competente a decidere in ordine all’estinzione della pena quando la stessa non consegue alla liberazione condizionale o all’affidamento in prova al servizio sociale in ordine alle pene accessorie alla confisca o alla restituzione delle cose sequestrate. In questi casi il giudice dell’esecuzione procede a norma dell’articolo 667 comma 4. (1) 2. Qualora sorga controversia sulla proprietà delle cose confiscate si applica la disposizione dell’articolo 263 comma 3. 3. Quando accerta l’estinzione del reato o della pena, il giudice dell’esecuzione la dichiara anche di ufficio adottando i provvedimenti conseguenti. ––––––––––– 1 Il comma 1 è stato così sostituito ad opera dell’art. 30 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. 2 Per l’ipotesi di espulsione dello straniero a titolo di misura di sicurezza conseguente alla condanna per taluni reati, V. art. 15 D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Disposizioni correlative: (1-3) art. 236 att. c.p.p.

CAPO II MAGISTRATURA DI SORVEGLIANZA Art. 677. Competenza per territorio. 1. La competenza a conoscere le materie attribuite alla magistratura di sorveglianza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdi-

Codice procedura penale Artt. 675, 678 zione sull’istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l’interessato all’atto della richiesta, della proposta o dell’inizio di ufficio del procedimento. 2. Quando l’interessato non è detenuto o internato la competenza, se la legge non dispone diversamente, appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza che ha giurisdizione sul luogo in cui l’interessato ha la residenza o il domicilio. Se la competenza non può essere determinata secondo il criterio sopra indicato, essa appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui fu pronunciata la sentenza di condanna, di proscioglimento o di non luogo a procedere, e, nel caso di più sentenze di condanna o di proscioglimento, al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui fu pronunciata la sentenza divenuta irrevocabile per ultima. 2-bis. Il condannato, non detenuto ha l’obbligo, a pena di inammissibilità, di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con la domanda con la quale chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento attribuito dalla legge alla magistratura di sorveglianza. Il condannato, non detenuto, ha altresì l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall’articolo 161. ––––––––––– Il comma 2-bis è stato aggiunto dall’art. 9 co. 4 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif. dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. 1 V. nota 2 all’art. 666 c.p.p. Disposizioni correlative: (2) artt. 425, 529-533.

Art. 678. Procedimento di sorveglianza. 1. Il tribunale di sorveglianza nelle materie di sua competenza, e il magistrato di sorveglianza nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissionc del debito ai ricoveri previsti dall’articolo 148 del codice penale, alle misure di sicurezza, alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell’interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell’articolo 666. Tuttavia, quando vi è motivo di dubitare della identità fisica di una persona, procedono a norma dell’articolo 667. 2. Quando si procede nei confronti di persona sottoposta a osservazione scientifica della personalità, il giudice acquisisce la relativa documentazione e si avvale, se occorre, della consulenza dei tecnici del trattamento. 3. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate, davanti al tribunale di sorveglianza, dal procuratore generale presso la corte di appello e davanti al magistrato di sorveglianza, dal procuratore della repubblica presso il tribunale della sede dell’ufficio di sorveglianza. ––––––––––– 1 Per specifiche competenze del tribunale di sorveglianza relativamente ad istanze di condannati per reati


Codice procedura penale Artt. 679, 684 commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza (e rivolte ad ottenere la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva o l’affidamento in prova), v. artt. 90-94 T.U. in materia di sostanze stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309). Disposizioni correlative: artt. 189, 236 att. c.p.p.; art. 33 reg.

Art. 679. Misure di sicurezza. 1. Quando una misura di sicurezza diversa dalla confisca è stata, fuori dei casi previsti nell’articolo 312, ordinata con sentenza, o deve essere ordinata successivamente, il magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio, accerta se l’interessato è persona socialmente pericolosa e adotta i provvedimenti conseguenti premessa, ove occorra, la dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato. Provvede altresì, su richiesta del pubblico ministero, dell’interessato, del suo difensore o di ufficio, su ogni questione relativa nonché sulla revoca della dichiarazione di tendenza a delinquere. 2. Il magistrato di sorveglianza sovraintende alla esecuzione delle misure di sicurezza personali.

––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 189-191 att. c.p.p.; art. 31 reg.

Art. 680. Impugnazione di provvedimenti relativi alle misure di sicurezza. 1. Contro i provvedimenti del magistrato di sorveglianza concernenti le misure di sicurezza e la dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, possono proporre appello al tribunale di sorveglianza il pubblico ministero, l’interessato e il difensore. 2. Fuori dei casi previsti dall’articolo 579 commi 1 e 3, il tribunale di sorveglianza giudica anche sulle impugnazioni contro sentenze di condanna o di proscioglimento concernenti le disposizioni che riguardano le misure di sicurezza. (1) 3. Si osservano le disposizioni generali sulle impugnazioni, ma l’appello non ha effetto sospensivo, salvo che il tribunale disponga altrimenti.

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3. La proposta di grazia è sottoscritta dal presidente del consiglio di disciplina ed è presentata al magistrato di sorveglianza, che procede a norma del comma 2. 4. La grazia può essere concessa anche in assenza di domanda o proposta. Emesso il decreto di grazia, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 ne cura la esecuzione ordinando, quando è il caso, la liberazione del condannato e adottando i provvedimenti conseguenti. 5. In caso di grazia sottoposta a condizioni, si provvede a norma dell’articolo 672 comma 5. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 192 att. c.p.p.

Art. 682. Liberazione condizionale. 1. Il tribunale di sorveglianza decide sulla concessione e sulla revoca della liberazione condizionale. 2. Se la liberazione non è concessa per difetto del requisito del ravvedimento, la richiesta non può essere riproposta prima che siano trascorsi sei mesi dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 32 reg.

––––––––––– (1) Il co. 2 è stato così modificato dall’art. 23 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 683. Riabilitazione. 1. Il tribunale di sorveglianza, su richiesta dell’interessato, decide sulla riabilitazione, anche se relativa a condanne pronunciate da giudici speciali, quando la legge non dispone altrimenti. Decide altresì sulla revoca qualora essa non sia stata disposta con la sentenza di condanna per altro reato. 2. Nella richiesta sono indicati gli elementi dai quali può desumersi la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 179 del codice penale. Il tribunale acquisisce la documentazione necessaria. 3. Se la richiesta è respinta per difetto del requisito della buona condotta, essa non può essere riproposta prima che siano decorsi due anni dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto.

Art. 681. Provvedimenti relativi alla grazia. 1. La domanda di grazia, diretta al presidente della Repubblica, è sottoscritta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o procuratore legale ed è presentata al ministro di grazia e giustizia. 2. Se il condannato è detenuto o internato, la domanda può essere presentata al magistrato di sorveglianza, il quale, acquisiti tutti gli elementi di giudizio utili e le osservazioni del procutore generale presso la corte di appello del distretto ove ha sede il giudice indicato nell’articolo 665, la trasmette al ministro con il proprio parere motivato. Se il condannato non è detenuto o internato, la domanda può essere presentata al predetto procuratore generale, il quale, acquisite le opportune informazioni, la trasmette al ministro con le proprie osservazioni.

Art. 684. Rinvio dell’esecuzione. 1. Il tribunale di sorveglianza provvede in ordine al differimento dell’esecuzione delle pene detentive e delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata nei casi previsti dagli articoli 146 e 147 del codice penale, salvo quello previsto dall’articolo 147 comma 1 numero 1 del codice penale, nel quale provvede il ministro di grazia e giustizia. Il tribunale ordina, quando occorre, la liberazione del detenuto e adotta gli altri provvedimenti conseguenti. 2. Quando vi è fondato motivo per ritenere che sussistono i presupposti perché il tribunale disponga il rinvio, il magistrato di sorveglianza può ordinare il differimento dell’esecuzione o, se la protrazione della detenzione può cagionare grave pregiudizio al condannato, la liberazione del dete-

––––––––––– Disposizioni correlative: art. 193 att. c.p.p.; art. 33 reg.


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nuto. Il provvedimento conserva effetto fino alla decisione del tribunale, al quale il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti. ––––––––––– 1 L’art. 684 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui attribuisce al Ministro di Grazia e Giustizia e non al Tribunale di sorveglianza il potere di provvedere al differimento della esecuzione della pena ai sensi dell’art. 147, primo comma 1, del codice penale (Corte cost. 31 maggio 1990, n. 274). L’ipotesi presa in considerazione è quella in cui viene presentata la domanda di grazia al Presidente della Repubblica (art. 147 c.p.). Per evitare l’assurdo effetto che il condannato venga graziato quando ha già scontato in tutto o in parte la pena, l’art. 147 del comma 1 n. 1 c.p. prevede la possibilità che l’esecuzione della pena venga rinviata. Prima dell’intervento della Corte costituzionale, a provvedere sul differimento – facoltativo – era il Ministro di Grazia e Giustizia (art. 684 c.p.p.). La Corte costituzionale ha ritenuto però che tale previsione fosse in contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 24 Cost. Ha infatti osservato, la Corte, che non essendovi vincoli costituzionalmente determinati per l’esercizio del potere di grazia da parte del Presidente della Repubblica o la prognosi sulla concedibilità del beneficio non può essere formulata da alcun organo (ed in tal caso l’ipotesi dell’art. 147, primo comma, n. 1 c.p. andrebbe eliminata) ovvero la decisione va attribuita, come per le analoghe ipotesi di cui all’art. 147, primo comma, nn. 2 e 3 al Tribunale di sorveglianza, attese le nuove attribuzioni di tale magistratura, e, soprattutto, il principio della giurisdizionalizzazione di tutti i provvedimenti che incidono sulla libertà personale.

TITOLO IV CASELLARIO GIUDIZIALE [Art. 685. Uffici del casellario giudiziale. 1. Presso ciascun tribunale, sotto la vigilanza del procuratore della Repubblica, l’ufficio del casellario raccoglie e conserva l’estratto dei provvedimenti e le annotazioni di cui è prescritta l’iscrizione, concernenti le persone nate nel circondario. 2. Gli estratti dei provvedimenti e le annotazioni concernenti persone nate all’estero o delle quali non si è potuto accertare il luogo di nascita nel territorio dello Stato, si conservano nell’ufficio del casellario presso il tribunale di Roma.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (in S.O. alla G.U. 13 febbraio 2003, n. 36) a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. Per le nuove disposizioni sul casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit.

[Art. 686. Iscrizioni nel casellario giudiziale. 1. Nel casellario giudiziale, oltre le annotazioni prescritte da particolari disposizioni di legge, si iscrivono per estratto: a) nella materia penale, regolata dal codice penale o da leggi speciali: 1) le sentenze di condanna e i decreti penali appena divenuti irrevocabili salvo quelli concernenti contravvenzioni per le quali è ammessa la definizione in via amministrativa o l’oblazione ai sensi

Codice procedura penale Artt. 685, 687 dell’articolo 162 del codice penale, sempre che per le stesse non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena; 2) i provvedimenti emessi dagli organi giurisdizionali dell’esecuzione non più soggetti a impugnazione che riguardano la pena, le misure di sicurezza, gli effetti penali della condanna, l’applicazione dell’amnistia e la dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere; 3) i provvedimenti che riguardano l’applicazione di pene accessorie; 4) le sentenze non più soggette a impugnazione che hanno prosciolto l’imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità o disposto una misura di sicurezza o dichiarato estinto il reato per applicazione di sanzioni sostitutive su richiesta dell’imputato; b) nella materia civile: 1) le sentenze passate in giudicato che hanno pronunciato l’interdizione o l’inabilitazione e i provvedimenti che le revocano; 2) le sentenze con le quali l’imprenditore è stato dichiarato fallito; 3) le sentenze di omologazione del concordato fallimentale e quelle che hanno dichiarato la riabilitazione del fallito; 4) i decreti di chiusura del fallimento; c) i provvedimenti amministrativi relativi alla perdita o alla revoca della cittaclinanza e all’espulsione dello straniero; 1) i provvedimenti definitivi che riguardano l’applicazione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale semplice o con divieto od obbligo di soggiorno. 2. Quando sono state riconosciute dall’autorità giudiziaria, sono pure iscritte, nei casi previsti dal comma 1 lettera a), le sentenze pronunciate da autorità giudiziarie straniere. 3. Nel casellario si iscrive altresì, se si tratta di condanna penale, la menzione del luogo e del tempo in cui la pena fu scontata e dell’eventuale applicazione di misure alternative alla detenzione ovvero la menzione che non fu in tutto o in parte scontata, per amnistia, indulto, grazia, liberazione condizionale o per altra causa; devono inoltre essere iscritti i provvedimenti che dichiarano o revocano la riabilitazione.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (in SO. alla G.U. 13 febbraio 2003, n. 36) a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. Per le nuove disposizioni sul casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit. e, in particolare, l’art. 3.

[Art. 687. Eliminazione delle iscrizioni. 1. Le iscrizioni del casellario sono eliminate appena si ha notizia ufficiale dell’accertata morte della persona alla quale si riferiscono ovvero quando sono trascorsi ottanta anni dalla nascita della persona medesima.


Codice procedura penale Artt. 688, 689 2. Sono inoltre eliminate le iscrizioni relative: a) alle sentenze e ai decreti revocati a seguito di revisione o a norma dell’articolo 673; b) alle sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere per difetto di imputabilità, trascorsi dieci anni in caso di delitto o tre anni in caso di contravvenzione dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile o, se trattasi di sentenza di non luogo a procedere, è scaduto il termine per l’impugnazione; c) alle sentenze o ai decreti di condanna per contravvenzioni per le quali è stata inflitta la pena dell’ammenda, salvo che sia stato concesso alcuno dei benefici previsti dagli articoli 163 e 175 del codice penale, trascorsi dieci anni dal giorno in cui la pena è stata eseguita ovvero si è in altro modo estinta. 3. Qualora siano state applicate misure di sicurezza, i termini previsti dal comma 2 decorrono dalla data della revoca della misura di sicurezza e, se questa è stata applicata o sostituita con provvedimento successivo alla sentenza, anche la relativa iscrizione è eliminata. 3 bis. Nella materia civile, sono eliminate le iscrizioni relative: a) ai provvedimenti indicati nell’articolo 686 comma 1 lettera b) numeri 2 e 4, quando il fallimento è stato revocato con sentenza passata in giudicato; b) ai provvedimenti indicati nell’articolo 686 comma 1 lettera c) quando sono stati annullati con provvedimento amministrativo o con sentenza passata in giudicato.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (in S.O. alla G.U. 13 febbraio 2003, n. 36) a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. Per le nuove disposizioni sul casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit. e, in particolare, gli artt. 5 e 8.

[Art. 688. Certificati del casellario giudiziale. 1. Ogni organo avente giurisdizione penale ha il diritto di ottenere, per ragioni di giustizia penale, il certificato di tutte le iscrizioni esistenti al nome di una determinata persona. Uguale diritto appartiene a tutte le amministrazioni pubbliche e agli enti incaricati di pubblici servizi, quando il certificato è necessario per provvedere a un atto delle loro funzioni, in relazione alla persona cui il certificato stesso si riferisce. 2. Il pubblico ministero può richiedere, per ragioni di giustizia penale, il predetto certificato concernente la persona sottoposta alle indagini, l’imputato o il condannato. Il pubblico ministero e il difensore possono altresì chiedere, previa autorizzazione del giudice procedente, il certificato medesimo concernente la persona offesa dal reato o un testimone, per i fini indicati nell’articolo 236. 3. Nei certificati spediti per ragioni di elettorato non si fa menzione delle condanne e di altri provvedi-

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menti che non hanno influenza sul diritto elettorale.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (in S.O. alla G.U. 13 febbraio 2003, n. 36) a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. Per le nuove disposizioni sul casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit. e, in particolare, gli artt. 21, 22, 28 e 29.

[Art. 689. (1) Certificati richiesti dall’interessato. 1. La persona alla quale le iscrizioni del casellario si riferiscono ha diritto di ottenere i relativi certificati senza motivare la domanda. 2. I certificati rilasciati a norma del comma 1 sono: a) certificato generale, nel quale sono riportate tutte le iscrizioni esistenti ad eccezione: 1) delle condanne delle quali è stato ordinato che non si faccia menzione nel certificato a norma dell’articolo 175 del codice penale, purché il beneficio non sia stato revocato; 2) delle condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e delle condanne per reati a norma dell’articolo 167 comma 1 del codice penale; 3) delle condanne per reati per i quali si è verificata la causa speciale di estinzione prevista dall’articolo 556 del codice penale; 4) delle condanne in relazione alle quali è stata definitivamente applicata l’amnistia e di quelle per le quali è stata dichiarata la riabilitazione, senza che questa sia stata in seguito revocata; 5) delle sentenze previste dall’articolo 445 e delle sentenze che hanno dichiarato estinto il reato per applicazione di sanzioni sostitutive su richiesta dell’imputato nonché dei decreti penali; 6) delle condanne per fatti che la legge ha cessato di considerare come reati, quando la relativa iscrizione non è stata eliminata; 7) dei provvedimenti riguardanti misure di sicurezza conseguenti a sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere, quando le misure sono state revocate; 8) dei provvedimenti indicati nell’articolo 686 comma 1 lettera b) n. 1, quando l’interdizione o la inabilitazione è stata revocata; 9) dei provvedimenti concernenti il fallimento, quando il fallito è stato riabilitato con sentenza definitiva; b) certificato penale, nel quale sono riportate tutte le iscrizioni esistenti ad eccezione di quelle indicate nella lettera a) numeri 1), 2), 3), 4), 5), 6), e 7) e di quelle indicate nell’articolo 686 comma 1 lettere b) e c); c) certificato civile, nel quale sono riportate le iscrizioni indicate nell’articolo 686 comma 1 lettere b) e c) ad eccezione di quelle indicate nei numeri 8) e 9) della lettera a) del presente comma nonché i provvedimenti concernenti le pene accessorie portanti limitazioni alla capacità del condannato.


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3. Quando è menzionata una condanna, nel certificato è indicata anche l’eventuale applicazione di misure alternative alla detenzione o l’avvenuta estinzione della pena per una delle cause indicate nell’articolo 686 comma 3.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (in S.O. alla G.U. 13 febbraio 2003, n. 36) a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. Per le nuove disposizioni sul casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit. e, in particolare, gli artt. 23, 24, 25, 26 e 27.

[Art. 690. Questioni concernenti le iscrizioni e i certificati. 1. Sulle questioni concernenti le iscrizioni e i certificati decide, in composizione monocratica con le forme stabilite dall’articolo 666, il tribunale del luogo dove ha sede l’ufficio del casellario giudiziale.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (in S.O. alla G.U. 13 febbraio 2003, n. 36) a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. Per le nuove disposizioni sul casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit. e, in particolare, l’art. 40.

TITOLO V SPESE [Art. 691. Anticipazione delle spese. 1. Le spese dei procedimenti penali sono anticipate dallo Stato a eccezione di quelle relative agli atti chiesti dalle parti private non ammesse al patrocinio statale dei non abbienti. 2. Al recupero delle spese processuali anticipate dallo Stato si procede, in esecuzione del provvedimento del giudice che ne impone l’obbligo, secondo le forme stabilite dalle leggi e dai regolamenti.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, gli artt. 4 e 200 D.P.R. n. 115/2002 cit.

Art. 692. Spese della custodia cautelare. 1. Quando l’imputato è condannato a pena detentiva per il reato per il quale fu sottoposto a custodia cautelare sono poste a suo carico le spese per il mantenimento durante il periodo di custodia. 2. Se la custodia cautelare supera la durata della pena, sono detratte le spese relative alla maggiore durata. [3. All’esazione si provvede secondo le norme stabilite per le spese conseguenti alla carcerazione per l’esecuzione della condanna.] (1) ––––––––––– (1) Comma abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, l’art. 200 D.P.R. n. 115/2002 cit. Disposizioni correlative: (1-3) art. 181 att. c.p.p.; art. 19 att. m.

Codice procedura penale Artt. 690, 695 [Art. 693. Provvedimenti in caso d’insolvibilità. 1. La cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza di condanna alla rifusione delle spese anticipate dallo Stato comunica, per le necessarie informazioni le generalità dell’obbligato dichiarato insolvibile all’ufficio provinciale di polizia tributaria, indicando il titolo e l’ammontare del credito. 2. L’ufficio di polizia tributaria assume informazioni sulle reali condizioni economiche della persona dichiarata insolvibile e su ogni mutamento in esse avvenuto. Quando gli risulta la solvibilità, comunica senza ritardo le informazioni alla cancelleria che le ha richieste, la quale procede al recupero del credito.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. In tale materia vedi, ora, il D.P.R. n. 115/2002 cit.

Art. 694. Spese per la pubblicazione di sentenze e obbligo di inserzione. 1. Il direttore o vice direttore responsabile di un giornale o periodico deve pubblicare, senza diritto ad anticipazione o a rifusione di spese, non più tardi dei tre giorni successivi a quello in cui ne ha ricevuto ordine dall’autorità competente per l’esecuzione, la sentenza di condanna irrevocabile pronunciata contro di lui o contro altri per pubblicazione avvenuta nel suo giornale. 2. Fuori di questo caso, quando l’inserzione di una sentenza penale in un giornale è ordinata dal giudice, il direttore o vice direttore responsabile del giornale o periodico designato deve eseguirla, a richiesta del pubblico ministero o della persona obbligata o autorizzata a provvedervi, [previa anticipazione delle spese per l’importo e nei modi stabiliti dalle disposizioni sulla tariffa penale.] (1) 3. La pubblicazione ordinata dal giudice per estratto o per intero può essere eseguita anche in foglio di supplemento dello stesso formato, corpo e carattere della parte principale del giornale o periodico, da unirsi a ciascuna copia di questo e in un unico contesto esattamente riprodotto. 4. Se il direttore o il vice direttore responsabile contravviene alle disposizioni precedenti, è condannato in solido con l’editore e con il proprietario della tipografia al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma fino a lire tre milioni (euro 1.549). ––––––––––– (1) Parole abrogate dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002.

[Art. 695. Questioni sulle spese processuali. 1. Sulle questioni concernenti le materie previste nel presente titolo decide il giudice dell’esecuzione, e procede con le forme indicate nell’articolo 666.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. In tale materia vedi, ora, il D.P.R. n. 115/2002 cit.


LIBRO UNDICESIMO RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITÀ STRANIERE TITOLO I

TITOLO II

DISPOSIZIONI GENERALI

ESTRADIZIONE

Art. 696. Prevalenza delle convenzioni e del diritto internazionale generale. 1. Le estradizioni, le rogatorie internazionali, gli effetti delle sentenze penali straniere, l’esecuzione all'estero delle sentenze penali italiane e gli altri rapporti con le autorità straniere, relativi all’amministrazione della giustizia in materia penale, sono disciplinati dalle norme della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959 e dalle altre norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale. (1) 2. Se tali norme mancano o non dispongono diversamente, si applicano le norme che seguono.

CAPO I ESTRADIZIONE PER L’ESTERO

––––––––––– (1) Comma così sostituito dall’art. 9, L. 5 ottobre 2001, n. 367. Si riporta l’art.18 della legge citata concernente «Disposizioni transitorie e finali»: «Articolo 18 - 1. Le disposizioni processuali della presente legge si applicano ai procedimenti in corso che versano nella fase delle indagini preliminari ovvero nei quali è in corso o deve aver luogo l'udienza preliminare. 2. Quando gli atti sono già stati acquisiti al fascicolo per il dibattimento, in ogni stato e grado del giudizio l'e ventuale causa di nullità o di inutilizzabilità deve essere rilevata dal giudice o eccepita entro la prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge. 3. Nell'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria nei procedimenti in corso, a seguito della dichiarazione di inutilizzabilità o di nullità degli atti assunti mediante rogatoria, ritenga di doverli rinnovare, i termini di custodia cautelare possono essere sospesi con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310 del codice di procedura penale. Si applicano i commi 6 e 7 dell'articolo 304 del mede simo codice. 4. Nel caso di cui sopra, nei processi per i reati di cui all'articolo 407 del codice di procedura penale, i termini di custodia cautelare sono sospesi fino al tempo necessario alla rinnovazione degli atti, ex articolo 304, 1° comma, del codice di procedura penale; restano fermi i limiti di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 304 del codice di procedura penale. 5. Nei casi di cui ai due commi precedenti il termine di prescrizione resta sospeso per il tempo necessario alla rinnovazione degli atti, ex articolo 159 del codice penale». Disposizioni correlative: (1) artt. 697- 722, 723-729, 730-741, 742-746; art. 205 att. c.p.p.

Sezione I Procedimento Art. 697. Estradizione e poteri del ministro di grazia e giustizia. 1. La consegna a uno stato estero di una persona per l’esecuzione di una sentenza straniera di condanna a pena detentiva o di altro provvedimento restrittivo della libertà personale può aver luogo soltanto mediante estradizione. 2. Nel concorso di più domande di estradizione, il ministro di grazia e giustizia ne stabilisce l’ordine di precedenza. A tal fine egli tiene conto di tutte le circostanze del caso e in particolare della data di ricezione delle domande, della gravità e del luogo di commissione del reato o dei reati, della nazionalità e della residenza della persona richiesta e della possibilità di una riestradizione dallo stato richiedente a un altro stato. ––––––––––– (1) Ai fini dell’estradizione e della mutua assistenza giudiziaria, l’articolo 13 della L. 29 settembre 2000, n. 300 – riportata alla voce «Convenzioni internazionali» – che ratifica la Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, fatta a Parigi il 17 dicembre 1997, ha designato, quale autorità responsabile, il Ministero della giustizia - Direzione generale degli affari penali.

Art. 698. Reati politici. Tutela dei diritti fondamentali della persona. 1. Non può essere concessa l’estradizione per un reato politico né quando vi è ragione di ritenere che l’imputato o il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona. 2. Se per il fatto per il quale è domandata l’estradizione è prevista la pena di morte dalla legge dello stato estero, l’estradizione può essere concessa solo se il medesimo stato dà assicurazioni,


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ritenute sufficienti sia dall’autorità giudiziaria sia dal ministro di grazia e giustizia, che tale pena non sarà inflitta o, se già inflitta, non sarà eseguita. ––––––––––– La Corte cost. ha dichiarato la illegittimità costituzionale del co. 2 con sentenza 27 giugno 1996, n. 223.

Art. 699. Principio di specialità. 1. La concessione dell’estradizione, l’estensione dell’estradizione già concessa e la riestradizione sono sempre subordinate alla condizione espressa che, per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione è stata concessa o estesa ovvero da quello per il quale la riestradizione è stata concessa, l’estradato non venga sottoposto a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza né assoggettato ad altra misura restrittiva della libertà personale né consegnato ad altro stato. 2. La disposizione del comma 1 non si applica quando l’estradato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello stato al quale è stato consegnato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno. 3. Il ministro può inoltre subordinare la concessione dell’estradizione ad altre condizioni che ritiene opportune. 4. Il ministro verifica l’osservanza della condizione di specialità e delle altre condizioni eventualmente apposte. Art. 700. Documenti a sostegno della domanda. 1. L’estradizione è consentita soltanto sulla base di una domanda alla quale sia allegata copia del provvedimento restrittivo della libertà personale o della sentenza di condanna a pena detentiva che ha dato luogo alla domanda stessa. 2. Alla domanda devono essere allegati: a) una relazione sui fatti addebitati alla persona della quale è domandata l’estradizione, con l’indicazione del tempo e del luogo di commissione dei fatti stessi e della loro qualificazione giuridica; b) il testo delle disposizioni di legge applicabili, con l’indicazione se per il fatto per cui è domandata l’estradizione è prevista dalla legge dello stato estero la pena di morte e, in tal caso, quali assicurazioni lo stato richiedente fornisce che tale pena non sarà inflitta o, se già inflitta, che non sarà eseguita; c) i dati segnaletici e ogni altra possibile informazione atta a determinare l’identità e la nazionalità della persona della quale è domandata l’estradizione. ––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 201, 205 att. c.p.p.

Art. 701. Garanzia giurisdizionale. 1 L’estradizione di un imputato o di un condannato all’estero non può essere concessa senza la decisione favorevole della corte di appello.

Codice procedura penale Artt. 699, 703 2. Tuttavia, non si fa luogo al giudizio della corte di appello quando l’imputato o il condannato all’estero acconsente all’estradizione richiesta. L’eventuale consenso deve essere espresso alla presenza del difensore e di esso è fatta menzione nel verbale. 3. La decisione favorevole della corte di appello e il consenso della persona non rendono obbligatoria l’estradizione. 4. La competenza a decidere appartiene, nell’ordine, alla corte di appello nel cui distretto l’imputato o il condannato ha la residenza, la dimora o il domicilio nel momento in cui la domanda di estradizione perviene al ministro di grazia e giustizia ovvero alla corte di appello che ha ordinato l’arresto provvisorio previsto dall’articolo 715 o alla corte di appello il cui presidente ha provveduto alla convalida dell’arresto previsto dall’articolo 716. Se la competenza non può essere determinata nei modi così indicati, è competente la corte di appello di Roma. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 202 att. c.p.p.

Art. 702. Intervento dello stato richiedente. 1. A condizione di reciprocità, lo stato richiedente ha la facoltà di intervenire nel procedimento davanti alla corte di appello e alla corte di cassazione facendosi rappresentare da un avvocato abilitato al patrocinio davanti all’autorità giudiziaria italiana. Art. 703. Accertamenti del procuratore generale. 1. Quando riceve da uno stato estero una domanda di estradizione, il ministro di grazia e giustizia la trasmette con i documenti che vi sono allegati al procuratore generale presso la corte di appello competente a norma dell’articolo 701 comma 4, salvo che ritenga che essa vada respinta. 2. Salvo che si sia già provveduto a norma dell’articolo 717, il procuratore generale, ricevuta la domanda, dispone la comparizione davanti a sé dell’interessato per provvedere alla sua identificazione e per raccogliere l’eventuale consenso all’estradizione. L’interessato è avvisato che è assistito da un difensore di ufficio ma che può nominarne uno di fiducia. Il difensore ha diritto di assistere all’atto del cui compimento gli è dato avviso almeno ventiquattro ore prima. 3. Il procuratore generale richiede alle autorità straniere, per mezzo del ministro di grazia e giustizia, la documentazione e le informazioni che ritiene necessarie. 4. Il procuratore generale, entro tre mesi dalla data in cui la domanda di estradizione gli è pervenuta, presenta alla corte di appello la requisitoria. 5. La requisitoria è depositata nella cancelleria della corte di appello, unitamente agli atti e alle cose sequestrate. La cancelleria cura la notifica-


Codice procedura penale Artt. 704, 708 zione dell’avviso del deposito alla persona della quale è richiesta l’estradizione, al suo difensore e all’eventuale rappresentante dello stato richiedente, i quali, entro dieci giorni, hanno facoltà di prendere visione e di estrarre copia della requisitoria e degli atti nonché di esaminare le cose sequestrate e di presentare memorie. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 202 att. c.p.p.

Art. 704. Procedimento davanti alla corte di appello. 1. Scaduto il termine previsto dall’articolo 703 comma 5, il presidente della corte fissa l’udienza per la decisione, con decreto da comunicarsi al procuratore generale e da notificarsi alla persona della quale è richiesta l’estradizione, al suo difensore e all’eventuale rappresentante dello stato richiedente, almeno dieci giorni prima, a pena di nullità. Provvede inoltre a designare un difensore di ufficio alla persona che ne sia priva. Fino a cinque giorni prima dell’udienza possono essere presentate memorie in cancelleria. 2. La corte decide con sentenza in camera di consiglio sull’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione, dopo aver assunto le informazioni e disposto gli accertamenti ritenuti necessari e dopo aver sentito il pubblico ministero, il difensore e, se compaiono, la persona della quale è richiesta l’estradizione e il rappresentante dello stato richiedente. 3. Quando la decisione è favorevole all’estradizione, la corte, se vi è richiesta del ministro di grazia e giustizia, dispone la custodia cautelare in carcere della persona da estradare che si trovi in libertà e provvede al sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato, stabilendo quali documenti e cose sequestrate possono essere consegnati allo stato richiedente. 4. Quando la decisione è contraria all’estradizione la corte revoca le misure cautelari applicate e dispone in ordine alla restituzione delle cose sequestrate. ––––––––––– Disposizioni correlative: art. 203 att. c.p.p.

Art. 705. Condizioni per la decisione. 1. Quando non esiste convenzione o questa non dispone diversamente, la corte di appello pronuncia sentenza favorevole all’estradizione se sussistono gravi indizi di colpevolezza ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna e se, per lo stesso fatto, nei confronti della persona della quale è domandata l’estradizione, non è in corso procedimento penale né è stata pronunciata sentenza irrevocabile nello Stato. 2. La corte di appello pronuncia comunque sentenza contraria all’estradizione: a) se, per il reato per il quale l’estradizione è stata domandata, la persona è stata o sarà sottopo-

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sta a un procedimento che non assicura il rispetto dei diritti fondamentali; b) se la sentenza per la cui esecuzione è stata domandata l’estradizione contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato; c) se vi è motivo di ritenere che la persona verrà sottoposta agli atti, alle pene o ai trattamenti indicati nell’articolo 698 comma 1. Art. 706. Ricorso per cassazione. 1. Contro la sentenza della corte di appello può essere proposto ricorso per cassazione, anche per il merito, dalla persona interessata, dal suo difensore, dal procuratore generale e dal rappresentante dello stato richiedente. 2. Nel giudizio davanti alla corte di cassazione si applicano le disposizioni dell’articolo 704. ––––––––––– Disposizioni correlative: art 203 att. c.p.p.

Art. 707. Rinnovo della domanda di estradizione. 1. La sentenza contraria all’estradizione preclude la pronuncia di una successiva sentenza favorevole a seguito di un’ulteriore domanda presentata per i medesimi fatti dallo stesso stato, salvo che la domanda sia fondata su elementi che non siano già stati valutati dall’autorità giudiziaria. Art. 708. Provvedimento di estradizione. Consegna. 1. Il ministro di grazia e giustizia decide in merito all’estradizione entro quarantacinque giorni dalla ricezione del verbale che dà atto del consenso all’estradizione ovvero dalla notizia della scadenza del termine per l’impugnazione o dal deposito della sentenza della corte di cassazione. 2. Scaduto tale termine senza che sia intervenuta la decisione del ministro, la persona della quale è stata chiesta l’estradizione, se detenuta, è posta in libertà. 3, La persona medesima è altresì posta in libertà in caso di diniego dell’estradizione. 4. Il ministro di grazia e giustizia comunica senza indugio allo stato richiedente la decisione e, se questa è positiva, il luogo della consegna e la data a partire dalla quale sarà possibile procedervi, dando altresì precise indicazioni circa le limitazioni alla libertà personale subite dall’estradando ai fini dell’estradizione. 5. Il termine per la consegna è di quindici giorni dalla data stabilita a norma del comma 4 e, a domanda motivata dello stato richiedente, può essere prorogato di altri venti giorni. 6. Il provvedimento di concessione dell’estradizione perde efficacia se, nel termine fissato, lo stato richiedente non provvede a prendere in consegna l’estradando; in tal caso quest’ultimo viene posto in libertà. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-6) art. 203 att. c.p.p.


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Art. 709. Sospensione della consegna. Consegna temporanea. Esecuzione all’estero. 1. L’esecuzione dell’estradizione è sospesa se l’estradando deve essere giudicato nel territorio dello Stato o vi deve scontare una pena per reati commessi prima o dopo quello per il quale l’estradizione è stata concessa. Tuttavia il ministro di grazia e giustizia, sentita l’autorità giudiziaria competente per il procedimento in corso nello Stato o per l’esecuzione della pena, può procedere alla consegna temporanea allo stato richiedente della persona da estradare ivi imputata, concordandone termini e modalità. 2. Il ministro può inoltre, osservate le disposizioni del capo II del titolo IV, convenire che la pena da scontare abbia esecuzione nello stato richiedente. Art. 710. Estensione dell’estradizione concessa. 1. In caso di nuova domanda di estradizione, presentata dopo la consegna dell’estradato e avente a oggetto un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione è già stata concessa, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del presente capo. Alla domanda devono essere allegate le dichiarazioni della persona interessata, rese davanti a un giudice dello stato richiedente, in ordine alla richiesta estensione dell’estradizione. 2. La corte di appello procede in assenza della persona interessata. 3. Non si dà luogo al giudizio davanti alla corte di appello se l’estradato, con le dichiarazioni previste dal comma 1, ha consentito all’estensione richiesta. Art. 711. Riestradizione. 1. Le disposizioni dell’articolo 710 si applicano anche nel caso in cui lo stato al quale la persona è stata consegnata domanda il consenso alla riestradizione della stessa persona verso un altro stato. Art. 712. Transito. 1. Il transito attraverso il territorio dello Stato di una persona estradata da uno ad altro stato è autorizzato, su domanda di quest’ultimo, dal ministro di grazia e giustizia, salvo che il transito non comprometta la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato. 2. Il transito non può essere autorizzato: a) se l’estradizione è stata concessa per fatti non previsti come reati dalla legge italiana; b) se ricorre taluna delle ipotesi previste dall’articolo 698 comma 1 ovvero l’ipotesi prevista dal comma 2 dello stesso articolo se lo stato richiedente non dia assicurazione che la pena di morte non sarà inflitta o, se già inflitta, non sarà eseguita; c) se si tratta di un cittadino italiano e la sua estradizione allo stato che ha richiesto il transito non potrebbe essere concessa.

Codice procedura penale Artt. 709, 714 3. Salvo che la persona estradata non abbia consentito al transito con dichiarazione resa davanti all’autorità giudiziaria dello stato che ha concesso l’estradizione, l’autorizzazione non può essere data senza la decisione favorevole della corte di appello. A tal fine il ministro di grazia e giustizia trasmette la domanda e i documenti allegati al procuratore generale presso la corte di appello. La corte procede in camera di consiglio in assenza della persona interessata, applicando le disposizioni previste dall’articolo 704 commi 1 e 2. Si applicano altresì le disposizioni previste dall’articolo 706 comma 1. La competenza a decidere appartiene in ogni caso alla corte di appello di Roma. 4. L’autorizzazione non è richiesta quando il transito avviene per via aerea e non è previsto lo scalo nel territorio dello Stato. Tuttavia, se lo scalo si verifica, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei commi precedenti e quelle della sezione II del presente capo. Art. 713. Misure di sicurezza applicate all’estradato. 1. Le misure di sicurezza applicate al prosciolto o al condannato nello Stato, che successivamente venga estradato, sono eseguite quando lo stesso ritorna per qualsiasi causa nel territorio dello Stato, previo nuovo accertamento della pericolosità sociale. Sezione II Misure cautelari Art. 714. Misure coercitive e sequestro. 1. In ogni tempo la persona della quale è domandata l’estradizione può essere sottoposta, a richiesta del ministro di grazia e giustizia, a misure coercitive. Parimenti, in ogni tempo, può essere disposto, a richiesta del ministro di grazia e giustizia, il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato per il quale è domandata l’estradizione. 2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo I del libro IV, riguardanti le misure coercitive, fatta eccezione di quelle degli articoli 273 e 280, e le disposizioni del capo III del titolo III del libro III. Nell’applicazione delle misure coercitive si tiene conto in particolare dell’esigenza di garantire che la persona della quale è domandata l’estradizione non si sottragga all’eventuale consegna. 3. Le misure coercitive e il sequestro non possono comunque essere disposti se vi sono ragioni per ritenere che non sussistono le condizioni per una sentenza favorevole all’estradizione. 4. Le misure coercitive sono revocate se dall’inizio della loro esecuzione è trascorso un anno senza che la Corte di appello abbia pronunciato la sen-


Codice procedura penale Artt. 715, 719 tenza favorevole all’estradizione ovvero, in caso di ricorso per cassazione contro tale sentenza, un anno e sei mesi senza che sia stato esaurito il procedimento davanti all’autorità giudiziaria. A richiesta del procuratore generale, detti termini possono essere prorogati, anche più volte, per un periodo complessivamente non superiore a tre mesi, quando è necessario procedere ad accertamenti di particolare complessità. (1) 5. La competenza a provvedere a norma dei commi precedenti appartiene alla corte di appello o, nel corso del procedimento davanti alla corte di cassazione, alla corte medesima. ––––––––––– (1) Il comma 4 è stato così sostituito ad opera dell’art. 35 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n 12.

Art. 715. Applicazione provvisoria di misure cautelari. 1. Su domanda dello stato estero e a richiesta motivata del ministro di grazia e giustizia, la corte di appello può disporre, in via provvisoria, una misura coercitiva prima che la domanda di estradizione sia pervenuta. 2. La misura può essere disposta se: a) lo stato estero ha dichiarato che nei confronti della persona è stato emesso provvedimento restrittivo della libertà personale ovvero sentenza di condanna a pena detentiva e che intende presentare domanda di estradizione; b) lo stato estero ha fornito la descrizione dei fatti, la specificazione del reato e gli elementi sufficienti per l’esatta identificazione della persona c) vi è pericolo di fuga. 3. La competenza a disporre la misura appartiene, nell’ordine, alla corte di appello nel cui distretto la persona ha la residenza, la dimora o il domicilio ovvero alla corte di appello del distretto in cui risulta che la persona si trova. Se la competenza non può essere determinata nei modi così indicati, è competente la corte di appello di Roma. 4. La corte di appello può altresì disporre il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato. 5. Il ministro di grazia e giustizia dà immediata comunicazione allo stato estero dell’applicazione in via provvisoria della misura coercitiva e dell’eventuale sequestro. 6. Le misure cautelari sono revocate se entro quaranta giorni dalla predetta comunicazione non sono pervenuti al ministero degli affari esteri o a quello di grazia e giustizia la domanda di estradizione e i documenti previsti dall’articolo 700. Art. 716. Arresto da parte della polizia giudiziaria. 1. Nei casi di urgenza, la polizia giudiziaria può procedere all’arresto della persona nei confronti della quale sia stata presentata domanda di arresto provvisorio se ricorrono le condizioni pre-

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viste dall’articolo 715 comma 2. Essa provvede altresì al sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato. 2. L’autorità che ha proceduto all’arresto ne informa immediatamente il ministro di grazia e giustizia e al più presto, e comunque non oltre quarantotto ore pone l’arrestato a disposizione del presidente della corte di appello nel cui distretto l’arresto è avvenuto, mediante la trasmissione del relativo verbale. 3. Quando non deve disporre la liberazione dell’arrestato, il presidente della corte di appello, entro novantasei ore dall’arresto, lo convalida con ordinanza disponendo l’applicazione di una misura coercitiva. Dei provvedimenti dati informa immediatamente il ministro di grazia e giustizia. 4. La misura coercitiva è revocata se il ministro di grazia e giustizia non ne chiede il mantenimento entro dieci giorni dalla convalida. 5. Si applicano le disposizioni dell’articolo 715 commi 5 e 6. Art. 717. Audizione della persona sottoposta a una misura coercitiva. 1. Quando è stata applicata una misura coercitiva a norma degli articoli 714, 715 e 716, il presidente della corte di appello, al più presto e comunque entro cinque giorni dalla esecuzione della misura ovvero dalla convalida prevista dall’articolo 716, provvede all’identificazione della persona e ne raccoglie l’eventuale consenso all’estradizione facendone menzione nel verbale. 2. Al fine di provvedere agli adempimenti previsti dal comma 1, il presidente della corte di appello invita l’interessato a nominare un difensore di fiducia designando, in difetto di tale nomina, un difensore di ufficio a norma dell’articolo 97 comma 3. Il difensore deve essere avvisato, almeno ventiquattro ore prima, della data fissata per i predetti adempimenti e ha diritto di assistervi. ––––––––––– Disposizioni correlative art. 202 att. c.p.p.

Art. 718. Revoca e sostituzione delle misure. 1. La revoca e la sostituzione delle misure previste dagli articoli precedenti sono disposte in camera di consiglio dalla corte di appello o, nel corso del procedimento davanti alla corte di cassazione, dalla corte medesima. 2. La revoca è sempre disposta se il ministro di grazia e giustizia ne fa richiesta. Art. 719. Impugnazione dei provvedimenti relativi alle misure cautelari. 1. Copia dei provvedimenti emessi dal presidente della corte di appello o dalla corte di appello a norma degli articoli precedenti è comunicata e notificata, dopo la loro esecuzione, al procuratore generale presso la corte di appello, alla persona interessata e al suo difen-


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sore, i quali possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. CAPO II ESTRADIZIONE DALL’ESTERO Art. 720. (1) Domanda di estradizione. 1. Il ministro di grazia e giustizia è competente a domandare a uno stato estero l’estradizione di un imputato o di un condannato nei cui confronti debba essere eseguito un provvedimento restrittivo della libertà personale. A tal fine il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto si procede o è stata pronunciata la sentenza di condanna ne fa richiesta al ministro di grazia e giustizia, trasmettendogli gli atti e i documenti necessari. 2. L’estradizione può essere domandata di propria iniziativa dal ministro di grazia e giustizia. 3. Il ministro di grazia e giustizia può decidere di non presentare la domanda di estradizione o di differirne la presentazione dandole comunicazione all’autorità giudiziaria richiedente. 4. Il ministro di grazia e giustizia è competente a decidere in ordine all’accettazione delle condizioni eventualmenlte poste dallo stato estero per concedere l’estradizione, purché non contrastanti con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano. L’autoritità giudiziaria è vincolata al rispetto delle condizioni accettate. 5. ll ministro di grazia e giustzia può disporre, al fine di estradizione, le ricerche all’estero dell’imputato o del condannato e domandarne l’arresto provvisorio. ––––––––––– (1) Vedi nota (1) sub art. 697 c.p.p.

Art. 721. Principio di specialità. l. La persona estradata non può essere sottoposta a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza né assoggettata ad altra misura restrittiva della libertà personale per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione è stata concessa, salvo che vi sia l’espresso consenso dello stato estero o che l’estradato, avendone avuta la possibilità, non abbia lasciato il territorio dello Stato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero che, dopo averlo lasciato, vi abbia fatto volontariamente ritorno. Art. 722. (1) Custodia cautelare all’estero. 1. La custodia cautelare all’estero in conseguenza di una domanda di estradizione presentata dallo Stato è computata ai soli effetti della durata complessiva

Codice procedura penale Artt. 720, 723 stabilita dall’articolo 303 comma 4, fermo quanto previsto dalI’art. 304 comma 4. ––––––––––– (1) L’art. 722 è stato così sostituito dall’art. 10 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con. modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356). Il nuovo testo dell’art. 722 fissa il principio secondo cui la custodia cautelare subita all’estero non rileva ai fini del decorso dei termini di «fase», ma è computabile solo nell’ottica della durata complessiva ex art. 303 comma 4 c.p.p. Al nuovo testo dell’art. 722 è estraneo ogni espresso riferimento all’istituto della sospensione dei termini custodiali; la sua operatività è tuttavia indubbia, a prescindere da ogni esplicito richiamo, ove, nella fase del giudizio, ricorrano i presupposti di cui all’art. 304 commi 1-3 c.p.p. In questo caso, dunque, la custodia all’estero non è computabile neppure ai fini della durata complessiva ex art. 303 comma 4 potendo esclusivamente computarsi ai fini del limite assoluto stabilito dall’art. 304 comma 4 c.p.p.

TITOLO III ROGATORIE INTERNAZIONALI CAPO I ROGATORIE DALL’ESTERO Art. 723. (1) Poteri del ministro di grazia e giustizia. 1. Il ministro di grazia e giustizia dispone che si dia corso alla rogatoria di un’autorità straniera per comunicazioni, notificazioni e per attività di acquisizione probatoria, salvo che ritenga che gli atti richiesti compromettano la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato. 2. Il ministro non dà corso alla rogatoria quando risulta evidente che gli atti richiesti sono espressamente vietati dalla legge o sono contrari ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano. Il ministro non dà altresì corso alla rogatoria quando vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali possano influire negativamente sullo svolgimento o sull’esito del processo e non risulta che l’imputato abbia liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria. 3. Nei casi in cui la rogatoria ha ad oggetto la citazione di un testimone, di un perito o di un imputato davanti all’autorità giudiziaria straniera, il ministro di grazia e giustizia non dà corso alla rogatoria quando lo stato richiedente non offre idonea garanzia in ordine all’immunità della persona citata. 4. Il ministro ha inoltre facoltà di non dare corso alla rogatoria quando lo stato richiedente non dia idonee garanzie di reciprocità. ––––––––––– (1) Vedi nota (1) sub art. 697 c.p.p.


Codice procedura penale Artt. 724, 726 ter Art. 724. Procedimento in sede giurisdizionale. 1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 726 e 726-ter, non si può dare esecuzione alla rogatoria dell'autorità straniera senza previa decisione favorevole della corte di appello del luogo in cui deve procedersi agli atti richiesti. (1). 1-bis. Quando la domanda di assistenza giudiziaria ha per oggetto atti che devono essere eseguiti in più distretti di corte d’appello, la stessa è trasmessa, direttamente dall’autorità straniera, o tramite il Ministero della giustizia o altra autorità giudiziaria italiana eventualmente adita, alla Corte di cassazione, che determina secondo le forme previste dagli articoli 32, comma 1, e 127, in quanto compatibili, la corte d’appello competente, tenuto conto anche del numero di atti da svolgere e della tipologia ed importanza degli stessi con riferimento alla dislocazione delle sedi giudiziarie interessate. L’avviso di cui all’art. 127, comma 1, è comunicato soltanto al procuratore generale presso la Corte di cassazione. La Corte di cassazione trasmette gli atti alla corte d’appello designata, comunicando la decisione al Ministero della giustizia. (2) 2. Il procuratore generale, ricevuti gli atti dal Ministro della giustizia, presenta la propria requisitoria alla corte di appello e trasmette senza ritardo al procuratore nazionale antimafia copia delle rogatorie dell’autorità straniera che si riferiscono ai delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis. (3) 3. Il presidente della Corte fissa la data dell’udienza e ne dà comunicazione al procuratore generale. 4. La corte di esecuzione alla rogatoria con ordinanza. 5. L’esecuzione della rogatoria è negata: a) se gli atti richiesti sono vietati dalla legge e sono contrari a principi dell’ordinamento giuridico dello Stato; b) se il fatto per cui procede l’autorità straniera non è previsto come reato dalla legge italiana e non risulta che l’imputato abbia liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria; c) se vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali possano influire sullo svolgimento o sull’esito del processo e non risulta che l’imputato abbia liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria. 5-bis. L’esecuzione della rogatoria è sospesa se essa può pregiudicare indagini o procedimenti penali in corso nello Stato. (4) ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 10 co. 1 L. 5 ottobre 2001, n. 367 (in vigore dal 9 ottobre 2001) che ha introdotto il riferimento all’art. 726-ter. (2) Comma inserito dall’art.10 co. 2, L. 367/2001 cit.

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(3) Comma così modificato dall’art. 10 co. 3 L. n. 367/2001 che ha aggiunto l’ultima parte del comma. (4) Il comma 5-bis è stato aggiunto dall’art. 6, L. 9 agosto 1993, n. 328 (Ratifica… della convenzione sul riciclaggio…).

Art. 725. Esecuzione delle rogatorie. 1. NelI’ordinare l’esecuzione della rogatoria la corte delega uno dei suoi componenti ovvero il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui gli atti devono compiersi. 2. Per il compimento degli atti richiesti si applicano le norme di questo codice, salva l’osservanza delle forme espressamente richieste dall’autorità giudiziaria straniera che non siano contrarie ai principi dell’ordinamento giuridico dello Stato. Art. 726. Citazione di testimoni a richiesta dell’autorità straniera. 1. La citazione dei testimoni residenti o dimoranti nel territorio dello Stato, richiesta da una autorità giudiziaria straniera, è trasmessa al procuratore della Repubblica del luogo in cui deve essere eseguita, il quale provvede per la notificazione a norma dell’articolo l67. Art 726-bis. Notifica diretta all'interessato. 1. Quando le convenzioni o gli accordi internazionali consentono la notificazione diretta all'interessato a mezzo posta e questa non viene utilizzata, anche la richiesta dell'autorità giudiziaria straniera di notificazione all'imputato residente o dimorante nel territorio dello Stato è trasmessa al procuratore della Repubblica del luogo in cui deve essere eseguita, che provvede per la notificazione a norma degli articoli 156, 157 e 158. (1) ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art.11 L.5 ottobre 2001, n.367 (in vigore dal 9 ottobre 2001). Per l’applicazione delle norme processuali previste dalla L.367/2001 cit., vedi art.18 della legge medesima riportato sub nota (1) all’art.696 c.p.p.

Art. 726-ter. Rogatoria proveniente da autorità amministrativa straniera. 1.Quando un accordo internazionale prevede che la richiesta di assistenza giudiziaria in un procedimento concernente un reato sia presentata anche da un'autorità amministrativa straniera, alla rogatoria provvede, su richiesta del procuratore della Repubblica, il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui devono essere eseguiti gli atti richiesti. Si applicano gli articoli 724, commi 5 e 5-bis, e 725, comma 2. (1) ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 11, L. 5 ottobre 2001, n. 367 (in vigore dal 9 ottobre 2001). Per l’applicazione delle norme processuali previste dalla L. 367/2001 cit., vedi art.18 della legge medesima riportato sub nota (1) all’art. 696 c.p.p.


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CAPO II ROGATORIE ALL’ESTERO Art. 727. (1) Trasmissione di rogatorie ad autorità straniere. 1. Le rogatorie dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero dirette, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, alle autorità straniere per comunicazioni, notificazioni e per attività di acquisizione probatoria, sono trasmesse al Ministro di grazia e giustizia, il quale provvede all'inoltro per via diplomatica. 2. Il Ministro dispone con decreto, entro trenta giorni dalla ricezione della rogatoria, che non si dia corso alla stessa, qualora ritenga che possano essere compromessi la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato. 3. Il Ministro comunica all'autorità giudiziaria richiedente la data di ricezione della richiesta e l'avvenuto inoltro della rogatoria ovvero il decreto previsto dal comma 2. 4. Quando la rogatoria non è stata inoltrata dal Ministero entro trenta giorni dalla ricezione e non sia stato emesso il decreto previsto dal comma 2, l'autorità giudiziaria può provvedere all'inoltro diretto all'agente diplomatico o consolare italiano, informandone il Ministro di grazia e giustizia. 5. Nei casi urgenti, l'autorità giudiziaria trasmette la rogatoria a norma del comma 4 dopo che copia di essa è stata ricevuta dal Ministro di grazia e giustizia. Resta salva l'applicazione della disposizione del comma 2 sino al momento della trasmissione della rogatoria, da parte dell'agente diplomatico o consolare, all'autorità straniera. 5-bis. Quando, a norma di accordi internazionali, la domanda di assistenza giudiziaria può essere eseguita secondo modalità previste dall'ordinamento dello Stato, l'autorità giudiziaria, nel formulare la domanda di assistenza, ne specifica le modalità indicando gli elementi necessari per l'utilizzazione processuale degli atti richiesti. (2) 5-ter. In ogni caso, copia delle rogatorie dei magistrati del pubblico ministero, formulate nell'ambito di procedimenti relativi ai delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis è trasmessa senza ritardo al procuratore nazionale antimafia. (2) ––––––––––– (1) Vedi nota sub 19 art. 697 c.p.p. (2) Commi aggiunti dall’art. 12 L. 5 ottobre 2001, n. 367 (in vigore dal 9 ottobre 2001). Per l’applicazione delle norme processuali previste dalla L. n. 367/2001 cit., vedi art. 18 della legge medesima riportato sub nota (1) all’art. 696 c.p.p.

Art. 728. Immunità temporanea della persona citata. 1. Nei casi in cui la rogatoria ha ad oggetto la citazione di un testimone, di un perito o di un imputato davanti all’autorità giudiziaria italiana, la persona citata, qualora compaia, non può

Codice procedura penale Artt. 727, 730 essere sottoposta a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza né assoggettata ad altre misure restrittive della libertà personale per fatti anteriori alla notifica della citazione. 2. L’immunità prevista dal comma 1 cessa qualora il testimone, il perito o l’imputato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato trascorsi quindici giorni dal momento in cui la sua presenza non è più richiesta dall’autorità giudiziaria ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno. Art. 729. Utilizzabilità degli atti assunti per rogatoria. 1. La violazione delle norme di cui all’art. 696, comma 1, riguardanti l'acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri mezzi di prova a seguito di rogatoria all’estero comporta l’inutilizzabilità dei documenti o dei mezzi di prova acquisiti o trasmessi. Qualora lo Stato estero abbia posto condizioni all’utilizzabilità degli atti richiesti, l’autorità giudiziaria è vincolata al rispetto di tali condizioni. (1) 1-bis. Se lo Stato estero dà esecuzione alla rogatoria con modalità diverse da quelle indicate dall’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 727, comma 5-bis, gli atti compiuti dall’autorità straniera sono inutilizzabili. 1-ter. Non possono in ogni caso essere utilizzate le dichiarazioni, da chiunque rese, aventi ad oggetto il contenuto degli atti inutilizzabili ai sensi dei commi 1 e 1-bis. 2. Si applica la disposizione dell’art. 191, comma 2. (1) ––––––––––– (1) L’originario comma 1 è stato sostituito dagli attuali commi 1, 1-bis e 1-ter dall’art. 13 della L. 5 ottobre 2001, n. 367 (in vigore dal 9 ottobre 2001). Per l’applicazione delle norme processuali previste dalla L. n. 367/2001 cit., vedi art.18 della legge medesima riportato sub nota (1) all’art. 696 c.p.p.

TITOLO IV EFFETTI DELLE SENTENZE PENALI STRANIERE. ESECUZIONE ALL’ESTERO DI SENTENZE PENALI ITALIANE CAPO I EFFETTI DELLE SENTENZE PENALI STRANIERE Art. 730. Riconoscimento delle sentenze penali straniere per gli effetti previsti dal codice penale. 1. Il Ministro di grazia e giustizia, quando riceve una sentenza penale di condanna o di proscioglimento pronunciata all’estero nei confronti di cittadini italiani o di stranieri o di apolidi residenti nello Stato ovvero di persone sottoposte a procedimento penale nello Stato, trasmette senza


Codice procedura penale Artt. 731, 733 ritardo al procuratore generale presso la corte di appello, nel distretto della quale ha sede l’ufficio del casellario locale del luogo di nascita della persona cui è riferito il provvedimento giudiziario straniero, o presso la Corte di appello di Roma, copia della sentenza, unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli atti che vi siano allegati, e con le informazioni e la documentazione del caso. Trasmette inoltre l’eventuale richiesta indicata nell’articolo 12 comma 2 del codice penale (1). 2. Il procuratore generale, se deve essere dato riconoscimento alla sentenza straniera per gli effetti previsti dall’art. 12, comma 1, numeri 1, 2 e 3 del codice penale, promuove il relativo procedimento con richiesta alla corte di appello. A tale scopo, anche per mezzo del Ministero di grazia e giustizia, può chiedere alle autorità estere competenti le informazioni che ritiene opportune. 2-bis. Quando il procuratore generale è informato dall’autorità straniera, anche per il tramite del Ministero della giustizia, dell’esistenza di una sentenza penale di condanna pronunciata all’estero, ne richiede la trasmissione all’autorità straniera con rogatoria, ai fini del riconoscimento ai sensi del comma 2. (2) 3. La richiesta alla corte di appello contiene la specificazione degli effetti per i quali il riconoscimento è domandato. ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 53, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G. U. del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. (2) Comma inserito dall’art. 14 L. 5 ottobre 2001, n. 367 (in vigore dal 9 ottobre 2001). Per l’applicazione delle norme processuali previste dalla L. n. 367/2001 cit., vedi art.18 della legge medesima riportato sub nota (1) all’art.696 c.p.p.

Art. 731. Riconoscimento delle sentenze penali straniere a norma di accordi internazionali. 1. Il Ministro di grazia e giustizia, se ritiene che a norma di un accordo internazionale deve avere esecuzione nello Stato una sentenza penale pronunciata all’estero o comunque che a essa devono venire attribuiti altri effetti nello Stato, ne richiede il riconoscimento. A tale scopo trasmette al procuratore generale presso la corte di appello nel distretto della quale ha sede l’ufficio del casellario locale dei luogo di nascita della persona cui è riferito il provvedimento giudiziario straniero, o presso la Corte di appello di Roma, una copia della sentenza, unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli atti che vi siano allegati, e con la documentazione e le informazioni disponibili. Trasmette inoltre l’eventuale domanda di esecuzione nello Stato da parte dello Stato estero ovvero l’atto con cui questo Stato acconsente all’esecuzione (1). 1-bis. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche quando si tratta dell’esecuzione di una con-

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fisca e il relativo provvedimento è stato adottato dall’autorità giudiziaria con atto diverso dalla sentenza di condanna. (2) 2. Il procuratore generale promuove il riconoscimento con richiesta alla corte di appello. Ove ne ricorrano i presupposti, richiede che il riconoscimento sia deliberato anche agli effetti previsti dall’articolo 12 comma 1 numeri 1, 2 e 3 del codice penale. ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 53, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G. U. del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. (2) Il comma 1 bis è stato aggiunto dall’art 7 L. 9 agosto 1993, n. 328 (Ratifica... della convenzione del riciclaggio...).

Art. 732. Riconoscimento delle sentenze penali straniere per gli effetti civili. 1. Chi ha interesse a far valere in giudizio le disposizioni penali di una sentenza straniera per conseguire le restituzioni o il risarcimento del danno o per altri effetti civili, può domandare il riconoscimento della sentenza alla corte di appello nel distretto della quale ha sede l’ufficio del casellario locale del luogo di nascita della persona cui è riferito il provvedimento giudiziario straniero, o alla Corte di appello di Roma (1). ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 53, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G. U. del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto.

Art. 733. Presupposti del riconoscimento. 1. La sentenza straniera non può essere riconosciuta se: a) la sentenza non è divenuta irrevocabile per le leggi dello stato in cui è stata pronunciata; b) la sentenza contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato; c) la sentenza non è stata pronunciata da un giudice indipendente e imparziale ovvero l’imputato non è stato citato a comparire in giudizio davanti all’autorità straniera ovvero non gli è stato riconosciuto il diritto a essere interrogato in una lingua a lui comprensibile e a essere assistito da un difensore; d) vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali abbiano influito sullo svolgimento o sull’esito del processo; e) il fatto per il quale è stata pronuciata la sentenza non è previsto come reato dalla legge italiana; f) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è stata pronunciata nello Stato sentenza irrevocabile; g) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è in corso nello Stato procedimento penale. 1-bis. Salvo quanto previsto nell’articolo 735 bis, la sentenza straniera non può essere riconosciuta ai fini dell’esecuzione di una confisca se


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questa ha per oggetto beni la cui confisca non sarebbe possibile secondo la legge italiana qualora per lo stesso fatto si procedesse nello Stato. (1) ––––––––––– (1) Il comma 1 bis è stato aggiunto dall’art 8 L. 9 agosto 1993, n. 328 (Ratifica... della convenzione del riciclaggio).

Art. 734. Deliberazione della corte di appello. 1. La corte di appello delibera in ordine al riconoscimento, osservate le forme previste dall’articolo 127, con sentenza, nella quale enuncia espressamente gli effetti che ne conseguono. 2. La sentenza è soggetta a ricorso per cassazione da parte del procuratore generale presso la corte di appello e dell’interessato. Art. 735. Determinazione della pena ed ordine di confisca. 1. La corte di appello, quando pronuncia il riconoscimento ai fini dell’esecuzione di una sentenza straniera, determina la pena che deve essere eseguita nello Stato. 2. A tal fine essa converte la pena stabilita nella sentenza straniera in una delle pene previste per lo stesso fatto dalla legge italiana. Tale pena, per quanto possibile, deve corrispondere per natura a quella inflitta con la sentenza straniera. La quantità della pena è determinata, tenendo eventualmente conto dei criteri di ragguaglio previsti dalla legge italiana, sulla base di quella fissata nella sentenza straniera; tuttavia tale quantità non può eccedere il limite massimo previsto per lo stesso fatto dalla legge italiana. Quando la quantità della pena non è stabilita nella sentenza straniera, la corte la determina sulla base dei criteri indicati negli articoli 133, 133 bis e 133 ter del codice penale. 3. In nessun caso la pena così determinata può essere più grave di quella stabilita nella sentenza straniera. 4. Se nello stato estero nel quale fu pronunciata la sentenza l’esecuzione della pena è stata condizionalmente sospesa, la corte dispone inoltre, con la sentenza di riconoscimento, la sospensione condizionale della pena a norma del codice penale, se in detto stato il condannato è stato liberato sotto condizione, la corte sostituisce alla misura straniera la liberazione condizionale e il magistrato di sorveglianza, nel determinare le prescrizioni relative alla liberta vigilata, non può aggravare il trattamento sanzionatorio complessivo stabilito nei provvedimenti stranieri. 5. Per determinare la pena pecuniaria l’ammontare stabilito nella sentenza straniera è convertito nel pari valore in lire italiane al cambio del giorno in cui il riconoscimento è deliberato. 6. Quando la corte pronuncia il riconoscimento ai fini dell’esecuzione di una confisca, questa è ordinata con la stessa sentenza di riconoscimento. Art. 735 bis. (1) Confisca consistente nella imposizione del pagamento di una somma di denaro. 1. Nel caso di esecuzione di un provvedimento straniero di confisca consistente nella im-

Codice procedura penale Artt. 734, 737 bis posizione del pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore del prezzo, del prodotto o del profitto di un reato, si applicano le disposizioni sull’esecuzione delle pene pecuniarie ad eccezione di quella concernente il rispetto del limite massimo di pena previsto dall’articolo 735 comma 2. ––––––––––– (1) L’art. 735 bis è stato aggiunto dall’art 9 L. 9 agosto 1993, n. 328 (Ratifica... della convenzione del riciclaggio...).

Art. 736. Misure coercitive. 1. Su richiesta del procuratore generale, la corte di appello competente per il riconoscimento di una sentenza straniera ai fini dell’esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale, può disporre una misura coercitiva nei confronti del condannato che si trovi nel territorio dello Stato. 2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo I del libro IV riguardanti le misure coercitive, fatta eccezione di quelle dell’articolo 273. 3. Il presidente della corte di appello, al più presto e comunque entro cinque giorni dalla esecuzione della misura coercitiva, provvede alla identificazione della persona. Si applica la disposizione dell’articolo 717 comma 2. 4. La misura coercitiva, disposta a norma del presente articolo, è revocata se dall’inizio della sua esecuzione sono trascorsi sei mesi senza che la corte di appello abbia pronunciato sentenza di riconoscimento, ovvero, in caso di ricorso per cassazione contro tale sentenza, dieci mesi senza che sia intervenuta sentenza irrevocabile di riconoscimento. 5. La revoca e la sostituzione della misura coercitiva sono disposte in camera di consiglio dalla corte di appello. 6. Copia dei provvedimenti emessi dalla corte è comunicata e notificata, dopo la loro esecuzione, al procuratore generale, alla persona interessata e al suo difensore, i quali possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Art. 737. Sequestro. 1. Su richiesta del procuratore generale, la corte di appello competente per il riconoscimento di una sentenza straniera ai fini dell’esecuzione di una confisca può ordinare il sequestro delle cose assoggettabili a confisca. 2. Se la corte non accoglie la richiesta, contro la relativa ordinanza può essere proposto ricorso per cassazione da parte del procuratore generale. Contro l’ordinanza che dispone il sequestro può essere proposto ricorso per cassazione per violazione di legge da parte dell’interessato. Il ricorso non ha effetto sospensivo. 3. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni che regolano l’esecuzione del sequestro preventivo. (1) ––––––––––– (1) Il comma 3 è stato così modificato dall’art. 10 L. 9 agosto 1993, n. 328 (Ratifica... della convezione sul riciclaggio...).


Codice procedura penale Artt. 738, 742 Art. 737 bis. (1) Indagini e sequestro a fini di confisca. 1. Nei casi previsti da accordi internazionali, il ministro di grazia e giustizia dispone che si dia corso alla richiesta di un’autorità straniera di procedere ad indagini su beni che possono divenire oggetto di una successiva richiesta di esecuzione di una confisca, ovvero di procedere al loro sequestro. 2. A tal fine il ministro di grazia e giustizia trasmette la richiesta, unitamente agli atti allegati, al procuratore generale presso la corte d’appello competente per il riconoscimento della sentenza straniera ai fini della successiva esecuzione della confisca. Il procuratore generale fa richiesta alla corte d’appello, che decide con ordinanza osservate le forme previste dall’art. 724. 3. L’esecuzione della richiesta di indagini o sequestro è negata: a) se gli atti richiesti sono contrari a principi dell’ordinamento giuridico dello Stato, o sono vietati dalla legge, ovvero se si tratta di atti che non sarebhero consentiti qualora si procedesse nello Stato per gli stessi fatti; b) se vi sono ragioni per ritenere che non sussistono le condizioni per la successiva esecuzione della confisca. 4. Per l’esecuzione di indagini si osservano le disposizioni dell’articolo 725. 5. Nei casi di richiesta di sequestro, si applicano le disposizioni dell’articolo 737, commi 2 e 3. 6. Il sequestro ordinato ai sensi di questo articolo perde efficacia e la corte d’appello ordina la restituzione delle cose sequestrate a chi ne abbia diritto se, entro due anni dal momento in cui esso è stato eseguito, lo Stato estero non richiede l’esecuzione della confisca. Il termine può essere prorogato anche più volte per un periodo massimo di due anni, sulla richiesta decide la corte d’appello che ha ordinato il sequestro. ––––––––––– (1) L’art. 737 bis è stato aggiunto dall’art 11 L. 9 agosto 1993, n. 328 (Ratifica... della convenzione del riciclaggio...).

Art. 738. Esecuzione conseguente al riconoscimento. 1. Nei casi di riconoscimento ai fini dell’esecuzione della sentenza straniera, le pene e la confisca conseguenti al riconoscimento sono eseguite secondo la legge italiana. La pena espiata nello stato di condanna è compiuta ai fini dell’esecuzione. 2. All’esecuzione provvede di ufficio il procuratore generale presso la corte di appello che ha deliberato il riconoscimento. Tale corte è equiparata, a ogni effetto, al giudice che ha pronunciato sentenza di condanna in un procedimento penale ordinario. Art. 739. Divieto di estradizione e di nuovo procedimento. 1. Nei casi di riconoscimento ai fini dell’esecuzione della sentenza straniera, salvo che si

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tratti dell’esecuzione di una confisca, il condannato non può essere estradato né sottoposto di nuovo a procedimento penale nello stato per lo stesso fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze. Art. 740. Esecuzione della pena pecuniaria e devoluzione di cose confiscate. 1. La somma ricavata dall’esecuzione della pena pecuniaria è versata alla cassa delle ammende; è invece versata allo stato di condanna, a sua richiesta, qualora quest’ultimo stato nelle medesime circostanze provvederebbe al versamento a favore dello Stato italiano. 2. Le cose confiscate sono devolute allo Stato. Esse sono invece devolute, a sua richiesta, allo stato nel quale è stata pronunciata la sentenza riconosciuta qualora quest’ultimo stato nelle medesime circostanze provvederebbe alla devoluzione allo Stato italiano. Art. 741. Procedimento relativo al riconoscimento delle disposizioni civili di sentenze penali straniere. 1. A domanda dell’interessato, nel medesimo procedimento e con la stessa sentenza prevista dall’articolo 734 possono essere dichiarate efficaci le disposizioni civili della sentenza penale straniera di condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno. 2. Negli altri casi, la domanda è proposta da chi ne ha interesse alla corte di appello nel distretto della quale le disposizioni civili della sentenza penale straniera dovrebbero essere fatte valere. Si osservano le disposizioni degli articoli 733 e 734. CAPO II ESECUZIONE ALL’ESTERO DI SENTENZE PENALI lTALIANE Art. 742. Poteri del ministro di grazia e giustizia e presupposti dell’esecuzione all’estero. 1. Nei casi previsti da accordi internazionali o dall’articolo 709 comma 2, il ministro di grazia e giustizia domanda l’esecuzione all’estero delle sentenze penali ovvero vi acconsente quando essa è richiesta dallo stato estero. 2. L’esecuzione all’estero di una sentenza penale di condanna a pena restrittiva della libertà personale può essere domandata o concessa solo se il condannato, reso edotto delle conseguenze, ha liberamente dichiarato di acconsentirvi e l’esecuzione nello stato estero è idonea a favorire il suo reinserimento sociale. 3. L’esecuzione all’estero di una sentenza penale di condanna a pena restrittiva della libertà personale è ammissibile, anche se non ricorrono le condizioni previste dal comma 2, quando il condannato si trova


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nel territorio dello stato richiesto e l’estradizione è stata negata o non e comunque possibile. Art. 743. Deliberazione della corte di appello. 1. La domanda di esecuzione all’estero di una sentenza di condanna a pena restrittiva della libertà personale non è ammessa senza previa deliberazione favorevole della corte di appello nel cui distretto fu pronunciata la condanna. A tale scopo il ministro di grazia e giustizia trasmette gli atti al procuratore generale affinché promuova il procedimento davanti alla corte di appello. 2. La corte delibera con sentenza, osservate le forme previste dall’articolo 127. 3. Qualora sia necessario il consenso del condannato, esso deve essere prestato davanti all’autorità giudiziaria italiana. Se il condannato si trova all’estero, il consenso può essere prestato davanti all’autorità consolare italiana ovvero davanti all’autorità giudiziaria dello stato estero. 4. La sentenza è soggetta a ricorso per cassazione da parte del procuratore generale presso la corte di appello e dell’interessato. Art. 744. Limiti dell’esecuzione della condanna all’estero. 1. In nessun caso il ministro di grazia e giustizia può domandare l’esecuzione all’estero di una sentenza penale di condanna a pena restrittiva della libertà personale se si ha motivo di ritenere che il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di

Codice procedura penale Artt. 743, 746 religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Art. 745. Richiesta di misure cautelari all’estero. 1. Se è domandata l’esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale e il condannato si trova all’estero, il ministro di grazia e giustizia ne richiede la custodia cautelare. 2. Nel domandare l’esecuzione di una confisca, il ministro ha facoltà di richiedere il sequestro. 2 bis. Il ministro ha altresì facoltà nei casi previsti da accordi internazionali, di richiedere lo svolgimento di indagini per l’identificazione e la ricerca di beni che si trovano all’estero e che possono divenire oggetto di una domanda di esecuzione di confisca, nonché di richiedere il loro sequestro. (1) ––––––––––– (1) Il co. 2 bis è stato aggiunto dall’art. 12 L. 9 agosto 1993, n. 328 (Ratifica… della convenzione… sul riciclaggio).

Art. 746. Effetti sull’esecuzione nello Stato. 1. L’esecuzione della pena nello Stato è sospesa dal momento in cui ha inizio l’esecuzione nello stato richiesto e per tutta la durata della medesima. 2. La pena non può più essere eseguita nello Stato quando, secondo le leggi dello stato richiesto, essa è stata interamente espiata.


3. DECRETO LEGISLATIVO 28 luglio 1989, n. 271. Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. TITOLO I NORME DI ATTUAZIONE CAPO I DISPOSIZIONI RELATIVE AL GIUDICE Art. 1. (1) Modalità di determinazione della competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati. 1. Agli effetti di quanto stabilito dall’articolo 11 del codice, il distretto di corte di appello nel cui capoluogo ha sede il giudice competente è determinato sulla base della tabella allegata alle presenti norme. ––––––––––– (1) Articolo sostituito dalla L. 2 dicembre 1998, n. 420. Si riporta la tabella annessa alle norme di att. c.p.p. della predetta L. 420/98: «Spostamenti di competenza per i procedimenti penali nei quali un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato. TABELLA A ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Dal distretto di Al distretto di ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Perugia Perugia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Firenze Firenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Genova Genova . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Torino Torino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Milano Milano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Brescia Brescia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Venezia Venezia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Trento Trento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Trieste Trieste . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Bologna Bologna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Ancona Ancona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .L’Aquila L’Aquila . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Campobasso Campobasso . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Bari Bari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Lecce Lecce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Potenza Potenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Catanzaro Cagliari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Palermo Palermo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Caltanissetta Caltanissetta . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Catania Catania . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Messina Messina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Reggio Calabria Reggio Calabria . . . . . . . . . . . . . . . .Catanzaro Catanzaro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Salerno Salerno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Napoli Napoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Roma».

Art. 2. Riunione di processi. 1. Se più processi che possono essere riuniti a norma dell’articolo 17 del codice pendono davanti a diversi giudici o a diverse sezioni dello stesso ufficio giudiziario, il di-

rigente dell’ufficio o della sezione designa per la eventuale riunione il giudice o la sezione cui è stato assegnato per primo uno dei processi, salvo che sussistano rilevanti esigenze di servizio ovvero la designazione possa pregiudicare la rapida definizione dei processi medesimi. ln tali ultime ipotesi provvede con decreto motivato. 1 bis. Fermo quanto previsto dalla seconda parte del comma 1 , nel caso indicato dall’articolo 17, comma 1 bis del codice il dirigente dell’ufficio o della sezione designa per l’eventuale riunione il giudice o la sezione che procede in composizione collegiale cui è stato assegnato per primo uno dei processi. Se la riunione non viene disposta, gli atti sono restituiti.(1) ––––––––––– (1) Il co. 1 bis è stato inserito dall’art. 208 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (1) artt. 17, 125 c.p.p.

CAPO II DISPOSIZIONI RELATIVE AL PUBBLICO MINISTERO Art. 3. Designazione del pubblico ministero. 1. I titolari degli uffici del pubblico ministero curano che, ove possibile, alla trattazione del procedimento provvedano, per tutte le fasi del relativo grado, il magistrato o i magistrati originariamente designati. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 51 c.p.p.; art. 70 ord. giud.

Art. 4. Contrasto tra pubblici ministeri. 1. Quando ricorre l’ipotesi prevista dall’articolo 54 comma 1 del codice, il pubblico ministero trasmette immediatamente al procuratore generale presso la corte di appello o presso la corte di cassazione gli atti del procedimento in originale o in copia. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 54 c.p.p.

Art. 4 bis. (1) Formalità delle richieste per la trasmissione a un diverso ufficio del pubblico ministero. 1. La richiesta al procuratore generale di cui all’articolo 54 quater, comma 3, del codice, deve essere depositata presso la segreteria del medesimo, unitamente a copia della richiesta presentata al pubblico ministero. 2. Ai fini della determinazione dell’ufficio del pubblico ministero che deve procedere, il procuratore generale presso la Corte d’appello o presso la Corte di cassazione, verificata l’ammissibilità della richie-


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sta, può richiedere la trasmissione di copia degli atti del procedimento. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 48 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

CAPO III DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA Art. 5. Composizione delle sezioni di polizia giudiziaria. 1. Le sezioni di polizia giudiziaria sono composte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della polizia di Stato, dell’arma dei carabinieri e del corpo della guardia di finanza. 2. Quando lo richiedono particolari esigenze di specializzazione dell’attività di polizia giudiziaria, su richiesta del procuratore generale presso la corte di appello e del procuratore della Repubblica interessato, possono essere applicati presso le sezioni, con provvedimento delle amministrazioni di appartenenza, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di altri organi. Si osservano le disposizioni dell’articolo 8 in quanto applicabili. 3. Al personale indicato nel comma 2 si applicano le disposizioni dellarticolo 10. ––––––––––– 1 In tema di avvio di un piano di potenziamento delle sezioni di polizia giudiziaria, v. sub art. 58 c.p.p. Disposizioni correlative: (1) artt. 56, 57 c.p.p.; (1-2) art. 6 att. c.p.p.

Art. 6. Costituzione dell’organico delle sezioni. 1. L’organico delle sezioni di polizia giudiziaria è costituito da personale in numero non inferiore al doppio di quello dei magistrati previsti nell’organico delle procure della Repubblica. (1) 2. Almeno due terzi dell’organico sono riservati ad ufficiali di polizia giudiziaria. 3. Fermi restando i limiti previsti dai commi 1 e 2 entro il 15 gennaio di ogni biennio il ministro di grazia e giustizia, di concerto con i ministri dell’interno, della difesa e delle finanze, determina con decreto l’organico delle sezioni, tenuto conto delle esigenze connesse all’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria e sentito il procuratore generale presso la corte di appello interessato. Nel decreto è fissato, per ogni sezione, il contingente assegnato a ciascuna forza di polizia, tenuto conto dei rispettivi organici. 4. Il personale applicato a norma dell’articolo 5 comma 2 non viene calcolato nell’organico delle sezioni. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato così modificato dall’art. 209 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (1) art. 5 att. c.p.p.; (2) art. 57 c.p.p.; (3) art. 55 c.p.p.; artt. 5, 7 e 20 c.p.p.

Att. c.p.p. Artt. 5, 9 Art. 7. Ripianamento organico e posti vacanti. 1. Le amministrazioni rispettivamente interessate provvedono al ripianamento organico entro novanta giorni dalla pubblicazione del decreto previsto dall’articolo 6 comma 3. 2. Quando si deve provvedere alla copertura delle vacanze, l’elenco di queste è pubblicato senza ritardo sul bollettino dell’amministrazione interessata su richiesta del procuratore generale presso la corte di appello. 3. Nell’ipotesi indicata nel comma 2, l’amministrazione interessata provvede alla copertura entro novanta giorni dalla richiesta del procuratore generale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) artt. 5, 20 att. c.p.p.

Art. 8. Assegnazione alle sezioni. 1. Gli interessati alla assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria presentano domanda alla amministrazione di appartenenza entro trenta giorni dalla pubblicazione delle vacanze indicando, se lo ritengono, tre sedi di preferenza. 2. Le domande, con il parere dell’ufficio o comando da cui dipendono gli interessati, sono trasmesse senza ritardo al procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto è stata dichiarata la vacanza. 3. Quando mancano le domande o queste sono in numero inferiore al triplo delle vacanze, ciascuna amministrazione indica al procuratore generale, individuato a norma del comma 2, coloro che possono essere presi in considerazione ai fini della assegnazione alle sezioni sino a raggiungere, tenendo conto anche delle eventuali domande, un numero triplo a quello delle vacanze. 4. Un terzo dei soggetti indicati dalla amministrazione di appartenenza deve avere svolto attività di polizia giudiziaria per almeno due anni nelle sezioni o nei servizi di polizia giudiziaria. 5. Per ogni candidato, l’amministrazione di appartenenza trasmette contestualmente copia della documentazione caratteristica. 6. L’assegnazione è disposta senza ritardo con provvedimento dell’amministrazione di appartenenza su richiesta nominativa congiunta del procuratore generale presso la corte di appello e del procuratore della Repubblica interessato. 7. Non sono considerate le domande e le posizioni rispetto alle quali ricorrono divieti previsti da leggi o da regolamenti concernenti gli ordinamenti delle amministrazioni di appartenenza. Art. 9. Direzione e coordinamento delle sezioni. 1. Il capo dell’ufficio presso cui è istituita la sezione la dirige e ne coordina l’attività in relazione alle richieste formulate dai singoli magistrati a norma dell’articolo 58 del codice.


Att. c.p.p. Artt. 10, 15 2. Per ciascuna forza di polizia che compone la sezione, l’ufficiale di polizia giudiziaria più elevato in grado o con qualifica superiore è responsabile del personale appartenente alla propria amministrazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 56, 59 c.p.p.; (2) art. 5 att. c.p.p.

Art. 10. Stato giuridico e carriera del personale delle sezioni. 1. Lo stato giuridico e la carriera del personale delle sezioni sono disciplinati dagli ordinamenti delle amministrazioni di appartenenza. 2. Ai fini della compilazione della documentazione caratteristica del personale nei casi previsti dai rispettivi ordinamenti, il capo dell’ufficio presso cui è istituita la sezione fornisce elementi informativi che concorrono alla formazione della valutazione. 3. Il personale delle sezioni è esonerato, quanto all’impiego, dai compiti e dagli obblighi derivanti dagli ordinamenti delle amministrazioni di appartenenza non inerenti alle funzioni di polizia giudiziaria, salvo che per casi eccezionali o per esigenze di istruzione e addestrative, previo consenso del capo dell’ufficio presso il quale la sezione è istituita. ––––––––––– 1 Fermo il disposto dell’art. 10 comma 2 in commento, alla compilazione del rapporto informativo per il personale di polizia in servizio presso le sezioni di polizia giudiziaria, costituite nella procura della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni e i Tribunali ordinari sono competenti gli stessi organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale in servizio presso le Questure e gli uffici da esse dipendenti (art. 6 D.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 come modif. dall’art. 12 L. 7 agosto 1990, n. 232). Disposizioni correlative: (1) art. 5 att. c.p.p.; (2) art. 56 c.p.p.; (3) artt. 55, 59 c.p.p.; art. 5 att. c.p.p.

Art. 11. Trasferimenti del personale delle sezioni. 1. I trasferimenti del personale della sezione di polizia giudiziaria sono disposti dall’amministrazione di appartenenza su proposta motivata del capo dell’ufficio presso cui è istituita la sezione ovvero, su iniziativa della amministrazione, previo nulla osta del medesimo e del procuratore generale presso la corte di appello. 2. Qualora il trasferimento si renda necessario in relazione alla progressione in carriera, è sufficiente il tempestivo avviso al capo dell’ufficio e al procuratore generale da parte dell’amministrazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 56 c.p.p.; art. 5 att. c.p.p.

Art. 12. Servizi di polizia giudiziaria. 1. Agli effetti di quanto previsto dall’articolo 56 del co-

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dice, sono servizi di polizia giudiziaria tutti gli uffici e le unità ai quali è affidato dalle rispettive amministrazioni o dagli organismi previsti dalla legge il compito di svolgere in via prioritaria e continuativa le funzioni indicate nell’articolo 55 del codice. 2. Entro il termine stabilito per l’entrata in vigore del codice, le amministrazioni o gli organismi dai quali dipendono i servizi indicati nel comma 1 comunicano al procuratore generale presso la corte di appello e al procuratore della Repubblica presso il tribunale il nome e il grado degli ufficiali che dirigono i servizi di polizia giudiziaria e specifici settori o articolazioni di questi. 3. Salvo quanto disposto dall’articolo 14, ogni variazione dell’elenco degli ufficiali indicati nel comma 2 deve essere comunicata senza ritardo. ––––––––––– 1 Sulle norme in tema di servizi centrali e interprovinciali della polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza (cui è demandato il collegamento delle attività investigative relative a delitti di criminalità organizzata e di sequestro di persona a scopo di estorsione), cfr. art. 12 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 e art. 8 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con modif. nella legge 15 marzo 1991, n. 82). Per il coordinamento con la Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.) v. D.L. 29 ottobre 1991, n. 345 (conv. con modif. nella Legge 30 dicembre 1991, n. 410).

Art. 13. Servizi operanti in ambito più vasto del circondario. 1. Quando i servizi di polizia giudiziaria sono costituiti per attività da svolgere in ambito territoriale più vasto del circondario, l’ufficiale preposto è responsabile verso il procuratore generale del distretto dove ha sede il servizio. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 56, 59 c.p.p.; art. 12 att. c.p.p.

Art. 14. Allontanamento dei dirigenti dei servizi. 1. Per allontanare anche provvisoriamente dalla sede o assegnare ad altri uffici i dirigenti dei servizi di polizia giudiziaria o di specifici settori o articolazioni di questi, le amministrazioni dalle quali essi dipendono devono ottenere il consenso del procuratore generale presso la corte di appello e del procuratore della Repubblica presso il tribunale. 2. Il diniego deve essere motivato. Qualora l’allontanamento si renda necessario ai fini della progressione in carriera, il consenso non può essere negato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 12 att. c.p.p.

Art. 15. Promozioni. 1. Le promozioni degli addetti alle sezioni di polizia giudiziaria non possono essere disposte senza il parere favorevole del procuratore generale presso la corte di appello e


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del capo dell’Ufficio presso cui è istituita la sezione. 2. Le promozioni degli ufficiali che dirigono i servizi o specifici settori o articolazioni di questi non possono essere disposte senza il parere favorevole del procuratore generale presso la corte di appello e del procuratore della Repubblica presso il tribunale. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche quando l’ufficiale o l’agente ha cessato dalle funzioni di polizia giudiziaria da non più di due anni. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 56 c.p.p.; art. 5 att. c.p.p.; (2) art. 12 att. c.p.p.; (3) art. 55 c.p.p.

Art. 16. Sanzioni disciplinari. 1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che senza giustificato motivo omettono di riferire nel termine previsto all’autorità giudiziaria la notizia del reato, che omettono o ritardano l’esecuzione di un ordine dell’autorità giudiziaria o lo eseguono soltanto in parte o negligentemente o comunque violano ogni altra disposizione di legge relativa all’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, sono soggetti alla sanzione disciplinare della censura e, nei casi più gravi, alla sospensione dall’impiego per un tempo non eccedente sei mesi. 2. Nei confronti degli ufficiali e degli agenti indicati nell’articolo 56 comma 1 lettera b) del codice può essere altresì disposto l’esonero dal servizio presso le sezioni. 3. Fuori delle trasgressioni previste dal comma 1 gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria rimangono soggetti alle sanzioni disciplinari stabilite dai propri ordinamenti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 57, 59, 328, 329, 347, 361 c.p.p.

Art. 17. Procedimento disciplinare. 1. L’azione disciplinare è promossa dal procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto l’ufficiale o l’agente presta servizio. Dell’inizio dell’azione disciplinare è data comunicazione all’amministrazione dalla quale dipende l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria. 2. L’addebito è contestato all’incolpato per iscritto. La contestazione indica succintamente il fatto e la specifica trasgressione della quale l’incolpato è chiamato a rispondere. Essa è notificata all’incolpato e contiene l’avviso che, fino a cinque giorni prima dell’udienza, egli può presentare memorie, produrre documenti e richiedere l’audizione di testimoni. 3. Competente a giudicare è una commissione composta: a) da un presidente di sezione della corte di appello che la presiede e da un magistrato di tribu-

Att. c.p.p. Artt. 16, 18 nale, nominati ogni due anni dal consiglio giudiziario. b) da un ufficiale di polizia giudiziaria, scelto, a seconda dell’appartenenza dell’incolpato, fra tre ufficiali di polizia giudiziaria nominati ogni due anni rispettivamente dal questore, dal comandante di legione dei carabinieri e dal comandante di zona della guardia di finanza. Se l’incolpato non appartiene alla polizia di Stato, ai carabinieri o alla guardia di finanza, a comporre la commissione è invece chiamato un ufficiale di polizia giudiziaria appartenente alla stessa amministrazione dell’incolpato e nominato ogni due anni dagli organi che la rappresentano. 4. Nel procedimento disciplinare si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 127 del codice. L’accusa è esercitata dal procuratore generale che ha promosso l’azione disciplinare o da un suo sostituto. L’incolpato ha facoltà di nominare un difensore scelto tra gli appartenenti alla propria amministrazione ovvero tra gli avvocati e i procuratori iscritti negli albi professionali. In mancanza di tale nomina, il presidente della commissione designa un difensore di ufficio individuato secondo le modalità previste dall’articolo 97 del codice. 5. Il procuratore generale presso la corte di appello comunica i provvedimenti all’amministrazione di appartenenza dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria nei cui confronti è stata promossa l’azione disciplinare. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1-3) art. 57 c.p.p.

Art. 18. Ricorso. 1. Contro la decisione emessa a norma dell’articolo 17 l’incolpato e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso a una commissione che ha sede presso il ministero di grazia e giustizia ed è composta: a) da un magistrato della corte di cassazione che la presiede e da un magistrato che esercita funzioni di appello, nominati ogni quattro anni dal Consiglio superiore della magistratura; b) da un ufficiale di polizia giudiziaria scelto, a seconda dell’appartenenza dell’incolpato, fra i tre nominati ogni quattro anni rispettivamente dal capo della polizia e dai comandanti generali dei carabinieri e della guardia di finanza. Se l’incolpato non appartiene alla polizia di Stato, ai carabinieri o alla guardia di finanza, a comporre la commissione è chiamato un ufficiale di polizia giudiziaria appartenente alla stessa amministrazione dell’incolpato e nominato ogni quattro anni dagli organi che la rappresentano. 2. L’accusa è esercitata da un magistrato della procura generale presso la corte di cassazione. 3. L’incolpato ha facoltà di nominare un difensore scelto tra gli avvocati e i procuratori iscritti


Att. c.p.p. Artt. 19, 25 negli albi professionali. In mancanza di tale nomina, il presidente della commissione designa un difensore di ufficio individuato secondo le modalità previste dall’articolo 97 del codice. 4. La decisione è immediatamente trasmessa per l’esecuzione all’amministrazione cui appartiene l’ufficiale o l’agente. 5. Contro la decisione l’incolpato e il procuratore generale presso la corte di cassazione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Il ricorso non sospende l’esecuzione della decisione. Si osservano le disposizioni dell’articolo 611 del codice, in quanto applicabili. (1) ––––––––––– (1) Il comma 5 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza Corte costituzionale 4 dicembre 1998, n. 394. Disposizioni correlative: (5) art. 588 c.p.p.

Art. 19. Sospensione cautelare. 1. Le commissioni previste dagli articoli 17 e 18 possono disporre la sospensione cautelare dell’ufficiale o dell’agente dalle funzioni di polizia giudiziaria. Art. 20. Disposizione transitoria. 1. Il personale di polizia giudiziaria attualmente operante presso gli uffici giudiziari è mantenuto nelle sue funzioni fino a che non siano costituite per la prima volta le sezioni di polizia giudiziaria. 2. Per la prima costituzione delle sezioni di polizia giudiziaria, il decreto previsto dall’articolo 6 comma 3 è emesso non oltre un mese prima della data di entrata in vigore del codice. 3. Il personale è assegnato alle sezioni a norma degli articoli 7 e 8; tuttavia, al ripianamento si provvede entro trenta giorni dal decreto indicato nel comma 2 e alla assegnazione si provvede non oltre i sessanta giori successivi. CAPO IV DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE PARTI PRIVATE E AI DIFENSORI Art. 21. Notizie da chiedere all’imputato nel primo atto cui egli è presente. 1. Quando procede a norma dell’articolo 66 del codice, il giudice o il pubblico ministero invita l’imputato o la persona sottoposta alle indagini a dichiarare se ha un soprannome o uno pseudonimo, se ha beni patrimoniali e quali sono le sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale. Lo invita inoltre a dichiarare se è sottoposto ad altri processi penali, se ha riportato condanne nello Stato o all’estero e, quando ne è il caso, se esercita o ha esercitato uffici o servizi pubblici o servizi di pubblica necessità e se ricopre o ha ricoperto cariche pubbliche. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60-61 c.p.p.

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Art. 22. Comparizione delle persone in stato di arresto o detenzione domiciliare. 1. Quando una persona in stato di arresto o detenzione domiciliare deve comparire per ragioni di giustizia davanti all’autorità giudiziaria, il giudice competente a norma dell’articolo 279 del codice ovvero il magistrato di sorveglianza del luogo dove si svolge la detenzione, se non ritiene di dover disporre l’accompagnamento o la traduzione per salvaguardare comprovate esigenze processuali o di sicurezza, autorizza l’allontanamento dal luogo di arresto o di detenzione per il tempo strettamente necessario. In tal caso detta le opportune prescrizioni e dà comunicazione del provvedimento all’ufficio di polizia giudiziaria territorialmente competente. Il giudice per le indagini preliminari provvede sentito il pubblico ministero. 2. L’autorizzazione prevista dal comma 1 può essere concessa anche quando la traduzione sia stata disposta da altra autorità giudiziaria davanti alla quale la persona deve comparire. ––––––––––– 1 Sul tema delle traduzioni dei detenuti si veda l’art. 42 bis L. 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento Penitenziario) aggiunto dall’articolo 2 L. 12 dicembre 1992, n. 492. Si vedano altresì il D.M. 18 marzo 1993 sulla «Definizione del tipo di manette da utilizzare nella traduzioni e nei trasferimenti di persone in stato di fermo, di arresto o comunque detenute» e la circolare del Ministro di Grazia e Giustizia 131-91-526/93 del g. 8 aprile 1993. Disposizioni correlative: (1) art. 329, 677 c.p.p.

Art. 23. Assenza delle parti private diverse dall’imputato. 1. L’assenza delle parti private diverse dall’imputato regolarmente citate non determina la sospensione o il rinvio del dibattimento, né la nuova fissazione della udienza preliminare a norma degli articoli 420 bis e 420 ter. (1) 2. Fermo quanto previsto dall’articolo 82 comma 2 del codice, nel caso di mancata comparizione delle parti private diverse dall’imputato, la sentenza è notificata alle stesse per estratto unitamente all’avviso di deposito della sentenza. ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato così modificato dall’art. 49 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) art. 484 e segg. c.p.p.; (2) art. 548 c.p.p.

Art. 24. Nomina di più difensori. 1. La nomina di ulteriori difensori si considera senza effetto finché la parte non provvede alla revoca delle nomine precedenti che risultano in eccedenza rispetto al numero previsto dagli articoli 96, 100 e 101 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 108 c.p.p.

Art. 25. Divieto di consigli circa la scelta del difensore di fiducia. 1. Costituisce grave infrazione disciplinare per gli ufficiali e gli agenti di po-


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lizia giudiziaria e per tutti i dipendenti dell’amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena dare consigli sulla scelta del difensore di fiducia. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 57, 96 c.p p.

Art. 26. Nomina del difensore nei casi di uso di lingua diversa dall’italiano. 1. Anche nei casi di uso di lingua diversa dall’italiano nel procedimento, l’imputato e le altre parti private hanno il diritto di nominare il difensore senza alcun limite derivante dall’appartenenza etnica o linguistica dello stesso. 2. Nei casi previsti dall’articolo 109 comma 2 del codice, quando ciò serve ad assicurare l’effettività della difesa, l’autorità giudiziaria, nell’individuare il difensore di ufficio o nel designare il sostituto del difensore a norma dell’articolo 97 comma 4 del codice, tiene conto dell’appartenenza etnica o linguistica dell’imputato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 61, 96-97, 109 c.p.p.

Art. 27. Documentazione della qualità di difensore. 1 Quando è richiesto, il difensore documenta la sua qualità esibendo: a) la certificazione della nomina fatta con dichiarazione orale all’autorità procedente; b) la copia della nomina recante l’attestazione dell’avvenuto deposito, nel caso di consegna da parte del difensore; c) la copia della nomina, certificata conforme all’originale da parte del difensore, e l’originale della ricevuta postale, nel caso di trasmissione a mezzo di raccomandata; d) la copia del verbale o dell’avviso indicati nell’articolo 30, nel caso di nomina di ufficio. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 36, 96-97, 100-101 c.p.p.

Art. 28. Comunicazione del nominativo del difensore di ufficio. 1. Il nominativo del difensore di ufficio è comunicato senza ritardo all’imputato con l’avvertimento che può essere nominato, in qualunque momento, un difensore di fiducia. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 61, 96, 97 c.p.p.

Art. 29. Elenchi e tabelle dei difensori di ufficio. 1. Il consiglio dell’ordine forense predispone e aggiorna almeno ogni tre mesi l’elenco alfabetico degli iscritti negli albi [idonei e] disponibili ad assumere le difese di ufficio (1). 1 bis. Per l’iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 97 del codice, è necessario il conseguimento di attestazione di idoneità rilasciata dall’ordine forense di appartenenza al termine della frequenza di corsi di aggiornamento professionale organizzati

Att. c.p.p. Artt. 26, 29 dagli ordini medesimi o, ove costituita, dalla camera penale territoriale ovvero dall’unione delle camere penali. I difensori possono, tuttavia, essere iscritti nell’elenco, a prescindere dal requisito di cui al periodo precedente, dimostrando di aver esercitato la professione in sede penale per almeno due anni, mediante la produzione di idonea documentazione (2). 2. È istituito presso l’ordine forense di ciascun copoluogo del distretto di corte d’appello un apposito ufficio con recapito centralizzato che, mediante linee telefoniche dedicate, fornisce i nominativi dei difensori d’ufficio a richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria. Non si ricorre al sistema informatizzato se il procedimento concerne materie che riguardano competenze specifiche (3). 3. L’ufficio di cui al comma 2 gestisce separatamente gli elenchi dei difensori d’ufficio di ciascun ordine forense esistente nel distretto di corte d’appello (3). 4. Il sistema informatizzato di cui al comma 2 deve garantire: a) che l’indicazione dei nominativi rispetti un criterio di rotazione automatico tra gli iscritti nell’elenco di cui al comma 1; b) che sia evitata l’attribuzione contestuale di nomine, ad un unico difensore, per procedimenti pendenti innanzi ad autorità giudiziarie e di polizia distanti tra di loro e, comunque, dislocate in modo da non permettere l’effettività della difesa; c) l’istituzione di un turno differenziato, per gli indagati e gli imputati detenuti, che assicuri, attraverso un criterio di rotazione giornaliera dei nominativi, la reperibilità di un numero di difensori d’ufficio corrispondente alle esigenze (3). 5. L’autorità giudiziaria e, nei casi previsti, la polizia giudiziaria, individuano il difensore richiedendone il nominativo all’ufficio di cui al comma 2 (3). 6. Il presidente del consiglio dell’ordine forense o un componente da lui delegato vigila sul rispetto dei criteri per l’individuazione e la designazione del difensore d’ufficio (3). 7. I difensori inseriti nei turni giornalieri di cui al comma 4, lettera c), hanno l’obbligo della reperibilità (3). [8. Il presidente del tribunale e il presidente del consiglio dell’ordine forense vigilano sul rispetto della tabella e dei criteri per l’individuazione e la designazione dei difensori di ufficio.] (4) [9. I difensori inseriti nella tabella hanno l’obbligo della reperibilità.] (4) ––––––––––– (1) Le parole «idonei e» sono state soppresse dall’art. 6, L. 6 marzo 2001, n. 60.


Att. c.p.p. Artt. 30, 36 (2) Comma inserito dall’art. 7, L. 60/2001 cit. (3) I commi da 2 a 7 sono stati così sostituiti, rispettivamente, dagli articoli da 8 a 13 della L. 60/2001 cit. (4) Comma abrogato dall’art. 14, L. 60/2001 cit. Disposizioni correlative: (1) art. 97 c.p.p.; (1) art. 11 min. art. 15 att. min.

Art. 30. Comunicazione al difensore di ufficio. 1. Al difensore di ufficio è data comunicazione della individuazione effettuata a norma dell’articolo 97 comma 3 del codice (1). 2. Allo stesso modo è comunicata la designazione al sostituto nei casi previsti dall’articolo 97 comma 4 del codice. 3. Nel caso previsto dall’articolo 97 comma 5 del codice, il difensore di ufficio che si trova nell’impossibilità di adempiere l’incarico e non ha nominato un sostituto deve avvisare immediatamente l’autorità giudiziaria, indicandone le ragioni, affinché si provveda alla sostituzione (2). ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 15, L. 6 marzo 2001, n. 60. (2) Comma così modificato dall’art. 16, L. 60/2001 cit.

Art. 31. Diritto alla retribuzione del difensore di ufficio. 1. Fermo quanto previsto dalle norme sul gratuito patrocinio, l’attività del difensore di ufficio è in ogni caso retribuita. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art 98 c.p.p. (con richiami).

Art. 32. Recupero dei crediti professionali. (1) 1. Le procedure intraprese per il recupero dei crediti professionali vantati dai difensori d’ufficio nei confronti degli indagati, degli imputati e dei condannati inadempienti sono esenti da bolli, imposte e spese. [2. Al difensore d’ufficio è corrisposto il compenso nella misura e secondo le modalità previste dalla legge 30 luglio 1990, n. 217, quando dimostri di avere esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali.] (2) [3. Lo Stato, con le forme e le procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, ha diritto di ripetere le somme di cui al comma 1, salvo che la persona assistita dal difensore d’ufficio versi nelle condizioni per essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato.] (2) ––––––––––– (1) Articolo così sostituito dall’art. 17, L. 6 marzo 2001, n. 60. (2) I commi 2 e 3 sono stati abrogati dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, l’art. 116 D.P.R. n. 115/2002 cit.

[Art 32 bis. Retribuzione del difensore d’ufficio di persona irreperibile. 1. Il difensore d’ufficio della persona sottoposta alle indagini, dell’imputato e del condannato irreperibile è retribuito secondo le norme relative al patrocinio a

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spese dello Stato nelle forme di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 30 luglio 1990, n. 217, con diritto di ripetizione delle somme a carico di chi si è reso successivamente reperibile.] (1) ––––––––––– (1) L’articolo, inserito dall’art. 18, L. 6 marzo 2001, n. 60, è stato abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, l’art. 117 D.P.R. n. 115/2002 cit.

Art 33. Domicilio della persona offesa. 1. Il domicilio della persona offesa dal reato che abbia nominato un difensore si intende eletto presso quest’ultimo. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 101 c.p.p.

Art. 34. Designazione del sostituto del difensore. 1. Il difensore designa il sostituto nelle forme indicate nell’articolo 96 comma 2 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 102 c.p.p.

Art. 35. Corrispondenza e colloqui telefonici del difensore con l’imputato. 1. Ai fini di quanto previsto dall’articolo 103 comma 6 del codice, la busta della corrispondenza tra l’imputato e il suo difensore deve riportare: a) il nome e il cognome dell’imputato; b) il nome, il cognome e la qualifica professionale del difensore; c) la dicitura «corrispondenza per ragioni di giustizia» con la sottoscrizione del mittente e l’indicazione del procedimento cui la corrispondenza si riferisce. 2. Quando mittente è il difensore, la sottoscrizione è autenticata dal presidente del consiglio dell’ordine forense di appartenenza o da un suo delegato. 3. Se l’imputato è detenuto, l’autorità che ne ha la custodia appone il proprio timbro o firma sulla busta chiusa che già reca le indicazioni suddette, senza che ciò ritardi l’inoltro della corrispondenza. 4. Alla corrispondenza tra l’imputato detenuto e il suo difensore, recante le indicazioni stabilite nei commi 1 e 2, non si applicano le disposizioni dell’articolo 18 commi 8 e 9 della legge 26 luglio 1975 n 354 e degli articoli 20 comma l e 36 commi 7 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976 n. 431. 5. Ai fini di quanto previsto dall’articolo 103 comma 5 del codice, quando sono autorizzati colloqui telefonici tra l’imputato detenuto e il suo difensore, come risultante dall’indicazione del relativo procedimento, non si applica la disposizione dell’articolo 37 comma 8 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976 n. 431. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 60, 61. 96-97 c.p.p.

Art. 36. Accesso del difensore al luogo di custodia. 1. Per conferire con la persona fermata, ar-


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restata o sottoposta a custodia cautelare, il difensore ha diritto di accedere ai luoghi in cui la persona stessa si trova custodita. 2. A tale fine la qualità di difensore, che non risulti in qualsiasi modo all’autorità che esercita la custodia, è documentata a norma dell’articolo 27 o con altro mezzo equipollente. 3. Quando è disposta la dilazione prevista dall’articolo 104 commi 3 e 4 del codice, copia del relativo decreto è consegnata a chi esercita la custodia ed è da questi esibita all’arrestato, al fermato, alla persona sottoposta a custodia cautelare o al difensore che richiedono il colloquio. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt 96, 97, 104, 285-286, 380, 381, 383, 384 c.p.p.

Art. 37. Procura speciale rilasciata in via preventiva. 1. La procura speciale prevista dall’articolo 122 del codice può essere rilasciata anche preventivamente, per l’eventualità in cui si verifichino i presupposti per il compimento dell’atto al quale la procura si riferisce. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 571 c.p.p.

[Art. 38. (1) Facoltà dei difensori per l’esercizio del diritto alla prova. 1. Al fine di esercitare il diritto alla prova previsto dall’articolo 190 del codice, i difensori anche a mezzo di sostituti e di consulenti tecnici, hanno facoltà di svolgere investigazioni per ricercare e indviduare elementi di prova a favore del proprio assistito e di conferire con le persone che possano dare informazioni. 2. L’attività prevista dal comma 1 può essere svolta, su incarico del difensore, da investigatori privati autorizzati. 2 bis. Il difensore della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa può presentare direttamente al giudice elementi che egli reputa rilevanti ai fini della decisione da adottare. 2 ter. La documentazione presentata al giudice è inserita nel fascicolo relativo agli atti di indagine in originale o in copia, se la persona sottoposta alle indagini ne richiede la restituzione.] ––––––––––– (1) Articolo prima modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332 e poi abrogato dall’art. 23 L. 7 dicembre 2000, n. 397. Disposizioni correlative: artt. 96, 97, 100, 101, 102, 225, 230, 231, c.p.p.; (2) art. 222 att. c.p.p.

CAPO V DISPOSIZIONI RELATIVE AGLI ATTI Art. 39. Autenticazione della sottoscrizione di atti. 1. Fermo quanto previsto da speciali disposizioni, l’autenticazione della sottoscrizione di atti

Att. c.p.p. Artt. 37, 44 per i quali il codice prevede tale formalità può essere effettuata, oltre che dal funzionario di cancelleria, dal notaio, dal difensore, dal sindaco, da un funzionario delegato dal sindaco, dal segretario comunale, dal giudice conciliatore, dal presidente del consiglio dell’ordine forense o da un consigliere da lui delegato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 96-97; 100-101, 583 c.p.p. artt. 35, 56 att c.p.p.; art. 1 reg.

Art. 40. Copia dell’atto che surroga l’originale mancante. 1. Nel caso previsto dall’articolo 112 comma 1 del codice, la cancelleria attesta sulla copia autentica dell’atto che si tratta di copia che tiene luogo, ad ogni effetto, dell’originale distrutto, smarrito o sottratto. Art. 41. Atto ricostituito. 1. Quando si procede a norma dell’articolo 113 commi 1 e 2 del codice sull’atto ricostituito sono indicati gli estremi dell’ordinanza che ha disposto la ricostituzione. Art. 42. Trasmissione a distanza di copia di atti. 1. Il rilascio di copie di atti del procedimento, nei casi previsti dalla legge, può avvenire mediante la trasmissione a distanza con mezzi tecnici idonei, previo accertamento della legittimazione del richiedente. In tal caso l’ufficio presso il quale l’atto si trova attesta in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 116, 141, 243, 258, 335, 366, 396, 430, 449, 466 c.p.p, artt. 44, 54, 64, 93, 107, 131, 139, 140, 161 att. c.p.p.

Art. 43. Autorizzazione al rilascio di copia di atti. 1. L’autorizzazione prevista dall’articolo 116 comma 2 del codice non è richiesta nei casi in cui è riconosciuto espressamente al richiedente il diritto al rilascio di copie, estratti o certificati di atti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 141, 258, 366, 396, 130, 419, 466 c.p.p.; artt. 93, 107, 131, 139, 140, 161 att. c.p.p.

Art. 44. Comunicazione delle dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate. 1. Le impugnazioni, le richieste e le altre dichiarazioni previste dall’articolo 123 del codice sono comunicate nel giorno stesso, o al più tardi nel giorno successivo, all’autorità giudiziaria competente mediante estratto o copia autentica, anche per mezzo di lettera raccomandata. Nei casi di speciale urgenza, la comunicazione può avvenire anche con telegramma confermato da lettera raccomandata ovvero mediante l’uso di altri mezzi tecnici idonei. In tal caso l’ufficio presso il quale l’atto si trova attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt 121, 582 c.p.p.; art. 42


Att. c.p.p. Artt. 45, 52 att. c.p.p.

Art. 45. Relazione nel procedimento in camera di consiglio. 1. Nel procedimento in camera di consiglio davanti alle corti e ai tribunali, la relazione orale è svolta, appena compiuti gli atti introduttivi, da un componente del collegio previamente designato dal presidente. Art. 45 bis. (1) Partecipazione al procedimento in camera di consiglio a distanza. 1. Nei casi previsti dall’articolo 146 bis, comma 1 e 1 bis, la partecipazione dell’imputato o del condannato all’udienza nel procedimento in camera di consiglio avviene a distanza (2). 2. La partecipazione a distanza è disposta dal giudice con ordinanza o dal presidente del collegio con decreto motivato, che sono comunicati o notificati unitamente all’avviso di cui all’articolo 127, comma 1, del giudice. 3. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall’articolo 146 bis, commi 2, 3, 4 e 6. ––––––––––– (1) Articolo introdotto dalla L. 7 gennaio 1998, n. 11 recante «disciplina della partecipazione al procedimento penale a distanza e dell’esame in dibattimeno dei collaboratori di giustizia, nonché modifica della competenza sui reclami in tema di art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario». Si veda l’art. 6 di detta legge per quanto riguarda il termine di efficacia della disposizione in argomento. (2) Comma così modificato dall’art. 13 D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4.

Art. 46. Esecuzione dell’accompagnamento coattivo. 1. Il provvedimento che dispone l’accompagnamento coattivo è trasmesso, a cura della cancelleria o della segreteria dell’autorità giudiziaria che lo ha emesso, all’organo che deve provvedere alla esecuzione. Copia del provvedimento è consegnata all’interessato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 132, 133, 375, 376, 377, 399, 490 c.p.p; art. 31 min.

Art. 47. Revoca della condanna pecuniaria inflitta alle persone non comparse. 1. La condanna al pagamento di una somma a norma dell’articolo 133 del codice è revocata con ordinanza dal giudice quando sono ritenute fondate le giustificazioni addotte dall’interessato. Art. 48. Cancellature, variazioni e aggiunte negli atti. 1. Le cancellature che occorre eseguire nelle sentenze, nelle ordinanze, nei decreti, nei verbali o in altri atti del procedimento sono fatte in modo da lasciare leggere le parole cancellate. 2. Alle variazioni e alle aggiunte che occorre eseguire prima della sottoscrizione si provvede con postille, che devono essere approvate. –––––––––––

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Disposizioni correlative: (1) artt. 125, 134 c.p.p.; art. 2 reg.

Art. 49. Conservazione dei nastri e dei supporti fonografici e audiovisivi. 1. I nastri e i supporti contenenti le riproduzioni fonografiche o audiovisive sono racchiusi in apposite custodie numerate e sigillate. 2. Ciascuna custodia, a sua volta, è racchiusa in un involucro, sul quale è trascritto il numero della custodia e sono indicati gli estremi del procedimento e le generalità delle persone alle quali si riferiscono le riproduzioni nonché la data in cui le singole riproduzioni sono state effettuate. 3. Al fine di evitarne il deterioramento, i nastri e i supporti possono essere conservati anche in contenitori separati dagli atti processuali. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 139 c.p.p.; art. 89 att. c.p.p.; art. 24 reg.

Art. 50. Redazione del verbale in forma stenotipica o con altro strumento meccanico. 1. Quando il verbale è redatto in forma stenotipica o con altro strumento meccanico, esso può essere formato da più ausiliari o da più tecnici autorizzati a norma dell’articolo 135 del codice, ciascuno dei quali lo sottoscrive per la parte di rispettiva competenza. 2. Se lo strumento meccanico impiegato non comporta la immediata impressione di caratteri comuni di scrittura, il relativo nastro è sottoscritto dai soli verbalizzanti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 134 c p.p.; (2) art. 138 c.p.p.

Art. 51. Personale tecnico impiegato per la documentazione degli atti. 1. Quando rileva l’esigenza di avvalersi di personale tecnico estraneo all’amministrazione dello Stato per la documentazione degli atti nei casi previsti dagli articoli 135 comma 2, 138 comma 2 e 139 comma 4 del codice, l’autorità giudiziaria ne fa richiesta al capo dell’ufficio giudiziario perché provveda alla scelta del personale idoneo. 2. Al fine indicato nel comma 1 il capo dell’ufficio giudiziario è autorizzato a stipulare uno o più contratti trimestrali, prorogabili per un periodo non superiore a un anno, con imprese di servizi specialistici, aventi sede, di regola, nella circoscrizione dell’ufficio giudiziario medesimo. 3. Ai contratti si applicano le disposizioni dell’articolo 7 comma 1 della legge 3 ottobre 1987 n. 401. Il parere sulla congruità della spesa è espresso dall’ufficio tecnico erariale territorialmente competente. Art. 52. Citazione dell’interprete. 1. Con il provvedimento di nomina è disposta la notificazione all’interprete del relativo decreto di cita-


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zione. Nei casi urgenti l’interprete può essere citato anche oralmente per mezzo dell’ufficiale giudiziario o della polizia giudiziaria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 143 c.p.p.

Art. 53. Sanzione pecuniaria inflitta all’interprete nel corso delle indagini preliminari. 1. Nel corso delle indagini preliminari, quando si verifica l’ipotesi prevista dall’articolo 147 comma 2 del codice, il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari di provvedere all’applicazione della sanzione pecuniaria. Art. 54. Copie degli atti da notificare. 1. Quando l’atto da notificare viene trasmesso all’ufficiale giudiziario, questi deve formarne un numero di copie uguale a quello dei destinatari della notificazione. 2. Tengono luogo dell’originale le copie, trasmesse con mezzi tecnici idonei, quando l’ufficio che ha emesso l’atto attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale. 3. Quando la notificazione viene eseguita a mezzo della polizia giudiziaria, l’atto è trasmesso all’ufficio di polizia competente per territorio con numero di copie uguale a quello dei destinatari della notificazione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 148, 151 c.p.p.; (2) art. 42, 64 att. c.p.p.

Art. 55. Modalità di attuazione delle notificazioni urgenti a mezzo del telefono o del telegrafo. 1. Alla spedizione del telegramma previsto dall’articolo 149 commi 4 e 5 del codice provvede la cancelleria o la segreteria. 2. La copia e la ricevuta di spedizione del telegramma e il testo del fonogramma previsto dall’articolo 149 comma 2 del codice, con l’indicazione della persona che lo trasmette, di quella che lo riceve, dell’ora e del giorno di trasmissione, sono allegati agli atti del procedimento a cura della cancelleria o della segreteria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 1 reg.

Art. 56. Notificazione a mezzo posta effettuata dal difensore. 1. Ai fini previsti dall’articolo 152 del codice, il difensore che ha spedito l’atto da notificare con lettera raccomandata documenta tale spedizione depositando in cancelleria copia dell’atto inviato, attestandone la conformità all’originale, e l’avviso di ricevimento. 2. Il difensore indica altresì se l’atto è stato spedito in busta chiusa o in piego. Art. 57. Rifiuto di ricezione dell’atto notificato all’imputato detenuto. 1. Gli atti che l’imputato detenuto si è rifiutato di ricevere e che de-

Att. c.p.p. Artt. 53, 64 vono essere consegnati al direttore dell’istituto a norma dell’articolo 156 comma 2 del codice sono inseriti nel fascicolo personale del detenuto. Se l’imputato richiede che gli atti depositati gli siano consegnati, della consegna è fatta menzione in apposito registro. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 51 att. c.p.p.; art. 8 reg.

Art. 58. Informazione all’imputato detenuto legittimamente assente. 1. Il direttore dell’istituto annota nel registro indicato nell’articolo 57 data, ora e modalità dell’informazione prevista dall’articolo 156 comma 2 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 8 reg.

Art. 59. Secondo accesso per la prima notificazione all’imputato non detenuto. 1. Nel caso previsto dall’articolo 157 comma 7 del codice, nella relazione di notificazione è indicata anche l’ora in cui sono avvenuti gli accessi. In caso di mancanza o inidoneità delle persone indicate nell’articolo 157 comma 1 del codice, il secondo accesso deve avvenire in uno dei giorni successivi e in orario diverso da quello del primo accesso. Art. 60. Informazione dell’avvenuta notificazione all’imputato in servizio militare. 1. Il comandante militare che ha provveduto alla informazione a norma dell’articolo 158 del codice annota data, ora e modalità in apposito registro. Art. 61. Documentazione delle nuove ricerche dell’imputato. 1. La polizia giudiziaria, in caso di nuove ricerche disposte a norma dell’articolo 159 del codice, ne fa relazione all’autorità richiedente indicando i luoghi in cui le ricerche sono state svolte, gli ufficiali e gli agenti che le hanno eseguite, i nomi dei familiari dell’imputato reperiti e le notizie dagli stessi fornite circa il luogo in cui il loro congiunto si trova. Art. 62. Indicazione delle generalità del domiciliatario. 1. Nell’eleggere il domicilio a norma dell’articolo 162 del codice, l’imputato è tenuto a indicare anche le generalità del domiciliatario. Art. 63. Traduzione dell’avviso inviato all’imputato straniero all’estero. 1. Ai fini di quanto previsto dall’articolo 169 comma 3 del codice, all’avviso redatto in lingua italiana e sottoscritto dall’autorità giudiziaria che procede è allegata la traduzione nella lingua ufficiale dello stato in cui l’imputato risulta essere nato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 109 c.p.p.

Art. 64. Comunicazione di atti. 1. La comunicazione di atti del giudice ad altro giudice si esegue mediante trasmissione di copia dell’atto con


Att. c.p.p. Artt. 65, 68 lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero mediante consegna al personale di cancelleria, che ne rilascia ricevuta su apposito registro custodito presso la cancelleria del giudice che ha emesso l’atto. 2. La comunicazione di atti dal giudice al pubblico ministero, che ha sede diversa da quella del giudice, si esegue mediante trasmissione di copia dell’atto con lettera raccomandata con avviso di ricevimento. 3. In caso di urgenza o quando l’atto contiene disposizioni concernenti la libertà personale, la comunicazione è eseguita col mezzo più celere nelle forme previste dagli articoli 149 e 150 del codice ovvero è eseguita dalla polizia giudiziaria mediante consegna di copia dell’atto presso la cancelleria o la segreteria. In questo ultimo caso, la polizia redige verbale, copia del quale è trasmessa al giudice che ha emesso l’atto. 4. Ai fini delle comunicazioni previste dai commi precedenti, la copia può essere trasmessa con mezzi tecnici idonei, quando il funzionario di cancelleria del giudice che ha emesso l’atto attesta, in calce ad esso di aver trasmesso il testo originale. ––––––––––– Disposizioni correlative. (1) art. 1 reg.; (2) art. 153 c.p.p.

[Art. 65. Obblighi del difensore non iscritto nell’albo del circondario. 1. Il difensore che non è iscritto nell’albo del circondario dove ha sede l’ufficio giudiziario presso cui è in corso il procedimento deve comunicare il proprio domicilio quando questo non risulta già dagli atti. 2. Nel corso delle indagini preliminari, ai fini delle notificazioni degli avvisi, i difensori, se non hanno domicilio nel circondario dove ha sede l’ufficio giudiziario presso cui è in corso il procedimento, devono eleggere domicilio nel medesimo circondario entro cinque giorni dalla nomina. 3. Se il difensore non ha fatto la comunicazione o l’elezione di domicilio a norma dei commi 1 e 2, l’autorità giudiziaria procedente dispone che la notificazione degli avvisi sia eseguita presso il presidente del consiglio dell’ordine forense.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 9 co. 3 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif., dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438.

CAPO VI DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE PROVE Art. 66. Procedimento di esclusione del segreto. 1. Nei fatti, notizie e documenti indicati nell’articolo 204 comma 1 del codice non sono compresi i nomi degli informatori. 2. Quando perviene la comunicazione prevista

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dall’articolo 204 comma 2 del codice, il Presidente del Consiglio dei Ministri conferma il segreto se ritiene che non ricorrono i presupposti indicati nel comma 1 dello stesso articolo perché il fatto, la notizia o il documento coperto da segreto di Stato non concerne il reato per cui si procede. In mancanza, decorsi sessanta giorni dalla notificazione della comunicazione, il giudice dispone il sequestro del documento o l’esame del soggetto interessato. 3. Quando è stata confermata l’opposizione del segreto di Stato a norma del comma 2, si osservano le disposizioni dell’articolo 16 della legge 24 ottobre 1977 n. 801. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 203 c.p.p; (2) art. 194, 202, 253 c.p.p.

Art. 67. Albo dei periti presso il tribunale. 1. Presso ogni tribunale è istituito un albo dei periti, diviso in categorie. 2. Nell’albo sono sempre previste le categorie di esperti in medicina legale, psichiatria, contabilità, ingegneria e relative specialità, infortunistica del traffico e della circolazione stradale, balistica, chimica, analisi e comparazione della grafia (1). 3. Quando il giudice nomina come perito un esperto non iscritto negli albi, designa, se possibile, una persona che svolge la propria attività professionale presso un ente pubblico. 4. Nel caso previsto dal comma 3, il giudice indica specificamente nell’ordinanza di nomina le ragioni della scelta. 5. In ogni caso il giudice evita di designare quale perito le persone che svolgano o abbiano svolto attività di consulenti di parte in procedimenti collegati a norma dell’articolo 371 comma 2 del codice. ––––––––––– (1) Con l’art. 11 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, la parola «grafologia» è stata sostituita, nel comma 2, da quelle «analisi e comparazione della grafia». Disposizioni correlative: (1) art. 221 c.p.p.; (3) art. 224 c.p.p.; (5) artt. 225, 233, 359, 360 c.p.p.; art. 73 att. c.p.p.

Art. 68. Formazione e revisione dell’albo dei periti. 1. L’albo dei periti previsto dall’articolo 67 è tenuto a cura del presidente del tribunale ed è formato da un comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica presso il medesimo tribunale, dal presidente del consiglio dell’ordine forense, dal presidente dell’ordine o del collegio a cui appartiene la categoria di esperti per la quale si deve provvedere ovvero da loro delegati. (1) 2. Il comitato decide sulla richiesta di iscrizione e di cancellazione dall’albo. 3. Il comitato può assumere informazioni e delibera a maggioranza dei voti. In caso di parità di


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voti, prevale il voto del presidente. 4. Il comitato provvede ogni due anni alla revisione dell’albo per cancellare gli iscritti per i quali è venuto meno alcuno dei requisiti previsti dall’articolo 69 comma 3 o è sorto un impedimento a esercitare l’ufficio di perito.

dall’articolo 69 comma 3. 4. Competente a decidere è il comitato previsto dall’articolo 68.

––––––––––– (1) Il co. 1 è stato così modificato dall’art. 210 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (2) artt. 69, 70 att. c.p.p.

Art. 71. Procedimento per l’applicazione delle sanzioni. 1. Ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 70, il presidente del tribunale contesta l’addebito al perito mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, invitandolo a fornire deduzioni scritte entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della raccomandata. Decorso tale termine e assunte se del caso informazioni, il comitato delibera a norma dell’articolo 68 comma 3. Art. 72. Reclamo avverso le decisioni del comitato. 1. Entro quindici giorni dalla notificazione contro le decisioni del comitato può essere proposto reclamo sul quale decide una commissione composta dal presidente della corte di appello nel cui distretto ha sede il comitato, dal procuratore generale della Repubblica presso la corte medesima, dal presidente del consiglio dell’ordine forense, dal presidente dell’ordine o del collegio professionale cui l’interessato appartiene ovvero da loro delegati. 2. Della commissione non possono far parte persone che abbiano partecipato alla decisione oggetto del reclamo. 3. La commissione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti.

Art. 69. Requisiti per la iscrizione nell’albo dei periti. 1. Salvo quanto previsto dal comma 3, possono ottenere l’iscrizione nell’albo le persone fornite di speciale competenza nella materia. 2. La richiesta di iscrizione, diretta al presidente del tribunale, deve essere accompagnata dall’estratto dell’atto di nascita dal certificato generale del casellario giudiziale, dal certificato di residenza nella circoscrizione del tribunale e dai titoli e documenti attestanti la speciale competenza del richiedente. 3. Non possono ottenere l’iscrizione nell’albo le persone: a) condannate con sentenza irrevocabile alla pena della reclusione per delitto non colposo, salvo che sia intervenuta riabilitazione; b) che si trovano in una delle situazioni di incapacità previste dall’articolo 222 comma 1 lettere a), b), c) del codice; c) cancellate o radiate dal rispettivo albo professionale a seguito di provvedimento disciplinare definitivo. 4. La richiesta di iscrizione nell’albo resta sospesa per il tempo in cui la persona è imputata di delitto non colposo per il quale è consentito l’arresto in flagranza ovvero è sospesa dal relativo albo professionale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 221 c.p.p.; (3) artt. 178181 c.p.; art. 683 c.p.p.; (4) artt. 60, 380, 381 c.p.p.; art. 70 att. c.p.p.

Art. 70. Sanzioni applicabili agli iscritti nell’albo dei periti. 1. Agli iscritti nell’albo dei periti che non abbiano adempiuto agli obblighi derivanti dal conferimento dell’incarico possono essere applicate, su segnalazione del giudice procedente, le sanzioni dell’avvertimento, della sospensione dall’albo per un periodo non superiore a un anno o della cancellazione. 2. È disposta la sospensione dall’albo nei confronti delle persone che si trovano nelle situazioni previste dall’articolo 69 comma 4 per il tempo in cui perdurano le situazioni medesime. 3. È disposta la cancellazione dall’albo, anche prima della scadenza del termine stabilito per la revisione degli albi, nei confronti degli iscritti per i quali è venuto meno alcuno dei requisiti previsti

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 221, 226, 231 c.p.p.; art. 71 att. c.p.p.

––––––––––– Disposizioni correlative. (2) artt. 70, 71 att. c.p.p.

Art. 73. Consulente tecnico del pubblico ministero. 1. Il pubblico ministero nomina il consulente tecnico scegliendo di regola una persona iscritta nell’albo dei periti. Per la liquidazione del compenso al consulente tecnico si osservano le disposizioni previste per il perito. ––––––––––– 1 V. anche art. 11 L. 8 luglio 1980, n 319 (Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria) nonché D.P.R. 27 luglio 1988, n. 352 (in tema di aggiornamento dei compensi fissati dalla L. 319/1980). Disposizioni correlative: (1) artt. 221, 225, 233, 359, 360 c.p.p.; art. 7 att. c.p.p.

Art. 74. Perizia nummaria. 1. Nei procedimenti per la falsificazione di biglietti di banca o di monete metalliche è nominato perito rispettivamente un tecnico della direzione generale della Banca d’Italia o un tecnico della direzione generale del tesoro. 2. Se l’autorità giudiziaria che ha disposto la perizia non ha sede in Roma, può richiedere per il relativo espletamento il giudice per le indagini pre-


Att. c.p.p. Artt. 75, 81 liminari presso il tribunale di Roma. A tal fine l’autorità rogante pronuncia ordinanza con la quale formula i quesiti, indica le parti e i difensori da convocare e trasmette gli atti, anche in copia, il corpo del reato e i documenti occorrenti per l’espletamento della perizia. Il giudice per le indagini preliminari provvede nelle forme previste per l’incidente probatorio. ––––––––––– Diposizioni correlative: (2) art 398 c.p.p.

Art. 75. Scritture di comparazione. 1. Nei procedimenti per falsità in atti, il giudice ordina la presentazione di scritture di comparazione che si trovano presso pubblici ufficiali o presso incaricati di un pubblico servizio. Ammette inoltre ogni altra scrittura quando non vi è dubbio sulla sua autenticità, ordinando, se necessario, atti di perquisizione e di sequestro. Analogamente provvede il pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari. 2. Il giudice può disporre che l’imputato, se possibile alla presenza del perito, rilasci una scrittura di comparazione facendo menzione dell’eventuale rifiuto dell’imputato stesso e di quant’altro interessi per valutare la genuinità della scrittura. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 476-493 Cod. pen.

Art. 76. Consegna al perito di documenti o di altri oggetti. 1. Quando il giudice ritiene necessario disporre la consegna al perito di documenti in originale o di altri oggetti, della consegna è redatto verbale a cura del funzionario di cancelleria. In tal caso, il giudice può disporre che dei documenti venga estratta copia autentica. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 228 c.p.p.

Art. 77. Attività di investigazione della polizia in materia di armi e di sostanze stupefacenti. 1. Il dirigente del servizio di polizia giudiziaria può essere autorizzato dal giudice a prelevare, dopo l’espletamento della perizia, armi, munizioni, esplosivi e altri oggetti o sostanze equiparati occorrenti ai fini di investigazione o di prevenzione nonché alla raccolta ed elaborazione dei relativi dati, sempre che tale attività non comporti modifiche o alterazioni degli oggetti o delle sostanze medesime. Analoga autorizzazione può essere concessa anche dopo che è stata disposta la confisca e la distruzione ovvero dopo la chiusura del giudizio di primo grado, se la perizia non ha avuto luogo. 2. Dopo il provvedimento di archiviazione perché è ignoto l’autore del reato ovvero dopo che la sentenza è divenuta inoppugnabile, il giudice può autorizzare il dirigente del servizio di polizia giudiziaria a prelevare gli oggetti e le sostanze indicate nel comma 1 anche per l’espletamento di accertamenti tecnici che ne determinano modifiche

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o alterazioni. 3. In ogni stato e grado del processo, il giudice può autorizzare il dirigente del servizio di polizia giudiziaria a prelevare, ai fini previsti dal comma 1, campioni di sostanze stupefacenti o psicotrope sequestrate o confiscate, se il quantitativo lo consente. Nel relativo verbale viene dato atto del quantitativo e della natura presunta della sostanza prelevata. 4. Delle operazioni di prelievo e di restituzione degli oggetti e delle sostanze previsti dai commi 1 e 3 è redatto verbale a cura del pubblico ufficiale addetto alla cancelleria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 240 Col. pen.; artt. 56, 220, 260 c.p.p.; artt. 83, 86 att. c.p.p.; (2) art. 415 c.p.p.; (3) art. 240 Cod. pen.; art. 253 c.p.p.; art. 83 att. c.p.p.

Art. 78. Acquisizione di atti di un procedimento penale straniero. 1. La documentazione di atti di un procedimento penale compiuti da autorità giudiziaria straniera può essere acquisita a norma dell’articolo 238 del codice. 2. Gli atti non ripetibili compiuti dalla polizia straniera possono essere acquisiti nel fascicolo per il dibattimento se le parti vi consentono ovvero dopo l’esame testimoniale dell’autore degli stessi, compiuto anche mediante rogatoria all’estero in contraddittorio. Art. 79. Esecuzione di perquisizioni e ispezioni personali. 1. Le perquisizioni e le ispezioni personali sono fatte eseguire da persona dello stesso sesso di quella che vi è sottoposta, salvi i casi di impossibilità o di urgenza assoluta. 2. La disposizione del comma 1 non si applica quando le operazioni sono eseguite da persona esercente la professione sanitaria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 245, 249 c.p.p.

Art. 80. Esecuzione di perquisizioni locali. 1. Quando la copia del decreto di perquisizione locale è consegnata al portiere o a chi ne fa le veci, si applica la disposizione dell’articolo 157 comma 6 del codice. 2. Se non si può provvedere a norma dell’articolo 250 comma 2 del codice, la copia del decreto di perquisizione è depositata presso la cancelleria o la segreteria dell’autorità giudiziaria che procede, e di tale deposito è affisso un avviso alla porta del luogo dove è stata eseguita la perquisizione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 250 c.p.p.

Art. 81. Redazione del verbale di sequestro. 1. Il verbale di sequestro contiene l’elenco delle cose sequestrate, la descrizione delle cautele adottate per assicurarle e l’indicazione della specie e


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del numero dei sigilli apposti. 2. Le carte sono numerate e sottoscritte singolarmente da chi procede al sequestro. Se ciò non è possibile, esse sono rinchiuse in uno o più pacchi sigillati, numerati e timbrati. 3. Il verbale indica anche il luogo della custodia. Il provvedimento previsto dall’articolo 259 comma 1 secondo periodo del codice può essere adottato, quando ne ricorrono le condizioni, anche da chi ha provveduto al sequestro. Quando è nominato un custode, questi dichiara di assumere gli obblighi di legge e sottoscrive il verbale. L’inosservanza di queste formalità non esime il custode, che abbia assunto l’ufficio, dall’adempimento dei suoi doveri e dalla relativa responsabilità disciplinare e penale. 4. Sulle cose sequestrate ovvero sui pacchi in cui esse sono rinchiuse è apposta l’indicazione del procedimento al quale si riferiscono. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 253, 260 c.p.p.; art. 10 reg.; (3) artt. 253, 354 c.p.p.

Art. 82. (1) Attività per il deposito e la custodia delle cose sequestrate. 1. Le cose sequestrate sono annotate in apposito registro nel quale la cancelleria o la segreteria indica il numero del procedimento a cui si riferiscono, il cognome e il nome della persona a cui appartengono, se sono noti, e quelli della persona il cui nome è stato iscritto nel registro delle notizie di reato, le trasmissioni ad altri uffici giudiziari e le restituzioni. 2. Le cose sequestrate non possono essere rimosse dal luogo in cui sono custodite, se non nei casi consentiti dalla legge. Quando i sigilli appaiono rotti o alterati, si procede alla verificazione delle cose sequestrate, a cura della cancelleria o della segreteria. Di ogni verificazione e in tutti i casi di rimozione e riapposizione di sigilli è redatto verbale. 3. Con decreto del ministro di grazia e giustizia sono dettate le disposizioni regolamentari per il deposito e la custodia delle cose sequestrate. 4. Fino alla data di entrata in vigore del decreto previsto dal comma 3, le cose sequestrate, che a norma dell’articolo 259 del codice andrebbero depositate nella segreteria del pubblico ministero, sono depositate nella cancelleria del tribunale e annotate nei relativi registri. La stessa cancelleria provvede altresì agli adempimenti previsti dall’articolo 83. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 211 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (1) artt. 262, 263, 335 c.p.p., (2) artt. 259-260 c.p.p.; art. 11 reg.

Art. 83. Vendita o distruzione delle cose deperibili. 1. La vendita delle cose indicate nell’ar-

Att. c.p.p. Artt. 82, 86 ticolo 260 comma 3 del codice è eseguita a cura della cancelleria o della segreteria anche a trattativa privata. 2. Allo stesso modo si procede per la distruzione delle cose. Tuttavia a questa può procedersi anche avvalendosi di persona idonea o della polizia giudiziaria che ha eseguito il sequestro. Delle operazioni compiute è redatto verbale da allegare agli atti. 3. L’autorità giudiziaria, prima che si proceda alle operazioni indicate nei commi 1 e 2, dispone il prelievo dei campioni, quando ciò è possibile, dando avviso al difensore. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 1 reg.; (2) artt. 253, 354 c.p.p.

[Art. 84. Restituzione delle cose sequestrate. 1. La restituzione delle cose sequestrate è disposta dall’autorità giudiziaria, di ufficio o su richiesta dell’interessato esente da bollo. Della avvenuta restituzione è redatto verbale. 2. La restituzione è concessa a condizione che prima siano pagate le spese per la custodia e la conservazione delle cose sequestrate, salvo che siano stati pronunciati provvedimento di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere o sentenza di proscioglimento ovvero che le cose sequestrate appartengano a persona diversa dall’imputato o che il decreto di sequestro sia stato revocato a norma dell’articolo 324 del codice. Le spese di custodia e di conservazione sono in ogni caso dovute dall’avente diritto alla restituzione per il periodo successivo al trentesimo giorno decorrente dalla data in cui il medesimo ha ricevuto la comunicazione del provvedimento di restituzione.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, l’art. 150 D.P.R. n. 115/2002 cit.

Art. 85. Restituzione con imposizione di prescrizioni. 1. Quando sono state sequestrate cose che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l’autorità giudiziaria, se l’interessato consente, ne ordina la restituzione impartendo le prescrizioni del caso e imponendo una idonea cauzione a garanzia della esecuzione delle prescrizioni nel termine stabilito. 2. Scaduto il termine, se le prescrizioni non sono adempiute, l’autorità giudiziaria provvede a norma dell’articolo 260 comma 3 del codice qualora ne ricorrano le condizioni. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 262 c.p.p.

Art. 86. Vendita o distruzione delle cose confiscate. 1. La cancelleria provvede alla vendita delle cose di cui è stata ordinata la confisca, salvo che per esse sia prevista una specifica destinazione. 2. Il giudice dispone la distruzione delle cose


Att. c.p.p. Artt. 87, 93 confiscate se la vendita non è opportuna. All’affidamento dell’incarico procede la cancelleria. Il giudice può disporre che alla distruzione proceda la polizia giudiziaria che ha esegulto il sequestro. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 240 Cod. pen., art. 87 att. c.p.p.; art. 13 reg.; (2) artt. 253, 354 c.p.p.

[Art. 87. Cose di cui è stata ordinata la consegna al ministero di grazia e giustizia. 1. Il provvedimento con cui è ordinata la consegna al ministero di grazia e giustizia delle cose indicate nell’articolo 264 comma 1 del codice è comunicato al ministero medesimo. 2. Il ministro di grazia e giustizia può disporre che le cose di cui è stata ordinata la consegna siano rimesse al museo criminale presso il ministero o ad altri istituti. Se non ritiene di provvedere in questo modo, le cose sono messe in vendita a norma dell’articolo 264 del codice. 3. Allo stesso modo si provvede se delle cose aventi interesse scientifico ovvero pregio di antichità o di arte è stata disposta la confisca.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, l’art. 152 D.P.R. n. 115/2002 cit.

Art. 88. Destinazione delle monete metalliche e dei biglietti di banca confiscati. 1. I biglietti di banca e le monete metalliche, di cui è stata accertata la falsità e ordinata la confisca, sono trasferiti rispettivamente alla filiale della Banca d’Italia o alla sezione della tesoreria provinciale più vicina, a cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento, immediatamente dopo che questo è divenuto esecutivo. 2. La disposizione del comma 1 si applica anche agli strumenti e agli altri oggetti destinati esclusivamente alla falsificazione dei quali è stata ordinata la confisca. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 74 att. c.p.p.

Art. 89. Verbale e nastri registrati delle intercettazioni. 1. Il verbale delle operazioni previsto dall’articolo 268 comma 1 del codice contiene l’indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l’intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l’annotazione del giorno e dell’ora di inizio e di cessazione della intercettazione nonché i nominativi delle persone che hanno preso parte alle operazioni. 2. I nastri contenenti le registrazioni, racchiusi in apposite custodie numerate e sigillate, sono collocati in un involucro sul quale sono indicati il numero delle registrazioni contenute, il numero dell’apparecchio controllato, i nomi, se possibile, delle persone le cui conversazioni sono state sot-

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toposte ad ascolto e il numero che, con riferimento alla registrazione consentita, risulta dal registro delle intercettazioni previsto dall’articolo 267 comma 5 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 267c.p.p; (2) art. 49 att. c.p.p.

[Art. 90. Intercettazioni disposte dalla procura della Repubblica presso la pretura. 1. Le intercettazioni disposte dalla procura della Repubblica presso la pretura sono eseguite presso gli impianti installati nella procura della Repubblica presso il tribunale.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 218 D.Lgs. 51/98 e succ. mod.

CAPO VII DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE MISURE CAUTELARI Art. 91. Giudice competente in ordine alle misure cautelari. 1. Nel corso degli atti preliminari al dibattimento, i provvedimenti concernenti le misure cautelari sono adottati, secondo la rispettiva competenza, dal tribunale in composizione collegiale o monocratica, dalla corte di assise, dalla corte di appello o dalla corte di assise di appello; dopo la pronuncia della sentenza e prima della trasmissione degli atti a norma dell’articolo 590 del codice provvede il giudice che ha emesso la sentenza; durante la pendenza del ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. (1) ––––––––––– (1) Il co. 1 è stato così modificato dall’art. 212 D.lgs. 51/98 e succ. mod. Disposizioni correlative: (1) artt. 279, 292, 313, 317, 321 c.p.p.

Art. 92. Trasmissione dell’ordinanza che dispone la misura cautelare. 1. L’ordinanza che dispone la misura cautelare è immediatamente trasmessa, in duplice copia, a cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento, all’organo che deve provvedere all’esecuzione ovvero, nel corso delle indagini preliminari, al pubblico ministero che ne ha fatto richiesta, il quale ne cura l’esecuzione. ––––––––––– 1 Sulla possibilità del pubblico ministero di ritardare o disporre che sia ritardata l’esecuzione di provvedimenti che applicano una misura cautelare, allorché sia necessario per le indagini in ordine al delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, v. art. 7 D.L. 15 gennaio 1991, n 8 (conv. con modif. nella L. 15 marzo 1991, n. 82). Disposizioni correlative: (1) artt. 292, 313, 317, 321; artt. 91 e 104 att. c.p.p.

Art. 93. Deposito del verbale di interrogatorio. 1. Il verbale dell’interrogatorio della persona


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in stato di custodia cautelare è trasmesso al pubblico ministero. I difensori hanno diritto di prenderne visione ed estrarne copia. Art. 94. (1) Ingresso in istituti penitenziari. 1. Il pubblico ufficiale preposto a un istituto penitenziario non può ricevere né ritenervi alcuno se non in forza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria o di un avviso di consegna da parte di un ufficiale di polizia giudiziaria. 1 bis. Copia del provvedimento che costituisce titolo di custodia è inserito nella cartella personale del detenuto. All’atto del colloquio previsto dall’articolo 23, quarto comma, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, o anche successivamente, il direttore o l’operatore penitenziario da lui designato accerta, se del caso con l’ausilio di un interprete, che l’interessato abbia precisa conoscenza del provvedimento che ne dispone la custodia e gliene illustra, ove occorra, i contenuti. 1 ter. L’autorità giudiziaria che dispone la custodia cautelare in carcere o che pronuncia un provvedimento da cui non consegua la rimessione in libertà del detenuto dispone che copia del provvedimento sia trasmessa, a cura della polizia giudiziaria o della cancelleria, al direttore dell’istituto penitenziario perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis. 1 quater. Il detenuto ha sempre diritto di consultare la propria cartella personale e di ottenere copia dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria in essa contenuti. 2. Nondimeno, se si presenta nell’istituto una persona che dichiari di avere commesso un reato per il quale è obbligatorio l’arresto in flagranza, vi deve essere trattenuto a norma dell’articolo 349 del codice ad opera degli appartenenti al personale di custodia che abbiano qualità di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria, i quali redigono verbale e ne danno immediata notizia all’autorità giudiziaria competente. 3. Allo stesso modo si procede nei confronti di un latitante che si sia sottratto alla esecuzione della custodia cautelare, di un evaso o di un condannato in via definitiva che non sia in grado di produrre copia dell’ordine di esecuzione. ––––––––––– (1) Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332. Disposizioni correlative: (1) artt. 292, 384, 391, 656, 714, 715, 736 c.p.p; (2) art. 380 c.p.p; (3) art. 385 c.p.; artt. 284-286, 296, 656 c.p.p.

Art. 95. Esecuzione della custodia cautelare nei confronti dell’internato per misura di sicurezza. 1. Con l’ordinanza che dispone la custodia cautelare nei confronti di persona internata per mi-

Att. c.p.p. Artt. 94, 97 bis sura di sicurezza, il giudice ne dispone il trasferimento nell’istituto di custodia, salvo quanto previsto dall’articolo 286 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 297 c.p.p.

Art. 96. Separazione degli imputati detenuti. 1. Negli istituti di custodia gli imputati in uno stesso procedimento o comunque di uno stesso reato devono essere tenuti separati tra loro, se l’autorità giudiziaria abbia così ordinato. In mancanza di tale ordine, la separazione deve essere disposta sempre che lo consentano le possibilità dell’istituto. Art. 97. Comunicazioni al servizio informatico. 1. I provvedimenti con i quali è disposta una misura cautelare personale sono comunicati, a cura della cancelleria del giudice che li ha emessi, al servizio informatico istituito con decreto del ministro di grazia e giustizia, quando la misura ha avuto esecuzione. La stessa comunicazione è altresì data quando è dichiarato lo stato di latitanza. 2. Nel caso di fermo o di arresto in flagranza, alla comunicazione prevista dal comma 1 provvede la direzione dell’istituto di custodia al quale il fermato o l’arrestato è consegnato. 3. Deve essere altresì data immediata comunicazione al servizio previsto dal comma 1 del provvedimento con cui è ordinata la immediata liberazione dell’arrestato o del fermato nonché di ogni provvedimento estintivo o modificativo delle misure cautelari personali. Alla comunicazione provvede la cancelleria o la segreteria dell’autorità giudiziaria che ha adottato il provvedimento. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 29 reg.; artt. 281-296, 288-290, 312, 313, 391, 658, 714, 715, 736 c.p.p.; (2) artt. 380-384, 716 c.p.p.; art. 94 att. c.p.p.

Art. 97 bis. Modalità di esecuzione del provvedimento che applica gli arresti domiciliari. 1. Con il provvedimento che sostituisce la misura di custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari il giudice, se ritiene di non dover disporre l’accompagnamento per salvaguardare comprovate esigenze processuali o di sicurezza ovvero altre esigenze evidenziate dal pubblico ministero, dal direttore di custodia o dalle forze di polizia, autorizza l’imputato a raggiungere il luogo dell’arresto individuato a norma dell’articolo 284 del codice fissando i tempi e le modalità per il raggiungimento. Del provvedimento dato, il giudice informa il pubblico ministero e la polizia giudiziaria che possono, anche di propria iniziativa, controllare l’osservanza delle prescrizioni imposte. ––––––––––– Articolo introdotto alla L. 8 agosto 1995, n 332.


Att. c.p.p. Artt. 98, 104 Art. 98. Cessazione delle misure cautelari estinte. 1. Quanto l’imputato sottoposto a custodia cautelare deve essere liberato, il giudice, con il provvedimento emesso a norma dell’articolo 306 del codice, ordina al direttore dell’istituto di custodia l’immediata dimissione. L’ordine è trasmesso con urgenza. 2. Nel caso di imputato custodito in luogo di cura, il provvedimento previsto dal comma 1 è trasmesso, con urgenza, al direttore del servizio psichiatrico ospedaliero dove l’imputato è ricoverato nonché alla polizia giudiziaria incaricata della custodia, la quale provvede agli adempimenti previsti dall’articolo 161 comma 3 del codice. 3. Nel caso di imputato agli arresti domiciliari o sottoposto alle misure del divieto o dell’obbligo di dimora, il giudice comunica, con urgenza, il provvedimento previsto dal comma 1, oltre che all’imputato, anche alla polizia giudiziaria competente a controllare l’osservanza delle prescrizioni imposte con le suddette misure. Nel caso della misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, la comunicazione della cessazione deve essere data, oltre che all’imputato, anche all’ufficio di polizia giudiziaria competente. 4. In caso di cessazione della misura del divieto di espatrio e delle misure interdittive, il giudice dispone la comunicazione del provvedimento all’imputato e, se del caso, rispettivamente, all’organo competente ad assicurare la esecuzione della misura ovvero a quello eventualmente competente a disporre l’interdizione in via ordinaria. ––––––––––– Disposizioni corrlative: (1-4) artt. 282-290 c.p.p.

Art. 99. Inammissibilità della richiesta di riesame. 1. La disposizione dell’articolo 585 comma 5 del codice si applica anche ai termini per le impugnazioni previsti dal libro IV del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 309-311, 324, 325 c.p.p.

Art. 100. Trasmissione degli atti in caso di impugnazione. 1. Quando è impugnato un provvedimento concernente la libertà personale, la cancelleria o la segreteria dell’autorità giudiziaria procedente trasmette, in originale o in copia, al giudice competente gli atti necessari per decidere sull’impugnazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e, comunque, entro il giorno successivo alla ricezione dell’avviso della proposizione dell’impugnazione previsto dagli articoli 309, 310 e 311 del codice. Art. 101. Termine per la decisione sulla richiesta di riesame. 1. Nel procedimento previsto dall’articolo 309 del codice, se l’udienza è rinviata a norma dell’articolo 127 comma 4 del codice, il

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termine per la decisione sulla richiesta di riesame decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell’impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso. 2. Quando l’imputato è detenuto o internato in luogo posto fuori del circondario del tribunale competente, il termine previsto dall’articolo 309 comma 10 del codice, decorre dal momento in cui pervengono al tribunale gli atti assunti dal magistrato di sorveglianza a norma dell’articolo 127 comma 3 del codice. Il magistrato di sorveglianza senza ritardo assume le dichiarazioni dell’imputato, previo tempestivo avviso al difensore e trasmette gli atti al tribunale con il mezzo più celere. Art. 102. Domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione. 1. La domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione è presentata presso la cancelleria della corte di appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza o il provvedimento di archiviazione che ha definito il procedimento. Nel caso di sentenza emessa dalla corte di cassazione, è competente la corte di appello nel cui distretto è stato emesso il provvedimento impugnato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 315 c.p.p.

Art. 102 bis. (1) Reintegrazione nel posto di lavoro perduto per ingiusta detenzione. 1. Chiunque sia stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell’articolo 285 del codice ovvero a quella degli arresti domiciliari ai sensi dell’articolo 284 del codice e sia stato per ciò stesso licenziato dal posto di lavoro che occupava prima dell’applicazione della misura, ha diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro medesimo qualora venga pronunciata in suo favore sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero venga disposto provvedimento di archiviazione. ––––––––––– (1) Articolo introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n 332.

Art. 103. Trascrizione e cancellazione del sequestro conservativo. 1. Per la trascrizione e la cancellazione del sequestro conservativo richiesto dal pubblico ministero, l’ufficio del conservatore dei registri immobiliari non può esigere alcuna tassa o diritto, salva l’azione contro il condannato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 316-320 c.p.p.

Art. 104. Norme applicabili al sequestro preventivo. 1. Per il sequestro preventivo si applicano le disposizioni relative al sequestro probatorio contenute nel capo VI. Si applica altresì la disposizione dell’articolo 92. ––––––––––– Diposizioni correlative: (1) artt. 253-265, 321-323 c.p.p.


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CAPO VIII DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE INDAGINI PRELIMINARI Art. 105. Registrazione e conservazione dei provvedimenti del giudice per le indagini preliminari. 1. Con il regolamento previsto dall’articolo 206 comma 1 sono stabiliti i casi e le modalità di registrazione e di custodia dei provvedimenti del giudice per le indagini preliminari. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 16, 17 reg.

Art. 106. Informativa al giudice civile o amministrativo che ha redatto denuncia di reato. 1. Nel caso previsto dall’articolo 331 comma 4 del codice, il procuratore della Repubblica informa senza ritardo il giudice civile o amministrativo delle richieste da lui formulate alla conclusione delle indagini preliminari. ––––––––––– Disposizioni correlativc: (1) artt. 405, 554 c.p.p.

Art. 107. Attestazione della presentazione di denuncia o querela ovvero della mancata identificazione dell’autore del reato. 1. La persona che presenta una denuncia o che propone una querela ha diritto di ottenere attestazione della ricezione dall’autorità davanti alla quale la denuncia o la querela è stata presentata o proposta. L’attestazione può essere apposta in calce alla copia dell’atto. 2. Anche nel corso delle indagini preliminari, la persona offesa e il danneggiato dal reato possono ottenere dal pubblico ministero attestazione relativa alla mancata identificazione della persona alla quale il reato è attribuito, sempre che ciò non pregiudichi l’esito delle indagini. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 333, 336 e seg. c.p.p.; art. 43 c.p.p. min.

Art. 107 bis. (1) Denunce a carico di ignoti. 1. Le denunce a carico di ignoti sono trasmesse all’ufficio di procura competente da parte degli organi di polizia, unitamente agli eventuali atti di indagine svolti per la identificazione degli autori del reato, con elenchi mensili.

Att. c.p.p. Artt. 105, 110 bis della comunicazione scritta la comunicazione della notizia di reato consegnata su supporto magnetico o trasmessa per via telematica. Nei casi di urgenza, le indicazioni e la documentazione previste dall’articolo 347 commi 1 e 2 del codice sono trasmesse senza ritardo. 2. Quando la comunicazione è eseguita nelle forme previste dal comma 1, la polizia giudiziaria indica altresì la data di consegna e di trasmissione. ––––––––––– (1) L’articolo è stato aggiunto dall’art. 4 comma 7 D. L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di proce dura penale...). La norma si colloca in un più vasto programma di informatizzazione dei registri delle notizie di reato e consente che la notitia criminis venga trasmessa mediante consegna su supporto magnetico ovvero per via telematica accompagnata dall’indicazione della data di consegna e di trasmissione. Si è così istituzionalizzata una modalità di trasmissione dell’ informativa diversa da quella scritta. L’accesso a strumenti magnetofonici e telematici appare funzionale anche a compensare l’estrema elasticità della scansione temporale imposta agli organi di polizia per l’informativa. Si veda sub art. 347 c.p.p.

Art. 109. Ricezione della notizia di reato. 1. La segreteria della procura della Repubblica annota sugli atti che possono contenere notizia di reato la data e l’ora in cui sono pervenuti in ufficio e li sottopone immediatamente al procuratore della Repubblica per l’eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 330, 335 c.p.p.

Art. 110. Richiesta dei certificati. 1. Non appena il nome della persona alla quale il reato è attribuito è stato iscritto nel registro indicato nell’articolo 335 del codice, la segreteria richiede: a) i certificati anagrafici; b) il certificato previsto dall’articolo 688 dei codice; e) il certificato del casellario dei carichi pendenti ( 1). 2. [Fino alla entrata in funzione di un servizio centralizzato informatico, i certificati delle iscrizioni indicate nel comma 1 lettera c) sono acquisiti secondo le disposizioni del pubblico ministero] (2).

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 240, 333 c.p.p; art. 5 reg.

––––––––––– (1) Lettera così modificata dall’art. 53, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G. U del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. In tema di casellario vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit. e, in particolare, gli artt. 6, 8, 12, 14, 21 e 22. (2) Comma abrogato dall’art. 52, D.P.R. n 313/2002 cit. a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G, U. del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto.

Art. 108 bis. (1) Modalità particolari di trasmissione della notizia di reato. 1. Tiene luogo

Art. 110 bis. (1) Richiesta di comunicazione delle iscrizioni. 1. Quando vi è richiesta di comu-

––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 50 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 108. Denunce e altri documenti anonimi. 1. Con regolamento del ministro di grazia e giustizia sono stabilite le modalità di conservazione delle denunce anonime e degli altri documenti anonimi che non possono essere utilizzati nel procedimento.


Att. c.p.p. Artt. 111, 118 nicazione delle iscrizioni contenute nel registro delle notizie di reato a norma dell’articolo 335, comma 3, del codice, la segreteria della procura della Repubblica, se la risposta è positiva e non sussistono gli impedimenti a rispondere di cui all’articolo 335, commi 3 e 3 bis del codice, fornisce le informazioni richieste precedute dalla formula: «Risultano le seguenti iscrizioni suscettibili di comunicazione». In caso contrario, risponde con la formula: «Non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazioni». ––––––––––– (1) Articolo introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 111. Requisiti della richiesta di autorizzazione a procedere. 1. Con la richiesta di autorizzazione a procedere, il pubblico ministero enuncia il fatto per il quale intende procedere, indicando le norme di legge che si assumono violate, e fornisce all’autorità competente gli elementi sui quali la richiesta si fonda. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 344 c.p.p.

Art. 112. Attività della polizia giudiziaria in mancanza di una condizione di procedibilità. 1. La polizia giudiziaria riferisce senza ritardo al pubblico ministero l’attività di indagine prevista dall’articolo 346 del codice. Se sussistono ragioni di urgenza o si tratta di taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a) numeri da 1 a 6, la comunicazione è data immediatamente anche in forma orale. La documentazione delle attività compiute è prontamente trasmessa al pubblico ministero se questi ne fa richiesta. (1) ––––––––––– (1) Il primo periolo dell’art. 112 è stato così sostituito dall’art. 4 comma 8 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice li procedura penale...). La disposizione rappresenta un adeguamento tecnico-formale alla nuova previsione dell’art. 347 c.p.p. per i casi in cui si tratta di informativa di indagini condotte a norma dell’art. 346 c.p.p. — in difetto della necessaria condizione di procedibilità. Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1995, n 332. Disposizioni correlative: (1) art. 347 c.p.p.

Art. 113. Accertamenti urgenti della polizia giudiziaria. 1. Nei casi di particolare necessità e urgenza, gli atti previsti dagli articoli 352 e 354 commi 2 e 3 del codice possono essere compiuti anche dagli agenti di polizia giudiziaria. Art. 114. Avvertimento del diritto all’assistenza del difensore. 1. Nel procedere al compimento degli atti indicati nell’articolo 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia. Art. 115. Annotazioni e verbali della polizia giudiziaria. 1. Le annotazioni previste dall’articolo 357 comma 1 del codice contengono l’indicazione dell’ufficiale o dell’agente di polizia giudiziaria che

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ha compiuto le attività di indagine, del giorno, dell’ora e del luogo in cui sono state eseguite e la enunciazione succinta del loro risultato. Quando assume dichiarazioni ovvero quando per il compimento di atti si avvale di altre persone, la polizia giudiziaria annota altresì le relative generalità e le altre indicazioni personali utili per la identificazione. 2. Copia delle annotazioni e dei verbali redatti a norma dell’articolo 357 del codice è conservata presso l’ufficio di polizia giudiziaria. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 350, 351 c.p.p.; art. 119 att. c.p.p.

Art. 116. Indagini sulla morte di una persona per la quale sorge sospetto di reato. 1. Se per la morte di una persona sorge sospetto di reato, il procuratore della Repubblica accerta la causa della morte e, se lo ravvisa necessario, ordina l’autopsia secondo le modalità previste dall’articolo 360 del codice ovvero a richiesta di incidente probatorio, dopo aver compiuto le indagini occorrenti per l’identificazione. Trattandosi di persona sconosciuta, ordina che il cadavere sia esposto nel luogo pubblico a ciò designato e, occorrendo, sia fotografato; descrive nel verbale le vesti e gli oggetti rinvenuti con esso, assicurandone la custodia. Nei predetti casi la sepoltura non può essere eseguita senza l’ordine del procuratore della Repubblica. 2. Il disseppellimento di un cadavere può essere ordinato, con le dovute cautele, dall’autorità giudiziaria se vi sono gravi indizi di reato. ––––––––––– 1 Le autopsie devono essere eseguite dai medici legalmente abilitati all’esercizio professionale (art. 45 regolamento di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285). Nel caso di autopsia non disposta dall’autorità giudiziaria, ma effettuata a fini di riscontro diagnostico (art. 37 D.P.R. cit.), il medico settore deve sospendere le operazioni e darne immediata comunicazione all’autorità giudiziaria quando ha il sospetto che la morte sia dovuta a reato (art. 39 comma 3 D.P.R. cit.). Disposizioni correlative: (1) art. 393 c.p.p.

Art. 117. Accertamenti tecnici che modificano lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone. 1. Le disposizioni previste dall’articolo 360 del codice si applicano anche nei casi in cui l’accertamento tecnico determina modificazioni delle cose, dei luoghi o delle persone tali da rendere l’atto non ripetibile. Art. 118. Deposito di atti compiuti nel corso delle indagini preliminari. 1. Gli atti compiuti nel corso delle indagini preliminari, ai quali i difensori hanno diritto di assistere, sono raccolti in fascicolo separato; sulla copertina del fascicolo è segnata la data del deposito nella segreteria del pubblico ministero. Scaduto il termine fissato dalla legge, gli atti sono riuniti a quelli non depositati. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 294, 350, 356, 360, 363, 364, 365, 391, 401 c.p.p.


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Art. 118 bis. Coordinamento delle indagini. 1. Il procuratore della Repubblica, quando procede a indagini per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407 comma 2 lettera a) del codice, ne dà notizia al procuratore generale presso la corte di appello. Se rileva trattarsi di indagini collegate, il procuratore generale ne dà segnalazione ai procuratori generali e ai procuratori della Repubblica del distretto interessati al coordinamento. 2. Quando, di loro iniziativa o a seguito della segnalazione prevista dal comma 1, più uffici del pubblico ministero procedono a indagini collegate, i procuratori della Repubblica ne danno notizia al procuratore generale del rispettivo distretto. 3. Quando il coordinamento, di cui ai commi precedenti, non è stato promosso o non risulta effettivo, il procuratore generale presso la corte di appello può riunire i procuratori della Repubblica che procedono a indagini collegate. Se i procuratori della Repubblica appartengono a distretti diversi, la riunione è promossa dai procuratori generali presso le corti di appello interessate, di intesa tra loro. ––––––––––– L’articolo è stato aggiunto dall’art. 9 D.Lgs. 14 gennaio 1981, n.12. 1 Il comma 1 è stato così modificato dall’art. 3 comma 2 D.L. 9 settembre 1991, n. 292 (conv. con modif. nella L. 8 novembre 1991, n. 356). La modifica ha soppresso l’inciso iniziale del comma: «Al fine di favorire i rapporti tra i diversi uffici del pubblico ministero previsti dall’articolo 371 del codice» 2 Sui problemi del coordinamento delle indagini anche con riferimento ai procedimenti per delitti tipici di mafia, v. sub artt. 371 e 371 bis c.p.p.

Art. 119. Annotazione di atti del pubblico ministero. 1. Per le annotazioni previste dall’articolo 373 comma 3 del codice si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 115 comma 1. Art. 120. Adempimenti conseguenti all’arresto o al fermo. 1. Agli adempimenti previsti dall’articolo 386 del codice possono provvedere anche ufficiali e agenti di polizia giudiziaria diversi da quelli che hanno eseguito l’arresto o il fermo. Se l’arresto o il fermo è stato eseguito da agenti di polizia giudiziaria, questi provvedono a darne immediata notizia all’ufficiale di polizia giudiziaria competente ad adottare il provvedimento di liberazione previsto dall’articolo 389 comma 2 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 163 att. c.p.p.

Art. 121. Liberazione dell’arrestato o del fermato. 1. Oltre che nei casi previsti dall’articolo 389 del codice, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l’arrestato o il fermato sia

Att. c.p.p. Artt. 118 bis, 126 posto immediatamente in libertà quando ritiene di non dovere richiedere l’applicazione di misure coercitive. 2. Nel caso di liberazione prevista dal comma 1, il giudice, nel fissare l’udienza di convalida, ne dà avviso, senza ritardo, anche alla persona liberata. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 281-286, 380-391 c.p.p.

Art. 122. Trasmissione della richiesta di convalida. 1. Con la richiesta di convalida prevista dall’articolo 390 del codice il pubblico ministero trasmette al giudice il verbale di arresto o di fermo e copia della documentazione attestante che l’arrestato o il fermato è stato tempestivamente condotto nel luogo di custodia; trasmette altresì il decreto di fermo emesso a norma dell’articolo 384 comma 1 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 386 c.p.p.

Art. 123. (1) Luogo di svolgimento dell’udienza di convalida. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 121 nonché dagli articoli 449 comma 1 e 558 del codice, l’udienza di convalida si svolge nel luogo dove l’arrestato o il fermato è custodito. Tuttavia, quando sussistono specifici motivi di necessità o di urgenza, il giudice può disporre il trasferimento dell’arrestato o del fermato per la comparizione davanti a sé. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 51 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 386, 391 c.p.p.

Art. 124. Ordinanza che accoglie la richiesta di incidente probatorio. 1. Con l’ordinanza che accoglie la richiesta di incidente probatorio il giudice dispone la citazione delle persone che devono comparire per l’assunzione della prova. Quando occorre procedere a una perizia, con la stessa ordinanza il giudice nomina il perito. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 291, 398 c.p.p; art. 67 att. c.p.p.

Art. 125. Richiesta di archiviazione. 1. Il pubblico ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione quando ritiene l’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio. ––––––––––– 1 V. sub art. 409 c.p.p. (Corte cost. 15 febbraio 1991, n 88). Disposizioni correlative: (I) art. 408 cp.p.

Art. 126. Avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione. 1. Nel caso previsto dall’articolo 408 comma 2 del codice, il pubblico ministero trasmette gli atti al giudice per le indagini preliminari dopo la presentazione dell’opposi-


Att. c.p.p. Artt. 127, 132 zione della persona offesa ovvero dopo la scadenza del termine indicato nel comma 3 del medesimo articolo. ––––––––––– La disposizione mira a razionalizzare gli adempimenti correlati alla eventuale opposizione della parte offesa alla richiesta di archiviazione, evitando l’invio degli atti al giudice prima dell’esaurimento degli adempimenti stessi (O.p.d.). Disposizioni correlative: (1) artt. 408-410 c.p.p.

Art. 127. Comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale. 1. La segreteria del pubblico ministero trasmette ogni settimana al procuratore generale presso la corte di appello un elenco delle notizie di reato contro persone note per le quali non è stata esercitata l’azione penale o richiesta l’archiviazione entro il termine previsto dalla legge o prorogato dal giudice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 405, 408-412 c.p.p.

Art. 128. Fissazione della udienza preliminare nel caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione. 1. Nel caso previsto dall’articolo 409 comma 5 del codice, il giudice fa notificare all’imputato e alla persona offesa dal reato il decreto di fissazione della udienza preliminare, nel quale sono enunciati gli elementi previsti dall’articolo 417 comma 1 lettere a), b), c) del codice. Art. 129. Informazioni sull’azione penale. 1. Quando esercita l’azione penale nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico, il pubblico ministero informa l’autorità da cui l’impiegato dipende, dando notizia dell’imputazione. Quando si tratta di personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica, ne dà comunicazione anche al comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato. 2. Quando l’azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l’informazione è inviata all’ordinario della diocesi a cui appartiene l’imputato. 3. Quando esercita l’azione penale per un reato che ha cagionato un danno per l’erario, il pubblico ministero informa il procuratore generale presso la Corte dei conti, dando notizia della imputazione. 3 bis. Il pubblico ministero invia la informazione contenente la indicazione delle norme di legge che si assumono violate anche quando taluno dei soggetti indicati nei commi l e 2 è stato arrestato o fermato ovvero si trova in stato di custodia cautelare (1). ––––––––––– (1) Comma aggiunto dall’art. 20 del D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.

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Art. 130. Contenuto del fascicolo trasmesso dal pubblico ministero con la richiesta di rinvio a giudizio. 1. Se gli atti di indagine preliminare riguardano più persone o più imputazioni, il pubblico ministero forma il fascicolo previsto dall’articolo 416 comma 2 del codice, inserendovi gli atti ivi indicati per la parte che si riferisce alle persone o alle imputazioni per cui viene esercitata l’azione penale. 2. In ogni caso il pubblico ministero può, a fini di indagine, trattenere copia della documentazione e degli atti trasmessi al giudice. Art. 130 bis. (1) Separazione dei procedimenti in fase di indagine. 1. Il pubblico ministero, prima dell’esercizio dell’azione penale, procede di regola separatamente quando ricorrono le ragioni di urgenza indicate nell’articolo 18, comma 1, lettera e bis) del codice. ––––––––––– (1) Articolo aggiunto dall’art. 1 co. 4, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, conv. con modif. nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione introdotta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.).

Art. 131. Deposito degli atti per l’udienza preliminare. 1. Durante il termine per comparire e fino alla conclusione dell’udienza preliminare, le parti, la persona offesa e i difensori hanno facoltà di prendere visione, nel luogo dove si trovano, degli atti e delle cose indicati nell’articolo 419 commi 2 e 3 del codice e di estrarre copia degli atti suddetti. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 413, 424 c.p.p.; art. 43 att. c.p.p.

Art. 131 bis. Liberazione dell’imputato prosciolto. 1. L’imputato detenuto nei cui confronti è pronunciata la sentenza di cui all’articolo 425 del codice è posto in libertà immediatamente dopo la lettura del dispositivo. Si applicano le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 154 bis. ––––––––––– 1 L’ articolo è stato aggiunto dall’art. 4 L. 12 dicembre 1992, n. 492. Disposizioni correlative: (1) art. 300 c.p.p.

Art. 132. Decreto che dispone il giudizio davanti alla corte di assise o al tribunale. 1. Quando la corte di assise o il tribunale è diviso in sezioni, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l’indicazione della sezione davanti alla quale le parti devono comparire. 2. Per ogni processo il presidene del tribunale, in seguito alla richiesta del giudice per le indagini preliminari, comunica anche con mezzi telematici, sulla base dei criteri determinati dal Consiglio superiore della magistratura, il giorno e l’ora della comparizione e, quando occorre, an-


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che la sezione da indicare nel decreto che dispone il giudizio. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1)artt. 429, 456, 464 c.p.p., (2) art. 160 att. c.p.p.

Art. 132 bis. (1) Formazione dei ruoli di udienza. 1. Nella formazione dei ruoli di udienza è assicurata priorità assoluta alla trattazione dei procedimenti quando ricorrono ragioni di urgenza con riferimento alla scadenza dei termini di custodia cautelare. ––––––––––– (1) Articolo aggiunto dall’art. 1 co. 5, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, conv. con modif. nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione introdotta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.).

Art. 133. Notificazione del decreto che dispone il giudizio. 1. Il decreto che dispone il giudizio è notificato, a norma dell’articolo 429 comma 4 del codice, anche alle altre parti private non presenti all’udienza preliminare. 1 bis. Il decreto è altresì comunicato alle amministrazioni o enti di appartenenza quando è emesso nei confronti di dipendenti di amministrazioni pubbliche o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica, per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319 ter e 320 del codice penale e dall’articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383 (1). ––––––––––– (1) Comma aggiunto dall’art. 3, co. 5, L. 27 marzo 2001, n. 97. Disposizioni correlative: (1) art. 420 c.p.p.

CAPO IX DISPOSIZIONI RELATIVE AI PROCEDIMENTI SPECIALI Art. 134. Sentenza emessa nel giudizio abbreviato nei confronti di imputato non comparso. 1. La sentenza emessa nel giudizio abbreviato è notificata per estratto all’imputato non comparso, unitamente all’avviso di deposito della sentenza medesima. ––––––––––– Disposizioni correlative: artt. 442, 548 c.p.p.

Art. 134 bis. Partecipazione a distanza nel giudizio abbreviato. 1. Nei casi previsti dall’art. 146 bis, commi 1 e 1 bis, la partecipazione dell’imputato avviene a distanza anche quando il giudizio abbreviato si svolge in pubblica udienza.

––––––––––– Articolo inserito dall’art. 14, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, conv. con modif. nella L. 19 gennaio 2001, n. 4.

Att. c.p.p. Artt. 132 bis, 139 Art. 135. (1) Decisione nel giudizio sulla richiesta di applicazione della pena. 1. Il giudice, per decidere sulla richiesta di applicazione della pena rinnovata prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, ordina l’esibizione degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero. Se la richiesta è accolta, gli atti esibiti vengono inseriti nel fascicolo per il dibattimento; altrimenti gli atti sono immediatamente restituiti al pubblico ministero. ––––––––––– (1) Articolo sostituito dall’art. 52 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 136. Limiti all’effetto estintivo. 1. L’effetto estintivo previsto dall’articolo 445 comma 2 del codice non si produce se la persona nei cui confronti la pena è stata applicata si sottrae volontariamente alla sua esecuzione. Art. 137. Concorso formale e continuazione. 1. Nel caso di applicazione della pena richiesta dalle parti con più sentenze per reati unificati a norma dell’articolo 81 del codice penale, il termine di estinzione previsto dall’articolo 445 comma 2 del codice decorre nuovamente per tutti i reati dalla data in cui è divenuta irrevocabile l’ultima sentenza. 2. La disciplina del concorso formale e del reato continuato è applicabile anche quando concorrono reati per i quali la pena è applicata su richiesta delle parti e altri reati. Art. 138. Formazione del fascicolo per il dibattimento nel giudizio direttissimo. 1. In tutti i casi di giudizio direttissimo con imputato in stato di arresto o di custodia cautelare, il pubblico ministero forma il fascicolo per il dibattimento a norma dell’articolo 431 del codice. Quando l’imputato è presentato davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell’arresto e il contestuale giudizio, il fascicolo medesimo è formato subito dopo il giudizio di convalida dal pubblico ministero presente all’udienza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 380-383, 449, 556 c.p.p.; art. 162 att. c.p.p.

Art. 139. Facoltà dei difensori di prendere visione del fascicolo trasmesso con la richiesta di giudizio immediato. 1. Durante i termini previsti dall’articolo 458 del codice, le parti e i difensori hanno facoltà di prendere visione ed estrarre copia, nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, del fascicolo trasmesso a norma dell’articolo 454 comma 2 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 43 att. c.p.p.


Att. c.p.p. Artt. 140, 142 Art. 140. Facoltà dei difensori di prendere visione del fascicolo trasmesso con la richiesta di decreto penale di condanna. 1. Durante il termine per proporre opposizione, le parti e i difensori hanno facoltà di prendere visione ed estrarre copia, nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, del fascicolo trasmesso a norma dell’articolo 459 comma 1 del codice. ––––––––––– V. sub art. 139.

CAPO X DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCEDIMENTO DI OBLAZIONE Art. 141. (1) Procedimento di oblazione. 1. Se la domanda di oblazione è proposta nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero la trasmette, unitamente agli atti del procedimento, al giudice per le indagini preliminari. 2. Il pubblico ministero, anche prima di presentare richiesta di decreto penale, può avvisare l’interessato, ove ne ricorrano i presupposti, che ha facoltà di chiedere di essere ammesso all’oblazione e che il pagamento dell’oblazione estingue il reato. 3. Quando per il reato per il quale si è proceduto è ammessa l’oblazione e non è stato dato l’avviso previsto dal comma 2, nel decreto penale deve essere fatta menzione della relativa facoltà dell’imputato. 4. Quando è proposta domanda di oblazione, il giudice, acquisito il parere del pubblico ministero, se respinge la domanda pronuncia ordinanza disponendo se del caso, la restituzione degli atti al pubblico ministero; altrimenti ammette all’oblazione e fissa con ordinanza la somma da versare, dandone avviso all’interessato. Avvenuto il versamento della somma, il giudice, se la domanda è stata proposta nel corso delle indagini preliminari, trasmette gli atti al pubblico ministero per le sue determinazioni; in ogni altro caso dichiara con sentenza l’estinzione del reato. Non si applica la disposizione dell’art. 75, comma 3 del codice. 4 bis. In caso di modifica dell’originaria imputazione in altra per la quale sia ammissibile l’oblazione, l’imputato è rimesso in termini per chiedere la medesima. Il giudice, se accoglie la domanda, fissa un termine non superiore a dieci giorni, per il pagamento della somma dovuta. Se il pagamento avviene nel termine il giudice dichiara con sentenza l’estinzione del reato. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 53 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 162, 162 bis Cod. pen.; artt. 459, 554, 565 c.p.p.; (4) art. 604 c.p.p.

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CAPO XI DISPOSIZIONI RELATIVE AL DIBATTIMENTO Art. 142. (1) Citazione dei testimoni, periti, interpreti e consulenti tecnici e imputati di un procedimento connesso. [1. I testimoni, i periti, gli interpreti e i consulenti tecnici sono citati almeno tre giorni prima della data fissata per il dibattimento.] 2. Quando per le notificazioni dei testimoni, dei periti, degli interpreti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate nell’articolo 210 del codice è richiesto l’ufficiale giudiziario, le parti devono consegnare al medesimo gli atti di citazione in tempo utile e nel numero di copie necessario. 3. L’atto di citazione contiene: a) I’indicazione della parte richiedente e dell’imputato nonché del decreto che ha autorizzato la citazione; b) le generalità e il domicilio della persona da citare; c) il giorno, l’ora e il luogo della comparizione e il giudice davanti al quale la persona citata deve presentarsi; d) l’indicazione degli obblighi e delle facoltà previsti dagli articoli 198, 210 e 226 del codice; e) l’avvertimento che, in caso di mancata comparizione non dovuta a legittimo impedimento, la persona citata potrà, a norma dell’articolo 133 del codice, essere accompagnata a mezzo della polizia giudiziaria e condannata al pagamento di una somma di lire centomila (euro 51) a lire un milione (euro 516) a favore della cassa delle ammende e alla rifusione delle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. 4. Quando la citazione è disposta di ufficio il decreto di citazione contiene i requisiti previsti dal comma 3 lettere b), c), d), e) nonché l’indicazione dell’imputato. ––––––––––– (1) L’articolo è stato così modificato dall’art. 2 D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). Le modifiche hanno carattere tecnico-formale in quanto si limitano ad uniformare il conteuto della disposizione originariamente relativa solo alla citazione dei testimoni, periti, interpreti e consulenti tecnici alle risultanze dellart. 210 c.p.p. nella parte in cui prevede che, per la citazione degli imputati in procedimenti connessi si applicano le norme sulla citazione dei testimoni: vale a dire, fra le altre, proprio quella che qui si commenta. Merita comunque specifica segnalazione la soppressione del comma 1 (che condizionava la citazione dei soggetti interessati al termine meramente dilatorio di almeno tre giorni anteriori alla data fissata per il dibattimento): norma di per sè inutile e della quale era corretta la rimozione.


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Disposizioni correlative: (1) artt. 143, 194, 220, 225, 233, 359, 360, 367, 486 c.p.p.; artt. 52, 145 att. c.p.p.; (2) artt. 148, 151 c.p.p.; art. 54 c.p.p.; (4) artt. 468, 507, 508 c.p.p.

Art. 143. Rinnovazione della citazione a giudizio. 1. Negli atti preliminari al dibattimento, in tutti i casi in cui occorre, per qualunque motivo, rinnovare la citazione a giudizio o la relativa notificazione, vi provvede il presidente. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 465-469, 485-487 c.p.p.

[Art. 144. Spese e indennità per i testimoni, periti e consulenti tecnici. 1. Gli importi delle spese e delle indennità dovuti ai testimoni, periti e consulenti tecnici citati a richiesta delle parti private non ammesse al gratuito patrocinio sono anticipati dalle parti richiedenti. 2. Il presidente può esonerare l’imputato, che ne faccia domanda, dalla anticipazione degli importi indicati nel comma 1, per tutte o alcune delle persone di cui è chiesta la citazione. 3. Con il regolamento previsto dall’articolo 206 comma 1 sono disciplinate le modalità di liquidazione e di versamento degli importi indicati nel comma 1.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, l’art. 199 D.P.R. n. 115/2002 cit.

Art. 145. Comparizione dei testimoni, periti, consulenti tecnici e interpreti. 1. I testimoni, i periti, i consulenti tecnici e gli interpreti citati devono trovarsi presenti all’inizio dell’udienza. 2. Se il dibattimento deve protrarsi per più giorni, il presidente, sentiti il pubblico ministero e i difensori, può stabilire il giorno in cui ciascuna persona deve comparire. Art. 145 bis. Aule di udienza protette. 1. Nei procedimenti per taluno dei reati indicati nell’articolo 51, comma 3 bis, del codice, quando è necessario, per ragioni di sicurezza, utilizzare aule protette e queste non siano disponibili nella sede giudiziaria territorialmente competente, il Presidente della Corte d’appello, su proposta del Presidente del Tribunale, individua l’aula protetta per il dibattimento nell’ambito del distretto. Qualora l’aula protetta non sia disponibile nell’ambito del distretto, il Ministero della giustizia fornisce al Presidente della Corte d’appello nel cui distretto si trova il giudice competente, l’indicazione dell’aula disponibile, individuata nel distretto di corte d’appello più vicino. 2. Il provvedimento di cui ai commi che precedono è adottato prima della notificazione del decreto di citazione che dispone il giudizio a norma dell’articolo 133. ––––––––––– Articolo aggiunto dall’art. 6, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, conv. con modif. nella L. 19 gennaio 2001, n. 4.

Att. c.p.p. Artt. 143, 146 bis Art. 146. Aula di udienza dibattimentale. 1. Nelle aule di udienza per il dibattimento, i banchi riservati al pubblico ministero e ai difensori sono posti allo stesso livello di fronte all’organo giudicante. Le parti private siedono a fianco dei propri difensori, salvo che sussistano esigenze di cautela. Il seggio delle persone da sottoporre ad esame è collocato in modo da consentire che le persone stesse siano agevolmente visibili sia dal giudice che dalle parti. Art. 146 bis. (1) Partecipazione al dibattimento a distanza. 1. Quando si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 51, comma 3 bis, nonché nell’articolo 407 co. 2 lett. a) n. 4 del codice, nei confronti di persona che si trova, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in carcere, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza nei seguenti casi: a) qualora sussistano gravi ragioni di sicurezza o di ordine pubblico; b) qualora il dibattimento sia di particolare complessità e la partecipazione a distanza risulti necessaria ad evitare ritardi nel suo svolgimento. L’esigenza di evitare ritardi nello svolgimento del dibattimento è valutata anche in relazione al fatto che nei confronti dello stesso imputato siano contemporaneamente in corso distinti processi presso diverse sedi giudiziarie [c) qualora si tratti di detenuto nei cui confronti è stata disposta l’applicazione delle misure di cui all’articolo 41 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni ed integrazioni] (2) (3). 1 bis. Fuori dei casi previsti dal comma 1, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza anche quando si procede nei confronti di detenuto al quale sono state applicate le misure di cui all’articolo 41 bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni (4). 2. La partecipazione al dibattimento a distanza è disposta, anche d’ufficio, dal presidente del tribunale o della corte di assise con decreto motivato emesso nella fase degli atti preliminari, ovvero dal giudice con ordinanza nel corso del dibattimento. Il decreto è comunicato alle parti e ai difensori almeno dieci giorni prima dell’udienza. 3. Quando è disposta la partecipazione a distanza, è attivato un collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza e il luogo della custodia, con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto. Se il provvedimento è adottato nei confronti di più imputati che si trovano, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi, ciascuno è posto altresì in grado, con il medesimo mezzo, di vedere ed udire gli altri.


Att. c.p.p. Artt. 147, 147 bis 4. È sempre consentito al difensore o a un suo sostituto di essere presente nel luogo dove si trova l’imputato. Il difensore o il suo sostituto presenti nell’aula di udienza e l’imputato possono consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei. 5. Il luogo dove l’imputato si collega in audiovisione è equiparato all’aula di udienza. 6. Un ausiliario abilitato ad assistere il giudice in udienza designato dal giudice o, in caso di urgenza, dal presidente è presente nel luogo ove si trova l’imputato e ne attesta l’identità dando atto che non sono posti impedimenti o limitazioni all’esercizio dei diritti e delle facoltà a lui spettanti. Egli dà atto altresì della osservanza delle disposizioni di cui al comma 3 ed al secondo periodo del comma 4 nonché, se ha luogo l’esame, delle cautele adottate per assicurarne la regolarità con riferimento al luogo ove si trova. A tal fine interpella, ove occorra, l’imputato ed il suo difensore. Durante il tempo del dibattimento in cui non si procede ad esame dell’imputato il giudice o, in caso di urgenza, il presidente, può designare ad essere presente nel luogo ove si trova l’imputato, invece dell’ausiliario, un ufficiale di polizia giudiziaria scelto tra coloro che non svolgono, né hanno svolto attività di investigazione o di protezione con riferimento all’imputato o ai fatti a lui riferiti. Delle operazioni svolte l’ausiliario o l’ufficiale di polizia giudiziaria redigono verbale e norma dell’articolo 136 del codice. 7. Se nel dibattimento occorre procedere a confronto o ricognizione dell’imputato o ad altro atto che implica l’osservazione della sua persona, il giudice, ove lo ritenga indispensabile, sentite le parti, dispone la presenza dell’imputato nell’aula di udienza per il tempo necessario al compimento dell’atto. ––––––––––– (1) Articolo inserito dalla L. 7 gennaio 1998, n. 11. (2) Le parole “nonché nell’articolo 407 co. 2 lett. a) n. 4” sono state aggiunte dall’art. 8 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif. dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. (3) Lettera soppressa dall’art. 15 co. 1 lettera a) D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv. con modif. nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. (4) Comma aggiunto dall’art. 15 co. 1 lettera b) D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv. con modif. nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. Si veda la nota sub art. 45 bis att c.p.p. Si veda anche l’art. 134 bis disp. att. c,p.p. che disciplina la partecipazione a distanza nel giudizio abbreviato.

Art. 147. Riprese audiovisive dei dibattimenti. 1. Ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, il giudice con ordinanza, se le parti consentono, può autorizzare in tutto o in parte la ripresa fotografica,

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fonografica o audiovisiva ovvero la trasmissione radiofonica o televisiva del dibattimento, purché non ne derivi pregiudizio al sereno e regolare svolgimento dell’udienza o alla decisione. 2. L’autorizzazione può essere data anche senza il consenso delle parti quando sussiste un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento. 3. Anche quando autorizza la ripresa o la trasmissione a norma dei commi 1 e 2, il presidente vieta la ripresa delle immagini di parti, testimoni, periti, consulenti tecnici, interpreti e di ogni altro soggetto che deve essere presente, se i medesimi non vi consentono o la legge ne fa divieto. 4. Non possono in ogni caso essere autorizzate le riprese o le trasmissioni dei dibattimenti che si svolgono a porte chiuse a norma dell’articolo 472 commi 1, 2 e 4 del codice. Art. 147 bis. (1) Esame delle persone che collaborano con la giustizia e degli imputati di reato connesso. 1. L’esame in dibattimento delle persone ammesse, in base alla legge, a programmi o misure di protezione anche di tipo urgente o provvisorio si svolge con le cautele necessarie alla tutela della persona sottoposta all’esame, determinate, d’ufficio ovvero su richiesta di parte o dell’autorità che ha disposto il programma o le misure di protezione, dal giudice o, nei casi di urgenza, dal presidente del tribunale o della corte di assise. 2. Ove siano disponibili strumenti tecnici idonei, il giudice o il presidente, sentite le parti, può disporre, anche d’ufficio, che l’esame si svolga a distanza, mediante collegamento audiovisivo che assicuri la contestuale visibilità delle persone presenti nel luogo dove la persona sottoposta ad esame si trova. In tal caso, un ausiliario abilitato ad assistere il giudice in udienza designato dal giudice o in caso di urgenza, dal presidente, è presente nel luogo ove si trova la persona sottoposta ad esame e ne attesta le generalita, dando atto della osservanza delle disposizioni contenute nel presente comma nonché delle cautele adottate per assicurare la regolarità dell’esame con riferimento al luogo ove egli si trova. Delle operazioni svolte l’ausiliario redige verbale a norma dell’articolo 136 del codice. 3. Salvo che il giudice ritenga assolutamente necessaria la presenza della persona da esaminare, l’esame di svolge a distanza secondo le modalità previste dal comma 2 nei seguenti casi: a) quando le persone ammesse, in base alla legge, a programma o misure di protezione sono esaminate nell’ambito di un processo per taluno dei delitti indicati dall’articolo 51, comma 3 bis


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nonché nell’articolo 407 co. 2 lett. a) n. 4 del codice (2); b) quando nei confronti della persona sottoposta ad esame è stato emesso il decreto di cambiamento delle generalità di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 29 rnarzo 1993, n. 119; in tale caso, nel procedere all’esame il giudice o il presidente si uniforma a quanto previsto dall’articolo 6, comma 6, nel medesimo decreto legislativo e dispone le cautele idonee ad evitare che il volto della persona sia visibile; c) quando, nell’ambito di un processo per taluno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3 bis, o dall’articolo 407 co. 2 lett. a) n. 4 del codice, devono essere esaminate le persone indicate nell’articolo 210 del codice nei cui confronti si procede per uno dei delitti di cui al medesimo articolo 51 comma 3 bis o dall’articolo 407 co. 2 lett. a) n. 4 del codice, anche se vi è stata separazione dei procedimenti (3). 4. Se la persona da esaminare deve essere assistita da un difensore si applicano le disposizioni previste dall’articolo 146 bis, commi 3, 4 e 6. 5. Le modalità di cui al comma 2 possono essere altresì adottate, a richiesta di parte, per l’esame della persona di cui è stata disposta la nuova assunzione a norma dell’articolo 495, comma 1, del codice, o quando vi siano gravi difficoltà ad assicurare la comparizione della persona da sottoporre ad esame. ––––––––––– (1) Articolo aggiunto dall’art. 7, D.L. 8/6/92, n. 306, conv., con modif., della L. 7/8/96, n. 332 e poi sostituito dalla L. 7 gennaio 1998, n. 11. (2) Il riferimento all’art. 407 co. 2 lett. a) n. 4 è stato aggiunto dall’art. 8 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif. dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. (3) Lettera così sostituita dall’art. 8 D.L. n. 374/2001 cit. Si veda la nota sub art. 45 bis att. c.p.p.

Art. 147 ter. (1) Ricognizione in dibattimento delle persone che collaborano con la giustizia. 1. Quando nel dibattimento occorre procedere a ricognizione della persona nei cui confronti è stato emesso il decreto di cambiamento delle generalità di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 29 marzo 1993, n. 119, ovvero ad altro atto che implica l’osservazione del corpo della medesima, il giudice, ove lo ritenga indispensabile, ne autorizza o ordina la citazione o ne dispone l’accompagnamento coattivo per il tempo necessario al compimento dell’atto. 2. Durante tutto il tempo in cui la persona è presente nell’aula di udienza, il dibattimento si svolge a porte chiuse a norma dell’articolo 473, comma 2, del codice. 3. Se l’atto da assumere non ne rende necessaria l’osservazione, il giudice dispone le cautele idonee ad evitare che il volto della persona sia visibile. ––––––––––– (1) Introdotto dalla L. 7 gennaio 1998, n. 11. Si veda la nota sub art. 45 bis att. c.p.p.

Att. c.p.p. Artt. 147 ter, 154 Art. 148. Eliminazione di atti dal fascicolo per il dibattimento. 1. Gli atti del fascicolo per il dibattimento dei quali il giudice ha disposto la eliminazione a norma dell’articolo 491 comma 4 del codice sono restituiti al pubblico ministero. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 431 c.p.p.

Art. 149. Regole da osservare prima dell’esame testimoniale. 1. L’esame del testimone deve avvenire in modo che nel corso della udienza nessuna delle persone citate prima di deporre possa comunicare con alcuna delle parti o con i difensori o consulenti tecnici assistere agli esami degli altri o vedere o udire o essere altrimenti informata di ciò che si fa nell’aula di udienza. Art. 150. Esame delle parti private. 1. L’esame delle parti private, nell’ordine previsto dall’articolo 503 comma 1 del codice, ha luogo appena terminata l’assunzione delle prove a carico dell’imputato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 496 c.p.p.

Art. 151. Assunzione di nuove prove. 1. Nel caso previsto dall’articolo 507 del codice, il giudice dispone l’assunzione dei nuovi mezzi di prova secondo l’ordine previsto dall’articolo 496 del codice, se le prove sono state richieste dalle parti. 2. Quando è stato disposto di ufficio l’esame di una persona, il presidente vi provvede direttamente stabilendo, all’esito, la parte che deve condurre l’esame diretto. Art. 152. Facoltà delle parti nel caso di perizia disposta nel dibattimento. 1. Quando il giudice ha disposto la citazione del perito a norma dell’articolo 508 comma 1 del codice, le parti hanno facoltà di presentare al dibattimento, anche senza citazione, i propri consulenti tecnici a norma dell’articolo 225 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 142 att. c.p.p.

Art. 153. Liquidazione delle spese processuali in favore della parte civile. 1. Agli effetti dell’articolo 541 comma 1 del codice, le spese sono liquidate dal giudice sulla base della nota che la parte civile presenta al più tardi insieme alle conclusioni. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 523 c.p.p.

Art. 154. Redazione non immediata dei motivi della sentenza. 1. Nei casi previsti dall’articolo 544 commi 2 e 3 del codice, il presidente provvede personalmente alla redazione della motivazione o designa un estensore tra i componenti del collegio. 2. L’estensore consegna la minuta della sentenza al presidente il quale, se sorgono questioni sulla


Att. c.p.p. Artt. 154 bis, 157 motivazione, ne dà lettura al collegio, che può designare un altro estensore. 3 La minuta, sottoscritta dall’estensore e dal presidente, è consegnata alla cancelleria per la formazione dell’originale. 4. Il presidente e l’estensore, verificata la corrispondenza dell’originale alla minuta, sottoscrivono la sentenza. 4 bis. Il Presidente della corte d’appello può prorogare, su richiesta motivata del giudice che deve procedere alla redazione della motivazione, i termini previsti dall’articolo 544, comma 3, del codice, per una sola volta e per un periodo massimo di novanta giorni, esonerando, se necessario, il giudice estensore da altri incarichi. Per i giudizi di primo grado provvede il presidente del tribunale. In ogni caso del provvedimento è data comunicazione al Consiglio superiore della magistratura (1). ––––––––––– (1) Il comma 4 bis è stato aggiunto dall’art. 4 co. 2 bis, D.L. 24 novembre 2000, n. 341 conv., con modif., nella L. 19 gennaio 2001, n. 4. La disposizione introdotta dal citato D.L. n. 341/2000 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo (art. 5 D.L. cit.).

Art. 154 bis. (1) Liberazione dell’imputato prosciolto. 1. L’imputato detenuto è posto in libertà immediatamente dopo la lettura in udienza del dispositivo della sentenza di proscioglimento, se non detenuto per altra causa. 2. L’imputato prosciolto e la persona di cui è comunque disposta l’immediata liberazione sono accompagnati, separatamente dai soggetti da tradurre, presso l’istituto penitenziario per il disbrigo delle formalità conseguenti alla liberazione; se ne fanno richiesta, possono recarsi presso l’istituto anche senza accompagnamento. È vietato l’uso di qualsiasi mezzo di coercizione fisica. ––––––––––– 1 L’articolo è stato aggiunto dall’art. 4 L. 12 dicembre 1992, n. 492. 2 La disposizione opera per tutti i casi di proscioglimento a seguito di giudizio e per i casi di liberazione immediata conseguenti, ad esempio, alla mancata convalida di un arresto o di un fermo (artt. 389 e 391 c.p.p.) o alla concessione della sospensione condizionale della pena (artt. 163164 c p.p ). Per l’ ipotesi di «proscioglimento» a seguito di udienza preliminare (art. 425 c.p.p.: sentenza di non luogo a procedere), opera invece l’art. 131 bis att. c.p.p. Sia l’art. 154 bis che l’art. 131 bis att. c.p.p. traggono ragione dalla necessità di evitare che, per consentire il mero disbrigo di formalità burocratiche, vengano introdotti in manette e unitamente a soggetti detenuti anche coloro che, a seguito di giudizio, sono stati prosciolti o hanno comunque cessato il loro precedente stato di detenzione. Si tratta di disposizioni che mirano a tutelare la dignità umana e ad impedire ingiustificate limitazioni alla libertà personale. Proprio per questo motivo le due disposizioni in commento sono inserite sullo stesso corpo normativo (L. 492/1992) che disciplina innovativamente le traduzioni dei

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detenuti dettando per queste alcune regole che impediscono la intollerabile spettacolarizzazione. Sul tema, v. art. 293 c.p.p. sub nota 2. Disposizioni correlahve: (1) artt. 300 e 545 c.p.p.; art. 131 bis att.

CAPO XII DISPOSIZIONI RELATIVE AL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA [Art. 155. Decisione sulla richiesta di incidente probatorio. 1. Ai fini della decisione prevista dall’articolo 551 comma 2 del codice, il giudice per le indagini preliminari può chiedere in visione i1 fascicolo contenente la documentazione relativa alle indagini espletate.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 54 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

[Art. 156. Opposizione alla richiesta di archiviazione. 1. La persona offesa dal reato, con l’opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, indica gli elementi di prova che giustificano i1 rigetto della richiesta stessa. 2. A seguito dell’opposizione, il giudice per le indagini preliminari provvede a norma dell’articolo 554 comma 2 del codice.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 54 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 157. Ulteriori indagini. Avocazione. 1. Quando emette decreto di archiviazione, il giudice per le indagini preliminari, se rileva l’esigenza di ulteriori indagini, ne informa il procuratore generale presso la corte di appello. Questi, se ne ravvisa i presupposti richiede la riapertura delle indagini a norma dell’articolo 414 del codice. 2. Quando è accolta la richiesta del procuratore generale, le nuove indagini restano avocate. ––––––––––– 1 La disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima (Corte cost. 12 ottobre 1990, n. 445). La sua originaria previsione era stata così motivata: «Non essendo previsto nel procedimento davanti al pretore che il giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di archiviazione possa invitare il pubblico ministero a svolgere le ulteriori indagini che si ritengano dal giudice necessarie (come è invece stabilito per il procedimento ordinario dall’art. 409 comma 4), occorre introdurre una disposizione che consenta al procuratore generale di attivarsi, a seguito di opportuna segnalazione del giudice per la richiesta di riapertura delle indagini rimediando in tal modo all’incompletezza dell’operato del pubblico ministero a suo tempo incaricato delle indagini. In mancanza di una simile previsione lo svolgimento non completo delle indagini potrebbe rimanere privo di controllo e quindi di rimedi. L’intervento sostituivo del procuratore generale si trasforma poi sostanzialmente in un’ulteriore ipotesi di avo-


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cazione (v. il comma 2) quando la richiesta di riapertura delle indagini è accolta. Tale ipotesi appare già in nuce presente nel codice che, attraverso il richiamo all’art. 412, genericamente operato dall’art. 554 comma 2, implicitamente prefigura anche per il procedimento pretorile, il controllo sostitutivo del procuratore generale in ogni caso di inerzia del pubblico ministero quale è, appunto, l’ipotesi delineata dalla disposizione in esame». (O.p.d.). La Corte costituzionale (nella stessa sentenza sopra citata) ha ritenuto l’illegittimità costituzionale dell’originario articolo 554 comma 2 c.p.p. (l’originario articolo 554, inserito nel Libro Ottavo, è stato sostituito a seguito della sostituzione di tutto il citato Libro Ottavo – recante, ora, disposizioni sul Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica – operata dall’art. 44 della L. 16 dicembre 1999, n. 479) nella parte in cui non prevede che, di fronte ad una richiesta di archiviazione presentata per infondatezza della notizia di reato, il giudice per Ie indagini preliminari presso la pretura, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indichi con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il loro compimento. V. anche sub art. 415 nota 1.

[Art. 158. Avocazione nel caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione. 1. Nel caso previsto dall’articolo 554 comma 2 del codice, il pubblico ministero comunica immediatamente l’ordinanza al procuratore generale presso la corte di appello che può disporre l’avocazione con decreto motivato entro cinque giorni dalla comunicazione della ordinanza medesima. Decorso tale termine, il pubblico ministero formula l’imputazione entro i cinque giorni successivi. 2. Il decreto con il quale il procuratore generale dispone l’avocazione è immediatamente comunicato al pubblico ministero. 3. Disposta l’avocazione, il procuratore generale formula l’imputazione entro il termine previsto dall’articolo 554 comma 2 del codice ai fini degli adempimenti previsti dagli articoli 555 e seguenti del codice.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 54 L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 159. Indicazione dei procedimenti speciali nel decreto di citazione a giudizio. 1. Nel decreto di citazione a giudizio sono indicati i procedimenti speciali, e i relativi articoli di legge, che possono trovare applicazione nel caso concreto. 2. Il pubblico ministero, nel decreto di citazione a giudizio, può manifestare il proprio consenso all’applicazione della pena su richiesta, indicando gli elementi previsti dall’articolo 444, comma 1, del codice. (1) ––––––––––– (1) Il comma 2 è stato così sostituito dall’art. 55 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) art. 552 c.p.p.

Att. c.p.p. Artt. 158, 162 Art. 160. (1) Determinazione della data dell’udienza dibattimentale o del procedimento speciale. 1. Ai fini dell’emissione del decreto di citazione a giudizio ovvero del decreto che dispone il giudizio a seguito di opposizione a decreto penale, la richiesta prevista dall’articolo 132 comma 2 è proposta al presidente del tribunale rispettivamente dal pubblico ministero o dal giudice per le indagini preliminari. [2. Quando il pubblico ministero deve fissare l’udienza davanti al giudice per le indagini preliminari a norma degli articoli 556 comma 2, 557, 560 comma 2, 563 comma 2 del codice, l’individuazione della data dell’udienza è effettuata, su richiesta del pubblico ministero, dal presidente della sezione dei giudizi per le indagini preliminari ovvero, quando questa manchi, dal presidente del tribunale.] (2) ––––––––––– (1) Articolo modificato dall’art. 214 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. (2) Il comma 2 è stato abrogato dall’art. 54 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) artt. 464, 552, 565 c.p.p.

[Art. 161. Deposito degli atti per il giudizio abbreviato. 1. Nel decreto di citazione emesso dal pubblico ministero per il giudizio abbreviato a norma dell’articolo 560 commi 2 e 3 del codice, in luogo di quanto previsto dall’articolo 555 comma 1 lettera g) del codice, è contenuto l’avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, con facoltà per le parti e i loro difensori di prenderne visione e di estrarne copia.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 54 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative (1) art. 43 att c.p.p.

Art. 162. Delega delle funzioni di pubblico ministero in udienza dibattimentale. 1. La delega prevista dall’articolo 72 del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 è conferita con atto scritto di cui è fatta annotazione in apposito registro ed è esibita in dibattimento. 2. Nel caso di giudizio direttissimo, la delega può essere conferita anche per la partecipazione alla contestuale udienza di convalida. 3. Quando si presenta la necessità di prestare il consenso all’applicazione della pena su richiesta o al giudizio abbreviato ovvero si deve procedere a nuove contestazioni, il pubblico ministero delegato può procedere a consultazioni con il procuratore della Repubblica. 4. Il giudice, nel caso previsto dal comma 3, può sospendere l’udienza per il tempo strettamente necessario. ––––––––––– Articolo così modificato dall’art. 215 D.Lgs. 51/98 e succ. mod.


Att. c.p.p. Artt. 163, 167 1 Per una questione di costituzionalità, dichiarata non fondata, v. sub art. 22 D.P.R. 449/1988. Disposizioni correlative: (1) art. 566 c.p.p.; (3) art. 516-520, 560- 562, 563 c.p.p.; (4) art. 477 c.p.p. L’art. 72 citato nell’articolo è riportato infra con le modifiche apportate dall’art. 22 D.P.R. 449/1988 e dall’art. 1 D.Lgs. 2 febbraio 1990, n. 15.

Art. 163. (1) Presentazione dell’arrestato per la convalida. 1. Nel caso previsto dall’articolo 558 comma 1, la presentazione dell’arrestato al giudice per la convalida e il contestuale giudizio è disposta dal procuratore della Repubblica con l’atto mediante il quale formula l’imputazione. 2. Gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto consegnano immediatamente gli atti al pubblico ministero presente all’udienza. ––––––––––– (1) Articolo così modificato dall’art. 216 D.Lgs. 51/98 e succ. mod. e successivamente dall’art. 51 L. 16 dicembre 1999, n. 479. Disposizioni correlative: (1) art. 530 c.p.p.; (2) artt. 57, 380-386 c.p.p.; art. 162 att. c.p.p.

CAPO XII BIS DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE SEZIONI DISTACCATE DEL TRIBUNALE ––––––––––– Il Capo XII bis è stato inserito dall’art. 217 D.Lgs. 51/98 e successive modifiche.

Art. 163 bis. Inosservanza delle disposizioni sulle attribuzioni delle sezioni distaccate del tribunale. 1. L’inosservanza delle disposizioni di ordinamento giudiziario relative alla ripartizione tra sede principale e sezioni distaccate, o tra diverse sezioni distaccate, dei procedimenti nei quali il tribunale giudica in composizione monocratica è rilevata fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. 2. Il giudice, se ravvisa l’inosservanza o ritiene comunque non manifestamente infondata la relativa questione, rimette gli atti al presidente del tribunale, che provvede con decreto non impugnabile. Art. 163 ter. Presentazione dell’atto di impugnazione presso la sezione distaccata. 1. Nei casi previsti dagli articoli 461 comma 1 e 582 comma 2 del codice, le dichiarazioni e le impugnazioni possono essere presentate anche nella cancelleria della sezione distaccata del tribunale. CAPO XIII DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE IMPUGNAZIONI Art. 164. Deposito delle copie dell’atto di impugnazione e formazione dei relativi fascicoli. 1. Le parti devono depositare le copie dell’atto di

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impugnazione occorrenti per la notificazione prevista dall’articolo 584 del codice. 2. Le parti devono inoltre depositare, presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, due copie dell’atto di impugnazione, nel caso di appello, e cinque copie, nel caso di ricorso per cassazione, oltre a una copia per i1 procuratore generale. 3. Se non sono depositate le copie indicate nei commi 1 e 2, la cancelleria provvede a farle a spese di chi ha presentato l’impugnazione. [I diritti dovuti per le copie sono triplicati. Qualora chi ha proposto l’impugnazione, a seguito della richiesta da parte della cancelleria a mezzo di lettera raccomandata con tassa a carico del destinatario, non provveda al pagamento della somma dovuta, il dirigente dell’ufficio di cancelleria emette ingiunzione di pagamento immediatamente esecutiva nei confronti del medesimo e del suo difensore se quest’ultimo ha sottoscritto l’atto. Si osservano le disposizioni previste dal regio decreto 14 aprile 1910 n. 639 per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato.] (1) 4. A cura della cancelleria presso il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato sono formati, nel caso di appello, tre fascicoli e, nel caso di ricorso per cassazione, sei fascicoli contenenti ciascuno una copia della sentenza impugnata e degli atti di impugnazione. ––––––––––– (1) I periodi, secondo, terzo e quarto del comma 3, sono stati abrogati dall’art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, gli l’art. 272 D.P.R. n. 115/2002 cit. Disposizioni correlative: (1) artt. 581, 582 c.p.p.; (2) artt. 593, 606 c.p.p.; (3) artt. 571-576, 582 c.p.p.; art. 167 att. c.p.p.

Art. 165. Annotazione della impugnazione in calce al provvedimento impugnato. 1. Prima della notificazione, l’impugnazione è annotata in calce al provvedimento impugnato, con la indicazione di chi la ha proposta e della data della proposizione. 2. Le copie del provvedimento impugnato trasmesse al giudice dell’impugnazione contengono le indicazioni previste dal comma 1. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 582-584 cp.p.; (2) art. 590 c.p.p.

Art. 166. Comunicazione al procuratore generale, dell’appello dell’imputato. 1. Qualora non sia stata proposta impugnazione da parte del procuratore generale, l’appello dell’imputato è comunicato anche al procuratore generale agli effetti dell’articolo 595 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 594 c.p.p.

Art. 167. Nuovi motivi della impugnazione già proposta. 1. Nel caso di presentazione di motivi nuovi, si applicano le disposizioni dell’arti-


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colo 164 commi 2 e 3 e devono essere specificati i capi e i punti enunciati a norma dell’articolo 581 comma 1 lettera a) del codice, ai quali i motivi si riferiscono. Art. 168. Disposizione di rinvio. 1. Nel giudizio di impugnazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di attuazione relative al giudizio di primo grado. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 593, 598, 606, 629, 636 c.p.p.; artt. 142-154 att. c.p.p.

Art. 169. Riduzione dei termini nel giudizio di cassazione. 1. Nei casi di urgenza, le parti possono chiedere la riduzione dei termini stabiliti per il giudizio di cassazione. Il presidente, se accoglie la richiesta, dispone con decreto la riduzione dei termini in misura non superiore a un terzo. Del provvedimento di riduzione è fatta menzione negli avvisi. 2. Con l’atto di ricorso o anche successivamente le parti possono rinunciare agli avvisi. Art. 169 bis. Sezione della corte di cassazione per l’esame dell’inammissibilità dei ricorsi. (1) 1. La sezione di cui al comma 1 dell’articolo 610 del codice è predeterminata con rotazione biennale dal provvedimento tabellare riguardante la corte di cassazione. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 6, co. 4, L. 26 marzo 2001, n. 128.

Art. 170. Sezioni unite. 1. Le sezioni unite sono convocate con decreto del presidente della corte di cassazione o del presidente aggiunto da lui delegato e sono composte con magistrati di tutte le sezioni penali. Il collegio è presieduto dal presidente della corte ovvero, su sua delegazione, dal presidente aggiunto e da un presidente di sezione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 610, 618 c.p.p.; art. 172 att. c.p.p.

Art. 171. Questione dedotta nel corso della discussione. 1. Se una questione è dedotta per la prima volta nel corso della discussione, il presidente può concedere nuovamente la parola alle parti già intervenute. Art. 172. Restituzione alla sezione di ricorsi già rimessi alle sezioni unite. 1. Nel caso previsto dall’articolo 618 del codice, il presidente della corte di cassazione può restituire alla sezione il ricorso qualora siano stati assegnati alle sezioni unite altri ricorsi sulla medesima questione o il contrasto giurisprudenziale risulti superato. 2. In nessun caso può essere restituito il ricorso che, dopo una decisione delle sezioni unite, è stato rimesso da una sezione della corte di cassazione con l’enunciazione delle ragioni che possono dar luogo a un nuovo contrasto giurisprudenziale.

Att. c.p.p. Artt. 168, 177 Art. 173. Motivazione della sentenza. Enunciazione del principio di diritto. 1. Nella sentenza della corte di cassazione i motivi del ricorso sono enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2. Nel caso di annullamento con rinvio, la sentenza enuncia specificamente il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi. 3. Quando il ricorso è stato rimesso alle sezioni unite, la sentenza enuncia sempre il principio di diritto sul quale si basa la decisione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 606, 617 c.p.p.; (2) artt. 625 c.p.p.; art. 26 reg.

Art. 174. Rettifiche e integrazioni alla motivazione. 1. Nel caso previsto dall’articolo 617 comma 3 del codice, alla redazione del testo rettificato o integrato provvede la corte di cassazione in camera di consiglio. Quando ciò non è possibile, provvede un consigliere che può anche essere diverso da quello precedentemente designato per la redazione della motivazione. Art. 175. Determinazione del giudice di rinvio. 1. Per determinare ai fini del giudizio di rinvio la corte di appello, la corte di assise di appello, la corte di assise o il tribunale più vicino, si tiene conto della distanza chilometrica ferroviaria, e se del caso marittima, tra i capoluoghi del distretto o, rispettivamente, del circolo o del circondario. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 623, 627 c.p.p.

Art. 176. Rilascio dei documenti da unire alla domanda di riparazione dell’errore giudiziario. 1. I documenti da unire alla domanda di riparazione dell’errore giudiziario, a norma dell’articolo 645 del codice, sono rilasciati gratuitamente dagli uffici competenti e sono esenti da imposta di bollo. CAPO XIV DISPOSIZIONI RELATIVE AL GIURÍ D’ONORE Art. 177. Deferimento del giudizio a un giurì d’onore. 1. Agli effetti dell’articolo 597 del codice penale, la facoltà di deferire a un giurì d’onore il giudizio sulla verità del fatto s’intende esercitata quando i componenti il giurì hanno accettato la nomina. L’accettazione deve risultare da atto scritto. 2. Nel deferire il giudizio previsto dal comma 1, le parti interessate, se non dichiarano espressamente di rinunciare al diritto al risarcimento e alla riparazione possono demandare al giurì il relativo accertamento e le conseguenti pronunce in via equitativa.


Att. c.p.p. Artt. 178, 182 3. Su richiesta delle parti interessate, la nomina dei componenti il giurì può essere fatta dal presidente del tribunale. 4. Su richiesta delle parti interessate, la nomina dei componenti il giurì può essere fatta da associazioni legalmente riconosciute come enti morali. I componenti sono scelti fra le persone iscritte in appositi albi formati dalle stesse associazioni e approvati dal presidente del tribunale. 5. Se vengono a mancare per qualunque causa tutti o alcuni dei componenti il giurì, il presidente del tribunale o le associazioni provvedono alla loro sostituzione. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 596 c.p.; (4) artt. 179, 180 att.c.p.p.

Art. 178. Componenti del giurì d’onore. Termine per la pronuncia del verdetto. 1. Il giurì d’onore si compone di uno o più membri in numero dispari. 2. Il giurì deve pronunciare il verdetto nel termine di tre mesi dal giorno dell’accettazione. Il presidente del tribunale per gravi motivi può prorogare questo termine fino ad altri tre mesi. Art. 179. Procedimento davanti al giurì d’onore. 1. Le sedute del giurì non sono pubbliche. 2. I componenti del giurì sono obbligati al segreto per tutto ciò che concerne gli atti compiuti, salvo che per il verdetto. 3. È vietata la pubblicazione, in tutto o in parte anche per riassunto o a guisa di informazione, degli atti e documenti concernenti il giudizio, fatta eccezione per il verdetto. Sono applicabili gli articoli 684 e 685 del codice penale. 4. Quando lo ritiene necessario, il giurì può, anche di sua iniziativa, sentire testimoni. 5. Il giurì, quando è stato nominato nei modi indicati nell’articolo 177 commi 3 e 4, può chiedere documenti e informazioni alle pubbliche amministrazioni le quali hanno l’obbligo di fornirli, salvo che vi ostino gravi ragioni di servizio, e compiere altri accertamenti. Art. 180. Sanzioni pecuniarie. 1. I componenti del giurì che violano gli obblighi stabiliti dall’articolo 178 comma 2 o dall’articolo 179 comma 2 possono essere condannati al pagamento di una somma da lire cinquantamila (euro 25) a lire cinquecentomila (euro 258) a favore della cassa delle ammende. 2. Nel caso in cui il giurì sia stato nominato nei modi indicati nell’articolo 177 commi 3 e 4, il testimone che omette senza legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, può essere condannato al pagamento di una somma da lire venticinquemila (euro 12) a lire duecentocinquantamila (euro 129) a favore della cassa delle ammende. 3. Le condanne previste dai commi 1 e 2 sono pronunciate dal presidente del tribunale, sentito il

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trasgressore, e alla loro esecuzione provvede la cancelleria del tribunale, osservate le disposizioni dell’articolc 664 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 133 c.p.p.; art. 179 att. c.p.p.

CAPO XV DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA ESECUZIONE [Art. 181. Esecuzione delle pene pecuniarie e recupero delle spese. 1. Entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza o del decreto penale di condanna, la cancelleria del giudice dell’esecuzione provvede al recupero delle pene pecuniarie e delle spese del procedimento nei confronti del condannato. 2. A tal fine la cancelleria notifica al condannato l’estratto della sentenza in forma esecutiva o il decreto unitamente all’atto di precetto contenente l’intimazione di pagare entro dieci giorni dalla notificazione o, se si tratta di decreto, dalla scadenza del termine per proporre opposizione, le somme in esso specificamente indicate per pena pecuniaria, spese recuperabili per intero e spese recuperabili in misura fissa. 3. L’avviso di pagamento e il precetto per le pene pecuniarie pagabili ratealmente contengono l’indicazione dell’importo e della scadenza delle singole rate; il termine per il pagamento decorre dalla scadenza suddetta. La stessa disposizione si osserva quando la rateizzazione è disposta dal magistrato di sorveglianza a norma dell’articolo 660 comma 3 del codice. In ogni caso non sono dovuti interessi per la rateizzazione. 4. La specifica contenuta nell’atto di precetto sostituisce la nota delle spese. 5. La procedura prevista nel presente articolo si applica anche per il recupero delle spese di mantenimento in carcere.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, gli artt. 200, 212 e 236 D.P.R. n. 115/2002 cit.

[Art. 182. Procedura in caso di insolvibilità. 1. Se la procedura esecutiva per il recupero della pena pecuniaria o di una rata di essa ha esito negativo, la cancelleria del giudice dell’esecuzione trasmette copia degli atti al pubblico ministero perché proceda a norma dell’articolo 660 del codice. 2. Al fine di accertare la effettiva insolvibilità del condannato e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, il magistrato di sorveglianza dispone le opportune indagini nel luogo dove il condannato o il civilmente obbligato ha il domicilio o la residenza ovvero si ha ragione di ri-


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Att. c.p.p. Artt. 183, 191

tenere che possieda beni o cespiti di reddito e richiede, se necessario, informazioni agli organi finanziari.]

congiunti a pena pecuniaria. Nel caso di disaccordo del pubblico ministero, il giudice, se lo ritiene ingiustificato, accoglie ugualmente la richiesta.

––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, gli artt. 237 e 238 D.P.R. n. 115/2002 cit.

––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 81 c.p.; artt. 444-448, 665, 671 c.p.p.

Art. 183. Richiesta di applicazione di pena accessoria. 1. Quando alla condanna consegue di diritto una pena accessoria predeterminata dalla legge nella specie e nella durata, il pubblico ministero ne richiede l’applicazione al giudice dell’esecuzione se non si è provveduto con la sentenza di condanna. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 19, 28 c.p.; art. 662 c.p.

Art. 184. Forma dei provvedimenti che applicano altre sanzioni pecuniarie. 1. Salvo che la legge disponga altrimenti, i provvedimenti previsti dall’articolo 664 comma 1 del codice sono adottati con ordinanza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 125 c.p.p.

Art. 185. Assunzione delle prove nel procedimento di esecuzione. 1. Il giudice, nell’assumere le prove a norma dell’articolo 666 comma 5 del codice procede senza particolari formalità anche per quanto concerne la citazione e l’esame dei testimoni e l’espletamento della perizia. Art. 186. Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato. 1. Le copie delle sentenze o decreti irrevocabili, se non sono allegate alla richiesta prevista dall’articolo 671 comma 1 del codice, sono acquisite di ufficio. Art. 187. Determinazione del reato più grave. 1. Per l’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato da parte del giudice dell’esecuzione si considera violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la pena più grave, anche quando per alcuni reati si è proceduto con giudizio abbreviato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 81 c.p.; artt. 438-443, 671 c.p.p.

Art. 188. Concorso formale e reato continuato nel caso di più sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti. 1. Fermo quanto previsto dalI’articolo 137, nel caso di più sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciate in procedimenti distinti contro la stessa persona, questa e il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, quando concordano sulla entità della sanzione sostitutiva o della pena sempre che quest’ultima non superi complessivamente due anni di reclusione o di arresto, soli o

Art. 189. Comunicazione dei provvedimenti del giudice di sorveglianza. 1. Il dispositivo dei provvedimenti esecutivi del giudice di sorveglianza che incidono sulla durata della pena, o sulla data in cui la stessa deve avere inizio o termine, è comunicato senza ritardo, a cura della cancelleria presso il giudice medesimo, al pubblico ministero competente per l’esecuzione della sentenza di condanna. Le medesime disposizioni si applicano ai provvedimenti esecutivi del giudice di sorveglianza concernenti le misure di sicurezza. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 655, 659, 679 c.p.p.

Art. 190. Prescrizioni per la persona sottoposta a libertà vigilata. 1. Il magistrato di sorveglianza stabilisce le prescrizioni alle quali deve attenersi la persona sottoposta a libertà vigilata a norma dell’articolo 228 del codice penale. 2. Le prescrizioni sono trascritte in una carta precettiva che è consegnata all’interessato con obbligo di conservarla e di presentarla ad ogni richiesta dell’autorità. In caso di irreperibilità, il magistrato di sorveglianza provvede a norma dell’articolo 231 del codice penale. 3. ll vigilato non può, senza autorizzazione del magistrato di sorveglianza, trasferire la propria residenza o dimora in un comune diverso e deve informare gli organi ai quali è stata affidata la vigilanza di ogni mutamento di abitazione nell’ambito del comune. 4. In caso di trasferimento non autorizzato di successiva irreperibilità e di altre trasgressioni il magistrato di sorveglianza provvede a norma dell’articolo 231 del codice penale. 5. Copia delle prescrizioni indicate nel comma 1 è comunicata agli organi e alle persone cui è affidata la vigilanza a norma degli articoli 228 e 232 del codice penale nonché al centro di servizio sociale. 6. La vigilanza è esercitata in modo da non rendere difficoltosa alla persona che vi è sottoposta la ricerca di un lavoro e da consentirle di attendervi con la necessaria tranquillità. Art. 191. Applicazione del divieto di soggiorno. 1. Il provvedimento del magistrato di sorveglianza che applica il divieto di soggiorno in determinati luoghi a norma dell’articolo 233 del codice penale è immediatamente comunicato dalla cancelleria agli organi di pubblica sicurezza dei comuni o delle province cui si riferisce il divieto. Di ogni trasgressione gli organi predetti fanno rapporto al magistrato di sorveglianza per i provvedimenti conseguenti.


Att. c.p.p. Artt. 192, 200 Art. 192. Annotazione del decreto di grazia. 1. Il pubblico ministero competente a norma dell’articolo 681 comma 4 del codice provvede senza ritardo affinché il decreto di grazia sia annotato sull’originale della sentenza o del decreto penale di condanna. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 192 c.p.

Art. 193. Annotazione del provvedimento di riabilitazione e di revoca delle sentenze di condanna. 1. Il provvedimento che concede la riabilitazione, divenuto irrevocabile, è annotato nella sentenza di condanna a cura della cancelleria del giudice che la ha emessa. Allo stesso modo si procede per i provvedimenti di revoca adottati a norma degli articoli 669 e 673 del codice. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 178, 179 c.p.; art. 683 c.p.p.; artt. 1, 33 reg.

[Art. 194. Iscrizioni nel casellario giudiziale. 1. Sono iscritti nel casellario giudiziale previsto dall’articolo 685 del codice anche i provvedimenti del pubblico ministero indicati negli articoli 657 e 663 del codice nonché quelli con i quali è concessa la riabilitazione prevista dall’articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327. 2. Dei provvedimenti indicati nell’articolo 686 comma 1 lettera d) del codice si fa menzione solo nei certificati previsti dall’articolo 688 del codice.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G. U del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. In tema di casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit. e, in particolare, gli artt. 3, 24 e 25.

[Art. 195. Richiesta del certificato spedito per ragioni di elettorato. 1. ll certificato spedito per ragioni di elettorato può essere richiesto anche da una persona diversa da quella alla quale le iscrizioni del casellario si riferiscono. Nella domanda deve essere specificato e dimostrato il legittimo interesse del richiedente.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G. U del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. In tema di casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit. e, in particolare, l’art. 29.

[Art. 196. Iscrizione delle sentenze di applicazione di sanzioni sostitutive a richiesta dell’imputato. 1. Le sentenze che hanno dichiarato estinto il reato per applicazione di sanzioni sostitutive a richiesta dell’imputato previste dall’articolo 77 della legge 24 novembre 1981, n. 689 si iscrivono solo agli effetti dell’articolo 80 della me-

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desima legge. Di tali provvedimenti non si fa menzione nei certificati richiesti dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti incaricati di pubblici servizi a norma dell’articolo 688 comma 1 del codice.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G. U del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. In tema di casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit.

[Art. 197. Condanne da non menzionare nei certificati richiesti dall’interessato. 1. Nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato non si fa menzione delle condanne per i reati per i quali è stata dichiarata la speciale causa di estinzione prevista dall’articolo 544 del codice penale abrogato dall’articolo 1 della legge 5 agosto 1981, n. 442.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G. U. del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. In tema di casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit.

Art. 198. Certificati che possono essere chiesti dall’interessato. [Abrogato]

––––––––––– L’articolo è stato abrogato dall’art. 34 D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 (a seguito della nuova formulazione dell’art. 689 c.p.p. introdotto con l’art. 33 D.Lgs. cit.).

[Art. 199. Recupero delle spese del procedimento. 1. Le spese del procedimento anticipate dall’erario sono recuperate per intero. Tuttavia, le imposte di bollo, i diritti di cancelleria, i diritti e le indennità di trasferta spettanti all’ufficiale giudiziario, le spese postali e telegrafiche per la notificazione degli atti a richiesta dell’ufficio o per l’invio dell’informazione di garanzia e il diritto di chiamata di causa sono recuperati nella misura fissa stabilita con regolamento del ministro delle finanze di concerto con il ministro di grazia e giustizia. Il regolamento determina la misura stessa, con riferimento al numero degli atti e delle attività mediamente compiute in ciascun procedimento e delle disposizioni di legge che regolano l’imposizione; fissa altresì le percentuali e le modalità di ripartizione delle somme in questione.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. Vedi, ora, l’art. 205 D.P.R. n. 115/2002 cit.

[Art. 200. Annotazione delle spese anticipate dall’erario. 1. Al momento della iscrizione dell’ordine di pagamento nel registro delle spese di giustizia, la cancelleria o la segreteria iscrive l’importo delle spese anticipate dall’erario e recuperabili per intero a norma dell’articolo 199 nella distinta delle spese allegata al fascicolo indicando la data e l’atto cui l’anticipazione si riferisce.


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2. L’importo della somma anticipata è altresì annotato a margine dell’atto predetto.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in vigore dal 1° luglio 2002. In tema di spese di giustizia vedi, ora, il D.P.R. n. 115/2002 cit.

CAPO XVI DISPOSIZIONI RELATIVE AI RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITÀ STRANIERE Art. 201. Traduzione delle domande provenienti da un’autorità straniera. 1. Le domande provenienti da un’autorità straniera nonché i relativi atti e documenti sono accompagnati da una traduzione in lingua italiana. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 109 c.p.p.

Art. 202. Consenso dell’interessato alla estradizione per l’estero. 1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 703 e 717 del codice, il consenso dell’interessato alla estradizione è prestato davanti al presidente della corte di appello nel rispetto delle garanzie previste dall’articolo 701 comma 2. Il verbale è compilato in due originali, uno dei quali è trasmesso senza ritardo, a cura della cancelleria, al ministro di grazia e giustizia. Art. 203. Comunicazioni al ministro di grazia e giustizia in merito alla estradizione. 1. La cancelleria comunica senza ritardo al ministro di grazia e giustizia l’avvenuta scadenza del termine per l’impugnazione della sentenza della corte di appello o l’avvenuto deposito della sentenza della corte di cassazione. Trasmette, inoltre, al ministro di grazia e giustizia copia della sentenza della corte di appello non più soggetta a impugnazione ovvero copia della sentenza della corte di cassazione. Art. 204. Comunicazioni all’autorità giudiziaria che ha trasmesso la rogatoria all’estero. 1. Le comunicazioni previste dall’articolo 727 comma 3 del codice devono pervenire all’autorità giudiziaria richiedente senza ritardo. Le comunicazioni dell’avvenuto inoltro della rogatoria ovvero dell’emissione del decreto previsto dall’articolo 727 comma 2 del codice devono comunque pervenire entro cinque giorni dalle rispettive date di inoltro e di emissione. Art. 204-bis. (1) Comunicazioni dell’autorità giudiziaria in tema di rogatoria. 1. Quando un accordo internazionale prevede la trasmissione diretta della richiesta di assistenza giudiziaria, l'autorità giudiziaria indicata dagli articoli 724, 726 e 726-ter del codice che riceve direttamente la richiesta ovvero l'autorità giudiziaria che la invia direttamente all'autorità straniera ne trasmette senza ritardo copia al Ministero della giustizia. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 15 della L. 5 ottobre 2001, n. 367 (in vigore dal 9 ottobre 2001).

Att. c.p.p. Artt. 201, 205-ter Per l’applicazione delle norme processuali previste dalla L. n. 367/2001 cit., vedi art.18 della legge medesima riportato sub nota (1) all’art. 696 c.p.p.

Art. 205. Richiesta del testo di leggi straniere. 1. L’autorità giudiziaria, per ragioni di ufficio, può richiedere al ministro di grazia e giustizia il testo di leggi straniere. Art. 205-bis. (1) Irrevocabilità del consenso nell’ambito di procedure di cooperazione giudiziaria. 1. Quando è previsto dal codice o da accordi internazionali, per l’espletamento di determinati atti, che l’interessato esprima il proprio consenso in una procedura di cooperazione giudiziaria, il consenso espresso non può essere revocato, salvo che l’interessato ignorasse circostanze di fatto rilevanti ai fini della sua decisione ovvero esse si siano successivamente modificate. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 16 della L. 5 ottobre 2001, n. 367 (in vigore dal 9 ottobre 2001). Per l’applicazione delle norme processuali previste dalla L. n. 367/2001 cit., vedi art.18 della legge medesima riportato sub nota (1) all’art. 696 c.p.p.

Art. 205-ter. (1) Partecipazione al processo a distanza per l’imputato detenuto all’estero. 1. La partecipazione all’udienza dell’imputato detenuto all’estero, che non possa essere trasferito in Italia, ha luogo attraverso il collegamento audiovisivo, quando previsto da accordi internazionali e secondo la disciplina in essi contenuta. Per quanto non espressamente disciplinato dagli accordi internazionali, si applica la disposizione dell’articolo 146-bis. 2. Non può procedersi a collegamento audiovisivo se lo Stato estero non assicura la possibilità di presenza del difensore o di un sostituto nel luogo in cui viene assunto l’atto e se quest’ultimo non ha possibilità di colloquiare riservatamente con il suo assistito. 3. L’imputato ha diritto alla presenza dell’interprete se non conosce la lingua del luogo ove l’atto è compiuto o quella usata per rivolgergli le domande. 4. La detenzione dell’imputato all’estero non può comportare la sospensione o il differimento dell’udienza quando è possibile la partecipazione all’udienza in collegamento audiovisivo, nei casi in cui l’imputato non dà il consenso o rifiuta di assistere. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 420-ter del codice. 5. La partecipazione all’udienza attraverso il collegamento audiovisivo del testimone o del perito si svolge secondo le modalità e i presupposti previsti dagli accordi internazionali. Per quanto non espressamente disciplinato, si applica, in quanto compatibile, la disposizione dell’articolo 147-bis. ––––––––––– (1) Articolo inserito dall’art. 16 della L. 5 ottobre 2001, n. 367 (in vigore dal 9 ottobre 2001). Per l’applicazione delle norme processuali previste dalla L. n. 367/2001 cit., vedi art.18 della legge medesima riportato sub nota (1) all’art.696 c.p.p.


Att. c.p.p. Artt. 206, 217 CAPO XVII DISPOSIZIONE FINALE Art. 206. Regolamento ministeriale. 1. Con decreto del ministro di grazia e giustizia sono adottate le disposizioni regolamentari che concernono: a) la tenuta, anche in forma automatizzata, dei registri e degli altri strumenti di registrazione in materia penale; b) le modalità di formazione e di tenuta dei fascicoli degli uffici giudiziari penali; c) le altre attività necessarie per l’attuazione del codice non disciplinate dal presente decreto. 2. Il decreto previsto dal comma 1 e quello previsto dall’articolo 199 sono emanati entro il 30 settembre 1989; all’uopo il Consiglio di Stato deve pronunziarsi entro quindici giorni dalla richiesta del parere. ––––––––––– 1 Per il regolamento v. D.M. 30 settembre 1989, n. 334 recante «Regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale». 2 Si riporta l’art. 25 L. 7 dicembre 2000, n. 397 (recante «Disposizioni in materia di indagini difensive»): «Art. 25. 1. Le disposizioni regolamentari di cui all’articolo 206 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono modificate conformemente a quanto previsto dalla presente legge». Disposizioni correlative: 1a: artt. 2, 5, 7, 8, 16, 31, 35 reg.

TITOLO II NORME DI COORDINAMENTO Art. 207. Ambito di applicazione delle disposizioni del codice. 1. Le disposizioni del codice si osservano nei procedimenti relativi a tutti i reati anche se previsti da leggi speciali, salvo quanto diversamente stabilito in questo titolo e nel titolo III. Art. 208. Corrispondenza tra gli istituti e le disposizioni del codice e del codice abrogato. 1. Quando nelle leggi o nei decreti sono richiamati istituti o disposizioni del codice abrogato, il richiamo si intende riferito agli istituti o alle disposizioni del codice che disciplinano la corrispondente materia. Art. 209. Corrispondenza tra uffici e organi del codice e del codice abrogato. 1. Quando leggi o decreti indicano uffici o organi giudiziari con la denominazione del codice abrogato, l’indicazione si intende riferita agli uffici o agli organi giudiziari ai quali il codice attribuisce funzioni corrispondenti o analoghe. Art. 210. Competenza. 1. Continuano a osservarsi le disposizioni di leggi o decreti che regolano la competenza per materia o per territorio in deroga alla disciplina del codice nonché le disposizioni che

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prevedono la competenza del giudice penale in ordine a violazioni connesse a fatti costituenti reato. Art. 211. Rapporti tra azione civile e azione penale. 1. Salvo quanto disposto dall’articolo 75 comma 2 del codice, quando disposizioni di legge prevedono la sospensione necessaria del processo civile o amministrativo a causa della pendenza di un processo penale, il processo civile o amministrativo è sospeso fino alla definizione del processo penale se questo può dare luogo a una sentenza che abbia efficacia di giudicato nell’altro processo e se è già stata esercitata l’azione penale. ––––––––––– 1 V. art. 35 L. 26 novembre 1990 (Provvedimenti urgenti per il processo civile) che sostituisce l’art. 295 c.p.c.

Art. 212. Costituzione di parte civile e intervento nel processo. 1. Quando leggi o decreti consentono la costituzione di parte civile o l’intervento nel processo penale al di fuori delle ipotesi indicate nell’articolo 74 del codice, è consentito solo l’intervento nei limiti e alle condizioni previsti dagli articoli 91, 92, 93 e 94 del codice. 2. Resta in vigore l’articolo 240 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. ––––––––––– 1 Art. 11 L. 9 luglio 1990, n. 188 (Tutela della ceramica artistica...).

Art. 213. Responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti e provvisoria esecuzione. 1. Continua a osservarsi la disposizione dell’articolo 5 bis del decretolegge 23 dicembre 1976, n. 857, convertito nella legge 26 febbraio 1977, n. 39. Art. 214. Arresto o cattura da parte di organi che non esercitano funzioni penali. 1. Sono abrogate le disposizioni di leggi o decreti che prevedono l’arresto o la cattura da parte di organi giudiziari che non esercitano funzioni penali. ––––––––––– 1 La disposizione abroga di fatto l’art. 256 c.p.c. e l’art. 16 R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (e cioè sia l’arresto del testimone falso e reticente, ovvero che rifiuta di giurare o deporre senza giustificato motivo, da parte del giudice istruttore nel corso del processo civile; sia l’ordine di catturare il fallito da parte del tribunale fallimentare).

Art. 215. Rilascio del passaporto. È abrogato l’articolo 3 comma 1 lettera c) della legge 21 novembre 1967, n. 1185. Art. 216. Modalità di esecuzione della custodia cautelare, delle pene e delle misure di sicurezza. 1. Continuano ad osservarsi le disposizioni di leggi o decreti che prevedono speciali modalità per l’esecuzione della custodia cautelare, delle pene e delle misure di sicurezza in istituti penitenziari. Art. 217. Applicazione provvisoria di pene accessorie. 1. È abrogato l’articolo 140 del codice penale.


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2. È abrogata, altresì, ogni altra disposizione che prevede l’applicazione provvisoria di pene accessorie. Art. 218. Ipoteca legale. 1. Sono abrogate le disposizioni del codice penale che prevedono l’ipoteca legale. 2. L’ipoteca legale per illeciti penali prevista da altre disposizioni di legge è sostituita con il sequestro conservativo secondo le norme del codice. Art. 219. Associazioni segrete. 1. Continuano a osservarsi le disposizioni processuali della legge 25 gennaio 1982, n. 17. Art. 220. Attività ispettive e di vigilanza. 1. Quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice. Art. 221. Modalità particolari per la denuncia delle notizie di reato. 1. Continuano a osservarsi le disposizioni di leggi o decreti che prevedono modalità diverse da quelle indicate negli articoli 331 e 347 del codice per l’inoltro della denuncia all’autorità giudiziaria ovvero consentono di presentare la denuncia stessa ad altra autorità che a quella abbia l’obbligo di riferire. ––––––––––– 1 Per ipotesi particolari di denuncia, v. anche note 1-5 all’art. 331 c.p.p.

Art. 222. Investigatori privati. 1. Fino all’approvazione della nuova disciplina sugli investigatori privati, l’autorizzazione a svolgere le attività indicate nell’articolo 327 bis del codice è rilasciata dal prefetto agli investigatori che abbiano maturato una specifica esperienza professionale che garantisca il corretto esercizio dell’attività (1). 2. In deroga a quanto previsto dall’articolo 135 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, l’incarico è iscritto in uno speciale registro, in cui sono annotate: a) le generalità e l’indirizzo del difensore committente; b) la specie degli atti investigativi richiesti; c) la durata delle indagini, determinata al momento del conferimento dell’incarico. 3. Nell’ambito delle indagini previste dal presente articolo non si applica la disposizione dell’articolo 139 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. 4. Ai fini di quanto disposto dall’articolo 103, commi 2 e 5, del codice, il difensore comunica il conferimento dell’incarico previsto dal comma 2 del presente articolo all’autorità giudiziaria procedente (2). ––––––––––– (1) Comma così modificato dall’art. 24, co. 1 lett. a), L. 7 dicembre 2000, n. 397. (2) Comma così sostituito dall’art. 24, co. 1 lett. b), L. 7 dicembre 2000, n. 397.

Att. c.p.p. Artt. 218, 225 Art. 223. Analisi di campioni e garanzie per l’interessato. 1. Qualora nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione a cura dell’organo procedente è dato, anche oralmente, avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate. L’interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle analisi, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall’articolo 230 del codice. 2. Se leggi o decreti prevedono la revisione delle analisi e questa sia richiesta dall’interessato, a cura dell’organo incaricato della revisione, almeno tre giorni prima, deve essere dato avviso del giorno, dell’ora e del luogo ove la medesima verrà effettuata all’interessato e al difensore eventualmente nominato. Alle operazioni di revisione l’interessato e il difensore hanno diritto di assistere personalmente, con l’assistenza eventuale di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall’articolo 230 del codice. 3. I verbali di analisi non ripetibili e i verbali di revisione di analisi sono raccolti nel fascicolo per il dibattimento, sempre che siano state osservate le disposizioni dei commi 1 e 2. Art. 224. Violazione del foglio di via da parte dello straniero. [1. Continuano a osservarsi le disposizioni dell’articolo 152 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 che prevedono l’arresto dello straniero munito di foglio di via obbligatorio che si allontani dall’itinerario prescritto. 2. Se l’arresto è convalidato e ricorre taluna delle esigenze cautelari previste dall’articolo 274, lettere a) e c) del codice ovvero concreto pericolo di fuga, in deroga a quanto stabilito dall’articolo 280 del codice il giudice, su richiesta del pubblico ministero, dispone l’applicazione di una misura coercitiva. 3. Nei casi di applicazione di misure coercitive a norma del comma 2, si applicano, ridotti di due terzi, i termini di durata previsti dall’articolo 303 del codice per i delitti puniti con la reclusione non superiore nel massimo a sei anni, ma la durata complessiva delle misure non può comunque superare il termine di tre mesi. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano non oltre il termine di due anni a decorrere dall’entrata in vigore del codice.] ––––––––––– 1 Di fatto, la disposizione è da ritenersi soppressa a seguito dell’abrogazione dell’art. 152 T.U.L.P.S. avvenuta con l’art. 13 D.L. 30 dicembre 1989, n. 416 conv. con modif. nella L. 28 febbraio 1990, n. 39 (Norme urgenti in materia di asilo politico... di cittadini extracomunitari...).

Art. 225. Perquisizioni domiciliari. 1. Continuano a osservarsi le disposizioni dell’articolo 41 del regio decreto 18 giugno 1931, n 773 e dell’articolo 33 della legge 7 gennaio l929, n. 4. ––––––––––– 1 Per una valida interpretazione della norma v. l’art. 27 L.


Att. c.p.p. Artt. 226, 228 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale) che, nel disciplinare il nuovo potere-dovere di «controllo, ispezione e perquisizione» attribuito alla polizia giudiziaria nel corso di operazioni disposte per la prevenzione e la repressione di delitti particolarmente gravi, prevede espressamente, con apposita clausola di salvezza, l’ultravigenza dell’art. 4 L. n. 152/1975. 2 Per quanto attiene più direttamente al contenuto della previsione dell’art. 27 L. 19 marzo 1990, n. 55, v. già sub art. 352 c.p.p. La previsione si collega a quella, per più versi analoga, di cui all’art. 103 T. U. in materia di sostanze stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309). Si ricordi anche l’art. 99 del T.U. cit. in tema di perquisizione e «cattura» di navi ed aeromobili sospetti di attendere al traffico illecito di sostanze stupefacenti.

Art. 226. Intercettazioni e controlli preventivi sulle comunicazioni. 1. Il Ministro dell’interno o, su sua delega, i responsabili dei servizi centrali di cui all’articolo 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, nonché il questore o il comandante provinciale dei Carabinieri e della Guardia di finanza, richiedono al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto in cui si trova il soggetto da sottoporre a controllo ovvero, nel caso non sia determinabile, del distretto in cui sono emerse le esigenze di prevenzione, l’autorizzazione all’intercettazione di comunicazioni o conversazioni tra presenti anche se queste avvengono nei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale, quando sia necessario per l’acquisizione di notizie concernenti la prevenzione di delitti di cui all’articolo 407 comma 2 lettera a) n. 4 e 51 comma 3-bis del codice. Il Ministro dell’interno può altresì delegare il Direttore della Direzione investigativa antimafia limitatamente ai delitti di cui all’articolo 51 comma 3-bis del codice. 2. Il procuratore della Republbica, qualora vi siano elementi investigativi che giustifichino l’attività di prevenzione e lo ritenga necessario, autorizza l’intercettazione per la durata massima di giorni quaranta, prorogabile per periodi successivi di giorni venti ove permangono i presupposti di legge. L’autorizzazione alla prosecuzione delle operazioni è data dal pubblico ministero con decreto motivato, nel quale deve essere dato chiaramente atto dei motivi che rendono necessaria la prosecuzione delle operazioni. 3. Delle operazioni svolte e dei contenuti intercettati è redatto verbale sintetico che, unitamente ai supporti utilizzati, è depositato presso il procuratore che ha autorizzato le attività entro cinque giorni dal termine delle stesse. Il procuratore, verificata la conformità delle attività compiute all’autorizzazione, dispone l’immediata distruzione dei supporti e dei verbali. 4. Con le modalità e nei casi di cui ai commi 1 e 3, può essere autorizzato il tracciamento delle comunicazioni telefoniche e telematiche, nonché

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l’acquisizione dei dati esterni relativi alle comunicazioni telefoniche e telematiche intercorse e l’acquisizione di ogni altra informazione utile in possesso degli operatori di telecomunicazioni. 5. In ogni caso gli elementi acquisiti attraverso le attività preventive non possono essere utilizzati nel procedimento penale, fatti salvi i fini investigativi. In ogni caso le attività di intercettazione preventiva di cui ai commi precedenti, e le notizie acquisite a seguito delle attività medesime, non possono essere menzionate in atti di indagine né costituire oggetto di deposizione né essere altrimenti divulgate. ––––––––––– (1) Articolo così sostituito dall’art. 5 co. 1 D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 conv., con modif. dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. Si riportano, inoltre, gli ulteriori commi dell’art. 5 D.L. cit.: “2. È abrogata ogni altra disposizione concernente le intercettazioni preventive. 3. Le intercettazioni di comunicazioni telefoniche e telematiche di cui all’articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, come sostiuito dal comma 1, sono eseguite con impianti installati presso la Procura della Repubblica o presso altre idonee strutture individuate dal procuratore che concede l’autorizzazione. 3-bis. Chiunque divulga a persone non autorizzate o pubblica, anche solo parzialmente, il contenuto delle intercettazioni di cui all’articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, come sostituito dal comma 1, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. 3-ter. Chiunque, nel corso delle operazioni sotto copertura di cui all’articolo 4, indebitamente rivela ovvero divulga i nomi degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che effettuano le operazioni stesse, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da due a sei anni”. Sulla base del suindicato comma 2 devono quindi ritenersi abrogate le disposizioni previste, in tema di intercettazioni preventive: - dall’art. 25-ter D.L. 8 giugno 1992, n. 306 conv., dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale…; - dall’art. 16 L. 13 settembre 1982, n. 646 (Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale…).

Art. 227. Detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti. [Abrogato] ––––––––––– V. sub art. 228 att c.p.p.

Art. 228. Disposizioni speciali in tema di sostanze stupefacenti. [Abrogato] ––––––––––– 1 Gli artt. 227 e 228 sono stati abrogati dall’art. 136 T.U. in materia di stupefacenti (approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) L’abrogazione consegue a quella (intervenuta con il medesimo art. 136) degli artt. 80 e 82 L. 22 dicembre 1975, n 685. Il tema precedentemente disciplinato dall’art. 227 (art. 80 L. 685/1975: Detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti) trova ora regolamentazione negli artt.. 75 e 76 T.U. cit.; quello precedentemente disciplinato dall’art. 228 (art. 82 L. 685/1975: obbligo di testimoniare di chi è stato dichiarato non punibile a norma dell’art. 80 stessa legge e artt. 80 bis/80 quater: Destinazione delle sostanze


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sequestrate e campionatura) trova ora regolamentazione totalmente o parzialmente nuova negli artt. 210, 363, 513 c.p.p. e negli artt. 87, 88, 97 e segg. T.U. cit.

Art. 229. Disposizioni speciali in tema di sequestri. 1. Continuano a osservarsi, se più brevi, i termini previsti da leggi o decreti per la trasmissione del verbale di sequestro effettuato dalla polizia giudiziaria e per la successiva convalida. In ogni caso i provvedimenti relativi ai sequestri per il procedimento penale sono assoggettati soltanto ai rimedi previsti dal codice. Art. 230. Fermo, arresto e cattura. 1. Le disposizioni dell’articolo 384 del codice si osservano anche quando leggi o decreti prevedono il fermo o l’arresto fuori dei casi di flagranza per delitti punibili con la reclusione superiore nel massimo a tre anni. 2. Ai fini della determinazione di effetti giuridici diversi dalla cattura, se in leggi o decreti si fa riferimento a reati per i quali è previsto il mandato o l’ordine di cattura obbligatorio, il riferimento deve intendersi operato ai delitti non colposi consumati o tentati previsti dall’articolo 380 commi 1 e 2 lettere a), b), d), f), i) del codice nonché, se la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni, dalle lettere c), g), h) dello stesso comma 2. Se il riferimento è fatto a reati per i quali è previsto il mandato o l’ordine di cattura facoltativo, esso deve intendersi operato ai delitti indicati nell’articolo 380 del codice diversi da quelli menzionati nel primo periodo del presente comma. 3. Restano in vigore l’articolo 133 comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e l’articolo unico comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 4 luglio 1980 n. 575. Art. 231. Esercizio dell’azione penale da parte di organi diversi dal pubblico ministero. 1. Sono abrogate le disposizioni di leggi o decreti che prevedono l’esercizio dell’azione penale da parte di organi diversi dal pubblico ministero. Art. 232. Corrispondenza tra sentenza istruttoria, sentenza di non luogo a procedere e provvedimento di archiviazione. 1. Le sentenze istruttorie di non doversi procedere emesse a norma del codice abrogato sono equiparate, nei corrispondenti casi, ai provvedimenti di archiviazione per mancanza di una condizione di procedibilità o per essere ignoto l’autore del reato ovvero alle sentenze di non luogo a procedere previste dal codice. Art. 233. Giudizio direttissimo. 1. Sono abrogate le disposizioni di leggi o decreti che prevedono il giudizio direttissimo in casi, con forme o termini diversi da quelli indicati nel codice. 2. Tuttavia, il pubblico ministero procede al giudizio direttissimo, anche fuori dei casi previsti dagli articoli 449 e 566 del codice, per i reati concernenti le armi e gli esplosivi e per i reati commessi con il mezzo della stampa. ––––––––––– 1 L’art. 233 comma 2 è stato dichiarato costituzional-

Att. c.p.p. Artt. 229, 238 mente illegittimo (Corte cost. 8 febbraio 1991, n. 68) per «eccesso di delega» (violazione dell’art. 2 direttiva n. 43 della legge-delega 81/1987). Le previsioni che impongono il giudizio direttissimo per i reati (delitti o contravvenzioni) concernenti le armi e gli esplosivi sono state peraltro reintrodotte dal legislatore con l’art. 12 bis D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n 356) (modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). Per i reati concernenti le armi e gli esplosivi, il giudizio direttissimo è ora obbligatorio salvo che per detti reati non siano necessarie speciali indagini. Altrettanto dicasi per molti dei reati commessi per finalità di discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa (v. sub art. 449 c.p.p.).

Art. 234. Richiesta di sanzioni sostitutive da parte dell’imputato. 1. Salvo quanto stabilito dall’articolo 248 comma 4, sono abrogati gli articoli 77, 78, 79 e 80 della legge 24 novembre 1981 n. 689. Art. 235. Violazioni di leggi finanziarie. 1. Nei procedimenti relativi a violazioni delle leggi finanziarie continua a osservarsi la disposizione dell’articolo 53 della legge 7 gennaio 1929 n. 4. Art. 236. Disposizioni concernenti il tribunale di sorveglianza. 1. Competente a dichiarare l’estinzione della pena in conseguenza della liberazione condizionale o dell’affidamento in prova al servizio sociale è il tribunale di sorveglianza. 2. Nelle materie di competenza del tribunale di sorveglianza continuano a osservarsi le disposizioni processuali della legge 26 luglio 1975, n. 354 diverse da quelle contenute nel capo II bis del titolo II della stessa legge. ––––––––––– 1 L’art. 236, comma 2 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte cost. 16 febbraio 1993, n. 53) nella parte in cui non consente l’applicazione degli artt. 666 e 678 c.p.p. nel procedimento di reclamo avverso il decreto del magistrato di sorveglianza che esclude dal computo della detenzione il periodo trascorso in permesso-premio.Con la stessa sentenza, la Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale degli artt. 14 ter commi 1-3 e 30 bis L. 354/1975 (Ordinamento penitenziario).

[Art. 237. Eliminazione di iscrizioni dal casellario giudiziale. 1. Sono eliminate dal casellario giudiziale le iscrizioni non previste dal codice e dalle relative disposizioni di attuazione. Per le iscrizioni concernenti i reati di competenza del tribunale per i minorenni si osserva quanto stabilito nel decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 e nelle relative norme di attuazione, di coordinamento e transitorie.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno dalla data della sua pubblicazione avvenuta nella G. U del 13 febbraio 2003, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 dello stesso decreto. In tema di casellario giudiziale vedi, ora, il D.P.R. n. 313/2002 cit.

Art. 238. Individuazione del pubblico ministero e del giudice per le indagini preliminari nei procedimenti di assise. 1. Per i reati di com-


Att. c.p.p. Artt. 239, 240-bis petenza della corte di assise le indagini preliminari sono svolte dal procuratore della Repubblica presso il tribunale individuato a norma degli articoli 8, 9, 10, 11 e 16 del codice. Con i medesimi criteri è individuato il giudice per le indagini preliminari. È fatto salvo quanto previsto dagli articoli 51 comma 3 bis e 328 comma 1 bis del codice. 2. Il procuratore della Repubblica indicato nel comma 1 partecipa al dibattimento davanti alla corte di assise e, nelle ipotesi di giudizio direttissimo, presenta l’imputato davanti al giudice del dibattimento. 3. Sono abrogati gli articoli 3 e 4 della legge 24 novembre 1951, n. 1324. ––––––––––– 1 L’ultimo periodo dell’art. 238 comma 1 è stato aggiunto dall’art. 4 D.L. 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini...) per evidenziare che il procuratore distrettuale e il giudice distrettuale per le indagini preliminari sono «competenti» anche quando i procedimenti per «reati mafiosi» appartengono alla competenza della corte di assise. V. nota 1 all’art. 51 del codice. Si tenga presente che la nuova disciplina si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente alla data di entrata in vigore del D.L. 367/1991 (art. 15 comma 1 D.L. cit.).

Art. 239. Interruzione della prescrizione. 1. Il comma 2 dell’articolo 160 del codice penale è sostituito dal seguente: «Interrompono pure la prescrizione l’ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell’arresto, l’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al giudice, l’invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l’interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione della udienza preliminare, I’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio». Art. 240. Trattamento sanitario del detenuto. 1. Il provvedimento previsto dall’articolo 11 comma 2 della legge 26 luglio 1975, n. 354 è adottato con ordinanza dal giudice che procede. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado provvede il magistrato di sorveglianza. 2. Il provvedimento è revocato appena sono cessate le ragioni che lo hanno determinato e può essere modificato per garantire le esigenze di sicurezza che siano sopravvenute. La competenza per la revoca e per la modifica è determinata a norma del comma 1.

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Art. 240 bis. Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. L’art. 2 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, è sostituito dal seguente: «Art. 2. In materia penale la sospensione dei termini procedurali, compresi quelli stabiliti per la fase delle indagini preliminari, non opera nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, qualora essi o i loro difensori rinunzino alla sospensione dei termini. La sospensione dei termini delle indagini preliminari di cui al primo comma non opera nei procedimenti per reati di criminalità organizzata. Nei procedimenti per reati la cui prescrizione maturi durante la sospensione o nei successivi quarantacinque giorni, ovvero nelle ipotesi in cui durante il medesimo periodo scadano o siano prossimi a scadere i termini della custodia cautelare, il giudice che procede pronuncia, anche di ufficio, ordinanza non impugnabile con la quale è specificamente motivata e dichiarata l’urgenza del processo. In tal caso i termini processuali decorrono, anche nel periodo feriale, dalla data di notificazione dell’ordinanza. Nel corso delle indagini preliminari l’urgenza è dichiarata nella stessa forma dal giudice su richiesta del pubblico ministero. Nel corso delle indagini preliminari, quando occorre procedere con la massima urgenza nel periodo feriale al compimento di atti rispetto ai quali opera la sospensione dei termini stabilita dall’articolo 1, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero o della persona sottoposta alle indagini o del suo difensore, pronuncia ordinanza nella quale sono specificatamente enunciate le ragioni dell’urgenza e la natura degli atti da compiere. Allo stesso modo il pubblico ministero provvede con decreto motivato quando deve procedere al compimento degli atti previsti dall’articolo 360 del codice di procedura penale. Gli avvisi sono notificati alle parti o ai difensori. Essi devono far menzione dell’ordinanza o del decreto e i termini decorrono dalla data di notificazione. La sospensione dei termini non opera nelle ipotesi previste dall’articolo 467 del codice di procedura penale. Quando nel corso del dibattimento si presenta la necessità di assumere prove nel periodo feriale, si procede a norma dell’articolo 467 del codice di procedura penale. Se le prove non sono state già ammesse, il giudice, nella prima udienza successiva, provvede a norma dell’articolo 495 dello stesso codice, le prove dichiarate inammissibili non possono essere utilizzate. ––––––––––– 1 L’articolo è stato aggiunto ad opera dell’art. 1 D.Lgs. 20 luglio 1990, n. 193. L’articolo 240 bis sostituisce integralmente l’art. 2 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 allo scopo di adeguare al nuovo processo penale il regime della sospensione dei termini nel periodo feriale secondo i seguenti principii:


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1) la sospensione di termini (compresi quelli stabiliti per la fase delle indagini preliminari) non opera nei procedimenti penali con imputati sottoposti a custodia cautelare qualora essi o i difensori rinunzino alla sospensione; 2) i termini decorrono anche nel periodo feriale nei procedimenti per reati la cui prescrizione maturi in detto periodo o nei successivi quarantacinque giorni ovvero se in detto periodo scadono o siano prossimi a scadere i termini della custodia cautelare. Per tale effetto il giudice dichiara con ordinanza motivata, non impugnabile, l’urgenza del processo; 3) nel corso delle indagini preliminari il giudice per le indagini preliminari su richiesta del P.M. o della persona sottoposta alle indagini o del suo difensore pronuncia ordinanza motivata quando nel periodo feriale occorra procedere con urgenza al compimento di atti rispetto ai quali opera la sospensione; 4) analogamente provvede il P.M. (con decreto) nel caso di compimento degli atti di cui all’art. 360 c.p.p. (accertamenti tecnici non ripetibili); 5) i provvedimenti sub 2, 3 e 4 devono essere notificati alle parti o ai loro difensori e i termini decorrono dalla data di notificazione; 6) la sospensione feriale non opera nella fase degli atti preliminari al dibattimento nel caso previsto dall’art. 467 c.p.p. (atti urgenti); 7) nel corso del dibattimento possono essere assunte durante il periodo feriale prove già ammesse ove se ne presenti la necessità. In tal caso si procede a norma dell’art. 467. Se le prove non siano state già ammesse il giudice può ugualmente procedere ma nella prima udienza successiva deve provvedere sull’ammissione a mente dell’art. 495 c.p.p. Se la prova viene dichiarata inammissibile non può essere utilizzata. 2 Il comma 2 dell’art. 2 L. 742/1969 è stato introdotto dall’art. 21 bis D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con modif. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...).

TITOLO III NORME TRANSITORIE Art. 241. Procedimenti in corso che si trovano in una fase diversa da quella istruttoria. 1. Salvo quanto previsto dal presente titolo, i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del codice proseguono con l’applicazione delle norme anteriormente vigenti se a tale data è stata già richiesta la citazione a giudizio ovvero sono stati emessi sentenza istruttoria di proscioglimento non irrevocabile, ordinanza di rinvio a giudizio, decreto di citazione a giudizio o decreto penale di condanna ovvero è stato disposto il giudizio direttissimo. Art. 242. Procedimenti in fase istruttoria che proseguono con le norme anteriormente vigenti. 1. La disposizione dell’articolo 241 si osserva altresì: a) nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del codice quando è stato compiuto un atto di istruzione del quale è previsto il deposito e il fatto è stato contestato all’imputato ovvero enunciato in un mandato o in un ordine rimasto senza effetto; b) quando, prima dell’entrata in vigore del codice, è stato eseguito l’arresto in flagranza o il fermo; c) nei procedimenti connessi a norma dell’arti-

Att. c.p.p. Artt. 241, 242 colo 45 del codice abrogato per i quali le condizioni indicate nelle lettere a) e b) ricorrono anche relativamente a uno solo degli indiziati o imputati ovvero a una sola delle imputazioni, sempre che alla data di entrata in vigore del codice i procedimenti siano già riuniti. 2. Quando si procede con istruzione sommaria, se entro il 31 dicembre 1990 non è stato ancora richiesto il decreto di citazione a giudizio o richiesta la sentenza di proscioglimento o non è stato disposto il giudizio direttissimo, il pubblico ministero entro i successivi trenta giorni trasmette il fascicolo con le sue conclusioni al giudice istruttore. Questi provvede agli adempimenti previsti dall’articolo 372 del codice abrogato ed entro sessanta giorni dalla scadenza del termine ivi indicato pronuncia sentenza di proscioglimento od ordinanza di rinvio a giudizio. 3. Quando si procede con istruzione formale, se l’istruzione è ancora in corso alla data del 31 dicembre 1990 ovvero, quando si tratta di reati indicati nell’articolo 407 comma 2 lettera a) del codice, alla data del 30 giugno 1996, il giudice istruttore entro cinque giorni deposita il fascicolo in cancelleria, dandone avviso al pubblico ministero a norma dell’articolo 369 del codice abrogato. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 372 del codice abrogato, il giudice istruttore pronuncia sentenza di proscioglimento od ordinanza di rinvio a giudizio. 4. Nei procedimenti di competenza del pretore, se alla data del 31 dicembre 1990 l’istruzione è ancora in corso, il pretore entro trenta giorni pronuncia sentenza di proscioglimento, decreto di citazione a giudizio o decreto penale di condanna ovvero dispone il giudizio direttissimo. ––––––––––– 1 I commi 2-4 sono stati così sostituiti ad opera dell’art. 1 D.Lgs. 17 ottobre 1990, n. 293 (dopo aver già subito altra modificazione con l’art. 1 D.Lgs. 12 aprile 1990, n. 72). Le modificazioni hanno tenuto prevalentemente conto delle indicazioni provenienti dai vari uffici giudiziari, circa la materiale impossibilità di definire i procedimenti in fase istruttoria, che proseguono con le norme del vecchio codice, entro il termine (di soli sei mesi) originariamente previsto dalla disposizione per la gran massa dei pocedimenti. Le modificazioni tengono altresì in considerazione la circostanza che, stando ad alcune ricorrenti interpretazioni (fondate in specie sul disposto dell’art. 244 att. c.p.p.) l’omessa definizione nel termine previsto delle istruttorie formali pendenti avrebbe determinato la sopravvenienza «in blocco» negli uffici di procura di tutti i procedimenti non conclusi: con il conseguente pericolo che il fatto finisse per incidere negativamente sull’efficienza e funzionalità di tali uffici. La nuova disciplina (che ha prolungato al 3l dicembre 1990 le istruttorie pendenti) ha tenuto presenti tali circostanze. Tenendo conto del fatto che per alcuni procedimenti che hanno de stato particolare allarme sociale, la attività istruttoria ha di recente subito rilevanti sviluppi, è stata prevista una proroga delle istruttorie relative ai procedimenti concernenti delitti di particolare gravità fissando per la loro conclusione il termine del 31 dicembre 1991: termine che è apparso congruo in base al fatto che esso corrisponde, nella sostanza, a quello massimo previsto dal nuovo codice per la chiusura delle indagini preliminari (cfr. Rel. D.Lgs. 293/1990).


Att. c.p.p. Artt. 243, 245 2 L’art. 1 D.Lgs. 12 dicembre 1991, n. 400 ha nuovamente prolungato (portandoli dal 31 dicembre 1991 al 23 ottobre 1992) i termini per la definizione dei procedimenti ancora in fase di istruzione formale (tali procedimenti, si ricorda, possono essere solo quelli concernenti i reati di cui all’art. 407 comma 2 lett. a) del codice. 3 I termini per la definizione dei procedimenti concernenti i reati di cui all’art. 407 comma 2 lett. a) del codice sono stati ulteriormente prolungati al 31 dicembre 1993 dall’art. 1 D.Lgs. 16 ottobre 1992, n. 411. Il prolungamento al 31 dicembre 1994 è stabilito dall’art. 2 della L. 28 dicembre 1993, n. 563. 4 I1 comma 3 è stato così modificato dall’art. 1 della L. 22 dicembre 1994, n. 702 ed in seguito nuovamente modificato dalla L. 28 giugno 1995, n. 246.

Art. 243. Revoca delle sentenze di proscioglimento. 1. Le sentenze istruttorie di proscioglimento emesse nei procedimenti indicati nell’articolo 242 comma 1, possono essere revocate nei casi e con le forme previste dal titolo X del libro V del codice. 2. In caso di revoca di una sentenza istruttoria di proscioglimento si osservano le disposizioni del codice. Gli atti di polizia giudiziaria e gli atti istruttori già compiuti sono considerati ad ogni effetto come compiuti nel corso delle indagini preliminari; tuttavia, quando si tratta di esperimenti giudiziali, perizie o ricognizioni, anche compiuti all’estero col rispetto del contraddittorio, i relativi verbali sono raccolti nel fascicolo previsto dall’articolo 431 del codice. ––––––––––– 1 L’art. 243 è stato così modificato dall’art. 2 D.Lgs. 17 ottobre 1990, n. 293. Mediante la nuova disciplina si è inteso pevedere la salvaguardia del valore probatorio di determinate attività istruttorie in deroga al disposto dell’art. 243 comma 2, richiamato anche dall’art. 244. La nuova disciplina consente perciò un non traumatico passaggio dall’uno all’altro regime pocessuale. Ove, infatti, nonostante il maggior tempo concesso attraverso la proroga (cfr. art. 242) alcune istruttorie particolarmente complesse non potessero comunque essere definite, in mancanza di un simile intervento, il lavoro istruttorio precedentemente espletato perderebbe il proprio valore probatorio e ciò malgrado la «affidabilità» dei modi di assunzione dei singoli atti, la complessità di questi, il dispendio di energie materiali ed umane già intervenute per compierli ed assumerli. Con la aggravante, poi, che si tratterebbe di atti che di fatto (anche se non giuridicamente) sono divenuti irripetibili e la cui conseguente inutilizzabilità processuale non potrebbe non influire sull’esito del procedimento. Il provvedimento di salvaguardia riguarda proprio quegli atti (esperimenti giudiziali, perizie e ricognizioni) a più difficile reiterabilità e per i quali, nel contempo, erano previste, anche nel vecchio rito, garanzie difensive di notevole significato. La ricorrenza di tali caratteristiche rende tali atti assimilabili, nel concreto, a quelli che con il nuovo rito vengono trattati con l’incidente probatorio e che perciò sono meritevoli, per il contraddittorio che li accompagna, di essere comunque utilizzati con pieno valore di prova nel dibattimento. Accogliendo il suggerimento della Commissione parlamentare è stato previsto che la salvaguardia opera anche nei casi in cui tali atti siano stati compiuti all’estero con il rispetto del regime del contraddittorio (cfr. Rel. D.Lgs. 293/1990).

Art. 244. Disciplina applicabile in caso di regressione dei procedimenti alla fase istruttoria. 1. Le disposizioni dell’articolo 243 comma 2 si osservano anche quando, dopo la scadenza dei ter-

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mini indicati nell’articolo 242 commi 2, 3 e 4, i procedimenti proseguiti con l’applicazione delle norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del codice regrediscono per qualunque motivo alla fase istruttoria ovvero quando i termini suddetti non sono rispettati. In tali casi si osservano altresì con le seguenti disposizioni: a) i termini che, secondo il codice, decorrono dal momento in cui è effettuata taluna delle iscrizioni nel registro previsto dall’articolo 335, sono computati a partire dalla data del provvedimento che dispone la regressione del procedimento o la trasmissione degli atti al pubblico ministero; b) alle nullità relative verificatesi nel corso dell’istruzione si applica l’articolo 181, commi l e 2 del codice; c) alla parte civile ritualmente costituita spettano nelle indagini preliminari i poteri attribuiti dal codice alla persona offesa. 2. Quando non sono rispettati i termini indicati nell’articolo 242 commi 2, 3 e 4, il pubblico ministero, il giudice istruttore o il pretore comunica al procuratore generale presso la corte di appello, che ne informa il ministro di grazia e giustizia, le ragioni che hanno impedito l’osservanza dei predetti termini e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero. ––––––––––– 1 L’art. 244 è stato così sostituito ad opera dell’art. 3 D.Lgs. 17 ottobre 1990, n. 293 (dopo aver subito altra precedente modifica con l’art. 2 D.Lgs. 12 aprile 1990, n. 77). La nuova disciplina rappresenta null’altro che un coordinamento tecnico-formale del comma 1 alla direttiva fornita dalla Commissione Parlamentare e condivisa dal Governo, di individuare date certe anziché fare ricorso a termini per giorni o mesi come era invece originariamente.

Art. 245. Disposizioni del codice applicabili ai procedimenti che proseguono con le norme anteriormente vigenti. 1. Nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del codice che proseguono con l’applicazione delle norme anteriormente vigenti si osservano le disposizioni degli articoli 246, 247, 248, 249, 250, 251, 252, 253, 254, 255, 256 e 257. 2. Nei procedimenti indicati nel comma 1 si osservano, inoltre, le seguenti disposizioni del codice: a) articolo 104; b) articolo 192; c) articolo 200; d) articolo 207; e) articolo 296 comma 3, per i soli procedimenti pendenti nella fase istruttoria; f) articolo 298; g) articoli 314 e 315; h) articolo 476 comma 2; i) articolo 486 comma 5; l) articolo 508 commi 1 e 2; m) articolo 564;


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n) articolo 578; o) articolo 586; p) articolo 597 commi 4 e 5; q) articolo 599. ––––––––––– 1 I1 riferimento del comma 2 lett. q) deve intendersi fatto alI’art. 599 c.p.p. nella versione «costituzionalmente legittima», successiva alla sentenza Corte cost. 10 ottobre 1990, n. 435 (v. sub art. 599 c.p.p.).

Art. 246. Questioni pregiudiziali. 1. Per la risoluzione delle questioni pregiudiziali si osservano le disposizione del codice nonché quelle delle leggi vigenti. Se è stata disposta la sospensione del processo e questa non è più consentita, la relativa ordinanza è revocata. Art. 247. Giudizio abbreviato. 1. Prima che siano state compiute le formalità di apertura del dibattimento di primo grado, l’imputato può chiedere, nella forma prevista dall’articolo 438 del codice, che il processo sia definito allo stato degli atti a norma dell’articolo 442 del codice (1). 2. Alla presentazione della richiesta il giudice, sospese le formalità di apertura del dibattimento se già iniziate, ne dà avviso al pubblico ministero, che nei cinque giorni successivi esprime o nega il proprio consenso. Se il consenso interviene e il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, fissa con ordinanza l’udienza in camera di consiglio, dandone avviso al pubblico ministero, all’imputato, al difensore e alla parte civile. All’udienza, il pubblico ministero e i difensori della parte civile e dell’imputato illustrano, nell’ordine, le rispettive conclusioni; l’imputato può chiedere di essere interrogato dopo le conclusioni del pubblico ministero. Terminata la discussione, il giudice pronuncia sentenza a norma dell’articolo 442 del codice. La sentenza ha autorità di cosa giudicata nel giudizio civile se la parte civile ha presentato le sue conclusioni alla udienza. Si osservano le disposizioni previste dall’articolo 443 del codice (1). 3. Il giudice, se non vi è il consenso del pubblico ministero o se ritiene di non poter decidere allo stato degli atti, pronuncia ordinanza con la quale dispone procedersi nelle forme ordinarie (1). 4. Quando la richiesta prevista dal comma 1 è formulata nel corso dell’istruzione, la competenza a provvedere spetta al giudice istruttore. Se si procede con istruzione sommaria, la richiesta è depositata presso la segreteria del pubblico ministero il quale, se esprime il proprio consenso, la trasmette al giudice istruttore unitamente agli atti del processo. Nei procedimenti di competenza del pretore il consenso è espresso dal pubblico ministero indicato nell’articolo 550 comma 1 lettera a) del codice. Si osservano in ogni caso, in quanto applicabili, le disposizioni previste dai commi 1, 2 e 3. 5. Quando si procede a carico di più imputati o per più imputazioni e sussistono i presupposti per

Att. c.p.p. Artt. 246, 248 definire il processo allo stato degli atti solo per alcuni degli imputati o per alcune delle imputazioni, il giudice, anche di ufficio, dispone con ordinanza la separazione dei procedimenti (1). ––––––––––– (1) Commi dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale con sentenza 8 febbraio 1990, n. 66 nella pate in cui non prevedono che il pubblico ministero sia tenuto a motivare il dissenso, ed il giudice possa egualmente applicare la riduzione di pena, qualora ritenga ingiustificato il dissenso stesso al termine del dibattimento.

Art. 248. Applicazione della pena su richiesta delle parti. 1. Prima che siano compiute le formalità di apertura del dibattimento di primo grado, l’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444 del codice. Se la richiesta non è formulata in udienza, il giudice ne dà avviso all’altra parte che, nei cinque giorni successivi, esprime o nega il proprio consenso. La richiesta e il consenso sono espressi nelle forme previste dall’articolo 446 commi 2, 3 e 6 del codice. Il giudice, se non deve provvedere a norma dell’articolo 421 del codice abrogato e sempre che ne sussistano i presupposti, pronuncia la sentenza prevista dall’articolo 444 comma 2 del codice. Si osservano le disposizioni previste dagli articoli 444 comma 2, 445 e 448 del codice. Quando non pronuncia sentenza, il giudice dispone con ordinanza procedersi nelle forme ordinarie. 2. Se la richiesta è formulata nel corso dell’istruzione, la competenza a provvedere spetta al giudice istruttore, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall’articolo 447 del codice. Quando si procede con istruzione sommaria, la richiesta dell’imputato è depositata presso la segreteria del pubblico ministero il quale, se esprime il proprio consenso, la trasmette al giudice istruttore unitamente agli atti del processo, altrimenti emette decreto motivato di dissenso. Quando il pubblico ministero ritiene che il processo possa essere definito con la sentenza prevista dall’articolo 444 del codice, notifica all’imputato avviso di deposito della richiesta che intende rivolgere al giudice; se l’imputato esprime il proprio consenso, il pubblico ministero trasmette la richiesta, il consenso e gli atti del procedimento al giudice istruttore che provvede a norma del primo periodo del presente comma. Nei procedimenti di competenza del pretore, il consenso o il dissenso motivato è espresso dal pubblico ministero indicato nell’articolo 550 comma 1 lettera a) del codice. 3. Si osservano le disposizioni previste dall’articolo 247 comma 5. 4. Continuano ad osservarsi le disposizioni relative alla applicazione di sanzioni sostitutive su richiesta dell’imputato, a norma della legge 24 novembre 1981 n. 689, se la richiesta medesima è stata formulata anteriormente all’entrata in vigore


Att. c.p.p. Artt. 249, 257 del codice e sempre che l’interessato non si avvalga delle facoltà previste dall’articolo 247 e dal presente articolo. Art. 249. Procedimento per decreto. 1. Quando ritiene di emettere decreto di condanna, il pretore può applicare una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale. 2. Nei procedimenti di competenza del tribunale sino alla chiusura dell’istruzione sommaria o formale, il pubblico ministero può chiedere al giudice istruttore di emettere decreto di condanna nei casi previsti dall’articolo 459 del codice, anche per una pena diminuita fino alla metà rispetto al minimo edittale. Se il giudice accoglie la richiesta emette il decreto, altrimenti si procede secondo le forme ordinarie. Per il decreto di condanna e per l’eventuale giudizio di opposizione davanti al tribunale si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice abrogato. Art. 250. Disciplina delle misure cautelari, del fermo, dell’arresto e delle pene accessorie. 1. Successivamente alla data di entrata in vigore del codice può procedersi al fermo solo nei casi e alle condizioni previste dal codice. I mandati di cattura e gli ordini e i mandati di arresto possono essere emessi solo se ricorrono i presupposti indicati negli articoli 273, 274 e 280 del codice. 2. I provvedimenti sulla libertà personale disposti anteriormente alla data di entrata in vigore del codice sono revocati se non ricorrono i presupposti indicati nell’ultima parte del comma 1 ovvero, quando sono stati disposti con il provvedimento di convalida dell’arresto o di conferma della convalida, se sono relativi a reati per i quali il codice non consente l’arresto in flagranza. 3. Quando i provvedimenti indicati nel comma 2 sono stati emessi esclusivamente al fine di evitare il pericolo per l’acquisizione della prova, il termine previsto dall’articolo 292 lettera d) del codice è fissato su richiesta di parte ovvero di ufficio se il provvedimento non è stato ancora eseguito. Competente a fissare il suddetto termine è il giudice che procede o, nel corso dell’istruzione sommaria, il giudice istruttore su richiesta del pubblico ministero o del pretore. 4. Alla data di entrata in vigore del codice cessa l’esecuzione delle pene accessorie provvisoriamente applicate. Il giudice indicato nel comma 3 può disporre in sostituzione di esse, qualora ne ricorrano le condizioni, le misure interdittive previste nel capo III del titolo I del libro IV del codice. Art. 251. Durata delle misure cautelari e restituzione della cauzione. 1. Quando si procede nei confronti di un imputato che si trova in stato di custodia cautelare si osservano le disposizioni del codice sui termini di durata della custodia stessa calcolati a decorrere dalla data di entrata in vigore

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del codice. Tuttavia, la durata della custodia cautelare non può superare i termini previsti dalle norme del codice abrogato. 2. Le misure previste dall’articolo 282 comma 1 del codice abrogato, imposte anteriormente alla data di entrata in vigore del codice, sono revocate quando dalla loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari a quello indicato nell’articolo 308 comma 1 del codice. 3. Se alla data di entrata in vigore del codice non è stata pronunciata l’ordinanza prevista dal comma 4 ovvero quella prevista dal comma 6 dell’articolo 292 del codice abrogato, la cauzione è restituita a richiesta dell’imputato o dei suoi eredi e i fideiussori sono liberati. ––––––––––– V. D.L. 13 novembre 1989, n. 370 (conv. con mod. dalla L. 22 dicembre 1989, n. 410) che, agli effetti dell’art. 251 att c.p.p. modifica l’art. 272 del vecchio c.p.p. (concernente i termini di custodia cautelare), per i procedimenti che proseguono con l’applicazione delle norme che vigevano prima del 24 ottobre l989 (entrata in vigore del nuovo codice).

Art. 252. Infermità di mente sopravvenuta all’imputato. 1. Quando l’imputato si trova ricoverato per infermità di mente sopravvenuta a norma dell’articolo 88 del codice abrogato o tale infermità è accertata successivamente alla data di entrata in vigore del codice, si osservano le disposizioni previste dagli articoli 72 e 73 commi 1, 2 e 3 del codice. 2. I provvedimenti previsti dall’articolo 73 commi 1, 2 e 3 del codice sono adottati senza ritardo dal giudice anche di ufficio. Art. 253. Trasferimento delle funzioni della sezione istruttoria. 1. Le funzioni attribuite dal codice abrogato alla sezione istruttoria sono esercitate dalla corte di appello. Art. 254. Formule di proscioglimento. 1. Le sentenze di proscioglimento possono essere pronunciate solo con le formule previste dal codice. Art. 255. Ricorso immediato per cassazione. 1. La parte che ha diritto di appellare la sentenza di primo grado può proporre direttamente ricorso per cassazione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 569 del codice. Art. 256. Criteri per il rinvio a giudizio. 1. La richiesta e il decreto di citazione a giudizio nonché l’ordinanza di rinvio a giudizio sono emessi solo quando il pubblico ministero, il pretore o il giudice istruttore ritengono che gli elementi di prova raccolti siano sufficienti a determinare, all’esito della istruttoria dibattimentale, la condanna dell’imputato. Art. 257. Criteri per l’emissione delle sentenze di proscioglimento. 1. Ai fini della pronuncia delle sentenze istruttorie di proscioglimento ovvero di quelle previste dall’articolo 421


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del codice abrogato, il giudice può tenere conto delle diminuzioni di pena derivanti da circostanze attenuanti e applicare le disposizioni dell’articolo 69 del codice penale. Art. 258. Procedimenti che proseguono secondo le disposizioni del codice. 1. I procedimenti in corso diversi da quelli indicati negli articoli 241 e 242 proseguono con l’osservanza delle disposizioni del codice ma i termini previsti dagli articoli 405 comma 2 e 553 comma 1 del codice sono di dodici mesi e il termine di durata massima delle indagini preliminari scade il 31 dicembre 1991. 2. Il termine per la richiesta di giudizio immediato previsto dall’articolo 454 comma 1 del codice è di nove mesi; il termine per la richiesta di emissione del decreto penale di condanna previsto dall’articolo 459 comma 1 del codice è di dodici mesi. 3. Detti termini sono computati dalla data di entrata in vigore del codice. Per gli atti di polizia giudiziaria e per gli atti istruttori si osservano le disposizioni previste dagli articoli 243 comma 2 e 244 comma 1. 4. Qualora alla scadenza dei termini per le indagini preliminari il pubblico ministero non abbia esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione, la proroga prevista dagli articoli 406 comma 1 e 553 comma 2 del codice opera di diritto fino al 31 dicembre 1991 per i procedimenti indicati nel comma 1 e per la durata di dodici mesi per i procedimenti relativi alle notizie di reato pervenute agli uffici di procura della Repubblica dalla data di entrata in vigore del codice fino a tutto il 31 maggio 1990. Per i suddetti procedimenti in deroga a quanto previsto dall’articolo 412 comma 1 del codice, il procuratore generale presso la corte di appello ha facoltà di avocare le indagini preliminari qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione nei termini. Nei casi di proroga dei termini per le indagini preliminari previsti dal presente comma, la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, in deroga a quanto previsto dall’articolo 459 comma 1 del codice, può essere trasmessa entro il termine prorogato. ––––––––––– 1 L’art. 258, sostituito dall’art. 1 D.Lgs. l7 febbraio 1990, n 24 e modificato dall’art. 4 D.Lgs. 22 giugno 1990, n. 161, è stato così ulteriormente sostituito dall’art. 1 D.Lgs. 7 dicembre 1990, n 369, emanato, anch’esso, «nell’esercizio della delega per l’adeguamento della nuova normativa ai sensi dellart. 7 L. 16 febbraio 1987, n 812». I caratteri salienti della nuova disciplina, motivata dal rilievo che l’arretrato riguardante i «vecchi» procedimenti appare tuttora di dimensioni allarmanti e dalla considerazione che anche i procedimenti iniziati nei primi mesi di entrata in vigore del codice hanno sofferto ritardi anomali in dipendenza delle difficoltà di avvio del nuovo rito e dell’arretrato ereditato dal precedente regime sono così riassumibili: A) Per quanto riguarda i procedimenti già pendenti fino alla data del 24 ottobre 1989, fermo restando che i termini

Att. c.p.p. Artt. 258, 260 previsti dagli artt. 405 comma 2 e 553 comma 1 del codice sono fissati in dodici mesi, la scadenza del termine di durata massima delle indagini è stabilita al 31 dicembre 1991. Con il nuovo testo del comma 4 si prevede poi che una volta scaduto il termine iniziale delle indagini senza che sia stata esercitata l’azione penale o richiesta l’archiviazione, tali procedimenti beneficino di una proroga legale in misura fissa fino al 31 dicembre 1991, senza necessità di autorizzazione da parte del giudice per le indagini preliminari. Naturalmente non potranno per tali procedimenti essere richieste ulteriori proroghe. Le indagini relative ai vecchi procedimenti hanno ricevuto per implicito, una valutazione legale di «particolare complessità» non in relazione alla specificità del caso ma in ragione del fenomeno di massa in cui si collocano. B) Per quanto riguarda i procedimenti relativi alle notizie di reato pervenute agli uffici di procura della Repubblica dalla data di entrata in vigore del codice fino a tutto il 31 maggio 1990, fermo restando che il termine iniziale delle indagini è di sei mesi (decorrenti dal giorno di iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p.) è stata prevista una proroga legale di dodici mesi dal termine delle indagini ove, entro quello iniziale, non sia stata richiesta l’archiviazione od esercitata l’azione penale. La scadenza del termine prorogato ex lege viene dunque a coincidere (salvo quanto previsto dall’art. 407 comma 2 c.p.p. per i procedimenti più complessi) con quella del termine ordinario di durata massima delle indagini (18 mesi). Per gli uni e gli altri procedimenti, nella malaugurata prospettiva di una loro mancata definizione entro il termine prorogato è stato ritenuto opportuno introdurre in via transitoria una previsione di facoltatività dell’avocazione delle indagini preliminari da parte del procuratore generale presso la corte di appello. Si evita così il pericolo di un trasferimento in blocco alle procure generali dei procedimenti non definiti, conservando al pubblico ministero titolare delle indagini il potere-dovere di formulare le sue determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione penale salva la avocazione da parte del procuratore generale. Una simile previsione non si pone in radicale contrasto con la disciplina codicistica. Questa, infatti, sanziona a pena di inutilizzabilità, l’attività di indagine proseguita oltre i termini di legge (art. 407 comma 3), ma, se si esclude l’avocazione, non prevede alcuna conseguenza processuale per il caso in cui il pubblico ministero, contravvenendo alla regola posta dall’art. 405 comma 2 c.p.p., abbia formulato le sue richieste in ordine all’azione penale oltre detti termini.

Art. 259. Disciplina della competenza e della riunione dei procedimenti. 1. Ai fini della determinazione della competenza per materia e per territorio le disposizioni del codice si applicano solo per i reati commessi successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso. 2. La riunione non può essere disposta e la connessione non opera tra i procedimenti che proseguono con l’osservanza del codice abrogato e quelli per i quali si applica il codice. Art. 260. Esecuzione. 1. Nelle materie regolate dal libro X del codice si osservano le disposizioni ivi previste anche per i provvedimenti emessi anteriormente alla data di entrata in vigore del codice e per i procedimenti già iniziati a tale data, ferma restando la competenza del giudice davanti al quale i procedimenti medesimi sono in corso.


4. DECRETO DEL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA 30 settembre 1989, n. 334. Regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale. Il decreto è stato pubblicato il 5 ottobre 1989 sulla Gazzetta Ufficiale n. 233. E’ stato emanato in esecuzione di quanto disposto dall’art. 206 att. c.p.p. D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 ed udito il parere del Consiglio di Stato in data 28 settembre 1989. Il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, richiamato in alcuni articoli del decreto qui riportato riguarda le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. In ottemperanza al disposto dell’art. 206 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale ed in virtù della autorizzazione ivi conferita ad adottare con decreto ministeriale le disposizioni regolamentari per l’esecuzione del nuovo codice di rito, è stato predisposto l’unito schema di regolamento che stabilisce le necessarie previsioni di dettaglio volte a disciplinare i principali adempimenti e formalità connessi all’entrata in vigore del nuovo sistema processuale. Art. 1. 1. I compiti che il codice, le norme di attuazione e il presente regolamento attribuiscono all’ausiliario, al funzionario di cancelleria, al pubblico ufficiale, alla cancelleria o alla segreteria si intendono attribuiti al personale di cancelleria e di segreteria nel cui profilo professionale risultano compresi. 2. Il dirigente dell’ufficio di cancelleria o di segreteria ripartisce fra il personale, con ordine di servizio, i compiti indicati nel comma 1, tenuto conto dei profili professionali, in modo da assicurare la continuità e funzionalità del servizio. Art. 2. 1. Gli uffici giudiziari tengono, nella materia penale, i registri obbligatori conformi ai modelli approvati con decreto del ministro di grazia e giustizia. Possono altresì tenere i registri sussidiari, senza carattere ufficiale, che ritengono utili. 2. I registri non devono presentare alterazioni o abrasioni. Se occorre eseguire cancellature, le stesse sono fatte in modo da lasciar leggere le parole cancellate. 3. I registri sono tenuti in luogo non accessibile al pubblico e possono essere consultati solo dal personale autorizzato. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 48 att. c.p.p.

Art. 3. 1. Nella formazione dei fascicoli si osservano le disposizioni seguenti: a) gli atti e le produzioni sono inseriti nel fascicolo in ordine cronologico a cura della cancelleria o segreteria, che provvede contestualmente alla numerazione delle singole pagine; b) la copertina del fascicolo deve contenere le generalità della persona a cui è attribuito il reato nonché la data e il numero della iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall’articolo 335 del codice.

2. Il fascicolo deve contenere: a) l’indice degli atti e delle produzioni; b) l’elenco delle cose sequestrate; c) la distinta delle spese anticipate dall’erario, diverse da quelle per le quali è stabilito il recupero in misura fissa; d) la copia della sentenza o del decreto penale di condanna. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) art. 81 att. c.p.p.; art. 10 reg.

Art. 4. 1. Le comunicazioni previste dall’articolo 157 commi 3 e 8 del codice sono spedite in plico chiuso e contengono: a) il nome del destinatario della notificazione; b) la indicazione della natura dell’atto notificato e del luogo della notificazione; c) la data e la firma dell’ufficiale giudiziario. 2. Ricorrendone le ipotesi, le comunicazioni contengono altresì la indicazione del giudice o del pubblico ministero che ha emesso i1 provvedimento notificato nonché del luogo e della data di comparizione. Art. 5. 1. Le denunce e gli altri documenti anonimi che non possono essere utilizzati nel procedimento sono annotati in apposito registro suddiviso per anni, nel quale sono iscritti la data in cui il documento è pervenuto e il relativo oggetto. 2. Il registro e i documenti sono custoditi presso la procura della Repubblica con modalità tali da assicurarne la riservatezza. 3. Decorsi cinque anni da quando i documenti indicati nel comma 1 sono pervenuti alla procura della Repubblica, i documenti stessi e il registro sono distrutti con provvedimento adottato annualmente dal procuratore della Repubblica. Delle relative operazioni è redatto verbale. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 240, 333 c.p.p.; art. 108 att c.p.p.; (3) art. 134 c.p.p.


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Art. 6. 1. La cancelleria o la segreteria dell’autorità giudiziaria che ha emesso un provvedimento relativo alla libertà personale di persona detenuta o internata lo comunica all’autorità preposta all’istituto penitenziario. A quest’ultima autorità sono comunicati per estratto i provvedimenti che dispongono la rimessione per qualunque causa del procedimento ad altra autorità giudiziaria e gli estratti delle sentenze. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 272, 380 c.p.p.; art. 6 att. c.p.p.

Art. 7. 1. L’autorità preposta a un istituto penitenziario o un funzionario da essa delegato iscrive in un registro, in ordine cronologico, il cognome, il nome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, la lingua, lo stato, il domicilio dichiarato o eletto, i contrassegni personali delle persone che riceve in custodia, il giorno della loro entrata nell’istituto, il tempo e il luogo del loro arresto con l’indicazione del provvedimento in forza del quale furono arrestate, dell’autorità a disposizione della quale si trova il detenuto e del nome di chi ha proceduto alla consegna. Nello stesso registro sono iscritti la data dell’uscita dall’istituto, il provvedimento che la ordina e la dichiarazione o l’elezione di domicilio prevista dall’articolo 161 comma 3 del codice. 2. Nel registro sono altresì annotati i provvedimenti comunicati a norma dell’articolo 6. Art. 8. 1. La disposizione dell’articolo 24 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431 relativa alla vidimazione da parte del magistrato di sorveglianza, si applica anche al registro previsto dall’articolo 57 del decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 271. Art. 9. 1. Nessun onere grava sull’amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica della persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari. 2. La disposizione del comma 1 non si applica se la misura degli arresti domiciliari è eseguita presso le comunità terapeutiche o di riabilitazione individuate con decreto del ministro di grazia e giustizia, sentite le regioni interessate, tra quelle che svolgono funzioni di recupero sociale senza finalità di lucro. Art. 10. 1. L’elenco previsto dall’articolo 81 comma 1 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 è formato assegnando un distinto numero a ciascuna cosa sequestrata. Più cose sequestrate possono essere della stessa specie e non rilevano per la loro individualità. 2. L’autorità che ha proceduto al sequestro cura che ciascuna cosa o ciascun gruppo di cose siano contraddistinti, mediante le modalità ritenute più idonee, da un numero corrispondente a quello con il quale la cosa o il gruppo di cose sono indicati nell’elenco richiamato dal comma 1.

Reg. es. c.p.p. Artt. 6, 16 Art. 11. 1. Se le cose sequestrate sono oggetti preziosi, monete, carte di pubblico credito indicate nell’articolo 458 del codice penale o altri titoli al portatore, si provvede, appena pervengono nella cancelleria o nella segreteria, alla loro verificazione, osservate le disposizioni dell’articolo 261 del codice. Allo stesso modo si procede per ogni altra cosa sequestrata quando i sigilli appaiono rotti o alterati. Delle operazioni è compilato verbale che viene unito agli atti. [2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto previsto dall’articolo 82 comma 3 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, il denaro sequestrato, se l’autorità giudiziaria non dispone diversamente, è depositato nell’ufficio postale secondo le norme che disciplinano i depositi giudiziari.] ––––––––––– Il co. 2 è stato abrogato dall’art. 301 del DP.R. 30 maggio 2002, n. 115.

[Art. 12. 1. Con la comunicazione prevista dall’articolo 84 comma 2 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 è dato avviso all’avente diritto alla restituzione che le spese di custodia e di conservazione delle cose sequestrate, decorsi trenta giorni dalla ricezione della comunicazione stessa, sono in ogni caso a suo carico.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 301 del DP.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Art. 13. 1. La vendita delle cose confiscate può essere eseguita dalla cancelleria anche a mezzo degli istituti di vendita giudiziaria. Art. 14. 1. Nel corso delle indagini preliminari possono essere compiuti atti del procedimento anche nei giorni festivi. Art. 15. 1. La cancelleria del giudice che ha emesso un provvedimento che definisce una fase o un grado del processo ne comunica l’estratto alla segreteria del pubblico ministero per l’annotazione nel registro delle notizie di reato. 2. Alla stessa segreteria è comunicata la trasmissione degli atti a norma dell’articolo 590 del codice o la rimessione per qualunque causa del procedimento ad altra autorità giudiziaria. Art. 16. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 17 la cancelleria del giudice per le indagini preliminari annota in apposito registro, sotto un unico numero d’ordine, tutti i provvedimenti relativi a un medesimo procedimento adottati nel corso delle indagini preliminari o a seguito della chiusura di queste. 2. Gli originali dei provvedimenti del giudice per le indagini preliminari sono custoditi nel fascicolo relativo agli atti di indagine presso la segreteria del pubblico ministero. Per le sentenze e per i decreti di condanna emessi dal giudice per le indagini preliminari si applica la disposizione dell’articolo 23.


Reg. es. c.p.p. Artt. 17, 22 3. I1 giudice per le indagini preliminari può disporre l’esibizione dei provvedimenti da lui emessi nel corso delle indagini. Art. 17. 1. Può prescindersi dalla annotazione prevista dall’articolo 16 comma 1 per i decreti di archiviazione emessi a norma dell’articolo 415 del codice qualora, prima della richiesta di archiviazione, non sia stato emesso alcun provvedimento da parte del giudice per le indagini preliminari. In tal caso, la segreteria del pubblico ministero trasmette alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari i fascicoli contenenti le richieste di archiviazione per essere ignoto l’autore del reato accompagnati da un elenco in duplice esemplare. Uno degli esemplari è restituito alla segreteria del pubblico ministero con attestazione di ricevuta da parte della cancelleria del giudice. 2. Quando, a seguito della procedura prevista dal comma 1, è emesso decreto di archiviazione, la cancelleria del giudice allega agli atti da restituire alla segreteria del pubblico ministero un elenco in duplice esemplare, nel quale, con riferimento a ciascun procedimento, è indicata la data del decreto di archiviazione. Un esemplare di tale elenco, con l’attestazione di ricevuta da parte della segreteria del pubblico ministero, è conservato nella cancelleria del giudice in raccolta annuale. Art. 18. 1. La segreteria del pubblico ministero dà avviso senza ritardo ai difensori del deposito della documentazione relativa all’attività integrativa di indagine prevista dall’articolo 430 del codice. Art. 19. 1. La cancelleria del giudice per le indagini preliminari, nel trasmettere al pubblico ministero il fascicolo a norma dell’articolo 433 del codice, annota nell’indice gli atti acquisiti successivamente al deposito della richiesta di rinvio a giudizio nonché quelli che sono stati raccolti nel fascicolo per il dibattimento. In quest’ultimo fascicolo sono inseriti l’elenco delle cose sequestrate e la distinta delle spese non soggette a recupero in misura fissa. ––––––––––– Disposizioni correlative: (1) artt. 3,10 reg.

Art. 20. 1. Il ruolo per i dibattimenti davanti al tribunale, alla corte di assise e al pretore è formato a norma degli articoli 132 e 160 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. 2. Il ruolo per i dibattimenti davanti alla corte di appello e alla corte di assise di appello è formato ogni venti giorni dal presidente della corte di appello o da un consigliere da lui delegato. 3. Il ruolo è affisso a cura della cancelleria all’ingresso dell’aula di udienza almeno un giorno prima di quello dell’udienza.

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4. Ai dibattimenti si procede secondo l’ordine del ruolo e conformemente agli orari indicati sui decreti che dispongono il giudizio salvo che, per ragioni di urgenza o per altro giustificato motivo, il presidente o il pretore ordini che sia tenuto in precedenza un determinato dibattimento iscritto nel ruolo. 5. È in ogni caso data precedenza ai dibattimenti con imputati in custodia cautelare. Art. 21. l. L’ufficiale giudiziario o chi ne esercita le funzioni deve trovarsi nell’aula prima che cominci l’udienza. Quando il giudice entra nell’aula di udienza ne dà l’annuncio ad alta voce e quando il giudice si ritira in camera di consiglio resta nell’aula agli ordini del pubblico ministero. 2. Durante l’udienza l’ufficiale giudiziario o chi ne esercita le funzioni deve: a) impedire qualunque comunicazione tra i testimoni esaminati e quelli da esaminare nonché fra questi ultimi e gli estranei; b) vigilare perché i testimoni non assistano al dibattimento prima di essere esaminati; c) curare che siano osservate le disposizioni dell’articolo 471 del codice e impedire che sia turbato l’ordine dell’udienza; d) eseguire gli ordini del presidente o, in sua assenza, del pubblico ministero. [Art. 22. 1. Gli importi delle spese e delle indennità che devono essere anticipati dalle parti private a norma dell’articolo 144 comma 1 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 sono determinati provvisoriamente dalla cancelleria con nota in calce al provvedimento che ha autorizzato la citazione dei testimoni, periti e consulenti tecnici. Le contestazioni sull’ammontare delle spese e delle indennità sono risolte dal giudice per le indagini preliminari o dal presidente senza formalità. 2. La parte interessata provvede al versamento delle somme determinate a norma del comma 1 mediante apertura di libretto presso un ufficio postale a titolo di deposito giudiziario. 3. Il cancelliere, ricevuto in consegna il libretto, attesta l’avvenuto versamento, anche di seguito al provvedimento indicato nel comma 1. Per la liquidazione delle spese e delle indennità agli aventi diritto e la restituzione in favore del depositante della somma eventualmente residuata sul libretto, continuano a osservarsi le disposizioni che regolano i depositi giudiziari. 4. L’ufficiale giudiziario o chi ne esercita le funzioni provvede a notificare la citazione delle persone indicate nel comma 1 previa esibizione da parte dell’interessato di copia del provvedimento che ha autorizzato la citazione e dell’attestato di versamento previsto dal comma 3.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 301 del DP.R. 30 maggio 2002, n. 115.


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Art. 23. 1. Gli originali delle sentenze e dei decreti penali di condanna sono raccolti in appositi volumi custoditi nella cancelleria del giudice che li ha emessi. Art. 24. I. I nastri e i supporti previsti dall’articolo 49 del decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 271 dei quali è stata eseguita la trascrizione sono trasmessi senza ritardo alla cancelleria del giudice della impugnazione se questi ne fa richiesta. Art. 25. 1. Prima dell’udienza della corte di cassazione, la cancelleria trasmette al presidente e ai consiglieri copia del provvedimento impugnato, dell’atto di impugnazione e delle memorie. Art. 26. 1. Con decreto del presidente della corte di cassazione sono stabiliti i criteri per la individuazione delle sentenze dalle quali devono essere tratte le massime e per la redazione delle stesse. Art. 27. 1. Fermo quanto previsto dall’articolo 625 comma 4 del codice, la cancelleria annota sull’originale della sentenza o del decreto di condanna l’irrevocabilità del provvedimento, dandone comunicazione alla segreteria del pubblico ministero per le conseguenti annotazioni sul registro previsto dall’articolo 335 del codice. Art. 28. 1. La cancelleria, quando un provvedimento diviene esecutivo per non essere stata proposta impugnazione od opposizione, ne trasmette l’estratto senza ritardo, e comunque entro cinque giorni, al pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 del codice. Fermo quanto previsto dall’articolo 626 del codice, allo stesso modo provvede la cancelleria della corte di cassazione quando l’esecuzione consegue alla decisione della stessa corte. 2. L’estratto del provvedimento contiene le generalità della persona nei confronti della quale deve essere eseguito, l’imputazione, il dispositivo e, quando ne è il caso, l’attestazione che non è stata proposta impugnazione od opposizione. All’estratto è allegata copia dei dispositivi dei provvedimenti che hanno definito gli eventuali altri gradi del procedimento. 3. Allo stesso modo si procede quando la legge stabilisce che l’impugnazione non sospende l’esecuzione del provvedimento. 4. Il pubblico ministero promuove l’esecuzione del provvedimento senza ritardo. Art. 29. 1. Per l’esecuzione delle sentenze e dei decreti di condanna la segreteria del pubblico ministero procede ai seguenti adempimenti: a) eseguiti i necessari accertamenti, iscrive ciascuna sentenza di condanna a pene detentive nel registro delle esecuzioni; le sentenze di condanna a pene pecuniarie o a sanzioni sostitutive, i decreti di condanna nonché le sentenze di condanna a pene

Reg. es. c.p.p. Artt. 23, 33 detentive la cui esecuzione è sospesa sono iscritti nel registro delle esecuzioni nel caso di conversione in pena detentiva o di revoca della sospensione. Con l’iscrizione è annotato il provvedimento con il quale è stata promossa l’esecuzione della sentenza o del decreto di condanna; b) forma un fascicolo con un numero progressivo corrispondente a quello del registro, nel quale sono raccolti l’estratto indicato nell’articolo 28, il certificato del casellario giudiziale riguardante il condannato, i dati acquisiti presso il servizio informatico previsto dall’articolo 97 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 nonché copia degli atti del procedimento di grazia e dei provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria in sede di esecuzione. Di tutti gli atti viene formato un indice; c) sottopone al pubblico ministero il fascicolo, anche per l’adozione dei provvedimenti previsti dagli articoli 657 e 663 del codice; d) trasmette al direttore dell’istituto penitenziario dove si trova il condannato un foglio, sottoscritto dal pubblico ministero, con l’indicazione della quantità di pena da eseguire e della data in cui termina l’esecuzione; e) comunica al direttore predetto ogni successivo provvedimento che incida sull’esecuzione della pena. [Art. 30. 1. Nei casi previsti dall’articolo 660 comma 2 del codice, il magistrato di sorveglianza, se accerta che il condannato è solvibile, restituisce gli atti al pubblico ministero. 2. Il pubblico ministero comunica l’esito degli accertamenti sulla solvibilità alla cancelleria del giudice dell’esecuzione che provvede al rinnovo degli atti esecutivi.] ––––––––––– Articolo abrogato dall’art. 301 del DP.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Art. 31. 1. Per l’esecuzione delle sanzioni sostitutive, la cancelleria del magistrato di sorveglianza iscrive in apposito registro l’estratto del provvedimento che le ha disposte e forma un fascicolo nel quale sono raccolti l’estratto medesimo e tutti gli atti del procedimento. 2. Allo stesso modo si procede per l’esecuzione delle misure di sicurezza diverse dalla confisca. Art. 32. 1. Il provvedimento con il quale viene respinta la richiesta di liberazione anticipata o di liberazione condizionale è comunicato, a cura della cancelleria, al direttore dell’istituto di pena presso il quale il condannato è ristretto perché ne sia presa nota nella cartella biografica. Art. 33. 1. La cancelleria del giudice che emette i provvedimenti di riabilitazione o di revoca previsti dall’articolo 193 del decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 271 ne trasmette l’estratto per l’anno-


Reg. es. c.p.p. Artt. 34, 36 tazione alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza di condanna. Art. 34. 1. La cancelleria o la segreteria dell’autorità giudiziaria che ha emesso un provvedimento del quale è prevista l’iscrizione nel casellario giudiziale ne comunica senza ritardo, anche avvalendosi di mezzi tecnici idonei, l’estratto al casellario indicato nell’articolo 685 del codice. 2. Allo stesso modo la segreteria del pubblico ministero indicato nell’articolo 655 comunica gli eventi relativi alla espiazione della pena di cui è prevista l’iscrizione.

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Art. 35. 1. Il giudice istruttore e il pretore trasmettono senza ritardo al pubblico ministero gli atti dei procedimenti indicati nell’articolo 258 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. La segreteria del pubblico ministero provvede all’iscrizione dei procedimenti medesimi nel registro previsto dall’articolo 335 del codice. Art. 36. 1. Le disposizioni del presente regolamento entrano in vigore lo stesso giorno dell’entrata in vigore del codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988 n. 447.


5.

LEGGE 8 agosto 1995, n. 332. Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa (G.U. 8 agosto 1995, n. 18). Artt. 1-27. omissis. ––––––––––– Le variazioni rispetto alla formulazione originaria degli articoli del codice penale, del codice di procedura penale e delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, introdotte dalla presente legge, sono state riportate in ciascuno dei summenzionati provvedimenti.

Art. 28. l. La sospensione del procedimento penale prevista dal secondo comma dell’articolo 371 bis del codice penale, come modificata dall’articolo 25 della presente legge, non si applica relati-

vamente ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stata già esercitata l’azione penale ai sensi dell’articolo 405 del codice di procedura penale. In tali casi resta ferma la competenza del tribunale. 2. Per i procedimenti in corso, le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 dell’articolo 304 del codice di procedura penale, come novellato dall’articolo 15 della presente legge, si applicano a partire dal novantesimo giorno dalla pubblicazione della presente legge. Omissis


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