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CAPITOLO

I

LA CONCUSSIONE

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1. Le qualità di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio. - 2. La concussione come reato plurioffensivo. - 3. L’elemento materiale. - 3.1 L’abuso come elemento autonomo. -

3.2 Il metus publicae potestatis:

ovvero “la metafora della concussione. - 3.3 La dazione o la promessa. 3.4 Il carattere indebito della prestazione. - 4. La consumazione. -

5.

L’elemento soggettivo. - 6. Il tentativo. - 7. Conclusioni.

1.

Le qualità di pubblico ufficiale e incaricato di pubblico

servizio

Soggetti attivi del delitto di concussione possono essere sia i pubblici ufficiali che gli incaricati di pubblico servizio, per le cui nozioni occorre far riferimento rispettivamente agli articoli 357 e 358 del codice penale. L’art. 357 c.p. stabilisce al primo comma che “agli effetti della legge penale, sono p.u. coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa”. La funzione legislativa riguarda le “attività dirette alla produzione di provvedimenti aventi la denominazione e il valore di leggi, che nel nostro sistema sono svolte dai parlamentari nazionali e dai consiglieri regionali”1. Per funzione giudiziaria si intende quella SEMINARA, Commentario breve al codice penale, in CRESPISTELLA-ZUCCALA’, Padova, 1999, p.922. 1

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esercitata dai magistrati che svolgono attività giudicante o requirente presso i tribunali ordinari o per i minorenni, nonché presso le giurisdizioni speciali. Ad essi vanno aggiunti anche i privati chiamati a svolgere temporaneamente la medesima attività (ad es. esperti nel collegio del Tribunale dei minorenni). Il secondo comma specifica che “è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi,

e

caratterizzata

dalla

formazione

e

dalla

manifestazione della volontà della P.A. o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”. Tale funzione deve non essere disciplinata da norme di diritto comune, ma può essere disciplinata da atti individuali espressione di una potestà d’imperio2. E’ da considerare funzione pubblica anche quella che si svolge per mezzo di poteri autoritativi (che hanno cioè una capacità di incidere unilateralmente sulla sfera giuridica altrui, anche contro la volontà del destinatario) o certificativi (capacità di riconoscere efficacia probatoria ad atti o fatti dichiarati)3. Gli incaricati di un pubblico servizio ai sensi dell’art. 358 c.p. sono coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Il capoverso dello stesso articolo definisce il pubblico servizio come “attività disciplinata

nelle stesse forme della

PAGLIARO, Principi, cit., p.12. GALATERIA-STIPO, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 1998, p.74- 734. 2 3

3


pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale”. La dottrina4 è concorde nel ritenere che il collegamento tra soggetto e la qualifica pubblica vada operato in base ad un criterio oggettivo, considerando cioè rilevante la funzione concretamente

esercitata,

e

senza

arrivare

a

pretendere

l’instaurazione di un rapporto di pubblico impiego: la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio deve sussistere nel momento in cui viene posta in essere la condotta penalmente illecita5. La locuzione “agli effetti della legge penale” contenuta in entrambi gli articoli pare potersi interpretare nel senso di una definizione delle figure del p.u. e dell’incaricato di pubblico ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte speciale, vol. II, (a cura di L. CONTI), Milano, 2002, p.279; PAGLIARO, Principi, cit., p.10; POMANTI, La concussione, Milano, 2004, p.52. 5 L'art. 3 della L. 9 settembre 2000 n.3000 (ratifica di atti internazionali elaborati sulla base dell’art. K.3 del Trattato dell’U.E.) ha introdotto l’art. 322bis c.p. che estende il regime del peculato, corruzione, concussione e istigazione alla corruzione anche ai membri della Commissione, del Parlamento della Corte di giustizia, e della Corte dei conti delle Comunità europee; ai funzionari, agenti e persone comandate dagli Stati membri e da qualunque ente pubblico o privato presso le Comunità europee; ai membri e agli addetti ad enti costituiti sulla base dei trattati che istituiscono le Comunità europee. La norma inoltre dispone che dette persone sono assimilate ai p.u. qualora esercitino funzioni corrispondenti, agli incaricati di pubblico servizio negli altri casi. 4

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servizio utilizzabile per l’intero sistema penale, di modo da vincolare il giudice all’utilizzo di tali fonti, precludendogli l’utilizzo di fonti diverse6. Il reato di concussione può essere realizzato anche dal funzionario di fatto, ma non anche dall’usurpatore, il quale, a differenza del primo simula l’esercizio di un’attività pubblica. Infatti il delitto di cui all’art. 347 c.p. si caratterizza per l’assenza di un valido titolo giuridico in base al quale sia posta in essere un’attività pubblica. Nessuna offesa del buon andamento o dell’imparzialità è prodotta dalla condotta dell’usurpatore in quanto l’atto realizzato da questi non è capace di produrre nessun effetto giuridico al contrario di quello posto in essere dal p.u. o dall’incaricato di pubblico servizio. Può anche dirsi che tutto il disvalore della condotta dell’usurpatore sia già contenuto nell’art. 347 c.p. Diversamente, l’attività compiuta dal funzionario di fatto è

giuridicamente

legittima,

trovando

nella

necessità

o

nell’adempimento di doveri pubblici il proprio titolo giuridico: è quindi compatibile con la nozione di p.u. o incaricato di pubblico servizio rilevante agli effetti penali7.

BENUSSI, Trattato di diritto penale, parte speciale, delitti contro la P.A. (diretto da DOLCINI-MARINUCCI), Padova, 2001, p.26; POMANTI, La concussione, cit., p.53. 7 SEGRETO-DE LUCA, I delitti dei p.u. contro la P.A., Milano, 1999, p. 202; BENUSSI, Trattato, cit., p.350. 6

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2. La concussione come reato plurioffensivo L’indagine sul bene giuridico tutelato deve necessariamente tener conto della circostanza che gli

uffici pubblici sono

organizzati in modo da garantirne il buon andamento e l’imparzialità, secondo il principio fissato dal comma primo dell' art. 97 della Costituzione. Per imparzialità deve intendersi l’interesse a che il p.u. nello svolgimento delle attività pubbliche non persegua indebiti fini privati o non sia da questi influenzato, dovendosi ispirare all’armonica composizione degli interessi pubblici e privati8. Per buon andamento deve intendersi l’interesse a che siano realizzate le finalità pubbliche nel modo più adeguato, non deviando dalle regole che ne governano l’esercizio, garantendo l’osservanza delle regole di efficienza, semplicità, economicità, efficacia e pubblicità dell’azione amministrativa9. In tal senso pare orientata la dottrina maggioritaria10. SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit, p.199. BENUSSI, Trattato, cit., p.349. 10 PAGLIARO, Principi, cit., p.106; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, parte speciale, Bologna, 2002, p.205. In senso parzialmente difforme cfr. ANTOLISEI, Manuale, cit., p.306; RICCIO, Concussione, in Noviss. Dig., vol III, Torino, 1959, p.1066; MANZINI, Trattato di diritto penale, vol. V, Torino, 1962, p. 153 i quali pongono l’accento anche sul prestigio, sul dovere di lealtà, probità o correttezza, beni costituzionalmente inconsistenti, anche se in linea con l’ideologia dell’epoca fascista in cui l’obiettivo era quello di evitare il sopruso e di imporre, nel contempo, una condotta obbediente e corretta al pubblico funzionario. Questi interessi appaiono inoltre 8

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Tuttavia si ritiene (anche in giurisprudenza11) che la norma tuteli anche un diverso bene: la libertà di autodeterminarsi del privato in relazione all’intera sfera dei suoi rapporti patrimoniali e non12. Il collegamento logico tra l’abuso e la condotta del soggetto concusso si caratterizza per il fatto che questi è stato costretto o indotto alla prestazione non liberamente, in base cioè ad un’autonoma decisione13. Isolata e non condivisibile appare la tesi che ricomprende anche il patrimonio tra i beni tutelati, intendendolo reato che comunque offende il patrimonio14. Oggetto della dazione può essere tanto il denaro o altra utilità a contenuto patrimoniale, quanto utilità non aventi tale contenuto (le prestazioni sessuali su tutte). E’ quindi difficile arrivare a considerare il patrimonio come l’oggetto specifico di tutela, poichè la sua lesione non è necessaria ai fini della configurazione15. inadatti a rappresentare un’oggettività giuridica meritevole di tutela: non sembrano infatti sufficientemente determinati posta la difficoltà di individuare con un certo margine di precisione una loro lesione. 11 Cass.,1 dicembre 1992, Scala; Cass. 26 agosto 1997, n° 7955. 12 Contra FIANDACA-MUSCO, Diritto, cit., p.205, il quale nega che sia necessaria l’offesa anche a tale bene. 13 “Il collegamento fra i due comportamenti (…) deve concepirsi nel senso che la condotta del soggetto concusso deve risultare interamente motivata da quella del pubblico agente”, CONTENTO, La concussione, Bari, 1970, p.62. 14 SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p.200-201. 15 PAGLIARO, Principi, cit., invece sostiene il configurarsi della circostanza attenuante comune di cui all’art. 62 n.4, in quanto l’espressione “reati che comunque offendono il patrimonio” debba intendersi nel senso di qualsiasi danno arrecato in dipendenza di questi senza che assumano un carattere di essenzialità. Più corretta sembra

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Sembra quindi opportuno inquadrare la concussione tra reati plurioffensivi16: il delitto si configura soltanto se l’offesa si produce nei riguardi dei beni giuridici già individuati. Mentre in alcuni casi potrebbe mancare l’eventuale danno patrimoniale; è invece fondamentale, almeno in termini di consumazione, che l’offesa sia diretta contro la P.A., e che allo stesso tempo determini una lesione alla libertà del singolo. Il fatto che tale fattispecie sia contenuta nell’ambito dei reati contro la P.A. risponde solo ad esigenze sistematiche del codice, stante la pari rilevanza dei beni dal punto di vista costituzionale17. Sembra infine corretto individuare la ratio di tutela nella parità di

posizione

tra

P.A.

e

cittadino

al

fine

di

evitare

strumentalizzazioni delle funzioni pubbliche. Quest’ultima indicazione non giustifica l’esclusione della libertà del singolo individuo dal novero dei beni tutelati dalla concussione18, poiché questo reato è di natura plurioffensiva19.


3. L’ elemento materiale

3.1 L’abuso come elemento autonomo

L’elemento oggettivo del reato si sviluppa intorno all’abuso, che si pone in stretto collegamento con la costrizione o l’induzione.

Appare

evidente

la

centralità

dell’elemento

dell’abuso: esso infatti è descritto come elemento determinante la condotta del concusso, in un rapporto di causa ed effetto20. E’ abusando che si costringe (o si induce)21: l’azione del p.u. o dell’incaricato di pubblico servizio è descritta come logicamente precedente la condotta del concusso. Non

possono seguirsi le ricostruzioni di chi intravede

nell’abuso un presupposto della condotta, oppure ancora un elemento circostanziale, cioè come una modalità della condotta costrittiva o induttiva. Anche la dottrina prevalente ricostruisce l’abuso come elemento qualificante la condotta stessa22. Per abuso deve Più precisamente CONTENTO, La concussione, cit., parla di “convergenza motivazionale”, p.62. “In sintesi può dirsi che il delitto si sviluppa secondo la seguente successione di azioni causalmente concatenate: abuso della qualità o dei poteri, costrizione o induzione, promessa o dazione” Cass. 24 febbraio 2000, Lattanzio, Riv. pen. 2000, p.737. 21 CONTENTO, La concussione, cit., p.63. 22 Secondo BENUSSI, Trattato, cit., p.354 “l’abuso è lo strumento attraverso il quale il p.u. provoca quel processo causale che sfocia (…) nella dazione o nella promessa indebita”. PAGLIARO, Principi, cit., 20

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intendersi l’azione del p.u. che determina nel soggetto concusso lo stato di soggezione. Il disvalore di tale azione non è tanto in re ipsa, quanto nel collegamento con la condotta del concusso, nella capacità quindi di incidere sulla libertà morale di costui23. Ecco quindi ricostruito il reato in termini di offesa non solo al buon andamento e all’imparzialità della P.A., ma anche di lesione alla libertà di autodeterminazione del singolo. La quale può così individuarsi come il bene giuridico specifico di tale reato, cioè il bene caratterizzante la fattispecie rispetto alle altre della stessa categoria. Beninteso, l’individuazione di tale bene è qui possibile, ma ciò non vuol dire né che sia sempre altrettanto possibile, né tantomeno indispensabile ai fini dell’interpretazione della norma. Molte sono le fattispecie che si distinguono anche solo in base alle modalità di aggressione ad un bene giuridico comune se non addirittura a tutta la classe, almeno ad altri reati (per tutti può valere l’esempio dei reati di cui all’art. 624 e 646 del c.p: stesso bene aggredito diverse modalità di aggressione).

p.120, ancor più efficacemente, dice “l’abuso serve a specificare il concetto di costrizione, nel senso che solo quella particolare costrizione, la quale prospetti alla vittima un male derivante dall’abuso dei poteri o della qualità di p.u., può integrare il delitto di concussione”. Nello stesso senso anche SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p.210; POMANTI, La concussione, cit., pp.73-74. 23 CONTENTO, La concussione, cit., p.86, il quale invita a non “atomizzare” l’analisi dei vari frammenti della norma. Nello stesso senso BOTTIGLIONI, L’estensione all’incaricato di un pubblico servizio

della qualità di soggetto attivo del delitto di concussione: un’ipotesi implicita di concussione ambientale?, in Ind. Pen. 1994, p.409.

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A tal punto però dobbiamo domandarci cosa siano e in cosa si distinguano l’abuso di potere dall’abuso di qualità24. In dottrina e giurisprudenza si è concordi nel ritenere l’abuso di qualità come collegato all’aspetto soggettivo della qualifica di p.u25: si tratta cioè di una estrinsecazione della propria qualifica soggettiva volta da sola, di per sè a creare quello stato di soggezione che consente di ottenere l’indebito26. In generale tale abuso deve manifestare una capacità sopraffattiva, almeno

a

Un interessante osservazione può farsi a proposito dei rapporti tra abuso e violazione dei doveri. Alcuni sostengono che quando ci sia il primo ricorra immancabilmente anche il secondo, ma non viceversa. Questo perché l’abuso è qualcosa di più specifico rispetto alla mancata osservanza di un dovere: il tradimento o la scorrettezza nei confronti del proprio ufficio individua una gamma di situazioni ampia e indeterminata, diversamente dal concetto di abuso che, per quanto eterogeneo, ha confini più netti. CONTENTO, La concussione, cit. p. 69; SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit.,p.217. Non bisogna però cadere nell’errore di pensare che il “non fare” comporti sempre e solo una violazione del dovere, trascurando così quelle situazioni in cui ci sia l’obbligo di usare il potere in presenza di determinate situazioni: si tratterebbe di un “non-esercizio”(ad es. le ipotesi di silenzio-rifiuto): non si compie il potere che si aveva il dovere di compiere. Anche questo può integrare un abuso, è una sorta di situazione limite. Cfr. CONTENTO, La concussione, cit.,p.71. 25 SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p.211; CONTENTO, La concussione, cit., p.81; FIANDACA-MUSCO, Diritto, cit., p.209. In giurisprudenza Cass. 13 Febbraio 1991, Chiminiello, Cass. pen. 1992; Cass. 13 ottobre 1992, Favale. 26 In senso parzialmente difforme CONTENTO ritiene che tale estrinsecazione debba essere non doverosa e non necessaria per potersi qualificare come abusiva, CONTENTO, La concussione, cit. p 81. Così facendo però si escluderebbero le ipotesi in cui al p.u. non sia vietata l’indicazione della propria qualifica, ma questa sia comunque volta ad ottenere l’indebito. E’ quindi preferibile l’adozione di un criterio finalistico nell’ottica proprio di una non atomizzazione degli elementi 24

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livello potenziale, tale da costringere o indurre, a prescindere dalla legittimità o meno della estrinsecazione della qualifica. Secondo alcuni27 l’abuso di qualità sarebbe caratterizzato dalla mancanza di competenza del p.u. per il compimento dell’atto. E questo sarebbe anche il criterio differenziale rispetto all’abuso di poteri, dove invece si abusa di un potere rientrante nella competenza che il p.u. ha in virtù dell’ufficio che ricopre. Questa

tesi

non

appare

condivisibile.

Se

elemento

caratterizzante l’abuso è che tale qualifica giuspubblicistica sia idonea e renda credibile l’intimidazione, appare irrilevante verificare se ci sia o meno la competenza28, bastando l’accertamento della qualifica pubblica (almeno di fatto). Per quanto riguarda l’abuso di poteri la specificazione del potere di cui si (ab)usa è necessaria. Generalmente si parla di abuso di potere quando il p.u. usa (o minaccia di usare) un potere quando non dovrebbe, oppure in maniera diversa da quella prevista, oppure non usa (o minaccia di non usare) il potere quando dovrebbe29. In tutti questi casi, se vi è un collegamento della fattispecie, e anzi di una necessaria interdipendenza tra di loro (cfr. infra nota 12). 27 ANTOLISEI, Manuale, cit., p.307; CHIAROTTI, Concussione, in Enc. dir., vol. VIII, Milano, 1961, p. 702. 28 SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p.212; BENUSSI, Trattato, cit. p.357. In giurisprudenza Cass, 17 febbraio 1978, Barbirotti, Giust. pen. 1979, p. 88; Cass. 20 ottobre 1982, Ballarè, Cass. pen. 1983, p.1965; Cass. 9 dicembre 1994, Alfieri; Cass. 19 aprile 1995, Tursi; Cass. 19 gennaio 1998, Della Corte. 29 PAGLIARO, Principi, cit., p.113.

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tra l’(ab)uso e lo stato di soggezione, nel senso che a tale stato il soggetto passivo sia stato spinto dal soggetto attivo, può validamente discutersi di concussione. Alcuni30 ritengono che anche l’uso del potere

lecito

per

conseguire un fine illecito integri la condotta concussoria. Il criterio finalistico utilizzato per l’abuso di qualità giustifica tale affermazione: l’(ab)uso infatti deve risultare idoneo a costringere o ad indurre la vittima al fine illecito perseguito31, a prescindere dall’uso del potere conforme a legge. Irrilevante appare sapere se il potere di cui si abusa sia un atto vincolato

oppure

discrezionale32.

Nel

primo

caso

sarà

PANNAIN, I delitti dei p.u. contro la P.A, Napoli, 1966, p.96: ”L’atto di concreto esercizio delle funzioni può essere un atto lecito, che diventa illecito per l’abuso che vi si inserisce, cioè per la illiceità della prestazione alla quale si induce o costringe”. Nello stesso senso anche ANTOLISEI, Manuale, cit., p.307. Contra CONTENTO, La concussione, cit. p.78; FIANDACA-MUSCO, Diritto, cit., p.210 i quali sostengono che in tal modo lo stato di soggezione si avrebbe a causa delle funzioni e non abusandone (CONTENTO) e che comunque “comportamenti leciti e doverosi non possono mai essere idonei a costringere o indurre: essi vanno perseguiti ad altro titolo” (FIANDACA-MUSCO). 31 CONTENTO, La concussione, cit.,p.79. Nello stesso senso ANTOLISEI, Manuale, cit. p.307; BENUSSI, Trattato, cit., p.359. In giurisprudenza Cass. 10 aprile 1989, Cataldo, Cass. pen. 1990, p.842; Cass. 1 luglio 1980, Carnevale, Cass. pen. 1980, p.711; Cass. 12 luglio 2001, D’Alessandro, in Cass. pen. 2002, p.1394. 32 Cfr. ANTOLISEI, Manuale, cit. p.307; PAGLIARO, Principi, cit., p.117; SEMINARA, Commentario, cit., p.822. In giurisprudenza Cass. 14 ottobre 1964, Martignoni, Giust. pen. 1965, p.226; Cass. 28 aprile 1988, Cataldo, Cass. pen. 1990, p. 842; Cass. 17 aprile 1985, Ponzio, Riv. pen. 1986, p.772; Cass. 11 gennaio 1984, De Rossi; Cass. 27 gennaio 1995, Galli. 30

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ovviamente più facile la verifica: una difformità dell’atto (che va inteso in senso lato, ricomprendendo anche i comportamenti materiali) dallo schema tipico non è certo risolutiva, dato che anche l’atto lecito è compatibile con la configurabilità della concussione, ma può fornire utili indizi. Per quanto riguarda l’atto discrezionale si può affermare che esso sia caratterizzato da una pluralità di atti che il p.u. può validamente compiere,

essendo

tutti


l’orientamento prevalente34, secondo cui il potere di cui si abusa deve rientrare quantomeno nella competenza di fatto del soggetto attivo, indicando con ciò la capacità del p.u. di incidere, almeno astrattamente, sul potere in questione. Il potere potrebbe pure non rientrare tra le sue competenze specifiche, ma in ragione dell’ufficio da lui ricoperto, il p.u. potrebbe essere in grado di indirizzare l’atto (in un senso chiaramente sfavorevole al soggetto passivo). La mancanza di tale capacità non consente di parlare di abuso di potere: nell’ipotesi di atto abnorme o completamente al di fuori delle attribuzioni del p.u., infatti, difficilmente potrà ravvisarsi una reale

capacità costrittiva o

induttiva. Laddove il p.u. appaia capace di porre in essere l’atto minacciato potrà ravvisarsi al più il delitto di usurpazione in concorso con altro reato35. L’individuazione del potere di cui si (ab)usa può essere

rilevante ai fini della valutazione della

capacità sopraffattiva della condotta del p.u.: come potrebbe addebitarsi una concussione se non si individua la condotta del p.u, e cioè il potere motivante il soggetto passivo36? Ma, soprattutto, tale individuazione consentirebbe di capire se ci ANTOLISEI, Manuale, cit., p.307; CONTENTO, La concussione, cit., p.74-75; SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p.215; FIANDACAMUSCO, Diritto, cit., p.210. In giurisprudenza cfr. Cass. 18 aprile 1990, Scaglione; Cass. 14 ottobre 1994, De Luca; nel senso contrario, e cioè che questi poteri rientrino nelle competenze proprie del p.u., Cass. 21 ottobre 1987, Marinaro; Cass. 13 febbraio 1991, Chiminello, Cass. pen. 1992 35 Contra PAGLIARO, Principi, cit., p.108. 34

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troviamo di fronte ad una concussione o a qualche altro reato: se il potere è individuato e vi è un’assoluta incompetenza o una carenza di attribuzione (ad es sentenza emessa dal carabiniere) potrà al più parlarsi di usurpazione (cfr. Cap. I, par. 1). Per quanto concerne eventuali questioni relative al rapporto tra la concussione e l’omissione di atti d’ufficio, può osservarsi che,

se l’omissione (o il rifiuto di cui all’art. 328 c.p.) è

finalizzata all’indebita prestazione, ci troveremo di fronte ad un’ipotesi di concussione per il divieto del ne bis in idem sostanziale: può ritenersi l’omissione strumento indispensabile per realizzare l’abuso, integrando così solo la condotta prevista dall’art. 317 c.p.37. Ulteriore argomento in favore della visione dell’abuso come elemento autonomo e necessariamente legato agli altri elementi della fattispecie può desumersi dal confronto tra la costruzione degli artt. 317 e 322 c.p.: nell’istigazione alla corruzione da parte del p.u., quest’ultimo “sollecita” l’indebito. Il sollecitare postula PANNAIN, I delitti, cit., p. 98. in dottrina si sostiene la realizzabilità della concussione anche in forma omissiva quando l’inerzia del p.u. serva a piegare la resistenza del privato. Cfr. ANTOLISEI, Manuale, cit., p. 309; SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p. 217. In giurisprudenza Cass. 6 dicembre 1988, Reggi, in Giust. pen. 1989, p. 560 secondo cui “l’abuso delle funzioni nel reato di concussione ben può essere realizzato mediante l’omissione o il ritardo di un atto dovuto. Pertanto porre in essere sistemi defatigatori, di ritardo o di ostruzionismo nel corso di una verifica fiscale, facendosi dare o promettere denaro in cambio di una sollecita e favorevole definizione 36

37Anche

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una richiesta che seppur ostinata, e che per quanto illecita, non può sussumersi sotto la fattispecie della concussione. Questa descrive l’abuso come capace di costringere o indurre all’indebito, s una sequenza logica che ha una sua specificità nello stato di soggezione a cui è determinato il concusso. La mera richiesta, proprio perché riflette una volontà illecita, ma non certo coattiva, rende chiara la distanza tra le fattispecie e la nota caratteristica della concussione38.

3.2 Il metus publicae potestatis: ovvero “la metafora concussione”

della

La costrizione e l’induzione sono quindi la conseguenza dell’abuso del p.u. Il privato, infatti, viene a trovarsi in uno stato di soggezione rispetto al p.u., che la dottrina ha efficacemente sintetizzato nel c.d. metus publicae potestatis. Non può però parlarsi di timore reverenziale, o sfruttamento di una non meglio precisata e indimostrata situazione di preminenza del p.u. stesso.

della verifica, e ritardare l’espletamento di essa (…) costituisce, nel concorso con le altre condizioni volute dalla legge, il reato ipotizzato”. 38 CONTENTO, La concussione, cit., p.85; PALOMBI, La concussione, cit., p. 85-86, 106. In giurisprudenza Cass. 25 febbraio 1994, Fumarola, in Cass. pen. 1995, p. 2530; Cass. 24 febbraio 2000, Lattanzio, Riv. pen. 2000, p.737.

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La norma non richiede esplicitamente nessuno di tali elementi, ma solo uno stato di sopraffazione causato dall’abuso39. Ciò ribadito possiamo subito osservare come lo stato di soggezione possa essere alternativamente determinato tanto dall’induzione, quanto dalla costrizione. La dottrina40 ritiene che se la costrizione copre le ipotesi di violenza e minaccia e l’induzione tutte le altre (meno violenza e minaccia), il legislatore ne ha comunque voluto equiparare il disvalore. Infatti la coazione psicologica è l’elemento comune ad entrambe le condotte e un eventuale mancata equiparazione sarebbe stata facile via di scampo per scaltri concussori. Costringere significa esercitare violenza o minaccia su una persona in modo da alterarne il processo formativo della volontà e determinarla ad una condotta diversa da quella che altrimenti avrebbe tenuto41.

“Per la sussistenza del delitto di concussione è necessario che nel soggetto passivo si determini uno stato d’animo tale da porlo in posizione non paritaria con il p.u. e, per ciò solo, di soggezione nei suoi confronti. Tale condizione nel processo causale del reato, si pone come conseguenza dell’abuso del p.u. e come premessa dell’atto dispositivo (…). Nei casi in cui tale stato d’animo viene a mancare , la condotta abusiva potrà integrare altro reato comune o contro la P.A., ma non certo quello di concussione” in Cass. 31 agosto 1994, Russo; nello stesso senso Cass. 8 gennaio 1994, Catapano, in Riv. pen. 1994, p.502; Cass. 11 dicembre 1993, Fedele, in Cass. pen. 1995, p.550. 40 POMANTI, La concussione, cit., p.75; BENUSSI, Trattato, cit., p.361. 41 Sul punto ANTOLISEI, Manuale, cit. p.308; BENUSSI, Trattato, cit.,p.362; PANNAIN, I delitti, cit.p.102. 39

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Si è soliti distinguere tra violenza e minaccia. La minaccia è il prospettare a taluno un ingiusto male, mentre la violenza si distingue in propria (che implica l’uso della forza fisica) ed impropria (che comprende ogni altro mezzo diverso dalla forza fisica esclusa la minaccia). Inoltre può distinguersi tra coartazione assoluta e relativa: la prima comporta un completo annullamento della volontà del soggetto passivo, tanto che questi agisce come longa manus del soggetto attivo, la seconda invece limita, ma non annulla la libertà di autodeterminarsi, consentendo al soggetto una scelta ma non libera. Si distingue ancora tra coazione fisica e psichica: la prima impedisce un libero movimento fisico, la seconda invece si riferisce al movimento del soggetto libero ma volto ad evitare un male42. Taluno ritiene che il reato di concussione si configuri solo in presenza di una coartazione psichica relativa cioè solo di una limitazione della libertà morale che spinga il soggetto passivo all’indebito per evitare il realizzarsi del male minacciato (o il proseguirsi di quello già compiuto). Una coazione assoluta, psichica o fisica, integrerebbe altro reato come la rapina43. Più persuasivo appare l’orientamento che ritiene anche (ma non solo) la coartazione relativa integrante la concussione, per cui una violenza fisica da parte del p.u. volta ad ottenere l’indebito Cfr. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte speciale, vol. I p.139 ss. 43 PAGLIARO, Principi, cit., p.119. 42

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integra la concussione proprio per la particolare struttura del delitto in questione, e cioè che tale coazione sia causata da un abuso44, e cioè dal legame della condotta del p.u. alla titolarità del potere della qualità. Tale legame manca nei delitti di estorsione o di rapina i quali, pure se aggravati dall’art. 61 n. 9 c.p., sono ben distinti dalla concussione. Nell’estorsione aggravata

è la violenza o la

minaccia che costringe a fare od omettere qualcosa, mentre l’abuso assume un aspetto del tutto accessorio, che potrebbe pure non esserci, essendo però la condotta violenta o minacciosa già capace di esplicare la sua forza coattiva. Nella rapina il soggetto attivo, con violenza alla persona o minaccia si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene: la fattispecie di cui all’art. 317 c.p. richiede proprio che tale costrizione abbia origine da un abuso (seppur solo finalisticamente qualificato come tale) e non da una qualsiasi violenza o minaccia45.

BENUSSI, Trattato, cit., sostiene che si possa parlare di concussione anche quando sia il privato ad offrire al p.u., qualora tale offerta altro non sia che lo sbocco di un iter fatto già da precedenti allusioni, prospettazioni velate di ingiusti mali futuri ecc., p 363. Cfr. Cass. 9 luglio 1992, Santi. 45 RICCIO, Concussione, cit., p.1072; SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit. p.223-224; PIOLETTI, Concussione, in Digesto Disc. pen., vol III, 1994, p.8. In giurisprudenza nel senso che la condotta dell’agente abbia determinato il privato ad un comportamento che liberamente non avrebbe tenuto cfr. Cass. 16 ottobre 1989, Faccioli; Cass. 17 gennaio 1994, Lentini; nel senso che integra concussione anche la coazione relativa cfr. Cass. 9 dicembre 1994, Cipriani. in Giust. pen. 1995, p.675. 44

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Indurre significa consigliare, cercare di convincere, persuadere qualcuno a determinarsi in un certo modo. Già abbiamo sottolineato il diverso disvalore di tale condotta rispetto alla costrizione e l’equiparazione normativa. L’induzione qui rilevante è

quella capace di creare uno stato di soggezione

derivante da un abuso di potere o di qualità distinguendosi dalla costrizione in quanto causata da tutto ciò che non è violenza o minaccia46. Su tale punto la dottrina e la giurisprudenza47 sono unanimi con qualche eccezione (PAGLIARO, cfr. infra). L’ aut aut della costrizione è palesemente esposto al soggetto passivo, quello dell’induzione è suggerito, è presentato dal p.u. quasi come se non fosse voluto. Il contenuto intimidatorio della condotta induttiva è minore di quello della condotta costrittiva, ma inevitabilmente, e subdolamente promanante e voluto dal p.u., e soprattutto produce lo stesso risultato. Pertanto suole indicarsi la prima (l’induttiva) come concussione implicita e l’altra (la costrittiva) come esplicita.

CONTENTO, La concussione, cit., p. 95-96. In giurisprudenza ci si è spinti oltre, ammettendo la concussione mediante induzione anche nei casi di comportamenti ostruzionistici o omissivi o di strumentalizzazione di ritardi difficoltà burocratiche o comportamenti surrettizi concretizzantisi in allusioni, ammissioni, silenzi ( Cass. 6 dicembre 1988, Reggi, in Giust. pen. 1989, p.560; Cass. 27 maggio 1995, Pizzolante, Riv. pen. 1996, p. 52; Cass. 8 gennaio 1994 Catapano, Riv. pen. 1994, p. 502; Cass. 22 ottobre 1993, Fedele, in Cass. pen. 1995, p.550; Cass. 6 febbario 1992, Dominidiato, in Cass. pen. 1993, p.478 ) 46 47

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Una dottrina minoritaria, anche se autorevole48, ritiene addirittura che per induzione debbano intendersi solo le ipotesi di condotte ingannatorie, e cioè le ipotesi in cui il soggetto passivo si sia determinato in base ad una volontà viziata si, ma da un inganno, determinato da un uso distorto del potere (o della qualità49). Senza tale distinzione, ritiene l’illustre Autore, l’induzione avrebbe un significato solo pleonastico, indicando uno stato di soggezione simile a quello che si determina nella costrizione, solo in una forma più blanda. La dottrina prevalente, così come la volontà del legislatore50, sono orientate nel senso di ritenere che la condotta induttiva copra tanto le ipotesi di persuasione e convincimento quanto quelle fraudolente, quelle in cui cioè il soggetto concusso è spinto alla prestazione indebita in seguito ad un abuso che lo ha indotto in errore, lo ha posto di fronte ad una falsa rappresentazione della realtà. Tale errore lo ha motivato alla prestazione, per cui potrebbe dirsi anche in tal caso lesa la libertà di autodeterminazione51. In sostanza “la condotta incriminata, in termini di induzione, non è vincolata a forme tassative, essendo PAGLIARO, Principi, cit., p.123. Sulla capacità dell’abuso di qualità di ingannare vedi la precisazione di CONTENTO alla nota 53. 50 LUCCHINI, verbali della commissione di revisione di cui al r.d.1312-1889- riunione del 28-2-1889 secondo cui “indurre è un determinare con mezzi persuasivi o fraudolenti”. 48 49

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solo rilevante che il comportamento del pubblico funzionario sia caratterizzato da un abuso della sua qualità o dei suoi poteri che valga ad esercitare una pressione psicologica sulla vittima, convincendola della necessità di un’(indebita) dazione o promessa di danaro o altra utilità”52 e quindi si tende a non escludere la condotta ingannatoria53.

ANTOLISEI, Manuale, cit., p.308; SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p. 228; RICCIO, Concussione, cit., p.1073; FIANDACA-MUSCO, Diritto, cit. p.208. 52 BENUSSI, Trattato, cit., p.369. In giurisprudenza Cass. 21 agosto 1990, Barzelloni, Riv. pen. 1991, p.553; Cass. 16 marzo 1995, Nicotera, Cass. pen. 1996, p. 1416; Cass. 26 ottobre 1998, Sacco, Cass. pen. 1999, p.3125. 53 Tale conclusione necessita comunque di una precisazione: CONTENTO infatti ritiene che “in nessun caso la condotta di abuso di qualità, in quanto tale potrà mai indurre chicchesia in uno stato di errore”. Se, infatti, si ammette che un abuso di potere possa indurre in errore taluno, non pare potersi fare la stessa ammissione per quanto concerne l’abuso di qualità: l’inganno deriverebbe dall’estrinsecazione della qualità giuspubblicistica ma non si capisce come ciò, di per sé, possa indurre in errore taluno. Il solo dire di essere p.u. può invece ben intimidire qualcuno (e quindi essere compatibile con lo stato di soggezione), può aiutare a convincere qualcuno ad una prestazione indebita accanto ad una condotta (altra ed autonoma) fraudolenta. In altre parole tale abuso può validamente essere accessorio ad altre condotte fraudolente, ma appare inidoneo, di per sé, a determinare l’errore. CONTENTO, La concussione, cit., p.104. 51

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La dottrina prevalente54 (cfr. cap. I, par. 3.2), inoltre, imposta il relativo problema della differenza tra la concussione e la truffa aggravata (art. 640, aggravato dalla circostanza comune di cui all’art.61, n.9), sul “ruolo” che l’abuso viene ad assumere nella motivazione del soggetto passivo. Se l’artificio o il raggiro sono di per sé idonei alla prestazione dell’indebito, assumendo l’abuso solo un carattere accessorio, avremmo truffa aggravata; se invece l’inganno

è

diretta

conseguenza

dall’abuso

avremmo

concussione. In tal modo, però, il discrimen dipenderà da un indagine dell’animo del soggetto passivo da parte del giudice, e quindi anche dalla diversa “sensibilità” di questi.

3.3 La dazione o la promessa

Dazione o promessa indebita di denaro o altra utilità sono l’effetto ultimo della condotta dell’agente. E’ indifferente che si BENUSSI, Trattato, cit., p.369; SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p. 229. “In materia di concussione, nel concetto di induzione previsto dalla norma rientra sia l’attività di persuasione che quella che comporti un inganno del soggetto passivo, l’inganno infatti non è necessario, ma non è neanche in contrasto con la natura e la struttura della concussione sempre che la induzione si sia essenzialmente svolta attraverso l’abuso della qualità o della pubblica funzione” Cass. 16 marzo 1995, Nicotera, in Cass. pen. 1996, p.1416. Da segnalare la posizione di chi ritiene che tale criterio sia solo quantitativo non potendosi quindi fondare una distinzione obiettiva e precisa con la truffa aggravata con i facili pericoli immaginabili in sede 54

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abbia l’una o l’altra, purché si verifichi quel nesso causale tra condotta del soggetto attivo e stato di soggezione del soggetto passivo, spinto alla prestazione indebita. Può quindi affermarsi che se il privato fosse già autodeterminato alla prestazione indebita non potrebbe configurarsi il delitto in questione, mancando il necessario rapporto tra i vari elementi della fattispecie55. Dare significa trasferire ad altri qualcosa. Per cui possiamo avere il passaggio di una cosa mobile, immobile, un bene immateriale, o una prestazione lavorativa o anche una dichiarazione (con la quale ad es. si dichiara estinto un credito). Promettere invece significa dichiarare l’intento di effettuare una prestazione in futuro. Per quanto riguarda la forma questa può essere libera non essendone richiesta dalla norma una specifica. Alcuni56 sostengono che tale promessa debba avere una validità apparente, una certa credibilità. Per quanto riguarda la riserva mentale sembra corretto l’orientamento per cui se la promessa è fatta col segreto applicativa. Inoltre tale teoria non coglierebbe l’essenza del reato in questione (PALOMBI, La concussione, p. 54 e ss.). 55 Cfr. PAGLIARO, Principi, cit., p.130; SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p. 238; BENUSSI, Trattato, cit., p. 377. In giurisprudenza Cass. 19 ottobre 1972, Punzo, Cass. pen. 1973, p. 992. 56 FIANDACA-MUSCO, Diritto, cit., p.211-212; ANTOLISEI, Manuale, cit., p.310; CONTENTO, La concussione, cit., p.130; SANTORO, Brevi note in materia di promissio e riserva mentale nel reato di concussione, in Cass. pen. 2001, p. 1050. In giurisprudenza Cass. 1 febbraio 1993, in Cass. pen. 1995, p.52.

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proposito di non adempiere non potrà parlarsi di concussione. Infatti seppur il contegno interno sembra irrilevante, in quanto non vi è al riguardo nessun riferimento normativo57, il nucleo della norma è lo stato di soggezione in cui il soggetto passivo si viene a trovare e che lo spinge alla prestazione indebita. Nell’ipotesi della riserva mentale tale sopraffazione da parte del p.u. pare far difetto58. Oggetto della prestazione può essere denaro o altra utilità. Sulla nozione di denaro può soltanto osservarsi che possano essere ricomprese anche le valute estere. Il concetto di utilità è invece di problematica definizione. Se è comunemente definita come qualsiasi altro vantaggio non consistente in denaro per il p.u., i problemi sorgono in relazione al suo contenuto. Qualche Autore59 ritiene infatti che debbano intendersi solo cose e situazioni economicamente valutabili con l’esclusione delle prestazioni sessuali. Secondo MANZINI le prestazioni sessuali rientrano nella nozione di utilità ma SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p.240; PAGLIARO, Principi, cit., p.131; ZANNOTTI, La riserva mentale del soggetto passivo nella concussione, in Arch. pen. 1983, p.711.. In giurisprudenza Cass. 20 aprile 1995, Pizzolante, in Riv. pen. 1996, p. 52; Cass. 20 settembre 1995, Battafarano. 58 FIANDACA-MUSCO, Diritto, cit., p.212; CONTENTO, La concussione, cit., p.132; MARINI, Concussione, in Enc. giur., vol. VII, 1995 p.18. In giurisprudenza Cass. 5 febbraio 1981; Cass. 18 luglio 1985, Massa, in Riv. pen. 1986, p.545; Cass. 2 maggio 1989. 59 CONTENTO, La concussione, cit., p. 135; PIOLETTI, Concussione, cit., p. 12. In giurisprudenza Cass. 30 marzo 1988, Greenshields; Cass. 11 maggio 1993, Menazza. 57

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limitatamente all’ipotesi della prostituzione in quanto suscettibile di una valutazione economica. Dottrina60 e giurisprudenza61 prevalenti sono invece per l’accezione lata del concetto di utilità, non limitata alle sole ipotesi

economicamente

valutabili.

Pare

infatti

arbitraria

l’esclusione delle prestazioni sessuali non essendoci riferimenti normativi al riguardo (ma in generale all’esclusione dei vantaggi non economici) e ben potendo assumere per il soggetto attivo un certo rilievo la prestazione sessuale. Anzi la soluzione contraria lascerebbe impunite (o comunque punite meno gravemente) aggressioni ancor più odiose. Generalmente si esclude la configurabilità

per i c.d.

munuscula in quanto comportano una mancanza di offensività al bene giuridico proprio in base all’esiguità delle somme date62. Infine deve sottolinearsi che la mancanza (o anche solo l’alta probabilità della sua mancanza con giudizio ex ante) dell’oggetto dato o promesso escludono la configurabilità, versandosi in ipotesi di reato impossibile (art. 49, c. 2 c.p.)63.

BENUSSI, Trattato, cit.,p.379; ANTOLISEI, Manuale, cit., p.310. Cass. 12 gennaio 1979, Chiappiniello; Cass. 11 maggio 1993, Romano, in Cass. pen. 1993, p.2252 62 BENUSSI, Trattato, cit., p.380; contra CONTENTO, La concussione, cit.,p.141 il quale assume una posizione molto formalista ritenendo che comunque si viene a verificare la fattispecie normativa. In giurisprudenza nel senso favorevole al testo vedi Cass. 9 gennaio 1997. 63 SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p. 239. 60 61

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3.4 Il carattere indebito della prestazione

La vittima deve essere costretta o indotta a dare o promettere indebitamente: indebito è tutto ciò che non è giustificato dall’ordinamento ( da leggi, regolamenti ecc. ). Per cui qualsiasi prestazione ingiustificata può concorrere ad integrare il delitto di concussione. Se questo aspetto è unanimemente condiviso, vi è ampia discordia su un altro punto: l’ipotesi in cui la prestazione sia comunque dovuta alla P.A. o al soggetto attivo in quanto privato. Tutti ritengono indebita la condotta del p.u. che si fa dare la prestazione

dovutagli

a

titolo

privato,

in

quanto

strumentalizzerebbe l’ufficio, dovendo espletare gli ordinari mezzi previsti dall’ordinamento. Se invece la condotta del p.u. è volta ad ottenere qualcosa che era comunque dovuta alla P.A. alcuni64 sostengono che il reato non si configura poiché non sarebbe leso il buon andamento della P.A. 65. FIANDACA-MUSCO, Diritto, cit., p. 213; ANTOLISEI, Manuale, cit., p. 311; M. ROMANO, Delitti, cit., p.111. In giurisprudenza Cass. 18 dicembre 2001, Riccardi, in Riv. pen. 2002, p.616. 65 Vi è ulteriore precisazione di CONTENTO secondo il quale se il p.u. agisce per farsi dare qualcosa il cui titolo è individuabile nelle funzioni da lui svolte il delitto non si integrerebbe: si fa l’esempio del notaio che minaccia di non registrare l’atto pubblico da lui compiuto se non gli vengano corrisposte dovute in relazione alla prestazione professionale da lui svolta collegata all’atto stesso. CONTENTO, La concussione, cit., p. 146. 64

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In realtà sembra più persuasivo l’altro orientamento66 secondo il quale se la prestazione è comunque dovuta, al privato o alla P.A., non viene ad integrarsi il delitto in questione: l’esistenza di un valido titolo su cui poggia la richiesta del p.u. non può configurare la concussione. Al più potrà esserci una tutela arbitraria delle proprie ragioni (artt. 392–393 c.p. a seconda della destinazione della violenza), ovvero un abuso d’ufficio. Non si comprende perché si debba rimproverare al p.u. l’indebito modale67, mentre lo stesso non possa farsi per la P.A., che anzi vedrebbe recuperati i propri crediti deviando dalle ordinarie procedure. Tale interpretazione riflette una concezione della P.A. in posizione di preminenza, di superiorità rispetto al cittadino. Concezione oramai superata e non certo adatta al nostro moderno ordinamento. Vi è anche una ragione di carattere sistematico di disaccordo: se il legislatore ha parlato di indebito senza ulteriori specificazioni non sembra corretta

una tale

aggiunta a livello SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p.245; PAGLIARO, Principi, cit., p.134. Particolare la posizione di PALOMBI, La concussione, cit. p.185, il quale pur sostenendo che l’indebito è una condizione della prestazione e quindi qualificandosi come indebito solo per la mancanza di un titolo giuridico su cui poggiare, sostiene comunque che se la prestazione comporti un profitto per la P.A. non potrebbe parlarsi di concussione in quanto non sarebbe leso il buon andamento. In giurisprudenza Cass.16 marzo 1990, Taldone, in Cass. pen. 1990, p.2106. 67 Per la definizione di indebito modale cfr. CONTENTO, La concussione, cit., p.144 – 145. 66

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interpretativo (ubi lex non distinguit, nec nos distinguere debemus). La distinzione tra furto e appropriazione indebita può essere un utile esempio: il furto anche della cosa propria rimane punito, mentre per integrare il reato di cui al 646 del c.p. è necessario che il “profitto sia ingiusto” cioè un profitto non tutelato dall’ordinamento. Tra le due fattispecie c’è un “ingiusto” di differenza che conduce a interpretazioni ben diverse.

4. La consumazione Il delitto si consuma con la dazione o con la promessa di effettuare la prestazione indebita. Anche la sola promessa consente la piena corrispondenza alla fattispecie tipica, in quanto con essa sono presenti tutti gli elementi costitutivi richiesti dalla norma. Un’illustre, quanto isolata interpretazione68 ritiene che la dazione seguente la promessa sposterebbe in avanti il momento consumativo poiché costituirebbe “un ulteriore approfondimento della offesa tipica”, secondo lo schema dei reati eventualmente permanenti.

Tale

ricostruzione

inoltre

consentirebbe

lo

spostamento in avanti dell’inizio dei termini di prescrizione, con un allungamento dei tempi del procedimento penale. PAGLIARO, Principi, cit., p. 138. In giurisprudenza Cass. 17 dicembre 1996, Malossini, in Riv. pen. 1997, p.31. 68

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Pressoché tutta la dottrina69 è invece concorde nel ritenere che l’esecuzione della promessa realizzi un post-fatto non punibile: l’ulteriore offesa portata al bene giuridico costituisce, più che altro, un grado di offesa inferiore rispetto alla promessa già fatta, esaurendosi in questa già tutto il disvalore del fatto. Ciò sta a significare che già al momento della promessa si è raggiunto un grado di offesa elevato (in termini di alterazione del buon andamento di P.A. e, soprattutto, di limitazione della capacità di autodeterminarsi), per cui l’ulteriore dazione costituirebbe un grado di offesa rientrante nella promessa. Inoltre, secondo parte della dottrina70, la categoria dei reati eventualmente permanenti è priva di una reale autonomia, in quanto si basa sulla semplice constatazione per cui l’offesa al bene giuridico può anche non esaurirsi in un unico atto offensivo. Sicuramente sapere se il reato sia stato consumato da una dazione o da una promessa, o ancora se la dazione abbia seguito la promessa può essere utile ai fini della valutazione dell’intensità

e della forma del dolo e, quindi in sede di

commisurazione della pena ex art. 133 c.p. BENUSSI, Trattato, cit.,p.383, FIANDACA-MUSCO, Diritto, cit., p.213, M. ROMANO, Delitti, cit., p.112. In giurisprudenza Cass. 4 novembre 1981, Astolfi; Cass. 4 giugno 1993, Gaeta, Riv. pen. 1994, p.426; Cass. 17 marzo 1995, Alfieri; Cass. 22 ottobre 1993, Fedele, in Cass. pen. 1995, p.550. 70 Cfr. MANTOVANI, Diritto penale, parte generale, Padova, 2000, p.430; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, parte generale, Bologna, 2002, p.176. 69

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5. L’elemento soggettivo Il delitto di concussione può essere commesso solo con dolo (generico), essendo necessario che l’agente si sia rappresentato e abbia voluto tutti gli elementi della fattispecie, tanto della condotta abusiva, quanto del carattere indebito dell’evento. Ci deve essere una coscienza e volontà della capacità coattiva o almeno induttiva della condotta, posta in essere per motivare alla prestazione indebita il soggetto passivo71. Il dolo resterà escluso dall’errore, quando, ad esempio, esso cade sul carattere indebito della prestazione (ex art. 47 co. 1 c.p.) oppure quando verta sulla qualità o sui poteri del p.u., ai sensi dell’art. 47 co. 3 c.p.72. Divergenza di opinioni ci sono invece sull’ammissibilità del dolo eventuale (o indiretto) 73. Nessun orientamento diverso in dottrina: ANTOLISEI, Manuale, cit., p.313; SEGRETO-DE LUCA, p.251; FIANDACA-MUSCO, Diritto, cit., p.213; RICCIO, Concussione, cit., p.1080. In giurisprudenza Cass. 16 aprile 1953, Saba, in Giur. compl. Corte Cass. 1953, p.1813; Cass. 19 gennaio 1998, Barrella, in Giust. pen., p.995. 72 PAGLIARO, Principi, cit., p.137; BENUSSI, Trattato, cit.,p.383. 73 Si ha dolo eventuale quando l’agente pone in essere una condotta volta a realizzare un certo evento, ma accetta come conseguenza, anche solo eventuale, il verificarsi di un altro evento. Si configura anche in ipotesi di mero dubbio sul realizzarsi di tale evento, ma nonostante tale dubbio si pone in essere lo stesso la condotta. Può anche dirsi che per 71

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La dottrina prevalente74 rileva che la condotta del p.u. deve essere tutta diretta alla sopraffazione e alla successiva prestazione indebita, dalla genesi al momento esecutivo, rendendo quindi la concussione incompatibile con la struttura del dolo eventuale, cioè con l’indifferenza del risultato eventuale che potrebbe raggiungersi. Altri Autori75 ne ammettono la configurabilità, sostenendo che il p.u. realizza una condotta concussoria tutte le volte che accetta la possibilità che qualcuno possa “fraintendere” il suo comportamento, e quindi sentirsi costretto all’indebito. Così anche nell’ipotesi in cui il p.u. sia in dubbio circa l’abuso o il carattere indebito della prestazione, e, nonostante ciò, tenga la condotta (che rimane pur sempre coattiva o induttiva)76, si configurerebbe comunque il delitto in esame. Più precisamente potrebbe dirsi che anche la sola indifferenza del p.u. verso il

l’agente il verificarsi dell’evento sia indifferente (l’elemento differenziale con l’affine concetto di colpa cosciente è la non volontà del verificarsi dell’evento, per cui l’agente è sicuro del non verificarsi dell’evento pur essendosene prefigurata la possibilità). In questo senso MANTOVANI, Diritto, parte generale, cit.,p.320; FIANDACA-MUSCO, Diritto, parte generale, cit., p.330. 74 CONTENTO, La concussione, cit.,p.152; SEGRETO-DE LUCA, I delitti, cit., p.251. 75 PAGLIARO, Principi, cit., p.137; MARINI, Concussione, cit.,p.17; M.ROMANO, Delitti, cit., p.115. 76 Pensiamo al poliziotto che, per riscuotere un credito a lui dovuto in quanto privato, minacci un arresto illegittimo. Il dubbio sulla circostanza che il debito sia estinto o meno, escluderebbe il dolo?

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verificarsi dell’evento, in seguito alla sua condotta

faccia

sussistere il dolo (eventuale) e quindi la responsabilità penale.

6. Il tentativo In ordine al tentativo questo si configura ogni volta che siano compiuti atti idonei e diretti in modo non equivoco all’ottenimento della prestazione indebita. Il giudizio su tali atti è chiaramente da compiersi ponendosi idealmente ex ante, nel momento in cui veniva posta in essere la condotta. Per quanto riguarda l’idoneità si dice che questa sussista nel momento in l’abuso sia capace di esplicare la sua forza coattiva o induttiva: sia nel caso che non si sia ottenuto l’indebito, sia nel caso in cui non si sia avuto neanche lo stato di soggezione (la c.d. soglia minima di punibilità). In ogni caso i beni giuridici sarebbero offesi: allo stadio, beninteso, del solo pericolo77. “Per la configurazione del tentativo di concussione è sufficiente che siano posti in essere, da parte di un p.u., atti idonei a costringere o ad indurre taluno a dare o promettere denaro o altra utilità, 77

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La valutazione circa l’idoneità, secondo alcuni78, va fatta prescindendo dalle concrete situazioni, e cioè valutando solo un’astratta attitudine della condotta ad incutere uno stato di soggezione. Secondo altri79 invece l’idoneità dovrebbe valutarsi in concreto, in base alla effettive circostanze, alle esperienze pregresse questo perché, se elemento centrale è la condizione psichica di inferiorità, tale requisito può essere diverso da soggetto a soggetto, e pare quindi più corretto “aver riguardo ad un determinato e ben individuato soggetto”80. Per quanto riguarda la univocità si tratta di valutare se l’atto compiuto sia stato un’estrinsecazione di qualità giuspubblicistica o un uso di potere finalisticamente diretto all’indebito. Per cui la mera richiesta (cfr. cap. I, par. 3.1) sarà istigazione alla corruzione, così come anche l’abuso non legato al fine illecito non potrà dirsi atto univoco81. Per quanto riguarda la riserva mentale non può far altro che rimandarsi a quanto già detto al par. 3.3.

indipendentemente dal verificarsi dello stato di soggezione della vittima” Cass. 22 luglio 1992, Pellegrini, in Cass. pen. 1994, p.928. 78 Cass. 25 maggio 1994, Fumarola, Cass. pen. 1995, p.2530; Cass. 1 ottobre 1997 Nicolosi; Cass. 31 agosto 1994, Russo. 79 CONTENTO, La concussione, cit., p.156 e ss. 80 CONTENTO, La concussione, cit., p.158. 81 Cfr. CONTENTO, La concussione, cit.,p.160.

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7. Conclusioni Dall’analisi fin qui svolta possiamo provare a trarre delle brevi considerazioni in merito alla struttura del reato. Punto centrale dell’illecito è la connessione logica (e inevitabilmente anche cronologica) che si viene ad instaurare tra i vari elementi tipici. Elementi tutti dotati di una loro autonomia, ma anche tutti presenti, necessariamente, ai fini delle configurabilità del delitto. L’abuso del p.u., lo stato di soggezione del privato e la prestazione indebita vengono a descrivere una triade che deve presentarsi in un siffatto ordine logico. Se la prestazione intervenisse “prima” dell’abuso, il fatto potrebbe assumere la forma della retribuzione e quindi rilevare come corruzione. Se il soggetto passivo non sentisse il peso dell’abuso come motivante la prestazione indebita, anche qui saremmo fuori dal reato. Ogni elemento del reato quindi è di per sé rilevante, ma deve essere connesso agli altri: l’abuso, e solo l’abuso, deve causare lo stato di soggezione, il quale, a sua volta, è l’humus nel quale matura la decisione del privato alla prestazione indebita. Decisione viziata, a cui il soggetto passivo non sarebbe giunto altrimenti, se fosse stato libero di autodeterminarsi. Di più: non ogni abuso è rilevante ai fini del reato, bensì solo quello avente una reale capacità coattiva o induttiva. Non solo: è necessario che sia specificato dal fine illecito che vuol

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perseguirsi (prestazione indebita). Il p.u. che usa un potere legittimamente per conseguire un indebito e, nel fare ciò, limita la libertà morale del privato, lede anche l’interesse affinché non sia

strumentalizzata

la

qualità

stessa

e

l’interesse

al

perseguimento dei fini della P.A. C’è chi ha efficacemente sintetizzato la pluralità dei beni aggrediti come “frattura dell’equilibrio dei rapporti tra p.u. e cittadino”82. Infatti si dice che le libertà del cittadino sono garantite dal p.u. Il quale svolge anche una funzione di limite al godimento di tali libertà. Funzione essenziale alla realizzazione della convivenza civile. Di conseguenza la condotta concussiva è lesiva di tale equilibrio, è, di più, negazione della funzione pubblica stessa, negazione della sua ratio nel nostro ordinamento costituzionale. E’ quindi una minaccia per la convivenza civile. Ecco quindi spiegata e giustificata la tutela penale alla luce della moderna teoria del bene giuridico. Mentre un uso lecito del potere (o della qualità) può integrare la concussione se diretto ad un indebito, non può dirsi lo stesso nell’ipotesi in cui si persegua il dovuto, seppur strumentalizzando il proprio potere (la propria qualità). Questo perché mentre la condotta può qualificarsi abusiva in funzione del fine, la prestazione non può qualificarsi come indebita a seconda della

82

PALOMBI, La concussione, cit., p.117

37


conformità o meno dell’ uso del potere (o della qualità) alla fattispecie legale. Da ultimo può osservarsi come la concussione possa essere fatta rientrare nei “reati a forma vincolata”. Tali reati sono caratterizzati dal fatto che la realizzazione dell’evento debba raggiungersi attraverso tipizzate modalità. Così la prestazione indebita deve essere motivata dallo stato di soggezione in cui il concusso è stato spinto dall’abuso. Tale ricostruzione non ha solo


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