luci, arte e poesia nei salotti del Veneto
Piazze luci, arte e poesia nei salotti del Veneto
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Fotografie: Tranquillo Cortiana Testi: Pier Paolo Magalotti Progetto grafico: Damiana Savio Stampa: Cierre Grafica - via C. Ferrari, 5 - Caselle di Sommacampgna (VR) Š 2014 Tranquillo Cortiana fotocortiana@virgilio.it ISBN: 978-88-98768-23-3 Š 2014 Tranquillo Cortiana Tutti i diritti di riproduzione anche parziale del testo e delle foto sono riservati in tutto il mondo.
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Tranquillo Cortiana
Piazze luci, arte e poesia nei salotti del Veneto testi a cura di Pier Paolo Magalotti
Cierre Grafica 3
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Indice Nota introduttiva degli autori
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Belluno
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Padova
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Rovigo
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Treviso
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Venezia
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Verona
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Vicenza
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Nota introduttiva degli autori La passione per la fotografia è diventata la mia professione, spaziando dalla ripresa architettonica e industriale in pellicola 13x18 cm, a quella sportiva in piccolo formato, attualmente in digitale. Chiamato ad eseguire servizi fotografici per affermati studi di architettura e imprese di costruzione nell’ambito editoriale e pubblicitario, ho maturato l’idea di un’esplorazione fotografica significativa delle piazze del Veneto. La foto architettonica mi affascina per le inesauribili varianti del punto di ripresa a cui mi invita, per la ricerca dei giochi di luce che devono essere attesi, ricercati nelle pieghe del giorno, nelle diversità delle stagioni e nelle diverse mutazioni del tempo atmosferico. Ho intravisto in queste condizioni la possibilità di una creatività e di una libertà espressiva totale. Il territorio veneto propone un ricchissimo entroterra scenografico che va dall’ambiente dolomitico alla collina, al mare, al lago, offrendo un valore ag-
giunto per sue caratteristiche uniche nella rappresentazione fotografica. Ad alcune delle città del Veneto ho dedicato una foto aerea, immaginandole come se fossero una “casa”, per coglierne le forme e le strutture e la sua locazione all’interno del territorio. Per entrare poi all’interno del suo cuore ed accomodarci nel suo salotto, centro delle attività umane, luogo d’incontro, d’attesa e di passaggio, luogo suggestivo e romantico dove i più grandi architetti e artisti della storia hanno dato prova del loro genio. Luogo sempre ricco d’arte dove ogni paese o città sfoggia il suo vestito migliore nell’accogliere e sedurre i suoi ospiti e per far innamorare i suoi cittadini: la Piazza. Mi farebbe piacere che proprio grazie alle riprese fotografiche altre persone vogliano tornare in queste piazze, sedersi su un gradino per provare la curiosità e la meraviglia che hanno destato in me. Tranquillo Cortiana
Vengo da studi universitari di storia e filosofia e dall’esperienza d’insegnamento, anche se il feeling con la fotografia mi accompagna da remoto: dall’epoca in cui osservavo con curiosità i negativi di vetro usati dal babbo per fissare i ricordi della prima infanzia di noi figli. In seguito mi sono laureato con una tesi di storia medioevale e nel corso delle mia ricerca ho incrociato di nuovo visori e microfilm per leggere i testi degli antichi codici, mentre nel frattempo la tecnica fotografica si era alquanto evoluta. Per focalizzare quelle scritture a volte slavate, usavo anche filtri ottici selettivi. Con questi precedenti non potevo sottrarmi alla proposta appassionante di dare la collaborazione testuale ad un libro fotografico sulle piazze del Veneto e mi ci sono immerso con convinzione. Nel raccontare le piazze e le loro memorie artistiche e monumentali, mi sono lasciato coinvolgere ad una let-
tura dell’immagine sensitiva: ho lasciato parlare la leggerezza della vista, ho dato spazio al gioco e allo scherzare delle impressioni, pur senza dimenticare la cornice ambientale e storica dei contenuti. Penso con ciò di avere assecondato la natura speciale di questo libro. Pier Paolo Magalotti
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Belluno, scorcio del Palazzo dei Rettori, Piazza Duomo
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Belluno e provincia
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Belluno Vista aerea della città (10) Piazza Duomo (12) Siamo nello spazio monumentale più interessante e modulato di Belluno, che raccoglie edifici storici e istituzionali importanti, di diverse epoche. Nella ricchezza delle prospettive, il nostro obiettivo fotografico centrato sul rinascimentale Palazzo dei Rettori con la Torre dell’Orologio, sceglie di esaltare la “venezianità” della città e coglie passaggi di nuvole simbolicamente molto evocative per un capoluogo delle Dolomiti. Piazza Duomo, Basilica di San Martino Il primo duomo, dedicato ad uno dei santi più popolari del calendario della Chiesa, è documentato dalla metà del VI secolo. Seguono poi secoli e secoli di silenzio dei quali, per gli occhi, non restano che frammenti archeologici e qualche superstite struttura d’altare. La storia dell’edificio attuale comincia invece da una ricostruzione del 1517 (progetto di Tullio Lombardo) e prosegue con altri interventi nei due secoli successivi, che si prolungano imprevedibilmente fin quasi ai nostri giorni per riparare ai guasti del terremoto. L’eclettismo della facciata forse riesce ad alludere a questa storia infinita.
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Piazza delle Erbe, Porticato con affresco e fontana di S. Lucano (15) “Belluno e la sua valle hanno una personalità speciale che gli dà un incanto straordinario ma di cui pochi per la verità si accorgono... C’è una fusione meravigliosa e quasi incredibile fra il mondo di Venezia (con la sua serenità, la classica armonia delle linee, la raffinatezza antica, il marchio delle sue architetture inconfondibili) e il mondo del nord (con le montagne misteriose, i lunghi inverni, le favole, gli spiriti delle spelonche e delle selve, quel senso intraducibile di lontananza, solitudine e leggenda).” (Dino Buzzati, La mia Belluno)
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Belluno Piazza Vittorio Emanuele II (16) Il moderno Teatro Comunale (1835) con gli edifici residenziali rappresenta il nuovo della città, mentre la contigua Porta Doiona che immette nella città vecchia, rappresenta l’antico, la ricchezza della storia e della tradizione. Presente e passato convivono sotto i canoni di una sobria eleganza.
spazio una divisa moderna di salotto distinto. Oggi, comprende anche un’area giardino di disegno e gusto recente, con una fontana circolare recante gli stemmi dei comuni del circondario e il monumento alla Resistenza di Augusto Murer, che è stato collocato per sottolineare la nuova dedica della piazza.
Piazza dei Martiri o Campedel Il Campedel dei bellunesi è nato nella prima metà del ‘500 come grande area di incontri e, tipicamente, di mercato all’esterno della città vecchia. E’ delimitato da eleganti costruzioni porticate tra le quali Porta Dante, inaugurata nel 1865 in occasione del sesto anniversario della nascita del massimo poeta italiano, che danno allo
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Feltre Piazza Maggiore (19) La Feltre storica aggrappata al declivio, come anche questa piazza che ne è il riepilogo scenografico, trasmette una suggestione di bellezza antica e un po’ austera, anche se si tratta di una reviviscenza dalle macerie di una doppia devastazione (1509-1510). Erano i tempi in cui la potentissima Venezia si trovava, da sola, a sostenere il contrasto militare di tutta l’Europa coalizzata. La fedele Feltre ne fece le spese, ma fu poi magistralmente ricostruita dalla Serenissima Repubblica.
Scalette Vecchie Questa scala coperta utilizzata come via pedonale per salire rapidamente nel cuore antico della città, compensa con le sue penombre l’irrompente luminosità di Piazza Maggiore e sembra restituire ai passi e agli incontri una dimensione perduta d’altri tempi.
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Pieve di Cadore Piazza Tiziano (21) Il Cadore chiama un immaginario di cime e di acque, ma anche storia, arte, tradizione e cultura di un popolo operoso segnato, fin dal Medioevo, dall’esperienza forte dell’autonomia locale. Di questa realtà ambientale e storica Pieve di Cadore è il capoluogo riconosciuto. Nella nostra recensione essa si mostra attraverso l’immagine fortemente evocativa di Piazza Tiziano, popolata di memorie e di nuvole.
Piazza Tiziano, Monumento a Tiziano Vecellio A pochi passi dal Palazzo della Magnifica Comunità vegliato dall’antica torre merlata, Pieve di Cadore ha collocato nell’Ottocento il ricordo bronzeo del suo figlio più illustre, Tiziano Vecellio (1488/90-1576), massimo esponente del colore rinascimentale veneto.
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Longarone
Cortina d’Ampezzo
Piazza Umberto I (22)
La via dello shopping antistante Piazza Roma
Cemento in mezzo alle montagne: immagine ad indelebile ricordo della tragedia del Vajont che ha toccato questa città e la sua gente che tutt’ora ne porta i segni nei cuori e nei monumenti della ricostruzione.
Piazza Roma (24) Panorama di Cortina (25) La conca di Cortina offre il massimo della suggestione ambientale dolomitica, delle attrezzature sportive, dell’industria e dell’accoglienza. Il suo mito è stato coccolato da fior di scrittori innamorati delle sue nevi e delle sue piste, e amplificato su scala internazionale dall’evento delle Olimpiadi invernali del 1956. Noi ricordiamo la “Regina delle Dolomiti” attraverso un semplice scorcio che vuol richiamare la sua bellezza nativa, in bilico tra le opere immense della natura (Sorapiss, Antelao) e le piccole ma armoniche opere dell’uomo.
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Santo Stefano di Cadore Piazza Roma (26) Questa immagine è simbolo del nostro tipico paesaggio di montagna: la maestosità delle Dolomiti che si stagliano all’orizzonte, la bellezza del manto bianco che ricopre i prati ed in fondo, adagiato nella vallata, il paese di
Santo Stefano di Cadore. Nella foto in basso, un suggestivo panorama di Santo Stefano di Cadore, dove il Piave è un ruscello e le Dolomiti fanno da corona alla piazza. Il fiume Piave, nome che evoca l’idea di grandezza e forza, è anche triste ricordo di sanguinose
battaglie combattute per la difesa del confine durante la Prima Guerra Mondiale. Questo piccolo ruscello ripreso in prossimità della sua sorgente, diventerà nel suo scorrere verso il mare “il fiume sacro alla patria”.
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Padova, scorcio del Palazzo della Ragione, Piazza delle Erbe
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Padova e provincia
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Padova Vista aerea della città (30) Piazza dei Signori, Orologio Astrario Verso la metà del XIV secolo, il principe Ubertino da Carrara, signore di Padova, offrì una cattedra all’Università di Padova a Jacopo Dondi. Quest’ultimo per testimoniare la sua riconoscenza al principe, si offrì di installare sul suo palazzo un orologio indicante: le ore, i mesi, le fasi lunari e il corso del sole attraverso i segni dello zodiaco; l’orologio ebbe poi varie modifiche tra le quali venne tolto il simbolo della Bilancia (sembra che questa fu eliminata durante un intervento di modifica operato dall’abate Bartolomeo Toffoli tra il 1787 e il 1792 che volle seguire le suddivisioni zodiacali più antiche). Rimane ancora ai giorni nostri un emblema di tecnica e bellezza a ricordarci inesorabile del tempo che passa.
Piazza dei Signori (33) Il sito evoca già nel nome la signoria dei Carraresi. La Loggia del Consiglio e della Gran Guardia e, più esplicitamente, il Palazzo del Capitanio, parlano artisticamente della dominazione veneziana a Padova. Ma l’atmosfera che qui si respira è quella di una rilassata consumazione all’aperto, al cospetto dei monumenti.
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Padova Piazzetta Pedrocchi Antistante alla piazzetta, questo bellissimo scorcio veneziano è il Caffè Pedrocchi. Nato nel ‘700, è diventato un po’ alla volta luogo simbolico della città e punto di riferimento delle sue élites sociali. Su questa evoluzione ha influito non poco, in passato, la prossimità della Patavina Universitas che ne ha influenzato le frequentazioni e qualificato i conversari, inclusi quelli politici. Anche architettonicamente il Pedrocchi ottocentesco, con l’integrazione del Pedrocchino, si propone come un costrutto stilisticamente “impegnato”, in linea con la tonalità un po’ intellettuale del suo prestigio.
Prato della Valle, Loggia Amulea (35) Lo specchio dell’acqua del canale rimbalza delicatamente il profilo e il colore acceso di un costrutto ottocentesco che riecheggia forme tardogotiche. La denominazione allude invece, in maniera oggi senz’altro meno trasparente, alle generalità dell’antico proprietario di quel sito (da Mula).
Prato della Valle (36) “Il Prato della Valle, costruito nel Settecento da un illuminato podestà veneziano, è, meglio che un giardino, un domestico paradiso, con quei suoi platani altissimi trascoloranti nelle stagioni e nelle ore, col canale che gira attorno dentro una doppia cerchia di cento statue, col suo silenzio incantato, sotto la grande ombra imminente di Santa Giustina” (Diego Valeri, Città materna). L’esaltazione del suggestivo può anche cedere il posto a osservazioni più disincantate: “Questo prato popolato di statue vorrebbe imitare quello di Olimpia, quando era germogliante di statue di celebrati campioni. 34
Tutti i cittadini illustri o che fu ritenuto fossero tali e anche altri personaggi che in qualche modo ebbero relazione con Padova, qui sono pomposamente effigiati tra ampie toghe o pesanti armature. […] Tutti sono indistintamente presentati come «maximi viri», anche i più ignoti grammatici o mediconzoli” (Giovanni Comisso, Veneto felice).
Piazza delle Erbe, Palazzo della Ragione (38) Il Palazzo della Ragione è nato nel 1200 e cresciuto nel 1300 come luogo deputato all’amministrazione della giustizia, durante la travagliata storia del Comune padovano. Nella sua centralità urbana, nell’imponenza del costrutto, nella raffinatezza delle linee e persino nel decoro degli interni a suo tempo affrescati da Giotto, racconta l’importanza che la civiltà comunale annetteva a questa pubblica funzione.
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Padova Piazza del Santo (40) Nella foto la vasta piazza del Santo, dominata dalla Basilica di Sant’Antonio costruita nel 1232 e terminata dopo ottant’anni rispecchiando così un’archittetura in continua evoluzione. E’ una delle chiese più belle e più importanti del mondo, ogni anno viene visitata da 4 milioni di pellegrini. Di fronte alla Basilica del Santo, alta
sul suo piedistallo, uno dei monumenti equestri più famosi d’Italia e del mondo: la statua del Gattamelata di Donatello.
Oratorio di S. Giorgio, Scuola del Santo, Museo Civico La piazza nasconde altri splendidi capolavori. A fianco della basilica, l’Oratorio di S. Giorgio,
costruito nel 1377. La Scuola del Santo, al centro della foto, fu costruita nel 1427 come sede dell’Arciconfraternita di S. Antonio, il cui salone superiore è ornato di affreschi di artisti veneti del ‘500 tra i quali il Tiziano. A chiusura dei tre edifici troviamo il Museo Civico al Santo, realizzato nel 1870 e attualmente sede di mostre.
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Abano Terme
Piove di Sacco
Piazza del Sole e della Pace (42-43)
Piazza Incoronata (46)
Reperti archeologici e testimonianze di scrittori romani attestano la longevità delle acque termali del padovano, di cui l’odierna organizzazione degli stabilimenti alberghieri di Abano offre un utilizzo d’eccellenza. L’assetto della città, dal 1800 in avanti, è cresciuto in funzione dello sviluppo di questa industria dell’accoglienza, dell’idroterapia, della fangoterapia. Ultimamente l’area civica termale si è arricchita anche di una originale piazza con meridiana, ideata, con dovizia di simboli, dall’astronomo Salvador Condè.
Dal Paleoveneto, ai Romani, ai Longobardi, alle Signorie: una lunga storia all’incrocio di vie importanti di terra e di acqua. Ti guardi intorno alla ricerca di tracce: forse i portici bassi del centro storico di Piove suggeriscono ancora atmosfere di borgo antico. Ma il resto è sparito dalla vista, salvo un Torrione isolato che regge sulla sommità il campanile nano di una cattedrale costruita e ricostruita sullo stesso sito in epoche diverse. Chi riesce più a star dietro alle vicissitudini del tempo?
Montegrotto Terme Piazza Roma (44) Montegrotto si può dire simbiotica ad Abano: stesse acque, stessa specializzazione idroterapica, stessa cultura e organizzazione dell’accoglienza e persino - pare - una contaminazione territoriale: ai tempi dei tempi, il territorio di Abano sormontava quello dell’attuale comune di Montegrotto. In più a Montegrotto troviamo la sorpresa di un “Museo Internazionale del vetro d’arte”, e l’esposizione nella piazza municipale delle originali sculture in vetro del maestro Umberto Del Negro.
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Piazzola sul Brenta Vista area del complesso di Villa Contarini (47) Piazza di Villa Contarini (48) Si dice “Villa Contarini”, ma si tratta di qualche cosa di più di una villa. E’ un piccolo universo scenografico creato per la villeggiatura dei “signori”, dove nessun accessorio manca: dalla piazza circolare orlata di balaustre, ai portici, ai teatri, ai giardini, alle acque, all’oratorio. E, naturalmente, a far da sfondo c’è la splendida residenza che si apre in larghezza, costruita a più mani in tempi diversi con diversi contributi, tra cui quello di tipo palladiano.
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Arquà Petrarca Piazza della Fontana (50) E’ detta Fontana del Petrarca ma esisteva già ai tempi del poeta. Un documento parla infatti di un atto redatto nel 1235 presso la Fontana di Arquà. Va detto però che lo scrittore veniva qui per attingere l’acqua e che forse vi fece eseguire anche dei lavori di restauro. Sull’arco frontale in pietra di Nanto è inciso un distico in latino che significa: “Un nume abita in questa fonte, o straniero: venera quest’acqua, bevendo la quale il Petrarca poté cantare versi divini”. Piazza S. Marco Pur trovandosi ai margini dei circuiti turistici più frequentati, Arquà Petrarca è un autentico gioiello ambientale dei Colli Euganei e un luo-
go della memoria storica. Nel suo chiarore si materializza l’atmosfera del borgo medioevale come per una sorta di fermo-immagine nella fuga del tempo.
Casa del poeta Francesco Petrarca Vibra ancora sottilmente, nella solitudine della collina, l’inquietudine dell’antico poeta: “Di pensier in pensier, di monte in monte Mi guida Amor... Se ’n solitaria piaggia, rivo o fonte, se ‘nfra duo poggi siede ombrosa valle, ivi s’acqueta l’alma sbigottita; et come Amor l’envita, or ride, or piange, or teme, or s’assecura”. (Canzoniere, CXXIX)
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Cittadella Vista aerea della città murata (52) Piazza Luigi Pierobon Alla dimensione umana della piazza, non priva di note vezzose e attraversata da morbide luci invernali, si sovrappone la classicità imponente della cattedrale moderna (1826),
vegliata dalla verticalità di un campanile dalle radici antiche.
Campo della Marta e le sue mura (54) Cittadella iscrive già nel nome la sua natura di borgo murato. Le circostanze della nascita e la prossimità territoriale richiama-
no inevitabilmente il parallelo di Castelfranco Veneto e il gioco di rivalità tra Padova e Treviso nel secolo d’oro dei Comuni. Anche dopo l’acquisizione della propria autonomia urbana e il passaggio nelle vicissitudini della storia, l’antico borgo non ha dimenticato la sua matrice padovana e conserva
gelosamente il dono delle splendide mura progettate da Andrea di Carturo. Di esse la nostra documentazione offre un colpo d’occhio panoramico da Campo della Marta.
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Este Piazza Maggiore, vista di Via Matteotti e Torre Civica (56-57) Il contenitore di questo importante manufatto si chiama “via” ma è a tutti gli effetti una lunga “platea” aperta, di cui la Porta Vecchia, con l’imponenza della mole sovrastante, disegna il chiaro fondale. La fuga di case e di portici verso il punto focale dell’orologio e della loggia, restituisce a questo angolo il sapore del Borgo.
Montagnana Piazza Vittorio Emanuele II (58) L’abitato di Montagnana raccolto entro l’abbraccio di un’antica cinta muraria, ti scopre dimensioni, atmosfere e colpi d’occhio d’altri
tempi. Tra i portici bassi con le travature lignee, dentro i quali filtrano le luci delle vetrine e la mole del Palazzo della Cassa di Risparmio, già avverti lo spazio degli incontri che si sta aprendo. L’orizzonte si allarga: l’estensione della piazza apre ora la sua intera dimensione pubblica, cinta di edifici porticati e gravitante sulla mole angolata della chiesa madre. Le Mura: un ordito lungo 2 km di muro fortificato, orlato di merli e di torri e resistente alle ingiurie del tempo, rappresenta una straordinaria eredità storica per tutti e non soltanto per il centro che lo custodisce. Costruisce anche un paesaggio pittorico inconfondibile di acque, di specchi, di luci, di ombre, intrecciando il verde dell’erba recente con il rosso del laterizio antico.
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Monselice Fontana del Museo Civico (60) La moderna fontana opera dell’architetto Mario Botta, inaugurata nel 2009, si trova nel complesso monumentale San Paolo. A fianco, il Palazzo e la Loggia del Monte di Pietà: edificio di impianto quattrocentesco, che ospitava in epoca veneziana il Monte di Pietà. Nel ‘600 venne aggiunta la Loggia, con colonne di ordine dorico e un’articolata scalinata a balaustre. Oggi è sede dell’Ufficio Accoglienza Turistica e della Biblioteca.
occhi racconta la nascita di un insediamento medioevale gravitante verso il Monte e la Rocca, che è evoluto progressivamente verso il modello della città altamente murata, sotto l’alterno controllo dei potenti di turno. Alla fine - siamo ai primi del ‘400 - l’incameramento nei domini veneziani ha stemperato il destino turrito di Monselice, preparandola alle ville signorili e agli impianti rinascimentali. Le nostre istantanee accompagnano il percorso in salita dalla Torre Civica al Castello, transitando per il Palazzo del Monte di Pietà (sec. XVI) con la caratteristica loggia.
Piazza Mazzini, Torre dell’orologio e Castello Ca’ Marcello Il toponimo è di origine romana (Mons silicis), ma l’impianto urbano consegnato oggi ai nostri
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Rovigo, scorcio Loggia dei Nodari, Piazza Vittorio Emanuele II
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Rovigo Vista aerea della città (64)
Piazza Garibaldi (69)
Piazza Vittorio Emanuele II (66) La figura è trapezoidale, ma per il resto questo spazio disegnato dalla sequenza degli edifici porticati, vegliato dalla Torre dell’Orologio e, sul lato opposto, dalla colonna con il Leone di S. Marco, ricalca la fisionomia delle più classiche piazze venete, nate per l’incontro della gente e per i mercati all’aperto.
Prossima a Piazza Vittorio Emanuele II, questa seconda la segue in ordine di importanza come luogo di frequentazione dei rodigini. Vi campeggia il monumento equestre dell’eroe dei due mondi e vi si affacciano due edifici che, a modo loro, raccontano la vita di Rovigo: l’attuale Palazzo della Camera di Commercio, in passato sede del capitano e podestà veneto, e il Teatro Sociale con la grande tradizione delle stagioni liriche.
Loggia dei Nodari La struttura muraria a tre arcate regge una loggia rinascimentale che, con la sua agile fuga di finestre e di fregi, introduce nello scenario armonico della piazza una nota originale e quasi “vezzosa”.
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Rovigo Piazza Giacomo Matteotti (70) Piazza G. Matteotti coincide oggi con un tranquillo giardino pubblico abitato dal verde, dalle panchine, e anche da qualche aggiunta monumentale e da qualche torre antica. Sembra destinato solo a pensieri leggeri, a passeggi di nonni e soste riposanti. Ma la Torre Donà e la Torre Grimani non sono ruderi di poco conto: si tratta di indicatori del sito dell’antica fortezza edificata dal vescovo di Adria nel 930 all’ombra della quale si sono attestati i primi “residenti” e al quale è appesa tutta la storia della città.
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Rovigo Piazza Umberto Merlin (72) Dove oggi zampillano le acque della fontana e occhieggia il verde degli alberi e dei cespugli, sorgevano un tempo gli edifici del vecchio ghetto ebraico, abbattuti nel 1930 per far posto alla moderna piazza, in seguito dedicata a un personaggio politico di spicco della città. A destra del lungo muro del mercato coperto, che nel nostro scatto ne oscura un po’ la vista, si trova la quattrocentesca Porta San Bortolo, importante, se non altro, perché è l’unica sopravvissuta tra quelle che si aprivano nella cinta muraria.
Piazza Venti Settembre con Chiesa della Beata Vergine del Soccorso “Rotonda” È chiamata piazza, ma si tratta piuttosto di un’area di avvicinamento all’originale edificio sacro di pianta ottagonale dedicato alla Madonna del Soccorso, progettato alla fine del Cinquecento dal bassanese Francesco Zamberlan collaboratore del Palladio, la cui impronta magistrale è ben riconoscibile. Alle spalle incombe, nel suo distacco, il monumentale campanile del tardo Seicento.
Fratta Polesine Piazza Martiri 1821, Villa Badoer (74) La “Badoera” (1556) è una splendida villa della campagna polesana che porta la firma di Andrea Palladio ed è considerata uno dei vertici della sua arte, al punto da aver ottenuto dall’UNESCO il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità. Eccelle in questo progetto la capacità dell’invenzione architettonica di combinare l’eleganza raffinata delle linee con la funzionalità ambientale.
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Adria Piazza Garibaldi
Piazza San Nicola
L’area della piazza gravita tutta verso la facciata della nuova cattedrale ottocentesca dei SS. Pietro e Paolo che ne costituisce lo sfondo scenografico. Il campanile appartiene invece stilisticamente a un’altra epoca (1688) ed è anche fisicamente staccato dall’impianto del Duomo.
Questa bellissima chiesa rivestita completamente di marmo di Verona fu promossa dagli Eremitani di San Agostino nel XVII secolo. Passò attraverso varie vicessitudini, per poi diventare dopo la Prima Guerra Mondiale monumento ai caduti.
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Badia Polesine Piazza Vittorio Emanuele II Il modulo stilistico è così aggressivo da trasportarti subito in Piazza S. Marco, a Venezia. Siamo invece in pieno territorio polesano, a Badia, un centro che lega il suo nome ad una antichissima “abbazia” camaldolese. La costruzione in primo piano, nata per essere sede di un mercato coperto, è solo una geniale ripresa del gotico veneziano, risalente al primo ‘900.
Lendinara Piazza Risorgimento (78) Questo spazio composto si chiamava un tempo “Piazza Maggiore” e ben a ragione, dal momento che qui insistono gli edifici istituzionali e storici della città, tra i quali il Palazzo Pretorio e l’antica Torre Maistra che ne certifica l’originale impianto fortificato e il Palazzo Comunale. Ma anche la nuova dedica risorgimentale è molto espressiva se si pensa a un nativo di Lendinara come Alberto Mario che fu ideologo, scrittore, attore del processo unitario italiano ed è associato addirittura alla memoria di Garibaldi.
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Treviso, scorcio del Palazzo dei Trecento, Piazza dei Signori
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Treviso Vista aerea della città (82) Piazza dei Signori e scorcio di Piazza Indipendenza (85) Al forestiero i palazzi e la Torre Civica fanno austera memoria del Medioevo della città, della storia del libero Comune e della Signoria. Ma ad uno di Treviso come lo scrittore Giovanni Comisso (1895-1969) suggeriscono confidenzialmente memorie più prossime e familiari: “Vi è la Piazza dei Signori dove si fanno le feste di Carnevale, dove la banda suona qualche volta nella sera di certi giorni di festa e dove nei giorni di mercato si trattano affari nei caffè sotto i portici e sotto alla Loggia. A un angolo si radunano gli studenti chiassosi e burleschi...” Anche la contigua Piazza Indipendenza, un tempo sede del mercato delle erbe, gli ricorda “le meraviglie della campagna” riversate sul selciato, mentre “le belle rivenditrici lanciano i loro richiami come offrissero le loro bellezze” (Veneto Felice).
Piazza G. Carducci, Loggia dei Cavalieri (86) Questa architettura aperta e fiorita di decorazioni, che il fotografo riprende intinta di luci serali, proviene direttamente dal secolo XIII ed era nata come contenitore coperto per gli intrattenimenti esclusivi dei nobili. È sopravvissuta miracolosamente alle disattenzioni degli uomini e alle offese delle guerre.
Piazza S. Maria Maggiore e Santuario La facciata tardogotica della chiesa con le cuspidi in pietra bianca e i vecchi edifici civili danno a questa piazza un tocco di Quattrocento. Ma le radici storiche del sito affondano ben più indietro: già nel secolo VIII, come attestano le carte antiche, qui era stato eretto un tempietto “in onore della beatissima Vergine”. Dal dilatarsi di questa piccola memoria è venuto il culto popolare della Madona Granda.
Piazza Indipendenza (84) Nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia la dedica ottocentesca all’Indipendenza di questa piazza nel cuore del centro storico di Treviso, è simpatica da ricordare. In luogo della vecchia fontana, all’ombra della mole del Palazzo dei Trecento, fu collocata allora questa raffigurazione simbolica dell’Italia, con la dedica ai caduti. I cittadini, sorridendo un po’ alla sontuosità del simbolo e ammiccando, forse, alla precedente intitolazione di Piazza delle Donne, indicano la statua come “la Teresona”.
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Treviso Piazza Duomo e Battistero (88) Il Battistero romanico di San Giovanni Battista dà una percezione di come poteva presentarsi agli occhi dei medioevali il complesso di edifici dell’antica Cattedrale. Lo stacco stilistico con il neoclassico del prospetto attuale è evidente, per quanto l’immagine lasci intravedere sul fianco del Duomo una complessità strutturale e un ritorno di laterizio che agevolano visivamente la contiguità delle forme diverse. Piazza Duomo e Cattedrale Il Duomo di Treviso dedicato a San Pietro Apostolo, ha origini storiche profonde, addirittura paleocristiane, e vi hanno messo mano culture diverse per costruire, ampliare, riedificare, aggiungere. Oggi l’immagine ci restituisce, nella facciata, l’impatto di un’eleganza neoclassica il cui ultimo tocco, riguardante il pronao e la scalinata, risale al 1836.
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Castelfranco Veneto Piazza Giorgione (91) Il monumento a Giorgione di Caregaro Negrin lo materializza sullo sfondo, alquanto simbolico, dei bastioni della città natale. Ma Zorzon di Castelfranco è quanto di meno materializzabile ci sia: il suo profilo, pur così universalmente quotato, sfugge alle incerte determinazioni degli storici (anche se proprio in questi giorni una carta d’archivio ne ha restituito almeno il cognome) e l’attribuzione delle opere mette in difficoltà gli studiosi dell’arte... E se invece del marmo lasciassimo parlare gli alberi, il cielo, le luci e le ombre di Castelfranco? Le mura e la torre del castello Nelle acque calme del grande fossato si specchia la storia remota del castello, nato sul finire del sec. XII come struttura fortificata del Comune di Treviso verso Vicenza e Padova.
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Come svela il toponimo, fu un’isola civile esentasse, in cambio dell’assunzione, da parte dei residenti, degli oneri ordinari di difesa e manutenzione: “Forno fatti franchi da ogni gravezza, con caricho solamente che tenessero arme et cavalli a difesa et conservazione del luogo” (Cronaca del ‘500 di B. Zuccato).
Vista area della città (92) Piazza S. Liberale (93) Il Duomo (sec. XVIII) che si affaccia sulla piazza con la sua sobria eleganza, rappresenta l’innesto del nuovo nelle atmosfere castellane di questo centro. Rispecchia una fase di revisione della cultura dell’abitare in cui, cambiato ormai il rapporto tra città e campagna, si comincia decisamente a investire sul processo di urbanizzazione.
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Conegliano Prossimità di Porta Dante: Fontana del Nettuno o dei Cavalli La vasca, che costituisce il pezzo più antico del manufatto, è opera di un maestro veronese del ‘300 e proviene dalla piazzetta ora denominata “18 luglio 1866”, in Contrada Granda. E’ stata lì fino al 1770 integrando al suo centro prima un obelisco e, dal 1770, la raffigurazione simbolica del dio romano Nettu-
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no, arrivata dal giardino di una villa di Oderzo. Alla fine, nel 1838, è stata sistemata nella sua ultima collocazione e alimentata con nuove acque in occasione del passaggio da Conegliano dell’Imperatore d’Austria, allora padrone del Lombardo-Veneto.
anche l’antico Duomo di Conegliano, senza interrompere la sequenza degli edifici e dei portici. Si accosta alla via attraverso lo splendido costrutto trecentesco della Scuola dei Battuti, pavesato di affreschi e di memorie.
Duomo su Contrada Granda
Piazza Giovanni Battista Cima: Teatro dell’Accademia e scorcio (95)
Nella contrada del centro storico si inserisce
La centrale piazza Giovanni Battista Cima
con il Teatro dell’Accademia e il Palazzo Municipale, ad esempio, è palesemente l’esito di un moderno impianto; ma sul lato sinistro si affaccia ancora il Rinascimento e si intravedono percorsi verso la collina a cui è appesa la storia antica del borgo... mentre sommessamente, alle spalle, ti sfiora ancora un’atmosfera diversa, con la vera da pozzo e leggerezza quattrocentesca di Palazzo Piutti.
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Oderzo Piazza Grande (già Vittorio Emanuele II) (97) Si direbbe, oggi, che Oderzo includa la dimensione della piazza nel suo DNA. Difatti ben prima della Opitergium dei Romani esisteva una Ob-Terg paleoveneta con un toponimo che significava appunto piazza o mercato o, magari, tutte e due le cose insieme. Quella che fotografiamo è invece l’odierna Piazza Maggiore, di origine medioevale: uno spazio molto ben definito nel quale le quinte vetuste dell’antico si aprono al largo respiro della platea e il pinnacolo della cattedrale, di concerto con il sole, gioca con le volute della meridiana impressa sul selciato.
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Il Torresin Sia il Torresin che il Torreson di Oderzo, pur insistendo sulle vecchie mura medioevali, sono l’esito di accorti interventi di rifacimento del ‘900. É il simbolo della città: si tratta di una torre dell’orologio completamente rifatta nel 1930 circa e ribattezzata Torre Littoria. Esso faceva da porta d’ingresso verso Treviso e costituiva una vera e propria muraglia che si è conservata nei secoli. Al suo interno trova posto una banca e la sede dei vigili urbani. Si trova adiacente al duomo e domina tutta Piazza Grande.
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Asolo Fontana Maggiore in Piazza Garibaldi
Piazza Garibaldi (99)
Questa fontana monumentale porta incisa la data del 1575 e ricorda inconfondibilmente i rapporti di Asolo con il Leone di San Marco che, durante il periodo della sua dominazione, la ebbe cara e ne favorì la crescita. Tra l’altro la Serenissima Repubblica verso la fine del ‘400 accolse Caterina Cornaro, ex regina di Cipro, nella residenza del Castello di Asolo (dal quale si gode della magnifica vista nella foto in basso), che diventò, in tal modo, sede di una splendida corte, frequentata da personaggi importanti del tempo.
Piazza Garibaldi, centro della città, oggi è invasa dal mercatino dell’antiquariato. Le quinte dei suoi palazzi storici accolgono lo scenario imprevedibile degli articoli in esposizione e la gestualità di un piccolo campionario di venditori e di osservatori. Dietro i movimenti della gente spunta il costrutto affrescato del Palazzo della Ragione, che offre la nicchia ombrosa del loggiato ai piccoli depositi.
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Vittorio Veneto
Possagno
Piazza Minoccio Minucci, Piazza Flaminio
Sagrato del Tempio di Canova (101) Antonio Canova è stato il maggiore e il più celebrato degli scultori della stagione neoclassica. Il tempio da lui ideato e fatto edificare nel paese natale, successivamente divenuto luogo celebrativo della sua memoria, focalizza al cospetto della natura circostante il nitore della sua arte e la fonte antica della sua ispirazione.
Dal 1866 un nome di sovrano simbolicamente beneaugurante cerca di interfacciare, in un ambiente naturale che sembra volgere sempre più a sentori di montagna, due identità urbane distinte per fisionomia e storia: a valle in posizione più aperta, Cèneda, originariamente polo dell’organizzazione religiosa territoriale; nella stretta dei monti, Serravalle, già sentinella dei traffici sulla via d’Alemagna, habitat compatto, economia evoluta. In questi paesaggi prodighi di natura, di passato e di arte, lo scorcio scenografico di Piazza Flaminio con il quattrocentesco Palazzo della Comunità o Loggia Serravallese, rappresenta il massimo. A seguire, la facciata moderna del Teatro Sociale di Serravalle.
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Venezia, scorcio del Palazzo Ducale, Piazza San Marco
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Venezia Vista aerea della città (104) Panoramica di Venezia vista dalI’Isola di San Giorgio Una nuova prospettiva di San Marco colta dall’isola di San Giorgio, che ci permette di meravigliarci ancora una volta dell’eleganza del
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palazzo dei Dogi e dell’imponenza del campanile di San Marco, simboli dell’eterna bellezza di questa città e del suo mistero.
Isola di San Giorgio ripresa dal campanile di San Marco (108) L’isola di San Giorgio sta proprio in faccia a
San Marco: l’una e l’altro si guardano specularmente, al punto da poter essere considerati due viste integrative sullo stesso scenario ambientale, storico e simbolico. La bianca struttura della facciata della chiesa, contigua agli edifici di uno splendido complesso monastico benedettino, lascia riconoscere l’arte
di Andrea Palladio che ne fu il progettista, pur senza poterne vedere il compimento.
Piazza San Marco (110-117) Lo scrittore veneto Giovanni Comisso incontra così il “cuore” della città, complici le prime luci del mattino: “Si percorre l’ombra umida
di alcune calli, d’improvviso ci si trova in un largo spiazzo deserto. Il cielo s’illumina tra due alte colonne. La chiesa di San Marco sta accumulata in disparte come un ammasso di roccia scavato di grotte di mare. Le due colonne risaltano, contro la luce mirabile e sfuggente. Nessuno cammina sulle pietre
bagnate. Tutto è immobile e visibile e mai visto prima. Si conosce ogni cosa ma assolutamente non è stata mai vista prima. Il palazzo rosa dà debolmente la sua ombra. Ci si sente attratti dalla luce e presto si è fra le due colonne e alla riva dove poche gondole lucide di guazza fremono al guinzaglio.” (Veneto Felice).
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Venezia Campo Santo Stefano (118) La chiesa con i suoi preziosi fregi e gli storici edifici di Campo Santo Stefano, quasi abbagliati dal chiarore solare che irrompe sulle loro facciate, sono restituiti ai loro caldi cromatismi dalla tavolozza di una pittrice e di un pittore arrivati di lontano, ma assolutamente veneziani nella finzione dei loro costumi.
Città romantica Il mito di Venezia “luogo degli innamorati” non è un’invenzione letteraria, ma un sentore immediato che emana dal suo habitat, dalle sue acque antiche che si proiettano verso il mare aperto con la stessa dolcezza con cui lambiscono i palazzi e sciacquano gli scalini degli ormeggi. Sono esse ad offrire la loro onda alle gondole degli innamorati e a svelare loro il segreto della città.
Campo Santa Margherita Il rosa antico di un palazzo di Venezia con il contrappunto dei balconcini chiari e la statua quattrocentesca di S. Margarita (secondo la dolce variante locale), offre il suo sfondo all’abbraccio, intrecciato di boccioli, di due innamorati. E’ la festa del “bocolo”. “Dime, che val sensa l’amor la vita? che val al vecio melo ave’ i rami imersi in siélo sensa la so fiorìta....?” (Biagio Marin)
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Venezia Campo dei Mori I Mori incastonati sui muri in questo campo non sfoggiano niente di scuro, se non un naso metallico posticcio; al contrario splendono nel candore della loro antica pietra d’Istria, slavata dai secoli. Si tratterebbe dell’effigie di tre fratelli forestieri che, dal lontano Peloponneso (“Morea” in gergo medioevale) arrivarono a Venezia nel 1112, fecero i loro affari, e si costruirono pure il proprio palazzo. Che buffo questo vetusto sior Rioba, ritratto su un percorso mercantile che sembra quasi incrociarsi con quello del veneziano di passaggio!
Campo San Zanipolo (121) Un colpo d’occhio scenografico straordinario quello di campo San Zanipolo, con il mattone rosso incombente della chiesa gotica e la raffinata luminosità della Scuola Grande di San Marco. Se poi, con un briciolo di fantasia, si riesce a riempire lo spazio con i colori tradizionali del lungo corteo che, in altri tempi portava fin qui il feretro dei Dogi, tra addobbi e rintocchi di campane, il luogo torna a vibrare di memorie, oltre che di bellezza.
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Venezia Santa Maria dei Frari (122)
Campo San Pantalon
La Basilica di Santa Maria dei Frari rappresenta - dopo la Basilica di San Marco - il più straordinario complesso religioso della città di Venezia. Nota per essersi trasformata, nel corso dei secoli, in un incredibile scrigno di opere d’arte eccezionali per importanza e valore, attraverso le quali è possibile compiere un viaggio nella storia dell’arte e della devozione alla città.
San Pantaleone (etimologicamente: “tuttoleone”) al di là del suo profilo di martire della cristianità, aveva un nome che doveva suonare piuttosto simbolico agli addetti ai lavori nel tempo in cui il Leone di San Marco era una potenza in pieno slancio espansionistico. Nessuna meraviglia dunque che gli siano stati dedicati a Venezia una chiesa parrocchiale,
un campo, un rio e persino... l’icona di una caratteristica maschera locale, che ostenta miseria ma in definitiva paga tutto (“Paga Pantalon!”). La foto esalta visivamente questi sentori di venezianità.
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Venezia Campo San Trovaso con “Squero” “Lunga, sottile e nera, con la punta della sua estremità innalzata e una prora strana e graziosa, in acciaio luccicante, la gondola merita la sua gloria. Un uomo, in piedi dietro i passeggeri, la governa con un solo remo […]. Non si fa niente e si va, ci si riposa e si guarda, si è accarezzati da questo movimento...” (Guy De Maupassant, Reportage tradotto da Tiziano Scarpa). Una chiesa di antichissima origine, ricostruita nel 1584. Curiosa la presenza di due facciate palladiane quasi identiche tra loro, una rivolta verso Campo San Trovaso e l’altra verso il rio omonimo. Secondo la tradizione, questo doppio ingresso serviva per tenere separate le due fazioni rivali dei Castellani e dei Nicolotti quando si recavano contemporaneamente in chiesa, onde evitare lo scatenarsi di risse, questo a ricordo della dualità del nostro essere.
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Venezia Campo del Ghetto Nuovo (126) “Siamo ben lontani dai 5000 ebrei che nel 1655 vivevano stipati nei meandri di quelle case e in quei due Campi, in un brulichio quasi assurdo di attività, di pensieri, di immaginazione. Quando il vecchio Melchisedeck, come racconta la leggenda, s’era creata una singolare consuetudine: quella di trasferirsi sempre più in alto, ad ogni sopraelevazione, ad ogni nuovo abbaino che si costruiva. E di lassù discorrere da solo, quasi salmodiando, con le mani coprendosi il volto in direzione di Israele” (Goffredo Parise, Il Ghetto di Venezia)
Campo San Fantin, Teatro La Fenice La facciata della chiesa tardo-rinascimentale di San Fantin guarda quella della Fenice, tempio, a sua volta, della lirica: un luogo della musica con un prestigio paragonabile, qui da noi, solo a quello della Scala. Purtroppo la storia di questo prezioso teatro nato nel 1792, è attraversata dall’incubo degli incendi l’ultimo dei quali risale al 1996. Risorto dalle ceneri, oggi ha ripreso il suo cammino e da qualche tempo propone in diretta televisiva nazionale il Concerto di Capodanno nostrano, sulla scia della tradizione dei Wiener Philharmoniker.
Campo del Caffetier e accesso all’Arsenale (128) Lo sguardo si concentra sullo smagliante arco di trionfo quattrocentesco, pieno di simbologie veneziane, attraverso cui si accede via terra all’Arsenale. Per una realtà come Venezia che vive sull’acqua e che, puntando sulle acque del mare, è assurta al ruolo di Grande Potenza, l’Arsenale non è stato solo un cantiere navale, ma un luogo storico e affettivo. 127
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Venezia Campo San Giacomo, Canal Grande e Ponte di Rialto La chiave di lettura di questo sito è il mercato medioevale. Non per nulla all’interno della chiesa di San Giacomo gli altari sono dedicati alle varie categorie di operatori del settore e anche fuori, nell’abside, un’iscrizione latina del XII secolo ricorda ai venditori che esercitano nell’adiacenza, di conciliare il commercio con l’onestà. Sempre per le esigenze di questo mercato, l’edificio della chiesa con il tempo si è dovuto restringere in se stesso, montando campanile e orologio sulla facciata. Così San Giacomo è diventato San Giacometto: sempre suggestivo, comunque, nella sua antica bellezza.
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Venezia Chiesa Santa Sofia (132) Detta anche Chiesa della Strada Nova perché fu proprio a causa della costruzione di questa nuova strada che la chiesa dovette essere notevolmete ridottta nelle dimensioni. Lo scatto
ne coglie ancora la “sofferenza” quasi fosse prigioniera di case costruite in epoche successive, dalle quali emerge il campanile, come un naufrago a ricordarne la presenza.
Campo San Tomà Non fa parte dei siti famosi della città, ma offre tutti gli ingredienti del “campo” veneziano: l’impiantito di masegni squadrati, la vera da pozzo, l’antica sede della Scuola dei Calegheri,
le residenze con le tipiche tinte, la chiesa alle spalle. In più c’è la rappresentazione del pittoresco commercio all’aperto e dei turisti che osservano incuriositi.
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Venezia Campo San Barnaba Dalla bellissima immagine capiamo perché Steven Spielberg e altri registi si innamorarono di questo campo: la maestosa facciata della chiesa, l’imponenza e la particolarità del suo campanile a cuspide che con i suoi oltre mille anni, è uno dei campanili più vecchi della città.
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Venezia Campo San Lorenzo Dell’importanza di questo campo e della sua chiesa è rimasta solo la bellezza architettonica e il ricordo della sepoltura di Marco Polo. Oggi questo complesso è sconsacrato e abbandonato come l’annesso convento di monache benedettine, famoso per ospitare esclusivamente religiose di origine patrizia. Di queste erano ricordati i comportamenti eccessivamente libertini tanto da rendere proverbiale la loro corruzione.
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Venezia Campo San Polo (136) Ci sarebbero molte storie da raccontare su questo campo, il più grande di Venezia dopo San Marco: storie di omicidi, spettacoli e feste, prediche antisemite e di tantissimi pittoreschi fatti realmente accaduti. Ciò che noi scorgiamo in questa foto è un luogo d’incontro dove vengono a giocare i bambini a passeggiare le mamme, ad esibirsi gli artisti di strada, un luogo di passaggio e d’appuntamento la piazza, il campo vissuta come casa della comunità. Campo Santa Maria Zobenigo Ci invita ad alzare il nostro sguardo verso il cielo questa interessante prospettiva della facciata della chiesa di Santa Maria del Giglio, dove si possono ammirare dei bassorilievi di piante di diverse città, tra cui Zara in Dalmazia, Padova, Roma, Corfù, Spalato e Candia nell’isola di Creta, ricordo d’antiche imprese.
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Venezia
Chioggia
Campo Manin e Scala del Bovolo (138)
Vista aerea della città (140)
Questo campo dedicato al patriota e politico italiano Daniele Manin, del quale riconosciamo la statua, ha la particolarità di celare tra le calle che lo circondano una piccola meraviglia: la famosa Scala del Bovolo, una scalinata a chiocciola (“bovolo” in veneziano) costruita alla fine del ‘400. Questo elegante edificio ricorda le torri scalari bizantine ed è parte di Palazzo Contarini del Bovolo, che confina con il campo stesso, allungandosi all’interno di una piccola corte alla fine di una stretta calle, quasi volesse proteggere questo piccolo gioiello alla vista dei turisti.
Corso del Popolo, detto “la Piazza” (141) Chioggia è una Venezia in miniatura dove la dimensione lagunare attraversa e avvolge tutto: l’ambiente, la storia, la gente, il mercato. L’immagine coglie uno scorcio del centrale Corso del Popolo: uno spazio sospeso tra strada e piazza dominato da un antico campanile (sec. XI-XII) che monta uno dei due orologi da torre più antichi del mondo.
Campo dei Tolentini Questo edificio che ricorda un tempio classico greco-romano grazie alle colonne corinzie e alla facciata neoclassica è ora sede “ideale” della facoltà di archittettura. In epoca passata è stato luogo di culto, conosciuto come chiesa di San Nicola da Tolentino, nella facciata è incastonata una palla di cannone che si abbattè sulla cupola durante un attacco austriaco del 1849.
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Concordia Sagittaria Piazza Cardinale Celso Costantini Precede storicamente la vicina Portogruaro di cui condivide l’habitat e che fu per lungo tempo nella sua orbita politico-religiosa. E’ nata come insediamento paleoveneto, poi è divenuta florida colonia romana con la denominazione di Julia Concordia, sede vescovile all’ombra di Aquileia, subendo, alla fine, l’urto distruttivo delle invasioni barbariche che arrivavano dalla porta orientale dell’Italia. La documentazione di questo passato importante, e in modo particolare del percorso romano-cristiano, è tornata ad affacciarsi attraverso straordinari reperti, frutto di lunghe campagne di scavi. In virtù di queste scoperte, Concordia oggi è diventata un luogo archeologico straordinario, con vista anche nelle memorie del sottosuolo.
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Portogruaro Piazza della Repubblica: Loggia Comunale (144) Questo gotico antico orlato di merli ghibellini, nel quale il tocco della pietra bianca addolcisce appena l’austerità della linea, è diventato ormai il biglietto da visita di Portogruaro ai suoi visitatori. La parte originaria duecentesca della “lugiia comunis” ospitava le riunioni del Maggior Consiglio al quale il vescovo di Concordia, dal 1256, aveva concesso la prerogativa dell’elezione del podestà.
Piazza del Pescatore Nelle “Confessioni di un italiano” lo scrittore e protagonista risorgimentale Ippolito Nievo aveva felicemente descritto Portogruaro come un habitat in cui “il tipo della Serenissima dominante era copiato e ricalcato con ogni possibile fedeltà”. Il nostro scatto fotografico esalta questa percezione e il rapporto nativo della gente con l’acqua. Il fiume navigabile sta all’origine dell’insediamento originario, ne ha condizionato lo sviluppo urbanistico, ed è stato utilizzato per secoli come via per lo smistamento di merci tra l’entroterra e Venezia nell’epoca del suo grande splendore.
Riflessi del Duomo sull’acqua (146) Il poeta portolano Girolamo Zambardi (18281904) volge lo sguardo al Duomo dopo l’intervento ricostruttivo terminato nel 1883: “Trocoloto el gera prima / questo nostro campaniel, / mentre adesso la so cima / la se slanza drita al ciel”.
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Mestre
Burano
Piazza Ferretto e Torre Civica
Piazza Baldassare Galuppi (148-149) Burano è un’isola in cui si approda per assaporare l’atmosfera lagunare allo stato puro: acque, barche, pesca, una dimensione paesana e colorata dell’abitare, voci di natura e di gente con caratteristiche inflessioni e, dentro casa,
Mestre ha un suo passato importante e autonomo come borgo murato e successivamente come terra di ville per le nobili famiglie della Serenissima. Nella foto alcune suggestioni di questa città inedita ancora popolata di gente.
memoria popolare di merletti. Il monumento in primo piano al musicista Baldassare Galuppi non è una contraddizione, ma il tentativo di dire che il dono dell’arte può arrivare anche da un habitat di pescatori. Sulla piazza si affaccia la Chiesa di S. Martino, dalle sobrie geome-
trie rinascimentali, che ben si armonizza alla dimensione popolare dell’abitato, delle acque, del ponte che le è simmetrico. Il campanile settecentesco, invece, vorrebbe originariamente puntare più su, ma è stato penalizzato dalla sua accentuata inclinazione.
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Noale
Murano
Rocca dei Tempesta (150) Piazza Castello, Torre delle Campane, “Noale in Fiore”
Vista aerea della città (154)
La cittadina di Noale, oltre a realizzare il mercato regionale dei fiori e del giardinaggio che la riempie di colori, organizza ogni anno la rievocazione del Palio, a ricordo del suo passato medioevale. Lo scorcio del suo Medioevo è compreso tra la porta orientale segnata dalla Torre dell’Orologio e la porta occidentale con la Torre delle Campane. Il terzo elemento è la suggestiva Rocca dei Tempesta cinta dalle acque del fiume che ne riflettono i profili turriti.
Campo San Donato Fondamenta Giustinian, SS. Maria e Donato (155) I rapporti tra i lagunari e l’Oriente sono alle radici della loro storia e interagiscono poi significativamente con quella della Serenissima Repubblica. Se ce ne fossimo dimenticati, la splendida architettura veneto-bizantina muranese del Duomo dei SS. Maria e Donato sarebbe lì a ricordarcelo. Particolarmente suadente la vista dell’abside nella quale l’eleganza del porticato in cotto fiorisce di pietra bianca.
San Donà di Piave Piazza Duomo (152) Anche il Duomo di S. Maria delle Grazie ha condiviso le sorti della città durante la Grande Guerra e dopo è stato riedificato sulle rovine della precedente chiesa ottocentesca. Le luci discrete del pronao forse custodiscono ancora, nella notte, la memoria di quella tragedia comunitaria lontana ormai un secolo.
Piazza Indipendenza (153) San Donà, nonostante le sue radici remote (sec. XII), non ha edifici vetusti da esibire, neppure in questa piazza importante e gradevole in cui ha sede il governo della città. Difatti il suo abitato è stato ridotto a un cumulo di macerie nel corso della Prima Guerra Mondiale, dopo la rotta di Caporetto, e poi è stato ricostruito ex novo secondo il gusto degli anni ‘20.
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Caorle Piazza Vescovado Quasi a mezza strada tra Venezia e Trieste, con i suoi 18 chilometri di spiaggia adriatica Caorle evoca oggi facilmente immagini di ombrelloni e di vacanza. Eppure ha un patrimonio importante oltre che di natura, di storia, come testimoniano l’antica cattedrale romanica dell’XI secolo e lo splendido campanile cilindrico a cuspide conica di stile ravennate. Questo manufatto che si eleva alto sull’abitato, narra non solo la vicenda religiosa della comunità ma anche quella civile, quando svolgeva la funzione di torre di guardia a difesa del territorio.
Piazzale antistante il Santuario di Santa Maria dell’Angelo (157) E’ un suggestivo angolo di Caorle tra mare e cielo qui colto sul fondale dei colori del primo mattino, e si lega ad una curiosa tradizione religiosa locale secondo la quale il movimento delle onde avrebbe trasportato in prossimità di queste sabbie un’icona bizantina della Vergine arrivata da lontano. Fu recuperata da mani di fanciulli e poi ospitata nella chiesa di S. Michele Arcangelo. Di qui la denominazione corrente di Santa Maria dell’Angelo.
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Verona, scorcio dell’Arena, Piazza Bra
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Verona Vista aerea della città (160) Piazza Bra Sullo scenario della piazza e sulle sue pur cospicue cornici monumentali incombe la mole grandiosa dell’Arena, contenitore di spettacoli dall’antichità ad oggi ed essa stessa “spettacolo” anche per il visitatore del nostro tempo, nonostante le ingiurie degli anni. Con il linguaggio della pietra calcarea racconta la vita longeva della città e l’imponenza del suo ruolo nella storia del passato.
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Fontana delle Alpi La fontana è arrivata in regalo nel 1975 dalla Germania, per suggellare il gemellaggio tra Verona e Monaco di Baviera. I veronesi ci sguazzano in occasione delle vittorie della squadra di calcio locale e strizzano l’occhio amabilmente a quel manufatto dalle forme particolari (“struca limoni”).
Spettacoli dell’Arena
Monumento a Vittorio Emanuele II
Gladiatori, martiri Cristiani, roghi per gli eretici, giostre cavalleresche, caccia di tori, equitazione, spettacoli di ascensione con aerostato, commedie, gioco della tombola sono solo alcuni degli “spettacoli” ospitati nelle varie epoche in questo bellissimo anfiteatro. È ora diventato luogo di musica da quando nel 1913 si aprì ufficialmente la stagione lirica, da li l’Arena divenne il più grande teatro lirico all’aperto del mondo e ne conserva tutt’ora la magia ed il fascino.
La statua equestre in bronzo a Vittorio Emanuele II, figura storica e simbolica dell’unità italiana, è stata realizzata nel 1883 da Andrea Borghi e sfoggia la sua imponenza e monumentalità nel contesto della piazza. Una monumentalità che richiese a suo tempo l’immediato rinforzo del basamento, in difetto di portata.
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Verona Piazza delle Erbe
Tribuna o Berlina
Case dei Mazzanti
Fontana di Madonna Verona
Subito dopo sua maestà l’Arena, a Verona viene Piazza delle Erbe: è il cuore della città di oggi come lo era di quella di una volta, quando qui insisteva il Foro Romano. In questo luogo troviamo uno straordinario concentrato di palazzi, di monumenti, di colori ambientali e di atmosfere urbane, in mezzo ai quali si aggirano anche i colori di una varia umanità e scivolano gli aromi del mercato. Palazzo Maffei, affiancato dalla Torre delle Ore, disegna il lato più corto della piazza in modo molto scenografico, con terrazza e ornati, anche se esprime un modello architettonico tardo-barocco un po’ inaspettato in questo ambiente.
Una figura di bimbo, icona simbolica del futuro della città, si cimenta con questi impossibili scalini di pietra, in cima ai quali nell’epoca del Comune medioevale salivano i vecchi uomini del potere per prestare giuramento di fedeltà alle Istituzioni.
Gli edifici che oggi fioriscono di colori primaverili oltre che di antichi affreschi murali allegorici, prima di passare nel 1527 in mano a Matteo Mazzanti e ai suoi fratelli, avevano ospitato, in epoca scaligera, la “domus bladorum”, cioè il magazzino pubblico del grano.
La fontana pubblica del tardo ‘300 è legata alla soluzione del problema di approvvigionamento idrico della piazza e utilizza come supporto monumentale una statua originale romana, forse raffigurazione di una divinità, recuperata dal sito del Foro. Dalle bocche dei mascheroni di pietra continuano a zampillare acque e memorie.
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Verona Piazza dei Signori Rispetto al brio di Piazza delle Erbe, qui l’atmosfera è più seria e rappresentativa per la presenza di edifici storici che hanno avuto, e in gran parte conservato, una destinazione istituzionale: dal Palazzo del Comune in passato ancora più arcigno e turrito di adesso, a quelli del Capitanio, di Cangrande, fino alla Domus Nova. Di questa cortina architettonica il passaggio più splendido e delicato è la Loggia del Consiglio, ostensorio della cultura umanistica veronese, che emerge nella limpidezza rinascimentale dei suoi lineamenti.
Monumento a Dante Alighieri e Torre dei Lamberti (167) Nell’area suggestivamente scaligera di Verona, il monumento a Dante di Ugo Zannoni è ben più di un marmo celebrativo: è memoria fisica di un viandante inquieto che proprio qui, all’inizio del ‘300, varcò la soglia della casa di Cangrande. Questa torre è una realtà a sé della piazza, in quanto iniziata dai Lamberti nel 1172, ben prima dell’edificazione del Palazzo del Comune nel quale fu poi inclusa. Anche se la parte più alta ed elaborata è un’aggiunta quattrocentesca, il manufatto, così com’era all’inizio, è passato subito al servizio del Comune. Il rintocco delle campane che vi furono issate (il “Rengo” e la “Marangona”) chiamava i cittadini all’assemblea.
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Verona Piazza San Zeno, Basilica di San Zeno Maggiore con particolare del portale (168-169) Le forme architettoniche di S. Zeno vengono incontro alla vista nello spazio largo e profondo della piazza dalla quale ricevono risalto e proporzione. L’antico torrione abbaziale in cotto e il campanile listato ne accentuano la centralità. L’impianto basilicale del secolo XII, oltre all’eccellenza romanica del suo progetto e dei suoi preziosi complementi, racconta le radici antiche di un culto che sormonta la storia visibile dell’edificio e affonda le sue radici nelle memorie dei primi secoli cristiani di Verona.
Piazzetta Castelvecchio L’immagine associa lasciti storici veronesi di epoche decisamente diverse: l’arco romano del secolo I progettato da Lucio Vitruvio Cerdone per la Gens Gavia e la complessa struttura trecentesca di Castelvecchio eretta da Cangrande II della Scala per propria residenza e anche come opera difensiva da e verso la città. Quasi non bastasse, tra le mura dell’antico maniero incombono anche ombre di tragedie contemporanee.
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Verona Piazza San Fermo Il Versus di Verona, testo ritmico latino d’epoca carolingia, identifica già chiaramente questo sito (“a meriggio del fiume”) in cui il vescovo Annone nel 754 aveva iniziato il culto dei martiri Fermo e Rustico. I monaci benedettini, eredi della chiesetta antica, la riedificarono
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in forme romaniche nel secolo XI e poi, per proteggerlo da esondazioni del vicino Adige, ebbero la brillante idea di sovrapporre alla precedente una costruzione più alta in gotico. Due chiese in una, passate poi all’ordine francescano: lo splendore variegato di San Fermo è nato proprio così.
Piazza Santa Anastasia A Verona, per forza d’abitudine, hanno continuato a chiamarla Santa Anastasia anche quando la vecchia chiesetta omonima non esisteva più e, sul finire del secolo XIII, era partito il cantiere della nuova grande chiesa conventuale domenicana dedicata a San Pie-
tro Martire. I progettisti erano frati dell’Ordine: forse emiliano-romagnoli, forse gli stessi della chiesa sorella di San Zanipolo a Venezia. Lo scatto fotografico disegna lo spazio di una piazza fondata su solide architetture gotiche e ha come centro d’attrazione la policroma raffinatezza del portale.
Verona Piazza Duomo L’istantanea sulla facciata della Cattedrale di Verona evidenzia il taglio romanico del costrutto, esalta il segno del protiro a due piani di Maestro Niccolò (1139) e svela anche le tracce di interventi diversi dentro una storia costruttiva decisamente lunga. Ma il record di antichità di Piazza Duomo non è detenuto tanto dagli edifici, pur di estremo interesse, quanto piuttosto dai manoscritti conservati nella ricostruita Biblioteca Capitolare: si affonda fino al IV secolo dopo Cristo. Essa custodisce, tra l’altro, una delle più remote attestazioni di scrittura latina che vira al “volgare”: l’“indovinello veronese” del VIII-IX secolo.
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Piazza della Libertà, Torrione (172)
Piazza Antenna (174) Dentro una cintura di mura trecentesche e al cospetto di un gotico come quello di Palazzo Cavalli, un’intitolazione come questa lascia un po’ sorpreso il turista tecnologico, giustamente convinto che l’antennistica non sia una specialità da medioevo delle arti. Ma basta alzare gli occhi e l’antenna è subito ridotta alla dimensione, arcaica ma plausibile, di portastendardo della Serenissima.
Il cosiddetto Torrione è il superstite dello splendido costrutto fortificato cresciuto nel tempo, che già alla fine del ‘400 era autorevolmente ritenuto “fortissimo e inexpugnabile” (Sanudo). Dopo l’annessione al Regno d’Italia, eventi naturali e decisioni umane hanno contribuito a cancellarne sostanzialmente le tracce. I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale hanno fatto il resto.
Piazza della Libertà, Duomo (172)
Vista aerea della città (175)
Legnago è quel “vertice” del Quadrilatero difensivo austriaco nel Lombardo-Veneto sul quale la nostra memoria storica leggera di ragazzi, molti anni fa, facilmente si inceppava. Occorre allora rendergli giustizia, riconoscendogli il suo passato importante che va dalla prima fondazione preistorica alla vicissitudine di secoli spesi come sentinella di Verona, dalle sponde dell’Adige. Il Duomo di San Martino oggi disponibile non è più quello che si poteva vedere nella città antica in un passato lontano, ma il rifacimento del ‘700-’800, rimasto visibilmente incompleto.
Piazza S. Martino, Torre dei Caduti Il ricordo di Legnago ai caduti della Guerra Mondiale è sorto tra il 1923 e il 1937, in forma di torre, e rispecchia il gusto monumentale caratteristico di quest’epoca.
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Cologna Veneta Piazza del Capitaniato, Palazzo Pretorio (176) Cologna Veneta non è solo “mandorlato”. Annovera un passato remoto importante già nel primo millennio come colonia romana, poi rinasce come Colonia Gotica ad opera di re Teodorico. Conosce il dominio signorile che le lascia un’eredità di fortificazioni. All’apice del suo curriculum storico stabilisce un rapporto privilegiato con Venezia che l’aggrega direttamente al sestiere di Dorsoduro, per gratificarla dell’apprezzata fornitura dei canapi per le proprie navi.
Piazza del Duomo La piazza, ricavata dalla demolizione di opere scaligere medioevali, è dominata dalla mole sopraelevata del Duomo di Santa Maria Nascente, un edificio di linea neoclassica introdotto da un grandioso pronao e da una scalinata. E’ stato terminato nel 1827 ed integra un campanile di 92 metri, che emula quello veneziano di San Marco.
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S. Ambrogio di Valpolicella
S. Pietro in Cariano
Piazza della Pieve di San Giorgio, Chiostro e Chiesa
Sagrato della Pieve di S. Floriano (179)
Non solo la dedica a S. Giorgio ma anche la fattura dell’antica parte absidale poi promossa a facciata con il cambio di orientamento della chiesa, indirizzano originariamente verso il Medioevo barbarico. Integrata con la torre campanaria e con l’attiguo, splendido chiostro, la pieve offre ancora agli occhi una memoria di rustica bellezza.
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Una platea di erba recente per una pieve romanica del sec. XII che splende ancora nel suo antico tufo. La storia vorrebbe raccontare le sue prime origini anteriori al Mille e il suo prestigio nell’area ecclesiastica della Valpolicella, ma è meglio chiudere i libri e fare di queste forme di pietra e di luce un oggetto di contemplazione.
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Malcesine Piazza Statuto, Piazza Guglielmo Marconi L’atmosfera di Malcesine che le immagini cercano di interpretare, nasce dall’abbraccio imperioso della montagna e dei suoi scoscendimenti sulla dolcezza del paesaggio lacustre, fino a sospingere verso di esso le ombre e i vapori. Ma restano intatti la luminescenza delle acque e il colore degli edifici storici come il palazzo rinascimentale del Municipio, un tempo residenza dei Capitani del Lago.
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Torri del Benaco
Bardolino
Piazza Calderini
Piazza Catullo (182)
Torri del Benaco è una località della riviera degli olivi che offre uno straordinario concentrato di bellezze naturali e di opere del tempo. L’annuncio è già nel nome che evoca parole di gusto antico, fuori ormai dal nostro catalogo: il Benacus dei Romani e il Castrum turrium del Medioevo, lo splendore invece si materializza con il godimento degli occhi.
La dedica della piazza sul lungolago a Valerio Catullo, ricorda il legame del famoso poeta romano con il Garda, più che specificamente con questo sito. Bardolino, oltre che un proprio originale cantore nel poeta romantico Cesare Betteloni (1808-1858) ha anche un suo entroterra fisico e storico da offrire, senza escludere la suggestione del lago e il piacere della villeggiatura.
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Vicenza, scorcio della Basilica Palladiana, Piazza dei Signori
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Vicenza e provincia
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Vicenza Vista aerea della città (186) Piazza delle Erbe Bellissimo primo piano della torre duecentesca che in passato era usata come prigione e luogo di tortura (vi fu imprigionato anche Silvio Pellico) e chiamata, per questo, Torre del Girone o del Tormento. La torre è unita alla Basilica Palladiana da un arco, detto degli Zavatteri, che la collegava al Palazzo del Podestà e così chiamato perché sotto di esso si teneva un tempo il mercato delle scarpe e delle ciabatte (zavate).
Piazza dei Signori (188-189) Piazza dei Signori è il centro storico e monumentale di Vicenza ed è dominata dall’elegante profilo rinascimentale della Basilica
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Palladiana. La costruzione, iniziata nel 1549 su progetto di Andrea Palladio e terminata nel 1614, è di grande impatto visivo e ingloba dentro le sue geometrie classiche la struttura gotica preesistente del medioevale Palazzo della Ragione. Cifra stilistica di tutto il centro urbano, l’arte palladiana è stata oggetto dell’ammirazione di visitatori antichi e moderni (compreso lo scrittore tedesco Goethe che ne parla entusiasticamente nell’opera “Viaggio in Italia”), e ha contribuito, nel 1994, a far inserire la città nel patrimonio mondiale dell’UNESCO. La cinquecentenaria Rua, nata come simbolo di un ordine professionale da trasportare durante la processione del Corpus Domini, divenne in pochi decenni un emblema della città di Vicenza.
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Vicenza Piazza dei Signori Ci sorprende questa panoramica di Piazza dei Signori, alla quale siamo abituati a dare le spalle per la piĂš prestigiosa Basilica, ma anche qui il Palladio ha dato dimostrazione del suo talento e della sua arte. Possiamo infatti notare da sinistra a destra la Loggia da lui progettata
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e destinata a residenza del Capitanio, la massima autoritĂ Veneziana a Vicenza. Al centro della foto il Palazzo del Monte di PietĂ con la chiesa di San Vincenzo, la quale viene aperta una volta alla settimana, la domenica mattina, in occasione della messa in latino.
Piazza Duomo (192) La piazza prende nome dalla Cattedrale della città, dedicata a S. Maria, lungo il cui fianco si distende e alla cui remota storia si mescola, come evidenzia l’avanzo dell’antica Torre del Duomo, all’altezza dell’abside dell’attuale
edificio sacro. La storia più antica però latita nel sottosuolo: nell’area archeologica sotto la chiesa e in quella sotto il limite meridionale della piazza dove si trovano i resti di un criptoportico romano. All’esterno invece prevale il nuovo, anche per merito dell’Oratorio del Gon-
falone di sapore palladiano, e della linea neoclassica dell’episcopio (1817-1818), da alcuni anni sede del Museo Diocesano Vicentino.
Piazza San Lorenzo (193) Passato e futuro si rincorrono in piazza San Lo-
renzo dove attraverso moderni giochi d’acqua si scorge la gotica basilica di San Lorenzo. Fondata dai frati francescani nel 1280. Sorveglia dall’alto con bonaria severità il poeta vicentino Giacomo Zanella (1820-1888) che fu sacerdote, patriota e professore di lettere e filosofia.
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Vicenza Veduta panoramica della città dal Piazzale della Vittoria E’ un ampio spazio panoramico che sembra aprire il complesso monumentale del Santuario di S. Maria di Monte Berico all’abbraccio con la città, ma anche con la pianura e con le prealpi venete. Contrariamente alla prima ap-
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parenza, non si tratta di una finestra naturale, ma di un varco realizzato tra il 1919 e il 1924 attraverso la laboriosa demolizione di un’altura esistente. Poiché dal piazzale si apre la veduta sui fronti della Prima Guerra Mondiale, è stato abbastanza naturale collegare l’opera alla memoria della Grande Guerra e dei suoi caduti. Il
sito richiama anche la battaglia di Monte Berico (1848), agli albori della vicenda risorgimentale italiana.
Vista aerea del Piazzale della Vittoria con Santuario di Monte Berico (196)
Le “scalette” di Monte Berico (197) Il Santuario e la piazza antistante sono visivamente collegati alla città da un sistema di scale e portici progettato da Francesco Muttoni, un architetto del Settecento che riusciva a evocare spunti palladiani dentro ad un gusto ormai tardo-barocco.
Piazza Matteotti (già “Piazza dell’Isola”) (198) L’area della piazza, oggi pressoché integrata con il centro urbano, un tempo era solo uno spazio aperto di accesso in città: sede di porto fluviale alla confluenza dei due fiumi, luogo di stazionamento e di scambio commerciale.
Questa dislocazione spiega la natura originale dell’edificio palladiano di Palazzo Chiericati che si “accomoda” in un ambito aperto e media l’idea di palazzo con quella di villa. L’imponente edificio, progettato da Andrea Palladio a metà del ‘500 su commissione del nobile Girolamo Chiericati, è stato completato in una lunga vi-
cenda costruttiva. Oggi ospita il Museo civico e la Pinacoteca della città.
Piazza Matteotti, entrata del Teatro Olimpico (199)
che prospetta su Piazza Matteotti. Possiamo notare la torre di origine medioevale che sovrasta la statua di F. Lampertico vicentino illustre (1833-1906) che si distinse come economista, scrittore, uomo politico.
Il teatro, fiore all’occhiello di Vicenza, si trova all’interno del cosiddetto Palazzo del Territorio,
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Vicenza Piazza Alcide De Gasperi Questa piazza nel 1200 segnava la fine della città viscontea. Qui un tempo sorgeva un castello con fossato a difesa delle mura della città, del quale resta solo il torrione con un portale, opera di Orazio Marinali del XVII sec.
Piazza Castello (201) Come una sorta di grande atrio, la piazza si allarga tra l’angusto ingresso in città di origine medioevale, segnato figurativamente dal
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grande torrione, e la nuova Vicenza palladiana dispiegata dietro l’inizio del corso. Anticipa il volto della città con esemplari significativi quali l’incompleto Palazzo Porto (su progetto del Palladio) e il Palazzo Thiene-Bonin-Longare, entrambi opere cinquecentesche di Vincenzo Scamozzi. Incastonato sul fondo, nello spazio contiguo al Palazzo Thiene-Bonin-Longare, il ricordo monumentale di Garibaldi completato (lateralmente) dalla lista dei 34 vicentini presenti alla Spedizione dei Mille.
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Arcugnano
Lonigo
Piazza del Municipio
Piazza IV Novembre (già “Cavalli”) adiacente il Duomo e scultura Piazza Garibaldi (204-205)
Arcugnano è un comune del vicentino dispiegato in ambiente collinare e vallivo, include una lista di località e contrade dai nomi caratteristici, segnate da chiese, ville, cappelle gentilizie, sacelli, fontane. Non ti aspetteresti di potervi scoprire una dimensione “urbana” e l’abbraccio suggestivo di una piazza adatta a significare il senso identitario di una comunità territorialmente dislocata. Invece il miracolo è avvenuto recentemente a Torri di Arcugnano, sede del municipio, attraverso la realizzazione di un originale e ardito progetto di riqualificazione progettato dall’architetto Mirko Amatori di Vicenza, che ha ottenuto l’ambito riconoscimento della Giunta Regionale Veneta.
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Il riassetto ottocentesco ha dato al centro di Lonigo, raccolto attorno alle sue piazze, un aspetto moderno e ordinato, minimizzando le tracce del vecchio borgo medioevale. Ma anche nella Lonigo nuova e nella sua società evoluta, la memoria del passato resta importante: in particolare si ricordano i tempi remoti in cui il suo nome, non ancora conosciuto dai più, stava già scritto nelle guide dei viaggiatori d’epoca e faceva accorrere alla sua rinomata “Fiera dei cavalli” un gran numero di “foresti”.
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Noventa Vicentina
Arzignano
Piazza IV Novembre, Villa Barbarigo Rezzonico
Piazza della Libertà (207) La classica colonna della tradizione veneta campeggia anche in questa piazza della Valle del Chiampo, solcata di nuvole e incorniciata dagli eclettici profili del Palazzo Municipale. Ma al posto del leone di Venezia qui spunta il grifo: un simbolo appropriato per un destino di centro industriale rampante come quello Arzignano.
Piazza IV Novembre di Noventa parla veneziano. Racconta la storia di terre agricole bonificate nell’Alto Medioevo finite più tardi nelle mani di una famiglia dogale della Serenissima Repubblica, i Barbarigo, che vi edificò la villa patrizia e le “barchesse” con “brolo” ad uso dei propri contadini e del lavoro dei campi. Un tempo la residenza gentilizia e la parte contadina (riservata ai servizi agricoli, ma pur sempre imponente) erano rigorosamente separate dalle rispettive recinzioni e anche da una strada intermedia. Oggi, rimosse le “transenne”, è nata una piazza comunale che esalta la purezza e lo splendore dell’opera architettonica.
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Recoaro Terme
Valdagno
Piazza Dolomiti
Piazza del Comune (209)
Recoaro mostra qui il suo ambiente prealpino punteggiato di contrade e sormontato dal profilo della montagna, in cui si inseriscono ora recenti e originali interventi architettonici. La storia del centro è legata ad una vicenda di acque terapeutiche scoperte nel ‘600, ai tempi del dominio della Serenissima, e messe dal governo veneto a disposizione della salute pubblica. È nato per questo lo stabilimento delle fonti, e con esso la moda della confortevole vacanza termale tra il verde, che ancora resiste.
Delimitato dal Municipio con fior di colonne doriche e splendente di luci serali, questo spazio ha tutte le caratteristiche di un distinto salotto urbano, in cui non manca alcuna delle insegne del benessere e della modernità.
Thiene Piazza Ferrarin (210) Piazza Ferrarin è lo spazio alberato su cui si affaccia la sede municipale di Thiene. Da questo luogo fortemente simbolico del governo della comunità cittadina, la città contempla da vicino la sua eredità storica e monumentale più importante: la villa Porto-Colleoni-Thiene che sfoggia le proprie forme tardo-gotiche quattrocentesche, racchiusa dentro la custodia di un lungo muro merlato. Piazza Chilesotti (211) La scenografia della piazza orientata verso l’alta torre campanaria del duomo, include alcuni elementi importanti di architettura storica della città, come la struttura del Castello PortoColleoni-Thiene, ma mostra pure la sua natura di spazio di incontro e di attività economiche. Rende efficacemente l’identikit di una città ricca di tradizione, di dinamismo e di spirito imprenditoriale. 208
Schio Piazza Rossi (212) Schio evoca tipicamente lo scenario dell’industria tessile italiana e della sua storia, dalle remote origini alla nascita del Lanificio Rossi che ne ha segnato in profondità la vita e la fisionomia. La piazza centrale con il Monumento ai Tessitori, in evidenza sotto l’alto proscenio del Duomo neoclassico, vuole ricordare questa cultura operosa e produttiva che ha resistito nel tempo e che rappresenta il biglietto da visita della città.
Asiago Piazza Carli e vista aerea (214-215) Ne ha fatto di strada l’Altopiano da quando la prima Guida d’Italia del Touring del 1920 lo descriveva come un contenitore di rovine di guerra e dedicava al “borgo” di Asiago solo cinque righe per precisare che “ben poco rimane e nulla di intatto”. Oggi l’area dei 7 Comuni è in prima linea nell’offerta turistica estiva e invernale, come nella disponibilità di attrezzature. I solchi lasciati nel suolo dal Primo Conflitto Mondiale sono entrati anch’essi nel circuito delle escursioni e ne fanno memoria della grande tragedia.
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Bassano del Grappa Piazza della Libertà Il nome ha un sapore recente. Ma quando, arrivando da una strada di accesso, questo spazio ti si para davanti, ti dà subito l’impressione di un tipico scorcio di piazza veneta della tradizione, con i suoi palazzi porticati e le sue cornici monumentali anche imponenti, come
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è la chiesa di S. Giovanni Battista con il suo volto neo-palladiano. Spicca, verso il fondo dell’aula, il gioiello della Loggia del Comune, di epoca umanistico rinascimentale, affrescata da Jacopo Bassano, con il grande orologio settecentesco. In mezzo la gente va e viene: cammina con movimenti lenti o con passo fret-
toloso dentro o fuori del rettangolo disegnato sull’impiantito, scambia parole. Scivola vicino a quelle memorie quasi senza soggezione.
pletamente il frontale dell’antico tempio di San Francesco e fa prorompere l’eleganza del suo protiro.
Piazza Garibaldi (217)
Ponte Vecchio (218)
L’incursione della luce serale nella piazza sfiora appena la Torre di Ezzelino, ma investe com-
L’icona del ponte è universalmente nota e legata oltre che all’originalità del progetto palladiano
(1569), ad eventi di storia lontana o recente che l’hanno toccata, in particolare quelli della Prima Guerra Mondiale a cui è legata la denominazione di “Ponte degli Alpini”. Il nostro modo di vederla vorrebbe suggerire l’idea di una “piazza” in cui non soltanto la gente cammina, ma anche staziona e fraternizza (“Là ci darem la mano...”).
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Marostica Piazza Castello (220) Marostica è un sito che ancor oggi restituisce magiche atmosfere medioevali. I resti imponenti delle mura che calano dalla collina e congiungono il Castello Superiore a quello Inferiore raccontano l’epoca in cui era cittadella fortificata degli Scaligeri. La piazza con la scacchiera su cui si giocano ancora, ad anni alterni, spettacolari partite a scacchi con pedine viventi in costume, richiama contese d’amore di tempi remoti. Nella foto in basso, particolare di un raduno di auto d’epoca al Castello Superiore.
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Omaggio a tante altre “belle” rimaste nell’ombra in silenzio. Un grazie di cuore al caro professor Magalotti, per aver dato voce sapiente e sensibile alle mie foto. Dall’alto potrà gioire dei suoi scritti in questa opera completata. Tranquillo Cortiana
Finito di stampare nel novembre 2014 da Cierre Grafica via Ciro Ferrari 5, Caselle di Sommacampagna (VR) tel. 045 8580900 fax 045 8580907 www.cierrenet.it