PATA magazine - Settembre 2008

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MAGAZINE SETTEMBRE 08


BALLI PER SOLI UOMINI

LUCA SPAGNOLO

"Il mio sogno non era quello di guidare una ruspa, uffa!" "Nemmeno il mio Antonio, nemmeno il mio..."

IN QUESTO NUMERO 2

BALLI PER SOLI UOMINI

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CHARLES BARSOTTI

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GORDON MATTA CLARK A SIENA

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EURASIA AL MART

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OLAFUR ELIASSON

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VEDOVAMAZZEI VS SAM BARON

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ALBERTO BIAGETTI PER YOOX

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BARA IKEA

9

BCXSY: DEAD FLOWERS SOCIETY

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PRIMA DI EMULE

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MR TOLEDANO: BANCAROTTA

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RADIOHEAD: HOUSE OF CARDS

LUCA SPAGNOLO LUCA SPAGNOLO

ROBERTO MARONE SANJA PUPOVAC LUCA SPAGNOLO

IGNAZIO LUCENTI

ROBERTO MARONE

in copertina: Gordon Matta-Clark - Splitting - 1974

SANJA PUPOVAC

ROBERTO MARONE LUCA SPAGNOLO

ROBERTO MARONE LUCA SPAGNOLO


GORDON MATTA CLARK A SIENA LUCA SPAGNOLO In questi giorni se passate per Siena recatevi al museo di Santa Maria della Scala e li torverete la più grande retrospettiva mai realizzata in Italia su Gordon Matta Clark. Se non vi trovate a Siena allora andateci, avete tempo fino al 19 ottobre. Gordon Matta Clark è il decostruttivista per eccelenza, anarchitetto e enfant prodige (tumore al pancreas a 35 anni).

Figlio della rivoluzione del '68, come i più bravi, tutti testimoni attivi di quegli anni. Le sue opere vanno dai video alle performance per strada all'architettura. E qui mi vorrei soffermare su quattro capolavori indimenticabili, opere fortemente contemporanee, ancora oggi cariche di quell'aura che finisce per rendere alcuni gesti immortali. Bronx Floors: threshole, Splitting,

Bingo e Conical Intersection. Mai una distruzione è stata così elegantemente pulita e precisamente eseguita. In Bronx Floors, Gordon piazza in un museo un quadrilatero regolare ricavato dal solaio... si, dal solaio di un appartamento di New York, infatti affianco del nostro solido, troviamo la documentazione fotografica (come sempre nei suoi lavori, oltre ai video) dell'in-

tervento. Vediamo l'interno di una casa e vediamo che manca qualcosa, e quel qualcosa è proprio alla nostra destra. Giusto il tempo di riprendere il fiato che subito un altro lavoro memorabile Splitting, ci strozza di nuovo. Forse il più conosciuto di tutti, in questo caso mi verrebbe di aggiungere "giustamente" al contrario di tutto un mondo dove più cono-


6 | SETTEMBRE 08 sciuto vuol dire anche privo di qualità. Splitting potrebbe non avere bisogno di spiegazioni, per quanto il gesto sia semplice. Una casa, un taglio preciso, un fascio di luce a riempirlo. Una motosega che ha sognato di essere un bisturi. Bingo ha bisogno di poco più tempo. Giusto il tempo di guardare le immagini di riferimento. La casa scelta viene divisa in nove caselle, ogni casella eliminata in sucessione spogliando la casa della sua facciata ( e qualche anno dopo esce La vita: istruzioni per l'uso di G. Percec. Non so se si capisce). L'ultima Conical Intersection è un intervento realizzato in un vecchio edificio che poco dopo sarebbe stato buttato giù, a Parigi. Sopra quell'edificio ora troviamo il Centre Pompidou. Succede che Matta Clark interseca un cono con l'edificio, un cono senza un inizio e una fine ben precisi, un cono che ha tutte le caratteristiche necessarie per essere tale, tranne quella fondamentale: essere solido. Un edificio fisico intersecato da un cono d'aria? Impossibile.

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OLAFUR ELIASSON ROBERTO MARONE EDITORIALE

Oramai non è tanto vero che New York sia il centro passante dei meccanismi culturali dell’arte. Non è nemmeno più vero che il Moma, in quanto centro del centro, sia il luogo deputato alla storicizzazione delle esperienze mondiali. E’ uno di quei tanti posti dove si fa tanta cronaca, per lo più. Stavolta è diverso, stavolta hanno deciso di celebrare uno di quei quarantenni che i nostri figli studieranno a scuola (se le scuole varranno qualcosa), senza magari passare per le pareti degli attici di Soho. La prima cosa che passa per la mente è che Olafur Eliasson è islandese. E quell’isolotto piantato fra il niente e il ghiaccio continua a sfornare talenti, come se quella mancanza di radici culturali, quel deserto freddo, quel nulla, sia il giusto non peso, oggi, per volare alto.

Eliasson è uno di quei pochissimi artisti che possiamo definire avanguardia, in un mondo che si riempie la bocca della fine delle avanguardie. Il suo linguaggio non viene, non rimanda, non richiama, il suo linguaggio brucia della sua stessa benzina. E’, prima ancora di nascere, prima ancora di essere figlio, e prima ancora di essere padre. Specchia porzioni di spettatori, sempre diversi a se stessi. Illumina di spot, nascondendo le ombre. Crea cascate sopra il mare, dal mare, sotto i ponti, e crea il sole dentro un museo, ripropone illuminati tramonti policromi in stanze vuote, fotografa 50 ghiacciai, 50 vulcani, 50 deserti. Genera realtà epifaniche, come un orafo di esperienze. E’ che riesce a sprigionare, ogni volta, ogni gesto, una quantità sproporzionata di intensità. Si coagula in ogni sua opera una forza espressiva, una potenza, un'energia, messa in piedi con niente. Un pò d’acqua, due luci, due vetri. Con niente,

ha la forza del cinema, o dello sport. Senza colonna sonora, montaggio, senza giocatori, senza urla, senza palco, senza grandi orpelli, senza tante balle, dritto alla pancia. L’arte non ci riesce mai, in questo. Richiede sempre una spropositata sensibilità, un sguardo preciso, attento, colto. Maturo. Si fa fatica, ad andare alle mostre. Eliasson no, spettacolo, alla prima messa in scena. Usa la grammatica di una sensibilità di consumo (il sole, la cascata, l’orizzonte), la spara fuori come in tv, senza silenzio, senza pudore, tenendogli dietro, struttura portante, un equilibrio del linguaggio, un tocco, e uno sguardo, da artista d’altri tempi. Alla fine, quello che studieranno i nostri figli a scuola, è che si può anche riuscire a sprigionare senso, qualità, nobiltà, colpendo agli occhi. Si può anche essere colti, senza essere difficili. Si può giocare di spettacolo, come uno scenografo, come una puttana, come al circo, avendo una capa fine.


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ALBERTO BIAGETTI PER YOOX SANJA PUPOVAC

Ogni tanto l'architettura ha come centro se stessa e poi pensa a come infilarci gli uomini dalle finestre. Ogni tanto l'architettura ha come centro l'uomo e poi pensa a come crescergli addosso. Alberto Biagetti disegna per YOOX, 12 case all'anno. Una casa di piume, una casa di pesci, una casa di carta ...

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BCXSY: DEAD FLOWERS SOCIETY LUCA SPAGNOLO Che lo facciamo tutti è abbastanza vero, per lo meno per tutte quelle persone fortunate che hanno dei fiori in casa. Ovvero tenere i fiori anche una volta morti perchè riescono comunque ad avere un certo fascino, come poche altre cose una volta finito il loro ciclo vitale. Sono davvero in pochi a imbalsamare il cane deceduto e a tenerlo vicino al caminetto. Boaz Cohen e Sayaka Yamamoto hanno pensato di creare dei vasi per

fiori morti, tornando così a quel concetto di design che tende non a risolvere problemi, ma a crearne di nuovi. Pocomale, questi vasi fatti con una rete in fil di ferro poi ricoperta di gomma si sposano molto bene con il fiore appassito e secco. Del vaso ne è rimasta solo la silhouette e la funzione di contenitore per fiori, anche se più di contenere qui sarebbe meglio parlare di trafiggere, sparisce l'imboccatura, l'acqua non ha

più ovviamente senso, è inutile, quindi il vaso può essere forato per tutta la sua superficie. Forse una bella trovata, forse solamente un altro progetto che ci fa sorridere (anche se si parla di morte) e basta.


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MR TOLEDANO: BANCAROTTA IGNAZIO LUCENTI Di Phillip Toledano ci siamo già occupati in passato. In questa occasione vogliamo segnalare la serie fotografica Bankrupt. Come in altri lavori del fotografo Inglese il soggetto è assente, ma se altrove si avvertiva la sen-

sazione di aver mancato l'evento fondamentale perché questo doveva ancora accadere, in questo caso il fotografo/archeologo è arrivato tardi, il disastro è già avvenuto, non resta che immortalare la quiete dopo

la tempesta e registrare i danni. A noi invece non rimane altro che guardare stupiti questi scenari apocalittici e stupirci del fatto che la sparizione repentina di ogni forma di vita non è dovuta a qualche eruzione

vulcanica, a un terremoto o ad altri disastri più o meno naturali, ma è la semplice conseguenza di una bancarotta.


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RADIOHEAD: HOUSE OF CARDS ROBERTO MARONE

I gruppi musicali hanno sempre segnato un certo passo nel mondo della grafica. La comunicazione di una cosa invisibile come la musica, tramite immagini, è sempre una bella sfida. Che io ricordi, non sono un esperto in materia, i radiohead sono sempre stati un pelo più avanti. Questa volta, e qui c'è un lato progettualmente interessante, i radiohead hanno chiamato un paio di quelle aziende che fanno cose futuribili con il 3D, e hanno tirato fuori un capolavoro di grafica senza fare grafica. Per chi conosce i Radiohead, la stessa rarefazione maledetta, la stessa desolazione ansiosa, lo stesso "male di vivere" che c'è nella loro musica viene restituito in questo video a

immagine, e alla fine potresti levare l'audio, e ascolteresti lo stesso i radiohead. Quando la grafica riesce in questo ha vinto, e il bello, in tutto questo, è che non c'è grafica, non c'è artefizio, c'è solo una macchina, che scansiona lo spazio 3d, in tempo reale. E questo dimostra che non la grafica, ma l'idea di un progetto, basta da sola a riuscire in quella alchimia che è la cristallizzazione di un emozione.


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"Io non starei li, se fossi in te."

CHARLES BARSOTTI SANJA PUPOVAC Un vignettista ha disegnato alcuni degli oggetti di design pi첫 conosciuti, cambiandogli a volte le dimensioni, e li ha collocati in situazioni assurde. Ha sdrammatizzato lo spremiagrumi pi첫 famoso, facendolo diventare un missile. Gulp.

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"No, non sono deluso, semplicemente non è quello che mi aspettavo."

"Non ti offendere, ma avevo in mente una cosa piĂš sulla linea della LA-Z-BOY."


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"Che cosa ti avevo detto? Eccolo li, ogni giorno alla stessa ora."

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EURASIA AL MART

ROBERTO MARONE

Abo (Achille Bonito Oliva, per gli amici), ultimamente è balzato alla cronaca per un paio di attacchi non da poco su Corriere e Venerdì ai curatori e critici di oggi. Su tutti, definendo Bonami un filippino dell'arte, critico che serve il sistema. Poi è andato giù duro su tutta la nuova generazione che, connivente a un sistema malato, svolge un ruolo asservito e poco critico.

Come direbbe un buon partenopeo come lui: quanno ce vo', ce vo'. Ora nel giro altoatesino di Manifesta Abo presenta una mostra che è un po' un pezzo di storia e un po' un pezzo di storia dell'arte. Perchè Eurasia, questo è il titolo, è sia la riconciliazione storica di un conflitto contemporaneo, sia un declinazione propositiva dell'antica antinomia mistico orientale

e pragmatico occidentale, sia un omaggio a un vecchio maestro, Beuys, che contrariamente al suo rivale Wharol, si dimostra molto più contemporaneo. Nel 1967, quello sguardo triste di Beuys aveva fondato uno stato fittizio, globalizzato, che profetico immaginava uno sconfinamento a est, o meglio: a ovest dell'America. Ovvero più in là del luogo deputato

all'impero, in uno spazio a metà strada, diffuso, in cui il mondo tutto non rifletteva istanze yankee, ma diventava amalgama di esperienze globali. Quello spazio sembra, in effetti, lo spazio in cui andremo a vivere. E, al Mart, Abo cerca di viverci: quanno ce vo', ce vo'.


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VEDOVAMAZZEI VS SAM BARON

LUCA SPAGNOLO

E' davvero incredibile, ma comunque credibile, come a volte strade diverse possano portare al medesimo risultato. Da una parte i Vedovamazzei che pi첫 volte nelle loro opere hanno lavorato

con il nastro adesivo colorato (qui vedete R.B.G. e Kyoto River, rispettivamente del 2003 e del 2004) e dall'altra Sam Baron che pi첫 banalmente ricopre gli oggetti con del nastro adesivo per cre-

are una seconda pelle (per Fabrica, qui vediamo la sedia a dondolo e il tavolo basso con i vasi). Di gran lunga l'opera dei Vedovamazzei ha qualcosa in pi첫 per il semplice fatto

che ha qualcosa in meno. Sam Baron ha voluto fare di pi첫 e ha sballato.


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BARA IKEA

ROBERTO MARONE

Com'è noto, così come c'è modo e modo di schiattare, così c'è modo e modo di farsi il funerale. Solo che i tempi cambiano, i riti e le liturgie non piacciono più, i soldi sono per le rate della tv 42 pollici, e il funerale è tamarro farlo in grande, vanitoso spendere, kitsch la bara in noce, i fiori troppo pacchiani, e poi sai, alla fine non la vedrò mai, giusto 10 minuti i miei parenti, prima di buttare le terra su, non ne vale la pena di spendere. Alla fine, 27.50 dollari, un pò di pazienza per montarla e passa la paura.

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DALLA CANTINA

PRIMA DI EMULE LUCA SPAGNOLO

Come qualsiasi cosa anche la pirateria musicale ha una sua storia. Negli anni 40 in Russia, durante la seconda guerra mondiale, trovare il materiale e i soldi per incidere musica su vinile era abbastanza difficile.

CosĂŹ, a qualche pioniere della pirateria musicale venne la fantastica idea di incidere la musica su vecchie lastre a raggi x. Il risultato fu ottimo sia dal punto di vista funzionale sia da quello estetico. Ovviamente


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