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DIFENDERE LA FRAGILITÀ

La non autosufficienza degli anziani è un tema ancora oggi sottostimato e con gravi lacune normative. In tal senso, serve una presa di coscienza collettiva per tutelare una fetta di popolazione in costante crescita

di Ilaria Romano

Non esiste ad oggi una definizione univoca di fragilità negli anziani, anche se alcuni fattori che riguardano la salute e il grado di autonomia fisica e psichica contribuiscono a delinearla.

Secondo gli ultimi dati raccolti da Passi d’Argento, il sistema di sorveglianza della popolazione over 64 dell’Istituto Superiore di Sanità, risultano fragili 17 persone su 100. Questa condizione cresce progressivamente con l’età: riguarda il 9% dei 65-74enni e raggiunge il 34% fra gli ultra 85enni. È associata a una condizione di svantaggio socioeconomico, ed è leggermente più frequente nelle donne rispetto agli uomini (18% contro 16%).

«Il tema dell’invecchiamento della popolazione sta diventando cruciale ed è legato all’aumento di casi di parziale o totale autosufficienza - spiega a 50&Più Antonio Caputo, avvocato e già Difensore civico della Regione Piemonte e presidente del Coordinamento italiano dei Difensori civici regionali - in Italia abbiamo un problema di riorganizzazione del welfare che riguarda le istituzioni e le strutture che dovrebbero occuparsene, ma anche, in concreto, le persone a contatto con queste necessità. Spesso manca la garanzia della tutela effettiva dei diritti». Come si può intervenire per migliorare?

Le soluzioni possono essere tante, ma si tratta di prendere coscienza collettiva e creare una sorta di volontariato dei diritti che si autodifenda, inteso come quelle espressioni organizzate o individuali che vadano oltre la semplice denuncia del problema, e che contribuiscano a risolverlo. In generale non manca il volontariato caritatevole e del terzo settore, ma spesso si traduce in interventi parziali e a volte autoreferenziali che finiscono per perdere di vista l’interezza della situazione. C’è poi un problema legato alla tutela psichica della persona, che non è considerata. Ci sono anziani non autosufficienti che a loro volta hanno in carico figli o nipoti con disabilità gravi, a volte fisiche o psichiche, anch’essi non autosufficienti. Citta- dini e strutture sociosanitarie che fanno capo alle istituzioni devono essere messi in condizione di interagire efficacemente: a ogni individuo deve essere garantito quello che io chiamo il diritto al reclamo, che non vuol dire far compilare un modulo su Internet, ma avere un interlocutore che garantisca una risposta concreta ed efficace. Una figura come quella che hanno identificato i danesi, che chiamano “Ombudsman”, un mediatore fra le pubbliche am- ministrazioni e il cittadino comune. Quale ruolo può avere la comunità nel sostenere e tutelare i diritti nella fragilità?

La problematica degli anziani è infinita, e va incentivata una sorta di educazione civile di massa che possa garantire l’effettività dei diritti, e dare un peso alla relazione fra il cittadino anziano e il mondo che lo circonda. Il bisogno di una comunità che tuteli è il punto fondamentale, perché i bisogni dell’anziano sono i bisogni di tutti, delle persone non autosufficienti di ogni età. Si tratta di realizzare azioni concrete con gli strumenti possibili, anche attraverso una corretta allocazione delle risorse.

In tema di passi avanti dal punto di vista delle soluzioni, il Governo ha recentemente approvato lo schema di Disegno di Legge Delega in materia di politiche a favore degli anziani.

«Il Disegno di Legge Delega appro - vato a fine gennaio dal Governo, in continuità con quello predisposto nella precedente legislatura, contiene numerose proposte elaborate dal Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza (www. pattononautosufficienza.it) - spiega a 50&Più Cristiano Gori, Coordinatore del Patto e docente di Politica sociale -, possiamo dire con soddisfazione che la voce del Patto sia stata ampiamente ascoltata e che siano state poste le basi affinché l’assistenza agli anziani diventi una riforma qualificante della legislatura. L’introduzione del Sistema Nazionale Assistenza Anziani SNAA servirà a programmare e monitorare in modo integrato l’insieme dei servizi e degli interventi, per cogliere più adeguatamente le esigenze degli interessati».

Qual è la novità più importante che introduce il SNAA?

La sua presenza all’interno del Disegno di Legge Delega è fondamentale nel portare avanti l’idea di creare un settore unitario per la non autosufficienza. Non si tratta sicuramente di un’idea originale, basti guardare ai Paesi europei simili al nostro che hanno già realizzato questo tipo di riforma negli anni scorsi. In altre parole, se ben progettato, un sistema come lo SNAA - rappresentato a livello centrale dal CIPA, Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana - permetterà di superare la frammentazione attuale delle tre filiere istituzionali, servizi sanitari, servizi sociosanitari e indennità di accompagnamento. Si verranno così a creare le condizioni affinché il nostro Paese si possa dotare di un approccio specifico all’assistenza agli anziani non autosufficienti, un approccio che non sia né sociale né sanitario, né l’integrazione dei due, ma qualcosa di diverso e peculiare.

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