C'ERA UNA VOLTA

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C' ERA UNA VOLTA......

Paola Leoncini

FANTASTICANDO SU CARTA, CELLULOIDE E TV

CINEMA FANTASTICO LEGATO ALLA LETTERATURA, CON PANORAMICA TELEVISIVA

Finito di realizzare: 2013 Aggiornato: 2014 Immagine di copertina: casa infestata. Grafica di P. Leoncini

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Paola Leoncini

INDICE ARGOMENTI CREATURE DELLE TENEBRE

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Vampiri Lupi mannari

pag. 8

Fantasmi

pag. 10

FENOMENI PARANORMALI

pag. 12

FIABE

pag. 14

CREATURE ARTIFICIALI

pag. 18

FANTASCIENZA

pag. 20

Mondi lontani

pag. 22

Fanta...altro

pag. 23

Fanta - horror

pag. 24

Fanta - thriller

pag. 25

Fanta - catastrofi

pag. 26

Fantascienza in tv

pag 27

Fonti bibliografiche di ricerca

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Note biografiche dell'autrice

pag 29

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PREFAZIONE

Quando le idee per un'opera originale latitano, non c'è niente di meglio che ricorrere alla letteratura, in questo caso alla narrativa, per confezionare una pellicola visibile e con una sua considerevole dignità. La regola vale anche per il cinema fantastico che può pescare, quasi letteralmente parlando, in un mare di ottimi scritti, scaturiti dalle menti di altrettanto buoni e famosi autori. Però, attenzione! Fra i tanti romanzi di natura fantastica, non tutti possono essere trasposti in celluloide e, fra quelli possibili, non tutto, all'interno di questi ultimi, rende nello stesso modo su schermo cinematografico, dunque, allorché la trasposizione si rivela impossibile ecco che spesso, purtroppo, si ricorre al taglio deciso e netto dei passaggi non traducibili in immagini con la triste conseguenza che, una volta trasferito sul mega telo di una sala cinematografica, il film risulta monco, mancante di qualcosa che, talvolta, stravolge la storia narrata rendendola incompleta e poco comprensibile. Non va però dimenticato che, invece, in tal altre occasioni, il regista del film decide di proposito di omettere alcuni passaggi, e/o alcuni dettagli, con l'intento non tanto nascosto di solleticare nello spettatore la voglia di leggere il romanzo da cui il film è tratto per sapere cosa manca e se è veramente importante per capire meglio la successione dei fatti che scorrono sullo schermo. In altre occasioni ancora, la trama del film si discosta proprio da quella della corrispondente opera letteraria per motivi di varia natura che vanno da una maggiore scorrevolezza della narrazione ad una interpretazione più personale della storia da parte del regista. Comunque sia, in molti casi vale la pena conoscere entrambe le versioni di un racconto per farsi un'idea di come esso può essere narrato. In questo mio piccolo saggio ho preso in esame i film tratti da romanzi, ma anche quelli che, in qualche modo, hanno riferimenti e contenuti letterari pur non essendo stati tratti direttamente da opere scritte. Paola Leoncini

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Dedica: ai miei genitori; a tutti coloro a cui voglio bene; a tutti coloro che spero ne vogliano a me; a tutti coloro che amano sognare in 3D: su carta; su pellicola; davanti alla tv.

Paola

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creature delle tenebre vampiri Il volo di un pipistrello contro la Luna piena, durante la notte, annuncia l’arrivo di una delle creature più temute e affascinanti della narrativa horror. Un embrione di vampiro letterario risale al secondo ventennio del 1800, per opera del segretario personale di Lord Byron, John Williams Polidori, dal quale prende poi ispirazione l’irlandese Joseph Sheridan La Fanu e il russo Aleksej K. Tolstoi. Ma il più famoso e forse unico è senz’altro Dracula. Creato da Bram Stoker, che si è ispirato alla leggendaria, ma realmente esistita, figura di Vlad Tepes, che non era un vampiro bensì un nobile, voivoda di Valacchia, vissuto nel 1500, noto per la sua crudeltà contro i suoi nemici, soprattutto i Turchi, essendo grande difensore della Chiesa e della cristianità, Dracula è il vampiro per antonomasia. Fisicamente viene descritto alto, magro, incarnato pallido, occhi perennemente arrossati e sottolineati da pesanti occhiaie scure, denti canini molto sviluppati, che servono per mordere il prossimo da cui Dracula succhia sangue per continuare a vivere. Gira di notte poiché non sopporta la luce e dorme in una bara, teme simboli religiosi e aglio. (Nota realistica: l’intolleranza alla luce sembra che derivi da una vera e propria malattia, nota a pochi col nome di porfiria, forma grave di anemia che colpisce la vista e costringe il malato a vivere costantemente nella penombra). Caratteristiche particolari: dovrebbe essere immortale. In realtà, per eliminarlo serve un paletto di legno col quale lo si deve colpire al cuore, oppure bisogna decapitarlo. Nel romanzo di Stoker il vampiro viene ucciso dal dottor Van Helsing che usa il primo metodo suggerito. Nel film di Coppola invece, viene utilizzato il secondo, cioè, Dracula viene decapitato da Mina, la protagonista femminile del film e del romanzo. Oltre all’immortalità che, vista sotto una certa ottica, potrebbe risultare una maledizione, Dracula – e in generale la figura del vampiro, - è anche afflitto da un’altra pena, forse anche più grave, che è quella di voler disperatamente amare, essere amato, e non riuscirci del tutto per l’inconveniente di non poter rinunciare a mordere l’oggetto del suo amore che, a sua volta, si trasforma in vampiro perpetuando così la specie. In chiave psicanalitica, il vampiro è spesso raffigurato come un modello di erotismo e carnalità, proprio in virtù di questa sua eterna, spasmodica ricerca d’amore. Il termine ‘vampirizzare’ o, ‘vampirizzato’ si associa ad un’idea di possessività, di rapacità amorosa, che crea dipendenza sia nel vampiro che nel vampirizzato. Strano a pensarlo ma, ad un certo punto sembra che i due soggetti non riescano più a fare a meno l’uno dell’altro. Nosferatu prende vita cinematografica grazie al tedesco Murnau, nel 1922, prosegue con Tod Browning, che ne gira due: un primo del 1927, interpretato da Lon Chaney e un secondo, del 1931, con Bela Lugosi nelle vesti della creatura della notte, ruolo al quale, Lugosi rimarrà legato, 6


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non tanto alla figura di Dracula che riveste solo in questo film, quanto a tutti gli altri personaggi vampireschi che interpreterà nel corso della sua carriera; e ritorna molti anni dopo (1979) per merito di Werner Herzog, con NOSFERATU, PRINCIPE DELLA NOTTE. In tempi molto più attuali, Francis Ford Coppola ha realizzato una sfarzosa versione con Gary Oldman nel ruolo del seducente vampiro. Ma vale la pena menzionare anche INTERVISTA COL VAMPIRO, tratto dal romanzo di Ann Rice, incentrato appunto sull’intervista ad un vampiro, al mondo dal 1791, che parla della sua drammatica esperienza dell’aver conosciuto un suo ‘collega’, un certo affascinante Lestat, - al cinema interpretato da Tom Cruise, - dotato di poteri eccezionali, che lo ha iniziato alla vita dei ‘non morti’. E i vampiri di oggi? Oggi c'è la saga letteraria, scritta da Stephenie Meyers, costituita da quattro volumi: TWILIGHT, NEW MOON, ECLIPSE e BREAK DOWN, iniziata con il romanzo TWILIGHT e trasposta anche al cinema con gli stessi titoli. Protagonista della saga è il giovanissimo Edward Cullen che, tra l'altro va anche a scuola e si dimostra timido e riservato, innamorandosi segretamente e perdutamente di Bella, una fanciullina, anche lei frequentatrice di college. Nella saga si assiste addirittura alla divisione dei vampiri fra buoni e cattivi. Mai visto niente del genere!!! Perché noi, i vampiri li vogliamo solo cattivi, altrimenti, che razza di vampiri sono? Vai qui.

Vampiri in tv Da alcuni anni, sul piccolo schermo è approdata trionfalmente, con altissimi ascolti, la serie THE VAMPIRE DIARIES, tratta dai romanzi di Lisa Jane Smith, che ruota attorno alla vita difficile e agli amori tribolati di un gruppo di liceali stile TWILIGHT.

sull'argomento:

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Lupi mannari - licantropi A preferire il buio alla luce non c'è solo Dracula ed i suoi simili vampiri, ma un altro infelice essere umano che, al sorgere della Luna piena, comincia ad ululare come, appunto, un lupo, vedendosi così affibbiare la definizione di "lupo mannaro". Attenzione però a non equiparare questa definizione all'altra, ugualmente nota ma non simile di "licantropo". I due termini non hanno, per l'esattezza, lo stesso significato. In molte leggende metropolitane di vari Paesi, spesso il "lupo mannaro" è realmente un animale: in alcuni, un lupo, in altri, un gatto o un orso (Europa Settentrionale), mentre, per converso, il licantropo è un uomo, secondo il mito, colpito da una maledizione; secondo la scienza, affetto da un'anomalia genetica, un pò come il vampiro. Una volta al mese, in coincidenza del Plenilunio, il poveretto comincia a ricoprirsi di peli, ad emettere strazianti, sinistri ed inquietanti ululati al satellite luminoso e qualche esemplare inizia anche ad attaccare, nonché ad uccidere altri esseri animali e umani. Le origini paiono risalire addirittura all'Antico Egitto dove questa figura era stilizzata in Anubi, divinità col volto di sciacallo che presiedeva al passaggio delle anime fra questo e l'altro mondo. Lupi mannari e licantropi sono presenti anche nelle mitologie greca, romana e gallica. Gli Etruschi temevano Ajta, dio degli inferi, solito indossare un elmo di pelle di lupo che, pare, lo rendesse invisibile. Le interpretazioni psicanalitiche del personaggio si avvicinano molto a quelle azzardate nei confronti dei vampiri e cioè spasmodica fame d'amore non ricambiata, difficoltà oggettive nel poter amare a causa della propria disturbante natura e, non ultima, sempre citata, la componente erotica e sessuale animale, naturale, istintiva, primordiale e quasi impossibile da soffocare, tipica del predatore. Ma se, e quando, il licantropo uccide, come lo si deve fermare a sua volta? La ricetta della nonna prevede l'uso di una qualunque arma purché sia fabbricata con l' argento. Sul lupo mannaro e sul licantropo la letteratura srotola un lungo e bell'elenco di opere fra romanzi e racconti che, in qualche caso, portano firme illustri, anche in Italia, come quella di Luigi Pirandello in un suo racconto MAL DI LUNA, contenuto nelle sue Novelle per un anno, trasposto anche al cinema nel film KAOS dei Fratelli Taviani. Tuttavia, com'è facile immaginare, in questo altro capitolo del genere mistery/horror, la parte del leone è assegnata agli anglosassoni sia di madrepatria Britannica, sia di emigrazione oltre oceano, in territorio Americano. A citarli tutti non si finirebbe più - e, comunque, in aiuto, vengono spesso enciclopedie cartacee e digitali; - ma qui si usa il metodo già collaudato della segnalazione di pellicole tratte da romanzi e racconti, soffermandosi sui più importanti e popolari, senza però tralasciare anche qualche chicca meno nota, ma non meno interessante, se si trovano. Si parte con l'immarcescibile Stephen King, Americano, col suo UNICO INDIZIO: LA LUNA PIENA, tratto da un suo racconto e adattato per il cinema da lui stesso, ma diretto da diverso regista e si termina, per ora, con il bellissimo ed enigmatico IN COMPAGNIA DEI LUPI, diretto da Neil Jordan, sorta di versione alternativo/psicanalitica della famosa favola di Cappuccetto Rosso, tratto da un racconto di Angela Carter, Inglese, contenuto nella sua raccolta La camera di Sangue, per la cui 8


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trasposizione cinematografica lei stessa ha collaborato alla sceneggiatura. Questi i films di un certo rilievo dedicati completamente al personaggio; poi abbiamo le "comparsate", ovvero, le pellicole in cui l'uomo-lupo è presente, ma NON è la figura principale della storia. Il licantropo appare in modalità considerevole nella saga di Harry Potter, nel terzo capitolo Il Prigioniero di Azkaban, sotto le discrete vesti del timido Lupin (neanche a farlo apposta!), docente di Difesa contro le Arti oscure, presso il collegio di Hogwarts e, dulcis in fundo, all'interno della saga di TWILIGHT di Stephenie Meyers, imperversante in questi ultimi anni per la gioia degli adolescenti di tutto il mondo, nella giovane e virile persona di Jacob Black (Taylor Lautner), amico della protagonista Bella Swan (Kirsten Stewart), forse innamorato segretamente di lei e quindi, rivale in amore di Edward Cullen (Robert Pattinson), il giovane vampirello anche lui perso per Bella. Nei romanzi, come pure nei film, Jacob è in compagnia di una vera e propria tribù di licantropi che si scontra con quella dei vampiri per il motivo appena nominato. Da romanzi e film ci sono lievi differenze fra le quali il punto di vista del narratore che, nella versione scritta, è della protagonista, dunque, in prima persona, mentre nel film risulta impersonale.

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FANTASMI La figura del fantasma ha un grande pregio: un’estrema flessibilità. Diversamente dal personaggio del vampiro, che in qualunque frangente lo si faccia muovere finisce sempre col fare una sola cosa, cioè mordere; il fantasma si presta a essere inserito in molte situazioni diverse e, sulla sua figura possono essere tessute trame svariate e interessanti. Se la figura del vampiro, concreta e tangibile, raffigura la carnalità e l’erotismo che sono concetti materiali, il personaggio del fantasma, col suo aspetto evanescente, è un concentrato di simbolismi psicanalitici che vanno dalle paure nascoste in ognuno di noi, ai sensi di colpa, per finire nei desideri più reconditi e inconfessabili. Gli spettri, e le storie relative più classiche, sono quelli del romantico fantasma della donna uccisa per amore o per tradimento – che comunque ha sempre a che fare con l’amore - , e di quello inquieto, che si aggira senza pace, in cerca di vendetta per un grave torto subìto. Su questa ultima situazione, non mi stancherò mai di citare un film, FOG, tratto da un romanzo di James Herbert, e egregiamente diretto da John Carpenter, il quale, rispettandone il romanzo e l’atmosfera, ha saputo realizzare un film che inchioda letteralmente lo spettatore alla sedia, senza mostrare né una goccia di sangue, né tanto meno scene raccapriccianti, dimostrando in questo modo che si può spaventare a morte la platea senza provocare conati di vomito. La storia, in breve, vede un vascello fantasma apparire in mezzo alla nebbia che sale dal mare, e avvicinarsi alla costa dell’isola Antonio Bay, ogni cento anni. Sul vascello, gli spettri coperti di alghe, di una ciurma di pirati, sono pronti a recuperare il loro tesoro, lasciato dentro una grotta cento anni prima e, a vendicarsi del loro sterminio perpetrato dagli abitanti dell’isola all’epoca del loro sbarco. Il più letterariamente famoso è REBECCA, LA PRIMA MOGLIE di Daphne du Maurier dove in realtà, il fantasma non appare materialmente, ma fa sentire la sua presenza infondendo alla protagonista, seconda moglie del ricco De Winters, angoscia e profondo senso di inferiorità nei confronti di Rebecca, prima consorte di De Winters morta in circostanze poco chiare. Rebecca ha avuto la sua gloriosa versione cinematografica per opera del grande Alfred Hitchcock. Recentemente, in tv, abbiamo visto una buona traduzione, fedele all’opera, con Alessio Boni nel ruolo di De Winters. La narrativa avente il fantasma per argomento vanta un buon numero di racconti, scaturiti soprattutto dalla penna e dalla mente malata, tuttavia prolifica, di Edgar Allan Poe. Basti ricordare LA CADUTA DELLA CASA DEGLI USHER, in cui aleggia lo spettro della figlia del proprietario di un castello, malata, creduta morta e sepolta viva nella cantina di casa. Da segnalare anche un’incursione di Virginia Woolf con il racconto LA CASA STREGATA e, in Italia, LA CASA DEL GRANELLA di Luigi Pirandello, storia di un avvocato, che non crede ai fantasmi, ma si trova a dover trattare un caso legale riguardante un’abitazione con fantasma come inquilino, obbligando l’uomo a rivedere alcune sue certezze. Queste ultime due opere non sono diventate mai film. 10


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In materia, ricordiamo per esempio anche William Shakespeare, che usa fantasmi in molte delle sue tragedie, come AMLETO, o MACBETH, affidando ad essi il ruolo di messaggeri, col compito di mettere all’erta i personaggi vivi da pericoli gravi e imminenti. Inutile dire che Shakespeare ha avuto moltissime trasposizioni teatrali, innanzi tutto, ma anche cinematografiche, con grossi nomi passati alla storia della settima arte, e con buone versioni. AMLETO la fa da padrone, interpretato da Lawrence Olivier, riccamente realizzato da Franco Zeffirelli con Mel Gibson e personalmente reinterpretato da Kenneth Branagh, in una versione ambientata non più nel Rinascimento, bensì nel 1800. Ma, sul personaggio del fantasma, qualcuno ha anche trovato il modo di parlarne con una vena ironica. E questo qualcuno non è uno qualsiasi, bensì il grande Oscar Wilde, che ci ha deliziato con IL FANTASMA DI CANTERVILLE, sorta di favola che vede un nobile inglese, Simon Di Canterville, morto da vigliacco nel 1500, rifarsi vivo in una antica casa tipicamente britannica, ma acquistata e abitata da una famiglia americana poco incline a farsi spaventare da uno spettro, per rimediare alla sua codardia, in una girandola di situazioni comiche che mettono in risalto col sorriso le differenze culturali fra vecchia Europa e civiltà dell’Oltre Oceano. L’opera è stata portata al cinema, nel 1944, da Jules Dassin, ma sono in pochi a ricordarsela. fantasmi in televisione Anni fa, la televisione ci ha regalato quello che forse è stata l’opera fantasmatica più suggestiva e interessante mai trasmessa, che non ha basi letterarie vere e proprie, bensì riferimenti. Sto parlando de IL SEGNO DEL COMANDO, andato in onda in 5 puntate nel lontano 1971, firmato da Daniele D’Anza, che vedeva Ugo Pagliai nelle vesti di un insegnante d’inglese, innamorato e studioso di Lord Byron che viene a Roma per una conferenza sull’autore, ed è ospite a casa del pittore Marco Tagliaferri, dove incontra la bellissima modella Lucia, di cui resta affascinato. Piccolo dettaglio: sia il pittore che la modella sono morti un secolo prima. Pur non avendo né basi, né riferimenti letterari, in televisione è passata anche, ahinoi praticamente inosservata, qualche anno fa (1995), una miniserie, in 5 puntate anch’essa, andata in onda ad orario impossibile (mezzanotte ed oltre) sulla Rai, firmata da Pupi Avati come soggettista e sceneggiatore, che si intitolava VOCI NOTTURNE. Lo sceneggiato merita di essere ricordato per la sua trama, estremamente intrigante, che vedeva come protagonista lo spettro di una contessa morta di tetano, a conoscenza di molti segreti di una Roma gotica e poco conosciuta, incastonata in una storia che potrebbe essere tranquillamente considerata come un anticipo del CODICE DA VINCI, di Dan Brown, mischiata al PENDOLO DI FOUCAULT di Umberto Eco, con tanto di setta segreta, La Società Teosofica per la rinascita dello Spirito Originario, nella cui sede sono custoditi documenti scottanti sulla permanenza delle truppe tedesche durante la 2° Guerra Mondiale, e un sospetto collaborazionismo da parte di ebrei contro altri ebrei , il tutto condito con molto esoterismo e una bella dose di suspense. Peccato che il master di questa opera sia andato distrutto. Su basi letterarie, invece, sono due serie tv: una non nuovissima, iniziata ormai quasi dieci anni fa: SUPERNATURAL, che vede protagonisti due fratelli a caccia di fantasmi e dèmoni; e l'altra, iniziata l'anno scorso (2013) SLEEPY HOLLOW, tratte entrambe dai racconti di Washington Irving (a cui anche Tim Burton si è ispirato per il suo film omonimo con Johnny Depp ma con qualche differenza rispetto alla serie tv, più fedele ai racconti) le quali hanno anche in comune, come nei racconti di Irving, la lotta per impedire la fine del mondo ad opera delle forze infernali.

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Fenomeni paranormali Qualcuno venderebbe l'anima al diavolo per possedere anche una sola dote sovrannaturale: chiaroveggenza, preveggenza, telepatia, telecinesi e altro. Ma siamo sicuri che possedere una di queste doti sia veramente un vantaggio? Di sicuro, possederla e parlarne ci renderebbe interessanti agli occhi del prossimo, ma che dire se si è capaci di prevedere il futuro o poter vedere...che so ....compiere un delitto in un altro angolo del mondo e non poter intervenire? Tuttavia, le doti paranormali e i fenomeni ad esse legati hanno indubbiamente ispirato scrittori e registi, che hanno prodotto opere a volte molto interessanti. Cosa può rientrare in questa definizione? Ovviamente tutto ciò che non appartiene alla realtà della natura. Oppure, più precisamente, tutto ciò che travalica la realtà della natura, dunque, spazio ad ogni fenomeno che non fa parte della normalità, altrimenti definito: ‘ paranormale ‘. Quindi, largo ad apparizioni, materializzazioni di oggetti e persone, facoltà extra-sensoriali di svariati tipi: preveggenze, ‘shining’ (in inglese: ‘trasparenza’, facoltà che permette di rivivere esperienze del passato o, del presente, ma in altro luogo), telepatia, telecinesi; ma anche possessioni, più o meno demoniache, sia di persone che di abitazioni.

Maestro indiscusso nel tema, almeno in questi ultimi anni, è l’americano Stephen King, che ha terrorizzato milioni di lettori con le sue storie ad alto tasso di paura, descrivendo nei minimi dettagli fenomeni paranormali di tutti i generi, con particolare riguardo alle possessioni demoniache – vedi CARRIE, LO SGUARDO DI SATANA (titolo del romanzo: CARRIE, LA FURIA); CHRISTINA, LA MACCHINA INFERNALE; L’INCENDIARIA (titolo del romanzo: FENOMENI PARANORMALI INCONTROLLABILI), tutti trasposti al cinema con alterne fortune, - abbondando nell’orrorifico, ma scivolando anche nel poetico, come succede nel romanzo a venature new age IL MIGLIO VERDE, in cui un gigantesco prigioniero, ospite nel braccio della morte, guarisce il secondino e altri carcerati da vari disturbi, o malattie, con i suoi poteri soprannaturali, compiendo veri e propri miracoli. Il romanzo ha avuto un’ottima trasposizione cinematografica, con Tom Hanks nel ruolo del secondino, dotato di grande umanità, e afflitto da disturbi urinari.

Anche il grande Stanley Kubrick ha voluto cimentarsi con la fantasia di King trasferendo su pellicola il molto inquietante UNA SPLENDIDA FESTA DI MORTE, reintitolato SHINING, storia di uno scrittore – interpretato magnificamente da un Jack Nicholson particolarmente sulfureo - che per ritrovare l’ispirazione, si trasferisce nella gelida solitudine invernale dell’Overlook Hotel, nel Maine, dove molti anni prima si era consumata una tragedia che aveva avuto come vittime un’intera famiglia sterminata da un dipendente dell’albergo. Tragedia che lo scrittore rivive sulla sua pelle proprio in virtù della sua facoltà di ‘shining’.

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PANORAMICA SUL PARANORMALE IN TV In televisione, Stephen King ha avuto il suo spazio con IT. IT è un clown, gigantesco, mostruoso, che si fa chiamare dagli umani Pennywise, e si presenta alle sue vittime con in mano un palloncino colorato, che consegna a loro pronunciando la frase “Anche tu volerai”, annunciandone così la loro prossima morte, dopodiché sparisce, per tornare nel paesino del Maine 25 anni dopo, andando in cerca di 7 persone, sette ragazzi, diventati ormai adulti, ma incapaci di liberarsi completamente dai loro incubi che lui rappresenta.

Ma come dimenticare serie storiche, quali THE TWILIGHT ZONE, che in Italia è andata in onda col titolo di AI CONFINI DELLA REALTÀ, oppure l'ormai mitica X - FILES, in cui è stato riunito tutto il riunibile del fantastico? Tranne il fantasy, X-Files mischiava orgogliosamente thriller, fantascienza, mistery, horror e spionaggio con spolverate qua e là di fanta-politica, entrando con queste referenze nel Gotha e nella storia della televisione italiana e mondiale.

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Fiabe A scuola si insegna(va) che esiste una differenza fra favola e fiaba. Per ‘favola’ si definisce quel tipo di racconto, breve, solitamente a carattere allegorico, con morale finale. Tipici esempi: le favole di Esopo e Fedro, con protagonisti animali, le cui azioni e i cui comportamenti riflettono i difetti degli uomini. Nella fiaba, invece, compaiono personaggi umani, ma con peculiarità fantastiche come maghi, streghe, fate, gnomi e simili. Tuttavia, anche nelle fiabe possono esserci animali, appartenenti sia alla fauna normale, sia a quella fantastica, come draghi, unicorni, ippogrifi e via elencando. Nel corso dei secoli tantissime ne sono state narrate e tramandate oralmente – e, di solito, si tratta di leggende - , tantissime ne sono state scritte. Quelle che ricordiamo, vuoi per relativa vicinanza cronologica, vuoi per la fama che hanno conquistato negli anni successivi alla loro pubblicazione, portano le firme dei fratelli Grimm (Fiabe per bambini e famiglie), di Charles Perrault (Cappuccetto Rosso, Cenerentola…) e di Hans Christian Andersen (La Sirenetta, La piccola fiammiferaia), trasposte in celluloide grazie alla bravura dei disegnatori Disney. A queste, ormai entrate fra i classici, si affiancano le nuove, scritte nel 20° secolo, tratte dai racconti del norvegese Roald Dahl, vedi LA FABBRICA DEL CIOCCOLATO, e le due fiabe del tedesco Michael Ende: LA STORIA INFINITA e MOMO, che sono finite anche al cinema con esiti non del tutto convincenti. La Fabbrica del Cioccolato è una simpatica fiaba incentrata sul personaggio di Willie Wonka, padrone appunto di una fabbrica che produce cioccolato e confeziona dolci con questo ingrediente, che, per un certo periodo decide di tenere chiusa per una sua crisi esistenziale. Un giorno decide di indire un concorso nel quale i bambini del villaggio sono invitati a trovare una tavoletta di cioccolato con dentro un biglietto d’oro zecchino. Chi la troverà, avrà diritto ad una completa visita della fabbrica e a diventarne addirittura nuovo proprietario. Neanche a dirlo, il vincitore sarà un bambino che non ha mai vinto nulla nella vita e che non aveva mai aspirato a vincere qualcosa. Nonostante il contenuto ‘dolce’, la fiaba fa trapelare risvolti amari. Willie infatti, da bambino è stato assillato da un genitore dentista che gli ha sempre proibito i dolci e non gli ha mai regalato una carezza. Il bambino vincitore ha modo di conoscere e capire il suo dramma e lo inviterà a vivere a casa sua. Tim Burton ha riversato questa fiaba in film creando una pellicola estremamente visionaria, com’è nel suo stile e, trasformandola in un musical coloratissimo e divertente, grazie anche all’ottima interpretazione di Johnny Depp nella parte di Willie, personaggio che può non riuscire simpatico proprio a causa del suo astio nei confronti dei bambini, di cui è sempre stato invidioso. Il film è il 2o remake, in ordine cronologico, dopo quello del '71, con Gene Wilder nei panni di Willie Wonka.

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La Storia Infinita è una vera e propria fiaba nel senso quasi classico del termine. Gli unici due personaggi ‘reali’ sono il protagonista Bastian e suo padre. Dopo aver perso la mamma, e non riuscire a essere capito da un padre piuttosto freddo e assente, perso nel dolore per la morte della moglie, Bastian si isola in un mondo tutto suo, fatto di libri e sogni. Una notte si addormenta nella biblioteca della scuola, leggendo un libro misterioso rubato ad un antiquario e precipita in un mondo assolutamente fantastico, il Regno di Fantàsia, popolato da bellissime principesse, valorosi cavalieri e animali del tutto irreali.L’Infanta Imperatrice, regina, deve salvare il suo regno dalla minaccia del Grande Nulla e incarica il giovane e nobile Atreiu di scoprire il modo per sconfiggere il nemico. Ma sarà proprio Bastian, ormai risucchiato dalla trama, ad assicurare al regno e al suo stravagante popolo, pace e prosperità. In questo caso sarebbe stato meglio non realizzare la versione cinematografica, lasciando i lettori seguire Bastian nelle sue avventure con la sola forza della fantasia e dell'immaginazione.

Momo invece è una bambina, fuggita da un orfanatrofio, dalla capigliatura foltissima e grandi occhi chiari che possiede un grande dono: sa ascoltare il prossimo. Rifugiatasi fra le rovine di un antico anfiteatro, diventa ben presto la beniamina degli abitanti della zona che si rivolgono a lei per qualsiasi problema. Un giorno la comunità viene invasa dagli ‘Uomini Grigi’ sedicenti agenti di una Cassa di Risparmio del Tempo, in realtà, autentici truffatori ai danni della razza umana. In compagnia del Custode del Tempo, Mastro Hora, e della tartaruga Cassiopea, Momo riuscirà sventare il diabolico intrigo. In queste due fiabe, è evidente che per Ende l’elemento importante è la fantasia, alimentata dalla lettura e dal candore dell’infanzia. Rispetto a La Storia Infinita, la versione filmica è migliore.

E, a proposito di candore infantile, come dimenticare la fiaba che, più di tutte, forse, simboleggia l’infanzia senza limiti di età e, che si è giustamente meritata il suo posto nella storia della narrativa fiabesca e, soprattutto il suo titolo per indicare un complesso umano tanto amato e studiato da psicologi e psicanalisti, che conosciamo con la definizione ‘sindrome di Peter Pan? Per l’appunto, PETER PAN, di J. M. Barrie, la storia del bambino che non voleva crescere, emblema di tutti coloro, - chissà perché quasi sempre uomini – che vogliono restare bambini per sempre.. A essere sinceri, tutti noi cerchiamo, con tutte le nostre forze, di conservare nel nostro animo un angolino in cui il passare del tempo non intacchi la nostra innocenza e la voglia costante di sognare e giocare con gli altri e con la vitaInteressante la trasposizione cinematografica di Steven Spielberg che gira la favola illustrandocela dal punto di vista del Capitan Uncino, il quale rapisce i figli del manager Peter Banning (un ottimo Robin Williams) in viaggio a Londra per visitare la nonna Wendy, e li porta all’ Isolachenoncè, costringendo l’indaffarato Peter a compiere un viaggio a ritroso nel tempo e nella sua infanzia, scoprendo che Capitan Uncino (Dustin Hoffman, sublime!) è infelice quanto lui, essendo stato sempre ‘obbligato’ a essere cattivo e a diventare sub.

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Ma, fra le opere che forse possono essere considerate quasi pure, nel genere fantasy, si annovera senza dubbio la saga de IL SIGNORE DEGLI ANELLI di John Ronald Ruel Talkien. Favola fiume, articolata in tre capitoli: LA COMPAGNIA DELL’ANELLO, LE DUE TORRI e IL RITORNO DEL RE, per un totale di oltre mille pagine, l’opera ci narra la storia del piccolo Hobbit, Frodo che, ricevuto dallo zio Bilbo un misterioso anello dai poteri magici non positivi, ha il compito di portarlo in un determinato luogo, Il Gran Burrone, che si trova sul Monte Fato, e gettarlo prima che questo oggetto porti alla distruzione l’intero mondo. Il viaggio per raggiungere la mèta sarà lungo, faticoso e durissimo, ma Frodo potrà contare su molti amici al suo fianco, fra i quali il mago Gandalf, l’elfo Legolas e il nobile Aragorn. Frodo sa che non può usare l’anello, ma la tentazione di farlo lo coglierà più di una volta. Un mondo, il suo, che ha un solo legame con il reale: Talkien ha dato alle strade che percorrono la Terra di Mezzo, luogo dove si svolge la vicenda, i nomi delle antiche strade romane, cioè, i Decumani. Per la vasta parte favolistica, Talkien ha attinto con abbondanza ai miti e leggende nordici e celtici, creando così un universo da sogno, a tratti anche da incubo, come pochi hanno saputo fare nella storia della letteratura fantastica. Tra l’altro, leggendo questo romanzo, ci si può divertire anche scovando tutti i simboli, simbolismi e significati reconditi, disseminati lungo la storia. E ce ne sono moltissimi. Il più importante, ovviamente è proprio l’Anello. Infilato nel dito esso consente come minimo di rendersi invisibili, potendo così sfuggire a gravi pericoli. Ma, proseguendo con la lettura, si scopre che è anche uno strumento dotato di poteri distruttivi, oltre ad essere un collegamento con il Signore Oscuro, al secolo Sauron, Signore di tutti gli Anelli (sono 19: 3 anelli al Re degli Elfi sotto il cielo che risplende;/ 7 ai principi dei Nani nelle lor rocche di pietra;/ 9 agli uomini mortali che la triste morte attende;/ 1 per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,/ nella Terra di Mordor dove l'Ombra Nera scende;/ un Anello per domarli,/ un Anello per trovarli/, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli nella Terra di Mordor dove l'Ombra cupa scende) che, attraverso quell’Anello nel dito di Frodo, riesce a sapere sempre dove lui si trova e usa tutti i sistemi per tentarlo nell’adoperare quei poteri. Il romanzo è stato recentemente e mirabilmente portato al cinema, sempre diviso nei tre capitoli, dal regista Peter Jackson, che ha saputo ricostruire storia e atmosfera senza distaccarsi troppo dalle pagine talkeniane, pur usando tutte le licenze che il cinema a volte impone.

Tuttavia, si riscontrano differenze fra la versione scritta e quella su pellicola. D'altronde, non poteva essere diversamente. I tempi cinematografici esigono maggior sintesi a favore degli spettatori e per motivi economici. Chi ha letto religiosamente l'opera avrà notato, per esempio, che:   

nel primo capitolo, LA COMPAGNIA DELL'ANELLO, sono stati completamente cancellati il personaggio di Tom Bombadil e le sue vicissitudini; nel secondo capitolo: LE DUE TORRI, è sparito l'episodio dell'incontro/scontro dei nostri eroi con il gigantesco ragno Shelob, trasferito nel terzo capitolo; nel terzo capitolo: IL RITORNO DEL RE, all'inizio, è stato inserito l'episodio di Gollum, ex hobbit il cui nome originario è Sméagol, che, completamente posseduto dal potere 16


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malefico dell'Anello, durante una gita in barca sopprime fisicamente il cugino Déagol autore casuale del ritrovamento dell'oggetto, episodio che invece si trova nel prequel letterario della trilogia: LO HOBBIT.

Altro recente esempio di narrativa ‘fantasy’ da nominare è la saga, più lunga, di HARRY POTTER. Sette episodi: LA PIETRA FILOSOFALE, LA CAMERA DEI SEGRETI, IL PRIGIONIERO DI AZKABAN, IL CALICE DI FUOCO, L'ORDINE DELLA FENICE, IL

PRINCIPE MEZZOSANGUE, E I DONI DELLA MORTE,

spalmati in otto film ugualmente intitolati, per raccontare la vicenda del giovane mago che a 11 anni entra nella scuola di Hogwarts, prestigioso e lugubre istituto che prepara i giovani dotati naturalmente di poteri magici a diventare ‘professionisti’, per uscirne a 16 (non finisce gli studi), e si trova, per tutte le sette puntate, a combattere il mago crudele Woldemort, che, appena nato, gli uccide i genitori e gli lascia come suo ricordo una cicatrice sulla fronte. Esiste più di un’attinenza fra le due saghe letterarie. Sia Frodo che Harry devono affrontare e lottare contro un nemico che, nel corso delle loro vicissitudini, stabilisce comunque un legame ambiguo con loro. Sia Frodo che Harry possono però contare su persone che li aiuteranno nel loro difficile percorso verso la salvezza e il lieto fine. Dunque, in entrambe le opere, viene messo in giusto risalto il valore dell’amicizia e l’importanza degli affetti. Da registrare anche similitudini fisiche, morali e (para)psicologiche di alcuni personaggi. Albus Silente, preside della scuola di Hogwarts, assomiglia e ricorda Gandalf, il mago del Signore degli Anelli. I registi che si sono succeduti alla direzione delle pellicole si sono mantenuti abbastanza fedeli alle versioni scritte della saga sforbiciando però qua e là alcuni passaggi - soprattutto nel quinto capitolo L'ORDINE DELLA FENICE - che hanno lasciato vuoti e qualche perplessità nelle platee. Nel quarto capitolo letterario: IL CALICE DI FUOCO, l'incontro/scontro fra Woldemort e Harry è molto più lungo e crudele rispetto a quello cinematografico.

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Creature artificiali

Una tipologia di creature infelici, sia in letteratura che poi al cinema, sono quelle non propriamente umane, in altre parole, quegli esseri con aspetto umano, ma non venuti biologicamente al mondo da altri esseri umani. In linea di massima, queste creature sono frutto di strani e inquietanti esperimenti, condotti di solito da scienziati, o comunque, persone con nozioni scientifiche piuttosto elevate, che per qualche ora della loro vita hanno forse voluto mettersi al posto del Creatore per verificare se fossero in grado di emularlo anche nella sua massima capacità. Gli esiti sono drammatici, le conseguenze ancor di più Viktor Frankenstein, il più noto, creato in una notte buia e tempestosa dalla diciottenne Mary Shelley nel corso di una gara narrativa, assembla pezzi di cadaveri per dar vita alla sua creatura che, oltre ad essere mostruosa, è anche aggressiva poiché, come i vampiri, è consapevole di poter amare, vorrebbe essere amata, non ci riesce e quindi uccide colui o colei che la respinge. Il mostro di Frankenstein è ricordato al cinema in varie pellicole, ma sono essenzialmente due quelle che vanno menzionate: FRANKENSTEIN di James Whale del 1931 e, ai nostri giorni, FRANKENSTEIN D I MARY SHELLEY firmato da Kenneth Branagh, in una sontuosa versione interpretata da Robert de Niro.

‘Figlio’ più o meno naturale della creatura di Frankenstein, in versione anni ’90 e decisamente più soft e favolistico, è Edward Mani di Forbice, scaturito dalla fantasia dark di Tim Burton che, con questo film ha realizzato a mio parere il suo irripetibile capolavoro, raccontando la fiaba di una creatura, prototipo di una nuova tecnologia basata su metallo e pasta di biscotti, inventata da uno scienziato bizzarro e solitario, abitante in un castello su una collina sovrastante una piccola, zuccherosa e pastellosa città di provincia, che non riesce a terminarlo, causa infarto fulminante, lasciandolo con due mazzi di cesoie al posto delle mani, rendendogli in questo modo la vita e le relazioni pubbliche molto difficili. Se al primo impatto il film può far pensare superficialmente che renda omaggio ai diversamente abili, come si usa definire oggi, con una punta di ipocrisia, i portatori di handicap, in realtà, la storia allude ai diversi mentali, ai ‘non allineati’ col conformismo imperante, a chi preferisce rimanere se stesso, nonostante tutto, piuttosto che uniformarsi al cinismo della collettività, e infine, a chi vuole rimanere bambino, al punto che il nostro Edward, alla fine sceglie, anche costretto dagli eventi, di ritirarsi nella solitudine del castello avito e passare il tempo a scolpire nel ghiaccio la figura della ragazza amata, generando così una pioggia di schegge di neve che scende nella cittadina i cui abitanti non hanno mai visto la neve, diventando una sorta di leggenda. Tuttavia, su Frankenstein, sulla sua terribile e infelice creatura e sugli altri sfortunati esseri della letteratura da brivido, non si muore solo di spavento, ma anche dalle risate grazie ad un paio di 18


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pellicole ad alto tasso comico quali il demenziale CERVELLO DI FRANKENSTEIN, con la surreale coppia Gianni e Pinotto alle prese non solo con il mostro composito ma anche con Dracula e il Lupo Mannaro e, soprattutto, FRANKENSTEIN JUNIOR del geniale Mel Brooks il quale ha realizzato un'irresistibile parodia della vicenda, e del genere horror, immergendola di proposito in un bianco e nero gotico che accentua maggiormente il tono di satira di questa tipologia di narrativa. Altra creatura frutto della tecnologia, anche quando è primitiva, è l’automa. E qui abbiamo il primo caso di incontro fra due generi: fantasy e fantascienza. L’UOMO DEL BICENTENARIO di Isaac Asimov è forse più fantascienza, nel racconto di un robot talmente avanzato da arrivare a desiderare di diventare umano, ottimamente interpretato al cinema da Robin Williams. Il racconto di Asimov termina con la trasformazione del protagonista da robot in essere umano. Il film allunga la storia di più del doppio mostrando anche la sua vita che si svolge più o meno secondo i canoni della normale vita umana, matrimonio compreso, e si conclude con la morte, come qualsiasi essere umano. Creature che oscillano al confine fra umano e tecnologico, sono anche i replicanti di BLADE RUNNER, uomini e donne, costruiti all'interno di una grossa multinazionale elettronica, la Tyrrell Corporation, con una scadenza di 4 anni, ma con un'anima che non li distingue molto dagli umani. E sempre in tema, si può citare il 'Meca' del bellissimo INTELLIGENZA ARTIFICIALE, bambino dall'aspetto umano, ma vivente grazie a circuiti elettronici, partorito dalla fantasia letteraria di Philip Dick, (Cacciatore di androidi, da cui: Blade Runner), e adattato per il cinema dal sempre talentuoso e immaginifico Steven Spielberg che però allunga il "brodo" stirando il racconto in un film di oltre due ore in cui, dopo il rifiuto della famiglia adottiva (punto nel quale il racconto finisce), manda il piccolo letteralmente per strada dove incontrerà umani e non, a volte buoni, a volte cattivi, altre, ambigui, proiettandolo in avventure più grandi di lui.

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VIAGGI NELLO SPAZIO E NEL TEMPO I viaggi interplanetari, o addirittura interstellari, potrebbero aver avuto un principio quasi 4000 anni fa con il ritrovamento di graffiti in India raffiguranti in modo primitivo esseri venuti forse da altri mondi. O anche prima, chissà! Volendo, si potrebbero interpretare nello stesso modo anche i misteriosi disegni che appaiono solo guardandoli dall’alto nella piana di Nazca in Perù. In epoca relativamente più recente, Ariosto inserisce nel suo Orlando Furioso l’episodio del viaggio sulla Luna per recuperare il senno perduto. Comunque sia, il viaggio nello spazio è un tema fondamentale della fantascienza, in entrambe le direzioni, vale a dire: la visita sulla Terra di popoli provenienti da altri pianeti, o i viaggi che i terrestri compiono per cercare altre forme di vita nello spazio. Non si finirebbe mai di citare esempi in materia. Nella letteratura vanno ricordati senza dubbio i romanzi profetici di Jules Verne, DALLA TERRA ALLA LUNA, DALLA TERRA ALLA LUNA, INTORNO ALLA LUNA, che sono stati anche portati al cinema e, oltre tutto, si sono avverati nella realtà. Come non intenerirsi di fronte ai 21 minuti da manuale di VOYAGE DANS LA LUNE, 1902, firmato da George Méliès, che mischia DALLA TERRA ALLA LUNA di Verne e IL PRIMO UOMO SULLA LUNA di H.G.Wells, e vede i terrestri partire con tuba e ombrello su un razzo che atterra su un occhio della Luna

2001 ODISSEA NELLO SPAZIO A parte questi revival nostalgici, nel campo dei viaggi nello spazio, senza dubbio, per molti cinefili, il numero uno è 2001, ODISSEA NELLO SPAZIO, (1968) di Stanley Kubrick. Solo su questo film andrebbe scritto un vero e proprio trattato. Inizialmente, la fonte d’ispirazione del film avrebbe dovuto essere il racconto di Arthur Clarke, LA SENTINELLA, in cui si parla del ritrovamento, sulla Luna, di una costruzione lasciata laggiù da esseri di un altro sistema solare Poi però, è accaduto un fatto curioso: Clarke e Kubrick si sono incontrati e accordati. Da questo accordo sono nati film e romanzo, che si sono sviluppati contemporaneamente. Il film è uscito qualche mese prima del romanzo per volontà di Kubrick, il quale non voleva che fossero svelati anzitempo certi segreti della pellicola. Le differenze fra romanzo e film non sono moltissime, ma sono importanti: la destinazione della missione spaziale. Nel romanzo, è Giapeto, un satellite di Saturno; nel film è Giove. Il monolito che compare all’inizio, fra le scimmie, e ogni tanto nel corso del film, è nero, mentre nel romanzo è traslucido. Ed è uno strumento lasciato lì dagli alieni per trasmettere a quelle scimmie concetti e conoscenze rudimentali (come l’utilizzo di armi per difendersi), necessarie a permetterne l’evoluzione. 20


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La famosa camera settecentesca dove Bowman, uno dei due astronauti che guida l’astronave, si trova al termine del film, nel romanzo è solo una comune stanza d’albergo. Si tratta di un ambiente artificiale, prodotto da un’intelligenza aliena, in orbita intorno a una gigante rossa, avente lo scopo di fornire un ambiente familiare a Bowman, da parte dell’entità aliena intenzionata a trasportarlo in uno stato di esistenza superiore indipendente dalla materia. Al termine della breve permanenza all’interno dell’appartamento, Bowman si addormenta sul letto, e da quel momento, mentre i suoi ricordi regrediscono fino all’infanzia, questi vengono via, via “assorbiti” dall’entità aliena, trasportando Bowman in uno stato di esistenza superiore non legato alla materia: l’ultimo legame resta il corpo del neonato, nel quale Bowman rimarrà solo per il tempo necessario ad adeguarsi al suo nuovo stato. L’errore di HAL 9000. - Come ben descritto nel romanzo di Clarke 2001, per motivi di segretezza e per non sottoporre a stress i comandanti Bowman e Poole, HAL ed i membri in animazione sospesa sono i soli al corrente dello scopo reale della missione, indagare su una trasmissione aliena diretta verso l’orbita di Giove. Tuttavia HAL non è stato istruito sul motivo e dunque la sua mente entra in un conflitto di priorità, tra la salvaguardia della missione e quella degli astronauti. Mentre HAL tenta di far trapelare qualche indizio a Bowman, avverte un guasto all’antenna principale. Il conflitto si somatizza proprio sul collegamento tra la nave ed il controllo a Terra. (Fonte: WKP) All’epoca, e ancora oggi, questo film viene giudicato in termini a volte opposti: c’è chi lo trova pesante e noioso, chi invece lo considera un autentico capolavoro da ricordare e rivedere fino alla fine dei propri giorni. Io mi schiero nel secondo gruppo. Viaggiare nel tempo è senz’altro più difficile, ma diventa letterariamente e cinematograficamente possibile grazie a prodigiosi macchinari nati dalla fervida fantasia di bravi autori, uno su tutti in ordine di memoria: H.G. Wells che, a fine ‘800 ci regala LA MACCHINA DEL TEMPO, vicenda di uno scienziato che inventa e costruisce un macchinario in grado di spostarsi nei corridoi temporali, col quale raggiunge un futuro angoscioso, che ci presenta un mondo distrutto da una guerra atomica, e ancora più avanti, addirittura popolato da cannibali. Il romanzo è stato portato al cinema più di una volta e con molte variazioni su tema, ma i due film che possono essere menzionati come punti di riferimento sono sostanzialmente quello di George Pal, L’UOMO CHE VENNE DAL FUTURO (1960), libera traduzione italiana del titolo La macchina del tempo e, L’UOMO VENUTO DALL’IMPOSSIBILE, di Nicholas Meyer, simpatica versione più moderna che vede Jack Lo squartatore impossessarsi della macchina e fuggire così da Londra, dov’è ricercato, per approdare a San Francisco. Dulcis in fundo, da ricordare è anche la divertente trilogia di RITORNO AL FUTURO, in cui la macchina del tempo è una De Lorean, fuoriserie molto desiderabile.

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I viaggi nello spazio presuppongono anche delle tappe, specie se sono molto lunghi e la méta da raggiungere si trova a diversi anni luce dalla Terra. Ed ecco che durante il viaggio càpita che gli equipaggi delle varie astronavi facciano sosta in qualche sperduto pianeta dell’Universo, avendo così l’opportunità di conoscere altri popoli che, a volte, possono essere amichevoli, altre, ostili, se non addirittura aggressivi e pericolosi. Indipendentemente dal credere o meno all’esistenza di altre forme di vita oltre la Terra, la figura dell’alieno è senz’altro riempitiva di un vuoto che si verrebbe a creare nella narrazione, e che non si saprebbe come riempire. Risulterebbe noioso leggere pagine e pagine di sola descrizione di un mondo sconosciuto, senza l’incontro con un’anima viva. L’elemento umano è importantissimo. Abbiamo bisogno di dialogare e, il dettaglio più divertente nei racconti di fantascienza improntati sui viaggi interplanetari, è che negli incontri con popoli extraterrestri, la lingua ufficiale resta sempre l’inglese, l’italiano, o qualunque altro idioma per la versione tradotta o, doppiata per il cinema e la televisione. L’aspetto più interessante di questo tipo di narrativa è che in alcuni casi, questi mondi lontani vengono descritti come veri e propri micro , o macro-cosmi, completamente strutturati dal punto di vista sociale, con un governo, che di solito è di carattere totalitario, un sistema legislativo e, addirittura una religione. Cito due esempi fulgidi in proposito: IL CICLO DELLA FONDAZIONE di Isaac Asimov, che vede un Impero, con tanto di pianeta madre e pianetini colonie, sgretolarsi sotto i colpi della lotta per il potere fra due grandi gruppi di scienziati, e DUNE, di Frank Herbert, nel quale, su un remoto pianeta desertico, regolato da una dittatura imperialista e dalla Chiesa Evangelica Orangista, le popolazioni lottano fra di loro e contro un esercito di vermi giganti che custodiscono il segreto di una spezia prodiga di poteri soprannaturali, e della tecnica per estrarre l’acqua dalle profondità sabbiose e rocciose del pianeta. A trasporre al cinema Dune ci ha pensato invece David Lynch creando un film interessante visivamente, ma poco scorrevole, poco chiaro, che non ha avuto molto successo.

GUERRE STELLARI Quanti sanno che il Ciclo Asimoviano ha ispirato George Lucas per creare la saga fantascientifica più famosa e economicamente redditizia della storia del cinema, e cioè, GUERRE STELLARI? Il progetto originale della saga prevedeva 9 puntate, nelle quali avrebbe dovuto dipanarsi la storia di questo immenso impero galattico, governato dal truce Darth Vader, signore del Male, votato fin da giovane al Lato Oscuro della Forza, abbigliato con un costume di reminescenze naziste, e sconfitto poi da un manipolo di ribelli che ne decreta la fine alla 6° puntata. Il fascino di GUERRE STELLARI sta proprio nell’assistere ad una straordinaria avventura, fantastica, ma anche umana, dove si sente parlare d’amore, di guerra, di politica, economia, religione e filosofia, perfettamente e armoniosamente mixati, attraverso l’azione e i dialoghi fra i vari personaggi che sono ormai entrati nell’immaginario collettivo e che difficilmente verranno dimenticati per le loro caratteristiche buone o cattive che siano.

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- ….altro

Fanta - politica, fanta - sociologia Anche sulla nostra Terra, comunque, sono ambientati alcuni romanzi che potrebbero essere classificati nel genere fanta-politico o fanta-sociologico. Forse il più famoso e il più inquietante è l’inglese 1984 di George Orwell. 1984 è l’anagramma numerico di 1948, anno in cui Orwell ha scritto il romanzo; 1984 è l’anno in cui si svolge la storia, che vede un’Inghilterra, o un’Europa, schiacciata da un regime totalitario – ovvia allegoria all’impero Sovietico che si contrapponeva all’Occidente durante la Guerra Fredda - , con un Grande Fratello che controlla tutto e tutti. La profezia di Orwell si è realizzata solo in parte. L’impero sovietico si è dissolto, i blocchi non esistono più, almeno sulla carta, ma il Grande Fratello è rimasto, sotto le mentite spoglie di oscuri sistemi di sorveglianza che dovrebbero garantire la sicurezza contro forze terroristiche, ma che, in realtà registrano in silenzio tutto quello che facciamo e diciamo. Del romanzo è stata realizzata una versione cinematografica che non ha avuto grande clamore essendo uscita dopo l’elezione in Russia di Gorbacev. Figli, solo cinematografici, di 1984 sono BRAZIL di Terry Gilliam e, il recente, curioso e interessante V PER VENDETTA dei Fratelli Wachowsky, autori anche della trilogia di Matrix, che hanno immaginato invece un Regno Unito governato da un regime neonazista, con un terrorista che si diverte a compiere attentati il 5 novembre di ogni anno, indossando una maschera di Guy Fawkes, il celebre dinamitardo che dette fuoco al Parlamento Inglese nel lontano 17° secolo. Il sopraccitato MATRIX, film a puntate, illustra invece un mondo governato dalle macchine. Anzi! Dalla Macchina. Appunto, Matrix, cioè Matrice, che comanda tutte le altre macchine. E uno sparuto gruppo di ribelli, capitanati dal carismatico Neo, dinamicamente interpretato da un atletico Keanu Reeves, cercherà, e riuscirà, a smantellare la terribile rete tecnologica restituendo l’Uomo all’Uomo in un tripudio di duelli volanti e filosofie orientali. La trilogia non ha precise basi letterarie tuttavia, senza dubbio, l’ispirazione viene da HAL 9000, il famoso calcolatore, dalla sensibilità quasi umana, che regola funzionamento e vita all’interno dell’astronave di 2001 Odissea nello Spazio.

E, sempre a proposito di futuro dominato dalla tecnologia, non va assolutamente dimenticato FAHRENHEIT 451, di Ray Bradbury, forse l’opera che illustra lo scenario più angoscioso e inquietante, in cui addirittura, non solo le attività umane sono programmate e la popolazione viene costantemente controllata da mega-schermi televisivi posizionati anche nelle case, ma si arriva a distruggere la carta stampata. Un corpo di vigili è deputato a dar periodicamente fuoco a tutti i libri esistenti e le facoltà umanistiche vengono chiuse. Ma un piccolo gruppo di professori ormai senza lavoro, si è assunto il compito di imparare quei libri a memoria affinché ne resti almeno l’eredità. Il romanzo è stato fedelmente portato al cinema da un grande François Trouffaut. Stanley Kubrick ha tradotto in immagini anche un altro romanzo che, all’epoca in cui era stato scritto, - anni ’60 - poteva rientrare benissimo nel genere fantascientifico, in particolare fanta-sociologico-politico. Il romanzo è intitolato UN’ARANCIA A OROLOGERIA ed è firmato da Anthony Burgess; il film, è ARANCIA MECCANICA e, come il romanzo, è ambientato negli anni ’80, dove sembra regnare la violenza gratuita, ma dove questa violenza viene fermata e punita con metodi ancora più violenti e molto discutibili, se si 23


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pensa che per disinnescarla si arriva perfino a spersonalizzare l’individuo. Il film ha avuto grande successo, e ancora oggi è proiettato in alcuni cinema d’essai, ma è stato anche duramente contestato con l’accusa di aver dato il via allo spiacevole rito dello stupro di gruppo. Lo stesso Burgess, autore del romanzo, poco prima di morire ha rinnegato la sua opera, turbato dall’effetto che questa ha suscitato nella società. Interessanti le differenze – poche – fra romanzo e film. Burgess ha optato per un finale ottimistico, con il protagonista che, commosso dall’immagine di un bimbo, decide improvvisamente di cambiar vita, e lascia la strada e la violenza con l’intenzione di farsi una famiglia. Più amaro e cattivo, ma senz’altro più efficace e realistico, il finale scelto da Kubrick che trasforma Alex, in uno strumento di campagna politica contro la repressione del sistema poliziesco e giudiziario. Il tutto accompagnato dalle musiche immortali di Beethoven, autore preferito di Alex che, nelle sue note, potenziate dall’uso di droghe, trova la carica per compiere i suoi misfatti.

Fanta - horror E dalla fanta - sociologia o, dalla fantapolitica, è facile scivolare in altri sotto-generi, nei quali la fantascienza si mescola con altri generi primari come l’ horror o il thriller. Quando si parla di Fanta - horror, la prima opera che viene subito in mente è ALIEN. E, in effetti, la storia della creatura mostruosa, - incrocio fra rettile e umano, nata dalla fantasia di Hans R. Giger, scultore svizzero, ma materialmente costruita da Carlo Rambaldi, - che entra subdolamente nell’astronave Nostromo, seminando panico prima, e morte dopo, fra i membri dell’equipaggio, rientra perfettamente in questo genere, coniugando a meraviglia fantascienza – il viaggio nello spazio su un’astronave – e horror, appunto – il mostro -, grazie all’abile e furba regia di Ridley Scott, e grazie a splendidi effetti speciali che, in alcuni momenti purtroppo, diventano ‘effettacci’ facendo scaturire anche disgusto. Alien infatti, non entra nell’astronave dalla porta – o meglio, dai portelli – bensì nel corpo di uno dei membri dell’equipaggio, diventando protagonista assoluto di una delle scene cinematografiche più rivoltanti tra quelle che questo genere ha mostrato agli occhi degli spettatori. Ma che cos’è Alien? Alien è una creatura, facente parte di una razza di creature come lui, forse nata da qualche esperimento o, da un processo evolutivo di un organismo abitante nel pianeta da chissà quanto, che ha colonizzato una base spaziale in un pianeta sperduto nell’Universo, ha ucciso tutti i componenti dell’equipe scientifica operante in loco servendosi dei corpi per riprodursi e continuare a vivere, ha trasformato la base spaziale in un’enorme covata, e attacca qualunque essere vivente che ha la sfortuna di scendere sul pianeta. Dietro al film non c'è un'opera letteraria, ma lo si potrebbe tranquillamente accostare a LA COSA DA UN ALTRO MONDO di H. P. Lovecraft in cui un gruppo di ricercatori trova, fra i ghiacci polari, l'embrione di una creatura aliena che, nel corso della storia, si trasforma e comincia ad eliminare i componenti dell'equipe scientifica.

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E all’alter ego negativo si è dedicato anche Robert L. Stevenson, scrivendo un capolavoro della science-fiction horror quale è stato LO STRANO CASO DEL DOTTOR JECKYLL E MR. HIDE, in cui, sappiamo tutti, un ottimo medico sperimenta su di sé un farmaco da lui prodotto, che dovrebbe avere come risultato quello di separare il bene e il male in ognuno di noi ma che, a lungo andare, lo trasforma in un uomo malvagio e violento, votato ai più bassi istinti, fino a commettere omicidi efferati. In questo caso, l’orrore non si riscontra tanto nelle nefandezze che commette Mr. Hide, quanto nella temerarietà con cui viene trattata la scienza,tema sempre attuale e, tra l’altro, molto in voga al giorno d’oggi.

Fanta - thriller Nel secondo caso, il cinema ci ha dato molte più soddisfazioni. Il mix fantascienza + thriller trova la massima espressione nell’ormai mitico BLADE RUNNER, sempre firmato da Ridley Scott, che ha confezionato un film cupo, frustato da una pioggia incessante che bagna uno scenario futurista, fatto di grattacieli e macchine volanti ripresi sempre dall’alto e di notte. Scenario in cui fa muovere Rick Deckard, investigatore privato di chiaro stampo Chandleriano, interpretato da un Harrison Ford in salsa Bogart nel Marlowe del Grande Sonno, che deve ritrovare quattro ‘replicanti’, - Nexus 6, androidi di generazione molto evoluta prodotti da una multinazionale di alta tecnologia, - fuggiti da una colonia marziana dove lavoravano come schiavi. Il nostro detective riesce nell’impresa dopo molte peripezie e qualche ardita acrobazia ma, nel frattempo, gli capita di innamorarsi proprio di una ‘replicante’ senza scadenza (gli altri terminano il loro ciclo vitale dopo 4 anni), e viene còlto da una crisi esistenziale che gli fa dubitare se sia meglio lui o gli androidi. Il dubbio lo assale nel corso di una scena entrata nella storia del cinema: durante l’epico scontro finale con l’ultimo replicante rimasto, Roy Batty, - interpretato benissimo da Rutger Hauer, - nel saltare dal tetto di un grattacielo all’altro, Deckard scivola e resta aggrappato ad una trave, sospesa nel vuoto a molti metri da terra. Viene salvato all’ultimo momento proprio da Batty, che muore subito dopo per esaurimento carica, pronunciando una battuta anch’essa ormai entrata nell’archivio cinematografico: “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo … come lacrime nella pioggia. È tempo … di morire. Forse non tutti sanno che

è tratto da un romanzo breve di Philip Dick, intitolato CACCIATORE DI ANDROIDI (titolo originale inglese: DO ANDROIDS DREAM OF ELECTRIC SHEEP? Gli androidi contano - sognano - le pecore elettriche?), dal quale il film non si distacca di molto se non per alcuni particolari, ad esempio il finale che, nel film, è più lungo e teso. BLADE RUNNER

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Devo dire che, se nella maggior parte dei casi, i romanzi sono sempre migliori dei film, questa volta, almeno per me, è il contrario. Il film è molto più emozionante del romanzo che, in alcuni momenti, risulta quasi noioso. Un punto a favore dell’opera scritta è che in essa si trovano molte spiegazioni di dettagli purtroppo non fornite dal regista nel film. Nota: il titolo del film invece è stato preso dal titolo di un romanzo di Alan E. Nurse, THE BLADERUNNER.

Il genere cosiddetto catastrofico, ossia, quello che descrive situazioni future, generalmente disastrose, è in realtà molto popolare, quasi che gli spettatori, o i lettori, cerchino in un film, o in un romanzo, una consolazione nel vedere, o leggere, come potremmo ridurci in futuro e uscire dal cinema, o chiudere il libro, constatando che è ancora tutto relativamente in ordine. Le situazioni illustrate in questo genere sono diverse. Si va dalla catastrofe ambientale, la più attuale e sentita, alle pandemie provocate da virus usciti da laboratori segreti, senza antidoti e senza speranza, alla manipolazione genetica ardimentosa e incosciente, da cui escono strane e terribili creature che invadono il pianeta seminando morte e distruzione. Su questo ultimo argomento, è quasi obbligatorio spostarsi un attimo in Giappone, da dove sono venuti un bel numero di film su vari mostri preistorici – vedi Godzilla e parenti – riesumati dalle conseguenze nefaste della bomba atomica. Tornando ai giorni nostri, ma rimanendo in tema di manipolazioni genetiche, relative conseguenze, e creature preistoriche, la narrativa e il cinema ci hanno regalato forti emozioni con i dinosauri di Michael Chrichton – ahinoi, da poco scomparso – trasposti fedelmente al cinema da Steven Spielberg con il titolo JURASSIC PARK che è lo stesso del romanzo. E sempre Michael Chrichton ci ha parlato anche delle pandemie nel romanzo ANDROMEDA, portato anche al cinema, ma praticamente passato quasi del tutto inosservato. L’opera racconta di un virus mortale di provenienza aliena che decima la popolazione di una piccola città dell’Arizona, dove atterra un satellite spia, oggetto di un esperimento della NASA, la quale, ufficialmente intende esplorare gli strati dell’atmosfera, mentre lo scopo reale è quello di cercare forme virali sconosciute e pericolose.

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C' ERA UNA VOLTA......

Paola Leoncini

Anche Stephen King ha voluto cimentarsi con la paura dell’epidemia. Ne L’OMBRA DELLO SCORPIONE, suo romanzo, visto in tv, King si è divertito a immaginare la popolazione degli Stati Uniti decimata da un virus mortale, sfuggito all’esterno per distrazione di un operatore del laboratorio, con i superstiti che si dividono in due grossi gruppi: uno segue un simpatico cowboy nel quale si cela Satana; l’altro si riunisce nella fattoria di una specie di santona che rappresenta il Bene. Il romanzo finisce con uno scontro epico fra Bene e Male, che comprende anche lo scoppio di una bomba atomica. Non dimentichiamoci mai che, nella fantasia, lo scontro tra il Bene e il Male è sempre al primo posto nella lunga lista di elementi magici che la costituiscono e la caratterizzano. Agganciandoci allo Scorpione, e volendo rimanere nel fanta-catastrofismo, va segnalata una serie iniziata nel 2012 che s'intitola REVOLUTION. Perché la nomino e perché mi ci riferisco? Perché il personaggio principale: Miles Matheson, si fa chiamare, a volte, da qualcuno, Stu Redman, proprio come il protagonista de L'Ombra dello Scorpione. Ma Revolution va citata anche quale esempio di fantascienza apocalittica in cui, a causa di arditi e mal amministrati esperimenti con l'energia elettrica, questa viene improvvisamente (poi però, si scopre, non tanto!) a mancare per tornare dopo quindici anni, lasciando la Terra al buio e costringendo l'umanità ad una regressione evolutiva che la riporterà a vivere come nell'era pre-rivoluzione industriale. Altra opera da ricordare come pietra miliare della letteratura fantascientifica, firmata da Ray Bradbury è CRONACHE MARZIANE, 28 racconti legati dal filo conduttore della conquista di Marte da parte dei terrestri, nei quali appare chiara l’allusione alla conquista dell’America da parte degli Europei. I Marziani infatti sono i nativi americani. Interessante la scelta di Bradbury di portare il mitico personaggio di Johnny Appleseed, che attraversò gli States a piedi spargendo semi di melo, su Marte, in cui un personaggio di uno dei racconti, Benjamin Driscoll, si identifica. L’opera è stata portata nel 1980, in televisione sotto forma di sceneggiato a puntate.

Tutto quello che avete letto in queste pagine è stato scritto da me e parte del testo si trova anche a questo indirizzo U.R.L. www.showlandia.altervista.org . Grazie per averlo letto. Paola Leoncini

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FONTI BIBLIOGRAFICHE DI RICERCA   

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Conoscenze personali dovute alla visione di molti film e molte serie tv nel corso della mia vita fino ad oggi; Lettura di molte opere letterarie fino ad oggi; Mensile CIAK e sue periodiche dispense quali il volume: IL CINEMA FANTASTICO, DIETRO LE QUINTE DE "IL SIGNORE DEGLI ANELLI" e altri volumi dedicati al cinema; LA PICCOLA TRECCANI; NOVA U. T. E. T.; Internet - WIKIPEDIA.

Fonti per le immagini:  

Mensile CIAK Internet

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NOTE BIOGRAFICHE DELL'AUTRICE Nata a Roma il 22 giugno di alcuni anni orsono (non si chiede l'etĂ ad una signora), ha diviso la sua vita e completato i suoi studi fra il Lazio e l'Umbria e ora vive in provincia di Roma, nella zona di Anzio. Al momento, non ci sono foto disponibili che la ritraggono poichĂŠ ella ama la fotografia ma non ama farsi fotografare. Maggiori info si possono reperire sul suo profilo di Google+. Paola Leoncini

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