World Of Warcraft Vol'Jin Gli spettri dell'orda

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on esisteva nulla che al Mastro Birraio Chen Triplo Malto davvero non piacesse. Certo, alcune cose gli piacevano di più e altre di meno. Per esempio, dover aspettare che la sua ultima creazione birraria fermentasse e maturasse fino al punto giusto per poterla assaggiare... ecco, questa non era una cosa che gli piacesse particolarmente. Non che fosse ansioso di scoprirne il sapore, perché lo sapeva già: sarebbe stata eccezionale. Il problema era che durante tutta quell’attesa pensava a nuove birre, con nuovi ingredienti, e non vedeva l’ora di mettersi a lavorare su quelle novità. Ma la produzione della birra richiedeva tempo e cura. Con le attrezzature del birrificio tutte impegnate dall’ultima produzione, aspettare che questa fosse pronta era la sua unica opzione. Quindi, era necessario che trovasse un altro modo per distrarsi, altrimenti tutto quell’inventare ricette e progettare birre e produrre specialità lo avrebbero portato alla pazzia. Quand’era stato lontano, nelle terre di Azeroth, trovare delle distrazioni era stato facile. C’era sempre qualcuno a cui non andava a genio o qualche creatura affamata che voleva mangiarselo: cercare delle soluzioni a questi problemi era stato un esercizio interessante, per la sua mente oziosa. E poi c’erano luoghi che erano stati, o stavano diventando, qualcosa di diverso ma allo stesso tempo simili a ciò che erano stati. Durante i suoi viaggi aveva visto molti di quei luoghi, e aveva anche contribuito a cambiarli. Chen sospirò e guardò verso il centro del villaggio di pescato-


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ri. Sua nipote Li Li stava intrattenendo una decina di cuccioli Pandaren di Binan, la maggior parte abitanti del luogo più alcuni rifugiati. Chen era abbastanza sicuro che stesse raccontando loro dei suoi viaggi su Shen-Zin Su, la Grande Tartaruga, ma qualcosa era andato storto. O forse stava ancora raccontando una delle storie, ma aveva chiesto loro di aiutarla a recitare una scena. Fatto sta che chiaramente la storia raccontava di una lotta e Li Li era arrivata alla parte in cui veniva travolta da un branco di giovani Pandaren. “Va tutto bene, Li Li?” La piccola in qualche modo emerse da una marea ondeggiante di pelo bianco e nero. “Benissimo, Zio Chen!” La frustrazione nei suoi occhi smentiva le sue parole. Si chinò, prese un cucciolo tutto pelle e ossa dal mucchio e lo spinse da parte, poi scomparve sotto un tappeto di cuccioli urlanti. Chen si chiese se dovesse intervenire, ma esitò. Li Li non correva alcun pericolo reale ed era una Pandaren di carattere. Se avesse avuto bisogno di aiuto, l’avrebbe chiesto. Intervenire prima le avrebbe fatto credere che Chen dubitasse delle sue capacità di farcela da sola. Gli avrebbe tenuto il broncio per un po’, ed egli odiava quando faceva così. Poi, sentendosi offesa, avrebbe fatto qualcosa per dimostrare che sapeva benissimo cavarsela da sola, infilandosi in una situazione ancora più difficile da gestire. Oltre a queste sue riflessioni iniziali, anche i sussurri e i borbottii delle due sorelle Chiang lo indussero a trattenersi. Le due erano abbastanza anziane da ricordare quando Liu Lang era partito per la prima volta da Pandaria, o almeno così dicevano. Anche se la loro pelliccia aveva molti più peli bianchi che neri, salvo attorno agli occhi dove loro la scurivano, Chen non pensava che fossero davvero tanto anziane. Avevano trascorso tutta la vita a Pandaria, evitando accuratamente tutti coloro che avevano vissuto sull’Isola Errante. Avevano delle opinioni particolari su quelli che avevano “inseguito la tartaruga”, e Chen non perdeva mai l’occasione di confonderle comportandosi in modo differente. Li Li, ai loro occhi, era una dei randagi tipici della tartaruga: impulsiva e pratica, avventata e un po’ incline a sovrastimare le proprie capacità, un ottimo esempio di Pandaren che seguiva la via Huojin. Erano creature dallo spirito avventuroso, che erano partite sulla tartaruga o si erano avventurate nelle terre esterne.


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Tale condotta, secondo le sorelle Chiang, era semplicemente inaccettabile e deplorevole. Proprio come coloro che tenevano questa condotta. Se mai a Chen non fosse piaciuto qualcosa, sarebbero state probabilmente le sorelle Chiang. Invece, provava per loro una certa simpatia. Oltre a gestire il Birrificio Triplo Malto e a creare fantastiche birre, Chen aveva viaggiato in tutta Pandaria per conoscere meglio il luogo che un giorno avrebbe scelto come casa. Aveva incontrato le due sorelle nubili mentre erano alle prese con un piccolo appezzamento di terreno, rimasto incustodito durante l’assedio degli Yaungol, e si era offerto di aiutarle. Le due sorelle non gli avevano nemmeno risposto, ma egli era comunque rimasto. Riparava le recinzioni ed estirpava le erbacce, metteva nuove pietre per il selciato, intratteneva i loro nipoti facendo il mangiafuoco, spazzava, trasportava l’acqua e impilava la legna da ardere. E faceva tutto ciò sotto i loro sguardi di disapprovazione, gratificato solo dall’incredulità che leggeva nei loro occhi. Solo dopo aver lavorato a lungo e duramente senza che gli dicessero alcunché, un giorno sentì per la prima volta le loro voci. Non avevano parlato con lui o di lui: avevano parlato fra di loro ma rivolte verso di lui. La sorella maggiore aveva detto: “È la giornata giusta per dei gurami tigrati”. La più giovane si era limitata ad annuire. Chen aveva capito che si trattava di una richiesta, e aveva obbedito con premura. Aveva pescato tre gurami. Il primo l’aveva rigettato in acqua, l’ultimo l’aveva messo da parte per le sorelle e il più grande l’aveva dato a una pescivendola e ai suoi cinque cuccioli, perché suo marito era ancora disperso. Chen sapeva che se avesse dato loro il primo pesce, l’avrebbero considerato un segno del suo essere frettoloso. Se avesse dato loro tutti e tre i pesci, l’avrebbero considerata un’eccessiva dimostrazione d’orgoglio. Se avesse dato loro il più grande, che era più di quanto potessero mangiare, l’avrebbero considerata una mancanza di discrezione e di calcolo. Ma facendo ciò che aveva fatto, aveva mostrato ragionevolezza, misura e generosità. Chen sapeva che i suoi sforzi con le sorelle non gli sarebbero valsi la loro amicizia o il loro favore. Molti di quelli che aveva conosciuto nei suoi viaggi le avrebbero considerate ingrate, igno-


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randole. Per Chen, invece, erano un modo per conoscere Pandaria e le persone che sarebbero diventate i suoi vicini. Forse anche la mia famiglia. Se Li Li poteva essere un buon esempio della via Huojin, allora le sorelle Chiang potevano ben rappresentare i Pandaren Tushui. Erano molto più portate alla contemplazione e misuravano le azioni secondo gli ideali della giustizia e della moralità, sia che si trattasse di piccole questioni del villaggio, locali e facilmente risolvibili, sia che si trattasse di eventi grandiosi. In realtà, le stesse nozioni di giustizia e moralità potevano sembrare troppo grandiose se confrontate con le sorelle Chiang. A Chen piaceva considerarsi fermamente equidistante. In lui, la via Huojin e la via Tushui si mescolavano e si fondevano, o almeno così pensava. Più realisticamente, tendeva a essere un Pandaren Huojin quando si avventurava nel mondo esterno. Lì a Pandaria, tra le valli verdeggianti e le montagne nevose, in mezzo a gente che si accontentava di uno stile di vita semplice, la via Tushui sembrava la risposta giusta. In fondo, era da quello che Chen aveva bisogno di distrarsi. Non si trattava di nuovi progetti birrari, ma della consapevolezza che un giorno, a un certo punto, avrebbe dovuto scegliere. Se avesse fatto di Pandaria la sua casa, se avesse preso moglie e si fosse fatto una famiglia, i giorni delle grandi avventure sarebbero svaniti. Sarebbe diventato un semplice Mastro Birraio cicciotto, armato del suo grembiule, impegnato a contrattare con gli agricoltori sul prezzo del grano e con i clienti sul prezzo di un boccale. Non sarebbe stata una brutta vita, nient’affatto, pensò Chen mentre accatastava la legna delle sorelle in maniera precisa. Ma gli sarebbe bastata? Le grida dei cuccioli attirarono di nuovo la sua attenzione. Li Li era a terra e non si rialzava. Qualcosa si accese dentro di lui, un’antica chiamata alle armi. Aveva vissuto moltissime battaglie al fianco di Rexxar, di Vol’jin e di Thrall, e il salvataggio di sua nipote sarebbe stato nulla in confronto a storie così epiche da rendere popolare il suo birrificio. Ma qualcosa lo spinse all’azione. Qualcosa che sfidò la via Tushui. Chen s’infilò nel mucchio ondeggiante di corpi. Afferrò i cuccioli per la collottola e li lanciò da una parte e dall’altra. Essendo


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per lo più ammassi di muscoli, grasso e pelliccia, essi rimbalzavano e rotolavano via appallottolati. Alcuni si urtarono gli uni contro gli altri, ritrovandosi a testa in giù. In un batter d’occhio, però, si districarono e tornarono in piedi, pronti a rituffarsi nella mischia. Chen ringhiò con quella giusta miscela di avvertimento e minaccia. I cuccioli si fermarono. L’anziano Pandaren si raddrizzò e, d’istinto, la maggior parte dei cuccioli fece altrettanto. “Che cosa stava succedendo?” Uno dei cuccioli più audaci, Keng-Na, indicò Li Li, ancora distesa. “Li Li ci stava insegnando a combattere.” “Quello che ho visto io non era un combattimento. Era una rissa!” Chen scosse la testa con enfasi. “Non servirà a nulla, una rissa così, se gli Yaungol torneranno. Il vostro addestramento è insufficiente. Ora, attenzione!” Chen scattò sull’attenti nel dare l’ordine, e i cuccioli lo imitarono all’unisono. Chen fece fatica a nascondere un sorriso mentre spediva i cuccioli, singolarmente e in gruppo, a prendere la legna, a trasportare l’acqua, a prendere della sabbia per il vialetto delle sorelle e a spazzare per appianare il tutto. Egli batteva le zampe bruscamente e loro balzavano verso i propri compiti come frecce scagliate da un arco teso. Aspettò che tutti fossero scomparsi prima di offrire a Li Li una zampa per alzarsi. Lei la guardò, arricciando il naso con fastidio. “Avrei vinto.” “Certo, ma non era quello il punto, vero?” “Ah no?” “No, tu stavi insegnando loro il senso del cameratismo. Sono una squadra, adesso.” Chen sorrise. “Un po’ di disciplina, qualche lavoretto assieme, e potrebbero anche tornare utili.” Alzò la voce, nel pronunciare l’ultima frase, affinché le sorelle sentissero di quel possibile beneficio. Li Li guardò la zampa dello zio sospettosamente, poi l’afferrò e vi si appoggiò mentre si alzava. Si sistemò i vestiti e la fascia. “Peggio di un branco di Coboldi.” “Certo. Sono Pandaren!” Anche questo lo disse ad alta voce, per le sorelle Chiang. Poi abbassò di nuovo il tono. “Ammiro la tua capacità di moderazione.” “Stai scherzando, vero?” Li Li si strofinò l’avambraccio sini-


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stro. “Qualcuno mordeva, là in mezzo.” “Come ben sai, c’è sempre qualcuno che morde in una mischia.” Li Li ci pensò un attimo, poi sorrise. “Giusto. E grazie.” “Per cosa?” “Per avermi tirata fuori da lì sotto.” “Oh, in realtà è stato un gesto egoista. Non avevo più voglia di trasportare materiale. Non c’erano Grumyan che potessero aiutarmi e ho pensato che per il tuo piccolo esercito sarebbe stato un gioco da ragazzi.” Li Li alzò un sopracciglio. “Non mi stai prendendo in giro?” Chen alzò la testa e la guardò. “Come puoi sospettare che io pensi che mia nipote, un’esperta di arti marziali ben addestrata, abbia bisogno del mio aiuto con dei cuccioli? Voglio dire, se l’avessi pensato, non ti avrei mai aiutata. Semplicemente, non saresti mia nipote.” Li Li rimase in silenzio un istante, col viso corrucciato. Chen poteva vedere, nel rapido movimento dei suoi occhi, il modo in cui lei stava ragionando sulla logica del suo discorso. “Va bene, sì, Zio Chen, grazie.” Chen rise e le mise un braccio attorno alle spalle. “È un lavoro faticoso, avere a che fare con dei cuccioli.” “Vero.” “Nel mio caso, naturalmente, ho avuto a che fare con un cucciolo solo, ma era una vera monella.” Li Li gli diede una gomitata nelle costole. “Lo sono ancora.” “E io non potrei esserne più orgoglioso.” “Io credo che invece potresti.” Si liberò dal suo abbraccio. “Sei deluso perché non ti ho chiesto di lavorare con te al birrificio?” “Che cosa te lo fa pensare?” Lei si strinse nelle spalle e guardò verso la Valle dei Quattro Venti, dove si trovava il Birrificio Triplo Malto. “Quando sei lì, sei felice. Lo vedo. Tu lo ami, quel posto.” Chen sorrise ironicamente. “Certo. E vuoi sapere perché non ti ho chiesto di smettere di viaggiare e di unirti a me?” Il viso di Li Li s’illuminò. “Sì, voglio saperlo.” “È perché, mia adorata nipotina, ho bisogno di un socio che ancora si avventuri nel mondo. Cosa accadrebbe se avessi bisogno


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dei muschi di Durotar? Chi andrebbe a recuperarli in quelle grotte profonde, a un buon prezzo? Gestire un birrificio significa avere delle responsabilità. Non posso assentarmi per mesi o per anni. Quindi, ho bisogno di qualcuno di cui mi possa fidare, qualcuno che, un giorno, possa tornare e prendere il mio posto.” “Ma io non sono tagliata per fare il Mastro Birraio.” Chen allontanò quell’obiezione con un cenno della zampa. “Di Mastri Birrai sedentari ne posso assumere quanti ne voglio. Ma solo un Triplo Malto può far davvero funzionare il birrificio. Magari assumerò un Mastro Birraio carino, così lo potrai sposare e...” “...e i miei cuccioli erediteranno?” Li Li scosse la testa. “Sono sicura che avrai una nidiata di cuccioli tuoi, la prossima volta che ti vedrò.” “Ma sarò sempre felice di vederti, Li Li. Sempre.” Chen sospettò che Li Li avrebbe voluto abbracciarlo, e ne sarebbe stato felice, ma si frapposero due ostacoli. Prima di tutto, le sorelle che li stavano guardando, e che davanti alle manifestazioni d’affetto si sentivano a disagio. E poi, cosa ancor più importante, Keng-Na che correva verso di loro attraverso l’orto, urlando, con gli occhi spalancati. “Mastro Chen, Mastro Chen, c’è un mostro nel fiume. Un grande mostro! È blu e ha i capelli rossi ed è tutto tagliato. Sta aggrappato alla riva. Ha anche le zanne!” “Li Li, raduna i cuccioli. Tienili lontani dalla cisterna. Non seguirmi.” Lei lo fissò. “Ma se...?” “Se avrò bisogno del tuo aiuto, griderò. Vai, presto.” Guardò le sorelle. “A quanto pare c’è una tempesta in arrivo. Meglio se rientrate. E chiudete la porta.” Lo guardarono per un istante con aria di sfida, ma non dissero una parola. Chen scattò attraversò il giardino, usando il secchio di legno abbandonato da Keng-Na come punto di riferimento. Ripercorse con facilità il percorso del cucciolo seguendo le erbe infestanti calpestate fino alla riva del fiume. Quand’era ancora a metà strada giù per l’argine, vide il mostro. E lo riconobbe immediatamente. Un Troll! Keng-Na aveva ragione. Il Troll era gravemente ferito. I suoi


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vestiti pendevano a brandelli e la carne sottostante non era messa meglio. Il Troll si era quasi tirato fuori dal fiume, aggrappato con le mani e con una zanna sull’argine. Chen si buttò in ginocchio e voltò il Troll sulla schiena. “Vol’jin!” Chen fissò il Troll, e in particolare la sua ferita alla gola. Se non fosse stato per il suono aspro del respiro che usciva dal buco nel collo, e lo scorrere continuo del sangue dalle ferite, il Pandaren avrebbe pensato che il suo vecchio amico fosse morto. E davvero, la morte non era così lontana. Chen afferrò Vol’jin per le braccia e lo tirò fuori dal fiume. Non fu facile. Da sopra l’argine si sentì uno scalpiccio, poi Li Li comparve alla sinistra di Vol’jin, pronta ad aiutare suo zio. I loro occhi si incontrarono. “Mi era sembrato di averti sentito urlare.” “Forse l’ho fatto.” Chen si appoggiò su un ginocchio e prese in braccio il Troll. “Vol’jin, il mio caro amico Vol’jin, è gravemente ferito. Forse avvelenato. Non so perché sia qui. Non so se sopravvivrà.” “Questo è Vol’jin, quello di tutte le tue storie.” Li Li fissò con gli occhi spalancati la creatura agonizzante. “Che cosa hai intenzione di fare?” “Farò tutto il possibile per lui.” Chen alzò lo sguardo verso il Massiccio del Kun-Lai e il Monastero degli Shandaren. “Poi lo porterò lassù, per vedere se i Monaci hanno un posto per un altro dei miei trovatelli.”


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