CAP 1. I MITI SOLARI Il Sole nella mitologia greca. (Nota: la relazione con gli altri pianeti nel mito, e c’è, da ripetere in ogni item) Il sole nella mitologia egizia Il sole nella mitologia siriana Il sole nella mitologia romana Il sole nella mitologia precolombiana Il sole nella mitologia induista – http://it.wikipedia.org/wiki/Mitra_(divinit%C3%A0)
-http://it.wikipedia.org/wiki/Mitraismo Il sole nello zoroastrismo http://it.wikipedia.org/wiki/Zoroastrismo Il sole nella mitologia cinese Il Sole nella mitologia cristiana http://it.wikipedia.org/wiki/La_citt%C3%A0_del_Sole CAP 2. L’ASTROLOGIA E IL MITO Le dodici fatiche di Ercole e i segni zodiacali. Riferimenti a Sicuteri. La ricerca dell’identità. Il sole nei segni e nelle case le 144 interpretazioni alla luce della mitologia. Le maschere del mito e il viaggio dell’Eroe nell’Arte ( studio della posizione solare nei temi di noti personaggi della letteratura, musica, pittura). (campbell) Il nostro mito (Raccolta di temi di persone reali che hanno lasciato le loro informazioni online) Un mito naturalistico di origine taoista narra come il Sole fu creato dai vapori infuocati del principio yang e la Luna dai vapori acquei del principio yin. In principio vi era una massa informe di materia che gradualmente si separò per dare origine a una materia leggera che salì verso il cielo e divenne il principio yang, e a una materia pesante che si condensò formando la Terra e divenendo il principio yin. Dall'interazione fra yin e yang ebbero origine le stagioni, il Sole e la Luna, il fuoco, l'acqua, gli elementi e, infine, le creature. Un mito naturalistico di origine taoista narra poi come il Sole fu creato dai vapori infuocati del principio yang e la Luna dai vapori acquei del principio yin; le stelle e i corpi celesti ebbero origine dai vapori emessi rispettivamente dal Sole e dalla Luna. Secondo un altro mito, inizialmente esistevano dieci Soli, figli di Xi He e dell'imperatore Jun, i quali si alternavano nel cielo nei dieci giorni che componevano una "settimana", guidando un carro trainato da sei draghi. Un giorno i dieci Soli sorsero contemporaneamente, bruciando la Terra: quando il padre vide il disastro, fu costretto a chiedere all'arciere Yi di uccidere nove dei suoi figli.
La mitologia solare si incontra in tutte o quasi le culture del mondo, a cominciare da quella greca di Helios, a quella semitica siriana di Elagabal seguita da Eliogàbalo, erede a soli 14 anni al trono di Caracalla, detto anche Marco Aurelio Antonio, figlio di Soemia, nipote di Giulia Mesa nonché cognata dell'imperatore Settimio Severo. Eliogàbalo si diede quindi questo nome in onore della religione da lui seguita, governando dal 218 d.C. al 222 d.C. . Questa religione poi diverrà il Sol Invictus dei Romani. Figure solari si incontrano anche nella mitologia dei popoli dell'America precolombiana (es. gli Incas).
« Zeus padre, signore dell'Ida, grande e glorioso, Sole che tutti vedi e tutto ascolti, fiumi e terra, e voi che sotto terra punite da morti coloro che giurano il falso, siate testimoni, e custodite i patti. » (Iliade III, 276-280. Traduzione di Guido Paduano. Milano, Mondadori, 2007, p.91)
Nella Teogonia di Esiodo (vv.371-374) i titani Theia (Θεία, anche Teia o Tia) [3] e Iperione (Ύπέριον) generano Helios insieme a Selene (Σελήνη, Luna) e Eós (Ἠώς, Aurora). Mentre ai versi 956-957 Helios e l'oceanina Perseis (Περσηίς, anche Perseide) generano Circe (Κίρκη) e Aiete (Αἰήτης, anche Eeta). • Negli Inni omerici, la possibilità di vedere e ascoltare ovunque (così come testimoniato nell'Iliade) consentì a Helios di assistere al rapimento diPersefone (Περσεφόνη) da parte di Ade (Ἅιδης)[4]. • In Pindaro, Helios è lo sposo della ninfa Rodo (Ῥόδη, anche Rodi)[5] e sull'isola di Rodi ebbe sette figli[6]. Sempre in Pindaro, Zeus assegna a Helios l'isola di Rodi in quanto, assente al momento della spartizione del mondo tra gli dèi, ottiene Rodi appena emersa dal mare [7]. •
Platone, nel suo Simposio (220 D) cita la lirica di Socrate dedicata a Helios che sorge[8].
• In Ateneo (469c e sgg.) viene raccontato il modo in cui Helios dopo aver attraverso il cielo da oriente verso occidente, tornasse al suo punto di origine: entro un'enorme coppa attraversava l'oceano. • In Diodoro Siculo[9] Helios risulta particolarmente venerato a Rodi che è l'isola a lui sacra, in quanto inizialmente non era che una palude divenendo fiorente grazie ai raggi del sole che la prosciugarono. • In Pausania Helios è genitore di Pasifae (Πασιφάη)[10] da intendersi questa come un appellativo di Selene[11]. • Il mitografo romano Igino[12] narra la vicenda di Fetonte (Φαέθων) il quale figlio di Climeno (Κλύμενος)[13], a sua volta figlio di Helios e della ninfa Merope (Μερόπη), venne a sapere dal padre che suo nonno era Helios, ma adoperò in modo errato il cocchio solare in quanto si avvicinò troppo alla terra incendiando dove passava finché un fulmine lo colpì facendolo precipitare nel fiume Po che i Greci chiamano Eridano (Ferecide fu il primo a indicarlo in questo modo). Le sorelle di Fetonte piansero in tal modo il fratello che furono trasformate in pioppi. Queste loro lacrime (narra Esiodo [14]) rapprendendosi si trasformarono in ambra, e per questa ragione sono chiamate Eliadi (Ἡλιάδες): Merope, Elie, Egle, Lampezia, Febe, Eteria e Diossipe. • Il dio viene normalmente rappresentato alla guida del carro del sole che conduce da oriente verso occidente[15]. Il poeta romano Ovidio[16], riprendendo Pindaro[17], indica questo carro in unaquadriga tirata da quattro cavalli che soffiano fuoco dalle narici: (Eòo, Etone, Flegone e Piroide).
In età successive il culto di Helios assunse vie più un'importanza centrale, dapprima fu identificato con altri dèi, ad esempio l'identificazione con il dio Apollo risulta già attestata nel V secolo a.C. [23], successivamente, in epoca tardo-imperiale, a partire da Aureliano, il suo culto divenne il principale culto dell'impero romano [24]; in Macrobio [25] sono riassunte le motivazioni teologiche: « Allora Vettio: 2 Non credere, caro Avieno, che la schiera dei poeti, quando parla degli dèi, non tragga per lo più ispirazione dai recessi della filosofia. Infatti non è vana superstizione quella che fa loro ricondurre al Sole tutti gli dèi, o per lo meno quelli celesti, ma divina saggezza. 3 Se il Sole, secondo l'opinione degli antichi, regge e governa tutti gli altri astri[26] e presiede esso solo al movimento dei pianeti, e se è vero che le stelle con le loro orbite regolano, come taluni ritengono, l'ordine degli eventi umani, o, secondo la teoria di Plotino, lo preannunciano, dobbiamo necessariamente considerare il Sole, in quanto governa i governatori del nostro destino, come origine di tutto ciò che accade intorno a noi. 4 E come Virgilio Marone dicendo a proposito della sola Giunone "per quale suo nome offeso", intese significare che le varie manifestazioni di un solo dio si devono considerare come altrettante divinità, così le diverse proprietà del Sole diedero origine a nomi degli dèi. Di qui i primi sapienti prclamarono il principio hèn tò pan (il tutto è unico). 5 Dunque chiamarono Apollo la proprietà divinatrice e curatrice del Sole, mentre quella che presiede al linguaggio ricevette il nome
di Mercurio. In effetti, poiché il linguaggio interpreta i pensieri nascosti, con denominazione appropriata fu chiamato in greco Hermes da hermenèuein(interpretare). » (Macrobio. Saturnali I, 17, 2-5. Traduzione di Nino Marinone; Torino, Utet, 1987)
Apollo è una divinità dell'antica religione greca, dio di tutte le arti, della medicina, della musicae
della profezia il suo simbolo principale era il Sole; in seguito fu venerato anche nella religione romana. Era patrono della poesia, in quanto capo delle Muse, e veniva anche descritto come un provetto arciere in grado di infliggere, con la sua arma, terribili pestilenze ai popoli che lo contrariavano (una sua freccia scagliata con il suo arco portava pestilenze e malattie ad intere nazioni). In quanto protettore della città e del tempio di Delfi, Apollo era anche venerato come dio oracolare, capace di svelare, tramite la sacerdotessachiamata Pizia, il futuro agli esseri umani. Per questo, era adorato nell'antichità come uno degli dèi più importanti del Dodekatheon. Nella tardaantichità greca Apollo venne anche identificato come dio del Sole, e in molti casi soppiantò Helios quale portatore di luce e auriga del cocchio solare. Un simile "passaggio di consegne" avvenne anche presso i Romani, in quanto, a partire dalla tarda età Repubblicana, Apollo divenne "alter ego" del Sol Invictus, una delle più importanti divinità romane. In ogni caso, almeno presso i Greci Apollo ed Helios rimasero entità separate e distinte, almeno nei testi letterari e mitologici dell'epoca.[1] Come divinità greca, Apollo è figlio illegittimo di Zeus e di Leto (Latona per i Romani) e il fratello gemello di Artemide (per i Romani Diana), dea della caccia e più tardi assimilata, al pari del fratello, a Selene, divinità protettrice della Luna.
http://it.wikipedia.org/wiki/Olimpi
Origini del culto[modifica | modifica sorgente] Le origini del culto apollineo si perdono, come si sa, nella notte dei tempi. È comunque opinione comune e consolidata tra gli studiosi che il culto del dio sia relativamente recente e che, precedentemente ad Apollo, il santuario di Pito avesse una sua antichissima religione ctonia, legata al culto della Dea Madre. Lo stesso racconto mitico di Eschilo su Apollo che riceve il santuario da Gea, Febe e Temi (Eumenidi,vv.1-19), tenderebbe a confermarlo. Una recentissima teoria però (Sanna 2007), basata sulla decifrazione degli enigmatici e tanto discussi documenti greci di Glozel (Vichy, Francia), tende ad ampliare il quadro miticostorico interessante l'oracolo e collega la nuova, non identificata divinità, alla vicenda cadmea di Europa e a quella dell'alfabeto portato dallo stesso Cadmo in Beozia in periodo premiceneo. Divinità semitica che di quell'alfabeto, di provenienza siro-palestinese, era l'assoluta detentrice. Il santuario ctonio di Pito era stato dunque occupato, in qualche modo, da una divinità non greca (yh: da cui il noto successivo grido di IE, per Apollo "IEIOS") la quale però, a sua volta, venne grecizzata, secondo quanto fa intendere il noto racconto erodoteo (Historiae,I,61-62) sulla cacciata dei Cadmei, ovvero dei semiti, da parte degli Argivi. Tuttavia la divinità inglobata nella sfera della cultura greca manteneva alcuni dei caratteri orientali della divinità, come ad esempio l'ineffabilità, la figura androgina, l'aspetto di dio cacciatore e inseguitore del lupo (da cui Apollo Liceo), le qualità di dio ambiguo o obliquo (Lossia) ma, per chi sapeva capirlo rettamente, salvatore e liberatore. Con la calata dei Dori (XII -XI secolo a.C.), una volta annientati i Micenei, il santuario, verisimilmente, subì l'umiliazione e la distruzione dei vincitori e solo verso il IX - VIII secolo a.C. fu riaperto e si risollevò, ma con un Lossia del tutto trasformato e in linea con la nuova religione. Il potentissimo dio androgino di origine semitica entrava così a far parte della sacra famiglia olimpica, sdoppiandosi in Apollo e Artemide e diventando figlio di Zeus e di Leto. Sempre secondo questa teoria, supportata da solide basi documentarie, la famosa E apud Delphos (la lettera alfabetica epsilon posta tra le colonne nell'ingresso del santuario apollineo) di cui ci parla lo storico Plutarco, la "E" che stava alla base dell'epifonema esprimente 'acuto dolore' (Esichio) dei fedeli, potrebbe fornire la prova che il nome di Apollo (mai sufficientemente compreso e spiegato dagli studiosi: Farnell, Kern,Hrozny,Nilsson,Cassola, ecc.) fosse
derivato da un A/E -pollòn (il grido di dolore "ah!,eh!" esclamato più volte, così come testimoniano la letteratura greca tragica e paratragica
Nascita[modifica | modifica sorgente] Apollo nacque, come sua sorella gemella Artemide, dall'unione extraconiugale di Zeus con Leto. Quando Era seppe di questa relazione, desiderosa di vendetta proibì alla partoriente di dare alla luce suo figlio su qualsiasi terra, fosse essa un continente o un'isola. Disperata, la donna vagò fino a giungere sull'isola di Delo, appena sorta dalle acque e, stando al mito, ancora galleggiante sulle onde e non ancorata al suolo. Essendo perciò Delo non ancora una vera isola, Leto poté darvi alla luce Apollo e Artemide. Altri miti riportano che la vendicativa Era, pur di impedirne la nascita, giunse a rapire Ilizia, dea del parto. Solo l'intervento degli altri dèi, che offrirono alla regina dell'Olimpo una collana di ambra lunga nove metri, riuscì a convincere Era a desistere dal suo intento. I miti riportano che Artemide fu la prima dei gemelli a nascere, e che abbia in seguito aiutato la madre nel parto di Apollo. Questi nacque in una notte di plenilunio, che fu da allora il giorno del mese a lui consacrato. Ancora altri dicono che Era avesse mandato un serpente sulla Terra per seguire Leto tutta la vita impedendo così a chiunque di ospitarla e darle un rifugio. Leto vagò per molto tempo ma Poseidone, impietosito dalla sua situazione, lasciò che si rifugiasse in mare (dato che letteralmente non era terra) visto che lui, essendo il fratello di Zeus, poteva permettersi di sfidare Era.
Giovinezza[modifica | modifica sorgente] Poco più che bambino, Apollo si cimentò nell'impresa di uccidere il drago ctonio Pitone, confermando la sua origine di dio della guerra, reo di aver tentato di stuprare Leto mentre questa era incinta del dio. Apollo lo uccise presso la sua tana, situata nei pressi della fonte Castalia nei pressi di Delfi, città dove sarebbe poi sorto l'oracolo a lui dedicato. Per questo suo gesto, comunque, Apollo ricevette una punizione da Gea, madre del drago. Altre azioni che gli sono state attribuite dai miti durante la giovinezza, non furono così nobili: il dio sfidò il satiro Marsia (o, secondo altre fonti, venne da questi sfidato) in una gara musicale diflauto; in seguito alla vittoria, per punire l'ardire del satiro, che si era impudentemente vantato di essere più bravo di lui, lo fece legare a un albero e scorticare vivo. Un altro mito racconta invece come si vendicò terribilmente di Niobe, regina di Tebe, la quale, eccessivamente fiera dei suoi quattordici figli (sette maschi e sette femmine), aveva deriso Leto per averne avuti solo due. Per salvare l'onore della madre, Apollo, insieme con sua sorella Artemide, utilizzò il suo terribile arco per uccidere la donna e i suoi figli, risparmiandone solo due.
Apollo e Admeto[modifica | modifica sorgente] Quando Zeus uccise Asclepio, figlio di Apollo, come punizione per aver osato resuscitare i morti con il suo talento medico, il dio per vendetta massacrò i ciclopi, che avevano forgiato i fulmini di Zeus. Stando alla tragedia di Euripide Alcesti, come punizione per questo suo gesto Apollo venne costretto dal padre degli dèi a servire l'umano Admeto, re di Fere, per nove anni. Apollo lavorò dunque presso il re come pastore, e venne da costui trattato in modo tanto gentile che, allo scadere dei nove anni, gli concesse un dono: fece sì che le sue mucche partorissero solo figli gemelli. In seguito, il dio aiutò Admeto a ottenere la mano di Alcesti, che per volere del padre sarebbe potuta andare in sposa solo a chi fosse riuscito a mettere il giogo a due bestie feroci: Apollo gli regalò dunque un carro trainato da un leone e un cinghiale.
Apollo ed Ermes[modifica | modifica sorgente] Un mito degli inni omerici racconta dell'incontro tra il giovane Ermes e Apollo. Il dio dei ladri, appena nato, sfuggì infatti alla custodia della madre Maia e iniziò a vagabondare per la Tessaglia, fino a imbattersi nel gregge di Admeto, custodito da Apollo. Ermes riuscì con uno stratagemma a rubare gli animali e, dopo essersi nascosto in una grotta, usò gli intestini di alcuni di essi per confezionarsi una lira. Quando Apollo, infuriato, riuscì a rintracciare Ermes e a pretendere, con l'appoggio di Zeus, la restituzione del bestiame, non poté fare a meno di innamorarsi dello strumento e del suo suono, e accettò infine di lasciare a Ermes il maltolto, in cambio della lira, che sarebbe diventata da allora uno dei suoi simboli.
Apollo e Oreste[modifica | modifica sorgente] Apollo ordinò a Oreste, tramite il suo oracolo di Delfi, di uccidere sua madre Clitennestra; per questo suo crimine Oreste venne a lungo perseguitato dalle Erinni.
Apollo durante la guerra di Troia[modifica | modifica sorgente]
Apollo istruisce le Muse Euterpe e Urania, olio su tela di Pompeo Batoni, ca. 1741, Varsavia, Muzeum Narodowe.
L'inizio del'Iliade di Omero vede Apollo schierato a fianco dei Troiani, durante la guerra di Troia. Il dio era infatti infuriato con i greci, e in particolare con il loro capo Agamennone, per il rapimento da questi perpetrato di Criseide, giovane figlia di Crise, sacerdote di Apollo. Per vendicare l'affronto, il dio decimò le schiere achee con le sue terribili frecce, fino a che il capo dei greci non acconsentì a rilasciare la prigioniera, pretendendo in cambio Briseide, schiava di Achille. Questo fatto provocò l'ira dell'eroe mirmidone, che è uno dei temi centrali del poema. Apollo continuò comunque a parteggiare per i troiani durante la guerra: in un'occasione salvò la vita a Enea, ingaggiato in duello da Diomede. In seguito, aiutò Paride a uccidere Achille, guidando la freccia da questi scagliata nel tallone dell'eroe, il suo unico punto debole. Da non dimenticare, infine, l'importantissimo aiuto che il dio offrì a Ettore e a Euforbo nel combattimento che li vedeva avversari del potente Patroclo, amico e allievo del valorosissimo Achille; il dio infatti, oltre ad aver stordito il giovane, che i Troiani avevano scambiato per il re mirmidone, vista l'armatura che indossava, lo privò di quest'ultima sciogliendola come neve al sole. Distrusse perfino la punta della lancia con cui Patroclo stava mietendo vittime tra le file troiane.
Amori di Apollo[modifica | modifica sorgente] Apollo e Daphne[modifica | modifica sorgente] Un giorno, Cupido, stanco delle continue derisioni di Apollo, che vantava il titolo di dio più bello, dio della poesia nonché un arciere migliore di lui, colpì il dio con una delle sue frecce d'oro, facendolo cadere perdutamente innamorato della ninfa Daphne. Allo stesso tempo però, colpì anche la ninfa, con una freccia di piombo arrugginita e spuntata, stregandola in modo che rifiutasse l'amore di Apollo e addirittura rabbrividisse per l'orrore alla sua vista. Perseguitata dal dio innamorato, la ninfa, piangendo e gridando, chiese aiuto al padre Penéo, dio dei fiumi, che la tramutò in una pianta di lauro, o alloro. Apollo pianse
abbracciando il tronco di Daphne che ormai era un albero. Per questo il lauro divenne la pianta prediletta da Apollo con la quale era solito far ornare i suoi templi e anche i suoi capelli.
Apollo e Giacinto[modifica | modifica sorgente]
Apollo sostiene Giacinto morente, dipinto diJean Broc
Uno dei miti più conosciuti riferiti al dio è quello della sua triste storia d'amore con il principe spartano Giacinto, mito narrato, fra gli altri, daOvidio nelle sue Metamorfosi. I due si amavano profondamente, quando un giorno, mentre si stavano allenando nel lancio del disco, il giovane venne colpito alla testa dall'attrezzo lanciato da Apollo, spintogli contro da Zefiro, geloso dell'affetto tra i due. Ferito a morte, Giacinto non poté che accasciarsi tra le braccia del compagno che, impotente, lo trasformò nel rosso fiore che porta il suo nome, e con le sue lacrime tracciò sui suoi petali le lettere άί (ai), che in greco è un'esclamazione di dolore. Da ricordare che in questo mito viene svelata, nuovamente, la perfida personalità che talvolta riemerge dall'animo del Dio. Infatti, saputo che Tamiri, un altro pretendente alla compagnia di Giacinto (per inciso fu il primo uomo a innamorarsi di un individuo del suo stesso sesso) reputava di superare le muse nelle loro arti, il Dio, con estremo piacere andò dalle sue allieve per riferire tali parole. Le muse allora, privarono il povero Tamiri, reo di presunzione, della vista, della voce e della memoria.
Apollo e Cassandra[modifica | modifica sorgente] Per sedurre Cassandra, figlia del re di Troia Priamo, Apollo le promise il dono della profezia. Tuttavia, dopo aver accettato il patto, la donna si tirò indietro, rimangiandosi la parola data. Il dio allora, sputandole sulle labbra, le diede sì il dono di vedere il futuro, ma la condannò a non venir mai creduta per le sue previsioni.
Apollo e Marpessa[modifica | modifica sorgente] Apollo amò anche una donna chiamata Marpessa, che era contesa fra il dio e l'umano chiamato Ida. Per dirimere la contesa tra i due, intervenne Zeus, che decise di lasciare la donna libera di decidere; questa scelse Ida, perché consapevole del fatto che Apollo, essendo immortale, si sarebbe stancato di lei quando l'avesse vista invecchiare.
Apollo e Melissa[modifica | modifica sorgente] Secondo un altro mito, Apollo s'innamorò perdutamente della ninfa Melissa. Fu un amore profondo ed incondizionato, e il dio lasciò spazio soltanto alla fedele e totale devozione per la fanciulla piuttosto che adempiere i suoi doveri da divinità del Sole. Il carro del Sole venne quindi sempre meno guidato e trasportato, e il mondo cadeva sempre più nelle tenebre. Allora, per un decreto di entità superiori, Apollo venne punito e la ninfa venne trasformata in un'ape regina. Fu così che la meschina ragione infranse il greve cuore del dio.
Figli di Apollo[modifica | modifica sorgente] Come tutti gli dèi greci, le leggende riportano come Apollo ebbe molti figli, da unioni con donne mortali e no. Da Cirene, ebbe un figlio di nome Aristeo. Da Ecuba, moglie di Priamo e regina di Troia, ebbe un figlio di nome Troilo, che venne ucciso da Achille Il figlio più noto di Apollo è però certamente Asclepio, dio della medicina presso i greci. Asclepio nacque dall'unione tra il dio e Coronide; quest'ultima però, mentre portava in grembo il bambino, si innamorò di Ischi e fuggì con lui. Quando un corvo andò a riferire l'accaduto ad Apollo, questi dapprima pensò a una menzogna, e fece diventare il corvo nero come la pece, da bianco che era. Scoperta poi la verità, il dio chiese a sua sorella Artemide di uccidere la donna. Apollo salvò comunque il bambino, e lo affidò al centauro Chirone, perché lo istruisse alle arti mediche. Come ricompensa per la sua lealtà, il corvo divenne inoltre animale sacro del dio, e venne dotato da Apollo del potere di prevedere le morti imminenti. In seguito Flegias, padre di Coronide, per vendicare la figlia diede fuoco al tempio di Apollo a Delfi, e venne per questo ucciso dal dio e scaraventato nel Tartaro.
http://it.wikipedia.org/wiki/Dodici_fatiche_di_Eracle
http://www.renzobaldini.it/testi/Ercole.html http://it.wikipedia.org/wiki/Gilgamesh http://it.wikipedia.org/wiki/Ahura_Mazd%C4%81 http://it.wikipedia.org/wiki/Amon-Ra http://it.wikipedia.org/wiki/Religione_egizia Nascita di Apollo per la mitologia greca Stando a quanto scrive Robert Graves: “II lascivo Zeus si giacque con molte Ninfe, discendenti di Titani o di dei e, dopo la creazione del genere umano, anche con donne mortali; non meno di quattro grandi divinità olimpiche nacquero dai suoi amplessi extraconiugali. Dapprima egli generò Ermete in Maia, figlia di Atlante, che partorì il figlio in una grotta sul monte Cillene in Arcadia. Poi generò Apollo e Artemide in Latona, figlia del Titano Ceo e di Febe, trasformando in quaglie se stesso e Latona al momento dell'unione. Ma Era, ingelositasi, incaricò il serpente Pitone di inseguire Latona tutt'attorno al mondo, e decretò che essa non avrebbe potuto partorire in alcun luogo dove brillasse il Sole. Sulle ali del Vento del Sud, Latona giunse infine a Ortigia presso Delo, dove mise alla luce Artemide, che appena nata aiutò sua madre ad attraversare lo stretto e a Delo, tra un olivo una palma da datteri che crescevano sulle pendici settentrionali del monte Cinto, Latona si sgravò di Apollo dopo nove giorni di travaglio. Delo, che fino a quel giorno era
stata un'isola vagante, si immobilizzò nel mare e per decreto divino nessuno può più nascervi o morirvi: i malati e le donne incinte vengono trasportati a Ortigia.2”
Altri miti raccontano, invece che: “la vendicativa Era, pur di impedirne la nascita, giunse a rapire Ilizia, dea del parto. Solo l'intervento degli altri dèi, che offrirono alla regina dell'Olimpo una collana di ambra lunga nove metri, riuscì a convincere Era a desistere dal suo intento. I miti riportano che Artemide fu la prima dei gemelli a nascere, e che abbia in seguito aiutato la madre nel parto di Apollo. Questi nacque in una notte di plenilunio, che fu da allora il giorno del mese a lui consacrato. Ancora altri dicono che Era avesse mandato un serpente sulla Terra per seguire Leto tutta la vita impedendo così a chiunque di ospitarla e darle un rifugio. Leto vagò per molto tempo ma Poseidone, impietosito dalla sua situazione, lasciò che si rifugiasse in mare (dato che letteralmente non era terra) visto che lui, essendo il fratello di Zeus, poteva permettersi di sfidare Era.” Le imprese
Sempre secondo Robert Graves: “a) Apollo, figlio di Zeus e di Latona, nacque di sette mesi, ma eli dei crescono in fretta. Temi lo nutrì di nettare e ambrosia, e dopo quattro giorni il bimbo già chiedeva a gran voce arco e frecce, che Efesto subito gli porse. Partito da Delo, Apollo si diresse senza indugio verso il monte Parnaso, dove si celava il serpente Pitone, nemico di sua madre, e lo ferì gravemente con le sue frecce. Pitone si rifugiò presso l'oracolo della Madre Terra a Delfi, città così chiamata in onore del mostro Delfine, compagna di Pitone; ma Apollo osò inseguirlo anche nel tempio e lo finì dinanzi al sacro crepaccio.1 b) La Madre Terra, oltraggiata, ricorse a Zeus che non soltanto ordinò ad Apollo di farsi purificare a Tempe, ma istituì i giochi Pitici in onore di Pitone, e costrinse Apollo a presiederli per penitenza. Apollo, sfrontatamente, non si curò di obbedire agli ordini di Zeus e invece di recarsi a Tempe andò a Egialia, in compagnia di Artemide, per purificarsi; e poiché il luogo non gli piacque, salpò per Tarra in Creta, dove re Carmanore eseguì la cerimonia di purificazione.2 c) Al suo ritorno in Grecia, Apollo andò a cercare Pan, il dio arcade dalle gambe di capra e dalla dubbia riputazione, e dopo avergli strappato con blandizie i segreti dell'arte divinatoria, si impadronì dell'oracolo delfico e ne costrinse la sacerdotessa, detta pitonessa, a servirlo. d) Latona, udita questa notizia, si recò con Artemide a Delfi, dove si appartò in un sacro boschetto per adempiere a certi riti. Il gigante Tizio interruppe le sue devozioni e stava tentando di violentarla, quando Apollo e Artemide, udite le grida della dea, accorsero e uccisero Tizio con un nugolo di frecce: una vendetta che Zeus, padre di Tizio, si compiacque di giudicare pio atto di giustizia. Nel Tartaro Tizio fu condannato alla tortura con le braccia e le gambe solidamente fissate al suolo; il suo enorme corpo copriva un'area di nove acri e due avvoltoi gli mangiavano il fegato.3 e) In seguito Apollo uccise il satiro Marsia, seguace della dea Cibele. Ed ecco come si svolsero gli eventi. Un giorno Atena si fabbricò un doppio flauto con ossa di cervo e lo suonò a un banchetto degli dei. Essa non riuscì a capire, dapprima, perché mai Era e Afrodite ridessero silenziosamente nascondendosi il volto tra le
mani, benché la sua musica paresse deliziare gli altri dei; appartatasi perciò nel bosco frigio, riprese a suonare nei pressi di un ruscello e così facendo osservò la sua immagine riflessa nello specchio delle acque. Resasi subito conto di quanto fosse orribile a vedersi, col viso paonazzo e le gote enfiate, gettò via il flauto e lanciò una maledizione contro chiunque lo avesse raccolto. f) Marsia fu l'innocente vittima di quella maledizione. Egli trovò per caso il flauto e non appena se lo portò alle labbra lo strumento si mise a suonare da solo, quasi ispirato dal ricordo della musica di Atena. Marsia allora percorse la Frigia al seguito di Cibele, deliziando con le sue melodie i contadini ignoranti. Costoro infatti proclamavano che nemmeno Apollo con la sua lira avrebbe saputo far di meglio, e i Marsia fu tanto sciocco da non contraddirli. Ciò naturalmente provocò l'ira di Apollo che sfidò Marsia a una gara: il vincitore avrebbe inflitto al vinto la punizione che più gli fosse piaciuta. Marsia acconsentì e Apollo affidò il giudizio alle Muse. I due contendenti chiusero la gara alla pari, poiché le Muse si dichiararono egualmente deliziate dalle loro melodie, ma Apollo gridò allora a Marsia: «Ti sfido a fare col tuo strumento ciò che io farò con il mio; dovrai capovolgerlo e suonare e cantare al tempo stesso».”