Paolo BARUFFALDI
Alfabeto Veneziano testi di Emanuele Horodniceanu immagini di Baruffaldi
in esclusiva per la galleria BAC ART STUDIO di Venezia
Ritmi antichi veneziani. Sono nell’aria, li hai nelle gambe. Li senti nelle lievi asperità dei ponti, nei chiaroscurali percorsi tra calli e campi. Sono immutabili e tenaci. Resistenti alle violenze di fine millennio. Come i colori del resto, le nebbie ed i silenzi che l’arte addolcisce od intristisce… Di Venezia puoi narrare tante storie, piccole e grandi, puoi scoprirla sollevandole le vesti con dolcezza ed accarezzandola. E’ invecchiata? Forse un po’, ma son quelle piccole rughe che esaltano i piaceri e le malizie. Di Venezia puoi farne anche un alfabeto, come una danza od una filastrocca… A come acqua, B come bacino San Marco, C come cavalli marciani…Ventitre lettere, sino alla X, quella della Mala Pianta, Venezia catturata e reinventata. Ventitre lettere che si fanno preziose immaginicolore ad accompagnarci in un magico percorso. Acqueforti-acquetinte che sono come piccole finestre sulla città, occhi attenti a coglierne uno scorcio, un palazzo, un mazzetto di maschere… Venezia senza tempo alla quale il lagunare/lagunare Baruffaldi sa carpire aristocratici languori, segreti sussurrati ad un orecchio, seducenti movenze… Nasce pezzo a pezzo questo Alfabeto veneziano con affetto e sapienza artigianale. Poi, sfogliando un grosso libro, si scopre che l’illustre Antonio Visentini, eccelso incisore, pittore, nonché professore di prospettiva architettonica, nel 1735 se n’era uscito pure lui con un alfabeto figurato, un volumetto intitolato “Litterarum felicitas”. Tredici
lettere, tredici edifici cittadini. L’illustre Baruffaldi sorride. Le sue lettere sono ventitre. Il giovane Settecento se ne ride ed ammicca…Ritmi antichi veneziani. Quelli che t’accompagnano lungo labirintici canali facendosi beffa dell’oggi e del domani sino ad arrivare a quel “Arzanà de’ viniziani”, dove mastro Dante attende. Approda una gondola nella nebbia. Qui sta di casa il sogno. Nella gondola ci stanno già il Doge, Tintoretto e Casanova…Emanuele Horodniceanu (1997) Questo scriveva il poeta Horodniceanu per la prima edizione dell’Alfabeto veneziano. E’ passato poco più di un decennio, abbiamo varcato la soglia temuta del secondo millennio, ed eccoci nel 2009 a rifare quei percorsi indicati da Baruffaldi, con nuovi interrogativi e qualche amarezza in più. Venezia si è fatta, se possibile, ancora più bella. Nuovi trucchi, morbidi colori aggiunti, sostegni ed impalcature ad esaltarne i contorni. A farne sempre più “teatro” per masse debordanti, chiassose, svagate, sensibili solo all’aspetto superficiale, alla maschera ingannatrice e complice, al “contorno”. La vera Venezia si ritrae ancora una volta. Torna alle acque sempre più putride e maleodoranti. Quando e come riemergerà è lasciato al sogno ed al desiderio dei veri amanti. P.S. Le immagini da ventitre sono diventate ventisei. Anche questa un’aggiunta dovuta ai tempi, con l’uso sempre più diffuso di termini stranieri. In questo
caso un arricchimento, speriamo.
A
cqua alta
C’è chi la teme e ne fa spauracchio da allontanare. C’è chi dice invece esser un purgante per mantener monde l’acque lagunari… Chissà chi ha ragione? Sotto le procuratie, la notte, l’acqua è Magia…
B
acino
Gli amplessi di monna Natura e mastro Uomo a volte danno frutti straordinari. Quello che porta il nome di Bacino S.Marco è uno dei loro figli più belli. Venezia se lo coccola da secoli.
C avalli Stanno a vegliare Venezia i quattro cavalli d’Oriente, un po’ sentinelle e un po’ dei. Prima, tanto tempo fa, stavano a Bisanzio. Domani, chissà…
D
oge
Non ha più segreti il Ducale Palazzo. S’è fatto museo per le folle. Il doge, un paio di secoli fa, ha chinato il capo ai Tempi Nuovi. Ora, dicono, s’affaccia solo timidamente la notte, a gustar la piazza muta.
E
rbaria
L’ultimo vivace mazzo colorato della città. Qui Venezia grida, s’agita, sorride e s’incontra. Frutta e verdura sono l’arcimboldesco volto della Serenissima lontana.
F ontego Piace immaginarlo carico di merci d’oriente e di mercanti. E’ prezioso simbolo della Venezia mediterranea, porta e crocevia. Oggi, il Fondaco, ch’era dimora e magazzino, è più triste museo all’odor di formalina.
G ondole Erano un vero esercito. Adesso sono qualche centinaio e fanno fatica tra le acque agitate dei motori. Alle ore tarde, quando l’ondeggiar si placa, la gondola è alcova dove dondolarsi ai sogni.
H otel Ospitale, Venezia, lo è per antica tradizione. Rispettati e riveriti, i foresti qui trovavano letto, cibo, vino e piacevoli sollazzi… Oggi che gli stranieri son più dei veneziani, la Serenissima città s’è fatta tutta un Hotel: letti, vino e cibo non mancano di certo. Rara è invece la cortesia ed i sollazzi son ricordi, buoni ormai ad indicar un ponte, un campiello od una calle…
I sole Legate tra loro col filo dei ponti, le isole, che sono un centinaio, stanno ad esser come multiformi tasselli d’un mosaico chiamato Venezia.
L aguna E’ la Grande Madre. Di quelle avvolgenti, sensuali, morbide… In lei i ritmi son sempre quelli d’un tempo, come i colori e le carezze. Gli uomini invece son cambiati…
Mare* L’Adriatico. Mare che ancor oggi Venezia sposa ogni anno il giorno della Sensa. La sua fortuna ieri, oggi una calamità!
N ebbia Amata Nebbia. Specie quella densa, calda, immota, che crea fantasmi ed esalta i rumori. La Città si ferma a meditare e il Piacere trova una complice maliziosa e provocante.
O spedale Una trionfante facciata rinascimentale fa da schermo all’Ospedale veneziano. Prima, un paio di secoli fa, era Scuola Grande di San Marco, sito di religione e umanità sotto la protezione della Serenissima Signoria. (Oggi, quello dell’Angelo, è in terraferma tra ipermercati e centri commerciali)*
P
ulcinella
Dalla parte del Pulcinella il Carnevale sa di raffinatezza ed ambiguità, di ironia ed affetto. Nello svolgersi della festa, lui, la bianca maschera, ha saputo mantenere la purezza delle origini: un’avventura fatta di sogni, incontri, desideri, ritagli di città. Pulcinella è Venezia, la sua anima inquieta e beffarda, la città che tra le pietre ed i marmi corrosi, continua a respirare. Pulcinella si è fatto più veneziano, ed ha sostituito il gesto esplicito con l’allusione, l’esibizione col velo del simbolo, la provocazione smaccata col duello in punta di fioretto, condotto con l’intero corpo in un gioco che si fa talvolta ricco di sfumature erotiche. Pulcinella è un gabbiano che sorvola la laguna, uomo-uccello, curiosa creatura nata tra isole, barene e valli della laguna sud.
Q
uale nell’arzanà de’ viniziani…
Visione infernale quella dell’Arsenale del sommo Dante. La nera fumante pece è il tormento dei “barattieri” della quinta bolgia. I diavoli erano calafati e marangoni impegnati a costruir le flotte dei Dogi.
R io Sono più di centocinquanta i rii, a far un labirinto d’acque. C’è un vecchio castellano che li conosce ad uno ad uno, ne sa i segreti loro e di chi s’affaccia con casa o palazzo. La senti a notte, la sua remata, lenta e cadenzata…
S alute Fu eretta dai veneziani a ringraziar il Cielo e la Madonna in specie, per una scampata pestilenza. S’era nel 1697: cinquantasei anni erano durati i lavori. Così il Baldassare Longhena autore scriveva della sua basilica: “opera vergine, non più vista, curiosa, degna e bella…” Il povero architetto non ebbe però la gioia di veder la conclusione dei lavori. Nel 1681, all’età d’anni 84, s’era spento.
T raghetto Dall’una all’altra sponda del Canal Grande ti può condurre una gondola. E’ un rito antico che si consuma sempre volentieri. Anche se, è bene dirlo, la cortesia non è più del gondolier traghettatore.
U niversità Se i veneziani calano a vista d’occhio, non così gli studenti foresti dell’Università di Ca’ Foscari. Sono il nuovo popolo della serenissima città. Il gotico Palazzo Foscari è il loro tempio. Nel 1571 vi dimorò un re francese: a quella data Venezia era popolata di centocinquantamila anime. (Oggi, per gli studenti, i miti ed i riferimenti non sono più così “alti”. Il calciatore è il top, nell’immaginario comune più diffuso)*
V enezia Uno dei nomi più dolci di città. A pronunciarlo ti commuovi e t’innamori. E’ magica roccaforte all’ansie e alle nevrosi della civiltà occidentale. Rischia però di morir soffocata dal troppo amore. Leone alato, pensaci tu…
Z itelle Non si poteva trascurare, in questo “andante con lettere”, la Giudecca, striscia sottile di terra fatta di otto isole. Una delle sue perle è la chiesa (ed il convento) di Santa Maria della Presentazione e delle Zitelle. Un pio istituto per povere fanciulle che si sollazzavano nell’arte del merletto.
e inoltre:
J
acopo
Un omaggio a quel Jacopo Tintoretto, pittore eccelso della splendida Venezia cinquecentesca. Il suo “Trafugamento del corpo di San Marco”, ospitato alle gallerie dell’Accademia, è opera straordinaria, anche se ha patito qualche mutilazione ottocentesca. Secolo di mutilazioni, abbattimenti e rapine quello, costato alla città chiese, conventi ed opere d’arte.
W agner* Venezia e la Musica. Ed un nome per tutti. Il grande tedesco che spirò qui. Ascoltiamo il Preludio del Parsifal.
X
e “Xe nato”, sta per “E’ nato”. Una consonante, la X, presente nella lingua veneta, con un suono particolare, tra una “S” ed una “Z”. Qui richiama il “xe” dell’essere, dell’esistere di Venezia stessa. Una Venezia “Mala Pianta”, come diceva una mostra del 1983. Mostra innovativa, aspra, non consolatoria sui destini di Venezia; profetica, quasi, per i temi che evocava. Ma come tante cose che si fanno per Venezia, ignorata dalla città stessa, per ignavia e gelosia.
Y
es*
nulla di veneziano in questa affermazione! Sicuramente però una delle espressioni che intendiamo più frequentemente nei nostri giri in città. Speriamo soltanto che non diventi un “si” di sottomissione a tutti gli usi e costumi di importazione, in nome di interessi e affari di sola “bottega”.
K* iniziale di molte unità di misura. E’ anche il simbolo di “costante” nelle formule matematiche. Per Venezia consideriamo allora le “costanti” nei discorsi e nelle idee: Mose si, Mose no ( Cacciari propone gli stivali) Venezia con o senza Mestre (intanto la città perde i suoi abitanti) Dove sono i gatti (aumentano le pantegane) Biennale: artisti veneziani dove sono (Vedova però è dappertutto) Venezia città più cara del mondo (certo, se vuoi fare colazione al Florian) Vaporetti per veneziani (circolavano semi-vuoti) Carnevale dei “schei” (finte feste con Casanova e Vivaldi a 500 euro) Sterilizzare i colombi (i gabbiani se ne infischiano e proliferano indisturbati)
…e avanti di questo passo!
Le immagini che accompagnano questo nuovo Alfabeto veneziano sono tratte da incisioni originali di Baruffaldi-Cadore. La tecnica impiegata è l’acquaforte con acquatinta. Le edizioni originali delle matrici sono state stampate da Claudio Bazzichetto in esclusiva per la Galleria BAC Art Studio. I testi che accompagnano le immagini sono di Emanuele Horodniceanu, poeta e giornalista veneziano, tranne quelli indicati con asterisco, dovuti a Baruffaldi. Le opere di Paolo Baruffaldi sono consultabili nel sito della galleria BAC ART STUDIO
www.bacart.com Interventi, commenti, richieste dei lettori possono essere inviati direttamente sul blog dell’artista
www.paolobaruffaldi.it e.mail: gianbaruffaldi@tiscali.it
PAOLO BARUFFALDI Pittore-incisore. Nel 1975 si laurea in Filosofia e inizia le prime sperimentazioni grafiche con Licata, Sanchini e Goetz. Partecipa, nel 1982 e 1983, agli Incontri d’Arte Contemporanea organizzati dal comune di Anacapri e coordinati da Gillo Dorfles. Nel 1983 presenta al Centre George Pompidou di Parigi, il volume “Carnevale a Venezia”, edito dal Doge Editore. Nello stesso anno inizia il progetto artistico “Venezia Capitale” svolto in tre fasi successive: -La Mala Pianta, opere su cemento, tela, plexiglass, 1983; -Amanti, rilievi, opere su sagome di legno, 1984; -Il Gran Narciso, opere su carta e tela, 1986. Nel 1988 espone “Made in Italy”, titolo ironico per presentare un corpus di incisioni ispirate a capi d’abbigliamento. Nello stesso periodo si misura con un tema classico, la Natura Morta, scegliendo come tecnica il carborundum. Comune a questi lavori è l’uso di matrici di gran formato e la tiratura molto bassa che va dall’esemplare unico agli undici esemplari. Le altre mostre importanti di questo periodo sono: -1990, Terra di Siena, acquetinte e carborundum; -1991, Uno su Uno, quando l’incisione è un esemplare unico; -1991, Le Réveil, cartella di sette incisioni a colori; -1993, Ostentatio Imaginis, disegni elaborati al computer; -1994, Carnevale Profano, acqueforti, acquetinte, cere molli; -1997, Matinée, acquetinte, seguito de Le Réveil. Con la mostra personale Le Réveil 2000 Baruffaldi inserisce nella produzione artistica un nuovo filone tematico che si sviluppa attorno alla figura dell’Angelo. Angeli, Arcangeli, Serafini e Cherubini intesi dall’artista secondo una propria
personalissima visione “profana” (Quaderno BAC n° 7).
Seguono altre mostre tematiche dove riprende il proprio segno-firma, stilizzazione del Leone e dell’Angelo, utilizzando nuove tecniche calcografiche e xilografiche con l’introduzione anche della fotografia digitale: In Illo Tempore, Hans, Terrae ( Quaderno BAC n° 11). Nel 2004 si accosta all’antica arte dell’Icona su tavola ed esegue alcune tempere all’uovo d’ispirazione classica, rivolgendosi presto però all’esecuzione di alcune tavole con soggetti “profani”, prendendo spunto dai miti e dai volti contemporanei, praticamente le “Nuove Icone”. Nel 2007 esce il Quaderno BAC n° 17 “Il Leone e l’Angelo”, con le nuove opere dell’artista sul tema Angeli ed Arcangeli. L’introduzione critica è di Giuliano Gargano. Una mostra di questi Angeli partecipa alla 3^Giornata del Contemporaneo il 6 ottobre 2007, organizzata dalla galleria BAC ART STUDIO sotto l’egida dell’associazione AMACI. Baruffaldi ha pubblicato le seguenti cartelle: REPERTI (1978), La LUNA (1980), ATTICA (1987), CODICE 48 (1995), SEVEN BROTHERS (2005).