P.O.R. Veneto Fse 2007-2013 Investiamo per il vostro futuro Obiettivo Competitività Regionale e Occupazione Asse Occupabilità DGR 1103 del 23 Marzo 2010 Borse di ricerca
progetto: Costruzione di interni domestici in presenza della dimensione minima dell’alloggio con la tecnologia del legno Patrizio M. Martinelli [ICAR/14] referente per la ricerca Armando Dal Fabbro azienda partner Ecosisthema Wood Contract Solution
Università Iuav di Venezia Santa Croce 191 Tolentini, Venezia www.iuav.it servizio gestione rapporti con il territorio fse@iuav.it
© Iuav 2012 a cura del servizio comunicazione comesta@iuav.it stampa Grafiche Veneziane, Venezia ottobre 2012 ISBN 978-88-87697-79-7
UniversitĂ Iuav di Venezia
Costruzione di interni domestici in presenza della dimensione minima dell’alloggio con la tecnologia del legno Patrizio M. Martinelli
sommario 5 La ricerca della casa. Forme e tecniche di costruzione Armando Dal Fabbro 9 10 13
Introduzione Metodologie operative e fasi della ricerca La costruzione di interni domestici minimi con la tecnologia del legno
13 Interni domestici e costruzione in legno: aspetti culturali e ricerche in atto
31 Prove progettuali e sperimentazioni didattiche
98 Divulgazione scientifica e ricadute operative della ricerca
99 Pubblicazioni
101 Bibliografia selezionata
La ricerca della casa Forme e tecniche di costruzione Armando Dal Fabbro Il lavoro prodotto da Patrizio Martinelli, di cui si pubblicano gli estratti, si situa nel solco di una ricerca di composizione architettonica con un indirizzo particolarmente caratterizzato dall’innovazione costruttiva e dalla sostenibilità ambientale. Si potrebbe indicare il lavoro svolto con alcune semplici parole chiave che hanno rappresentato di fatto la quintessenza della borsa di ricerca: - qualità degli spazi domestici; - ridotta dimensione dell’alloggio; - utilizzo del legno come materiale di costruzione. L’attività svolta ha affrontato in primo luogo le questioni più teoriche relative al tema della qualità degli spazi domestici in presenza di ridotte dimensioni dell’alloggio, analizzando il lavoro di ricerca a partire dagli anni Trenta sui temi dell’abitare: l’esperienza del CIAM sull’Existenzminimum; la ricerca sull’abitare degli architetti italiani fra le due guerre, in particolare Diotallevi-Marescotti, Albini, Gardella, Ponti, BBPR che affrontano il tema della casa con dimensioni modeste, alla scala domestica, e come dare loro dignità abitativa, signorilità e ricchezza degli spazi. Altresì come si configurò il pensiero lecorbuseriano a partire dalle sue prime opere degli anni Venti nell’affrontare in ambito residenziale la ricerca sulla qualità dello spazio architettonico e sui temi legati alle prime sperimentazioni progettuali in campo residenziale. I precedenti da cui muove la prima parte della ricerca teorica sono gli studi di carattere figurativotipologico-morfologico sulla architettura della città, in particolare sulla struttura urbana delle città, compiuti allo Iuav da G. Samonà, S. Muratori, E. Trincanato prima, e sviluppati in ricerche teorico-progettuali da C. Aymonino, G. Polesello, A. Rossi, L. Semerani poi. Essi rappresentano la base di partenza scientifica e gli assunti teorici di riferimento. L’altro ambito su cui si è svolta la ricerca è stato quello dell’acquisizione di conoscenze riguardanti le nuove soluzioni di progettazione e le costruzioni standardizzate in materia di edifici in legno, in particolare quelle riconducibili alla tecnologia della costruzione a telaio (balloon frame, di derivazione americana) e quella della costruzione a pannello multistrato (x-lam, di derivazione nord-europea). La tecnologia della costruzione architettonica in legno è un ambito di grande attualità e di sperimentazione innovativa, con elevati margini di sviluppo e di applicazione, per le alte prestazioni e qualità architettonico-ambientale che tale tecnologia può garantire. Rispetto ad altre realtà, soprattutto europee ma anche italiane (si pensi al Trentino Alto Adige), nelle quali questa tecnologia è fortemente sostenuta e applicata, il mercato edilizio della regione del Veneto è ancora fortemente legato alla cultura tradizionale del “mattone”.
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La ricerca della casa Forme e tecniche di costruzione Armando Dal Fabbro Il lavoro prodotto da Patrizio Martinelli, di cui si pubblicano gli estratti, si situa nel solco di una ricerca di composizione architettonica con un indirizzo particolarmente caratterizzato dall’innovazione costruttiva e dalla sostenibilità ambientale. Si potrebbe indicare il lavoro svolto con alcune semplici parole chiave che hanno rappresentato di fatto la quintessenza della borsa di ricerca: - qualità degli spazi domestici; - ridotta dimensione dell’alloggio; - utilizzo del legno come materiale di costruzione. L’attività svolta ha affrontato in primo luogo le questioni più teoriche relative al tema della qualità degli spazi domestici in presenza di ridotte dimensioni dell’alloggio, analizzando il lavoro di ricerca a partire dagli anni Trenta sui temi dell’abitare: l’esperienza del CIAM sull’Existenzminimum; la ricerca sull’abitare degli architetti italiani fra le due guerre, in particolare Diotallevi-Marescotti, Albini, Gardella, Ponti, BBPR che affrontano il tema della casa con dimensioni modeste, alla scala domestica, e come dare loro dignità abitativa, signorilità e ricchezza degli spazi. Altresì come si configurò il pensiero lecorbuseriano a partire dalle sue prime opere degli anni Venti nell’affrontare in ambito residenziale la ricerca sulla qualità dello spazio architettonico e sui temi legati alle prime sperimentazioni progettuali in campo residenziale. I precedenti da cui muove la prima parte della ricerca teorica sono gli studi di carattere figurativotipologico-morfologico sulla architettura della città, in particolare sulla struttura urbana delle città, compiuti allo Iuav da G. Samonà, S. Muratori, E. Trincanato prima, e sviluppati in ricerche teorico-progettuali da C. Aymonino, G. Polesello, A. Rossi, L. Semerani poi. Essi rappresentano la base di partenza scientifica e gli assunti teorici di riferimento. L’altro ambito su cui si è svolta la ricerca è stato quello dell’acquisizione di conoscenze riguardanti le nuove soluzioni di progettazione e le costruzioni standardizzate in materia di edifici in legno, in particolare quelle riconducibili alla tecnologia della costruzione a telaio (balloon frame, di derivazione americana) e quella della costruzione a pannello multistrato (x-lam, di derivazione nord-europea). La tecnologia della costruzione architettonica in legno è un ambito di grande attualità e di sperimentazione innovativa, con elevati margini di sviluppo e di applicazione, per le alte prestazioni e qualità architettonico-ambientale che tale tecnologia può garantire. Rispetto ad altre realtà, soprattutto europee ma anche italiane (si pensi al Trentino Alto Adige), nelle quali questa tecnologia è fortemente sostenuta e applicata, il mercato edilizio della regione del Veneto è ancora fortemente legato alla cultura tradizionale del “mattone”.
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A fronte di una presenza rilevante di aziende che lavorano il legno in altri ambiti (si pensi al settore dell’arredamento e delle coperture), si registra in Veneto una forte penuria di aziende che si occupano di costruzioni in legno, se non per aspetti puntuali e peculiari (soprattutto per quanto concerne il legno come rivestimento). I modelli di riferimento per i professionisti veneti interessati a questi sistemi costruttivi sono pertanto le imprese del nord Europa con filiali italiane (Svizzera, Austria, Germania, Finlandia) o dell’area trentina e altoatesina. Possono quindi profilarsi ampi margini per lo svolgimento di queste attività economiche e produttive anche in Veneto. Il lavoro svolto vuole sostenere la ricerca sulla costruzione in legno nell’architettura residenziale, condotta in ambito accademico e con verifiche applicative con una azienda partner. L’obiettivo sarebbe di incentivare anche in Veneto un settore di notevole importanza in ambito produttivo e con notevoli possibilità di sperimentazione innovativa, applicazione e sviluppo, attraverso la coniugazione della ricerca sulla qualità spaziale dell’ambiente domestico e le potenzialità costruttive, prestazionali, sostenibili del materiale legno. Sulla scorta delle conoscenze acquisite, sono stati elaborati una serie di progetti architettonici relativi al tema dell’edificio collettivo su palafitte, costituito dall’aggregazione di cellule residenziali minime; questi progetti sono stati approfonditi sia alla scala del grande edificio, costituito da particolari sistemi aggregativi standardizzati, sia come verifica della qualità spaziale dell’abitare approfondendone i temi fino alla scala del progetto esecutivo. Il luogo geografico prescelto per la sperimentazione architettonica è stato individuato in ambito lagunare veneziano. Venezia e in particolare la laguna hanno rappresentato lo sfondo naturale di riferimento per verificare in sede progettuale alcune prove di contestualizzazione e di ambientamento urbano attraverso sistemi di aggregazione standardizzata dei tipi edilizi, le Maison Dom-ino di memoria lecorbuseriana o più pertinente al nostro caso i tipi-funzione come gli Ateliers strutturati a Villa o gli Studio, tutto ciò in presenza della grande scala territoriale lagunare. Il lavoro ha colto aspetti procedurali di particolare interesse tecnico-costruttivi, con l’obiettivo di individuare norme e tecniche trasmissibili e applicabili nel progetto architettonico. Su tali temi si è indagato il grado di generalizzazione e applicabilità, come risultato di una ricerca scientifica sui temi dell’abitare (la qualità spaziale e il comfort delle prestazioni dell’edificio), arrivando fino alla definizione del progetto esecutivo di un’opera architettonica realizzabile. Le soluzioni di innovazione tecnologica relative alla progettazione e alla costruzione in legno fino alla scala del dettaglio si sono potute raggiungere istituendo strette relazioni, durante le fasi di ricerca e di lavoro, fra il mondo della ricerca progettuale e il sistema produttivo, con il conseguente impiego delle competenze acquisite all’interno dell’università e la loro valorizzazione e ricaduta nell’ambito della produzione: dall’ideazione alla costruzione. L’articolazione delle fasi della ricerca è stata scandita, nei due semestri lavorativi, attraverso alcuni appuntamenti che hanno consentito approfondimenti e verifiche sul procedere dei lavori:
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lezioni tenute dal borsista presso i laboratori di progettazione condotti presso lo Iuav, il suo coinvolgimento nella conduzione dei lavori con gli studenti all’interno degli stessi laboratori, la partecipazione a convegni e seminari, anche di respiro internazionale, con presentazioni e discussioni pubbliche del lavoro ecc. Ricerca teorica e sperimentazione progettuale hanno rappresentato momenti di ricerca di uno stesso problema culturale che ha investito sia la sfera compositiva che gli aspetti procedurali e tecnico scientifici. Gli esiti finali raccolgono le conoscenze sui temi proposti e la loro ricaduta operativa su una serie di progetti architettonici complessi svolti fino alla scala di dettaglio. La ricerca si è rivelata di notevole interesse ed ha raggiunto esiti finali ragguardevoli. Il percorso strutturato sui due momenti, quello teorico, di acquisizione di conoscenze, e quello di elaborazione progettuale, si è rivelato fecondo per come le acquisizioni e i risultati ottenuti in ambito più speculativo hanno poi trovato espressione concreta in un progetto architettonico. Così pure il lavoro di ricerca ha avuto momenti di verifica e di discussione anche in ambito didattico nei frequenti scambi internazionali e fra le diverse realtà disciplinari.
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Antonello da Messina, Studiolo di San Girolamo, 1474-1475
Costruzione di interni domestici in presenza della dimensione minima dell’alloggio con la tecnologia del legno Patrizio M. Martinelli Introduzione Il progetto di ricerca che viene presentato in questo volume ha riguardato lo studio e l’approfondimento della qualità degli spazi domestici dell’abitare con l’utilizzo della tecnologia del legno, attraverso la progettazione di alcuni edifici residenziali caratterizzati da una ridotta dimensione dell’alloggio. L’attività, durata un anno, durante il primo semestre si è svolta su un doppio binario. Da una parte quello che ha portato a ritrovare e approfondire, attraverso lo studio analitico di alcune vicende progettuali, le modalità di costruzione dello spazio di qualità in presenza di dimensioni ridotte, laddove diventa centrale la razionalizzazione e la appropriata calibrazione delle dimensioni, spesso grazie anche l’integrazione dell’architettura e dell’arredamento e la reinvenzione delle attrezzature fisse della casa. Dall’altra quello incentrato sullo studio delle potenzialità del legno come materiale costruttivo che possa garantire delle prestazioni ottimali (dal punto di vista economico, tecnico, ecologico, qualitativo rispetto all’ambiente domestico costruito) nella sperimentazione e nella innovazione, soprattutto se calato nell’ambito veneto, ancora arretrato rispetto ad alcune realtà nazionali e internazionali (Trentino Alto Adige, Svizzera, Austria, Germania, nord Europa). Ma il legno, proprio considerando alcuni aspetti che la ricerca tratta, quelli dell’integrazione di arredo e architettura, diventa materiale fecondo, proprio per le possibilità di essere utilizzato e inteso sia come materiale della costruzione ma anche di finitura. Nel secondo semestre la ricerca si è incentrata sul progetto, partendo dalla base costituita dagli approfondimenti teorici svolti nel primo semestre relativi alla costruzione di interni domestici minimi e all’utilizzo del materiale legno. Infatti, in ambito architettonico è anche, e in molti casi soprattutto, attraverso il progetto che la ricerca trova senso e apre nuove prospettive e approfondimenti, in un reciproco fecondarsi fra teoria e prassi, fra momento speculativo e sua applicazione operativa. I presupposti teorici, la conoscenza di una serie di progetti e l’approfondimento delle tecniche costruttive oggetto della ricerca devono trovare una ricaduta operativa in un progetto di architettura, che tenga assieme, verificandoli alle varie scale, le questioni e gli assunti, fra cui è centrale quello della costruzione. La riflessione e l’analisi di progetti di riferimento non si è comunque fermata, dato che durante il processo progettuale continui spunti sono stati cercati proprio attingendo all’esperienza progettuale dei Maestri (in particolare del Movimento Moderno), verificando per analogia le soluzioni riferibili al tema della ricerca. Ma centrale è stato il progetto, mirante a definire due scale di intervento. Il lavorare sugli inter-
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ni domestici in presenza di dimensioni minime non ha significato dunque chiudersi nel lavoro preciso, dettagliato e raffinato alla piccola scala dell’interior design, ma ha spinto verso un progetto che da quella scala di riferimento ha guardato alla costruzione di architetture e pezzi di architetture che possano avere un orizzonte più ampio: quello della costruzione di edifici o sistemi di edifici alla scala della città, del territorio, del paesaggio. Oltre all’elaborazione del progetto, il percorso di ricerca ha trovato in alcuni momenti una stretta relazione e un travaso di soluzioni e sperimentazioni attraverso una serie di esperienze didattiche e di ricerca, in cui è stato sviscerato il tema partendo dai medesimi assunti, producendo, nel caso dei laboratori progettuali, una serie di progetti: - i laboratori di progettazione presso l’Università Iuav di Venezia, tenuti dal Referente per la ricerca, che hanno trattato la costruzione di interni domestici e l’architettura palafitticola in ambito lagunare; - il workshop internazionale Iuav-MSA organizzato in collaborazione con la Münster School of Architecture, tenutosi presso l’Università Iuav di Venezia e la MSA a Münster durante l’inverno 2011; - la partecipazione all’Unità di ricerca dell’Università Iuav di Venezia nell’ambito del PRIN 2009, finanziato dal Ministero dell’Istruzione e dell’Università, dal titolo Abitare sociale e collettivo: qualità, forma, tecnica costruttiva. Tipi architettonici e prototipi costruttivi. La tecnologia del legno, che affronta la progettazione di sistemi aggregati delle cellule abitative, secondo le due configurazioni tipologiche dell’edificio multipiano e dell’edificio in linea; - la partecipazione come relatore a convegni e seminari sui temi trattati. Metodologie operative e fasi della ricerca Il lavoro di ricerca, come anticipato, è stato organizzato in due semestri: nel primo semestre esso ha avuto fondamentalmente un taglio teorico, con ricerche d’archivio, bibliografiche e documentali inerenti ai due temi suddetti. Gli aspetti più legati alla costruzione degli interni domestici sono stati affrontati su un doppio filone di ricerca. In termini generali, individuando analiticamente un filone culturale lungo quella linea rossa che tiene assieme l’esperienza funzionalista poi espressa dal CIAM del 1929, le riflessioni sulla “casa dell’uomo” nell’opera di Le Corbusier, la ricerca sull’abitazione operata dagli architetti italiani fra fine anni Trenta e inizio anni Cinquanta; nello specifico estrapolando – con una scelta di campo e di tendenza linguistica che ha visto il plan libre lecorbuseriano contrapporsi al raumplan loosiano – alcuni esempi significativi ed emblematici che racchiudono in maniera eloquente le tematiche oggetto dello studio. Gli aspetti legati alle questioni tecniche costruttive del legno sono state affrontate partendo dalla comprensione del ruolo e del significato che il legno ha rivestito e riveste tuttora nella cultura dell’abitare; l’approfondimento ha poi riguardato questo materiale privilegiando le sue declinazioni contemporanee in ambito prettamente domestico, con la tecnica costruttiva a setti portanti platform frame, a telaio o a pannelli monolitici x-lam.
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Nel secondo semestre la ricerca progettuale si è svolta nelle seguenti fasi: 1. è stato effettuato uno studio di progetti di edifici realizzati e non, anche in particolari ambiti territoriali di area veneta, soprattutto lagunari e di terraferma; particolare attenzione è stata posta all’opera di Le Corbusier, ovvero a quei progetti in cui cellule residenziali (anche di dimensioni minime e dimensionalmente riconducibili agli assunti del progetto di ricerca) vanno a costruire grandi edifici collettivi: l’Unité d’Habitation, il progetto A per il Plan Obus per Algeri, il complesso Roq et Rob, gli insediamenti residenziali per Saint Baume; 2. è stata individuata l’area progetto in ambito lagunare su cui il tipo architettonico elaborato potrà trovare collocazione; dopo un sopralluogo sul posto, l’area progetto considerata è collocata all’interno della laguna nord veneziana, nella zona compresa fra l’isola di Burano, l’isola di Torcello e l’isola di Santa Cristina; 3. sono stati elaborati degli schemi architettonici alla scala del grande edificio e a quella architettonica dell’alloggio, che hanno posto la questione della relazione fra edificio e contesto (urbano, ambientale, paesaggistico), la questione della composizione dei vari elementi che costituiscono l’edificio (il sistema costruttivo a telaio e il sistema a setti portanti in legno), la questione dell’aggregazione dei tipi di alloggio elaborati; 4. sono stati elaborati una serie di progetti per un edificio collettivo su palafitte, e di alcuni tipi di alloggio che lo compongono, fino alla scala esecutiva; alcune componenti del progetto sono state verificate grazie al rapporto di consulenza con l’azienda partner coinvolta nella ricerca. Come già anticipato, la conduzione della ricerca sul progetto architettonico ha avuto fecondi occasioni di verifica e sperimentazione nei laboratori di progettazione presso lo Iuav e nel workshop internazionale in collaborazione con la Münster School of Architecture.
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Il muro di ieri, di oggi, di domani. Da “Domus”, n. 5, 1928 (disegno P.M. Martinelli)
F. Albini e altri, VI Triennale di Milano, “Mostra dell’Abitazione”, 1936. Tipo di alloggio per quattro persone
La costruzione di interni domestici minimi con la tecnologia del legno Gli esiti della ricerca sono riassumibili nei seguenti punti: - interni domestici e costruzione in legno: aspetti culturali e ricerche in atto; - prove progettuali e sperimentazioni didattiche; - divulgazione scientifica e ricadute operative della ricerca; - pubblicazioni. Interni domestici e costruzione in legno: aspetti culturali e ricerche in atto La ricerca sull’abitare “minimo”: Le Corbusier, il CIAM del 1929 sull’Existenzminimum e l’architettura degli interni domestici fra le due guerre in Italia Nel numero 5 del 1928 di “Domus”, rivista diretta da Gio Ponti, che si occupava di proporre modelli abitativi innovativi, legati sì alle esperienze internazionali, ma che individuassero una “via italiana” delle declinazioni dell’abitare (si pensi al dibattito sulla “casa all’italiana” che su quelle pagine Ponti sosteneva), vengono pubblicati tre disegni, tre diagrammi che rappresentano in pianta tre tipi di muro: il “muro di ieri”, ovvero una parete molto spessa, probabilmente strutturale, alle cui estremità, in corrispondenza con l’incrocio delle altre due pareti che individuano una stanza, sono ricavate delle nicchie, che scavano il muro e sono chiudibili con porte; il “muro di oggi”, una parete più sottile, svincolata dunque da funzioni statiche (anche grazie alle innovazioni introdotte dai sistemi strutturali a telaio in cemento armato), sulle cui facce, riferite ai due ambienti che la parete definisce, sono appoggiate delle armadiature; e infine il “muro di domani”, ovvero una parete attrezzata, che contiene al suo interno una serie di piccoli vani, più o meno ampi, con le relative porte. Questi diagrammi raccontano dunque di una evoluzione del modo di attrezzare la casa verso una prospettiva futura che in realtà, nel suo esito ultimo, il “muro di domani” appunto, si configura come una trasfigurazione o, meglio, una attualizzazione di quello che era il “muro di ieri”, ovvero la parete che assolveva anche la funzione di “contenitore” di alcuni oggetti o funzioni dell’abitare (l’armadio, la dispensa, la libreria ecc...). Ma questi schemi descrivono anche il tentativo, che in quegli anni si stava facendo, di definire un nuovo modo dell’abitare domestico, in cui la qualità della casa viene raggiunta anche dall’integrazione e interdipendenza precisa dell’arredo e dello spazio architettonico. L’obiettivo, per gli architetti di quel periodo, è una “casa ideale, il tipo di abitazione (...) che vedrà l’abolizione di tutti i mobili tradizionali”, come scrive Giancarlo Palanti nel libro Mobili tipici moderni del 1933, una vera e propria “casa senza mobili”, che nelle parole di Giuseppe Pagano del 1936, viene costruita “tenendo presente che scaffali e armadi sono destinati a scomparire come elementi ‘mobili’ per diventare parte integrante dell’abitazione diventando anzi spesso pareti divisorie fra i diversi ambienti”1, nel dominio del rigore delle forme, della geometria, della “logica posizionale”, dell’igiene, dell’economia. Parole queste che hanno un netto rimando a quelle di Adolf Loos,
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contenute nel saggio “L’eliminazione dei mobili” del 1924, quando dice: “Che cosa deve fare l’architetto moderno? Deve costruire delle case nelle quali tutti quei mobili che non si possono muovere scompaiano nelle pareti”2 . Ed è proprio nella sperimentazione nel campo dell’allestimento degli interni domestici che in Italia, alla fine degli anni Venti, gli architetti trovano spazio; in particolare nell’area milanese, dove le occasioni per la pratica architettonica e urbanistica è bloccata dalla presenza di professionisti che non lasciano spazio alle nuove generazioni legate al Razionalismo, c’è la possibilità di operare nel campo dell’allestimento e dell’arredamento. L’esistenza di manifestazioni culturali come le Triennali di Milano consentono questa via, favorita anche dallo stesso territorio lombardo, in cui la produzione di mobili (si pensi all’area della Brianza) e le Scuole di arti e mestieri hanno una forte presenza ed influenza. Lo stesso ambito dell’allestimento di mostre ed esposizioni deve essere messo in relazione con il lavoro sugli interni domestici praticato dagli architetti italiani di quel periodo: esso spinge a trovare soluzioni anche alla piccola scala, quella del dettaglio, verso soluzioni innovative sia dal punto di vista tecnico, sia da quello legato all’uso dei materiali; spinge verso la riflessione progettuale sul movimento, sulla sosta, sulla visione all’interno di uno spazio; spinge verso l‘approfondimento del tema della luce, materiale incorporeo e impalpabile che tuttavia costruisce ed esalta lo spazio. In tal senso si pensi per esempio alle opere di Franco Albini, nelle quali spesso è evidente il fecondo travaso tra le soluzioni sperimentate nelle mostre e quelle messe in opera nelle residenze che arreda (l’utilizzo di elementi sospesi su tubi in acciaio, la presenza di riproduzioni fotografiche di arte antica, la costruzione di dispositivi che mettono in scena o in mostra, per così dire, certi momenti dell’abitare), a testimonianza di una concezione unitaria dell’architettura di interni. Nella VI Triennale di Milano del 1936, nella sezione dal titolo “Mostra dell’abitazione”, il gruppo costituito da Albini, Gardella e Camus propone il prototipo per un alloggio ad un locale e per un alloggio per quattro persone. Le piante degli alloggi sono costruite su un modulo di 66 cm, sul quale sono dimensionati anche gli arredi, fissi e mobili; i progetti propongono soluzioni spaziali aperte, con l’eliminazione delle pareti fisse, sostituite da armadi, pareti attrezzate, mobili a doppio uso e trasformabili, il tutto realizzato in acciaio, legno, linoleum, masonite, vetro temprato (il Securit che in quegli anni veniva messo in produzione), gres ceramico, gommapiuma Pirelli per letti e poltrone, con una attenzione dunque per i materiali tradizionali e innovativi, usati al meglio nelle loro potenzialità prestazionali ed espressive. Nella sezione “Mostra dell’arredamento” della stessa VI Triennale, Albini propone un “Stanza per un uomo”, un ambiente organizzato anch’esso sulla maglia di 66 cm, concepito come unitario ma articolato e attrezzato per rispondere alle esigenze della vita: un piccolo ambito con tre sedute è separato tramite una bassa scaffalatura dalla zona notte dove il letto è sollevato su un telaio esile di metallo, sotto cui trova sede un vogatore; un sistema di tende racchiude il servizio igienico, mentre un lavandino si erge come un object trouvé lecorbuseriano (si pensi a quello di Villa Savoye) di servizio alle attrezzature della palestra agganciate alla parete di fondo rivestita
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in pietra. Pochi oggetti ed elementi attrezzati delimitano le zone del vivere domestico, non più pareti chiuse: lo spazio minimo si amplifica, fluido e trasparente. Un’altra stanza, di interesse per la ricerca, è quella che, sempre nella VI Triennale, i BBPR allestiscono per una coppia. La stanza, di circa 8x8 m, si articola in tre ambiti funzionali: un lato dell’ambiente si configura come una parete attrezzata, chiusa da ante scorrevoli di cristallo opalino, sorta di nicchia scavata nel muro che contiene i sanitari; un’altra fascia, perpendicolare a tale parete, contiene gli strumenti ginnici, una panca, un vogatore; il terzo spazio, separato da una tenda, è la camera da letto vera e propria, definita dalla presenza di tre oggetti, ovvero un’amaca, il letto e un armadio in legno. Questo nucleo, calato dentro un telaio in acciaio, sorta di reductio ad unum di una serie di componenti funzionali, contiene la toeletta ribaltabile, la specchiera e gli spazi per vestiti e biancheria, con scomparti e cassetti, e diviene elemento separatore fra il letto e la parete che contiene il pacchetto del bagno. Il sistema bagno-palestra, come elemento di snodo o filtro fra zona notte e zona giorno, è un tema ricorrente, presente come visto sia nelle proposte di Albini che in quella dei BBPR: lo stesso Giuseppe Pagano elaborò un progetto sul tema, pubblicato in “Domus” nel 1934, in cui gli strumenti ginnici (una scala, il pallone per il pugilato, il tappeto da corsa) si inseriscono in un ambiente precisamente calibrato e definito nelle sue caratteristiche cromatiche e materiali: il tappeto di sughero, il pavimento in marmo nero, le pareti dipinte di verde, i cuscini in marocchino rosso. Ancora alla Triennale del 1936 è interessante analizzare la proposta per la cucina di un alloggio per tre persone, presentata dalle Scuole dell’Umanitaria, in cui sono disegnati e studiati i vari elementi funzionali e apparecchiature in sé, ma anche la loro composizione e distribuzione secondo i gesti e le modalità del lavoro in cucina, nell’ottica dell’utilizzo razionale degli spazi, ricorrendo ancora alla parete attrezzata polifunzionale, con ante scorrevoli, cassetti e scomparti a ribalta, in un disegno pulito e lineare, con forme semplici e realizzato con materiali economici. Come è evidente, questa proposta viene elaborata sulla scia di quegli studi sull’Existenzminimum che trovarono esito nella famosa “cucina di Francoforte”, elaborata da Margarete Schütte-Lihotzky nel 1927. Ed è altrettanto evidente che proprio alle riflessioni e alle proposte che provenivano dal nord Europa si possono riferire gli esiti dell’esperienza italiana che in sintesi abbiamo qui riproposto, fra i molti che sono stati presi in considerazione nel corso della ricerca. Uno studio sugli interni minimi non può infatti prescindere dall’esperienza progettuale e realizzativa che fu sistematicamente raccolta nel 1929 nell’ambito del II CIAM di Francoforte, intitolato l’Abitazione per il livello minimo di esistenza (Existenzminimum). I progetti presentati in quell’evento ponevano come centrale l’organizzazione degli spazi domestici nella maniera più razionale e logica, nel recupero degli spazi senza alcuno spreco, in una attenta disamina delle questioni dimensionali e distributive. Ma non si trattava di un mero esercizio razionale sul progetto: certamente perseguire la “giusta dimensione” rispetto alle minime esigenze riferite alla vita dell’uomo nel rifugio domestico era
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F. Albini e altri, VI Triennale di Milano, “Mostra dell’Abitazione”, 1936. Stanza per un uomo
G. Pagano, progetto di stanza da bagno e da ginnastica, da “Domus”, n. 84, 1934
BBPR, VI Triennale di Milano, “Mostra dell’Abitazione”, 1936. Parte notturna di un’abitazione: 1. attrezzi ginnastica 2. lavabo 3. bagno 4. doccia 5. vogatore 6. panca 7. sgabello 8. armadio 9. letto 10. amaca (disegno P.M.Martinelli)
oggetto di raffinate riflessioni progettuali. Quello che possiamo vedere emergere è anche l’attenzione per le questioni psicologiche, quelle legate alla ricerca del miglior modo di vivere in un alloggio, quindi alla qualità spaziale e alla qualità dell’abitare. Anche se il parametro primo era il letto, nel concepimento e nell’esplicazione dei progetti legati a quell’esperienza, e anche se la messa in mostra proposta a Francoforte era scientificamente uniformata, anche graficamente, alla rappresentazione in pianta, ciò che si rileva in filigrana, ma anche in maniera dichiarata, è l’attenzione per questi aspetti più difficilmente misurabili, ma assolutamente centrali, come si evince nelle parole di Ernst May, in una delle relazioni del congresso: l’unità di misura per “la valutazione sia del problema generale che delle sue singole parti” dovrà tenere conto delle condizioni biologiche e sociologiche, che terranno lontani i progettisti dalla “sterile teoria” per arrivare a costruire alloggi “fatti in modo di soddisfare le esigenze materiali e spirituali dei loro abitanti”. Aspetti materiali e spirituali dunque, quelli del vivere dentro il rifugio protetto della casa, luogo dove “stare bene”, pur in presenza di dimensioni minime; non più dunque un’architettura della facciata, ma una architettura di interni: sempre citando May, “nel costruire abitazioni, non devono essere assolutamente considerati come compiti principali l’aspetto esterno dell’edificio e l’articolazione della facciata”3 , ma la costruzione delle singole unità, in un insieme che diventa poi, nell’aggregazione, città. Come scrive Adolf Behne a proposito di quegli anni, “al centro del lavoro non era più la bella interessante facciata esterna, ma invece la solida struttura. L’interesse per la rappresentazione prospettica venne sostituito da quello per la sezione trasversale della costruzione”4 . Ed è interessante verificare come questo aspetto della progettazione dell’interno domestico sia fortemente considerato da Alexander Klein, che formalizzò nei suoi noti schemi planimetrici la giusta dimensione dell’alloggio, in relazione al numero di abitanti e in relazione alla distribuzione di spazi e percorsi. Oltre alle piante diagrammatiche, egli in parallelo presentava le facciate interne degli alloggi, sezioni non costruttive, in realtà, ma prospetti che, parallelamente alla pianta, cercavano di rappresentare la qualità spaziale dell’alloggio, tenendo conto che, più che le facciate esterne, sono quelle interne che quotidianamente fanno parte del nostro vissuto, attraverso la loro configurazione, articolazione, la presenza di dispositivi domestici che le arricchiscono e le sagomano, ma anche e soprattutto attraverso le aperture, che portano luce e aria nella casa, oltre che definire la relazione fra interno privato e esterno pubblico. È dunque evidente che l’esperienza funzionalista, come ha notato Carlo Aymonino, ha codificato una tipologia residenziale, e allo stesso tempo (anche in relazione a tali nuove forme dell’abitare) ha lavorato sulla “messa a punto di parti-tipo degli organismi edilizi (scala, ufficio, bagno-cucina, stanza, aula, ecc...) che potevano tornare ad essere strumenti di una più vasta composizione architettonica”5 . Sono quei “pezzi” che ritroviamo poi raccolti in una serie di testi che vengono pubblicati fra la fine degli anni Trenta e la metà degli anni Quaranta, a cura spesso degli stessi architetti che sul campo sperimentavano in quegli anni. Si tratta dell’Enciclopedia pratica per progettare e co-
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struire di Neufert, del 1936 e pubblicato in Italia nel 1949, il Manuale dell’architetto, pubblicato nel 1946 dal CNR a cura di Mario Ridolfi, fino al monumentale Il problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione di Diotallevi e Marescotti del 1948, e, per restare in ambito italiano, fino all’Architettura pratica di Pasquale Carbonara del 1954. La misura umana e la elaborazione di uno standard sono fondale più o meno presente per tutti i testi, che tuttavia si differenziano notevolmente, come notato da vari studiosi: nel caso del Manuale di Ridolfi si riflette con forza l’esaltazione del mestiere, dell’esperienza, della manualità, nella cura dei dettagli, mentre nel manuale di Diotallevi e Marescotti “è il carattere sociale dell’architettura che ne determina e definisce la ‘popolarità’, che impone la produzione di massa, che richiede una riforma pianificata a partire dalle esigenze della gente, che privilegia la definizione di tipologie più che lo studio di generi”6 . E in effetti Diotallevi e Marescotti raccolgono, nei primi volumi dellopera, le varie componenti della residenza, con ridisegni che esplicano misure e composizione delle attrezzature, degli elementi, delle parti, dei vani, sempre con il relativo corredo di esempi concreti realizzati o di progetti tratti dalla loro contemporaneità: la cucina, i servizi igienici, il gruppo servizi che tiene assieme razionalmente il blocco della cucina e quello del WC, il soggiorno e i suoi “elementi costitutivi” (soggiorno, pranzo, studio), le camere da letto. Elementi, parti, vani che poi vanno composti secondo “organizzazione e metodo”, in modo da “ridurre al minimo lo sviluppo e la sovrapposizione dei percorsi” (con le parole degli stessi Diotallevi e Marescotti) e secondo una razionale disposizione delle attrezzature e dispositivi (per canalizzazioni, scarichi ecc..), nell’esatto funzionamento della macchina per abitare costruita sulle proporzioni e misure (verso lo standard) dell’uomo. Inevitabile non aver guardato a Le Corbusier, dunque. Le pagine del Manuale dell’architetto di Ridolfi, nella sezione “Arredamenti. Misure e dati riguardanti l’uomo” riportano le varie posizioni e relative misure (richiamando la sezione aurea) di un corpo umano, nelle più diffuse attività della vita, in chiara analogia con gli schemi riguardanti il corpo e le sue misure che Le Corbusier elaborava in quegli stessi anni per il suo Modulor. Ma non è più il corpo statico dell’uomo vitruviano inscritto nel quadrato e nel cerchio, o quello di Francesco di Giorgio sovrapposto alla pianta di una chiesa, o quello definito e misurato in tutte le sue parti da Dürer, bensì quello che si muove e costruisce lo spazio, quello che assume le posizioni della vita calcolate in quella nota sequenza lecorbuseriana, l’uomo che si siede, si piega, si appoggia a un parapetto, sta sdraiato, che alza la mano a 2,26 metri non “per fare un giuramento – come afferma Giedion – ma per mostrare lo spazio, lo spazio di cui ha bisogno sopra la testa per muoversi liberamente”7. L’architettura lecorbuseriana si forma attorno a questo corpo come “misura del mondo”, per ritrovare, in un mondo caotico e sgraziato, un’armonia fatta di matematiche “relazioni perfette”. E fin da sempre Le Corbusier, anche prima del Modulor, misura e organizza gli spazi incentrandoli sull’appropriato dimensionamento delle sue componenti relative all’attrezzatura della casa. Nel saggio “L’avventura dei mobili”, pubblicato nel 1930 (ma risalente al suo viaggio in Sud America del
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I. Diotallevi, F. Marescotti, composizione di servizi e un esempio di camera da letto Pubblicità tratte da “Domus”, n. 105, 1936 e da “Domus”, n. 77, 1934
1929) in Precisazioni sullo stato attuale dell’architettura e dell’urbanistica, Le Corbusier affronta la questione della scala domestica delle attrezzature di servizio della casa, auspicandosi che l’antico mobilio venga sostituito da moderni dispositivi che consentano di liberare lo spazio, per circolare, per consentire “movimenti rapidi e precisi”: sono i cosiddetti casiers, mobili a forma di “casellario” appunto, che andranno “proporzionati alle nostre membra, adatti ai nostri gesti. Essi cioè hanno una scala comune. Obbediscono ad un modulo. Se studio il problema (...) trovo una misura comune. Trovo il mobile che contiene bene tutti questi oggetti”8 . E l’intera opera del Maestro svizzero è colma di tali dispositivi: dalle nicchie scavate nelle murature, ai blocchi servizi che accorpano funzioni diversificate (guardaroba-bagno, bagno-cucina, caminetto-cucina) e diventano elementi di snodo fra gli ambienti, sostituendo le pareti chiuse nell’ottica di preservare la fluidità dello spazio della pianta libera; dalle pareti scorrevoli e porte-armadiature che trasformano in totale flessibilità, in alcuni progetti, la zona giorno in zona notte, alla doppia funzione di altri elementi, come i parapetti che diventano basse librerie o scrivanie attrezzate. Fino ad arrivare al cabanon che Le Corbusier costruì per sé all’inizio degli anni Cinquanta, vera e propria “capanna primitiva” in legno, archetipo dell’abitare domestico: è costituito da una sola stanza di circa 14 mq, nella quale tutte le funzioni ed esigenze minime dell’abitare trovano giusta misura e disposizione, in cui il legno è materiale costruttivo e di finitura in una perfetta integrazione fra le pareti, lo spazio e i dispositivi e le attrezzature della casa. Non più mobili dunque: “La nozione di mobilio è scomparsa. È stata sostituita da un vocabolo nuovo: attrezzatura domestica”9 .
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Le Corbusier, Immeuble Molitor in rue Nungesser et Coli, Parigi 1931-34. La porta-armadio che suddivide gli ambienti dell’appartamento di L-C (foto P.M. Martinelli)
In alto: Le Corbusier, casa Curutchet, La Plata 1949. Il sistema guardaroba-bagno si raddoppia in due nuclei che organizzano la suddivisione in camere della zona notte (disegno P.M. Martinelli) A sinistra: Le Corbusier, il cabanon, Roquebrun 1952
M.A. Laugier, la personificazione dell’architettura e la capanna primitiva, 1753
Il legno e la costruzione della “casa dell’uomo” “L’uomo vuol farsi un alloggio che lo copra senza seppellirlo. Alcuni rami tagliati nel bosco sono i materiali adatti al suo disegno. Egli ne sceglie quattro dei più forti, e li rizza perpendicolarmente, disponendoli in quadrato. Sopra, ne dispone altri quattro di traverso; e su questi altri inclinati a spiovente, che si riuniscono a punta nel mezzo. (…) La piccola capanna rustica che così ho descritto è il modello in base al quale sono state immaginate tutte le magnificenze dell’Architettura”10. Con queste parole Laugier nel suo Saggio sull’architettura del 1753 descrive il mito della nascita dell’architettura, riferita alla capanna primitiva, rifacendosi ad una tradizione che deriva dal De Architectura di Vitruvio. In queste parole emergono le ragioni fondative del fare architettura, ovvero il riparo e la sicurezza, ma anche, e soprattutto per certi versi, si pone la diretta relazione con la costruzione e con il materiale costruttivo, il legno appunto, che, usato nelle modalità che garantiscano la sua migliore efficienza, si esprime in una serie di limpide figure architettoniche che anche Mies van der Rohe (che mai usò il legno nelle sue architetture più rappresentative) considerava esemplari: “Dove appare con maggiore chiarezza l’intelaiatura strutturale di un edificio, se non negli edifici di legno dei nostri antenati? E dove si trova un’uguale unità di materiale, costruzione e forma?”12 . L’architettura nasce con le esigenze della dimora, della casa, del rifugio; il legno si configura come materiale primigenio della costruzione della casa e dunque, materiale costruttivo fondativo e archetipico dell’architettura: del resto anche la pietra dei templi greci non è altro che la trasposizione, in pietra, di elementi e modalità costruttive dell’architettura del legno, perché, come leggiamo nelle parole dello stesso Vitruvio, “quando dalla costruzione in legno si passò all’edificar templi in pietra e di marmo, gli artisti si sentivano in necessità di imitare nella pietra scolpita i particolari già acquisiti dal legno, e decisero di continuare le antiche invenzioni”. È in tal senso interessante una miniatura tratta dal Libro d’Ore del Maestro di Bedford, risalente al 1423: rappresenta la costruzione dell’arca di Noè, che tuttavia assume la configurazione di una grande casa intelaiata in legno, sulla quale sono affaccendate le maestranze che ne predispongono e ne montano le componenti, sotto la direzione del capomastro (forse Noè?). Ecco dunque che un altro archetipo, quello della nave salvatrice del mondo, viene ricondotta al rifugio della casa, realizzata interamente in legno. Ma anche la nascita e la costruzione della cattedrale gotica viene interpretata nel XVIII secolo da sir James Hall come legata alla costruzione lignea: la spinta verso l’altro, la flessibilità ed esilità degli elementi, spesso compositi come tronchi vicini, la stessa trasparenza alla luce, rimandano all’immagine del bosco, così come leggiamo nelle parole di Hegel: “Se si penetra all’interno di una cattedrale medievale si porrà mente non tanto alla solidità e alla meccanica funzionalità dei pilastri portanti e della volta che vi si posa, quanto alle immagini delle arcate di un bosco, in cui file di alberi inclinano i loro rami gli uni verso gli altri congiungendoli”13 . Il legno è dunque, in diverse declinazioni tettoniche, alla base della costruzione dell’uomo: limi-
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Raffigurazione dell’arca di Noè come casa in legno. Dal Libro d’Ore del Maestro di Bedford, 1423
Vitruvio, la costruzione delle capanne primitive in legno
A. Choisy, l’origine lignea dell’ordine dorico, 1899
J. Hall, l’origine lignea della cattedrale gotica, 1797
tandoci all’ambito europeo, in Scandinavia, in certe regioni della Russia e dell’Europa centroorientale, nel tardo Medio Evo si sviluppa il sistema block-bau, ovvero la costruzione in tronchi pieni disposti orizzontalmente a costituire muri massicci su cui insiste il sistema della copertura; riconosciamo il sistema trilitico dell’archetipo costruttivo in legno, trascritto come mito nella parole di Laugier, evoluto e trasfigurato nella raffinatezza del sistema fachwerk del nord Europa, in cui il telaio ligneo strutturale rimane sempre leggibile rispetto alle partizioni murarie solo di tamponamento; fino all’architettura dei cottage americani del XVII secolo, dove la cultura della costruzione in legno viene impiantata dai coloni europei, trovando linfa vitale grazie alla ricchezza di materia prima. Proprio dal Nord America, muovendo dal sistema a montanti e travi, arrivano le tecnologie del balloon frame e del platform frame, fino alla recente sviluppo dell’ x-lam. La tecnica costruttiva a montanti e travi risale al XVII secolo, e prevedeva dei robusti montanti angolari a tutta altezza, su cui erano agganciate le travi che sostenevano i solai. Lungo le pareti un sistema secondario di montanti più sottili completava la struttura. Il sistema balloon frame fu applicato per la prima volta nel 1833 a Chicago, nella costruzione della chiesa di Saint Mary, e si sviluppò poi nel corso del XIX secolo, a seguito dell’avvento della produzione industriale di chiodi ed elementi di connessione metallici, e al potenziamento delle prestazioni delle segherie (grazie al passaggio dalle segheria ad acqua a quelle a vapore), oltre che per la sua facilità costruttiva. Tale sistema utilizza dei montanti in legno di dimensioni molto ridotte che corrono a tutta altezza per due piani, dalle fondazioni alla copertura. I solai vengono appesi alla struttura perimetrale, irrigidendola, così come la stessa funzione stabilizzante è svolta dai pannelli di rivestimento, sempre in legno, della struttura a graticcio. La tecnica costruttiva del platform frame prese piede negli Stati Uniti intorno agli anni Trenta come evoluzione del balloon frame, ed è stata perfezionata fino ad essere uno dei sistemi costruttivi a pannelli per eccellenza: esso prevede la realizzazione piano per piano del fabbricato, con l’utilizzo di solai e pareti portanti, queste ultime alte solo un piano e quindi estremamente maneggevoli soprattutto nella fase del cantiere; tali pannelli sono costituiti da un telaio di listelli in legno con frapposto il materiale coibente e con le facce chiuse da pannelli OSB; i vari elementi vanno poi completati con ulteriori stratificazioni di materiale coibente e con i materiali di finitura. Negli ultimi anni un’altra tecnica ha preso piede, quella del cross-lam (x-lam), per la quale i pannelli costruttivi (pareti e solai) sono realizzati incollando fra loro, a pressione, strati sovrapposti e a disposizione incrociata di sottili tavole di legno. Si realizzano così elementi piani monolitici e omogenei massicci, collegati da semplici connessioni, dalle prestazioni meccaniche molto elevate, soprattutto per quanto riguarda una delle tematiche che sono da sempre legate ad un “limite” della tettonica lignea, quello della costruzione in altezza: l’x-lam ha in questi ultimi anni consentito la realizzazione di edifici alti fino a nove piani, come la torre realizzata a Londra da Waugh Thisleton Architects. Rispetto all’uso delle tecnica costruttiva in legno, i punti salienti che divengono centrali nel
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I tre sistemi costruttivi in legno di origine nordamericana: a montanti e travi, balloon frame, platform frame (disegno A.Stievanin) Il tema dell’attacco a terra delle costruzioni in legno: la muratura isola il ballon frame da terra (immagine tratta da un manuale ottocentesco); lo stacco avviene sollevando la struttura con un sistema palafitticolo (residenze in costruzione in Australia nel 1911)
momento dell’elaborazione del progetto architettonico, sono i seguenti: - il legno si può considerare come il primo materiale della costruzione; è un materiale “tradizionale”, che consente tuttavia sue riletture in chiave contemporanea ed innovativa, superando il preconcetto che lo lega all’immagine dell’architettura della baita e dello chalet, dell’edificio provvisorio, dell’architettura vernacolare; - il legno va considerato come un materiale da costruzione che non necessariamente va denunciato e messo in luce: se impiegato con rivestimenti e strati protettivi se ne aumentano le prestazioni nel tempo, con un risparmio sui costi di manutenzione; inoltre esso ha le medesime potenzialità espressive, rispetto alla composizione architettonica, di altri materiali costruttivi; - il legno è materiale costruttivo, ma anche materiale di finitura: la progettazione può integrare le funzioni tecnico-strutturali con quelle delle qualità spaziali dell’abitare, che si possono ottenere con lo studio di attrezzature e di arredi in legno integrati nelle componenti della residenza (pareti attrezzate, nuclei funzionali-distributivi, nicchie ecc..); - il legno ha un ottimo rendimento energetico con conseguente risparmio (minimizzazione delle perdite energetiche dell’involucro, massimizzazione dei rendimenti impiantistici, ottimizzazione dei guadagni solari ed interni all’involucro); - il legno, contrariamente a quanto si possa pensare, ha una notevole resistenza al fuoco (velocità di penetrazione della zona combusta: 0,7-1,1 mm/min) e ottime prestazioni sismiche; - il legno è materiale non inquinante in fase di produzione e smaltimento (ecocompatibilità ambientale); - la tecnologia costruttiva in legno a pannelli portanti (platform frame e x-lam) pone come centrale il momento del progetto, nella pre-definizione precisa di ogni elemento e ogni componente architettonica, tecnica, impiantistica; - con queste tecnologie costruttive le fasi della realizzazione in stabilimento delle parti, della costruzione e del montaggio a secco portano a una semplificazione del cantiere e una notevole velocità costruttiva.
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Tradizione e innovazione nella costruzione in legno: in alto la torre di nove piani realizzata in pannelli in x-lam a Londra nel 2009, Waugh Thisleton Architects; in basso, la ricostruzione e ridisegno di un cottage di un villaggio di pionieri (Salem, Massachussetts 1630)
Dispositivi architettonici e compositivi che costruiscono l’interno domestico
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Prove progettuali e sperimentazioni didattiche Sulla scorta della disamina di esperienze architettoniche che hanno affrontato il tema degli interni domestici minimi, anche attraverso l’analisi di alcuni progetti emblematici ad esse riferite, e dopo aver affrontato le questioni tecniche relative alla conoscenza dello stato dell’arte rispetto alle tecniche costruttive in legno, limitate tuttavia all’ambito della costruzione architettonica prettamente residenziale (non affrontando dunque le questioni delle grandi coperture, della grandi strutture per edifici polifunzionali ecc...), la sperimentazione progettuale, avviata nel primo semestre e divenuta centrale nel secondo semestre, è stata condotta in due momenti: - individuazione di alcuni elementi e dispositivi architettonici riconducibili alle esperienze analizzate a proposito della costruzione di interni domestici in presenza di dimensioni minime dell’alloggio; - elaborazione di una serie di progetti architettonici sul tema residenziale utilizzando il sistema costruttivo a pannelli portanti in legno. Dispositivi architettonici e sistemi compositivi nel progetto di interni domestici minimi La ricerca ha individuato alcuni elementi e dispositivi, da utilizzare come strumenti da utilizzare nel progetto, che svincolano dalla esigenza dell’arredo mobile la costruzione dello spazio domestico, nell’integrazione fra architettura e arredamento: - parete attrezzata; - nicchia abitabile; - cabina armadio; - blocchi di servizio polifunzionali: bagno-cabina armadio, blocco bagno-cucina; - corpo scala attrezzato; - parapetto attrezzato. Tali pezzi messi in opera del progetto diventano figure compositive di spiccato valore funzionale, anche considerando il riferimento del progetto di Le Corbusier per casa Curutchet a La Plata nel 1949. Tali particolari dispositivi architettonici si configurano come elementi-funzione in grado di produrre interni riconoscibili di grande valore spaziale, che sono stati sintetizzati e riproposti in tre principali sistemi compositivi: - il sistema del nocciolo centrale inteso come perno attorno al quale si svolge la vita della casa. In questo caso il progetto di interno domestico si configura a partire per esempio dal ruolo della scala di collegamento fra i piani o dalle funzioni di servizio (cucina, bagno) accentrate in un unico vano funzionale centrale che oltre a sostenere l’eventuale piano soppalcato si caratterizza per il percorso circolare; - il sistema delle pareti attrezzate lungo i lati in modo da sviluppare un unico ambito domestico a guscio abitato, che tende a sottolineare, secondo il principio del salone passante, il vuoto centrale della casa come luogo privilegiato della vita domestica. Il tentativo è di creare uno spazio articolato in verticale amplificato dalle potenzialità che la doppia altezza consente;
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- il sistema a spina centrale lineare che individua due distinte parti abitative: un tema progettuale di disvelamento dell’interno e di interfaccia fra i diversi ambiti dell’alloggio secondo il principio compositivo della promenade architecturale. La casa rifugio nella laguna di Venezia La ricerca, nel secondo semestre, si è incentrata sulla progettazione di piccole cellule residenziali, ovvero di alloggi minimi (con una larghezza netta di poco più di 3 metri e una lunghezza di circa 15 metri), inseriti in aggregazione orizzontale dentro un grande edificio a telaio in linea lungo 150 metri, alto due piani su palafitte in legno, collocato all’interno della laguna veneziana. Tali alloggi sono pensati per un abitare non necessariamente stanziale: sono residenze temporanee per pescatori, per turisti, alloggi attrezzati con atelier utilizzabili da artisti, viaggiatori, amanti della natura e del paesaggio. Si è pensato così una struttura simile, per così dire, a quella dei rifugi montani, ma collocati in questo caso in laguna, in luoghi lontani dal centro storico (la laguna nord, fra Torcello e Burano), che quindi possono essere considerati come alloggi non necessariamente dotati delle caratteristiche del comfort abitativo permanente, ma sicuramente ricchi della dignità e della qualità spaziale degna dell’abitare, seppur temporaneo. Per ragionare (con la matita in mano) sulle questioni delle dimensioni minime dell’alloggio, si è scelto, come più su anticipato, di lavorare con vincoli dimensionali molto forti, convinti che tanto più il vincolo è rigido, più la ricerca si fa profonda e il risultato preciso e appropriato, verso la ricchezza dell’espressione verso la ricerca della qualità con pochissimi mezzi e risorse (di dimensioni, materiali, tecnologie ecc...), come si legge nelle parole di Gio Ponti, in Amate l’architettura: “L’Architettura viene tanto più bella quanto più si limitano i mezzi dell’Architetto e tanto meno lo si lascia libero di fare”14 . Il progetto si è sviluppato con l’intento di verificare come l’apparente rigidezza del telaio che contiene gli alloggi, i quali vi si inseriscono alla maniera dell’Unité d’Habitation lecorbuseriana, e il limitato ambito dimensionale degli alloggi possano portare ad una grande flessibilità e ricchezza spaziale, data dalla aggregazione tipologica (i tre tipi di alloggio, più l’elemento eccezionale dell’atelier, come vedremo), dalle modalità distributive e di accesso ai vari “luoghi” dell’edificio di progetto (approdi e pontili pubblici, ingressi privati a quote differenziate), dalla composizione alla scala dell’alloggio minimo degli elementi e delle parti (pareti, solai, scale, dispositivi architettonici...). Si propone in questa sede lo studio e l’elaborazione progettuale di quattro tipi architettonici di alloggio, due dei quali approfonditi alla scala esecutiva: due duplex, un simplex e un atelier che si configura come elemento eccezionale e che altro non è che una citazione trasfigurata dell’atelier di Le Corbusier in Rue de Sevres, 35 a Parigi. Alla scala del grande edificio si propongono tre sue varianti, in cui le modalità aggregative, di accesso e di distribuzione declinano in maniera differente il tema dato.
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Localizzazione I luoghi del progetto sono quelli della grande laguna veneta, costellata di piccole e grandi isole e percorsa dal disegno dei canali che la rendono percorribile: luogo lontano dalla città storica, che diventa dominio delle natura, punteggiata di tanto in tanto di piccoli manufatti di legno, di rive appena attrezzate, di segnali lignei che tracciano i percorsi per le barche. Il progetto si confronta con questi luoghi, luoghi di quell’unità lagunare di cui scriveva Gianugo Polesello: “L’unità lagunare è una grande straordinaria costruzione, è un enorme artifact di scala geografica che assume e coordina nel proprio interno diversi, distinti elementi, mediando lungo una scala che ha come estremi la wilderness e l’artificio totale”15 . Anche dentro questa wilderness alcuni studiosi, in particolare Wladimiro Dorigo, riconobbero la possibilità della presenza dei tracciati del disegno centuriato, artifact a scala territoriale che gli antichi romani adoperavano per la gestione economica e politica delle aree di loro dominio. Assieme alle centuriazioni di Camposampiero (la più riconoscibile a tutt’oggi fra i graticolati romani), di Altino, di Oderzo, egli nel suo studio Venezia origini. Fondamenti, ipotesi, metodi 16 disegnò altre centuriazioni che si spingono fino a Venezia, fino alla laguna più lontana. Assumendo questa ipotesi, l’orditura e soprattutto l’orientamento di tali disegni territoriali sono serviti per la localizzazione dell’edificio/degli edifici, posti secondo l’asse nord-est dei cardi e comunque in stretta relazione col sistema canalizio prossimo all’isola di Burano, l’isola di Torcello e l’isola di Santa Cristina, che consenta l’approccio ai manufatti di progetto. Dimensioni L’edificio residenziale è costituito da un grande telaio ligneo entro cui sono collocate le cellule residenziali, anch’esse in legno, costruite con la tecnologia a setti portanti in x-lam. Il telaio è costituito da una maglia di travi e pilastri in legno, con sezione di cm 30x30, a interassi costanti di m 3,75. La lunghezza dell’intero edificio è di m 150, la sua larghezza di m 15; è costituito di due piani, sempre con interasse strutturale di m 3,75, sollevati dalla quota del livello dell’acqua della laguna di mezzo modulo, quindi m 1,875. Le cellule residenziali sono inserite dentro questo telaio secondo il paradigma compositivostrutturale dell’Unité d’Habitation di Le Corbusier; opportune pause sono riservate agli spazi distributivi verticali e agli accessi dalla laguna. Ogni cellula residenziale è larga (sempre considerando gli interassi strutturali del telaio) m 3,75, e lunga m 15 e si sviluppa su due piani. I tipi 1 e 2 sono di due piani (altezza m 3,75+3,75); il tipo 3 è un simplex con altezza pari a m 3,75. Unica eccezione, fra i tipi alloggiati nel grande telaio, è il tipo 4, non un alloggio ma un grande atelier: anch’esso alto e largo m 3,75, è lungo m 50, ovvero 1/3 dell’intero edificio; anche tale tipo viene inserito, per i 15 metri della sua profondità, nel telaio, dal quale esce, come una sorta di cannocchiale proteso verso la laguna, e sorretto da una serie di triliti posti a m 7,50.
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Il Veneto romano: ricostruzione del sistema delle centuriazioni venete, con l’ipotesi di un disegno a reticolato esteso fino alla laguna secondo l’interpretazione di Wladimiro Dorigo (disegno E. Rutter, A.Angelini) Assumendo le ipotesi del Dorigo la giacitura dell’edificio/degli edifici di progetto segue la direttrice nord-est dei cardi, in relazione col sistema canalizio che disegna la laguna nord fra le isole di S. Cristina, di Torcello, e di Burano
I luoghi del progetto nella laguna nord di Venezia (foto E. Rutter e P.M. Martinelli) Il sistema metropolitano veneziano, morfologico, paesaggistico, insediativo lagunare e di terraferma (disegno A. Dal Fabbro)
L’edificio a telaio, diagrammi strutturali e compositivi. L’edificio di m 15x150 è costituito da un telaio a maglia tridimensionale di m 3,75x3,75x3,75 nel quale vengono riservate libere alcune campate, per gli accessi collettivi. Gli alloggi vengono inseriti all’interno del telaio in analogia con il sistema previsto nell’Unité d’Habitation di Le Corbusier
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Esploso assonometrico e modello di studio: gli elementi costituitivi del progetto, il telaio e i pannelli Diagrammi compositivi/ strutturali/dimensionali relativi alla cellula residenziale
Tipi architettonici Tipo 1 Il tipo 1 è un duplex caratterizzato dalla scelta compositiva di legare a due a due gli alloggi, attraverso l’espediente di organizzare le cucine, affacciate sul versante nord-ovest dove vi sono gli ingressi, ampliandole di circa due metri sulla campata dell’unità residenziale adiacente. Si viene a creare dunque un intreccio fra due duplex vicini (che chiamiamo tipo 1A e 1B), con le due cucine (ampie tanto da consentire anche il pranzo) sovrapposte sui due livelli, e un conseguente ribaltamento, l’uno rispetto all’altro, della distribuzione delle zone notte e giorno. La collocazione sull’affaccio nord-ovest del blocco cucina-pranzo-servizi, inoltre, libera lo spazio per una grande stanza sul versante sud-est, affacciata sulla laguna. Il tipo 1A pertanto ha la cucina (che “invade” dunque parte dell’alloggio attiguo) al primo livello in corrispondenza dell’ingresso, posto su uno dei lati corti; superato il disimpegno di ingresso, pochi gradini consentono l’accorciamento della scala che porta al secondo livello, e portano all’ampio soggiorno che si affaccia su un’apertura completamente vetrata sulla laguna. Al primo piano c’è la zona notte, con una camera da letto matrimoniale con parete attrezzata e il bagno, legati da un percorso che dà sulla doppia altezza sul soggiorno. Il tipo 1B adiacente presenta, come negli altri tipi, l’ingresso attrezzato con nicchie-armadio di servizio e subito l’imbocco della scala (che nel tipo 1A si affaccia invece sul soggiorno) per raggiungere al secondo livello la zona giorno, con la cucina, che ancora recupera spazio alla campata dell’alloggio vicino, un piccolo servizio igienico e il soggiorno-studio. Al primo livello, superato il sistema della scala e del blocco del bagno che fanno da filtro rispetto all’ingresso, la stanza da letto matrimoniale. L’espediente di intrecciare le due cucine-pranzo consente dunque di avere l’ambito della cucina più ampio, e di costruire, dall’ingresso all’affaccio sulla laguna sul lato opposto, un disimpegno articolato in una sequenza di “eventi architettonici” che non lo configura come banale corridoio: l’ingresso, la nicchia attrezzata, l’apertura sulla cucina, i pochi gradini e l’imbocco della scala, aperta da consentire una trasparenza verticale, e infine il soggiorno, costruiscono una sequenza spaziale di dilatazioni orizzontali crescenti, fino all’arrivo al luminoso soggiorno aperto sull’esterno. Del tipo 1 è stata elaborata anche una variante con un’ampia loggia. Tipo 2 Del tipo 2 sono state progettate tre varianti, tutte con accesso al secondo livello, dove oltre all’ingresso, posto sul lato lungo cieco, sono collocati la cucina-pranzo e il soggiorno, mentre la zona notte è posta al primo livello. Nel tipo 2A il primo livello accoglie quindi la camera da letto, il bagno e un ampio studio-atelier, parzialmente a doppia altezza grazie al taglio del solaio che al secondo livello corrisponde al
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soggiorno. L’atelier è dunque illuminato da una vetrata di due piani, consentendo un’adeguata illuminazione per le attività che può accogliere. Il tipo 2 presenta un nucleo centrale costituito dalle attrezzature di cucina, bagno, corpo scale e armadiature; la sua collocazione centrale consente la creazione di due stanze per piano, completamente affacciate all’esterno (come anticipato: cucina e soggiorno al secondo livello, camera da letto e atelier al primo livello). La posizione delle scale con orientamento delle rampe perpendicolare al lato lungo dell’alloggio necessita un accorciamento delle rampe stesse, per cui il primo livello si articola in una serie di piani sfalsati che lo trasformano, per così dire, in un “solaio attrezzato”, anch’esso una sorta di dispositivo architettonico che assolve a funzioni multiple: nella camera da letto il rigonfiamento del solaio infatti consente di contenere “a cassetto” il letto scorrevole, che all’occasione può essere riposto, scomparendo, liberando la stanza per altri utilizzi; oppure, adeguatamente posizionato, trasformarsi in una seduta-divano. Il progetto di tale piano su più livelli, con piccoli scarti o ampi movimenti altimetrici, diventa anche un espediente compositivo per articolare lo spazio minimo dell’alloggio, con dilatazioni e compressioni verticali che amplificano e comprimono lo spazio: sequenze spaziali che vanno dallo schiacciamento dell’approdo al primo livello fino alla spinta verso l’alto dentro l’atelier a doppia altezza, cui corrisponde la totale illuminazione della grande vetrata. Del tipo 2 sono state elaborate alcune varianti. Il tipo 2B presenta la cucina ridotta grazie a un taglio sul solaio, cui corrisponde al primo livello un atelier-studio più piccolo (ma sempre con la doppia altezza) e una camera da letto più grande rispetto al tipo 2A, utilizzabile anche come studio, grazie alla presenza del letto posizionabile sotto il “rigonfiamento” del solaio. Il tipo 2C ha il secondo livello attrezzato come il tipo 2B, e presenta anch’esso il medesimo atelier-studio di dimensioni ridotte; la camera da letto è invece articolata in una serie di gradoni, che accompagnano la scala che “modella” il solaio. Questi gradoni possono eventualmente accogliere dei letti singoli (tatami, materassi, sacchi a pelo, nell’ottica dell’utilizzo della cellula come rifugio in laguna), che, insieme al letto matrimoniale mobile che può essere ricollocato dentro il solaio, aumentano le potenzialità di accoglienza di posti letto di tale cellula. Tipo 3 Scrive Antonio Monestiroli: “La casa può anche essere un’unica stanza, quello che conta è dove questa stanza si affaccia”17. Queste parole possono descrivere perfettamente il tipo 3. Esso è una cellula simplex costituita di un unico grande spazio a cannocchiale, in cui l’unico ambiente chiuso è quello del bagno, collocato sul lato corto dell’ingresso. L’ambito aperto della cucina e del pranzo sono posti su una piattaforma rialzata, che, in analogia con le soluzioni del tipo 2, consente di posizionare il letto matrimoniale a cassetto, con relativa flessibilità dell’utilizzo dell’unica stanza, che può essere soggiorno, camera da letto, studio-atelier.
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Tipo 4-atelier Le Corbusier Il tipo 4 si configura come elemento eccezionale fra i tipi elaborati. Si tratta di una rilettura, adattata alle dimensioni del telaio che lo contiene, dell’atelier di Le Corbusier a Parigi in Rue de Sevres 35, che come è noto era un unico ambiente lunga 50 metri, larga 3,60 metri e alta quasi 4 metri, che conteneva tre piccole stanze (fra cui lo studio privato del Maestro stesso, di m 2,26x2,26x2,26) e lasciava libero il restante spazio per la sequenza dei tavoli da disegno dei collaboratori. L’atelier parigino viene dunque “citato” dentro il progetto, rielaborato adattandolo alle dimensioni date, e inserito, come le cellule, dentro il telaio profondo 15 metri, e poi sostenuto per la quota restante da una serie di triliti posti ad interassi di m 7,50. Rispetto alla matrice lecorbuseriana originale, le testate, qui completamente vetrate, trasformano l’atelier in un vero e proprio cannocchiale rivolto ad ammirare il paesaggio lagunare.
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Stratigrafie di pareti e solai Gli alloggi, come anticipato, sono costruiti con la tecnica costruttiva a setti portanti, in x-lam. Le “scatole” costituite dai pannelli orizzontali (solai) e verticali (pareti) sono inserite e sorrette dal grande telaio. Di seguito le caratteristiche delle varie stratificazioni di pareti e solai, verificate con la consulenza dell’azienda partner. Pareti strutturali di bordo (di separazione fra i vari alloggi) cm 19,2 Pannello in x-lam cm 10,2 Pannello di lana di roccia per condutture impianti, con interposta listellatura cm 8 Rivestimento in perline di legno di larice cm 1 NB: nel caso delle pareti di bordo che, per l’aggregazione prevista, separino l’alloggio dall’esterno, si prevede un cappotto esterno da 8 cm e la barriera al vento Pareti interno-esterno (lati corti) cm 25,7 Rivestimento in perline di larice cm 1 Pannello in x-lam cm 10,2 Pannello in lana di roccia con interposta listellatura (cappotto) cm 6+3 Barriera al vento Intercapedine ventilazione cm 3 Rivestimento in perline a scandola in larice cm 2,5 Tramezze interne cm 10 Rivestimento in perline di larice cm 1 Pannello in x-lam cm 8 Rivestimento in perline di larice cm 1 Solaio primo e secondo livello cm 20 Pannello in x-lam cm 14 Intercapedine impianti cm 4 Pavimento galleggiante in listoni di legno cm 2 Solaio di copertura cm 25,5 Pannello in x-lam cm 12,5 Pannello in lana di roccia con interposta listellatura cm 8 Intercapedine per ventilazione cm 3 Assito grezzo in legno di abete cm 2 Membrana impermeabilizzante Copertura in lamiera grecata
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Tipo 1
Tipo 1-variante loggia
Tipo 2A
Tipo 2B
Tipo 2C
Tipo 3
Atelier di Le Corbusier a Parigi, in Rue de Sevres 35 m 50x3,60 altezza m 3,90 (disegno di P.M. Martinelli)
Tipo 4 atelier Le Corbusier
Tipo 1A Esploso assonometrico. Il blocco cucina-serviziscala è collocato sul lato dell’ingresso e libera il resto dell’alloggio costituendo un’ampia stanza completamente affacciata all’esterno
Tipo 2A Esploso assonometrico. Il blocco cucina-serviziscala è posto al centro dell’alloggio come perno distributivo e compositivo, e consente la creazione di due stanze entrambe con affaccio verso l’esterno
Aggregazioni Il grande telaio di m 15x150, pur nella sua rigida configurazione, consente diversificate modalità di aggregazione dei tipi precedentemente descritti. I tipi di aggregazione sono fortemente legati alle modalità di accesso alle cellule residenziali e agli spazi pubblici di approdo all’edificio; questi luoghi di arrivo e di spostamento all’interno dell’edificio disegnano la composizione dello stesso, con l’individuazione di spazi collettivi di movimento, pause e scarnificazioni rispetto all’“impacchettamento” degli alloggi l’uno accanto all’altro. Sono state elaborate tre aggregazioni, con l’utilizzo degli stessi tipi più su elencati, accomunati dalla tematizzazione in tre componenti dell’edificio: la testata, il “corpo”, la “coda”. Gli alloggi sono inseriti in senso perpendicolare all’estensione del grande edificio, per cui la profondità di questo corrisponde alla profondità degli alloggi. Solo nella testata, uguale per tutte le aggregazioni studiate, la giacitura cambia, ruotando così come Le Corbusier fece nell’Unité d’Habitation. Essa accoglie al secondo livello il tipo 3 simplex, con il telaio scarnificato ai livelli sottostanti; al primo livello si innesta uno degli atelier LC. Aggregazione A L’aggregazione A prevede un pontile di accesso alle cellule del tipo 1, al primo livello sul lato nord-ovest; perpendicolarmente a questo asse pubblico si innestano, ad una quota ribassata per consentire l’approdo delle barche, una serie di sottili approdi, collocati sotto gli atelier LC infilati nel telaio al secondo livello. A tali atelier si arriva attraverso una scala che parte dal pontile che corre lungo il lato nord-ovest su cui si affacciano gli alloggi del tipo 1, attrezzati al secondo livello con profonde logge. Gli alloggi del tipo 2 occupano la “coda” dell’edificio, opposta alla testata: accoppiati a due a due sono serviti da un pontile per l’approdo delle barche e da un corpo scala a doppia rampa che porta ad una terrazza comune e quindi al loro ingresso al secondo livello; in corrispondenza di queste scale il telaio si svuota, creando un ritmo di pieni e di vuoti che articolano l’edificio in pianta e alzato.
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Aggregazione A Combinazione dei tipi e sistema distributivo Schizzo di studio
Aggregazione A Combinazione di tipi Schizzo di studio
Aggregazione A Pianta del primo livello
Aggregazione A Pianta del secondo livello Prospetti sud-est e nordovest
Aggregazione B L’aggregazione B è una variante del tipo A. Cambiano il tipo di accesso agli atelier LC, in questo caso attraverso una scala in linea che porta ad una terrazza in quota interposta fra i due atelier, cui si entra sul lato lungo; cambia il tipo di scala di accesso al secondo livello per arrivare agli alloggi del tipo 2, qui in linea; cambiano le caratteristiche dei pontili di approdo alle barche dei fruitori degli alloggi tipo 1 e tipo 4-atelier LC: in questo caso essi sono larghi m 3,75 e lunghi m 50, ovvero sono la perfetta proiezione dell’atelier soprastante. Non semplici pontili di attracco delle barche o percorsi distributivi dunque, ma veri e propri luoghi pubblici dove sostare e passeggiare. Il telaio, in corrispondenza delle “coda”, si scarnifica completamente per alcune campate: un vuoto rarefatto contrapposto al pieno della testata, che nel tempo potrà diventare luogo costruito, spazio pubblico attrezzato con piazze lignee per sostare e osservare il paesaggio.
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Aggregazione B Combinazione dei tipi e sistema distributivo Schizzi di studio
Aggregazione B Combinazione di tipi Schizzo di studio
Aggregazione B Pianta del primo livello
Aggregazione B Pianta del secondo livello Prospetti sud-est e nordovest
Aggregazione C L’aggregazione C propone la composizione dei tipi 1, 2 e atelier LC in un blocco che, ripetuto serialmente, costruisce il “corpo” dell’edificio; fra blocco e blocco il sistema dei percorsi distributivi verticali svuota il fronte dell’edificio in pause rarefatte. L’approdo delle barche è in questo caso tutto sul fronte nord-ovest, grazie ad un pontile che, come nelle declinazioni delle aggregazioni precedenti, diviene luogo pubblico di sosta oltre che elemento distributivo. Su questo pontile, ribassato per consentire il facile approdo dei natanti, si appoggiano una serie di scale che consentono di raggiungere il primo livello di ingresso degli alloggi del tipo 1 e del tipo 4-atelier LC, che in questo caso, diversamente dalle aggregazioni precedenti, sono posti al primo livello. Sempre dal pontile parte una scala in linea che raggiunge il secondo livello per l’accesso agli alloggi del tipo 2, che avviene attraversando la copertura degli atelier LC; l’intera copertura degli atelier potrebbe essere utilizzata come terrazza in quota, comune per i residenti e protesa verso la laguna.
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Aggregazione C Combinazione dei tipi e sistema distributivo Schizzi di studio
Aggregazione C Combinazione di tipi Schizzo di studio
Aggregazione C Pianta del primo livello
Aggregazione C Pianta del secondo livello Prospetti sud-est e nordovest
Tipo 1 Pianta del primo livello Schizzo di studio
Tipo 1 Pianta del secondo livello Schizzo di studio
Tipo 1 Sezione A-A
Tipo 1 Sezione B-B
Tipo 2A Pianta del primo livello Schizzo di studio
Tipo 2A Pianta del secondo livello Schizzo di studio
Tipo 2A Sezione A-A
Tipo 2A Sezione B-B
La casa rifugio nella laguna veneziana: collage
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Modelli realizzati nell’ambito del Laboratorio di progettazione 1, anno accademico 2011-2012
Il progetto e la sperimentazione didattica Nell’ambito dei lavori di ricerca la sperimentazione sul progetto, su cui si è incentrato il secondo semestre, è stata verificata anche attraverso la sperimentazione didattica all’interno di due laboratori progettuali, tenuti dal Referente per la ricerca prof. Armando Dal Fabbro presso l’Università Iuav di Venezia18 . Alla fine del 2011 è stato inoltre organizzato, sempre dal prof. Armando Dal Fabbro un breve seminario progettuale internazionale che ha coinvolto alcuni studenti del quarto anno della Münster School of Architecture, facoltà di architettura dell’Università di Münster (Germania). Le tre occasioni didattiche hanno avuto come tema la sperimentazione sulla definizione architettonica di interni domestici, così come era previsto dal programma di ricerca. Nel caso del laboratorio di progettazione tenuto nell’anno accademico 2010-2011 l’ambito di riferimento progettuale è un ambiente di circa 5x10 metri, aperto su due lati, organizzato su due livelli (piano terra+soppalco oppure piano secondo+sottotetto), dunque con la previsione di una scala di collegamento. Il sistema costruttivo è in legno, con pannelli a telaio 19 . Per il laboratorio di progettazione svoltosi nell’anno accademico 2011-2012 e il workshop internazionale con la Münster School of Architecture i progetti sono partiti dai riferimenti tematici e dimensionali riferiti alla ricerca FSE, quindi la costruzione di una serie di edifici collettivi su palafitte in laguna, costruiti con la tecnologia del legno. L’edificio è di 15x150 m, costruito su un telaio spaziale con maglia di 3,75 m, in cui le cellule (costruite con sistema a setti portanti in x-lam) vengono inserite in aggregazioni complesse. Gli interni domestici sono stati composti utilizzando anche quei dispositivi architettonici già individuati tematicamente nelle esperienze del laboratorio precedente. Il coinvolgimento della Münster School of Architecture è stato importante in quanto è si tratta di una scuola tecnica altamente specializzata e di alto profilo accademico in ambito europeo, che pone in primo piano il tema della costruzione dell’architettura e tutto ciò che riguarda il sapere tecnico (tecnologico, fisico-tecnico, meccanico). Per questo si è ritenuto importante il suo coinvolgimento, attraverso gli studenti ma anche i docenti della facoltà tedesca che si sono occupati di seguire i lavori insieme ai docenti dello Iuav, per un travaso di conoscenze relative ai temi tecnici della costruzione in legno, tipici dell’area nord europea in cui tale tecnologia è diffusa e portata a grande raffinatezza costruttiva. Obiettivo è stato quello di verificare, sulla scorta delle conoscenze tecniche tipiche dell’ateneo tedesco, tutta una serie di soluzioni progettuali innovative, da raccogliere come varianti sul tema dato, e come spunti per ulteriori approfondimenti progettuali utili al progetto di ricerca.
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Divulgazione scientifica e ricadute operative della ricerca Durante il periodo in cui si è svolto il progetto di ricerca è stato possibile presentarne stati di avanzamento ed esiti in ambito didattico, all’interno dei laboratori di progettazione condotti dal prof. Dal Fabbro, presso lo Iuav, sia in occasioni più legate al mondo produttivo, con la compresenza di amministratori, operatori del settore, investitori; momenti di confronto e verifica importanti per la divulgazione scientifica degli studi in atto, ma anche utili per mettere in relazione le ricerche che si conducono in ambito accademico con le realtà del mondo produttivo, e quindi in perfetta coerenza con gli intenti e le finalità della borsa. Pordenone, Sala consiliare della Provincia, 9 aprile 2011 Partecipazione come relatore al convegno Case ecologiche in legno. Fattibilità ed effetti sul mercato immobiliare, organizzato dall’Associazione Greentime e dal comune di Pordenone. Intervento dal titolo Il legno nell’edilizia. Caratteristiche del legno e carattere degli edifici. Venezia, Università Iuav di Venezia, 27 aprile 2011 Lezione presso il Laboratorio di progettazione 1 (claSA), tenuto dal prof. A. Dal Fabbro La casa razionale, piccoli interni di architettura Fontanafredda (PN), Ca’ Anselmi, 29 settembre 2011 Partecipazione come relatore al convegno Case ecologiche in legno. Fattibilità ed effetti sul mercato immobiliare, organizzato dall’Associazione Greentime e dal comune di Fontanafredda (PN). Intervento dal titolo Il legno nell’edilizia. Caratteristiche del legno e carattere degli edifici. Gorizia, Musei Provinciali di Borgo Castello, 13 ottobre 2011 Partecipazione come relatore al convegno Architettura e cultura dell’abitare. Mercato delle case ecologiche in legno, organizzato dall’Associazione Greentime e dal comune di Gorizia. Intervento dal titolo Architettura del legno. Caratteristiche del legno e carattere degli edifici Venezia, Università Iuav di Venezia, 8 novembre 2011 Lezione presso il Laboratorio di progettazione 1 (claSA),, tenuto dal prof. A. Dal Fabbro Titolo lezione Architettura del legno. Caratteristiche del legno e carattere degli edifici Venezia, Università Iuav di Venezia, 6 dicembre 2011 Lezione presso il Laboratorio di progettazione 1 (claSA),, tenuto dal prof. A. Dal Fabbro Titolo lezione La ricerca sull’abitare. Le Corbusier, il CIAM del 1929 sull’Existenzminimum e l’architettura degli interni domestici fra le due guerre in Italia
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Münster (Germania), Leonardo Campus, Münster School of Architecture, 13 dicembre 2011 Lezione durante il workshop progettuale internazionale organizzato dallo Iuav e l’MSA, tenuto dal prof. A. Dal Fabbro Titolo lezione Wood shelters in the Venice lagoon Venezia, Università Iuav di Venezia, 20 marzo 2012 Partecipazione come relatore al seminario “La bio-stanza ideale” relativo al progetto N.A.U.T.A. organizzato dall’Università Iuav di Venezia (responsabile scientifico prof. A. Dal Fabbro), dall’Università di Trento-Facoltà di Ingegneria (responsabili scientifici prof. M. Piazza e R. Albatici), l’Istituto Comprensivo di Primiero, l’Istituto di Istruzione Superiore Floriani di Riva del Garda con il sostegno della Fondazione Caritro e il Distretto Tecnologico Trentino per l’Energia e l’Ambiente. Intervento dal titolo La casa rifugio nella laguna di Venezia Padova, Sala Convegni della Camera di Commercio di Padova, 29 marzo 2012 Partecipazione come relatore al convegno “Bioedilizia e mercato delle case ecologiche”, organizzato dall’Associazione Greentime e da Fimaa Padova, con il patrocinio della Camera di Commercio di Padova e la Provincia di Padova. Intervento dal titolo Architettura del legno. Caratteristiche del legno e carattere degli edifici Chioggia, Chiesa-pinacoteca della Santissima Trinità, 30 marzo 2012 Presentazione a cura del prof. A. Dal Fabbro degli esiti della ricerca al convegno “Risposte Urbane. Necessità per il domani”. Intervento dal titolo Dispositivi urbani e dispositivi architettonici: città anfibia e architettura palafitticola Pubblicazioni Martinelli, P.M.; Dal Fabbro A., “La casa razionale: piccoli interni d’architettura (costruiti in legno)” in Monestiroli, A.; Semerani, L. (a cura di), La casa. Le forme dello stare, Skira, Milano 2011 Martinelli, P.M. (a cura di), La ricerca sull’abitare. Le Corbusier, il CIAM del 1929 sull’Existenzminimum e l’architettura degli interni domestici fra le due guerre in Italia, dicembre 2011, dispensa ad uso didattico interno
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Note 1. in “Rassegna”, n. 4, 1980 - “Il disegno del mobile razionale in Italia 1938-1948” 2. Loos, A., Parole nel vuoto, Adelphi, Milano 2001 (prima ed. Parigi-Zurigo 1921) 3. in Aymonino, C., L’abitazione razionale. Atti dei congressi CIAM 1929-1930, Marsilio, Padova 1971 4. ibidem 5. ibidem 6. Giucci, G., “Il manuale nella cultura europea”, in Diotallevi, I.; Marescotti, F., Il problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione, Officina, Roma 1984 7. Giedion, S., “Il tutto e la parte nell’architettura contemporanea”, in Cimoli, A.C.; Irace, F. (a cura di), La divina proporzione. Triennale 1951, Electa, Milano 2007 8. Le Corbusier, Precisazioni sullo stato attuale dell’architettura e dell’urbanistica, a cura di F. Tentori, Laterza, BariRoma 1979 (prima ed. Parigi 1930) 9. ibidem 10. in Rykwert, J., La casa di Adamo in paradiso, Adelphi, Milano 1972 11. Mies van der Rohe, L., “Discorso inaugurale all’Armour Institute of Technology”, in Mies van der Rohe, L., Gli scritti e le parole, a cura di V. Pizzigoni, Einaudi, Torino 2010 12. in Rykwert, J., La casa di Adamo in paradiso, op. cit. 13. Hegel, G.W.F., Estetica, cit. in Rykwert, J., La casa di Adamo in paradiso, op. cit. 14. Ponti, G., Amate l’architettura. L’architettura è un cristallo, Rizzoli, Milano 2008 (prima ed. Genova 1957) 15. Polesello G., “Progetti veneziani”, in Polesello, G., Architetture 1960-1992, a cura di M. Zardini, Electa, Milano 1992 16. Dorigo W., Venezia origini: fondamenti, ipotesi, metodi, Electa, Milano 1983 17. Monestiroli, A., “Stanze”, in Monestiroli, A.; Semerani, L. (a cura di), La casa. Le forme dello stare, Skira, Milano 2011 18. Si tratta dei laboratori integrati di progettazione relativi al primo anno della laurea triennale del Corso di Laurea in Scienza dell’Architettura (ClaSA), tenuti presso l’Università Iuav negli anni accademici 2010-2011 e 2011-2012. 19. Esiti di questa sperimentazione, approfondita poi nell’ambito del PRIN 2007 Tecniche di progettazione degli insediamenti residenziali con coordinatore nazionale il prof. Antonio Monestiroli, sono pubblicati in Monestiroli, A.; Semerani, L. (a cura di), La casa. Le forme dello stare, Skira, Milano 2011
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Bibliografia selezionata Interni domestici e qualità dell’abitare Aymonino, C., ”La formazione di un moderno concetto di tipologia edilizia”, in AA.VV., Rapporti tra la morfologia urbana e la tipologia edilizia, Cluva, Venezia 1966 Aymonino, C., L’abitazione razionale. Atti dei congressi CIAM 1929-1930, Marsilio, Padova 1971 Benevolo, L., La casa dell’uomo, Laterza, Roma-Bari 1984 Bucci, F.; Irace, F., Franco Albini. Zero gravity, Electa, Milano 2006 Carbonara, P., Architettura pratica, UTET, Milano 1954 Cacciatore, F., Il muro come contenitore di luoghi. Forme strutturali cave nell’opera di Louis Kahn, LetteraVentidue, Siracusa 2008 Casamonti, M., Ignazio Gardella architetto 1905-1999, Electa, Milano 2006 Ciagà, G.L.; Tonon, G., Le case nella Triennale. Dal Parco al QT8, Electa, Milano 2005 Cimoli, A.C.; Irace, F. (a cura di), La divina proporzione. Triennale 1951, Electa, Milano 2007 Consiglio Nazionale delle Ricerche, Manuale dell’architetto, Sapere 2000, Roma 1986 Cornoldi, A., L’architettura della casa, Officina, Roma 1988 Cornoldi, A. (a cura di), Architettura degli interni, Il Poligrafo, Padova 2005 De Prizio, V.; Ottolini, G., La casa attrezzata. Qualità dell’abitare e rapporti di integrazione fra arredamento ed architettura, Liguori, Milano 1993 Diotallevi, I.; Marescotti, F., Il problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione, Officina, Roma 1984 (prima ed. Milano 1948) “Domus”, n. 205, 1946 Klein, A., Lo studio delle piante e la progettazione degli spazi negli alloggi minimi: scritti e progetti dal 1906 al 1957, Mazzotta, Milano 1975 Le Corbusier, Œuvre complète, 8 voll., Birkhäuser, Basilea-Boston-Berlino 1999 (prima ed. Zurigo 1929-1970) Le Corbusier, Precisazioni sullo stato attuale dell’architettura e dell’urbanistica, a cura di F. Tentori, Laterza, Bari-Roma 1979 (prima ed. Parigi 1930) Le Corbusier, La casa degli uomini, con uno scritto di F. de Pierrefeu, Jaca Book, Milano 1985 (prima ed. Parigi 1942) Loos, A., Parole nel vuoto, Adelphi, Milano 2001 (prima ed. Parigi-Zurigo 1921) Mies van der Rohe, Gli scritti e le parole, a cura di V. Pizzigoni, Einaudi, Torino 2010 Monestiroli, A.; Semerani, L. (a cura di), La casa. Le forme dello stare, Skira, Milano 2011 Ponti, G., Amate l’architettura. L’architettura è un cristallo, Rizzoli, Milano 2008 (prima ed. Genova 1957) “Rassegna”, n. 4, 1980, Il disegno del mobile razionale in Italia 1938-1948 Rossi Prodi, F., Franco Albini, Officina, Roma 1996 Rykwert, J., La casa di Adamo in paradiso, Adelphi, Milano 1972
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La capanna primitiva secondo Laugier e un interno contemporaneo (collage di A. Dal Fabbro e P.M. Martinelli)
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