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Introduzione

Umanità al bivio

Il tempo che stiamo attraversando ci pone di fronte a un bivio. La pandemia ha senza dubbio contribuito ad accelerare il processo di disgregazione sociale già in atto. Come la pasta del pane che a volte non lega, oppure la crema che a volte impazzisce, ugualmente la società massificata e globalizzata è come giunta a un collasso, non lega più, non crea tessuto. C’è un’alterazione che colpisce le persone nel corpo, nell’anima, nello spirito. Le relazioni, il lavoro, il riposo, il sonno, i sensi, la mente, sono come oscurati da un gorgo che travolge. La massa non costituisce corpo, ma disgrega. Sviluppa egoismo, individualismo, competitività, snatura i rapporti, omologa, toglie valore all’unicità, quindi ai reali talenti e carismi. Intossicando l’anima, fa ammalare. Come quando in un fiume o nel mare viene sversato un veleno e i banchi di pesci muoiono. Dove l’humus è malato, la vita è in pericolo. La globalizzazione non crea corpo perché le condizioni che la determinano costituiscono un terreno non idoneo a far fiorire la vita. Certamente i malati vanno curati, ma innanzitutto andrebbero rimosse le cause che generano malattia, e questo non è possibile se la prospettiva predominante rimane quella di osservare gli eventi a valle, non a monte. Quando lo squilibrio è in atto, prendono forza microrganismi, insetti, acari ecc. presenti nell’humus. E più le cause patogene sono occulte e subdole, più microbi, batteri, virus prendono campo. È chiaro che vanno combattuti quando diventano infestanti. Dobbiamo difenderci, ma se continuiamo a non volere vedere le cause, lo squilibrio continuerà ad accentuarsi perché aggressività e uso della forza non ristabiliscono ordine, ma scatenano conflitti e guerre come di fatto sta accadendo. La malattia che disgrega e contagia il mondo mettendolo a forte rischio si scatena dalla rabbia, dal rancore, dall’odio che, di generazione in generazione, forgiano catene di morte destinate a esplodere in efferati atti di violenza. Omicidi, attentati, stragi, conflitti scaturiscono dal peso che grava sul tempo. Accumuli di violenze, ingiustizie, sopraffazioni subite e agite e non elaborate, che covano nel sotterraneo della storia, pronte a tracimare.

Ed è appunto la guerra esplosa come d’un tratto che ora sgomenta, terrorizza, annienta con l’infinito senso di impotenza che induce e il suo fiume di dolore. Sullo sfondo lo spettro delle armi nucleari genera un occulto senso di terrore che in superficie si manifesta in costanti tensioni e inquietudini. Le varie teorie sul complottismo trovano sponda nel reale pericolo che la pandemia prima e la guerra in atto poi hanno messo a nudo. Siamo travolti dall’andamento di un sistema sempre più complesso e ingestibile che sottomette e contagia. Difficile rimanere indenni o svincolarsi dalla costante tentazione che acceca le anime e le menti. Serve purificazione. Ma più avanza il pericolo, più si accelera l’opera dello Spirito Santo. Dove dominano conflitto, volgarità e menzogna, impera lo spirito di inganno, ma il bene, la bellezza, continuano a pervadere l’orizzonte attraverso la luce che si effonde dall’azione della grazia, che si fa più intensa dove più grande è il bisogno.

Tornando alla vita sociale, c’è da dire che se la massa è contagiata da un principio disgregatore, sarebbe auspicabile separarsi da essa, prendere le distanze dal corpo malato. Se in molti lo facessero, potrebbe formarsi un humus rigenerato tanto da diventare come il lievito dentro la pasta. Nella nostra società il principale elemento disgregatore è uno spirito malato, l’esasperarsi al massimo grado dell’individualismo, dell’egoità, dovuto a un crescente fenomeno di disumanizzazione: tendenza in atto da molti decenni nelle società occidentali e che, in ultimo, l’uso indiscriminato del digitale e dei social ha talmente accelerato da raggiungere quel culmine che la pandemia ha messo bene in luce e che forse proprio la guerra potrebbe mettere in discussione. Più l’individuo fa centro in se stesso, più si disumanizza e perde il contatto con la propria originaria natura. Più viene meno il centro che dà la tenuta, più il corpo sociale si disgrega. Dove ognuno gira per conto proprio, si creano quelle fratture che piano piano impediscono al corpo di tenere, ugualmente a una casa piena di crepe che alla fine crolla. Anche la crisi delle democrazie alla quale stiamo assistendo possiamo intenderla come frutto di quella dissipazione che sta investendo gli stessi valori fondativi dell’Occidente. Il principio stesso di libertà, che richiederebbe assoluta fedeltà al bene comune, si traduce spesso in un libertarismo funzionale a uno sfrenato potere finanziario, a un’economia di mercato disposta a trarre profitto dai più loschi investimenti: «Da tutto, anche dal male, si deve trarre profitto» (Sap 15,12). Inoltre, dove ciò che più conta è il consenso, la democrazia si trasforma in populismo. Sfrenata corsa a compiacere, a fare false promesse, senza tenere conto delle reali risorse e senza alcuna lungimiranza. Tutto questo crea scollamento sociale, grande sfiducia nelle nuove generazioni e interpella fortemente le coscienze.

Oggi, come alle origini del cristianesimo, urgono scelte radicali. Nei primi secoli dopo Cristo, uomini e donne in ascolto si spingono verso i deserti dell’Egitto, della Siria, della Palestina. Attualmente l’estremo pericolo sta attivando un’opera spirituale che preme per riportare verso l’interiorità, verso la misura. Lo Spirito Santo ci spinge verso i deserti delle nostre metropoli per essere tentati, come Gesù dopo il battesimo. È proprio l’immersione nella luce dello Spirito Santo che mette a nudo i tentacoli dello spirito malato del mondo, che ci abita, ci invade, ci possiede.

Per spostare il mondo c’è solo da stare fermi, non da corrergli dietro. Questo è il rischio che deve mettere in guardia anche la Chiesa: correre dietro al mondo, adeguarsi per avere consenso. Invece il mondo deve essere lasciato libero di correre dove vuole perché è legittimato a farlo, ma fino a un certo punto, perché la fede lo consuma dall’interno con la presenza ferma della croce e della risurrezione, cioè attraverso l’assumere e l’offrire. Farsi trapassare, incassare senza rimettere in moto. Metabolizzare attraverso ringraziamento e offerta. Questi punti fermi costituiscono i gangli vivi attraverso cui il mondo viene sofferto, consumato, depotenziato, indebolito dall’interno, proprio nel nucleo del potere abusivo che gli dà la tenuta.

La Buona Novella annuncia la vittoria della vita sulla morte, la risurrezione si manifesta attraverso una vita rinnovata dallo Spirito Santo. La città celeste cresce all’interno della città terrena. Non combattere il male, ma far crescere il bene. Ugualmente non combattere il mondo, ma far crescere il Regno. Non fuggire il mondo, ma patire il mondo, non rimanere sottoposti ai suoi giochi, alle menzogne dello spirito che lo governa. Quindi non distacco, ma passione d’amore. Partecipazione intensa a quanto ci attraversa per incanalarlo nella corrente della luce che purifica e sana.

Solo un’opera spirituale può quindi rinnovare la faccia della terra. Questo non vuol dire espansione della Chiesa come istituzione, ma espansione universale dello Spirito di Cristo, del suo amore. La Nuova

Gerusalemme potrà realizzarsi solo quando il regno dell’amore abbraccerà l’intero contesto umano, trasformando interiormente l’umanità. Chiesa cattolica, cioè universale, non può pertanto significare un’organizzazione che si espande a dismisura facendo crescere insieme un costante senso di appartenenza identitaria, ma l’espandersi di realtà di comunione. È proprio il senso autoreferenziale che rallenta l’espansione, manifestandosi sempre più palesemente come ostacolo. È invece la centratura in Cristo che dà la tenuta e garantisce unità e universale espansione. Anche la visione della Chiesa in uscita è profetica in quanto introduce l’immagine della centratura. Chiesa in uscita richiede innanzitutto che la Chiesa esca da se stessa, dalle proprie rigidità e chiusure. Altrettanto profetica è l’immagine della Chiesa come cenacolo universale offerta da Elena Guerra (18351914)1. Fare della Chiesa la vera casa dell’adorazione perché, come nel cenacolo di Gerusalemme, si preghi incessantemente lo Spirito Santo affinché «venga a rinnovare la faccia della terra».

Un tempo nuovo è alle soglie, preme per preparare le condizioni che permettano all’umanità di trasformarsi concretamente in realtà di comunione. Il cammino sinodale dovrebbe pertanto stimolare la Chiesa ad assumere in maniera consapevole la ten- sione escatologica di cui è portatrice, volta a creare unità fra le diversità. L’éschaton verso cui tende la salvezza è proprio l’unità del molteplice, è la fioritura della pace dove la differenza crea conflitto. Implica l’intessersi di reali relazioni amorevoli all’interno degli ordinari luoghi comunitari del mondo, la famiglia, i quartieri, la scuola, i luoghi di lavoro ecc., ma anche degli ordini e delle famiglie religiose. È urgente mettere a fuoco e accettare di affrontare coscientemente, attraverso silenzio e meditazione, quelle dinamiche divisorie e conflittuali che ci rendono schiavi di una psiche oscura e sempre più patologica. Lo spirito del mondo attecchisce in ognuno di noi, separandoci dallo Spirito di Dio da cui proveniamo e al quale apparteniamo. L’evoluzione spirituale si realizza attraverso fasi di crescita a volte anche dolorose come quella che stiamo attraversando.

1 Beatificata da Giovanni XXIII nel 1959 come apostola dello Spirito Santo, nella seconda metà del XIX secolo, a seguito di un’ispirazione interiore, opera assiduamente per riportare al centro dell’attenzione della vita cristiana lo Spirito Santo.

Silenzio attivo

Non ci possiamo aprire all’azione dello Spirito Santo se non ci fermiamo, se non ci poniamo in ascolto della voce interiore, facendo tacere il tumulto delle voci esteriori. Mettersi in ascolto attraverso la meditazione silenziosa aiuta a intraprendere un itinerario di silenzio attivo, a immergerci in quella meditazione/ preghiera dinamica che scava intimamente dentro oscurità e pesantezze. Il tema della comunione è particolarmente attuale, ma può essere affrontato solo predisponendoci a questa passività fortemente attiva che permette allo Spirito di operare in noi. La comunione non si realizza attraverso le nostre forze, solo attraverso la buona volontà, ma per opera dello Spirito Santo. Il cenacolo universale prende corpo attraverso una nuova pentecoste, quello stato di nudità interiore che promuove ascolto, conversione dei cuori e spinge ad andare.

Il cenacolo è uno e universale dove ogni piccolo gruppo di credenti si ritrova nel nome di Gesù per invocare lo Spirito Santo, aprendosi alla sua luce e al suo amore, cellula viva di una realtà spirituale incarnata che veicola nel mondo. Ogni piccolo cenacolo non costituirà una comunità a sé stante. Rivolgendosi verso l’unico Spirito, non produrrà spirito di gruppo né tantomeno appartenenza identitaria, ma sarà frammento di quel cenacolo universale che partecipa del Regno, del corpo mistico di Cristo.

L’azione dello Spirito Santo tesse la relazione fra umano e divino, assimila nella dinamica trinitaria stessa, alla quale partecipiamo attraverso l’iniziazione battesimale e i sacramenti. Più si intesse una relazione intima con Dio, linea verticale, più l’amore prenderà a veicolare nella linea orizzontale, investendo le relazioni umane.

La dinamica trinitaria non passa attraverso il due, ma attraverso il tre. La relazione a due lascia divisione. L’unione è invece favorita dal tre, dalla corrente d’amore che emana dallo Spirito e veicola fra l’uno e il due. Questo movimento intrinseco al divino è ri- svegliato nell’umanità dal Verbo incarnato e rivelato in particolare dal Quarto Vangelo. Naturale e soprannaturale partecipano di un unico equilibrio.

Attraverso il silenzio è possibile rivisitare le nostre relazioni dominate da ombre, aspettative, giudizio, conflitto, ponendo al centro lo Spirito Santo. Il silenzio richiede cedimento, abbandono. Dà vita a una passività fortemente attiva. Svuota, ma proprio svuotando fa affiorare quanto è trattenuto nel profondo, lo fa percepire, conoscere. Più ci svuotiamo, più sentiamo quello che generalmente ci sfugge e che abbiamo rimosso. La sosta silenziosa spesso diviene ascolto di un grande rumore interiore. Portiamo alla memoria proprio questo rumore, lasciamolo venir fuori.

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