Diagrammi sotterranei

Page 1

DIAGRAMMI SOTTERRANEI

La teoria dei grafi come strumento di wayfinding nelle stazioni metropolitane di interscambio

LAUREANDA RELATORE A.A. CdLM

Paola Taccardi 751674 Salvatore Zingale 2010/2011 Design della Comunicazione



DIAGRAMMI SOTTERRANEI

La teoria dei grafi come strumento di wayfinding nelle stazioni metropolitane di interscambio

LAUREANDA RELATORE A.A. CdLM

Paola Taccardi 751674 Salvatore Zingale 2010/2011 Design della Comunicazione



Per ALESSIA e FEDERICA, che quest'anno inizieranno a frequentare, rispettivamente, la scuola elementare e la scuola dell'infanzia. AffinchĂŠ si appassionino sin dai primi mesi al fascino dello studio e della conoscenza.


Indice

Abstract Introduzione

XI XII

1. Dialogicità

VI

1.1. 1.1.1. 1.1.2. 1.1.3.

Orientamento: l'istinto, il dubbio e il metodo L'animale e l'istinto La filosofia del dubbio Dal dubbio al metodo

1.2. 1.2.1. 1.2.2.

Il dialogo e il territorio Le categorie di dialogo Il dialogo di ottenimento e territorio

1.3. 1.3.1. 1.3.2. 1.3.3. 1.3.3.1. 1.3.3.2. 1.3.3.3. 1.3.4.

Function Finding Progettare è come usare un coltello Individuare le funzioni, costruire un'immagine Il diagramma funzionale della città Lynch: l'introduzione dei termini "way-finding" e "imageability" Identità, struttura e significato Percorsi, margini, quartieri, nodi e riferimenti Venturi, Golledge e Stevens

5 6 7

11 15

17 18 20 20 22 22 24

2. Il contributo della Logica al Design dell'accesso 2.1. 2.1.1. 2.1.2. 2.1.2.1. 2.1.2.2. 2.1.2.3. 2.1.2.4. 2.1.2.5.

Da Aristotele a Peirce, contributi al wayfinding Le tre fasi di un progetto di wayfinding Il contributo della Logica alla Progettazione degli spazi Premessa, argomentazione, conclusione Dal Novum Organum a The fixation of Belief Le otto regole da Logique, ou l’art de penser L'Arte combinatoria di Leibniz I Grafi esistenziali di Peirce

31 33 33 34 34 35 36


2.2. 2.2.1. 2.2.2. 2.2.3.

La logica deontica e il wayfinding Il passaggio alla logica modale Il paradosso e il labirinto Obbligatorio, vietato, facoltativo e permesso nel processo di path-finding

39 41 44

3. Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno 3.1. 3.1.1 3.1.2. 3.2. 3.2.1. 3.2.2. 3.2.2.1. 3.2.2.2. 3.2.2.3.

Tradurre un termine non tradotto Una definizione che viene dal web Il wayfinding e il wayshowing attraverso lo schema di Jakobson Wayfinding e spatial analysis Dalla cartografia in poi Il progetto 'Space Syntax' Convex space, axial space e isovist space Integration, Choice e Depth Distance Visual Graph Analysis e Depthmap

3.3. 3.3.1. 3.3.2.

La metropolitana: luogo 'for all' Tante tecnologie, uno solo scopo Paese che vai, metropolitana che trovi

3.4. 3.4.1. 3.4.2. 3.4.3. 3.4.4. 3.4.5.

Il caso di Berlino Le infrastrutture berlinesi nel secondo dopoguerra I trasporti al tempo del muro La rete unisce ciò che il muro aveva diviso Il wayshowing: prima e dopo il 1990 Berlin Hauptbahnhof

3.5. 3.5.1. 3.5.2. 3.5.3.

Il wayfinding invisibile Path-finding in Internet Wayfinfing in Google A route finding problem: Peter Norvig docet

51 53

63 63 66 69 71

75 76

81 82 90 95 101

105 106 107

4. Grafi, insiemi e wayfinding 4.1. 4.1.1. 4.1.2. 4.1.3.

Meglio un grafo oggi che un problema domani Sette ponti per un matematico Semplice, come un ABDC Una realtĂ di nodi e di archi

117 117 121

VII


4.2. 4.2.1. 4.2.2. 4.2.2.1. 4.2.2.2. 4.2.2.3. 4.2.2.4. 4.2.3.

Dalla teoria (dei grafi) alla pratica Un aiutante Quando e come si definisce un grafo Grafi completi Grafi diretti Grafi orientati e multigrafi Grafi a nastro I Grafi e le matrici

4.3. 4.3.1. 4.3.3.1. 4.3.3.2.

I diagrammi di Eulero-Venn L’insieme Scrivere un insieme Operare con gli insiemi

123 123 124 124 126 126 126

131 131 133

5. Eccesso-Accesso 5.1. 5.1.1. 5.1.2. 5.1.3.

Di là o di qua? Processi di orientamento egocentrici e allocentrici Se non c’è coerenza tra i dati perceptiti Dal luogo ‘opponente’ al luogo ‘aiutante’

5.2. 5.2.1. 5.2.2. 5.2.3. 5.2.4. 5.2.5.

Una rete di trasporti diagrammatica Un diagramma è un luogo che parla Astrarre per progettare L’importanza dei dati qualitativi Milano: la uno, la due o la tre? Prossimi incroci o prossime croci?

139 140 142

VIII

143 145 146 147 151

6. Due metodi 6.1. 6.1.1. 6.1.2. 6.2. 6.2.1. 6.2.1.1. 6.2.1.2. 6.2.1.3. 6.3. 6.3.1.

Analizzare e progettare Un metodo induttivo-deduttivo e un metodo abduttivo Il ‘come’ e il ‘perché’ Il metodo per analizzare Un metodo induttivo-deduttivo Ricostruzione tridimensionale Relazione tra spazio urbano e luogo di analisi Traduzione in insiemi e grafi Il metodo per progettare Un metodo abduttivo

157 159

161 161 161 162

165


6.3.1.1. 6.3.1.2. 6.3.1.3.

Il grafo e la matrice di adiacenza La costruzione di un grafo percorribile Verifica di fattibilitĂ

165 166 168

7. Loreto, Cadorna e Garibaldi 7.1. 7.1.1. 7.1.1.1. 7.1.1.2. 7.1.2. 7.1.2.1. 7.1.2.2. 7.1.2.3. 7.2. 7.2.1. 7.3 7.3.1. 7.3.1.1. 7.3.1.2. 7.3.1.3. 7.4. 7.4.1. 7.4.2.

Loreto, il caso limite Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate La nascita di un mostro La stazione che ne vale tre In-usabile Loreto L'affordance a Loreto Somiglianza, connessione e convenzione L'analisi dei flussi Cadorna, all-in-one PerchĂŠ qui la gente non si perde Garibaldi, il nodo dei nodi Stazione crocevia Al centro di un progetto mai concluso M5, la linea che verrĂ I nodi vengono al pettine

173 173 174 177 177 179 180

183

185 185 189 192

Introduzione alle tavole Metodo induttivo-deduttivo: Loreto e Cadorna Metodo abduttivo: Garibaldi

195

Tavole

197

Conclusione

262

Bibliografia Riferimenti bibliografici Opere consultate Altre opere inerenti l'argomento Sitografia

195

265 267 273 274

Indice delle figure Indice dei grafici Indice delle tavole

276

Ringraziamenti

283

279 280

IX



Abstract

Questa tesi tratta il tema dell’orientamento all’interno delle stazioni di interscambio della Metropolitana Milanese. Utilizza come strumenti di indagine conoscitiva la teoria dei grafi e la rappresentazione dello spazio in diagrammi di Eulero-Venn. Le premesse teoriche della tesi toccano diverse discipline, prevalentemente la semiotica, la logica e la teoria dei grafi, messe a sistema con la percezione e la fruizione delle stazioni metropolitane, ai fini di un’agevole navigazione della stessa. In particolare, i dialoghi semiotici, il concetto di affordance e il modello delle funzioni del linguaggio di Jakobson vengono utilizzati per supportare la definizione di wayfinding; parallelamente, gli approfondimenti teorici sulla logica e sulla teoria dei grafi sono strumentali alla messa a punto di due metodi distinti: un metodo analitico induttivo-deduttivo per una migliore lettura preventiva delle criticità di una stazione e un metodo progettuale abduttivo in grado di guidare il progetto di una nuova stazione. Data la sua oggettiva complessità, ho scelto di applicare il primo metodo alla stazione di Loreto M1-M2. Il risultato dell’analisi mira a fornire al progettista una visualizzazione immediata delle criticità in modo da permettergli di progettare i contenuti e il posizionamento degli interventi segnaletici con maggiore consapevolezza. Per l’applicazione del secondo metodo, ho scelto di ipotizzare uno sviluppo potenziale della stazione di Garibaldi attraverso la costruzione di un grafo percorribile secondo la definizione di Eulero. I risultati ottenuti mediante i casi studio dimostrano che sarebbe auspicabile la realizzazione di un software dedicato all’analisi dei flussi e al processo generativo dei grafi percorribili possibili: ‘Undergrams’.

XI


Introduzione

XII

Nel primo capitolo, a partire dalle modalità di orientamento degli animali, si introduce il tema dell’orientamento attraverso i tre dialoghi semiotici, proponendo ‘il territorio’ e ‘l’utente’ come interlocutori. L’utente potrà dialogare con un luogo in tre modi diversi: per intrattenimento, per ottenimento, per riflessione. La modalità tramite cui ci si orienta in una stazione metropolitana è la seconda: l’utente desidera ottenere uno spostamento fisico all’interno di una porzione più o meno estesa di territorio navigando nella stazione e compiere il percorso di accesso ai treni nel minor tempo possibile. A tale proposito, si illustra un resoconto sulla ricerca nel campo della percezione urbana a partire dagli anni Sessanta con Lynch, fino alle ricerche contemporanee di Stevens. Il secondo capitolo pone al centro l’importanza del ragionamento in fase di progettazione di un luogo funzionale all’orientamento di chi lo utilizzerà: ripercorre la storia della logica per mettere in luce gli aspetti pertinenti al tema dell’orientamento, dal sillogismo aristotelico, passando per Bacone, Leibniz e Peirce approdando alla logica modale deontica. Particolare attenzione è data allo scritto di Peirce Existential Graphs perché mostra come il filosofo americano abbia provato a codificare la realtà attraverso visualizzazioni diagrammatiche della stessa. Il terzo capitolo affronta in maniera diretta il tema del wayfinding a partire dalla definizione formale introdotta da Lynch fino alla definizione informale ottenuta tramite il social network LinkedIn. A seguire, lo stato dell’arte e le migliori tecnologie di supporto alla progettazione degli spazi attualmente esistenti: gli studi del collettivo inglese ‘Space Syntax’, l’uso delle isoviste, le Visual Graph Analysis, il software Depthmap. Infine la declinazione del tema del wayfinding attraverso la storia dei trasporti della città di Berlino: prima da un punto di vista macro, ossia le dinamiche di gestione della rete prima, durante e dopo il Muro; e poi da un punto di vista micro, ossia la realizzazione del progetto di segnaletica di Erik Spiekermann e la neonata Berlin Hauptbahnof, caso esemplare di stazione multilivello, multiservizio, concepita diagrammaticamente. Il quarto capitolo tratta in maniera nozionistica gli aspetti basilari della visualizzazione tramite diagrammi di Eulero-Venn e della teoria dei grafi a partire dal rompicapo dei ponti di Königsberg fino alla sua soluzione fornita da Eulero e dal relativo teorema sulla definizione di ‘grafo percorribile’. Il quinto capitolo si occupa delle criticità che il progettista dovrà evitare per ottenere una luogo navigabile, sia esso una singola stazione o l’intero agglomerato urbano. Utilizzando


come esempio la rete metropolitana milanese, si mettono in luce gli aspetti più problematici per l’utenza dal momento in cui determinate scelte su scala cittadina sono state motivate da soluzioni parziali a problemi puntuali, non propriamente rispondenti a una regia urbana pro-gettata. Nel sesto e nel settimo capitolo si ipotizzano due metodi capaci di affiancare il lavoro del progettista di wayfinding: un metodo analitico e uno progettuale. Il campo di sperimentazione del primo metodo utilizza come caso studio la stazione milanese di interscambio M1-M2 di Loreto. A partire da un’iniziale suddivisione della stazione in ‘aree funzionali’, passando per lo studio dei flussi, le visualizzazioni derivate dell’analisi evidenziano i punti di maggiore criticità all’interno della stazione. Questi dati assisteranno il progettista che si occuperà del wayshowing, ossia del contenuto e del posizionamento degli artefatti segnaletici all’interno della stazione. Il confronto tra la stazione di Loreto e la sua omologa, Cadorna M1-M2, mette in luce differenze interessanti e dimostra che uno dei motivi per cui Cadorna risulta maggiormente navigabile rispetto a Loreto è dato da una migliore costruzione diagrammatica dello spazio. Mentre il primo metodo affianca il progettista di soluzioni segnaletiche nel luogo, il secondo metodo proposto è di supporto alla progettazione del luogo stesso. In questa seconda parte della tesi, il caso studio è la stazione di Garibaldi per due ragioni principali: da un lato, essendo una delle stazioni più antiche della città, ha subìto numerosissime variazioni in termini di posizionamento geografico e di servizi di mobilità ferroviaria offerti. Dall’altro, perché oggi è un nodo principale del trasporto pubblico metropolitano, regionale, nazionale e internazionale della città di Milano. Nonostante la sua collocazione in un’area strategica rispetto alla futura pianificazione urbana della città, la sua attuale configurazione non si dimostra funzionale a una navigazione agevolata per l’utenza e alla fruizione adeguata dei servizi di cui dispone. Sulla base pre-esistente, si ipotizzerà una diversa costruzione diagrammatica della stazione: attualmente Garibaldi si compone di diverse stazioni al suo interno, ognuna fisicamente e percettivamente distinta dall’altra in base alla pluralità dei servizi offerti. Si auspica una disposizione più organica delle diverse aree, tale da favorire tutti i flussi di utenza possibili, senza penalizzarne nessuno. Il criterio tramite il quale, in questa tesi, si svolge un intervento di miglioramento diagrammatico della stazione è la rispondenza al teorema di Eulero nella definizione di ‘grafo percorribile’.

XIII



Capitolo 1

Dialogicità

L’habitat naturale di un essere umano è artificiale e sempre soggetto a trasformazioni: la città. L’eterogeneità dei luoghi che la costituiscono è tale da infliggere all’uomo una perenne condizione di ‘smarrimento’. Solo le capacità di adattamento e di ragionamento permettono all’uomo di orientarsi al suo interno. L’uomo dialoga quotidianamente con il suo environment e naviga al suo interno recependo stimoli visivi, uditivi ed esperienziali e li utilizza per costruire la sua immagine mentale della città, come scrive Kevin Lynch. Il processo di orientamento si interrompe quando l’utente vive una condizione di dubbio durante la navigazione. Il progetto di wayfinding inizia scomponendo l’oggetto della sua analisi: lo spazio.

Dialogicità


1.

[...] il wayfinding non è una proprietà dell’ambiente, ma il risultato di un’interazione cognitiva e semiosica fra l’ambiente e un osservatore, come già sosteneva Lynch. Tale interazione ha luogo sia quando è possibile “interrogare” l’ambiente, sia quando questo è in grado di “parlare”. Il problema nasce dal momento in cui un soggetto non sa come interrogare l’ambiente, né quale “lingua” questo stia effettivamente parlando. In questi casi – e si tratta di molti casi – il wayfinding ha esiti limitati o nulli. In questi casi, lo spazio continua a rimanere estraneo. O diventa labirinto.

2

Dialogicità


Salvatore Zingale, Orientarsi tutti. Il contributo della semiotica per un wayfinding for All

3

DialogicitĂ


4

Figura 1.1. Riserva naturale alle pendici delle Ande, nei pressi di Abra dell'Acay in Argentina. Il messaggio di allerta riporta l'affermazione "Chiuso per neve".


1.1. Orientamento: l’istinto e il dubbio

Ogni fenomeno, sia esso naturale, meccanico, comportamentale, si lega a un altro fenomeno mediante un legame temporale, inferenziale, logico, dialogico. Le relazioni tra gli oggetti, le persone, i luoghi implicano sempre un’attività dialogica. Dal greco dià, fra, e logos, parola, il termine dialogo si riferisce a un colloquio o a uno scambio di opinioni alternato tra due interlocutori. Ma spesso sentiamo parlare di “finestra di dialogo” anche durante la navigazione su un sito web o sull’interfaccia di una applicazione. La “finestra” – in sé e come metafora in ambito software – è l’apertura che permette alla luce1 di entrare all’interno di un edificio così come permette all’utente di accedere all’informazione successiva richiesta. Possiamo quindi affermare che sia lecito parlare di “finestre di dialogo” ogni qualvolta ci sia il bisogno di mettere in comunicazione due elementi, siano essi umani, artificiali, territoriali.

1.1.1. L’animale e l’istinto 5

In questa tesi il dialogo ha un ruolo fondamentale perché ogni essere umano ha il bisogno primario di interfacciarsi tanto con i suoi simili quanto con il territorio nel quale è immerso. Da questo punto di vista, a mio parere, in maniera complementare agli aspetti di “virtuosismo comunicativo tra simili” introdotti e sostenuti dalla pedagogia e dalla psicologia, sarebbe auspicabile da parte dell’uomo una maggiore – e più analitica – attenzione alle dinamiche di orientamento spaziale animale, dominio di studio dei nostri (umani) colleghi zoologi ed etologi. Benché questi siano comportamenti motivati quasi esclusivamente dell’istinto, che è a sua volta frutto di ampissimi periodi evolutivi e di una rigida selezione naturale, alcune specie animali utilizzano metodi ai limiti dell’impossibile per noi appartenenti alla categoria homo sapiens sapiens. Non solo l’orientamento del corpo e delle appendici interviene in cicli funzionali strettamente confrontabili con quelli ricordati per l’uomo (mantenimento dell’equilibrio o della posizione preferita, ricerca del nutrimento e del compagno, ritrovamento e costruzione del rifugio e del nido, ricerca del territorio o dell’area comunque più favorevole, allontanamento da sorgenti di stress), ma si manifesta sovente attraverso rilevamenti sensoriali e meccanismi di cui non sempre si trova l’equivalente nella nostra specie. (Pardi 1979)

1. E al paesaggio esterno, al territorio.

Dialogicità


6

Per spezzare una lancia a nostro favore, possiamo giustificare la perdita delle nostre capacità orientative sostenendo che, a differenza degli habitat naturali di riferimento di ogni specie animale, il nostro environment2 è il risultato artificiale di fattori storico-culturali che mutano troppo velocemente rispetto a quelli climatico-geografici. Vorrei evitare di addentrarmi in un ambito di studio che appartiene agli etologi, da un lato, e agli antropologi, dall’altro. Tuttavia, nel primo caso abbiamo a che fare con una capacità istintiva di cognizione spaziale e di orientamento dovuta a una ineguagliabile lettura degli stimoli naturali esterni (quali la luce solare, la posizione delle stelle, la forza di gravità, solo per citarne alcuni). Dall’altro, abbiamo la capacità umana di adattarsi rapidamente a una situazione nuova, riconducibile alle raffinate funzionalità della corteccia cerebrale3. In altre parole, la relazione dialogica che sussiste tra un animale e il suo habitat è strettissima ed è governata da dinamiche istintuali che esulano dal concetto di causa-effetto. L’uomo, invece, nel corso della sua evoluzione ha modificato molti suoi abiti4 spostando la ricerca delle soluzioni ai problemi di orientamento dall’ambito dell’istinto all’ambito della logica. L’animale, se isolato dai suoi simili e dal suo environment e se non circondato da fattori riconducibili ad esso, è destinato alla non sopravvivenza. L’uomo invece riesce ad adattarsi e a sopravvivere a nuove situazioni territoriali grazie alla sua attività neuronale, riformulando soluzioni ai problemi anche in assenza di una preesistenza esperienziale o innata. Tuttavia è come se, paradossalmente, vivesse in una perenne situazione di smarrimento. Questa condizione è incentivata dalla nostra umana iperproduzione di luoghi eterogenei tra loro il cui risultato è il “luogo alieno alla natura” per eccellenza: la città. Ma il tema verrà approfondito più avanti.

1.1.2. La filosofia del dubbio L’uomo ha un deficit profondo nella risoluzione di problemi di orientamento rispetto alle facoltà corrispettive di molte specie animali. Ma se la logica è il fattore discriminante tra il comportamento umano e quello animale, è anche lo strumento primario nella soluzione dei problemi di wayfinding sia per la logica utente che per la logica progettante (Zingale 2009). A questo proposito, secoli di filosofia hanno dato il loro cospicuo contributo per definire, a partire dall’idea di dubbio, le basi del metodi di raggiungimento della conoscenza. Nel 1644, Cartesio afferma «cogito ergo sum» esplicitando così la sua idea di

2. Utilizzo il termine inglese environment perché rende maggiormente l’idea della globalità del territorio che circonda noi e le nostre azioni, evitando possibili fraintendimenti causati dall’uso del termine italiano “paesaggio”. 3. La corteccia cerebrale è la superficie superiore più esterna dell’encefalo negli esseri vertebrati. Negli esseri umani il suo spessore è superiore rispetto a quella di tutti gli altri mammiferi, si aggira sui 2-4 mm. È a questa zona anatomica che dobbiamo le nostre principali attività mentali quali concentrazione, memoria, linguaggio, pensiero e coscienza. 4. Il termine abito è qui inteso nell’accezione peirceana (habit), come abitudine comportamentale, ossia come «la tendenza a comportarsi effettivamente in un modo simile in circostanze simili nel futuro» (CP 5.487).

Orientamento: l'istinto e il dubbio


considerare l’essere umano come «res cogitans», materia pensante. In che modo Cartesio, uomo di scienza, citato sovente come il padre fondatore della matematica moderna, riesce a dimostrare l’effettiva validità della sua asserzione? Agostino d’Ippona nel V secolo dopo Cristo, afferma «si enim fallor, sum». Dubitare di una ipotesi è uno dei concetti alla base del pensiero scientifico e lo è anche il fallimento di una sperimentazione con relativa indagine a posteriori delle cause. Cartesio, dubitando5 della sua stessa affermazione, si accorge che il dubitare in sé rientra a pieno titolo nelle attività del pensiero umano. Dimostra così che, per un essere umano, non è possibile non pensare e che il pensiero stesso sia condizione di esistenza. La differenza sostanziale tra il «cogito ergo sum» e il «si enim fallor sum» è nella diversa accezione di dubbio. Per Cartesio la soluzione del dubbio è input per il raggiungimento di una condizione di verità scientifica, per Agostino, invece, il dubbio subentra solo se si è in possesso di una Verità interiore.

1.1.3. Dal dubbio al metodo Nel novembre del 1887, Charles Peirce pubblica uno dei suoi scritti più celebri, Il fissarsi della credenza.6 Egli scrive: «Il dubbio è uno stato di irrequietezza e di insoddisfazione per uscire dal quale lottiamo per passare allo stato della credenza; mentre quest’ultimo è uno stato calmo e soddisfacente che non desideriamo evitare o cambiare per credere in qualcos’altro» (Pierce 1887). Secondo Peirce, la lotta al dubbio equivale alla ricerca il cui senso non è il raggiungimento di una condizione di verità bensì la costruzione di un’opinione. Essa non si potrà mai definire vera perché questo sancirebbe la fine dell’esistenza del dubbio che, per Peirce, rappresenta lo slancio principale dell’attività mentale. In questo prezioso testo, il filosofo americano mette in luce – con poche remore nei confronti della “vecchia Europa” – quelli che sono stati storicamente i metodi utilizzati per sancire l’attendibilità di un pensiero e la successiva sedimentazione della conoscenza. Per Peirce, i procedimenti inadeguati – o parzialmente condivisibili – del “fissarsi della credenza” sono riconducibili a tre approcci differenti: (i) il metodo della tenacia, (ii) il metodo dell’autorità e (iii) il metodo della ragione a priori. Il metodo della tenacia consiste nel sostenere ripetutamente – e senza apertura alcuna – una conoscenza senza metterla in discussione. La credenza in questo caso ha le sembianze di un abito.7 Il metodo dell’autorità tende ad 5. È necessaria una precisazione circa l’interpretazione del termine “dubbio” che è parte integrante dell’attività indagativa scientifica di Cartesio. Egli introduce il tema dello Scetticismo metodologico che si distacca dal tema del dubbio nella filosofia classica. Nella filosofia greca il dubbio riveste l’intera esperienza umana e resta come una condizione perpetua nella realtà e nella definizione di cosa è e cosa non è definibile come realtà. Con Cartesio e l’Empirismo, il dubbio si fa strumento funzionale alla dimostrabilità inconfutabile di una tesi scientifica che, di conseguenza, può definirsi tale solo quando, nonostante le fondamenta empiriche, riesce a fugare in maniera evidente, ogni dubbio metodologico. 6. C.S.Peirce The Fixation of Belief, 1887 in The Popular Science Monthly (vol.12, pp.1-15). 7. Si veda la nota 4.

Dialogicità

7


assomigliare al primo nelle conseguenze, ossia alla invariabilità delle convinzioni, ma differisce da esso nei presupposti e nella dimensione sociale: in questo caso la “cecità” circa la fallibilità di una conoscenza è il risultato del non credere in essa, quanto nell’autorità che ne è promotrice. È il caso delle nozioni introdotte ad esempio dalla religione, dallo Stato per plasmare una moltitudine di individui. Ulteriormente diverso dal metodo che Hobbes definirebbe “leviatanico” è il metodo della ragione a priori. È qui che la questione diventa più delicata per Peirce: il filosofo ammette che le radici del pensiero filosofico europeo affondano in questo dominio. Vi ci troveremo Kant e Cartesio, accusati dell’utilizzo di una consistente dose di “intuitività”. L’operazione messa in atto da Cartesio nel legittimare il suo «cogito ergo sum» può ricondursi al metodo della ragione a priori e, a tal proposito, è illuminante l’osservazione di Peirce: «Ed è chiaro che nulla fuori della sfera della nostra conoscenza può essere nostro obiettivo, poiché nulla che non riguardi la mente può essere motivo per uno sforzo mentale. Possiamo al massimo sostenere che andiamo in cerca di una credenza che crederemo vera. Ma sostenerlo è una mera tautologia: infatti, di ognuna delle nostre credenze crediamo che sia vera» (Pierce 1887). Cartesio afferma che l’atto in sé di dubitare della veridicità del suo assioma è la prova della veridicità della stessa, ossia della presenza costante di un

Per Peirce, infatti, il metodo 8

scientifico implica il realismo perché, a differenza degli altri metodi, ha come scopo il raggiungimento di un’opinione che è vera solo se frutto di un corretto ragionamento logico e di una solida base di esperienza. pensiero dietro ogni pensiero. Facendo questo, in realtà, Cartesio compie un salto abduttivo che differisce dalla dimostrazione matematica perché resta comunque una ipotesi. Paradossalmente, è il «si fallor ergo sum» di Sant’Agostino – benché ascrivibile al metodo dell’autorità – a metterci di fronte al presupposto base del metodo scientifico, il quar-

Orientamento: l'istinto e il dubbio


to, ed ultimo, dei metodi del “fissarsi della credenza”: il dubbio e la sua fuga sono alla base del ragionamento logico. Quindi Peirce rifiuta l’a priori e introduce il metodo più evoluto, definitivo, che presenta meno “controindicazioni”: quello scientifico. «Sì, è vero che gli altri metodi hanno i loro meriti: una chiara coscienza logica costa [...]. Ma non dovremmo desiderare che le cose stessero diversamente. Il genio del metodo logico di un uomo dovrebbe essere amato e riverito come la sua sposa, che egli ha scelto fra tutte» (Pierce 1887). Per Peirce, infatti, il metodo scientifico implica il realismo perché, a differenza degli altri metodi, ha come scopo il raggiungimento di un’opinione che è vera solo se frutto di un corretto ragionamento logico e di una solida base di esperienza. Ci sono cose Reali, le cui caratteristiche sono interamente indipendenti dalle nostre opinioni; queste cose Reali agiscono sui nostri sensi secondo leggi regolari, e, sebbene le nostre sensazioni siano differenti quanto sono differenti i nostri rapporti con gli oggetti, tuttavia, giovandoci delle leggi della percezione, possiamo accertare mediante il ragionamento come le cose realmente e veramente sono; e ogni uomo, se avrà sufficiente esperienza e se ragionerà abbastanza sulla sua esperienza, sarà condotto all’unica Vera conclusione. (Pierce 1887)

9

Dialogicità


10

Figura 1.2. Coppia di turisti sulla spiaggia di Old Orchard, Maine, Canada.

Orientamento: l'istinto e il dubbio


1.2. Il dialogo e l’orientamento

1.2.1. Le categorie di dialogo Per Peirce nell’essere umano ogni comunicazione interiore è condotta come se si trattasse si un dialogo: necessità primaria del pensiero logico è quella di dividersi in due e far sì che ognuna delle due metà riesca a convincere l’altra. Tuttavia la forma dialogica risolta in una coppia non include la tripartizione dell’atto semiosico: segno, oggetto, interpretante. Il sistema percettivo è stimolato da un oggetto dinamico e il risultato di questa prima interazione è il segno. Il segno a sua volta verrà rielaborato per diventare interpretante e solo allora la semiosi sarà completa. Un ragionamento non è che il risultato di una serie di semiosi che si susseguono determinando un ragionamento. Qui ritorna la dualità, l’attitudine dello scienziato a ricavare una conclusione a partire da premesse. In questa tesi considero i processi di orientamento come dei dialoghi, di tipo differente a seconda del luogo in cui avvengono e delle funzioni che l’utente deve svolgere al loro interno. Ogni volta che decidiamo di muoverci da un luogo A a un luogo B intraprendiamo delle scelte. Una scelta è sempre il risultato di un’azione pro-gettuale che ci si presenta quando ci ritroviamo davanti a due potenziali direzioni da intraprendere. Il momento della scelta è il momento semiosico: attraverso un processo inferenziale siamo capaci di dedurre e ipotizzare per poi decidere. «Se allora scegliere è intraprendere una direzione, e così dare senso all’agire, decidere è segnare una tappa. La scelta è un movimento verso qualcosa, spesso animato dal dubbio. La decisione è il convincimento d’essere arrivati, una conclusione, per placare il dubbio».8 Un problema di wayfinding nasce proprio insieme alla difficoltà e alla durata di un dubbio. Quando siamo in un luogo che non conosciamo, esitiamo, necessitiamo di un momento interpretativo per passare al bivio successivo e così via. Conoscere quanto sia intenso il momento del dubbio equivale a conoscere il problema e, di conseguenza, apprestarsi a risolverlo. La soluzione spetta al progettista. È importante però capire all’interno di quale ambito l’utente si muove affinché il progettista possa applicare un metodo specifico nella progettazione degli artefatti che metterà a disposizione dell’utente e della sua capacità interpretativa. Tornando al tema dei dialoghi semiotici, è possibile distinguerne tre tipologie:9 Il dialogo di intrattenimento

Il dialogo di ottenimento

Il dialogo di riflessione

8. S. Zingale, Scelta e progetto, http://www.salvatorezingale.it/ortosemiotico/category/sul-progetto 9. Sui dialoghi cfr. Bonfantini 2000 e Zingale 2009.

Dialogicità

11


Quando siamo in un luogo che non conosciamo, esitiamo, necessitiamo di un momento interpretativo per passare al bivio successivo e così via. Conoscere quanto sia intenso il momento del dubbio equivale a conoscere il problema e, di conseguenza, apprestarsi a risolverlo. La soluzione spetta al progettista. 12

Il primo si riferisce al dialogo la cui finalità è quella di trascorrere con piacevolezza un momento, intrattenendo una conversazione fine a se stessa o che semplicemente eviti una situazione spiacevole. Il secondo dialogo è quello relativo allo scambio il cui fine è la conquista: cerco di ottenere qualcosa attraverso qualcos’altro. Il terzo e ultimo dialogo è invece finalizzato all’indagine, alla scoperta, all’utopia: può avvenire tra simili o tra sé. In sintesi il primo dialogo si lega all’idea di mondo reale, il secondo al mondo sociale, il terzo al mondo possibile. Ricalcando questa tripartizione in questa tesi i dialoghi semiotici avranno due categorie diverse di dialoganti: l’utente e il luogo. Distinguo, pertanto, tre diversi ambiti di progettazione nel wayfinding: il nostro utente sceglierà di muoversi da un punto di partenza verso una meta, secondo tre tipologie di interazioni differenti con esso. L’utente avrà quindi un dialogo di intrattenimento (Fig. 1.2) con un luogo o con il territorio quando le sue attività saranno guardare, passeggiare, divagare, uscire con gli amici, mangiare fuori e così via. Sosterrà un dialogo di ottenimento (Fig. 1.3) quando, invece, dovrà ad esempio rivolgersi presso un ufficio, prendere la metropolitana, raggiungere nel minor tempo possibile un reparto ospedaliero, ecc. Il terzo e ultimo, il dialogo di riflessione (Fig. 1.4), riguarderà l’utente che ha voglia di affrontare un viaggio (reale o mentale) che possa in qualche modo determinare un momento di accrescimento (o regressione) morale e individuale, ad esempio un viaggio come quello di Alexander Supertramp nel celebre film Into the wild.10

10. “Into ����������������������������������������� the wild” regia di Sean Penn, 2007.

Il dialogo e l'orientamento


In situazioni come questa, una ragazza visita per turismo un luogo, instaurando con esso un dialogo di intrattenimento, ma nel momento in cui necessita di informazioni precise per dirigersi verso una meta determinata, il dialogo con il territorio diventa di ottenimento. Se una mappa risulta insufficiente a tale scopo, richiedere informazioni direzionali ad un individuo “indigenoâ€? è Figura 1.3.

DialogicitĂ

uno dei modi per ottenerle.


14

Emile Hirsch nei panni di Christopher Johnson McCandless (1968-1992) noto con lo pseudonimo di Alexander Supertramp è stato un viaggiatore statunitense che ha scelto di vivere lontano da tutti i comfort occidentali, affrontando un viaggio Figura 1.4.

catartico, causa della sua prematura morte all’età di 24 anni.

Il dialogo e l'orientamento


Importante è per il progettista essere consapevole della categoria di riferimento nel momento della progettazione. Ad esempio, progettare l’impaginazione di un libro, l’architettura di un social network o di un videogioco è un’attività progettuale che rientra a pieno titolo nell’ambito del dialogo di riflessione (interazione con il mondo possibile); progettare una mappa sinottica delle linee metropolitane in formato A5 è nel dominio del dialogo di ottenimento; progettare il layout di rivista di moda, lo storyboard di un cortometraggio sono attività tracciabili nell’insieme dei dialoghi di intrattenimento. È del tutto ovvio che, nella totalità dell’esperienza con e nel territorio, non sarà mai possibile avere un solo tipo di dialogo: sarà sempre una mistura a diverse densità e i tre insiemi distinti avranno delle aree comuni. Date le differenti finalità di queste tre diverse categorie all’interno della disciplina della comunicazione, questa tripartizione può aiutare il progettista a focalizzare l’attenzione su un preciso dominio, affiancandolo nella scelta del metodo progettuale più adatto e dei supporti comunicativi più efficaci.

1.2.2. Il dialogo di ottenimento e l’orientamento L’oggetto di indagine di questa tesi sarà il dialogo di secondo tipo: il dialogo di ottenimento. Ho scelto di trattare questo tipo di dialogo perché credo che il design della comunicazione abbia bisogno di ritrovare una dimensione sociale e che, per farlo, si debba recuperare una forte identità logico-scientifica, talvolta scarsa in progetti di altro tipo. Il progetto di wayfinding non può partire da un approccio meramente tecnico ed è altresì vero che non può neanche concludersi in un’indagine esclusivamente cognitivo-filosofica. A tal proposito è interessante richiamare il noto saggio Le due culture di Charles P. Snow, scritto nel 1959, nel quale l’autore si sofferma in maniera molto discorsiva su uno degli aspetti più critici, a suo parere, dell’Occidente: la quasi inesistenza di canali di comunicazione tra la cultura artistico-letteraria e quella scientifico-matematica. Da un certo punto di vista, ritengo che il Politecnico debba essere la soluzione a questo problema, cercando di fornire una formazione equilibrata. Nella mia tesi, ho cercato di analizzare il problema di wayfinding sotto una doppia luce: a livello umanistico, a partire da Grammatica della fantasia di Gianni Rodari (1980), passando per le analisi urbanistico-comportamentali del libro L’immagine della città di Lynch e approdando, infine, alle teorie matematiche degli Insiemi e dei grafi di Eulero. Il wayfinding, inteso come dialogo di ottenimento di una informazione (Fig. 1.5), di un percorso corretto, veloce e privo di esitazioni, è il punto di arrivo di questa tesi. «Il dialogo di secondo tipo – o di ottenimento – è quello motivato e animato da un fine, praticato quindi per il conseguimento di un obiettivo già determinato nella mente dei dialoganti» (Zingale 2009).

Dialogicità

15


16

Dettaglio di un artefatto segnaletico dell’aeroporto di Dßsseldorf. Figura 1.5.

Progetto di Erik Spiekermann.

Il dialogo e l'orientamento


1.3. Function Finding

1.3.1. Progettare è come usare un coltello Nel libro La crisi della ragione cartografica, Franco Farinelli (2009) mette in luce la complessità che si nasconde dietro un passaggio storico che spesso passa inosservato ai nostri occhi, ma che ha segnato e segna una sorta di rivoluzione tolemaica della nostra percezione del territorio. Questo momento riguarda il passaggio difficoltoso dalla “logica della tavola” alla “logica della sfera”. Ancora oggi, i nostri concetti di spazio e tempo risultano difficili da definire perché ciò che per secoli è stato diviso dai chilometri, oggi viene ricucito in tempo reale dal codice binario e dalla rete. I concetti di distanza, velocità, trasporto sono stati rovesciati dal 1969 in poi e non, come si potrebbe pensare, grazie alla conquista della Luna, ma grazie al primo dialogo a distanza tra due computer statunitensi fisicamente lontani: nasceva internet. Il tema del territorio e della sua attuale percezione da parte dell’utente utilizzatore,grazie alle nuove tecnologie che possiede, è stato in assoluto l’input di questa tesi. La risposta di Farinelli, ossia il traumatico passaggio all’attuale logica della sfera, pone una questione differente: se la rete è la logica dominante della nostra epoca, è possibile trovare nella rete una soluzione a un problema progettuale? La risposta è sì, perché la logica di internet è esattamente quella del grafo di concezione eule-

Se le parole dialogo e dialettica contengono “dia”, ossia “fra”, le parole dividere e discernere hanno in comune “di”, come “due”. In ognuno di questi casi, il fattore determinante è la scissione. Scissione dei ruoli in un dialogo, divisione di un problema in problemi più piccoli, decisione da intraprendere a un bivio, la scelta. Dialogicità

17


riana. Come avrò modo di approfondire nei capitoli successivi, i grafi diventeranno il mio strumento principale di analisi e metodo nella risoluzione di un problema di wayfinding. Ma, facendo un passo indietro, è necessario introdurre il processo mediante il quale questo pensiero ha condotto la mia tesi. Citando Farinelli nel paragrafo sulla ‘natura cartografica dell’economia moderna’, riporto le sue parole riguardo il contributo di Petty11 all’ambito economico-cartografico: È dunque la mappa il modello conoscitivo di Petty, tra l’altro anche valoroso medico, e infatti, il suo metodo si fonda, sia per il corpo della Terra sia per quello dei suoi simili, sul ricorso a un unico fondamentale arnese con cui procedere alla conoscenza, cioè alla dissezione: «un comune coltello» [...] Perciò l’analisi per Petty, proprio e soltanto come la selezione dei segni che fa il cartografo sulla carta, significa insieme eliminazione di alcuni dati e generalizzazione di quelli che restano. Ma la generalizzazione implica un procedimento che si chiama abduzione [...] E proprio e soltanto in virtù di tale atto di concettualizzazione con Petty inizia la scienza dell’economia politica, la riflessione economica portata a sistema. (Farinelli 2009: 135)

18

Se le parole dialogo e dialettica contengono “dia”, ossia “fra”, le parole dividere e discernere hanno in comune “di”, come “due”. In ognuno di questi casi, il fattore determinante è la scissione. Scissione dei ruoli in un dialogo, divisione di un problema in problemi più piccoli, decisione da intraprendere a un bivio, la scelta. Uno degli strumenti di lavoro del progettista è, infatti, “un coltello” dalla lama molto affilata, capace di dividere l’oggetto della propria indagine in tempi veloci, esercitando la giusta pressione, in un regime di piena concentrazione. Alla progettazione spetta il compito arduo di costruire artefatti. Tuttavia il procedimento logico che guida la progettazione prevede costantemente l’utilizzo di un metaforico coltello capace di individuare gli elementi del sistema, distinguere le parti, scindere gli elementi in base alla loro funzione (ad esempio, distinguere il motore dal telaio, la scocca dalla componentistica).

1.3.2. Individuare funzioni, costruire un’immagine La genialità di Leonardo da Vinci rispetto ai suoi contemporanei si può ricondurre a un leit motiv del suo lavoro: la capacità di interpretare ogni macchina, sia essa di natura organica o di natura artificiale, non come un elemento unico ma come la somma di macchine più semplici. Leonardo introduce il concetto di sistema, suddiviso in elementi che svolgono determinate funzioni. Solo studiando separatamente ogni singola funzione attribuita all’elemento, Leonardo arricchisce il suo patrimonio di conoscenza al punto di inventare e collaudare meccanismi e artefatti che hanno trovato reale impiego solo molti 11. William Petty (1623-1687) economista, cartografo e medico inglese, seguace di Hobbes, è stato il responsabile di un minuzioso rilievo topografico dell’Irlanda a partire dal 1654. È fondatore dell’aritmetica politica, una scienza che indaga i prezzi delle merci, la divisione del lavoro e le condizioni tecniche da un punto di vista quantitativo.

Function finding


secoli più tardi. Come scrive Gianni Rodari nel suo Grammatica della Fantasia, gli studi su Leonardo confermano che il genio provasse piacere e divertimento nel progettare quelle che si possono definire le antesignane delle macchine inutili di Bruno Munari, anacronistiche rispetto alla norma utilitaristica che fa da comune denominatore a ogni azione conoscitiva tecnico-scientifica nell’epoca rinascimentale. Se, quindi, la progettazione parte dalla padronanza di moduli base aventi una propria funzione, il libro di Vladimir Propp Morfologia della fiaba (1966) e lo studio successivo intitolato La trasformazione nelle fiabe di magia sembrano ripercorrere proprio questo sentiero: Propp affronta l’operazione leonardesca del suddividere l’intero racconto narrativo in funzioni. La sua ipotesi si riassume così: analizzando la struttura delle fiabe popolari, alcuni momenti narrativi sembrano ripetersi e diventare le componenti base del tessuto narrativo. Ciascuno di questi momenti rimanda a una funzione narrativa. Dato il tramandarsi orale dei racconti cui fa riferimento, Propp sostiene che nel corso dei secoli attorno al nucleo principale della storia si siano consolidati tre fondamentali principi: 1. esistono elementi costanti: le funzioni; 2. il numero di funzioni presenti è limitato; 3. la successione delle funzioni nel racconto è pressoché invariata. Le funzioni individuate da Propp sono esattamente trentuno: per citarne alcune, l’allontanamento, il divieto, il tranello, il danneggiamento, la partenza dell’eroe, la fornitura del mezzo magico, lo smascheramento dell’antagonista, le nozze dell’eroe ecc. Ad esempio, la prima funzione – l’allontanamento – può riferirsi a un protagonista che va via da casa, a un principe che va in guerra: è una variabile indipendente che però, associata a situazioni diverse, assume un valore diverso di volta in volta. Secondo Propp, lo scrittore ha a sua disposizione trentuno funzioni narrative e quattro strumenti per l’invenzione fantasiosa di nuove situazioni: Egli prende il tema della “capanna su zampe di gallina nel bosco” e lo rintraccia, nella concretezza dei suoi svolgimenti, variato: per riduzione (la capannuccia su zampe di gallina; la capanna nel bosco; la capanna; il bosco); per amplificazione (la capannuccia su zampe di gallina nel bosco, con pareti di marzapane e tetto di pasticcini); per sostituzione (al posto della capanna compare una grotta, o un castello); per intensificazione (un intero paese magico). (Rodari 1980: 78)

Queste quattro variazioni (riduzione, amplificazione, sostituzione, intensificazione) servono a inventare storie nuove, proponendo variazioni su una storia già esistente e si possono ritrovare, quasi invariate, nell’analisi di Sant’Agostino sul tema dell’immaginazione all’interno del De vera religio in cui scrive: «Le immagini sono originate dalle cose corporee e per mezzo delle sensazioni: le quali, una volta ricevute, si possono con grande facilità ricordare, distinguere, moltiplicare, ridurre, estendere, ordinare, sconvolgere, ricomporre in qualunque modo piaccia al pensiero» (Agostino 389-391 d.C.).

Dialogicità

19


È interessante sottolineare quanto trasversalmente i concetti di variazione e ripetizione [...] riescano a introdurre l’idea di immagine e il concetto di inventiva all’interno di un processo progettuale. Nel libro Wayshowing. A Guide to Environmental Signage Principles & Practices, di Per Mollerup, è possibile riconoscere alcuni degli aggettivi individuati da Propp e da Sant’Agostino: Good wayshowing starts when planning the environment for towns, parts of towns, or large buildings. wayfinding-friendly environments include elements of repetition as well as variation. The repetitive element facilitates global understanding while variety facilitates local wayfinding. We immediately understand the organizing principle of such urban areas as central Manhattan that use the Roman grid, but we need some variation to finetune our wayfinding. Some organically developed urban areas have too much variation and too little system. (Per Mollerup 2005: 71) 20

È interessante sottolineare quanto trasversalmente i concetti di variazione e ripetizione – solo per citarne alcuni – riescano a introdurre l’idea di immagine e il concetto di inventiva all’interno di un processo progettuale che può riguardare altrettanto trasversalmente un racconto, una macchina, il territorio. Sul tema del territorio e della sua percezione, Kevin Lynch12 scriverà nel 1960 una delle sue opere più celebri: L’immagine della città.

1.3.3. Il diagramma funzionale della città 1.3.3.1. Lynch: l’introduzione dei termini “way-finding” e “imageability”

Per Sant’Agostino e per Propp, l’immagine è l’unità di base per l’invenzione, la figurazione e la prefigurazione13 intesa come “vedere oltre”. Secondo Lynch, l’immagine è l’elemento primario in un processo di orientamento all’interno del territorio. Nel suo L’immagine della città, Lynch introduce una caratteristica primaria che appartiene al territorio e 12. ������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� Kevin Lynch (1918-1984) è stato un urbanista e architetto statunitense. Dedica la maggior parte della sua attività di ricerca alla percezione del paesaggio urbano determinando una svolta nel campo delle teorie urbanistiche dell’epoca. Infatti, Lynch amplierà l’ambito della sua ricerca alla psicologia ambientale e alla geografia della percezione. Il suo libro più famoso è, appunto, L’immagine della città, pubblicato nel 1960, un report dettagliato di una indagine durata cinque anni che vede come casi studio le tre città statunitensi Boston, Jersey City e Los Angeles. 13. Figurare, dal latino, “figùra”, formare, foggiare. Prefigurare, dal latino “formare prima”.

Function finding


si misura nel momento in cui l’utente riesce con maggiore o minore difficoltà ad orientarsi al suo interno. Questa caratteristica viene chiamata: imageability. Nella versione italiana del libro, questo termine viene tradotto in figurabilità ossia: La qualità che conferisce a un oggetto fisico una elevata probabilità di evocare in ogni osservatore una immagine vigorosa. Essa consiste in quella forma, colore o disposizione che facilitano la formazione di immagini ambientali vividamente individuate, potentemente strutturate, altamente funzionali. Essa potrebbe venir denominata leggibilità o forse visibilità in un significato più ampio, per cui gli oggetti non solo possono essere visti, ma anche acutamente ed intensamente presentati ai sensi. (Lynch 1960: 31)

In generale, secondo Lynch, una città ad alta figurabilità è una città che pone il suo fruitore in una condizione agevolata riguardo le fasi di navigazione al suo interno perché proporrebbe una maggiore quantità di stimoli sensoriali (prevalentemente visivi) con conseguente innalzamento del coefficiente di attenzione e partecipazione. Spesso il territorio, inteso come l’insieme di luoghi all’interno dei quali svolgiamo le nostre attività quotidiane, viene percepito come un corpo unitario, avente come unica funzione quella di contenere i nostri spostamenti e renderli più o meno agevoli. La questione si complica quando si considera quel territorio costruito artificialmente nel passare dei secoli come luogo di adempimento di funzioni eterogenee: la città. In questo caso, il punto di vista di Leonardo e di Propp può essere di supporto: possiamo intendere la città come un insieme di centri polifunzionali connessi tra loro in cui ogni elemento svolge una determinata funzione. Il momento che riguarda il progettista è quello dello spostamento da un centro funzionale all’altro. Il dominio di interesse di Lynch è proprio analizzare i processi di orientamento che quotidianamente mettiamo in atto quando ci spostiamo da A a B. È per questo che proprio in L’immagine della città Lynch ha introdotto il neologismo “way-finding”: To become completely lost is perhaps a rather rare experience for most people in the modern city. We are supported by the presence of others and by special way-finding devices: maps, street numbers, route signs, bus placards. But let the mishap of disorientation once occur, and the sense of anxiety and even terror that accompanies it reveals to us how closely it is linked to our sense of balance and well-being. The very word “lost” in our language means much more than simple geographical uncertainty; it carries overtones of utter disaster.14 (Lynch 1960: 4)

14. Ho riportato il testo in lingua originale perché la traduzione italiana – a cura di Gian Carlo Guarda – non include una traduzione idonea del “way-finging devices”. La traduzione in italiano a cura di riporta il seguente passaggio: «Smarrirsi del tutto nella città moderna è esperienza piuttosto rara per la maggior parte della gente. Noi siamo assistiti nel trovare la strada dalla presenza di altri e da speciali artifizi: piante, toponomastica, segnali stradali, targhe di autobus. Ma se ci capita la disavventura di perdere l’orientamento, il senso d’ansietà e persino di paura che l’accompagna ci rivela quanto strettamente esso sia legato al nostro senso di equilibrio e di benessere. La stessa parola ‘smarrito’ significa nella nostra lingua, molto di più che semplice incertezza geografica: essa porta con sé sfumature di vera tragedia». (Kevin Lynch, L’immagine della città, Marsilio Editore, p. 25).

Dialogicità

21


Secondo Lynch, l’essere umano riesce a spostarsi da un unto di partenza a un punto di arrivo dando ascolto agli stimoli che riceve dall’ambiente: l’orientamento avviene tramite l’interpretazione continua dei dati messi a disposizione dalla città. La leggibilità della città fa riferimento all’attribuzione di significati ad elementi fisici, ma questa attribuzione può avvenire sia in base a percezioni oggettive (cromatiche, olfattive ecc.) sia a percezioni soggettive legate ai ricordi, alle associazioni mentali. 1.3.3.2. Identità, struttura e significato

22

L’immagine della città per Lynch è il risultato di un processo dialogico tra chi si orienta e l’environment. Nella sfera del dialogo di ottenimento tra utente e luogo, è fortemente necessario considerare il passaggio in cui Lynch definisce le tre principali componenti dell’immagine ambientale: «Una immagine ambientale può venir analizzata in tre componenti: identità, struttura e significato. Astrarre queste componenti per l’analisi è utile fintantoche si tiene presente che esse in realtà compaiono sempre insieme. Un’immagine funzionale richiede innanzitutto l’identificazione dell’oggetto, il che implica la sua distinzione da altre cose. Il suo riconoscimento come unità separabile».15 In questo passaggio, possiamo constatare che è evidente la necessità della suddivisione funzionale dell’intero secondo l’approccio di Leonardo e Propp riportato nel paragrafo precedente. Pertanto, in sintesi, il primo passo del processo di orientamento è l’individuazione di aree distinguibili tra loro. Dal punto di vista del progettista questa fase aiuta a disegnare “dall’alto” lo spazio da progettare attraverso l’astrazione in modo da ipotizzare i percorsi possibili di collegamento tra le diverse aree funzionali. Dal punto di vista dell’utente, invece, una facile individuazione delle diverse aree funzionali nell’ambiente (mediante, ad esempio, una buona suddivisione degli spazi, la corretta visibilità di artefatti comunicativi) è di assoluta importanza per facilitare i processi di scelta e limitare al massimo il senso di dubbio. 1.3.3.3. Percorsi, margini, quartieri, nodi e riferimenti Nella sua analisi conoscitiva di stampo empirico, Lynch affronta attraverso sopralluoghi e interviste le città americane Boston, Jersey City e Los Angeles. Nonostante l’autore sia pienamente consapevole delle implicazioni psicologiche ed esperienziali che determinano una personale immagine della città nella mente dell’abitante, Lynch si sofferma sugli aspetti oggettivi relativi alla forma della città ed individua cinque elementi principali che costituiscono la sua struttura (Fig. 1.5): - i percorsi (paths, le strade per i pedoni, per i veicoli su gomma, per i treni, per i mezzi acquatici, lungo cui l’osservatore può procedere); - i margini (edges, elementi lineari non considerati come percorsi ma come luoghi di perimetro, limiti, interruzioni);

15. Kevin ������������ Lynch, L’immagine della città, Marsilio Editore, p. 30.

Function finding


- i quartieri (districts, le aree in cui la città viene suddivisa, al cui interno vi è riconoscibile una caratteristica comune); - i nodi (nodes, i punti strategici di una città, possono essere dei luoghi cardine, piazze o luoghi di ritrovo); - i riferimenti (landmarks, gli elementi aventi caratteristiche particolari per cui diventano maggiormente visibili, simbolici, riconoscibili in diverse scale dimensionali: dalla montagna in lontananza all’insegna di un bar). Gli elementi definibili come landmark – capaci di catalizzare l’attenzione dell’utente – potrebbero ulteriormente suddividersi in una serie di sotto-elementi fisicamente ordinati dal più grande al più piccolo: i monumenti, i centri commerciali, le stazioni, le fermate del tram, le fontane, le insegne, ecc. Infatti, quelli individuati da Lynch sono solo alcuni degli elementi individuabili nell’ambiente cittadino. Dalla pubblicazione del suo celebre libro, la ricerca teorica ha proseguito l’indagine lynchiana in maniera molto proficua.

23

Illustrazione realizzata da Lynch, dal libro L'immagine della città in cui è possibile riconoscere i cinque elementi Figura 1.6.

Dialogicità

rintracciabili nel tessuto urbano.


1.3.4. Venturi, Golledge e Stevens

24

La portata storica del libro L’immagine della città risiede principalmente nell’aver dato il via a un filone di ricerca urbanistico-architettonica parallela e imprescindibile, ossia quella basata sui presupposti comportamentali, prima che tecnologico-strutturali. Lynch ha impartito agli architetti e agli urbanisti suoi contemporanei, una lezione nuova, basata non su argomentazioni teoriche di stampo accademico ma sui fenomeni cognitivi di ‘orientamento empirico’ da parte degli utenti-fruitori della città e – in generale – di ogni tipo di spazio a prescindere dalla scala. Per quanto riguarda l’approccio anti-convenzionale, potrei paragonare il caso di The image of the city al libro Learning from Las Vegas16 di Robert Venturi, pubblicato proprio in quegli stessi anni, proprio lontano dalla ‘cara vecchia Europa’: entrambi gli autori introducono elementi di innovazione all’interno delle loro rispettive discipline – urbanistica e architettura – il primo promuove un maggiore approfondimento sulle dinamiche comportamentali del cittadino e cerca di rilevare il grado di figurabilità della città per risolvere i problemi di orientamento, il secondo invita la categoria degli architetti a soffermarsi non solo sulla struttura ‘dall’alto’ della città, ma anche sui suoi ‘rivestimenti’ estetici, portatori di significati, introducendo così il tema «iconography in buildings». Nel 1978, tramite uno studio empirico sul comportamento di 400 partecipanti alle prese con la città di Columbus, in Ohio, Golledge e Spector dimostrano la necessità di fissare degli anchor points17 in base ai quali collocare spazialmente il resto dell’ambiente percepito per costruire un layout mentale del luogo. Nel 1987 – sul numero di giugno della rivista di settore «Journal of Environmental Psycology»� – viene pubblicato un articolo scientifico intitolato Exploring the anchor-point hypothesis of spatial cognition, (Golledge, Coucleis, Gale e Tobler) nel quale si tratta del processo mentale secondo cui il fruitore costruisce mappe cognitive secondo una precisa tassonomia dei diversi landmark, ai fini di una migliore comprensione dell’environment.

16. ����������������������������������������������������������������������������������������������������������������� Robert Venturi (1925) è annoverato tra i fondatori dell’architettura postmoderna. È l’autore della celebre frase “less is a bore”, in contrapposizione con il noto aforisma dell’architetto tedesco Ludwig Mies dan der Rohe “less is more”. Nel 1966 pubblica Complexity and Contradiction in Architecture (due anni dopo rispetto a The image of the city) nel quale esplicita il suo contrasto nei confronti del Movimento Moderno e dell’epoca del Razionalismo che da almeno quattro decenni era l’unica corrente a ‘dettar legge’ in ambito architettonico. Venturi sosteneva che negli anni Sessanta fosse venuta meno in ogni settore la possibilità di raggiungere una sintesi omnicomprensiva della realtà e che questo approccio anti-scientifico avrebbe portato anche l’architettura a vestire i panni di una società eterogenea per definizione, definita da quel momento “post-moderna”. Il suo lavoro teorico prosegue con la pubblicazione nel 1972 del libro Learning from Las Vegas (riedito nel 19977 con il sottotitolo ‘The Forgotten Symbolism of Architectural Form’) nel quale prende provocatoriamente ad esempio la città più ‘immorale’ e anti-razionalista degli States e la esalta quale campionario di forme, colori e significati nuovi dai quali le generazioni future di architetti non potranno più prescindere nella costruzione del panorama urbano: gli elementi relativi alla crescente cultura ‘pop’: un’insegna neon al pari della facciata di un palazzo comunale. 17. Letteralmente ����������������������������������������������� ‘punti di ancoraggio’, ‘appigli’.

Function finding


Dopo anni di fitta attività di ricerca, nel 1999, Reginald G. Golledge18 pubblicherà il libro Wayfinding behavior: cognitive mapping and other spatial processes, che si rivelerà il punto di partenza per un’attività di ricerca sempre più intensa ed interdisciplinare in questo settore, toccando trasversalmente tematiche del mondo della psicologia, delle neuroscienze, della tecnologia robotica in grado di ricostruire i processi cognitivi mentali e sistemi di mappatura fisica degli spazi: «The more we know about how humans or other species can navigate, wayfind, sense, record and use spatial information, the more effective will be the building of future guidance systems, and the more natural it will be for human beings to understand and control those systems». Nel 2007, Quentin Stevens, urban designer americano, nel suo libro The ludic city: exploring the potential of public spaces introduce il concetto di props19 integrando i cinque elementi topografici di Lynch. I props sono quei percorsi, quelle intersezioni, quei margini, quelle ancore che diventano delle proprietà in larga scala della struttura spaziale urbana interagendo con la percezione umana dello spazio. Questi elementi determinano delle relazioni tra il luogo e il suo fruitore. Secondo Stevens un luogo è costituito da elementi meno rilevanti che percepiamo in un “tutt’uno” con l’ambiente20 e degli elementi, invece, capaci di dare forma allo spazio. I props possono stimolare il processo interpretivo che intercorre tra l’environment e il sistema percettivo dell’utente. Ne sono esempi gli oggetti d’arte presenti sul territorio (ad esempio, le statue); gli artefatti pubblici (ad esempio, le fontane progettate per interagire con i cittadini); l’arredo urbano (ad esempio, una serie di panchine, le isole di parcheggio per le biciclette); e così via. In questo processo di individuazione dei props e degli anchor point, si possono definire sempre nuove e più dettagliate sotto-categorie. Infine, in Orientarsi tutti (2012) Zingale, in riferimento a Lynch introduce un ulteriore elemento come sotto-categoria del percorso: la soglia (una linea ideale che permette l’accesso da una zona all’altra ma che, tuttavia, divide le due zone in quanto rivestite di ruoli semanticamente diversi tra loro).

18. ������������������������������������������������������������������������������������������������������������������ Reginald George Golledge (1937-2009) è stato Professore di Geografia presso l’Università della California a Santa Barbara. La sua produzione teorica è stata intensissima: ha scritto 16 libri, 100 capitoli inseriti in altri libri e più di 150 articoli scientifici. È stato il pioniere della ‘behavioral geography’. 19. Letteralmente ������������������������������������� ‘sostegno’, ‘puntello’. 20. ��������������� Ad esempio, le superfici: un percorso continuo che passa da una pavimentazione di asfalto drenante a una pavimentazione di ‘sanpietrini’; una macchia di verde in città calpestabile attraverso un prato; l’aspetto delle facciate dei palazzi che ci circondano: senza soffermarsi nei dettagli di un palazzo in particolare, l’utente percepisce di trovarsi in centro città, piuttosto che in periferia, in un quartiere popolare o in una località estiva e così via.

Dialogicità

25



Capitolo 2

Il contributo della Logica al Design dell'accesso

Un breve excursus nella Logica. A partire dal sillogismo aristotelico fino alle ‘azioni possibili’ nella logica modale deontica, passando per Bacone, Arnauld, Leibniz e Peirce, per rintracciare strumenti e punti di vista utili al progettista per impostare un buon ragionamento. La soluzione a un problema di orientamento, infatti, non può prescindere da una trasposizione in termini logici delle azioni di wayfinding. In questo capitolo, si propone la logica quale strumento per uscire da un labirinto e come metodo per non crearne di nuovi.

Il contributo della Logica al Design dell'accesso


2.

If we consult the ordinary treatises on logic for an account of necessary reasoning, all the help that they afford is the rules of syllogism. They pretend that ordinary syllogism explains the reasoning of mathematics; and books have professed to exhibit considerable parts of the reasoning of the first book of Euclid’s Elements stated in the form of syllogisms. But if this statement is examined, it will be found that it represents transformations of statements to be made that are not reduced to strict syllogistic form; and on examination it will be found that it is precisely in these transformations that the whole gist of the reasoning lies. [...] my opinion – quite against my natural leanings toward my own creation – is that the soul of the reasoning has even here not been caught in the logical net.

28

Il contributo della Logica al Design dell'accesso


Charles S. Peirce, Existential Graphs, 4.426

29

Il contributo della Logica al Design dell'accesso


30

Figura 2.1. Il giardino-labirinto nella sua accezione pi첫 comune.


2.1. Da Aristotele a Peirce, contributi al wayfinding

2.1.1. Le tre fasi di un progetto di wayfinding Nel metodo di indagine proposto in questa tesi, ho ritenuto necessario un approfondimento riguardante l’evoluzione della logica, una disciplina che un progettista non dovrebbe trascurare. Il Design della Comunicazione affonda le sue radici nella semiotica, la scienza che studia le relazioni tra il linguaggio e il senso, attraverso l’interpretazione dei segni. Il wayfinding è un ambito della progettazione nel quale sia la logica che la semiotica giocano un ruolo primario: la realtà fenomenica ci pone in un continuo stato di percezione e, di conseguenza, interpretazione. L’essere umano interagisce con il suo environment proprio attraverso un sistema percettivo che gli consente di avviare un processo inferenziale. Il designer in un progetto di wayfinding ha il compito di rendere questo processo inferenziale il più possibile veloce e capace di offrire all’utente un effetto di senso coerente con le informazioni e gli stimoli che decide di comunicare attraverso il luogo e nel luogo. Nel wayfinding, in fase progettuale, è essenziale riuscire a distinguere le aree funzionali di un luogo e i flussi, i percorsi possibili dell’utenza. Per farlo, tuttavia, è necessario applicare un metodo che includa un buon grado di astrazione tale da consentire al progettista di considerare le dinamiche strutturali, il funzionamento di un sistema di orientamento, prima di ogni questione legata alla fattibilità tecnica di un singolo artefatto comunicativo. Il wayfinding e l’Environmental Graphic Design (EGD)1 sono due discipline molto seguite e “coltivate” in molti paesi europei e oltreoceano. In Italia, invece, è molto scarsa l’educazione a questa disciplina sia da parte della comunità di progettisti che dalla parte della comunità di utenti.2 Una visione molto parziale ci induce erroneamente ad associare queste discipline con la sola progettazione di un Sistema di Segnaletica. Non è un caso se nessun vocabolario associa alle parole ‘wayfinding’ ed ‘Environmental Graphic Design’ una degna e letterale traduzione in italiano. Il progetto di wayfinding è un progetto sempre complesso e che comincia molto prima della realizzazione di quello che l’utente finale vede: è necessario un momento progettuale di analisi globale della configurazione spaziale di un luogo e delle implicazioni di carattere comportamentale che guideranno poi l’utente a intraprendere un percorso attraverso

1. Definizione di Wikipedia: Environmental graphic design (EGD for short) is a design profession embracing many design disciplines including graphic design, architecture, industial design and landscape architecture. Practitioners in this field are concerned with the visual aspects of wayfinding, communicating identity and brands, information design, and shaping a sense of place. 2. I motivi di tale latitanza andrebbero certamente indagati, anche attraverso una apposita tesi magistrale.

Il contributo della Logica al Design dell'accesso

31


l’interpretazione “sensuosa” della sintassi visiva del luogo. Il progetto di wayfinding avviene in tre fasi distinte. È possibile paragonare queste tre fasi ai tre tipi di analisi si un testo: L’analisi del periodo, legata all’individuazione delle distinte frasi (aree) di un testo (luogo) e dei rapporti di coordinazione e di subordinazione che tra esse intercorrono. Questo dominio è attribuibile al lavoro dell’urbanista e dell’architetto. L’analisi logica, ossia la sintassi degli spazi, «il processo attraverso il quale diamo ai singoli componenti di una frase la giusta attribuzione (di significato e appartenenza), è quello definito dall’analisi sintattica degli elementi».3 Questo compito è attribuibile al progettista di wayfinding che stabilisce i flussi prioritari, le dinamiche di movimento, le interazioni cognitive con lo spazio architettonico. L’analisi grammaticale, infine, è il processo che ci permette di associare ad ogni singola parola una categoria di appartenenza (ad esempio, articolo, nome, aggettivo, pronome, verbo, avverbio ecc.) di genere, di numero e così via. Questo è il dominio del progettista grafico che cura nel dettaglio le modalità di comunicazione visiva di una informazione tramite la progettazione di un codice normato all’interno di un manuale d’identità costituito da pittogrammi, font, colori, proporzioni di leggibilità, supporti ecc.

L’analisi logica, ossia la sintassi degli spazi, 32

«il processo attraverso il quale diamo ai singoli componenti di una frase la giusta attribuzione (di significato e appartenenza), è quello definito dall’analisi sintattica degli elementi». Questo compito è attribuibile al progettista di wayfinding che stabilisce i flussi prioritari, le dinamiche di movimento, le interazioni cognitive con lo spazio architettonico.

3. http://www.grammaticaitaliana.eu/analisi_logica.html

Da Aristotele a Peirce, contributi al wayfinding


2.1.2. Il contributo della Logica alla Progettazione degli spazi 2.1.2.1. Premessa, argomentazione, conclusione La logica4 è lo studio delle sequenze inferenziali atte a distinguere un pensiero valido da un pensiero non valido attraverso il ragionamento e l’argomentazione. È la scienza della forma del pensiero, reso oggettivo mediante un linguaggio e le sue leggi. La filosofia, non essendo una scienza empirica, affonda le sue basi nel terreno della logica che, infatti, si occupa della classificazione delle differenti forme argomentative. In generale, un’argomentazione si definisce valida quando dalle tesi iniziali o premesse – di cui si assume la verità – scaturisce una conclusione coerente. In altre parole, le premesse implicano la conclusione e la conclusione segue le premesse. Quando questo non accade l’argomentazione è definita fallace. Una delle forme più antiche e maggiormente note di logica è il sillogismo5 aristotelico. Qui di seguito un esempio di sillogismo categorico: 1. Tutti gli uomini sono mortali 2. Tutti i greci sono uomini 3. Dunque tutti i greci sono mortali

premessa maggiore premessa minore conclusione

Tuttavia, anche qualora le premesse non siano tutte vere, è possibile avere un sillogismo logicamente valido e, di contro, possono risultare non validi dei sillogismi in cui tutte le proposizioni sono vere. Si può affermare che tutta l’evoluzione della logica come disciplina sia scaturita proprio dalla volontà di raggiungere categorizzazioni maggiormente rigorose. Innanzitutto, una prima distinzione avviene tra la validità deduttiva e la validità induttiva. Il criterio primario secondo cui valutare un’argomentazione concerne la natura delle premesse: se premesse generali mi portano a conclusioni particolari tramite inferenze necessarie ottengo un’argomentazione deduttivamente valida. Se premesse particolari mi conducono a conclusioni generali tramite inferenze non-necessarie, ottengo un’argomentazione induttivamente valida. Il nocciolo critico della questione logica è che l’affermazione di veridicità di una premessa esula dalle competenze della logica stessa. Sarà compito delle scienze empiriche quello di descrivere in maniera più completa possibile la realtà fenomenica. Per questo motivo è lecito affermare che mentre le scienze empiriche hanno come oggetto di indagine il mondo reale, lo studio della logica sfocia con facilità in tutte le realtà possibili legandosi per questo indissolubilmente alla filosofia (Copi e Cohen 1999).

4. Dal greco λόγος, logos, ovvero “parola”, “pensiero”, “idea”, “argomento”, “ragione”, da cui poi λογική, logiké. 5. Dal greco συλλογισμός, syllogismòs, formato da σύν, syn, “insieme”, e λογισμός, logismòs, “calcolo”: quindi, “ragionamento concatenato”.

Il contributo della Logica al Design dell'accesso

33


2.1.2.2. Dal Novum Organum a The Fixation of Belief Il passaggio dalla logica deduttiva a quella induttiva avviene tramite il filosofo matematico britannico Bacone con la stesura del Novum Organum6 (1620). La critica principale che Bacone muove contro la logica aristotelica è che l’utilizzo della stessa non va oltre la soluzione di tematiche verbali. Al contrario, Bacone auspica un utilizzo della logica come strumento conoscitivo in ambito scientifico. Bacone introduce l’importanza assoluta della sperimentazione come strumento capace di dare forma all’esperienza sensibile. Tuttavia l’opera si suddivide in due parti: una parte distruttiva che mira a eliminare le quattro categorie del pregiudizio umano e una parte costruttiva che parla di metodo, di organizzazione e interpretazione dei dati dell’esperienza tramite l’induzione. La teoria dei pregiudizi, definiti come idòla da Bacone, include: Gli “idoli della tribù” Gli “idoli della spelonca” Gli “idoli della piazza” Gli “idoli del teatro”

34

(comuni al genere umano) (riguardanti l’educazione e le abitudini di ognuno) (derivanti dal linguaggio) (derivanti da false filosofie)

A mio parere, è possibile fare un parallelo tra questa suddivisione nel Novum Organum e il saggio di Peirce The Fixation of Belief: Peirce parla dei metodi rivelatisi fallimentari e non adatti al raggiungimento della conoscenza (il metodo della tenacia, il metodo dell’autorità, il metodo della ragione a priori, rapportabili appunto ai pregiudizi individuati da Bacone) per poi constatare che l’unico metodo adatto al fissarsi della credenza è quello scientifico, perché frutto di sequenze logiche. Bacone propone il suo metodo suddividendo in tre fasi l’indagine conoscitiva: Tavola della presenza Tavola dell’assenza Tavola dei gradi

(di un fenomeno naturale in un determinato caso) (di un fenomeno naturale quando ce lo si aspetta) (di intensità diversa di quel fenomeno naturale)

Secondo Bacone attraverso questa catalogazione è possibile – in maniera induttiva – definire le cause di un fenomeno, e così facendo, riuscire a controllarlo. 2.1.2.3. Le otto regole da Logique, ou l’art de penser A partire da Bacone, passando per Cartesio, la logica del XVII secolo mette al centro la capacità di ordinare i concetti secondo la teoria delle operazioni mentali. Se affrontate con metodo, esse si rivelano capaci di condurre a ragionamenti corretti. Con la pubblicazione Logique, ou l’art de penser7 (1662) Nicole e Arnauld mettono al centro del ragionamento le 6. (’Organon’, ossia ‘Strumento’ era il titolo attribuito a tutte le opere riguardanti lo studio della logica di Aristotele). 7. Nota anche come Logica di Port Royal.

Da Aristotele a Peirce, contributi al wayfinding


operazioni del pensiero e non più i termini del discorso o della struttura formale del ragionamento. Facendo questo, criticano implicitamente la logica classica e medievale e pongono le basi della logica metodologica. Il metodo è normato da otto regole così riassumibili: Esplicitare i termini equivoci; Usare solamente termini noti o già introdotti; Dare come assiomi cose assolutamente evidenti; Accettare come evidente solo ciò che non richiede che un minimo di sforzo; Dare prove di supporto ai termini oscuri, impiegando definizioni dimostrate; Non ammettere l’ambiguità dei termini; Trattare le cose cominciando dalle più generali e più semplici; Dividere ogni insieme in tutte le sue parti e ogni difficoltà in tutti i suoi casi. Nel tema del wayfinding – come in ogni sistema che preveda una sequenza di azioni atte a portare a termine un determinato compito, in questo caso, il raggiungimento della meta, l’orientamento – possiamo applicare ognuna di queste otto regole su diversi piani di lettura. Da un punto di vista architettonico-urbanistico, possiamo definire assolutamente utili alla logica progettante specialmente le regole 2, 3, 7 e 8. Dal punto di vista graficoinformativo su supporti puntuali e in situ trovo fortemente calzanti le regole 1, 4, 5 e 6. È affascinante il modo lineare tramite il quale, senza alcuna forzatura indotta dal contesto, queste otto regole riescano ad adattarsi a qualsiasi contesto riguardante l’ambito del wayfinding e del wayshowing8. 2.1.2.4. L’Arte combinatoria di Leibniz Procedendo sulla linea temporale evolutiva della logica, la logica metodologica sancisce l’inizio di una concezione matematico-algebrica della logica in sé. Senza addentrarmi nella logica meccanicistica, Thomas Hobbes è tra i primi a definire la logica come un insieme di segni e regole: il ragionamento per Hobbes è questione di connessione o disgiunzione di vocaboli e preposizioni in base a un sistema normativo di convenzione. Il ragionamento logico ha valore in virtù, quindi, delle operazioni fondamentali di somma e sottrazione che legano i nostri concetti e le nostre immagini mentali: l’atto di ragionare è un calcolo. È questa la premessa su cui Gottfried Leibniz nel 16669 la Dissertatio de arte combinatoria. Il filosofo tedesco è il primo ad affermare, sulla scia di Hobbes, la sovrapposizione di logica e algebra in cui la validità di un ragionamento equivale alla riuscita coerente di un calcolo. L’originalità del pensiero leibniziano è nel fine delle sue ricerche: “costruire una poligrafia universale”, ossia un linguaggio intelleggibile a prescindere dalla lingua di chi legge. Il suo

8. Oggetto di approfondimento nel terzo capitolo. 9. In quell’anno Leibniz aveva appena diciotto anni

Il contributo della Logica al Design dell'accesso

35


intento è quello di costruire una lingua perfetta fondata su un alfabeto logico10. «Leibniz crede sia attuabile la costruzione di un alfabeto dei pensieri umani, ordinato in una serie di predicamentale organizzata secondo rigidi valori enciclopedici e rispecchiata nella “connessione e sostituzione” di caratteri puramente formali» (Fabbricchesi 2000). A questo proposito è interessante quanto osserva Rossella Fabbrichesi Leo nel suo libro I corpi del significato (Fabbricchesi 2000): «Lingua, scrittura e conoscenza in Leibniz e Wittgenstein, cerco di stabilire un possibile collegamento tra Leibniz e una tradizione logica diversa, come quella rappresentata, ad esempio da Wittgenstein, che infatti volle sempre differenziarsi dalla logistica. A questi due autori si potrebbe proficuamente aggiungere Peirce, che era un altro logico atipico della sua epoca, più legato alla tradizione lulliana-leibniziana che a quella dei Frege, dei Boole, dei Peano, con i quali per altro contribuì alla nascita della logica simbolica».11 L’autrice ricorda che, tre secoli dopo, Charles Peirce introduce il suo sistema di scrittura universale analogo al sistema linguistico leibniziano basato però sulla forma diagrammatica. Si tratta del Sistema dei grafi Esistenziali, il cui scopo era quello di cogliere il «movimento del pensiero in atto». 2.1.2.5. I Grafi esistenziali di Peirce

36

Nel 1882, Charles Peirce scrisse il suo primo studio sui grafi logici tramite i quali visualizzare in maniera diagrammatica espressioni logiche. Peirce introduce il tema dei grafi esistenziali con la definizione di “diagramma”: è un Representamen12 che è fondamentalmente icona di relazioni aiutato da alcune convenzioni. Il diagramma deve essere effettuato su un sistema di rappresentazione perfettamente coerente, fondato su un’idea semplice e facilmente comprensibile. «A graph is a superficial diagram composed of the sheet upon which it is written or drawn, of spots or their equivalents, of lines of connection, and (if need be) of enclosures. The type, which it is supposed more or less to resemble, is the structural formula of the chemist» (Pierce 1882). Quindi, un grafo è uno schema bidimensionale composto innanzitutto dal foglio su cui è tracciato, dalle macchie o loro equivalenti, dalle linee di connessione, e (se necessario) da insiemi. Un grafo logico presuppone che ci siano delle relazioni, frutto di analisi logica, tra gli elementi. Nei suoi studi di formulazione dei grafi Esistenziali, Peirce afferma che il foglio che contiene il grafo può assumere una valenza astratta o reale, a seconda delle

10. A questo proposito si vuole ricordare che Leibniz è stato il primo a inventare una calcolatrice capace di funzionare grazie a un sistema numerico binario: la presenza o l’assenza di una biglia restituiva il valore 0 e 1. Tuttavia, i contemporanei non compresero le potenzialità di questa rivoluzionaria invenzione e soltanto nella metà dell’Ottocento George Boole riprese il percorso intrapreso giungendo di lì a breve all’invenzione del primo calcolatore elettronico. 11. Per approfondire, l’autrice consiglia il suo libro Il concetto di relazione in Peirce, Jaca Book, Milano 1992. 12. Per Peirce il Representamen l’elemento di partenza del processo di semiosi, ossia la componente materiale del segno capace di rimandare all’Oggetto, ossia il referente a cui il Representament fa riferimento ed infine l’Interpretante, ossia ciò che deriva dall’interpretazione del segno.

Da Aristotele a Peirce, contributi al wayfinding


Figura 2.2. Charles S. Peirce, The existential graphs Illustrazione p. 46

intenzioni di chi lo rappresenta. In questo modo sarà possibile visualizzare sia una situazione relativa a un determinato evento o luogo, indipendentemente da altre situazioni affini e non a quella rappresentata. In altre parole, Peirce introduce i grafi come strumento di indagine conoscitiva, come un codice metodologico. Il sistema, però, per definirsi efficace dovrà rispettare alcune regole: una prima regola prevede che si indichino tutte le convenzioni primarie del sistema; una seconda regola prevede l’enunciazione delle regole di interpretazione delle convenzioni e, se necessario, maggiori delucidazioni sui casi in cui si dovessero apportare delle modifiche alla prima regola, e infine una terza regola secondo cui il sistema va descritto prima analizzando le singole parti e poi il tutto in forma compatta, per consentire una migliore comprensione nella mente di chi traccia il grafo e di chi lo osserva. Nella fase successiva della sua indagine Peirce norma un codice affinché la lettura del grafo non possa subire variazioni interpretative; nella parte finale del suo studio mostra in che modo questo sistema di visualizzazione può rivelarsi utile. Un dato che emerge sin dai primi passi dei suoi scritti sui grafi è che l’autore ritiene il pensiero scientifico-matematico molto più referenziato di quello filosofico per affrontare il ragionamento. Egli scrive, infatti: «Mathematicians alone reason with great subtlety and great precision» (Pierce 1882), ma è altrettanto vero che i matematici non hanno mai elaborato delle linee guida capaci di esportare in altri contesti la metodologia inferenziale alla base del calcolo nel risolvere i problemi.13 Se i grafi per Peirce sono lo strumento adatto «per risolvere le più importanti 13. Per ogni approfondimento e per una comprensione molto approfondita si consiglia la lettura per esteso del testo di Peirce rintracciabile in questo link: http://www.existentialgraphs.com/peirceoneg/existentialgraphs4.418-529. htm

Il contributo della Logica al Design dell'accesso

37


questioni filosofiche» è lecito vedere nella Teoria dei grafi un valido strumento di progettazione di wayfinding, considerando che il wayfinding non è che un processo inferenziale che parte dalla percezione dello spazio. Ogni aggiunta o progresso della nostra conoscenza, di qualunque tipo sia, proviene da un esercizio dei nostri poteri di percezione. Nell’inferenza necessaria la mia osservazione si indirizza verso una creazione della mia stessa immaginazione, una sorta di diagramma o immagine in cui sono raffigurati i fatti dati nelle premesse. E l’osservazione consiste nel riconoscere tra le parti di questo diagramma relazioni che non erano state notate nel costruirlo. (Peirce 1906: 105)

La scrittura diagrammatica traduce in termini visivi una sequenza di inferenze e avvia così un percorso sperimentale che ci permette dall’esterno di osservare le relazioni tra elementi da un punto di vista lontano dal luogo in cui nasce lo sguardo. Nel testo Sui grafi Esistenziali quali strumento di ricerca logica del 1906, Peirce specifica più volte che è necessario non cedere alla tentazione di smarrirsi in un «amabile studio psicologico al posto della rigorosa e austera ricerca logica che sola può condurci al nostro obiettivo».

38

Da Aristotele a Peirce, contributi al wayfinding


2.2. La logica deontica e il wayfinding

2.2.1. Il passaggio alla logica modale Nella Critica della Ragion Pura, Kant (1871) compie una operazione di distacco nel chiarire la sua concezione di logica. Senza addentrarci nella specificità delle categorie delle tavole dei giudizi e delle tavole delle categorie, Kant asserisce che, essendo ‘la conoscenza’ l’oggetto di interesse della logica ed essendo la logica uno strumento proprio della mente umana, per quanto si possano affinare le tecniche di ragionamento, quest’ultimo resterà comunque lontano dal definire un criterio altrettanto oggettivo di verità. Nonostante una conoscenza possa essere conforme alla forma logica, cioè capace di non contraddirsi, essa può entrare in conflitto con l’oggetto. I criteri della logica riguardano soltanto la forma, le modalità della verità ma non sono sufficienti a descriverla. Sicché il criterio puramente logico della verità, cioè la conformità di una conoscenza con le leggi universali e formali dell’intelletto, e della ragione, è proprio la conditio sine qua non, ma con ciò la condizione negativa di ogni verità. Più oltre, però, la logica non può procedere, né ha alcuna pietra di paragone per scoprire l’errore che riguardi, non la forma, ma il contenuto. (Marzorati 1971)

A partire dall’affermazione kantiana secondo cui la logica può dichiararsi protagonista esclusivamente degli aspetti riguardanti la forma (logica formale), introduco il tema della logica modale.14 Per definizione, la logica modale si occupa proprio della forma, in particolare studia il comportamento degli enunciati in cui compaiono le espressioni: possibile, impossibile, necessario, contingente. La logica modale è una famiglia di logiche: - Logica modale aletica - Logica modale epistemica - Logica modale deontica - Logica modale temporale - Logica modale etica Essendo i processi di orientamento oggetto di ragionamento logico, come si è già affrontato in questo capitolo, la logica come disciplina in sé può fornire alla mia ricerca validi 14. Il termine “modale” deriva dalla tradizione scolastica secondo cui i quattro attributi (possibile, impossibile, necessario e contingente) rappresentavano appunto i modi d’essere, le proprietà assegnate a un soggetto del ragionamento.

Il contributo della Logica al Design dell'accesso

39


Figura 2.3. Charles S. Peirce, Collected Papers 1787 - 1952 (1537)

40

Il contributo della Logica al Design dell'accesso


strumenti d’indagine. Nello specifico, quando il progettista si occupa da un punto di vista urbanistico, architettonico e informativo della gestione di uno spazio pubblico che preveda dei movimenti massivi di individui (flussi), il fine del momento progettuale si colloca nel comprendere profondamente le modalità secondo cui questi fenomeni di wayfinding avverranno. Pertanto, è corretto per un designer soffermarsi sulla sequenza di azioni che determineranno lo svolgimento dell’atto di orientarsi all’interno dell’artefatto architettonico. Tuttavia, tra le modalità logiche elencate è necessario capire quale possa avere maggiore attinenza formale con le modalità di intrapresa di un percorso all’interno di uno spazio. La logica modale aletica tratta enunciati quali “è necessario che p15”, “è impossibile che p”, “è possibile che p”, “è contingente che p”. La logica modale epistemica tratta enunciati quali, ad esempio, “so che p”, “credo che p”. La logica modale deontica tratta enunciati quali “è obbligatorio che p”, “è vietato che p”, “è facoltativo che p”, “è permesso che p”. La logica modale temporale tratta enunciati quali, ad esempio, “a volte è vero che p”, “è sempre vero che p”. La logica modale etica tratta enunciati quali, ad esempio, “è bene che p”, “è male che p”. È già possibile dividere le logiche accennate in due insiemi: quelle più “severe” e che lasciano meno gradi di incertezza e quelle che, invece, si basano su parametri soggetti a variazioni (una volta, spesso, a volte) oppure non oggettivi (come ad esempio “credo che”, “è giusto che”). Da un lato rispettivamente la logica aletica e la logica deontica, dall’altro le logiche epistemica, temporale ed etica. 41

2.2.2. Il paradosso e il labirinto Facendo un passo indietro, si vuole ricordare che questa tesi ha le sue radici nella scelta del dialogo di ottenimento come tipologia di dialogo ideale tra l’utenza (intesa come un insieme capace di contenere trasversalmente più utenti nello stesso tempo) e il luogo non domestico nel quale è necessario orientarsi. Da qui si giustifica la scelta di selezionare come strumenti di indagine le modalità logiche che lasciano meno spazio all’interpretazione soggettiva di un determinato environment, sia esso una stazione metropolitana, un reparto ospedaliero o altro. In questo campo di azione, avendo selezionato tra le cinque modalità quella aletica16 e quella deontica17, è doveroso capire quale dei due strumenti può rivelarsi maggiormente funzionale al tema di questo lavoro. Innanzitutto è immediato notare le attinenze tra le quattro caratteristiche dell’una e dell’altra logica. Rispettivamente:

15. Con p si intende una qualsiasi proposizione. Ad esempio, nel wayfinding: “La meta è [sia] vicina”. 16. Dal greco “aletheìa”, verità, composto della partic. negativa “a” e dalla radice “lath”, nascosto. 17. Dal participio greco neutro sostantivato “déon” (δέον, genitivo δέοντος), che rimanda al verbo δέι (”è necessario, doveroso”).

Il contributo della Logica al Design dell'accesso


Necessario Obbligatorio

Impossibile Vietato

Facoltativo Possibile

Permesso Contingente

42

IMPLICAZIONE CONTRARIO SUBCONTRARIO CONTRADDITTORIO

Grafico 2.1. Schema esplicativo delle relazioni logiche che sussistono tra le quattro caratteristiche di un'asserzione logica (necessaria, impossibile, possibile e contingente nella logica tradizionale e, rispettivamente, obbligatoria, vietata, facoltativa e permessa nella logica modale deontica). Lo schema è tratto dal capitolo "Deontic Logic", pubblicato nel 2006 nella Stanford Encyclopedia of Philosohpy. Da notare come questo quadrato presenti forti parentele con il quadrato logico di Aristotele e il quadrato semiotico di Greimas.

La logica deontica e il wayfinding


- necessario/obbligatorio; - impossibile/vietato; - possibile/facoltativo; - contingente/permesso. Malgrado questo, come afferma Amedeo Giovanni Conte nell’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche, una fondamentale differenza è che nella logica aletica ciò che è necessario implica una conseguenza attuale, mentre nella logica deontica, ciò che è obbligatorio può anche non essere adempiuto. Per comprendere meglio il motivo per cui il progetto di wayfinding possa fare affidamento sulla logica deontica, più che sulla logica tradizionale, occorre fare alcuni passi indietro ricorrendo alla metalogica. Per definizione, la metalogica indaga le condizioni favorevoli e quelle sfavorevoli in cui è possibile o non è possibile svolgere un calcolo logico. Come riporta Alessandro Pizzo nella sua tesi di Ricerca in Filosofia presso l’Università degli Studi di Palermo, le caratteristiche a cui un ragionamento deve rispondere per definirsi tale sono tre: - la coerenza - la completezza - l’indipendenza

(inesistenza di contraddizioni); (possibilità di dimostrare tutte le leggi logiche che regolano le connessioni tra premesse e conclusioni); (inesistenza di ripetizioni rispetto a quanto necessario).

Affermato ciò, Pizzo sottolinea che benché la logica nasca proprio per dimostrare i princìpi razionali che governano determinati comportamenti, «la storia della ragione umana mostra spesso il suo carattere illogico». La logica spinge ogni epifania teoretica all’adesione di tre princìpi (propri della razionalità): - il principio di identità; - il principio di non contraddizione; - il principio del terzo escluso. Il primo principio dichiara che ad ogni pensiero umano deve equivalere con fermezza un proprio ente. Il secondo conferma il primo principio, sottolineando che un ente A equivale ad A e non anche a B (non A). Il terzo principio (ovvero quello del tertium non datur) aggiunge i precedenti due l’impossibilità che un elemento possa essere qualcosa di diverso da sé o dal suo opposto: ciò che è vero è non falso, ciò che è falso è non vero. È possibile però che un pensiero razionale possa generare una contraddizione, un dubbio circa cosa sia definibile come vero e cosa no. In questo caso si produce una incoerenza del calcolo logico. In linea di massima, in logica, l’iter che produce ragionamenti corretti e coerenti è una sequenza di inferenze. Il ragionamento consiste nel passaggio dalle premesse alle conclusioni. Tuttavia, come detto in precedenza, è altrettanto vero che, per quanto possa essere oculata la costruzione di un pensiero logico, è possibile la presenza di incoerenze. In questo caso, se per razionale si intende ciò che rispetta le leggi del “retto pensare”, incoerente diventa sinonimo di irrazionale. L’incoerenza si presenta nella forma del para-

Il contributo della Logica al Design dell'accesso

43


dosso. Il paradosso è parte della logica, ma trova nella logica deontica un luogo ameno in cui riprodursi: probabilmente l’unico modo per definire cosa è la logica deontica è proprio comprendere i paradossi deontici. Il limite di questo tipo di logica modale è nel suo intento: «formalizzazione matematica di concetti filosofici»18 ma probabilmente è in questo limite che giace la possibilità di portare a un livello pratico la soluzione di paradossi: paradosso vuol dire contraddizione, «in matematica il paradosso consiste in una proposizione eventualmente dimostrata e logicamente coerente, ma lontana dall’intuizione».19 Una situazione dalla quale si riesce ad uscire ma con evidente difficoltà logica è esattamente come un luogo fisico nel quale risulta estremamente difficile districarsi ossia un luogo in cui i processi inferenziali atti alla soluzione di un problema di orientamento sono appena sufficienti o scarsamente sufficienti: un labirinto.

2.2.3. Obbligatorio, vietato, facoltativo e permesso nel processo di path-finding In deontica, è possibile formulare delle proposizioni precedute da quattro operatori logici che possono rendere quell’affermazione obbligatoria, vietata, facoltativa o permessa. Nell’ambito del wayfinding possiamo sostituire la proposizione con il percorso, l’accesso a una porzione di spazio. L’accesso potrà essere:

44

obbligato vietato

quando in un dato punto di una struttura non si potrà raggiungere la meta se non intraprendendo quel percorso; quando non sarà possibile accedere tramite una determinata modalità a un’altra area del luogo;

facoltativo quando le modalità di accesso a un luogo possono essere più di una e si rivela indifferente, in quel punto, la scelta di una o di un’altra via; permesso

quando, in maniera meno restrittiva, un percorso non è soggetto a un divieto ma neanche a una prescrizione.

L’individuazione di queste caratteristiche, associate a un percorso, si rivela fondamentale per il progettista che deve veicolare un messaggio all’utente attraverso la struttura architettonica e le informazioni segnaletiche di natura iconico-testuale. Ad esempio, in una stazione metropolitana non sarà mai possibile accedere al marciapiedi del binario opposto rispetto a quello su cui ci si trova. Quell’accesso sarà “vietato” ed è compito del progettista quello di imporre il divieto tramite idonei impedimenti di natura fisica (meglio) o simbo18. http://www.multilingualarchive.com/ma/frwiki/it/Logique_d%C3%A9ontique 19. Tratto dalla definizione di paradosso tratta da Wikipedia Italia.

La logica deontica e il wayfinding


45

Figura 2.4. Per comprendere empiricamente le quattro modalità logiche in Fig. 2.3, si è scelto l'esempio in Fig. 2.4. Quando vogliamo attraversare perpendicolarmente un tracciato ferroviario, è obbligatorio servirsi di un artefatto di accesso apposito: un sottopassaggio, oppure un passaggio a livello. In presenza di entrambi, potremo scegliere facoltativamente se utilizzare l'uno o l'altro. Qualora scegliamo di servirci di un passaggio a livello, esso ci darà la possibilità di attraversare i binari a patto che si rispettino due le modalità di funzionamento dello stesso: se il passaggio a livello è momentaneamente chiuso è obbligatorio aspettare che si riapra. Nel momento del passaggio del treno, di conseguenza, è severamente vietato (e fisicamente impossibile) attraversare i binari.

Il contributo della Logica al Design dell'accesso


In deontica, è possibile formulare delle proposizioni precedute da quattro operatori logici che possono rendere quell’affermazione obbligatoria, vietata, facoltativa o permessa. Nell’ambito del wayfinding possiamo sostituire la proposizione con il percorso, l’accesso a una porzione di spazio.

46

lica (se non c’è altro da fare). L’accesso alle scale mobili a un utente munito di bicicletta è vietato e nel contempo è un obbligo che avvenga tramite scale tradizionali. Un progettista può autonomamente decidere in pianta architettonica di imporre “dall’alto” l’utilizzo di apposite scale per i flussi di ingresso e altre per i flussi di uscita. In tal caso, la segnaletica puntuale avrà un ruolo determinante perché è ovvio che ogni scala non presenterà mai impedimenti fisici di accesso per cui un utente potrà utilizzare reciprocamente una scala di ingresso come scala di uscita. In questo caso è evidente che ciò che è permesso può andare in contrasto con ciò che è obbligatorio. Non è altrettanto possibile, invece, accedere a una scala mobile o a un marciapiedi mobile nella direzione che non è meccanicamente quella di marcia. In quel caso l’obbligo è più rigido ed è impossibile non rispettarlo per motivazioni fisico-meccaniche. Un caso diverso è l’accesso facoltativo. Il più delle volte è proprio questo genere di accesso quello che desta maggiore dubbio, con conseguente esitazione e interruzione del flusso, nell’utente. La domanda che egli si pone è: “Dove finisco se intraprendo questa strada e dove se intraprendo quest’altra strada?”. Quando un percorso conduce verso A e uno verso B, il problema è di facile soluzione. Ma che cosa succede quando entrambi i percorsi possibili, distinti tra loro, conducono entrambi verso A? Il progettista dovrà comunicare una strada affinché subentrino dubbi, nonostante questa comunicazione si dimostri agli atti una “falsità”? L’accesso mediante entrambi i percorsi è permesso. E, come abbiamo visto in questo paragrafo, le criticità nel processo di “path-finding” riguardano prevalentemente le caratteristiche permesso e facoltativo, ossia quelle maggiormente imparentate con l’idea del dubbio e del labirinto.

La logica deontica e il wayfinding


Capitolo 3

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

A partire da una definizione informale del termine ‘wayfinding’, dedotta analizzando su Linkedin le risposte alla domanda “What makes a good wayfinding strategist?”, questo capitolo mira a distinguere il ruolo del wayfinding e quello del wayshowing attraverso lo schema della comunicazione di Jakobson, giungendo poi a una fotografia dello stato dell’arte attraverso una delle realtà esistenti più qualificate: il collettivo Space Syntax. A seguire, con particolare attenzione ai cambiamenti della rete di trasporto urbano nella città di Berlino, introduco il campo di applicazione di questa tesi: la stazione di interscambio, il luogo scelto per mostrare il mio metodo nel caso studio e nel progetto finale. Infine, una interpretazione parallela di ‘wayfinding’, fornitaci dal mondo dell’informatica, introdurrà il capitolo successivo: la teoria dei grafi come strumento di analisi e sviluppo per un progetto di ‘Design dell’accesso’.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


3.

[...] Al giorno d’oggi, però, la complessità dei problemi relativi a progettazioni di vasta portata, non può essere semplificata con una serie di implicite valutazioni. Son troppe le variabili e le interrelazioni per essere manipolate in una maniera così arbitraria e casuale, per cui nasce la necessità di affrontare tali problemi con degli strumenti scientifici.

48

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


Romano Del Nord, I modelli grafo-matematici e la progettazione

49

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


50

Figura 3.1. Modellino architettonico in scala della Berlin Hauptbahnhof (Stazione Centrale di Berlino) esposta al suo interno in occasione della cerimonia di inaugurazione, nel 2006


3.1. Tradurre un termine non tradotto

3.1.1. Una definizione che viene dal web Dal giorno in cui Lynch ha introdotto la parola wayfinding, quel termine che apparve un neologismo nell’ambito urbanistico, si è evoluto ed è diventato una disciplina indipendente nel settore del Design della Comunicazione del territorio. Tuttavia, è altrettanto vero che, a differenza di altre discipline, come ad esempio ‘la tipografia’, l’evoluzione e la definizione del wayfinding è ancora oggi oggetto di discussione. Chi si occupa del wayfinding? Il grafico? L’architetto? L’urbanista? Per ottenere una definizione soddisfacente e assolutamente aggiornata in tempo reale del termine “wayfinding” ho utilizzato la rete come fonte: potrebbe sembrare operazione sommaria e poco attendibile, invece, utilizzando come strumento di indagine Linkedin1, è possibile riportare una definizione molto più che approssimativa. Leggendo le risposte alla domanda: “What makes a good wayfinding strategist?” introdotta nel forum di discussione degli addetti ai lavori, quali sono state le risposte dei professionisti di tutto il mondo? Ottenere una definizione di ‘wayfinding’ interrogandosi circa la formazione di chi esercita questa professione può, in maniera implicita, aiutarmi a definire quale si ritiene sia il dominio di questa disciplina progettuale. Leggendo le risposte fornite, una delle prime parole ad emergere, di seguito alla parola wayfinding, è strategist. Travis V., da Boston, cita Charles Eames, secondo cui se si elencassero gli attributi che determinano il successo di un fisico, di un avvocato, di un manager, di un architetto, ci accorgeremmo che tutte in queste categorie ci sono dei tratti trasversalmente in comune. In particolare, l’attitudine a gestire bene i dettagli prima della self-gratification. Per quanto generica, questa definizione sembra prescindere dalla formazione scolastico-accademica in virtù di una maggiore “consapevolezza sociale”. L’idea di Woodstock, in wayfinding & Signage Delivery Manager presso LOCOG di Londra, ritiene che il professionista in wayfinding coltiva il suo know how con l’esperienza più che con lo studio accademico. Ciononostante presuppone che il ruolo primario sia rivestito dalle discipline legate alla progettazione grafica, alla comunicazione visiva, alla tipografia successivamente integrate con l’esperienza diretta, tecnica e strategica. Nei commenti successivi, molti dei partecipanti alla discussione si dichiarano concordi con l’utente Woodstock. Daniel M., Senior Designer e wayfinding Consultant presso DMC Designs in Canada, invece, ritiene che la formazione da architetto e da industrial designer debba essere il punto di partenza per la soluzione di problemi spaziali. J.B. Chaykowsky, Senior Designer Branded

1. Uno dei social network più utilizzati avente come ragion d’essere quella di connettere tra loro i professionisti di tutto il mondo.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

51


contesto f REFERENZIALE

Trasporto ferroviario metropolitano

messaggio f ESTETICA

Azienda responsabile dei trasporti cittadini

Cittadinanza Visitatori

mittente

ricevente

f ESPRESSIVA

f CONATIVA

52

canale f FĂ€TICA

Stazioni riconoscibili sul territorio urbano

codice f METALINGUISTICA

Grafico 3.1. Schema del modello della comunicazione di Roman Jakobson declinato rispetto alla fase decisionale e amministrativa del progetto di una nuova stazione ferroviaria urbana.

Tradurre un termine non tradotto


Environments a Dallas, ritiene invece che la maggior parte delle linee guida di un buon progetto vengano da una buona osservazione dei comportamenti dell’utenza e dal buon senso e che il resto si riduce a una buona sensibilità tipografica e alla capacità di leggere delle piante architettoniche. Non è assolutamente facile definire in maniera univoca questa professione, ma un fattore è indiscutibile: nella dimensione sociale della progettazione, soprattutto in Italia, c’è un altissimo bisogno di introdurre in maniera strutturata questa professione, a livello accademico e a livello professionale: a differenza di molti paesi dell’Ue ed extra-Ue, l’Italia è l’unico paese in cui non esiste ancora uno studio di progettazione dedicato interamente al wayfinding e all’EGD. Gli unici studi professionali a occuparsene, spesso inconsapevolmente, si occupano di “wayshowing”, ossia la progettazione dei soli artefatti comunicativo-informativi che, letteralmente, “mostrano la via” e che sono collocati in situ, su supporti fisici, normalmente conosciuti come interventi di “segnaletica”.

3.1.2. Il wayfinding e il wayshowing attraverso lo schema di Jakobson Come detto, chi si occupa di wayfinding, ma intende esclusivamente il momento della progettazione degli artefatti grafici di mediazione tra il luogo e l’utente, si occupa più esattamente di “wayshowing”. Come è ben implicito dal termine stesso, il wayshowing riguarda gli interventi sul posto che riportano le informazioni direzionali, testuali e pittogrammatiche ai fini del raggiungimento della meta (wayfinding). Secondo il più semplice schema della comunicazione, tra due entità si può distinguere un soggetto che fornisce un segnale e uno che riceve il segnale. Secondo Per Mollerup2 i due ruoli sono rispettivamente di ‘sign writers’ e ‘sign readers’ ed entrambe le categorie appartengono alla macro-categoria dei ‘sign-users’. Ma il rapporto reciproco tra chi ‘mostra la strada’ e chi si la percorre è ben più complesso di così. Secondo il modello di comunicazione di Roman Jakobson3 formulato nel 1956 – che suddivide e attribuisce a ogni elemento del suo schema una relativa funzione – il mittente riveste una funzione espressiva, il destinatario una funzione conativa, ma gli elementi di maggiore interesse sono quelli che intercorrono all’interno del processo comunicativo: un messaggio, un codice, un contesto e un canale. Il mittente formula un ‘messaggio’ (funzione estetica) ossia invia un pacchetto di informazioni normate da un codice; il ‘codice’ (funzione metalinguistica) racchiude in sé tutte le regole e le convenzioni grazie alla conoscenza delle quali il ricevente sarà in grado di interpretare correttamente il messaggio; il messaggio sarà veicolato attraverso un apparato fisico capace di trasmettere il messaggio:

2. Per Mollerup è docente di Communication Design presso la “Swinburne University of Technology, Melbourne”, autore del libro Wayshowing ‘A Guide to Environmental Signage Principles & Practices’ edito nel 2005. 3. Roman Jakobson (1896-1982) è un linguista e semiotico russo naturalizzato statunitense. Tra i suoi studi più rilevanti, la teoria della comunicazione linguistica e delle funzioni comunicative, a partire dal contatto con gli studi di Ferdinand de Saussure.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

53


contesto f REFERENZIALE

Consentire l’accesso alle banchine e alle uscite

messaggio f ESTETICA

Cittadino Visitatore

mittente

ricevente

f ESPRESSIVA

f CONATIVA

54

canale f FÀTICA

Sintassi spaziale Analisi di visibilità Norme UNI

codice f METALINGUISTICA

Grafico 3.2. Schema del modello della comunicazione di Roman Jakobson

Azioni di wayfinding

declinato rispetto alla fase progettuale esecutiva architettonicostrutturale di una nuova stazione ferroviaria urbana.

Azioni di wayshowing

Tradurre un termine non tradotto


Apparati segnaletici sui diversi supporti

contesto f REFERENZIALE

Consentire l’accesso alle banchine e alle uscite

messaggio f ESTETICA

Cittadino Visitatore

mittente

ricevente

f ESPRESSIVA

f CONATIVA

55

canale f FĂ€TICA

Percezione visiva delle informazioni testuali, cromatiche, pittogrammatiche e direzionali

codice f METALINGUISTICA

Grafico 3.3. Azioni di wayfinding

Schema del modello della comunicazione di Roman Jakobson declinato rispetto alla fase progettuale esecutiva informativo-

Azioni di wayshowing

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

segnaletica di una nuova stazione ferroviaria urbana.


un ‘canale’ (funzione fàtica); infine la comunicazione avviene quando ogni elemento precedente si colloca all’interno di un ‘contesto’ (funzione referenziale) che include tutto ciò a cui il messaggio si riferisce. La funzione referenziale è quella che include gli aspetti più evidenti del messaggio perché permette di capire in quali termini si sta parlando “di cosa si tratta”: è la funzione che propone i contenuti che arriveranno a destinazione mediante il canale, il contatto (funzione fàtica). Il modello di Jakobson permette di approfondire con maggiore specificità i meccanismi di interpretazione più che il semplice rapporto autoconclusivo mittente/ricevente. In questo schema della comunicazione, è l’intero processo interpretativo e le sue condizioni a decretare la riuscita o meno di un atto di comunicazione: quello che conta è l’area di intercomprensione, ossia l’intersezione tra la logica progettante (mittente) e la logica utente (ricevente). Teorizzando questo schema, Jakobson è il primo ad affermare che, per definizione, è impossibile avere una comunicazione capace di portare integralmente intatto il messaggio al ricevente perché le variabili che circondano questo processo non lo rendono affatto lineare. Per questo, il suo modello si presta con maggiore realismo a quello che succede quando ci si occupa di orientamento. Tramite il modello di Jakobson, la distinzione del significato di wayfinding e di wayshowing può essere più chiara: è possibile riscrivere il modello in tre modi per riassumere nella totalità cosa avviene in un progetto di comunicazione di un luogo, a seconda del livello di lettura del progetto. In altre parole, il progetto inizia quando un ente decide di mettere a disposizione dell’utenza un servizio: 56

1. Schema di Jakobson applicato alla fase decisionale del progetto (Fig. 3.2) - il mittente è l’azienda responsabile dei trasporti cittadini - i riceventi sono la cittadinanza e i visitatori - il messaggio è il trasporto ferroviario metropolitano - il codice è la presenza di stazioni riconoscibili sul territorio urbano - il contesto è la progettazione4 - il canale è lo spazio urbano in cui avviene il progetto di orientamento 2. Schema di Jakobson applicato alla fase esecutiva architettonico-strutturale (Fig. 3.3) - il mittente è il progettista (urbanista, architetto, wayfinding strategist) - il ricevente è l’utente (cittadino, turista) - il messaggio è consentire l’accesso alle banchine e alle uscite - il codice è la sintassi spaziale, l’analisi di visibilità, le norme UNI

4. Ovvero «universo semantico cui il messaggio rinvia» (Zingale 2007). La progettazione è qui intesa in senso lato, come attitudine intellettuale, scientifica ed estetica che mira a risolvere problemi legati alla realtà fenomenica in equilibrio tra: il soddisfacimento di un bisogno, l’aggiunta di “senso” e il benessere fisico e cognitivo di chi ne sarà fruitore. In questo schema, la progettazione è quindi il riferimento metodologico grazie al quale la cittadinanza riceverà il messaggio: il canale di contatto di tale messaggio sarà la città, il luogo fisico in cui il progetto si manifesterà.

Tradurre un termine non tradotto


- il contesto è la collaborazione progettuale tra architettura e wayfinding5 - il canale è l’intera area di stazione, sotterranea e in superficie 3. Schema di Jakobson applicato alla fase esecutiva informativo-segnaletica (Fig. 3.4) - il mittente è il progettista (wayfinding strategist, progettista grafico) - il ricevente è l’utente (cittadino, turista) - il messaggio è consentire l’accesso alle banchine e alle uscite - il codice è l’insieme delle regole di percezione visiva delle informazioni testuali, cromatiche, pittogrammatiche e direzionali - il contesto è l’insieme degli apparati segnaletici sui diversi supporti - il canale è l’intera area di stazione, sotterranea e in superficie L’ambito del wayfinding riguarda l’intero processo progettuale, a partire dalla costruzione diagrammatica della struttura architettonica della stazione, fino alla supervisione del dettaglio progettuale, delle scelte di leggibilità iconica e testuale, compito specifico del wayshowing. «Wayshowing and wayfinding relate to each other as do writing and reading, teaching and learning, or cooking and eating. One activity deals with sending, the other with receiving. The purpose of wayshowing is to facilitate wayfinding.»� Il wayfinding è il processo mentale che costella il viaggio di mete, decisioni, azioni, comportamenti per il percorso da un punto di origine ad uno di destinazione. I wayshower sono coloro i quali aiutano le persone o le comunità ad esplorare. Il wayshowing è il flusso di comunicazione di informazioni finalizzate al supporto degli atti di wayfinding, in termini di task, decision making e conseguenti azioni. Le azioni di wayfinding e wayshowing sono improntate in maniera congiunta per il soddisfacimento di determinati obiettivi: riduzione dello stress e della frustrazione; risparmio di tempo; efficienza funzionale della segnaletica; migliorare l’accessibilità per l’utente medio e per l’utente disabile; promuovere e stimolare l’interesse del visitatore, dare senso ad un luogo; migliorare la sicurezza; normare la sintassi degli interventi segnaletici per evitarne la proliferazione incontrollata. Spesso si commette l’errore di concepire gli interventi di wayshowing solo come interventi di segnaletica. Invece, la comunicazione di un luogo è spesso multicanale e può

5. In questo schema, il contesto è la progettazione architettonica quando si dimostra responsabile e consapevole di quali saranno i flussi previsti all’interno di uno spazio, quindi capace di adattare un luogo fisico ai bisogni cognitivi di orientamento di chi ne sarà fruitore. Per questo motivo è necessario che architettura e wayfinding collaborino per impedire che un luogo possa essere costruito privo di “senso”, di significato. A questo proposito, si consiglia la lettura della definizione di Salvatore Zingale nel paragrafo Il senso come progetto: http://www.salvatorezingale.it/ ortosemiotico/291

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

57


offrire in parallelo alcuni strumenti necessari per sussidiare l’utenza a seconda delle diverse predisposizioni cognitive. Secondo la Oliver Wyman6 (Ontario Way-finding Research Study, 2009) è possibile dividere l’utenza in quattro categorie, in base alla predilezione di determinati strumenti di orientamento: chi fa riferimento a mappe o a direzioni scritte; chi risponde a informazioni verbali da un individuo che mostra la direzione; chi risponde agli stimoli visivi (landmark, colori, elementi riconoscibili); chi necessita di interagire con altre persone. Secondo uno studio di pianificazione e fattibilità affrontato dalla Oliver Wyman per la provincia dell’Ontario, in Canada, gli strumenti di wayshowing finalizzati al miglioramento della percezione esterna e interna della regione sono così categorizzabili: 1. Signage a. Highway signs (Fig. 3.2); b. TODS - Tourist Oriented Directional Signs (Fig. 3.3); c. Local signs (Fig. 3.4).

58

2. Web a. Interactive maps (Fig. 3.5); b. Travel website (Fig. 3.6); c. Mappe dei punti di interesse (Fig. 3.7); d. Attraction websiste (Fig. 3.8); e. Transit websites (Fig. 3.9). 3. Print a. Brochure/leaflet/postcard (Fig. 3.10); b. Mappe (Fig. 3.11); 4. Interactive a. Chioschi informativi (Fig. 3.12); 5. Environment a. Landscape/streetscape (Fig. 3.13); b. Percorsi e nodi (Fig. 3.14); c. Elementi architettonici (Fig. 3.15); d. Quartieri (Fig. 3.16); e. Punti di riferimento/landmark (Fig. 3.17).

6. Oliver Wyman è una società internazionale di consulenza strategico-manageriale, fondata nel 1984, con sede a New York City, 40 uffici nel mondo e 2.900 professionisti.

Tradurre un termine non tradotto


Figura 3.2.

59

Figura 3.3.

(Fig. 3.2) Highway signs (Fig. 3.3) TODS - Tourist Oriented Directional Signs (Fig. 3.4) Local signs

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

Figura 3.4.


Figura 3.5.

Figura 3.6.

Figura 3.7.

Figura 3.8.

60

Figura 3.9. (Fig. 3.5) Interactive Maps (maps.google.com) (Fig. 3.6) Travel website (tripadvisor.com) (Fig. 3.7) Mappe dei punti di interesse (foursquare.com) (Fig. 3.8) Attraction website (moma.com) (Fig. 3.9) Transit website (booking.com)

Tradurre un termine non tradotto


Figura 3.10.

Figura 3.11.

61

(Fig. 3.10) Brochure/leaflet/postcard (Fig. 3.11) Mappe (Fig. 3.12) Chioschi informativi Figura 3.12. (Fig. 3.13) Landscape/streetscape (Fig. 3.14) Percorsi e nodi (Fig. 3.15) Elementi architettonici (Fig. 3.16) Quartieri (Fig. 3.17) Punti di riferimento/landmark

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


Figura 3.14.

Figura 3.13.

62

Figura 3.15.

Figura 3.17.

Figura 3.16.

Tradurre un termine non tradotto


3.2. Wayfinding e spatial analysis

3.2.1. Dalla cartografia in poi “Spatial Analysis” è il nome – come sempre, anglofono – che si attribuisce all’insieme delle tecniche tramite cui si studiano le qualità topografiche, geometriche e geografiche di una entità spaziale. Le origini della spatial analysis si possono rintracciare nella cartografia, in quanto scienza atta a visualizzare su un supporto bidimensionale l’insieme di dati geograficamente correlati tra loro dando, di volta in volta, rilevanza a un sottoinsieme specifico di dati. Ad esempio, in una rappresentazione cartografica del planisfero, il cartografo può dare priorità alle relazioni politiche tra i continenti e gli Stati – tracciandone i confini e colorando diversamente ogni Stato – oppure può dare maggiore rilevanza alla conformazione geografica, oppure, ancora, può dare esclusiva rilevanza al territorio sommerso, ai movimenti tettonici, alle correnti oceaniche, ai fenomeni sismici, alle temperature medie e così via. Per farlo ha bisogno di accumulare dati più numerosi e precisi possibili per poi georeferenziarli tramite il sussidio di tecniche specifiche. Le diverse modalità di indagine dello spazio si sono evolute susseguendosi tra loro seguendo il passo dell’evoluzione tecnologica e digitale. In linea di massima, lo strumento prioritario nel panorama delle diverse analisi spaziali sono le scienze matematiche, in particolar modo le scienze statistiche, in relazione al tessuto geografico. Negli ultimi trent’anni, le scienze informatiche hanno contribuito in maniera massiva perché in grado di fornire un output visivo e applicativo a modelli matematici complessi – algoritmi: la computational geometry, la mathematical visualization, il Computer Aided Design. All’interno di questo panorama, negli ultimi dieci anni il design della comunicazione sta fornendo in maniera strutturata il suo supporto progettuale: i dati complessi che la matematica e l’informatica hanno reso visibili, il design della comunicazione cerca di visualizzarli rendendoli comprensibili7.

3.2.2. Il progetto ‘Space Syntax’ A partire dagli anni successivi alla pubblicazione di L’immagine della città di Lynch, muovendo da premesse urbanistiche, il campo dell’orientamento è diventato una disciplina indipendente. Infatti, a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, negli Stati Uniti,

7. Potrei definire questa breve frase come il ‘manifesto sintetico’ di una disciplina che sta diventando una branca a sé del design della comunicazione oltreoceano e in Europa: l’information design, in Italia comunemente definito ‘Infografica’. Un progetto di information design si pone come ‘artefatto di mediazione’ per la lettura e la comprensione collettiva di una mole estesa di dati relazionati tra loro da relazioni complesse.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

63


64

Axial Map della cittĂ di Londra Figura 3.18.

realizzata dal collettivo Space Syntax

Wayfinding e spatial analysis


La procedura di Space Syntax si basa sulla rappresentazione e sulla quantificazione delle caratteristiche ambientali dei luoghi con il proposito di usare questi dati come ‘variabili indipendenti’ per le analisi statistiche dei comportamenti osservati, intesi come percorsi e flussi, le direzioni seguite da gruppi di individui in un ambiente urbano. presso il Bartlett University College di Londra, Bill Hillier e Julianne Hanson hanno ideato il progetto di ricerca Space Syntax che comprende una serie di teorie e tecniche per l’analisi delle configurazioni spaziali, intese come strumento per aiutare gli architetti a simulare i possibili effetti sociali della loro progettazione. La procedura di Space Syntax si basa sulla rappresentazione e sulla quantificazione delle caratteristiche ambientali dei luoghi con il proposito di usare questi dati come ‘variabili indipendenti’ per le analisi statistiche dei comportamenti osservati, intesi come percorsi e flussi, le direzioni seguite da gruppi di individui in un ambiente urbano. La Space Syntax può essere paragonata da un punto di vista empirico alle modalità di visualizzazione nei trasporti anche se questi due modelli si basano su diverse rappresentazione del contesto ambientale: i modelli di rappresentazione applicati al mondo del trasporto sono caratterizzati da una visualizzazione per nodi di interscambio mentre la Space Syntax è basata su una rappresentazione grafica dello spazio che sottolinea la struttura morfologica di un’area urbana come punto di partenza per la descrizione di una configurazione spaziale.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

65


3.2.2.1. Convex space, axial space e isovist space Gli strumenti di cui dispone il collettivo Space Syntax mirano a scomporre analiticamente lo spazio in tre diverse tipologie, a seconda delle tipologie di interazione che l’uomo può avere con esso: convex space (interazioni all’interno di uno spazio chiuso), linear space (movimento rettilineo lungo un percorso) e isovist space (l’interazione tra uomo e ambiente che cambia continuamente a seconda del punto di vista), rispettivamente: il convex space8 (da cui deriva la visualizzazione di una convex map9) è l’unità di spazio il cui perimetro non è attraversato da alcuna linea di delimitazione. Una piazza è un esempio di spazio convesso. Uno spazio concavo deve essere suddiviso nel minor numero possibile di spazi convessi; l’axial space10 (da cui deriva la visualizzazione di una axial map11) ossia la visualizzazione dei percorsi possibili tramite segmenti lineari segnati esplicitamente sulla pianta di una porzione di spazio, in scala più o meno estesa (da una regione geografica, all’edificio multi-livello);

66

l’isovist12 space (da cui deriva la visualizzazione di un isovist map13) ossia le porzioni di spazio visibili da un dato punto di vista. Il modo migliore per valutare le isoviste è la visualizzazione tridimensionale ma questo metodo conoscitivo può essere utilizzato in maniera proficua anche separatamente sulla pianta architettonica di un edificio o sul piano verticale – le cosiddette ‘alzate’. Ad ogni punto in un luogo fisico corrisponde la sua isovista, il loro studio permette di visualizzare le criticità di un luogo in base alla sua geometria: in un luogo convesso – come una stanza quadrata o circolare – ad ogni punto corrisponderà un’isovista di forma uguale a quelle di tutti gli altri punti mentre in una stanza non convessa – come una stanza a forma di ‘L’ in pianta – ogni isovista avrà una forma diversa lasciando intuire le difficoltà percettive di chi vi è all’interno.14

8. Teorizzate dall’architetto John Peponis, docente nella School of Architecture presso il Georgia Institute of Technology. 9. Una 'convex map' rappresenta il numero minimo di spazi convessi all’interno della configurazione totale dello spazio e le connessioni presento tra loro. 10. Teorizzato dallo stesso fondatore del progetto di ricerca Space Syntax, Bill Hillier. 11. Una 'mappa assiale' rappresenta il numero minimo delle linee assiali che ricoprono tutti gli spazi convessi dello spazio considerato. 12. Teorizzate dall’architetto urbanista Michael Benedikt, docente presso la University of Texas. 13. Una mappe delle isoviste rappresenta le aree visibili dagli spazi convessi e dagli spazi lineari assiali. 14. Il metodo delle isoviste può essere utilizzato anche specificatamente per analizzare l’effetto dei coni di luce provenienti da una sorgente luminosa, artificiale e non all’interno di un edificio.

Wayfinding e spatial analysis


67

Studio sui flussi relativi alla Figura 3.19.

stazione di Victoria a Londra

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


1.275

1.505

1.238

1.430

1.412 1.445 1.336

1.231

1.200

1.209

1.200

1.581

1.150 1.150

1.428

1.061 1.499

1.160

1.384

1.194

1.194

1.219

1.393

1.215

1.215

1.276

1.040 1.187

1.161

1.161

1.284

1.150

1.011 1.347

1.010

1.223

1.167

1.176

1.333

1.199

1.357

1.167

1.238

1.232

1.277

1.194

1.422

1.215

1.062

1.358

1.195

1.160

1.278

1.505

1.271 1.217

1.218

1.182

1.279

1.202

1.302

1.440

1.307

1.605

Figura 3.20. Coefficiente di integrazione

1.183 1.219

per ogni linea assiale

1.425 1.304

a Barnsbury

68

169

161

134

19

144 114 88 104

1509

19 86

0

29

48

10

71

6

58

107 117 75

1

149 79

71

13

30

18

21

142

52

71

72

57

133

54

103

13

19

53 21

33

446

15

168

49

88

6

46

41

103

41

58

35

42

372

107

163

80

113

30

417

288

41 103

123

18 63

70

26 72

79

139

58

16

50

55

131

49

101

41

127

62

38 46

71

236 213

116

41

122

27 27

50 152

61

125

30

92

61

48

29

7

24

257

230

136

4

57

121

6

Figura 3.21.

51

210 193

73

67

Numero medio di pedoni in tutti gli intervalli

Wayfinding e spatial analysis


3.2.2.2. Integration, Choice e Depth Distance I metodi messi a punto dal collettivo Space Syntax più noti ed esplicativi del loro approccio di analisi dello spazio urbano, come rete stradale, sono tre: il metodo dell’integrazione (Integration) è finalizzato a scegliere il migliore tra tutti i percorsi possibili tra un punto di partenza e tutti gli altri punti possibili dello spazio analizzato, all’interno di un raggio predefinito. Il coefficiente di integrazione serve a misurare la complessità cognitiva che si presenta quando dobbiamo raggiungere una strada e di frequente viene utilizzato per conoscere le dinamiche di orientamento pedonale di una città. L’analisi mira a contare tutte le volte in cui l’utente dovrà cambiare direzione rispetto alla strada in cui si trova. I segmenti stradali che richiedono il minor numero di “svolte” per raggiungere le altre strade vengono definiti ‘più integrati’ e sono rappresentati visivamente su mappa mediante colori più caldi. Il numero di svolte è definito raggio “n”: un percorso di raggio 4 necessita di quattro svolte;15 il metodo della scelta (Choice) consiste nel attribuire un valore ad ogni tratto stradale. Questo valore subirà una divisione per ogni strada che comunica con una sua estremità. Utilizzando come metafora visiva dello scorrere dell’acqua in un fiume, è come si versasse idealmente un liquido (in quantità definita) in ogni strada e il flusso di questo liquido creasse dei fiumiciattoli destinati ad espandersi lungo il percorso della strada, fino alle sue estremità. Una volta che questo flusso raggiunge un incrocio, la quantità di acqua si divide equamente raggiungendo ogni strada che parte da quel crocevia. Attribuendo lo stesso valore a tutte le strade della rete urbana, ogni strada assumerà dei valori dipendenti dalle strade vicine. La somma di questi valori determinerà il valore di scelta di quella strada, ossia le scelte che una strada mette a disposizione di chi la percorre: pià alto sarà il valore, maggiore sarà la possibilità di scelta. Per questo Space Syntax ritiene che questo metodo sia utile nel prevedere le dinamiche di traffico nella viabilità automobilistica di una città (utilizzando la metafora della circolazione sanguigna, è come se questo metodo mostrasse quelle che sono le arterie, rispetto ai capillari); il metodo della distanza di profondità (Depth Distance) mostra la distanza lineare a partire dal punto medio di ogni segmento stradale rispetto a quelli di tutte le altre strade presenti nella rete urbana. Ne risulterà un grafo in cui le strade con distanza di profondità saranno quelle più vicine a tutte le altre strade.

15. Questo metodo si rivela spesso molto efficace ma presenta alcune criticità nell’applicazione pratica: ad esempio, una strada lievemente curva, in teoria, dovrebbe prevedere una serie di svolte (minime) ma nella realtà percettiva appare come un’unica linea “retta”. Un esempio di questa situazione è la celebre Oxford Street a Londra che teoricamente dovrebbe avere un basso grado di integrazione mentre si rivela oggettivamente una strada estremamente integrata.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

69


70

Figura 3.22. Design practice in building scale: Tate Gallery. Traccia dei flussi e VGA analysis nel museo.

Figura 3.23. Confronto tra la situazione attuale e quella prevista per tre nuove 'design proposal'

Wayfinding e spatial analysis


3.2.2.3. Visual Graph Analysis e Depthmap La Visual Graph Analysis (VGA) è una tecnica di analisi spaziale per spazi urbani, sperimentato presso il VR Center16. Il metodo, introdotto nel 1980 da Braaksma e Cook, consiste nell’accumulare una selezione di punti nello spazio (localizzati reciprocamente all’interno di una pianta), collegando ognuno di essi con i punti visibili da quel punto, ottenendo così una matrice di adiacenza che restituisca il valore ‘0’ quando da un punto A non è visibile un punto B e il valore ‘1’ quando invece lo è. Nel 1999, grazie anche allo sviluppo delle ricerche contemporanee nell’ambito dell’analisi spaziale, Turner, Penn e Hillier mettono a punto la tecnica del VGA come uno strumento di progettazione. Il primo collaudo della tecnica di VGA è avvenuto nel 1996, mappando la Tate Gallery di Londra. In generale, la prima fase consiste nel collocare sulla pianta dell’edificio i punti rilevati e segnando con colori progressivamente più caldi quelli con maggiore coefficiente di visibilità: sono emerse così alcune aree di maggiore o minore

Il metodo, introdotto nel 1980 da Braaksma e Cook, consiste nell’accumulare una selezione di punti nello spazio (localizzati reciprocamente all’interno di una pianta), collegando ognuno di essi con i punti visibili da quel punto, ottenendo così una matrice di adiacenza che restituisca il valore ‘0’ quando da un punto A non è visibile un punto B e il valore ‘1’ quando invece lo è.

16. Fondato nel 1997 presso la University College London e l’Imperial College London, è una iniziativa interdisciplinare che coinvolge la Bartlett University, il Centre for Advanced Spatial Analysis, il Centre for Transport Studies e il Departments of Computer Science, Geography and Geomatic Engineering. Il VR Center è consorziato con 16 aziende e il suo scopo è la ricerca e lo sviluppo di nuovi modi di progettare, visualizzare e realizzare edifici ed intere aree urbanemediante l’utilizzo di tecniche avanzate di realtà virtuale.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

71


visibilità. In parallelo, sono stati riportati sulla pianta architettonica dell’edificio i dieci flussi prioritari – ricavati tracciando i visitatori – subito dopo l’ingresso nel museo. Il risultato ha dimostrato come, confrontando i risultati delle due fasi di studio, le aree di maggiore visibilità sono quelle preferite da parte dell’utenza. Fin dalla sua nascita, la VGA è stata utilizzata come strumento di indagine principalmente dai ricercatori di Space Syntax. In occasione del terzo International Symposium on Space Syntax – tenutosi dal 7 all’11 maggio del 2001 presso il Georgia Institute of Technology – è stato presentato Depthmap un software dedicato, mirato ad ottimizzare i tempi di calcolo della VGA. Il programma permette al progettista di importare un layout bidimensionale in un formato di scambio (DXF) e fornisce gli spazi aperti del layout di una griglia di punti, pronti ad essere collegati tra loro rispetto al parametro ‘visibilità’. L’algoritmo base di Depthmap è sintetizzabile come segue tramite questo ‘estratto di codice’: for vi in V (G) { for vj in V (G) { if vi ‘can see’ vj then add vj to V (¡i) } } 72

Se imponiamo che ‘V(G)’ sia l’insieme di tutte le posizioni (o vertici), ‘vi’ la posizione del punto che la macchina sta verificando in quel momento, vj l’insieme dei vertici collegati tra loro, V (¡i) è l’insieme dei punti già ‘etichettati’, il programma esegue su ciascun punto la funzione ‘can see’ fino a che tutti i punti saranno stati analizzati.

Wayfinding e spatial analysis


Figura 3.24. Coefficiente di Clustering calcolato su un layout architettonico di esempio.

73

Figura 3.25. Control calcolato su un layout architettonico di esempio.

Figura 3.26. Mean depth (profonditĂ principale) calcolato su un layout architettonico di esempio.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


Figura 3.27. Neighbourhood size (dimensioni delle vicinanze) calcolata su un layout architettonico di esempio.

74

Figura 3.28. Point depth (punto di profonditĂ ) calcolato su un layout architettonico di esempio.

Wayfinding e spatial analysis


3.3. La metropolitana: luogo ‘for all’

3.3.1. Tante tecnologie, uno solo scopo Nel panorama della progettazione, il wayfinding è uno degli ambiti di progetto maggiormente orientati verso la definizione di Design for All. Infatti, l’habitat naturale del wayfinding è proprio il ‘luogo for all’, all’interno del quale si incrociano, si smistano e convergono flussi consistenti di utenti alle prese con gli spostamenti all’interno della città, nello specifico, di una stazione, di un albergo, di un ospedale e così via. Il luogo di applicazione di questa tesi è il trasporto ferroviario metropolitano. I casi studio riportati nei capitoli successivi, sono stati effettuati analizzando due stazioni di interscambio della metropolitana milanese. Ogni infrastruttura, costruita in diverse nazioni, con diverse tempistiche, diversi approcci progettuali, diversi finanziamenti, diverse tecnologie, presentano inevitabili differenze. Tutti i collegamenti metropolitani nel mondo rispondono alla stessa domanda: permettere a milioni di persone ogni anno di muoversi all’interno dei maggiori centri urbani nel minor tempo possibile, ma le risposte presentano caratteristiche differenti e risultati più o meno funzionali per coloro i quali ne fanno uso. La caratteristica che distingue il servizio ferroviario intra-cittadino da quello intercittadino è la maggiore velocità, l’elevata frequenza di corse17, il percorso senza interferenze di nessun tipo con altri servizi di trasporto (coincidenze, passaggi a livello ecc.), maggiori automatizzazioni, normative di sicurezza più dettagliate per l’evacuazione in caso di emergenza. Sviluppandosi in area urbana, generalmente, per evitare il compromesso con la restante viabilità, la rete metropolitana si estende sotterranea, ma in altri casi anche su rete sopraelevata, su binari dedicati in superficie o in una configurazione a ‘trincea’. La metropolitana sopraelevata è stato lo standard nella prima metà del XX secolo, successivamente si è preferita la costruzione sotterranea, anche grazie alle migliori tecniche di scavo acquisite. Spesso il percorso può anche essere misto ed oggi è in gran parte così. È fondamentale considerare il ruolo sociale del trasporto urbano all’interno della città: dare la possibilità a tutti di muoversi con rapidità e sicurezza e tutti i servizi collaterali affinché questo avvenga nella maniera più efficace ed efficiente. Il buon progetto di una rete metropolitana nasce molto prima della sua effettiva costruzione: concepire le linee in maniera sinergica nella città e collocare le fermate in punti strategici offrendo all’utenza il maggiore comfort possibile. Non a caso, di frequente, il sistema di trasporto metropolitano di una città è la cartina tornasole dell’attitudine progettuale e gestionale di chi am-

17. Possibile da gestire grazie ad un sistema di blocco automatico che permette di distanziare reciprocamente i treni in coda a distanze brevissime di tempo.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

75


ministra la città e, più generalmente, della città stessa. La viabilità sotterranea è il cuore del sistema di trasporto cittadino a prescindere dal numero di linee presenti sul territorio e dalla loro estensione che può arrivare ad includere anche centri limitrofi alla metropoli di riferimento. Il volume quotidiano di passeggeri di una grande città è tale da costringere l’amministrazione comunale ad una grande attenzione progettuale: sbagliare non è lecito e arreca un danno considerevole all’immagine della città.

3.3.2. Paese che vai, metropolitana che trovi Nelle città in cui il sistema metropolitano funziona bene, la quasi totalità dei residenti si sente legittimato a non utilizzare l’automobile. Una città come Milano avrebbe un assoluto bisogno di questo genere di azioni, ma al momento non riesce a competere con i servizi omologhi di altre città europee e non. Ogni anno, in occasione del MetroRails18 vengono attribuiti degli awards fra le metropolitane di tutto il mondo in base a precisi criteri di giudizio19:

76

copertura della rete, frequenza ed efficienza del servizio; customer service e corrispettivo valore monetario; condizioni generali e servizi offerti; livelli di accesso e sicurezza; innovazione tecnologica; contributi alla salvaguardia dell’ambiente. Tra le città in cui il servizio ferroviario è degno di nota si ricordano Copenhagen, Londra, Parigi, Madrid, Berlino, Sao Paulo, New York, Chicago, Seul, Tokyo. In linea di massima, ciò che distingue il servizio metropolitano in queste città è in alcuni casi l’efficienza tecnologica dei treni (come nel caso di Copenhagen); in altri casi è il modo di concepire l’intera rete con un numero elevato di linee e di snodi, con la sovrapposizione strategica di più linee nelle stazioni principali; l’esistenza di una linea circolare che permette facile accesso a tutti i quartieri della città e alle linee ‘secanti’ la città trasversalmente. A Chicago, ad esempio, le linee convergono tutte verso il centro della città – in direzione dell’oceano. Si sviluppano a raggiera ma è possibile vedere come alcune linee proseguano ad ‘L’ o ad ‘U’ una volta raggiunta la circolare interna. La rete di New York City è la più estesa con un tracciato di 1.056 km, 468 stazioni e 34 linee differenti. Oltre alle dimensioni e alla capillarità, quello che colpisce è la sovrapposizione di molte linee in stazioni di interscambio distribuite equamente in diversi punti

18. Manifestazione organizzata da Terrapinn (azienda di consulenza nel management) e dedicata alla mobilità ferroviaria metropolitana, con particolare attenzione verso le nuove tecnologie e la riduzione dell’impatto ambientale. A questo evento si lega l’attribuzione di speciali award suddivisi in diverse categorie. 19. http://www.terrapinn.com/awards/the-metros/

La metropolitana: luogo 'for all'


77

Figura 3.29. Schema di rete dei trasporti metropolitani della città di Chicago. Le linee convergono tutte verso il centro della città in direzione dell’oceano per raggiungere una rete nella rete, strutturata come una circolare.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


78

Figura 3.30. Schema di rete dei trasporti metropolitani della città di Tokyo. In basso a destra dell'immagine è possibile riconoscere le specifiche riguardanti la gestione del servizio, divisa in due principali enti distinti: alcune linee sono gestite autonomamente da Tokyo Metro e altre da Toei.

La metropolitana: luogo 'for all'


della città, come se si trattasse di diversi centri, con una concentrazione elevatissima di snodi a Manhattan. La città di Tokyo si estende su di un area molto estesa20 e la rete di metropolinata sotto di essa rispecchia questo dato offrendo all’utenza 292,2 km di percorsi, 13 linee e 274 stazioni. La metropolitana della capitale nipponica è la più utilizzata del mondo21. La rete metropolitana rispetta un andamento radiale delle linee che sono quindi dei veri assi nord-sud, nord-est/sud-est, nord-ovest/sud-ovest e così via, Fanno eccezione la linea rossa del servizio Tokyo Metro (Marunouchi Line) che segue un percorso a ‘U’ da nord-ovest a ovest passando per il centro città e la linea magenta (Oedo Line) del servizio Toei che compie un percorso circolare partendo per un tratto lineare da nord-ovest, passando poi per il centro e facendo ritorno a nord-ovest. Tuttavia, un fattore di svantaggio della metropolitana di Tokyo è dato da una cattiva gestione amministrativa della rete: il servizio è gestito principalmente da due realtà aziendali distinte: la Tokyo Metro e la Toei. A questi due gestori si aggiungono anche la monorotaia, la linea Rinkai e le linee JR East integrate al resto del sistema tramite la linea circolare Yamanote e altre linee radiali di superficie, gestite a loro volta da altri operatori. Quello che consegue da questa estrema privatizzazione del servizio di trasporto cittadino è molta confusione per i turisti e molti disagi anche nell’acquisto del titolo di viaggio, differente a seconda del gestore dal quale si viene serviti.

Ciò che distingue un servizio metropolitano efficiente è, in alcuni casi l’efficienza tecnologica dei treni, in altri casi è il modo di concepire l’intera rete con un numero elevato di linee e di snodi, con la sovrapposizione strategica di più linee nelle stazioni principali 20. 2.187,66 km2, quasi il doppio della città di Roma (1,285.31 km2). 21. Si ricorda che la popolazione di Tokyo ammonta a 13.185.502 di abitanti e che la densità di popolazione è di 6.000 ab/km2 (per un migliore raffronto, i due dati relativi alla città di Roma sono di 2.777.979 abitanti e 2.161,34 ab/km2) - dati aggiornati a settembre 2011.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

79


80

Figura 3.31. Schema di rete dei trasporti metropolitani della città di New York. È la più estesa (1.056 km, 468 stazioni, 34 line) e dispone di molte stazioni di interscambio distribuite in base alla policentricità della metropoli. A Manhattan si concentra il maggior numero di scambi.

La metropolitana: luogo 'for all'


3.4. Il caso di Berlino

3.4.1. Le infrastrutture berlinesi nel secondo dopoguerra A causa delle motivazioni storiche sotto gli occhi di tutto il mondo, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, la città di Berlino ha subito una serie di limitazioni economiche, politiche e sociali conseguenze di due eventi principali: i bombardamenti inglesi e americani subiti dalla città di Berlino durante la guerra mondiale avevano causato nel 1945 la distruzione di gran parte della rete di trasporti della città; la costruzione, il 13 agosto del 1961, del muro di Berlino aveva diviso Berlino in due città autonome. Il muro – costruito per volere della Germania dell’Est – ha diviso per 28 anni la città, impedendo la libera circolazione delle persone tra Berlino Ovest, parte della Repubblica Federale, e Berlino Est, parte della Repubblica Democratica Tedesca – detta Germania dell’Est, in tedesco Deutsche Demokratische Republik, ‘DDR’. Già nel primo dopoguerra, dal 1949, la città disponeva di due sedi separate di governo, delle forze dell’ordine, dei servizi di soccorso, dei servizi di fornitura del gas e dell’elettricità relativi da un lato all’amministrazione occidentale e dall’altro a quella orientale. Ciononostante, Berlino era ancora una città aperta e i residenti erano liberi di viaggiare da est ad ovest mediante principalmente da due sistemi di trasporto pubblico, uno sopraelevato (la S-Bahn) e uno sotterraneo (la U-Bahn), oltre alle linee di superficie (tram e autobus). Tuttavia, dato il più alto tenore di vita di Berlino ovest, molti cittadini di Berlino est iniziarono a migrare in maniera sistematica verso ovest: nel 1961, il muro è stato eretto proprio per arginare questo flusso di profughi – in special modo della comunità dei giovani professionisti – da est a ovest. Quando i rapporti tra Oriente e Occidente iniziarono ad incrinarsi per via della guerra fredda, la S-Bahn diventò ben presto vittima di queste ostilità: i servizi continuarono a funzionare in tutti i settori di occupazione ma furono attivati anche severi posti di blocco e controlli doganali a bordo dei treni. A partire dal 1958, furono attivati molti treni S-Bahn che non effettuavano fermate fino all’accesso a Berlino ovest in modo da evitare i controlli ma, poco dopo, la DDR decise di proibire l’utilizzo della S-Bahn. Con il muro, le comunicazioni est-ovest vennero formalmente impedite e, insieme all’area urbana, anche la rete dei trasporti si divise in due: i servizi di metropolitana leggera furono ridotti in entrambe le direzioni e la stazione di Friedrichstraße fu fisicamente divisa in due, una per i passeggeri orientali e una per i passeggeri occidentali. Benché la stazione fosse ubicata nel territorio della DDR, ai passeggeri occidentali era consentito trasbordare dalle linee S alle line U-Bahn senza subire controlli. La stazione di Friedrichstraße è stato il punto di accesso dedicato ai macchinisti per accedere alla metropolitana ovest e a quella est nella stessa stazione.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

81


3.4.2. I trasporti al tempo del muro

82

Oltre al fortissimo impatto socio-culturale, il muro – un confine fisico lungo 155 km tra la zona di influenza statunitense e la zona sovietica – ha comportato una serie di questioni legate al trasporto intra-cittadino: divideva 192 strade, 32 linee di tram, 8 linee di metropolitana di superficie (S-Bahn), 3 linee di metropolitana sotterranea (U-Bahn), 3 autostrade». Durante gli anni del muro, la configurazione della rete di Berlino si era adattata alla limitazione geografica, dividendo la città in due parti, ciascuna indipendente dall’altra. A partire dal 1989, con la caduta del muro, l’aspetto della rete di trasporti cittadina è cambiato radicalmente, fornendo alla città una nuova configurazione diagrammatica. Il servizio di trasporto Nord-Süd-Bahn è stato effettuato solo per i passeggeri occidentali e nelle tratte in cui la linea transitava sul territorio est, le stazioni corrispondenti erano chiuse al flusso: per questo vennero denominate ‘stazioni fantasma’. Parallelamente il trasporto circolare (Ring-Bahn) fu spezzato in: Gesundbrunnen da ovest, Schönhauser Allee da est, Sonnenallee nel sud-est della città, Köllnische Heide da ovest, Treptower Park e Baumschulenweg dall’est. Poiché il sistema ferroviario restò in gestione alla DR22, i berlinesi occidentali ottennero dalla BVG23 una linea automobilistica sostitutiva delle S-Bahn. Tuttavia, essendo difficoltoso per gli operai della Germania dell’Est il raggiungimento delle realtà industriali ad ovest, nel 1980 in occasione di uno sciopero, la maggior parte delle stazioni della S-Bahn ad ovest fu chiusa. Fu introdotto un servizio di metropolitana leggera da Westkreuz a Friedrichstraße nonché un servizio sulla Nord-Süd-Bahn tra Frohnau, Friedrichstraße, Lichtenrade. Viceversa, mentre a Berlino ovest prendeva piede la costruzione della U-Bahn, a Berlino est furono potenziati i servizi delle S-Bahn con nuove linee e nuovi progetti di edilizia. A partire dal 1980, grazie all’ottenuta attenzione mediatica e

Molti cittadini di Berlino est iniziarono a migrare in maniera sistematica verso ovest: nel 1961 si decise di erigere il muro proprio per arginare questo flusso.

22. Deutsche Reichsbahn è stata la società responsabile dei trasporti nella Germania dell’Est. 23. Berliner Verkehrsbetriebe è la compagnia tedesca dei trasporti berlinesi, dal primo Agosto 1949 fino alla caduta del muro, operò scissa in BVG West e BVG Ost.

Il caso di Berlino


83

Figura 3.32. Schema di rete delle linee U-Bahn a Berlino risalente al 1 Settembre 1961. Essendo stata stampata prima degli eventi del 31 agosto, questa è l'ultima mappa fino a quella del 1990 a mostrare le stazioni della U6 e della U8 a Berlino Est (oggi tornate in uso).

Figura 3.33. S-Bahn, U-Bahn e tramvie, a Berlino Ovest nel 1961 (a sinistra) e nel 1989 (a destra).

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


84

Figura 3.34. Schema di rete delle linee U-Bahn a Berlino risalente al 1970, quando Berlino era giĂ ufficialmente e fisicamente divisa dal muro. Ăˆ evidente che le linee U6 e U8 (rispettivamente colore viola e colore blu) contengono alcune fermate escluse dal servizio passeggeri (cancellate da una "X"), le famose "stazioni fantasma" ossia quelle che attraversavano fisicamente Berlino Est ma che, per il periodo del muro, vennero private delle loro funzioni. La U6 fermava a Friedrichstrasse, la stazione al confine tra le due Berlino. Due linee si sviluppavano interamente sul territorio orientale e furono aperte appositamente dalla BVG-Ost, l'azienda dei trasporti di Berlino Est. Queste linee sono tracciate su questa mappa da una sottile linea nera. (Si ringrazia l'utente Flickr "Roger4336" per le accurate informazioni relative all'evoluzione delle reti di trasporto berlinesi.)

Il caso di Berlino


Figura 3.35. Schema di rete dei trasporti di Berlino risalente al 1986 (versione divulgata sul territorio di Berlino Ovest). È possibile vedere l'intera città, distinguere il tracciato del muro e le "stazioni fantasma" segnate come "rettangolini vuoti". Quattro anni dopo, il muro sarebbe caduto.

Figura 3.36. Schema di rete dei trasporti risalente al 1986 (versione divulgata a Berlino Est). Benché le due immagini siano coeve, è evidente la disparità nell'aspetto grafico delle stesse e l'omissione di ogni informazione relativa alla situazione di Berlino Ovest. (Si ringrazia l'utente Flickr "Robin McMorran" per queste preziose testimonianze)

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

85


politica sui residui insufficienti del servizio delle linee S-Bahn a Berlino ovest, si giunse nel 1984 al ripristino di alcune connessioni ferroviarie fino al ri-ottenimento del 50% della rete originaria anche nell’area ovest, con 71 km di percorsi in 3 linee diverse. Un caso emblematico è quello della semi-sconosciuta M-Bahn, la ferrovia magnetica: progettata a Berlino ovest a pochi anni dalla caduta del muro ed inaugurata nel luglio del 1990, questa linea driverless congiungeva Kemperplatz a Gleisdreieck (interscambio con la linea U1) ma fu disabilitata dopo solo un anno e sette mesi di servizio per via degli sconvolgimenti imposti alla viabilità di Berlino, dopo la caduta del muro. Il caso della meteora M-Bahn è emblematico perché porta alla luce due constatazioni: da un lato l’ammissione da parte delle amministrazioni di aver avuto una idea fallimentare e quindi la consapevolezza di dover concentrare le risorse sul ripristino delle linee funzionali al ricongiungimento delle due zone divise dal muro. Dall’altro mette in evidenza come i cambiamenti repentini della configurazione urbana subiti dalla città di Berlino necessitino di un immediato ripensamento del diagramma dei trasporti affinché sia efficacemente al servizio della città.

Il ritorno alla configurazione unitaria dei trasporti berlinesi è stato un processo lungo, durato

86

ininterrottamente dal 1995 al 2002, affrontato tramite cospicui investimenti economici e con un pieno coinvolgimento sociale da parte dell’amministrazione pubblica e della cittadinanza.

Figura 3.37. Pagina successiva, in alto. Schema di rete dei trasporti berlinesi risalente al 1990. Alcune delle linee periferiche si interrompono bruscamente ai margini della città, in corrispondenza del muro recentemente abbattuto. Il percorso del muro qui è segnato da una linea "Tarifgrenze" (Limite tariffario): la cortina di ferro è finalmente ridotta ad una semplice differenziazione tariffaria.

Il caso di Berlino


87

Figura 3.38. Schema di rete dei trasporti berlinesi risalente al 1998. L'unitĂ della metropoli era giĂ ripristinata da otto anni e la rete risulta evidentemente integrata.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


88

Figura 3.39.

Schema di rete dei trasporti berlinesi odierni.

Il caso di Berlino


89

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


3.4.3. La rete unisce ciò che il muro aveva diviso

90

A pochi anni dalla caduta del muro, le amministrazioni cominciarono a riaprire i collegamenti est-ovest ma non fu possibile riattivare tutte le intere linee perché le stazioni – rimaste in standby per quasi trent’anni – necessitavano di un massiccio intervento di restauro e di manutenzione straordinaria. Si riattivarono man mano le linee più importanti e si rinominarono con la numerazione delle linee della Germania ovest. Il 9 gennaio 1984 furono riaperte le tratte S2 Berlin Anhalter Bahnhof-Berlin Lichtenrade e S3 Berlin Friedrichstraße-Berlin Charlottenburg; il primo maggio 1984 toccò alla tratta Berlin Anhalter Bahnhof-Berlin Gesundbrunnen della linea S2 e alla tratta Berlin Charlottenburg-Berlin Wannsee della S3; il primo ottobre 1984 fu la volta della tratta S2 Berlin GesundbrunnenBerlin Frohnau e il primo febbraio 1985 fu riaperta la tratta Berlin Anhalter Bahnof-BerlinWannsee della linea S1.Dopo la caduta del muro di Berlino, la prima stazione a riportare un cambiamento fu quella di Friedrichstraße il primo luglio del 1990. Prima della riunificazione ufficiale, avvenuta il 3 ottobre del 1990, la BVG riaprì le stazioni di Berlino est fino ad allora chiuse al flusso, ripristinando il tunnel nord-sud passante per Berlino est. Le due

Oltre alla ricostruzione dei trasporti, si è reso nuovamente disponibile l’uso di una considerevole quantità di spazio urbano.

Il caso di Berlino


Figura 3.40.

La nuova stazione centrale di Berlino vista dal fiume Sprea.

tratte della metropolitana leggera (Stadtbahn) furono riunite. Nel 1994 le due aziende dei trasporti Deutsche Bundesbahn (Berlino ovest) e Deutsche Reichsbahn (Berlino est) si unirono dando vita alla nuova Deutsche Bahn (DB) e, nel contempo, le linee S-Bahn passarono in gestione della DB, lasciando alla BVG la gestione di tutte le restanti linee, tramviarie, automobilistiche e sotterranee (U-Bahn). Con il passare degli anni, molte tratte interrotte tra il 1961 e il 1980 furono riattivate: le prime furono, in linea di massima, quelle che erano state interrotte prima (in particolare le tratte “Ringbahn”, ossia le linee circolari, le più strategiche per la riunificazione geometrica circolare dei due settori). Il ritorno alla configurazione unitaria dei trasporti berlinesi è stato un processo lungo, durato ininterrottamente dal 1995 al 2002, affrontato tramite cospicui investimenti economici e con un pieno coinvolgimento sociale da parte dell’amministrazione pubblica e della cittadinanza24. Oltre alla ricostruzione dei trasporti, si è reso nuovamente disponibile l’uso di una considerevole quantità di spazio urbano, sottratto alla città per via dei 155 km di muro.

24. Oggi sono presenti molti piani di estensione della rete berlinese ma si procede ad un ritmo meno serrato rispetto a quello sostenuto nel decennio 1990/2000 per via dell’indebitamento da parte delle autorità comunali berlinesi per dare l’avvio alla ricostruzione post caduta del muro.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

91


92

Vista fotografica dello snodo relativo alla stazione berlinese di Alexanderplatz Figura 3.41.

ripreso dalla torre della televisione di Berlino (Fernsehturm).

Il caso di Berlino


93

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


94

Figura 3.42.

Stazione sotterranea della linea U7 "Hermannplatz", Berlino.

Figura 3.43.

Stazione di superficie della linea U12 "Ruhleben", Berlino.

Figura 3.44.

sotterranei "U" (Untergrundbahn). Progetto di Erik Spiekermann.

Icone rappresentative dei servizi metropolitani di superficie "S" (Stadtschnellbahn) e

Il caso di Berlino


3.4.4. Il wayshowing: prima e dopo il 1990 Grazie all’esistenza del Bauhaus e della scuola di Ulm, la Germania è sempre stata tradizionale portabandiera nella progettazione architettonica, industriale e grafica. Nel campo della tipografia, della grafica e delle arti visive, molti degli autori che hanno fatto la storia dell’information design sono tedeschi e hanno studiato e operato in Germania: tra i tanti, Jan Tschichold, Otl Aicher, Erik Spiekermann25. Negli anni della riunificazione post caduta del muro di Berlino, Erik Spiekermann era a capo dello studio MetaDesign26 – fondato nel 1979 – a lui fu affidato il progetto degli apparati segnaletici della rete di trasporto berlinese. Al momento di avvio della ri-progettazione, le due reti di trasporto esistenti sia ad ovest che ad est non dimostravano una minima attenzione sul tema del wayshowing: le informazioni a disposizione dell’utenza erano scarse quantitativamente e qualitativamente. La neonata compagnia di trasporti BVG controllava 170 stazioni 211 linee e 6.700 fermate di superficie su 180 km totali di rete. La mole di materiale da progettare era immensa e lo studio MetaDesign ha metodicamente affrontato la preesistenza, sciogliendo nodo dopo nodo una matassa ingarbugliata della quale inizialmente non si intravedeva né il capo né la coda. La prima fase di progettazione era rivolta a risolvere le questioni più urgenti, secondo una gerarchia ben precisa, le conditio sine qua non, affinché l’utente potesse venire a conoscenza degli orari e dei binari di

95

Figura 3.45.

Ritratto fotografico di Erik Spiekermann (Dexigner.com, portale newyorkese del design).

partenza dei treni. Il primo progetto, infatti, fu l’impaginazione degli orari dei treni. Al contempo si lavorò per permettere ai cittadini e ai visitatori di orientarsi lungo la rete, osservando sinotticamente l’offerta di BVG: tutte le linee, gli snodi, le destinazioni. Erik Spiekermann aveva inferito che una delle esigenze principali della BVG era proprio quella di comunicare ai berlinesi la totalità del nuovo servizio di trasporto offerto, dimostran-

25. Un’interessante intervista ad Erik Spiekermann http://www.webdesignerdepot.com/2011/07/interview-with-designer-and-typographer-erik-spiekermann/ 26. http://www.metadesign.com/

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


Figura 3.46. 96

Stazione centrale di Berlino (Berlin Hauptbahnhoff). Dettaglio fotografico del nome di stazione.

do in che modo la nuova rete era riuscita a riunificare geograficamente la città: solo una buona rappresentazione visiva globale degli incroci e dei percorsi avrebbe potuto svolgere questa funzione. Il progetto dello schema di rete della metropolitana di Berlino resta ancora oggi uno degli esempi migliori al mondo, insieme alla celeberrima, nonché primigenia, mappa di Londra di Henry Beck. In un secondo momento, MetaDesign si è concentrato sull’invenzione di una nuova sintassi visiva capace di garantire uniformità a tutte le azioni segnaletiche presenti nelle stazioni, nelle aree di attesa in superficie e sui mezzi in movimento. È stata appositamente disegnata una font capace di assumere sette pesi diversi per coprire tutto il range possibile di esigenze: l’FF Transit, sulla base del celebre carattere tipografico Frutiger. I colori dominanti nell’identità visiva dei trasporti di Berlino sono il bianco e il giallo. Nel rispetto della classifica normativa dei contrasti cromatici percettivamente migliori27, le informazioni prioritarie – Ausgang, Uscita – sono in nero su fondo giallo, mentre le restanti informazioni sono visualizzate in maniera diversa, coerentemen-

27. Secondo la Outdoor Advertising Association of America (http://www.oaaa.org/), la classifica delle prime dieci coppie cromatiche capaci di garantire una maggiore visibilità a distanza è la seguente: nero su giallo; nero su bianco; giallo su blu; bianco su blu; verde su bianco; blu su giallo; bianco su verde; bianco su marrone; marrone su bianco; giallo su marrone; rosso su bianco; giallo su rosso; rosso su giallo; bianco su rosso.

Il caso di Berlino


Friedrich-List-Ufer

ße tra ens lid a v In

ße tra ens alid

Berlin Hbf

rte nt un ne l

Kath.-Paulus-Str.

Hugo-Preuss-Brü cke

)

oabit

Zufahrt in das Parkhaus über di e unterirdische B9 6

96 (B

Berta-Benz-Str.

Ella-Trebe-Str.

a rg

Alt-M

e Ti

Clara-Jaschke-

Str .

Inv

Zufahrt in das Parkhaus über di e Clara-Jaschke-Str.

Humboldthafen

r. -St ch rs i l-H he e Ra re Sp

Figura 3.47. 97

Visualizzazione schematica dell'area di estensione della Stazione centrale di Berlino rispetto all'area urbana circostante. A destra, in azzurro, il fiume Sprea e il porto fluviale; in basso, in verde, una porzione del Parco Tiegarten; in grigio il percorso dei binari, mentre le linee tratteggiate rappresentano il tunnel.

Figura 3.48. Schema assonometrico rappresentativo della struttura della stazione centrale di Berlino (Fonte DB).

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


verkauf

Bahnhofsmanagemen t oben Treppenauftrit t unten

Aufzu g Bahnhofsmi ssio n

-

O

Bahnsteig abschnitt e

Bundespoli zei

N

Bus

S

DB Carsharin g

E

Fahrkarten verkauf

Figura 3.49. Berlin Hauptbahnhof, piano -2.

98

Bahnhofsmanagemen t oben Treppenauftrit t unten

Aufzu g Bahnhofsmi ssio n

-

Bahnsteig abschnitt e

Bundespoli zei Bus

O

DB Carsharin g

N

Fahrkarten verkauf

S E

Figura 3.50. Berlin Hauptbahnhof, piano -1.

Il caso di Berlino


2. Obe rgescho ss (Bahnsteigebene ) 1. Obe rgescho ss Erdgescho ss 1. Unte rgescho ss 2. Unte rgescho ss (Bahnsteigebene ) S-Bahn ServicePoint Taxi

Figura 3.51.DB

Bahnhofsmanagemen t oben Treppenauftrit t unten

Reisese rvice

Bahnhofs einrichtunge n

2. Obe rgescho ss (Bahnsteigebene ) 1. Obe rgescho ss

Berlin Hauptbahnhof, piano 0. ss Gesch채ft e, Erdgescho Gastronomie

U-Bahn

1. Unte rgescho ss

WC

2. Unte rgescho ss (Bahnsteigebene ) Aufzu g

Gep채ckaufbe w ahrun g

S-Bahn

Bahnhofsmi ssio n

Informatio n

ServicePoint

Lounge

Taxi

Bundespoli zei

Parkhau s

U-Bahn

Bus

Reise zentrum/ Schalte r

WC

DB Carsharin g

Reservierun g

Fahrkarten verkauf

Richtungsp feil

-

Bahnsteig abschnitt e

O N S E 99

Figura 3.52. Berlin Hauptbahnhof, piano +1.

O N S E

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


Figura 3.53. Berlin Hauptbahnhof, piano +2.

O N S E

Figura 3.54. Stazione centrale di Berlino. Dettaglio fotografico. 100

Il caso di Berlino


te con una rigida gerarchia di importanza: il nome della fermata è in dimensioni maggiori; le informazioni di ‘Uscita’ sono in nero su fondo giallo; le informazioni relative alla linea (U5 + ‘destinazione binario’) sono in bianco su fondo dello stesso colore della linea di appartenenza di quella fermata; le informazioni relative alle strade di uscita e alle eventuali linee in coincidenza presso la stessa stazione sono in nero su fondo bianco.

3.4.5. Berlin Hauptbahnhof Un caso molto ben risolto di problem solving in una stazione ferroviaria è quello della Stazione Centrale di Berlino (Berlin Hauptbahnhof). È la principale stazione ferroviaria della Germania ed è anche la stazione ferroviaria d’intersezione multi-livello più grande d’Europa. Stazione “ammiraglia” dell’ampio progetto di rinnovamento dei trasporti berlinesi – post caduta del muro – la stazione è stata inaugurata nel 2006 dopo undici anni di cantierizzazione: dal 1995 al 2005 è stato realizzato il ‘tunnel Tiegarten’ attraverso il quale sarebbero poi stati incanalati tutti i binari dei treni regionali e nazionali e le U-Bahn28. Nel 2001 fu avviata la realizzazione del nuovo tracciato delle linee S-Bahn che avrebbero sormontato il limitrofo porto fluviale mediante dei ponti molto larghi, mai realizzati prima. Nei 2003 fu possibile utilizzare i nuovi tracciati, demolendo la vecchia Lehrter Stadtbahnhof (stazione di Lehrter) il cui sito è stato “fagocitato” dall’area totale della nuova stazione. La copertura della stazione è completamente vetrata su una struttura di acciaio reticolare ed è munita di sistemi fotovoltaici integrati. La Hauptbahnhof è un esempio tangibile della coesistenza (non traumatica per l’utenza) in una stessa stazione di 18 binari complessivi connessi tra loro da cinque livelli, tra cui solo il quinto (in alto) e il primo (in basso) contengono binari. In totale, il flusso ferroviario prevede il passaggio di InterCityExpress, Intercity, RegionalExpress, RegionalBahn, S-Bahn (S5, S7, S9 e S75), dei treni diretti nelle maggiori mete nazionali (Monaco, Colonia, Amburgo e Lipsia) e internazionali (Novosibirsk in Russia e Astana in Kazakistan) ed infine delle linee U-Bahn (U5 e U55). I restanti livelli – che comunicano tra loro mediante numerose scale mobili e ascensori a sede tubolare trasparente – ospitano uffici DB, punti ristoro e numerose attività commerciali. Dal punto di vista qualitativo, benché piena di attività commerciali e di uffici amministrativi ‘altri’ rispetto ai servizi di trasporto dei viaggiatori, nella Berlin Hauptbahnhof il processo di path-finding – dopo un eventuale breve momento di smarrimento e agorafobia dovuto alle notevoli dimensioni della struttura – risulta di facile soluzione perché: l’utente si rende conto di essere immerso all’interno di un unico grande luogo sintatticamente coerente con se stesso in ogni suo angolo (grazie all’uniformità del linguaggio architettonico basato sul concetto di ‘trasparenza’, esplicitato dalla struttura reticolare e delle superfici vetrate); l’utente riesce a stabilire l’ubicazione fisica dei binari rispetto alla sua posizione temporanea semplicemente guardandosi attorno;le

28. Tale opera è stata talmente complessa da rendere necessaria la deviazione del corso del fiume Sprea dal 1996 al 1998.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

101


102

Figura 3.55.

Figura 3.56.

Stazione centrale di Berlino.

Stazione centrale di Berlino.

Banchine di attesa treni, piano +2.

Scale mobili di interconnessione.

Il caso di Berlino


103

attività commerciali sono disposte a schiera lungo le navate laterali della stazione, longitudinalmente rispetto alla sua lunghezza, non interferendo con l’attività della stazione, restando quindi ‘ai margini’ in maniera non invasiva rispetto ai flussi (come invece molto spesso accade all’interno delle aree duty-free negli aeroporti o nelle maggiori stazioni FS italiane); gli stimoli visivi e sonori che l’utente riceve sono allineati tra loro: può percepire in maniera univoca l’arrivo o la partenza di un treno; guardandosi attorno, all’interno dell’uniformità stilistica della stazione (sintassi architettonico-spaziale), l’utente riesce a riconoscere su un piano di lettura differente la sintassi segnaletica (il wayshowing) che emerge dall’environment su supporti ‘a ponte’ ortogonali ai flussi, retroilluminati, contenenti due tipologie di informazioni: informazioni su fondo blu per le informazioni direzionali (ad esempio S75 direzione Spandau); informazioni su fondo giallo per le informazioni di servizio (servizi igienici, car-sharing, informazioni sugli orari e così via).

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


104

Figura 3.57. Stazione centrale di Berlino. Banchine di attesa treni, piano -2.

Figura 3.58. Stazione centrale di Berlino. Scale mobili e ascensori di interconnessione.

Il caso di Berlino


3.5. Il wayfinding invisibile

3.5.1. Path-finding in Internet Sono affascinanti le modalità attraverso cui discipline apparentemente lontane anni luce l’una dall’altra – opportunamente messe a sistema – possono rivelarsi strumenti potentissimi per l’analisi e la riuscita di un processo complesso di problem solving. Il problem solving in sé è un concetto generale che trova in ogni campo di applicazione il suo naturale collocamento tra ‘le premesse’ e ‘le azioni risolutive adottate’. Quando il problem solving viene applicato alla ricerca fruttuosa di un percorso corretto tra gli n percorsi possibili, per il raggiungimento di un punto di arrivo da un punto di partenza, è possibile parlare di wayfinding o pathfinding. Evitando di limitare il problema al campo all’urbanistica, dell’architettura e del design, astraendo il più possibile, ogni volta che utilizziamo un laptop e/o un qualsiasi device provvisto di internet, tutto quello che non vediamo, ma che ci permette di ottenere informazioni, non è altro che il risultato di un processo di path-finding. Al nostro device è associato un indirizzo IP che entra in comunicazione con un gateway che inoltra, a sua volta, le informazioni recepite all’esterno: la rete. Internet, tuttavia, non è una rete, ma è un insieme di reti comunicanti tra loro tramite nodi. La comunicazione dell’informazione avviene tramite “pacchetti” di informazione. Internet è un sistema che permette a migliaia di reti di connettersi tra loro, in modo che tutti gli IP del pianeta possano collegarsi gli uni gli altri, a prescindere dalla distanza che li divide. Ad esempio, ogni volta che googliamo qualcosa, il nostro calcolatore si rivolge al nodo più vicino della rete, indicandogli l’IP di google che si vuole raggiungere. Questo, a sua volta, inoltrerà la richiesta ad un altro nodo della rete e così via, fino a raggiungere il server di Google. Il criterio di scelta del nodo successivo a cui inoltrare la richiesta è effettuato tramite algoritmi di instradamento, un tipo di path-finding. I tempi di elaborazione degli algoritmi di instradamento sono molto brevi, mentre i tempi di trasmissione dei dati a lunghe distanze sono più lunghi (anche per questioni meramente fisiche). Quindi è fondamentale che l’algoritmo di instradamento trovi la via migliore, per risparmiare all’utente lunghe attese. In Internet non esiste un percorso ma una serie di milioni di percorsi possibili tra i quali il sistema troverà la strada più adatta, dipendentemente dalle circostanze.

Quando utilizziamo un qualsiasi device provvisto di internet, ciò che ci permette di ottenere informazioni, è il risultato di un processo di path-finding. Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

105


3.5.2. Wayfinfing in Google

106

L’insieme delle tecniche utilizzate per reperire un’informazione testuale (e quindi non strutturata o semi-strutturata) in formato elettronico è definito Information Retrieval (IR). Coniato negli anni Quaranta dall’informatico americano Calvin Mooers, l’IR è il risultato dell’incrocio di discipline eterogenee tra cui è possibile rintracciare la psicologia cognitiva, la matematica, il design, la semiotica e l’informatica. “Googlare” è diventato sinonimo di cercare sul Web, ma quello che facciamo tecnicamente è porre una query (interrogare) tramite stringhe di parole chiave alla ricerca di un oggetto, che può essere un documento testuale, una pagina web, una notizia e così via, che è possibile astrarre come entità che racchiudono delle informazioni testuali in una banca dati. Esistono molti criteri che i sistemi di IR adottano per decretare quale oggetto sia più rilevante rispetto alla query posta da un’utente e la maggior parte di essi adotta tecniche statistiche di analisi dei documenti in base al loro contenuto testuale, sfruttando contemporaneamente l’analisi linguistica del testo stesso. Google affianca a queste tecniche un algoritmo chiamato PageRank che sfrutta la struttura ipertestuale del Web. Ogni pagina è rappresentata come il nodo di un grafo e i link presenti nelle pagine sono rappresentati dagli archi che collegano i nodi. Su questo grafo viene eseguita una cosiddetta “random walk”, ovvero una simulazione della navigazione attraverso le pagine, basandosi sulla probabilità di passare da una pagina all’altra. Ripetendo questa “random walk” più volte emergono quelle pagine dalla maggiore importanza, come potrebbe avvenire grazie all’analisi dei flussi all’interno di una stazione per individuare i punti critici. In fine, quando un utente effettua una query, i milioni di pagine che contengono i termini ricercati vengono ordinate in base all’importanza calcolata da PageRank.29 Quello che Google fa è trovare un percorso che sia: quantitativamente migliore, ossia capace di ottenere il maggior numero di risultati nel minor tempo possibile; qualitativamente migliore, ossia capace di mostrare per primi i risultati con il punteggio numericamente più alto, assegnato mediante PageRank.

Ogni pagina è rappresentata come il nodo di un grafo e i link presenti nelle pagine sono rappresentati dagli archi che collegano i nodi. 29. Il metodo di indicizzazione di Google, nonché di sua proprietà intellettuale (brevetto US 6285999), messo a punto da Larry Page e Sergey Brin, si chiama PageRank. È capace di assegnare un valore oggettivo (numerico) ai collegamenti ipertestuali della parola cercata all’interno di una base di dati (nel caso di Google, il World Wide Web)

Il wayfinding invisibile


3.5.3. Un ‘route finding problem’: Peter Norvig docet Uno dei problemi principali per un programmatore è il ‘problem solving’. Il software di intelligenza artificiale ha una rappresentazione interna dello stato di un problema e applica degli algoritmi per determinare autonomamente la via migliore per raggiungere l’obiettivo tramite la scrittura di codice, in un determinato linguaggio. Due tra i migliori docenti ricercatori della Stanford University in California, Sebastian Thrun30 e Peter Norvig31, hanno messo on line un sito web32 finalizzato alla divulgazione di contenuti dei loro corsi universitari di “Artificial Intelligence”, tramite video-lezioni caricate su un apposito canale33 di YouTube. Tra queste lezioni, una in particolare (Unit 234) mette in luce gli aspetti in comune tra un reale problema di orientamento, per il raggiungimento di due mete geograficamente distinte sul territorio, e le modalità tramite cui modalità tramite cui un programma computerizzato può risolvere questo problema, con il sussidio della intermediazione visiva di un diagramma, più precisamente, di un grafo (ossia, utilizzando una struttura matematica chiamata “grafo”, visualizzabile sotto forma di diagramma35) quale ordine per andare da un punto di partenza prestabilito (la città di Arad) ad un punto di arrivo (la città di Bucarest)36. La lezione orale (di Peter Norvig, integrata da immagini esplicative) introduce un comunissimo problema: l’overload informativo che deriva dalla complessità di un problema di navigazione quando ci pone dinanzi ad una moltitudine di scelte possibili costringendoci a prevedere una sequenza di azioni (Fig. 3.62). Nell’immagine successiva, Norvig ci mostra, invece, una situazione opposta alla precedente (Fig. 3.63) in cui un bosco avvolto nella nebbia ci impedisce di pianificare le nostre azioni a causa di una scarsa visibilità. Infine, introduce il route finding problem, (Fig. 3.64) ossia la capacità di capire quali città attraversare e secondo quale ordine per andare da un punto di partenza prestabilito (la città di Arad) ad un punto di arrivo (la città di Bucarest).

30. Sebastiar Thrun è docente e ricercatore di Computer Science nella Università di Stanford, un membro di Google, della National Academy of Engineering e della German Academy of Sciences. Il suo campo specifico riguarda la robotica e il machine learning. 31. Peter Norvig è il direttore del ramo di Ricerca presso Google Inc. È anche membro dell’American Association for Artificial Intelligence e dell’Association for Computing Machinery. Prima dell’impiego in Google. era già stato capo del Computation Sciences Division presso il NASA Ames Research Center. 32. https://www.ai-class.com/ 33. http://www.youtube.com/knowitvideos 34. http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ZQmJuHtpGfs 35. In inglese graph equivale alle parole italiane grafo e grafico, ma è fondamentale la differenza che intercorre tra questi due termini: grafo in informatica è una struttura algebrica, anche visualizzabile mediante un diagramma di archi e nodi, che, quindi, per estensione viene a sua volta viene chiamato grafo. 36. Norvig sceglie di considerare la Romania proprio per far immedesimare lo studente in una persona che realmente non sa quale potrebbe essere la via migliore.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno

107


Ora sull’intera mappa geografica della Romania possibile tracciare il percorso passando dalle varie città sul percorso fino a Bucarest: la soluzione al problema è una sequenza di azioni collegate tra loro. Per descrivere formalmente il problema è necessario impostare: Initial State (qual è il punto di avvio e quale quello di stop) una serie di Actions (s) > {a1, a2, a3, …} = una funzione nominata “Actions” prende “s” (states37) come input e “ritorna”38 una serie di azioni possibili. In un route finding problem le azioni dipendono dalle condizioni: quando arrivi in una città puoi andare verso una città vicina ma non puoi andare, contemporaneamente, verso nessun’altra città. Result (s,a) > s’ = un’ulteriore funzione chiamata “Result” prende come input un’azione e una condizione, restituendo come output una seconda condizione. Per esempio quando intraprendo una strada per raggiungere un luogo, la nuova condizione che ottengo è “mi trovo a Timisoara”. Goal test (s) > T || F = un’ulteriore funzione chiamata “Goal Test” usa come input la condizione (s) e restituisce solo due valori: vero (T) o falso (F). In questo caso di route finding problem, il goal è raggiungere la città di Bucarest e il raggiungimento di ogni altra meta restituirebbe F).

108

Path Cost (s > s > s) > n = la funzione che somma i costi di tutti gli altri step, che prevede a sua volta una sesta funzione. Step Cost (s, a, s’) > n = che ritorna un numero “n” che equivale al costo di un singolo passo nel percorso complessivo39. Una volta stabilito il luogo di inzio del percorso e quello di fine, si può affermare che ad ogni luogo presente sulla mappa della Romania corrispondano una o più azioni possibili. Ad esempio, dalla città di Arad partono tre strade percorribili (Fig. 3.65). È possibile affrontare diversi percorsi a seconda delle azioni scelte e definire la lunghezza di ogni percorso (ad esempio se transito per tre città diverse, avrò compiuto quattro azioni). Al raggiungimento progressivo di ogni nodo, è possibile dividere lo spazio in tre parti: la frontiera – area ideale di congiunzione dei punti che abbiamo finora raggiunto. A sinistra della frontiera ci sarà il territorio esplorato e a destra il territorio inesplorato (Fig. 3.66). Nel Topic 3, Norvig introduce un algoritmo denominato “tree search”40. Si inizia inizializzando la frontiera e

37. Il termine inglese states corrisponde al termine italiano condizioni. 38. Il termine inglese returns, in italiano ritorna è utilizzato nel gergo informatico per indicare l’elemento che viene restituito da una determinata funzione . 39. Può equivalere ai minuti impiegati, ai chilometri percorsi, ai soldi di carburante spesi e via dicendo. 40. La differenza tra una funzione e un algoritmo è la seguente: utilizzando una metafora culinaria, la funzione è

Il wayfinding invisibile


procede con un loop che, come prima condizione, risponde FAIL se la frontiera è vuota (altrimenti non potrebbe esserci una soluzione). Se invece, il valore è positivo, dobbiamo compiere una scelta e un “tree search problem” è proprio costituito da una famiglia di funzioni che dipende da quale scelta intraprendiamo. Muovendosi a destra della frontiera, si può raggiungere s (punto estremo del percorso già compiuto) e se s equivale alla meta, la funzione potrà restituire il percorso completo che è stato compiuto per arrivare alla meta. In caso contrario, si farà un upgrade del percorso e si guarderanno a ritroso tutte le azioni compiute, sommando i percorsi, modificando così il valore della frontiera. La frontiera (input) sarà stata aggiornata e ci permetterà di proseguire ripetendo la funzione fino al raggiungimento di Bucarest. function tree-search (problem) frontier = {[initial]} loop: if frontier is empty: return FAIL path = remove.choice (frontier) s = path.end if s is a goal : return path for a in actions: add [path+a>Result (s, a)] to frontier 109

Un “tree search” rappresenta l’intera famiglia di algoritmi sommati tra loro in un loop in cui l’unica stringa discriminante è quella della scelta del percorso (frontiera). Il primo algoritmo da considerare è definito “breadth-first search”. Quello che fa è scegliere oltre la frontiera uno dei percorsi: inizia da Arad (che è lo 0, la prima frontiera) e poi seleziona i tre percorsi possibili (raggiungendo Zerind, Sibiu e Timisoara). Le tre città raggiunte diventano la successiva frontiera (Fig. 3.67). Una volta giunti a Simiu si presentano quattro differenti potenziali percorsi, di cui due a linea d’aria più vicini a Bucarest, uno che si allontana da Bucarest e il quarto che è quello di provenienza (da Arad). Visualizzando schematicamente un “tree search”, attribuendo alle città le loro iniziali, è possibile constatare chiaramente che: - da A posso andare a Z, S, T; - da S posso andare a O, F, R, A; - da R posso andare a L e P; - da P posso andare a B; - O, F, R, A è la frontiera; - da T posso andare ad L; “ingredienti+risultato finale”, l’algoritmo è la “ricetta” (ossia ingredienti+procedimento+risultato finale): in questo caso Norvig spiega come si effettua questa ricerca (tramite l’algoritmo tree search) non per conoscere il percorso più breve, ma per conoscere come si fa a calcolare il percorso più breve.

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno


- da L posso andare ad M e T; - A, Z, S, T è l’insieme di ciò che è a sinistra della frontiera; - O, F, R, A, L è la nuova frontiera. Tuttavia, è evidente che non esista soltanto una sequenza di città che ci permette di arrivare a Bucarest, ma ne esistono diverse (tra queste, ad esempio le sequenze: “A, Z, O, S, F, B”; “A, S, F, B”; “A, S, R, P, B”). A questo punto subentrano diversi parametri per valutare il percorso migliore: i chilometri percorsi, il numero di città attraversate, ecc. Attraverso questo esempio è evidente che la necessità di intraprendere scelte diventa capacità di intraprendere scelte solo attraverso uno studio analitico-strutturale del modo in cui tutti i fattori (attori) all’interno di un problema interagiscono tra loro. La schematizzazione diagrammatica di un problema, in questo caso, è di sussidio all’informatico per la scrittura del codice. Il fine del programma di intelligenza artificiale è trovare automaticamente la risposta, ma, per farlo, è il programmatore a dare le indicazioni euristiche in base alle quali il programma valuta la bontà della via intrapresa. Questa classe di algoritmi di ricerca euristica o informata: A* è il principale esempio41. Le euristiche in questo caso, sono: “la distanza dall’obiettivo in linea d’aria”, “il numero dei nodi da attraversare”, “probabilità di congestione di una determinata via”42.

110

Il progettista, analogamente, potrà visualizzare il problema di orientamento utilizzando la scrittura in grafi (riducendo una struttura urbanistico-architettonica in una rete di nodi e collegamenti) come strumento analitico: per conoscere e capire il grado di complessità di un’architettura già esistente e, di conseguenza, investire maggiore tempo e sforzo progettuale nel provvedere idonei apparati segnaletici nei nodi maggiormente collegati (più critici); per progettare con maggiore consapevolezza la struttura architettonica – diagrammaticamente efficiente – di una stazione ferroviaria, prevedendo con maggiore esattezza le dinamiche dei flussi, rispetto alla disposizione degli elementi fissi (binari e strade esterne); per progettare con maggiore consapevolezza il contenuto dei cartelli informativi nel punto del luogo in cui ci si trova rispetto alle strade possibili da intraprendere.

41. Per ulteriori informazioni e approfondimenti, si consiglia la lettura del capitolo 4 ‘Informed Search Methods’ del libro Artificial Intelligente: a modern approach di Stuart J. Russell and Peter Norvig, 1995. 42. Una combinazione di questi fattori euristici viene implementata all’interno dei sistemi di path-finding integrati in tutti i moderni GPS.

Il wayfinding invisibile


111

Da Figura 3.59. a Figura 3.65. Frame significativi estratti dalla video-lezione di Peter Norvig sul tema del "route finding problem" .

Wayfinding: uno per tutti, tutti per uno



Capitolo 4

Grafi, insiemi e wayfinding

In questo capitolo si introduce la teoria dei grafi da un punto di vista nozionistico, per il raggiungimento di una conoscenza base propedeutica a una migliore comprensione dei grafi e del loro utilizzo come strumento progettuale in un’analisi di wayfinding. Si illustra una breve catalogazione delle tipologie di grafi esistenti, delle loro proprietà e delle diverse rappresentazioni graficomatematiche possibili.

Grafi, insiemi e wayfinding


4.

Mentre i rilievi qualitativi sulla composizione di una comunitĂ non pongono problemi per la raccolta e per la valutazione delle osservazioni, i rilievi quantitativi coinvolgono problemi metodologici sia per la raccolta dei dati sia per la loro successiva analisi. [...] Il crescente ricorso ai metodi matematici si spiega con l’ausilio che la matematica può dare nel risolvere i problemi di scelta.

114

Teoria dei grafi e wayfinding


Bruno Cianchetta, Alcuni modelli di traffico

115

Grafi, insiemi e wayfinding


116

Figura 4.1. Fotografia dell'utente Flick "Terriko" come atto di partecipazione al concorso "Active Assignment Weekly 16-23 Maggio Enjoy the silence".


4.1. Meglio un grafo oggi che un problema domani

4.1.1. Sette ponti per un matematico Kaliningrad è una città russa, capoluogo dell’Oblast1 di Kaliningrad, regione situata tra Polonia e Lituania che si affacciata sul Mar Baltico. La città è situata in prossimità della foce del fiume Pregel che la attraversa, ed è maggiormente nota agli storici della filosofia e della matematica quando ancora apparteneva alla Prussia Orientale sotto il nome di Königsberg2. Ai primi è nota in quanto città natale di Immanuel Kant (1724-1804), ai secondi perché scenario del rompicapo che ha dato inizio a una delle teorie matematiche su cui, per molti versi, si basa la contemporaneità: la teoria dei grafi. Un quartiere della città di Königsberg sorge su di un’isola, chiamata der Kneiphof, attorno alla quale scorre il fiume Pregel. Ad est dell’isola, il fiume si divide in due rami. L’isola è connessa alla terraferma tramite cinque ponti, due a nord, due a sud, uno a est. A questi ponti se ne sommano ulteriori due che congiungono le sponde a nord e a sud del fiume con la sponda situata ad est dopo la ramificazione dello stesso. Sette ponti per collegare quattro porzioni di territorio. Immaginiamo Königsberg, il fiume Pregel che scorre e i sette ponti durante una piacevole passeggiata domenicale nella Prussia del XVIII secolo. Uno scenario lontano da complessi quesiti matematici, se solo almeno uno degli abitanti della città fosse mai riuscito a percorrerli tutti consecutivamente senza mai attraversarne uno almeno due volte. Questo è ciò che Leonard Euler – noto come Eulero – ha successivamente definito un “cammino semplice”. Il rompicapo delle passeggiate domenicali era: “È possibile attraversare uno dopo l’altro tutti i sette ponti senza mai percorrerne uno più volte?”.

4.1.2. Semplice, come un ABDC «Da ciò io ho tratto questo problema generale: qualunque sia la configurazione e la distribuzione in rami del fiume e qualunque sia il numero dei ponti, si può scoprire se è possibile passare per ogni ponte una ed una sola volta?». Nel 1741 Eulero pubblica Solutio problematis ad geometriam situs pertinentis3 in cui in-

1. Con il termine Oblast si definisce una divisione amministrativa di alcuni stati slavi o delle ex repubbliche sovietiche. 2. Prima che il territorio passasse dalla Germania alla Russia durante la Prima Guerra Mondiale. 3. La Soluzione di un Problema Relativo alla Geometria di Posizione.

Grafi, insiemi e wayfinding

117


daga la soluzione di questo problema. Per farlo, evita un approccio ad hoc per la situazione di Königsberg e adotta, al contrario, un metodo tale da analizzare la natura del problema, generalizzando il più possibile. Infatti, Eulero non inizia la sua indagine elencando tutti i cammini possibili per trovare quello (eventualmente) giusto. E questo per due motivi principali: (i) le configurazioni possibili erano in numero idoneo solo ai calcolatori, disponibili solo due secoli più tardi; (ii) una volta trovati tutti i percorsi possibili si sarebbe risolto soltanto quel problema, senza alcun presupposto teorico su cui fondare studi similari. Eulero ipotizza così un modo di rappresentare i percorsi operando un’astrazione grafica della configurazione geografica della città. Quindi l’isolotto diventa A, la sponda a Sud diventa B, quella a Nord diventa C e quella ad Est diventa D mentre i sette ponti diventano a, b, c, d, e, f, g. Ad esempio, scrivendo ABDC, come appunto astratto riportato in lettere di uno dei percorsi possibili, si sottintende che siano stati attraversati solo tre ponti (non importa quali) per raggiungere B da A, D da B e C da D. Al contrario, se scrivo, ad esempio, cdeg sottintendo di aver attraversato ACADC.4 Affermando questo, Eulero ci sottopone già un enunciato: se considero le regioni, il loro numero sarà sempre di uno maggiore rispetto ai ponti attraversati; mentre, viceversa, se considero i ponti, essi saranno sempre di una unità in meno delle regioni attraversate. Da questa affermazione si può già dedurre che il percorso oggetto di questa indagine potrà essere sintetizzato attraverso una sequenza di otto lettere maiuscole in cui ogni pon118

Eulero ipotizza così un modo di rappresentare i percorsi operando un’astrazione grafica della configurazione geografica della città. Quindi l’isolotto diventa A, la sponda a Sud diventa B, quella a Nord diventa C e quella ad Est diventa D mentre i sette ponti diventano a, b, c, d, e, f, g.

4. Anche se apparentemente non conosco esattamente se il ponte c sia stato attraversato partendo da C o da A, continuando nel percorso mi rendo conto che non posso non aver iniziato da A perché altrimenti non potrei trovarmi ad attraversare e come terzo ponte.

Meglio un grafo oggi che un problema domani


Figura 4.2.

Incisione raffigurante la città di Königsberg (attuale Kaliningrad) al tempo di Eulero

te viene percorso una e una sola volta. Questa sequenza di lettere viene denominata da Eulero “parola”. Ora, si consideri una regione A: quando A è collegata a un’altra regione con un solo ponte, compare nella parola solo una volta; quando A è collegata ad altre regioni tramite tre ponti, compare nella parola due volte; quando A è collegata ad altre regioni tramite cinque ponti (come nel caso di Königsberg), compare nella parola tre volte e così via, a prescindere se A sia o no la regione si partenza. In generale, Eulero deduce che se una regione è connessa ad altre regioni tramite un numero dispari di ponti, la regione stessa verrà attraversata tante volte quanto equivale alla metà del numero di ponti incrementato di uno (n = numero di ponti; m = numero di passaggi nella regione; m = (n+1)/2). Constatato ciò, il matematico procede nella sua analisi considerando le vie di accesso alle quattro regioni separatamente, contando le volte in cui avrebbero dovuto ripetersi nella parola da 8 lettere cercata. Di conseguenza, l’isolotto A ha cinque ponti di accesso, quindi comparirebbe (5+1)/2=3 volte; le sponde B, C e D invece hanno tre ponti di accesso e comparirebbero (3+1)/2=2 volte. Se proviamo a sommare le volte in cui le quattro regioni dovrebbero comparire nella parola/sequenza, 3+2+2+2=9. Eulero afferma con certezza che è impossibile camminare lungo le quattro regioni di Königsberg attraversando i sette ponti una e una sola volta perché in tal caso, la parola/sequenza dovrebbe essere composta da 8 lettere. Formalmente

Grafi, insiemi e wayfinding

119


A

Figura 4.3. Illustrazione esplicativa del problema dei sette ponti sul fiume Pregel, tratta

B 120

da Solutio problematis ad geometriam

D

situs pertinentis di Eulero (1741).

Grafico 4.1. Rappresentazione semplificata del grafo

C

relativo al problema dei sette ponti.

Eulero scrive l'enunciato: Dato dunque un qualunque caso, si può immediatamente e facilissimamente riconoscere se la passeggiata, alle solite condizioni, è possibile o no, in forza della seguente regola. Se sono più di due le regioni alle quali conducono un numero dispari di ponti, allora si può affermare con certezza che la passeggiata è impossibile. Se sono solo due le regioni alle quale conducono un numero dispari di ponti, allora la passeggiata è possibile, a condizione che si parta da una di esse. Se infine a nessuna regione giunge un numero dispari di ponti, allora la passeggiata è possibile, qualunque sia la regione dalla quale si parte. E questa regola è del tutto soddisfacente, qualunque sia il problema posto.

Meglio un grafo oggi che un problema domani


4.1.3. Una realtà di nodi e di archi A partire da questo studio, Eulero elabora una delle teorie alla base della matematica moderna e dell’informatica: la teoria dei grafi. Innanzitutto, Eulero riconduce problemi legati alla realtà fenomenica e contingente (come ad esempio il caso geograficamente circoscritto di Königsberg) a rappresentazioni astratte, che egli denominerà appunto “grafi”. A partire dal caso dei sette ponti, analizzato nel paragrafo precedente, è scaturita una serie di studi matematici che, nei primi anni del Novecento con Henri Poincaré, hanno portato alla nascita di un’intera branca della matematica moderna: la topologia. La topologia sarà argomento del capitolo a seguire. Il primo passo per affrontare questo campo della conoscenza sta nella capacità di raffigurare in maniera diagrammatica un sistema. Eulero definisce grafo una figura composta da punti nodali, dai collegamenti tra essi e dalle aree in essi comprese: rispettivamente nodi, archi (o segmenti o lati) e regioni.5 La quantità numerica di archi che convergono in un nodo o partono da esso è definito ordine del nodo. Un nodo può essere pari o dispari dipendentemente dal numero pari o dispari di archi di cui dispone. L’enunciato riguardante la percorribilità dei grafi afferma che quando un grafo è composto da nodi esclusivamente pari è sempre percorribile partendo e tornando nel medesimo punto di partenza attraversando solo una volta ogni arco presente. Questa è una proprietà di un grafo e in questo caso esso viene definito circuito euleriano. Quando un grafo contiene solo nodi pari ad eccezione di soli due nodi dispari è percorribile e si potrà partire da uno dei nodi dispari per poi giungere all’altro, ma non, come nel primo caso, partire e giungere nello stesso nodo. Nei casi che non rientrano in una di queste due categorie, i grafi presentano tre o più nodi dispari e sono definiti non percorribili senza ripetizioni di percorso di uno o più archi, come nel caso di Königsberg.

5. Nel caso di Königsberg i nodi equivalgono alle regioni di terra (A, B, C, D) mentre gli archi equivalgono ai sette ponti (a, b, c, d, e, f, g).

Grafi, insiemi e wayfinding

121


122

Originale interpretazione costruttiva dello schema semplificato del problema dei Figura 4.4.

sette ponti realizzato con mattoncini LEGO dall'utente Flick "TheBrickRepuplic", 2011.

Meglio un grafo oggi che un problema domani


4.2. Dalla teoria (dei grafi) alla pratica

4.2.1. Un aiutante La teoria dei grafi è una trattazione matematica che riesce con molta facilità (e felicità) a invadere altri ambiti della conoscenza: è un ottimo aiutante dialettico nella risoluzione di un problema. Si può parlare di grafi per descrivere moltissime situazioni spaziali, territoriali, relazionali, sociali e così via. Una strada che collega due città, l’albero genealogico di una famiglia, due persone unite da un legame di convivenza sotto uno stesso tetto, due o milioni di calcolatori connessi da una rete telematica: ognuno di questi casi rientra nelle configurazioni possibili di un grafo. In generale, un grafo è un valido strumento funzionale alla visualizzazione mentale (e non) di uno schema atto a risolvere una serie di problemi decisionali. Nella progettazione – sia essa di un edificio, di un prodotto o di un artefatto comunicativo – le variabili e le relazioni complesse che portano a seguire il percorso più corretto subito dopo un bivio decisionale necessitano dell’utilizzo di un metodo scientifico capace di rivelarsi affidabile ma altresì sufficientemente flessibile. Nel paragrafo e nei sottoparagrafi successivi è stata fatta una breve catalogazione delle tipologie più importanti di grafo. Queste definizioni nozionistiche, benché molto semplificate, saranno utili al progettista e al lettore per comprendere maggiormente nei capitoli successivi il processo di astrazione e di definizione dei grafi funzionali alla comprensione degli spazi, dei flussi e dei nodi di interscambio direzionali.

4.2.2. Quando e come si definisce un grafo La nomenclatura all’interno dell’ampio campo della teoria dei grafi può variare senza però alterare il significato nozionistico degli elementi che compongono un grafo. In precedenza si è parlato di nodi e di archi, ma ugualmente possiamo chiamarli rispettivamente vertici o lati. Si definisce un grafo G una coppia G = (V, E) dove V è un insieme finito (non vuoto), detto insieme dei vertici, ed E6 è un sottoinsieme di V detto insieme dei lati. Per cui, in base a questa definizione si osserva che i vertici sono elementi di un insieme finito qualsiasi e i lati sono coppie non ordinate di vertici stanti alle loro estremità: ad ogni lato corrispondono solo due vertici. In questo modo, potremmo avere tuttavia un dubbio: quello

6. E è l’iniziale di edge, spigolo in lingua inglese.

Grafi, insiemi e wayfinding

123


di Königsberg è formalmente definibile come grafo anche se ci sono due ponti (lati) che conducono a medesime regioni (vertici)? La teoria dei grafi risponde anche a questo, basta procedere con ulteriori definizioni. Due vertici si definiscono adiacenti se esiste un lato che li congiunge (Graf. 4.2), mentre due lati si definiscono adiacenti se partono entrambi da un medesimo vertice (Graf. 4.3). Per disegnare un grafo basta congiungere i vertici tramite degli archi o lati, ottenendo così una serie di relazioni tra punti e segmenti. Il modo in cui vengono rappresentate le relazioni tra essi è del tutto irrilevante purché siano rispettate le relazioni di incidenza (Graf. 4.4). Un fattore importante nella rappresentazione di un grafo – e nell’intera disciplina topologica – è lo sforzo di pensare al di fuori della logica cartesiana dello spazio bidimensionale. Questo aspetto è fondamentale soprattutto per l’effettivo ruolo che i grafi avranno nella mia tesi: strumento di astrazione per la comprensione spaziale e tridimensionale di luoghi e flussi complessi. Infatti nel primo grafo nel Grafico 4.4 potremmo legittimamente presupporre che esista al centro un altro nodo, ma se pensiamo di ruotare attorno al grafo potremmo accorgerci che i due ponti BC e AD non si intersecano affatto mantenendo quindi le relazioni tra loro come nel grafo a destra. 4.2.2.1. Grafi completi

124

Un grafo si definisce completo se tutti i suoi nodi sono a due a due adiacenti, ossia se ogni coppia di vertici è collegata da un arco. Un grafo completo con n vertici è indicato con G elevato ad n (Graf. 4.5). I grafi completi hanno una particolare caratteristica definita: simmetria rotazionale. La proprietà, da cui deriva questo caso particolare di simmetria è quella del grafo completo di avere tutti i vertici isomorfi. Dal greco isos, “uguale”, e morphé, “forma”, si parla di isomorfismo dei vertici quando più nodi distinti presentano le stesse relazioni con i nodi limitrofi. 4.2.2.2. Grafi diretti Un grafo diretto (Graf. 4.8), o digrafo, è una coppia (V, E) di insiemi disgiunti relazionati tra loro da due funzioni che associano a ogni lato e ∈ E un vertice i(e), detto vertice iniziale e un vertice ∫(e), detto vertice finale. Il lato e si definisce diretto dal suo vertice iniziale al suo vertice finale. In base all’esistenza di queste due funzioni, si può affermare che due vertici possono essere collegati tra loro da più lati che verranno a loro volta definiti lati multipli. In questo caso gli archi compresi tra la stessa coppia di vertici sono detti paralleli (Graf. 4.6). La definizione di queste due funzioni rende possibile che all’interno di uno grafo sia possibile avere due archi per due vertici, rispettivamente uno di “andata” e uno di “ritorno”. E qui è possibile rispondere alla domanda: quello di Königsberg è formalmente definibile come grafo anche se ci sono due ponti che conducono a medesime regioni? Grazie alla definizione di lati paralleli, possiamo affermare che il grafo di Königsberg può definirsi tale. i : E → V, ∫ : E → V

Dalla teoria (dei grafi) alla pratica


u e

e2

e1 v

u

Grafico 4.2.

Grafico 4.3.

B A

A D B

C

C

D

Grafico 4.4.

125

Grafico 4.5.

Grafico 4.6.

Grafico 4.7.

Grafico 4.8.

Grafi, insiemi e wayfinding


In un grafo diretto possono esistere configurazioni particolari e questo accade quando i(e) = ∫(e) ovvero quando l’arco uscente da un vertice si chiude su di esso. In questo caso il grafo diretto si definisce cappio7 (Graf. 4.7) e il verso degli archi è ininfluente. 4.2.2.3. Grafi orientati e multigrafi Si definisce grafo orientato un grafo diretto che sia sprovvisto di lati multipli e di cappi ossia un grafo in cui a ogni lato è assegnato un orientamento (Graf. 4.9). In questi casi si può parlare di testa del grafo ed è implicito un verso del grafo in cui non è possibile percorrere gli archi se non secondo una direzione definita. Nei casi a cui si farà riferimento in questa tesi, molto spesso si parlerà di grafi orientati in maniera indotta: per un maggiore controllo sugli spazi, spesso i progettisti prevedono i cosiddetti flussi in entrata e flussi in uscita. Tuttavia è altrettanto vero e condivisibile che, non fornendo all’utenza alcun limite fisico di accesso ai varchi, molto spesso questi percorsi si dimostrano percorribili in entrambi i versi. A tal proposito, infatti, si parlerà di Multigrafo: un grafo privato delle informazioni relative all’orientamento dei lati tra i vertici (Graf. 4.10) in cui ogni arco può assumere indifferentemente un verso o un altro verso. In conclusione posso affermare che, nei progetti di wayfinding, di grafi orientati e di multigrafi puri, ossia intesi secondo le loro definizioni matematiche, se ne troveranno molto pochi. 4.2.2.4. Grafi a nastro 126

Si defininisce grafo a nastro8 un multigrafo in cui i vertici sono disegnati come dischi e i lati come nastri per ottenere una superficie topologica compatta con un perimetro (Graf. 4.11). Sostanzialmente, un grafo a nastro è una superficie rappresentata come l’unione di dischi-vertici e lati-nastri in modo che (i) i dischi e i nastri si intersechino mostrando segmenti disgiunti; (ii) ogni lato giaccia su un bordo del nastro che conduce ad un vertice; (iii) ogni nastro contenga esattamente due segmenti.

7. In lingua inglese definito come loop. 8. In lingua inglese definito come ribbon graph o fat graph.

Dalla teoria (dei grafi) alla pratica


Grafico 4.9.

Grafico 4.10.

127

Grafico 4.11.

Grafi, insiemi e wayfinding


4.2.3. I grafi e le matrici Possiamo facilmente tradurre un grafo utilizzando altre convenzioni di natura matematica. Ad esempio il linguaggio degli insiemi o quello delle matrici. Nel primo caso il grafo (Graf. 4.12) equivale a: V = {v1, v2, v3, v4, v5}

E = {e1, e2, e3, e4, e5, e6, e7}

dove e1 = (v1 ,v5)

aij =

{

e2 = (v1 ,v2 )

e3 = (v2 ,v5)

1

se vivj ∈ E

0

se vivj ∉ E

...

Prendiamo ad esempio il grafo G = (V, E) in cui l'insieme dei vertici è V = {v1, v2, ..., vn} mentre l’insieme dei lati è E = {e1, e2, ..., em}. Per ogni coppia di vertici vi, vj ∈ V, poniamo: 128

bij =

{

1

se il vertice vi e il lato ej sono incidenti

0 altrimenti

La matrice A(G) = (aij) è definita matrice di adiacenza del grafo G ed è una matrice quadrata di ordine n, simmetrica con coefficienti 0 e 1. Al grafo G si può però associare anche una seconda matrice, detta matrice di adiacenza B(G) = (bij) ossia una matrice "n x m" definita ponendo: Per definire univocamente un grafo sarà sufficiente definire entrambe le matrici come nell’esempio che segue (Graf. 4.13)

A 0,1,1,0 1,0,1,1 1,1,0,1 0,1,1,0

B 1,1,0,0,0 1,0,1,1,0 0,1,1,0,1 0,0,0,1,1

Dalla teoria (dei grafi) alla pratica


e2

v1

v2 e6

e1

e5

e3

e3 e7

v5 Grafico 4.12.

v1 e2

Grafico 4.13.

Grafi, insiemi e wayfinding

v4

e4

v5

e1

e3 e5

v2 129

e4 v4



4.3. I diagrammi di Eulero-Venn

4.3.1. L’insieme Un recinto entro il quale contare il numero delle pecore è un ricordo che accompagna tutti noi nei primissimi giorni di scuola elementare. Ai bambini viene ‘somministrata’ così la nozione di insieme che verrà poi integrata, nel corso dell’attività didattica, con il concetto più ampio di relazione. Il primo sussidio per visualizzare questi due concetti astratti è il diagramma di Eulero-Venn9: la rappresentazione grafica di uno o più insiemi (tracciati come una linea chiusa con area ovale) in relazione ad elementi. Gli elementi vengono raffigurati come dei punti. Se posti all’interno del confine dell’insieme, gli elementi apparterranno a tale insieme, se invece saranno al di fuori di esso, non apparterranno ad esso. Tra gli elementi appartenenti ad insiemi diversi possono sussistere delle relazioni. Per convenzione, ai punti vengono associate lettere alfabetiche minuscole, mentre il nome di un insieme sarà riportato in lettere alfabetiche maiuscole. Le eventuali relazioni tra gli elementi verranno indicate da un arco, una linea. Georg Cantor10 è il padre della teoria degli Insiemi: secondo la sua definizione, «un insieme è una collezione di oggetti, determinati e distinti, della nostra percezione o del nostro pensiero, concepiti come un tutto unico; tali oggetti si dicono elementi dell’insieme». 4.3.3.1. Scrivere un insieme Per una maggiore comprensione delle modalità di scrittura degli insiemi e delle possibili operazioni tra essi è necessario un piccolo glossario: ∈ = ‘appartiene’ ∉ = ‘non appartiene’ ∪ = ‘unione’ ∩ = ‘intersezione’

⊆ = ‘un sottoinsieme di’ | = ‘tale che’ ∧ = ‘e’ ∨ = ‘o’

∅ = ‘insieme vuoto’ ∀ = ‘per ogni ’ ∃ = ‘non esiste’ ∃ = ‘esiste’

9. John Venn (1834-1923) è stato un matematico, logico e statistico inglese, noto per il suo contributo nei campi della logica e della probabilità. 10. Georg Cantor (1845-1918) è stato un matematico tedesco, ha formulato la teoria degli insiemi. Dimostrò che, dato un qualsiasi insieme A, esiste l’insieme di tutti i possibili sottoinsiemi di A, chiamato l’insieme di potenza di A, avente grandezza maggiore della grandezza di A stesso (Teorema di Cantor). Così dimostrò che esiste una gerarchia infinita di grandezze di insiemi infiniti, fino alla definizione dell’insieme dei numeri cardinali e ordinali transfiniti, e della loro apposita aritmetica.

Grafi, insiemi e wayfinding

131


Gli insiemi possono essere rappresentati secondo diverse modalità: rappresentazione tabulare (o estensiva); rappresentazione grafica; rappresentazione per caratteristica (o intensiva):

La rappresentazione tabulare mira ad elencare tutti gli elementi di un insieme. Ad esempio se volessi scrivere l’insieme dei numeri pari compresi tra 1 e 10:

P = {2, 4, 6, 8}

La rappresentazione grafica (quella utilizzata in forma semplificata per scopi didattici nei primi anni di studio della matematica) appartiene al logico inglese John Venn, a partire dagli studi già affrontati da Eulero e Leibniz (Graf. 4.14):

a c

132

La rappresentazione caratteristica è quella che permette di specificare precisamente quali elementi appartengono all’insieme considerato e quali no. Ad esempio, secondo questa notazione, l’insieme A dei numeri naturali strettamente compresi tra 1 e 5 si scrive così:

b d

A={x∈N|1>x>5}

«Un insieme è una collezione di oggetti, determinati e distinti, della nostra percezione o del nostro pensiero, concepiti come un tutto unico; tali oggetti si dicono elementi dell’insieme».

I diagrammi di Eulero-Venn


4.3.3.2. Operare con gli insiemi È possibile effettuare delle operazioni fra insiemi. Una prima operazione è l’unione. Si definisce unione di due insiemi A e B, l’insieme formato da tutti gli elementi di A e tutti gli elementi di B e si indica con (Graf. 4.15):

A∪B={x|x∈A∨x∈B}

A

L’intersezione di due insiemi A e B è l’insieme costituito da tutti gli elementi che A e B hanno in comune tra loro, ossia che appartengono sia ad A, che a B (Graf. 4.16):

B

A→B={x|x∈A∧x∈B}

A

B 133

La differenza di due insiemi A e B è l’insieme costituito da tutti gli elementi di A che non appartengono a B (Graf. 4.17):

A\B={x|x∈A∧x∉B}

A

Quando un insieme A contiene un insieme B, B è sottoinsieme di A: B ⊆ A. Si definisce differenza complementare fra l’insieme A e il suo sottoinsieme B , l’insieme degli elementi che stanno in U ma non in A (Graf. 4.18):

B

A-B={x|x∈A∧x∉B}

B A

Grafi, insiemi e wayfinding



Capitolo 5

Eccesso-Accesso

Ai fini di un’avegole navigazione, un luogo deve essere in sé “artefatto di mediazione aiutante”. Spesso, invece, è il luogo stesso a mettere in difficoltà chi vi ci naviga e a comportarsi da ‘opponente’. Spostarsi da un punto A ad un punto B è una esigenza primaria. Le modalità di trasporto pubblico necessitano di una specifica logica progettuale: quella diagrammatica, capace di fornire una rappresentazione grafica dello spazio, come se fosse una funzione matematica. Uno sguardo critico alla situazione del trasporto della metropolitana milanese introduce i capitoli successivi.

Eccesso-Accesso


5.

Quando si parla di sistema, ci si riferisce alle parti di una totalità ed al modo in cui esse sono relazionate tra di loro. [...] La concentrazione nel tutto, comunque, non è l’unica caratteristica. la stessa nozione di sistema implica ordine ed organizzazione. Un tutto completamente indifferenziato non è un sistema. Solo quando le parti possono essere differenziate nel tutto, esso può essere trattato come sistema.

136

Eccesso-Accesso


Romano Del Nord, I modelli grafo-matematici e la progettazione

137

Eccesso-Accesso


138

Figura 5.1. Scambio ferroviario. Fotografia dell'utente Flickr "Steve Oliver Imagery", 2011.


5.1. Di là o di qua?

5.1.1. Processi di orientamento egocentrici e allocentrici Secondo lo studioso di scienze motorie Dietrich D. Blume1, gli esseri umani possiedono una serie di capacità coordinative necessarie per lo svolgimento naturale della vita. Queste capacità sono di accoppiamento e combinazione, differenziazione, equilibrio, orientamento, ritmo, reazione, trasformazione. Ciascuna di queste capacità rientra in tre insiemi distinti, ossia l’insieme della capacità di direzione e controllo, l’insieme della capacità di adattamento e quello della capacità di apprendimento. La capacità di orientamento serve a collocare se stessi o un oggetto altro rispetto a noi stessi in un determinato luogo ed essere capace di descrivere in maniera oggettiva la propria ubicazione o dell’oggetto a cui si fa riferimento. Le dinamiche di orientamento sono molto complesse e necessitano della cooperazione di numerosi meccanismi percettivi e di una buona capacità di astrazione. Il nostro corpo possiede diversi strumenti per orientarsi: la stimolazione visiva (visione centrale e periferica), uditiva e tattile (che include temperatura, pressione), quella cinestetica e quella vestibolare (relativa all’equilibrio e alla postura). Per orientarsi, il nostro corpo si calibra continuamente confrontando la posizione dei nostri segmenti corporei rispetto a referenti di paragone che possono essere egocentrici (relativi al proprio corpo) oppure allocentrici (estranei al nostro corpo). Le strategie egocentriche ci permettono di immagazzinare informazioni circa la disposizione dell’ambiente circostante osservato ovviamente da una prospettiva soggettiva che varia allo spostarsi del proprio punto di vista. Questa modalità è quella analizzata da Lynch quando utilizza come strumento di analisi l’intervista del singolo abitante della città: è la sua mente a stabilire i punti di riferimento incontrati lungo un percorso e a raccontare le direzioni intraprese. Le strategie allocentriche, invece, ci permettono di visualizzare e prefigurare una sorta di mappa mentale dell’ambiente come dei cartografi in grado di disegnare il territorio, ma soltanto a livello mentale. In questo modo, astraendo la nostra figura dal luogo prefigurato, siamo in grado di posizionarci e direzionarci di conseguenza. Questa modalità viene messa in pratica quando veniamo a contatto con una mappa bidimensionale del luogo, oppure attraverso l’elaborazione a posteriori di una navigazione egocentrica già avvenuta nel luogo.

1. Posizioni tecniche essenziali per lo sviluppo delle capacità coordinative, 1982

Eccesso-Accesso

139


Le capacità coordinative speciali

Categorie

DIREZIONE E CONTROLLO ADATTAMENTO APPRENDIMENTO

Grafico 5.1.

Schema basato sulla teoria di D. Blume sulle capacità coordinative umane, 1982.

5.1.2. Se non c’è coerenza tra i dati percepiti I processi di orientamento all’interno di una stazione ferroviaria o metropolitana prevedono l’uso congiunto di queste due strategie. Un giusto percorso prevede che ci sia almeno uno di due fattori determinanti: 140

la possibilità di prefigurare il percorso (solo se si ha già esperienza del luogo); la possibilità di percepire/interpretare tramite i propri sensi i percorsi possibili. Spesso quando l’utente va incontro a confusione ed esitazione nella scelta della strada da percorrere per raggiungere la sua meta, le motivazioni sono rintracciabili proprio nella cattiva leggibilità del luogo. Il nostro corpo è capace di leggere e comprendere lo spazio solo se : i dati percepiti a livello sensoriale riescono a farci visualizzare a livello mentale la complessità della struttura, senza cadere in contraddizione l’uno con l’altro (ad esempio, sentire il rumore del treno in arrivo ma non vedere il binario); si è compresa la sintassi grammaticale che ci permette visivamente di interpretare le informazioni sotto forma di linguaggio segnaletico; se tra le due categorie di comunicazione elencate in precedenza (sintassi della comunicazione spaziale globale e sintassi della comunicazione informativa puntuale) c’è coerenza. Le strutture sono mal progettate quando mettono in contrasto i vari livelli della nostra cognizione spaziale. L’errore di sistema sussiste quando le informazioni segnaletiche

Di là o di qua?


comunicano all’utente di seguire una strada che contrasta con l’istinto di seguire un dato percettivo uditivo, visivo o olfattivo tramite cui veniamo a contatto con lo spazio. È in quel momento di “shift percettivo” che la mente dell’utente entra in confusione generando esitazione e motivando l’esigenza di confrontarsi non con la segnaletica ma con un proprio simile. Se e quando la segnaletica chiede un atto di fede all’utente, allora è certamente errata. Molto spesso, una cattiva progettazione architettonica degli spazi scarica tutta la responsabilità dei processi di orientamento sulle informazioni testuali, pittogrammatiche e direzionali che sorgeranno in quel luogo. Il linguaggio segnaletico deve essere di conferma e supporto ad una giusta progettazione dello spazio, non una guida anonima di cui si stenta a fidarsi. La ricerca di “conforto” e conferma negli altri “compagni di sventura” è l’unico atteggiamento inevitabile della cattiva progettazione di uno spazio. In una stazione come quella della Metropolitana Milanese di Loreto, interscambio fra le linee M1 ed M2, la mente dell’utente subisce in continuazione uno shift percettivo tra i vari sensi: la vista ci comunica “vai di qui”, l’udito ci comunica “vai di là”, e magari la segnaletica ci comunica qualcosa di estremamente diverso da entrambi i dati che percepiamo in quel momento dal luogo in sé. Spesso il luogo è così ostile che persino quando l’utente raggiunge la sua meta sente la necessità di chiedere conferma, quasi fosse successo qualcosa di inaspettato. Nelle stazioni metropolitane, sotterranee, questo genere di problemi è enfatizzato: ad esempio, quando l’utente è in un’aerostazione, una vetrata che gli permette di vedere l’esterno, la pista, gli aerei, i mezzi di servizio in azione, è già in grado di comunicare al cervello che il percorso verso un qualsiasi altro servizio aeroportuale si troverà altrove. In una stazione ferroviaria di superficie, ad esempio, avrò delle aree sotterranee di sottopassaggio con gli accessi alle banchine, ma, una volta raggiunta una banchina riuscirò visivamente a vedere le altre parallele in un colpo d’occhio e a comprendere ad esempio da quale lato avrò poi accesso alla biglietteria. In una stazione metropolitana, invece, una volta entrato, l’utente perde quasi del tutto il contatto con la realtà di superficie, salvo avvertire, ad esempio in inverno, che l’uscita si avvicina perché inizia a diminuire la temperatura. Le scale e i corridoi intraprendono molteplici percorsi le cui mete, talvolta, non sono esplicitate. Una cattiva progettazione di una stazione metropolitana è la testimonianza reale più affine al concetto di labirinto.

In una stazione metropolitana, invece, una volta entrato, l’utente perde quasi del tutto il contatto con la realtà di superficie . Una cattiva progettazione di una stazione metropolitana è la testimonianza reale più affine al concetto di labirinto. Eccesso-Accesso

141


5.1.3. Dal luogo ‘opponente’ al luogo ‘aiutante’

142

Gli animali, con i loro metodi istintivi di orientamento, sono per noi esseri umani un riferimento inarrivabile, ma è chiaro che hanno evidentemente un elemento a loro favore: la fortuna di trovarsi nello stesso luogo da migliaia di anni. La velocità evolutiva dell’habitat naturale di un animale è tale da permettere alla specie di evolversi lentamente ed efficacemente. Probabilmente anche un essere umano, se costretto da generazioni a vivere in una stazione della metropolitana riuscirebbe a codificare il suo intorno alla perfezione. Ma fortunatamente il nostro destino è un altro: gli animali sono costretti ad adeguarsi al luogo nel quale nascono, crescono e muoiono. L’essere umano, per mezzo della sua logica, ha il potenziale per modificare e progettare i luoghi a seconda delle proprie esigenze, trasformandoli. A differenza dei luoghi di vita di un’ape, il nostro environment muta più volte in un solo giorno e, in quasi tutti i casi, si tratta di environment artificiali, frutto di progettazione umana: un essere umano deve essere in grado di adattarsi repentinamente a un luogo, cambiando di volta in volta il codice di lettura degli spazi. È anche vero, però, che non si è persa completamente l’attitudine a ricavare dall’ambiente degli stimoli primari in grado di orientarci e che probabilmente la tensione naturale è quella di emanciparci istintivamente dal bisogno della segnaletica. Se le strutture fossero progettate in maniera logicamente diagrammatica, probabilmente si potrebbe davvero fare a meno della segnaletica, o per lo meno, si potrebbero ridurre al minimo necessario tutte le informazioni testuali, pittogrammatiche e direzionali per evitare l’overload comunicativo tipico degli spazi pubblici privi di criterio strutturale. Un uomo si orienterà nella maniera più veloce in un luogo se, e solo se, sarà la struttura del luogo il primo attante aiutante nel processo di orientamento e se la segnaletica invece risulterà si semplice supporto/conferma ai dati percepiti dallo spazio. La progettazione del wayfinding non può prescindere da questo. Gli elementi segnaletici sono attanti di mediazione tra il luogo e la nostra percezione. Stazioni come Loreto ci invitano a pensare che gli unici potenziali attanti di mediazione positivi (aiutanti) possano essere le informazioni segnaletiche e che invece il luogo sia solo un attante di mediazione negativo (opponente). Probabilmente in molti punti specifici della stazione di Loreto, sia il luogo che la segnaletica non fanno che opporsi all’utente. Il wayfinding ridotto alla mera segnaletica è come una cura di blandi antidolorifici. Sfruttando la metafora della medicina, la “guarigione” in un sistema di luogo tramite il wayfinding consiste nella somma tra una cura farmacologica, una terapia riabilitativa e un giusto periodo di convalescenza, fino alla sparizione di ogni sintomo di disorientamento. La segnaletica non può fare da semplice antidolorifico ad una progettazione irresponsabile sul piano architettonico.

Di là o di qua?


5.2. Una rete di trasporti diagrammatica

5.2.1. Un diagramma è un luogo che parla Harry Beck, disegnando nel 1933 la celeberrima mappa dei trasporti metropolitani londinesi, ha impartito una meravigliosa lezione ai designer della comunicazione di tutto il mondo, valida ancora oggi. Come a volte succede nei casi più rivoluzionari riportati nella storia del design, la soluzione non proviene da un grafico.2 Beck infatti era un ingegnere addetto al disegno di circuiti elettrici. Le sue capacità di astrazione gli hanno permesso di disegnare questa mappa non in virtù della rappresentazione cartografico-realistica ma in virtù della costruzione di una rete mentale dei luoghi raggiunti dalla tube londinese, offrendo al fruitore un artefatto di mediazione assolutamente comprensibile rispetto alla medesima versione affine alla realtà satellitare. A prescindere dall’uso del colore e delle linee esclusivamente ortogonali o a 45 gradi (soluzioni di grande pregio) il suo principale merito è quello di aver ridotto la città a un diagramma: quei percorsi non sono altro che le linee di un grafo e le stazioni sono i suoi nodi. Soltanto qualche decennio prima, nel 1895, Henri Poincaré con il suo Analysis Situs introduceva i concetti base della topologia, una nuova branca della matematica. Se idealmente stampassimo la mappa di Beck su un foglio di gomma estremamente elastico potremmo deformarlo a nostro piacimento ma non inficeremmo la lettura della mappa: le stazioni a nord del Tamigi resterebbero lì, esattamente come quelle a sud. Cambierebbero le distanze, la scala di rappresentazione sarebbe inadeguata secondo i criteri geografici, ma continuerebbe a funzionare. Ciò che Beck ha disegnato, e ciò che Poincaré ha teorizzato non è altro che una rete: un insieme di punti connessi da linee. Non a caso, la topologia è definita ironicamente la “geometria del foglio di gomma”. Le reti sono oggetti topologici in quanto solo il taglio di una connessione la altererebbe. Le geometrie non euclidee, introdotte a partire dal XIX secolo danno il primo input per il la nascita, un secolo più tardi, della topologia. Il primo modello di geometria non euclidea fu elaborato dal matematico russo Nicolaj Lobačevskij3 e successivamente ‘ritoccato’ dal matematico tedesco Bernhard Riemann. A differenza dei matematici che, fino ad allora, avevano invano tentato di dedurre il quinto postulato di Euclide dagli altri

2. Si vuole ricordare il caso di Londra in cui un medico, John Snow, nel 1858 riuscì a scoprire il luogo di origine di una grave epidemia di colera semplicemente geolocalizzando i punti in cui si erano verificati i decessi, deducendo la collocazione di una fontana infetta. 3. A proposito della nascita delle geometrie non euclidee, in occasione della pubblicazione delle traduzioni in russo delle opere di Riemann nel 1893, a cento anni dalla nascita di Lobačevski, l’idea di uno spazio curvo che esulasse dalla logica euclidea toccò la sensibilità artistica di molti esponenti delle avanguardie russe degli anni Venti. Tra questi, cui il progettista grafico El Lissitzky: citerà lo “spazio curvo” nei suoi scritti.

Eccesso-Accesso

143


144

Figura 5.2. Herry Beck, schema della rete metropolitana di Londra, 1933.

Una rete di trasporti diagrammatica


quattro assiomi, Lobačevskij, nel 1826, fu il primo a concepire una geometria che ignorasse l’esistenza del quinto postulato. A Lobačevskij si deve la nascita della prima geometria non euclidea formalmente dimostrata: la geometria iperbolica. Nel 1828 Riemann introdusse la seconda geometria non euclidea: la geometria ellittica. Entrambi sostenevano che fosse possibile ipotizzare l’esistenza di uno spazio curvo. A partire da questo momento storico, come dimostra anche l’interesse di Einstein per queste nuove geometrie, la matematica e la fisica hanno subito una svolta epocale. Un secolo più tardi, il contributo di Poincaré, padre della topologia, ha ulteriormente arricchito il panorama della matematica moderna, infatti, la dimostrazione delle ‘congetture di Poincaré’ sono state oggetto di studio fino agli anni in cui viviamo. Come detto, prima di Poincaré e di Beck, Eulero aveva già avuto modo di teorizzare due tra le teorie matematiche più rivoluzionarie: la Teoria degli Insiemi e la Teoria dei grafi. Probabilmente, senza il contributo di Eulero, né Lobačevskij, né Riemann, né Poincaré avrebbero raggiunto i loro risultati. In questa tesi, la visualizzazione diagrammatica, il grafo euleriano, mi permetterà di astrarre dai reali vincoli geografici e, quindi, di capire a priori quali percorsi definire ‘preferenziali’. Gerarchizzando l’importanza dei vari flussi e controllando la loro coesistenza all’interno delle singole stazioni, il trasporto urbano potrebbe diventare sistemico ed assumere un aspetto diagrammatico. Il concetto di grafo che Beck utilizza per una maggiore comprensione del territorio da parte dell’utenza, in questa tesi vorrà essere lo strumento di una migliore progettazione dei trasporti inter-stazioni e dei percorsi intra-stazione. 145

5.2.2. Astrarre per progettare Non è un caso se la la teoria dei grafi è una branca della matematica molto sfruttata nella stesura dei percorsi infrastrutturali di una nazione intera. «La ricerca operativa, intesa come applicazione del metodo scientifico allo studio dei problemi e delle organizzazioni cerca di dare a coloro che devono prendere importanti decisioni una base quantitativa su cui fondare i criteri di scelta per raggiungere determinati obiettivi».4 La figura dell’urbanista è determinante nello sviluppo evolutivo di una città. La sua funzione è quella di conservare la preesistenza urbana e di integrarla con interventi mirati al miglioramento sociale, garantendo la capacità di gestire tali miglioramenti nel corso del tempo, interpretando di volta in volta le trasformazioni urbane non pianificate e non pianificabili. Nell’Encyclopedia of Social Science, Thomas Adams definisce così la disciplina: «L’urbanistica può essere definita come l’arte di pianificare lo sviluppo fisico delle comunità urbane, con l’obiettivo generale di assicurare condizioni di vita e di lavoro salubri e sicure, fornendo adeguate ed efficienti forme di trasporto e promuovendo il benessere pubblico». È evidente che una corretta pianificazione dei trasporti sia nel dominio dell’urbanistica. Tuttavia, in Italia, il ruolo dell’urbanista è stato formalizzato soltanto

4. B. Cianchetta, Modelli di traffico, Bulzoni Editore, 1978.

Eccesso-Accesso


tramite il DPR 328 del 2001 che estende l’Ordine degli Architetti e lo rinomina in ‘Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori’. Spesso, le questioni riguardanti il trasporto pubblico vengono affidate esclusivamente alla progettazione ingegneristica che tende, per sua natura, a concepire l’accesso e il non accesso ad un luogo come una variabile che può assumere esclusivamente due valori: lo 0 e l’1. Gli studi in wayfinding dimostrano che il concetto di ‘accesso’ assume infiniti volti che riguardano ulteriori variabili che, a loro volta, non riducono tutto alla sola ‘possibilità di accesso’. Il Design dell’accesso considera equamente altre caratteristiche dell’accesso: la velocità di accesso, la facilità di accesso, il grado di affordance di un luogo rispetto al suo fruitore. A questo proposito, la definizione del termine ‘urbanistica’ di Bernardo Secchi (2007) si rivela ben più prossima alla realtà: «Rappresentata come ciò che pone fine a un inesorabile processo di peggioramento delle condizioni della città e del territorio presi in esame e come inizio di un virtuoso processo del loro miglioramento». Il designer della comunicazione in un progetto di wayfinding riveste esattamente il ruolo dell’urbanista in una scala sensibilmente più piccola ma non per questo svolgendo un’attività meno importante. Ogni designer deve innanzitutto formulare le sue azioni progettuali valutando le condizioni di progetto in maniera astratta rispetto alle specificità per non scegliere necessariamente la soluzione più veloce ché spesso non coincide affatto con quella migliore.

5.2.3. L’importanza dei dati qualitativi 146

Fondamentale è la consapevolezza che determinate scelte prese – rispondendo a situazioni fisiche, ambientali, sociali, economiche – implicheranno determinati effetti. La scienza è alleata della progettazione: la fase pre-progettuale prevede due momenti ben distinti: la raccolta di dati quantitativi; la raccolta di dati qualitativi. Nel primo caso, ad esempio, un rilievo accurato permette di accedere alla conoscenza fisica del luogo su cui edificare una stazione ferroviaria, mentre una ricognizione sulle norme vigenti, permette di prevedere cosa sarà effettivamente possibile costruire, rispettando i vincoli legislativi. Nel secondo caso, il ruolo del designer trova maggiore autonomia: egli deve operare e descrivere situazioni, prevedere gli atteggiamenti umani e il ruolo, l’ubicazione e i contenuti dei singoli interventi progettuali. Secondo Bruno Cianchetta nel suo volume Modelli di traffico5 (1978) le difficoltà maggiori si annidano nel momento di raccolta dei dati numerici, mentre, a suo parere, la fase di valutazione delle osservazioni di carattere qualitativo non richiedono di un metodo ben definito. Essendo quello di Cianchetta un testo dedicato all’urbanistica – e quindi alla gestione di porzioni di territorio molto ampie – la tendenza a dare la precedenza al dato quantitativo è dettata dalla volontà

5. Volume n. 7 della collana “Atlante di Urbanistica, ricerca operativa”, Bulzoni Editore, 1978.

Una rete di trasporti diagrammatica


– condivisibile – di evitare errori di calcolo che possano causare eventi disastrosi su vasta scala. Per questo l’autore dichiara l’importanza della matematica nei suoi procedimenti classici: «algebra, calcolo, equazioni differenziali, geometria, statistica, teoria delle probabilità» uniti a procedimenti mirati alla visualizzazione di modelli, alla simulazione. Negli anni di questo libro – scritto nel 1978 – di sicuro le potenzialità del computer non erano neanche lontanamente paragonabili a quelle attuali, per cui il calcolo era uno strumento fondamentale nella «soluzione di problemi di scelta». Questo è vero ancora oggi, ma è altrettanto vero che, grazie alla tecnologia, l’approssimazione dell’errore in fase di calcolo ingegneristico è quasi prossima allo zero e che le capacità progettuali hanno il dovere di concentrarsi maggiormente su quello che un computer può assistere ma non potrà mai fare autonomamente: ragionare. A tal proposito, l’uso di taluni strumenti matematici per visualizzare situazioni critiche di wayfinding può rivelarsi molto utile per ottenere una progettazione qualitativamente migliore. Cianchetta stesso, alla fine degli anni Settanta promuove l’utilizzo degli strumenti matematici con approccio interdisciplinare: «Inoltre l’impiego di tali strumenti è possibile e conveniente anche nelle piccole e medie unità locali e la loro conoscenza è indispensabile a qualsiasi persona che abbia posti di responsabilità nella gestione del territorio».

5.2.4. Milano: la uno, la due o la tre? Una concezione diagrammatica del sistema dei trasporti pubblici in una metropoli moderna è assolutamente imprescindibile. Cosa si intende per concezione diagrammatica? Molto spesso, gli interventi di natura gestionale delle infrastrutture urbane è vittima di un atteggiamento che tende ad evitare una visione d’insieme delle esigenze di comunicazione tra i quartieri di una città per dare la precedenza agli interventi più frettolosi, urgenti e contingenti. La sovrapposizione illogica delle linee metropolitane costruite in maniera non modulare e le stazioni di snodo difficili da navigare sono esempi del risultato di un’approccio a-progettuale (nei casi meno limite, potrei definirlo ‘parzialmente progettuale’) in cui si cerca di fornire micro soluzioni a macro problemi. Sarebbe auspicabile una visione più sinergica e una pianificazione progettuale più efficace e di ampie previsioni. La città di Milano dispone di un servizio di ferrovia metropolitana sotterranea di 83,5 km6 di cui 58 sul suolo cittadino, i restanti di connessione con i comuni limitrofi per un totale di 73 stazioni urbane e 21 extraurbane7 (per avere un'idea della rete milanese attuale e delle linee in costruzione entro il 2020, si consiglia di consultare la Tavola n. 21 di questa tesi). 60 km percorrono la città sottoterra, i restanti chilometri sono sopraelevati, a raso o in trincea. Il primo tratto della Linea 1, caratterizzata dal colore rosso, congiungeva Lotto e Sesto Marelli e fu inaugurata il 1° novembre del 1964. Il primo tratto fu costruito con una tecnica molto innovativa in quegli anni che consisteva in un primo scavo ‘a trincea’ – 6. Dato estratto dal Company profile dicembre 2011 di ATM, Azienda Trasporti Milanesi. 7. Dati estratti da Wikipedia Italia.

Eccesso-Accesso

147


148

quindi con totale esposizione dello scavo verso l’esterno – in seguito colmato e coperto da cemento armato. Benché molto utilizzato anche in altre città del mondo, questo metodo presentava evidenti svantaggi: costringeva per l’intera durata dei lavori alla totale inutilizzazione dei viali sotto i quali si prevedeva il tracciato sotterraneo e, soprattutto, vincolava il disegno del percorso alle effettive strade principali con conseguenti svantaggi nei punti di connessione, non sempre idonei ad esserlo. Infatti, il “metodo Milano” – così definito durante la sua esportazione all’estero – fu sostituito dal “metodo talpa” che permetteva di scavare senza inficiare completamente le attività di superficie e senza dover, appunto essere vincolato alle arterie principali della città. Infatti, proprio nel primo tratto della Linea 1 è possibile notare che la maggior parte delle stazioni segue esattamente l’andamento di Corso Venezia, di Viale Monza e così via. Attualmente la Linea 1 si estende dai capolinea ovest di Rho Fieramilano e Bisceglie fino al capolinea est di Sesto 1° Maggio FS. La Linea 2 viene inaugurata il 27 settembre 1969 nel primo tratto da Caiazzo a Cascina Gobba. Oggi si estende da sud-ovest con i capolinea rispettivamente di Assago Milanofiori Forum ed Abbiategrasso a nord-est con i capolinea di Cologno Nord e Gessate. A differenza della Linea 1, in cui la linea è elettrificata mediante una terza rotaia centrale con tensione a 750 volt, la Linea 2 è elettrificata tramite linea aerea con tensione a 1.500 volt. Nonostante le due linee siano state inaugurate a soli cinque anni di distanza l’una dall’altra, è evidente che la tecnologia prevista per ciascuna delle due linee, ha reso impossibile la condivisione del percorso in nessun punto. I percorsi ferrati metropolitani della città di Milano non prevedono assolutamente l’utilizzo condiviso dello stesso binario per più linee attraversanti la città. Ad ogni linea corrisponde l’attraversamento di una sola tipologia di treno e ad una sola linea. La rete regionale, invece, che in prossimità di Milano diventa sotterranea, (il cosiddetto “passante ferroviario”) consente, in alcuni casi, l’uso congiunto dei binari nei percorsi di Trenitalia e di quelli di Trenord8. Terza ed ultima linea della metropolitana milanese, la Linea 3 viene inaugurata il 3 maggio del 1990 nella tratta Duomo-Centrale, attualmente collega la città da nord a sudovest, rispettivamente da Comasina a San Donato. Il percorso è elettrificato tramite linea aerea, come nella Linea 2 con tensione a 1.500 volt ma si distingue dalle due più datate perché è una linea semiautomatica, nella quale il conducente si limita a dare il comando di ripartenza dopo la frenata e di apertura porte. Nonostante gli interventi di revamping9 le vecchie vetture sono destinate ad essere sostituite dai treni di nuova generazione MNG10 gli unici in grado di attraversare tutte le tre linee nonostante i gap tecnologici presenti nelle tre infrastrutture. Questi treni sono mo-

8. Ad avvalorare questa condivisione di infrastrutture, nel 2009 nasce l’azienda Trenord, un’iniziativa di Trenitalia in società con Le Nord (rete regionale lombarda gestita a sua volta da FNM SpA, Ferrovie Nord Milano SpA). 9. Termine inglese utilizzato nella terminologia ferroviaria che equivale ad una serie di interventi mirati all’ammodernamento di una vettura su rotaia sul piano estetico, su quello funzionale e su quello elettrico-meccanico. 10. Acronimo di Metropolitana di Nuova Generazione ma anche consonanti nel termine Meneghino, dato che questo genere di treni è stato esplicitamente commissionato congiuntamente dall’ATM all’Ansaldobreda e alla Firema.

Una rete di trasporti diagrammatica


149

Figura 5.3. Scatto fotografico che immortala uno degli ingressi della stazione di San Babila nel 1964, anno di inaugurazione della linea 1 della metropolitana milanese. Immagine estratta dall'articolo "Remembering Bob Noorda" (Domus, 2010).

Eccesso-Accesso


150

Figura 5.4.

Figura 5.5.

Treno interoperabile di ultima generazione

Durante una fase di costruzione della nuova

della metropolitana milanese "Meneghino",

linea metropolitana milanese 5 nel tratto

entra in servizio a partire dal 2009.

Bignami - Zara, 2011.

Una rete di trasporti diagrammatica


dulari, la loro lunghezza equivale esattamente alla lunghezza della banchina (105m) e si compone di sei vagoni comunicanti tra loro. Il controllo di potenza è affidato ad un inverter a IGBT11 progettato appositamente per la interoperabilità: percorre sia le linee elettrificate a 750 volt che a 1.500 volt, sia a trasmissione aerea che a trasmissione su rotaia (con differente sistema di capostazione). Questo è sicuramente un passo verso una maggiore sistemicità della rete milanese, una soluzione efficace ad un problema sorto, però, a causa di una progettazione con scarsissima visione di insieme.

5.2.5. Prossimi incroci o prossime croci? La progettazione delle nuove linee di metropolitana a Milano è un tema attuale, in vista dell’Expo 2015 e molti nuovi percorsi sono in fase di approvazione e di costruzione. La prossima ad entrare in funzione sarà la Linea 512, con un percorso da ovest con capolinea a San Siro Stadio a nord-nord-est con capolinea a Bignami. La Linea 5 sarà caratterizzata da treni completamente automatici, già presenti a Copenhagen13. Sulla Linea 5 sono previsti interscambi con la Linea 1 con Lotto, con la Linea 2 nella stazione di Garibaldi FS e con la Linea 3 presso la stazione di Zara. I tempi di consegna sono soggetti a variazioni dettate da problemi contingenti ma in linea di massima, la consegna dovrebbe avvenire entro il 2015. La Linea 414 risponde invece all’esigenza di collegare il sud-ovest alla zona est ma fondamentalmente la tratta più importante e necessaria è quella che congiungerà il centro di Milano all’aeroporto di Linate. Tuttavia, per motivi che esulano da questa tesi, è prevista l’apertura della piccola tratta Forlanini FS-Aeroporto di Linate entro il 2015. Per il resto si dovrà aspettare ancora qualche anno oltre. A partire dalla stazione di San Cristoforo FS, a Linea 4 percorrerà l’asse di Via Lorenteggio fino alla stazione di Sant’Ambrogio, con relativo snodo con la Linea 2 per poi perimetrare la cerchia dei navigli (la cosiddetta circolare interna) fino alla fermata di snodo con la Linea 3 di Crocetta, poi con la Linea 1 a San Babila, fino ad intraprendere il percorso verso Piazzale Dateo, Piazzale Susa, Viale Argonne fino all’aerostazione. Le stazioni di Crocetta e di San Babila non saranno però delle vere stazioni di interscambio in quanto collegate alla Linea 4 tramite dei tunnel sotterranei piuttosto lunghi. La stazione corrispondente a Crocetta avrà anche un ‘naming’ differente, ossia Sforza Policlinico. Un percorso fondamentale sarà sicuramente quello compreso tra la Stazione Centrale di Milano e l’aeroporto di Linate. Sicuramente un link diretto sarebbe

11. Insulated Gate Bipolar Transistor, un dispositivo usato per commutare alte tensioni e alte correnti. 12. Che si distinguerà sulle mappe e sulla livrea dei treni con il colore lilla. 13. La gestione della metropolitana di Copenhagen è affidata a Metro Service A/S, controllata al 100% da Inmetro S.r.l. Inmetro è una società italiana composta al 51% da ATM S.p.A. e al 49% da Ansaldo STS. (Dati da Wikipedia Italia). 14. Che si distinguerà sulle mappe e sulla livrea dei treni con il colore azzurro.

Eccesso-Accesso

151


stato più auspicabile ma per motivi che probabilmente esulano dalla competenza di un designer della comunicazione, questo non è stato evidentemente possibile. Centrale FS è raggiunta dalle linee 2 e 3. La vera stazione di interscambio della Linea 4 sarà quella di Sant’Ambrogio che, con tutta probabilità, verrà preferita dall’utenza dispetto alla stazione si Sforza Policlinico come stazione di trasbordo per la Stazione Centrale, dato che la prima avrà gli accessi diretti alle banchine M2, mentre la seconda prevede l’accesso lineare sotterraneo tra due stazioni distinte. Purtroppo è ovvio che in questo modo, però, per percorrere meno tratti a piedi – considerando la presenza eventuale di bagagli, oppure la strada lunga, non agevole per un disabile – il passeggero preferirà percorrere un tragitto più lungo sulla metro: M4+M3 ossia 8+6 fermate mentre M4+M2 corrisponderebbero a 12+6 fermate. Il progettista di infrastrutture è obbligato a pensare a queste problematiche. I flussi prioritari – come appunto il raggiungimento dell’aeroporto dal centro città e viceversa, oppure il raggiungimento di luoghi di interesse dalla periferia e viceversa, oppure ancora il raggiungimento di un ospedale o delle altre principali arterie del trasporto pubblico – dovrebbero muovere ogni azione progettuale.

152

Una rete di trasporti diagrammatica


Capitolo 6

Due metodi

Si introducono due metodi di analisi e di progetto per l’orientamento. Il primo metodo è uno strumento di analisi induttivo-deduttivo e mira a evidenziare le criticità di uno spazio esistente ai fini di una progettazione più accurata degli artefatti segnaletici ad esso relativi. Il secondo metodo è uno strumento progettuale abduttivo, in grado di affiancare il progettista che si appresta a organizzare uno spazio non ancora esistente in base ai flussi principali di utenza previsti. Le azioni necessarie per applicare il primo metodo riguardano un’attenta suddivisione in aree funzionali, una ricostruzione tridimensionale, l’individuazione dei flussi, la rappresentazione dello spazio in diagrammi di Eulero-Venn; le azioni principali nell’applicazione del secondo metodo riguardano invece l’individuazione delle criticità di uno spazio futuro, la costruzione di un grafo come diagramma potenziale dello spazio e della sua rispondenza alla definizione di grafo percorribile, compresa la verifica della sua complessità e della sua fattibilità.

Due metodi


6.

Non così a Zoe. In ogni luogo di questa città si potrebbe volta a volta dormire, fabbricare arnesi, vendere, interrogare oracoli. Qualsiasi tetto a piramide potrebbe coprire tanto il lazzaretto dei lebbrosi quanto le terme delle odalische. Il viaggiatore gira gira e non ha che dubbi: non riuscendo a distinguere i punti della città, anche i punti che egli tiene distinti nella mente gli si mescolano. Ne inferisce questo: se l'esistenza in tutti i suoi momenti è tutta se stessa, la città di Zoe è il luogo dell'esistenza indivisibile. Ma perché allora la città? Quale linea separa il dentro dal fuori, il rombo delle ruote dall'ululo dei lupi?

154

Due metodi


Italo Calvino, Le cittĂ invisibili

155

Due metodi


156

Figura 6.1. Stazione di Porta Garibaldi FS, Milano. Fotografia di Massimo Prizzon.


6.1. Analizzare e progettare

6.1.1. Un metodo induttivo-deduttivo e un metodo abduttivo In questa tesi, presento due metodi: il primo metodo è uno strumento di analisi progettuale dell’esistente, in funzione della nascita di un sistema di comunicazione in situ capace di rispondere efficacemente agli aspetti più critici di un luogo; il secondo metodo utilizza la teoria dei grafi per individuare la via migliore per progettare un luogo che ancora non esiste ma di cui si prevede la costruzione. In termini logico-semiotici, si può affermare che: I. Il primo è un metodo di natura induttiva 1e deduttiva2, in quanto il processo inferenziale è incentrato sulla raccolta di dati reali propedeutici alla formulazione di una soluzione certa: se le premesse sono vere si giunge alla soluzione certa attraverso un ragionamento logico (quello fornito dalla rappresentazione in insiemi e in grafi). In questo schema: l’inferenza induttiva permette al progettista di ottenere le premesse (i). Nel caso specifico, le premesse equivalgono alla fedele ricostruzione bidimensionale e tridimensionale del luogo (fenomeno reale) e alla rappresentazione dei relativi flussi di utenza; il ragionamento (ii) equivale all’applicazione della rappresentazione i diagrammi di Eulero-Venn e in grafi; la tesi (iii) equivale alla conclusione certa deducibile dalle premesse (natura induttiva) e dal ragionamento (natura deduttiva). Nel caso specifico, una serie di dati oggettivi mostreranno al progettista quali sono le aree più critiche (i nodi più critici) e quelle contenenti più elementi di connessione (gli insiemi contenenti un numero maggiore di elementi al loro interno). II. Il secondo è un metodo di natura abduttiva, in quanto si basa su ipotesi progettuali, non sempre oggettivamente verificabili, ma che permettono al progettista di scegliere e di prevedere la “via” progettuale percorribile. Le ipotesi vengono elaborate mettendo a sistema i dati reali di cui si dispone. In questo metodo, lo strumento per la formulazione delle ipotesi è la teoria dei grafi, più specificatamente, è l’invenzione, la costruzione e la verifica di grafi percorribili, secondo la definizione fornitaci da Eulero nel 1736.

1. L’induzione equivale all’osservazione di eventi legati alla realtà fenomenica, siano essi sociali, naturali, comportamentali. Attraverso l’inferenza induttiva, è possibile associare ad un ‘effetto’ la sua ‘causa’ trovando relazioni dirette. 2. La deduzione equivale alla formulazione di una tesi certa a partire da premesse vere, mediante un ragionamento corretto.

Due metodi

157


158

Figura 6.2. Esempio di artefatto di segnalazione pittogrammatico e testuale puntuale di una scala presso il Calgary Board of Education, Canada. Figura 6.3. Esempio di artefatto di segnalazione testuale direzionale di un ascensore presso il Calgary Board of Education, Canada. Figura 6.4. Esempio di artefatto di segnalazione sinottico dei servizi disponibili sul quarto piano di un edificio presso la University of Alberta, Canada.

Analizzare e progettare


6.1.2. Il ‘come’ e il ‘perché’ In questa tesi, utilizzerò gli insiemi di Eulero-Venn e fondamenti della teoria dei grafi di Eulero per descrivere due metodi di progettazione distinti. Come già specificato, applicherò entrambi i metodi su stazioni della metropolitana. È ovvio che, però, sarà possibile esportarli in situazioni affini3. Entrambi i metodi sono strutturati per visualizzare il luogo in maniera sintetica e sinottica, su un piano che non è né prettamente architettonico, né specificatamente urbanistico, bensì mediato dal design della comunicazione “in” e “per” il luogo. Infatti, i due metodi prevedono una visualizzazione diagrammatica degli spazi in funzione: – dei flussi dell’utenza; – delle interconnessioni tra le diverse aree; – della configurazione dell’interfaccia del luogo (in termini di usabilità); – degli interventi di information design necessari. In generale, verranno individuate diverse aree funzionali all’interno del luogo, suddividendo l’area totale in aree convesse più piccole aventi diverse funzioni (ad esempio: area ingressi, area smistamento flussi, area banchina). Ad ognuna di queste aree funzionali differenti verrà attribuito un nome in lettera maiuscola dell’alfabeto. A questo, verrà abbinato un insieme o un nodo. Le relazioni tra le diverse aree funzionali saranno messe in evidenza dalle intersezioni, nel primo caso (in cui le aree sono rappresentate come insiemi), e da archi di connessione, nel secondo caso (in cui le aree sono rappresentate come nodi). Ne conseguiranno: – visualizzazione del luogo come un diagramma di Eulero-Venn; – visualizzazione del luogo come un grafo di Eulero. I dati rilevanti nelle due visualizzazioni sono, rispettivamente: – gli elementi (negli insiemi e condivisi tra gli insiemi tramite le intersezioni); – gli archi (di collegamento tra i nodi e il grado di quel nodo). Ad ogni elemento contenuto negli insiemi corrisponderà un elemento fisicamente presente in quell’area. Nelle stazioni metropolitane, scelte come casi studio in questa tesi, gli elementi di cui sopra saranno suddivisi nelle seguenti categorie: le rampe di scale; le pedane monta-scale per disabili; le linee tornelli;

le scale mobili; gli ascensori; varchi a raso.

3. Situazioni in cui un luogo ad ampia affluenza prevede delle aree adibite a diverse funzioni (ingressi, biglietterie, punti informazioni, settori diversi, reparti e così via). Solo per citare alcuni luoghi di possibile applicazione dei metodi presentati: aeroporti, ospedali, complessi fieristici, edifici complessi, stadi, teatri, scuole, università, alberghi.

Due metodi

159


Sono stati selezionati questi oggetti in quanto la loro caratteristica principale è “essere funzionali a consentire l’accesso da una situazione di partenza ad una di arrivo”: ad esempio, le scale (mobili o standard) consentono all’utenza l’accesso da un piano all’altro; gli ascensori e le pedane monta-scale consentono alle utenze speciali (utenti con disabilità motorie, utenti in possesso di passeggini valigie o carichi pesanti) l’accesso da un piano all’altro; i tornelli, nel piano mezzanino, consentono di passare da un’area di libero accesso a un’area sottoposta a una specifica tariffa di viaggio, nonché all’area di accesso diretto ai treni e viceversa.

160

Analizzare e progettare


6.2. Il metodo per analizzare

6.2.1. Un metodo induttivo-deduttivo Il primo metodo mira all’analisi di una situazione già esistente, al fine di indagare e conoscere gli aspetti più critici e calibrare in base ai dati emersi dall’analisi il peso degli interventi di wayshowing necessari rispetto ai nodi più collegati e agli insiemi contenenti più elementi. 6.2.1.1. Ricostruzione tridimensionale La prima operazione prevista è acquisire dati bidimensionali per riportare poi in tre dimensioni l’area di stazione, a partire dal piano urbano fino al piano banchina, passando per i piani intermedi, i mezzanini. Una ricostruzione in 3D della stazione (tramite la quale far emergere esclusivamente “i pieni” e “i vuoti” e, in maniera approssimativa, solo gli elementi funzionali alla connessione tra le diverse aree) può rivelarsi un valido strumento per collocare fisicamente e organicamente tra loro le diverse aree. Esplodendo il totale della stazione nei piani di cui è composta e posizionando su ogni piano le aree che la compongono, davanti agli occhi del progettista si presenterà la configurazione reale della stazione. Proseguendo nella progettazione degli apparati informativi e della loro collocazione spaziale, avere sottomano la visualizzazione esplosa del totale potrà sicuramente semplificare e velocizzare l’attività di comprensione degli spazi. Inoltre, impostando una visualizzazione in assonometria isometrica alla ricostruzione 3D della stazione, sarà più facile collocare gli elementi come se fossero in un sistema assoluto, la cui visibilità non è sancita da regole prospettiche ma da una maggiore semplicità di lettura sinottica del tutto. Il 3D della stazione è utile anche per un ulteriore motivo: collocare nello spazio le linee dei flussi principali, suddividendoli mediante colori differenti a seconda delle destinazioni. 6.2.1.2. Relazione tra spazio urbano e luogo di analisi In una seconda fase, sarà necessario localizzare l’area della stazione sotterranea in relazione all’area urbana di superficie. Per farlo, è necessario visualizzare l’intera pianta della stazione in un unico grande perimetro totale (a prescindere, cioè, dalla sovrapposizione sull’asse z dei piani interni della stazione) e sovrapporla con precisione alla vista satellitare della zona (fornita da servizi come Google Maps, Google Earth, Bing Map): sarà necessario sovrapporre gli accessi alla stazione – visibili “ad occhio” nella vista satellitare – alle scale di accesso rappresentate in pianta. Una volta conclusa questa operazione, si

Due metodi

161


procederà tracciando il percorso reale della o delle linee metropolitane passanti in quella porzione di territorio. In questo modo, il progettista sarà il primo a visualizzare direttamente lo spazio di interesse, potendo empiricamente calcolare le distanze “a linea d’aria” e le distanze effettive tra gli accessi e le aree di interesse principali: le banchine di arrivo e partenza dei treni. Stratificando su diversi layer il piano urbano, quello della stazione e quello delle linee, il progettista potrà acquisire maggiore consapevolezza dello spazio rispetto alla vista dall’alto. 6.2.1.3. Traduzione in insiemi e grafi

162

Una volta acquisiti i dati spaziali della stazione e definiti i flussi che portano dagli ingressi ai luoghi interni di interesse (e viceversa), sarà possibile operare su di essa tramite gli insiemi e i grafi. In questa terza fase, la tridimensionalità cede il passo all’astrazione: infatti, le aree individuate inizialmente (A, B, C ecc.) diventeranno degli insiemi. Ogni insieme conterrà degli elementi, pertanto sarà possibile elencare in maniera visiva tali “presenze” all’interno di ciascun confine. In questo modo, potremo visualizzare in un “colpo d’occhio” la quantità di interconnessioni di ogni insieme (ad esempio, dieci elementi) e la tipologia di queste interconnessioni (ad esempio, di questi dieci elementi, due sono ascensori, cinque sono rampe di scale, due sono scale mobili e uno è la linea dei tornelli). Per comprendere questi dati con maggiore attinenza con la conformazione fisica del luogo, sarebbe preferibile far sì che gli insiemi (benché entità astratte) assumano un’area variabile in proporzione a quella effettiva. Ad esempio, qualora l’area di A fosse grande 300 m2 e l’area di B fosse invece di 100 m2, l’area di A, entro cui riportare gli elementi, sarà tre volte maggiore dell’area di B. In questo modo, il progettista potrà valutare con ulteriore precisione il grado di congestione di una determinata zona in base al rapporto ‘elementi contenuti/grandezza dell’insieme’. Oltre al contenuto degli insiemi rispetto alla loro dimensione, saranno fondamentali le loro intersezioni. Due insiemi saranno intersecati nel momento in cui condivideranno alcuni degli elementi in grado di metterli in comunicazione tra loro. Ad esempio, si considerino tre aree: A, B e C. Si ipotizzi che l’area A sia sul piano 1, l’area B sul piano 0 e l’area C sul piano -1, potremo affermare che le aree si intersecano tra loro solo se gli insiemi contengono reciproci elementi di connessione in comune. Dopo un’analisi qualitativa e quantitativa degli elementi contenuti da ciascuna area e dopo aver

Potremo visualizzare in un “colpo d’occhio” la quantità di interconnessioni di ogni insieme e la tipologia di queste interconnessioni.

Il metodo per analizzare


evidenziato le intersezioni tra le aree, si potrà introdurre il concetto di ‘grafo’ trasformando ogni insieme in un punto e attribuendogli la stessa lettera identificativa dell’insieme relativo. Come è stato fatto per le intersezioni degli insiemi, verranno individuati dei collegamenti tra i punti per esplicitare da quali punti a quali punti è consentito il passaggio e tra quali punti, al contrario, non vi è alcuna connessione. In questo modo, si costruirà un grafo, avente come nodi le aree (precedentemente considerate come insiemi) e avente come collegamenti gli archi (precedentemente considerati come intersezioni). In questo modo, il progettista potrà valutare in maniera efficace il numero di connessioni uscenti ed entranti di un nodo4 e potrà effettuare una trasposizione schematica dei flussi analizzati in precedenza sulla pianta per venire a conoscenza del numero di nodi che l’utente dovrà attraversare per arrivare, ad esempio, dal nodo A al nodo G. Saranno evidenti tre tipologie di percorso: un percorso diretto (i) qualora il punto di arrivo sia il nodo successivo a quello di partenza; un percorso unitario (ii) quando il percorso è sequenziale e non prevede alcun bivio; un percorso plurimo (iii) quando la sequenza prevede che, a partire da uno dei nodi ci siano più percorsi di cui solo uno idoneo ad raggiungimento del ‘nodo-meta’. Questi tre tipi di percorso possono prevedere due modalità di accesso5: – accesso lineare; – accesso parallelo; – accesso misto. Il primo caso (Graf. 6.1) si ha quando esiste un solo percorso per raggiungere un nodo dal nodo di partenza, senza alcun bivio. Il secondo caso, invece (Graf. 6.2), prevede che non esista solo una sequenza per il raggiungimento della meta, bensì due o più percorsi alternativi tra loro, di uguale entità (ossia di uguale lunghezza). Il terzo caso (Graf. 6.3) prevede che il percorso possa dividersi in una parte di tipo lineare ed una parte di tipo parallelo. Analizzare i flussi secondo questo punto di vista è utile per catalogarli e per capire quali saranno le informazioni direzionali contenute in una determinata area, rispetto ai collegamenti che da essa partono verso altri nodi: ad esempio se dal nodo A partono archi diretti ai nodi E, F e H, il progettista può già prevedere che le informazioni direzionali nell’area A, conterranno informazioni dirette ad E, F ed H. Talvolta però, sarà necessario imporre

4. Si definisce così il grado di quel nodo. Ad esempio dal nodo A partono tre collegamenti, si dirà che A è di grado 3. 5.  Nel libro I modelli grafo-matematici e la progettazione di Romano del Nord (cap. 1.3 “La struttura” - par. 1.3.2) è possibile leggere le seguenti definizioni: «Da un punto di vista specificatamente concettuale si può intendere la struttura come ‘modello’ e come ‘dialettica’. Nel primo caso essa risulta completamente staccata dal sistema e sussiste in esso solo potenzialmente. Essa è, in definitiva, il complesso di relazioni che la definiscono come tale e necessita pertanto di un modello per una comprensibile esplicitazione. Tale tipo di struttura ha il vantaggio di poter superare qualsiasi tipo di discriminazione interdisciplinare. Essa non va considerata né come immagine concreta, né come immagine astratta della realtà, ma in un senso strettamente matematico; come insieme, cioè di enti astratti definiti da relazioni, sui quali si possa operare con leggi ben definite. Nel secondo caso, invece, essa è intesa come un complesso di relazioni tra diversi aspetti di una stessa realtà. In entrambi i casi, comunque, l’analisi della struttura permette di conoscere il meccanismo del sistema»

Due metodi

163


Grafico 6.1.

Il grafo rappresentato mostra un esempio di percorso lineare senza alcun bivio.

I grafi rappresentati mostrano esempi di percorsi con bivio al nodo di partenza. Grafico 6.2.

Il primo prevede il raggiungimento di due mete distinte, il secondo di un'unica meta.

164

I grafi rappresentati mostrano esempi di percorsi misti. Grafico 6.3.

Il grafo rappresentato mostra un esempio di percorso con bivio al nodo di partenza.

una gerarchia di importanza alle aree perché alcune potranno essere definibili come mete possibili, altre saranno soltanto aree di passaggio e/o smistamento dei flussi. Ad esempio, in una stazione metropolitana, i nodi-meta saranno esclusivamente le aree relative all’accesso ai treni (per i flussi in entrata), quelle relative alle uscite (per i flussi in uscita) e quelle dirette a servizi speciali (come ad esempio, un ‘Atm Point’). Salvo questi casi, le restanti aree (come ad esempio un qualsiasi piano mezzanino), saranno zone intermedie di passaggio, non definibili, quindi, come nodi-meta. Per questo motivo, un nodo potrebbe avere un grado elevato ma non essere un nodo-meta. Quando sarà così, il progettista analizzando i flussi dovrà riconoscere quali dei flussi riscontrati attraversano quel nodo e dove sono diretti. A questo punto se il nodo A è connesso con E, F e H ma nessuno di questi tre nodi è un nodo-meta, il progettista analizzerà, a sua volta, i collegamenti relativi ad E, F e H. Ipotizzando che H porti a B e che B sia un nodo-meta, in A saranno presenti informazioni direzionali per raggiungere B, tramite H (ma ignorando H nelle istruzioni segnaletiche).

Il metodo per analizzare


6.3. Il metodo per progettare

6.3.1. Un metodo abduttivo Il secondo metodo vuole fornire strumenti di progettazione propedeutici alla configurazione spaziale dei luoghi prima della loro costruzione, con particolare attenzione agli aspetti diagrammatici atti a rendere il futuro luogo organico, non dispersivo, usabile, navigabile. In termini euleriani: percorribile. 6.3.1.1. Il grafo e la matrice di adiacenza Nella definizione topologica di grafo, il posizionamento dei nodi può subire variazioni senza implicare un cambiamento di configurazione del grafo. Infatti, le ‘coordinate cartesiane’ di un punto si riferiscono a un approccio euclideo e, come già introdotto in precedenza, la matematica topologica si pone proprio in contrasto con le concezioni cartesiane di spazio. È altrettanto vero, tuttavia, che non si può parlare di progetto senza che ci sia di base un’esigenza reale. Quando al progettista viene chiesto di progettare una stazione metropolitana, gli si presenteranno davanti dei vincoli costruttivi imposti da ingegneri edili in base a valutazioni di natura geologico-ambientale. Conseguentemente a queste valutazioni, il posizionamento di alcune aree non sarà soggetto a variazioni. Ad esempio, individuata la sede per il passaggio sotterraneo dei binari a una determinata profondità, spetterà al progettista il compito di configurare la stazione a seconda del posizionamento di altri punti fissi – quali gli accessi, ad esempio in corrispondenza di una piazza principale. La difficoltà progettuale risiede nel rendere organico il sistema di accesso tra la città e le linee metropolitane. Nel metodo che si sta introducendo, i grafi permettono al progettista di fissare alcuni nodi (corrispondenti alle aree il cui posizionamento risulta non-modificabile) e di inserirne o eliminarne altri, a seconda delle esigenze di inter-comunicabilità e correlazione tra i nodi fissi. Per cui, eccezion fatta per i nodi fissi, il progettista potrà ipotizzare e modificare la collocazione dei nodi variabili compiendo dei ragionamenti parzialmente svincolati dalla realtà. In un secondo momento, a grafo costruito, il progettista potrà valutare la dimensione, il collocamento e la forma delle aree variabili (nodi variabili). In questo modo, il progettista potrà ipotizzare diverse soluzioni grafiche per trovare la soluzione strutturalmente migliore. Per osservare un grafo dal punto di vista matematico, è opportuno saper tradurre la rappresentazione visiva del grafo in una matrice che mostri esclusivamente i collegamenti tra i nodi: la matrice di adiacenza. Per compilarla, basta introdurre tutti i nodi (A, B, C, D ecc.) su riga (in orizzontale) e su colonna (in verticale) confrontando di volta in volta le

Due metodi

165


coppie di nodi: A in relazione ad A, poi a B, poi a C, poi a D e così via, riportando nella matrice il valore ‘0’ quando il nodo considerato in riga non è collegato con il nodo considerato in colonna e il valore ‘1’ quando invece i due nodi sono collegati reciprocamente. In questo modo, si otterrà una tabella di ‘0’ e di ‘1’ in cui basterà contare gli ‘1’ presenti nella riga o nella colonna del nodo considerato per conoscere di che grado sia quel nodo (ossia, di quanti collegamenti dispone). Tramite la matrice sarà possibile notare anche una caratteristica in particolare del grafo: se il grafo non è orientato, la matrice relativa sarà simmetrica rispetto alla diagonale alto-sinistra/basso-destra. 6.3.1.2. La costruzione di un grafo percorribile Per valutare la correttezza di un grafo rispetto ad un altro, oltre alla matrice di adiacenza e alla sua simmetria, il progettista potrà monitorare un’altra fondamentale caratteristica: la percorribilità – in termini euleriani – del grafo tracciato. Il teorema di Eulero sulla percorribilità di un grafo afferma che: Un qualsiasi grafo è percorribile se e solo se ha tutti i nodi di grado pari, o due di essi sono di grado dispari; per percorrere un grafo “possibile” con due nodi di grado dispari, è necessario partire da uno di essi, e si terminerà sull’altro nodo dispari.

166

Quando un grafo è percorribile è consentito attraversarlo senza mai ripercorrere un tratto di strada già percorso. Se tutti i nodi sono pari, il percorso si chiamerà circuito e si chiuderà nello stesso nodo da cui è partito, se due nodi sono dispari, il percorso inizierà in uno di essi e si concluderà nell’altro. Quando tutti i nodi sono pari è implicito che ogni nodo sia connesso con almeno altri due nodi, quattro, sei nodi. Quando un nodo è dispari, al contrario, la via per accedere ad esso sarà soltanto una. È facile dedurre che, in un luogo aventi un numero >2 di nodi dispari, si andrà incontro a un numero maggiore di passaggi per raggiungere quei nodi. La conformazione ideale di un luogo è quella del circuito perché al suo interno tutti i nodi sono correlati gli uni gli altri da almeno due collegamenti e perché in tal modo l’utente potrà attraversare idealmente e fisicamente tutto il luogo senza mai ripetere lo stesso tratto di percorso. Tale operazione può rivelarsi illuminante per l’utente e, una volta compiuto il cammino euleriano (un vero e proprio “tour”, come in un percorso espositivo museale), gli sarà probabilmente molto più facile ripercorrere via via solo i tratti di suo interesse. L’anti-circuito euleriano per eccellenza è il labirinto: il luogo che induce a fare ‘marcia indietro’ e a percorrere involontariamente tratti già percorsi. Per comprendere meglio i meccanismi di percorribilità dei grafi è utile fare degli esempi. Il primo di questi prevede la soluzione al problema dell’accesso a due binari distinti. Può avvenire in tre modi: 1. grafo non percorribile; 2. grafo percorribile; 3. circuito euleriano (grafo percorribile chiuso).

Il metodo per progettare


binario 1

binario 2

binario 1 B

binario 2

binario 1

binario 2

C

A

A

A

Grafico 6.4.

Esempio di accesso a due binari tramite 'grafo non percorribile'.

Grafico 6.5.

Esempio di accesso a due binari tramite 'grafo percorribile'.

Grafico 6.6.

Esempio di accesso a due binari tramite 'circuito euleriano' ('grafo percorribile chiuso').

In tutti i casi, l’accesso ai binari è permesso (cfr. 2.2.3.) ma attraverso la teoria dei grafi possiamo comprendere quale di questi accessi è qualitativamente migliore per l’utente e quale invece porterà l’utente ad avere più dubbi. Nel primo caso l’accesso ai binari è consentito da A tramite due collegamenti paralleli che conducono a due nodi distinti (B e C), ma connessi tra loro e collegati al nodo comune A. Il grafo è non è percorribile perché tutti i nodi sono dispari tranne il nodo A. Nel secondo caso, da un punto (A) accedo distintamente a uno o all’altro binario: nel nodo A si presenterà una conformazione a “bivio”. Il grafo è percorribile perché vi sono solo due nodi dispari (i binari) ma non è chiuso. Nel terzo caso, da un punto (A) potremo raggiungere entrambi i binari a loro volta connessi tra loro. Il grafo è percorribile ed è anche un circuito euleriano perché tutti i nodi sono di grado pari. È evidente che, tra le tre soluzioni possibili, è preferibile la terza perché permette all’utente di accedere a entrambi i binari da un nodo solo (come in un bivio) e di avere anche conferma in situ circa la destinazione da intraprendere. In situazioni di fretta o di errore, questa soluzione probabilmente sarà l’unica a permetterci di salire sul treno giusto. Applicando questo approccio, il progettista potrà risolvere – grazie alle osservazioni sui grafi – le criticità di accesso ad ogni singolo nodo senza però perdere lo sguardo di insieme: un nodo esiste solo in base alle sue interconnessioni, per cui aggiungere un collegamento implicherà un aumento del grado di quel nodo – e, di conseguenza, la complessità globale del grafo e l’accavallamento di un numero maggiore di flussi umani passanti per quel nodo – per cui non sempre la risposta ad un problema di accesso sarà l’incremento delle connes-

Due metodi

167


sioni, anzi, probabilmente è maggiormente auspicabile un’azione di sintesi. Per questo se, prima della sua progettazione esecutiva, un luogo viene concepito come un grafo percorribile, il vincolo di rispondere al teorema di Eulero, permetterà al progettista di visualizzare a monte le interconnessioni e di ridurre al “minimo-indispensabile-navigabile” l’intera la configurazione spaziale. 6.3.1.3. Verifica di fattibilità

168

Questo metodo di sperimentazione continua e astratta del “luogo che verrà” permette in maniera assolutamente economica – in termini di costi e in termini di tempo – di ottenere uno schema sinergico della struttura, sul quale ragionare in un secondo momento con gli strumenti propri dell’architettura. Il susseguirsi di modifiche su di un grafo permette di visualizzare le dinamiche prevedibili e di prevedere le dinamiche potenziali, in un sistema assoluto. In una seconda fase operativa, si procederà con le verifiche di fattibilità e con gli studi sui costi e sugli impatti ambientali. A questo proposito, per evitare di apportare soluzioni puntuali dopo aver cominciato a costruire una stazione, secondo il principio della “toppa” – spesso fin troppo diffusa –, potrà tornare utile aver concepito diverse configurazioni di grafi di quello stesso luogo, ognuna coerente con se stessa. Ipotizziamo di dover tracciare il grafo ideale della futura stazione centrale di una città. Il progettista ne traccerà una quantità definita (mettendole in ordine da quella che tende di più alla condizione ideale a quella che vi tende meno, ma che non se ne discosta troppo e risponde comunque alle esigenze imposte). Ad ogni ipotesi di grafo si farà corrispondere un costo e un tempo di realizzazione. Qualora il grafo ideale – dopo le verifiche di fattibilità – dovesse risultare troppo costoso da realizzare, si passerà all’ipotesi di grafo successivo, magari lievemente più complesso ma comunque funzionale e meno oneroso. Una operazione di ibridazione risulterebbe fallimentare perché il grafo può funzionare correttamente solo se ideato nella sua sinergica e logica interezza.

Il metodo per progettare


Capitolo 7

Loreto, Cadorna e Garibaldi

Chiunque si sia imbattuto nella fermata milanese di Loreto per effettuare il passaggio di linea metropolitana dalla 1 alla 2 o, più semplicemente, abbia provato ad orientarsi al suo interno per individuare l’uscita più congeniale al proprio percorso, capirà perché ho scelto questa stazione come caso studio. A partire dalle origini storiche della stazione vengono individuati man mano i fattori di complessità e i problemi di orientamento irrisolti all’interno della stazione. Un confronto tra le due stazioni milanesi di interscambio M1- M2 Loreto e Cadorna dimostrerà le differenze sostanziali tra esse, ponendo particolare attenzione sui motivi per cui la seconda rende meno complesso il processo di orientamento. Infine, si introdurrà la stazione di Garibaldi FS, una delle più complesse dell’intera rete milanese per la quantità dei servizi che fornisce e per la sua collocazione in una futura area strategica di sviluppo urbanistico di Milano. Garibaldi FS è stata scelta come punto di partenza per l’analisi potenziale di un suo sviluppo alternativo mediante ragionamenti sui grafi.

Loreto, Cadorna e Garibaldi


7.

Se un edificio non porta nessuna insegna o figura, la sua stessa forma e il posto che occupa nell'ordine della cittĂ bastano a indicarne la funzione: la reggia, la prigione, la zecca, la scuola pitagorica, il bordello.

170

Due metodi


Italo Calvino, Le cittĂ invisibili

171

Loreto, Cadorna e Garibaldi


172

Figura 7.1. Stazione di Loreto, banchina M1. Treno diretto a Sesto 1째 Maggio FS.


7.1. Loreto, il caso limite

7.1.1. Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate 7.1.1.1. La nascita di un mostro Chiunque si sia imbattuto, anche solo una volta, nell’ardua impresa di orientarsi all’interno della stazione metropolitana milanese di Loreto può capire meglio il senso di questo capitolo e, in generale, di questa tesi. La stazione di Loreto è una delle due stazioni di interscambio tra la linea 1 e la linea 21. Si trova all’interno dell’area urbana del Comune di Milano e si estende su una superficie che crea un triangolo ideale tra Piazzale Loreto, Viale Abruzzi e Piazza Argentina – all’altezza dell’incrocio con Viale Gran Sasso. Non è necessario un urbanista per comprendere quanto questa stazione sia estesa, al punto di corrispondere alla somma di tre stazioni distinte. La fermata di Loreto entra nella prima tratta del percorso della linea 1 (Sesto Marelli - Lotto) al momento della sua inaugurazione nel novembre del 1964, ma viene raggiunta soltanto cinque anni dopo anche dalla linea 2, diventando così la stazione di interscambio più critica della città. La stazione di Loreto è il risultato evidente di un approccio sbagliato di progettazione urbanistica, da un lato, e progettazione architettonica, dall’altro. Infatti inizialmente, il piano costruttivo della metropolitana milanese aveva previsto che la stazione di interscambio tra le due linee sarebbe stata quella di Porta Venezia, più prossima al centro storico di Milano, corrispondente all’inizio di Corso Venezia – una delle arterie più belle della città, avente dall’altro capo la stazione di San Babila, prossima al Duomo. L’ipotesi progettuale – mai andata in porto – di portare la linea 2 a Porta Venezia sarebbe risultata di gran lunga utile per la cittadinanza anche in virtù della corrispondenza con le linee S1, S2, S5, S6 ed S10.2 Una prova evidente dell’errore di valutazione, emerso soltanto in un momento successivo alla costruzione della linea 1, è il dimensionamento più ampio delle banchine di Porta Venezia, previsto infatti per flussi consistenti di utenza. Invece, tracciato il percorso della linea 2 nella tratta compresa tra le due stazioni di Lambrate FS e Centrale FS – tra le stazioni più importanti per i collegamenti nazionali e regionali – l’ufficio addetto alle infrastrutture deve aver evidentemente preso atto della difficoltà materiale di deviare a ‘zigzag’ la linea 2 fino a Porta Venezia, deducendo che sarebbe stato più facile, vista l’evidenza, farla passare in prossimità di Piazzale Loreto. Nasce così, a partire da un grave errore di valutazione "dall’alto", una stazione estremamente difficile da navigare, a detta di tutti, labirintica. 1. L’altra stazione di interscambio tra la linea 1 e la linea 2 è Cadorna FN Triennale. 2. Introdotte a partire dal 1997 con l’arrivo delle linee sotterranee del passante ferroviario.

Loreto, Cadorna e Garibaldi

173


174

7.1.1.1. La stazione che ne vale tre Nella stazione di Loreto, le due linee metropolitane si sovrappongono perpendicolarmente tra loro su due piani distinti: la linea verde segue un asse ovest-est e passa sotto la linea rossa che invece giace su un asse nord-sud. L’accesso alla stazione avviene tramite tre ‘aree tornelli’3 distinte tra loro e disposte ai vertici del triangolo che ricopre l’area della stazione. Il mezzanino corrispondente a Piazzale Loreto permette l’accesso immediato ai binari della linea 1 all’estremità nord dell’omonima banchina. Invece, all’estremità a sud della banchina M1 corrisponde il mezzanino relativo a Piazza Argentina: da questo mezzanino è possibile accedere sia alla linea 1 che alla linea 2 in quanto quest’ultima transita in maniera incidente alla banchina M1 (estremità sud). Terzo ed ultimo mezzanino è quello corrispondente all’incrocio tra Viale Abruzzi e Viale Gran sasso, posto a sud est rispetto a

3. Per ‘area tornelli’ intendo il piano architettonicamente definito ‘mezzanino’, ossia il piano intermedio posto tra ila superficie della città e quello delle banchine, dove transitano i treni. I tornelli di ingresso si trovano in questa zona della stazione e sono delle apparecchiature automatiche elettroniche che consentono il passaggio alle banchine solo se muniti di biglietto magnetico e lo impediscono fisicamente a chi non ne è provvisto.

Loreto, il caso limite


175

Figura da 7.2. a 7.5 Dettagli fotografici di alcuni tra i punti più critici della stazione di Loreto. Il progetto originale della segnaletica (affidato alle sapienti mani di Bob Noorda al momento dell'inaugurazione della linea 1 nel 1964), ha successivamente subito interventi anonimi, spesso privi di criterio e di sguardo di insieme. Questa immagine del 2009 dimostra in che quantità il senso di disorientamento è stato enfatizzato da artefatti direzionali ambigui e di scarsa qualità progettuale. Benché la stazione di Loreto resti architettonicamente difficile da percepire, con la riprogettazione del sistema segnaletico del 2010 (a cura dello studio "Inarea") le modalità di fruizione delle informazioni in stazione è alquanto migliorata.

Loreto, Cadorna e Garibaldi


Piazzale Loreto. Entrando in stazione da questo ingresso è possibile accedere prioritariamente alle banchine della linea 2, mentre per accedere alla linea 1 l’utenza dovrà accedere al mezzanino di Piazzale Argentina ed intercettare lì i binari della linea 1. Il primo dato ad emergere è la difficoltà di collegare una fermata del servizio metropolitano a tre stazioni differenti: l’utente, scendendo a Loreto, si aspetta di uscire e ritrovarsi in superficie in Piazzale Loreto, non ipotizza di potersi ritrovare in un’area di intorno dal raggio di 400 m. Invece quello che accade a chi non ha sufficiente dimestichezza con la stazione è un forte

L’utente non è in nessun modo stimolato ad interpretare fruttuosamente il luogo che lo circonda. Le informazioni segnaletiche e gli agenti di stazione sono realmente gli unici mezzi ai quali rivolgersi per ‘provare a trovare la strada’, attività che il più delle volte si rivela 176

difficoltosa e fallimentare perché la stazione non è stata concepita come un diagramma. di connessioni logiche tra aree funzionali. effetto di spaesamento una volta raggiunta la superficie. Una prima criticità di Loreto M1 M2, infatti, è la presenza di ventidue ingressi/uscite4 che permettono mettono in comunicazione la stazione con undici vie5, tre viali6, un corso7 e due piazze8 della città. Affidandosi esclusivamente ai dati percepiti durante la navigazione, per un utente medio è pressoché impossibile avere una consapevolezza piena di tutta la stazione, di tutti i percorsi possibili,

4. Così distribuite: otto nel mezzanino di Piazzale Loreto; sette nel mezzanino di Piazza Argentina e sette nel mezzanino di Viale Abruzzi. 5. Via Monza, Via Battaglia, Via Padova, Via Costa, Via Porpora, Via Caretta, Via Andrea Doria, Via Pecchio, Via Stradivari, Via Monteverdi, Via Mercadante. 6. Viale Abruzzi, Viale Brianza, Viale Gran Sasso. 7. Corso Buenos Aires. 8. Piazzale Loreto, Piazza Argentina.

Loreto, il caso limite


tantomeno pre-figurare la complessità dell’intera struttura architettonica multilivello. È possibile vedere i treni e sentirne l’arrivo o la partenza solo quando si è raggiunta fisicamente la banchina di attesa: l’utente non è in nessun modo stimolato ad interpretare fruttuosamente il luogo che lo circonda. Le informazioni segnaletiche e gli agenti di stazione sono realmente gli unici mezzi ai quali rivolgersi per ‘provare a trovare la strada’, attività che il più delle volte si rivela difficoltosa e fallimentare perché la stazione non è stata concepita come un diagramma di connessioni logiche tra aree funzionali.

7.1.2. In-usabile Loreto 7.1.2.1. L’affordance a Loreto È evidente che, a monte, i progettisti di questa stazione non abbiano progettato l’andamento dei flussi, in base al concetto di usabilità. In questo caso, per capire con maggiore profondità quali sono gli elementi che impediscono agli utenti della stazione di Loreto un facile orientamento, la definizione del termine affordance può fornire uno spunto più che appropriato: «An affordance is a quality of an object, or an environment, which allows an individual to perform an action. For example, a knob affords twisting, and perhaps pushing, while a cord affords pulling» (Gibson 1977).� Il termine, introdotto per la prima volta dallo psicologo statunitense James Gibson nel 19779, deriva dal verbo inglese to afford, letteralmente ‘consentire’, ‘permettere’ e sta a significare l’insieme delle le informazioni qualitative che un oggetto è capace di offrire ad un potenziale utilizzatore circa un suo utilizzo. Nel concetto di affordance si può rintracciare la possibilità di vincolare e causare un determinato comportamento. Gibson fornisce molti esempi a supporto del suo neologismo, uno di questi si riferisce all’aria: Air affords breathing, more exactly respiration. It also affords unimpeded locomotion relative to the ground, which affords support. When illuminated and fog-free, it affords visual perception. It also affords the perception of vibratory events by means of sound fields and the perception of volatile sources by means of odor fields. The airspaces between obstacles and objects are the paths and the places where the behavior occours» (Gibson 1979).

Ne consegue che, ad esempio, una superficie orizzontale sufficientemente ampia (come potrebbe essere una piazza) comunica che è consentito camminare su di essa, mentre una tavolo dalle gambe sottilissime comunica che è sconsigliato utilizzarlo come pedana e così via. Mentre le teorie della percezione tradizionali prevedevano il ricorso ad entità intermedie (come la ‘rappresentazione’) propedeutiche alla rielaborazione dei dati 9. Nel 1977 (nel decennio successivo alla pubblicazione di The image of the city di Kevin Lynch) James J. Gibson pubblica The Theory of Affordances ‘In Perceiving, Acting, and Knowing’ e perfezionata nel 1979 con la pubblicazione di The Ecological Approach to Visual Perception.

Loreto, Cadorna e Garibaldi

177


percepiti, Gibson parla invece di ‘raccolta diretta delle informazioni’ (Information Pick-up Theory). Per comprendere meglio il concetto di affordance è necessario premettere che, secondo Gibson, la percezione – intesa come relazione tra l’uomo e l’ambiente – avviene mediante una raccolta di informazioni eterogenee e mutevoli provenienti dall’oggetto a noi esterno: le ombre, le texture, i colori ecc. La percezione è una serie di inferenze che compiamo, integrando i dati sensoriali con le conoscenze pregresse e le nostre aspettative. «[...] the human individual can visually scan a picture for its design, but what he is generally in search of is meaning» (Gibson 1966). Per Gibson, ogni superficie, ogni sostanza, ogni layout ha qualche affordance che può avere un effetto positivo o un effetto negativo su chi percepisce. In questo gli oggetti acquisiscono, oltre alle loro proprietà fisiche, delle proprietà terziarie, di natura qualitativa: percepire un’affordance non è, quindi, percepire un oggetto fisico vuoto e poi riempirlo di un significato aggiunto, come vorrebbe, invece, la teoria della percezione tradizionale. Nel suo libro The theory of affordances. The information for visual perception, Gibson individua alcune affordance dell’environment terrestre, in ordine dagli elementi più semplici (non per questo meno importanti) a quelli più complessi:

178

– medium (ad esempio, l’aria: consente la respirazione); – sostanze (ad esempio, l’acqua: consente di essere bevuta); – superfici e la loro configurazione (possono fare da supporto per qualcosa); – oggetti (permettono di svolgere svariate funzioni, possono essere artigianali o industriali, possono avere dimensioni tascabili o molto grandi ecc.); – persone e animali (sono le affordance più complesse in assoluto e riguardano il corpo – soggetto alle leggi naturali – e gli aspetti psicologici da cui dericano le relazioni interpersonali); – luoghi e nascondigli (il luogo non è un oggetto con limiti definiti ma un’area, ad ogni luogo corrisponde una relativa affordance, ad esempio ci sono luoghi in cui è possibile procurare del cibo, luoghi in cui è possibile rifugiarsi: importante è ‘cosa riesco a vedere’ stando fermo in un luogo, la visibilità). Il concetto di affordance è applicabile ‘a matrioska’: all’interno della realtà fenomenica, tutto può essere visto come un affordance (come il guado che ci permette di compiere un'azione) ed è altrettanto vero che, più in generale, tutto può permetterci più o meno agevolmente di svolgere un’attività, per cui l’affordance diventa una qualità intrinseca di un oggetto o di un luogo. Ad esempio, l’automobile è una ‘affordance oggetto’ in quanto ci permette di muoverci velocemente da A a B. Ma ipotizziamo un’automobile sprovvista di specchietti retrovisori: in quel caso l’automobile ci impedisce di svolgere comodamente le manovre in retromarcia, quindi avrà meno affordance di un’automobile provvista di specchietti. La stazione di Loreto – rispetto ad altre stazioni della linea 1 e della linea 2 – ha l’affordance di permettere all’utenza di cambiare linea ma, nelle modalità in cui permette questa azione, possiede poca affordance e questo rende disagevole l’interscambio. Un corridoio

Loreto, il caso limite


stretto di cui non si intravede la fine, una zona così estesa da leggere con difficoltà il testo di una informazione segnaletica, quattro rampe di scale che – apparentemente – conducono in posti diversi ma che in realtà portano alla medesima area di stazione sono elementi evitabili attraverso una progettazione consapevole del luogo: il grado di affordance della stazione di Loreto è, insomma, pessimo. In un progetto di wayfinding, per il progettista che affronta l’architettura e/o gli apparati segnaletici di un determinato luogo, è fondamentale indagare a priori le modalità interpretative che l’utente utilizzerà esplorando quel luogo. 7.1.2.2. Somiglianza, connessione e convenzione L’utente deve affidarsi all’affordance di un luogo quando non ne ha esperienza. In molti casi, quando invece l’utente ha già avuto modo di esplorare un luogo, ciò che è indispensabile al suo orientamento è la facoltà di costruire un’immagine mentale alla quale riferirsi ogni qualvolta tornerà in contatto con il luogo. In alcuni casi di estrema complessità, come appunto la stazione di Loreto, la mappa mentale del luogo è difficile da costruire nella totalità ed è necessaria molta dimestichezza per costruirne una. Utilizzando la definizione semiotica dei termini icona, indice e simbolo, è possibile inoltrarsi nella questione con maggiore accento sui processi interpretativi che il luogo provoca nella ‘logica utens’10. Secondo Massimo Bonfantini (2000), con riferimento a Peirce, icona, indice e simbolo corrispondono a tre modalità semiosiche tramite le quali interpretare un oggetto: rispettivamente una modalità di somiglianza, una di connessione e una di convenzione. È possibile osservare un luogo secondo questa triplice differenziazione: ad esempio, è possibile interpretare un corridoio secondo tre modi: – Somiglianza (fattore iconico): è un parallelepipedo longitudinalmente molto lungo – senza chiusure – provvisto esclusivamente delle superfici lunghe in muratura intonacata, rivestite da pannelli anti-vandalici. – Connessione (fattore indicale): a partire dal luogo in cui ci troviamo, indica l’accesso ad un luogo che si trova al di là della fine del parallelepipedo; attraverso la sua forma iconica – varco iniziale e varco finale – ci invita ad attraversarlo. – Convenzione (fattore simbolico): nel momento in cui il varco di accesso al corridoio è provvisto di segnaletica, riusciamo a conoscerne la destinazione, interpretando le informazioni forniteci tramite un linguaggio convenzionato – linguaggio testuale e pittogrammatico. Nella stazione di Loreto, lo scarso grado di affordance dipende proprio dalla non coe-

10. Secondo Peirce, il ragionamento formale, secondo la logica medioevale, è definito ‘logica docens’ e mira a prevedere la serie di inferenze che scaturirà da un evento. La ‘logica utens’, invece, è il ragionamento che avviene secondo gli ‘habits’ (gli abiti, le abitudini) ed è il processo istintivo, non intenzionale, che conduce l’utente alla sua serie di azioni interpretative. Cfr. Zingale 2010.

Loreto, Cadorna e Garibaldi

179


renza tra ciò che viene percepito in maniera iconica e indicale (e quindi ciò che ci sembra possibile osservando la forma del luogo) e ciò che effettivamente ci viene chiesto di fare tramite la segnaletica sul posto. 7.1.2.3. L’analisi dei flussi Un’analisi dettagliata dei flussi è utile per capire nello specifico quali criticità presenta la stazione di Loreto. I flussi di una stazione ferroviaria qualsiasi si distinguono innanzitutto in: flussi di ingresso (seguono le indicazioni testuali e direzionali ‘ai treni’); flussi di uscita (seguono le indicazioni testuali e direzionali ‘uscita’).

180

A Loreto, come in ogni altra stazione metropolitana, sia i flussi di ingresso sia quelli di uscita si dividono rispettivamente in due parti e hanno come riferimento comune il passaggio ‘al di qua’ o ‘al di là’ della linea dei tornelli11, gli apparecchi di vidimazione dei biglietti magnetici. Per questo motivo, i tornelli non sono tutti uguali, ma sono direzionati, ossia vi sono tornelli ad accesso elettronico (flusso 1) e tornelli ad accesso libero (flusso 2). In alcune stazioni – soggette a un andamento sinusoidale nel tempo dell’affluenza12 – i tornelli installati sono reversibili per adattarsi meglio alle circostanze momentanee. I tornelli sono situati nel piano mezzanino, interposto tra il piano stradale e quello dei binari. In quest’area si incrociano inevitabilmente i due flussi. Nella stazione di Loreto sono presenti tre mezzanini e, a seconda dell’area di ingresso, gli utenti compieranno percorsi diversi per raggiungere le loro mete. Nel caso dei flussi di ingresso le mete possibili potranno essere quattro13: binario M1 con destinazione Bisceglie - Rho Fieramilano; binario M2 con destinazione Sesto 1° Maggio FS; binario M2 con destinazione Assago Forum - Abbiategrasso; binario M2 con destinazione Cologno Nord - Gessate. Nominando come segue i tre mezzanini: A. mezzanino corrispondente a Piazzale Loreto; B. mezzanino corrispondente a Viale Abruzzi; C. mezzanino corrispondente a Piazza Argentina.

11. Si ricorda che non in tutte le stazioni del mondo sono presenti i tornelli. A Berlino, ad esempio, non è previsto alcun impedimento fisico tra l’ingresso in stazione e l’accesso ai treni. 12. Come nella stazione di Rho Fieramilano che, in concomitanza con gli eventi fieristici riceve molti visitatori, mentre nei giorni di ordinaria attività ne riceve in quantità ridottissima. 13. Alle quattro destinazioni principali, si può aggiungere una quinta destinazione, ossia il centro informazioni e abbonamenti di Atm (Atm Point) che si trova nel mezzanino corrispondente a Piazzale Loreto.

Loreto, il caso limite


I flussi possibili, una volta superati i tornelli, sono i seguenti: A.1. mezzanino A / binario M1 per Bisceglie - Rho Fieramilano; A.2. mezzanino A / binario M1 per Sesto 1° Maggio FS; A.3. mezzanino A / binario M2 per Assago Forum - Abbiategrasso; A.4. mezzanino A / binario M2 per Cologno Nord - Gessate; B.1. mezzanino B / binario M1 per Bisceglie - Rho Fieramilano; B.2. mezzanino B / binario M1 per Sesto 1° Maggio FS; B.3. mezzanino B / binario M2 per Assago Forum - Abbiategrasso; B.4. mezzanino B / binario M2 per Cologno Nord - Gessate; C.1. mezzanino C / binario M1 per Bisceglie - Rho Fieramilano; C.2. mezzanino C / binario M1 per Sesto 1° Maggio FS; C.3. mezzanino C / binario M2 per Assago Forum - Abbiategrasso; C.4. mezzanino C / binario M2 per Cologno Nord - Gessate; Dei dodici percorsi ‘mezzanino-banchine’, soltanto quattro richiedono uno sforzo cognitivo minimo da parte dell’utente, ossia i percorsi A.1, A.2, B.3 e B.4. Infatti, in A.1, una volta oltrepassata la linea dei tornelli se l’utente intraprende le scale alla sua destra raggiungerà il treno per Bisceglie - Rho Fieramilano, in A.2, andando a sinistra, quello per Sesto 1° Maggio FS. Parallelamente in B.3 e in B.4 il momento decisionale si ridurrà al bivio ‘destra/sinistra’. Il percorso corretto è un percorso che non presuppone alcuna esitazione e che si basa su una lettura immediata dello spazio: un bivio, unito a un informazione testuale che esplicita didascalicamente le destinazioni dei due percorsi in maniera complementare allo spazio, può ritenersi un buon esempio. Quando l’utente prende la metropolitana deve innanzitutto sapere quale linea del servizio dovrà scegliere e, in seguito, quale direzione di quella linea gli permetterà di arrivare a destinazione. Questa situazione, in una stazione di interscambio è resa più complessa dalla presenza di almeno due linee: nella stazione di Loreto, le linee presenti sono due ma, data la presenza di tre mezzanini di accesso, i flussi possibili si moltiplicano fino a diventare dodici e tendono inevitabilmente a sovrapporsi creando: maggiore stress per l’utente (dovuto al costante senso di smarrimento); minori condizioni di sicurezza (per il sovraffollamento in caso di emergenza); maggiore stress per il personale Atm (dovuto alle richieste di informazioni); maggiore rischio per i conducenti (per via dell’affollamento in banchina); maggiori costi aggiuntivi (dovuti all’incremento della quantità di segnaletica). C’è da sottolineare che, i dodici percorsi possibili sono stati calcolati considerando esclusivamente l’utenza che ha già raggiunto la linea dei tornelli: se considerassimo singo-

Loreto, Cadorna e Garibaldi

181


larmente tutti i flussi possibili, in assoluto, dovremmo moltiplicare il numero totale degli ingressi di ciascun mezzanino A, B e C (rispettivamente otto, sette, sette, per un totale di ventidue) per i percorsi possibili di accesso ai treni (due linee, quindi quattro direzioni) ed otterremmo come risultato ottantotto percorsi possibili. La scelta di costruire ventidue ingressi, solo per la stazione di Loreto, non sarebbe del tutto errata se non vi fosse però la difficoltà da parte dell’utente di riconoscere e ricordare quale percorso gli è più congeniale per raggiungere la meta in superficie (deve conoscere i nomi delle strade) oppure deve essere in grado di ripercorrere lo stesso percorso effettuato all’andata. Quando l’utente dovrà uscire, immerso nell’omogeneità visiva della stazione sotterranea – che elude ogni contatto con la realtà urbana – e immerso di frequente anche dal resto dell’utenza, dovrà affidarsi esclusivamente alle informazioni testuali (ad esempio “Via Pecchio + freccia”). Ma se le destinazioni urbane relative alla stazione di Loreto sono in totale diciassette: è inevitabile che lungo i corridoi vengano visivamente accorpate tra loro, generando un senso di continuo bisogno di conferma e di confusione.

182

Loreto, il caso limite


7.2. Cadorna, all-in-one

7.2.1. Perché qui la gente non si perde La rete del trasporto metropolitaneo milanese dispone di due stazioni di interscambio tra la linea 1 e la linea 2, Loreto e Cadorna FN Triennale. La fermata di Cadorna permette di accedere ad una stazione di testa in superficie dalla quale partono le linee S3 ed S4 del servizio suburbano milanese, il servizio ferroviario diretto all’aeroporto di Malpensa, i treni regionali per Como, Varese, Laveno, Novara e Canzo Asso. Proprio a causa della sovrapposizione di molteplici servizi ferroviari sotterranei e non, si è portati a pensare che nella stazione metropolitana di Cadorna possa risultare ulteriormente difficile orientarsi, invece non è così. Come è emerso dai molteplici confronti avvenuti in ambito lavorativo con Maria Francesca Baldinelli14 di Atm, a partire da una valutazione quantitativa e qualitativa della quantità di reclami da parte dell’utenza milanese e degli agenti di stazione, la stazione di Cadorna risulta quasi esente da critiche e annesse richieste di interventi speciali di segnaletica e così via. In altre parole, quando l’utente sceglie la fermata di Cadorna per cambiare linea, non si perde e riesce ad orientarsi in maniera sufficiente. Cosa distingue la stazione di Cardona da quella di Loreto? Innanzitutto, l’estensione: l’area relativa alla stazione di Cadorna è sensibilmente inferiore a quella della stazione di Loreto. Gli accessi sono esclusivamente quattro – probabilmente in questo caso troppo pochi rispetto ai flussi – ma conducono quasi esclusivamente a Piazzale Luigi Cadorna. Gli accessi principali sono orientati perpendicolarmente rispetto alla stazione di superficie e permettono di accedervi senza possibilità di esitazione. Inoltre, la stazione dispone esclusivamente di due livelli sotterranei: il piano mezzanino e il piano banchine. In questa stazione infatti, a differenza di Loreto, le due linee raggiungono quote planari in banchina per poi intraprendere successivamente multi-livello. Mentre a Loreto le linee si incrociano formando tra loro angoli di quasi 90°, a Cadorna l’incrocio avviene in maniera meno perpendicolare. Questa configurazione delle linee ha consentito ai progettisti di costruire un piano banchina centrale che consente lo smistamento ad “Y” dei flussi tramite i due bracci rivolti rispettivamente alla linea 1 e alla linea 2: l’utente può vedere fisicamente i treni della linea verde alla sua destra e, alla sua sinistra, i treni della linea rossa. Quello che colpisce della stazione è la simmetria degli accessi. Questo consente all’utente di codificare lo spazio in maniera più veloce rispetto a Loreto. La sequenza ‘ingresso-tornelli-banchine’ segue un percorso lineare – più o meno lungo a seconda del punto preciso di accesso e della banchina che si desidera raggiungere – ma comunque di facile comprensione. La criticità

14. Direzione Marketing e Comunicazione dell’Azienda Trasporti Milanesi.

Loreto, Cadorna e Garibaldi

183


evidente in Cadorna è legata alla disposizione delle banchine di attesa treni. I due binari di ogni linea sono accostati tra loro e non è, pertanto, possibile accedervi da una banchina unica. Ogni binario possiede la sua banchina di riferimento, per cui una volta oltrepassata la linea dei tornelli si potrà accedere a tre aree distinte: A. alla banchina M1 per Bisceglie-Rho Fieramilano (a sinistra); B. alla banchina M2 per Cologno Nord-Gessate (a destra); C. alle banchine M1 per Sesto 1° Maggio FS ed M2 per Abbiategrasso-Assago Forum connesse tra loro da una piattaforma comune.

184

Nel passaggio dalla linea 1 alla linea 2, i flussi saranno molto diversi a seconda della destinazione del treno di discesa e della destinazione del treno di ri-partenza. Dalla banchina per Sesto 1° Maggio FS alla banchina per Abbiategrasso-Assago il percorso sarà semplice e molto agevole: basterà camminare lungo la piattaforma di connessione centrale (C). Invece, tutti gli altri collegamenti tra le banchine prevedono flussi che risalgano verso il piano mezzanino e riscendano verso la banchina desiderata. Il flusso tra la banchina di Bisceglie-Rho Fieramilano e quella di Cologno Nord-Gessate è in assoluto il più scomodo. Nonostante la variazione del grado di facilità di accesso inter-banchina, l’intera stazione di Cadorna assume globalmente una conformazione allungata: l’utente può attraversare longitudinalmente tutta la stazione trovando di volta in volta le informazioni perpendicolari per accedere alle diverse banchine. Può utilizzare come punto di riferimento visivo la linea dei tornelli – sempre visibile sul piano mezzanino – e dedurre che il percorso per accedere ai treni dovrà andare nella direzione opposta ad essi. Inoltre, l’utente recepirà stimoli visivi costanti circa l’andamento delle linee, potrà vedere e sentire arrivare i treni già in fase di accesso alle banchine. In stazioni labirintiche come Loreto, questo non è quasi mai possibile.

Cadorna, all-in-one


7.3. Garibaldi, il nodo dei nodi

7.3.1. Stazione crocevia 7.3.1.1. Al centro di un progetto mai concluso In questa tesi, ho scelto di utilizzare la stazione di Garibaldi FS come stazione di collaudo del metodo di analisi sperimentato nei capitoli precedenti come strumento di indagine e di risoluzione dei problemi di wayfinding. Attualmente la stazione di Garibaldi non dispone di un interscambio di linee metropolitane ma presto sarà così: è in fase di compimento la stazione M5 Garibaldi FS. In questo modo Garibaldi diventerà a tutti gli effetti una seconda Stazione Centrale: la Linea 5, infatti, andrà a sovrapporsi alla già presente Linea 2, ai binari delle Ferrovie dello Stato, e a quelli sotterranei delle regionali e delle Linee S, servizio ferroviario suburbano di Milano. La principale criticità attuale è una configurazione “a compartimenti stagli” delle varie porzioni di stazione, a cominciare dal nome: le aree relative ai binari Trenitalia riportano in banchina la nomenclatura Milano Porta Garibaldi, i binari delle Linee S riportano Porta Garibaldi FS, mentre dal 200915 la stazione metropolitana riporta la dicitura più stringata di Garibaldi FS. Non è mio dovere quello di scegliere quale dei due nomi possa essere maggiormente idoneo alla nobile causa dell’unificazione percettiva della stazione, ma ipotizzo che darne uno soltanto valido per tutte le fermate in loco e per tutte le mappe sinottiche presenti sul territorio milanese possa soltanto aiutare. Specificare “FS” sottintende che la presenza delle Ferrovie dello Stato vada in qualche modo confermata. Una buona progettazione in contemporanea delle mappe sintetiche di rete e della stazione in sé potrebbero congiuntamente dimostrare in maniera visiva e percettiva che la stazione di Garibaldi sia una stazione principale, capace di farci accedere ad ulteriori servizi di trasporto. Invece, quello che si pone difronte agli occhi dell’utente oggi è una serie di interventi architettonici e segnaletici evidentemente differenti tra loro, risultato di un approccio locale che risponde a responsabilità amministrative differenti. L’edificio d’origine della stazione di Milano Porta Garibaldi risale al 1895 e fu sopraelevato successivamente nel 1920. Fino alla seconda guerra mondiale, il traffico della stazione era incentrato sul trasporto merci, progressivamente spostato presso lo scalo Farini. Con i bombardamenti subiti dalla città di Milano, la vecchia stazione di Garibaldi andò distrutta e fu riaperta nel 1963, concepita urbanisticamente come arretramento della vec-

15. A partire dal 2009, in occasione del restyling architettonico della stazione, a cura dello studio Bruno e Associati.

Loreto, Cadorna e Garibaldi

185


chia stazione di Porta Nuova16. A partire dal 1963 il traffico della stazione – progettata dagli architetti Eugenio Gentili Tedeschi, Giulio Minoletti e Mario Tevarotto – si ampliò notevolmente, accogliendo le Ferrovie dello Stato. La stazione di Porta Garibaldi faceva parte di un grande progetto rimasto incompiuto: il Centro Direzionale17. Nel 1971 sorge la stazione metropolitana della Linea 2 ed è stata capolinea ad Ovest della stessa fino al 1978. Nel 1997 con l’inaugurazione della fermata del Passante Ferroviario, la stazione diventa ulteriormente più “profonda”: le linee S infatti viaggiano ad un livello inferiore rispetto alla linea 2. La stazione dispone in totale di dodici binari di testa, direzionati verso Nord-Ovest e di otto binari passanti. I binari al livello più alto includono tratte dirette anche all’estero18. La

Attualmente la stazione di Garibaldi non dispone di un interscambio di linee metropolitane ma presto sarà così: è in fase di compimento 186

la stazione M5 Garibaldi FS. In questo modo Garibaldi diventerà a tutti gli effetti una seconda Stazione Centrale. 16. Inaugurata nel 1931 e dismessa nel 1961, la stazione di Porta Nuova è nota anche come “stazione delle Varesine”, in quanto vi terminavano le linee dirette alla città di Varese, Novara e Gallarate. 17. A partire dal secondo dopoguerra, si decise di realizzare il Centro Direzionale: un quartiere che, grazie ad un incremento locale dei trasporti, sarebbe stato facilmente raggiungibile sia dal centro di Milano che dalle città della provincia. Il suo scopo sarebbe stato quello di aiutato a gestire e decentralizzare il terziario che si stava sviluppando a dismisura nel centro città, con conseguente congestione del traffico. Il Centro Direzionale fu inglobato nel piano regolatore del 1953 e prevedeva la costruzione di due autostrade urbane diametrali (mai realizzate), della linea metropolitana 2, della stazione ferroviaria di Porta Garibaldi, e delle linee celeri della Brianza. In assenza di altrettante norme capaci di limitare l’ulteriore espansione del terziario nel centro storico, il centro Direzionale così concepito si rivelò fallimentare e lo si abbandonò ufficialmente verso la fine degli anni Sessanta. 18. A partire dal 13 dicembre 2009, la DB-ÖBB (un’attività di cooperazione tra la Deutsche Bahn e le Ferrovie Federali Austriache volta a collegare Italia, Germania e Austria tramite treni Eurocity) introduce il servizio di trasporto Porta Garibaldi - München Hauptbahnhof. Si ricorda anche il collegamento TGV-Europe tra Milano Porta Garibaldi e la stazione di Paris Gare de Lyon.

Garibaldi, il nodo dei nodi


187

Figura 7.6. Stazione di Porta Garibaldi FS, piano corrispondente all'accesso esterno su Piazza Freud.

Loreto, Cadorna e Garibaldi


188

Figura 7.7.

Figura 7.8.

Stazione di Porta Garibaldi FS, area del

Stazione di Porta Garibaldi FS, area del

Passante Ferroviario al piano -1, interposto

Passante Ferroviario al piano -2,

tra il piano della linea tornelli e quello

punto pi첫 profondo della stazione.

delle banchine di attesa dei treni.

Treno in arrivo sul binario 2.

Garibaldi, il nodo dei nodi


zona sotterranea è servita dal servizio ferroviario suburbano, più precisamente dalle linee S1, S2, S5, S6, S8, S10, S11, S13 e dal Malpensa Express. La zona sotterranea intermedia è occupata dai due binari della Linea 2. La stazione di Garibaldi si trova lievemente a nord rispetto a Porta Garibaldi (ex Porta Comasina) in piazza Sigmund Freud. È una delle più importanti stazioni presenti sul suolo milanese: detiene il primato della città per quanto riguarda il traffico pendolare con 25 milioni di passeggeri ogni anno19, terza nella classifica del traffico complessivo dopo la Stazione Centrale e Milano Cadorna. Entro la fine del 2013 la stazione di Garibaldi ospiterà un ulteriore linea, la M5: la prima metropolitana leggera di Milano. 7.3.1.2. M5, la linea che verrà Nel dicembre del 2008, Federico Gervaso intitola un suo articolo “Garibaldi batte Centrale 4 a 3”. Il tema dell’articolo è la costruzione di una nuova stazione metropolitana della linea 5: Con la costruzione della linea 5 si realizza a Milano la quarta stazione ferroviaria con lo stesso nome, infatti mentre alla centrale le stazioni sono tre, quella storica, sottoposta ad un completo e splendido rinnovamento, oltre alle fermate delle linee metropolitane 2 e 3, a porta Garibaldi coesistono in pochissimo spazio, sia in orizzontale che in verticale, ben quattro diverse strutture di stazione, di cui tre già esistenti: quella di superficie [...] la stazione della MM2 e quella profonda e vastissima del passante ferroviario. La quarta stazione è quella in costruzione per la linea 5, che si posiziona a fianco del passante ed in adiacenza all’Hotel Executive (Gervaso 2008).

Quello che trovo personalmente molto discutibile è il modo entusiasta tramite cui l’autore parla della coesistenza di quattro diverse stazioni in un’area urbana così piccola, quasi in termini di ‘record’ cittadino, qualcosa di cui andare fieri. L’esistenza di una stazione di interscambio strategicamente posizionata all’interno della città sarebbe motivo di vanto solo se in realtà queste quattro stazioni non si presentassero alla cittadinanza in questa maniera: stilisticamente diverse tra loro; corredate da tre diversi interventi di segnaletica; collegate tra loro da corridoi anonimi, scarsamente illuminati e dispersivi; stratificatesi (dislocate) negli anni senza, considerare una visione di insieme. Secondo la pianificazione urbanistica dell’ultimo decennio, abbandonato il progetto ‘Direzionale’, Garibaldi sarà al centro di un nuovo assetto urbanistico: l’area ‘Garibaldi Repubblica - Porta Nuova’. Dal 2007, a partire dal nuovo quartiere Isola, la città di Milano sta progressivamente modificando il suo skyline, grazie al concretizzarsi di numerosi pro-

19. Dato fornito da Trenitalia.

Loreto, Cadorna e Garibaldi

189


190

Figura 7.9.

Treno della metropolitana di Copenhagen. Gli stessi che viaggeranno sui binari M5.

getti architettonici, residenziali e amministrativi in vista dell’Expo 2015. Nello specifico, l’area antistante l’ingresso principale della stazione di Garibaldi ospiterà la nuova ‘Città della Moda’. La linea 5 congiungerà Bignami (nord-est) a San Siro (ovest) ma la prima tratta (Bignami - Garibaldi FS) sarà lunga 6,1 km e si fermerà in 9 stazioni (Garibaldi, Isola, Zara, Marche, Istria, Ca’ Granda, Bicocca, Ponale, Bignami). Secondo le previsioni, trasporterà 8.000 passeggeri ogni ora nelle ore di punta e 22,5 milioni di passeggeri ogni anno. Porterà il servizio di superficie a risparmiare 700 km di percorrenza, di conseguenza 9.500 t di emissioni di anidride carbonica. La linea 5 porterà con sé interessanti innovazioni tecnologiche dal momento in cui disporrà di treni – gli stessi già in uso sulla metropolitana di Copenhagen – completamente automatizzati e ad alta sicurezza – con binari in banchina provvisti di galleria trasparente anti caduta. Le gallerie sotterranee, realizzate tramite le macchine ad alta sicurezza Lovat TBM ‘a talpa’ (“Tunnel Boring Machine” di Caterpillar) avranno dimensioni sensibilmente inferiori a quelle esistenti, con relativo risparmio in termini economici e ambientali. I treni avranno capienza, lunghezza e larghezza20 inferiore ma verranno scaglionati entro 75 secondi di distanza l’uno dall’altro.

20. I treni disporranno di 72 posti a sedere, 431 totali e avranno una lunghezza di 39 m e una larghezza di 2,65 m di larghezza.

Garibaldi, il nodo dei nodi


191

Figura 7.10.

Area cantierizzata relativa alla M5, tra l'attuale stazione e l'hotel Ata Executive.

Loreto, Cadorna e Garibaldi


7.3.1.3. I nodi vengono al pettine Oggi il cantiere della linea 5 si trova davanti all’Hotel Executive. Il primo tratto di linea tra Garibaldi ed Isola è realizzato in un’unica galleria a foro cieco fino ad un pozzo di forma trapezoidale che consente l’inserimento dello scambio con la linea 2: in attesa della realizzazione del secondo tronco Garibaldi - San Siro, per ovviare all’attuale mancanza di un area deposito per la manutenzione e le manovre dei treni, la stazione Garibaldi M5 disporrà di un piccolo “tronchino di manovra” (che, data la brevità e il posizionamento più profondo della linea 5 rispetto alla linea 2, raggiunge la pendenza massima del 5% ed presenta il raggio di curvatura minimo accettabile di 170 metri) per connettersi al binario per M2 direzione Abbiategrasso - Assago in modo da utilizzare il deposito di Famagosta a tali scopi. Per via dell’accumulo di linee in superficie e sotterranee parallele e perpendicolari tra loro, l’area sotterranea di Garibaldi si presentava inizialmente inestricabile: solo grazie alle caratteristiche costruttive della linea 5 (piccola e più facile da gestire) si è riusciti a collocare la fermata M5 in coincidenza con le altre. A Garibaldi, infatti, vi sono: i binari delle FS che finiscono ‘di testa’ nella stazione FS in superficie; i binari della linea 2 (perpendicolari a quelli delle FS, sotterranei) i binari del Passante Ferroviario (paralleli a quelli FS, inferiori alla linea 2).

192

La stazione di Garibaldi è stata protagonista di pianificazioni spesso mai conclusesi totalmente. Ad esempio, dal momento della sua apertura nel 1971, la banchina della linea 2, risultò predisposta con quattro binari complessivi planari. Secondo alcune voci21, tale scelta fu fatta per “innestare” la linea 5 – evitando così la costruzione di una ulteriore stazione metropolitana – permettendo di proseguirla verso sud-ovest. Secondo altre informazioni, invece, quei binari sarebbero stati costruiti per le ‘linee celeri della Brianza’, – che sarebbero dovute entrare in città lungo l’asse Piazza Istria - Via De Castiglia. Nulla di tutto questo è mai stato realizzato effettivamente: oggi la fermata metropolitana di Garibaldi presenta infatti due binari ciechi simmetricamente esterni alle banchine di attesa della linea 2, completamente inutilizzati. Il percorso della linea 5, infatti, incrocia la stazione della linea 2 e avrebbe potuto inserirsi in quei binari solo compiendo un giro molto largo. Ad oggi però questo sarebbe stato impossibile anche perché, nel 2004, è stata inaugurata la stazione sotterranea del Passante ferroviario, progettata sin dagli anni Ottanta. A questo proposito è interessante l’opinione di un utente del forum su www.ferrovie.it, Sven, nel febbraio del 2006 scrive questo commento: « Speriamo davvero che il progetto dell’attestamento M5 attuale (che sbatte perpendicolarmente contro la M2!) venga modificato: così com’è, si tratta di un’assurdità senza pari - che si potrebbe benissimo evitare, volendolo, in vari modi»�. Oggi – coerentemente con l’umana imprevidenza di chi si è occupato della configurazione del nodo Garibaldi – i binari della linea 5 provenienti da nord (stazione di Isola)

21. Forum di discussione su www.ferrovie.it

Garibaldi, il nodo dei nodi


Figura 7.11.

Stazione di Garibaldi, binari di superficie visti dal cavalcavia di via Farini. 193

curvano verso sinistra e procedono ad un livello intermedio passando sotto la linea 2, ma sopra rispetto alla stazione del Passante (che resta la più profonda). Una ulteriore perplessità è data dal fatto che questo “sali-scendi” non era neanche stato previsto perché, secondo il progetto originale della linea 5, quest’ultima avrebbe avuto come capolinea la stazione Bignami e quella di Garibaldi. Invece, quando i lavori di scavo delle prime stazioni della linea 5 erano già stati avviati, si è deciso di proseguire la linea 5 fino a San Siro, attraversando la città verso ovest, per motivazioni plausibilmente legate più al business dello Stadio Meazza che alla cittadinanza. Inoltre, data la spinta sull’acceleratore per la realizzazione architettonica del nuovo complesso edilizio e amministrativo, negli ultimi cinque anni, la zona Isola-Gioia-Garibali-Repubblica sta vivendo uno sconvolgimento urbano non indifferente: quasi dieci cantieri si apprestano a “fare bella la città” in vista dell’Expo 2015. L’inesorabile accavallarsi delle aree cantierizzate, ha causato un cambiamento (provvisorio ma radicale) della viabilità automobilistica in prossimità della stazione Garibaldi capace di generare ancora oggi molta confusione per chi attraversa la zona. In soli tre anni, nel 2012 è stata conclusa la costruzione del nuovo palazzo a pianta circolare che dispone del pennacchio più alto della città e del Paese (231m). Risulta ovvio che anche per questo motivo non sia stato possibile costruire la stazione M5 nell’area prevista dal primo progetto, esattamente la stessa dell’area di ingresso del citato agglomerato: (FIG.) sarebbe stato impossibile accavallare lo scavo alla costruzione di una stazione sotterranea disposta al suo interno. Potrebbe essere questo un ulteriore motivo a supportare la scelta di deviare la linea?

Loreto, Cadorna e Garibaldi


Non si possono conoscere pienamente i motivi reali alla base di questa scelta ma la realtà è che a breve, la città di Milano disporrà di due linee metropolitane al servizio della zona ovest (la linea 1 con le due biforcazioni Bisceglie e Rho Fieramilano e la linea 5) ignorando ancora per molti anni l’area est, quasi completamente esclusa dal servizio metropolitano, attraversata “di striscio” dalla linea 2 a Piola e Lambrate. Si dovrà aspettare la linea 4 per congiungere l’aeroporto di Linate al centro della città. Lo stadio batte l’aerostazione, 1 a 0. L’Expo porterà agli aeroporti milanesi un maggiore flusso di passeggeri, probabilmente l’amministrazione comunale, prima di dare l’avvio a prestigiosi concorsi di “architettura pensata per stupire” avrebbe dovuto dare la precedenza alla funzionalità urbana, strutturando un servizio di “via-vai” attento ai percorsi: aeroporto - centro città; aeroporto - stazione centrale centro città - esposizione universale 2015; stazione centrale - esposizione universale 2015.

194

Garibaldi, il nodo dei nodi


7.4. Introduzione alle tavole

7.4.1. Metodo induttivo-deduttivo: Loreto e Cadorna La mia tesi prosegue con una serie di trentadue tavole che illustrano in maniera consecutiva i passaggi di applicazione dei due metodi illustrati nel capitolo 6. Le tavole dalla 1 alla 16 sono di supporto alla comprensione del primo metodo (induttivo-deduttivo) e i casi studio considerati sono le stazioni di Loreto e Cadorna, già introdotte in questo capitolo. Le tavole riguardanti la stazione di Loreto mirano a dimostrare l'elevato grado di estensione e complessità percettiva della struttura architettonica. Si visualizzano: - la struttura architettonica multilivello della stazione; - i criteri di suddivisione in 'aree funzionali' distinte; - i flussi dell'utenza per il raggiungimento delle mete principali (banchine di accesso ai treni metropolitani); - la distribuzione degli elementi di connessione tra le diverse aree; - il grado di intersezioni della stazione visualizzata come diagramma di Eulero-Venn; - il grado di complessità della stazione visualizzata come grafo; - i nodi maggiormente complessi. Le tavole riguardanti la stazione di Cadorna mirano a dimostrare che, a parità di servizi metropolitani disponibili, la struttura architettonica si presenta sensibilmente più semplice di quella di Loreto e, a supporto della maggiore facilità di orientamento al suo interno, una prova di tale affermazione si riscontra anche nella rappresentazione visiva della stazione mediante le tecniche del primo metodo. Pertanto, si visualizzano: - la struttura architettonica multilivello della stazione; - la semplicità del grafo in relazione alla struttura architettonica; - il confronto tra il grado di intersezioni delle stazioni come diagrammi di Eulero-Venn; - il confronto tra il grado di complessità delle stazioni visualizzate come grafi; - la simmetria degli insiemi, del grafo e della matrice di adiacenza.

7.4.2. Metodo abduttivo: Garibaldi Le tavole dalla 17 alla 32 riguardano il secondo metodo (abduttivo) e utilizzano come oggetto di studio la stazione milanese di Garibaldi. Partendo dall'analisi della stazione

Loreto, Cadorna e Garibaldi

195


esistente (con servizio comprensivo della linea 5 rispondente al progetto ufficialmente aperto all'utenza nel 2013, ma non ancora attivo), si sottopone una potenziale proposta di progetto della stazione di Garibaldi, qualora, nel corso degli anni, si fosse susseguita una sovrapposizione dei servizi di trasporto maggiormente strategica. In altre parole, si vuole dimostrare che, tenendo fede ad una visione piĂš strategica e diagrammatica, si sarebbe potuta avere una stazione migliore dal punto di vista del wayfinding anche semplicemente apportando alcune modifiche ideali al layout attuale, quelle proposte nel secondo metodo. Le tavole mirano a mostrare la dispersivitĂ dell'attuale configurazione della stazione che, nonostante sia conosciuta unitariamente "Garibaldi", si presenta agli occhi dell'utenza come una serie di tasselli di un puzzle mai concluso. Pertanto si visualizzano: - la cronistoria relativa alla nascita della stazione di Garibaldi e dell'intera rete milanese; - la stazione in relazione al sito urbano in cui sorge; - la struttura architettonica multilivello della stazione attuale; - il grado di complessitĂ della stazione attuale visualizzata come grafo; - la struttura architettonica multilivello della stazione potenziale; - il grado di complessitĂ della stazione potenziale visualizzata come grafo; - il criterio di progettazione del grafo della stazione potenziale (rispondenza alla definizione di 'grafo percorribile' di Eulero.

196

Introduzione alle tavole


Tavole


VISTA AEREA PIAZZALE LORETO

Sito urbano

Stazione di Loreto Tav. 1

Linea 2

Linea 1

Il 1 novembre 1964 viene inaugurata la prima tratta della linea M1: Sesto Marelli - Lotto. Tra le prime fermate, la stazione di Loreto diventerà nel 1969 una stazione di snodo con la linea M2. Il progetto originale prevedeva questo snodo presso la stazione di Porta Venezia, che infatti è caratterizzata dall’ampiezza delle banchine. Tuttavia, i progettisti han-


Piazzale Loreto

no fatto un grave errore di valutazione perché, nel congiungere la Stazione Centrale e quella di Lambrate (entrambe molto importanti per via degli snodi con le Ferrovie dello Stato), sarebbe stato molto difficile deviare la linea 2 a sud verso Porta Venezia. È risultata, invece, di passaggio la stazione di Loreto. Come è possibile notare da questa vista a volo

d’uccello (Bing Maps), il nome della stazione non rispetta neanche l’effettiva ubicazione dell’incrocio tra le due linee, situato più a sud di quasi 400 m rispetto a Piazzale Loreto, ovvero in Piazza Argentina. Questa incongruenza ha generato l’esigenza di ampliare considerevolmente l’area della stazione di Loreto, che equivale, infatti, a tre stazioni ordinarie.


Pasteur

Viale Bria n

za

ia

ACREA DI STAZIONE

Sito urbano

d An

Linea 2

Caiazzo

Tav. 2

Stazione di Loreto

a Vi

r Do a re

Lima


Co sta Via

Via

nza Mo

Pad ova

le Via a por

or ia P

V

Linea 1

Piazzale Loreto

na

nti

rge

le A

Via

Corso Bue

nos Aires

Viale Gra n Sasso

Piola


1. Via Monza Via Battaglia

4. Viale Abruzzi Via Caretta

2. Via Padova

5. Piazzale Loreto Corso Buenos Aires

3. Via Porpora Via Costa Via Padova

7. Piazzale Loreto Via Andrea Doria Corso Buenos Aires 8. Viale Brianza

6. Piazzale Loreto Via Andrea Doria Corso Buenos Aires

A

Tav. 3

ACCESSI DI SUPERFICIE

Area di stazione

Stazione di Loreto

Area tornelli Piazzale Loreto

1. Via Stradivari

4. Via Monteverdi

2. Piazzale Loreto Via Andrea Doria Corso Buenos Aires

5. Via Mercadante Corso Buenos Aires

3. Piazzale Loreto Via Andrea Doria Corso Buenos Aires

6. Piazza Argentina Via Mercadante 7. Piazza Argentina Via Mercadante

C

Area tornelli Piazza Argentina


3

4

2

1. Viale Abruzzi 2. Viale Abruzzi 3. Via Pecchio Via Gran Sasso Viale Abruzzi

1

4. Via Pecchio Via Gran Sasso Viale Abruzzi 8

7

6

5. Via Gran Sasso Viale Abruzzi

5

6. Via Gran Sasso Viale Abruzzi 7. Viale Abruzzi Via Stradivari

B

Area tornelli Viale Abruzzi

3 1

7

2 1

4

2

6

3

5

4

7

6

5


ESPLOSO ASSONOMETRICO AREE FUNZIONALI

Configurazione spaziale

Stazione di Loreto Tav. 4

A, B, C

Aree ingresso/uscita

D, E, F, G, H

Aree accesso banchine

I, J

Aree banchine M1

K, L

Aree banchine M2

Esploso assonometrico della stazione di Loreto, suddivisa secondi i piani di giacenza delle diverse aree funzionali individuate.

A

Area tornelli Piazzale Loreto

B

Area tornelli Viale Abruzzi

C

Area tornelli Piazza Argentina

D

Area accesso banchine A

E

Area accesso banchine B

F

Area accesso banchine C

G

Area accesso banchine C1

H

Area accesso banchine C2

I

M1 Bisceglie - Rho Fieramilano

J

M1 Sesto 1째 Maggio FS

K

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

L

M2 Cologno Nord - Gessate

A


B D

F C

J H E

I G

K L


Tav. 5

Configurazione spaziale

Stazione di Loreto AREE FUNZIONALI DISTRIBUITE SUI LIVELLI


-2

Aree ingresso/uscita

Area accesso banchine Area banchine M1 Area banchine M2

Aree sovrapposte su pi첫 livelli

-1

mezzanino


A

Area tornelli Piazzale Loreto

J

Tav. 6

PIAZZALE LORETO - M1 M2

Flussi di utenza

Stazione di Loreto

M1 Bisceglie - Rho Fieramilano

I

M1 Sesto 1째 M


Flussi di utenza della Linea 2

Flussi di utenza della Linea 1

Maggio FS

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

K

L

M2 Cologno Nord - Gessate


Flussi di utenza della Linea 2

Flussi di utenza della Linea 1

Tav. 7

VIALE ABRUZZI - M1 M2

I

M1 Sesto 1째 Maggio FS

M1 Bisceglie - Rho Fieramilano

Flussi di utenza

Stazione di Loreto

J

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

K

L

M2 Cologno Nord - Gessate


Area tornelli Viale Abruzzi

B


J

Tav. 8

PIAZZA ARGENTINA - M1 M2

M1 Bisceglie - Rho Fieramilano

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

K

Flussi di utenza

Stazione di Loreto

I

M1 Sesto 1째 Maggio FS

L

M2 Cologno Nord - Gessate


Flussi di utenza della Linea 2

Flussi di utenza della Linea 1

C

Area tornelli Piazza Argentina


A, B, C

Insiemi ingresso/uscita

Tornelli di accesso

D, E, F, G, H

Insiemi accesso banchine

Scale e scale mobili

I, J

Insiemi banchine M1

Ascensori e montascale

K, L

Insiemi banchine M1

Varco a raso Insieme

Tav. 9

Diagramma di Eulero-Venn

Stazione di Loreto

INSIEMI, ELEMENTI E INTERSEZIONI

Intersezioni tra insiemi

A

Area tornelli Piazzale Loreto

B

Area tornelli Viale Abruzzi

C

Area tornelli Piazza Argentina

D

Area accesso banchine A

E

Area accesso banchine B

F

Area accesso banchine C

G

Area accesso banchine C1

H

Area accesso banchine C2

I

M1 Bisceglie - Rho Fieramilano

J

M1 Sesto 1째 Maggio FS

K

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

L

M2 Cologno Nord - Gessate

Rappresentazione della stazione di Loreto secondo come diagramma di Eulero-Venn. Le aree sono state considerate come gli insiemi del diagramma intersecati tra di loro tramite elementi architettonici comuni di connessione.

= { 1 elemento } = { 3 elementi } = { 1 elemento } = { 4 elementi } = { 4 elementi } = { 3 elementi } = { 3 elementi } = { 2 elementi } = { 5 elementi }

= { 5 elementi } = { 1 elemento } = { 1 elemento } = { 4 elementi } = { 4 elementi } = { 1 elementi } = { 3 elementi } = { 3 elementi }


A

D

I

J

K

G

E

H

F

C

L

B


Linee tornelli

39

Scale

12

Scale mobili

11

Montascale

4

Ascensori

2

Varchi a raso

Tav. 10

1 1

Analisi del diagramma di Eulero-Venn

Stazione di Loreto

TASSONOMIA DEGLI ELEMENTI

3

1 1

1 1

1 1

2 2

1 1

1 1

1 1

1 1

4 4

2 2

1 1

1 1

8 8

4 4

8 8

7 7

2 2

A A

E E

B B

11 elementi

10 elementi

5 elementi

10 elementi

11 elementi

11 elementi

10 elementi

5 elementi

10 elementi

11 elementi

C C

I I


A sinistra, visualizzazione del numero totale di elementi contenuti nella stazione di Loreto suddivisi per tipologia: linee di tornelli, scale, scale mobili, montascale (per utenza diversamente abile), ascensori e varchi a raso (connessioni planari tra aree).

In basso, visualizzazione del numero di elementi contenuti in ciascun insieme in base alla rappresentazione di Loreto mediante diagramma di Eulero-Venn (Tav. 9). Tutti gli insiemi individuati (da ‘A’ a ‘L’) sono ordinati in proporzione rispetto all'estensione delle rispettive aree reali ad essi associati in ordine crescente. In questo modo è possibile riconoscere quali di queste aree (insiemi) siano maggiormente congestionate valutando visivamente il rapporto tra il numero, la tipologia di elementi contenuti e la superficie effettiva dell’area considerata.

1 1

1 1

1 1

1

1 1

1 1

2 2

1 1

1 1

3 3

2 2

1

1 1

2 2

1 1

2 2

1 1

1 1

2 2

1

4 4

4 4

3 3

2 2

1 1

3 3

2 2

2 2

4 4

3 3

5 5

5 5

2 2

5 5

4 4

i

K K

L L

H H

12 elementi

10 elementi

5 elementi

10 elementi

10 elementi

12 elementi

10 elementi

5 elementi

10 elementi

10 elementi

D D

J J

G G

F F

13 elementi

11 elementi

13 elementi

11 elementi


A, B, C

Nodi ingresso/uscita

Nodo del grafo

D, E, F, G, H

Nodi accesso banchine

Spigolo del grafo

I, J

Nodi banchine M1

K, L

Nodi banchine M1

n

Grado del nodo

Matrice di adiacenza

A B C D E F G H I J K L

Tav. 11

NODI, SPIGOLI E MATRICE DI ADIACENZA

Grafo di stazione

Stazione di Loreto

Nella matrice di adiacenza di un grafo si avrà il valore ‘1’ se esiste uno spigolo tra due nodi, ‘0’ viceversa.

A

Area tornelli Piazzale Loreto

B

Area tornelli Viale Abruzzi

C

Area tornelli Piazza Argentina

D

Area accesso banchine A

E

Area accesso banchine B

F

Area accesso banchine C

G

Area accesso banchine C1

H

Area accesso banchine C2

I

M1 Bisceglie - Rho Fieramilano

J

M1 Sesto 1° Maggio FS

K

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

L

M2 Cologno Nord - Gessate

A B C D E F G H I J K L

0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 0 1, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 1, 1, 0, 0 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 1, 1 0, 0, 1, 0, 0, 0, 1, 1, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 1, 0, 1, 1 0, 0, 0, 0, 1, 1, 0, 0, 0, 1, 1, 1 0, 0, 0, 1, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 1, 1, 0, 1, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 1, 0, 1, 1, 0, 0, 0, 0

La matrice di adiacenza relativa alla stazione di Loreto è asimmetrica e mostra che il grafo ad essa relativo è un grafo orientato. Il grafo della stazione di Loreto non è ‘percorribile’ secondo il terorema di Eulero: dispone di sei nodi di grado dispari e sei nodi di grado pari.

Rappresentazione del grafo della stazione di Loreto. Le aree sono state considerate come i nodi del grafo mentre gli spigoli mostrano quali nodi sono collegati tra loro.


1

A

Il grado di un nodo è il numero di spigoli che incidono su di esso

3

D

2

J

2

Pianta della stazione suddivisa in aree.

3

4

K

G H 4

5

E

4

B

1

L

Diagramma di Eulero Venn della stazione

F

C

4

1


Tav. 12

Flussi di utenza su grafo

Stazione di Loreto PERCORSI M1 M2

A

C

A.1

H E A

D

I

I

B

I

F

C

A.2

B.1

H

C.1

G E A

D D

J I J

G K

H

B.2

J

B

F

C.2

J

G

K

H

H

F

F

C


A

A.3.1 D

A.3.2 I

A.4.1

A.1

A

D

I

A.4.2

A.2

A

D

J

A.3.1

A

D

I

G

K

A.3.2

A

D

J

H

K

A.4.1

A

D

I

G

L

A.4.2

A

D

J

H

L

J

G H L

Flussi di utenza dall’area A alle banchine M1 e M2

B.3

E

B.4

E

B

L

B.1

B

E

H

F

B.2

B

E

H

J

B.3

B

E

K

B.4

B

E

L

G

B

Flussi di utenza dall’area B alle banchine M1 e M2

C.3.1

C.4.1

C.1

C A

F

G

I

C.3.2

C.4.2

C.2

C

F

H

J

C.3.1

C

F

G

K

C.3.2

C

F

H

K

C.4.1

C

F

G

L

C.4.2

C

F

H

L

G H L

F

C

Flussi di utenza dall’area C alle banchine M1 e M2

I


Tav. 13

Configurazione spaziale

Stazione di Cadorna

C

AREE FUNZIONALI E INSIEMI

D E

A

F

B


-1

A

Ingresso/uscita

B

Accesso banchine

C, D

Banchine M1

E, F

Banchine M1

Aree sovrapposte su pi첫 livelli

A

Area tornelli Piazzale Cadorna

B

Accesso banchine

C

Bisceglie - Rho Fier amilano

D

Sesto 1째 Maggio FS

E

Abbiategrasso - Assago Forum

F

Cologno Nord - Gessate

-1

mezzanino


A

Nodi ingresso/uscita

Nodo del grafo

B

Nodi accesso banchine

Spigolo del grafo

C, D

Nodi banchine M1

E, F

Nodi banchine M1

n

Grado del nodo

Matrice di adiacenza

A B C D E F

Tav. 14

NODI, SPIGOLI E MATRICE DI ADIACENZA

Grafo di stazione

Stazione di Cadorna

Nella matrice di adiacenza di un grafo si avrà il valore ‘1’ se esiste uno spigolo tra due nodi, ‘0’ viceversa.

A B C D E F

0, 1, 0, 1, 0, 0 1, 0, 1, 1, 1, 1 0, 1, 0, 0, 0, 1 0, 1, 0, 0, 0, 0 0, 1, 0, 0, 0, 0 0, 1, 1, 0, 0, 0

Rappresentazione del grafo della stazione di Cadorna. Le aree sono stateconsiderate come i nodi del grafo mentre gli spigoli mostrano quali nodi sono collegati tra loro.

A

Area tornelli Piazzale Cadorna

B

Area accesso banchine

C

M1 Bisceglie - Rho Fieramilano

D

M1 Sesto 1° Maggio FS

E

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

F

M2 Cologno Nord - Gessate

La matrice di adiacenza relativa alla stazione di Cadorna mostra che il grafo ad essa relativo ha una caratteristica particolare: è simmetrico, quindi ‘non orientato’. Il grafo della stazione di Cadorna non è ‘percorribile’ secondo il terorema di Eulero, tuttavia, escludendo il nodo A, lo diventerebbe. In quel caso, Il nodo B diventerebbe pari e i nodi C ed F diventerebbero gli unici due nodi dispari del grafo, consentendogli di diventare ‘percorribile’.


Il grado di un nodo è il numero di spigoli che incidono su di esso

1

Pianta della stazione suddivisa in aree.

C D

2

E

1

A

2

F B

1

5

Diagramma di Eulero Venn della stazione


INSIEMI, GRAFI E MATRICI DI ADIACENZA

La stazione di Cadorna è sensibilmente meno estesa di quella di Loreto.

La sua rappresentazione in diagramma d Questo requisito si lega alla maggiore fac

Confronto

Diagrammi di Eulero-Venn

Tav. 15

Loreto - Cadorna

Aree di stazione e aree di accesso ai binari


A B C D E F G H I J K L

Grafo della stazione

di Eulero-Venn e in grafo mostra la sua struttura simmetrica. cilitĂ di navigazione della stazione rispetto alla sua omologa.

A B C D E F G H I J K L 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 0 1, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 1, 1, 0, 0 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 1, 1 0, 0, 1, 0, 0, 0, 1, 1, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 1, 0, 1, 1 0, 0, 0, 0, 1, 1, 0, 0, 0, 1, 1, 1 0, 0, 0, 1, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 1, 1, 0, 1, 0, 0, 0, 0 0, 0, 0, 0, 1, 0, 1, 1, 0, 0, 0, 0

Matrice di adiacenza del grafo

A B C D E F

A B C D E F

0, 1, 0, 1, 0, 0 1, 0, 1, 1, 1, 1 0, 1, 0, 0, 0, 1 0, 1, 0, 0, 0, 0 0, 1, 0, 0, 0, 0 0, 1, 1, 0, 0, 0

La matrice di adiacenza della stazione di Cadorna è .simmetrica.


A

Area tornelli Piazzale Cadorna

B

Area accesso banchine

C

M1 Bisceglie - Rho Fieramilano

D

M1 Sesto 1° Maggio FS

E

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

F

M2 Cologno Nord - Gessate

Tav. 16

Configurazione spaziale

Stazione di Cadorna

GRAFO E VISIBILITĂ€

Rappresentazione tridimensionale del grafo sulla stazione di Cardona.

Le aree in giallo indicano una maggiore visibilitĂ dei percorsi possibili, consentendo una navigazione agevolata e il raggiungimento della propria destinazione in minor tempo.


A B

C D

E F


DAL 1840 AL 1864

Cronistoria

Stazione di Garibaldi Tav. 17

A

Ăˆ la prima stazione ferroviaria milanese, la seconda ferrovia costruita in Italia dopo la tratta Napoli-Castellamare. Collega Milano a Monza in 19 minuti.

Milano Porta Nuova (Prima) 1840

B

Ăˆ stato il capolinea della linea per Treviglio e il primo tronco lombardo della linea per Venezia.

Milano Porta Tosa 1846


C Viale Monte Grappa

Via Melchiorre Gioia

A D

Piazza della Repubblica

B

Aperta in sostituzione della

C

Collega Milano a Monza, Magenta e Como.

Milano Porta Nuova (Seconda) 1850

D

Via Marcona ang. Via Fiamma

Aperta in sostituzione delle stazioni di Porta Nuova e di Porta Tosa per il trasporto passeggeri. Tramite un articolato sistema di connessioni, la stazione fu collegata con tutte le linee all'epoca che raggiungevano la cittĂ di Milano.

Milano Centrale (Prima) 1864


Luoghi tavola precedente DAL 1873 AL 1931

Cronistoria

Stazione di Garibaldi Tav. 18

E

Inizialmente conosciuta come Stazione Porta Nuova (Terza). Aperta in sostituzione delle stazioni di Porta Nuova e di Porta Tosa per il trasporto delle merci. Soppressa nel 1917, anno in cui le funzioni vengono trasferite in Farini.

Milano Porta Garibaldi (Prima) 1873

Apertura del nuovo scalo merci di Milano Farini poco discosto da Milano Porta Garibaldi (Prima) e raccordato alla rete con il Bivio Ghisolfa.

Milano Porta Nuova (Quart


G

Via Valtellina

Viale della Liberazione

H

F E

F

G

Sorge ad ovest del piazzale di Milano Centrale (Prima). Destinata a capolinea di relazioni locali a terza rotaia.

Milano Farini (Scalo)

ta) 1911

Piazza Duca d’Aosta

Via Galileo Galilei

H

Apertura della nuova Stazione Centrale di Milano, in uso ancora oggi. Ăˆ la seconda stazione in Italia per flusso di passeggeri dopo Roma Termini.

Milano Centrale (Seconda) 1931


DAL 1953 AL 1997

Cronistoria

Stazione di Garibaldi Tav. 19

I

Il piano regolatore approva la costruzione di un nuovo quartiere per gestire la congestione del centro cittadino, dovuta all'insediamento massiccio delle funzioni terziarie. La soluzione prevede la costruzione di un ’Centro Direzionale’ funzionale alla de-centralizzazione delle maggiori realtà aziendali ed amministrative terziarie presenti sul territorio. Per consentire il raggiungimento di questo nuovo quartiere sia ai cittadini che ai visitatori, si prevede la costruzione di un’apparato infrastrutturale potenziato dotato di due “assi attrezzati” (autostrade urbane a croce) e la stazione di Milano Garibaldi, in cui far confluire i flussi ferroviari regionali, una linea metropolitana e le ‘linee celeri della Brianza’. Il progetto originale viene ripubblicato nel 1955 e nel 1962. Viene criticato, comunque approvato ma solo parzialmente realizzato in quanto boicottato dai cittadini del quartiere Isola: era prevista la sua demolizione per costruire la direttrice auostradale nord-est. Inoltre, in assenza di normative che limitassero la crescita ulteriore del terziario nella zona storica, il progetto ‘Direzionale’ si rivela forzato e inorganico. Nonostante alcune variazioni, viene abbandonato definitivamente a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta

Centro Direzionale 1953

1. Grattacielo Pirelli (1955 - 1960) 2. (1960 - 1964) 3. (1956 -1959) 4. Torre Galfa (1956 -1959) 5. (1968 - 1972) 6. Sede servizi tecnici del Comune di Milano (195 7. Stazione ferroviaria Milano Porta Garibaldi (1 8. Cavalcavia Eugenio Bussa (1960 - 1965) 9. Cavalcavia Carlo Farini (1960 - 1965) 10. Chiusura del Naviglio della Martesana (1960

‘Centro Direzionale’ (area interessata) ‘Assi attrezzati’ (autostrade urbane mai Edifici ed infrastrutture esistenti oggi

J

Inizialmente conosciuta come Stazione Porta Nuova (Quinta) Aperta per il servizio di trasporto passeggeri. Utilizza l’area della demolita Milano Porta Garibaldi (Prima), ovvero Milano Porta Nuova (Terza).

Milano Porta Garibaldi (Seconda) 1963


Luoghi Luoghitavola tavolaprecedente precedente

55 - 1965) 1957 - 1963)

0 - 1965) 6 9

1 8

realizzate)

5

7

J KL

3

2

4

10

Piazza Freud

).

o

)

K

Aperta la stazione sotterranea della linea metropolitana 2.

Porta Garibaldi (Metropolitana M2) 1971

L

Aperta la stazione sotterranea del Passante Ferroviario

Porta Garibaldi (Servizio suburbano) 1997


1. Palazzo della Regione (2008 - 2011) 2. Incubatore per l’Arte (2009 - 2013) 3. Casa della Memoria (2012 -2014) 4. MOdAM (2010 - 2012) 5. Torre Hines Cesar Pelli (2009 - 2013) 6. Torri residenziali Varesine (2012 - 2015) 7. Centro Culturale Varesine (2008 - 2012) 8. Spazio Espositivo Grimshaw (sospeso) 9. Giardini Porta Nuova (2004 - 2015) 10. Bosco verticale (2009 - 2014) 11. Torre diamante (2010 - 2015) 12. Gilli Hotel (sospeso)

Tav. 20

DAL 2007 AL 2013

Viene approvato il progetto Porta Nuova: Uu polo strategico nella città di Milano, area di riqualificazione dei tre progetti di Garibaldi, Varesine e Isola (rimasti sospesi dalla chiusura del progetto ‘Direzionale’). Si estende in un area comples-

Cronistoria

Stazione di Garibaldi

‘Progetto Porta Nuova’ (area interessata) Linea metropolitana 5 Edifici in costruzione

M

spazi commerciali, residenze, centri culturali, una struttura alberghiera, un padiglione espositivo.

Progetto ‘Porta Nuova’ 2007

N

Apertura della prima tra della linea metropolitana Viaggerà da Garibaldi FS Bignami (nord-est). Entro il 2015 si prospetta l’apertura della seconda Garibaldi - San Siro.

Garibaldi (metropolitana M5) 2013


Luoghi tavola precedente 3

Viale della Liberazione

atta a 5. Sa

a

tratta

N

1 2

10 9 4 8 5 6 12 7 11


ENTRO IL 2020

Cronistoria

Stazione di Garibaldi Tav. 21

Metropolitana

Ferrovia

STAZIONE M1 STAZIONE M2 STAZIONE M3 STAZIONE M5 STAZIONE M4

Binari in superficie

2020



Linea 1 Linea 2 Linea 3 Linea 5 Linea 4

SINOTTICO

Milano Porta Garibaldi

Cronistoria

Stazione di Garibaldi

Prima

REG

Seconda

REG

Terza

FS + REG

Quarta

FS + REG

Quinta

FS + REG

Garibaldi FS

M2

Milano Porta Gar Garibaldi

Linee S

Garibaldi FS

M5

Tav. 22

Milano Porta Tosa

REG

Milano Farini Milano Centrale

SCALO Prima

REG

Seconda

FS

73 18

64

4 18 6 50

18

Cronistoria delle fasi relative alla nascita della stazione ferroviaria di Milano Porta Garibaldi.

18

18

40

Cronistoria delle inaugurazioni avvenute e in previsione delle linee della metropolitana milanese.


13

20

19 97

19 71

63

19

19 31

19 11

20 20

2

20 1

90

19

64 19 69

19


Destinazioni regionali, nazionali, internaziona

Abbiategrasso - Assago / Cologno Nord - Gessa Bignami - Garibaldi FS

Tav. 23

SCHEMA DI DISTRIBUZIONE

Servizi di trasporto

Stazione di Garibaldi

S1

S2

S5

S6

S7

S8 S11 S13


ali

ate


Tav. 24

Sito urbano LOCALIZZAZIONE AREE DI ATTESA TRENI

Stazione di Garibaldi

D1

A Piazza Freud

D2

C B

Bastio ni di P orta N u ova

Piazza Repubblica


ioi a ior re G el ch Vi aM

Via

Pis

an

i

Piazza Duca d’Aosta

0 -1 -2 -3

A

+

0

D1

B C D2 Servizio ferroviario Milano Porta Garibaldi internazionale

A

nazionale

A

regionale

A

D1 B D2

metropolitano

B

C

D2


AREE STAZIONE, BANCHINE E BINARI

Configurazione spaziale

Stazione di Garibaldi

San Siro

Passante Ferroviario Linea 5

Tav. 25

Linea 2 Ferrovie dello Stato Linea 5 primo progetto Aree di stazione

Abbiateg Binario raccordo M2 M5


grasso - Assago Forum

Cologno Nord - Gessate Bignami


AREE FUNZIONALI DISTRIBUITE SUI LIVELLI

Configurazione spaziale

Binari e banchina di attesa treni del Passante Ferroviario, servizio di trasporto regionale e suburbano

Aree Passante Ferroviario

mezzanino

Area M5 Area M2 Area FS

Tav. 26

Stazione di Garibaldi

-3

Aree sovrapposte su pi첫 livelli

Mezzanino (area tornelli) delle stazioni metropolitane linee 2 e 5; mezzanino del Passante Ferroviario; piano -1 di accesso ai binari FS 13-20


-2

-1

Mezzanino della stazione del Passante Ferroviario, per lo smistamento dei flussi

Binari e banchina di attesa treni della metropolinana linea 2

Binari e banchina di attesa treni della metropolinana linea 5

0

Piano 0 con accesso diretto all’esterno

+1

Piano 1, attualmente vuoto


Tav. 27

Configurazione spaziale ASSONOMETRIA AREE FUNZIONALI

Stazione di Garibaldi

I

K

G

M

N

O L J

F C


B E

D

A

A, C, D

Aree FS - Stazione

B, E

Aree FS - Binari

F, I, J, K

Aree Passante Ferroviario

G, L, M

Aree M5

H, N, O

Aree M2


CONFIGURAZIONE ATTUALE

Grafo di stazione

Stazione di Garibaldi Tav. 28

A, C, D

Nodi FS - Stazione

Nodo del grafo

B, E

Nodi FS - Binari

Spigolo del grafo

F, I, J, K

Nodi Passante Ferroviario

G, L, M

Nodi M5

H, N, O

Nodi M2

A

FS Piano 0

B

FS Binari 1 - 13

C

FS Piano -1

D

FS Piano +1

E

FS Binari 14 - 20

F

Passante Ferroviario Tornelli

G

M5 Tornelli

H

M2 Tornelli

I

Passante Ferroviario Piano -2

J

Passante Ferroviario Binario 1

K

Passante Ferroviario Binario 2

L

M5 San Siro

M

M5 Bignami

N

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

O

M2 Cologno Nord - Gessate

n

Grado del nodo

Rappresentazione del grafo della stazione di Garibaldi entro il 2013. Le aree sono state considerate come i nodi del grafo mentre gli spigoli mostrano quali nodi sono collegati tra loro.

Un qualsiasi grafo è percorribile se e solo se ha tutti i nodi di grado pari, o due di essi sono di grado dispari; per percorrere un grafo "possibile" con due nodi di grado dispari, è necessario partire da uno di essi, e si terminerà sull’altro nodo dispari.

Il grafo di Garibaldi è percorribile? Il grafo della stazione di Garibaldi non è un grafo percorribile perché nove dei suoi nodi sono dispari, mentre i restanti sei sono pari.


14 - 20 19

1 - 13

3 2

J

I 2

B

1

D

1

1

E

C A

3

3

K F 2

2

4

L M G

3

H

3

1

N

O

1


AREE FUNZIONALI DISTRIBUITE SUI LIVELLI

Configurazione spaziale

Binari e banchina di attesa treni del Passante Ferroviario, servizio di trasporto regionale e suburbano

Banchine Passante Ferroviario

mezzanino

Banchine M5 Banchine M2 Banchine FS Area di stazione

Tav. 29

Stazione di Garibaldi ri-progettata

-3

Aree sovrapposte su pi첫 livelli

Mezzanino (area tornelli) delle stazioni metropolitane linee 2 e 5; mezzanino del Passante Ferroviario; piano -1 di accesso ai binari FS 13-20


-2

Binari e banchina di attesa treni della metropolinana linea 5

0

Piano 0 con accesso diretto all’esterno

-1

Binari e banchina di attesa treni della metropolinana linea 2

+1

Piano 1, attualmente vuoto


Tav. 30

Configurazione spaziale ASSONOMETRIA AREE FUNZIONALI

Stazione di Garibaldi ri-progettata

E

C

H G

B

K L

J

I


F

E D

A

A

A, B, C, D

Aree FS - Stazione

E, F

Aree FS - Binari

G, H

Aree Passante Ferroviario

I, J

Aree M5

K, L

Aree M2


CONFIGURAZIONE POTENZIALE

Grafo di stazione

Stazione di Garibaldi ri-progettata Tav. 31

A, B, C, D

Nodi FS - Stazione

Nodo del grafo

E, F

Nodi FS - Binari

Spigolo del grafo

G, H

Nodi Passante Ferroviario

I, J

Nodi M5

K, L

Nodi M2

A

Stazione Piano 0

B

Stazione Piano -1 (linee sotterranee)

C D

FS Piano +1

E

FS Binari 1 - 13

F

FS Binari 14 - 20

G

Passante Ferroviario Binario 1

H

Passante Ferroviario Binario 2

I

M5 San Siro

J

M5 Bignami

K

M2 Abbiategrasso - Assago Forum

L

M2 Cologno Nord - Gessate

n

Grado del nodo

Rappresentazione del grafo di una potenziale struttura della stazione di Garibaldi, qualora la stratificazione dei diversi servizi fosse avvenuta in modo maggiormente organico nel corso degli anni, in funzione del planning di sviluppo futuro di quell’area urbana.

Un qualsiasi grafo è percorribile se e solo se ha tutti i nodi di grado pari, o due di essi sono di grado dispari; per percorrere un grafo "possibile" con due nodi di grado dispari, è necessario partire da uno di essi, e si terminerà sull’altro nodo dispari.

Il grafo di Garibaldi è percorribile? Il grafo potenziale della stazione di Garibaldi è stato concepito in funzione del requisito ‘percorribilità’. È un grafo percorribile perché solo due dei suoi nodi sono dispari, mentre i restanti sono di grado pari.


F

2

D 3

C E

2

2

2

G

H

2

I

2

J

B

2

8

A

K L

2

3

2


Tav. 32

Confronto STRUTTURA E GRAFI

Garibaldi attuale - Garibaldi potenziale

Attuale

Aree di stazione e aree di accesso ai binari

Potenziale


15 nodi, 16 spigoli

Aree di stazione e banchine di attesa treni

Grafo della stazione

12 nodi, 16 spigoli




Conclusione

262

L’applicazione dei due metodi individuati in questa tesi ha portato alla luce risultati interessanti. Il confronto tra le stazioni di Loreto e di Cadorna mostra quanto evidentemente la seconda stazione sia maggiormente navigabile della prima. La sua struttura diagrammaticamente simmetrica è di aiuto all’utenza che riesce di conseguenza a individuare gli accessi alle quattro banchine in maniera meno dispersiva rispetto a Loreto. Sicuramente l’estensione della stazione di Loreto non avvantaggia il processo di orientamento al suo interno, ma è parallelamente vero che il suo grafo oltre a non essere percorribile, risulta evidentemente sbilanciato e dispersivo. Per renderlo percorribile sarebbe necessario riorganizzarlo completamente, mentre per rendere percorribile il grafo di Cadorna basterebbe eliminare idealmente la linea dei tornelli e far coincidere le aree A e B. Per quanto riguarda il secondo metodo, la configurazione attuale della stazione di Garibaldi non si distingue affatto per organicità, anzi, come succede per Loreto, i nodi del grafo a essa relativo sono disposti senza soluzione di continuità. Se la stratificazione dei molteplici servizi ferroviari offerti fossero stati frutto di una concezione diagrammatica e lungimirante, si sarebbe optato per una stazione unica, più compatta, avente meno aree distinte tra loro. Con l’arrivo della linea 5, Garibaldi si presenterà come un’agglomerato di cinque stazioni più piccole, tenute insieme da collegamenti inefficaci, scomodi, poco visibili e poco navigabili. Attualmente, la stazione di Garibaldi è percepibile come un labirinto e i percorsi che congiungono aree diametralmente opposte tra loro sono poco segnalati e inaccettabili in termini di affordance: primo tra questi percorsi è quello dall’area della linea 2 a quella dei binari 14-20 della stazione di superficie. Nella stazione potenziale ri-progettata mediante tracciamento di un grafo euleriano percorribile, sono stati ipoteticamente accorpati i diversi servizi offerti in due grandi categorie: i servizi di trasporto sotterranei e i servizi di trasporto di superficie. Si è ipotizzata una struttura architettonica più compatta per agevolare i flussi. L’utenza proveniente dai servizi FS potrà accedere all’esterno della stazione intraprendendo una direzione diversa dall’utenza che vorrà, invece, accedere ai servizi sotterranei. Allo stesso modo, gli utenti provenienti dalle linee sotterranee potranno accedere all’esterno dirigendosi al piano 0, oppure potranno accedere a tutti i servizi di superficie sfruttando un corridoio-sottopassaggio di connessione sullo stesso piano mezzanino.

Conclusione


Ovviamente, sarebbero auspicabili due cose: da un lato sperimentare il primo metodo su un numero più elevato di stazioni già esistenti, dall’altro provare a ipotizzare le n configurazioni diverse da proporre come soluzione per la realizzazione di nuove stazioni ferroviarie. Tuttavia, i tempi dei processi analitici e progettuali (per quanto immediate possano essere le visualizzazioni) richiedono il rispetto di molti vincoli legati alla fattibilità fisica e geologica di un’architettura sotterranea, ai costi di produzione. A questo proposito, il confronto diretto circa le tematiche dell’orientamento con l’informatico Piero Molino1, ha portato alla luce l’ipotesi di realizzare un software capace di rispondere alle esigenze dei due metodi oggetto di questa tesi: un software di analisi e simulazione in cui la rappresentazione di un luogo fisico come grafo permette di compiere un’analisi specifica della criticità di ciascun nodo e di suggerire il migliore posizionamento della segnaletica e di simulare il comportamento dell’utenza tramite tecniche di intelligenza artificiale. Per farlo, sarebbe necessario inserire una serie di parametri input, come ad esempio il numero massimo atteso di persone nella struttura nascente oppure le relazioni spaziali tra i nodi fissi (ad esempio il posizionamento urbanisticamente e geologicamente accettabile dei binari), il costo di una determinata combinazione di nodi piuttosto che di un’altra. Infine, con crescente grado di difficoltà, si potrebbero utilizzare algoritmi genetici capaci di generare combinazioni di diverse prove, di valutarle, compararle e incrociarle ritornando quindi la combinazione migliore. Undergrams, il software nato da questa tesi, sarebbe un’applicazione in grado di dare veri e propri consigli agli utilizzatori, in merito alle scelte più critiche sia nella fase di progettazione degli apparati segnaletici di una stazione sia nelle fasi di nascita di una nuova stazione di interscambio, per fornire in maniera automatica, a partire da vincoli pre-fissati, le configurazioni possibili dello stesso, sottoforma di grafi percorribili.

1. Co-funder e Chief Technology Officer presso QuestionCube (start-up nell’ambito del Question Answering e dei motori di ricerca semantici) e PhD student presso il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.

Conclusione

263



Bibliografia

Riferimenti bibliografici

Agostino d'Ippona 391

De vera religio, Roma, Nuova Città Edizioni. Arnauld, Antoine; Nicole, Pierre

1662

Logique, ou l’art de penser, Parigi, Flammarion.

1620

Novum Organum, New York, P. F. Collier and Sons.

Bacon, Francis

Calvino, Italo 1884

Le città invisibili, Torino, Einaudi. 265

Cianchetta, Bruno 1978

Alcuni modelli di traffico: i percorsi sui grafi, Roma, Bulzoni.

1999

Introduzione alla logica, Bologna, Il Mulino.

1972

I modelli grafo-matematici e la progettazione, Firenze, Clufs.

Copi, Irving Marmer; Cohen, Carl

Del Nord, Romano

Descartes, Renè 1644

Principia philosophiae, Whitefish, Kessinger Publishing.

1741

Solutio Problematis ad Geometriam Situs Pertinentis, 'Commentarii Academiae Scientiarum

Eulero, Leonhard Imperialis Petropolitanae', vol VIII, San Pietroburgo, St. Petersburg Academy, pp. 128-140. Fabbrichesi Leo, Rossella 2000

I corpi del significato: lingua, scrittura e conoscenza in Leibniz e Wittgenstein, Milano, Jaca Book.

2009

Crisi della ragione cartografica, Torino, Giulio Einaudi Editore.

Farinelli, Franco

Riferimenti bibliografici


Gibson, James Jerome 1979

The Information for Visual Perception - cap. VIII ‘The theory of affordances’, LEA Inc. Publishers. Gibson, James Jerome

1966

The Senses Considered as Perceptual Systems - cap. XIII ‘The theory of Information Pick-up’, Greenwood Press. Lynch, Kevin

1960

The image of the city, Boston, MIT Press.

2005

Wayshowing 'A Guide to Environmental Signage Priciples and Practices', Lars Müller Publishers.

1979

Orientamento degli animali, in AA.VV. Enciclopedia del Novecento, Roma, Treccani.

1906

Collected Papers 'On Existential Graphs, Euler’s Diagrams, and Logical Algebra', Cambridge,

Mollerup, Per

Pardi, Leo

Pierce, Charles Sanders Belknap Press of Harvard University Press. Pierce, Charles Sanders 266

1887

The Fixation of Belief, "The Popular Science Monthly", 5, pp.1-15. Rodari, Gianni

1973

Grammatica della fantasia, Torino, Einaudi.

2007

Prima lezione di urbanistica, Bari, Editori Laterza.

1666

Dissertatio de arte combinatoria.

Secchi, Bernardo

Von Leibniz, Gottfried Wilhelm

Zingale, Salvatore 2009

Gioco, dialogo, design, Brescia, Atì Editori. Zingale, Salvatore

2012

Orientarsi tutti. Il contributo della semiotica per un Wayfinding for All, in Isabella T. Steffan (a cura di), Design for All. Possibili metodi, strumenti, applicazioni, Rimini, Maggioli. [in corso di pubblicazione]

Riferimenti bibliografici


Opere consultate

Artuso, Nicoletta; De Nobili, Gabriele; 1988

Memoria e relazione. Il luogo delle mura tra Porta Volta e Porta Garibaldi, (tesi di Laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano, rel. Gianni Celada), Milano. Bagni, Giorgio Tommaso

2007

Insiemi e diagrammi di Eulero-Venn, (dispense del Master in Didattica delle Scienze, Dipartimento di Matematica e Informatica, Università di Udine), Udine. Basti, Gianfranco

2006

Logica Classica e Simbolica, (dispense del corso, Facoltà di Diritto Canonico, Pontificia Università Lateranense), Roma. Basti, Gianfranco

2008

Introduzione alla logica deontica, (dispense del corso, Facoltà di Diritto Canonico, Pontificia Università Lateranense), Roma. Batty, Michael et al.

2000

Visualizing the city: communicating urban design to planners and decision-makers, <http:// www.casa.ucl.ac.uk/visualcities.pdf>, in rete dall'ottobre del 2000. Bazzarello, Giorgio

1981

Milano. Analisi e Progetto nella zona di Porta Garibaldi, (tesi di Laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano, rel. Daniele Vitale). Belocchi, Sara; Lavorante, Francesca Monia; Riccardi, Irene

2006

Dalla logica naturale alla logica formale, (elaborato finale, corso di perfezionamento in nuove tendenze nella didattica della matematica e della fisica, Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, Università degli Studi di Roma Tor Vergata), Roma. Beneicke, Alice; Biesek, Jack; Brandon, Kelley

2003

Wayfinding and Signage in Library Design, <www.librisdesign.org/docs/WayfindingSignage.pdf> Bertella, Laura; Marchi, Stefano; Riva, Giuseppe

2001

Virtual environment for topographical orientation (VETO): clinical rationale and technical characteristics, <http://www.mitpressjournals.org/doi/ abs/10.1162/1054746011470280>, in rete dall'agosto 2001 Bertoni, Alberto; Goldwurm, Massimiliano

2008

Progetto e analisi di algoritmi, (dispense del corso di algoritmi e strutture dati, Corso di Laurea in Informatica, dipartimento di Scienze dell'Informazione, Università degli Studi di Milano), Milano.

Opere consultate

267


Bonfantini, Massimo A. 2000

Breve corso di semiotica, Napoli, Edizioni scientifiche italiane. Bonfantini, Massimo A.; Ponzio, Augusto

1982

Dialogo sui dialoghi, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane.

1999

Cenni sulla logica modale, Milano, Bruno Mondadori Editore.

2005

Note del Corso di Teoria dei Grafi, (dispense del corso, Università degli Studi di Salerno),

Boniolo, Giovanni; Vidali, Paolo

Bottacin, Francesco Salerno. Chemero, Anthony 2003

An Outline of a Theory of Affordances, Lancaster, Pennsylvania, EBSCO Publishing.

2001

La logica deontica, in Renato Parascandolo Roma (a cura di), Enciclopedia Multimediale

Conte, Amedeo Giovanni delle Scienze Filosofiche, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei. Danesi, Marcel 268

2006

Labirinti, quadrati magici e paradossi logici. "I dieci più grandi enigmi matematici di tutti i tempi", Bari, Edizioni Dedalo. Dau, Frithjof

2007

The Role of Existential Graphs in Peirce’s Philosophy, Dresda, Technische Universitat Dresden. Desyllas, Jake; Duxbury, Elspeth

2001

Axial maps and visibility graph analysis, (atti dallo "Space Syntax Third International Symposium", Georgia Institute of Technology, 7–11 May 2001), Atlanta. Devlin, Keith

2002

The Millennium Problems: the Seven Greatest Unsolved Mathematical Puzzles of Our Time, New York, Basic Books. Dursun, Pelin

2007

Space Syntax in Architectural Design, (atti dal "Proceedings", 6th International Space Syntax Symposium, Istanbul), Turchia. Franck, Karen; Stevens, Quentin

2007

Loose Space: possibility and diversity in urban life, New York, Routledge.

Opere consultate


Gibson, James Jerome 1979

The ecological approach to visual perception, Hillsdale, Laurence Erlbaum Associates Inc. Publishers. Golledge, Reginald George

1999

Wayfinding behavior: cognitive mapping and other spatial processes, Baltimore, The John Hopkins University Press. Hillier, Bill

2004

Space is the machine, London, Press Syndacate of the University of Cambridge. Hölscher, Christoph; Brösamle, Martin

2007

Capturing indoor wayfinding strategies and differences in spatial knowledge with Space Syntax, Centre for Cognitive Science, University of Freiburg. Kauffman, Louis H.

2001

The Mathematics of Charles Sanders Peirce, (Cybernetics & Human Knowing, Vol.8, n.1–2, pp. 79–110). Ke, Chen

1993

Environmental Affordance, “Forum”, 2, 1993, pp. 57-64. 269

Klarqvist, Björn 1993

A Space Syntax Glossary, "Nordisk Arkitektureforskning", 2, pp. 11-12.

2001

Mimesi e percezione indiretta: a partire da Gibson, (atti del seminario “La nuova estetica

Kobau, Pietro; Luigi Russo (a cura di) italiana”, Palermo, 27-28 ottobre 2001), Palermo, Aesthetica Preprint, pp. 57-70. Liarokapis, Fotis; Raper, Jonathan; Brujic-Okretic, Vesna 2006

Navigating within the urban environment using location and orientation-based services, (atti della "European Navigation Conference 2006", Manchester, 7-10 Maggio 2006). Loeb, Carolyn

2006

Planning reunification: the planning history of the fall of the Berlin Wall, Oxford, Taylor and Francis. Mainini, Giorgio

2007

Il problema dei ponti di Königsberg: soluzione di Euler, "Bollettino dei docenti di matematica", 55, dicembre 2007, edito dalla Divisione della Scuola e dal Centro didattico cantonale del Dipartimento dell'educazione, della cultura e del lo sport della Repubblica e Cantone Ticino.

Opere consultate


Mandel, Lauren 2009

Attributing and defining meaning to the built environment: the semiotics of wayfinding, (atti dal " 2009 Annual Meeting of the American Society for Information Science and Technology", Vancouver, 6-9 Novembre 2009), Vancouver. Mogorovich, Paolo

2009

Il problema di Eulero, (dispense del Corso di Sistemi Informativi Territoriali, Dipartimento di Informatica, Università di Pisa), Pisa. Morello, Eugenio; Ratti, Carlo

2009

A Digital Image of the City: 3D isovists in Lynch’s Urban Analysis, < http://www.envplan. com/abstract.cgi?id=b34144t>, in rete dal maggio del 2009. Mugnai, Massimo

2009

Introduzione alla logica modale, (dispense del corso di storia e filosofia della logica, Scuola Normale Superiore), Pisa. Nenci, Anna Maria; Troffa, Renato

2006

Integrating space syntax in wayfinding analysis, (atti dal "Space Syntax and Spatial Cognition Workshop", Brema, 24 Settembre 2006) Brema.

270

Pasotti, Anita 2007

Il teorema dei quattro colori e la teoria dei grafi, "Matematicamente.it Magazine", 4, pp. 7-10. Pietarinen, Ahti-Veikko

2003

Peirce’s Theory of Communication and Its Contemporary Relevance, Academy of Finland.

2006

Effetto straniante e orizzonte antropologico della logica deontica. "Dialogando con Tom-

Pizzo, Alessandro maso Gazzolo", <http://www.dialettico.it/Quali%20i%20limiti%20semiotici%20della%20 logica%20deontica.pdf> Pizzo, Alessandro 2007

Pensiero pratico e logica deontica: assenza o presenza di razionalità?, < http://www. filosofia.it/images/download/essais/07_PensieroPratico_e_logica0deontica.pdf> Pizzo, Alessandro

2005

Logica deontica e filosofia della logica deontica, < http://www.dialettico.it/>, online daluglio 2005. Potangaroa, Regan; Chan, Tao

2010

Spatial Syntax Analysis of Tent Layouts, (atti dalla " Construction, Building and Real Esta-

Opere consultate


te Research Conference", Royal Institution of Chartered Surveyors, Parigi, 2-3 Settembre 2010), Parigi. Ruggiero, Gennaro; Ruotolo Francesco 2008

Sistemi di riferimento egocentrici ed allocentrici: una misura diretta (atti dal "XIV Congresso annuale AIP - Sezione Sperimentale", Padova 18-20 Settembre 2008), Padova. Sacerdote, Fausto

2002

Topografia e cartografia digitale, (dispense del corso per tecnico in cartografia tematica per i sistemi informativi territoriali, Università degli Studi di Firenze), Empoli. Snow, Charles P.

1959

Le due culture, Venezia, Marsilio Editori.

2008

‘Broken’ public spaces in theory and practice, (dispense del corso, Bartlett School of

Stevens, Quentin Planning, University College of London) Londra. Stevens, Quentin 2007

The ludic city: exploring the potential of public spaces, New York, Routledge. Stonor, Tim

2009

The architecture of behaviour and the new urban beauty (atti dalla conferenza "Destinazione italia 2020", Torino, 30 gennaio 2009), Torino. Torelli, Mauro Grafi e Alberi come Linguaggi, (note al corso di algoritmi e strutture di dati, Dipartimento

2005

di Scienze dell'Informazione, Università degli Studi di Milano), Milano. Torelli, Mauro

2004

Una Guida alla Visita di Grafi, (note al corso di algoritmi e strutture di dati, Dipartimento di Scienze dell'Informazione, Università degli Studi di Milano), Milano. Turner, Alasdair

2001

Depthmap: A Program to Perform Visibility Graph Analysis, (atti dal "3rd International Symposium on Space Syntax", Georgia Institute of Technology, 7–11 May 2001), Atlanta. Venturi, Robert; Scott Brown, Denise; Izenour, Steven

1972

Learning from Las Vegas, London, Eighteenth Printing.

2007

A critical, comprehensive review of two studies recently released by the outdoor adverti-

Watcher, Jerry sing association of America, Berkeley, California.

Opere consultate

271


Zalamea, Fernando 2006

Ostruzioni e passaggi nella dialettica continuo/discreto: il caso dei grafi esistenziali e della logica dei fasci, "Dedalus", 2, 2007, pp. 20-25. Zingale, Salvatore

2012

Wayfinding e cognizione spaziale, intervista di Linda Melzani per la tesi di laurea magistrale "Generative travel. Perdersi e ritrovarsi per riscoprire il mondo" discussa presso il Politecnico di Milano. Zingale, Salvatore

2008

Il ciclo inferenziale. Deduzione, induzione, abduzione: dall’interpretazione alla progettualità , in <http://www.salvatorezingale.it/workingpapers>

272

Opere consultate


Altre opere inerenti l'argomento

Braaksma, J. P.; Cook, W. J.; 1980

Human orientation in transportation terminals, "Transportation Engineering Journal", 1980, 106, pp. 189–203. Conroy Dalton, Ruth; Bafna, Sonit

2003

The syntactical image of the city: A reciprocal definition of spatial elements and spatial syntaxes, Georgia Institute of Technology, USA. Hillier, B.; Hanson, J.;

1984

The Social Logic of Space, Cambridge, Cambridge University Press.

2002

Gender differences in way-finding strategies: Relationship to spatial ability and spatial anxiety,

Lawton, C. A. "Sex roles", 20, pp. 765-779. Mandel, Lauren H. 2009

Attributing and Defining Meaning to the Built Environment: The Semiotics of Wayfinding, Florida State University, College of Communication & Information, School of Library & Information Studies. Nebuloni, Attilio

2011

2011 Diagrammi dell'abitare. "Ricerche e ipotesi progettuali tra architettura e natura", Milano, FrancoAngeli.

1998

Ramadier, T.; Moser, G. Social legibility, the cognitive map and urban behaviour, "Journal of Environmental Psychology", 18, 1998, pp. 307-319.

2005

Timpf, Sabine; RĂźetschi, Urs-Jakob; Caduff, David Cognitive Wayfinding Agents in Public Transportation Networks, Geographic Information Science Center, University of Zurich.

2004

Wegener. M. Overview of land use transport models, in Hensher, D. A.; Button, K. J.; Haynes, K. E.; Stopher, P. Handbook of transport geography and spatial systems, 5. New York, Elsevier.

Altre opere inerenti l'argomento

273


Sitografia

http://www.domusweb.it/it/architecture/kumamoto-station/ http://www.salvatorezingale.it/ortosemiotico/category/sul-progetto http://www.youtube.com/user/knowitvideos http://www.jfsowa.com/peirce/ms514.htm http://www.existentialgraphs.com/ http://www.sottomilano.it/ http://www.storiadimilano.it/citta/milanotecnica/ferrovie/ferr_centrale.htm http://www.t-i-m-o-n-e.it/ricordi/rdr/rdrdett.php?id=0191 http://www.skyscrapercity.com/showthread.php?t=828816&page=4 http://vecchiamilano.wordpress.com/category/gioia-e-garibaldi/ http://www.urbanfile.it/index.asp?ID=3&SID=139 http://sheilapontis.wordpress.com/category/wayfinding/ http://typestack.com/uncategorized/books-on-signage-wayfinding/ http://www.webdesignerdepot.com/2011/07/interview-with-designer-and-typographer-erik-spiekermann/ 274

http://www.minimumblog.com/2011/04/erik-spiekermann-interview/ http://www.linkedin.com/groups?home=&gid=151416&trk=anet_ug_hm http://www.linkedin.com/groups?home=&gid=2746371&trk=anet_ug_hm http://www.segd.org/design-awards/2008-design-awards/powerhouse-museum-wayfinding-and-graphics.html http://www.scribd.com/doc/6706930/Welcome-to-the-Third-International-Space-Syntax-Symposium http://www.spacesyntax.com/ http://www.journalofspacesyntax.org/ http://www.vr.ucl.ac.uk/research/vga/ http://www.domusweb.it/it/architecture/kumamoto-station/

Sitografia



Indice delle figure Fig. 1.1 Riserva naturale alle pendici delle Ande, nei pressi di Abra dell'Acay (Argentina).

2, 3

Fig. 1.2 Coppia di turisti sulla spiaggia di Old Orchard, Maine (Canada).

10

Fig. 1.3 Turista asiatica chiede informazioni ad un anziano del posto.

13

Fig. 1.4

Emile Hirsch nei panni di Christopher Johnson McCandless (Alexander Supertramp).

14

Fig. 1.5

Artefatto segnaletico nell'aeroporto di Düsseldorf (progetto di Erik Spiekermann).

16

Fig. 1.6

Illustrazione di Lynch, dal libro L'immagine della città.

23

Fig. 2.1 Il giardino-labirinto nella sua accezione più comune.

276

28, 29

Fig. 2.2 Illustrazione di Charles S. Peirce tratta da The existential graphs.

37

Fig. 2.3 Illustrazione di Charles S. Peirce tratta da Collected Papers.

40

Fig. 2.4

45

Fotografia di un passaggio a livello come oggetto esplicativo di concetti logici.

Fig. 3.1 Modellino architettonico in scala della Berlin Hauptbahnhof , 2006.

48, 49

Fig. 3.2

Segnali autostradali nei pressi di San Francisco (Usa).

59

Fig. 3.3

Totem segnaletico per turisti nella città di New York (Usa).

59

Fig. 3.4

Artefatti informativi in esposizione presso un Kingsmills General Store.

59

Fig. 3.5

Schermata di navigazione di Google Street View.

60

Fig. 3.6

Schermata di navigazione di Foursquare.com.

60

Fig. 3.7

Schermata di navigazione di Tripadvisor.com.

60

Fig. 3.8

Schermata di navigazione di Moma.com.

60

Fig. 3.9

Schermata di navigazione di Booking.com.

60

Fig. 3.10

Cartoline promozionali turistiche.

61

Fig. 3.11

Mappa cartaceo.

61

Fig. 3.12

Chiosco informativo.

61

Fig. 3.13

Calle (Venezia).

62

Fig. 3.14

Champs-Élysées (Parigi).

62

Fig. 3.15

Neue Nationalgalerie (Berlino).

62

Fig. 3.16

Quartiere Bicocca (Milano).

62

Fig. 3.17

Torre Eiffel (Parigi).

62

Fig. 3.18

Axial Map della città di Londra realizzata da Space Syntax.

64

Fig. 3.19

Studio sui flussi relativi alla stazione di Victoria a Londra.

67

Fig. 3.20

Coefficiente di integrazione per ogni linea assiale a Barnsbury.

68

Fig. 3.21

Numero medio di pedoni in tutti gli intervalli a Barnsbury

68

Fig. 3.22

Design practice in building scale: Tate Gallery. Traccia dei flussi e VGA.

70

Fig. 3.23

Confronto tra i dati di visibilità attuale e quella prevista per tre nuove di progetto.

70

Fig. 3.24

Software 'Depthmap', schermata di 'Clusteing' su un layout di esempio.

73

Fig. 3.25

Software 'Depthmap', schermata di 'Control' su un layout di esempio.

73

Fig. 3.26

Software 'Depthmap', schermata di 'Mean depth' su un layout di esempio.

73

Fig. 3.27

Software 'Neighbourhood size', schermata di 'Mean depth' su un layout di esempio.

74

Fig. 3.28

Software 'Point depht', schermata di 'Mean depth' su un layout di esempio.

74

Fig. 3.29 Schema di rete dei trasporti metropolitani della città di Chicago.

77

Indice delle figure


Fig. 3.30 Schema di rete dei trasporti metropolitani della città di Tokyo.

78

Fig. 3.31 Schema di rete dei trasporti metropolitani della città di New York.

80

Fig. 3.32

Schema di rete delle linee U-Bahn a Berlino risalente al 1 Settembre 1961.

83

Fig. 3.33

Confronto tra S-Bahn, U-Bahn e tramvie, a Berlino Ovest nel 1961 e nel 1989.

83

Fig. 3.34

Schema di rete delle linee U-Bahn a Berlino risalente al 1970

84

Fig. 3.35

Schema di rete dei trasporti di Berlino risalente al 1986 (Berlino Ovest).

85

Fig. 3.36

Schema di rete dei trasporti di Berlino risalente al 1986 (Berlino Est).

85

Fig. 3.37

Schema di rete dei trasporti di Berlino risalente al 1990.

87

Fig. 3.38

Schema di rete dei trasporti di Berlino risalente al 1998.

87

Fig. 3.39

Schema di rete dei trasporti di Berlino odierni.

88, 89

Fig. 3.40

La nuova Stazione centrale di Berlino vista dal fiume Sprea.

90, 91

Fig. 3.41

Vista fotografica dello snodo relativo alla stazione di Alexanderplatz (Berlino).

92, 93

Fig. 3.42

Stazione sotterranea della linea U7 "Hermannplatz" (Berlino).

94

Fig. 3.43

Stazione di superficie della linea U12 "Ruhleben" (Berlino).

94

Fig. 3.44

Icone rappresentative dei servizi metropolitani di superficie "S" e "U".

94

Fig. 3.45

Ritratto fotografico di Erik Spiekermann.

95

Fig. 3.46

Berlin Hauptbahnhoff, dettaglio fotografico del nome di stazione.

96

Fig. 3.47

Visualizzazione schematica dell'area di estensione della Stazione centrale di Berlino.

97

Fig. 3.48

Schema assonometrico della Stazione centrale di Berlino.

97

Fig. 3.49

Berlin Hauptbahnhof, piano -2.

98

Fig. 3.50

Berlin Hauptbahnhof, piano -1.

98

Fig. 3.51

Berlin Hauptbahnhof, piano 0.

99

Fig. 3.52

Berlin Hauptbahnhof, piano +1.

99

Fig. 3.53

Berlin Hauptbahnhof, piano +2.

100

Fig. 3.54

Dettaglio fotografico della Stazione centrale di Berlino.

100

Fig. 3.55

Banchine di attesa treni, piano +2 nella Stazione centrale di Berlino.

102

Fig. 3.56

Scale mobili di interconnessione nella Stazione centrale di Berlino.

103

Fig. 3.57

Banchina di attesa treni, piano -2 nella Stazione centrale di Berlino.

104

Fig. 3.58

Scale mobili e ascensori di interconnessione nella Stazione centrale di Berlino.

104

Fig. 3.59

Primo frame significativo dalla video-lezione di Peter Norvig sul "route finding problem".

111

Fig. 3.60

Secondo frame significativo dalla video-lezione di Peter Norvig sul "route finding problem".

111

Fig. 3.61

Terzo frame significativo dalla video-lezione di Peter Norvig sul "route finding problem".

111

Fig. 3.62

Quarto frame significativo dalla video-lezione di Peter Norvig sul "route finding problem".

111

Fig. 3.63

Quinto frame significativo dalla video-lezione di Peter Norvig sul "route finding problem".

111

Fig. 3.64

Sesto frame significativo dalla video-lezione di Peter Norvig sul "route finding problem".

111

Fig. 3.65

Settimo frame significativo dalla video-lezione di Peter Norvig sul "route finding problem".

111

Fig. 4.1

Dettaglio fotografico di un libro di matematica sul capitolo dei grafi.

114, 115

Fig. 4.2

Incisione raffigurante la città di Königsberg al tempo di Eulero.

119

Fig. 4.3

Illustrazione esplicativa del problema dei sette ponti sul fiume Pregel.

120

Fig. 4.4

Il problema dei sette ponti rappresentato tramite una costruzione di mattoncini LEGO.

122

Fig. 5.1

Fotografia di uno scambio ferroviario.

136, 137

Indici

277


Fig. 5.2

Herry Beck, schema della rete metropolitana di Londra, 1933.

144

Fig. 5.3

Un ingresso della stazione di San Babila a Milano nel 1964.

149

Fig. 5.4

Treno di ultima generazione della metropolitana milanese "Meneghino".

150

Fig. 5.5

Cantiere di costruzione della nuova linea 5 nel tratto Bignami - Zara.

150

Fig. 6.1

Stazione di Porta Garibaldi FS, Milano. Fotografia di Massimo Prizzon.

154, 155

Fig. 6.2

Artefatto di segnalazione pittogrammatico e testuale (Calgary Board of Education, Canada).

158

Fig. 6.3

Artefatto di segnalazione testuale (Calgary Board of Education, Canada).

158

Fig. 6.4

Artefatto di segnalazione sinottico dei servizi su un livello (University of Alberta, Canada).

158

Fig. 7.1

Stazione di Loreto, banchina M1, treno diretto a Sesto 1째 Maggio FS.

170, 171

Fig. 7.2

Dettaglio fotografico della segnaletica nella stazione di Loreto, risalente al 2009.

174

Fig. 7.3

Dettaglio fotografico della segnaletica nella stazione di Loreto, risalente al 2009.

174

Fig. 7.4

Dettaglio fotografico della segnaletica nella stazione di Loreto, risalente al 2009.

175

Fig. 7.5

Dettaglio fotografico della segnaletica nella stazione di Loreto, risalente al 2009.

175

Fig. 7.6

Stazione di Porta Garibaldi FS, piano di accesso esterno su Piazza Freud.

187

Fig. 7.7

Stazione di Porta Garibaldi FS, area del Passante Ferroviario al piano -1.

188

Fig. 7.8

Stazione di Porta Garibaldi FS, banchina del Passante Ferroviario al piano -2.

188

Fig. 7.9

Treno della metropolitana di Copenhagen.

190, 191

Fig. 7.10

Area cantierizzata relativa alla M5, tra l'attuale stazione e l'hotel Ata Executive.

191

Fig. 7.11

Stazione di Garibaldi, binari di superficie visti dal cavalcavia di via Farini.

193

278

Indice delle figure


Indice dei grafici Graf. 2.1

Schema delle relazioni logiche tra 'obbligatori0, vietat0, facoltativ0 e permess0'.

42

Graf. 3.1 Modello della comunicazione di Roman Jakobson (fase decisionale-amministrativa).

52

Graf. 3.2 Modello della comunicazione di Roman Jakobson (progetto esecutivo-architettonico).

54

Graf. 3.3

Modello della comunicazione di Roman Jakobson (progetto esecutivo-segnaletico).

55

Graf. 4.1

Rappresentazione semplificata del grafo relativo al problema dei sette ponti.

120

Graf. 4.2

Spiegazione di 'vertici adiacenti' in un grafo.

125

Graf. 4.3

Spiegazione di 'lati adiacenti' in un grafo.

125

Graf. 4.4

Due grafi di pari entitĂ , rappresentati diversamente.

125

Graf. 4.5

Esempio di 'grafo completo'.

125

Graf. 4.6

Spiegazione dei 'lati paralleli' in un grafo.

125

Graf. 4.7

Esempio di 'grafo diretto' particolare detto 'cappio'.

125

Graf. 4.8

Esempio di 'grafo diretto'.

125

Graf. 4.9

Esempio di 'grafo orientato'.

127

Graf. 4.10 Esempio di 'multigrafo'.

127

Graf. 4.11

Esempio di 'grafo a nastro'.

127

Graf. 4.12

Grafo utilizzato come esempio per spiegare la scrittura in linguaggio degli insiemi dello stesso.

129

Graf. 4.13

Grafo utilizzato come esempio per spiegare la scrittura in matrice di adiacenza dello stesso.

129

Graf. 4.14 Esempio di 'insieme' rappresentato secondo i diagrammi di Eulero-Venn.

132

Graf. 4.15 Esempio di somma tra 'insiemi'.

133

Graf. 4.16 Esempio di intersezione tra 'insiemi'.

133

Graf. 4.17

133

Esempio di differenza tra 'insiemi'.

Graf. 4.18 Esempio di ' sottoinsieme'

133

Graf. 5.1

Schema sulle capacitĂ coordinative umane di D. Blume.

140

Graf. 6.1

Esempio di percorso lineare senza alcun bivio su grafo.

164

Graf. 6.2

Esempi di percorsi con bivio al nodo di partenza su grafi.

164

Graf. 6.3

Esempi di percorsi misti.

164

Graf. 6.4

Esempio di accesso a due binari tramite 'grafo non percorribile'.

167

Graf. 6.5

Esempio di accesso a due binari tramite 'grafo percorribile'.

167

Graf. 6.6

Esempio di accesso a due binari tramite 'circuito euleriano' ('grafo percorribile chiuso').

167

Indice dei grafici

279


Indice delle tavole

280

Tav. 1

Stazione di Loreto. Sito urbano. Vista aerea Piazzale Loreto

Tav. 2

Stazione di Loreto. Sito urbano. Area di stazione

Tav. 3

Stazione di Loreto. Area di stazione. Accessi di superficie

Tav. 4

Stazione di Loreto. Configurazione spaziale. Esploso assonometrico aree funzionali

Tav. 5

Stazione di Loreto. Configurazione spaziale. Aree funzionali distribuite sui livelli

Tav. 6

Stazione di Loreto. Flussi di utenza. Piazzale Loreto - M1 M2

Tav. 7

Stazione di Loreto. Flussi di utenza. Viale Abruzzi - M1 M2

Tav. 8

Stazione di Loreto. Flussi di utenza. Piazza Argentina - M1 M2

Tav. 9

Stazione di Loreto. Diagramma di Eulero-Venn. Insiemi, elementi e intersezioni

Tav. 10

Stazione di Loreto. Analisi del diagramma di Eulero-Venn. Tassonomia degli elementi

Tav. 11

Stazione di Loreto. Grafo di stazione. Nodi, spigoli e matrice di adiacenza

Tav. 12

Stazione di Loreto. Flussi di utenza su grafo. Percorsi M1 M2

Tav. 13

Stazione di Cadorna. Configurazione spaziale. Aree funzionali e insieme

Tav. 14

Stazione di Cadorna. Grafo di stazione. Nodi, spigoli e matrice di adiacenza

Tav. 15

Loreto - Cadorna. Confronto. Insiemi, grafi e matrici di adiacenza

Tav. 16

Stazione di Cadorna. Configurazione spaziale. Grafo e visibilitĂ

Tav. 17

Stazione di Garibaldi. Cronistoria. Dal 1840 al 1864

Tav. 18

Stazione di Garibaldi. Cronistoria. Dal 1873 al 1931

Tav. 19

Stazione di Garibaldi. Cronistoria. Dal 1953 al 1997

Tav. 20

Stazione di Garibaldi. Cronistoria. Dal 2007 al 2013

Tav. 21

Rete metropolitana milanese. Mappa. Entro il 2020

Tav. 22

Stazione di Garibaldi. Cronistoria. Sinottico

Tav. 23

Stazione di Garibaldi. Servizi di trasporto. Schema di distribuzione

Tav. 24

Stazione di Garibaldi. Sito urbano. Localizzazione aree di attesa treni

Tav. 25

Stazione di Garibaldi. Configurazione spaziale. Aree di stazione, banchine e binari

Tav. 26

Stazione di Garibaldi. Configurazione spaziale. Aree funzionali distribuite sui livelli

Tav. 27

Stazione di Garibaldi. Configurazione spaziale. Assonometria aree funzionali

Tav. 28

Stazione di Garibaldi. Grafo di stazione. Configurazione attuale

Tav. 29

Stazione di Garibaldi ri-progettata. Configurazione spaziale. Aree funzionali distribuite sui livelli

Tav. 30

Stazione di Garibaldi ri-progettata. Configurazione spaziale. Assonometria aree funzionali

Tav. 31

Stazione di Garibaldi. Grafo di stazione. Configurazione potenziale

Tav. 32

Garibaldi attuale-Garibaldi potenziale. Confronto. Struttura e grafi

Indice delle tavole


281


A

B

282

C


Ringraziamenti

Ringrazio Salvatore Zingale per aver condiviso con me il suo livello di cultura, professionalità, umanità ed ironia. Le revisioni sono sempre state occasione di un dialogo sereno e mai generatrici di ansia. Ringrazio Dario che riesce sempre a supportarmi e a sopportarmi sia nei momenti di incontenibile euforia egocentrica, sia in quelli di angosciante ansia e procrastinazione. Ringrazio lo studio Inarea e l'ATM per avermi dato la possibilità di lavorare su progetti ben più importanti di me per la segnaletica delle principali stazioni metropolitane di Milano a partire dal maggio del 2009. Per aver avuto fiducia nelle mie qualità di progettista. Ringrazio le persone e le stazioni che mi hanno fatto capire che riuscire ad orientarsi è un diritto e non un lusso. Ringrazio i miei amici laureandi (e laureabondi), Barbara, Francesco e Ilaria. Perché, se condivisa, la gioia si raddoppia mentre la paura si dimezza. (Ba, siamo riuscite a ri-laurearci insieme, ce l'abbiamo fatta!). Ringrazio Barbara per avermi raccontato di quando si è persa nella stazione di Loreto, dimostrando oggettivamente che quel labirinto mette alla prova anche le persone più autosufficienti e intelligenti! Ringrazio la città di Berlino per avermi regalato tre giorni di discacco totale dalla tesi, facendomi tornare a Milano col portafogli più vuoto ma con la valigia piena di idee nuove. Ringrazio Piero per le chiacchierate sulla mia tesi, sia quelle comprensibili, sia quelle per me incomprensibili, sia quelle realistiche, sia quelle prive di limiti di fattibilità. Ringrazio Andrea, anzi 'Andre Magique', per la sua interoperabilità come amico, collega e tutorial Adobe. Ringrazio le mie nipotine Alessia e Federica perché sono le uniche persone al mondo capaci di farmi sorridere anche quando sono nera. Ringrazio la mia famiglia perché anche se geograficamente distante è sempre, sempre, con me. Ringrazio i miei amici di sempre e i nuovi amici perché la vita è più bella quando c'è qualcuno a cui raccontare qualcosa, che abbia voglia di ascoltarti e viceversa. Ringrazio tutte le persone che mi hanno chiesto "Di cosa parla la tua tesi?" perché rispondendo ho imparato a spiegarlo in poche parole. Ringrazio tutte le persone che criticano perché grazie a loro si può solo migliorare. Ringrazio il video clip "Remind me" dei Röyksopp per avermi visivamente ispirato quasi ogni giorno. Ringrazio i Kraftwerk e Beethoven per avermi musicalmente accompagnato spesso e volentieri.

283


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.