Job Magazine 1/2014

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NUMERO 1 | ANNO 2014 ALL’INTERNO »»APPRENDISTATO E JOBS-ACT ANCORA UN NO ALLE BUONE PRATICHE COMUNITARIE

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»»JOBS-ACT: RITORNO AL PASSATO PER L’APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE 2 »»CONTRATTI A TERMINE TUTTI “ACAUSALI” CON 5 PROROGHE

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»»AGEVOLAZIONI FISCALI PER LA “RETRIBUZIONE DI PRODUTTIVITÀ” 2014

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»»TASI: PAGAMENTI IN ORDINE SPARSO TRA GIUGNO E DICEMBRE 2014

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»»PROVVIGIONI E FERIE SOTTO IL GIUDIZIO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

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»»DOMESTICI, VOUCHER LAVORO E ASSUNZIONI AGEVOLATE

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»»DICHIARAZIONI, IMMOBILI, AGEVOLAZIONI FISCALI, FATTURE ELETTRONICHE

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APPRENDISTATO E JOBS-ACT ANCORA UN NO ALLE BUONE PRATICHE COMUNITARIE Dall’articolo di approfondimento di Paolo Rossi per Le Leggi Illustrate - Milano

COLLABORATORI E REDATTORI

Paolo Rossi CONSULENTE DEL LAVORO GIORNALISTA PUBBLICISTA (Studio Paolo Rossi)

Francesco Raco DOTTORE COMMERCIALISTA (Ass. Prof. Magno & Giannetti)

Teresa Evangelista DOTT.SSA IN SCIENZE POLITICHE ESPERTA IN DIRITTO DEL LAVORO (Studio Paolo Rossi)

Graziella Saccà DOTT.SSA IN ECONOMIA ESPERTA IN DIRITTO TRIBUTARIO DELLE PF (Studio Paolo Rossi)

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l tema dell’apprendistato ha colto di recente l’attenzione della Commissione europea attraverso il progetto “Alleanza Europea per l’apprendistato”, con l’obiettivo di avviare uno scambio continuo di esperienze e buone prassi non solo tra Governi, ma anche e soprattutto tra imprese, sindacati ed esperti del mercato del lavoro. La Commissione è giustamente preoccupata della bassa incidenza di questa preziosa tipologia contrattuale in alcuni Paesi (come l’Italia, per esempio), nonostante sia evidente la correlazione con tassi di occupazione giovanile particolarmente bassi. La Commissione europea ha indicato tredici fattori chiave come linee-guida strategiche per il consolidamento di un efficiente sistema di apprendistato. L’Italia ne

soddisfa ben poche e ad ogni riforma si allontana poco alla volta dal benchmark europeo rappresentato dalla Germania. Anche il recente Jobs-ACT non si discosta dal recente passato, dimostrando, ancora una volta, la lontananza del Legislatore moderno dalle realtà socio-economiche del Paese. Le imprese e gli operatori si erano decisamente illusi sull’annunciato cambio di marcia, come per esempio sul versante dei tagli alle inefficienze delle Regioni, fino ad oggi tra i principali responsabili della confusione creatasi intorno alla formazione finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali dell’apprendista. Pare che il Legislatore, nonostante ben dieci interventi normativi negli ultimi quattro


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DALLA PRIMA Editoriale

anni (tutti dimostratisi inconcludenti), non abbia ancora preso consapevolezza che seguire le buone prassi dei Paesi europei con più altre percentuali di apprendisti sia, in tutta evidenza, la scelta più logica e sensata. In Europa, l’apprendistato funziona egregiamente dove il sistema dell’incontro

tra la domanda e l’offerta di lavoro è altamente efficiente. In Italia, invece, siamo ancora agli aspetti di dettaglio (forma scritta del piano formativo, formazione pubblica, stabilizzazione) senza alcuna logica di sistema e quasi come se la pianificazione e il controllo di un percorso di apprendimento

JOBS-ACT: RITORNO AL PASSATO PER L’APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE Dall’articolo di approfondimento di Paolo Rossi per Le Leggi Illustrate - Milano CONVERTITO IN LEGGE IL D.L. 20 MARZO 2014, N. 34 (JOBS-ACT) - LEGGE 16 MAGGIO 2014, N. 78

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ul fronte dell’apprendistato professionalizzante, le Regioni hanno 45 giorni per indicare al datore di lavoro le modalità di svolgimento della loro offerta formativa pubblica. Scaduto il termine, l’impresa non dovrà temere sanzioni, pur rimanendo inalterato l’obbligo. Il piano formativo individuale dell’apprendista torna ad essere in forma scritta obbligatoria, benché le Camere abbiano ammorbidito il ritorno al passato con la previsione di uno schema a forma sintetica. Viene anche ripristinata la percentuale minima di stabilizzazione (ora al 20%) degli apprendisti assunti nei 36 mesi precedenti, ma in questo caso escludendo dal vincolo le piccole realtà produttive (datori di lavoro con meno di 50 dipendenti).

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LA FORMAZIONE A CARICO DELLE REGIONI La formazione teorica di base e trasversale che deve offrire la Regione in cui lavora l’apprendista, prima resa facoltativa dall’originaria versione del D.l. 34/2014 ed ora tornata obbligatoria nella legge di conversione, era una delle novità maggiormente attese dalle imprese. Per una serie di ragioni dunque (non da ultimo il complesso sistema costituzionale della legislazione concorrente), la legge n. 78/2014 riporta l’asticella al livello regolatorio precedente il 21 marzo 2014, con alcune ininfluenti novità. Viene fissato il termine di 45 giorni (a decorrere dalla comunicazione preventiva obbligatoria UNILAV) entro il quale le Regioni devono informare il datore di lavoro sulle modalità di svolgimento dell’offerta

e crescita professionale fosse poco più di una fastidiosa grana burocratica che penalizza le imprese pure desiderose di assumere e investire sui giovani.

(cfr “Apprendistato: quadro comparato e buone prassi” – ADAPT University Press - 2014).

formativa pubblica, sulle sedi disponibili e sul calendario dei corsi. In questa fase, le Regioni potranno avvalersi del supporto “dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili”. Tuttavia, il mancato rispetto del termine (che sarà, in buona probabilità, la prassi) non annulla l’obbligo formativo per i datori di lavoro, ma lo sterilizza temporaneamente fino a quando non arrivi l’invito della Regione ad iscrivere gli apprendisti ai corsi destinati alla formazione di base e trasversale. Questa è la lettura della norma maggiormente condivisa dagli esperti, che attribuisce al termine dei 45 giorni un carattere ordinatorio ossia non vincolante per le Regioni, il cui mancato rispetto non fa decadere l’obbligo di adempiere per il datore di lavoro. In altri termini, la modifica legislativa, sotto un profilo di applicazione concreta della norma, comporterà la sola non punibilità del datore di lavoro per i ritardi dovuti alle Regioni.

OBBLIGO DI STABILIZZARE GLI APPRENDISTI SOLO PER LE IMPRESE MEDIO-GRANDI L’originaria versione del decreto 34/2014 aveva soppresso, con decorrenza 21 marzo 2014, la condizione obbligatoria di confermare in servizio gli apprendisti che terminano il loro periodo formativo al fine di poter legittimamente avviare


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nuovi rapporti di apprendistato. Il requisito era agganciato al dato storico delle stabilizzazioni degli apprendisti nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione (almeno il 50% confermati in servizio alla fine del periodo formativo) e riguardava i soli datori di lavoro con più di 9 dipendenti. Il Parlamento, in sede di conversione in legge del decreto, non ha condiviso l’idea governativa ed è tornato al meccanismo precedente, con qualche aggiustamento circa i datori di lavoro destinatari e la percentuale di stabilizzazione richiesta. La condizione torna necessaria ma viene imposta ai soli datori di lavoro che occupano almeno cinquanta dipendenti. Inoltre, la condizione non richiede più l’obbligo di aver stabilizzato, a tempo indeterminato, il 50% degli apprendistati scaduti negli ultimi 36 mesi, ma solo il 20 per cento di questi, escludendo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. I contratti collettivi nazionali di lavoro possono comunque individuare limiti diversi. Viene ripristinata anche la regola che si applicava quando non fosse rispettato il livello minimo di stabilizzazioni pregresse: il datore di lavoro può comunque assumere un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, ovvero un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Se il datore di lavoro viola tali limiti è sanzionato con la conversione a tempo indeterminato dei contratti di apprendistato abusivi, con decorrenza

retroattiva sin dalla data di costituzione del rapporto. Il meccanismo della conversione retroattiva comporta, peraltro, la perdita di tutti i benefici agganciati al regime dell’apprendistato, come per esempio la possibilità di sottoinquadramento, gli sgravi contributivi e la facoltà di disdetta libera al termine della formazione.

PIANO FORMATIVO INDIVIDUALE IN FORMA SINTETICA, MA IN OGNI CASO OBBLIGATORIO Nella parte dedicata alla disciplina generale dell’apprendistato (art. 2, d.lgs. 167/2011), le misure di semplificazione contenute nel testo originario del decreto 34/2014 riguardavano anche i vincoli di “forma” del contratto. Ancor prima del Jobs-ACT, la

re durante tutta la durata del rapporto). Lo schema di piano formativo individuale poteva essere definito anche in sede di contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, sulla base di moduli e formulari che ne semplificavano la scrittura. Il decreto 34/2014, con decorrenza 21 marzo 2014, aveva soppresso l’obbligo di redigere per iscritto il piano formativo individuale dell’apprendista, al pari di quello che lo collegava alla facoltà per i contratti collettivi e gli Enti bilaterali di predisporre moduli e formulari semplificati. Ora, la legge 78/2014 ripristina interamente il meccanismo obbligatorio, precisando soltanto che il PFI è redatto in forma sintetica, sempre sulla base (eventuale) di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali.

LE ORE DI FORMAZIONE PAGATE AL 35% Nessuna sorpresa, invece, per gli apprendistati finalizzati all’acquisizione di una qualifica o di un diploma professionale (seconda tipologia di apprendistato, diversa da quella di mestiere). Resta inalterata l’agevolazione introdotta dal decreto 34/2014 in merito alla modulazione della retribuzione spettante all’apprendista. Si tratta, ricordiamo, del ridimensionamento dello stipendio dell’apprendista durante la partecipazione ai corsi di formazione professionale.

norma prevedeva, tra gli altri, il requisito della forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale (individuato spesso con l’acronimo PFI, ossia quel documento che costituisce parte integrante del contratto contenente la descrizione del percorso formativo che l’apprendista deve segui-

In precedenza non vi era alcuna distinzione tra la retribuzione dovuta all’apprendista durante il tempo di lavoro e quella a cui lo stesso aveva diritto durante i momenti formativi. Con l’inserimento del comma 2-ter all’articolo 3 del TU sull’apprendistato, la retribuzione maturata dall’apprendista durante le ore di formazione obbligatoria può scendere fino al 35% del totale.

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LAVORO E OCCUPAZIONE Contratti speciali di lavoro

CONTRATTI A TERMINE TUTTI “ACAUSALI” CON 5 PROROGHE Dall’articolo di approfondimento di Paolo Rossi per Le Leggi Illustrate - Milano CONVERTITO IN LEGGE IL D.L. 20 MARZO 2014, N. 34 (JOBS-ACT) - LEGGE 16 MAGGIO 2014, N. 78 L’eliminazione della causale giustificatrice dal contratto a tempo determinato rappresenta, in assoluto, l’elemento nuovo di maggiore rilevanza del decreto “Jobs-ACT”, sopravvissuto anche al passaggio parlamentare che ha portato il D.l. 34/2014 ad essere convertito in legge il 16 maggio scorso. Non è accaduto lo stesso per il resto dell’impianto normativo: le Camere hanno apportato al testo originario del decreto una serie di modifiche che, seppur non riguardanti la causale del contratto, riducono la portata innovativa degli altri interventi, particolarmente con riferimento al complicato meccanismo della sanzione amministrativa in caso di superamento dei limiti quantitativi e all’aggravamento del meccanismo del diritto di precedenza. Apprezzabile, invece, sotto il profilo della volontà di fare chiarezza, la disciplina transitoria inserita nel corso del passaggio parlamentare, dalla quale si evince che tutte le novità in tema di contratto a termine e di apprendistato si applicano ai soli rapporti di lavoro costituiti a decorrere dal 21 marzo 2014.

CONTRATTO A TERMINE AD ACCESSO LIBERO Il contratto di lavoro subordinato “ordinario”, cioè quello che il Legislatore considera come la forma comune di rapporto di lavoro, resta il contrat-

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to a tempo indeterminato. Così apre il D.lgs. 368/2001 che disciplina il contratto a tempo determinato, e questa enunciazione di principio non viene intaccata dal decreto legge 20 marzo 2014, n. 34, anche nel testo convertito in legge 16 maggio 2014, n. 78. Tale principio, anche se non ha una diretta ed immediata applicazione pratica, costituisce pur sempre una linea di indirizzo per il giudice in caso di riconduzione del rapporto di lavoro gestito in frode alla legge nella forma che il Legislatore individua come privilegiata. In sostanza, in ogni occasione in cui un contratto di lavoro diverso dalla “forma comune” violi la legge, il giudice, in assenza di altra sanzione prevista ad hoc, converte automaticamente il contratto abusivo in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche quando tale “sanzione” non sia direttamente esplicitata. Il drastico cambio culturale del Legislatore, invece, sta proprio nell’abbandono della causale giustificatrice del termine che fino al 20 marzo scorso vincolava ogni nuova assunzione a tempo determinato. Ora, fatto salvo il privilegio riservato al contratto a tempo indeterminato, il contratto a termine diventa una forma contrattuale di libero accesso, nel senso che non sussiste alcun obbligo per il datore di lavoro di in-

dividuare delle ragioni di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” che giustificano l’apposizione di una “scadenza” (il termine) al rapporto di lavoro. Ricordiamo che le “ragioni” servivano per fornire una giustificazione (vera e comprovabile) al lavoratore neoassunto sul perché veniva sottoscritto un contratto a termine anziché uno a tempo indeterminato. Questo elemento di novità ha un notevole impatto sulla gestione del contratto a termine, se non altro per la presa d’atto che viene eliminato uno dei cavilli giuridici a più alto contenzioso giudiziale. Non si dimentichi che l’incertezza di un contenzioso del lavoro, ad altra probabilità di concretizzazione, non può che rappresentare un freno per le iniziative imprenditoriali. Si immagini che per la dichiarazione di inefficacia del termine da parte del giudice del lavoro era sufficiente anche semplicemente aver scritto male, nella lettera di assunzione, le ragioni aziendali a giustificazione del termine, come per esempio: averle descritte in modo generico, aver usato una formula troppo sintetica o ancora aver usato un gergo che non consentisse al lavoratore di individuarle con chiarezza e precisione. I giudici del lavoro, nel tempo, hanno definito un orientamento che ha contemplato moltissime situazioni meritevoli di condanna, tra le quali emergevano, ovviamente, anche quelle riferite ai comportamenti più gravi del datore di lavoro, come per esempio: aver concluso il contratto verbalmente (senza forma scritta); aver intenzionalmente mancato di trasparenza nell’individuare le ragioni oggettive; aver individuato ragioni oggettive false; essere incorso nel divieto di modificare le ragioni oggettive durante lo svolgimento del contratto a termine.


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LAVORO E OCCUPAZIONE Contratti speciali di lavoro

I CONTRAPPESI DI DURATA E QUANTITATIVI Il contratto a tempo determinato, dunque, esce dal decreto Jobs-ACT senza più limiti d’ingresso, al pari del contratto a tempo indeterminato. Ora le condizioni di legittimità del contratto a termine, che fungono da contrappeso dell’acausalità, riguardano prevalentemente la durata massima del contratto, la reiterazione dello stesso nell’arco di un periodo temporale definito e il tetto quantitativo di utilizzo. La disciplina relativa a questi tre caratteri del contratto a termine avrebbe potuto essere notevolmente semplificata dallo Jobs-ACT; l’occasione era davvero propizia, e le circostanze socio-economiche lo imponevano. Al contrario, la scelta è ricaduta, per l’ennesima volta, a favore di una legislazione stratificata, complessa e contorta, con l’inevitabile creazione di uno scenario normativo incerto nella sua applicazione concreta. Vediamo perché.

DURATA MASSIMA DEL PRIMO CONTRATTO A TERMINE Il contratto a tempo determinato è ammesso quando la durata dello stesso non sia superiore a 36 mesi. Lo stesso limite triennale è imposto anche al rapporto di lavoro instaurato nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato. Quindi, un unico rapporto di lavoro a termine, sia esso di tipo diretto (rapporto instaurato direttamente tra datore di lavoro e dipendente ai sensi del Dlgs. 368/2001) che di tipo indiretto (rapporto instaurato tra utilizzatore e Agenzia per il lavoro, per l’utilizzo di un lavoratore in somministrazione, ai sensi dell’art. 20, co. 4, del Dlgs 276/2003), non può prevedere un termine che vada oltre i 36 mesi dall’assunzione. Tale termine resta insuperabile anche in caso di proroga del contrat-

to, quindi si applica al contratto a termine originario e alle eventuali successive proroghe.

»» Esempio:

contratto a tempo determinato stipulato il 1° luglio 2014, con scadenza al 31 dicembre 2016 (durata 30 mesi); in questo caso lo stesso contratto potrà essere prorogato fino al 30 giugno 2017 e non oltre (30 mesi iniziali + 6 mesi di proroga).

LE PROROGHE SCENDONO DA 8 A 5 La regola è applicabile, senza alcuna possibilità di essere superata, anche quando le proroghe sono più di una. Sul punto, ricordiamo che il decreto Jobs-ACT ha ritoccato il numero delle proroghe, passandole in un primo momento da una a 8, e poi, in sede di conversione in legge, da 8 a 5. Inoltre, al pari del contratto a termine originario, anche le proroghe non sono più sottoposte al vincolo delle ragioni oggettive; non avrebbe avuto alcun senso vincolare la proroga alla causale giustificatrice quando il contratto iniziale, per ragioni di flessibilità e semplificazione, ne era ormai sprovvisto. Rimane invece in essere la necessità che la proroga si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato, e ciò impone che l’impiego del lavoratore resti confinato nello stesso ambito aziendale, settore, reparto o linea produttiva fino a quando non si cambia contratto di lavoro. Resta altresì necessario che il lavoratore rilasci il suo consenso alla proroga; non è sufficiente, infatti, la sola volontà del datore di lavoro allo spostamento del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato (articolo 4, co. 1, del Dlgs. 368/2001). La legge di conversione n. 78/2014, nel ridurre le proroghe da 8 a 5, ha precisato che le stesse sono ammesse “nell’arco

dei complessivi trentasei mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi”. Questo passaggio, inserito all’interno dell’art. 4 del Dlgs 368/2001, ha ridotto notevolmente l’ambito di utilizzo delle proroghe, quantomeno rispetto alle prime interpretazioni date all’alba della pubblicazione del decreto legge. Dalla prima formulazione del decreto legge, infatti, era logico assumere che per ciascun contratto a tempo determinato fossero disponibili 8 proroghe. Quindi, in caso di rinnovo (dopo il periodo di intervallo obbligatorio, il c.d. “stop and go”), il contatore si azzerava e ripartiva un nuovo periodo con 8 proroghe a disposizione. Dopo l’introduzione, ad opera della legge di conversione, del citato passaggio normativo, il contatore delle proroghe (ridotte come detto a 5) non si azzera con la fine del singolo contratto a termine, ma resta valorizzato fino a quando non si conclude il triennio.

»» Esempio:l’azienda

Alfa stipula con Tizio un contratto a termine in data 1° giugno 2014, con scadenza 31 maggio 2015. Il contratto, in un primo momento viene prorogato per altri 3 mesi e poi per ulteriori 3 mesi. Si arriva così alla scadenza della seconda proroga in data 30 novembre 2015. Il rapporto non viene ulteriormente prorogato. In data 1° gennaio 2016 viene stipulato un secondo contratto a termine, con scadenza 31 maggio 2016. Questo secondo contratto viene prorogato due volte, fino al 30 settembre 2016. Il 1° novembre 2016, Alfa e Tizio stipulano un terzo contratto a termine, con scadenza 31 dicembre 2016, che prorogano fino al 28 febbraio 2017. A questo punto, prima del raggiungimento dei 36 mesi complessivi (1° giugno 2014/31 maggio 2017) sono già state utilizzate 5 proroghe totali, in tre distinti contratti (2 per il primo, 2 per il secondo e una per il terzo). Alfa e Tizio, pertanto, potranno accedere ad un quarto contratto a termine (nel rispetto del pe-

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LAVORO E OCCUPAZIONE Contratti speciali di lavoro

riodo di intervallo), ma non ad una sesta proroga.

Sussistono tuttavia alcune questioni critiche rispetto all’applicazione di tale regola: 1. innanzitutto la norma non chiarisce se i 36 mesi debbano essere calcolati al netto o al lordo degli intervalli intercorsi tra un contratto e l’altro; l’esempio appena proposto considera il periodo al lordo degli intervalli; se il computo dei 36 mesi, invece, fosse al netto degli intervalli, il periodo risulterebbe esteso fino al 31 luglio 2017, cioè di due mesi, pari alla somma dei due intervalli intercorsi tra il primo e il secondo contratto (tutto il mese di dicembre 2015) e tra il secondo e il terzo (tutto il mese di ottobre 2016); 2. inoltre, l’articolo 4 in esame nulla fa intendere circa il requisito dell’equivalenza di mansioni richiesto ai fini dell’applicazione del limite di 36 mesi in caso di successione di contratti a termine (art. 5, co. 4-bis); quest’ultima disposizione, infatti, recita che “…qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato…”; la questione non è di scarsa rilevanza, considerato che il limite temporale dell’art. 5, co. 4-bis, è superabile nel momento in cui viene stipulato un nuovo contrat-

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to a termine con mansioni diverse da quelle precedenti, con conseguente azzeramento del contatore temporale; richiamando ancora il nostro precedente esempio, se nei primi due contratti stipulati il lavoratore fosse stato assegnato alla mansione di archivista e nel terzo alla mansione di contabile, al 1° novembre 2016 il contatore precedente verrebbe azzerato; in tal modo ripartirebbe un nuovo triennio di osservazione con scadenza 31 ottobre 2019 (salvo nettizzazione degli intervalli).

LIMITE QUANTITATIVO DI UTILIZZO La legge n. 78/2014 ha mantenuto il limite quantitativo percentuale fissato in origine dal decreto legge n. 34/2014. Resta dunque immutato l’obbligo del tetto quantitativo fissato al 20% dal nuovo art. 1 del Dlgs 368/2001, con decorrenza 21 marzo 2014. Opportunamente, invece, vengono sostituite alcune parole che avrebbero generato grosse difficoltà applicative sia in ordine all’estensione della regola anche ai contratti di somministrazione a termine sia alla corretta individuazione della base di computo della percentuale del 20%. La norma ora recita: “il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro …, non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato”. Il richiamo ai soli “contratti a tempo determinato” tira fuori dall’ambito di applicazione del limite percentuale i contratti di somministrazione a termine, in quanto non costituiscono per il datore di lavoro “contratti

di lavoro” ma “rapporti di lavoro”. Infatti, nel caso della somministrazione, il “contratto” di lavoro è sottoscritto tra l’Agenzia (datore di lavoro effettivo) e il lavoratore dipendente da inviare in missione presso l’azienda utilizzatrice. Quindi, tra l’azienda utilizzatrice e il lavoratore non vi è alcun legame contrattuale; l’unico contratto di cui è parte l’azienda utilizzatrice è quello di “somministrazione” (di tipo commerciale) sottoscritto con l’Agenzia per “l’affitto” (per intenderci) del lavoratore. Altra opportuna puntualizzazione proviene dalla più precisa individuazione della base di computo: il 20% va calcolato sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Nella versione originale dello Jobs-ACT si richiamava genericamente “all’organico complessivo”. Restano salve, in ogni caso, le diverse regolamentazioni disposte in sede di contrattazione collettiva (art. 10, co. 7, Dlgs. 368/2001), in relazione alle quali, però, la norma non ha chiarito quanto sia ampia la delega alle parti sociali in ordine sia al superamento dell’elemento quantitativo (diminuire o anche aumentare il limite legale del 20%) che dell’elemento qualitativo (a quali soggetti e in quali ipotesi applicare o non applicare il tetto).

UNA SANZIONE AMMINISTRATIVA PER IL MANCATO RISPETTO DEL TETTO PERCENTUALE Tale incertezza si riflette pesantemente sulla nuova sanzione amministrativa introdotta dalla legge di conversione. Il tema della sanzione da comminare al datore di lavoro che viola il limite percentuale ha rappresentato uno dei momenti a più alta tensione politica du-


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LAVORO E OCCUPAZIONE Contratti speciali di lavoro

rante il passaggio parlamentare del decreto n. 34/2014. Alla fine ne è uscita una norma che appesantisce la struttura normativa del contratto a termine e che, sostanzialmente, si va a sostituire alla più grave sanzione che generalmente opera, implicitamente, all’interno del Dlgs 368/2001, ossia il travolgimento del contratto con la conversione del rapporto a termine in un rapporto stabile a tempo indeterminato. Limitatamente al mancato rispetto della percentuale di utilizzo, opera una nuova sanzione amministrativa pari al 20% della retribuzione, per ciascun lavoratore a termine e per ciascun mese di durata del rapporto. La misura sanzionatoria del 20% si applica solo quando lo sforamento quantitativo è di una sola unità lavorativa, mentre per sforamenti superiori, la sanzione passa al 50%. Per come è formulata la norma, la sanzione dovrebbe prendere come base di calcolo non solo la retribuzione dell’unità lavorativa (o delle unità lavorative, nel caso fossero più di una) eccedente il limite quantitativo, ma addirittura il monte totale retributivo di tutti i lavoratori a tempo determinato in forza nell’azienda. Sul punto, l’auspicio è che, quantomeno in sede ispettiva, venga assunta una posizione meno severa rispetto a quella che maggiormente induce la lettera della norma, ovvero commisurare la sanzione alla sola retribuzione delle unità lavorative eccedenti, in attesa di una correzione da parte del Legislatore o nelle more di un consolidamento giurisprudenziale. Come anticipato in apertura, in sede di conversione in legge del D.l. 34/2014, viene predisposta una disciplina specifica

per i rapporti in corso al 21 marzo 2014. In merito alla sanzione in esame, non si applica per i rapporti di lavoro instaurati precedentemente al 21 marzo 2014. Inoltre, il datore di lavoro che al 21 marzo 2014 abbia in corso rapporti di lavoro a termine che comportino il superamento del limite percentuale, è tenuto a rientrare nel predetto limite entro il 31 dicembre 2014, salvo che un contratto collettivo applicabile nell’azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole. In caso contrario, il datore di lavoro, successivamente a tale data, non può stipulare nuovi contratti di lavoro a tempo determinato fino a quando non rientri nel limite percentuale.

voro dovrà ricordarsi, d’ora in avanti, di integrare le lettere di assunzione dei lavoratori a termine con una ennesima informativa che spieghi al lavoratore (a tutti, non solo alle lavoratrici madri) il funzionamento del diritto di precedenza. Nello specifico, ricordiamo che la norma attribuisce al lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa (effettiva) per un periodo superiore a sei mesi, un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Sono comunque fatte salve le eventuali diverse disposizioni dei contratti collettivi. Ora peraltro, ai fini della maturazione del periodo di anzianità minimo per il conseguimento del diritto, la legge n. 78/2014 rende computabile anche il congedo di maternità obbligatoria intervenuto nell’esecuzione di un contratto a termine presso la stessa azienda.

ESTESO IL DIRITTO DI PRECEDENZA Il diritto di precedenza viene esteso, limitatamente alle lavoratrici madri, anche sulle assunzioni a tempo determinato operate dallo stesso datore di lavoro nei 12 mesi successivi alla scadenza del contratto, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione di precedenti rapporti a termine. Prima del 21 marzo 2014, il diritto di precedenza era attribuito al lavoratore a termine solo in caso di successive assunzioni a tempo indeterminato.

Resta invece invariato il diritto di precedenza che spetta al lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali. Al pari resta invariata la condizione estintiva del diritto di precedenza: il lavoratore perde il diritto se non lo esercita, manifestando per iscritto in tal senso la propria volontà al datore di lavoro, entro sei mesi (tre per gli stagionali) dalla data di cessazione del rapporto. Anche in caso di esercizio del diritto, lo stesso si estingue decorso un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Ma non solo: il datore di la-

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FISCO E LAVORO

Trattamento tributario dei redditi da lavoro

AGEVOLAZIONI FISCALI PER LA “RETRIBUZIONE DI PRODUTTIVITÀ” 2014 Disciplina applicabile nel 2014. A cura di Graziella Saccà PROVVEDIMENTO ATTUATIVO - DPCM 19.2.2014 - G.U. 29.4.2014, N. 98

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a norma di riferimento per la detassazione delle retribuzioni di produttività è rinvenibile nella legge 24 dicembre 2012, n. 228, integrata successivamente da due decreti attuativi: • per il 2013, con il DPCM 22.1.2013, entrato in vigore il 13.4.2013; • per il 2014, con il DPCM 19.2.2014, in vigore dal 14.5.2014.

REGIME FISCALE AGEVOLATO PER L’ANNO 2014 In relazione all’anno in corso, il DPCM 19.2.2014: • innalza, da 2.500,00 a 3.000,00 euro, l’importo massimo delle somme correlate all’incremento della produttività che possono beneficiare dell’agevolazione; • per il resto, conferma il regime di favore vigente nel 2013, sia con riguardo alla tipologia, all’entità, al meccanismo applicativo dell’agevolazione e alle modalità di verifica delle condizioni per accedervi, sia con riguardo all’ambito di applicazione della stessa, sotto il profilo soggettivo ed oggettivo. Ne deriva che, al fine di individuare i tratti fondamenta-

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li del regime previsto per il 2014, di seguito esaminati: • tranne che per il suddetto limite massimo di importo agevolabile, occorre continuare a fare riferimento alle disposizioni del DPCM 22.1.2013, cui rinvia espressamente lo stesso DPCM 19.2.2014; • possono continuare a considerarsi valide ed operanti le indicazioni già fornite, nell’anno 2013, dalla prassi amministrativa (circ. Min. Lavoro 3.4.2013 n. 15, risposte Min. Lavoro 23.4.2013, circ. Agenzia delle Entrate 30.4.2013 n. 11, interpello Min. Lavoro 1.7.2013 n. 21).

AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE Anche nel 2014, l’agevolazione consiste nell’applicazione di un’imposta sostitutiva pari al 10%, in luogo dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali. Viene, dunque, ancora una volta riproposta la misura agevolativa (c.d. “detassazione”), introdotta nel 2008 e prorogata, pur con alcune modifiche, per i periodi d’imposta successivi. Nell’anno 2014, il regime fiscale agevolato trova applicazio-

ne con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore, nel 2013, a 40.000,00 euro, al lordo delle somme assoggettate, in tale anno, all’imposta sostitutiva.

SOGGETTI AMMESSI ALL’AGEVOLAZIONE Risultano confermate: • da un lato, l’applicabilità del beneficio fiscale ai soli lavoratori dipendenti del settore privato, impiegati, nel 2014, con un (qualsiasi) contratto di lavoro subordinato; • dall’altro, l’esclusione dall’ambito di operatività dello stesso: dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni; dei titolari, nel 2014, di rapporti di lavoro non subordinato, ivi compresi i rapporti produttivi di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ex art. 50 del TUIR (ad esempio, collaboratori coordinati e continuativi, con o senza progetto).

REQUISITO REDDITUALE PER L’ACCESSO ALL’AGEVOLAZIONE Anche con riguardo al requisito reddituale per l’accesso all’agevolazione, nulla cambia rispetto al regime vigente nello scorso periodo d’imposta. Il limite soggettivo di reddito di lavoro dipendente, riferito all’anno precedente (2013), da non oltrepassare per fruire del prelievo fiscale sostitutivo nell’anno di riferimento (2014), resta, infatti, fissato a 40.000,00 euro, con conseguente mantenimento della platea dei potenziali beneficiari. Sulla base del disposto normativo e dei chiarimenti in precedenza forniti dal Ministero del Lavoro e dall’Agenzia delle Entrate, va poi ricordato che, ai fini della verifica del rispetto della suddetta soglia


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reddituale, occorre considerare: • tutti i redditi da lavoro dipendente di cui all’art. 49 del TUIR percepiti nel 2013 (con estensione al 12.1.2014 in virtù del principio della c.d. “cassa allargata”), anche in relazione a più rapporti di lavoro e all’attività lavorativa svolta all’estero, soggetti a tassazione ordinaria (con esclusione, quindi, dei redditi da lavoro dipendente assoggettati a tassazione separata e delle altre categorie reddituali);

periodo dall’1.1.2014 al 31.12.2014 (con estensione al 12.1.2015 in virtù del suddetto principio di “cassa allargata”); • che non può essere superato neanche in presenza di più rapporti lavorativi intrattenuti nel suddetto periodo agevolato; Il medesimo importo deve essere considerato: • al lordo dell’imposta sostitutiva del 10%; • ma al netto delle trattenute previdenziali obbligatorie.

• i redditi di lavoro dipendente assoggettati, nel medesimo anno 2013, all’imposta sostitutiva del 10%.

Il superamento del tetto comporta l’applicazione alle somme eccedenti, pur astrattamente detassabili, del regime di tassazione ordinario.

Devono comunque ritenersi ammessi al regime fiscale agevolato i lavoratori dipendenti nel 2014 che, nel 2013:

AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE

• non abbiano percepito redditi di lavoro dipendente; • ovvero non abbiano conseguito alcun reddito.

IMPORTO MASSIMO ASSOGGETTABILE AD IMPOSTA SOSTITUTIVA

Sotto il profilo oggettivo, dall’espresso rinvio, da parte del DPCM 19.2.2014, alle disposizioni del DPCM 22.1.2013 deriva la conferma:

Sotto questo aspetto, come già accennato, si registra l’unico cambiamento rispetto al regime in vigore nel 2013, caratterizzato da un importo massimo di somme agevolabili pari a 2.500,00 euro.

• sia della necessità che gli emolumenti di cui si tratta siano erogati “in esecuzione” e, quindi, successivamente alla sottoscrizione, di contratti collettivi di lavoro sottoscritti, a livello aziendale o territoriale, da organizzazioni in possesso di uno specifico grado di rappresentatività, con esclusione della possibilità di fruire dell’agevolazione con riguardo agli emolumenti, ancorché correlati ad incrementi della produttività:

Resta fermo che tale importo costituisce un limite “complessivamente” riferito a ciascun lavoratore dipendente:

1. riconosciuti sulla base delle previsioni del solo contratto collettivo nazionale di lavoro;

• al cui raggiungimento concorrono tutte le somme (con esclusione dei compensi in natura) legittimamente erogate a titolo di “retribuzione di produttività” nel

2. introdotti dal datore di lavoro in modo unilaterale o a seguito di pattuizioni individuali con un lavoratore o più lavoratori (c.d. “contratti

L’importo massimo della “retribuzione di produttività” (come di seguito individuata) che può essere assoggettato ad imposta sostitutiva ammonta a 3.000,00 euro lordi.

individuali plurimi”); 3. previsti da accordi collettivi di secondo livello conclusi con organizzazioni prive del grado di rappresentatività richiesto; • sia della doppia nozione di “retribuzione di produttività” di cui al provvedimento richiamato, identificata: 1. da un lato, nelle voci retributive erogate, sulla base dei predetti contratti, con “espresso riferimento ad indicatori quantitativi di produttività/redditività/ qualità/efficienza/innovazione”; 2. dall’altro, nelle voci retributive erogate in relazione alla previsione dell’attivazione, da parte dei contratti stessi, di almeno una misura in almeno tre delle aree d’intervento indicate (concernenti la ridefinizione flessibile dell’orario di lavoro, la distribuzione flessibile delle ferie, l’utilizzo e la diffusione di tecnologie informatiche, la fungibilità delle mansioni).

NECESSARIA SUSSISTENZA DI CONTRATTI COLLETTIVI DI SECONDO LIVELLO Presupposto per l’accesso alla tassazione agevolata continua, dunque, ad essere la sussistenza di contratti collettivi aziendali o territoriali in corso di efficacia, che possano essere considerati validi per l’anno corrente, in quanto conformi alle disposizioni del richiamato DPCM 22.1.2013. A tal fine, è richiesta, innanzitutto, la sottoscrizione di tali contratti: • da parte di associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative

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sul piano na¬zionale; • ovvero da parte delle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda. Più precisamente, come chiarito dal Ministero del Lavoro: • nelle imprese “sindacalizzate”, le voci retributive detassabili devono trovare la loro fonte in accordi aziendali sottoscritti dal datore di lavoro con le rappresentanze dei lavoratori che promanino da organizzazioni sindacali dotate della maggiore rappresentatività comparata sul piano nazionale (può trattarsi tanto delle RSA quanto delle RSU); • le piccole e medie imprese prive di rappresentanze sindacali al loro interno possono, invece: 1. sottoscrivere accordi (aziendali) direttamente con una o più associazioni dei lavoratori a livello territoriale, in possesso del grado di rappresentatività richiesto; 2. ovvero, qualora non intendano avviare una trattativa “diretta” con i sindacati, operare nell’am-bito (previo recepimento, preferibilmente per iscritto) dell’eventuale contratto collettivo territoriale in materia di detassazione sottoscritto nel territorio (Regione/Provincia) di riferimento, a prescindere dall’iscrizione alle associazioni di categoria firmatarie. Per essere utili ai fini della detassazione, i contratti collettivi di secondo livello di cui sopra devono, poi, presentare determinati requisiti contenutistici, dovendo prevedere l’erogazione, a favore dei lavoratori dipendenti privati, di somme riconducibili alle nozioni di “retribuzione di produttività” di seguito esaminate.

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Naturalmente, la conferma, da parte del DPCM 19.2.2014, dei parametri fissati dal DPCM 22.1.2013 per l’individuazione delle somme agevolabili fa sì che, in presenza, a livello aziendale o territoriale, di accordi di detassazione già esistenti: • non si debba procedere, come era accaduto l’anno scorso, al loro adeguamento; • ma, ove non si tratti di accordi a validità pluriennale (o senza data di scadenza), i quali possono continuare ad essere considerati validi ed efficaci anche per il 2014 senza necessità di interventi, sia sufficiente procedere (qualora non si sia già provveduto) al rinnovo di quelli scaduti a dicembre 2013.

PRIMA NOZIONE DI “RETRIBUZIONE DI PRODUTTIVITÀ” Per “retribuzione di produttività” si intendono, innanzitutto, le voci retributive: • erogate in esecuzione dei predetti contratti e separatamente valorizzate all’interno degli stessi; • suscettibili di variare in quanto necessariamente ed espressamente collegate ad “indicatori quantitativi”, i quali: 1. possono essere, indifferentemente, indicatori di produttività, redditività, qualità, efficienza o innovazione, essendo sufficiente la correlazione ad uno solo di essi; 2. non devono necessariamente costituire la “fotografia” di un incremento del fatturato dell’azienda, essendo sufficiente che siano comunque suscettibili di una “contabilizzazione” da parte dell’impresa. Sul punto, il Ministero del Lavoro ha aderito ad un’interpre-

tazione “ampia”, in base alla quale risultano riconducibili alla nozione di cui si tratta: • sia i “classici” premi di risultato, di rendimento o di produttività, corrisposti a fronte del conseguimento di determinati obiettivi, in quanto componenti del salario collegate, per definizione, ad indicatori quantitativi, quali, ad esempio, l’andamento del fatturato, l’aumento del numero dei clienti, i minori costi di produzione a seguito dell’utilizzo di nuove tecnologie; • sia, in generale, gli emolumenti (quote di retribuzione ed eventuali maggiorazioni) erogati a fronte dell’impegno datoriale nella “riorganizzazione del lavoro” attraverso l’applicazione delle misure di “efficientazione aziendale” previste dalla contrattazione collettiva di secondo livello, misure considerate da quest’ultima, di per sé, rispondenti alle finalità di incremento dell’efficienza e della flessibilità, indipendentemente dalla verifica, a posteriori, del raggiungimento degli obiettivi. Il riferimento, a quest’ultimo riguardo, è, in particolare, alle somme corrisposte in conseguenza di una “diversa gestione” degli orari di lavoro osservati in azienda rispetto a quanto stabilito nel con-tratto collettivo nazionale di categoria o, comunque, rispetto alla situazione aziendale pregressa. In tali casi, infatti, è proprio la modifica apportata agli orari, in quanto oggettivamente identificabile e quantitativamente misurabile, a costituire il necessario “indicatore quantitativo” del miglioramento della produttività “in senso lato”.

ESEMPLIFICAZIONI Alla luce di quanto sopra, a


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titolo esemplificativo, si è affermata la detassabilità delle somme (quote retributive orarie ed eventuali maggiorazioni) erogate in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali, ove le relative prestazioni lavorative rappresentino effettivamente “una novità” rispetto al comportamento aziendale precedente: • per la lavorazione di periodi di riposo di origine pattizia (ad esempio, permessi, ferie oltre il limite di legge); • in funzione di particolari sistemi orari adottati dall’azienda (ad esempio, impianti a ciclo continuo, sistemi di “banca delle ore”, indennità di reperibilità, di turno o di presenza, clausole flessibili o elastiche nel part time); • per prestazioni lavorative aggiuntive rispetto a quanto previsto dal CCNL (ad esempio, lavoro straordinario).

SECONDA NOZIONE DI “RETRIBUZIONE DI PRODUTTIVITÀ” La seconda nozione di “retribuzione di produttività” comprende le voci retributive erogate in esecuzione di contratti collettivi di secondo livello (come sopra definiti) che prevedano l’attivazione di almeno una misura in almeno tre delle seguenti quattro aree d’intervento: • ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione con modelli flessibili, anche in rapporto agli investimenti, all’innovazione tecnologica e alla fluttuazione dei mercati, finalizzati ad un più efficiente utilizzo delle strutture produttive idoneo a raggiungere gli obiettivi di produttività convenuti mediante una programmazione mensile della quantità e della collocazione oraria

della prestazione; • introduzione di una distribuzione flessibile delle ferie mediante una programmazione aziendale, anche non continuativa, delle giornate di ferie eccedenti le due settimane; • adozione di misure per rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, per facilitare l’attivazione di strumenti informatici, indispensabili per lo svolgimento delle attività lavorative; • attivazione di interventi in materia di fungibilità delle mansioni e di integrazione delle competenze, anche funzionali a processi di innovazione tecnologica.

ESEMPLIFICAZIONI Ribadito l’obbligo, al fine di poter considerare pienamente integrata la nozione di “retribuzione di produttività” di cui si tratta, dell’esecuzione congiunta di almeno una misura in almeno tre delle suddette aree, il Ministero del Lavoro ha proposto l’esempio dell’introduzione: • di turnazioni orarie che consentano un più efficiente utilizzo delle strutture produttive; • unitamente ad una distribuzione delle ferie che consenta un utilizzo continuativo delle stesse strutture; • unitamente ad una più ampia fungibilità di mansioni, tale da consentire un impiego più flessibile del personale.

CUMULABILITÀ DELLE DUE NOZIONI DI “RETRIBUZIONE DI PRODUTTIVITÀ” Il Ministero del inoltre, ammesso:

Lavoro

ha,

• la coesistenza delle due nozioni di “retribuzione di

produttività” di cui al DPCM 22.1.2013, richiamato dal DPCM 19.2.2014, all’interno del medesimo contratto collettivo di secondo livello; • la possibilità di detassare, entro il limite di importo massimo pari, per il 2014, a 3.000,00 euro, elementi retributivi appartenenti all’uno o all’altro gruppo (ad esempio, voci retributive erogate in esecuzione della prima nozione per un importo di 1.500,00 euro e voci retributive erogate in base al secondo “canale” per altri 1.500,00 euro).

DECORRENZA DELL’AGEVOLAZIONE La possibilità di ricorrere alla detassazione decorre dalla data della sottoscrizione di un contratto collettivo aziendale o territoriale rispettoso dei criteri dettati dal DPCM 22.1.2013, confermati, per il 2014, dal DPCM 19.2.2014. Non rileva, invece, la data di entrata in vigore di quest’ultimo provvedimento (14.5.2014), essendo possibile considerare validi (purché in corso di efficacia e conformi alle disposizioni sopra esaminate) anche contratti collettivi di secondo livello già esistenti a tale data. Ciò comporta che, in presenza delle condizioni soggettive, oggettive e reddituali previste, la tassazione agevolata possa essere applicata: • nel caso di contratti collettivi di secondo livello in materia di detassazione sottoscritti (o scaduti alla fine del 2013 e semplicemente rinnovati) nel 2014, dalla data di sottoscrizione/rinnovo, indipendentemente dal fatto che si tratti di una data successiva o anteriore alla data di entrata in vigore del DPCM in esame; • nel caso di contratti collettivi di secondo livel-

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lo in materia di detassazione sottoscritti prima del 2014, ma ancora in vigore in quanto dotati di valenza pluriennale, sin dall’1.1.2014.

GESTIONE DELLE SITUAZIONI DELINEATESI NEL PERIODO 1.1.2014 14.5.2014 In base ai chiarimenti resi dal Ministero del Lavoro e dall’Agenzia delle Entrate, da quanto sopra esposto discende che, qualora il sostituto d’imposta abbia assoggettato al regime fiscale agevolato somme erogate nel periodo 1.1.2014 14.5.2014, l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10%: • possa ritenersi corretta nei casi in cui il sostituto abbia agito nel rispetto dei parametri posti dal DPCM 22.1.2013 per il periodo d’imposta scorso, in presenza di pattuizioni già siglate (o rinnovate) a livello aziendale o territoriale per il 2014. In tali ipotesi, non è necessario operare variazioni ed è possibile continuare a detassare le somme qualificabili come “retribuzione di produttività” fino al raggiungimento del limite di importo massimo di 3.000,00 euro; • comporti l’obbligo, per il sostituto, di procedere al versamento della differenza tra l’importo dell’imposta sostitutiva già versato e l’importo effettivamente dovuto in applicazione della tassazione ordinaria, con interessi e sanzioni, ove risulti che egli abbia operato in violazione dei suddetti parametri (avendo agito, ad esempio, sulla base di un accordo collettivo di secondo livello scaduto alla fine del 2013 e non ancora rinnovato per il 2014).

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Il sostituto d’imposta che, invece, nell’attesa del DPCM attuativo, abbia per prudenza assoggettato a tassazione ordinaria somme corrisposte nei primi mesi del 2014, che ora, alla luce del medesimo, risultino agevolabili (in quanto erogate nel rispetto dei parametri posti dal DPCM 22.1.2013, in presenza di pattuizioni già siglate/rinnovate a livello aziendale o territoriale per l’anno in corso), può: • applicare l’imposta sostitutiva con la prima retribuzione utile (anche quella di maggio, con versamento all’Erario entro il 16.6.2014); • per il pregresso, recuperare le maggiori imposte versate rispetto a quanto effettivamente dovuto a titolo di imposta sostitutiva nella stessa busta paga oppure in sede di conguaglio fiscale (di fine anno o di fine rapporto).

DEPOSITO DEI CONTRATTI COLLETTIVI DI SECONDO LIVELLO PRESSO LA DPL Per effetto del rinvio, da parte del DPCM 19.2.2014, alle disposizioni del DPCM 22.1.2013, continua, altresì, ad essere richiesto il deposito dei contratti collettivi aziendali o territoriali presso la Direzione territoriale del Lavoro (DTL) territorialmente competente, unitamente ad un’autodichiarazione di conformità degli stessi alla normativa in materia. Al riguardo, il Ministero del Lavoro ha precisato che: • l’adempimento in discorso, pur dovendo essere eseguito al fine di consentire il monitoraggio delle misure di detassazione ed un’ordinata e corretta assegnazione delle risorse, non costituisce una condizione cui è subordinata la concessione dell’agevolazione; • il deposito degli accordi

territoriali può essere effettuato anche da una delle associazioni firmatarie, senza dover essere ripetuto dai singoli datori di lavoro; • l’“autodichiarazione di conformità” alla normativa non deve necessariamente essere contenuta in un atto separato, allegato ai contratti depositati, ma può essere posta direttamente all’interno degli stessi in sede di sottoscrizione. Circa le tempistiche, dai medesimi chiarimenti ministeriali discende, inoltre, che il deposito debba essere effettuato entro i seguenti termini (comunque non perentori): • in caso di contratti collettivi di secondo livello sottoscritti (o rinnovati per il 2014) dopo l’entrata in vigore del DPCM 19.2.2014 (14.5.2014), entro 30 giorni dalla sottoscrizione/ rinnovo; • in caso di contratti collettivi di secondo livello validi per il 2014 già esistenti alla suddetta data del 14.5.2014, entro 30 giorni dalla medesima data (ossia entro il 13.6.2014), con possibilità, qualora si tratti di contratti già depositati, a qualsiasi titolo, presso la DTL, di: 1. procedere all’invio a quest’ultima, anche tramite posta elettronica certificata, della sola autodichiarazione di conformità ai DPCM 19.2.2014 e 22.1.2013, con l’indicazione degli estremi dei contratti stessi; 2. non effettuare un nuovo deposito.

APPLICAZIONE DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA E COMUNICAZIONI DEL LAVORATORE Sul piano operativo, con riguardo all’applicazione dell’agevolazione fiscale da parte


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del datore di lavoro/sostituto d’imposta, continuano a potersi distinguere le seguenti ipotesi: • il sostituto d’imposta, qualora abbia rilasciato il CUD 2014 ad un dipendente in relazione ad un rapporto di lavoro intercorso per l’intero anno 2013 senza altri rapporti di lavoro subordi¬nato (o stipulato nel corso del 2013, ma con effettuazione del conguaglio complessivo di fine anno in relazione ai precedenti rapporti), può procedere, in presenza di tutte le condizioni, all’applicazione dell’imposta sostitutiva in via automatica, a prescindere da una richiesta esplicita o da dichiarazioni del dipendente; • il lavoratore, qualora, pur avendo lavorato per l’intero 2013 alle dipendenze del sostituto chiamato ad applicare la detassazione, abbia intrattenuto, nel medesimo anno, altri rapporti di lavoro subordinato, percependo redditi da lavoro dipendente non gestiti dal medesimo datore di lavoro (certificati da diversi modelli CUD e non oggetto di conguaglio comples¬sivo), in tal modo superando il limite reddituale di 40.000,00 euro, ha l’obbligo di comunicare al sostituto d’imposta l’inapplicabilità del regime fiscale agevolato. In mancanza di tale comunicazione, il sostituto d’imposta può procedere alla tassazione sostitutiva in via automatica, come nell’ipotesi di cui al punto precedente; • qualora il sostituto d’imposta non sia lo stesso che ha rilasciato il CUD al lavoratore per l’anno 2013 (lavoratore assunto nel 2014) ovvero abbia rilasciato tale certificazione soltanto per un periodo inferiore all’anno (lavora-

tore assunto nel 2013 senza conguaglio complessivo di fine anno), è necessario che il lavoratore interessato comunichi al sostituto d’imposta, in forma scritta, l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel 2013 (anche nel caso in cui detto importo sia pari a zero); • il dipendente deve comunicare al sostituto d’imposta la non spettanza dell’agevolazione qualora, nel corso del 2014, raggiunga il limite massimo di importo agevolabile di 3.000,00 euro, in virtù del percepimento, nel medesimo anno, di somme già assoggettate al prelievo fiscale sostitutivo nell’ambito di altri rapporti di lavoro subordinato.

CARATTERE OPZIONALE DEL REGIME FISCALE SOSTITUTIVO Anche nel 2014, deve ritenersi che la disciplina incentivante abbia carattere opzionale, essendo destinata a trovare applicazione solo laddove risulti più vantaggiosa per il dipendente. Conseguentemente, pur in presenza dei presupposti di legge, il sostituto d’imposta è tenuto ad applicare la tassazione ordinaria anche alle somme astrattamente agevolabili: • qualora ne riscontri la maggior convenienza per il lavoratore; • ovvero qualora il lavoratore abbia espressamente dichiarato per iscritto di voler rinunciare alla detassazione.

VERSAMENTO DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA TRAMITE IL MODELLO F24 In caso di adesione al regime della detassazione, il versamento dell’imposta sostitutiva del 10%, trattenuta sulle somme

erogate al dipendente a titolo di “retribuzione di produttività” sulla base della contrattazione collettiva di secondo livello, deve essere effettuato dal sostituto d’imposta: • mediante il modello F24; • utilizzando i codici tributo a tal fine istituiti; • entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento, analogamente alle altre ritenute.

OBBLIGHI DI INDICAZIONE NEL MODELLO CUD Il sostituto d’imposta (per il quale resta ferma la possibilità di sanare eventuali omissioni o errori in sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto) sarà, poi, chiamato a dare atto del suo operato in materia di detassazione nel modello CUD (CUD 2015 ovvero CUD 2014, in caso di richiesta della certificazione da parte del lavoratore conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro prima della fine dell’anno 2014). Dette informazioni dovranno inoltre confluire nel modello 770/2015 Semplificato.

APPLICAZIONE DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA E RETTIFICHE IN DICHIARAZIONE DEI REDDITI In sede di dichiarazione dei redditi per il 2014, lo stesso lavoratore/contribuente: • potrà procedere all’applicazione dell’imposta sostitutiva ove questa non sia stata applicata dal sostituto, sempreché, ovviamente, ne ricorrano i presupposti; • potrà assoggettare a tassazione ordinaria gli emolumenti già tassati con imposta sostitutiva, allorché ritenga il regime fiscale ordinario più conveniente; • sarà tenuto a far concorrere al reddito complessivo

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e ad assoggettare a tassazione ordinaria i redditi che, per qualsiasi motivo, siano stati assoggettati ad imposta sostitutiva in assenza dei presupposti e in violazione dei limiti prescritti.

EFFETTI DELL’APPLICAZIONE DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA AI FINI IRPEF I redditi assoggettati all’imposta sostitutiva del 10%, entro il limite di importo massimo di 3.000,00 euro, non concorrono ai fini fiscali alla formazione del reddito complessivo del percipiente. Da ciò deriva la possibilità, per il lavoratore che usufruisca del regime fiscale sostitutivo, di beneficiare, oltre che del risparmio di imposta conseguente all’applicazione, sulle voci retributive rientranti nel suddetto regime, dell’imposta “secca” del 10%, in luogo dell’aliquota IRPEF progressiva a scaglioni e delle relative addizionali regionali e comunali, anche dell’aumento delle detrazioni d’imposta riconosciute ai sensi degli artt. 12 e 13 del TUIR (detrazioni per carichi di famiglia e per redditi di lavoro), le quali diminuiscono all’aumentare del reddito.

COORDINAMENTO CON IL BONUS IN BUSTA PAGA DEL “DECRETO RENZI” La circolare dell’Agenzia Entrate 14.5.2014, n. 9, ha fornito chiarimenti sul coordinamento tra le misure di detassazione per l’incremento della produttività del lavoro di cui al DPCM 19.2.2014 e il credito (c.d. “bonus”), introdotto dall’art. 1 del DL 24.4.2014 n. 66 (c.d. “decreto Renzi”, in vigore dal 24.4.2014 e in corso di conversione), a favore dei lavoratori dipendenti e dei titolari di alcuni redditi assimilati, aventi: • un’IRPEF

lorda,

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generata

di tali redditi, superiore alle detrazioni d’imposta spettanti per lavoro dipendente e assimilato, ai sensi dell’art. 13 co. 1 del TUIR; • un reddito complessivo IRPEF non superiore a 26.000,00 euro. Secondo l’Agenzia, da lavoro dipendente assoggettati all’imposta sostitutiva del 10% prevista per gli incrementi di produttività:

i

redditi

• non rientrano nel reddito complessivo da considerare per la verifica della spettanza del bonus (fino a 26.000,00 euro) e per il calcolo dell’importo dello stesso (variabile a seconda che i soggetti interessati abbiano un reddito complessivo fino a 24.000,00 euro oppure superiore a 24.000,00 euro, ma non a 26.000,00 euro); • devono comunque essere sommati ai redditi tassati in via ordinaria per la verifica della “capienza” dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro rispetto alle detrazioni da lavoro spettanti.

EFFETTI DELL’APPLICAZIONE DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA AI FINI DELL’ISEE Con riferimento alla rilevanza delle somme detassate ai fini dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE, c.d. “riccometro”), occorre, infine, considerare che: • in base a quanto originariamente stabilito dall’art. 2 co. 2 del DL 27.5.2008 n.

93 (conv.L. 24.7.2008 n. 126), i redditi assoggettati all’imposta sostitutiva del 10%, entro il limite massimo di importo agevolabile, “non concorrono ai fini … della determinazione della situazione economica equivalente alla formazione del reddito complessivo del percipiente o del suo nucleo familiare”; • tale disposizione è stata considerata valida ed operante anche nei successivi periodi di imposta, indipendentemente da un espresso richiamo in sede di proroga dell’agevolazione; • il DPCM 5.12.2013 n. 159, in vigore dall’8.2.2014, nel riformare la normativa in materia di ISEE, ha, invece, espressamente disposto l’inclusione, nel reddito da considerare ai fini della determinazione del suddetto indicatore, oltre al reddito complessivo IRPEF (tassato in via ordinaria), anche, in particolare, di tutti i redditi tassati con imposta sostitutiva. La piena operatività della nuova disciplina è subordinata all’adozione di appositi provvedimenti di attuazione (che dovrebbero intervenire entro l’8.6.2014). Una volta che il suddetto percorso attuativo sarà portato a termine, il sistema basato sulla non concorrenza alla formazione del reddito complessivo ai fini dell’ISEE delle somme assoggettate all’imposta sostitutiva del 10%, prevista per gli incrementi di produttività, dovrà ritenersi completamente superato.


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FISCO E LAVORO

Tributi comunali e regionali

caso di pubblicazione, entro il 31 maggio 2014 sul portale del Federalismo fiscale, della delibera di approvazione delle aliquote e delle detrazioni.

TASI: PAGAMENTI IN ORDINE SPARSO TRA GIUGNO E DICEMBRE 2014

Da ciò deriva che il termine di pagamento della prima rata della TASI è diverso a seconda delle scelte effettuate dai singoli comuni:

di Francesco Raco

I

l pagamento della Tasi dovrà essere effettuato a giugno nei comuni che hanno deliberato, mentre per i comuni inadempienti al 23 maggio scorso, il pagamento slitta a settembre 2014. Quindi, se la delibera è stata pubblicata sul sito del “federalismo fiscale” il versamento dovrà essere effettuato entro il 16 giugno 2014 (per abitazione principale e non). In mancanza di delibera, occorre distinguere a seconda che si tratti di: - abitazione principale, per la quale il versamente è in unica soluzione entro il 16 dicembre 2014; - abitazioni diverse da quella principale, per le quali il versamento è in prima rata entro settembre 2014.

IMMOBILI DIVERSI DA ABITAZIONE PRINCIPALE

TERMINI DI VERSAMENTO PER IL 2014 Per il primo anno di applicazione (2014) i termini di versamento e le modalità di calcolo delle rate sono diverse a seconda della tipologia di immobile e alla scelta del comune. Infatti, per gli immobili: • diversi dall’abitazione principale: 1. la prima rata è determinata utilizzando l’aliquota base dell’1‰, se il comune non ha deliberato una diversa aliquota entro il 31 maggio 2014; 2. il saldo va determinato sulla base di quanto deliberato dal comune; • adibiti ad abitazione principale, la TASI va versata in unica soluzione entro il 16 dicembre 2014, salvo il

DELIBERA ENTRO IL 23.05.2014 SI NO

ADIBITI AD ABITAZIONE PRINCIPALE

SI NO

• se hanno deliberato entro il 23 maggio 2014 allora il termine di pagamento della prima rata è fissato al 16 giugno 2014 sulla base delle delibere pubblicate, per qualunque tipologia di immobili; • se non hanno deliberato entro il 23 maggio 2014, allora il termine di pagamento della prima rata, per gli immobili diversi dall’abitazione principale, slitta a settembre; non è stato indicato precisamente il giorno della scadenza, anche se potrebbe essere il 16 settembre. Per l’abitazione principale il versamento dovrà essere effettuato comunque in un’unica soluzione entro il 16 dicembre 2014. Si segnala che la proroga a settembre potrebbe subire un ulteriore posticipo a ottobre.

TERMINE DI VERSAMENTO 1A RATA

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2A RATA

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1A RATA

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2A RATA

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1A RATA

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UNICA SOLUZIONE

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GIURISPRUDENZA DEL LAVORO

Raccolta di massime dei giudici di legittimità

PROVVIGIONI E FERIE SOTTO IL GIUDIZIO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE a cura di Teresa Evangelista CONCORRENZA DELLE PROVVIGIONI NELLA RETRIBUZIONE BASE AI FINI DELLE FERIE

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a retribuzione rilevante ai fini del pagamento delle ferie deve comprendere sia la paga base che le provvigioni. E’ quanto afferma il Giudice

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comunitario in una sentenza che giudicava in merito alla composizione della retribuzione spettante per le ferie annuali retribuite ai lavoratori la cui retribuzione è composta da stipendio di base e provvigioni sulle vendite.

Nel caso di specie, il Giudiciedi ha concluso che non è conforme alla Direttiva 2003/88/CE sull’orario di lavoro una prassi o norma nazionale in forza della quale il lavoratore, la cui retribuzione è composta, da una parte, da uno stipendio di base e, dall’altra, da una provvigione - il cui importo è fissato con riferimento ai contratti conclusi dal datore di lavoro derivanti dalle vendite realizzate da detto lavoratore - abbia diritto soltanto, a titolo di ferie annuali retribuite, ad una retribuzione composta esclusivamente del suo stipendio di base.

(Corte di Giustizia UE, sentenza 22 maggio 2014, causa C-539/12)


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PILLOLE LAVORO E PREVIDENZA

Notizie dai siti WEB degli enti previdenziali

DOMESTICI, VOUCHER LAVORO E ASSUNZIONI AGEVOLATE a cura di Teresa Evangelista INAIL: LA NUOVA GUIDA SU DIRITTI E DOVERI DEI LAVORATORI E DEI DATORI DI LAVORO PER LO SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ LAVORATIVA DOMESTICA

P

ubblicata sul sito dell’INAIL la Guida “Casa sicura - Campagna sulla salute e sicurezza per i collaboratori domestici stranieri in Italia” al fine di promuovere una cultura della prevenzione e della sicurezza tra colf e badanti stranieri residenti in Italia. Nella guida sono fornite indicazioni in merito alle procedure da seguire per l’assunzione, per dimissioni, licenziamenti e TFR, agevolazioni fiscali e contributi, malattia, infortuni e maternità. In caso di licenziamento si specifica che per il rapporto di lavoro che impegna il lavoratore per più di 24 ore settimanali, presso lo stesso datore di lavoro, il preavviso dovrà essere: • 15 giorni (fino a cinque anni di anzianità); • 30 giorni (oltre i cinque anni di anzianità). Per il rapporto di lavoro che impegna il lavoratore fino a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere: 8 giorni (fino a due anni di anzianità); 15 giorni (oltre i due anni di anzianità). Nel caso in cui il lavoratore decida volontariamente di licenziarsi (dimissioni), tali termini sono ridotti del 50%.

INPS: VOUCHER LAVORO DISPONIBILI ANCHE SU INTESA SANPAOLO

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’INPS comunica che, a partire dal 27 maggio 2014, i vou-

cher lavoro si possono acquistare anche tramite il servizio Internet banking delle Banche del gruppo Intesa Sanpaolo e riscuotere in contanti presso la rete delle tabaccherie convenzionate con Banca ITB. Il servizio Internet banking di Intesa Sanpaolo consente al datore di lavoro di acquistare il numero dei buoni di cui ha bisogno, di qualsiasi importo fino a 500 €, di addebitarne il costo sul conto corrente e di effettuare direttamente la stampa dei voucher. I lavoratori potranno riscuotere i buoni in contanti presso le tabaccherie abilitate. Ad ogni buon conto, l’Istituto ha inserito online le istruzioni inerenti le “Modalità d’acquisto dei buoni lavoro internet banking Intesa Sanpaolo”.

INAIL: LE AGEVOLAZIONI DELLA RIFORMA LAVORO 2012 SONO APPLICABILI ANCHE AI PREMI

L

’INAIL, con la circolare n. 28 del 23 maggio 2014, comunica che gli incentivi introdotti con la Legge n. 92/2012 sono applicabili anche al premio INAIL. Quindi, ai datori di lavoro, anche agricoli, che - a partire dall’1 gennaio 2013 - assumono: • over 50; • disoccupati da oltre dodici mesi; • donne di qualunque età, prive di impiego da almeno ventiquattro mesi ovvero prive di impiego da almeno

sei mesi e appartenenti a particolari aree; si applica una riduzione del 50% dei premi INAIL. L’Istituto chiarisce che i datori di lavoro aventi diritto alla riduzione del 50% dei premi, devono indicare nella dichiarazione delle retribuzioni l’importo totale delle retribuzioni parzialmente esenti e il relativo codice. L’indicazione dei suddetti dati equivale a domanda di ammissione alle riduzioni, che spettano in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla legge, inclusi quelli riguardanti la regolarità contributiva che deve sussistere al momento della fruizione del beneficio. Come per le altre riduzioni, i benefici sono applicati in virtù dei dati indicati nella dichiarazione delle retribuzioni. Inoltre, in vista della scadenza dell’autoliquidazione, per applicare la riduzione prevista dalla Legge di Stabilità 2014, sono stati aggiornati i codici identificativi delle riduzioni per le retribuzioni parzialmente e totalmente esenti dal versamento dei premi assicurativi, come da tabella riepilogativa allegata alla circolare. Più in particolare, le riduzioni previste dalla Legge n. 92/2012, identificate dai codice da H a Y, sono state suddivise in relazione: • alla durata del contratto di lavoro (a tempo determinato o indeterminato); • alla tipologia (assunzione, trasformazione, proroga); • alle categorie di lavoratrici e lavoratori (over 50 disoccupati da oltre 12 mesi, donne di qualsiasi età prive di impiego retribuito da almeno sei mesi, ecc.).

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PILLOLE FISCO E TRIBUTI

Notizie dai siti WEB delle Agenzie fiscali

DICHIARAZIONI, IMMOBILI, AGEVOLAZIONI FISCALI, FATTURE ELETTRONICHE a cura di Graziella Saccà ABITAZIONE PRINCIPALE E DETRAZIONE DI INTERESSI PASSIVI SU MUTUI

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’Agenzia delle Entrate precisa che, in caso di mutuo stipulato per la costruzione dell’abitazione principale, la quota di interessi del coniuge fiscalmente a carico non può essere portata in detrazione dall’altro coniuge. Ai sensi dell’art. 15 comma 1-ter del TUIR, infatti, è riconosciuta una detrazione dall’Irpef pari al 19% degli interessi passivi su mutui ipotecari stipulati per la costruzione dell’abitazione principale, corrisposti dal contribuente, per un importo non superiore a 2.582,28 euro. La disposizione non contempla la seguente facoltà prevista invece per gli interessi passivi sui mutui stipulati per l’acquisto dell’abitazione principale: ciascuno dei coniugi cointestatari del mutuo può detrarsi solo la propria quota di interessi, ma nel caso in cui uno dei due sia fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione spetta a quest’ultimo per entrambe le quote.

(Agenzia delle Entrate, Circolare 11/E del 21 maggio 2014)

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DAL 6 GIUGNO STOP ALLE FATTURE CARTECEE VERSO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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partire per primi in modalità digitale, da giugno, sono oltre alle agenzie fiscali, anche i ministeri e gli enti nazionali di previdenza. Gli altri, dal 31 marzo 2015. Lo stop definitivo alle fatture cartacee verso l’Amministrazione finanziaria è all’orizzonte: deadline il 6 giugno prossimo.

L’Agenzia delle Entrate fornisce importanti indicazioni sulle modalità di predisposizione e invio della fattura elettronica. In particolare, l’Agenzia fa sapere che a partire dal 6 giugno non potrà più accettare fatture trasmesse in modo diverso da quello elettronico e, passati tre mesi dal 6 giugno, non potrà neanche effettuare i relativi pagamenti.

Tutto è iniziato con la Finanziaria per il 2008. La legge 244/2007 ha, infatti, stabilito che la fatturazione nei confronti delle amministrazioni dello Stato deve avvenire esclusivamente in forma elettronica, attraverso il sistema di interscambio (Sdi): una piattaforma informatica, messa a punto dall’Agenzia delle Entrate con Sogei, disponibile sul sito fatturapa.gov.it. Dopo una serie di altri interventi normativi, è arrivato il decreto attuativo (DM 55/2013) che ha fissato la decorrenza degli obblighi di utilizzo della fatturazione elettronica nei rapporti economici con la Pubblica Amministrazione. In sostanza, a partire per primi, vale a dire il prossimo 6 giugno, sono ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza. Poi la modalità digitale sarà estesa anche agli altri enti nazionali e alle amministrazioni locali a far data dal 31 marzo 2015, con un pò di anticipo rispetto alla scadenza fissata nel Dm 55/2013, per accelerare il completamento del percorso di adeguamento all’utilizzo della fatturazione elettronica nei rapporti economici tra pubblica amministrazione e fornitori (Dl 66/2014). Considerata l’imminenza della nuova procedura, l’Agenzia delle Entrate offre un dettagliato vademecum diretto ai suoi fornitori, comprensivo dei codici degli uffici finanziari deputati a ricevere i documenti contabili digitali.

(fonte: fiscooggi.it)

BONUS IRPEF: CREDITO IN BUSTA PAGA DA MAGGIO

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al mese di maggio, ai lavoratori dipendenti e assimilati è riconosciuto il bonus Irpef di 80 euro erogato direttamente dai datori di lavoro. Il beneficio è riservato ai contribuenti che guadagnano fino a


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PILLOLE FISCO E TRIBUTI

Notizie dai siti WEB delle Agenzie fiscali

26mila euro, al netto del reddito da abitazione principale, nei casi in cui l’imposta lorda dell’anno è superiore alle detrazioni per lavoro dipendente. Queste e altre indicazioni sono contenute nella circolare n. 8/E del 28 aprile 2014, con cui l’Agenzia delle Entrate fornisce le istruzioni per applicare il credito introdotto dal Dl n. 66/2014 per la riduzione del cuneo fiscale nel 2014. Il bonus spetta anche ai cassintegrati, ai disoccupati che percepiscono l’indennità e ai lavoratori in mobilità (Circolare n. 9/E). Chi ha tutti i requisiti per ricevere il bonus ma non ha un sostituto d’imposta, per esempio perché il rapporto di lavoro si è concluso prima del mese di maggio, potrà comunque richiederlo nella dichiarazione dei redditi per il 2014.

DICHIARAZIONI 2014: I CHIARIMENTI AI DUBBI DEI CAF

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’Agenzia delle Entrate risponde ai principali quesiti posti dai Centri di assistenza fiscale sulla compilazione della dichiarazione dei redditi per il 2014: i chiarimenti sono contenuti nella circolare n. 11/E del 21 maggio 2014 e riguardano, tra le altre cose, gli oneri deducibili e detraibili (le spese sanitarie, gli interessi passivi, le spese per gli interventi di recupero del patrimonio abitativo e per la riqualificazione energetica degli edifici, il bonus mobili, le altre detrazioni), nonché il rapporto tra Imu e Irpef, i redditi di lavoro dipendente e fondiari. Tra le risposte, il via libera al bonus mobili per chi ha acquistato da un’impresa non residente e alla detrazione delle spese per ristrutturazioni edilizie sostenute tramite una società finanziaria; ammesse anche le detrazioni per interventi di

recupero edilizio e risparmio energetico in caso di scambi di riferimenti normativi per errori materiali nella compilazione del bonifico.

VISURE CATASTALI ONLINE: ORA È POSSIBILE ESTRARRE I DATI

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e visure catastali sono ora disponibili anche in formato elaborabile per gli abbonati a Sister, la piattaforma telematica dei servizi catastali e di pubblicità immobiliare. In particolare, sarà possibile ottenere i dati contenuti nelle visure, non più soltanto in formato pdf, ma anche in formato xml, che consente di effettuare diverse elaborazioni. Questa novità amplia le possibilità operative di enti e professionisti che possono integrare i propri archivi gestionali con le informazioni presenti negli atti del catasto terreni e urbano. La visura catastale in formato elaborabile ha gli stessi costi applicati al formato pdf ed è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate esclusivamente per gli utenti abilitati alla piattaforma Sister.

ENTRATE IN ASCOLTO: UN CANALE PER PROPOSTE E RECLAMI

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’ online il “Sistema di ascolto” dell’Agenzia delle Entrate, un nuovo canale di comunicazione con gli utenti per registrare reclami, suggerimenti ma anche elogi dei cittadini, con l’obiettivo di migliorare i servizi. In questo modo, l’Agenzia traduce le segnalazioni degli utenti in specifici input diretti a migliorare i processi operativi, dai disagi dei cittadini alle proposte vere e proprie. Tra le novità del Sistema di ascolto, anche l’estensione della procedura di ascolto

e monitoraggio all’assistenza telefonica, erogata dai Centri di assistenza multicanale (Cam), che rappresenta il 20% dei servizi: si copre così la quasi totalità delle prestazioni di front line, 10 milioni di servizi resi dagli uffici territoriali e 2 milioni dai Cam. Segue, poi, il coinvolgimento di tutti i livelli organizzativi delle Entrate nella gestione delle segnalazioni. L’adozione del nuovo sistema implicherà, gradualmente, l’addio definitivo al modulo cartaceo che oggi, in alternativa alle modalità web, il contribuente può ancora presentare in ufficio, o trasmettere via posta, per segnalare un disservizio.

PHISHING: ATTENTI ALLE E-MAIL TRUFFA SUI RIMBORSI FISCALI

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uovi tentativi di phishing ai danni di alcuni cittadini che hanno ricevuto via e-mail false notifiche di rimborsi fiscali, da indirizzi come agenziaentrateit@secureserver.net o agenziadelleentrate@finanzi. it. Si tratta di comunicazioni che utilizzano il logo dell’Agenzia e invitano il contribuente a cliccare sul link “Chiedere il rimborso”; il link rimanda a una finta pagina del sito delle Entrate dove si chiede di inserire informazioni personali, tra cui i dati della carta di credito. L’Agenzia delle Entrate è totalmente estranea all’invio di questi messaggi e raccomanda di non dare seguito al loro contenuto: è un tentativo di truffa informatica architettata per entrare illecitamente in possesso di informazioni riservate. In caso di erogazione di un rimborso, infatti, l’Agenzia non richiede mai dati sulle carte di credito e non invia comunicazioni via e-mail.

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