Suono serblin homage

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artigiano Franco Serblin

Suono Stereo Hi-Fi la piÚ autorevole rivista audio Poste Italiane Spa sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, Comma 1, Roma, aut. N. 140 del 2007 • mensile

anno XLIII aprile 2013

speciale

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dicembre 2001

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dicembre 2003

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dicembre 2009

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settembre 2011


L’ultimo sognatore...


C

hi era Franco Serblin?

atteggiamento non di facciata:

Non ho l’arroganza né

quel che c’era da dire si diceva.

l’impudicizia di sostenere

Serblin era anche un sognatore

che lo conoscevo bene, sebbene

pronto a ogni sacrificio (aveva ri-

più di trent’anni di frequentazio-

nunciato ad una lucrosa attività

ni incostanti, comunque di tipo

di odontotecnico per creare la

amicale, aiutino certamente a

Sonus Faber) e inseguire i suoi

capire chi si ha di fronte. Cosa che

sogni rendendoli degli obiettivi

per me in qualche modo passava

concreti, riuscendo a perseguirli

anche dalle comuni origini: era

prima tra lo sconcerto generale

istriano come mia madre, pas-

(vedi gli Snail) poi tra qualche

sato da Trieste come accadde a

perplessità… Eppure così facen-

molte della generazione prece-

do ha determinato la via italiana

dente alla nostra…

ai mini diffusori e quando infine

Una micro affinità elettiva che,

è arrivato il tripudio generale,

per esempio, mi portò a ricontat-

con gli Homage e i diffusori da

tarlo durante il suo periodo di si-

pavimento (anche se il primo

lenzio post Sonus Faber, proprio

amore non si scorda mai e per

nel momento in cui il suo nuovo

Serblin fu ed è rimasto il due

progetto prendeva vita. Della

vie da piedistallo), questi sogni,

coincidenza fummo entrambi

quelle idee, quel garbo riversato

sorpresi: lui assai rispettoso di

nelle linee filanti dei suoi pro-

non disturbare gli altri, io con

dotti è diventato un riferimento

lui da sempre meno aggressivo,

nel mondo, un equilibrio aurico

per quel che la professione con-

e unico alla materia.

sente. L’incontro che ne seguì fu

Serblin, infine, è stato proba-

affascinante (ma questo era nella

bilmente l’ultimo artigiano di

norma!) e anche unico, perché

successo in un mondo dove la

a mia conoscenza rappresenta,

globalizzazione ha spazzato via

insieme al successivo, entrambi

remore, regole, etica, dimostran-

riportati su SUONO e qui ripropo-

do che la dicotomia tra cose ben

sti, le uniche interviste rilasciate

fatte e la possibilità di tener botta

da Franco Serblin da allora.

al mercato era possibile.

Forse anche per queste ragioni

Su quel modo di vedere Franco

posso dire che di fronte a Fran-

Serblin era inflessibile, non am-

co ci si trovava, prima di tutto, a

metteva deroghe e lo ha fatto

proprio agio. Serblin infatti era

fino alla fine.

innanzi tutto un vero signore;

Qui sono raccolti quelli che ci

nei modi, certo, ma anche nella

sono sembrati gli articoli più

sostanza: quando dissentiva o si

significativi pubblicati da SUO-

trovava a non condividere il tuo

NO e ora a disposizione di tutti,

operato, dato che come del buon

perché lo spirito di Serblin è di

suono Franco era amante anche

tutti ed è un piacere contribuire

della buona scrittura, lui lo face-

in piccola parte a raccontare chi

va con garbo sottolineando con

era Franco…

puntigliosità quel che a suo dire non lo convinceva, ma con un

Paolo Corciulo

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Il segreto... è non avere segreti! Anteprima mondiale Sonus faber Cremona

Da diversi anni ormai Sonus faber rappresenta in Italia e all’estero la punta di diamante dell’hi-fi italiana. Con il nuovo diffusore Cremona l’azienda pone l’ulteriore pietra miliare del suo fortunato cammino ma l’evento, di cui noi di SUONO siamo i primi nel mondo a parlare, corrisponde anche a una svolta per l’azienda vicentina. Siamo andati a vedere come e perché... di Paolo Corciulo e Fabio Masia

“V

oglio riprendermi quello che è rimasto dell’hi-fi...”. Ci accoglie così Franco Serblin, gentile e pacato come sempre ma fiero e determinato come non mai. Ed è probabilmente questa determinazione, intuita nell’ultimo incontro al Top Audio, che mi ha spinto fin qua su nel vicentino per un incontro di qualche ora (a fronte di oltre 10 di viaggio): una faticaccia ma quale miglior tonico della possibilità, offertaci dalla azienda italiana, non solo di provare in esclusiva mondiale i nuovi Cremona ma anche di conoscerne tuta la genesi? Un’anteprima italiana fatta da una rivista italiana... Non so se Serblin sia orgoglioso di essere italiano (non sono emersi accenni nazionalistici durante la nostra lunga e piacevole conversazione); di certo è orgoglioso di quello che dal nulla ha creato quando, strappato ad un sicuro futuro da dentista (professione familiare svolta con successo), decise di dedicarsi all’arte della riproduzione musicale. Mentre il treno sferraglia sui binari che ci portano a Vicenza, ripercorro all’indietro nel tempo il cammino di quella che oggi è una ben conosciuta azienda produttrice di diffusori, fino al giorno zero: è un giorno di tanti anni fa (1980) quando complice un raffreddore micidiale decisi di restarmene al calduccio nella mia casa di Milano invece che sobbarcarmi una trasferta sempre onerosa, sempre a Vicenza. Così saltai, con più di un pizzico di sufficienza, la presentazione delle Snail, primo progetto un po’ visionario del nostro Serblin. Eppure lo Snail racchiudeva in sé, in nuce, i principi ispiratori della Sonus faber: la scelta di soluzioni tecniche d’avanguardia anche se non rivoluzionarie (“Non sono un tecnico” si schernisce Serblin anche se nel corso del nostro colloquio scoprirò che così a digiuno di conoscenze scientifiche non è); il principio ispiratore per cui il diffusore tende a scomparire, anzi per meglio dire ad “armonizzare” con l’ambiente circostante; il piacere non solo uditivo ma tattile, olfattivo nel plasmare un prodotto secondo linee armoniche attraverso la magia delle essenze di legno, ad opera di un novello liutaio nell’era della meccanizzazione. 300 ore di lavoro per realizzare un mobile di puro massello e soprattutto l’intuizione che il diffusore doveva essere piccolo e prezioso: questo era lo Snail, una dimostrazione di voglia di tirare fuori il diffusore dal parallelepipedo in cui

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Il segreto... è non avere segreti!

In alto,a sinistra:sono state già gettate le fondamenta della nuova sede della Sonus faber,che verrà completata probabilmente entro il 2002. Qui accanto: il nuovo edificio conserverà l’originale forma a liuto, caratteristica delle

Le misure L

Sistema: da pavimento a tre vie in bass reflex Mobile: originale forma a liuto per il controllo delle risonanze e delle onde stazionarie Tweeter: membrana ad anello da 25 mm Midrange: 1 x 13 cm in carta trattata per il controllo del break-up e Symmetric Drive Motor System Woofer: 2 x 16 cm in carta trattata per il controllo del break-up e Symmetric Drive Motor System Crossover: filtro acustico non-risonante del primo ordine ottimizzato per la risposta in fase Sensibilità: 90 dB spl (2,83 V/1 m) Impedenza nominale: 4 ohm Potenza consigliata: 50 W ÷ 300 W Risposta in frequenza: 32 Hz ÷ 40 kHz Finitura: 32 pezzi di massello di acero laccati con vernice ecologica semilucida Dimensioni: 22,5 x 109 x 46 cm (lxaxp) Peso: 34 kg Costruttore e Distributore: Sonus faber Via Meucci 10 - 36057 Arcugnano (VI) Tel. 0444.28.87.88 - Fax 0444.28.87.22 mail@sonusfaber.com - www.sonusfaber.com Prezzo: Lit. 12.780.000

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a risposta totale del diffusore è molto lineare e denota un andamento molto controllato. Il decadimento naturale alle alte frequenze al variare dell’angolo di emissione dipende dalle doti di dispersione del tweeter. Eccellente la risposta fuori asse nella zona di incrocio degli altoparlanti: lineare e ad alto contenuto energetico. La dispersione perciò, sul piano orizzontale rispetto al punto d’ascolto ideale risulta molto estesa, e sul piano verticale rientra nella linearità spostandoci verso il basso e mostra un clas-

ultime realizzazioni della casa; attualmente la Sonus Faber è distribuita su una sede centrale + un capannone antistante. Qui sopra, Snail; Mark Levinson lo voleva avere a casa sua, è stato l’inizio di tutto: da un suo braccio nasce lo stand dei Parva.

sico buco nella zona d’incrocio se ci spostiamo verso l’alto. Il diffusore comunque è stato ottimizzato per un ascolto ad una altezza media di circa 85 cm dal suolo ed in questa posizione si ottiene il miglior allineamento temporale di tutto il sistema con il punto d’ascolto posizionato a circa 2,5 m da diffusore. Il comportamento nel tempo per quanto è deciso ed omogeneo non fa pensare ad un diffusore a tre vie e quattro altoparlanti. Le curve di trasferimento del filtro mostrano un andamento molto dolce senza risonanze ed incertezze su tutte le vie. A volte basso ma non preoccupante il valore dell’impedenza totale del sistema.

Risposta in frequenza del diffusore.

Modulo e fase dell’impedenza.

Funzione di trasferimento del filtro.

Cumulative Spectral Decay.

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L’eleganza, la bellezza, la virtù e l’equilibrio di Fabio Masia

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D

avanti ai nuovi diffusori Cremona possiamo immediatamente saggiare l’energia e la passione che sono state impiegate nel raggiungere il risultato finale, che sintetizza abilmente tutta la sensibilità che la casa vicentina ha maturato nel corso degli anni nella progettazione e messa a punto dei sistemi di altoparlanti. Il progetto dei Cremona non può essere ridotto ad un’impersonale descrizione del mobile o degli altoparlanti o della rete del filtro o di chissà di quale altro arcano celato fra le tre pareti del diffusore: eh sì, tre e non quattro pareti laterali del mobile, visto? Un segreto dei Cremona era già sotto i nostri occhi. Quando si dà vita ad un nuovo progetto si inizia con un’idea, gli si dà un corpo e man mano si toglie tutto il superfluo intorno lasciando vivi solo l’essenza, l’equilibrio, la bellezza. Questo in sintesi è ciò che si percepisce davanti ai Cremona: un lavoro di squadra, maturato in lungo tempo e soprattutto sentito, quando i sensi sono l’unico elemento in grado di arricchire un qualcosa che la scienza da sola riesce a malapena a descrivere. Il mobile è costruito in 32 segmenti di acero massello lavorati singolarmente ed accoppiati in modo da raggiungere l’ormai caratteristica forma a liuto già usata nelle Guarneri e nelle Amati. Le linee e le su-

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era costretto; da un braccio dello Snail nacque poi lo stand delle Parva. Tutto questo c’era negli Snail, solo dieci esemplari prodotti, poche velleità commerciali... Poi un silenzio di quasi tre anni nei quali a Serblin deve essere costato, e non solo moralmente, aver scelto di curare l’orecchio delle persone invece della loro bocca! Poi le Parva (1983), le Minima (1984), le Electa Amator (1987) e via via sempre più in su verso il successo ma anche verso diffusori di maggiori dimensioni rispetto ai mini (dove non è sbagliato affermare che Sonus faber ha fatto scuola), mantenendo inalterato Quello nella foto è Franco Serblin ma fate attenzione a che cosa tiene in mano: si tratta di un prototipo di un nuovo tweeter fatto a mano che verrà sperimentato sul prossimo “omaggio” della casa! Nella pagina accanto:qui si assemblano i migliori prodotti della casa.

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perfici, comunque, appaiono molto più graziate e proporzionate rispetto ai modelli precedenti, mostrando come questa forma sia stata interiorizzata in casa Sonus faber e sia ormai alla base del suo ideale di cassa armonica. All’interno sono presenti numerosi setti di rinforzo necessari a minimizzare sia le vibrazioni delle superfici del mobile sia l’insorgenza di onde stazionarie, al fine di controllare eventuali indesiderate colorazioni al messaggio musicale. In questo caso l’esperienza, il buon senso e, perché no, il caso aiutano a raggiungere il miglior risultato: il mobile dei Cremona coniuga efficacemente rigidità, solidità e leggerezza, passi obbligati da compiere. Il fondo o l’apice della cuspide è realizzato in un unico pezzo ed ospita i due condotti d’accordo del medio e del woofer ed i morsetti d’ingresso, anche questi appositamente costruiti ed ingegnerizzati per questo progetto. Il pannello frontale è realizzato in quell’aspetto di “artigiani del suono” sottolineato dal nome stesso dell’azienda. Sono dei giorni nostri, perlomeno di chi si interessa di hi-fi da qualche tempo, gli “omaggi”: al famoso liutaio Giuseppe Guarneri (detto del Gesù) nel 1993 e alla famiglia Amati (1998), altra celebre stirpe di liutai con i modelli omonimi. Non finiscono qui le affinità sottolineate dal Serblinpensiero: la storia di entrambi, Guarneri e Amati (i liutai), si intreccia con la città di Cremona: del primo è conservato un raro esemplare nella sala dei Violini del municipio di Cremona, città in cui entrambi vivevano, Guarneri al servizio degli Amati! Ancora: coincidenze o affinità ce le regala proprio il desiderio costante nella produzione della Sonus faber di realizzare il diffusore-non diffusore, di allontanare la costrizione delle dimensioni in cui è contenuto questo elemento a favore del piacere libero, leggiadro, magico, intangibile e pur percepibile, che è costituito dall’ascoldicembre 2001 -


Il segreto... è non avere segreti! 1/2 • Il pannello frontale,snello e leggero,viene saldamente incollato su tutti i setti di rinforzo interni.È ben visibile la fresatura interna al foro del medio.

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3 • È l’unica volta che potremo vedere un diffusore...così messo a nudo? 4 • Il monolitico pezzo posteriore che accetta i condotti di accordo ed i morsetti d’ingresso e che aumenta la rigidità della struttura.

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5/6/7 • I nuovi altoparlanti Scan Speak hanno la membrana in carta ed i particolari tagli sulla superficie permettono un controllo del break-up.Lo spider e la sospensione sono progressive come si vede dal curioso disegno. Bellissimo il cestello in lega.

MDF ed è rivestito con la caratteristica similpelle, che ormai può essere considerata come una firma dei prodotti Sonus faber, ottima per lo smorzamento delle risonanze del pannello e per il controllo dei fenomeni di diffrazione ai bordi. È presente una decisa svasatura nella parte interna del foro del medio in modo da evitare qualsiasi fenomeno di compressione d’aria fra la membrana ed il centratore dell’altoparlante. Il mobile si tiene sulle punte fornite in dotazione, montate su spesse e solide staffe metalliche che vanno avvitate al fondo del diffusore; le punte, inoltre, gli conferiscono anche la necessaria angolazione che colloca in fase i centri di emissione degli altoparlanti. In que-

7 sto diffusore è stata posta una particolare attenzione alla ricerca della miglior emissione in fase degli altoparlanti in modo da ottenere la miglior coerenza del segnale riprodotto. Gli altoparlanti utilizzati sono l’altra grande novità contenuta in questo progetto: i woofer ed il medio appartengono alla nuovissima produzione in casa Scan Speak, e sono stati messi a punto dai progettisti della casa costruttrice in collaborazione alla Sonus faber quasi in un impegno a quattro mani. Il lavoro svolto su questi nuovi trasduttori è impressionante: il primo punto si occupa del quasi totale controllo dei fenomeni di break up della membrana in modo da utilizzare dolci pendenze di fil-

tro ed utilizzare al meglio l’espressione dinamica di questi altoparlanti. Molto caratteristici sono i tagli effettuati sulla membrana e sul parapolvere poi incollati con materiale ad elevate doti smorzanti. Un altro elemento facilmente visibile è la diversa natura delle sospensioni e del centratore: questi hanno una costante elastica progressiva che tende a migliorare il comportamento ai transienti e l’escursione dinamica. La bobina mobile a corsa lunga è totalmente a vista per migliorare la ventilazione ed eliminare qualsiasi fenomeno di turbolenza e compressione d’aria. Il cestello è solido, leggero e funzionale. Il tweeter appartiene anch’esso all’ultima ge-

to della musica. E quale miglior soluzione per perseguire questo scopo se non rinunciare ad una parte del parallelepipedo-diffusore, eliminandone un lato come nel caso di Guarnieri e Amati (i diffusori)? “Oltre allo spazio che serve per alloggiare l’altoparlante, tutto il resto può essere tolto” dichiara ad un certo punto della nostra conversazione Franco Serblin: “escludo una parete e quindi elimino una grande quantità di riflessioni...”. Se poi, casualmente o meno, la forma che ne deriva, molto assomiglia all’antica forma del liuto, così come la immaginava Antonio Stradivari, la quadratura del cerchio è quasi raggiunta. Sembra allora quasi inevitabile il passo successivo (se effettivamente esso rappresenti... la “cerchiatura del quadro” solo il futuro ce lo dirà!): che si chiami Cremona, l’ulteriore omaggio alla città dei liutai, alle magie provenienti da legno, quasi non dovrebbe neanche stupire il nostro lettore!

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nerazione di trasduttori che adottano una membrana vibrante anulare ed offrono notevoli prestazioni in termini di resa dinamica, dispersione ed estensione in frequenza. Questo componente riesce a lavorare tranquillamente a bassa frequenza e tollera, senza scomporsi, tagli con pendenze molto dolci.

I CREMONA

La genesi dei Cremona prende avvio come abbiamo detto con la nascita dei Guarneri; quando questi diffusori nacquero l’entusiasmo era principalmente focalizzato sulla loro forma, risultato di un’altra delle intuizioni di Serblin. Convogliare l’energia verso un punto di uscita è una cosa tutto sommato banale e semplice ma allora non perseguita da nessun altro: convogliare questa energia in modo da non lasciare che avvenga ogni genere di movimento interno al diffusore era l’obiettivo della Sonus faber. La dispersione dell’energia è un tema che ritorna anche “all’esterno” delle Cremona: nel tentativo di ridurre il maggior numero di difrazioni dovute sia agli spigoli che alle dimensioni del pannello frontale, le dolci curve che caratterizzano il mobile delle Cremona, la presenza di un pannello frontale di ridotte dimensioni, sono la risposta che si fonde con armonia in un design frutto non so-

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di Paolo Corciulo

L’

ascolto dell’ultima fatica Sonus faber ha due risvolti personali la cui valenza può però interessare il lettore e soprattutto quel tipo di appassionato che sa quali meccanismi si scatenino davanti al fuoco sacro della passione. Innanzi tutto ho ascoltato le Cremona con tantissimi brani, a tratti sequenze di interi CD: sembrava quasi che questi diffusori sfidassero la mia curiosità: Come suonerà allora questa canzone? E come suonerà quella? Ovviamente da diffusori di una certa caratura ci si aspetta che suonino bene, ma da diffusori di classe ci si aspetta che suonino con carattere e persino, nei migliori dei casi, che siano in grado di farci percepire tonalità, passaggi, microfraseggi che prima non avevamo avvertito mai. Se questa dote è definibile, i Cremona ne hanno da vendere e mi hanno rivelato aspetti dei brani che

Cremona: l’ascolto più amo, davvero sconosciuti finora! In seconda battuta la frequentazione con questi diffusori, il desiderio di comprenderne a fondo l’anima (per me stesso e per voi che mi leggete) mi ha convinto ad effettuare una enorme serie di interfacciamenti, alla ricerca dell’abbinamento se non perfetto, migliore: i Cremona hanno il pregio, o la caratteristica di evidenziare in modo netto e preciso i pregi, o le caratteristiche, di ciò che gli sta a monte. Mai finora avevo incontrato un componente in grado di essere così immediatamente rivelatore delle particolari caratteristiche di ciò che vi ruota intorno (la catena hi-fi a monte ma anche l’ambiente). Così cercando l’anima dei Cremona, mi sono prima imbattuto nell’anima di ciò che vi collegavo insieme! Interfacciati

lo di ricerca, non solo di originalità, non solo di piacevolezza, ma vero e proprio elemento strutturale per gli obiettivi della casa vicentina. “Ritengo ci sia sempre qualcosa da poter fare, e per l’uso e per l’accoppiamento dei materiali: se io intercalo del feltro ad un accoppiamento di due banali pezzi di MDF è chiaro che sposto la risonanza. Noi possiamo analizzare, capire, se c’è da intervenire spostando taluni picchi magari preponderanti, rispetto ad altri del cabinet: questa è una cosa possibile, è una cosa analizzabile, è una cosa che è doveroso fare. Se su un cabinet che ha un certa risonanza intervengo in modo che questa si alzi o si abbassi, magari per la natura stessa del materiale, io sposto questa risonanza: un bicchiere pieno d’acqua non suonerà allo stesso modo di uno vuoto? Si tratta di avere quel minimo di cultura per posizionare quella risonanza nel punto migliore possibile”. L’omaggio a Guarneri piace: il sindaco decide che un esemplare (lo 001) venga custodito nella sala dei violini del Municipio, accanto al Guarneri violino, a diffondere musica degli strumenti stessi a cui è dedicato. La coppia 002 finisce al maestro Accardo, la 003 a Uto Ughi Dopo alcuni anni (5) un secondo omaggio alla famiglia degli Amati, siamo nel 1998, poi si arriva ai giorni nostri, al terzo omaggio, adesso alla città stessa.

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con un’amplificazione vigorosa e pronta (AM Audio M-120) i diffusori si sono comportati come incredibili monitor, in grado di riproporre musica con immediatezza e con un impatto sonoro degno dei monitor da studio, ma con l’eleganza e la raffinatezza di un ottimo componente home, in quella straordinaria miscela che, a memoria, solo B&W ha saputo portare così in alto con le sue serie migliori. Cambiando tipologia di amplificazione (AM Audio A-70) ovvero approfittando delle doti della classe A, si magnificano le doti dei Cremona in termini di scena sonora. Con il lettore SACD Marantz SA-12S1, le doti di tenuta in potenza e la capacità di interpretazione della gamma bassa delle frequenze sono davvero straordinarie, mai raggiunte precedentemente nel

Serblin sembra veramente affascinato da Cremona dove si reca a parlare con gli attuali liutai (ce ne sono ancora 180 in città con una tradizione culturale ancora viva: Bissolotti forse il più famoso - usa ancora le vecchie forme degli Stradivari) e dove ritrova quell’arte di voler bene al legno (nel plasmarlo, nel valutarne colori ed essenze), quella ricerca della perfetta “accordatura” che si nota su tutta la produzione Sonus faber. Il Cremona arriva inoltre in un momento particolare della vita professionale di Serblin: “Sen-

nostro ambiente d’ascolto; con l’abituale lettore di riferimento (Rega Planet) la gamma alta viene trattata con equità notevolissima, senza nulla perdere in termini di concretezza e matericità lì dove il Marantz è più abbondante ma rileva meglio gli estremi bassi della gamma. Insomma si potrebbe andare avanti ancora a lungo in una sfida, trovare i limiti dei Cremona, che mi ha visto eccitato come un ragazzino tornare a rimboccarmi le maniche per spostare apparecchi e a..., “rimboccare la mente” in uno sforzo deduttivo di cui troverete di seguito la conclusione. Di certo è che questi due regali che mi hanno donato i Cremona valgono di per se stessi... il biglietto d’ingresso. Detto dunque della necessità di un attento interfacciamento dei Cremona, per ottenerne se non tutte le potenzialità almeno il carattere che più si desidera, segnalo per la cronaca che, infine, ho definito il sistema per l’ascolto come

tivo il bisogno di fare le cose nella maniera antica: se il risultato finale ci soddisfa bene se no, visto che non abbiamo bisogno di farlo non lo si fa!” Due anni di gestazione ma anche la possibilità di lavorare senza vincoli né timori, occasione fornita da un momento di particolare floridezza dell’azienda, rafforzata grazie al “pane quotidiano” (Concerto, Concertino ecc.) ed in grado di pensare tanto al rafforzamento commerciale (la nuova sede, i nuovi modelli di cui presto vi parleremo) quanto a quello della ricerca vera e propria. Il risultato nasce in un momento in cui il rapporto tra la Sonus faber e i suoi fornitori è talmente ottimale che ricerca e commercializzazione si fondono in un tutt’uno (vedere il box tecnico di Fabio Masia). I nuovi driver montati sui Cremona sono anteprime assolute anch’essi, hanno velocità e controllo totale del break up e sottolineano la possibilità e la volontà (nel caso dei Cremona) di andare a pescare cose che non esistono ancora sul mercato, alla ricerca del migliore risultato possibile (secondo Serblin il nuovo tweeter rappresenta un nuovo standard in fatto di efficienza nella traduzione di energia elettrica in energia sonora). dicembre 2001 -


Il segreto... è non avere segreti! segue: Lettore CD Rega Planet, pre AM Audio A-5, finale AM Audio A-70, cavi di segnale Signal Point, cavi di potenza Audioquest Volcano. Con Stripped Me Naked di John Lee Hooker, l’attacco del basso elettrico è da brivido, nel senso che una vera e propria scossa elettrica mi percorre la spina dorsale per effetto di una riproduzione caratterizzata dall’attacco immediato dello strumento, dinamico, corposo, esteso come mai finora. La sensazione di una capacità di riproporre un microcontrasto notevolissimo mi viene confermata con i brani Davvero, Davvero di Mauro Pagani e Cu Jè di Taberna Mylaensis dove, su buona parte dello spettro sonoro, l’armonia tra messa a fuoco degli strumenti, loro rappresentazione spaziale, matericità e correttezza timbrica, è a livelli elevatissimi. Dico “su buona parte” perché se un piccolissimo neo si può riscontrare nei Cremona questo è in una ap-

pena intuibile tendenza ad esaltare la porzione di gamma medio-bassa con una percettibile eufonicità. Strano davvero, perché per contro la dote forse più sorprendente dei Cremona risulta l’estrema coerenza e correttezza agli estremi banda, molto più avvertibile che in ogni precedente realizzazione della casa. In New Moon Daughter di Cassandra Wilson, il contrabbasso acustico che apre uno dei brani, utilizzato in maniera percussiva, è quasi un caleidoscopio di tutte le sfumature possibili di questo strumento: suoni e sfregature sulle corde sono al tempo stesso secchi ma corposi e ben delineati, con un impatto potente ma mai fastidioso. I Cremona assecondano altrettanto bene la voce della Wilson nei suoi virtuosismi vocali: nei pieni e nei sussurrati, lì dove la voce diventa tenue o fino alle profondità che la cantante riesce a scovare dentro se stessa, la riproduzione è sempre piacevole, coinvolgente, realisti-

ca. La capacità analitica dei Cremona viene bene resa con la musica classica dove la dote di maggior pregio risulta la stabilità della scena sonora, ampia ed ariosa, capace di ben delineare i vari piani sonori. La breve escursione nel campo dei formati ad alta risoluzione ci rivela in The Rave versione SACD di Rebecca Pidgeon tutte le capacità dei Cremona in termini di dettaglio, microanalicità, prontezza e immediatezza della risposta: il pianoforte risulta ben dimensionato, privo di enfasi ma al tempo stesso corposo e davvero ricco di energia, mentre la voce raggiunge impatti di grande presenza sonora senza alcuna sbavatura ed in pieno controllo. Davvero incredibili i Cremona e anche un po’ spiazzanti, se ci si aspettava una realizzazione nell’ambito dello stream sonoro tipico della casa: adatti ad ambienti medio-grandi, in ragione di una capacità di proporre frequenze nella fascia più bassa della gamma

Nella pagina accanto.Nella foto grande, una culla per i Cremona:d’altronde privi della parete posteriore non potrebbero essere assemblati altrimenti! Sotto:postazione di pelletteria.In Sonus lavora un maestro del trattamento del cuoio; inoltre il collante utilizzato per il pellame è a base d’acqua biocompatibile. In questa pagina,qui accanto: le prime 50 copie pilota dei Cremona da recapitare ai vari distributori. A noi però è toccato l’onore di “testare” la pietra miliare:i Cremona 001,come testimonia la targhetta (a destra) hanno varcato la soglia di SUONO. A destra:i morsetti delle Cremona sono originali;ottima la capacità di mordere cavi,forcelle e banane.

IL MASSIMO DI UN SOGNO POSSIBILE

Il posizionamento commerciale dei Cremona è appena al di sotto dei Guarneri con un costo attorno ai 12 milioni di lire ma l’armonia e l’equilibrio delle forme e della resa sonora, nonché la storia che spero con vostro interesse vi è stata raccontata, testimoniano che in questo caso il posizionamento merceologico è solo un’astrazione dettata dal prezzo. In realtà i Cremona sono un punto di arrivo (non il punto d’arrivo: la Sonus sta già lavorando su altre interessanti realizzazioni) nel percorso della casa che nell’arco del tempo ha saputo svincolarsi dai tanti cliché che le sono stati cuciti addosso. Uno di questi riguarda gli aspetti tecnologici dei suoi prodotti, benché gli Extrema, serie limitata a 1000 esemplari, avessero già dato una dimostrazione di hi-tech (questi diffusori non han

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no nemmeno un condensatore in serie). Per alcuni i prodotti Sonus faber sono rimasti avvolti in un alone di magia che per altri significa mistero, quasi esistessero segreti dietro queste realizzazioni (ecco la ragione del titolo di questo articolo). L’ultimo “segreto” allora ce lo svela ancora Serblin, tradendo una preparazione tecnica di certo maggiore di quella che vuole lasciare intendere: “Per quanto riguarda le reti di crossover è nostra tradizione lavorare con reti molto semplici per trasferire i segnali con meno intoppi possibile; di qui

con una notevole compostezza e articolazione, grazie ad una sensibilità se non elevata più che accettabile, non richiedono nemmeno amplificazioni particolarmente potenti. Richiedono invece, questo sì, una giusta scelta dell’amplificazione per mettere in mostra l’enorme varietà delle loro doti. Se sul piatto della bilancia si mette anche la ricchezza costruttiva, la qualità di componenti e legni scelti, si intuisce che a realizzarle è stato più l’amore che la ragionevolezza: dal punto di vista del rapporto qualità prezzo sono decisamente imbattibili all’interno della gamma Sonus faber; in assoluto si assicurano un posto di rilievo nel ristrettissimo Olimpo dei migliori, grazie alla sottile alchimia che unisce armonia ed equilibrio tra prestazioni sonore, piacevolezza (non solo per gli occhi, anche tattile!) e contenuto tecnologico e di materiali, nel massimo di un sogno possibile.

la scelta di utilizzare la migliore componentistica possibile. Tagli dolci che per altro in questi ultimi anni si sono un po’ evoluti; abbiamo spostato il tiro verso una coerenza di fase che ci è sembrata molto più utile, anziché badare alla risposta in frequenza che è molto meno significativa. Bisogna fare in modo che quei componenti che lavorano assieme non “litighino”, e qui c’entra la fase: se si scontrano l’un l’altro e l’un l’altro non si lasciano suonare, tu avverti delle cose orribili; quando comincia ad esserci ottimizzazione di fase senti che le cose vanno a posto da sole...”. E da questo punto di vista i Cremona rappresentano davvero l’altro capo, quello più scientifico e riproducibile, di un filo ideale che trova il suo inizio nei vecchi diffusori, i Minima, antesignani, per caso più che per volontà, della coerenza di fase. Lì dove ad orecchio si era intuito che quella era una cosa che funzionava, oggi c’è una consapevolezza: “Credo che per confezionare un pacchetto credibile, parlando di diffusori acustici, di sistemi, devono esserci dentro tante cose bene valutate: qualità, novità, disegno, finitura, suono; con molta onestà posso dire che Cremona ha tutte queste caratteristiche”. Per una volta non ci costa molto essere d’accordo: per tutte le ragioni possibili e per tutte le ragioni espresse in questo articolo, questi diffusori rappresentano un nuovo riferimento del massimo che è possibile ottenere a dei costi ancora ragionevoli!

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D O S S I E R N U OV E F O R M E , N U OV I S U O N I

Sonus faber

Anniversario

con sorpresa

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icordi… ricordi… Un giovane e atletico redattore (quello sono, anzi ero, io…), un Lorenzo (Zen) giovanissimo, ma gia a metà strada tra il vate e il folletto, un prodotto da presentare in quel di Schio, dove Zen muoveva i suoi passi da negoziante, in uno dei primi negozi hi-end italici. Un’improvvisa malattia mi impedì di onorare l’invito: “Poco male” mi dissi osservando l’improbabile mostro dal corpo unico ma con due teste oggetto della presentazione; “Un affare del genere non ha molte possibilità di riuscita”… Avevo ragione… eppure avevo torto! Di fatto lo Snail, il progetto per cui un tal Franco Serblin aveva mollato la sua promettente attività di odontotecnico, non avrebbe mai avuto una concreta vita commerciale; di fatto però lo Snail racchiudeva “in nuce” lo spirito, il patrimonio estetico e morale della cultura sonora Sonus faber. Ovvero dell’unica azienda italiana del settore hi-fi concretamente ben radicata in ognuno dei quaranta paesi in cui viene distribuita: un successo come (o anche maggiore) di quello del Galactron dei tempi d’oro, altro marchio che in questa splendida solitudine ha rappresentato il made in Italy a livelli assoluti di qualità e rappresentanza! Otto milioni di fatturato previsti per il 2003, 24 dipendenti e 30 collaboratori esterni (tra cui le varie falegnamerie selezionate per garantire le essenze lignee della ben nota qualità Sonus faber): la casa vicentina in cifre è tutta qui, cifre che testimoniano di una azienda grande tra i piccoli e piccola tra le grandi ma con il valore aggiunto di un’immagine e una qualità riconosciute in tutto il mondo; forse non in assoluto (però non mi viene comunque niente in mente di alternativo) ma tra i marchi che nel mondo più si avvicinano a uno status symbol (e dunque a quello che l’hi-fi è stata nei suoi anni d’oro) c’è la Sonus faber, nonostante una tradizionale ritrosia nel promuovere più di tanto il proprio operato. Ritrosia, non eccessiva modestia però, che ben rappresentano l’animo umano del fondatore, quel Franco Serblin di cui sopra che negli anni, grazie alle

sue intuizioni (lui non si definisce un tecnico, solo un sensibile amante del buon suono), ha contribuito a mutare l’idea del diffusore. Ma ritorniamo per un momento allo Snail e ai capisaldi, se pur in nuce, della filosofia di Serblin: si trattava di un diffusore a geometria variabile realizzato utilizzando differenti essenze lignee, completamente in legno e dall’aspetto “un po’ leonardesco”. Se c’è un valore che si associa al marchio vicentino del “suono fatto a mano” (Sonus faber) questo è proprio in quella nobiltà donata alla costruzione del cabinet, quell’ispirarsi ai concetti della liuteria che diventerà una costante, quasi un’ossessione, nei prodotti Sonus faber. E così, con un salto cronologico arriviamo al 1983, anno in cui nasce commercialmente la Sonus faber, anche se dagli stimoli leonardeschi si è passati a una più ragionevole dimensione, anzi micro-dimensione che è quella dei mini diffusori: con i Parva (1983) e soprattutto i Minima (1984) la casa vicentina percorre la strada tracciata dalle ProAc Tablette (a cui si deve il rilancio dei mini diffusori come diffusori all round in antitesi con l’algido equilibrio delle storiche BBC LS 3/5 a); ma la Sonus faber dona al genere un vestito e delle prestazioni acustiche che ne fanno immediatamente un riferimento. Sintesi della filosofia, delle capacità acquisite è nel 1987 l’Electa Amator, diffusore che farà conoscere al mondo la Sonus faber e che, soprattutto, rimarrà per oltre dieci anni senza modifiche, simbolo di un impegno tecnologico almeno al pari di quello umanistico, di una perfezione e un equilibrio raggiunti e insuperabili secondo la casa. L’Extrema (1991) è qualche cosa di più di un raffinato esercizio tecnologico (mille copie prodotte) con un ulteriore passo in avanti dal punto di vista delle forme assoggettate alle leggi della fisica ma quasi desiderose di evaderne. A quel punto da quasi due anni in azienda opera Cesare Bevilacqua (l’attuale proprietario): alle intuizioni, alla magia dei luoghi che circondano Serblin e la sua attività (e di cui Serblin riesce a catturare lo splendido equilibrio ideale: “i luoghi dove studiamo e inter-

pretiamo il suono ci vengono in aiuto con le loro bellezze naturali ricreando quelle condizioni ideali che ci ispirano”), si sommano le capacità organizzative e di programmazione di Bevilacqua, cresciuto in un ambiente familiare di stampo imprenditoriale e proveniente dal managment del F.C. Milan calcio. Il progetto Sonus faber assume valenza e consistenza internazionale… Lo “strappo” è nel 1993: Sonus faber abbandona la tradizionale forma a parallelepipedo del diffusore… eliminando due pareti! Caso o volontà (è nell’indeterminatezza che nascono i miti e le storie) vogliono che la nuova “forma” ricordi quella antica del liuto, così come fu disegnata da Antonio Stradivari, artista liutaio discepolo di Niccolò Amati con Giuseppe Guarneri (a lui Paganini commissionò il suo famoso violino), uno dei grandi liutai della scuola di Cremona. A Guarnirei, detto del Gesù, è dedicato appunto il Guarneri Homage. Si tratta di un diffusore che inevitabilmente fa parlare di sé per la sua unicità (costruzione a segmenti accoppiati, altoparlanti fatti a mano) coadiuvata da un’estetica impeccabile dove le essenze lignee, l’accuratezza artigianale del manufatto costituiscono il leit motive, il cuore dell’intero operato della casa. È il primo di una triade di omaggi con i quali Serblin vuole onorare i maestri liutai che lo hanno ispirato e avvinto: la parentesi della linea Concertino (1995), una pausa di riflessione e una divagazione verso l’elettronica (con il Musica - 1997 - e la collaborazione con Ken Ishiwata) precede in salto verso i diffusori da pavimento con la Amati Homage del 1998; secondo tributo, questa volta agli Amati, l’altra famiglia di liutai di Cremona. Poi è storia recente: a Dicembre 2001 SUONO presenta in anteprima mondiale i Cremona, di fatto un omaggio alla città dei liutai, un anno esatto dopo i Cremona Auditor, un ritorno al diffusore da supporto (eccellente equilibrio tra le caratteristiche di eccellenza della linea e costi e dimensioni ragionevole), ancora una volta in anteprima mondiale su SUONO!

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DOSSIER

N U OV E F O R M E , N U OV I S U O N I

Mercoledì 15 ottobre, ore 11.00 embrerebbe inevitabile dunque che anche quest’anno l’abbinata felice Sonus faber - SUONO sia destinata a ripetersi… e difatti così è: i due fascicoli di Dicembre sono stati i più venduti nell’anno di appartenenza e i due diffusori sono stati un successo commerciale notevole! Questi ricordi infatti mi assalgono intanto che l’autostrada scorre sotto le ruote della mia vettura in direzione Vicenza - Arcugnano verso la sede della Sonus faber o, meglio dire, verso la nuova sede della Sonus faber: sono il primo giornalista al mondo che la visiterà! Se la cosa vi sembra da poco, vale la pena di chiarire subito un concetto: la nuova sede in perfetta sintonia con la tradizione Sonus faber è a dir poco originale, se non rivoluzionaria! Si tratta di una fabbrica - modello caratterizzata, Sorpresa! dalla forma a liuto: come dire, continuità da ogni punto di vista… Non sprecherò parole a descrivere ciò che le immagini possono fare meglio di mille parole: c’è dell’altro! Se infatti non è trascurabile festeggiare con un originale investimento di oltre 1.500.000 euro (e un +30% nei fatturati rispetto allo scorso anno) il proprio ventesimo anniversario, c’è da mantenere una promessa e chiudere un trittico annunciato. È ciò che troverete nelle prossime pagine e che, vi assicuro non vi aspettereste davvero: per questo, complice l’impaginazione grafica di questo articolo, dovete ancora voltare pagina per assimilare la sorpresa. Ancora poche righe per ipotizzare chiuso un ciclo, cosa dobbiamo aspettarci ancora per il futuro: “Abbiamo tre strade davanti a noi.” dice Bevilacqua “La prima è quella, prendendo esempio dalla B&W di crescere sempre più cercando di monopolizzare il mercato, la seconda, ispirandoci all’esempio di produttori come Linn, di offrire a 360 gradi il nostro concetto di qualità.” E la terza? Nella sua banalità, la più rivoluzionaria: essere “soltanto” Sonus faber e continuare a crescere poco alla volta nel rispetto di tempi e modalità “umane”. La strada è tracciata!

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Diffusori Sonus faber Stradivari

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1 • Sala d’ascolto 2 • Ufficio tecnico 3 • Ingresso 4 • Giardino interno

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La nuova sede di Sonus faber è stata progettata da Studio Albanese

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D O S S I E R N U OV E F O R M E , N U OV I S U O N I

l’ellisse perfetta

di Paolo Corciulo

embrano quasi minuti, gli Stradivari, quando finalmente ti si parano davanti e, credo, sia Cesare che Franco si saranno divertiti non poco a vedere le facce stupite di noi giornalisti, io e quelli che mi hanno seguito, quando i nuovi diffusori top della gamma, alla fine del giro nella nuova e bellissima fabbrica, vengono infine svelati. 136 centimetri (più o meno l’altezza di un ragazzino di 12 anni) ma ben 75 kg (il peso a cui spero un giorno di tornare!) che scompaiono letteralmente alla vista grazie alla forma sfuggente a pianta ellittica: armonizzata sul piano verticale da una doppia ellisse, quest’ultima del tutto formale lì dove invece la prima è assolutamente sostanziale, che crea vie di fuga insospettate A prima vista buona parte della sorpresa è determinata dall’impressione che Serblin abbia “tradito” la sua filosofia (rinunciando allo sviluppo in profondità a favore di quello in larghezza) ma se si esamina la sezione orizzontale del diffusore, si scopre che non è altro che… un doppio “liuto” dove Franco, mutato il punto di vista, posiziona gli altoparlanti sul piano più largo, ma curvo e dunque privo di ostacoli, spigoli e tutto ciò che si oppone alla naturale propagazione del suono emesso. Una situazione che simula non più una sorgente “puntiforme” ma un piano infinito con tutti i suoi pregi e quasi nessuno dei suoi difetti! Finalmente le condizioni per generare un campo sonoro omogeneo, nell’ambiente e tra le casse, vivo, vivace dove il suono viene proiettato con “energia” verso l’ascoltatore. Forse per questo Serblin evoca le delicate armonie della tavola armonica del violino per eccellenza, per rimarcare non solo la magia di un nome così impegnativo come quello che gli Stradivari si portano addosso, ma le emozioni riservate ai pochi fortu-

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Quando finalmente li vedi e li tocchi, è la sorpresa a far da padrone: te li saresti aspettati più grossi e massicci ma soprattutto sviluppati in profondità e non solamente in larghezza! Gli Stradivari sono destinati, forse per definizione, a stupire da ogni punto di vista, non escluse le prestazioni sonore. nati che hanno potuto ascoltare uno Stradivari (il sottoscritto a Ninfa grazie al Maestro Accardo e al suo Hart ex Francescatti: vi ho fatti morire di invidia?). L’evocazione e la passione mai nascosta di Franco per i maestri liutai, arriva fino a evocare con le finiture la lacca utilizzata dal maestro per le sue creature, anche se per funzioni completamente differenti che in un violino: un effetto visivo straordinario, raramente si sono viste fino a ora realizzazioni che utilizzano una finitura trasparente lucida e brillante, realizzata grazie al passaggio

di più mani di vernice e alla lucidatura a mano. La scheda tecnica ci dice che gli Stradivari sono un sistema a tre vie, quattro altoparlanti caricati in bass reflex. Anche il medio è caricato in questo modo, e i condotti di accordo sono situati sul pannello posteriore ed entrambi (medio e coppia di woofer) lavorano in volumi separati. È previsto che il crossover (definito al 95% al momento della mia visita dove era ancora posto esternamente al diffusore) venga affogato in un sarcofago di resina smorzante per isolarlo dalle vibrazioni in-

terne al mobile (bobine e condensatori sono particolarmente sensibili alle sollecitazioni meccaniche). Proseguendo sulla strada intrapresa nel progetto Cremona, il filtro è un tre vie, con pendenza 6 db per ottava nella banda utile di ogni altoparlante ma anche a pendenza variabile che corregge gli altoparlanti fuori dalla banda (multislope): anche in questo caso si ottiene il meglio… senza il peggio! Anche dal punto di vista della ripartizione delle frequenze i tagli sono studiati in modo che il tweeter sia incrociato con il medio molto più in alto che in passato. Conseguentemente, e qui siamo di fronte alla vera evoluzione sonora del progetto, assume assoluta rilevanza l’altoparlante destinato alla riproduzione della gamma media. Già in passato, in tal senso, l’attenzione di Serblin si era concentrata sulla produzione limitata e artigianale di Ejvind Skaaning (vedi woofer dei Guarneri) ex progettista della Dynaudio e “papà” di molti brevetti di questa casa: il passaggio delle consegne da padre a figlio (Per Skaaning) ha coinciso con una dimensione maggiormente “aziendale” della società che da un lato fuga i dubbi di Franco (“quando Skanning non produrrà più dovremo sospendere i Guarneri”) dall’altro lo ha convinto a ricorrere ancora una volta all’esperienza del maestro danese per mettere a punto, insieme, il medio, componente strategico degli Stradivari. Il mobile infine conferma il cammino intrapreso verso il massimo equilibrio tra tecnica e sensibilità dell’artigiano: sonus faber a tutti gli effetti, tanto più nel momento in cui, con dispendio enorme, la materia all’origine viene selezionata in modo che ogni singolo tassello, costola, che compone la struttura del mobile, contribuisce all’omogeneità elastica e meccanica della struttura: le costole sono realizzate in laminato di varie essenze accoppiate e incollate con materiale viscoso e antirisonante. Il tut-

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Diffusori Sonus faber Stradivari

Le parole per dirlo P

to sulla strada di avvicinamento all’obiettivo: “le risonanze in un mobile non si possono del tutto annullare, occorre accompagnarle… ” Last but non least un ulteriore spunto di riflessione, l’ennesima intuizione del papà del suono fatto a mano: “coerenza metallurgica” (il termine è di Franco). Ovvero la scelta di un unico materiale per realizzare cablatura interna, morsetti e (in un futuro) il trasporto del segnale fino all’amplificatore. Fa un po’ impressione vedere Serblin maneggiare fili e filetti fino a selezionare una lega di argento che (corsi e ricorsi della storia) viene utilizzata in odontoiatria!

remetto che il test è stato eseguito non nel nostro ambiente controllato (direttamente presso la sede dell’azienda vicentina) ma utilizzando un software di riferimento noto: per quanto mi riguarda non rappresenta un problema dato che in questi casi, vale la regola che vuole, a certi livelli di prestazioni, che eventuali fattori (acustica ambientale, elementi della catena utilizzata) non controllati possono solo peggiorare il risultato ma non migliorarlo. A rimetterci da un simile test potrebbe essere solo lo Stradivari! Ma concesso il beneficio del dubbio per gli eventuali difetti e la certezza delle qualità per quanto riguarda gli eventuali commenti positivi, ricordando che non è mia abitudine già in condizioni controllate esprimere giudizi assoluti, concludo la premessa e riferisco… Come anticipato non è tanto la caratura qualitativa del diffusore a colpire a un primo acchito (inevitabilmente da un sistema di riferimento Sonus faber non ci si aspetta niente di meno di una riproduzione di altissimo livello - a proposito il prezzo è fissato in circa 30.000 euro la coppia). Ciò che davvero spiazza è un effetto simile a quello che si prova quando si vede il diffusore per la prima volta,attendendosi

tutt’altro per forme, volumi e altezze. Negli Stradivari scompare totalmente la personalizzazione del suono Sonus faber, quella sensazione di calore, che a volte si impone nelle realizzazioni della casa,a favore di una strabiliante sensazione di neutralità.Il diffusore non si impone,non attira l’attenzione ma lascia fluire naturalmente musica, soltanto musica, sottolineandone le qualità e gli aspetti interpretativi.Lì dove il progetto prevede atmosfere intimistiche lo Stradivari propone il calore del piccolo club, lì dove vengono richiesti muscoli e dinamica vengono offerte queste caratteristiche.È impressionante il contrasto tra il design come sempre splendido che si impone e la sensazione acustica di totale assenza e trasparenza del diffusore.Sembra,e forse è,un atto di ulteriore maturità di Serblin (“Gli esami non finiscono mai”) dove la sublimazione sta nel non imporre più, neanche in piccola parte, la propria visione! Dal punto di vista dell’articolazione è davvero impressionante la coerenza dello Stradivari sull’intera gamma e non si notano mai ritardi o code in determinate frequenze: drammaticamente devo ammettere che il taccuino rimane inesorabilmente vuoto quando nel susseguirsi dei brani mi appresto a stendere le abituali

notazioni riferite alle varie porzioni della gamma e del comportamento. Musica, solo musica. E Stradivari è anche sorprendentemente, rispetto al “passo felpato”che tradizionalmente caratterizza il prodotto Sonus faber, un diffusore estremamente reattivo pronto a attacchi e rilasci anche se tutto questo avviene con un garbo estremo sottolineato dalla solidità del rapporto prospettico e di equilibrio tonale indipendente dal volume sonoro; doti che rendono anche possibile, a basso volume, intrattenere una conversazione durante l’ascolto senza rinunciare sia al “cicalare”che a tutto il contenuto dinamico della musica!

In alto: Franco Serblin e la sua creatura. Qui accanto: il tweeter è un’evoluzione del prodotto già impiegato sui Cremona sebbene sia realizzato dalla Scan Speck invece che dalla Vifa: la flangia è completamente disegnata per Serblin e le modifiche al prodotto di serie riguardano il disegno della camera posteriore di decompressione. Il midrange (15 cm) è prodotto da Skaaning espressamente per questo progetto: cestello, parapolvere e membrana sottolineano le chiare origini del costruttore. Lunga escursione, supporto in Kapton della bobina,anello di Faraday sono solo alcuni dei capisaldi di questo artigiano. A destra:non sembra ma si tratta di Seas: la coppia di woofer utilizzati è stata sviluppata ad hoc per lavorare in un volume ridotto e per sopportare grandi potenze applicate. Sotto: il materiale utilizzato per la cablatura interna e per la realizzazione dei morsetti proviene dal settore odontotecnico. SUONO • dicembre 2003

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INTERVISTA FRANCO SERblIN

Che fine ha fatto Franco? Una notte insonne, le congiunture astrali o le affinità elettive, ci hanno portato a porci la domanda giusta al momento giusto: che fine ha fatto Franco? Se quel Franco è Serblin che è il papà delle prime Sonus faber e se Serblin si è appena risvegliato dal dorato sabbatico in cui s’era rinchiuso e ha tante cose da dire, la cosa si fa interessante…

di Paolo Corciulo

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he cosa fate voi quando e se soffrite di insonnia? Io insieme a milioni di miei simili navigo in rete! Visito siti improbabili e ripongo in Google e nel segreto del silenzio notturno le mie domande più indiscrete. Mi viene voglia di sapere che fine ha fatto il mio compagno di banco alle elementari, dove è finita la mia prima fidanzata, che fa questo e quello; insomma navigando mi balocco e mi abbevero a quel crogiuolo dal quale estrarre il calice amaro o meno di una risposta

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esauriente, inclusa la possibilità di una ventata di autostima, quella che deriva dal digitare il proprio nome e vedere se la rete ha un’evidenza di voi stesso… In una notte di quelle, una di quelle notti in cui vengono fuori desideri e rimorsi (magari per tutte quelle cose che non ti ho detto, magari per tutte le persone a cui avresti dovuto fare una chiamata e non l’hai fatta…), una delle persone “digitate” su Google è stata Franco Serblin… Dal quando Franco aveva venduto la sua partecipazione in Sonus faber, l’avevo incontrato “a singhioz-

zo”, sempre più sporadicamente negli ultimi tre anni, accompagnando ogni incontro ad uno di quegli ipocriti “poi ci sentiamo” che sono falsi non perché non lo si voglia fare ma perché la vita… Così l’interrogativo (che fine ha fatto Franco?) s’era fatto prima urgente, poi come accade in questi casi in parte era caduto nell’oblio, in un posto indefinito della memoria da cui un piccolo campanello d’allarme suonava spesso: sarebbe un peccato perdere un amico, uno di quelli che rende il vuoto lasciato… un po’ più vuoto. Così visto che è notte, che ho

già scoperto che la mia ex fa la ginecologa, che di almeno 2 amici d’infanzia non c’è traccia e, grazie a dio non si sono nemmeno iscritti a Facebook, alla fine digito: F.R.A.N.C.O. e poi: S.E.R.B.L.I.N. Google ronza impercettibilmente (è un motore, no?), si apre la pagina e in cima alla lista ecco un link (www.francoserblin.it) alla “Franco Serblin R&D”: sito bello, elegante con quel non so che in perfetta continuità con la concreta astrattezza della magia Sonus faber. Una foto di Franco che quasi cesella un “coso” rende il suono del

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Che fine ha fatto Franco? SUONO: Che cosa si prova ad essere parte della “manovella della storia”? Franco Serblin: Soddisfazione, molta soddisfazione! Quando il sindaco di Cremona ha visto l’omaggio a Guarneri mi disse “questa non è una cassa acustica è uno strumento! Direi di metterlo vicino ai violini…”, ecco per me la cosa poteva finire lì; poteva effettivamente finire lì… Nel percorso della mia storia, quella tappa era inevitabilmente, un premio. Gli aspetti economici, credimi, sono secondari: mia mamma mi diceva “tu fai bene poi il resto viene da solo”. Ecco questo è il mio modo di fare le cose… Probabilmente non entrerai nella Hall of fame del Ces! Anche se Sonus faber ha lasciato il segno, il fatto di essere italiani ne ha probabilmente limitato l’enfasi. Hai vissuto di più la limitazione o la sfida determinata da questo handicap? Essere italiani è una

campanello d’allarme più penetrante: prenderei la cornetta in mano se non fossero le tre di mattina e l’ipotesi di essere mandato a quel paese è una certezza. Ma domani, domani mattina, lo giuro farò quella telefonata e te lo chiederò: che fine hai fatto, Franco? Il luogo dell’appuntamento è al crocevia tra le varie tangenziali che consentono di accedere a Vicenza; ci arriviamo nello stesso momento quasi ci fossimo sincronizzati: nemmeno ci fermiamo, un breve cenno di saluto e giusto il tempo di rimanere stupito dalla vettura, tutto fuorché d’ordinanza, con cui Franco Serblin si presenta: è una Fiat 500 Abarth di un bianco candido, reminiscenza di una gioventù passata in cui “mi divertivo a fare le corse in salita”. È proprio vero, non si conosce mai una persona abbastanza e, come diceva il grande Eduardo De Filippo non ci si stanca mai di imparare… Serblin ha un bell’aspetto, dav-

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molla per diventare ancora più attivi (e ha determinato il fatto che Sonus faber abbia conquistato una notevole fama)? Se vogliamo comunque oggi Sonus faber si è comprata Audio Research! Quando ho cominciato, i segnali del mercato erano “belli tosti”, proprio da parte dei grossi nomi: c’era l’interesse degli importatori e una risposta forte a ciò che si faceva. Ti assicuro che io non credevo alla possibilità di un successo commerciale; credevo solo nella bontà di quello che facevo, perché mi piaceva. Sono stati proprio i primi approcci con qualche negoziante che veniva lì da chissà dove a prendersi della roba (ma i primi diffusori se li portavano a casa loro!) a rappresentare la prima avvisaglia che la cosa poteva funzionare. Poi mi ricordo Mr Hiro Noda della Noah di Tokio che veniva a trovarmi (ma per prendersi un bicchiere!). Poi una volta ha

vero rilassato, e mi viene voglia di ricacciarmi in gola la prima domanda che mi ero preparato (Come vedi questo mondo da lì fuori?) se non fosse che dopo un breve tragitto con gli occhi incollati al culo di una cinquecento, ci ritroviamo nel suo buen ritiro che altri non è che una parte di una splendida fattoria riadattata: soffitti altissimi con travi in legno, un accogliente ambiente principale che ci accoglie con segreti che mi impegno preventivamente a non svelare e che, comunque rivelano che il papà dei Minima non se n’è stato con le mani in mano… C’è la sua scrivania con carte e altoparlanti, una serie di computer e un banco di lavoro nella stanza accanto che “puzzano” di attività in atto… Insomma, Franco Serblin c’è e lotta insieme a noi o, perlomeno, ci guarda non troppo da lontano, dall’alto di una vita professionale già cavalcata lungo le massime vette. Quindi la prima domanda sale naturale alle labbra…

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INTERVISTA FRANCO SERblIN visto le Electa Amator e lì è partita la cosa, perché noi non riuscivamo a farne abbastanza nemmeno per soddisfare solo lui... Le facevamo in giardino, tant’è che a volte ci veniva richiesto “perché c’è l’erba nella confezione?”. Dal punto di vista economico, tutto questo piacere me lo pagavo di tasca mia! Finché con le Electa Amator, che non se ne facevano mai abbastanza, sono “sceso dal monte” e ho preso un terreno per costruire… Risaliamo indietro negli anni fino alla metà dei ’70: di famiglia eri dentista… Nello specifico io ho fatto l’odontotecnico per molti anni; il trattamento del legno era un tarlo che ho ereditato da mio padre; lui era falegname e faceva carrozze per lo stato italiano. Il piacere di plasmare il legno (e poi a casa mia c’era sempre della buona musica di fondo) fa parte della mia infanzia. Erano gli anni in cui in Italia arrivavano in grandi sistemi americani e questo spiega perché poi io mi sono avventurato in quella strana avventura che sono stati gli Snail. Erano momenti di estrema eccitazione e, direi, anche di estrema confusione, perché non era stato messo a fuoco che cosa effettivamente valeva la pena portarsi a casa: l’abbinata Klipsch e Phase Linear era il tipico esempio di una stravaganza fine a se stessa! Quando decisi di lanciarmi in questa avventura, ricordo di aver parlato con Ejvind Skaaning che allora era progettista della Dynaudio e lui, persona simpaticissima, mi chiedeva che cosa avessi in mente. “Vorrei fare un piccolo diffusore prezioso in tutti sensi: le case diventano sempre più piccole è c’è una difficoltà da parte della famiglia ad accettare questi giganti che sono effettivamente molto brutti”, gli rispondevo. “Interessante. Hai qualche cosa da farmi vedere?”. Allora stavo facendo il Parva e lui ha detto: “Sì, mi piace, ma dove vuoi venderlo?”. “Come dove vuoi venderlo? Non lo so, perché non so niente di

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l’esperienza di 30 anni alle spalle, ritengo che bisogna fare un atto di umiltà, convincendosi che in questo settore non c’è niente da inventare, casomai tante cose da riscoprire! Questa è stata una bella riflessione che ho fatto quando me ne sono andato. Che cosa faccio? Ho voglia ancora di trovare un argomento e svilupparlo? Allora sono andato a scartabellarmi che cosa aveva fatto Allison, Berkovitz, Klipsch… ed è stato molto bello riscoprire certe cose che rimangono lì. Bisogna avere inoltre l’onestà di dire che comunque, ogni cosa sarà sempre un compromesso: tu parli in giro per il mondo con delle belle teste, gente che ha una cultura, anche ben

commercio…”. E lui di rimando: “È importante che tu mi dica dove vuoi venderlo perché poi io ti dico come deve suonare”. Ecco quella cosa è stata una mazzata! “Ma come è possibile non ci credo…”. “No è così”, mi rispose “se lo vendi in America devi farlo suonare così, in Germania in un altro modo…”. Quella è stata una cosa che ho fatto fatica a digerire; anzi: di fatto non l’ho mai digerita perché non ho mai fatto così; credevo in quello che facevo, arrivavo in fondo in qualche modo e quello era! Doveva andar bene per tutti! Durante questo periodo di avviamento e prima della legittimazione del mercato, hai mai dubitato di potercela fare? Moltissimo. Moltissimo e non solo: mi vergognavo di questa passione! Io facevo un altro mestiere e per diletto andavo per le

colline dove avevo un casolare e con amici ci si arrangiava (lì sono nati Parva, Electa, Electa Amator, Minima…). Tutte le cose che venivano fuori erano il frutto non di una cultura di settore ma di una passione. Il Minima poi è stato una cosa che è rimasta: questa dolcezza e questo filtro elementare alla fine convincono sempre… Ora che l’esperienza è decantata (Franco dal 2006 non fa più parte della Sonus faber - ndr), che cosa ti è rimasto di questa “galoppata selvaggia” che ha attraversato 30 anni della tua e della nostra storia? Che non basta solo la cultura ma ci vuole anche parecchia fantasia! Quel che ho messo insieme in questi anni è stato innanzitutto una grande lezione, nel senso che anche per me c’è stato un momento, quando ti sembra che tutto sia possibile, che mi sentivo aperto a tutte le possibilità. Con l’età e

più sostanziosa della tua, e alla fine questo è quello che viene fuori. Una cosa che ti frena ma con cui bisogna fare i conti è la consapevolezza che se si è cercato di fare il meglio, si è fatto quello che si può; un po’ come il medico che non può salvare tutti ma ci prova… Ho cercato di mettere nei miei prodotti più che potevo, naturalmente con le mie limitazioni. Mi ricordo che una volta Paolo Nuti (allora direttore di Audio Review - ndr) mi disse: “tu riesci a fare questa cosa perché sei senza cultura!”. Verissimo: se pedissequamente cerchi di applicare delle regole fai danni mostruosi! È il bello di questo mondo: ognuno dice la sua, qualcuno più convincente degli altri, ma guai a non avere storia, te la devi costruire… Hai detto che non c’è nulla da inventare… Per che cosa allora “vale la pena di vivere e morire”?

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Che fine ha fatto Franco? Non si inventa niente, semmai si occorre poi fare delle scelte se riscopre quello che è stato detto. si vuole realizzare qualche cosa. Ed è stato detto, ed è stato scritto, Adesso però forse è il momento tutto, in maniera indelebile! Per di trovare una giusta collocaziocitarne uno: Roy Allison. Si è reso ne del lavoro che è stato fatto in conto di come non fosse possibile questi anni e che ho citato: penso montare solo due altoparlanti sen- che ci sia spazio per qualcuno che za preoccuparsi di cosa succede un po’ di storia ce l’ha alle spalle poi nell’ambiente… e dimostra in qualche modo che Una realtà che Amar Bose ha crederci non è sbagliato. mostrato in modo molto chiaro Ho idea che la scelta giusta sia e Klipsch ha fatto la Klipschorn quella di creare un nuovo proper metterla nell’angolo tenendo scenio partendo da dove nasce conto dell’iterazione con le pareti. la musica: il proscenio naturale. Mi ricordo che ero a Cremona Se noi raffiguriamo il proscenio con Salvatore Accardo per la come tradizionalmente viene dequestione degli homage. Si cam- scritto (immaginiamolo come un minava in giro per la città con arco in pianta lungo il quale sono questi preziosissimi violini (non disposti strumenti e voci, con al ricordo ma probabilmente avevo centro lo strumento o la voce prinin mano un Amati…)… Si anda- cipale), nasce una considerazione va in giro a cercare luoghi dove semplicissima: se questo è il propoter registrare e ad Accardo non scenio naturale, a questo mi devo gliene andava bene uno! Certo ispirare e da qui prendere spunto! non era lo strumento ad esser in Alcuni esperimenti mi hanno dato discussione! Poi finalmente nella la chiara sensazione che questa villa del Marchese di Cavalcabò potesse essere una strada percorha trovato delle stanze con la vol- ribile che, in sostanza, nasce da ta che gli andavano bene. Questo una cosa che il tempo non può per dire quanto incide l’ambien- cancellare. Come ho detto basta te e, nel nostro mondo, la triade tirar via la polvere a quelle cose stanza-amplificatore-diffusore. che il tempo ha convalidato: non È una cosa che deve sposarsi, c’è c’è bisogno di ostentare l’ultima poco da fare, e l’ambiente ha una tecnologia del momento! responsabilità determinante. Quest’ultima affermazione mi colEcco: già da tempo c’era una mia pisce. Ultimamente la Canon ha insoddisfazione nell’ascoltare un tirato fuori una Istamatic digitale diffusore tradizionale a tre vie che pur essendo l’ultima e la più (un due vie no; ancora si salva): nuova, ha un CCD con meno pixel provo del fastidio perché arrivano della precedente! più informazioni gravi che della C’è un equilibrio da raggiungere; parte nobile dello spettro musi- le esagerazioni sono fini a se stescale che è la gamma medio-alta… se. Soprattutto nell’accordare un Tuttora se ascolto questo tipo di diffusore acustico ti rendi conto diffusori (che per altro ho fatto che quando vai da una parte con anch’io!), ho la sensazione che eccesso, esagerando perché vuoi ci sia qualche cosa che non va e fare meglio, non sempre raggiungi questa insoddisfazione di fondo la meta! È il buon balance tra il ha fatto scattare la possibilità componente, il crossover, la messa di documentarmi per cercare a fuoco ad essere assolutamente dell’altro... indispensabile e se questo non apChe intendi per “altro”? Perché pare da subito occorre risettarsi. se stiamo parlando di acustica Certamente nella tipologia di proambientale temo che sia un argo- getto esiste già la sua potenzialità mento che all’audiofilo entra da ma esiste anche un momento che un orecchio e… L’appassionato si può tranquillamente definire non vuole sentirsi dire “questo am- “magico” ed è straordinario come biente (che condizionerà significa- talvolta si percepisca la musica tivamente la qualità sonora della in una maniera tanto sconvolgenriproduzione) non va bene o deve te in quel particolare momento. essere cambiato…” né vuole ar- Quel qualcosa da mettere a fuoco, rendersi all’evidenza che in un am- a volte è solo un miglior posiziobiente che non puoi cambiare devi namento, certamente non è quasi contingentarti nelle aspettative… mai la ricerca di cambiare questo Certo, un approccio così spaven- o cambiare quello… Comunque ta: non ne vogliono sentire par- un diffusore emette energia e quelare ed è anche giusto ricordare sta energia va gestita. Certo, per che stiamo parlando sempre di dire qualche cosa bisogna lavorare compromessi e quindi come tali molto; deve esserci prima questa

SUONO • dicembre 2009

sorta di travaglio, di gestazione e travaglio: una sorta di punzecchiatura sull’idea da sviluppare. Chi potrebbe essere un giovane progettista in grado di segnare il futuro in questa direzione? Ci sono delle persone che dal punto di vista culturale sono dei mostri: mi vien in mente Joseph Szall (è un pozzo di conoscenza!), o Lars Goller, Klaus Futtrup Bjorn Magn ee Frank Nielsen… Sono bravi soprattutto perché hanno cognizione di quello che fanno. Non potrebbe essere un certo Franco Serblin? Certo questo potrebbe essere un momento bello della mia storia: coronare questi 30 anni con un

progetto che ancora può dire qualcosa per me sarebbe una condizione ideale. Così varrebbe la pena di mettersi in gioco: per qualcosa che mi piace e mi entusiasma ancora; qualcosa che rende unico il tuo lavoro ma che non è magia. In fondo mi è stato riconosciuto sempre che la mia fissazione di nobilitare questo parallelepipedo (che, diciamocelo, è osceno!), aveva una sua ragione d’essere. Mentre si conclude la conversazione, Franco Serblin rigira tra le mani uno Scan Speak al neodimio di nuova generazione: Forse non lo sa, forse non lo dice ma il suo più che un addio sembra un arrivederci…

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attualità

Ktêma: per restare nel tempo I greci usavano la locuzione ktêma eis aei intendendo un qualcosa dal valore durevole e assoluto, che non può essere messo in discussione, in antitesi con panta rei (tutto passa, tutto scorre). A coronamento dei suoi 30 anni di attività, Franco Serblin ha trovato il suo Ktêma? di Paolo Corciulo e Fabio Masia

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ualche tempo fa, l’intuito (dote indispensabile in un buon giornalista) ci mise sulle tracce di un da troppo tempo silente Franco Serblin che, conclusa l’avventura con Sonus faber si era da tempo nascosto nell’anonimato… Ne nacque una storica intervista (Che fine ha fatto Franco? – SUONO 435

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– Dicembre 2009) che certificava come all’interno del suo atelier, Serblin fosse tutt’altro che sazio di questo settore ma, piuttosto, stesse “risciacquando la lingua in Arno”, abbeverandosi sui sacri testi del settore: “Ritengo che bisogna fare un bagno d’umiltà convincendosi che non c’è niente da inventare, casomai tante cose da scoprire…”. In questo, Serblin ha sempre di-

mostrato un’onestà intellettuale decisamente fuori dal comune, dichiarando apertamente che non c’è bisogno di “conoscenza” tecnica specifica, ma basta saper chiedere e, ancor di più, saper cosa chiedere alle persone giuste e motivate. Anche il modo in cui si chiede ovviamente fa la differenza, e forse il grimaldello che fa scattare la molla della curiosità e del coinvolgimento attivo

anche nel più “arido e pragmatico tecnico” è proprio quello della richiesta di partecipazione: la domanda: “secondo te, come si potrebbe procedere per ottenere questo risultato?” è sempre vincente, soprattutto quando si riesce a trasferire il valore del risultato che si vuole raggiungere. E in questo Serblin è stato maestro. Per capire il lavoro passato e quello presente di Franco Serblin non ci si può esimere da questa considerazione, associando ai tradizionali metodi di analisi scientifici (o pseudo tali…) un approccio olistico, un sistema di valori che tenga conto degli ele-

luglio 2010 • SuONO


la nuova creatura di Franco Serblin menti umanistici che contribuiscono allo sviluppo della cultura, indipendentemente dal settore di competenza. Lo stesso approccio è indispensabile per affrontare Ktêma, l’ultima creatura di questo “maestro zen” dell’alta fedeltà: proscenium speaker, il sottotitolo che Serblin stesso gli ha dato (e che rappresenta il punto di vista con cui è stato affrontato il progetto), deve essere interpretato come una suggestione, una delle tante intuizioni che hanno caratterizzato l’opera di questo progettista totalmente atipico, più che ricercare o cercare di far coincidere teorie scientifiche all’assunto; così è accaduto in passato via via che sono stati sciorinati Snail, Electa Amator, Guarneri, Elipsa… Durante l’intervista di cui sopra, Franco Serblin sottolinea due aspetti importanti: il primo è il lavoro di gruppo che nella cascina in montagna (dove nacque l’Electa Amator) diede vita alla “tempesta di cervelli” che rese quel diffusore così unico (“era un porto di mare dove tutti potevano esprimere la loro opinione”); la seconda, una consapevolezza dei limiti della sua conoscenza tecnica (“Paolo Nuti mi disse: tu riesci a fare queste cose perché sei senza cultura”). Anche se nel caso di Serblin si è portati a pensare a qualcosa di completamente accentrato sulla sua figura, il lavoro di gruppo è un elemento indispensabile del cocktail di elementi che hanno reso famose le creature del costruttore. Sarebbe da approfondire quanto la sua “ingombrante” presenza ha condizionato un progetto e, per contro, quanto l’appeal di quest’uomo ha consentito invece a “molti” artigiani (artigiani in tutti i sensi: non ha senso in questo caso fare distinzioni fra un falegname, un elettrotecnico e un costruttore di altoparlanti, in fin dei conti son tutti eccellenti artigiani che conoscono il mestiere!) di esprimersi più o meno liberamente per raggiungere un risultato che solo Serblin aveva in mente nella sua totalità… Sebbene sia evidente l’impossibilità di una risposta a tale quesito (e dato che questo non basta per raggiungere un risultato che unisca le varie competenze specifiche), non si può negare che i prodotti di Serblin, essendo il

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quelle che sarebbero potute rimanere, in altre condizioni, solo intuizioni o pura fantasia.

KtêMa: il CaPOlavOrO

Capolavoro: nelle opere artigianali e manuali il capolavoro è la prova di abilità a cui veniva sottoposto l’artigiano o l’operaio per acquisire la qualifica; detta opera, in genere un manufatto, doveva rispondere ai requisiti tecnici ed estetici richiesti dalla specializzazione e fissata dalle corporazioni, per gli artigiani in epoca tardo medievale, e dalle direzioni tecniche di settore per gli operai specializzandi, in epoca industriale. (da Wikipedia)

in alto: filante come da tradizione del progettista, Ktêma è più piccolo di quanto ci si potrebbe aspettare. verrà prodotto in piccola serie ed esemplari numerati. a destra: l’ingresso del metallo. top e base sono in alluminio lucidato, trattati con la stessa cura artigiana del legno che si inserisce armonicamente nella nuova creatura. frutto di una grande intuizione abbinata a uno spiccato gusto sia estetico che musicale, siano coadiuvate dalla capacità di Serblin di “saper” chiedere, ascoltare e motivare le persone che gli sono attorno. Gli fu detto “fai queste cose per ignoranza”! Il concetto può tranquillamente essere ribaltato nel momento in cui, intuito e curiosità sono da stimolo a chi, seppur conosce, non ha avuto il dono dell’immaginazione. Forse la più grande qualità di Serblin è proprio la sua capacità di coinvolgere emotivamente chi lo circonda e infondergli le sue stesse “ardenti” curiosità frutto di una sua idea. Pensieri questi, generati dalle sue risposte alla domanda su quali tecnici e di quali progettisti si avvalesse per le sue realizzazioni: con una sconcertante naturalezza dichiara apertamente che di

tecnica ne sa veramente poco, ma ogni volta che ha bisogno di qualcosa, non esita a chiedere ottenendo riposte soddisfacenti ai suoi “particolari” quesiti. Ciò che invece è ancor più emozionante è il fatto che i tecnici di cui si parla sono nientepopodimeno che i progettisti di SEAS, Scan Speack, Skaaning (padre e figlio…) e tanti altri. Racconta come Lars Goller, il papà del Vifa Ring Radiator (ora patron della Gamut) quando la domanda si fa piuttosto interessante, non si lascia scappare l’occasione di saltare su un aereo e piombare a casa di Serblin per fare due chiacchiere, apprezzare con mano il problema e godersi un’ottima cena in compagnia! Certamente, a queste condizioni, lo spirito e la predisposizione alla ricerca “del bello e del buono” trovano il miglior humus per creare, o meglio per dar corpo a

È verosimile pensare che quello che stiamo per presentare sia l’ultima delle creazioni di Franco Serblin: un modo per lasciare ancora il suo segno, definitivamente slegato da un’azienda o dall’azienda in cui si è identificato per anni. Anche in questo senso, nella libertà che deriva dalla mancanza di vincoli (un problema connaturato all’attività industriale e che in passato ha pesato per il progettista), si può parlare, appunto, di capolavoro. Nonostante nella sua carriera abbia sempre schivato sistemi oltre le due vie, con le eccezioni dell’ultimo periodo, Serblin ha optato per il suo “capolavoro” una soluzione piuttosto complessa ed elaborata che si potrebbe sintetizzare come un quattro vie con cinque altoparlanti. Il filtro, di conseguenza, risulta piuttosto complesso con pendenze che vanno dal blando al molto elevato. Inoltre, sono state messe in campo le soluzioni affinate nel tempo che hanno privilegiato schemi multipendenza, che in molti casi hanno offerto notevoli benefici nell’integrazione di altoparlanti anche molto differenti fra loro per dimensioni e campo di azione. Nei Ktêma troviamo anche una sorta di filtro passivo della sezione bassa, costituito dal posizionamento dei due altoparlanti nella parte posteriore del mobile, caricati con un particolare sistema definito da Serblin a guida d’onda. Tale sistema favorisce anche la minima interazione con l’emissione diretta frontale del gruppo anteriore, soluzione che ripercorre sentieri battuti anche dai grandi progettisti del passato. Sempre dalle parole di Serblin nasce una

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attualità

“Da tempo c’era una mia insoddisfazione nell’ascoltare un diffusore tradizionale a tre vie (un due vie ancora si salva): provo fastidio perchè arrivano più informazioni gravi che dalla parte nobile dello spettro musicale, la gamma medio-alta...”

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la nuova creatura di Franco Serblin

Sopra: esaminando in frontale del diffusore si possono riscontrare i chiari segni dei canoni estetici propri del progettista. in basso: gli altoparlanti sono realizzati su specifiche Scan Speack e da Seas. Si tratta di trasduttori completamente ridisegnati sia nelle membrane che negli equipaggi mobili, mentre la tradizione di un glorioso passato è mantenuta tramite l’adozione del tweeter Scan Speack della serie d9000 che ha garantito nel tempo una musicalità e una costanza delle prestazioni decisamente unici: ormai sono più di vent’anni che equipaggia diffusori quasi di ogni tipo mantenendo sostanzialmente inalterate le specifiche, trattandosi di uno dei più musicali e timbricamente apprezzabili tweeter a cupola in seta da 28 mm. Nella pagina a fianco: Franco Serblin: da anni è legato ad alcuni criteri primari nel suo operato: al primo posto, il rispetto per l’attività artigianale. Pur non avendo un background di natura tecnica, Serblin ha introdotto anche alcune soluzioni di grande rilievo. tra queste l’utilizzo di cavi in argento per la cablatura, responsabili – secondo il progettista – di una significativa parte delle qualità sonore, utilizzate anche nel caso di Ktêma. domanda: ma Snell, nei Type A, con tutto lo spazio a disposizione sul pannello frontale per quale motivo avrebbe collocato il woofer altrove? Se questa sembra una motivazione forse poco sostenibile, la domanda però è molto pertinente; anzi, quasi in maniera inconsapevole, i sistemi che emettono frontalmente quasi tutta la gamma utile e delegano la parte grave dello spettro a trasduttori non collocati nella parte anteriore, di fatto si manifestano molto più godibili e “fruibili” della norma. Questa non è una regola generale

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anche perché non è la posizione che fa la differenza ma la “minima interazione” con l’emissione diretta, che si ottiene, appunto, anche tramite il posizionamento “non” sul pannello frontale”! Anche il carico acustico degli altoparlanti segue un po’ il concetto di “minimo” intervento sull’emissione diretta, tanto che ha senso parlare di carico smorzato aperiodico in modo che emissioni spurie o qualsiasi altra alterazione influisca il meno possibile sulla radiazione diretta degli altoparlanti, principalmente quelli dedicati alla gamma medioalta. Tuttavia non è del tutto corretto definire il loro operato generalmente “in gamma medioalta” in quanto i due woofer sul pannello frontale, anche se non sono connessi in parallelo e riproducono porzioni di frequenze differenti, si estendono molto verso l’estremo inferiore e presentano un blando taglio elettrico. Da questo punto di vista si potrebbero intendere come un sistema quasi completo a radiazione frontale diretta con un “bass sustain” ad hoc posizionato “altrove”. La quadratura del cerchio, oppure uno degli altri modi di intendere un sistema a 4 vie? In questo caso, siamo ben oltre la mera definizione pragmatica e ci troviamo di fronte ad un prodotto che, nelle intenzioni e nella sostanza, cerca di interpretare e rappresentare i canoni estetici di riproduzione di Serblin nel modo più aderente all’idea di Serblin e allo stesso tempo, nel modo più “corretto dal punto di vista tecnico”!

CaratteriStiChe diChiarate Prezzo: € 24.000,00 Dimensioni: 42,5 x 111 x 46 cm (lxaxp) Peso: 110 kg Costruttore: Studio franco Serblin – Vl. Riviera Berica 703 – 36100 Vicenza tel/fax: 0444.24.04.75- www.francoserblin.it – studio@francoserblin.it Tipo: da pavimento Caricamento: reflex passivo N. vie: 4 Potenza (W): 20 min Impedenza (Ohm): 4 Risp. in freq (Hz): 26-33.000 Sensibilità (dB): 92 Note: tweeter da 28 mm a cupola morbida, 2 midrange da 4”, 2 woofer da 9” con cono metallico.

– come sempre – ad una visione dai canoni personalizzati. La gamma media è in grande evidenza, contribuendo in maniera assoluta a definire il carattere del prodotto, senza condizionarlo troppo. Pastosa, calda, dolcissima, questa porzione della gamma di frequenze viene riproposta con una partecipazione commovente che dona alle voci un’emotività notevolissima. Tutto accade senza che la porzione più elevata ne abbia a risentire, ma funga anzi da controcanto, delineando, sottolineando e contribuendo al corpo di questa porzione dello spettro. All’altro estremo la gestione delle basse frequenze è rispettosa,

mai strabordante ma non per questo meno presente o in grado di sottolineare l’articolazione degli strumenti in questa “fetta” della gamma di frequenze. Insomma, nel complesso ancora una volta un’opera la cui mano è perfettamente riconosciuta. Ispirata, diranno i più, troppo caratterizzata, controbatterà il manipolo dei detrattori: è il destino di Franco Serblin, come lo è (lo è stato e non dubitiamo che accadrà anche per Ktêma) il fatto di lasciare il segno in un mercato che da un lato è rimasto ancorato alle regole definite dai vecchi saggi, dall’altro ha consentito a pochi outsider di entrare nella storia. A Franco Serblin è successo…

KtêMa: l’aNiMa

Base e top in acciaio, buffle anteriore di ridotte dimensioni, superfici laterali a doppia curvatura e poi, soprattutto, l’ispirata matita di Franco Serblin! Ecco Ktêma, un diffusore particolarmente filante rispetto alle ultime realizzazioni del progettista, sia per il design che tende a far sfuggire il diffusore in ambiente che per le dimensioni generali, ancorate ai 111 cm di altezza. L’impressione generale è quella di un diffusore molto facile da inserire esteticamente in ambiente. Una versione prototipale del diffusore era stata da noi ascoltata in occasione dell’intervista a Franco Serblin, ma l’embargo voluto dal costruttore ci porta solo ora a commentarne le caratteristiche sonore, improntate

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attualità

SerbliN tOrNa ai miNidiffUSOri

Accordo: il bello del limite Ci aveva stupito, lo scorso anno e dopo un lungo silenzio, con Ktêma, l’originale tre vie da pavimento ispirato alla logica del proscenio; ora Franco Serblin ritorna un po’ a sorpresa con Accordo, un mini-diffusore (la tipologia da lui più amata) ancora una volta imprevedibile… di Paolo Corciulo

mutuata dall’opera dei liutai di “accordare” insieme le varie superfici e i vari materiali) e viene scelta la soluzione di utilizzare un crossover esterno incorporato nel piedistallo che diventa elemento strutturale. Accordo farà il suo esordio sui mercati orientali in concomitanza con l’uscita di questo numero di SUONO: il prezzo, non ancora definito, dovrebbe aggirarsi intorno alle 6000 euro. Come già avviene per Ktema, la produzione, assolutamente artigianale, è affidata alla Laboratorium Srl di Vicenza, mentre la distribuzione è gestita la LP Audio di Trieste.

L

o scorso hanno fu un’intuizione (Che fine ha fatto Serblin?) nel momento giusto: Franco Serblin stava proprio in quel momento ultimando il progetto Ktêma e fu ben lieto di segnalare in anteprima il suo ritorno sulle scene hi-fi dalle pagine di questo giornale (SUONO 442 – Luglio 2010). Quest’anno è una sorpresa, una telefonata alle soglie delle ferie che suona più o meno così: “Ti va di parlare un pochino?”. Certo che mi va: con Serblin è comunque un piacere e poi, ucci, ucci, sento odor di notiziola… Che infatti c’è, a sorpresa magari perché, ci sono cascato, era facile pensare che Ktêma fosse il canto del cigno, l’ultimo lascito del grande vecchio (anzi, vecio) dell’hi-fi italiana. E invece no: forse Franco Serblin si sente “grande” (ma lo fa con una educazione, un tatto e una leggerezza fuori dal comune…) ma vecchio o troppo vecchio proprio no! O almeno è quanto si evince dal proseguo della conversazione perché viene fuori che, lungi dall’aver appeso il cappello al chiodo, Serblin, diabolicum, persevera, non lascia e fa qualche cosa di più che raddoppiare: reinventa il mini diffusore! Accordo è proprio questo:

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la più recente rivisitazione del classico minidiffusore due vie con midwoofer da 15 cm da parte di quello che è stato il papà dei Guarneri e, a buon diritto, uno dei principali protagonisti nella progettazione dei mini-diffusori. Anche in Accordo la matita è ispirata dal punto di vista estetico (sono bellissimi!) ma non rinuncia a qualche “intemperanza” tecnica: il disegno dei due elementi della coppia è speculare, come già accaduto nel caso dei Ktêma; tra i materiali utilizzati compare l’acciaio (il nome Accordo nasce appunto dalla necessità

La logica rimane quella dei piccoli numeri, in linea con le scelte attuali di Serblin che, principalmente, rivendica la possibilità di esprimere ancora il suo parere senza troppi vincoli.. . SUONO: Avevamo avuto l’impressione che Ktêma volesse essere una sorta di ultimo lascito del tuo lavoro… Franco Serblin: C’è un ulteriore passo semplicemente perché non sono capace di fare il contemplativo! E poi questo nuovo progetto è una sorta di vacanza perché sono tornato ai vecchi amori, i piccoli diffusori a cui ho sempre creduto. Insomma il tuo amore per la riproduzione della musica non si ferma e travalica…

No! Ogni tanto mi fermo: perché tutto questo lavoro possa dire qualcosa bisogna investire davvero tante energie. Qualche volta, e per la verità sempre più spesso, mi ritrovo esausto per quante energie occorre spendere. Ecco quello mi fa dire: intanto mi prendo due giorni, mi riposo un po’, poi ne parliamo se fare ancora qualcosa! Ma in senso evolutivo che cosa rappresenta allora la logica del proscenio introdotta con Ktêma? Sicuramente i prodotti realizzati dopo la tua uscita da Sonus faber sono prodotti senza compromessi in cui esprimi le tue più recenti convinzioni… Più che parlare di “senza compromessi”, perché di compromessi bisogna farne sempre, possiamo dire che con Ktêma mi sono avventurato in un progetto celebrativo per festeggiare i 30 anni della mia avventura e quindi quel progetto rappresenta una sfida con me stesso anche se, alla fine, in verità a me non sono mai piaciuti i tre vie per cui ho voluto provare a far qualcosa di diverso! Ktêma è qualcosa di speciale che non tutti capiscono perché sono abituati ad essere investiti da una forte energia dei woofer frontali per cui l’ascolto di questi diffusori qualche volta imbarazza. È una cosa non per tutti che, un po’ alla volta, sta venendo fuori… Del resto anche il prezzo rende il prodotto in qualche modo

le caratteristiche preliminari di accordo Dimensioni: 19 x 36 x 36 cm (lxaxp) Peso: 36 kg la coppia Tipo: da supporto Caricamento: bass reflex N. vie: 2 Potenza (W): 20-100 Impedenza (Ohm): 4 Risp. in freq (Hz): 40-33.000 Sensibilità (dB): 87 Altoparlanti: Wf 15 cm in carta, Tw 29 mm cupola in seta Rifinitura: vero legno e alluminio Note: crossover a 6 dB/ottava, inserito nel piedistallo.

settembre 2011 • SUONO


selettivo… D’altra parte che senso ha far qualcosa che esiste già? Diciamo allora che il termine “senza compromessi” può essere usato per le tempistiche, per il modo di lavorare di questi progetti? C’è molto di strano in quel che continuo a fare, nel senso che dietro le spalle non c’è un’industria ed è proprio per questo che si possono fare certe cose: l’industria ha esigenze particolari e deve sottostare a tempi, a costi. Quel che invece faccio io è del fine artigianato; del resto ci sono molti che nel nostro mondo condividono questa idea di fare delle piccole produzioni, anche perché la richiesta si riduce sempre di più e, allora, forse la domanda è: che senso ha l’industria nell’hi-fi? Anche Dan D’Agostino, con cui ho parlato qualche tempo fa, è dello stesso avviso. Uno che ha speso tanto di se stesso in questo mercato che decide comunque di andare avanti: perché mollare se si può ancora dire qualcosa? Gli sforzi, le attenzioni dedicate e quel che poi ti ritorna non sarebbero giustificati ma di mezzo c’è la passione; è quella che ti frega! Sembra esistere una tua “scintilla primordiale” che in qualche modo ti porta nel campo dei minidiffusori a ripercorrere un’idea, un’intuizione di base. Negli Accordo noi vediamo/intuiamo i principi fondamentali dei Guarneri: ci fai dono di un tuo flusso di coscienza in merito? In primis, è l’amore per l’armonico legno. Certamente negli Accordo ci sono soluzioni per me irrinunciabili, come l’impiego di doghe in legno massello, magistralmente unite da mani esperte. Questo è ormai un sistema di costruire il cabinet acustico abbandonato perché costoso e richiede tempi lunghi di stagionatura e lavorazione che una grande azienda non può considerare. Se guardiamo poi alla storia dei diffusori acustici, e al successo che alcuni modelli hanno ottenuto, ci accorgiamo che questi progetti, universalmente riconosciuti di gran pregio, sono costituiti quasi sempre da diffusori di piccole dimensioni. Diversamente dalla maggior parte dei modelli di grandi dimensioni, il piccolo diffusore sparisce per lasciar posto alla Musica. Il suo limite diventa grandezza. Rinunciare alle ultime ottave di estensione in frequenza, con la relativa necessità di mettere in movimento

SUONO • settembre 2011

grandi masse d’aria, consente di evitare cabinet voluminosi e l’utilizzo di diversi altoparlanti, con le relative difficoltà di fusione tra gli stessi. Anche le vibrazioni generate dagli altoparlanti sono più facili da controllare e accordare in un cabinet di ridotte dimensioni… Devo dire che mi ha sempre affascinato il ricreare, dal piccolo, la capacità evocativa del grande. Ho da sempre intuito, ad onta delle limitazioni fisiche, le dirompenti potenzialità del piccolo diffusore, dei piccoli altoparlanti, senza magari avere una razionale coscienza del perché di questa potenzialità. Oggi il tutto mi appare più razionale: è il bello del limite! Senza limitazione non c’è arte, sono ben conosciute le limitazioni dei piccoli diffusori e ci si aspetta poco da loro, ma è forse questo che li rende magici, la loro capacità di ricreare attraverso una sublime riproduzione della gamma media (non è forse questa la gamma più importante dello spettro musicale?) una magia musicale che spesso è sconosciuta a sistemi di grande dimensione ed estensione. Compito del progettista, ed in seguito dell’utilizzatore, il saper estrarre emozioni dall’apparente poco a disposizione: mai, in qualsiasi forma d’arte, il dover miniaturizzare ha rappresentato un limite nel tentativo di replicare l’essenza del reale, semmai è vero il contrario. Da un’iniziale e semplicistica ricerca della fedeltà assoluta all’evento originale, oggi la scienza della riproduzione audio tende sempre più verso la ricreazione di un evento generatore di emozione e coinvolgimento, una forma d’arte che vede l’appassionato utilizzatore nella doppia veste di creatore e fruitore dell’opera. Il diffusore acustico acquisisce un ruolo fondamentale nel tentativo di tradurre un evento in un’emozione ed è inutile ribadire che ogni diffusore è un compromesso: ho ascoltato ed utilizzato i Quad ESL 57 e come si fa a non ammettere che hanno delle limitazioni? Eppure, ancora oggi è un riferimento assoluto per la naturalezza della gamma media! E poi tutte le tipologie di diffusori sono un compromesso: lo sono i grandi diffusori a tromba, seri compromessi anche se fanno qualcosa che altri non possono fare; lo sono i monovia, che, anche loro, fanno qualcosa che altri non possono fare! Se creiamo grandi diffusori dob-

A sinistra: rendering del retro del diffusore. Il crossover è inserito nel piedistallo, che diventa elemento strutturale, con connessioni ad altezza terra. A destra: la vista in piana di Accordo; come si può notare ogni superficie è differente dall’altra. I due diffusori sono speculari l’un l’altro. biamo aver a che fare con grandi mobili che assorbono energia con le conseguenti problematiche di coerenza per la molteplicità delle vie. Se cerchiamo alta efficienza, perdiamo profondità alle basse frequenze e ci esponiamo a potenziali colorazioni. Soprattutto non dimentichiamo il problema principale, la relazione fra ambiente e diffusore, una croce per diffusori a gamma estesissima. Tutti i diffusori hanno una loro personalità che non è, però, separabile da quella delle apparecchiature complementari e dall’ambiente in cui si esprimono. Accordare il tutto è il vero problema, non la tecnologia di questo o quell’altro componente. L’accordo è il fondamento della musica, l’accordatura è il fondamento dello strumento musicale e, altrettanto, il fondamento del riproduttore di musica, che sia il singolo componente o l’intero sistema. Accordo del crossover, accordo degli altoparlanti, accordo del cabinet, accordo della qualità della componentistica; una riproduzione musicale che vuol coinvolgere l’ascoltatore non può prescindere dall’accordo

della singola e della molteplicità delle parti. La finalità? La qualità dell’illusione! Tu parli del fatto che un diffusore non è separabile da ciò che gli sta intorno, però immagino che quando progetti un prodotto e gli dai un’identità, tu ti ponga il problema di come questa identità possa poi essere proposta all’utente. Sono sicuro che ai tuoi lettori hai più volte spiegato come il risultato finale sia determinato da una triade e che per quanto un prodotto sia studiato e affinato non possa separarsi dal resto della catena. Ambiente, amplificazione e diffusori sono tre cose che devono accordarsi… Sì però mi sembra che ci possano essere due strade per arrivare ad un giusto equilibrio: da un lato c’è chi sceglie di impattare (attraverso soluzioni tecniche) il meno possibile su e con ciò che li circonda; dall’altro, quasi per paradosso, si tende invece ad esaltare il carattere di un prodotto. In fondo un contrabbasso è sempre un contrabbasso e sei sempre in grado di riconoscerlo… Mi sembra che i tuoi prodotti portino un’idea di suono molto definita che, come il contrabbasso, mantengono quel concetto con forza e con una grande identità. Se dai la stessa componentistica che ho usato per Ktêma a 10 tecnici diversi, usciranno 10 cose diverse… Non è tanto le scelte che fai, quanto il gusto che hai che prevale nell’accordatura finale. Con Ktêma (che ha una tipologia

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attualità

SerbliN tOrNa ai miNidiffUSOri “Ho da sempre intuito, ad onta delle limitazioni fisiche, le dirompenti potenzialità del piccolo diffusore, dei piccoli altoparlanti, senza magari avere una razionale coscienza del perché di questa potenzialità. Oggi il tutto mi appare più razionale: è il bello del limite!”

diversa) ho lavorato molto nella gamma media perché trovo che la quantità di informazione che arriva da questa parte dello spettro musicale è così importante e determinante che occorreva dargli molta attenzione e molto risalto. Certo, è facile che alla fine venga fuori un qualcosa che ha a che vedere con un tuo piacere personale, un tuo modo di sentire… Ecco, proprio qui volevo arrivare: ad una sorta di modello sonoro. Mi chiedo come mai non te l’abbia chiesto mai in passato, mentre altri mi hanno dato risposte di ogni tipo. Ricordo ad esempio Imai che a questa domanda ha risposto: “Io vado tantissimo ai concerti e poi cerco nei miei prodotti di riproporre quella sensazione di verismo che ho in mente”. Credo che a prescindere dalla coerenza con la realtà, con la verità, esitano dei modelli sonori a cui ci si attiene e, allora, il tuo parte da dentro, da te, o cerca di immaginare quale utente potrebbe soddisfare? No, a questo non ci penso mai!Dopo che approcci un’idea, cominci a prototipizzare, a mettere insieme la componentistica, perché un giorno dovrà suonare: è lì che comincia l’affanno! Confesso, specialmente di fronte ad un crossover complicato come è stato per Ktêma, di non riuscire a dormire tranquillo per le scelte che ho fatto, perché ci sarebbe sempre da tornarci sopra. Tutto è perfettibile e la complessità di un progetto così lascia sempre spazio a dubbi su quello che hai fatto. E

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questo ci ricollega con quello che è il progetto attuale: io con Accordo ho un po’ “riposato la mente”; ho ripercorso vecchi schemi, là dove mi sento meglio e meno vulnerabile. Perché il piccolo diffusore è nato per essere portato in casa. Trovo che chi si porta a casa un diffusore importante come Ktêma o qualche altro, ha grandi rischi di farsi male perché si porta a casa anche dei problemi. Non posso dimenticare che abbiamo camminato una giornata con Accardo a Cremona per trovare una stanza che gli andava bene. Non era in discussione lo strumento: avevamo tre violini uno migliore dell’altro e ce li portavamo a spasso per la città perché lui non era mai contento della stanza dove doveva registrare. Questo la dice lunga: nella maggior parte dei casi non è in discussione il diffusore, lo strumento. Ecco perché Accordo, perché tutto va accordato, la musica stessa non esiste se non c’è un accordo. Accordo inteso come la cosa che senti più corretta per la riproduzione musicale. Le scelte per Accordo sono scelte, soprattutto per quanto riguarda la componentistica e il crossover, minimaliste con il minimo impatto. Io ho ancora in mente i Minima, che sono rimasti là come simbolo di qualcosa che funziona. Del resto sono i piccoli diffusori che rimangono nella storia dell’hifi. Nei diffusori di grandi dimensioni c’è sempre qualcuno che arrivando dopo annuncia “questo è il diffusore definitivo” e questo non è vero perché, alla fine, queste sono solo versioni dei fatti. Nel piccolo invece, soprattutto se tu approcci con un criterio minimalista (meno interferisce l’ambiente, meno criticità), tutte queste cose finiscono per darti un prodotto finale che è più fruibile ed è pure più gradevole all’ascolto perché è meno critico. Questa è la sostanza! Archi che si tendono: un modo di riproporre il concetto che “il controllo delle vibrazioni è un fatto

culturale correlato agli obiettivi preposti” o, in modo più prosaico, è vero che “se le conosci… le sposti dove più ti fa comodo”? La forma del diffusore è anche qui abbastanza originale… Per quanto riguarda il controllo delle risonanze, negli Accordo è stato introdotto un sistema di disaccoppiamento delle parti lignee con inserti in alluminio-magnesio. Con questo intervento il beneficio del controllo delle risonanze è tangibile ed inoltre crea una barriera contro le interferenze elettromagnetiche (di cui siamo sempre di più invasi), che creano disturbo alla riproduzione audio. La forma del diffusore è speculare. Lì innanzitutto è stato fatto un disaccoppiamento: nessuna parte lignea è a contatto con la successiva. I fianchi sono solo due non c’è un terzo pezzo dietro; i due fianchi ricavati dal pieno del legno solido hanno questa forma perché si voleva innanzitutto ottenere un buon controllo delle risonanze, e questo è dovuto in gran parte al disaccoppiamento. La forma è qualcosa che matura nel tempo: dal parallelepipedo tu vedi quanta strada è stata fatta! Il taglio dell’accordo a 45 gradi comporta dei benefici e riduce di 3 dB la risonanza… è tutto un insieme insomma. Perché così strana questa forma? Innanzitutto perché è speculare e quindi va da sé che se vuoi adottare questa soluzione devi pure dargli una forma! Il resto sono cose che vengono fuori a forza di prototipizzare, via, via che ti convinci che una cosa ti piace più di un’altra. Mi domando sempre quando faccio una cosa: “Ma se la trovassi in negozio me la comprerei? Ecco, questo è un po’ il mio criterio. Se io trovassi in negozio Accordo, beh, sicuramente ci farei un pensierino; me lo porterei a casa, perché mi stimola. E poi è una cosa che ha dei contenuti come il fatto di rimuovere il crossover dalla camera acustica e integrarlo nello stand: una soluzione definitiva a questo tipo di interferenze.

Certo più di tanto non si può fare: c’è sempre questa bobina, questo cono di carta che per fortuna ancora qualcuno lo fa (visto che predomina dappertutto l’alluminio)! A me piace riprendere quelle cose che il tempo ha convalidato. Il cono da 150 mm del midwoofer, realizzato da Lars Goller, è diventato una leggenda perché non c’è niente che lo sorpassi o almeno questa è la mia convinzione. Il tweeter (creato da Ragnar Lian – ndr), mamma mia: sono 30 anni che viene fatto e non sono capaci di farlo meglio! Allora come fai a non usare queste cose? Diventano delle certezze e facendo a monte queste scelte, quando vai avanti con la progettazione, queste scelte tornano. Non è che non bisogna guardare alle novità, però quando le novità ti lasciano a bocca asciutta, allora vado a prendermi le cose consolidate nel tempo! Che poi è un po’ la sintesi di quel che mi avevi detto un anno fa nell’intervista su Ktêma: non si inventa niente, al limite si rivisita in meglio… Esatto. Come vedi Ktêma usa questo leggendario midrange customizzato ma prende sempre lo spunto dal piccolo wooferino della Seas che ha fatto storia: insuperabile! Non è neanche facile parlare di progettazione. Nel caso di Ktêma e Accordo, alla fine sono sempre le solite cose. Dopo tutto sta nella sensibilità soggettiva che tira fuori qualcosa di più, è ad personam. Io non ho la pretesa di piacere a tutti; finisco un progetto quando mi piace com’è fatto e come suona. Allora dico “Boh, a qualcuno piacerà…” e questo fa piacere anche a me e finisce lì… Quando sei arrivato ad un certo punto ti sembra che non si possa fare più niente; invece se hai l’umiltà e la pazienza di ascoltare con attenzione, avverti che anche le piccole cose non fanno altro che aggiungere e completare l’accordatura, che è una cosa che ha bisogno di tempo. Sono proprio le piccole cose che fanno la differenza. E adesso… E adesso che cosa? Dopo Accordo… Adesso, o dopo, stai esagerando tu… Lasciami respirare! Accordo è stato una vacanza, un modo di ripercorrere terreni noti. Non ti anticipo niente perché non c’è niente da anticipare….

settembre 2011 • SUONO


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