Facolt` a di Filosofia Sapienza Universit`a di Roma
Tesi di Laurea Specialistica in Teorie e Tecniche della Conoscenza
Leibniz e Newton: la disputa sul calcolo infinitesimale
Relatore
Candidato
Prof. Carlo Cellucci
Pasquale Borriello
Correlatore Prof. Roberto Cordeschi
anno accademico 2007-2008
Dedico questa tesi a tutti coloro i quali avranno modo di leggerla. Ed anche a tutti coloro i quali non la leggeranno mai, ma sono in qualche modo entrati in contatto con il meraviglioso mondo della filosofia della matematica.
Ringraziamenti Ringrazio innanzitutto i professori Carlo Cellucci e Roberto Cordeschi per il tempo che mi hanno dedicato durante la stesura di questa tesi. Ringrazio poi mio padre e tutti coloro che mi hanno reso la vita un p` o pi´ u facile in questi mesi impegnativi. Infine il ringraziamento va a tutti coloro i quali mi hanno comunque sopportato. ` stato un lavoro faticoso, che mi ha impegnato duramente, ma di cui porter` E o il ricordo finch´e avr`o memoria.
Introduzione
La disputa Questa tesi analizza storicamente la disputa tra Leibniz e Newton sulla propriet`a intellettuale del calcolo infinitesimale, la matematica superiore che si applic` o perfettamente alla fisica newtoniana. Una disputa tra due grandi protagonisti del panorama intellettuale del XVI e XVII secolo, ed anche tra due visioni della matematica agli antipodi: una matematica generale e teorica secondo Leibniz, una matematica applicata al mondo naturale secondo Newton. Lo scontro tra i due giganti fu inizialmente sulla priorit`a di scoperta: chi aveva per primo ottenuto i metodi del calcolo infinitesimale? Quando poi fu chiaro che fu Newton a compiere per primo gli studi sul calcolo, la disputa si spost` o sull’equivalenza tra i due metodi: erano entrambi validi? Avevano entrambi la stessa potenza e generalit` a? La disputa and` o avanti per molti anni e famosi scienziati dell’epoca si schierarono dall’una o dall’altra parte, con perfino alcuni scontri nazionalistici tra matematici inglesi e continentali. Ai primi del Settecento fu Newton a trionfare, ma nell’Ottocento il lavoro di Leibniz fu molto rivalutato. Ci interessa in questa tesi comprendere in modo imparziale come 7
8
Introduzione
andarono veramente le cose e in che relazione possiamo considerare i due approcci all’analisi matematica.
Riassunto dei capitoli Il capitolo 1 analizza gli studi matematici di Newton a Cambridge: nell’arco di dieci anni fece le pi` u importanti scoperte matematiche e scientifico-naturali della sua vita. Furono particolarmente produttivi gli anni mirabiles 1665-1666. Tuttavia Newton non pubblic`o niente fine alla seconda met` a degli anni ottanta. Leibniz dal canto suo si avvicin` o pi´ u tardi alla matematica superiore, ovvero quando ebbe l’opportunit`a di entrare in contatto con la comunit` a scientifica di Parigi e Londra, ed entrare a far parte della Royal Society. Tutto questo verr` a approfondito nel capitolo 2. Il primo contatto indiretto tra Leibniz e Newton ci fu nel 1676, anno in cui i due si scambiarono alcune lettere tramite Oldenburg. Riportiamo e commentiamo gli scambi epistolari di questi anni nel capitolo 3. Nel 1684 Leibniz pubblic`o quello che sar` a il primo testo sul calcolo infinitesimale: il Nova Methodus pro maximis at minimis. Riportiamo nel capitolo 4 questi ed altri sviluppi sul calcolo nel corso degli anni ottanta del XVII secolo. Nel 1687 venne pubblicato da Newton uno dei testi scientifici pi´ u importanti al mondo: i Philosophiae naturalis principia mathematica. Nel capitolo 5 analizziamo i Principia e delineiamo i motivi per cui quest’opera `e fondamentale nell’ambito della disputa sul calcolo: per la prima volta comparirono in una pubblicazione alcuni dei lavori matematici di Newton, inoltre l’inglese inizi` o ad acquisire una grande fama anche al di fuori dei confini nazionali. Nel capitolo 6 affrontiamo il primo vero e proprio atto della disputa: il matematico inglese John Wallis recupera le lettere scambiate tra Leibniz e Newton nel 1676,
Introduzione
9
accusando il tedesco di aver da allora plagiato il calcolo infinitesimale di Newton. Nel capitolo 7 passiamo al secondo atto della disputa: dopo un tentativo fallito da parte dei sostenitori di Leibniz di screditare le capacit` a matematiche di Newton, il tedesco viene duramente attaccato da un articolo scritto da Nicolas Fatio de Duillier. Ben pi´ u serio dell’attacco portato da Fatio fu quello del professore John Keill, trattato nel capitolo 8: questa volta Leibniz non pot´e trovare una difesa efficace, nonostante arriv` o ad appellarsi alla Royal Society, nella figura del segretario Hans Sloane. Nel capitolo 9 c’`e l’epilogo della vicenda: nelle lettere di Chamberlayne e dell’Abate Conti, nel testo di Leibniz Storia e origine del calcolo differenziale e nelle Osservazioni del Cavaliere Newton ritroviamo le ultime testimonianze riguardanti la disputa intellettuale pi´ u famosa della storia della matematica. Nel capitolo 10 ho trattato nello specifico le due differenti filosofie del calcolo di Leibniz e Newton. Sebbene le due posizioni filosofiche emergano chiaramente anche negli altri capitoli, `e opportuno formalizzare rigorosamente quali sono le differenze dei due approcci al calcolo infinitesimale. Infine ho riservato uno spazio alla mia conclusione, in cui riassumo la mia personale opinione riguardo alla disputa tra Leibniz e Newton. Da studente di Filosofia ma anche da studente di Matematica, da un punto di vista storico-filosofico e logicooperativo.
10
Indice
1 Isaac Newton a Cambridge
17
1.1
I primi studi matematici di Newton (1661-1665) . . . . . . . . . . . .
17
1.2
Gli anni mirabiles (1665-1666) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
19
1.2.1
La formula del binomio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
20
1.2.2
La scoperta del metodo delle flussioni . . . . . . . . . . . . .
26
1.3
Il metodo delle flussioni (1671) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
31
1.4
Lo scontro con Hooke (1672) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
35
2 Gottfried Wilhelm Leibniz: i viaggi matematici in Europa
39
2.1
I primi studi matematici di Leibniz (1666-1671) . . . . . . . . . . . .
39
2.2
Leibniz a Parigi (1672) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
41
2.3
Leibniz a Londra (1673) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
44
3 La corrispondenza con Oldenburg
49
3.1
La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (1673-1676) . . . . . .
49
3.2
Epistola prior (13 giugno 1676) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
52
3.3
Lettera di Leibniz (27 agosto 1676) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
55
11
12
INDICE 3.4
Epistola posterior (24 ottobre 1676) . . . . . . . . . . . . . . . . . .
61
3.5
L’incontro di Leibniz con Collins ed Oldenburg . . . . . . . . . . . .
65
3.6
Lettera di Leibniz (21 giugno 1677) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
66
4 Gli sviluppi del calcolo infinitesimale
73
4.1
La citt` a di Hannover al tempo di Leibniz (1676)
. . . . . . . . . . .
73
4.2
Il De Quadratura di Newton (1676) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
75
4.3
La scuola scozzese: David Gregory e John Craige (1684-1686) . . . .
76
4.4
La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686) 79
4.5
I fratelli Bernoulli e la scuola Europea del calcolo differenziale (16841705) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5 I Principia Mathematica di Isaac Newton
84
87
5.1
Philosophiae naturalis principia mathematica (1687) . . . . . . . . .
88
5.2
L’incontro con Fatio de Duillier (1699) . . . . . . . . . . . . . . . . .
93
5.3
L’obiezione di Bernard Nieuwentijdt (1695) . . . . . . . . . . . . . .
95
6 Il primo atto della disputa
97
6.1
Lo scambio epistolare Leibniz-Newton (1693) . . . . . . . . . . . . .
97
6.2
I lavori di Wallis (1693-1695) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
98
6.3
Lo scambio epistolare Leibniz-Huygens (1694) . . . . . . . . . . . . . 102
6.4
Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di Lipsia (1696) . . . 104
6.5
Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698) . . . . . . . . . . . 107
7 Il secondo atto della disputa 7.1
115
Il problema Brachistocrono (1696) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
INDICE
13
7.2
Le lettere tra Leibniz e il marchese Guillaume de l’Hˆopital (1699) . . 116
7.3
L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699) . . . . . . . . . . . . . . 118
8 Il terzo atto della disputa
125
8.1
L’Ottica di Newton (1704) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125
8.2
L’attacco di John Keill (1708) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
8.3
La corrispondenza Leibniz-Keill (1711) . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
8.4
Il Commercium Epistolicum (1712) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
8.5
I commenti sul Journal Lit´eraire de la Haye (1713) . . . . . . . . . . 142
8.6
Account di Isaac Newton al Commercium Epistolicum (1714) . . . . 148
9 L’epilogo
151
9.1
Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton (1714) . . . . . 151
9.2
Storia e origine del calcolo differenziale (1714) . . . . . . . . . . . . . 155
9.3
La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) . . . . . . . . . . . . 171
9.4
Lettera di Leibniz alla contessa di Kilmansegg (1716) . . . . . . . . . 181
9.5
Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182
9.6
La fase finale del conflitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186
9.7
Sulla priorit`a di invenzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
10 Le due filosofie del calcolo infinitesimale
189
10.1 L’imperdonabile ritardo di Newton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189 10.2 Il filosofo e lo scienziato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192 10.3 Alla ricerca di un sistema matematico universale . . . . . . . . . . . 194
14
INDICE 10.4 L’invenzione del calcolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195 10.5 Gli infinitesimali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198 10.5.1 Gli infinitesimali di Leibniz: il calcolo differenziale . . . . . . 203 10.5.2 Gli infinitesimali di Newton: il metodo delle flussioni . . . . . 204 10.6 La metafisica del calcolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205
11 Conclusione
211
11.1 Nota storica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211 11.2 Nota stilistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213 11.3 Considerazioni finali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214
A I protagonisti
219
Bibliografia
227
Elenco delle figure
10.1 Rappresentazione dell’errore per ogni settore triangolare. . . . . . . . 202 A.1 Isaac Barrow (1630-1677). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220 A.2 Jean Bernoulli (1704-1767). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221 A.3 James Gregory (1638 - 1675). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222 A.4 Christian Huygens (1629 - 1695). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223 A.5 Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716). . . . . . . . . . . . . . . . . 224 A.6 Sir Isaac Newton (1643 -1727). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 A.7 John Wallis (1616-1703). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226
15
Capitolo 1
Isaac Newton a Cambridge “Vorrei discutere in modo esplicito la questione dell’alchimia e le ragioni per cui io la tengo in cos´ı gran conto. Voi, infatti, mi considerate sicuramente un po’ svitato, per il fatto che dedico a essa cos´ı tanto tempo. E mi considerate tale perch´e tutti gli alchimisti da voi finora incontrati sono dei ciarlatani o dei pazzoidi, e questo avr` a generato in voi un’opinione poco lusinghiera dell’Arte e dei suoi praticanti.” Newton a Eliza da Confusione di Neal Stephenson
1.1
I primi studi matematici di Newton (1661-1665)
Isaac Newton inizi` o i suoi studi matematici al Trinity College dell’Universit` a di Cambridge, dove fu ammesso il 5 giugno 1661. Si form`o sui testi dei maggiori matematici dell’epoca, tra i quali figurava anche il suo connazionale Isaac Barrow1 , che fu anche il suo primo maestro. Il giovane Newton lo aiut` o nella preparazione 1
Isaac Barrow (1630-1677) studi` o anch’egli al Trinity College. Dopo un viaggio in Francia, Italia e Medio Oriente torn` o in Inghilterra dove fu ordinato sacerdote. Divenne membro della Royal Society di Londra fin dal 1663, l’anno successivo fu nominato primo “Lucasian professor” di matematica a Cambridge. Lasci` o la cattedra a Newton nel 1669. La sua produzione fu molto ampia, e include trattati di matematica, geometria ed ottica. Fu molto importante la sua influenza su Newton.
17
18
1.1. I primi studi matematici di Newton (1661-1665)
e nella pubblicazione delle Lectiones opticae et geometricae e alla fine ne prese la cattedra di matematica a Cambridge quando Barrow si ritir` o dall’insegnamento per dedicarsi alla predicazione. Newton aveva dimostrato interesse per le materie scientifiche fin da giovanissimo, occupandosi in particolare di chimica e alchimia, discipline che all’epoca erano molto vicine tra loro. La famiglia era di tradizioni contadine: garant`ı a Newton una vita senza troppe difficolt` a economiche ma piuttosto umile. Isaac fu il primo della sua famiglia a saper scrivere il proprio nome e cognome. Gli studi che aveva portato avanti - frequent` o la King’s School di Grantham2 - gli avevano conferito una preparazione in Latino, Greco ed Ebraico, e basilari nozioni di aritmetica. A diciassette anni a Newton fu imposta la vita contadina: avrebbe dovuto prendere in mano la gestione della fattoria di famiglia. Tuttavia ben presto divenne evidente che non era quello il tipo di vita per il quale il giovane Isaac era nato, fu quindi rimandato alla Grammar School di Grantham a completare la formazione, in preparazione agli studi universitari. Quando nel 1661 Newton fu mandato a studiare al Trinity College di Cambridge, sapeva poco o nulla di matematica. Anche senza quasi nessuna preparazione specifica, Newton fu indirizzato dal tutor Isaac Barrow verso gli studi di matematica e fisica, piuttosto che di filosofia. Ma non furono soltanto le lezioni di Barrow a nutrire la vorace mente del giovane Isaac. La maggior parte di ci` o che Newton apprese nei primi anni a Cambridge `e da considerarsi frutto della sua abilit` a da autodidatta: trasse insegnamenti - quasi senza alcun aiuto - direttamente dai libri che riusc`ı a comprare o a prendere in prestito. Questo testimonia l’incredibile predisposizione naturale che egli aveva nei confronti della matematica. Da alcuni appunti scritti dallo stesso Newton, riportiamo questo breve paragrafo che riporta la data 4 giugno 1699: Consultando un conto delle mie spese a Cambridge degli anni 1663 e 2
La Grammar School che frequent` o Newton venne fondata nel 1528 a Grantham, una piccola citt` a nella contea di Lincoln, a nord est di Londra.
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
19
1664, ho scoperto che nel 1664, poco prima di Natale (...) riuscii a comprare la Miscellanies di Van Schooten e la G´eom´etrie di Descartes (...) e a prendere in prestito i lavori di Wallis3 Fu un interesse personale a convincere Newton di aver bisogno di ulteriori testi per approfondire la sua conoscenza sugli sviluppi pi` u avanzati in aritmetica e geometria. Gli anni 1664 e 1665 furono dedicati da Newton interamente allo studio dei testi matematici dei francesi Descartes e Vi`ete, degli olandesi Hudde, Huygens, Van Schooten e dei connazionali Wallis e Oughtred. Gli appunti di Newton a proposito di questi autori ci testimoniano l’evoluzione del suo pensiero da una fase di studio ad una fase di scoperta. Furono proprio questi anni di intenso studio a condurlo ad un periodo di grande creativit`a in diversi ambiti scientifici. Dal punto di vista specificamente matematico, nell’inverno del 1664 Newton padroneggiava lo sviluppo della serie binomiale - da lui inventata - e pochi mesi dopo gi`a utilizzava procedimenti di derivazione e integrazione. In pratica a partire dal 1664 Newton si rese conto di aver raggiunto i lmiti della conoscenza matematica: era ormai pronto a dare il proprio contributo. In una lettera ad Hooke scritta anni dopo, Newton descrisse questo particolare momento in modo molto felice: Se ho visto pi´ u in l` a di Descartes, `e perch´e mi ero drizzato sulle spalle di giganti.
1.2
Gli anni mirabiles (1665-1666)
Gli anni pi` u produttivi dell’intera vita di Newton furono gli anni mirabiles 1665 e 1666. Per gran parte dell’anno accademico 1665-1666 il Trinity College rimase chiuso a causa di un’epidemia di peste, e Newton quindi rientr` o a casa per evitare il contagio e per continuare a studiare. In questi mesi di ritiro forzato, Newton fece 4 delle sue 3
Precisamente, qui Newton si riferisce al De arithmetica infinitorum di John Wallis.
20
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
maggiori scoperte fisico-matematiche, in particolare: 1) la formula del binomio, 2) il metodo delle flussioni (calcolo infinitesimale), 3) la legge di gravitazione universale, 4) la natura dei colori. In una lettera al francese Pierre Des Maizeaux4 , datata 1718, Newton descrisse molti anni dopo le sue ricerche degli anni mirabiles.
All’inizio del 1665 trovai il metodo di approssimazione delle serie e la regola per ridurre qualunque potenza di un binomio in una serie. Nello stesso anno, a Maggio, trovai il metodo delle tangenti simile a quello di Gregory e Slusius, ed a Novembre possedevo il metodo delle flussioni5 [...] in Maggio6 iniziai a lavorare sul metodo inverso delle flussioni7 .
1.2.1
La formula del binomio
Newton ebbe modo di raccontare come ottenne la formula del binomio8 oltre 20 anni pi´ u tardi dell’effettiva scoperta, in due lettere del 1676 - inviate ad Henry Oldenburg ma indirizzate in realt` a a Leibniz9 . Tale formula fu pubblicata da Wallis - che correttamente l’attribu´ı a Newton - nella sua Algebra del 1685 ma fu espressa per la prima volta da Newton stesso in in una lettera inviata ad Oldenburg il 13 giugno 1676, affinch´e la trasmettesse a Leibniz. Riportiamo qui sotto un passo significativo della lettera del 13 giugno10 :
Le estrazioni di radice possono essere molto abbreviate mediante il se4
Un ugonotto francese rifugiatosi a Londra. Pubblic` o nel 1720, ad Amsterdam, un testo dal titolo Collections of Various Pieces on Philosophy, Natural Religion, History, Mathematics etc by Messrs Leibniz, Clarke, Newton and other famous Authors. 5 Il calcolo delle derivate. 6 Dell’anno 1666. 7 Il calcolo integrale. 8` E il teorema che descrive lo sviluppo in serie di un binomio. 9 Henry Oldenburg, allora segretario della Royal Society, fece da tramite tra i due matematici negli anni 1676-1677. 10 Secondo la traduzione in [8, p.57].
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
21
guente teorema: m
(P +P Q) n = P
m n
+
m m−n m − 2n m − 3n AQ+ BQ+ CQ+ DQ+etc. n 2n 3n 4n
Dove P + P Q esprime al quantit`a di cui si deve ricercare o la radice, o anche una qualsiasi potenza, o la radice di una potenza. P indica il primo termine di tale quantit`a; Q indica i rimanenti termini divisi per il primo, ed
m n
l’indice numerico della potenza di P + P Q; questo sia che
si tratti di una potenza intera, frazionaria, positiva o negativa.
Newton chiarisce dunque la sua notazione di potenze frazionarie e negative: Infatti come gli analisti sogliono scrivere a2 , a3 etc. invece di aa, aaa etc., √ √ √ 1 3 5 3 cos´ı io scrivo a 2 , a 2 , a 3 ; invece di a, a3 , a5 etc. Egualmente scrivo 1 1 , aaa a−1 , a−2 , a−3 , invece di a1 , aa
Resta da chiarire il significato delle lettere maiuscole coefficienti di Q, ed `e quello che fa Newton subito dopo:
E infine, invece dei termini ottenuti nel quoziente mediante le operazioni mi servo delle lettere A, B, C, D etc.; e precisamente A al posto del primo termine P
m n
, B al posto del secondo
m n AQ;
e cos´ı per tutti gli altri
termini.
A questo punto Newton fornisce nove esempi di applicazione della regola, riportiamo qui sotto quello che ci sembra il pi` u chiaro, cio`e il quarto esempio: 1
4
4
Radice cubica di(d + e)4 [ cio`e (d + e) 3 ] = d 3 +
infatti P = d, Q =
4ed 3 2
9d 3
+
2ee 2
9d 3
−
4e3 5
81d 3
4 m e , m = 4, n = 3, A(= P n ) = d 3 etc. d
+ etc.,
22
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
Newton utilizza la notazione di potenze frazionarie secondo quanto chiarito in precedenza e procede poi all’estrazione di radice seguendo la regola enunciata. Egli riconosce l’abilit` a matematica del suo interlocutore e quindi non ritiene necessari ulteriori chiarimenti, ma solo l’elenco con i nove esempi di applicazione della regola. Nella lettera datata 24 ottobre dello stesso anno11 , in risposta ad una richiesta di Leibniz, l’inglese spiega dettagliatamente come giunse alla serie binomiale. Ho gi` a esposto a Leibniz uno dei miei metodi, ora voglio esporgliene un altro, proprio quello che per primo mi fece pervenire a queste serie. Infatti le trovai prima di conoscere le divisioni e le estrazioni di radice, di cui ora, di preferenza, mi servo. La spiegazione che ora ne dar` o, mostrer`a anche il fondamento del teorema, posto all’inizio della lettera precedente, che Leibniz desiderava conoscere. Dopo queste considerazioni introduttive, abbiamo alcuni paragrafi che costituiscono una delle prime testimonianze del genio assoluto di Newton: egli si serv´ı della sua straordinaria intuizione matematica per ottenere la serie binomiale a partire da alcuni lavori di Wallis sulle serie12 . Newton stesso descrive dettagliatamente il procedimento che lo ha portato a formulare alcune considerazioni solamente sulla base dell’osservazione di termini delle serie di Wallis, finch´e poi arriv`o per analogia al teorema del binomio. Ci si potrebbe chiedere se la fluidit` a e semplicit`a con cui Newton presenta i suoi straordinari risultati sia da attribuire al suo genio matematico oppure non sia piuttosto uno stratagemma per apparire migliore agli occhi di Leibniz, e magari non rivelare dettagliatamente tutti i passaggi - facendoli apparire ovvi e scontati. La risposta pi` u sensata `e la prima, per due ragioni essenziali: innanzitutto nel periodo della lettera del 1676 i rapporti tra Leibniz e Newton erano piuttosto buoni, e c’era sincero interesse da parte di entrambi nel conoscere i ri11 `
E la lettera inviata da Newton ad Oldenburg, da ritrasmettere a Leibniz, 24 ottobre 1676 (vedi [8, p.81]). 12 In particolare il lavoro sul problema di torvare l’area (da x = 0 a x = x) deimitata da curve le cui ordinate avevano la forma (1 − x2 )n .
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
23
spettivi risultati, inoltre Leibniz gi`a riconosceva - come poi continuer` a a fare anche negli anni successivi - il genio matematico di Newton, che quindi non aveva bisogno di esagerare i propri meriti. Possiamo dunque leggere le pagine che descrivono la scoperta della formula del binomio come una genuina testimonianza di Newton, che voleva semplicemente descrivere ad un amico uno dei pi` u importanti risultati della sua carriera matematica.
Quando, all’inizio dei miei studi di matematica, esaminai l’opera del nostro celeberrimo Wallis, considerai le serie mediante la cui interpolazione egli ci d` a l’area del cerchio e dell’iperbole, come per esempio la serie delle 0
curve aventi per comune base, o asse, x e per ordinate (1 − xx) 2 ; (1 − 2
1
3
4
5
xx) 2 ; (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 etc., dove se le aree dei termini alterni che sono x; x− 13 x3 ; x− 32 x3 + 15 x5 ; x− 33 x3 + 53 x5 − 17 x7 etc., potessero venire interpolate, otterremmo le aree dei termini intermedi, il 1
primo dei quali (1 − xx) 2 `e il cerchio. Al fine di interpolarli notavo allora che in tutti i casi il primo termine era x e che i secondi termini erano in progressione aritmetica, e che quindi i primi due termini della serie da interpolare dovevano essere: x−
1 3 x 2
3
;x −
3 3 x 2
3
;x −
5 3 x 2
3
etc.
Inoltre per interpolare le restanti consideravo che i denominatori 1, 3, 5, 7 etc., erano in progressione aritmetica, e che quindi dovevano ricercarsi solo i coefficienti numerici dei numeratori; ma questi nelle aree date alternativamente erano le cifre delle potenze del numero 11, cio`e 110 , 111 , 112 , 113 , 114 ; ovvero 1; 1, 1; 1, 2, 1; 1, 3, 3, 1; 1, 4, 6, 4, 1 etc. Mi domandavo inoltre in qual modo, in queste serie, date le prime due figure, fosse possibile ricavare le rimanenti; e trovai che, posta la seconda figura m, si ricavavano tutte le altre, moltiplicando continuamente i
24
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) termini della serie: m−0 m−1 m−2 m−3 m−4 × × × × etc. 1 2 3 4 5
Con questa formula, posto il secondo termine m = 3 ed essendo il primo termine 1, la serie sar` a 3×
3−1 3−2 3−3 × × etc. 2 3 4
e dunque i termini saranno rispettivamente 1, 3, 3, 1. Nel caso di m = 4 i termini saranno 1, 4, 6, 4, 1 e cos`ı via per m = 5, 6 etc. Newton procede rapidamente e in modo molto informale, come se i suoi risultati fossero assolutamente ovvi. In particolare si basa su intuizioni personali - testimoniate anche dall’uso di verbi quali notare, considerare - che gli permettono di muoversi a salti, senza enunciare e dimostrare rigorosamente tutti i passaggi. Proprio questo stile - che poi ritroveremo meno accentuato anche nei suoi trattati - fu una delle caratteristiche peculiari dello scienziato inglese. Egli si discost`o molto da Leibniz, che in quanto filosofo, logico e giurista aveva uno stile molto pi` u cauto e per certi versi ` probabile per` moderno nelle dimostrazioni matematiche. E o che proprio l’audacia di Newton lo port` o ad ottenere certi risultati prima di ogni altro: egli era in qualche modo privo di ogni freno, e riusciva a dare libero sfogo al proprio genio matematico. Pi` u avanti nella lettera del 24 ottobre infatti Newton descrive come `e giunto ad ottenere dei procedimenti per calcolare le aree sottese a determinate curve - facendo un passo avanti verso la formulazione di una vera e propria teoria dell’integrazione. Mi sono servito di questa regola per interpolare le serie.13 [...] E con lo stesso procedimento ottenni anche le aree da interpolare delle restanti curve, come l’area dell’iperbole e delle altre curve alterne 0
1
2
3
nella serie (1 + xx) 2 ; (1 + xx) 2 ; (1 + xx) 2 ; (1 + xx) 2 etc. 13
La regola descritta nelle pagina precedenti.
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
25
E lo stesso `e il procedimento per interpolare le altre serie, e ci`o attraverso intervalli di due o pi` u termini mancanti. Questo fu il mio primo esordio in meditazioni di tal genere, che certamente avrei ben presto dimenticato se gi` a da qualche settimana non avessi rivolto la mia attenzione a certi altri fatti. E, proprio quando avevo appreso le cose di cui sopra, stavo considerando 0
2
4
6
che anche i termini (1 − xx) 2 , (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 ; (1 − xx) 2 etc. cio`e 1; 1−xx; 1−2xx+x4 ; 1−3xx+3x4 −x6 etc. potevano venir interpolati alla stessa maniera, e cos`ı le aree da essi generate; e che a questo scopo niente altro si richiedeva se non l’eliminazione dei denominatori 1, 3, 5, 7 etc nei termini esprimenti le aree; che cio`e i coefficienti dei termini della quantit`a 1
2
da interpolare (1−xx) 2 , o (1−xx) 3 , o in generale (1−xx)m , si ottenevano continuando la moltiplicazione dei termini delle serie
m×
m−1 m−2 m−3 × × etc. 2 3 4
Poco pi` u avanti Newton scrisse di aver ottenuto un procedimento per estrarre aritmeticamente le serie, che sono radici della quantit`a 1 − xx. Egualmente la riduzione generale dei radicali in serie infinite, mediante la regola da me stabilita all’inizio della lettera precedente14 , mi era nota prima che trovassi il modo di farlo mediante estrazioni di radice. Tuttavia, una volta pervenuto alla conoscenza del primo procedimento, il secondo non poteva rimanermi a lungo nascosto. Infatti per provare la validit` a di queste operazioni, moltiplicai 1 − 21 x2 − 81 x4 −
1 6 16 x
per se
stesso, ottenendo 1 − xx, dato che tutti gli altri termini, continuando la serie, svanivano all’infinito. Anche 1 − 31 xx − 91 x4 −
5 6 81 x ,
moltiplicato
due volte per se steso, dette come risultato 1 − xx. Questo mi indusse, 14
Cfr. pagina 20.
26
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) non appena fu certa la dimostrazione di queste conclusioni, a tentare se, viceversa, queste serie, che risultavano essere radici della quantit`a 1 − xx, non potessero venire estratte aritmeticamente. Il tentativo riusc`ı perfettamente [...] [...] tralasciai completamente l’interpolazione delle serie e da allora mi servii solo delle nuove operazioni in quanto fondamenti pi` u genuini. [...] Ma l’epidemia di peste mi costrinse a quel tempo a fuggir via di qua e a pensare ad altre cose.15
Completata la spiegazione della sua formula del binomio, Newton nel resto della lettera racconta i suoi progressi nel calcolo delle tangenti, base del suo metodo delle flussioni.
1.2.2
La scoperta del metodo delle flussioni
Negli anni mirabiles 1665-1666 Newton pervenne ad alcune scoperte che posero le basi per il suo metodo delle flussioni. Lontano da Cambridge, lavor` o tra le altre cose ad un metodo per tracciare le tangenti. Sempre nella lettera del 24 ottobre 1676 indirizzata ad Oldenburg, troviamo importanti informazioni su come Newton giunse alla scoperta del metodo. Lo stile di Newton si fa molto pi` u vago rispetto alla prima parte della lettera nella quale enuncia chiaramente la sua formula del binomio. Mi sono poi interessato a molte altre cose, fra le quali un metodo per tracciare le tangenti [...] Tale procedimento 16 non ha bisogno di dimostrazione e, una volta accettato il mio fondamento, nessuno ha pi` u potuto tracciare diversamente le tangenti, a meno che non volesse di proposito allontanarsi dalla retta via. 15 16
Siamo nell’anno accademico 1665-1666: Cambridge rimase chiuso per l’epidemia di peste. Il corsivo `e nostro.
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
27
Con questo mio metodo non ci si arresta davanti a equazioni, comunque affette da esponente, in cui compaiono radicali aventi una o entrambe le quantit` a indefinite, ma senza dover compiere nessuna riduzione di tali equazioni (che nella maggior parte dei casi richiederebbe un immenso lavoro) si traccia immediatamente la tangente. Egualmente si svolge la cosa nelle questioni dei massimi e dei minimi, e in altre di cui ora non sto a parlare. ` evidente che qui il tono di Newton cambia radicalmente: l’inglese `e molto meno E cauto nel suo stile ed anzi vuole rivendicare a s`e i meriti di aver trovato un metodo di derivazione potente ed efficace. Nella frase successiva `e ancora pi` u palese che Newton non vuole rivelare al suo destinatario finale - non Oldenburg, bens`ı Leibniz - i segreti del suo metodo: compare infatti un famoso anagramma alfanumerico. Poich`e non posso darne qui la spiegazione17 preferisco nascondere nelle cifre che seguono il fondamento (invero abbastanza accessibile) di queste operazioni: 6accdæ13eff7i3l9n4o4qrr4s9t12vx.
Newton, quasi fosse una sfida a trovare la soluzione dell’anagramma, continua subito dopo la spiegazione del suo metodo basandosi sul fondamento non rivelato. Mediante questo fondamento ho cercato di rendere pi` u semplici le teorie sulle quadrature, pervenendo a teoremi alquanto pi` u generali. Ma per essere sincero ecco qua il primo teorema. Sia data la curva la cui ordinata dz θ (e+f z η )λ , cade normalmente sull’asse delle ascisse o base z. Denotino le lettere d, e, f le quantit`a date, quali che siano, e siano θ, η, λ, gli indici delle potenze o dignit` a delle quantit`a cui si riferiscono; posto inoltre 17
θ+1 η
Spiegazione del suo metodo di derivazione.
d = r, λ + r = s, η,f (e + f z η )λ1 =
28
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) Q, rη + η = ω, l’area della curva sar` a
Q
zπ r−1 eA r−2 eB r−3 eC r−4 eD − × + × − × + × etc. s s − 1 f zη s − 2 f zη s − 3 f zη s − 4 f zη
dove le lettere A, B, C, Detc. denotano i termini immediatamente antecedenti; A il termine
zπ s ,
eA B il termine − r−1 s−1 × f z η etc. Questa serie, quando
r `e una frazione o un numero negativo, sia proseguita all’infinito, quando invece r `e un numero intero o positivo, sia proseguita per tanti termini quante sono le unit` a in r. E cos`ı si ottiene la quadratura geometrica della curva. Poco pi` u avanti Newton mostra alcuni esempi di applicazione della regola e fa riferimento al procedimento inverso alla derivazione18 , ovvero l’integrazione - che per` o egli ancora chiama quadratura delle curve. Diventa interessante a questo punto leggere come Newton si riferisca direttamente al lavoro di Leibniz, egli infatti nota: [...] e io invero ho imparato a calcolare una serie, da una quantit`a indefinita comunque assunta. Lo stesso credo sappia fare anche Leibniz. Ed ancora poco pi` u avanti: [...] e quantunque il metodo che Leibniz ci ha comunicato sembri piuttosto appropriato a scegliere simili quantit`a indefinite19 , [...] tuttavia ci si pu` o servire di qualsivoglia altre quantit`a indefinite per formare la serie con lo stesso metodo che ci permette di risolvere le equazioni affette da esponenti, purch`e si risolvano nei propri termini; cio`e formando la serie con i soli termini che l’equazione possiede. 18
Newton talvolta si riferisce alla derivazione come alla “rettificazione” delle curve. Newton si riferisce ancora alle quantit` a indefinite per formare una serie, come nel passo precedente. 19
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
29
Qui Newton considera il metodo di Leibniz soltanto una versione pi` u specifica di un metodo pi` u generale del quale sembra rivendicare al paternit`a, con uno stile che poco pi` u avanti `e ancora pi` u palese:
Ma quando si presentano quantit`a irrazionali, si devono in ogni modo tentare le riduzioni, il che si fa sommando, sottraendo, moltiplicando le quantit` a indefinite, sia mediante il metodo di trasformazione di Leibniz, sia con qualsiasi altro metodo.
Newton effettivamente sembra accomunare il metodo di Leibniz al proprio, cercando anche di difendersi nel caso altri rivendicassero la paternit`a del calcolo infinitesimale. Poco pi` u avanti egli dichiara di possedere addirittura due metodi equivalenti per ottenere le tangenti puntuali delle curve20 :
Uno `e simile ai calcoli che, verso la fine della precedente lettera21 , mi servivano a raccogliere le approssimazioni, ed `e facilmente comprensibile con l’esempio seguente: Sia per l’area dell’iperbole l’equazione z = x+ 12 xx+ 31 x3 + 41 x4 + 15 x5 etc.; elevando al quadrato ambo i membri, otteniamo z 2 = x2 + x3 + 5 5 6 x etc.; 1 2 2z
1 4 24 z ,
+
z 3 = x3 + 23 x4 + 47 x5 etc.; z 4 = x4 +2x5 etc.; z 5 = x5 etc.. Togliendo
da z, resta z =
questo
11 4 12 x
1 3 6z
1 2 2z
= x − 16 x3 −
5 4 24 x
si ottiene z − 12 z 2 + 61 z 3 = x +
resta z − 12 z 2 + 61 z 3 −
1 4 24 z
=x−
−
13 5 60 x etc.;
1 4 24 x
1 5 120 x etc.
+
aggiungendo a
3 5 40 x etc.
Togliendo
Aggiungendo
1 5 120 z ,
si
1 4 1 5 z + 120 z = x, con l’approssimazione maggiore ottiene z − 21 z 2 + 61 z 3 − 24
possibile; ovvero x = z − 12 z 2 + 16 z 3 −
1 4 24 z
+
1 5 120 z .
...Riguardo all’altro mio metodo per risalire dalle aree alle linee rette22 , ho deciso di tenerlo nascosto. 20
L’operazione di derivazione. Cio`e la lettera del 13 giugno 1676. 22 Cio`e si tratta sempre di un metodo di derivazione. 21
30
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
Ma perch´e Newton, dopo aver fornito un esempio dettagliato di applicazione di un metodo, dovrebbe tenerne nascosto un altro? Probabilmente perch´e i due metodi non sono perfettamente equivalenti, ovvero uno `e forse pi´ u generale e potente dell’altro, pur essendo non altrettanto pulito ed elegante. Ci` o lo possiamo dedurre una risposta da quanto Newton scrive poco pi` u avanti: egli passa a parlare dei metodi di integrazione, e ricorre di nuovo allo stratagemma dell’anagramma per evitare che altri23 possano ottenere lo stesso risultato rivendicandone a s`e tutti i meriti.
Tuttavia non mi sembra di avere affatto esagerato dicendo che siamo in grado di risolvere i problemi inversi delle tangenti, come altri ancora pi` u difficili, alla cui soluzione pervengo con due metodi, uno pi` u elegante, l’altro pi` u generale. Ora per` o preferisco contrassegnarli entrambi con lettere trasposte, per non essere costretto a cambiare quanto ho stabilito, qualora altri ottenessero lo stesso risultato. 5accdæ10ef f h12i4l3m10n60qqr7s11t10v3x : 11ab3cdd10eœg10ill4m7n6o3p3q6r5s11t7vx, 3acœ4egh6i4l4m5n80q4r3s6t4v, aaddœeeeeeiiimmnnooprrrsssssttuu.
Newton chiude la corrispondenza con Leibniz con la volont`a di stabilire un punto fermo: egli possiede gi` a un metodo di derivazione e integrazione. Ogni altro metodo sar` a successivo e quindi potr` a essere ricondotto a questo. Per concludere quest’analisi dei primissimi studi di Newton sul calcolo, non ci resta che volgere lo sguardo ai primi testi strutturati sul Metodo delle flussioni, ovvero il De Analysi per aequationes numero terminorum infinitas (1669) e il Methodus fluxionium et serierium infinitarum (1670-1671).
23
Tra cui ovviamente lo stesso Leibniz.
1.3. Il metodo delle flussioni (1671)
1.3
31
Il metodo delle flussioni (1671)
Il metodo delle flussioni (o calcolo delle flussioni), come viene usualmente chiamato il metodo scoperto da Newton per l’integrazione e la derivazione, risale agli anni mirabiles 1665 e 1666, ma i primi testi Newtoniani che ne trattano in modo sistematico sono successivi. Sebbene Newton non pubblic`o nulla fino al secolo successivo, possiamo datare con ragionevole precisione la stesura dei due testi principali negli anni intorno al 1670. ll De Analysi per aequationes numero terminorum infinitas fu pubblicato nel 1711, ma cominci` o a circolare tra gli amici dello scienziato inglese a partire dal 1669. In questo testo monografico Newton ancora non fa uso della notazione che poi adotter` a nel suo metodo delle flussioni, anzi, ancora non usa nemmeno la terminologia tipica dei suoi lavori successivi. Egli estende l’applicabilit`a dei metodi trovati in Barrow e Fermat attraverso il suo teorema del binomio24 . Newton introduce il concetto di infinitamente piccolo, sia geometricamente che analiticamente, utilizzando l’idea di un rettangolo indefinitamente piccolo25 e ottiene la quadratura delle curve nel modo seguente: Sia tracciata una curva in modo tale che per l’ascissa x e l’ordinata y l’area sia
z=
n m+m
ax
m+n n
.
Sia o il momento o incremento infinitesimo26 sull’asse delle ascisse. Il nuovo valore sulle ascisse sar` a dunque x + o e l’area sar` a diventata
z + oy =
n m+m
a(x + o)
m+n n
.
Applicando il teorema del binomio, dividendo per o e poi annullando tutti i termini 24
Cfr. ancora p.20. Detto anche “momento” dell’area. 26 Qui Newton riprende la notazione di Gregory. 25
32
1.3. Il metodo delle flussioni (1671) m
contenenti o27 . Il risultato sar` a allora y = ax n . E dunque, se l’area sottesa alla curva `e
z=
n m+m
ax
m+n n
,
m
la curva sar` a y = ax n .28 m
a possibile ottenere l’area29 Mentre data una curva y = ax n , sar`
z=
n m+m
ax
m+n n
.
In questo modo Newton - considerando l’incremento dell’area - risolve quello che in analisi moderna viene detto integrale indefinito30 . In precedenza l’integrazione veniva considerata soltanto come limite di una somma in un intervallo.31 Centrale in questo procedimento `e la determinazione dell’incremento, cio`e alla base del metodo di integrazione c’`e la derivazione. Newton fu il primo a trovare un metodo generale per calcolare le derivate e un metodo per ricondurre i problemi di somme alla derivazione. In precedenza veniva fatto esattamente l’inverso: i problemi di calcolo di tangenti venivano ricondotti alla quadratura delle curve. Sebbene il De Analysi contenga molti dei metodi essenziali alla base del calcolo, Newton non fornisce alcuna giustificazione rigorosa. Si tratta di una spiegazione piuttosto che di una dimostrazione, quindi nessun concetto viene chiarito con cura. Possiamo soltanto dedurre che nell’operazione di integrazione precedentemente descritta l’ordinata y rappresenta la velocit`a dell’incremento dell’area, mentre sulle 27
Questo `e un passaggio molto delicato e controverso: Newton prima divide per o, assumendo quindi o 6= 0, ma poi fa tendere o a valori infinitamente piccoli, annullando quindi tutti i termini che si moltiplicano per o, come se all’infinito fosse effettivamente o = 0. 28 Questa ` a un’operazione di derivazione. 29 Questa `e invece l’operazione inversa di integrazione. 30 Cio`e l’integrazione di una funzione considerata in generale, non all’interno di un intervallo definito 31 Ovvero come estensione in IR (insieme dei numeri reali) di una serie in IN (numeri naturali) per un intervallo definito superiormente ed inferiormente - ci` o che in analisi moderna viene definito integrale definito.
1.3. Il metodo delle flussioni (1671)
33
ascisse x troviamo il tempo. Newton considerava appartenenti alla metafisica tutti i problemi legati al moto, questa `e una ragione per cui inizialmente evit`o ogni tentativo di definizione troppo rigorosa e limitativa. Il secondo trattato di Newton sul calcolo - il Methodus fluxionum et serierium infinitarum, che viene fatto risalire al 1671 - `e decisamente pi` u esteso e per certi versi pi` u completo. Questo trattato, pubblicato soltanto nel 1736, introduce la notazione caratteristica dei testi successivi e i concetti basilari del calcolo delle flussioni di Newton. Qui troviamo il concetto di quantit`a variabili generate dal moto di punti, linee e piani al posto del vecchio concetto di elementi infinitamente piccoli presente nel De Analysi. Fondamentale nel sistema di Newton diventa il concetto di moto, strettamente legato al concetto intuitivo di tempo e quindi considerato primitivo, tanto che non necessita di alcuna definizione. Newton chiama flussione la velocit`a di generazione della quantit` a variabile detta fluente. Se denotiamo con x e y le quantit`a fluenti, allora le flussioni saranno denotate con x˙ e y. ˙ 32 Nell’analisi moderna una flussione `e semplicemente la derivata prima della funzione considerata33 . Ovviamente Newton considerava anche flussioni di grado superiore - derivate di secondo grado ad esempio - denotandole con un ulteriore punto al disopra della lettere, ad esempio x ¨, y¨ sono le flussioni di x, ˙ y, ˙ a loro volta flussioni di x, y. Nel Methodus Fluxionum Newton enunci` o chiaramente il problema fondamentale del calcolo: data una relazione tra le quantit`a fluenti, stabilire la relazione tra le relative flussioni, e viceversa. Seguendo il metodo di Newton, consideriamo la relazione y = xn . La soluzione viene ottenuta con un metodo che si discosta leggermente ma in modo fondamentale da quello del De Analysi. Sia o un intervallo di tempo infinitamente piccolo, siano xo ˙ e yo ˙ gli incrementi infinitesimi, o momenti, delle 32
Nella notazione Newtoniana a partire dal 1691, una flussione `e denotata da una lettera con un punto al di sopra di essa, in inglese ci si riferisce ad esse come “pricked letter”. Prima di quella data Newton utilizzava una notazione molto scomoda, con lettere dell’alfabeto diverse per indicare le fluenti e le relative flussioni. 33 Nel lessico Newtoniano la funzione considerata `e la quantit` a fluente.
34
1.3. Il metodo delle flussioni (1671)
quantit` a fluenti x ed y. Tornando a y = xn , sostituiamo x con x + xo ˙ e y con y + yo. ˙ Infine, in modo analogo a quanto descritto nel De Analysi, applichiamo il teorema del binomio, cancelliamo tutti i termini non contenenti o e dividiamo tutto per o. y = xn y + yo ˙ = (x + xo) ˙ n y˙ = (x + xo) ˙ n . y˙ = .. y˙ = nxn−1 x˙
I cambiamenti di notazione non influenzano sostanzialmente i precedenti risultati, ma eliminano le difficolt` a - secondo Newton - della dottrina degli indivisibili, utilizzando il concetto molto pi` u intuitivo di moto. In questa prima formulazione del metodo delle flussioni, resta tuttavia ancora molto incerto il concetto di limite. Newton tratta le flussioni come quantit`a evanescenti34 , perch`e ad un certo punto i termini sono infinitamente piccoli, ma poich`e di fatto le flussioni sono sempre in rapporto tra loro - non vengono mai considerate da sole - serve una pi` u rigorosa definizione di limite per evitare incertezze nel procedimento.35 Resta comunque il fatto che Newton, a partire dal 1666, gi`a possedeva le regole generali del calcolo infinitesimale. Pi´ u tardi, intorno al 1671, inizi` o ad utilizzare un metodo molto evoluto per trattare i problemi di calcolo delle tangenti e delle quadratura, dando vita di fatto al primo sistema strutturato di calcolo di integrali e derivate nella storia della matematica. Al di l` a dello Stretto della Manica, Leibniz stava per trasferirsi a Parigi dove avrebbe
34
Qui rispettiamo esattamente il lessico Newtoniano. Qui `e sotto accusa la leggerezza con la quale Newton prima considera o un divisore e poi elimina i termini che contengono o perch`e infinitamente piccoli (o viene trattato come 0). 35
1.4. Lo scontro con Hooke (1672)
35
approfondito i suoi studi di matematica superiore. Il tedesco era ancora lontano dal primato di Newton, ma non ci vollero molti anni affinch`e i matematici del continente riconoscessero in Leibniz il massimo matematico nel campo del calcolo infinitesimale. Tuttavia `e certo che nessuno, in quel periodo, fosse al corrente dei contenuti dei ` opportuno chiedersi come mai Newton abbia deciso di non testi di Newton. E pubblicare i suoi lavori. Probabilmente il motivo principale fu che Newton non riusc´ı fino a molti anni pi´ u tardi a dare una forma organica e completa ai suoi studi di matematica. Se davvero avesse voluto, egli avrebbe potuto pubblicare i suoi lavori fin dagli anni sessanta, autofinanziandosi. Newton in questo periodo prefer´ı mantenere i suoi risultati segreti, e rivelarli soltanto agli amici pi´ u intimi. Ma forse il motivo `e anche un altro: uno dei primi tentativi di pubblicazione non ebbe successo e Newton divenne molto pi´ u prudente, addirittura insicuro. Vediamo il perch´e.
1.4
Lo scontro con Hooke (1672)
Nei primi anni del 1670 Newton pubblic`o sulle Philosophical Transactions della Royal Society di Londra un testo di ottica. Non meno rivoluzionario delle sue teorie matematiche, questo trattato metteva in dubbio la teoria della luce e dei colori considerata valida fino ad allora. Nei primi anni settanta Newton dimostr`o presso la Royal Society il funzionamento del telescopio riflettente da lui inventato, ed in uso ancora oggi. I membri della Royal Society rimasero cos´ı bene impressionati da inviare una lettera a Newton tramite il segretario della Royal Society - in cui lo ringraziavano di aver condiviso una tale scoperta e gli chiedevano di proteggerla “dall’usurpazione degli stranieri”36 . Sulle Philosophical Transactions dell’11 gennaio 1672 fu pubblicata la descrizione 36
Vedi in inglese [2] a pagina 42.
36
1.4. Lo scontro con Hooke (1672)
del funzionamento del telescopio riflettente. L’inglese avrebbe avuto la possibilit`a di approfittare di questa popolarit` a per pubblicare i suoi testi di matematica. Tale pubblicazione avrebbe cambiato completamente il corso della storia della matematica ad avrebbe garantito un avanzamento pi` u rapido delle conoscenze nel campo del calcolo infinitesimale. Ma egli decise che avrebbe dovuto pubblicare prima i suoi studi di ottica. Il 6 febbraio 1672 Newton invi`o un manoscritto riguardante alcune sue teorie di ottica all’allora segretario della Royal Society, Henry Oldenburg. Il 19 febbraio 1672 fu pubblicato sulle Philosophical Transactions of the Royal Society il testo di Newton intitolato “Nuova teoria della luce e dei colori”. Frutto di anni di lavoro, il trattato di Newton presentava una teoria - completamente nuova - che metteva in dubbio alcuni capisaldi della teoria della luce e dei colori allora considerata corretta. Tuttavia, invece di fargli guadagnare gloria e riconoscimenti, questo trattato costitu´ı un grande problema. Numerosi scienziati, membri della Royal Society, si scagliarono contro il testo di Newton. Tra di essi spicc` o Robert Hooke, gi`a membro da dieci anni e uno dei maggiori esperti di ottica in Inghilterra. Egli scrisse una famosa lettera indirizzata a Newton, che non aveva n´e la fama n´e il prestigio per affrontare tali critiche. Tale lettera faceva parte di un resoconto preparato da un comitato, voluto dalla Royal Society, che aveva il solo compito di analizzare e valutare il contenuto scientifico del testo di Newton. Roberto Hooke attacc` o senza mezzi termini quelli che a suo avviso erano gravi problemi di interpretazione dei dati sperimentali. In sostanza Hooke cerc` o di dimostrare che le vecchie teorie erano ancora valide, ed era Newton a sbagliarsi. Per Newton fu uno shock: impieg` o tre mesi a rispondere. Alla fine replic` o minuziosamente alle obiezioni di Hooke, contrattaccando: sostenne che era la teoria di Hooke ad essere inadatta a descrivere il mondo fisico. Nei mesi seguenti Newton continu` o a ricevere critiche da scienziati sparsi nel con-
1.4. Lo scontro con Hooke (1672)
37
tinente, ai quali cerc` o di rispondere, finch´e non decise di ritirarsi a Cambridge. Vittime illustri di questo ritiro dalle scene furono i suoi testi sul calcolo infinitesimale. Poich´e Newton aveva sempre pensato di pubblicare gli studi di Ottica assieme a quelli sul calcolo, le difficolt` a con cui furono accolti i primi lo portarono rimandare la pubblicazione dei secondi. Ormai non c’era pi´ u l’opportunit`a di pubblicare i suoi lavori sul suo Metodo delle Flussioni37 , che quindi continuarono a rimanere ignorati per i successivi venti anni, quando furono tirati in ballo nel bel mezzo della disputa con Leibniz.
37
Cfr. pagina 33.
Capitolo 2
Gottfried Wilhelm Leibniz: i viaggi matematici in Europa Ogni essere umano nato in questo universo `e come un bambino cui sia stata data la chiave di una biblioteca infinita, scritta in codici pi` u o meno oscuri, organizzata secondo uno schema - da cui dapprincipio non sappiamo nulla, a parte il fatto che sembrerebbe esserci un qualche schema - pervasa da un vapore, da uno spirito, da una fragranza grazie a cui noi ricordiamo che `e opera di nostro Padre. E questo non ci `e di alcun aiuto, se non per il fatto che ci ricorda, quando veniamo colti dalla disperazione, che esiste una logica a esso sottesa, la quale una volta `e stata compresa e pu` o dunque essere compresa di nuovo. Leibniz a Fatio da Confusione di Neal Stephenson
2.1
I primi studi matematici di Leibniz (1666-1671)
Leibniz fin da giovanissimo si dimostr`o un genio precoce e autodidatta: all’et`a di quindici anni entr` o all’universit` a di Leipzig, sua citt` a natale, dove a diciassette anni 39
40
2.1. I primi studi matematici di Leibniz (1666-1671)
consegu`ı il titolo di baccelliere. All’universit` a fece studi di teologia, legge, filosofia e matematica: proprio per un cos`ı vasto bagaglio culturale viene talvolta descritto come l’ultimo erudito dotato di conoscenze universali. Quando nel 1666 l’Universit` a di Leipzig gli neg` o il dottorato in legge si trasfer`ı ad Altdorf, presso la cui Universit` a consegu`ı un anno pi` u tardi il dottorato con una tesi di argomento giuridico dal titolo De Casibus Perplexis. Gli fu offerta una cattedra di professore in legge ma la rifiut`o e si trasfer`ı nella vicina Nuremberg per intraprendere la carriera di avvocato.1 Qui entr` o in una societ`a alchemica2 , di cui fu nominato segretario: partecip`o per mesi alle discussioni e ai dibattiti anche se in seguito rinneg`o il culto dell’alchimia. Nel 1667 ci fu un evento che cambi` o per sempre la vita di Leibniz, appena ventitreenne: conobbe un’importante personalit`a politica, conosciuta in numerose capitali tedesche, il Barone Johann Christian von Boineburg di Mainz. Divenne ben presto grande amico di Boineburg, per il quale lavor` o cinque anni come segretario, assistente, consigliere e avvocato. A quest’epoca la preparazione di Leibniz in campo matematico era ancora molto incompleta: pur avendo dimostrato grandi doti in matematica e soprattutto in logica3 , non era ancora a conoscenza degli ultimi sviluppi della matematica superiore. La preparazione scolastica tedesca delll’epoca infatti poneva al centro Aristotele e la logica, lasciando poco spazio alla matematica vera e propria. Fu per questo che Leibniz dovette far ricorso alla sua abilit` a di autodidatta, sviluppata negli anni trascorsi sui libri della biblioteca di famiglia4 , per studiare i testi dei pi` u grandi matematici 1 Leibniz, ormai avanti negli anni, scrisse che prese questa decisione perch`e pensava che la carriera di avvocato gli avrebbe permesso di fare del bene all’intera umanit` a pi` u di quanto gli avrebbe permesso la carriera accademica, chiuso in un aula universitaria. 2 Si racconta che inizialmente i membri della societ` a alchemica gli rifiutarono l’iscrizione: ma Leibniz non si arrese, si procur` o libri di alchimia particolarmente complessi e - copiandone i termini pi` u oscuri - compose un testo che impression` o molto i suoi esaminatori. Anche se il testo - come egli stesso confess` o pi` u tardi - non aveva alcun significato compiuto, finalmente fu ammesso nella societ` a.. 3 Si dice che egli riuscisse non solo a padroneggiare tutte le regole della logica aristotelica, ma che perfino fu in grado di individuare i limiti di tale sistema logico.. 4 Il padre di Leibniz era un professore presso l’Universit` a di Leipzig.
2.2. Leibniz a Parigi (1672)
41
che lo precedettero. Punto di partenza degli studi matematici di Leibniz fu la volont`a di costruire un sistema universale di rappresentazione dei concetti e delle relazioni tra di essi attraverso un linguaggio logico matematico del pensiero umano, ci`o che egli chiam` o characteristica universalis. Quando scrisse la sua prima tesi di dottorato, la Dissertatio de Arte Combinatori 5 , egli aveva ancora poche conoscenze di matematica ma tale dissertazione in qualche modo prepar`o il terreno alla scoperta del calcolo infinitesimale. Cos’altro `e infatti il calcolo se non un insieme di conoscenze - un linguaggio matematico - che ci permette di operare su numeri e quantit`a variabili definite analiticamente e geometricamente? Lo stretto legame con la characteristica universalis `e evidente, ed anzi il calcolo fu per Leibniz soltanto una parte di un sistema logico pi` u generale. Tale approccio logico caratterizz` o essenzialmente il calcolo infinitesimale di Leibniz, in netta contrapposizione all’approccio pi` u pratico di Newton, che partiva da problemi fisici6 piuttosto che filosofici. Sebbene le premesse per i lavori degli anni successivi ci fossero tutte, intorno agli anni settanta del Diciassettesimo Secolo, Leibniz ancora non aveva affrontato gli studi riguardanti le quadrature e il calcolo delle tangenti, mentre Newton aveva gi`a prodotto le basi del suo calcolo delle flussioni. Soltanto una straordinaria capacit` a di apprendimento - unitamente alla fortuna di aver intrapreso la carriera diplomatica - gli permise nel giro di pochi anni di diventare uno dei pi` u eminenti matematici del suo tempo.
2.2
Leibniz a Parigi (1672)
L’occasione per approfondire gli studi di matematica si present`o a Leibniz nel 1672, anno in cui fu inviato dal Barone di Boineburg in missione diplomatica a Parigi. In 5 6
Fu questo lavoro ad essere rifiutato dall’Universit` a di Leipzig. Problemi legati al moto dei corpi e al calcolo di quantit` a variabili.
42
2.2. Leibniz a Parigi (1672)
quegli anni la Francia, di gran lunga la maggiore potenza europea, era in procinto di invadere l’Olanda: gli Stati Germanici erano divisi tra sostenitori e avversari del paese governato da Luigi XIV. Boineburg e Leibniz erano contrari ad un alleanza con Inghilterra, Olanda e Svezia contro la Francia e nel 1671 si preparavano a visitare Parigi per prendere accordi economicamente vantaggiosi con il ministro degli esteri francese. Nel 1672 l’ambasciatore francese fu in missione a Magonza per richiedere la concessione del passaggio di navi da guerra sul Reno, quindi Boineburg non aveva pi` u bisogno di recarsi a Parigi. Fu deciso che fosse il solo Leibniz, assieme ad un servo, a recarvisi in rappresentanza del Barone di Mainz. Leibniz part`ı alla volta di Parigi in segretezza il 16 marzo 1672, portando con s´e una lettera di presentazione di Boineburg, un ingegnoso piano militare7 e denaro per coprire tutte le spese. Leibniz non ebbe mai l’opportunit`a di presentare il proprio piano a Luigi XIV perch`e il 6 aprile la Francia dichiar` o guerra all’Olanda. La permanenza a Parigi divenne per Leibniz - inizialmente libero da ogni impegno lavorativo - un’opportunit`a unica per studiare il francese ed entrare in contatto con gli intellettuali pi` u importanti del periodo. In campo matematico, fu di fondamentale importanza l’amicizia con Christiaan Huygens, un matematico e fisico olandese che vantava numerosissime amicizie con intellettuali in tutta Europa. A testimonianza del rispetto di cui godeva Huygens in Francia, egli rimase il membro pi` u importante dell’Acad´emie des Sciences8 anche dopo che i rapporti tra Francia e Olanda si deteriorarono gravemente. Dunque, Huygens spron`o Leibniz ad approfondire gli studi matematici, e notandone i rapidi progressi gli sottopose un problema riguardante una serie matematica, in particolare la somma
1+ 7
1 1 1 1 + + + 3 6 10 15
Leibniz avrebbe dovuto proporre a Re Luigi XIV in persona un alternativa all’invasione dell’Olanda, cio`e l’invasione dell’Egitto, all’epoca sotto l’Impero Turco Ottomano. Tale piano fu ripreso da Napoleone - che cap`ı l’importanza strategica del territorio egiziano negli equilibri del Mediterraneo - oltre un secolo dopo. 8 Una societ` a scientifica francese alla cui fondazione lo stesso Huygens aveva contribuito.
2.2. Leibniz a Parigi (1672)
43
ovvero la somma dei reciproci dei numeri triangolari 2 . n(n + 1) Leibniz di fronte a questo problema ebbe l’intuizione di osservare che ciascun termine pu` o essere scomposto in due frazioni usando la formula 2 =2 n(n + 1)
1 1 − n n+1
.
Da questo si deduce che la somma dei primi n termini `e
2
1 1 − 1 n+1
e poich`e 1 −→n→∞ 0 n+1 la somma della serie infinita `e 2. In notazione moderna ci`o significa che osservando
lim
n→∞
1 =0 n+1
si pu` o dimostrare che ∞ X
2 → 2. n(n + 1) n=1 Ma ovviamente non c’era ancora la definizione rigorosa di limite per successione, e nemmeno c’era il concetto di serie come lo intendiamo oggi, quindi il risultato `e da imputarsi interamente al genio matematico di Leibniz. Dopo che Leibniz riusc`ı a fornire la soluzione corretta, Huygens lo invit`o a studiare i testi di John Wallis9 , Gregory St. Vincent e Bonaventura Cavalieri riguardanti la teoria degli indivisibili10 . 9 10
In particolare l’Arithmetica Infinitorum che aveva letto anche Newton anni prima. L’idea che una figura geometrica `e costituita da sotto-figure geometriche infinitamente picco-
44
2.3. Leibniz a Londra (1673)
Leibniz ampli` o le sue conoscenze e arriv`o a produrre risultati originali: in quattro anni e mezzo riusc´ı a diventare - da giovane avvocato con una piccola preparazione in matematica formale qual era - uno studioso in grado di comprendere la matematica pi` u avanzata del suo tempo e di inventare il calcolo differenziale ed integrale. Dopo pochi mesi dal suo arrivo a Parigi arrivarono pessime notizie dalla Germania: Leibniz fu messo al corrente della morte di Boineburg, che fu per lui ben pi´ u di un datore di lavoro. Circa un mese dopo giunse anche la notizia della morte della sorella di Leibniz. Quando nell’inverno del 1673 Leibniz intraprese un viaggio con il figliastro di Boinegurg - Melchior Friedrich von Sch¨ onborn, diretto a Londra - non immaginava che proprio a Londra avrebbe avuto esperienza di uno dei pi´ u grandi fallimenti della sua carriera.
2.3
Leibniz a Londra (1673)
Leibniz e Melchior Friedrich von Sch¨ onborn arrivarono a Dover il 21 gennaio 1673, alla volta di Londra. Mentre Sch¨ onborn era in missione diplomatica, Leibniz ebbe modo di entrare in contatto con gli intellettuali della Royal Society, l’equivalente inglese dell’Acad´emie des Sciences.11 Huygens - gi`a membro - aveva inviato ad Henry Oldenburg, segretario della Royal Society, una lettera di presentazione per Leibniz riguardante un’invenzione definita molto promettente: una macchina calcolatrice meccanica. A quel tempo in Germania non c’erano scienziati che potessero essere paragonabili ai membri della Royal Society, in termini di consapevolezza della direzione che i progressi nelle scienze stavano prendendo. In sostanza gli scienziati della Royal Society e quelli tedeschi non condividevano la stessa visione. Fatta eccezione per le, come ad esempio una linea `e costituita da infiniti punti che presi singolarmente non hanno dimensione. 11 Fondata nel 1662 a Londra con l’obiettivo di promuovere la conoscenza della natura, ne furono membri tra gli altri gli stessi Newton e Leibniz.
2.3. Leibniz a Londra (1673)
45
Leibniz, che infatti fin´ı per entrare a far parte della prestigiosa istituzione scientifica inglese. Il primo approccio fu deludente: la Royal Society invit`o formalmente Leibniz a dimostrare il funzionamento della sua macchina calcolatrice, ma la presentazione fu un completo insuccesso. Di fatto la macchina calcolatrice, che avrebbe dovuto eseguire addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni, era ancora un prototipo non funzionante. Sebbene Leibniz pot´e spiegarne molto bene il funzionamento, le reazioni dei presenti furono negative. In particolare reag´ı in modo molto negativo Robert Hooke, che gi` a si era scagliato contro Newton12 . Pochi giorni dopo la dimostrazione di Leibniz, Hooke lo attacc` o pubblicamente facendo commenti pesantemente negativi sulla macchina calcolatrice e promettendo di costruirne una propria funzionante. Nel corso della stessa riunione della Royal Society, Hooke attacc`o anche Newton. N´e Leibniz n´e Newton furono presenti per difendersi: addirittura Leibniz fu messo a conoscenza dell’attacco da Oldenburg13 . Tale episodio tuttavia non imped`ı Leibniz di essere eletto membro della Royal Society il 19 aprile 1673. Durante la sua permanenza a Londra, Leibniz aveva ancora una scarsa preparazione in matematica e non colse l’occasione per conoscere i matematici pi´ u importanti dell’isola. Non visit`o n´e Cambridge n´e Oxford e non incontr` o n´e Wallis n´e Newton. Non ebbe nemmeno modo di conoscere di persona Collins, che pure in seguito si sarebbe dimostrato molto disponibile. Leibniz manifest` o in effetti - a quel tempo un interesse piuttosto blando per argomenti strettamenti matematici. Del resto la corrispondenza on Oldenburg, fino a quel punto, aveva riguardato argomenti filosofici. Ma da quando Leibniz rientr` o nel continente l’interesse vir`o decisamente nel campo matematico. Durante il soggiorno londinese, ci fu un episodio che mise in forte imbarazzo il giovane Leibniz - ancora inesperto negli studi di matematica - durante un suo incontro 12
Cfr. pagina 35. Oldenburg tranquillizz` o Leibniz, definendo gli attacchi di Hooke pretestuosi e infondati, ma lo invit` o a terminare la macchina calcolatrice quanto prima per mettere a tacere gli avversari. 13
46
2.3. Leibniz a Londra (1673)
con il matematico John Pell14 . Egli fu invitato a presentare alcuni dei suoi lavori ad un ristretto pubblico di scienziati, presso l’abitazione della sorella del grande scienziato inglese Robert Boyle15 . Leibniz prov`o ad impressionare la platea mostrando un nuovo metodo matematico per risolvere alcuni problemi algebrici. Pell inform` o subito Leibniz che in realt` a tale metodo era gi`a stato scoperto da un matematico francese, ripreso poi in un testo pubblicato pochi anni prima.16 Leibniz - che era in assoluta buona fede - ottenne la sera stessa una copia del libro da Oldenburg: l’obiezione di Pell era corretta. Poich`e il libro era noto anche in Francia, c’era una possibilit`a che Leibniz lo avesse letto: fu insinuato che i suoi risultati fossero quindi un plagio. Leibniz dovette scrivere una lettera di chiarimento indirizzata alla Royal Society e, sebbene tale lettera testimoniasse pi` u l’impreparazione matematica del suo autore che la sua malafede, fu considerata successivamente, dai sostenitori di Newton, una prova della tendenza del tedesco a copiare i risultati di altri matematici. L’episodio passato alla storia come The Affair of the Eyebrow 17 in particolare, ed in generale l’aver constato la sua scarsa preparazione, convinsero Leibniz a raddoppiare i propri sforzi. Una volta rientrato a Parigi, riprese a dedicarsi alla matematica superiore con rinnovata energia. Oldenburg e Collins diedero a Leibniz una lettera da consegnare Huygens una volta rientrato a Parigi. Dopo che questi l’ebbe ricevuta, indic` o al suo pupillo molti testi di matematica per approfondire la propria preparazione. Leibniz dunque si rivolse ai testi di Descartes sulla geometria analitica, di Bonaventura Cavalieri e di Evangelista Torricelli sul calcolo di aree e volumi. Lesse Gilles Personne de Roberval e Blaise Pascal, i cui lavori riguardanti gli indivisibili e gli infinitesimali anticiparono 14
All’epoca Pell era considerato uno tra i migliori due o tre matematici in tutta l’Inghilterra. Il quale, quando si trovava in citt` a, risiedeva appunto presso l’abitazione della sorella, Lady Ranelagh, a Pall Mall. 16 Il matematico originale era Francois Regnalud, il cui metodo fu ripreso da Gabriel Mouton nel libro Observationes diametrorum solis et lunæ apparentium, riguardante il diametro del sole e della luna. 17 Tale evento fece in effetti alzare il sopracciglio (eyebrow) a pi` u di una persona. 15
2.3. Leibniz a Londra (1673)
47
il calcolo integrale. Conobbe i pi` u recenti lavori di Johan Hudde e Ren´e Francois de Sluse sulle tangenti di curve geometriche. Dopo essersi dedicato - fino all’et`a di venticinque anni - alla linguistica, alla teologia, alla filosofia e alla giurisprudenza, Leibniz prese a studiare tutti i risultati pi´ u avanzati della matematica del suo tempo. Intorno al 1673 Leibniz aveva gi` a scoperto un metodo che utilizzava serie di numeri razionali18 per risolvere il problema della quadratura del cerchio19 : tale soluzione ad un problema che aveva vessato per anni i suoi contemporanei fu definita da Huygens particolarmente elegante. Leibniz estese tale metodo, unitamente ai lavori di Pascal e Sluse sulla regola delle tangenti, ad una figura geometrica qualunque, non soltanto il cerchio. Ci` o condusse Leibniz, nell’arco di pochi anni, alla scoperta del calcolo infinitesimale. In questi Collins inizi` o una corrispondenza con Leibniz, con l’obiettivo di fornire al tedesco aggiornamenti sugli ultimi progressi matematici in Inghilterra. Nella prima lettera il nome di Newton compare numerose volte, come a chiarire a Leibniz chi fosse il matematico di riferimento. Newton fu nominato come inventore di metodi grafici e geometrici per la soluzione di equazione ma anche come inventore di un metodo ` evidente che ora Leibniz generale per la quadratura e il calcolo delle derivate. E sapeva a chi doveva rivolgersi per essere messo a conoscenza degli ultimi progressi della matematica. Fu proprio la corrispondenza con Collins - e con Oldenburg - a portare al primo scambio epistolare tra Leibniz e Newton.
18 19
Numero cio`e rappresentabile come frazioni. La quadratura `e intesa come il calcolo esatto dell’area.
Capitolo 3
La corrispondenza con Oldenburg “Ah, si tratta sempre di quel progetto! Perch´e non continuate ad occuparvi di monadi? Le monadi sono un argomento assolutamente gradevole e non necessitano di elaborazione per mezzo di macchine.” “Io mi sto occupando di monadi, Maest` a. Mi occupo di monadologia ogni giorno, ma lavoro anche su altre cose...” Leibniz e Sophie in Confusione di Neal Stephenson
3.1
La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (16731676)
Una volta tornato a Parigi, Leibniz continu` o a mantenere una corrispondenza con il connazionale Oldenburg, ancora segretario della Royal Society. Molti matematici inglesi iniziarono a vedere con sospetto questa stretta relazione: era pur vero che entrambi erano tedeschi, ma cosa avrebbero potuto temere i matematici inglesi da 49
50
3.1. La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (1673-1676)
una stretta collaborazione tra Oldenburg e Leibniz? Leibniz non era francese ma viveva pur sempre a Parigi - `e noto il clima di sospetto e rivalit`a tra i due Paesi divisi dallo Stretto della Manica - e per di pi` u era il pupillo di Huygens, unico vero competitore continentale del primato matematico inglese. Tanto era sufficiente per rendere i matematici britannici restii a confidare al filosofo tedesco gli ultimi progressi nel calcolo infinitesimale. Leibniz, dopo aver interrotto nel luglio 1673 la corrispondenza con Oldenburg, la riprese comunicando di aver trovato un metodo per calcolare l’area del cerchio e di un qualsiasi suo settore per mezzo di una serie di numeri razionali1 . Nell’ottobre dello stesso anno scrisse di aver scoperto un teorema che permetteva, dato il seno, di trovare l’arco o l’ampiezza del settore del cerchio corrispondente, ma non di averne ancora trovato una dimostrazione. Tale teorema era stato in realt` a gi`a scoperto da Newton, che nel Compendio sull’Analisi lo aveva espresso nella forma riportato qui sotto. Teorema 3.1.1. Sia 1 il raggio di un cerchio, z l’arco e e x il seno. Le equazioni che, conosciuto il seno danno l’arco e, conosciuto l’arco danno il seno sono le seguenti: 3 5 7 35 9 1 x + x + etc. z = x + x3 + x5 + 6 40 112 1152 1 1 5 1 7 1 z = z − z3 + z + z + z 9 + etc. 6 120 1050 362880
Nel corso della loro corrispondenza ormai abituale, Oldenburg invi`o a Leibniz una lettera di Collins, scritta il 15 aprile 1675, che si suppone contenesse, tra le altre, le due serie di Newton sopra riportate2 . 1 2
Cfr. pagina 47 Erano presenti nella lettera, in totale, 8 serie trovate da Newton e da Gregory, tra cui quelle
3.1. La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (1673-1676)
51
Leibniz rispose il 20 maggio, confermando di aver ricevuto tale lettera3 : Ho ricevuto la vostra lettera, ricolma di preziose notizie di algebra; ne ringrazio voi e il dottissimo Collins. Ma poich´e mi trovavo pi` u del solito occupato in questioni di meccanica, non ho avuto il tempo di raffrontarle con le mie. Non appena mi sar` a possibile farlo, vi invier`o la mia opinione a questo riguardo: sono infatti gi`a passati diversi anni da quando ho trovato le mie serie, servendomi di una via abbastanza singolare. Non solo Leibniz non cita Newton, ma da allora non riconobbe pi` u di aver ricevuto tale lettera e mai dimostr`o che le sue serie fossero diverse da quelle inviategli da Oldenburg. Tale episodio fu considerato dai sostenitori di Newton un’ulteriore testimonianza del comportamento scorretto di Leibniz, che fin dall’inizio della disputa sul calcolo infinitesimale si sarebbe appropriato indebitamente dei risultati di altri matematici.4 Del resto Newton rimase sempre sorpreso della rapidit`a con cui Leibniz riusc´ı a compiere tanti e tali progressi in cos´ı poco tempo. Non pot´e giustificare tale rapidit`a se non supponendo che Leibniz avesse in realt` a preso in prestito idee altrui per conseguire i suoi risultati. Eppure ormai `e noto che nel 1675 Leibniz aveva gi`a individuato i concetti basilari del suo calcolo differenziale, quindi le lettere che continu` o a ricevere lo avrebbero influenzato soltanto marginalmente. Tuttavia sembrerebbe che davvero nelle lettere di Oldenburg non fossero presenti le due formule di Newton. Infatti l’anno dopo Leibniz, in una lettera datata 12 maggio 1676, pregava Oldenburg di fornire la dimostrazione, ovvero il metodo, che Newton aveva utilizzato per trovare le formule sopra riportate. Leibniz scrisse da Parigi: Dal danese Georg Mohr5 ho saputo che il vostro dottissimo Collins gli ha comunicato l’espressione della relazione intercorrente fra l’arco e il seno per calcolare la tangente conoscendo l’arco e viceversa. 3 La lettera di Collins che Oldenburg gli aveva girato: Oldenburg fu quasi sempre il tramite nelle comunicazioni tra Leibniz e i matematici inglesi. 4 Cfr. The Affair of the Eyebrow a pagina 46. 5 Probabilmente anch’egli ne era venuto a conoscenza tramite Collins.
52
3.2. Epistola prior (13 giugno 1676) per mezzo delle seguenti serie infinite [...]6
Avendo saputo, dico, queste cose, esse mi sono sembrate particolarmente acute, soprattutto la seconda serie presenta una singolare sottigliezza. Mi fareste quindi un grandissimo favore a inviarmene la dimostrazione. Avrete in cambio le meditazioni che io stesso ho fatto su questa materia, seguendo per` o una via molto diversa, e sulle quali, diversi anni or sono, credo di avervi gi` a scritto, quantunque non ve ne dessi la dimostrazione, che sto ancora perfezionando. Vi prego di salutare in modo particolare da parte mia l’illustrissimo Collins, che potr` a facilmente procurarmi quanto `e necessario e soddisfare cos`Ĺ il mio desiderio. ` evidente come Leibniz si dimostri genuinamente sorpreso ed interessato a tali E formule, quindi non poteva averle gi`a viste in alcuna lettera precedente. Le serie ricevute da Oldenburg nel 1675 allora dovevano essere ben diversa cosa. In ogni caso, dopo la lettera di Leibniz del 12 maggio 1676, Oldenburg e Collins iniziarono a tempestare Newton di lettere per ottenere la dimostrazione da girare al tedesco. Newton finalmente rispose ad Oldenburg in data 13 giugno 1676 con una lettera che `e passata alla storia come Epistola Prior nello scambio epistolare tra Leibniz e Newton.
3.2
Epistola prior (13 giugno 1676)
L’Epistola prior scritta il 13 giugno 1676 `e il primo contatto epistolare, seppur indiretto, tra Newton e Leibniz. Newton in questa missiva d` a una descrizione del suo metodo delle serie, riportando anche il teorema del binomio7 . La lettera fu inviata da Oldenburg a Parigi - dove ancora si trovava Leibniz - il 26 giugno 1676 6 7
Cfr. le due formule del teorema 3.1.1 a pagina 50. Come gi` a approfondito a pagina 20.
3.2. Epistola prior (13 giugno 1676)
53
assieme ad un manoscritto di Collins contenente alcuni teoremi di Gregory. Ci` o che ci interessa maggiormente `e capire esattamente cosa Newton comunic` o a Leibniz in questa lettera. Rileviamo immediatamente che l’inglese si pone in una condizione di lieve sospetto, perch´e all’inizio della lettera insinua che i progressi di Leibniz siano in realt` a maggiori di quanto egli voglia far credere. Quantunque Leibniz, negli estratti della lettera che voi8 mi avete inviato poco tempo fa, attribuisca modestamente ai nostri connazionali gran parte del merito del calcolo delle serie infinite, di cui `e ormai cominciata a diffondersi la fama, non ho nessun dubbio che sia riuscito a trovare non solo, come asserisce, il metodo per ridurre a simili serie qualsiasi quantit` a, ma anche vari procedimenti, simili forse, se non migliori, ai nostri. E le richieste di Leibniz dovettero essere precise ed insistenti se Newton poco dopo scrisse: Ma poich`e vuole sapere cosa sia stato scoperto da noi, in Inghilterra, su questa materia, di cui io steso alcuni anni fa mi sono interessato, per venire incontro, almeno in parte, alle sue preghiere, vi trasmetto alcune fra le cose che ho avuto la fortuna di trovare. A questo punto Newton espone diffusamente la sua formula del binomio, mostrando diversi esempi. Quando per` o arriva al cuore del suo metodo, che riguarda i problemi del calcolo infinitesimale, l’esposizione si fa bruscamente sbrigativa. In che modo, per` o, da equazioni cos`ı ridotte in serie infinite sia possibile determinare le aree e le lunghezze delle curve, i volumi e la superficie 8
Newton si riferisce ovviamente ad Oldenburg.
54
3.2. Epistola prior (13 giugno 1676) dei solidi, o dei segmenti di qualsivoglia figura, e i loro centri di gravit`a; in che modo sia possibile ridurre a simili equazioni di serie infinite tutte le curve meccaniche e geometriche, e risolvere tutti i problemi a esse connessi, sarebbe troppo lungo spiegare. Sar` a sufficiente esaminarne alcuni esempi.
Newton elenca sei esempi: il primo e il secondo riguardano proprio le formule di cui Leibniz aveva chiesto la dimostrazione.
1. Conoscendo il seno o il seno verso, determinare l’arco. Sia r il raggio e x il seno, l’arco allora sar` a9
x+
3x5 5x7 x3 + + + etc. 6rr 40r 4 112r 6
cio`e
x+
1 × 1 × xx 3 × 3xx 5 × 5rr 7 × 7xx A+ B+ C+ D + etc. 2 × 3 × rr 4 × 5xx 6 × 7rr 8 × 9rr
[...]
2. Viceversa, conoscendo l’arco, determinare il seno. Sia r il raggio, e z l’arco. Il seno allora sar` a
z−
z3 z5 z7 z9 + − + − etc. 6rr 120r 2 5040r 6 362880r 8
z−
zz zz zz A− B− C − etc. 2 × 3rr 4 × 5rr 6 × 7rr
cio`e
[...] 9
Attenzione, per abbreviare qui Newton si serve delle lettere A, B, C, D invece dei termini della serie del binomio, come aveva gi` a fatto in precedenza, cfr. pagina 21.
3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676)
55
Al termine dei sei esempi, senza aver fornito vere dimostrazioni e continuando ad essere piuttosto enigmatico, Newton conclude: Da tutto questo si vede come sia possibile, mediante queste equazioni infinite, ampliare i confini dell’analisi [...] Tuttavia essa non pu` o raggiungere la sua piena universalit` a se non fa uso di alcuni altri metodi per sviluppare serie infinite. Vi sono infatti problemi nei quali non `e possibile pervenire a serie infinite, servendosi di divisioni o di estrazioni di radici semplici o affette da esponente. Questo per` o non mi sembra essere il momento di dire come si debba procedere in tali casi, o di parlare di ci` o che ho escogitato per ridurre le serie infinite in finite, quando lo esiga la natura delle cose. Preferisco infatti scriverne poco, perch`e gi` a da diverso tempo queste speculazioni hanno cominciato a infastidirmi, al punto che da cinque anni non mi occupo pi` u di esse... Newton dice di non aver lavorato pi` u al calcolo infinitesimale da cinque anni, ovvero dalla stesura del Methodus fluxionum 10 . Ma allora Leibniz, ricevuta questa lettera, non poteva che chiedere ulteriori chiarimenti, cosa che fece nell’agosto dello stesso anno.
3.3
Lettera di Leibniz (27 agosto 1676)
Il primo interlocutore di Leibniz e Newton `e stato Oldenburg: nel 1676-1677 i due grandi matematici non indirizzarono le loro lettere direttamente all’altro. Anche Leibniz quindi, risponde ad Oldenburg, che trasmise la lettera di Newton del 13 giugno in data 26 luglio 167611 . Leibniz inizia con i ringraziamenti di rito, e fa per la prima volta menzione di Newton: 10
La cui stesura `e fatta risalire al 1671, cfr. pagina 33. Il caso volle che per tutto il corso della disputa Newton pensasse che la lettera fosse stata spedita in data 6 luglio. Leibniz avrebbe avuto oltre tre settimane per rispondere e questo port` o Newton a riflessioni malevole. In realt` a la data corretta `e quella del 26 luglio. 11
56
3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676) La vostra lettera del 26 luglio contiene sull’analisi cose molto pi` u importanti e numerose, che non i parecchi grossi volumi pubblicati su questa materia. Ringrazio quindi voi e gli illustrissimi Newton e Collins, per aver voluto parteciparmi meditazioni tanto eccellenti. Le scoperte di Newton sono degne del suo ingegno, che gi`a rifulse splendido dalle sue esperienze sull’ottica e sul cannocchiale catottrico.
Leibniz fa intendere di conoscere Newton per la sua fama nel campo degli studi di ottica12 , ma ne riconosce anche l’ingegno assoluto in campo matematico. Un biografo di Leibniz, Joseph Hofmann, ha sottolineato il fatto che in verit` a la lettera di Newton non contenesse nulla dei problemi centrali del calcolo infinitesimale13 :
Tutto era fatto in modo da impedire a Leibniz di penetrare nei pensieri di Newton [...] Nulla fu detto dei problemi centrali - nulla del metodo delle flussioni o delle equazioni differenziali delle cui soluzioni tramite serie di potenze Newton possedeva gi`a una certa padronanza.
A difesa di Newton si possono addurre almeno tre motivi. Innanzitutto, nulla costringeva Newton a fornire un trattato completo e rigoroso sul suo metodo in forma di lettera, per di pi´ u ad una persona che gli era quasi totalmente estranea. Quindi la sua risposta pu` o essere semplicemente interpretata come una delle possibili e compatibili con la sua nota “pigrizia” e diffidenza nel divulgare i suoi risultati in forma rigorosa e sistematica. In secondo luogo, Newton pens` o che Leibniz fosse interessato alle serie che Collins gli aveva fornito, quindi non aveva nessun motivo per fornirgli informazioni riguardanti anche il calcolo infinitesimale. In ultimo luogo, sebbene Newton potesse fornire a Leibniz molti dettagli sulla differenziazione, non aveva an12
I primi testi di ottica di Newton furono pubblicati nelle Philosophical Transactions of the Royal Society nel 1672, e descrivevano tra le altre cose il funzionamento del telescopio riflettente (detto da allora appunto newtoniano). 13 Traduzione dall’inglese in [22] pagina. 65.
3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676)
57
cora un’idea abbastanza chiara dei processi di integrazione - il cui approfondimento `e successivo in quanto risale ai tempi dell trattato Sulle Quadrature 14 . Nonostante questa presunta assenza di particolari riscontrata nella lettera di Newton, Leibniz va subito al cuore del problema e mette in evidenza la differenza tra il metodo dell’inglese e il suo: Il suo metodo15 per trovare le radici delle equazioni e le aree delle figure ` veramente il mediante serie infinite differisce completamente dal mio. E caso di ammirare la diversit` a delle vie per le quali si pu` o pervenire a uno stesso risultato. Evidentemente Leibniz non aveva problemi nel riconoscere l’abilit` a di Newton e nel dichiarare di aver ottenuto risultati simili. Non c’era alcun tipo di gelosia, n`e potevano trovare spazio rivendicazioni di alcun tipo. Del resto Leibniz ha ormai un’ottima preparazione matematica, non `e pi` u il giovane e inesperto studioso di matematica di qualche anno prima16 : egli infatti cita a proposito del problema delle quadrature il metodo di Mercator. Mercator dette la quadratura delle figure razionali, cio`e di quelle figure dove, conoscendo il valore delle ascisse, `e possibile esprimere razionalmente il valore delle ordinate; e insegn`o a ridurle in serie infinite mediante divisione. Subito dopo, Leibniz spiega il proprio metodo, in relazione a quello di Mercator e Newton, in modo cos`ı chiaro che quasi non necessita di spiegazione. Il mio metodo `e solo un corollario della teoria generale sulle trasformazioni, mediante il quale una qualsiasi figura data, rappresentabile con 14
Cfr. pagina 126. Leibniz si riferisce al metodo di Newton. 16 Cfr. pagina 46 . 15
58
3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676) una certa equazione, `e trasformata in un’altra figura analitica equivalente; tale che nella sua equazione, la potenza dell’ordinata non superi il cubo o il quadrato o anche in potenza semplice, ovvero di minimo grado. ` quindi possibile, sia mediante estrazione di radice cubica o quadraE ta (secondo il procedimento di Newton) sia mediante semplice divisione (secondo il metodo di Mercator), ridurre in serie infinite qualsiasi figura.
Poco pi` u avanti, mette ancora sullo stesso piano, ma in modo che la scelta debba essere esclusiva, il metodo di Mercator e quello di Newton:
Quindi, o con le estrazioni di radice di Newton o con le divisioni di Mercator, si `e sempre in grado di trovare, con l’aiuto di un’altra figura equivalente, la superficie dello spazio racchiuso da una qualsiasi curva. Per facilitare il calcolo `e importantissimo decidere quale dei due metodi `e da scegliere.
L’aspetto pi´ u curioso di queste lettere `e che non forniscono assolutamente a Leibniz idea del livello di approfondimento raggiunto da Newton nel campo del calcolo infinitesimale. Ormai Leibniz aveva una certa padronanza del suo calcolo differenziale17 , Newton per` o non rivel` o nulla - n´e in questa lettera n´e nella successiva - del suo metodo delle flussioni. Se Newton non aveva alcuna intenzione - n´e voglia - di rivelare a Leibniz il proprio metodo nei dettagli, Leibniz non aveva alcuna necessit` a di chiederlo, per almeno due ragioni. Primo, perch´e ormai aveva raggiunto dei risultati notevoli senza aver bisogno di alcun aiuto esterno. Secondo, perch´e ormai nella sua mente Newton era associato alle questioni relative alle serie, nelle quali gli riconosce una grande abilit` a. Anche in questo campo, tuttavia, Leibniz vuole dire la propria. 17
Fin dal 1675.
3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676)
59
Egli infatti, dopo aver descritto la quadratura del cerchio e dell’iperbole equilatera, sembra voler rivendicare a s`e il merito della invenzione, o meglio della co-invenzione, di quattro serie:
D’altra parte dalle serie delle regressioni ho trovato questa serie per l’iperbole. Sia 1 − m un numero minore dell’unit`a, e l il suo logaritmo iperbolico, si avr`a:
m=
l l2 l3 l4 − + − etc. 1 1×2 1×2×3 1×2×3×4
Se invece il numero `e maggiore dell’unit`a, come 1 + n, per ritrovarlo mi servo della regola esposta da Newton nella sua lettera, ottenendo
n=
l2 l3 l4 l + + + etc. 1 1×2 1×2×3 1×2×3×4 [...]
Riguardo poi alla serie descrescente degli archi,18 mi sono subito imbattuto nella regola che mi d` a, conoscendo l’arco, il seno del complemento. Infatti il seno del complemento sar` a:
=1−
a2 a4 + − etc. 1×2 1×2×3×4
Ma in un secondo tempo mi sono reso conto che da essa poteva venir dimostrata la serie, che mi era stata comunicata, per trovare il seno e cio`e: a3 a4 a − + − etc. 1 1×2×3 1×2×3×4×5 18
Leibniz qui sottrae dal raggio il seno verso, che aveva ricevuto da Newton nella lettera precedente, per ottenere il seno del complemento.
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3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676)
I metodi per raggiungere questi risultati erano stati gi`a comunicati a Leibniz19 , perch´e allora Leibniz dice di aver “trovato” le serie che avrebbe dovuto gi`a conoscere? Forse questo `e semplicemente da imputare alla sua distrazione e alla sua proverbiale impazienza. Egli stesso confessa:
Ma `e proprio della mia indole, una volta scoperti i metodi generali, di lasciare di buon grado agli altri ci`o che ancora rimane, pago solo di essermi impadronito della cosa. Si tratta infatti di cose che si devono apprezzare solo perch´e perfezionano il metodo di analisi e educano la mente.
Non `e difficile credere che quindi non siano questi risultati applicativi ad interessare Leibniz, quando piuttosto il metodo generale. Ed `e infatti proprio su questo che richiede ulteriori chiarimenti a Newton:
Desidererei per` o che l’illustrissimo Newton spieghi un po’ pi` u diffusamente alcune cose. Per esempio l’origine del teorema che d` a all’inizio20 ; il metodo poi da lui usato per trovare nelle sue operazioni le quantit`a p, q, r; e infine come adoperi il metodo dei regressi, come quando dal logaritmo cerca il numero. Non spiega infatti come tutto questo derivi dal suo metodo.
L’ultima `e la frase chiave: Leibniz vuole capire come il metodo di Newton abbia portato a tanti e tali risultati. Leibniz in questa lettera lo chiede esplicitamente, ma, forse conscio di aver azzardato un p` o troppo, subito dopo fa un passo indietro, quasi scusandosi . 19
Le ultime due serie erano state comunicate quasi esplicitamente, per l’iperbole Newton aveva suggerito nella sua lettera del 13 giugno che “Tutto ci` o che abbiamo detto dell’ellissi lo si pu` o facilmente applicare all’iperbole; si devono solo cambiare i segni di c ed e quando hanno un valore dispari...”. 20 Il teorema del binomio, cfr. pagina 20.
3.4. Epistola posterior (24 ottobre 1676)
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Non mi `e stato per` o possibile leggere la sua lettera con la cura che meritava, dal momento che ho voluto rispondervi immediatamente; quindi non sono ancora in grado di giudicare se, leggendola, potr` o comprendere almeno alcune delle cose che ha omesso. Comunque sarebbe sempre meglio che lo stesso Newton ne desse la spiegazione, perch´e `e da credere che un uomo quale `e lui, ricco (come risulta) di eccellenti meditazioni, non possa scrivere senza insegnarci ogni volta qualche cosa di importante.
Leibniz, che stava ormai rientrando in Germania, aveva avuto in effetti soltanto tre giorni per rispondere alla lettera di Newton: la sua ammissione non `e una forma di cortesia. Era vero che c’era stato poco tempo, ed egli aveva sinceramente voluto informare i propri interlocutori di non aver avuto tutto il tempo per analizzare il contenuto della missiva. Eppure il tedesco riusc`Ĺ a toccare i tasti giusti, perch`e la risposta di Newton arriv`o, e con essa le spiegazioni che erano state chieste. Il rapporto tra i due matematici alla fine del 1676 era ancora molto buono.
3.4
Epistola posterior (24 ottobre 1676)
Collins impieg` o parecchio tempo per copiare la lettera di Leibniz da girare a Newton, e nel farlo sbagli` o perfino a copiare la data originaria. Il risultato fu che Newton ricevette la risposta alla prima epistola con molto ritardo, supponendo che Leibniz si fosse preso tutto il tempo necessario a studiarla e a rispondere. Dovettero sembrare parecchio strane le giustificazioni di Leibniz riguardo alla scarsit`a di tempo a disposizione per studiare i risultati inviatigli. Fu soltanto a novembre dunque che la seconda epistola di Newton - detta Epistola posterior - fu spedita a Parigi. Ma era ormai tardi: Leibniz era tornato in Germania. L’Epistola posterior, che riporta la data 24 ottobre 1676, fu letta da Leibniz quasi
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3.4. Epistola posterior (24 ottobre 1676)
un anno pi` u tardi: Mi rimane difficile esprimere il piacere che mi ha procurato la lettura delle lettere dei signori Leibniz e Tschirnhaus. Il metodo di Leibniz per pervenire alle serie convergenti `e certamente elegantissimo, e basterebbe da solo a dimostrar l’ingegno dell’autore, anche se questi non avesse scritto altro. Ma ci`o che ha profuso per tutta la sua lettera `e degno della sua fama e ci fa sperare da lui le cose pi` u grandi. La diversit` a delle maniere mediante le quali si tende a uno stesso scopo, mi ha trovato tanto pi` u consenziente in quanto mi erano gi`a noti tre metodi per pervenire a simili serie; in modo che ben difficilmente mi sarei aspettato la comunicazione di uno nuovo. Subito dopo l’introduzione formale, Newton passa ad esporre con grande pazienza il modo in cui ha raggiunto i suoi risultati. Ma dopo aver descritto accuratamente come ha ottenuto la formula del binomio e i metodi di interpolazione21 , proprio quando, cio`e, avrebbe dovuto iniziare a descrivere il suo metodo delle flussioni, comincia a divagare con cenni ai motivi per cui non ha pubblicato ancora nessun testo sul suo metodo. [...] dall’amico Barrow (allora professore di matematica a Cambridge) fu comunicato a Collins un mio compendio sul metodo di queste serie, dove esponevo che, date le rette, si potevano determinare le aree e le lunghezze di tutte le curve, e le superficie e i volumi dei solidi; e che con un procedimento inverso si potevo, da questi, determinare le rette.22 E spiegavo questo metodo con diverse serie. [...] Collins, uomo nato per far progredire le scienze matematiche, insistette nel consigliarmi perch´e rendessi di pubblico dominio queste mie 21 22
Cfr. 23. Si tratta dunque proprio del metodo delle flussioni per determinare le tangenti e le quadrature.
3.4. Epistola posterior (24 ottobre 1676)
63
scoperte. E cinque anni fa, dietro consiglio degli amici, mi decisi a pubblicare il trattato De refractione lucis, et coloribus, che allora avevo pronto, e cominciai di nuovo a meditare su queste serie, scrivendone anche un trattato, che avevo intenzione di pubblicare insieme al precedente. [...] abbandonata l’idea della pubblicazione, non ho portato a pieno compimento il mio trattato, e anche ora non ho affatto l’intenzione di completarlo. Finalmente Newton giunge a descrivere il suo metodo per “tracciare le tangenti”: [...] il mio procedimento non ha bisogno di dimostrazione e, una volta accettato il mio fondamento, nessuno ha pi` u potuto tracciare diversamente le tangenti, a meno che non volesse di proposito allontanarsi dalla retta via. Con questo mio metodo non ci si arresta davanti a equazioni, comunque affette da esponente, in cui compaiono radicali aventi una o entrambe le quantit` a indefinite, ma senza dover compiere nessuna riduzione di tali equazioni (che nella maggior parte dei casi richiederebbe un immenso lavoro) si traccia immediatamente la tangente. Egualmente si svolge la cosa nelle questioni dei massimi e dei minimi, e in altre di cui ora non sto a parlare.
Ma qual era dunque il fondamento di tale metodo? Newton non lo rivela, ed anzi lo cela dietro un anagramma. Poich´e non posso darne qui la spiegazione preferisco nascondere nelle cifre che seguono il fondamento (invero abbastanza accessibile) di queste operazioni: 6accdæ13ef f 7i3l9n4o4qrr4s9t12vs.23 23
L’anagramma ha in effetti una soluzione: il coefficiente numerico indica le occorrenze della
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3.4. Epistola posterior (24 ottobre 1676)
Dopo aver fornito alcuni esempi di applicazione del suo metodo, Newton ricorre ancora una volta ad un anagramma per celarne i fondamenti: riferendosi ai suoi metodi per calcolare le tangenti, comunica al destinatario soltanto questa serie di numeri e lettere24
5accdæ10ef f h12i4l3m10n60qqr7s11t10v3x : 11ab3cdd10eœg10ill4m7n6o3p3q6r5s11t7vx, 3acœ4egh6i4l4m5n80q4r3s6t4v, aaddœeeeeeiiimmnnooprrrsssssttuu
che `e stato interpretata come
Il primo metodo consiste nell’estrazione di una quantit` a fluente dall’equazione che contiene la sua flussione; il secondo invece consiste nella semplice assunzione di una serie al posto di una qualsiasi delle quantit` a incognite, da cui posso facilmente ricavarsi le altre, e in un confronto dei termini omologhi dell’equazione risultante per determinare i termini della serie assunta. ` opportuno Newton `e divenuto pi` u sospettoso dunque, e non vuole rivelare tutto. E chiedersi perch´e Newton abbia deciso di nascondere un passaggio con un’anagramma. Ci sembra sensata l’osservazione di Whiteside25 , il quale insinua che Newton non si sent´ı di rivelare il proprio metodo essenzialmente per una mancanza di fiducia nei propri mezzi. Ci` o potrebbe sembrare strano, ma `e invece ragionevole se pensiamo che soltanto dieci anni prima Newton aveva avuto grande difficolt` a nel presentare alla comunit` a scientifica inglese i suoi lavori di ottica26 . lettera seguente nella proposizione. La traduzione di tale anagramma `e “Data un’equazione avete quantit` a fluenti, trovare le flussioni e viceversa”. 24 La codifica `e la stessa dell’anagramma precedente. 25 Da [22] pagina 66. 26 Cfr. pagina 35.
3.5. L’incontro di Leibniz con Collins ed Oldenburg
65
Nonostante ci` o in questa lettera Leibniz trover` a parecchio materiale da studiare, perch´e Newton ha comunque rivelato molto dei suoi lavori, com’egli stesso conferma in chiusura. ` giunto il momento di porre fine a questa lunga lettera. Ma la lettera E dell’illustrissimo Leibniz meritava da parte mia un’ampia risposta. E in questa circostanza ho voluto essere piuttosto diffuso, perch´e ho pensato di non dover troppo frequentemente interrompere i vostri incarichi, di solito pi` u piacevoli, con questo genere di scritti alquanto pi` u grave.
3.5
L’incontro di Leibniz con Collins ed Oldenburg
La lettera di Newton raggiunse Leibniz soltanto un anno pi` u tardi, ad Hannover, in Germania. Leibniz infatti lasci` o Parigi il 4 ottobre 1676, venti giorni prima che l’Epistola posterior fosse spedita. Il fatto curioso `e che Newton avrebbe probabilmente potuto consegnare la lettera di persona, perch´e in quel periodo Leibniz si trovava a Londra, durante una brevissima visita. Leibniz arriv`o a Londra il 18 ottobre, e rimase l´ı per circa una settimana prima di ripartire alla volta di Hannover. A Londra, Leibniz incontr` o Oldenburg, al quale ebbe modo di mostrare una macchina calcolatrice finalmente funzionante27 , e finalmente Collins, con il quale aveva avuto soltanto uno scambio epistolare. Collins a quell’epoca era il bibliotecario della Royal Society, e mise a disposizione di Leibniz i testi - lettere, appunti e libri, anche quelli non pubblicati - dei maggiori matematici inglesi. In particolare Leibniz ebbe modo di consultare il De Analysi di Newton e l’Historiola 28 . Leibniz consult`o rapidamente il De Analysi di Newton e prese degli appunti direttamente sulla copia in possesso di Collins: il tedesco era interessato alla sezione 27
Cfr. 44. L’Historiola era una raccolta di appunti nella quale Collins aveva cercato di condensare le ultime scoperte dei matematici inglesi, pur senza entrare nel merito delle dimostrazioni; tra i contenuti c’erano testi di Pell, Gregory e alcune lettere di Newton sulle tangenti. 28
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3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
riguardante le serie infinite, mentre fu completamente ignorata la parte dedicata al metodo delle flussioni e al calcolo di massimi e minimi. Le possibilit`a sono due: o Leibniz non aveva trovato nulla che non conoscesse gi`a, oppure non ebbe tempo per leggere attentamente il contenuto del testo. In entrambi i casi, Leibniz non pu` o essere accusato di aver appreso da Newton i fondamenti del calcolo per poi rivendicarli come propria scoperta. Pi` u complicata `e la sorte dell’Historiola: Leibniz pot´e consultarla soltanto durante la sua visita a Londra, ma una nota che chiedeva di restituire il libro non appena avesse finito di consultarlo, posta sulla copertina, fece pensare a Newton - anni pi` u tardi - che Leibniz avesse avuto la possibilit`a di consultarla con calma a Parigi. Leibniz ebbe modo di leggere dall’Historiola una lettera in cui Newton spiegava esplicitamente il suo metodo per calcolare le tangenti: il timore di Newton fu che Leibniz avesse copiato tale metodo dopo aver letto la lettera. In realt` a Leibniz apprese dai testi fornitigli da Collins soltanto quanto fu in grado di assorbire nell’arco di pochi giorni: non pot´e portare con s´e in Germania nessun testo. Non possono dunque reggere le insinuazioni di Newton: Leibniz si concentr` o quasi esclusivamente sulle serie infinite, l’unico argomento sul quale - egli riteneva il matematico inglese avesse qualcosa da insegnargli. Collins, forse sentendosi in colpa per aver mostrato cos´ı tanti testi a Leibniz, scrisse a Newton qualche mese pi´ u tardi, comunicandogli che il filosofo tedesco consult`o dalla libreria alcuni lavori di Gregory. Non fu fatta menzione, tuttavia, delle lettere di Newton che pure finirono in mano di Leibniz: tutto ci`o avrebbe in seguito accresciuto i sospetti di Newton riguardo alla buona fede di Leibniz.
3.6
Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
Leibniz ricevette l’Epistola prior quando ormai si trovava ad Hannover. Fu cos´ı eccitato dal sapere che la corrispondenza con il pi´ u grande matematico e scienziato del periodo non era interrotta, che impieg` o solo pochi giorni a rispondere. La sua
3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
67
lettera infatti fu inviata ad Oldenburg il 21 giugno 1677. L’esordio `e pieno di entusiasmo:
Ho ricevuto la vostra lettera tanto attesa, con inclusa quella bellissima di Newton, che legger` o pi` u di una volta con tutta la cura e la meditazione che merita. Per ora mi limiter` o ad annotare solo le poche cose che ho visto rapidamente in un prima lettura.
Leibniz ormai `e in grado di confrontarsi ad armi pari con Newton, ed infatti cerca con il tono delle sue risposte - di porsi quasi al suo stesso livello.
Particolarmente interessante quanto Newton ha detto sulla scoperta dei suoi eleganti teoremi. E pure interessanti sono le sue osservazioni sulle interpolazioni di Wallis, perch´e con questo procedimento se ne pu` o ottenere la dimostrazione, mentre prima, per quanto possa saperne, ci si doveva accontentare della semplice induzione, quantunque si sia riusciti a dimostrarne una parte mediante le tangenti. Sono d’accordo con il celeberrimo Newton nel ritenere non ancora compiuto il metodo delle tangenti di Sluse. Gi` a da molto tempo ho trattato pi´ u generalmente la materia delle tangenti, servendomi delle differenze delle ordinate.
Addirittura Leibniz azzarda che il metodo di Newton e il proprio non siano troppo diversi: Penso che ci` o che Newton ha voluto nascondere29 del suo metodo per tracciare le tangenti, non discordi da quanto ho detto sopra. Quel che egli aggiunge, che cio`e con questo stesso principio si rendono pi´ u semplici an29
Ricordiamo che il destinatario della lettera di Leibniz `e sempre Oldenburg, ecco perch`e si riferisce a Newton in terza persona.
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3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677) che le quadrature, mi conferma nell’opinione che sono certamente sempre quadrabili le figure esprimibili tramite un’equazione differenziale30 .
Per la prima volta Leibniz esprime pubblicamente la sua notazione. Con dx viene indicata la differenza tra due valori molto vicini della quantit`a variabile x, mentre con dy si indica la differenza corrispondente nella variabile y. Se dx rimane costante, ` sorprendente che in questa dy indica il coefficiente angolare della tangente in x. E lettera di Leibniz c’erano pi´ u elementi di calcolo elementare di quanti Newton non ne avrebbe forniti nel suo trattato pi´ u famoso, i Principia Mathematica 31 , dieci anni pi´ u tardi. Facciamo risalire al 1675 - nove anni pi´ u tardi del metodo delle flussioni32 - la scoperta del calcolo differenziale di Leibniz. Lo scambio epistolare del 1676-1677 con Newton non poteva essere d’interesse per Leibniz per quanto riguarda il calcolo infinitesimale, perch´e egli gi` a possedeva un suo procedimento. Le lettere di Newton d’altronde, cos´ı poco dettagliate, non avrebbe ropotuto influenzare il pensiero di Leibniz in una fase cos´ı avanzata delle sue ricerche. Da parte di Newton, non abbiamo modo di conoscere con certezza la sua reazione alle rivelazioni di Leibniz. ` per` E o condiviso che in prima battuta egli avesse risconosciuto l’originalit` a delle sue scoperte, e ne not` o certamente la somiglianza con il suo metodo delle flussioni. Fino almeno al 1712, Newton riconosce che la scoperta di Leibniz, seppur posteriore, fu indipendente. In un suo scritto pubblicato anonimo dichiara:33 [...] Questo `e il fondamento del metodo differenziale di Leibniz. Newton gi` a possedeva nel 1669 lo stesso fondamento del suo metodo. Attraverso calcoli molto simili Newton ricavava i momenti e Leibniz ricavava le differenze, e questi due metodi differivano soltanto nei nomi che loro avevano dato ai termini. 30
Un’equazione cio`e in cui compaiono delle derivate, lo stesso Leibniz poco pi` u avanti precisa “chiamo equazione differenziale quella dove `e espresso il valore di dx, che deriva dall’equazione dove veniva espresso il valore di x”. 31 Cfr. pagina 88. 32 Cfr. 33. 33 Dall’inglese in [22], pagina 71.
3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
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Poco pi´ u avanti nella lettera, a conferma del fatto che la cosa che pi´ u interessava Leibniz riguardo ai lavori di Newton erano le serie infinite, si legge:
Bellissime sono quelle serie di Newton che da infinite si trasformano in finite, come le serie che egli presenta per l’estrazione delle radici del binomio o per la sua quadratura. Perch´e, se nella generale estrazione della stessa equazione con esponente indefinito, [...] potesse verificarsi la stessa cosa, come se, estraendo le radici dalle equazioni o dai binomi, fosse possibile trovare le radici razionali finite, qualora vi siano, o anche le radici irrazionali: allora direi che il metodo delle serie infinite `e stato portato alla massima perfezione.
Leibniz ritiene di fondamentale importanza individuare un metodo generale che consenta di ridurre ogni serie infinita ad una serie finita, perch´e rappresentarebbe una conquista intellettuale di grande importanza e generalit` a. Egli non `e tanto affascinato dalle applicazioni pratiche, quanto dall’importanza teorica dei risultati di Newton: infatti insiste sempre sulla questione del metodo e non richiede esempi ma piuttosto dimostrazioni teoriche34 .
Sarebbe comunque necessario poter distinguere le varie radici di tale equazione35 ; ed egualmente sarebbe necessario poter distinguere, mediante le serie, le equazioni possibili da quelle impossibili. E se un uomo versatissimo in questa materia arriver` a a un simile risultato, insegnandoci a trasformare, quando ci`o sia possibile, una serie infinita in una finita, o quanto meno a riconoscere da quale serie finita `e stata dedotta, allora nel metodo delle serie infinite, ottenute per divisione o estrazione, difficilmente si potr` a desiderare qualche cosa in pi` u. 34
In cui venga ovviamente utilizzato il metodo generale. L’equazione con esponente indefinito cui fa accenno sopra, e di cui fa un esempio esplicito lo 2 3 ecc. oppure y = az − bz . stesso Leibniz x = ay + by 2 + cy 3 ecc., e y = az − bz a3 a4 35
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3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
Lebniz, non manca - nel corso della lettera - di rinnovare manifestazioni di stima nei confronti dell’inglese. Subito dopo il brano appena riportato ad esempio scrive:
Se c’`e un uomo capace di realizzare tutto questo, costui `e certamente Newton.
Inoltre pi` u volte il nome di Newton `e preceduto da aggettivi quali “celeberrimo”ed “illustrissimo”, che non lasciano dubbi sull’atteggiamento di Leibniz. Egli `e grato ad Oldenburg di gestire la corrispondenza e vorrebbe continuare a mantenere i contatti con Newton e con gli altri matematici inglesi. Tuttavia a questa sua lettera non vi fu risposta. Mesi pi´ u tardi Leibniz scrisse ancora, in pratica pregando Newton di tenere aperti i contatti, ma tale richiesta non sort´ı alcun effetto. Il 9 agosto 1677 Oldenburg rispose a Leibniz, dicendogli che Newton era molto impegnato e non avrebbe potuto rispondere in tempi brevi. Di fatto la risposta di Newton non arriv`o mai. Addirittura Newton chiese esplicitamente ad Oldenburg, nell’introduzione alla sua seconda lettera a Leibniz, di non essere pi´ u disturbato su tali argomenti perch´e aveva altri pensieri per la testa. Due giorni dopo aver spedito l’Epistola prior ad Oldenburg, gli scrisse ancora pregandolo di non pubblicare nessuno dei suoi testi di matematica senza la sua personale autorizzazione. ` praticamente certo che Newton, quando scrisse le prime due lettere a Leibniz, E fosse mosso da un genuino interesse e non avesse nulla contro il tedesco. Del resto non avrebbe rivelato cos´ı tanto dei suoi lavori se avesse avuto anche soltanto un piccolo dubbio sulla sua buona fede. Newton semplicemente si dimentic`o di Leibniz e si dedic` o ad atro per il decennio successivo. Sebbene pi´ u avanti - almeno a partire dal 1708-1709 - Newton assunse un atteggiamento eccezionalmente orgoglioso e arrogante, non abbiamo motivo per pensare che avesse lo stesso atteggiamente anche in questi anni. Newton `e a quest’epoca ancora molto cordiale, cos´ı come lo `e Leibniz.
3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
71
Non `e quindi sostenibile l’idea che fosse gi`a iniziata, nel 1676, l’acre disputa tra i due scienziati. Lo stesso Leibniz non fece molto in campo matematico negli anni immediatamente seguenti questo scambio epistolare. Pubblic´o nel 1678, sul Journal des Scavans, uno studio sulla quadratura di una particolare area di una cicloide. Risultato che aveva ottenuto quattro anni prima lavorando con Huygens36 . E poi praticamente nient’altro, fino al 1684.37 Nell’estate del 1678 Oldenburg si rec` o nella conte di Kent, in Inghilterra, per una vacanza assieme alla moglie. Sfortunatamente entrambi contrassero una forte febbre che fu loro fatale. Con la morte di Oldenburg ebbe fine anche la corrispondenza Leibniz-Newton. Negli anni seguenti Newton e Leibniz non ebbero nessun tipo di contatto. Newton si ritir` o nel suo ufficio presso l’Universit` a di Cambridge, mentre Leibniz si trasfer´ı presso la corte di Hannover, dove trascorse il resto della sua vita.
36 37
Cfr. pagina 42. Cfr. pagina 79.
Capitolo 4
Gli sviluppi del calcolo infinitesimale “Che cosa accadde nel 1677, a proposito?”, domand` o Fatio. “Tutti vorrebbero saperlo”. “Leibniz era alla sua seconda visita in Inghilterra. Si rec` o in incognito a Cambridge al solo scopo di conversare con Isaac. E riusc´ı nel suo intento.” Daniel e Fatio in Confusione di Neal Stephenson
4.1
La citt` a di Hannover al tempo di Leibniz (1676)
Dal 1673 Leibniz era al servizio del Duca Johann Friedrich di Hannover: per alcuni anni riusc´ı a restare a Parigi, ma alla fine dovette cedere ai ripetuti inviti di rientrare in Germania. In effetti la lettera che convinse Leibniz a lasciare la Francia non era esattamente un invito da poter rifiutare: un funzionario di corte di nome Kahn si diceva sorpreso che Leibniz avesse rifiutato i ripetuti inviti del Duca, e gli offriva oltre al posto di consigliere - quello di curatore della vasta libreria di Johan Friedrich. 73
74
4.1. La citt`a di Hannover al tempo di Leibniz (1676)
Il 13 settembre 1676 arriv` o l’ultimatum del Duca: Leibniz doveva rientrare ad Hannover altrimenti ogni relazione sarebbe cessata. Il 4 ottobre Leibniz inizi` o il viaggio di ritorno1 . Una volta giunto ad Hannover, Leibniz inizi` o ad occuparsi di una biblioteca con oltre tremila volumi, e decine di manoscritti. Leibniz proposte al Duca un piano per espandere la propria collezione di libri: negli anni seguenti avrebbe aggiunto migliaia e migliaia di titoli. Nel giro di pochi mesi, Leibniz chiese e ottenne una promozione a consigliere di rango pi´ u elevato, con conseguente aumento del salario. Il compenso economico e il tipo di impegno - assai ridotto per la verit` a - consentirono a Leibniz di dedicarsi ai propri studi. Il problema era rappresentato dal fatto che Hannover, una piccola citt`a della Bassa Sassonia con appena diecimila abitanti, non forniva gli stessi stimoli di Londra o Parigi, e non aveva una vera e propria comunit` a intellettuale e scientifica. Leibniz allora inizi` o a perseguire l’idea di fondare una societ`a scientifica imperiale - sul modello dell’Acad´emie des Sciences in Francia e della Royal Society in Inghilterra - che avesse l’obiettivo di creare una summa della conoscenza globale.2 Quest’idea non ebbe molto successo, ma Leibniz riusc´ı comunque, in qualche modo, a dare un forte contributo alla comunit` a scientifica germanica. Nel 1682 Leibniz fu il co-fondatore, assieme ad Otto Mencke3 , della prima rivista scientifica in lingua tedesca: gli Acta Eruditorum Lipsienium, che iniziarono ad essere pubblicati con cadenza mensile. Questa rivista fu molto importante nel corso della disputa con Newton: anche se Leibniz non poteva contare sul supporto della Royal Society4 , era pur sempre il co-fondatore di un’importante pubblicazione scientifica internazionale. Ora Leibniz 1
Che comprese anche una breve sosta a Londra, cfr. pagina 65. Quest’idea si ricollega alla volont` a di Leibniz di creare un linguaggio logico universale del pensiero, la characteristica universalis, cfr. pagina 41. 3 Professore a Lipsia: Leibniz lo conobbe all’universit` a dove aveva compiuto i primi studi. 4 Di cui successivamente Newton divenne presidente. 2
4.2. Il De Quadratura di Newton (1676)
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- che aveva provato a pubblicare, senza successo, i propri lavori matematici sia a Londra sia a Parigi - poteva facilmente trovare spazio sulla nuova rivista.
4.2
Il De Quadratura di Newton (1676)
Mentre Leibniz si trasferiva ad Hannover, Newton stava lavorando al suo terzo trattato sul metodo delle flussioni5 , il Tractatus de quadratura curvarum, che non fu pubblicato fino al 1704. Tale testo ci serve a comprendere al meglio a che punto di sviluppo era arrivato il metodo di Newton, e in che rapporto fosse con il nascente metodo di Leibniz. Nel De quadratura Newton si allontana dal concetto di infinitamente piccolo, rappresentato dalla o di x + o, che lo portava a considerare nulli alcuni termini in cui compariva il termine infinitamente piccolo - ovvero trascurabile. Piuttosto egli comincia a considerare le flussioni sempre in rapporto (o ragione), mai da sole, quasi anticipando il concetto di limite6 . Consideriamo ad esempio le fluenti x ed y collegate dalla relazione y = x2 . Nell’intervallo di tempo finito o, x si incrementa di ox˙ nel tempo in cui la quantit`a x, fluendo, diventa ox, ˙ la quantit` a y = x2 diventa (y = x + xx) ˙ 2 = x2 + oxx˙ + o2 x2 . Prendiamo ora il rapporto tra l’incremento della x e quello della y, che `e ox 1 = . 2 2 2oxx˙ + o x˙ 2x + ox˙ Il rapporto `e tra quantit` a finite, non infinitesime, quindi `e possibile calcolare il valore di tale rapporto quando o `e uguale a zero. Esso `e pari a 21 x ed `e detto ultima ragione, perch´e `e l’ultimo della successione di rapporti numerici che si ottengono per valori di o decrescenti verso lo zero. Ma `e detto anche prima ragione, perch´e `e 5
Dopo il De Analysi e il Methodus fluxionum. Evidentemente Newton avvertiva la necessit` a di servirsi della nozione di limite, che per` o non verr` a definita rigorosamente fino all’Ottocento. 6
76
4.3. La scuola scozzese: David Gregory e John Craige (1684-1686)
il primo della successione di rapporti numeri crescenti a partire dallo zero. Egli si riferisce all’ultima e alla prima ragione, rispettivamente come quantit`a evanescenti e quantit` a nascenti. Newton si avvicina molto al concetto moderno di derivata, nel suo linguaggio “flussione”, ma lo fa in modo confuso perch´e non utilizza la terminologia di limite7 . Il ragionamento di Newton `e debole dal punto di vista aritmetico: egli non chiarisce l’ultima ragione in termini di limite della successione di numeri che rappresentano le ragioni delle quantit`a (le flussioni), ma piuttosto la intuisce geometricamente. Ci` o che mancava insomma al metodo di Newton, era una rigorosa aritmetizzazione del procedimento e una chiarificazione del linguaggio. Proprio ci`o su cui Leibniz era pi` u preparato. Al tempo del De Quadratura Leibniz infatti aveva chiara la natura aritmetica e algoritmica dei problemi del calcolo infinitesimale, e gi`a utilizzava la notazione dx per indicare le derivate8 . Leibniz - sulla strada della formalizzazione del suo metodo - era ormai almeno al pari di Newton, e pochi anni pi´ u tardi riusc´ı perfino a pubblicare per primo i lavori sull’analisi.
4.3
La scuola scozzese: David Gregory e John Craige (1684-1686)
Una prima sfida all’autorit` a di Newton nel campo dell’analisi infinitesimale venne da un professore di matematica di Edimburgo dal nome di David Gregory9 . Egli nel 1684 pubblic`o un pamphlet di cinquanta pagine sulla tecnica delle serie, e lo invi`o nel giugno dello stesso anno a Newton. Nella lettera che accompagn`o il pamphlet, Gregory difendeva la novit`a delle sue tecniche ma al contempo riconosceva che Newton stesso aveva da tempo studiato gli stessi argomenti. Nell’occasione, lo scozzese lo invitava a rendere pubbliche le sue scoperte. Nel leggere il pamphlet, Newton non 7
L’ultima ragione non `e altro che il valore limite per o che tende a zero. La stessa notazione `e usata ancora oggi 9 Nipote di James, che aveva lavorato ad Edimburgo prima di lui. 8
4.3. La scuola scozzese: David Gregory e John Craige (1684-1686)
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pot´e non rilevare che molte delle teorie ivi contenute erano rintracciabili nel suo De Analysi di oltre quindici anni prima10 . Come scrive Whiteside11 , la sfida era chiara. La sfida lanciata a Newton non era esplicita ma non per questo meno reale: pubblicare od essere pubblicato. Newton cominci` o un opera che non vide mai la luce, nota come Matheseos universalis specimina 12 , con l’obiettivo di dimostrare la sua priorit`a nei confronti di Gregory. ` probabile che uno dei motivi per cui Newton non complet` E o quest’opera fu il fatto che avesse scelto come obiettivo principale il matematico scozzese, mentre il suo avversario pi´ u importante era ormai Leibniz. Una volta “accortosi dell’errore”, Newton avrebbe abbandonato il suo progetto iniziale. Avremmo anche una conferma temporale: i primi appunti di Newton risalgono al giugno-luglio del 1684, mentre Leibniz pubblic´o il suo articolo13 in ottobre. In ogni caso, nel giro di pochi mesi Newton perse interesse per la matematica pura ed inizi` o a lavorare sul suo testo pi` u famoso, i Philosophiae naturalis Principia Mathematica. In questo momento Newton era sinceramente convinto di poter collaborare proficuamente sia con Gregory che con Leibniz. Inoltre, poich´e i suoi studi di analisi risalivano a molti anni prima, si sentiva perfettamente in controllo della situazione: nessuno avrebbe potuto mettere in dubbio i suoi meriti. In caso di qualunque rivendicazione, avrebbe potuto portare come prova inconfutabile le sue lettere e le bozze dei suoi scritti. Due anni dopo, nel 1686, Gregory riusc´ı a riscostruire correttamente un teorema generale per la quadratura delle curve - cio´e l’integrazione - gi`a dato da Newton molti anni prima14 . Lo scozzese interpell`o Newton per ottenere un aiuto nella pubblicazione del “suo” teorema, intendendo lasciare ampio spazio ai riconoscimenti dei meriti dell’autore originale. Newton, dalla stesura di una lettera di risposta pass`o 10
Cfr. da pagina 31. Cfr. [22] pagina 37. 12 Modello di un Sistema Matematico Universale. 13 Il Nova Methodus, cfr. pagina 79. 14 Ci sono testimonianze nella seconda lettera di Newton a Leibniz, risalente al 1676. 11
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4.3. La scuola scozzese: David Gregory e John Craige (1684-1686)
rapidamente a scrivere un vero e proprio trattato sulla quadratura delle curve, il De Quadratura Curvarum. Ancora una volta, tale trattato rimase incompleto. Tuttavia resta l’importanza di quest’opera perch´e Newton per la prima volta - sollecitato dalle richieste di Gregory - mise in forma rigorosa le sue teorie sull’integrazione, usando per la prima volta la notazione puntuale15 . Nel decennio successivo, fu addirittura Gregory a supportare Newton nella sua rivendicazione dei meriti di scoperta del calcolo infinitesimale. Egli infatti, a Cambridge nel maggio del 1694, fece visita a Newton con l’obiettivo di attingere ai suoi manoscritti per formulare un trattato dal titolo quanto mai esplicito: “Isaac Newton’s Method of Fluxions, in which the Differential Calculus of Leibniz and the Method of Tangents of Barrow are explained and illustrated by many examples of all kind”. Un altro importante rappresentante della scuola scozzese fu John Craige, pupillo di Gregory ma studente a Cambridge, dove entr` o in contatto con Newton. Venne a conoscenza dell’articolo di Leibniz sugli Acta Eruditorum 16 - la prima pubblicazione al mondo sul calcolo differenziale - molto probabilmente attraverso Gregory, ma fu il primo a rilevare negli algoritmi di Leibniz un grande potenziale. Ne rimase cos´ı colpito che ancora a distanza di anni, nel 1693, dovette riconoscere Riconosco liberamente che il calcolo differenziale di Leibniz mi ha dato cos´ı grande aiuto nelle mie scoperte che senza di esso difficilmente avrei potuto affrontare questo studio con la facilit`a che desideravo; nessuno tra i pi´ u abili studiosi di geometria del nostro tempo pu` o ignorare quanto grandemente egli abbia portato avanti la sublime arte della geometria attraverso questa scoperta [...] Tornando agli anni ottanta, `e fondamentale notare che nel trattato di Craige Methodus figurarum quadraturas determinando del 1685, riguardante la teoria dell’in` invece presente un tributo tegrazione, non `e presente alcun riferimento a Newton. E 15 16
Cfr. pagina 33. Cfr. pagina 79.
4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686)
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a Leibniz, citato assieme ad altri grandi studiosi come Descartes, Fermat, Sluse, Barrow e Wallis. Questo fatto `e da imputare completamente a Newton, che non fece nulla per informare gli studiosi dei suoi progressi nel campo dell’analisi infinitesimale. Addirittura, nonostante sappiamo che Craige lo consult`o nella stesura del trattato del 1685, non c’`e nessuna testimonianza che provi che lo inform` o dei suoi lavori sulla derivazione e sull’integrazione. Va detto anche che, negli stessi anni, non abbiamo nemmeno alcuna evidenza di un atteggiamento critico di Newton nei confronti di Leibniz - visto che Craige ha cos´ı in stima il tedesco. L’idea che Craige si fece di Newton era la stessa di Leibniz di anni prima. Lo riconosceva come abile matematico nello studio delle serie per il calcolo delle quadrature ma non sapeva nulla delle sue scoperte riguardanti la derivazione di funzioni. Nella stessa situazione si trovavano, sorprendentemente, anche gli altri matematici britannici, incluso lo stesso Gregory.
4.4
La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686)
Come abbiamo gi` a suggerito, la sfida decisiva a Newton non arriv`o dall’isola britannica ma piuttosto dal continente. Qui, il giovane Leibniz pubblic`o un testo che diede inizio alla proliferazione degli studi di Analisi in tutto il continente. Nel 1685 Newton venne a conoscenza della pubblicazione sugli Acta Eruditorum e subito cap´ı che l’attacco era di altra portata rispetto alle schermaglie avute con Gregory. Nell’ottobre del 1684, Leibniz aveva firmato la prima pubblicazione al mondo sul calcolo differenziale: il Nova methodus pro maximis et minimis 17 . In questo breve testo di sole sei pagine, Leibniz spiegava al mondo il suo calcolo differenziale, senza alcuna introduzione storica. La sua corrispondenza con Oldenburg, Collins e 17 Il “Nuovo metodo per massimi e minimi”, il cui titolo completo era in realt` a Nova Methodus pro maximis et minimis, itemque tangentibus, quae nec fractas, nec irrationales quantitates moratur, et singulare pro illis calculi genus.
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4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686)
Newton, nonch´e il metodo di quest’ultimo, non comparivano n´e venivano citati. Se Leibniz avesse voluto preparare un’introduzione storica, avrebbe sicuramente dovuto riconoscere i meriti di Newton, ma non scrisse nessuna introduzione e quindi si limit` o ad esplicitare il proprio metodo. Leibniz dopo aver dato diversi esempi sul modo di tracciare le tangenti e calcolare massimi e minimi18 , dichiara Questi sono gli inizi di una geometria molto pi´ u sublime riguardante i problemi pi´ u difficili e pi´ u belli della matematica mista, che nessuno senza l’aiuto del calcolo differenziale, o di un metodo simile, potrebbe trattare senza rischio con eguale facilit`a. ` palese che Leibniz, pur senza nominarlo, si riferisce al metodo delle flussioni di E Newton. Nonostante le intenzioni di Leibniz, il suo trattato non conteneva niente di pi` u di quanto non fosse gi` a presente nelle lettere in cui Newton aveva descritto il suo metodo. Per quanto riguarda la notazione, Leibniz avrebbe potuto servirsi semplicemente delle lettere, come avevano gi` a fatto Newton, e Barrow prima di lui, ma volle usare nuovi simboli. Negli Acta Eruditorum del 1686 scrisse: Preferisco servirmi delle notazioni dx ecc. invece delle semplici lettere, perch´e cos´ı si riesce a esprimere meglio la variazione di x. I simboli adottati furono fortunati, cos´ı come fu fortunata la scelta di pubblicare il suo trattato. Ancora oggi utilizziamo i simboli di Leibniz per indicare la derivata R dx e l’integrale , e ricordiamo il Nova Methodus come il primo trattato di anali-
si matematica mai pubblicato. Tuttavia le sei pagine pubblicate da Leibniz erano ben lontane dal costituire un buon trattato di matematica. Non solo erano presenti numerosi errori di stampa, ma l’approccio era anche eccessivamente semplicistico. 18
Quello che nell’analisi moderna `e lo studio delle funzioni tramite il calcolo delle derivate.
4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686)
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Leibniz per esempio present` o senza dimostrazione le regole per derivare somme, prodotti, quozienti, potenze e radici di funzioni, perch´e riteneva che il calcolo - data la sua natura algoritmica - sarebbe stato autoevidente se formalizzato nel modo corretto. Un approccio che mette in evidenza la grande ingenuit` a di Leibniz, testimoniata anche dal fatto che, sebbene si fosse servito dei metodi - tra gli altri - di Fermat, Barrow, Huygens e Newton, non fece alcun riferimento ad essi in tutto l’articolo. Se anche Leibniz non nomin`o Newton nel suo articolo, ne parl` o per` o al suo amico Mencke19 in una lettera del luglio 168420 : Per quel che riguarda il signor Newton, lui ed Oldenburg nelle ultime lettere in mio possesso non mi contestano il mio metodo per le quadrature, ma lo riconoscono. Non penso che il signor Newton lo rivendichi a s´e, se non limitatamente ad alcune invenzioni riguardanti la serie infinite che in parte ha applicato al cerchio. Leibniz chiar´ı con Mencke che tali invenzioni di cui scrisse erano dovute inizialmente a Mercator, poi sviluppate da Newton ed infine da lui riprese in un modo “diverso”. In pratica Leibniz con queste poche righe aliment`o la disputa degli anni successivi e al contempo contribu´ı a placare i suoi contestatori. Infatti nella stessa lettera scrisse21 Riconosco che il signor Newton gi`a disponeva dei principi dai quali avrebbe potuto derivare il metodo per la quadratura, ma non tutte le conseguenze vengono trovate allo stesso tempo: un uomo pu` o ottenerne alcune, un altro altre. ` comprensibile che Leibniz sottovalutasse Newton, del resto nell’ultima lettera aveE va ricevuto soltanto un’enunciazione di concetti, che peraltro non gli erano nuovi. 19
Cfr. pagina 74. Traduzione dall’inglese in [2], pagina 117. 21 Traduzione dall’inglese in [2], pagina 117. 20
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4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686)
Egli sapeva che Newton aveva un proprio metodo, ma non fu mai in grado di com` quanto meno prendere esattamente in cosa consistesse il metodo delle flussioni. E curioso che successivamente Newton dichiar` o di aver espresso chiaramente il proprio metodo a Leibniz, che quindi secondo lui avrebbe potuto usarlo - quasi copiarlo per ottenere il proprio calcolo differenziale ed integrale. Matematicamente, Leibniz dopotutto riusc´ı ad ottenere autonomamente dei risultati interessanti in questo articolo, ad esempio dando una definizione accettabile di derivata di primo grado. Leibniz infatti consider`o le derivate come quantit`a finite strettamente legate al concetto di tangente. Pi´ u precisamente egli scrisse che il differenziale dx dell’ascissa x `e una quantit`a arbitraria, mentre il differenziale dy dell’ordinata y `e definito come quella quantit`a che sta a dx nello stesso rapporto in cui l’ordinata sta alla subtangente. Tuttavia incapp`o in una definizione circolare in cui il concetto di derivata e il concetto di tangente erano interdipendenti, senza poter dare di alcuna una definizione isolata perch´e mancava il concetto di limite.22 Nelle derivate di ordine superiore al primo, la confusione di Leibniz era addirittura maggiore. Egli non pot´e darne una definizione accettabile se non in termini geometrici: questo da un lato lo avvicin` o a Newton23 , dall’altro lo spinse a continuare a proporre esempi ed analogie per chiarire i suoi concetti. La sua notazione dx, dy perse tuttavia di chiarezza, e non mancarono esempi in cui fu utilizzata completamente a sproposito, nonostante poi si rivel`o la notazione pi` u adatta a rappresentare i differenziali.24 Nel 1686 Leibniz pubblic`o il suo secondo trattato sull’analisi, che verteva soprattutto sull’operazione inversa alla derivazione: l’integrazione. Egli utilizz` o la notazione che 22
Cauchy nell’Ottocento aggir` o il problema subordinando il concetto di differenziale a quello di limite. 23 Addirittura in punto egli si serv´ı della terminologia Newtoniana, quando si riferisce ai momenti delle quantit` a. p 24 Nel 1695 John Bernoulli scrisse una lettera a Leibniz che conteneva tale espressione: 3 d6 y = d2 y.
4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686)
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`e rimasta in uso ancora oggi per indicare l’integrale25 , senza tuttavia utilizzare il termine “integrale” o “calcolo integrale”. Il titolo del secondo trattato - pubblicato anch’esso sugli Acta Eruditorum - era De geometria recondita et analysi indivisibilium atque infinitorum: l’operazione di integrazione veniva presentata formalmente, anche se ricondotta genericamente alla “geometria” e alla teoria degli indivisibili. Il termine di integrale comparve per la prima volta in un testo scritto da uno dei fratelli Bernoulli26 nel 1690, mentre il termine completo di “calcolo integrale” risale addirittura al 1698, in una lettera scritta a Leibniz da Johann Bernoulli. Un’osservazione interessante sullo stile di questi trattati `e che Leibniz, laddove non riusciva ad esprimersi al meglio tramite la formalizzazione, provava ad utilizzare analogie verbali. Una delle pi` u fortunate fu probabilmente quella che paragonava la relazione tra una quantit` a e il suo differenziale alla relazione che sussiste tra il pianeta terra e un granello di sabbia. Leibniz era cos´ı lucidamente convinto dell’utilit` a delle analogie, che addirittura si sentiva in dovere di chiarire a John Bernoulli che in ogni caso, nelle sue analogie, doveva usare degli elementi finiti, seppur piccoli, mentre i differenziali erano quantit` a infinitesimali. Curiosamente, mentre Newton era partito dal concetto di quantit`a infinitesimali per successivamente allontanarvisi e passare al concetto di prima e ultima ragione - che racchiude in s´e la nozione di limite - Leibniz procedette in direzione inversa, trovando infine soddisfacente l’utilizzo degli infinitesimi, soprattutto per l’aspetto algoritmico. Lo scienziato Newton trov`o convincente la nozione di velocit`a come base del suo metodo, mentre il filosofo Leibniz prefer´ı affidarsi ai differenziali27 per sviluppare il suo calcolo. A tre anni dalla prima pubblicazione di Leibniz, finalmente Newton pubblic`o alcuni suoi lavori sull’analisi. Nel 1687 infatti fu pubblicato a Cambridge il Philoso25
Il simbolo per l’integrale `e una R sorta di S, come se fosse la sigma maiuscola utilizzata per le serie, ma applicata al continuo: . 26 Non si sa se Johann Bernoulli o Jakob Bernoulli. 27 Quindi al concetto di infinitesimo.
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4.5. I fratelli Bernoulli e la scuola Europea del calcolo differenziale (1684-1705)
phiae Naturalis Principia Mathematica, un libro che avrebbe rivoluzionato il mondo scientifico.
4.5
I fratelli Bernoulli e la scuola Europea del calcolo differenziale (1684-1705)
I risultati di Leibniz nel campo dell’analisi infinitesimale furono diffusi nel continente dai due fratelli Bernoulli, originari di Basilea, in Svizzera. Jakob, il pi´ u grande, aveva studiato scienze e matematica all’estero e si occup` o di logica, fisica e teoria della probabilit`a. Negli anni intorno al 1680 studi`o algebra e calcolo infinitesimale, prima studiando gli inglesi Wallis e Barrow e poi finalmente, nel 1687, Leibniz. Non pot´e essere testimone degli anni pi´ u accessi della disputa Leibniz-Newton perch´e mor´ı prima, nel 1705. Johann era tredici anni pi´ u giovane del fratello e di ancora maggiori grandi ambizioni. Il che spiega la disputa che si gener` o tra i due negli anni successivi. Entrambi i fratelli Bernoulli studiarono il testo di Leibniz del 1684 che, sebbene oscuro, dichiararono di aver capito in tutte le sue parti in pochi giorni - a dimostrazione del loro grande talento matematico. Fu proprio Johann a coniare il termine “integrazione” per indicare l’inverso della differenziazione. I fratelli Bernoulli e i loro discepoli dominarono la scena continentale degli studi di matematica per almeno una generazione. Controllavano di fatto l’insegnamento universitario della matematica in tutta Europa dal Nord Italia all’Olanda. Dovettero tale sviluppo a Leibniz, che continuer` o a guidarli e ad ispirarli in questi anni. Grazie a tali discepoli le teorie di Leibniz proliferarono in tutto il Continente. Il calcolo differenziale cominci` o ad essere insegnato e la sua efficacia fu dimostrata da articoli scritti da numerosi matematici. Newton non ebbe la fortuna di incontrare tali personalit`a: il suo metodo delle flussioni era ancora poco noto, persino in
4.5. I fratelli Bernoulli e la scuola Europea del calcolo differenziale (1684-1705)
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Inghilterra. In Francia uno dei pi´ u famosi matematici che si dedicarono al calcolo di Leibniz fu il Marchese De L’Hospital, un ufficiale dell’esercito con un grande talento innato per la matematica. Johann Bernoulli divenne suo insegnante a partire dal 1691, anno in cui si trovata a Parigi, e continu` o l’insegnamento anche a distanza. De L’Hospital pubblic`o il primo testo scolastico sul calcolo differenziale nel 169628 . Questo testo contribu´ı grandemente alla diffusione dei concetti Leibniziani nelle scuole di matematica di tutto il continente.
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Il trattato, in francese, aveva il titolo “L’analyse des infiniment petits pour l’ intelligence des lignes courbes”.
Capitolo 5
I Principia Mathematica di Isaac Newton “Persone come Vostra Altezza, che riflettono e ponderano su tutto, finiscono per ritrovarsi a volte in certi labirinti della mente, o enigmi relativi alla natura delle cose, su cui ci si pu` o arrovellare per tutta la vita. Forse li conoscete gi` a. Uno `e quello del rapporto tra libero arbitrio e predestinazione. L’altro `e quello che riguarda la composizione del continuum. [...] Neppure i Principia mathematica di Mr. Newton osano tentare di risolvere questi problemi. Egli evita del tutto questi labirinti, e la sua scelta `e saggia! In nessun modo affronta la dicotomia tra libero arbitrio e predestinazione, se non per mettere in chiaro che lui opta per il primo dei due termini. E non sfiora neppure la questione degli atomi. Anzi, `e persino restio a divulgare la sua opera matematica sugli infinitesimali! Non crediate per` o, che egli non abbia interesse per queste cose. Al contrario, si arrovella giorno e notte su di esse.
Leibniz a Carolina in Confusione di Neal Stephenson
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5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
5.1
Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
La prima esposizione del suo metodo delle flussioni che Newton abbia mai pubblicato apparve nella prima edizione dei Philosophiae naturalis principia mathematica, nel 1687. Si tratta del pi` u importante trattato scientifico di tutti i tempi: questo libro di oltre cinquecento pagine, scritto interamente in latino, present`o i fondamenti della fisica e dell’astronomia nel linguaggio della geometria pura. Newton, che era solito lavorare ininterrottamente giorno e notte - senza uscire per giorni - nei suoi alloggi all’universit` a di Cambridge, complet` o la prima parte dei Principia in solito diciotto mesi. All’epoca egli era senz’altro l’unico matematico attivo a Cambridge1 , nonch´e uno dei pochi scienziati. Intorno all’estate del 1685 egli aveva gi`a scritto interamente quello che in pubblicazione divenne il Libro I, e buona parte del Libro II. Nessuno dei lavori matematici di Newton aveva ancora visto la luce, quindi i Principia furono il primo testo a presentare le sue teorie sul calcolo infinitesimale. Tuttavia, sebbene il metodo delle flussioni fosse intrinsecamente algebrico, l’approccio dei Principia era invece soprattutto geometrico. Newton cerc` o di sostenere che in questo enorme trattato ebbe modo di presentare al mondo scientifico i suoi metodi matematici, ma in realt` a non era presente alcun elemento di quello che fu poi riconosciuto come il metodo delle flussioni. I Principia mantennero un approccio geometrico, dunque Newton non fece altro che enunciare alcune proposizioni matematiche nel linguaggio pi´ u compatibile con le sue teorie fisiche. Infatti, oltre a complicati diagrammi, illustrazioni, tavole astronomiche e disegni geometrici, nei Principia Mathematica ci sono numerose proposizioni analitiche. La prima sezione del Libro I `e intitolata: “Il metodo delle prime e ultime ragioni delle quantit` a, con l’aiuto del quale dimostriamo le proposizioni che seguono”. Tali proposizioni iniziano con il Lemma I: 1
Dopo esser succeduto come Lucasian professor al maestro Barrow, cfr. pagina 17.
5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
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Delle quantit` a, o dei rapporti di quantit`a, che in un intervallo di tempo finito qualsiasi convergono con continuit` a verso l’uguaglianza, e che prima della fine di tale intervallo si avvicinano l’una all’altra cos´ı tanto che la loro differenza `e inferiore a qualsiasi differenza data, finiscono per diventare uguali. Questo lemma `e chiaramente una definizione, o meglio un tentativo di definizione, del concetto di limite di una funzione. Newton ancora si riferisce alle prime ed ultime ragioni delle quantit` a, ma finalmente la sua esposizione prende la forma di un vero e proprio trattato scientifico, con enunciati, dimostrazioni, lemmi e corollari. Newton si concentra sul rapporto tra quantit`a variabili preservando un approccio piuttosto informale al calcolo, perch´e i metodi presentali - sebbene equivalenti al suo metodo delle flussioni e al calcolo differenziale di Leibniz - sono ancora esposti come procedure matematiche generali. Ci` o che tuttavia non pu´ o essere messo in dubbio `e che Newton mostr`o nei Principia delle tecniche per risolvere problemi di differenziazione ed integrazione, anticipando molti risultati degli anni successivi. Un fatto importante fu la relativa chiarezza che Newton adott` o nei Principia, soprattutto per quanto riguarda le parti pi´ u matematiche. La matematica dei Principia era pi´ u semplice da capire, rispetto allo stile del Metodo delle flussioni, ma anche rispetto alle oscure formulazioni del Nova Methodus 2 di Leibniz. Del resto il calcolo di Leibniz era ancora troppo immaturo3 per poter essere utilizzato nelle questioni fisiche trattate da Newton, che quindi utilizz´ o la matematica che aveva a disposizione. ` da sottolineare che Newton utilizz` E o i metodi matematici proprio in funzione dell’utilit` a che avevano per descrivere la sua nuova fisica, piuttosto che per un interesse puramente teorico. Nel corso del Libro I egli fa ampio uso delle serie infinite: ancora non viene esplicitato l’aspetto algoritmico del calcolo. All’inizio del Libro II, Lemma II, compare 2 3
Cfr. pagina 79. La prima pubblicazione mancava completamente dei metodi di integrazione.
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5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
una misteriosa formulazione della derivazione, che - ancora una volta sottolineando l’utilit` a pratica della matematica - viene presentata semplicemente come un metodo per calcolare i cambiamenti di quantit`a matematiche. Lo stile `e pi` u adatto ad un testo di alchimia che non ad un trattato di matematica:
Il momento di qualsiasi genitum `e uguale ai momenti di ciascuno dei lati generatori moltiplicati continuamente per gli indici delle potenze di quei lati e per i loro coefficienti.
La spiegazione che Newton d` a di questo Lemma mostra che con “genitum” egli in realt` a intendeva quello che noi chiamiamo termine (da derivare) e per il “momento” di un genitum intedeva un incremento infinitamente piccolo. Indicando con a il momento di A, e con b il momento di B, Newton dimostra che
il momento di AB
`e
aB + bA
il momento di An
`e
naAn−1
1 A
`e
−
il momento di
a A2
Banalmente, togliendo i momenti a, b dove non servono, riconosciamo nelle espressioni di Newton le derivate rispettivamente di un prodotto, di una potenza e di una potenza con esponente negativo. Tali espressioni sono la prima dichiarazione ufficiale4 di Newton riguardo al calcolo infinitesimale. Al momento della pubblicazione pochi matematici riuscivano a comprendere a pieno la nuova analisi espressa nel complicato linguaggio Newtoniano. Ma qualcuno, nel continente, era probabilmente 4
Ufficiale perch´e compaiono in un testo pubblicato.
5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
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in grado di capirla, come lo stesso Newton riconosce nello scolio al Lemma II, dal secondo libro della prima edizione dei Principia. Nello scambio di lettere che circa dieci anni fa ebbi, tramite Oldenburg, con l’espertissimo geometra Leibniz, lo informai che ero in possesso di un metodo per determinare i massimi e i minimi, per tracciare tangenti, e risolvere altri simili problemi, efficace anche con quantit`a irrazionali e fratte, metodo che avevo celato in questa frase anagrammata:5 data una equazione concernente quante si vogliano quantit`a fluenti, trovare le flussioni e viceversa. Questo illustre scienziato mi rispose che anche lui aveva scoperto un metodo (che mi comunic` o) che gli permetteva di raggiungere questi stessi risultati, e che differiva dal mio solo per la terminologia e le notazioni. Newton non era certo il primo a effettuare derivazioni ed integrazioni, o a percepire la relazione esistente fra queste operazioni, espressa nel teorema fondamentale del calcolo infinitesimale6 . La sua scoperta fu quella di consolidare tali elementi e coordinarli in un algoritmo applicabile a tutte le funzioni. Una scoperta che nella prima edizione dei Principia poteva in qualche modo condividere con Leibniz, ma che nelle edizioni successive invece volle rivendicare completamente a s´e. Nell’edizione del 1726, Newton toglie ogni riferimento a Leibniz. Lo scolio al Lemma II diventa: In una mia lettera al signor J. Collins, datata 10 dicembre 1672, in cui descrivevo il metodo delle tangenti che sospettavo identico a quello di Sluse, allora non ancora reso pubblico, aggiunsi: ”Si tratta solo di un 5
Cfr. lettera di Newton a pagina 64. La derivazione `e l’operazione inversa dell’integrazione, e viceversa. Il teorema fondamentale del calcolo enuncia: Rx Sia f (x) una funzione continua nell’intervallo [a, b). La funzione integrale F (x) = a f (t)dt `e derivabile e si ha, per ogni x ∈ [a, b), F ′ (x) = f (x). Inoltre, se G(x) = f (x) in [a, b) allora F (x) = G(x) − G(a). Tale teorema `e fondamentale per il calcolo degli integrali perch´e lo riconduce alla ricerca delle primitive, ovvero all’operazione inversa alla derivazione. 6
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5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687) caso particolare, o meglio di un corollario, di un metodo generale che, senza nessuna difficolt` a di calcolo, non solo serve a condurre tangenti a ogni genere di curve, geometriche o meccaniche, e a condurre comunque linee rette relative ad altre curve, ma anche a risolvere altri generi di problemi alquanto pi` u difficili sulle curvature, sulle aree, sulle lunghezze, sui centri di gravit`a delle curve etc. N´e si limita (come il metodo di Hudde sui massimi e minimi) alle sole equazioni che non hanno quantit`a irrazionali. Talvolta ho unito questo metodo all’altro mediante il quale risolvo le equazioni riducendole a serie infinite”. Questa la lettera, le cui ultime parole riguardano il trattato da me scritto sull’argomento nel 16717 .
Ma per quale motivo Newton prima cit`o Leibniz e in seguito rimosse ogni riferimento? La ragione principale per cui Newton scelse di nominare Leibniz e porlo sul suo stesso livello - dandogli cos´ı grandissima importanza - era ovvia: Leibniz aveva gi`a pubblicato tre anni prima un testo in cui presentava il suo calcolo differenziale. Tale testo era ormai riconosciuto come la prima pubblicazione sulla nuova matematica. Semplicemente Newton non poteva ignorarlo. Soprattutto nell’Europa continentale, i metodi del calcolo erano romai strettamente legati al nome di Leibniz. I motivi per cui Newton decise di rimuovere completamente ogni riferimento a Leibniz nelle edizioni successive dei Principia sono altrettanto ovvi: non voleva continuare a riservargli un posto cos´ı privilegiato nel suo libro pi´ u importante. Nemmeno Leibniz aveva fatto alcun riferimento a Newton nella sua pubblicazione del 16848 . Nel 1687 i rapporti tra i due matematici erano ancora buoni, anche se ormai non erano pi` u in contatto. Leibniz infatti venne a conoscenza della pubblicazione dei Principia da una recensione di dodici pagine pubblicata sugli Acta Eruditorum nel 7 8
Anno in cui scrisse, ma non pubblic` o, il Methodus fluxionum. cfr. pagina 33. Cfr. pagina 79.
5.2. L’incontro con Fatio de Duillier (1699)
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1688. Erano chiuse le comunicazioni da una sponda all’altra dello Stretto della Manica, ma la stima di Leibniz nei confronti di Newton era rimasta intatta: in una lettera inviata all’amico Otto Mencke nel 1688 egli scrisse9
Ho letto una recensione del celebrato Philosophiae naturalis principia mathematica di Isaac Newton. Quell’uomo `e uno dei pochi che hanno davvero portato avanti le frontiere della scienza.
Il merito scientifico dei Principia mathematica di Newton `e fuori discussione. La sua importanza `e anche nell’aver esposto i metodi matematici di Newton in una forma comprensibile, pi´ u di quanto non fosse il calcolo differenziale di Leibniz. Whiteside sostiene ad esempio che, nei Principia 10
Newton non dava per scontato che il lettore avesse un’alta competenza matematica, ma soltanto che conoscesse gli Elementi di Euclide e le pi´ u semplici propriet`a delle funzioni coniche. Il resto fu dimostrato ab initio o talvolta giustificato appellandosi ad alcune propriet`a algebriche dimostrate dallo stesso Newton sulle quadrature delle curve11 , ormai quindici anni prima. La difficolt` a del libro non risiede nei suoi aspetti tecnici, ma piuttosto nella densit`a dei concetti presentati.
5.2
L’incontro con Fatio de Duillier (1699)
I Principia cambiarono letteralmente la vita di Newton. Non solo gli darono la fiducia di pubblicare altri suoi testi12 , ma gli diedero finalmente l’autorevolezza e la fama che meritava. 9
Traduzione dall’inglese in [2], pagina 131. Cfr. [22], pagina 31. 11 Cfr. pagina 28. 12 Fiducia incrinata dopo l’episodio con Hooke, cfr. pagina 35. 10
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5.2. L’incontro con Fatio de Duillier (1699)
Subito dopo la pubblicazione della prima edizione dei Principia, Newton fu eletto al parlamento inglese. Si trasfer´ı dunque a Londra, dove conobbe Christian Huygens gi`a mentore di Leibniz13 - che in quegli anni era in visita per la prima volta a Londra. Huygens gli present` o Nicolas Fatio de Duillier, un giovane matematico e astronomo tedesco che visse per parecchi anni a Londra e gioc`o un ruolo fondamentale nella vita di Newton e nella disputa sul calcolo infinitesimale. Fatio - gi` a professore di matematica a Spitalfields - giunse a Londra nel 1687, riuscendo rapidamente ad inserirsi nella comunit` a scientifica inglese e ottenendo l’ammissione alla Royal Society in sole due settimane. Egli - che vantava una grande stima da parte della corte di Guglielmo d’Orange - si propose di accompagnare famosi scienziati in visita nella citt`a: fu cos´ı che conobbe Huygens. Fatio e Newton diventarono amici in seguito ad una riunione della Royal Society, il 12 giugno 1689. Fatio si propose di aiutare Newton a studiare un testo di Huygens in francese, ed in seguito di supervisionare la seconda edizione dei Principia. Di questa sua attivit`a scrisse a Huygens, definendosi uno stretto collaboratore di Newton, e riconducendo alla sua attivit`a il fatto che la seconda edizione dei Principa fosse pi` u ampia della prima. L’amicizia tra i due divenne molto intensa nei primi anni novanta del diciassettesimo secolo, cos´ı intensa che pi´ u d’uno ha insinuato che ci fosse una relazione omosessuale. I fatti accertati sono due: le lettere che si scambiarono avevano toni molto affettuosi e c’era sicuramente una forte stima reciproca. Non c’interessa approfondire ulteriormente questo tema, ci baster`a osservare che la forte amicizia tra i due avrebbe potuto rendere Fatio14 poco imparziale durante gli sviluppi della disputa tra Leibniz e Newton. Ci` o fu esattamente quello che accadde in seguito. Di contro furono praticamente inesistenti i rapporti tra Leibniz e Fatio. Huygens prov`o ad incoraggiare una corrispondenza tra i due, ma Leibniz semplicemente non 13 14
Cfr. pagina 42. Hooke arriv` o persino a definire Fatio “la scimmietta” di Newton.
5.3. L’obiezione di Bernard Nieuwentijdt (1695)
95
era interessato a quest’opportunit`a. Come aveva lucidamente capito che da Newton avrebbe potuto imparare soprattutto quello che riguardava gli sviluppi in serie, probabilmente aveva pensato che da uno scambio epistolare con Fatio non avrebbe potuto ottenere nulla. Del resto Leibniz era ormai un matematico affermato nel continente, nonch´e mentore di molti giovani matematici: nella sua vita non c’era spazio anche per Fatio de Duillier.
5.3
L’obiezione di Bernard Nieuwentijdt (1695)
Ora che li abbiamo presentati entrambi. possiamo vedere in che modo i due sviluppi dell’analisi, quello di Leibniz e quello di Newton, furono oggetto di aspra critica da parte di un fisico e matematico olandese: Bernard Nieuwentijdt. Egli attacc`o apertamente la mancanza di chiarezza del lavoro di Newton e l’inefficacia dei differenziali di ordine superiore di Leibniz15 . Nieuwentijdt ammetteva la correttezza generale dei due metodi, eppure denunciava che non fossero ancora particolarmente chiari e che addirittura portassero ad alcuni assurdi. Il metodo di Newton - secondo Nieuwentijdt - aveva come punto debole la definizione di quantit` a evanescenti, un concetto centrale negli sviluppi del suo metodo delle flussioni. Del metodo di Leibniz invece metteva in discussione la sua spiegazione di come quantit` a infinitamente piccole sommate tra loro possano dare come risultato una quantit` a finita. Leibniz rispose alle obiezioni di Nieuwentijdt nel 1695, negli Acta Eruditorum, rispondendo linguisticamente: defin´ı infatti i termini “infinito” e “infinitesimale” nient’altro che quantit` a grandi o piccole a piacere. Ma poich`e erano presenti anche problemi a livello di notazione - non era chiaro il significato esatto dei simboli dx, dy, etc. - egli dovette entrare nel merito del suo calcolo infinitesimale. Realizz` o cos´ı che al 15
Abbiamo visto in precedenza che Leibniz aveva particolari difficolt` a nel maneggiare derivate di ordine superiore al primo.
96
5.3. L’obiezione di Bernard Nieuwentijdt (1695)
cuore del suo calcolo c’era la nozione di rapporto (ragione) tra dy e dx, arrivando ad una constatazione molto vicina al concetto di ragione di flussioni di Newton.16 Le spiegazioni di Newton nemmeno potevano far luce sulla sua definizione di ultima ragione (velocit` a), ed anzi avevano un tono mistico: egli spieg` o che intendeva per velocit` a ultima il momento esatto di arrivo di un corpo in movimento, niente poteva esserci prima del movimento e niente dopo la sua cessazione. Similmente affrontava la questione dell’ultima ragione di quantit`a evanescenti. In tutto questo, il concetto di limite sembrava restare inspiegabilmente fuori: entrambi continuavano a considerare centrale il rapporto tra i differenziali, ovvero a vedere la ragione come quoziente di due numeri, mentre lo avrebbero dovuto considerare un solo numero. In effetti Newton osserv` o che l’ultima ragione delle quantit`a evanescenti `e in realt` a il limite al quale le quantit` a tendono: egli s’interessava quindi al rapporto tra le quantit` a e non alle quantit` a evanescenti in s´e, ma non spiegava in che modo le ragioni dovessero ad un certo punto svanire. Leibniz analogamente si accorse che significativo era il rapporto tra i differenziali, non i differenziali in s´e. Anch’egli per` o manc` o di spiegare in che modo ad un certo punto quantit`a finite - seppure arbitrariamente piccole - diventano quantit`a infinitesime. Anche se si avvicinano a comprendere la centralit` a del concetto di limite, non dispongono ancora di una definizione rigorosa. Inoltre `e troppo lontano il concetto di numero reale come limite di una successione di numeri razionali17 , ovvero ragioni di numeri18 , che avrebbe chiarito quanto meno il campo di applicazione dell’analisi matematica.
16
Cfr. pagina 75. La cosiddetta costruzione dei numeri reali secondo Cauchy, risalente al XIX secolo. 18 I numeri razionali sono infatti i numeri esprimibili da una frazione. 17
Capitolo 6
Il primo atto della disputa “Mi dispiace che la tendenza mia e di Huygens ad andare d’accordo vi addolori.” “Potete andare d’accordo quanto vi piace. Perch´e per` o, non andate d’accordo anche con Isaac? Non riuscite a cogliere la magnificenza dei traguardi da lui raggiunti?” Leibniz e Fatio in Confusione di Neal Stephenson
6.1
Lo scambio epistolare Leibniz-Newton (1693)
Nel 1693 ci fu il primo e unico scambio diretto di lettere tra Leibniz e Newton. I due si scambiarono dei complimenti reciproci, senza entrare minimamente nel dettaglio delle loro teorie matematiche. L’importanza storica di queste lettere `e soltanto di testimoniare i buoni rapporti tra i due, e nient’altro. Fu il tedesco ad iniziare la corrispondenza1 : Ho riconosciuto pubblicamente, laddove l’occasione me lo permise, quale enorme debito abbiamo nei tuoi confronti per la conoscenza della mate1
Traduzione dall’inglese in [2] a pagina 155.
97
98
6.2. I lavori di Wallis (1693-1695) matica e della natura. Avevi gi`a dato un grande contributo allo sviluppo della geometria con le tue serie, ma quando pubblicasti la tua opera dal titolo Principia, ci mostrasti che ogni argomento dell’analisi, anche quelli non studiati da altri, per te `e come un libro aperto.
Dopo sei mesi Newton rispose, cos´ı da porre fine allo scambio epistolare2 :
Reputo molto importante la tua amicizia e per anni ti ho considerato uno dei geometri pi´ u importanti del secolo, come ho riconosciuto in ogni occasione che mi si `e offerta.
In questa stessa lettera Newton tradusse finalmente a Leibniz gli anagrammi contenuti nelle lettere di venti anni prima3 . Il tedesco non aveva nessun motivo per pensare che Newton potesse costituire una minaccia. Ed infatti la minaccia non era Newton. La situazione si fece pi´ u tesa non appena un connazionale di Newton, John Wallis, cominci` o ad insinuare che il calcolo differenziale di Leibniz non fosse che un’opaca replica del metodo delle flussioni di Newton, che per di pi´ u era stato sviluppato dieci anni prima.
6.2
I lavori di Wallis (1693-1695)
Newton, rappresentante dell’Universit` a di Cambridge al parlamento, in questi anni aument` o il suo coinvolgimento negli organi governativi. Negli anni seguenti divenne direttore delle Zecca di Stato, posizione che gli diede grandi privilegi economici e grande potere. Non `e da stupirsi dunque se in questi anni la schiera dei suoi sostenitori divenne pi´ u folta. Tra questi ci fu sicuramente John Wallis, un autorevole 2 3
Traduzione dall’inglese in [2] a pagina 155. Cfr. pagina 52.
6.2. I lavori di Wallis (1693-1695)
99
matematico inglese che nel 1683 aveva pubblicato in latino un suo importante testo di matematica dal titolo Algebra, ripubblicato nel 1693 in inglese. Caratteristica di Wallis fu la sua volont`a di promuovere in ogni modo il lavoro dei matematici inglesi, in una sorta di nazionalismo intellettuale che l’illuminismo avrebbe reso completamente obsoleto. Nella sua Algebra, Wallis incluse alcuni concetti tratti dalle due lettere di Newton del 13 giugno e del 24 ottobre 1676. Di fatto fu questo testo che rese Newton popolare in tutta Europa con il suo metodo delle flussioni: in Olanda i concetti di Newton si stavano diffondendo cos´ı rapidamente che a Wallis fu chiesto di ripubblicare le lettere integralmente. Il fatto strano `e che nell’Europa continentale i metodi di Newton non era noti, ma lo era invece il calcolo differenziale di Leibniz. Se aggiungiamo che Wallis esplicitamente difendeva la semplicit` a del metodo delle flussioni di Newton rispetto alla complessit`a del calcolo di Leibniz, possiamo comprendere come i testi del 1693 divennero presto famosi in Europa. Essi costituirono il primo vero atto della disputa sulla propriet`a intellettuale del calcolo infinitesimale. In un passaggio Wallis scrisse4 Sebbene a prima vista le fluenti e le rispettivi flussioni sembrano difficili da comprendere, perch´e `e sempre difficile comprendere nuove idee; esse diventano rapidamente molto pi´ u comprensibili della nozione di momenti o parti infinitesime o differenze infinitesime. Egli difendeva chiaramente la concezione flussionale Newtoniana rispetto alla versione Leibniziana basata sugli indivisibili. Dopo qualche anno dalla pubblicazione dell’Algebra, quando il primo volume delle sue Opere era ancora in via di pubblicazione, Wallis scrisse a Leibniz, in data 1◦ dicembre 16965 : 4 5
Traduzione dall’inglese in [2] pagna 152. Cfr. la lettera analizzata nel dettaglio a partire da pagina 107.
100
6.2. I lavori di Wallis (1693-1695) Sotto la pressa era rimasta solo l’ultima pagina della prefazione, che gi`a i tipografi avevano terminato di comporre. Fu allora che un mio amico, di ritorno da un viaggio all’estero, e al corrente di queste questioni, mi avvert´ı che in Belgio era gi` a stato diffuso un metodo che quasi coincideva con il metodo delle flussioni di Newton. Per questo motivi, rimossi i tipi gi` a posti, vi inserii l’avviso che vi si pu` o vedere.
Egli si riferisce al fatto che nell’Europa continentale il calcolo differenziale di Leibniz ha preso piede, a discapito del metodo di Newton - di cui non solo `e equivalente, ma anzi “coincide” con esso. Wallis con Newton `e ancora pi` u esplicito, perch´e in una lettera del 10 aprile 1696 indirizzata al suo connazionale aveva scritto: Mi auguro che finalmente vi decidiate a fare stampare le due lunghe lettere del giugno e dell’agosto6 del 1676. Dall’Olanda mi `e stato fatto sapere che se lo augurano anche tutti gli amici che l`a avete, perch´e i vostri concetti sulle flussioni vengono attribuiti a Leibniz con il nome di calcolo differenziale. L’ho saputo quando ormai tutte le pagine del mio libro, eccetto una parte della prefazione, erano stampate. Quindi tutto ci`o che ho potuto fare, profittando di un momento in cui le presse erano ferme, `e stato solo di inserirvi quel brevissimo resoconto che vi vedrete. Non rendete certo giustizia al vostro onore (e quello della vostra nazione7 ) col nascondere nei cassetti del vostro studio una cosa di valore incalcolabile, mentre altri vi defraudano dell’onore dovutovi. Ho compiuto ogni sforzo perch´e in questa faccenda vi sia resa giustizia. Mi dispiace solo di non aver potuto pubblicare integralmente parola per parola le vostre due lettere. Wallis `e chiarissimo: Leibniz ha presentato come proprie delle teorie che invece 6 7
Wallis sbaglia, avrebbe dovuto dire ottobre. Ecco che salta fuori il nazionalismo scientifico di Wallis.
6.2. I lavori di Wallis (1693-1695)
101
avrebbe dovuto attribuire a Newton, il quale dal canto suo non ha fatto niente per difendere la propriet`a intellettuale su argomenti cos´ı importanti. La prefazione di Wallis al primo volume delle sue Opera mathematica del 1695 ha toni meno accesi, ma nonostante ci` o ebbe l’effetto di far divampare la polemica.
Che cosa `e contenuto nel secondo volume si dir` a nella introduzione a esso premessa. Vi si trova tra l’altro il metodo di Newton sulle flussioni (come egli lo chiama), di natura simile al calcolo che Leibniz chiama differenziale, come `e facile accorgersi paragonandoli tra loro, nonostante la diversa forma della notazione. Questo metodo io ho trascritto8 , lasciandone invariate, salvo rare eccezioni, le parole dalle due lettere di Newton del 13 giugno e del 24 ottobre 1676, consegnate a Oldenburg perch´e le trasmettesse a Leibniz. In queste Newton espone a Leibniz il metodo da lui meditato pi´ u di dieci anni avanti9 . Questo dico perch´e nessuno abbia poi a lamentarsi che non ho fatto menzione di questo calcolo differenziale.
Le reazioni dal Continente non tardarono ad arrivare. Leibniz - all’epoca impegnato nella stesura della storia e genealogia della Casata dei Brunswick10 - non pot´e subito ottenere una copia del testo di Wallis del 1695. Tuttavia i suoi collaboratori degli Acta Eruditorum e i suoi amici sparsi in tutta Europa immediatamente capirono la natura dell’attacco di Wallis. L’inglese era del resto gi`a noto per il suo atteggiamento xenofobo: era riuscito ad offendere quasi ogni matematico straniero con il quale era entrato in contatto.
8
Nella sua Algebra. Cio`e durante gli anni mirabiles 1665-1666. 10 Anni prima egli viaggi` o in Italia ed Europa Centrale alla ricerca di documenti e testimonianze che riconducessero la Casata dei Brunswick ad una qualche importante famiglia nobile Europea, che si rivel` o essere la Famiglia D’Este. 9
102
6.3
6.3. Lo scambio epistolare Leibniz-Huygens (1694)
Lo scambio epistolare Leibniz-Huygens (1694)
Dei testi pubblicati da Wallis nella prima met` a degli anni novanta, sappiamo che Leibniz non pot´e leggere subito l’Algebra, ed anzi fu Huygens ad avvisarlo della pubblicazione, in una lettera del 29 maggio 1694:
Walis mi ha inviato la nuova edizione latina della sua grande opera De Algebra, aumentata di alcune serie di Newton, dove sono equazioni differenziali del tutto simili alle vostre, se se ne eccettua la notazione.
Del resto Huygens conosceva bene il calcolo di Leibniz, che lo stesso tedesco gli aveva spiegato in una lettera del luglio 1690:
[...] Ora impiego somme e differenze, quali dy, ddy, dddy, ovvero le differenze e gli incrementi (o elementi) della quantit`a y, o altrimenti le differenze di differenze, e le differenze di differenze di differenze. E proprio come le radici sono l’inverso delle potenze, allo stesso modo le somme p p sono l’inverso delle differenze. Per esempio, come y 2 = y, e 3 y 3 = y, R RR cos´ı anche dy = y e ddy = y. Le prime reazioni di Huygens furono piuttosto fredde, soprattutto perch´e trov`o il testo di Leibniz piuttosto oscuro. Soltanto dopo alcune settimane Huygens comprese la reale portata della nuova matematica, descrivendola come “buona ed utile”, anche se considerava i suoi metodi altrettanto potenti. Un’ostilit`a motivata dal fatto che Huygens, sebbene ammettesse che nelle fasi di scoperta la precisione matematica potesse venire meno, non accettava che una teoria ben fondata non avesse dimostrazioni rigorose. Ma infine Huygens doveva aver ben capito le scoperte di Leibniz, visto che immediatamente cap´ı che il metodo di Newton era praticamente equivalente. Leibniz risponde alla lettera del 29 maggio dopo appena due settimane, da Hannover:
6.3. Lo scambio epistolare Leibniz-Huygens (1694)
103
Non so quando mi sar` a possibile vedere l’opera pubblicata ultimamente da Wallis. Dovreste farmi il favore, signore, di farne copiare i passi dove Newton espone nuove scoperte. Non mi interessa tanto di avere il suo procedimento per trovare le serie, quanto di conoscere i procedimenti che egli adopera per risolvere il problema inverso delle tangenti, o qualche altra cosa simile. Infatti quando molto tempo fa mi scrisse, volle nascondermeli con lettere trasposte. Diceva di averne due, l’uno pi` u generale, l’altro pi` u elegante. Non so se ne avr`a parlato in questi scritti.
Leibniz chiede dunque maggiori informazioni sullo sviluppo del calcolo degli integrali, ben ricordandosi della diffidenza con cui anni prima Newton gli aveva risposto con un anagramma alla sua richiesta di ulteriori dettagli.11 Infine in autunno, dopo aver ricevuto materiali da Huygens, Leibniz si dice poco soddisfatto di quanto contiene l’opera di Wallis, perch´e non trov`o lumi sul metodo per calcolare gli integrali, anche se finalmente ottenne le soluzioni degli anagrammi. Dalla lettera di Leibniz ad Huygens datata 4/14 settembre 1694 riportiamo un estratto:
Vi ringrazio anzitutto per avermi comunicato l’estratto dell’opera di Wallis che riguarda Newton. Vedo che il suo calcolo si accorda con il mio [...] Personalmente sono soddisfatto di vedere finalmente la soluzione degli enigmi contenuti nella lettera di Newton a Oldenburg, ma mi dispiace di non trovarvi i lumi che mi ripromettevo per l’inverso delle tangenti. Egli si limita a darci un metodo per esprimere per seriem infinitam il valore dell’ordinata della curva, metodo di cui fin da allora sapevo il fondamento, come testimoniai ad Oldenburg12 . E qualche tempo fa ne ho dato negli Atti di Lipsia il procedimento in un modo facile e 11 12
Cfr. pagine 52 e 61. Nella risposta all’Epistola posterior, cfr. pagina 66.
104
6.4. Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di Lipsia (1696) universalissimo...13
Huygens mor´ı nel 1695: Leibniz si propose come suo immediato successore, sostenendo inoltre che lo stesso Huygens lo avesse individuato come il vero scopritore del calcolo. Le differenze tra Huygens e Leibniz erano tuttavia evidenti per quanto riguarda la valutazione dell’importanza del calcolo. Huygens - come Newton - inseriva il calcolo infinitesimale all’interno di uno sviluppo continuo della matematica che includeva anche i metodi di analisi precedenti. Leibniz invece sosteneva di aver scoperto metodi di analisi di tipo completamente diverso rispetto a quanto fosse mai esistito fino ad allora. Se dunque tutti e tre avevano una comprensione tecnica molto evoluta dei metodi del calcolo, assunsero posizioni diverse riguardo all’interpretazione filosofica della nuova matematica. Soltanto Leibniz sostenne una cesura netta con il passato: dopo il nuovo calcolo differenziale la matematica non sarebbe stata mai pi´ u la stessa. Anche questo fu probabilmente un motivo del suo successo tra i matematici continentali contemporanei.
6.4
Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di Lipsia (1696)
Nel giugno del 1696 sugli Acta Eruditorum comparve un estratto dei primi due volumi delle Opere di Wallis. Gli editori - tra cui probabilmente lo stesso Leibniz rilevarono che nella parte finale delle prefazione, dove si fa menzione dello scambio epistolare Leibniz-Newton del 1676, Wallis non aveva esposto correttamente l’andamento dei fatti. Non si lamentavano tanto perch´e vi era detto che Newton aveva esposto a Leibniz - nelle due lettere ormai famose14 - il proprio metodo, ma perch´e non veniva affatto detto che all’epoca delle lettere Leibniz era gi`a in possesso 13 14
Cfr. pagina 79. Cfr. da pagina 52.
6.4. Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di Lipsia (1696)
105
di un proprio procedimento di calcolo, come lo stesso Newton aveva confermato15 . Questo `e un punto chiave: Newton era in possesso del proprio metodo a partire dal 1665-1666, Leibniz dal 1675 circa. Lo scambio epistolare del 1676 dunque era stato uno scambio di due metodi gi`a definiti: i sostenitori di Newton non potevano sostenere che da quelle lettere Leibniz avesse derivato il suo calcolo infinitesimale, ci`o semplicemente non poteva essere vero. La recensione degli Opera mathematica di Wallis comparsa nel giugno 1696 sugli Acta Eruditorum ci aiuta a ricomporre la storia che ha condotto al calcolo infinitesimale di Newton e Leibniz.
Alla serie di Newton, gi` a inserite nell’edizione inglese, Wallis ne aggiunge altre, con esse concordanti, di David Gregory, professore ad Oxford, e di Archibald Pitcairn, professore a Lovanio. Nel cap.95, p.388 dell’Algebra aggiunge che anche Leibniz e Tschirnhaus fra gli stranieri (come egli si esprime16 ), e fra gli inglesi James Gregory e Nicholaus Mercator, erano pervenuti a qualche cosa di simile, quantunque le loro serie non fossero per la maggior parte niente altro che casi particolari delle regole generali stabilite da Newton. Dichiara inoltre che anche il metodo delle flussioni di Newton (pubblicato per la prima volta nei Principia philosophiae) `e simile al calcolo differenziale di Leibniz e che il metodo di Barrow li precede entrambi, e che tutti sono stati edificati sulla base dell’Aritmetica degli infiniti di Wallis, che aveva perfezionato la geometria di Cavalieri, come questi aveva perfezionato quella di Archimede.
La recensione quindi arriva finalmente al punto pi´ u rilevante per l’approfondimento della disputa sul calcolo: Newton riconobbe che Leibniz era gi`a in possesso di un proprio procedimento quando gli comunic` o il suo metodo delle flussioni. 15 16
Cfr. pagina 61. Gli editori degli Acta giustamente mettono in evidenza l’imbarazzante nazionalismo di Wallis.
106
6.4. Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di Lipsia (1696) Tuttavia lo stesso Newton, insigne per la sua buona fede come per i suoi grandissimi meriti nel campo delle matematiche, quando pi` u di venti anni fa (per gli interposti uffici di H. Oldenburg di Brema17 , segretario della Royal Society inglese) intercorse fra lui e Leibniz (entrambi membri di quella Societ` a)18 una corrispondenza epistolare, riconobbe pubblicamente e privatamente che Leibniz conosceva gi`a il suo calcolo differenziale, le serie infinite e i metodi per ottenerle.
` ora il Il primo sasso `e lanciato: Newton riconobbe a Leibniz i propri meriti. E momento di un vero e proprio attacco: la colpa `e di Wallis che non ha riportato i fatti cos´ı come si sono verificati. Questo19 per` o Wallis, ricordando gli scambi intercorsi fra Leibniz e Newton, tralascia di dire, forse perch´e non sapeva come si fossero svolte esattamente le cose. Del resto la trattazione che Leibniz ha fatto delle differenze, trattazione che anche Wallis ricorda (“affinch´e - come egli stesso dice - nessuno abbia poi a lamentarsi che non ho fatto menzione di questo calcolo differenziale”), ha dissipato tutte le inesatte congetture che si facevano altrove... Non dubitiamo quindi che, nella sua buona fede, il famosissimo Wallis, se ne avesse avuto pi` u precise notizie, avrebbe trattato pi` u ampiamente nella sua opera anche le meditazioni dei nostri compatriotti20 . Ma egli stesso si duole nella sua ultima pagina dell’Algebra di non aver potuto vedere gli “Acta eruditorum”, dove ne sono contenute una buona parte, e dice di non conoscere abbastanza ci`o che Leibniz ha dato sulla geometria 17 Gli editori degli Acta non mancano di rimarcare, come faranno poco pi´ u avanti, la nazionalit` a delle personalit` a coinvolte - soprattutto quando provengono dai territori germanici. 18 Questa precisazione sembrerebbe suggerire che Leibniz e Newton debbano essere considerati pari in quanto a importanza. 19 Cio`e l’ammissione di Newton. 20 Anche lo spirito nazionalistico germanico esce fuori, seppure si tratti di uno stato - la Germania appunto - che ancora non era formalmente tale.
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
107
degli incomparabili o analisi degli infiniti, che altrimenti avrebbe presentato nella sua opera. A questo proposito vogliamo osservare che Nicolaus Mercator, da Wallis considerato come suo compatriotta, `e invece tedesco, originario dello Holstein, quantunque abbia poi eletto a propria dimora l’Inghilterra. Mercator `e stato il primo, a quanto risulta, ad aver pubblicamente dato mediante una serie infinita una quadratura, quantunque anche Newton l’avesse scoperta a sua insaputa, e fosse andato molto pi` u oltre. All’epoca delle recensione delle opere di Wallis comparsa sugli Acta, tra Wallis e Leibniz c’era gi` a stato uno scambio epistolare che ci aiuta a capire meglio l’atteggiamento di Wallis nei confronti del tedesco.
6.5
Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
Dopo aver letto la recensione delle sue opere negli Acta, Walli scrive a Leibniz per chiarire la sua posizione, in data 1◦ dicembre 1696: [...] Stavo proprio per scrivervi tutto questo, quando ieri mi furono mostrati gli Atti di Lipsia del giugno 1696, dove il dotto editore di `e degnato di inserire un’ampia relazione delle mie Opere matematiche (edite a Oxford). Me ne sento obbligato e lo ringrazio. Sembra per` o lamentarsi, o almeno insinuare, che mentre ho esposto piuttosto ampliamente il metodo di Newton, ben poco ho parlato di quello di Leibniz. Non vorrei per` o che anche voi, che stimo tanto, vi sentiate offeso. Anzi sono ben felice che voi, cos´ı nobile, vi siate degnato di abbassarvi alle nostre questioni matematiche; e sono cos´ı poco intenzionato dal volervi in qualche modo offendervi che, se per caso ci`o fosse accaduto, `e mio desiderio conciliarmi.
108
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
Wallis `e molto difensivo e non manca di rimarcare la sua stima nei confronti di Leibniz che era un matematico di ben altro calibro rispetto a lui - e non solo per gli studiosi del Continente. Subito dopo risponde immediatamente all’obiezione sollevata dagli editori degli Acta: egli non era a conoscenza di come si erano veramente svolti i fatti. Wallis non pu` o che confermare.
Quanto il dotto editore aggiunge: che forse avevo tralasciato di parlare di quei metodi, perch´e non ne avevo pi´ u precise notizie, `e perfettamente vero. Dir` o quindi come stanno effettivamente le cose e non mi vergogno di confessarlo. Di tutte le vostre ricerche non ricordo di averne vista nessuna, eccetto due: una pubblicata nei Rendiconti filosofici di Londra21 , che riportavano dagli Atti di Lipsia, senza per` o darne la dimostrazione, il seguente problema: dal quadrato del diametro ricavare l’area del cerchio, secondo la serie 1 =
1 1
−
1 3
+
1 5
−
1 7
+
1 9
−
1 11
in infinitum. Cosa che ho
inserito come vostra nella proposizione 95 della mia Algebra. Se oltre a queste avessi visto qualche altra vostra cosa, non l’avrei certo taciuta. Non sono ancora riuscito a vedere la vostra Geometria incomparabilium o Analysis infinitorum (che pure nella mia opera ho ricordata come da voi menzionata), e di essa non sono riuscito a sapere niente altro, neppure di fama, se non quello che ho detto in calce nella mia Algebra. N´e ricordo di aver mai sentito parlare del calcolo differenziale, se non dopo che erano stati stampati entrambi i volumi della mia opera [...]
Questa ammissione di Wallis `e quasi incredibile: dal tono delle prefazione22 ci si poteva aspettare un tono pi´ u perentorio, invece l’inglese si scusa in continuazione ed ammette di ignorare i testi di Leibniz. Addirittura ad un certo punto aggiunge 21 22
Le Philosophical Transactions della Royal Society. Cfr. pagina 100.
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
109
Mi si pu` o comunque perdonare che alla mia et`a (ho superato infatti gli 80 anni) non sia al corrente di tutto. Finalmente dunque Wallis arriva al punto pi´ u delicato: lo scambio di lettere LeibnizNewton nel 1676. In ogni modo ho subito ricordato (e indicato) che anche voi vi eravate occupato di simili questioni; e che fra voi e Newton, attraverso Oldenburg, erano intercorse alcune lettere: lettere che non ho visto e di cui non conosco il tenore. Oldenburg era infatti gi`a morto da molto tempo, e quindi non potevo saperlo da lui. Domandai allora al nostro Newton di inviarmi una copia di quelle lettere, se ne fosse stato ancora in possesso. Rispose per` o di non averle pi´ u (credo che siano andate distrutte dalle fiamme insieme a molti altri scritti di Newton, degni di miglior luce, come, se non fosse stato per me, sarebbero andate perdute anche le sue lettere). Avevo infatti richiesto le vostre lettere con l’intenzione di pubblicarle insieme a quelle di Newton. Cosa che forse far`o, non appena se ne presenti l’occasione, e se vi degnerete di inviarmene una copia. ` opportuno a questo punto domandarsi come mai, visto che Wallis non aveva avuto E l’opportunit`a di consultare le lettere, decise di prendere una posizione cos´ı netta e decisa contro Leibniz. Almeno in parte questo `e da attribuirsi dal suo innegabile spirito nazionalistico, che pure egli cerca di minimizzare poco pi´ u avanti nella stessa lettera. Che Henry Oldenburg sia stato di Brema e Nicolaus Mercator dello Holstein, come avanza il dotto editore, penso che sia vero. So almeno che non erano inglesi (non voglio sottrarli alla vostra Germania), tanto che nel menzionarli non servii del termine “compatriotti” ma mi limitai a dire apud nos. Ma non per questo li ho amati o stimati di meno. Per
110
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698) me infatti `e indifferente la stirpe di un uomo (Tros Tyriusve foret, nullo discrimine), purch´e si tratti di un uomo buono e degno di merito. Ma vissero a lungo presso di noi e qualsiasi cosa abbiano fatto su questa materia, lo hanno fatto presso di noi. [...] Non vorrei che l’illustre editore dubiti (cosa che si preoccupa di impedire) che io non sia disposto a favorire i vostri compatriotti e le vostre scoperte, e che voglia piuttosto sottrarvele o minimizzarle: io che sono solito stimare sinceramente le scoperte altrui e rafforzarle con benigna interpretazione [...] sono pronto a fare la stessa cosa delle vostre, se potr` o venirne in possesso.
Leibniz risponde a Wallis il 19 marzo 1697, apprezzandone i toni cos´ı concilianti pur senza rinunciare a rispondere alla velata provocazione di Wallis, che aveva insinuato che nemmeno i tedeschi fossero completamente imparziali.
Ma poich´e mi `e sembrato che abbiate accolto alcune espressioni degli Atti in maniera tale che avete accusato noi tedeschi di animo non del tutto imparziale, e quasi volto a diminuire, recensendole, le vostre Opere, ho pensato di farvi cosa non sgradita scrivendo agli editori degli Atti una lettera (di cui vi invio una copia) che, inserita, se parr`a loro opportuno, nel giornale, possa darvi piena soddisfazione, togliendovi tutti gli scrupoli.
Leibniz intende ripercorrere brevemente gli sviluppi che hanno portato lui e Newton alla scoperta del calcolo infinitesimale. Dopo aver elencato di meriti di Galilei e Cavalieri per la geometria degli indivisibili e Fermat per il calcolo dei massimi e dei minimi, egli arriva a matematici pi´ u vicini nel tempo. Nomina infatti Huygens e lo stesso Wallis, infine Gregory, Barrow e Mercator23 . In ultimo `e la volta di Newton: 23
Del quale Leibniz ribadisce la nazionalit` a tedesca “Nicolaus Mercator dello Holstein”.
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
111
A questa stessa scoperta, non solo indipendentemente da Mercator, ma con un metodo universale, pervenne anche Newton, matematico sommo, che se pubblicasse le sue meditazioni (so che continua a tenerle nascoste), ci aprirebbe indubbiamente strade capaci di condurci a nuovi grandi progressi e risultati nelle scienze. A tutto questo aggiungo alcune cose dovute alla mia opera. In particolar modo sono riuscito mediante un nuovo genere di calcolo a sottoporre all’analisi anche le grandezze trascendenti irriducibili all’algebra, e ho insegnato a spiegare con determinate equazioni le curve che Descartes aveva erroneamente escluse dalla geometria; equazioni che ci permettono di dedurre con sicuro procedimento di calcolo tutte le loro propriet`a. Cos´ı per esempio rappresento la cicloide24 con l’equazione
y=
dove
R
√
2x − xx +
Z
√
dx 2x − xx
indica la sommatoria e d la differenziazione, x l’ascissa, e y
l’ordinata in coordinate ortogonali. Leibniz mette sul piatto le proprie teorie, parallelamente - ma non in competizione - alle teorie di Newton, che viene invitato ancora una volta a pubblicare le proprie scoperte, evidentemente in parte ancora ignote a Leibniz nei loro dettagli pi´ u specifici. In un’altra lettera del maggio 1697 Leibniz `e molto insistente nell’invitare Newton a pubblicare i suoi lavori, tanto che poco dopo sar` a lo stesso Wallis a girare a Newton la richiesta: [...] se l’occasione lo permette (le chiederei di) offrire i miei pi´ u umili saluti, al signor Newton, che `e un uomo dai pi´ u grandi talenti, e pregarlo di non distogliere l’attenzione dal pubblicare le sue riflessioni migliori. Inol24
Una curva piana - il cui nome `e stato coniato da Galilei - tracciata da un punto fisso su una circonferenza che rotola lungo una retta.
112
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698) tre, non solo osservai, dopo la pubblicazione del suo librio (i Principia), che il metodo delle flussioni di Newton era parente del mio calcolo differenziale, ma anche esplicitai questa convinzione negli Acta Eruditorum e informai altri di ci` o.
In seguito, Leibniz gela le speranze dell’inglese di entrare in possesso delle lettere originali del 167625 . Riguardo alle lettere scambiate fra me e Oldenburg, far le quali sono anche alcune di Newton, uomo di eminente ingegno, o sono andate perdute nei miei numerosi viaggi e in attivit`a completamente diverse da questo genere di studi, o giacciono insieme a molte altre sotto una mole di carte, che dovranno una buona volta venir esaminate e ordinate, non appena avr`o un momento libero dalle occupazioni che mi assillano; momento che per` o non posso concedermi subito come vorrei. La corrispondenza tra i due continua: pi´ u volte Wallis ribadisce di non aver capito in cosa consista il calcolo differenziale di Leibniz, e lo mette sempre in relazione con il metodo delle flussioni di Newton26 : Invero non mi `e ancora del tutto chiaro che cosa sia quel vostro calcolo differenziale, se non ci` o che mi `e stato recentemente detto: che quasi coincide con la teoria delle flussioni di Newton. [...] E se non mi sbaglio (cos´Ĺ almeno mi `e stato detto) la dottrina delle flussioni di Newton `e quella stessa (o per lo meno similissima a quella) che voi chiamate calcolo differenziale. Leibniz precisa che il suo metodo e quello di Newton hanno grandi somiglianze:27 25
Cfr. sempre a partire da 52. Dalla lettere di Wallis del 6 aprile 1697. 27 Lettera di Leibniz del 28 maggio 1697. 26
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
113
[...] non solo mi resi conto della stretta parentela esistente fra il metodo delle flussioni del profondissimo Newton e il mio metodo differenziale, ma lo ho anche pubblicamente dichiarato negli Acta eruditorum e altrove. Tuttavia il tedesco ancora non sospetta che tale innegabile somiglianza verr` a utilizzata dagli inglesi per accusarlo di plagio, e si dimostra ancora ottimamente disposto nei confronti di Newton, che non manca mai di elogiare. Del resto Leibniz `e al di fuori del dibattito tra i matematici inglesi e non sa esattamente cosa sta accadendo al di l`a della Manica riguardo alla sua disputa con Newton. Come unica fonte, egli ha soltanto un rapporto epistolare con Thomas Burnet - figlio del Royal Physician for Scotland - che lo aggiorna sporadicamente sulla vita intellettuale inglese e lo aiuta nel consegnare le sue missive a Locke, Newton e lo stesso Wallis. Lo scambio epistolare Leibniz-Wallis andr`a avanti ancora fino almeno al 1698, anni in cui Leibniz autorizza Wallis a pubblicare alcune sue lettere28 : [...] Mi domandate il permesso di pubblicare non so quali mie lettere (forse quelle da me inviate un tempo a Oldenburg), di cui siete venuto in possesso. [...] Mi rendo facilmente conto che queste mie lettere scritte in giovent´ u in modo tumultuoso, quando le mie conoscenze erano ancora modeste, incontreranno pi´ u facilmente indulgenza che lode. [...] Ma quantunque riconosca che questa pubblicazione `e pi´ u utile alla vostra gloria (di cui d’altronde sono ben contento) che non alla mia, non voglio sottrarmi alla vostra autorit` a e sono pronto ad adoperarmi per il bene generale, anche se con ci` o posso andare incontro a qualche rischio. Dopo questa piccola disputa, un attacco ben pi` u serio al calcolo differenziale di Leibniz arriver` a da Fatio de Duiller, appena l’anno successivo.
28
Si tratta delle lettere del 1676-1677, che finalmente Wallis `e riuscito a recuperare.
Capitolo 7
Il secondo atto della disputa “Ci sono persone secondo cui Leibniz sarebbe, per me, una specie di avversario. Io non sono d’accordo.” Cos´ı dicendo, Newton lasci` o vagare lo sguardo in direzione di Fatio, che arross´ı e guard` o altrove.
Newton ad Eliza da Confusione di Neal Stephenson
7.1
Il problema Brachistocrono (1696)
La disputa sulla propriet`a intellettuale del calcolo infinitesimale era appena iniziata1 , ma non era ancora entrata nel vivo: Leibniz era intervenuto in modo molto pacato mentre Newton non erano neppure sceso in campo. Eppure i matematici di tutta Europa avevano gi`a cominciato a schierarsi. Nel continente Leibniz godeva di molti sostenitori, tra i quali l’amico storico Johann Bernoulli. Questi, per provare la superiorit` a di Leibniz su Newton e l’inabilit` a matematica dell’ultimo, propose una sfida matematica detta il problema Brachistocrono, aperta ai matematici pi´ u abili di quel periodo. Furono inviate a Wallis e Newton in Inghilterra 1
Con i con i lavori di Wallis, cfr. pagina 98.
115
116
7.2. Le lettere tra Leibniz e il marchese Guillaume de l’Hˆ opital (1699)
singole copie del testo del problema, che fu inoltre pubblicato sugli Acta Eruditorum e su una pubblicazione francese dal titolo Journal des S¸cauans. Ci sarebbe stato tempo per rispondere fino alla Pasqua seguente. Obiettivo finale di questo problema, nella mente di Bernoulli, era dimostrare la superiori` a del calcolo differenziale rispetto al metodo delle flussioni di Newton. Il problema consisteva nel calcolare una curva che collega due punti, non allineati uno sotto all’altro, tale che un corpo in caduta - sotto l’effetto soltanto della forza di gravit`a - la percorra nel minor tempo possibile. Newton risolse il problema in appena una notte, ma fu praticamente l’unico a risolverlo utilizzando il metodo delle flussioni. In Europa Leibniz, de L’Hˆopital e i Bernoulli lo risolsero servendosi del calcolo differenziale. Il tentativo di Bernoulli era fallito, ma in fin dei conti era stata dimostrata la superiorit` a del calcolo infinitesimale. Leibniz se ne considerava il fondatore, poco gli importava se dall’altro lato dello Stretto della Manica un inglese avesse un metodo diverso dal suo.
7.2
Le lettere tra Leibniz e il marchese Guillaume de l’Hˆ opital (1699)
Leibniz semplicemente non riusciva a vedere le minacce che incombevano su di lui. Fu un suo amico ad informarlo del pericolo, non un matematico qualunque, ma uno dei cinque matematici che erano riusciti a risolvere il problema brachistocrono: Guillame Fran¸cois Antoine de Sainte Mesme, marchese de l’Hˆopital. Dalla lettera del marchese de l’Hˆopital a Leibniz, datata 13 luglio 1699: [...] Non so se siete al corrente che nel terzo volume delle sue Opere matematiche, Wallis ha inserito alcune vostre lettere inviate a Newton e ad altri. Credo che l’abbia fatto con l’intenzione di attribuire a quest’ultimo
7.2. Le lettere tra Leibniz e il marchese Guillaume de l’Hˆ opital (1699)
117
la scoperta del vostro calcolo differenziale, che Newton chiama delle flussioni. Mi sembra che gli inglesi cerchino con tutti i mezzi di attribuire alla propria nazione la gloria di questa invenzione.
Da notare soprattutto due aspetti: il primo `e che chiaramente de l’Hˆopital ignorava il metodo delle flussioni prima di averne letto da Wallis, soprattutto ignorava il fatto che tale metodo fosse noto a Newton ben prima che Leibniz possedesse il calcolo differenziale. Il secondo `e che evidentemente era sentire comune il fatto che Wallis avesse cercato di portare in Inghilterra quanti pi´ u meriti scientifici possibile. Leibniz era a conoscenza della volont`a di Wallis di pubblicare le proprie lettere, del resto lo aveva utilizzato appena l’anno prima2 , quindi non poteva esserne sorpreso. Ci` o che probabilmente non sapeva `e che nell’ultimo anno era comparso in Inghilterra un articolo che lo attaccava molto pi` u direttamente. Secondo tale articolo non solo Newton era stato il primo a scoprire il calcolo, ma si cercava di dimostrare che Leibniz avesse copiato i propri metodi da quelli di Newton. L’autore non `e un personaggio nuovo di questa storia: si tratta di Fatio de Duillier, il matematico svizzero grande amico di Newton.3 Il marchese de l’Hˆopital avvis` o Leibniz - sempre nella lettera del 13 luglio - che era stato pubblicato un tale articolo, scritto da Fatio, dal titolo Lineae brevissimi descensus investigatio geometrica.
[...] Ho appena ricevuto, scritto in inglese, un libro di Fatio sull’inclinazione che si deve dare ai muri per ottenere una migliore esposizione degli alberi da frutta. Alla fine vi `e aggiunto uno scritto latino4 dove l’autore sembra avervi preso di mira. Ve lo invio perch´e facciate a questo proposito ci` o che riterrete pi´ u opportuno. 2
Cfr. pagina 113. Nato in Svizzera, a Basilea, pass` o la giovinezza a Ginevra dove coltiv` o la passione per l’astronomia. A ventidue anni si trasfer´ı in Olanda dove Huygens lo istru´ı sui temi della matematica pura. Cfr. pagina 94. 4 L’investigatio di cui sopra. 3
118
7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
Leibniz rispose dopo appena due settimane, ringraziando de l’Hˆopital per le segnalazioni, esprimendo assoluta tranquillit` a per quanto riguarda il testo di Wallis: Wallis mi ha chiesto il permesso di pubblicare le mie vecchie lettere, aggiungendo che avrei potuto sopprimere tutto quello che avessi ritenuto opportuno. Ma, poich´e non ho nulla da temere dalle cose come effettivamente stanno, ho risposto che poteva pubblicare tutto quello che avesse giudicato degno di esserlo. Me ne ha inviata una copia, ma non l’ho ancora letto. Ci` o che invece turbava sinceramente Leibniz era l’articolo di Fatio5 : Vi sono grato, signore, per avermi inviato il trattato di Fatio, che mi riguarda. Vi si rivela molta passione, non so se dovuta a invidia, a emulazione o a qualche altra cosa. Se ne era cos´ı bene informato da tanto tempo, perch´e non l’ha fatto conoscere prima? [...] Spero che Newton non approver` a le espressioni di Fatio, `e troppo al corrente della verit` a. Fatio, che quasi sicuramente non aveva trovato inizialmente l’approvazione di Newton e che era mosso da rabbia e risentimento, voleva dimostrare la superiorit` a tecnica e la priorit`a di scoperta dell’amico rispetto a Leibniz. Ma cosa conteneva esattamente l’articolo di Fatio?
7.3
L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
Fatio de Duillier aveva almeno due ragioni per attaccare apertamente Leibniz. La pi´ u banale era la sua amicizia con Newton: per guadagnare credito agli occhi dell’amico, era disposto a scagliarsi contro colui che ne aveva messo in discussione la priorit`a nella scoperta del calcolo. La ragione meno ovvia `e che Fatio de Duillier 5
Che de l’Hˆ opital aveva allegato alla lettera precedente.
7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
119
aveva personali motivi di risentimento nei confronti di Leibniz. Egli infatti era entrato in una sorta di competizione con il tedesco, al tempo in cui erano entrambi discepoli di Huygens6 . Successivamente scrisse numerose lettere allo stesso Leibniz invitandolo a condividere i suoi studi matematici, ma non ottenne risposta. In seguito, pur risolvendo il problema brachistocrono, non riusc´ı a inviare la soluzione in tempo e quindi rimase fuori dalla schera dei risolutori ufficiali di cui Leibniz scrisse, elogiando il fatto che soltanto i veri discepoli di Newton e dello stesso Leibniz avevano gli strumenti matematici adatti per risolvere tale problema. Fatio la prese come una questione personale, ed era ormai pronto ad attaccare direttamente Leibniz. A pagina 18 del suo Lineae brevissimi descensus investigatio geometrica del 1699 scrisse: Leibniz domander` a forse da dove ho tratto la conoscenza di questo calcolo di cui mi servo. Io stesso con le mie sole forze ne ho trovato i principi e la maggior parte delle regole nell’aprile 1687, nei mesi e negli anni seguenti. Allora non credevo che nessuno oltre me si servisse di questo calcolo, che avrei conosciuto anche se Leibniz non fosse mai nato. Questi potr` a vantare di ben altri discepoli, ma non certo di me; come risulterebbe ancora pi´ u chiaro se fossero di dominio pubblico le lettere che intercorsero fra me e l’illustrissimo Huygens. Riconosco per` o, costretto dall’evidenza dei fatti, che Newton `e stato il primo a scoprire, molti anni fa, questo calcolo. Se Leibniz, suo secondo inventore, abbia tratto alcunch´e da Newton, `e una cosa su cui preferisco non dare alcun giudizio, ma voglio lasciarla stabilire da quelli che ebbero modo di vedere le lettere e gli altri manoscritti di Newton. Il silenzio del troppo modesto Newton, o la sollecitudine di Leibniz nell’attribuirsene la scoperta, non pu` o trarre in inganno chiunque esamini appena attentamente il materiale che io stesso ho sfogliato. 6
Cfr. pagina 94.
120
7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
Fatio era un matematico molto preparato - uno dei pochi a comprendere a pieno i metodi del calcolo - ed aveva avuto accesso ai manoscritti di Newton con una libert` a che probabilmente non ebbe nessun altro dopo di lui. Inoltre va detto che propendeva per la soluzione newtoniana - relativamente alla disputa con Leibniz gi`a a partire da molti anni prima, nel 1691, quando in una lettera ad Huygens aveva specificato che Mi sembra che per tutto ci` o che finora sono stato in grado di vedere (tra cui testi scritti molti anni fa), Newton sia senza dubbio il primo inventore del calcolo differenziale e che lo conosceva almeno altrettanto bene, se non di pi´ u, di quanto Leibniz lo conosca ora, gi`a in un periodo in cui quest’ultimo non ne aveva nemmeno un’idea. L’idea7 non gli venne se non dopo che Newton gli scrisse a tal proposito.8 Complessivamente quindi Fatio ebbe buon gioco nell’attaccare Leibniz, ma senza il supporto di Newton non avrebbe potuto intaccarne l’autorit` a.. Del resto Leibniz era il matematico pi´ u celebre al mondo, godeva di una reputazione incredibile anche in Inghilterra ed era membro di lunga data della Royal Society. Rispose facilmente all’accusa dopo un anno, con tutta calma, sulle pagina degli Acta eruditorum. Avendo ricevuto il trattato di Nicolas Fatio de Duillier, De curva brevissimi descensus, solidoque minimam resistentiam hanente, pubblicato ultimamente a Londra, sono rimato non poco sorpreso che una persona, da me mai in qualche modo offesa, abbia potuto dare prova di un animo cos´ı male intenzionato nei miei confronti [...] Fino a questo punto Duillier ha difeso la propria o, come riteneva, pubblica causa: ora per` o si assume contro di me anche la causa del grande geometra Newton e di altri. Perdoni quindi se non rispondo a tutte le 7 8
La scoperta del calcolo da parte di Leibniz. Fatio si riferisce alle lettere di Newton del 1676, cfr. a partire da 52.
7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
121
sue asserzioni finch´e egli non dimostri di agire per il mandato di altri e soprattutto di Newton, con il quale non ho mai avuto nessun disaccordo. Tutte le volte che Newton ha parlato con amici comuni ha sempre dimostrato di avere una buona opinione di me, e mai, per quanto mi `e dato di sapere, ha sollevato lagnanze; anche in pubblico si esprime nei miei confronti in modo tale che avrei torto a lamentarmene. Leibniz, a testimonianza della stima di cui gode da parte di Newton, adduce come prova la prima edizione dei Principia del 1687: Per ci` o che mi riguarda ho sempre di buon grado proclamato, tutte le volte che se ne offriva l’occasione, i suoi grandi meriti, ed egli stesso sa meglio di qualsiasi altro, e lo ha anche pubblicamente dichiarato, quando nel 1687 pubblic`o i suoi Principi matematici della natura, che certe sue nuove scoperte geometriche, comuni a entrambi, nessuno dei due le doveva alla luce dell’altro, ma ciascuno alle proprie meditazioni, e che io le avevo esposte circa dieci anni avanti.9 Leibniz spiega anche - in accordo con quanto abbiamo appreso dalla corrispondenza con Oldenburg10 - quanto poco apprese dal primo scambio epistolare con Newton, rispetto a quello che poi comparve nei Principia. Per` o quando nel 1684 pubblicai gli elementi del mio calcolo, delle sue scoperte in questo campo sapevo solo ci`o che egli stesso una volta mi aveva comunicato per lettera, che cio`e poteva trovare le tangenti senza essere costretto a togliere gli irrazionali, cosa che in seguito anche Huygens mi disse di essere in grado di fare, quantunque mancasse di tutti gli altri elementi di quel calcolo. Quando per` o vidi i Principia mi resi conto che Newton era pervenuto a cose ben maggiori. 9 10
Cfr. estratto dalla prima edizione dei principia, pagina 91. Cfr. capitolo 3.
122
7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
Leibniz `e talmente in buona fede che non pu` o mancare di citare Wallis, dallo scontro con il quale `e uscito facilmente. Che tuttavia si servisse di un calcolo tanto simile al mio calcolo differenziale non lo appresi prima che uscissero i primi due volumi delle Operedi Wallis, quando Huygens, venendo incontro alla mia curiosit`a, mi invi`o immediatamente il passo che riguardava Newton. Leibniz era talmente sicuro di s´e che invit`o persino Newton a pubblicare i suoi iscritti ancora chiusi nel cassetto. Sebbene dopo tante utili opere offerte al pubblico, sia ingiusto esigere qualche altra cosa da Newton, che richiedeva nuove fatiche e ricerche, non posso tuttavia trattenermi, dato che mi si `e offerta l’occasione, dal richiedere pubblicamente a questo massimo matematico che, memore delle sorti umane e della generale utilit` a, non tenga pi` u a lungo nascoste le preziose meditazioni che ancora non ha reso note e con le quali pu` o illustrare le scienze matematiche e soprattutto i segreti della natura. Perch´e se non lo spinge la gloria di cos´ı grandi cose (quantunque a stento se ne potrebbe aggiungere ancora a quella che ha gi`a conseguito), pensi almeno che nulla `e pi´ u conforme alla natura di un animo generoso dell’aver conseguito meriti verso il genere umano. Leibniz rispose in modo vincente all’attacco di Fatio essenzialmente perch´e chiam` o in causa Newton. Egli voleva giustamente confrontarsi - su una questione cos´ı importante come quella della paternit`a del calcolo - con il matematico direttamente coinvolto. Il silenzio di Newton fu interpretato come un’approvazione della risposta di Leibniz. Anche questo attacco era stato sventato, ma il tedesco dovette capitolare, alla fine della vicenda, quando finalmente Newton decise di scendere in campo. A partire dal 1703 Newton divenne presidente della Royal Society: questo gli diede
7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
123
un potere immeso in campo scientifico, e gli permise di giocare nel migliore dei modi tutte le sue carte contro Leibniz.
Capitolo 8
Il terzo atto della disputa ` una lite a calci negli stinchi che va avanti da anni. Ebbene, alcuni “E mesi fa la lite `e divampata. Fatio ha pubblicato un articolo in cui faceva affermazioni assai poco riguardose sul conto del vostro umile e obbediente servitore qui presente e attribuiva l’invenzione del calcolo a Newton. Poco dopo, i Bernoulli hanno cucinato un problema matematico e lo hanno diffuso tra i matematici del Continente, per vedere se qualcuno era in grado di risolverlo. [...] Newton `e tuttora senza rivali in matematica. E ora, grazie ai subdoli fratelli Bernoulli, `e convinto che tutti gli altri matematici continentali cospirino ai suoi danni.”
Leibniz a Sophie in Confusione di Neal Stephenson
8.1
L’Ottica di Newton (1704)
Isaac Newton fu eletto presidente della Royal Society, l’organismo accademico pi` u importante di tutta l’Inghilterra, e probabilmente d’Europa, il 30 novembre 1703. Fi125
126
8.1. L’Ottica di Newton (1704)
nalmente Newton ebbe riconosciuta l’importanza che meritava: addirittura qualche anno dopo la regina Anna lo nomin`o cavaliere1 . Nel 1702 un medico di origini scozzesi, George Cheyne, aveva pubblicato un libro sul Metodo inverso delle Flussioni, nel quale riprendeva e spiegava il metodo Newtoniano. Cheyne - che conosceva bene anche i lavori dei matematici continentali dichiarava esplicitamente che il metodo di Newton coincideva con quello di Leibniz, ma lo precedeva di almeno diciassette anni. Da allora Newton divenne sempre pi` u importante, in Inghilterra e poi nell’Europa continentale. Nel 1704 il mondo pot´e ulteriormente approfondire il metodo delle quadrature newtoniano, attraverso un trattato scritto dallo stesso Newton: il De Quadrature curvarum, in appendice al suo trattato di Ottica2 . Il trattato sulle quadrature era stato scritto molti anni prima, ma la spiegazione del metodo di Newton data da Cheyne era cos´ı imprecisa che Newton stesso sent´ı l’esigenza di pubblicare qualcosa scritto di proprio pugno. Morto anni prima anche Hooke3 , suo storico avversario, Newton aveva finalmente dato alla luce i suoi lavori sul calcolo. Di fatto il trattato di Newton non rappresentava novit`a sostanziali per chi aveva gi`a avuto modo di studiare il suo metodo pi´ u da vicino, ma fu comunque importante per due motivi. Primo: il De Quadratura fu importante per tutti i matematici del mondo perch´e fu pubblicato, guadagnando cos´ı un’ampia diffusione. Secondo: gli editori degli Acta Eruditorum - pi´ u probabilmente Leibniz stesso - pubblicarono nel gennaio del 1705 una provocatoria recensione sul trattato che incendi`o definitivamente la disputa Leibniz-Newton. Per la prima volta, viene affermato che Leibniz `e l’inventore del calcolo, cosa che non poteva passare inosservata agli occhi di Newton e dei suoi seguaci. Gli elementi di questo calcolo erano gi`a stati dati dal loro inventore G. W. Leibniz proprio in questi stessi Atti, mentre le sue varie applicazioni sono state indicate, oltre che dallo stesso Leibniz, anche dai fratelli Bernoulli e 1
Per la precisione, si tratta del 1705. Il famoso Opticks, or a Treatise of the Reflextions, Inflextions and Colours of Light. 3 Cfr. pagina 35.
2
8.2. L’attacco di John Keill (1708)
127
dal marchese de l’Hˆopital, della cui immatura morte devono dolersi tutti coloro che amano il progresso della scienza pi` u profonda.
Chi scrive la recensione sugli Acta evidentemente conosce gi`a il metodo di Newton, quindi se non era Leibniz doveva essere qualcuno molto vicino a lui.
Ora Newton, in luogo delle differenze di Leibniz, si serve, come d’altronde si `e sempre servito, delle flussioni, concepite quanto pi` u possibile vicine, nella stessa misura in cui gli incrementi delle fluenti sono concepiti come prodotti in eguali tratti di tempo, quanto pi` u possibile piccoli. E ne ha fatto un uso molto elegante nei suoi Principia mathematica, e in altri scritti pubblicati dopo, allo stesso modo che Honor´e Fabri, nella sua Synopsis geometrica, ha sostituito al metodo di Cavalieri il progresso dei moti.
Quest’ultimo passo fu interpretato dai newtoniani come se Leibniz intendesse dire che Newton aveva sostituito alle differenze le flussioni, cos´ı come Honor´e Fabri4 aveva sostituito al metodo di Cavalieri il progresso dei moti. In pratica questo significava che Leibniz era il vero inventore del calcolo, e Newton lo aveva derivato da lui. Passarono alcuni anni prima che tale recensione finisse nelle mani di Newton, finch´e nel 1708 uno dei seguaci di Newton prese le difese dell’inglese.
8.2
L’attacco di John Keill (1708)
Il primo sostenitore di Newton che usc´ı allo scoperto, John Wallis5 , mor´ı nel 1703, ma Newton poteva contare su un nuovo alleato. Dopo Fatio6 , fu John Keill, un 4
Honor´e Fabri era un matematico, fisico e astronomo francese, morto nel 1688. Cfr. pagina 98. 6 Cfr. pagina 118. 5
128
8.2. L’attacco di John Keill (1708)
giovane professore a Oxford e pupillo di Gregory7 , ad assestare un colpo decisivo alla reputazione di Leibniz. Nelle Philosophical Transactions della Royal Society, comparve - nella seconda met` a del 17088 - un articolo di John Keill9 , nel quale egli riusc´ı a sferrare un’accusa difficilmente gestibile da Leibniz. Egli non scrisse che Newton pubblic`o per primo i lavori sul calcolo - cosa che sarebbe stata facilmente smentita - ma gli attribu´ı la priorit`a di scoperta. Leibniz inoltre era presentato come colui che aveva seguito le orme di Newton non soltanto temporalmente, ma anche per quanto riguarda il contenuto. [...] Tutto ci` o consegue dall’aritmetica delle flussioni, ormai divenuta famosa in questi ultimi tempi. Newton `e senza alcun dubbio colui che l’ha scoperta per primo, come pu` o accertarsene chiunque legga le sue lettere pubblicate da Wallis10 . In seguito questo stesso calcolo venne pubblicato da Leibniz negli “Acta eruditorum”11 , sotto diverso nome e con diversa notazione. L’insinuazione colp´ı nel segno, e come tale era inconfutabile. Leibniz avrebbe effettivamente potuto copiare i lavori di Newton. Diventava quasi irrilevante il fatto che l’avesse realmente fatto oppure no. La risposta di Leibniz arriv` o con una lettera ad Hans Sloane, segretario della Royal Society. Ma fu come se tale risposta fosse indirizzata a Newton in persona, all’epoca presidente ed autorit` a assoluta della Royal Society. Leibniz scrisse il 4 marzo 1711, da Berlino: Vi ringranzio per l’invio dell’ultimo volume delle “Philosophical Transactions”, che mi `e stato consegnato in ritardo a Berlino, dove mi sono 7
Cfr. pagina 76. Anche se non fu pubblicato fino al 1710. 9 Membro della Societ` a dal 1700. 10 Cfr. pagina 107. 11 Cfr. pagina 79. 8
8.2. L’attacco di John Keill (1708)
129
recato. Mi dovete scusare se solo ora vi ringrazio per un regalo dell’anno passato. Avrei per` o desiderato, esaminata l’opera, di non essere costretto a dare inizio per la seconda volta a una protesta12 . Una prima volta ho postulato quando Nicolas Fatio de Duillier volle punzecchiarmi in un publico scritto sostenendo che mi ero attribuito quanto era stato scoperto da altri. Gli risposi negli Atti di Lipsia, dandogli una buona lezione; e voi stessi, da quanto almeno ho saputo dalle lettere delal Royal Society (cio`e dalle vostre stesse lettere13 , come mi sembra almeno di ricordare14 ), esprimeste la vostra disapprovazione verso la sua condotta
Leibniz, strategicamente si appella al precedente con Fatio, ma ben presto si accorger` a che questa volta l’attacco era di tutt’altra portata. Appellarsi a Newton non fu di nessun aiuto.
E lo stesso Newton, cos´ı almeno mi `e stato riferito, disapprov`o una cos´ı inopportuna sollecitudine verso i propri compatriotti. Ci` o nonostante sembra che Keill, nel volume da voi inviato (fascicolo di settembreottobre 1708, p.185) abbia voluto rinnovare l’inutile accusa, scrivendo che io pubblicai sotto diverso nome e con diversa notazione l’aritmetica delle flussioni scoperta da Newton. Chiunque legga, e creda a queste parole, non pu` o non sospettare che io abbia fatto uscire, sotto altro nome e sotto altra notazione, le scoperte altrui. Quanto questo sia falso nessuno sa meglio dello stesso Newton, e non vi `e dubbio che non ho mai sentito pronunciare il nome di calcolo delle flussioni, n´e ho mai visto con i miei occhi i caratteri usati da Newton, prima che venissero pubblicati nelle Opere di Wallis. Anzi le stesse lettere pubblicate da Wallis dimostrano 12
Dopo l’episodio con Fatio, cfr. pagina 118. Leibniz sta scrivendo ad Hans Sloane, segretario della Royal Society. 14 Leibniz ricordava bene, Sloane fu segretario della Royal Society dal 1693 al 1709. 13
130
8.2. L’attacco di John Keill (1708) che io ero gi` a in possesso di tale materia molti anni prima che la pubblicassi. Come `e dunque possibile che io abbia pubblicato, mutandole, cose altrui che ignoravo?
La sua difesa era essenzialmente quella di negare di aver conosciuto il metodo di Newton prima della pubblicazione dei suoi trattati. Decise quindi di tirare in ballo lo stesso Newton. Del resto egli - in base ai precedenti scambi epistolari - non aveva nulla da temere: Newton si era sempre dimostrato molto gentile ed accondiscendente, e non aveva mai messo in discussione le scoperte di Leibniz. Leibniz alla fine della lettera chiede esplicitamente che Keill ritratti, appellandosi alla Royal Society.
Quantunque non ritenga Keill un vero e proprio calunniatore, convinto come sono che abbia agito pi´ u per inconsiderato giudizio che per malevolenza d’animo, tuttavia non posso non ritenere la sua accusa, ingiuriosa nei miei confronti, come una vera e propria calunnia. E poich´e `e da temere che venga ripetuta da persone male intenzionate o imprudenti, mi vedo costretto a domandarne il rimedio alla vostra nobile Royal Society. A questo fine credo sia giusto, come giudicherete voi stessi, che Keill dichiari pubblicamente che non era sua intenzione imputarmi quanto le sue parole sembrano insinuare, come se avessi appreso da altri qualche cosa delle loro scoperte, per attribuirmele. Soddisfaccia dunque all’offesa che mi ha arrecata, e dimostri che non era sua intenzione calunniarmi, e sia posto cos´ı un freno a chiunque altro vorr` a scagliarmi simili accuse.
Questa lettera fu soltanto la prima risposta all’accusa di Keill. In seguito Leibniz e Keill si scambiarono delle lettere, con l’intermediazione di Hans Sloane.
8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711)
8.3
131
La corrispondenza Leibniz-Keill (1711)
Hans Sloane gir` o la lettera di Leibniz a Keill, che rispose con una missiva da inoltrare al tedesco. Questa volta tale risposta fu pianificata dallo scozzese assieme a Newton stesso: dopo averci lavorato per alcune settimane la present`o alla Royal Society nel mese di aprile. Poich´e avete avuto la compiacenza di comunicarmi la lettera di Leibniz, non vi dispiacer`a ricevere la risposta che mi `e sembrato giusto dare. So che Leibniz si lamenta acerbamente, come se l’avessi offeso e gli avessi tolta, attribuendola ad altri, la gloria delle scoperte da lui compiute. Inutile dire quanto sia dispiaciuto di queste sue lagnanze, perch´e non vorrei si pensasse che io denigri, con la precisa intenzione di calunniarlo, uno che si interessa di questioni matematiche, e tanto meno un uomo espertissimo in esse. Nessun dubbio per` o che niente mi `e pi´ u alieno del voler sottrarre qualche cosa ai lavori altrui. Il tono di Keill era educato ma deciso. Non intendeva retrocedere: la sua accusa era molto pi´ u robusta di quella di Fatio. D’altra parte Leibniz aveva forse colto le parole di Keill con pi` u malizia di quanta non ve ne fosse in realt` a. Lo scozzese quindi chiarisce il vero significato delle sue espressioni. Riconosco di aver detto che l’aritmetica delle flussioni era stata scoperta da Newton, e che fu pubblicata sotto diverso nome e con diversa forma di notazione da Leibniz. Non vorrei tuttavia che queste mie espressioni venissero intese nel senso che a Leibniz fosse noto il nome dato da Newton al suo metodo, o la forma di notazione da lui usata. Ecco giunti al punto chiave, Keill riformula l’accusa in un modo molto astuto: quasi si stesse difendendo e giustificando, insinua qualcosa non pu` o essere smentito in alcun modo.
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8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711) Intendevo solo dire che Newton era stato il primo inventore dell’aritmetica delle flussioni, o calcolo differenziale che dir si voglia, e che questi, in due lettere scritte a Oldenburg e trasmesse a Leibniz, ne aveva dato dei cenni abbastanza accessibili per un uomo di ingegno particolarmente perspicace. Leibniz ebbe modo cos´ı di attingere ai principi di tale calcolo, o almeno gliene fu offerta la possibilit`a. Ma poich´e non era riuscito a capire tutte le formule e le espressioni usate da Newton, le aveva sostituite con altre sue proprie.
L’astuzia di Keill `e anche nel fatto che fornisce un quadro perfettamente plausibile di come si svolsero le vicende. Era perfettamente plausibile che Leibniz avesse copiato qualcosa dal metodo di Newton, cos´ı come era plausibile15 che Leibniz - non avendo capito le espressioni di Newton - ne avesse utilizzate delle altre soltanto per chiarirsi le procedure, senza di fatto aggiungere nessun nuovo concetto. Il colpo finale arriva quando Keill motiva il suo intervento: Newton ha scoperto il suo metodo ben prima di Leibniz, quindi non ci sono dubbi su chi abbia la priorit`a temporale della scoperta; inoltre Leibniz conobbe il metodo di Newton prima di pubblicare i propri articoli. Tuttavia a scrivere queste cose mi spinsero gli editori degli Atti di Lipsia, che, nel resoconto da loro fatto dell’opera di Newton sulle flussioni o quadrature, dichiararono espressamente che Leibniz era stato l’inventore del metodo e che Newton usava e sempre aveva usato le flussioni al posto delle differenze di Leibniz. Ma ci`o che in questi stessi scrittori `e degno di nota, `e che nel loro resoconto traducono le espressioni e il modo di notazione usato da Newton in quello proprio di Leibniz; e parlano di differenze, di somme e di calcolo sommatorio, tutti termini che non sarebbe possibile ritrovare in Newton, come se le scoperte di Newton 15
Anzi, questo potrebbe essere molto vicino alla realt` a.
8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711)
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fossero posteriori a quelle di Leibniz e derivassero dal calcolo esposto da Leibniz negli Atti di Lipsia del 1684. Newton per` o, come risulter`a chiaro da quanto sto per dire, aveva trovato il metodo delle flussioni almeno diciotto anni prima16 che Leibniz pubblicasse qualche cosa sul calcolo differenziale e scrivesse un trattato su questo argomento: non solo, ma alcuni elementi di questo calcolo furono mostrati a Leibniz. Quindi non `e del tutto irragionevole pensare che siano stati proprio questi elementi ad aprirgli la strada al calcolo differenziale.
John Keill non ha lo stesso coinvolgimento di Fatio, quindi riesce a mantenere sempre un approccio pacato e ragionevole. Risultando di fatto inattaccabile.
Se sembra che io mi sia espresso troppo liberamente su Leibniz, questo ho fatto non gi` a con l’invenzione di sottrargli qualche cosa, ma di rivendicare al suo vero autore ci` o che ritenevo essere di Newton. Non ho nessuna difficolt` a a riconoscere i grandissimi meriti di Leibniz verso la repubblica delle lettere, e chiunque esamini attentamente i suoi scritti negli Atti di Lipsia non potr` a negare la sua immensa scienza nelle pi` u recondite parti della matematica. Non riesco per` o a capire come mai, possedendo in proprio tante cose, sulla cui paternit`a non `e possibile dubitare, debba essere gravato anche delle spoglie altrui. Ma, poich´e mi sono accorto che i suoi compatrioti lo innalzano al punto di attribuirgli una gloria che non gli spetta17 , ho pensato che non era vano amore verso i nostri connazionali, cercare di salvaguardare e conservare a Newton il suo. Se infatti ai cittadini di Lipsia sembra legittimo attribuire a Leibniz ci` o che non gli compete, sar` a ben lecito a noi inglesi rivendicare 16
Ovvero dal 1676 - data dello scambio epistolare Leibniz-Oldenburg-Newton, cfr. pagina 52 - al 1684, anno dei primi articoli pubblicati di Leibniz, cfr. pagina 79. 17 L’accusa di patriottismo scientifico fatta dai tedeschi a Wallis anni prima (cfr. pagina 106 viene rispedita indietro.
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8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711) a Newton ci` o che gli `e stato tolto18 , senza per questo dover essere accusati di calunnia.
Innegabile `e il fatto che Leibniz davvero non ebbe mai modo di consultare un vero trattato di Newton sull’analisi, e che ebbe il merito di pubblicare per primo un testo sul calcolo infinitesimale. Keill ammette tutto questo senza problemi: sa bene che non avrebbe diminuito in alcun modo il peso e la potenza delle proprie accuse. Quanto al resto sono d’accordo con Leibniz, e credo veramente che mai abbia sentito pronunciare il nome di calcolo delle flussioni, n´e abbia mai visto con i propri occhi i caratteri usati da Newton, prima che venissero pubblicati nelle Opere di Wallis19 . Si deve infatti osservare che Newton ha cambiato pi´ u volte il nome e la notazione di tale calcolo. Nel trattato De Analysi aequationum per series infinitas 20 indica con la lettera o l’incremento dell’ascissa, mentre nei Principia philosophiae chiama genita la quantit` a fluente, e momentum il suo incremento, indicando l’una con le maiuscole A o B, l’altro con le minuscole a e b. Inoltre fra le altre cose di cui Leibniz si `e reso meritevole nelle scienze matematiche, riconosco che `e stato il primo a stampare e pubblicare questo calcolo. E non fosse altro per questo titolo avr`a la riconoscenza di tutti i cultori di matematica, per non aver voluto nasconder loro una scoperta cos´ı importante e utile a molti usi. Leibniz, dopo aver letto la lettera, rispose ad Hans Sloane il 29 dicembre 1711, da Hannover. Le cose che ultimamente vi ha scritto Keill disconoscono ancora pi´ u apertamente di prima la mia buona fede. Non sta certo a me difenderla, alla 18
Qui l’opposizione `e esattamente tra tedeschi ed inglesi. Pubblicate nel 1693-1695, dieci anni dopo il primo articolo di Leibniz. 20 Si tratta del manoscritto del 1699, riportato con un titolo differente: cfr. pagina 31. 19
8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711)
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mia et` a e dopo tutte le prove che ne ho dato nel corso di tutta la vita: nessuno che sia saggio e giusto lo approverebbe; e neppure che io mi metta a discutere, come davanti a un tribunale, con un uomo indubbiamente dotto, ma nuovo, pochissimo al corrente di quanto `e effettivamente trascorso, e che ha detto ci` o che ha detto senza l’autorizzazione della persona interessata. Quanto egli immagina su come io sia pervenuto a simili conoscenze matematiche, lo rivela un giudice ben poco esperto nell’arte di esaminare i fatti, e non `e certo il caso che controbatta le sue asserzioni per insegnarglielo; sanno perfettamente gli amici per quale diverso e ben pi´ u utile cammino, io sia passato.
Leibniz sostanzialmente rifiuta il confronto con un matematico che non considera a ragione - suo pari per importanza ed esperienza.
Inutilmente chiama a testimoniare21 gli Atti di Lipsia per giustificare le proprie asserzioni. In essi infatti non trovo nulla che sia stato sottratto a nessuno, ma, ogni qual volta se ne presentava l’occasione, `e stato sempre dato a ciascuno ci` o che gli spettava. Io stesso e i miei amici abbiamo pi´ u volte, di buon grado, riconosciuto la nostra convinzione che l’illustre autore delle flussioni22 era pervenuto per proprio a principi simili ai nostri. Ma non per questo perdo il mio diritto di inventore, diritto che anche Huygens, giudice competentissimo e assolutamente imparziale, riconobbe pubblicamente: diritto che io stesso non volli subito rivendicare, tralasciando di rivelare le mie scoperte per pi` u di nove anni23 , perch´e nessuno potesse poi lagnarsi di essere stato preceduto da me. 21
Continuano le metafore giuridiche, particolarmente care a Leibniz. Newton, che finora non `e stato mai nominato con nome e cognome. 23 Cio`e dal 1675, quando Leibniz dichiara di avere i rudimenti del suo calcolo differenziale, al 1684 quando pubblica il suo Nova Methodus (cfr. pagina 79). 22
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8.4. Il Commercium Epistolicum (1712)
Leibniz chiama infine in causa l’unico - scomparso Oldenburg - che pu` o testimoniare come siano andate effettivamente le cose: Isaac Newton, presidente della Royal Society di Londra. Mi affido dunque alla vostra equit`a perch´e vengano puniti tutti quei vani e ingiusti clamori che penso siano disapprovati dallo stesso Newton, persona insigne e consapevole di ci`o che `e effettivamente avvenuto, che, ne sono convinto, dar` a volentieri il suo giudizio su questa faccenda.
8.4
Il Commercium Epistolicum (1712)
Newton ancora volle tenersi fuori per qualche tempo, come risulta dalle lettere intercorse tra lui ad Hans Sloane, nelle quali chiedeva di non essere coinvolto nella disputa tra Leibniz e Keill: Il signor Leibniz ritiene che una persona della sua et`a e reputazione non debba entrare nella disputa con il signor Keill e personalmente sono della sua stessa opinione. Penso che per me non sia opportuno entrare nella disputa con l’autore di tali scritti24 , perch´e la controversia `e tra l’autore e Keill.25 Alla lettera di Leibniz, la Royal Society rispose convocando una commissione per il giorno 6 Marzo 1712. Sulla carta era una normale disputa tra due membri della Royal Society che doveva essere risolta dopo un’investigazione. Ma l’investigazione non fu realmente oggettiva, ed anzi fu utilizzata da Newton per difendere la propria posizione. Per la commissione non si trattava di valutare le differenze tra metodo delle flussioni e calcolo differenziale - perch´e venivano considerati identici se non per la notazione - ma soltanto stabilire la priorit`a nella scoperta. La domanda se 24 25
Si tratta di Leibniz. Traduzione dall’inglese in [2], pagina 197.
8.4. Il Commercium Epistolicum (1712)
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Newton fosse stato in possesso del metodo delle flussioni prima che Leibniz scoprisse il calcolo differenziale aveva una risposta banale. Non ci sarebbe stato bisogno di alcuna commissione, perch´e gli stessi protagonisti della vicenda avrebbero confermato lo svolgimento dei fatti. Ci` o che Leibniz avrebbe voluto difendere erano le differenze intrinseche tra il suo calcolo e il metodo di Newton. Ma la commissione non lasci` o spazio a considerazioni metodologiche, l’unico obiettivo era stabilire la mera successione temporale delle scoperte. Sostanzialmente i risultati della relazione furono corretti, ma totalmente irrilevanti per stabilire realmente i rispettivi meriti di Leibniz e Newton. Dopo sole sei settimane, il 24 Aprile 1712, la commissione pubblic`o una relazione lunga e dettagliata sulla questione: il Commercium Epistolicum D. Johannis Collins et Aliorum de Analysi Promota 26 . Il risultato era una condanna senza appello di Leibniz, colpevole di plagio, mentre Newton ne usc´ı ovviamente vincitore in quanto scopritore del calcolo e massimo matematico del secolo. Il Commercium Epistolicum sostanzialmente raccoglie una serie di scritti (come il De Analysi 27 ) e di lettere tra il 1669 e il 167728 . La sentenza del comitato della Royal Society29 , nel Commercium Epistolicum, inizia proprio citando le fonti: Abbiamo esaminato gli originali e le copie delle lettere conservate negli archivi della Royal Society, e quelle trovate fra le carte di J. Collins, le cui date sono comprese fra il 1669 e il 1677 incluso. Ci siamo accuratamente accertati della autenticit` a delle lettere che portavano la firma di Barrow, Collins, Oldenburg e Leibniz, basandoci sulla testimonianza di coloro che ne avevano conosciuto gli originali. Per le lettere di Gregory ne abbiamo accertata l’autenticit` a basandoci sulla testimonianza di Collins, che ne 26
Noto semplicemente come Commercium Epistolicum. Cfr. pagina 31. 28 Si chiude con la lettera di Leibniz ad Oldenburg, cfr. pagina 66. 29 Ulteriori dettagli in [8], pagina 151. 27
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8.4. Il Commercium Epistolicum (1712) aveva ricopiate di suo pugno alcune attribuite a quello. Da tutte queste abbiamo tratto quanto ci sembrava pertinente al fatto; e gli estratti che ora vi presentiamo, crediamo che siano genuini e autentici.
A dimostrazione del plagio di Leibniz vengono portate essenzialmente due prove: lo scambio epistolare con Collins30 e la gaffe di Leibniz durante l’incontro con il matematico inglese John Pell31 . Oltre a ci`o, la sentenza stabil´ı che Newton era in possesso del suo metodo almeno dal 1669 e che le differenze tra il metodo di Newton e il calcolo di Leibniz si riducono soltanto alla notazione. Vediamo nel dettaglio le accuse mosse a Leibniz. Leibniz si trovava a Londra all’inizio del 1673. Verso il mese di marzo part´ı per ritornare a Parigi, mantenendo, attraverso Oldenburg, un commercio epistolare con Collins fino all’inizio del settembre 1676, quando Leibniz ritorn`o ad Hannover, passando da Londra e da Amsterdam. Collins d’altra parte comunicava con grande piacere agli esperti di matematica ci` o che aveva ricevuto da Newton e da Gregory. Si stabilisce dunque che Leibniz conobbe la matematica di Newton e Gregory - con l’aiuto di Collins - intorno ai primi anni settanta. Viene sottolineato il fatto che Leibniz avesse conosciuto la matematica degli inglesi non dai suoi autori diretti ma tramite Collins, quasi a suggerire l’ingenuit` a di quest’ultimo nel rivelare tali preziose informazioni ad un personaggio come Leibniz. Subito dopo viene descritto nei particolari l’episodio che videro coinvolti Leibniz e Pell. Durante il suo soggiorno londinese, Leibniz si dichiar` o inventore di un metodo chiamato differenziale, e quantunque Pell gli avesse fatto notare 30 31
Nel 1673-1676, cfr. pagina 50. Come a dire che Leibniz non fosse nuovo a plagi di lavori di altri matematici, cfr. pagina 46.
8.4. Il Commercium Epistolicum (1712)
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che questo metodo era gi` a stato scoperto da Mouton, Leibniz non desistette dall’attribuirsene la scoperta, sia perch´e l’aveva trovato con le sue sole forze, senza conoscere ci`o che prima aveva fatto Mouton, sia perch´e l’aveva arricchito moltissimo.
Qui viene riportato un fatto che non rientra direttamente nell’oggetto dell’inchiesta, soltanto a testimoniare la presunta attitudine di Leibniz ad appropriarsi dei meriti altrui. L’accusa `e pesante, perch´e si serve di un precedente che `e diventato improvvisamente ingombrante. Infatti subito dopo il “fattaccio” viene ricollegato alla corrispondenza con Newton e Collins.
Non abbiamo trovato nessuna indicazione che Leibniz fosse in possesso di un altro metodo differenziale oltre quello di Mouton, prima della sua lettera del 167732 : cio`e un anno dopo che una copia della lettera di Newton del 10 dicembre 1672 gli era stata inviata a Parigi per essergli comunicata e pi´ u di quattro anni dopo che Collins aveva cominciato a comunicarla ai suoi corrispondenti. In questa lettera di Newton il metodo delle flussioni era esposto in modo sufficientemente comprensibile per ogni persona intelligente.
Non resta che stabilire due punti fondamentali: il primo `e la priorit`a di Newton nella scoperta.
Dalla lettera del 13 giugno 1676 `e evidente che Newton era in possesso del metodo delle flussioni cinque anni prima che scrivesse questa lettera. E dal trattato Analysis per aequationes numero terminorum infinitas, comunicato da Barrow a Collins nel luglio 1669, vediamo che Newton aveva scoperto il suo metodo prima ancora di quell’epoca. 32
Cfr. pagina 66.
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8.4. Il Commercium Epistolicum (1712)
Il secondo `e l’equivalenza dei due approcci di Leibniz e Newton, fatta eccezione per notazione e terminologia.
Il metodo differenziale `e identico, eccettuato il nome e la notazione, al metodo delle flussioni. Leibniz chiama differenze ci`o che Newton chiama momenti o flussioni, e le indica con la lettera d, di cui Newton invece non fa uso. La questione non consiste quindi nel determinare chi ha scoperto l’uno o l’altro metodo, ma chi `e stato il primo inventore dell’unico metodo.
Quest’ultima `e la frase chiave di tutto il Commercium Epistolicum: viene detto esplicitamente che il metodo `e uno soltanto, quindi bisogna soltanto stabilire chi l’ha ottenuto per primo. Chi non indica Newton come inventore dunque, non pu` o che sbagliarsi:
Coloro che hanno ritenuto Leibniz come il primo inventore, dovevano, a nostro parere, aver poco o punta conoscenza dello scambio di lettere intercorso fra lui e Collins. Ignoravano anche che Newton era gi`a in possesso di quel metodo quindici anni prima che Leibniz cominciasse a pubblicarlo negli “Acta eruditorum”di Lipsia.
La Royal Society consider`o la relazione corretta e imparziale, decidendo di farsi carico delle spese per la pubblicazione. Il Commercium Epistolicum fu pubblicato l’8 gennaio 1713 ed alcune copie furono spedite ai maggiori matematici d’Europa. Un copia fin´ı nelle mani di Johann Bernoulli, che inform` o Leibniz inviandogli una lettera il 7 giugno dello stesso anno. Il tedesco si trovava nella difficile situazione di doversi difendere da un’accusa molto pesante: aver plagiato i lavori dello scienziato pi´ u importante del periodo, presidente dell’istituzione scientifica pi´ u prestigiosa, la Royal Society di Londra.
8.4. Il Commercium Epistolicum (1712)
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Inizialmente Leibniz mantenne un rigoroso rispetto nei confronti di Newton, ma quando finalmente venne in possesso di una copia del Commercium Epistolicum cambi` o completamente atteggiamento. In una lettera inviata a Johann Bernoulli, Leibniz arriv` o a mettere in dubbio che Newton avesse davvero posseduto un proprio procedimento per il calcolo infinitesimale33 : Conosceva le flussioni, ma non il calcolo delle flussioni34 che (come giudichi correttamente) mise insieme in una fase successiva alla pubblicazione dei nostri lavori35 . [...] Da ormai parecchi anni gli inglesi sono cos´ı gonfi di vanit` a che persino i pi´ u notevoli tra loro hanno colto l’occasione per rubare ai tedeschi e prendersi il merito di cose non proprie. Questa linea di difesa fu mantenuta da Leibniz nella pubblicazione di un articolo, intitolato Charta Volans, che dal 29 luglio 1713 cominci` o a circolare in tutta Europa. Il testo fu pubblicato anonimo, anche se non c’erano dubbi che l’autore fosse lo stesso Leibniz, sempre nominato in terza persona. La Charta Volans si basava su una premessa sbagliata, probabilmente suggerita da Johann Bernoulli allo stesso Leibniz, cio´e che fosse stato in realt` a Newton a copiare il calcolo da Leibniz. Ovviamente tale fatto non poteva essere sostenuto. Leibniz inoltre prese posizione contro l’atteggiamento xenofobo degli scienziati inglesi, che si preoccupavano a dismisura di difendere i risultati dei connazionali e di rivendicare ingiustamente scoperte dovute a scienziati continentali. A sostegno di questa linea, la Charta Volans riportava l’opinione di un importante matematico36 che testimoniava un fatto curioso riguardante la pubblicazione della seconda edizione dei Principia di Newton. Nel 1712 Nikolaus Bernoulli, nipote di Johann, segnal` o a Newton un’imprecisione di calcolo nella bozza della seconda edizione dei Principia, e gli invi`o la soluzione corretta. Newton rispose alla lettera 33
Traduzione dall’inglese in [2], pagina 208. Corsivo nostro. 35 Il Nova Methodus di Leibniz, cfr. pagina 79. 36 Che pi´ u avanti si scopr´ı essere Johann Bernoulli. 34
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8.5. I commenti sul Journal Lit´eraire de la Haye (1713)
ammettendo l’errore e ringraziando. Secondo Leibniz e i suoi sostenitori37 questa era una prova della scarsa preparazione dell’inglese.
8.5
I commenti sul Journal Lit´ eraire de la Haye (1713)
Il Commercium Epistolicum aveva avuto grande eco anche in Europa, soprattutto dopo che comparve una traduzione sul primo numero del Journal Lit´eraire de la Haye, una rivista scientifica in lingua francese pubblicata in Olanda. Su questa rivista comparirono anche un ulteriore testo di Keill e la Charta Volans di Leibniz, oltre ad un breve articolo di quest’ultimo. ` interessate vedere in che modo Leibniz si difende, con un intervento sul Journal E Lit´eraire relativo al novembre-dicembre del 1713, che includeva anche degli estratti dalla Charta Volans.
La lettera, inserita nel primo volume del “Journal Lit´eraire” , p. 205, con il resoconto di questa controversia38 , contiene molte cose che stanno a dimostrare come il suo autore fosse male informato. Precedentemente non c’era mai stata nessuna disputa fra questi due signori. Newton non aveva mai rivelato la sua intenzione di carpire a Leibniz la gloria di avere inventato il calcolo differenziale, e Leibniz ha saputo dell’approvazione data da Newton, a ci` o che alcune persone male informate aveva avanzata a questo proposito, solo da chi ha visto il Commercium Epistolicum stampato da poco a Londra. Leibniz che si trova a Vienna non ha ancora visto questo scritto.
Dunque il testo sul Journal Lit´eraire passa a descrivere minuziosamente l’andamen37
Johann Bernoulli in prima linea. Si tratta della traduzione del Commercium Epistolicum pubblicata sul primo numero della rivista. 38
8.5. I commenti sul Journal Lit´eraire de la Haye (1713)
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to dei fatti negli ultimi quarant’anni, dalle lettere di Oldenburg39 al Commercium Epistolicum. [...] ecco un fedele racconto di quanto `e avvenuto. Circa quaranta anni fa, fra Leibniz, Oldenburg, Newton, Collins e altri vi fu uno scambio di lettere. Alcune di queste lettere sono state pubblicate nel terzo volume delle Opere matematiche di Wallis40 . In esse si pu` o vedere che Newton faceva mistero di una cosa che diceva di avere scoperta, e che in seguito ha voluto far passare come il calcolo differenziale. Leibniz al contrario gli comunic` o francamente i fondamenti di questo calcolo, come fanno fede le lettere pubblicate da Wallis, anche se, come in seguito si `e potuto accertare, Newton non lo cap´ı bene, soprattutto per quello che riguarda le differenze delle differenze. Newton viene accusato addirittura di non aver ben compreso il calcolo: poco pi` u avanti l’accusa viene esplicitata, facendo riferimento agli errori contenuti nei Principia. [...] si `e trovato che nel 1687 Newton, all’epoca della pubblicazione dei suoi Philosophiae naturalis principia mathematica, non conosceva ancora il vero calcolo differenziale perch´e, oltre a non farne nessuna applicazione, quantunque se ne presentassero magnifiche occasioni, ha anche commesso errori incompatibili con la conoscenza di questo calcolo, come ha per primo osservato un illustre matematico del tutto imparziale41 . Viene successivamente osservato che Leibniz ha comunque la priorit`a nella pubblicazione: infatti Newton pubblic`o i suoi primi testi di matematica soltanto nel 168742 39
Cfr. pagina 49. Cfr. pagina 98. 41 L’illustre matematico non `e affatto imparziale, trattandosi - come si scopr´ı in seguito - di Johann Bernoulli, grande amico e sostenitore di Leibniz. 42 Nei Principia, cfr. pagina 88. 40
144
8.5. I commenti sul Journal Lit´eraire de la Haye (1713)
e poi nel 169343 , anni dopo il Nova Methodus di Leibniz44 . Ma ci`o che viene considerato una testimonianza della cattiva fede di Newton `e il fatto che egli avesse aspettato cos´ı tanto prima di attaccare Leibniz. Cosa spinse Newton a cambiare idea? Viene maliziosamente suggerita la motivazione qualche paragrafo pi´ u avanti: [...] Newton non cerc` o, per molto tempo ancora, di sottrarre a Leibniz l’onore della sua scoperta. Ne ha parlato solo dopo la morte di Huygens e di Wallis i quali, essendo perfettamente al corrente di tutto l’affare, avrebbero potuto esserne giudici imparziali. Leibniz, fidandosi finora della sua parola, aveva creduto45 che Newton avesse potuto trovare qualche cosa di simile al calcolo differenziale; ma possiamo ora renderci conto che questo non era vero. Si `e pubblicato a questo proposito il giudizio imparziale di un illustre matematico46 , giudizio che si fonda sul lungo silenzio e sugli errori di Newton. Viene quindi inclusa la traduzione dal testo latino della Charta Volans: Nessun indizio ci fa vedere su che cosa ci si fondi attualmente quando si sostiene che Leibniz ha appreso il suo calcolo da Newton; non avendo Newton, per quanto ne sappiamo, comunicato mai nulla a nessuno in ` comunque vero che Leibniz questo senso, prima di pubblicare il suo. E aveva creduto Newton sulla parola, quando costui si era detto inventore del calcolo delle flussioni, ed `a stato in base a questa sua fiducia che Leibniz ha scritto che Newton sembrava avere trovato qualche cosa di simile al calcolo differenziale. Ad un certo punto Leibniz lancia l’accusa di eccessivo patriottismo ai matematici inglesi. 43
Nelle opere di Wallis, cfr. pagina 98. Che risale al 1684. 45 ormai chiaro che, se anche l’autore volesse rimanere nascosto, i lettori potrebbero facilmente capire che si tratta di Leibniz in persona. 46 Si tratta di Leibniz, qui si fa riferimento alla Charta Volans. 44
8.5. I commenti sul Journal Lit´eraire de la Haye (1713)
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[...] ultimamente, dopo aver saputo che in Inghilterra vi erano persone che per un malinteso amore per la loro nazione non si limitavano a far dividere a Newton l’onore della scoperta, ma volevano escluderne interamente Leibniz, e che lo stesso Newton aveva abbracciato il loro partito, questo modo di procedere ha fatto credere a Leibniz che il calcolo delle flussioni poteva ben essere stato costruito sul calcolo differenziale, cosa cui non avrebbe mai pensato prima, essendo pervenuto in favore di Newton. Viene tirato in ballo persino il giudizio di Johann Bernoulli, che non `e nominato ma viene definito un “famosissimo matematico, imparziale e perfettamente in grado di giudicare”: “[...] Non credo per` o che a quel tempo47 pensasse48 al suo calcolo delle flussioni e delle fluenti, o alla riduzione di questo calcolo a operazioni analitiche generali in forma di algoritmo o di regole aritmetiche o algebriche. Questa mia congettura si fonda su un giudizio molto forte. In tutte le lettere del Commercium epistolicum non si trova la minima traccia delle lettere x o y contrassegnate con uno, due, tre o pi´ u punti di cuo ora egli invece si serve [...] E anche nella sua opera dei Principi matematici della natura, dove tanto spesso gli si offriva l’occasione di applicare il suo calcolo delle flussioni, non ne ha fatto parola, e non vi compare nessuno di questi segni [...] Un secondo indizio, dal quale si pu` o dedurre che il calcolo delle flussioni non `e stato trovato prima del calcolo differenziale, `e che Newton non conosceva ancora il metodo giusto per calcolare le flussioni delle flussioni, cio`e per differenziare i differenziali. Ci` o risulta evidente dai Principi matematici della natura, dove non solo l’incremento costante della x, che ora 47 48
Possiamo stimare che si riferisca gli anni settanta del diciassettesimo secolo. Il soggetto `e Newton.
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8.5. I commenti sul Journal Lit´eraire de la Haye (1713) verrebbe indicato con un punto, `e indicato con o (secondo il volgare modo di notazione, che distrugge tutti i vantaggi del calcolo differenziale), ma dove viena anche data una regola falsa per gli incrementi successivi (come `e gi` a stato osservato da un eminente matematico49 ).”
Il giudizio su Newton `e senza riserve. Ormai la disputa `e nel vivo, non c’`e pi´ u spazio per ripensamenti. Da tutto questo risulta che Newton avrebbe dovuto contentarsi dell’onore di aver perfezionato la geometria sintetica mediante linee infinitamente piccole, un tempo chiamate impropriamente indivisibili, e che non avrebbe dovuto pretendere assolutamente a ci`o che per tutt’altra strada si `e trovato nell’analisi, cio`e al calcolo differenziale che Leibniz ha trovato in un primo momento per i numeri, e che in seguito ha applicato alla geometria. Invece egli si `e lasciato trascinare da adulatori, tra l’altro ignoranti di ci` o che era avvenuto, e invece di parte di gloria, che senza merito aveva ottenuto grazie all’altrui generosit`a, si guadagn`o, quando la rivendic` o per intero a s´e, la taccia di persona poco equa e sincera; del che si lamentano anche Hooke50 a proposito dell’ipotesi planetaria e Flamsteed51 circa l’uso delle osservazioni. A conclusione dell’intervento, l’autore52 difende direttamente gli episodi contestati a Leibniz. Prima si fa riferimento ad una formula di Gregory. Certo bisogna riconoscere che Newton o `e di memora molto labile, o ascolta ben poco la testimonianza della sua coscienza, se approva (diciamo cos´ı) l’accusa mossa da alcuni suoi partigiani, secondo i quali Leibniz 49
Nikolaus Bernoulli. Questo `e un attacco piuttosto curioso, perch´e Hooke si era dimostrato un avversario scomodo anche per Leibniz. 51 John Flamsteed, astronomo inglese e membro della Royal Society, vissuto tra il 1646 e il 1719. 52 Che si scopr´ı essere lo stesso Leibniz. 50
8.5. I commenti sul Journal Lit´eraire de la Haye (1713)
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avrebbe appreso da Gregory anche la serie che d` a la grandezza dell’arco circolare per mezzo della tangente. Ora, che Gregory conoscesse questa serie, non lo sapevano nemmeno gli inglesi e gli scozzesi, cio`e Wallis, Hooke, Newton e il giovane Gregory (credo nipote del primo per parte del fratello), i quali hanno sempre ammesso che si trattasse di una scoperta di Leibniz. Infatti, quando Leibniz trov`o la sua serie a imitazione di quella di Nicolaus Mercator (il primo inventore di questa tecnica), la invi`o subito a Huygens che si trovava a Parigi, e che gli rispose con una lettera di elogi. Lo stesso fece Newton quando gli fu comunicata, e scrisse che si trattava di un nuovo metodo per le serie che, per quanto ne sapeva, non era mai stato usato da altri.
In seguito ci si riferisce alle curve trascendenti53 .
Pi´ u tardi Leibniz trov`o un metodo generale, poi pubblicato negli Atti di Lipsia, per esprimere per serie le ordinate anche delle curve trascendenti. Questo metodo non procede tramite estrazioni di radici, come fa quello di Newton, ma ha origine dai pi´ u profondi fondamenti del calcolo differenziale, che cos´ı si rivela utile anche per far progredire la teoria delle serie.
Nel 1714 Keill pubblic`o - sempre sul Journal Lit´eraire - un ulteriore articolo, che probabilmente conteneva ampi interventi dello stesso Newton, per rispondere alle controaccuse di Leibniz. La disputa era arrivata al culmine, ormai dilagante in tutta Europa.
53 Si tratta di curve che non si possono esprimere mediante un’equazione algebrica, ma richiedono - per essere descritte analiticamente - l’introduzione di nuove funzioni, tra cui le funzioni trigonometriche, i logaritmi e gli esponenziali.
148
8.6. Account di Isaac Newton al Commercium Epistolicum (1714)
8.6
Account di Isaac Newton al Commercium Epistolicum (1714)
Newton, probabilmente insoddisfatto del lavoro del comitato della Royal Society, scrisse un “Account” al Commercium Epistolicum. Tale articolo fu pubblicato anonimo nel 1715, sul numero di Gennaio-Febbraio delle Philosophical Transactions of the Royal Society 54 . L’Account prendeva spunto dalla risposta di Keill sul Journal Lit´eraire del 1714, e fu chiaramente attribuito a Newton soltanto a partire dal 1761. Tale testo `e l’unica narrazione coerente e articolata scritta da Newton stesso riguardo alla sua disputa con Leibniz. L’Account `e una chiara e diretta difesa di Newton: egli ha abbandonato la speranza che i suoi testi possano autonomamente difendere la sua posizione nella disputa. L’argomentazione `e suddivisa in cinque parti. Nella prima parte si intende dimostrare che il Metodo di Newton era gi`a completo nel 1669: porta a supporto il suo De Analysi 55 e la corrispondenza degli anni immediatamente successivi. Qui Newton non trova molti ostacoli perch´e effettivamente `e vero che nel 1669 il suo Metodo non aveva eguali nel Continente. Tuttavia manca di confrontare direttamente il suo Metodo con il Calcolo di Leibniz, impedendo dunque al lettore di farsi un’idea pi´ u precisa delle differenze e delle somiglianze tra i due. In particolare, mancando un confronto diretto, Newton manca di smentire che il Calcolo di Leibniz arriv` o certamente pi´ u tardi ma con una struttura ed una formulazione algoritmica molto pi´ u evoluta. Newton riesce soltanto a rivendicare una priorit`a temporale di una teoria ancora acerba. Nella seconda parte, Newton intende supportare la sua priorit`a di scoperta con una precisazione ovvia: Leibniz non possedeva il suo Calcolo prima del 1677. Spingendosi ancora oltre, egli sostiene che la preparazione matematica di Leibniz a quel tempo era piuttosto limitata, a tal punto che si trov`o nella situazione di dover chiedere 54 55
L’Account di Newton riempiva quasi completamente il numero. Cfr. pagina 30.
8.6. Account di Isaac Newton al Commercium Epistolicum (1714)
149
pi´ u volte spiegazioni ad Oldenburg ed a Newton stesso, come `e testimoniato dalla corrispondenza tra i tre56 . Inoltre, in base alle lettere di Leibniz, secondo Newton `e perfino possibile concludere che la scarsa preparazione di Leibniz `e una prova che il suo Calcolo non sia in realt` a genuino, ma frutto di un’appropriazione delle teorie di Newton e Barrow prima di lui. La terza parte, forse la pi´ u infelice, contiene l’attacco di Newton alla notazione di Leibniz. Egli intende distinguere le sue flussioni dai differenziali di Leibniz, dimostrando uno scetticismo nei confronti di una particolare notazione:
il signor Newton57 non ha strutturato il suo metodo in forma di simboli, n´e lo ha confinato in un particolare tipo di simbolismo per fluenti e flussioni.
Piuttosto Newton volle enfatizzare la superiorit` a del suo Metodo, che non faceva uso degli infinitesimali58 ma piuttosto degli strumenti geometrici intuitivi pi´ u accurati possibili. Ingenuamente, Newton con questo non fa che confermare l’originalit` a del Calcolo di Leibniz, e quindi confutare l’argomentazione della parte seconda. La quarta parte `e decisamente pi´ u tecnica: in essa Newton sostiene che il suo Metodo delle Flussioni fin dalla prima formulazione pot´e essere agevolmente esteso a flussioni di ordini superiori al secondo. Ci` o risponde ad una delle critiche mosse da Bernoulli, che attaccava proprio questo aspetto del Metodo, sostenendo che Newton non avesse chiaro il concetto di derivata di secondo grado o superiore59 . Tale difesa `e tuttavia debole e le obiezioni di Bernoulli sembrano rimanere intatte, perch´e non abbiamo molto materiale da parte di Newton che possa testimoniare che il Metodo delle Flussioni avesse inizialmente le caratteristiche descritte da Newton nell’Account. 56
Cfr. pagina 49. Ricordiamo che Newton scrive l’Account in forma anonima. 58 Le quantit` a infinitamente piccole di Leibniz. 59 Utilizziamo qui una terminologia pi´ u moderna per indicare lo stesso concetto di flussione. 57
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8.6. Account di Isaac Newton al Commercium Epistolicum (1714)
La quinta ed ultima parte riguarda la filosofia della natura di Newton, basata sulla fisica sperimentale e quindi intrinsecamente pi´ u moderna della filosofia meccanicistica di Leibniz. Questo tuttavia esula dagli argomenti di questa tesi per cui non ne approfondiremo gli aspetti. Ci` o su cui invece ci interessa insistere `e l’effetto che l’Account ebbe sull’opinione pubblica. Inizialmente il testo fu letto soltanto in Inghilterra, dove Newton aveva gi` a molti sostenitori, e quindi non serv´ı a modificare le sorti della disputa. Quando l’Account fu tradotto in francese e arriv`o in Europa comparve nel Novembre 1715 nel Journal Lit´eraire de la Haye - la comunit` a scientifica non ne rest` o particolarmente impressionata. In conclusione, l’Account non fu ancora decisivo per la soluzione della questione tra Leibniz e Newton.
Capitolo 9
L’epilogo “Sono di umore piuttosto strano, ultimamente. Il mondo mi pare abbastanza innocuo, finch´e me ne sto qui seduto tra amici in un luminoso giardino, ma quando scende la sera - cosa che di giorno in giorno avviene a un’ora sempre pi` u precoce - anche la mia mente piomba nell’oscurit` a, e io mi figuro le ombre lunghe e minacciose delle persone e delle cose da me viste nel corso della giornata, che tramano e cospirano fra loro.” Newton a Daniel da Confusione di Neal Stephenson
9.1
Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton (1714)
Man mano che la disputa andava avanti, numerosi intellettuali cercarono di prendere posizione affinch´e si raggiungesse una conclusione pacifica. Tra questi vi fu John Chamberlayne1 - che intratteneva una corrispondenza sia con Leibniz che con Newton. Egli sped´ı una lettera a Leibniz - che allora si trovava a Vienna - il 27 febbraio 1714, nella quale definiva un fatto “glorioso” per se stesso e per l’intera 1
Un membro inglese delle Royal Society.
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152
9.1. Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton (1714)
comunit` a intellettuale riuscire a chiudere la questione in modo positivo. La risposta di Leibniz arriv` o il 28 aprile dello stesso anno.
Un certo Keill inser´ı alcune cose contro di me in una delle vostre “Philosophical Transactions”. Ne rimasi molto sorpreso e ne richiesi riparazione in una lettera a Sloane, segretario della Royal Society. Questi mi invi`o un discorso, dove Keill sosteneva le sue ragioni in una maniera ancora pi´ u offensiva per la mia buona fede. Attribuii il fatto a un’animosit`a particolare di questa persona contro di me, senza avere il minimo sospetto che anche la Societ` a e lo stesso Newton potessero avervi parte, e non trovando opportuno venire a disputa con un uomo male informato su cose accadute in passato, e immaginando d’altra parte che Newton stesso, meglio informato su certi fatti, mi avrebbe fatto rendere giustizia, mi limitai solo a richiedere la soddisfazione che mi era dovuta.
Leibniz ha la sensazione di essere stato in un certo senso manipolato dagli stessi membri della Royal Society, che gli hanno sistematicamente impedito ogni possibilit`a di difendersi nelle sedi ufficiali.
Ma alcuni fecero in modo, non so con quali cavilli e con quali soperchierie, che mi si attribuisse il proposito di ricorrere alla Societ`a e di sottomettermi alla sua giurisdizione, cosa cui non avevo mai pensato. Agendo secondo le regole della giustizia, si doveva informarmi che la societ` a voleva esaminare a fondo la faccenda, mi si doveva permettere di dichiarare se avevo l’intenzione di presentare le mie ragioni, e se non ritenessi qualche giudice per sospetto. Cos`ı ci si `e pronunciati dopo aver udita una sola parte, secondo un procedimento la cui nullit` a `e evidente. Ma non credo che un simile giudizio possa essere considerato un vero e proprio decreto della Societ`a.
9.1. Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton (1714)
153
Leibniz anche in questa lettera aveva confermato quello di cui era sempre stato convinto: Newton non gli si era mai dimostrato ostile ed egli aveva piena fiducia che l’inglese confermasse la sua versione dei fatti. Ma dopo la pubblicazione del Commercium Epistolicum, Leibniz dovette ricredersi su Newton e riformul` o il suo giudizio sulla Royal Society.
Tuttavia Newton l’ha fatto pubblicare in un libro stampato espressamente per screditarmi, e ne ha inviato copie in Germania, in Francia e in Italia a nome della Societ`a. Questo preteso giudizio, e questo affronto fatto senza nessun motivo a uno dei pi` u antichi membri della Societ`a2 , membro che non l’ha certo disonorata, non potr` a incontrare approvazione nel mondo; e, anche in seno alla stessa Societ`a, spero che non tutti i membri siano concordi. Francesi e Italiani, esperti di queste materie, disapprovano altamente un simile procedimento e se ne meravigliano. Ho qui le loro lettere: le prove prodotte contro di me sembrano loro molto deboli. Per quanto stava in me, mi sono sempre comportato nel modo pi´ u corretto verso Newton, e, quantunque ora sia lecito nutrire forti dubbi sul fatto che abbia scoperto il mio metodo prima di averlo saputo da me, mi ero sempre espresso come se avesse avuto qualche cosa di simile a esso, del tutto indipendentemente. Ma, ingannato da qualche adulatore male intenzionato, si `e lasciato trascinare ad attaccarmi in modo molto offensivo3 .
Chamberlayne, ricevuta la lettera di Leibniz, la inoltr` o a Newton che la tradusse personalmente e la lesse di fronte alla Royal Society il 20 maggio4 . Non ci fu reazione 2
Leibniz era membro dal 1673, cfr. pagina 45. Leibniz evidentemente, ancora dimostra di avere fiducia nella possibilit`che Newton confermi quanto sta sostenendo, poich`e non riece a condannarlo definitivamente. 4 Come fu registrato negli archivi delle riunioni della Royal Society. 3
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9.1. Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton (1714)
da parte dei membri, che semplicemente ignorarono la lettera. Newton aveva per` o risposto a Chamberlayne l’11 maggio, chiarendo la sua posizione. Signore, la mia conoscenza della lingua francese non mi permette di avvertire tutta la forza delle espressioni usate da Leibniz nella sua lettera; ho capito per` o che secondo la sua opinione n´e la Royal Society n´e io gli abbiamo reso giustizia. Ci` o che Fatio ha scritto contro Leibniz, lo ha fatto senza che io vi abbia avuto la minima parte.5 Sono circa nove anni che Leibniz ha attaccato la mia reputazione, facendo capire che avevo tratto da lui il metodo delle flussioni. Keill mi ha difeso6 ; e io non avevo saputo nulla di ci`o che Leibniz aveva fatto pubblicare nel giornale di Lipsia7 , fino a quando non giunse la sua prima risposta a Keill, dove richiedeva che rettificassi ci`o che avevo pubblicato. Se voi potete indicarmi in che cosa posso avergli fatto torto, cercher` o di rendergli soddisfazione. Ma non `e mia intenzione ritrattare ci`o che so essere vero, e non credo che il comitato della Royal Society gli abbia fatto qualche torto. Questa ferma risposta di Newton fin´ı nelle mani di Leibniz, che - pur ringraziandolo per il tentativo di conciliazione - rispose a Chamberlayne di aver intenzione di comportarsi come se tale lettera non fosse mai stata scritta, e di non voler procedere oltre nel dialogo con Newton. Vi sono obbligato del tentativo che avete fatto presso la Royal Society. L’estratto del suo giornale8 del 20 maggio rivela l’intenzione della Societ`a che il rapporto dei suoi commissari non passi come una decisione della 5
Newton qui conferma quanto sostenuto da Leibniz, cfr. pagina 120. Cfr. pagina 127 7 Si tratta degli Acta Eruditorum. 8 Ovvero le Philosophical Transactions. 6
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
155
Societ` a stessa. Cos´ı non mi sono sbagliato nel credere che essa non aveva preso posizione in proposito. Quanto alla lettera9 , poco gentile, di cui mi avete inviato la copia, la considero pro non scripta, egualmente lo stampato francese. Non ho intenzione di incollerirmi contro simili persone. Leibniz avverte l’esigenza di una sua risposta ufficiale al Commercium Epistolicum, in una forma pi` u autorevole di quella della Charta Volans 10 . Poich´e fra le lettere di Oldenburg e di Collins che non sono state pubblicate, mi sembra che ve ne siano ancora alcune che mi riguardano, desidererei che la Royal Society desse ordine di comunicarmele. Infatti quando sar` o di ritorno ad Hannover, anche io potr` o pubblicare un Commercium Epistolicum, che potr` a servire alla storia letteraria. E in tal caso sar` o disposto a pubblicare non solo le lettere a me favorevoli, ma anche quelle che si possono allegare contro di me, lasciandone il giudizio al pubblico. L’opera che Leibniz si ripromette di scrivere vide effettivamente la luce nel 1714, con il titolo di Storia e origine del calcolo differenziale.
9.2
Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
Leibniz aveva manifestato la sua intenzione di scrivere una storia della scoperta del calcolo differenziale per la prima volta in una lettera a Huygens, negli anni novanta del diciassettesimo secolo. Espresse a Huygens la volont`a di scrivere un trattato sui fondamenti e le applicazioni del calcolo, riservando un’appendice ai riconoscimenti dei meriti dei matematici che avevano contribuito all’avanzamento della materia, 9 10
La risposta di Newton dell’11 maggio 1714. Cfr. pagina 141.
156
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
in particolare de l’Hˆopital, i fratelli Bernoulli e Newton. Quando venti anni dopo lavor` o alla Storia del calcolo 11 , la situazione era cambiata ma le intenzioni rimasero sostanzialmente le stesse.
Tra le pi` u celebri invenzioni del nostro tempo c’`e un nuovo genere di analisi matematica, noto con il nome di calcolo differenziale. Bench´e il suo contenuto si possa ritenere sufficientemente conosciuto, non altrettanto lo sono invece l’origine e la logica della sua invenzione. L’autore12 lo aveva ideato gi`a quarant’anni or sono, e nove anni pi` u tardi, cio`e circa trent’anni fa, lo ho pubblicato in forma concisa.
Ormai all’epilogo, la disputa trova spazio anche in questo trattato.
Nessuno poi ha mai dubitato del suo vero inventore, finch´e nel 1712 certi nuovi arrivati, vuoi per ignoranza di quanto pubblicato tempo addietro, vuoi per invidia, vuoi per speranza di ottenere fama attraverso le controversie, vuoi infine per adulazione, gli hanno opposto un rivale13 , e lo hanno coperto di lodi nuocendo non poco alla reputazione dell’inventore, che a loro dire aveva ricevuto sulla materia del contendere molte pi´ u informazioni di quanto risulta. Oltre tutto essi hanno agito subdolamente, in quanto, per dare inizio alla controversia, hanno aspettato che fossero morti tutti quelli che sapevano come si erano svolte le cose, Huygens, Wallis, Tschirnhaus e altri la cui testimonianza avrebbe potuto confutarli.14 11
Un’opera che, come altre di Leibniz, rimase incompleta. Cio`e Leibniz. 13 Newton 14 A questa frase Leibniz aggiunge un riferimento giuridico molto calzante: “ Tra l’altro, proprio per questo motivo `e stata introdotta nel diritto la prescrizione per decorso di tempo, in modo che o per colpa o per dolo non si possano ritardare i processi finch´e all’avversario vengano meno gli argomenti con i quali potrebbe difendersi.”. 12
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
157
La risposta di Leibniz al Commercium epistolicum 15 fu preciso e puntuale. Egli prima pone un’obiezione di principio: ci`o che viene mostrato nel Commercium epistolicum non `e il calcolo differenziale. Costoro hanno poi addirittura cambiato i termini della controversia: infatti nel loro scritto, che hanno pubblicato nel 1712 colo titolo Commercium epistolicum allo scopo di mettere in dubbio la priorit`a di Leibniz, si trova a malapena qualche traccia del calcolo differenziale16 : ogni pagina `e piena delle serie cosiddette infinite. Queste serie furono pubblicate per primo da Nicolaus Mercator di Holstein, che le aveva trovate per divisione, ma vennero rese generali da Isaac Newton grazie alle estrazioni di radice. L’invenzione `e utile, e trasferisce le approssimazioni dell’aritmetica al calcolo analitico, ma in nessun modo al calcolo differenziale. Del resto, fin dalle lettere del 167617 era forte l’impressione che il centro della ricerca di Newton fosse lo studio delle serie e non il calcolo infinitesimale. Leibniz sostiene poi che un’altra accusa `e basata su un “sofisma”. Usano anche quest’altro sofisma, che ogniqualvolta il rivale studia la quadratura di una figura come somma degli elementi che la generano, subito rivendicano l’uso del calcolo differenziale. Ma cos´ı il calcolo differenziale lo avrebbero conosciuto gi`a Keplero, Cavalieri, Fermat, Huygens, Wallis e tutti quelli che hanno usato gli indivisibili o gli infinitesimi. Ma Huygens, che certo non ignorava il metodo delle flussioni, checch´e costoro dicono o inventino, ebbe l’equit`a di riconoscere che con il calcolo differenziale si era fatta nuova luce e che i suoi confini erano stati notevolmente ampliati. 15
Cfr. 136. Si noti che qui Leibniz utilizza la propria terminologia, non quella Newtoniana di “metodo delle flussioni”. 17 Cfr. pagina 52. 16
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9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
La conclusione di Leibniz non pu` o che andare contro il lavoro di Newton. Nei paragrafi che seguono egli sostiene la propria causa facendo leva su tre aspetti: primo, si dichiara il primo matematico a formulare un calcolo al quale tutta la geometria `e assoggettata. Per la verit` a a nessuno prima di Leibniz era venuto in mente di costruire l’algoritmo di un nuovo calcolo, grazie al quale l’immaginazione potesse essere liberata dal continuo riferimento alle figure [...] col nuovo calcolo di Leibniz tutta la geometria `e assoggettata al calcolo analitico e anche le linee, che Descartes chiamava meccaniche e che lui chiama trascendenti, considerando le differenze dx, ddx etc. e le somme, che sono reciproche delle differenze come funzioni delle x. Secondo, rivendica a s´e l’invenzione della notazione che usiamo ancora oggi. Da qui si pu` o capire che quelli che denotavano queste quantit`a con una o, come Fermat, Descartes e lo stesso rivale nei suoi Principia pubblicati ne 1687, stavano ancora le mille miglia lontani dal calcolo differenziale, che che cos´ı non `e possibile distinguere n´e il grado delle differenze n´e le funzioni differenziali delle diverse quantit`a. Terzo, difende la priorit`a di pubblicazione. In nessun luogo si trova il bench´e minimo indizio che tali metodi fossero praticati da qualcuno prima di Leibniz. E con lo stesso diritto con cui ora gli avversari li rivendicano a Newton, qualcuno potrebbe rivendicare l’analisi di Descartes ad Apollonio, che aveva s´ı l’oggetto del calcolo, ma non il calcolo. Poco pi´ u avanti Leibniz conferma di aver sempre assunto un atteggiamento di chiusura nei confronti dei non addetti ai lavori e delle persone non coinvolte nella disputa:
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
159
Ma il nostro, stupito che non con argomenti ma con finzioni si mettesse in dubbio la sua buona fede, ritenne quei tali indegni di risposta, avendo per certo che davanti a persone inesperte della materia (cio`e la massima parte dei lettori) avrebbe argomentato invano, e che i competenti avrebbero riconosciuto immediatamente l’iniquit`a delle imputazioni.
Nella parte pi´ u interessante dell’articolo, Leibniz narra l’evoluzione del proprio pensiero matematico. Dagli studi di arte combinatoria ai primi elementi del calcolo integrale.
Ma `e molto pi´ u importante dar conto della strada e della logica con la quale l’inventore `e giunto a questo nuovo genere di calcolo; essa infatti finora `e rimasta ignota al pubblico e forse anche a coloro stessi che pretendono di aver preso parte all’invenzione. [...] L’autore di questa nuova analisi18 nel primo fiore dell’et` a aveva unito agli studi di storia e di giurisprudenza meditazioni pi´ u profonde alle quali era naturalmente portato. Tra l’altro si dilettava delle propriet`a e delle combinazioni dei numeri e aveva anche pubblicato nel 1666 un libriccino sull’arte combinatoria.[...] Osserv` o che dalla relazione A = A e A − A = 0, bench´e sia identica e a prima vista possa sembrare di poco conto, segue una bellissima propriet`a delle differenze, cio`e che A − A + B −B + C −C + D −D + E `e = 0. +L +M +N +P Se ora supponiamo che A, B, C, D, E siano quantit`a crescenti, e chiamiamo L, M, N, P le differenze B − A,C − B,D − C,E − D di due consecutive 18
Leibniz.
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9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) di esse, avremo
A + L + M + N + P − E = 0 ovvero L + M + N + P = E − A e dunque: la somma di un numero qualunque di differenze consecutive `e uguale alla differenza tra i termini estremi.... [...] cose che, bench´e fossero gi` a state osservate da altri, per lui erano nuove e per la loro semplicit`a ed eleganza furono un incentivo per ulteriori studi.
Da semplici considerazioni combinatorie, Leibniz passa a studiare vere e proprie serie, sempre legate a differenze di numeri interi, fino a formulare teoremi generali e ad arrivare alle formulazioni di derivata ed integrale 19
Adottando allora notazioni da lui introdotte pi´ u tardi e chiamando y il termine generico della serie, le differenze prime si potranno chiamare dy, le seconda ddy, le terze d3 y, le quarte d4 y; mentre chiamando x il R termine di un’altra serie, sar` a possibile chiamare la loro somma x, la RR R3 x somma delle somme ovvero somma seconda x, la somma terza R4 x. posto dunque 1 + 1 + 1 + 1 + ecc. = x, cio`e che e la somma quarta x siano i numeri naturali,20 si avr`a dx = 1, e quindi
1 + 2 + 3 + 4 + 5 + ecc.
sar` a =
1 + 3 + 6 + 10 + ecc.
sar` a =
1 + 4 + 10 + 20 + ecc. 1 + 5 + 15 + 35 + ecc.
19 20
Z
x Z Z 3
sar` a =
Z
4
sar` a =
Z
x
x x
La cui notazione non era ancora stata introdotta, come Leibniz stesso rileva. In notazione moderna: x ∈ IN, 11 + 12 + 13 + 14 + . . . + 1x = x.
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
161
e cos´ı via.
Leibniz non ha difficolt` a ad ammettere i propri limiti: ritorna ancora una volta sulle serie infinite, che lo avevano tanto interessato quando aveva avuto l’opportunit`a - a Londra - di consultare i manoscritti di Newton21 .
Al nostro autore era allora ignota l’applicazione delle propriet`a numeriche alla geometria, e anche la stessa considerazione delle serie infinite, ed era soddisfatto di aver osservato queste propriet`a delle serie numeriche. N´e sapeva granch´e di geometria al di l`a delle regole pratiche pi´ u note, e anche Euclide lo aveva appena scorso, intento com’era ad altri studi.
In questo periodo Leibniz ebbe modo di studiare la Geometria degli indivisibili di Cavalieri, ma senza addentrarsi in questi studi. Divenuto per` o consigliere dell’elettore di Magonza22 ebbe modo di viaggiare: a Parigi conobbe Huygens, eminente fisico e matematico.
Divenne a quel tempo membro del Consiglio dei Revisori dell’eminentissimo elettore di Magonza, e avendo ottenuto dal serenissimo e giudiziosissimo principe (che aveva assunto il nostro giovane proprio mentre stava per partire per un lungo viaggio) il permesso di continuare i suoi viaggi, nell’anno 1672 era giunto a Parigi. Qui conobbe il grande Christian Huygens, a cui ha sempre riconosciuto il suo debito per averlo introdotte alle matematiche superiori col suo esempio e i suoi consigli. A quel tempo Huygens era occupato nella stesura della sua opera sui pendoli. Avendone dato un esemplare in dono al giovane, ed essendosi accorto dai suoi discorsi che questi non aveva ben chiara la natura del centro di gravit`a, 21 22
Cfr. pagina 66. Boineburg, cfr. pagina 40.
162
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) in poche parole gli espose cosa fosse, e come si potesse studiare. Questo risvegli` o dal letargo il nostro che si vergogn` o di ignorare tali materie23 .
Leibniz cita perfino l’imbarazzante episodio con Pell24 , omettendo per` o di citare l’obiezione dell’inglese. [...] verso la fine dell’anno25 dovette andare in Inghilterra al seguito dell’inviato diplomatico di Magonza, con il quale rimase l´ı per qualche settimana. Su presentazione di Henry Oldenburg, allora segretario della Royal Society, fu ammesso in quell’illustre collegio.26 Tuttavia non parl` o con nesuno di geometria, della quale allora era totalmente digiuno, mentre a causa dei suoi interessi per la chimica consult`o pi´ u volte l’illustre Robert Boyle. Avendo poi incontrato per caso Pell, e avendogli parlato delle sue osservazioni numeriche, Pell gli disse che non erano nuove27 e che di recente Nicolaus Mercator nella sua Quadratura dell’iperbole aveva mostrato che le differenze successive delle potenze finivano per annullarsi. Il punto chiave `e quello che riguarda lo scambio di informazioni tra Leibniz e i matematici inglesi. Egli sostiene di non aver incontrato Collins e di non aver avuto nessuna conversazione sulle serie di Newton. Ci` o `e perfettamente compatibile con quanto Leibniz ha sempre sostenuto. Ancora una volta `e incredibile quanto Leibniz sia a proprio agio nel difendere la propria ignoranza su taluni argomenti, sebbene tale fatto sia perfettamente compatibile con la sua linea di difesa28 . A quel tempo non incontr` o Collins, e con Oldenburg parl` o soltanto di questioni letterarie, fisiche e meccaniche, mentre non scambi` o nemme23
Leibniz, ormai adulto, ricorda con un pizzico di vergogna i suoi primi contatti con le materie scientifiche che non aveva avuto modo di approfondire adeguatamente durante gli studi universitari. 24 Cfr. pagina 46. 25 Leibniz arriv` o a Londra in realt` a nel gennaio 1673. 26 Leibniz fu ammesso alla Royal Society nella primavera del 1673, cfr. pagina 45. 27 ` E questo l’unico accenno all’episodio che i sostenitori di Newton considerano il primo tentativo di Leibniz di appropriarsi di idee matematiche altrui. 28 Leibniz cio`e si difende dalle accuse di plagio rivoltegli dai newtoniano sostenendo la sua estraneit` a da taluni studi fino ad un certo anno in poi.
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
163
no una parola sulla geometria superiore, e meno che mai sulle serie di Newton. Certo `e che in queste materie era quasi profano, salvo forse su alcune propriet`a dei numeri, e anche qui senza eccellere, come si vede a sufficienza dalle lettere scambiate con Oldenburg29 , che ora sono pubblicate dagli avversari30 . Leibniz accusa direttamente i newtoniani di aver volontariamente manipolato il contenuto delle lettere per sostenere le accuse contro di lui. Lo stesso31 risulter`a senza dubbio dalle lettere che sono ancora conservate in Inghilterra, ma che gli avversari hanno soppresso, forse perch´e da esse apparirebbe chiaramente che non ci fu alcuna corrispondenza tra lui e Oldenburg relativa alla geometria, mentre essi vogliono che si creda (senza addurre neanche il minimo indizio) che gi`a allora gli fosse stato comunicato da Oldenburg tutto quanto si passava tra Collins, Gregory e Newton. Tornato a Parigi, Leibniz su consiglio di Huygens prese a studiare l’analisi di Descartes e la geometria delle quadrature di Honor´e Fabri, Gr´egoire de Saint-Vincent e di Pascal. Arriv`o in questi anni all’introduzione del triangolo caratteristico, cio`e un triangolo infinitamente piccolo che permette - attraverso l’introduzione di triangoli ad esso simili - di calcolare l’area di figure geometriche e ricondurre tale problema all’inverso del calcolo delle tangenti. Leibniz, studiando i lavori di Pascal s’imbatt´e in un metodo attraverso il quale la superficie di ogni solido di rotazione32 pu` o essere calcolata come area di una figura piana equivalente. Ricav`o da questo un teorema generale per il calcolo di aree sottese a determinate curve, cio`e in pratica un rudimentale metodo per integrare 29
Cfr. pagina 49. Cio`e dai newtoniano nel Commercium epistolicum. 31 Cio`e il fatto che Leibniz non avesse scambiato lettere con Oldenburg riguardo alla geometria. 32 Cio`e la figura ottenuta ruotando attorno ad un’asse a una regione piana P , sul cui piano giace l’asse stesso. 30
164
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
talune funzioni. Leibniz sottopose questo risultato ad Huygens, che lo spron`o a continuare le sue ricerche. [...] accertata la fertilit`a di questo metodo, mentre prima aveva considerato gli infinitamente piccoli solo come intervalli delle ordinate al modo di Cavalieri, Leibniz introdusse il triangolo che chiam` o caratteristico. [...] Bench´e questo triangolo sia inassegnabile (cio`e infinitamente piccolo) si possono trovare sempre altri triangoli assegnabili a esso simili. Leibniz descrive il procedimento attraverso il quale ricavare, da una figura posizionata su assi cartesiani, un’altra figura quadratrice della prima. E cos´ı da questa facilissima osservazione [...] avremo la rettificazione delle curve, e contemporaneamente ridurremo le stesse quadrature delle figure al problema inverso delle tangenti. Il percorso di Leibniz verso una vera a propria formulazione del calcolo integrale `e descritta dettagliatamente in modo che i lettori possano valutarne la buona fede. L’obiettivo `e quello di dimostrare come le scoperte siano derivate da una serie di studi successivi nel corso degli anni e non “a salti” come sarebbe successo se Leibniz avesse davvero plagiato i lavori di Newton. [...] il nostro mise in carta un gran numero di teoremi (molti dei quali non erano privi di eleganza) divisi in due classi. Negli uni si consideravano solo quantit` a assegnabili, alla maniera non solo di Cavalieri, di Fermat e di Honor´e Fabri, ma anche di Gr´egoire de Saint-Vincent, di Guldin e di Dettonville. Gli altri invece dipendevano dalle grandezze inassegnabili33 , e furono questi ultimi i pi´ u fecondi per lo sviluppo della geometria.34 33
Cio`e gli infinitesimi. Leibniz subito dopo aggiunge: “Tuttavia il nostro non prosegu´ı per questa strada, quando si accorse che lo stesso metodo era stato utilizzato e perfezionato non solo da Huygens, Wallis, Wren, 34
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
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In seguito Leibniz passa ad approfondire il primo risultato importante della sua carriera matematica: la scoperta di un metodo per la quadratura del cerchio35 . Nell’anno della scoperta, il 1674, Leibniz ignorava che un risultato simile fosse gi`a stato ottenuto da Newton e da Gregory e a sostegno di questa tesi c’`e il riferimento alla reazione di Huygens.
[...] con lo stesso metodo con cui Nicolaus Mercator aveva dato la quadratura aritmetica dell’iperbole per mezzo di una serie infinita, si poteva anche dare quella del cerchio [...] Quando il nostro mand`o a Huygens questo risultato con la relativa dimostrazione, egli lo lod` o molto, e rimandandogli la dissertazione, nella lettera che la accompagnava scrisse che questa scoperta sarebbe rimasta sempre memorabile tra i geometri, e che da essa nasceva la speranza che un giorno si sarebbe potuti pervenire alla soluzione generale, cio`e o a trovare la quadratura del cerchio in numeri razionali o a dimostrarne l’impossibilit`a. Dunque n´e egli n´e Leibniz n´e, per quanto se ne sa, nessun altro a Parigi aveva mai sentito parlare di una serie razionale infinita in grado di dare l’area del cerchio (cosa che, come poi si seppe, era stata trovata da Newton e da Gregory). Certamente non Huygens, come `e palese dalla sua lettera; quindi Huygens credette che qui per la prima volta si fosse dimostrato che il cerchio `e esattamente uguale a una serie di quantit` a razionali.
Inoltre, Leibniz sostiene che nello scambio epistolare con Oldenburg dell’anno precedente non aveva ricevuto alcuna notizia riguarda alla quadratura del cerchio.36 Heurat e Neil, ma anche da James Gregory e da Barrow” , dimostrando cos´ı, ancora una volta, di non avere la pazienza di concentrarsi su un singolo argomento se non l’avesse trovato abbastanza originale intellettualmente, ed al contempo di aver la necessit` a di spaziare sempre da un campo all’altro della conoscenza. 35 Quadratura intesa come calcolo esatto dell’area, cfr. pagina 47. 36 Cfr. pagina 50.
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9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) Secondo la testimonianza di Huygens, che conosceva benissimo questa materia, dello stesso avviso fu anche Leibniz, il quale in due lettere indirizzate a Oldenburg nel 1674, lettere che gli stessi avversari hanno pubblicato, annunci` o come una novit`a il fatto di aver trovato, primo fra tutti, la grandezza del cerchio espressa in una serie di numeri razionali, come gi` a era stato fatto per l’iperbole. Ora, se Oldenburg gli avesse comunicato l’anno precedente a Londra questa serie di Newton e Gregory, sarebbe stato da parte sua il colmo della sfrontatezza fare una simile affermazione ad Oldenburg, e per Oldenburg il colmo dela trascuratezza o della prevaricazione il non accorgersi dell’inganno.
In questo caso Leibniz pu` o addirittura citare le lettere riprese dai Newtoniani in propria difesa. Qui il punto di dibattito non `e la priorit`a di Leibniz, che `e chiaramente confutata dalle fonti, ma la sua buona fede. Ma gli stessi avversari pubblicano la risposta di Oldenburg, che gli fa notare solo (“non voglio che tu ignori”, dice) che serie simili erano state usate anche da Gregory e da Newton, e che gliele comunic` o per la prima volta l’anno seguente con lettere (che essi pubblicano) datate aprile. Si pu` o allora capire quanto siano stati ciechi per invidia, o sfrontati per malignit` a, quelli che ora osano asserire che Oldenburg gli avesse comunicato queste cose l’anno precedente. In questo caso sembra funzionare la difesa di Leibniz, che candidamente ammette che non conosceva, all’epoca, i risultati precedenti sulla quadratura del cerchio. Del resto, quando il nostro venne a sapere che Newton e Gregory erano pervenuti alle serie per mezzo di estrazione di radici, riconobbe di non saper nulla di un tale metodo, e a tutta prima non ne cap´ı molto, come lui stesso ha sempre ammesso e ripetuto in pi` u di una dichiarazione [...]
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
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Appare cos´ı la falsit`a di quanto sostengono gli avversari, che Oldenburg avesse trasmesso gli scritti di Newton; infatti in questo caso non avrebbe avuto bisogno di chiedere ulteriori precisazioni. Leibniz ha insistito su questo punto per dimostrare che arriv`o alla formulazione del suo calcolo differenziale, come presentato negli Acta Eruditorum del 168437 , con dei metodi propri, senza avere la necessit`a di prendere in prestito procedimento altrui. Leibniz passa dunque a descrivere i passaggi che lo hanno portato al calcolo differenziale. Inizia col ricordare un episodio del 1672: Huygens sottopose a Leibniz un problema relativo alla convergenza di una serie e il tedesco riusc´ı a trovare una brillante soluzione.38 ` ora tempo di esporre come a poco a poco il nostro sia pervenuto al E nuovo genere di notazioni, che ha chiamato calcolo differenziale. Gi` a nel 1672, parlando delle propriet`a dei numeri, Huygens aveva proposto questo problema: trovare la somma della serie decrescente delle frazioni i cui numeratori sono l’unit` a e i denominatori i numeri triangolari; la quale somma diceva di aver trovato discutendo con Hudde del calcolo delle probabilit`a. Il nostro dimostr`o che la somma era 2, in accordo con quanto trovato da Huygens. Leibniz dopo aver lavorato sulle serie comincia a studiare il triangolo aritmetico39 e costru´ı il triangolo armonico40 . Ambedue i triangoli hanno infatti questo in comune, che le serie oblique sono reciprocamente sommatrici o differenziali. [...] Leibniz aveva fatto queste scoperte quando non era ancora addentro 37
Cfr. pagina Cfr. pagina 39 La cui serie 40 La cui serie 38
79. 42. fondamentale `e la progressione aritmetica 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7. fondamentale `e la progressione geometrica 11 , 21 , 13 , 41 , 15 , 16 , 17 .
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9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) all’analisi cartesiana. Ma una volta appresa quest’ultima si rese conto che i termini di una serie potevano nella maggioranza dei casi essere indicati con una opportuna notazione, mediante la quale venivano posti in relazione con un’altra serie pi´ u semplice. Per esempio, se un qualsiasi termine della serie naturale 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 ecc. viene chiamato x, il termine generico della serie dei numeri quadrati sar` a xx, quello dei cubi x3 ecc., il termine generico dei numeri triangolari, come 0, 1, 3, 6, 10ecc., sar` a
x(x+1) 1×2
ossia xx +
x 2
[...]
Leibniz approfond´ı gli studi geometrici, come descritto nelle pagine successive.
Il nostro si accorse immediatamente che il calcolo differenziale per le figure `e di gran lunga pi´ u facile di quello per i numeri, dato che nelle figure le differenze non sono confrontabili con le quantit`a da differenziare; infatti ogniqualvolta grandezze tra loro incomparabili sono congiunte per mezzo dell’addizione o della sottrazione, le minori sono trascurabili rispetto alle maggiori.[...] Osserv` o poi che le linee infinitamente piccole che intervengono nelle figure non sono altro che le differenze istantanee delle linee variabili. E come le quantit` a fin qui considerate dagli analisti avevano le loro funzioni, cio`e le potenze e le radici, cos´ı le quantit`a in quanto variabili hanno nuove funzioni, le differenze. E come finora abbiamo avuto x, xx, x3 ecc., y, yy, y 3 ecc., cos´ı possiamo avere dx, ddx, d3 x ecc., dy, ddy, d3 y ecc. In questo modo anche le curve che Descartes escluse dalla geometria in quanto meccaniche, possono essere espresse in equazioni ed essere trattate col calcolo, liberando la mente dal continuo ricorso alle figure. [...] Nell’applicazione del calcolo differenziale alla geometria, le differenziazioni di primo grado non sono altro che la ricerca delle tangenti, le differenziazioni di secondo grado equivalgono a trovare i cerchi osculatori (il
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
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cui uso fu introdotto dal nostro), e cos´ı via. E non `e vero che esse servano solo per trovare le tangenti e le quadrature, ma sono utili in ogni genere di problemi e teoremi, dove si mescolano variamente le differenze con i termini integranti, come furono chiamati dall’ingegnosissimo Bernoulli, come spesso avviene nei problemi fisico-meccanici. Poco pi` u avanti c’`e un riferimento diretto alla notazione di Newton, considerata molto meno efficiente di quella di Leibniz. E se il rivale li avesse conosciuti41 , non avrebbe usato i punti per denotare gli ordini delle differenze, che sono inadatti a esprimere il generale ordine differenziale, ma avrebbe usato il simbolo d, inventato dal nostro, o qualcosa di simile, perch´e allora con de si pu` o rappresentare un qualsiasi ordine di differenziazione. La notazione di Leibniz presenta infatti l’innegabile vantaggio di poter denotare differenziali di ordine superiore in modo pi´ u semplice ed intuitivo, anche per quanto riguarda l’operativit`a del doverli poi calcolare. Mettendo a confronto i due sistemi fino all’n-esimo grado, la convenienza della notazione leibniziana salta subito agli occhi.
Leibniz
Newton
dy = y˙ ddy = y¨ d3 y = y¨˙ .. . . = .. dn y = ?
41
Leibniz si riferisce ai teoremi per trovare derivate di qualunque ordine.
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9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
Nella pagina finale del suo testo Leibniz rivendica finalmente la priorit`a di pubblicazione, che in effetti non pu` o essergli contestata. Di tutto questo calcolo non si trova la minima traccia negli scritti del rivale prima che il nostro autore pubblicasse i princ`ıpi del calcolo, n´e c’`e alcunch´e che non avrebbero trovato allo stesso modo anche Huygens e Barrow, se avessero studiato gli stessi problemi. Ci` o che Leibniz riconosce a Newton `e l’aver studiato prima e meglio di tutti le serie infinite42 . Huygens riconobbe sinceramente la grande portata del calcolo, che gli avversari sopprimono per quanto possono, e parlano d’altro senza toccare nella loro relazione nulla che abbia a che vedere con il calcolo differenziale, insistendo solo sulle serie infinite, il cui metodo nessuno nega che il rivale abbia trovato prima degli altri. Non manca un accenno al famoso anagramma in cui Newton diceva di aver celato il suo metodo43 . Inoltre, quanto ha celato nell’anagramma che poi ha spiegato, parla di flussioni e fluenti, cio`e delle quantit`a finite e dei loro elementi infinitamente piccoli, ma non offre il minimo suggerimento su come le une si derivino dalle altre. La difesa pi´ u efficace di Leibniz sta nella sua capacit` a di riassumere in poche righe la differenza principale tra il suo calcolo e il metodo di Newton. E quando considera i rapporti nascenti o evanescenti, subito passa dal calcolo differenziale al metodo di esaustione, che `e di gran lunga diverso 42 43
Cfr. pagina 66. Cfr. pagina 27 e 64.
9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
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(bench´e abbia anch’esso la sua utilit` a) e non procede per infinitamente piccolo, ma per quantit` a ordinarie, anche se poi finiscono per diventare infinitesime. L’arringa finale di Leibniz `e contro la schiera di scienziati che ha scritto il Commercium Episcolicum: Dunque gli avversari non sono riusciti, n´e nel Commercium epistolicum che hanno pubblicato, n´e altrove, a esibire il bench´e minimo indizio da cui risulti che il rivale abbia utilizzato tale calcolo prima delle pubblicazioni del nostro; le ragioni che hanno addotto si possono respingere tutte come non pertinenti. E si son serviti dell’arte degli avvocaticchi, per stornare l’attenzione dei giudici dall’oggetto del contendere ad altro, e cio`e alle serie infinite. Ma in questo non hanno potuto trovare nulla che macchi l’onore del nostro: infatti egli ha sempre riconosciuto sinceramente grazie a chi sia giunto a esse, bench´e tuttavia anche qui alla fine sia pervenuto a qualcosa di pi´ u eccelso e di pi´ u generale.
9.3
La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
Nell’ultimissima fase della disputa fu relativamente importante la figura di Antonio Schinella Conti, noto come abate Conti, un fisico, matematico, filosofo e storico italiano originario di Padova, che viaggi`o nei primi anni del Settecento tra Londra e Parigi. Proprio a Londra entr` o in contatto con Newton, che gli chiese di organizzare la visita dell’ambasciatore di Hannover, il barone di Kilmansegg. Newton forn´ı al barone tutte le carte del Commercium Epistolicum, al fine di effettuare autonomamente la sua valutazione sulla disputa con Leibniz. Ma essendo questo un documento tecnico e specialistico, il barone chiese allo stesso Newton di scrivere direttamente al tedesco. L’abate Conti divenne dunque l’intermediario dello scambio epistolare
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9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
tra Leibniz e Newton. La prima lettera fu infatti consegnata da Newton proprio all’abate Conti, perch´e la ritrasmettesse a Leibniz, ad Hannover. In questa Newton essenzialmente attaccava frontalmente il tedesco, difendendo i risultati del Commercium Epistolicum ed invitando Leibniz a fornire prove del fatto che fosse stato lui il primo inventore del calcolo. Nella lettera dell’abate Conti che accompagn`o quella di Newton, egli chiese esplicitamente a Leibniz chi fosse stato il primo inventore del calcolo infinitesimale. Dopo aver messo al corrente Bernoulli del fatto che Newton si fosse finalmente esposto in prima persona, Leibniz invi`o la risposta in copia all’amico R´emond de Montmort a Parigi, affinch´e la distribuisse e potesse trovare tra i matematici dell’epoca testimoni della discussione. Leibniz in questa missiva continuava a sostenere quanto aveva gi` a scritto negli ultimi anni, senza mancare di attaccare l’atteggiamento dei matematici inglesi e di chiamare in causa gli altri protagonisti della disputa, tra cui Wallis, Collins ed Oldenburg. In una postilla della lettera di Leibniz all’abate Conti, data dicembre 1715, leggiamo: Ecco, signore, la lettera di cui potrete fare l’uso che vorrete. Vengo subito alla questione che ci riguarda. Sono ben felice di sapervi in Inghilterra, dove potrete trarre gran vantaggio dal vostro soggiorno. Si deve pur riconoscere che in codesto paese si trovano espertissime persone; esse per` o vorranno attribuire a s´e tutte, o quasi, le scoperte, ma molto probabilmente non riusciranno nell’intento. Non risulta affatto, come ha giustamente dichiarato Bernoulli, che Newton abbia scoperto prima di me la caratteristica dell’algoritmo infinitesimale, quantunque gli sarebbe stato facile pervenirvi se vi avesse pensato [...]. Coloro che hanno scritto contro di me, attaccando senza ritegno la mia buona fede con interpretazioni forzate e infondate, non avranno il piacere di vedermi rispondere alle loro piccole ragioni di persone incapaci persino di servirsene bene, e che per di pi´ u si scostano dal fatto. La questione verte sul calcolo differenziale, ed essi invece puntano tutto sulle
9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
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serie, dove Newton indubbiamente mi ha preceduto. Ma anche io riuscii a trovare un metodo generale per le serie, che mi permise di non dover pi´ u ricorrere alle sue estrazioni. Leibniz nota che c’`e un vizio di fondo nel Commercium Epistolicum: essenzialmente i fatti non sono stati riportati correttamente, ed anzi le lettere sono state manipolate affinch´e supportassero le tesi dei newtoniani. Avrebbero fatto meglio a dare le lettere per intero, come gi` a fece, con il mio consenso, Wallis, che non ha avuto con me il minimo dissenso, contrariamente a ci` o che quelle persone vorrebbero far credere al pubblico. Del Commercium Epistolicum di Collins i miei avversari hanno pubblicato solo quello che credevano adatto alle loro maligne interpretazioni. Leibniz, quasi come un testamento intellettuale, richiama alla memoria l’episodio di cui `e stato accusato quando visit`o Londra per qualche giorno nel 167644 . Conobbi Collins nel mio secondo viaggio in Inghilterra; infatti nel primo (durato pochissimo perch´e ero venuto al seguito di un pubblico ministro) non avevo ancora la minima conoscenza di geometria superiore, e non avevo visto nemmeno sentito parlare del carteggio intercorso fra Collins e i signori Gregory e Newton, come lo dimostrano le mie lettere scambiate a quell’epoca con Oldenburg. Ma nel mio secondo viaggio Collins mi mostr`o una parte del suo carteggio, e vi notai che Newton confessava la sua ignoranza su diverse cose, dichiarando tra l’altro di non essere ancora riuscito a trovare nulla sulla dimensione delle pi´ u famose curve, eccezion fatta per la cissoide. In conclusione, Leibniz non manca di difendere per un ultima volta Newton, colpevole soltanto di essersi lasciato influenzare da alcuni “adulatori”. 44
Cfr. pagina 65.
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9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) [...] sono addolorato che un uomo esperto come Newton si sia attirato il biasimo delle persone competenti, lasciandosi trascinare troppo dalle suggestioni di pochi adulatori, che volevano inimicarmelo [...]
In risposta alla postilla di Leibniz, Newton scrisse una lunga lettera all’abate Conti, in data 26 gennaio 1716. La sua prima preoccupazione `e difendere l’operato della Royal Society per quanto riguarda la stesura del Commercium Epistolicum
Voi sapete che il Commercium epistolicum contiene lettere e altri documenti di vecchia data, concernenti la disputa intervenuta fra Leibniz e Keill, che si conservano negli archivi della Royal Society o nella biblioteca del signor Collins. Sapete che tutto questo materiale `e stato raccolto e pubblicato da un numeroso comitato di distinte persone appartenenti a varie nazioni, radunate espressamente per ordine della Royal Society. Leibniz si `e finora rifiutato di rispondere, ben sapendo che `e impossibile rispondere a dei dati di fatto. Come scusa del suo silenzio addusse, in un primo momento, di non aver visto questo libro, di non aver avuto tempo di esaminarlo, e di aver pregato un famoso matematico di incaricarsi di questa bisogna.45 La risposta del matematico, o preteso tale, che porta la data del 7 giugno 1713, fu inserita in una lettera diffamatoria, datata 29 luglio dello stesso anno e pubblicata in Germania senza nome di autore, di editore e di luogo di stampa.46 Il tutto fu poi tradotto in francese e inserito in un’altra lettera con lo stesso stile della prima e probabilmente dello stesso autore.47 A questa lettera rispose Keill nel luglio 1714, e questa sua risposta `e rimasta senza replica.48 45
Fu Bernoulli ad informare Leibniz della pubblicazione del Commercium, cfr. pagina 140. E la Charta Volans, cfr. pagina 141. 47 ` E l’articolo di Leibniz sul Journal Lit´eraire de la Haye, cfr. pagina 142. 48 La risposta di Keill fu pubblicata sempre sul Journal Lit´eraire de la Haye, cfr. pagina 147. 46 `
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Newton `e spietato, e non manca di servirsi di offese personali49 pur di ottenere la vittoria sull’avversario. Essenzialmente Newton sostiene che Leibniz non abbia risposto adeguatamente alle accuse mosse dal Commercium Epistolicum, cosa peraltro vera, e che essenzialmente non fornisca prove delle sue controaccuse. La prosa di Newton `e particolarmente efficace.
Si lamenta50 che il comitato ha agito in modo parziale, omettendo certe cose che non mi erano favorevoli, ma non d` a nessuna prova della sua accusa.[...] Ma poich´e da qualche tempo fa mi ha mosso un’accusa tendente a farmi passare come plagiaro,51 `e obbligato, secondo le leggi stabilite, a provare, sotto pena di passare come colpevole di calunnia. [...] l’aggressore `e Leibniz ed `e quindi obbligato a provare ci`o di cui mi accusa.
Newton conclude infine rimandando al Commercium Epistolicum per ulteriori particolari. A tale risposta l’abate Conti pens` o di allegare una sua lettera, scritta a Leibniz nel marzo 1716. Conti sostiene di aver studiato accuratamente il Commercium e di aver individuato il punto centrale della questione: stabilire chi sia stato il primo tra i due a trovare il calcolo infinitesimale. Dal punto di vista degli autori della Royal Society `e questo il centro della disputa, ma come abbiamo gi`a visto non `e davvero ci` o a poter assegnare i giusti meriti ai due matematici. Dunque la domanda dell’abate Conti diventa per Leibniz incredibilmente imbarazzante, quanto di fatto irrilevante.
Da tutto questo ho tratto la conclusione che, togliendo dalla disputa tutti gli elementi estranei, la questione si riduce a stabilire se sia stato 49
Quando ad esempio chiama Leibniz “matematico, o preteso tale”. Ovviamente il soggetto sottointeso `e Leibniz. 51 Leibniz adott` o questa difesa, fallimentare, su suggerimento di Bernoulli, dopo aver saputo della pubblicazione del Commercium, cfr. pagina 141. 50
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9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) Newton a trovare prima di voi il calcolo delle flussioni o infinitesimale52 , o se siate stato voi a trovarlo prima di lui. Siete stato voi a pubblicarlo per primo, questo `e vero; ma avete ammesso che Newton ve ne ha lasciato intravedere alcunch´e nelle lettere che ha scritto a Oldenburg e ad altri, come `e stato diffusamente provato nel Commercium e nell’estratto che ne `e stato fatto. Quale sar` a la vostra risposta? Ecco ci`o che manca ancora al pubblico per giudicare esattamente la questione.
A questo punto Leibniz non pu` o far altro che rispondere, come sostiene lo stesso abate Conti, se non a Keill almeno a Newton, che lo aveva sfidato apertamente. Ci` o avvenne il 9 aprile 1716, quando Leibniz invi`o una risposta da Hannover. Senza dubbio per amore della verit` a vi siete addossato l’incarico di trasmettermi da parte di Newton una specie di cartello di sfida. Non ho voluto entrare in lizza con dei figli perduti, che aveva scagliato contro di me, come quello che ha recitato la parte dell’accusatore sulla base del Commercium epistolicum,53 o l’altro che ha fatto la prefazione piena di malanimo che `e stata posta davanti alla nuova edizione dei Principia 54 . Ma poich´e questa volta `e Newton stesso a prendere posizione, sono ben lieto di rendergli soddisfazione. Si tratta davvero del faccia a faccia finale tra i due giganti: Newton `e sceso apertamente in campo e a Leibniz ora spetta difendersi. Come prima mossa, Leibniz chiarisce il senso della frase contenuta negli Acta Eruditorum del gennaio 170555 , nel quale l’autore56 sembra suggerire che Newton abbia plagiato Leibniz. Secondo Leibniz il senso della frase non era assolutamente offensivo nei confronti di Newton, 52
L’ambiguit` a qui `e nel non chiamare il procedimento di Newton cos´ı come dovrebbe essere presentato, cio`e metodo (e non calcolo) delle flussioni. 53 Si tratta di Keill. 54 Qui Leibniz si riferisce a Fatio de Duillier. 55 Cfr. pagina 127. 56 Che in realt` a `e lo stesso Leibniz.
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ed anzi il significato era esattamente l’opposto, che cio`e Newton aveva conoscenza del metodo delle flussioni ben prima di leggere del metodo delle differenze di Leibniz. In questo frangente la difesa di Leibniz `e piuttosto debole, soprattutto nell’ostinarsi a non dichiararsi come autore dell’articolo e a tirare in ballo l’onest` a intellettuale degli editori: Se si fosse fatto sapere che le espressioni degli Atti di Lipsia offrivano difficolt` a o motivi di lagnanze, sono sicuro che i signori editori degli Atti avrebbero dato a questo proposito piena soddisfazione; sembra per` o che si cercasse un pretesto di rottura.57 Pi` u robusta appare l’obiezione di Leibniz sulla composizione del comitato della Royal Society: Non ho avuto nessuna conoscenza del numeroso comitato di distinte persone appartenenti a varie nazioni, radunate espressamente per ordine della Royal Society. Infatti non me ne `e mai stata data comunicazione, e neppure ora so i nomi di tutti i commissari, soprattutto di quelli che non sono delle Isole Britanniche. Non credo per` o che essi approvino tutto quello che `e stato messo nell’opera pubblicata contro di me. Non solo Leibniz suggerisce che la commissione giudicatrice non sia proprio “imparziale”, ma poco pi` u avanti aggiunge che l’oggetto stesso del contendere58 non sia stato quasi toccato dal Commercium Epistolicum. Quando finalmente ebbi una copia del Commercium epistolicum, mi accorsi che si allontanava completamente dal suo scopo, e che le lettere in esso pubblicate non contenevano una sola parola capace di porre in 57 Secondo Leibniz, Newton ha cercato - e trovato in questo articolo degli Acta - un pretesto per attaccarlo. 58 Cio`e la scoperta del calcolo infinitesimale.
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9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) dubbio la mia scoperta del calcolo differenziale su cui verteva la vera questione.
Leibniz ha ragione nel sostenere nel sostenere che il Commercium avesse fallito lo scopo di dimostrare che il tedesco non avesse scoperto il calcolo infinitesimale. Il vizio consisteva nel concentrare tutte le attenzioni sulle serie, sulle quali il primato di Newton era innegabile. Tuttavia, ci`o chiaramente non metteva in discussione i meriti di Leibniz, che poteva dunque incalzare l’avversario accusandolo di aver opportunamente omesso dal Commerciumi passi delle lettere a lui pi´ u sfavorevoli.
Notai che invece si preferiva puntare tutto sulle serie, dove si accorda senza difficolt` a la precedenza a Newton, e che le note contenevano delle interpretazioni mal congegnate, tendenti a screditarmi con sospetti senza fondamento, talvolta ridicoli, talvolta architettati contro la coscienza stessa di alcuni fra coloro che ne erano gli autori e ne approvavano il contenuto.
Ci` o che probabilmente sfugg´ı a Leibniz, almeno inizialmente, fu il fatto che comunque il Commercium ebbe successo nella sua ricostruzione temporale delle scoperte. Da allora infatti fu chiaro che le scoperte di Newton precedettero temporalmente quelle di Leibniz. Invece, il vero impatto delle scoperte di Leibniz sulla teoria non fu compreso da tutti. Probabilmente ci`o `e dovuto, almeno in parte, al Commercium, che riusc´ı a confondere a tal punto la situazione che il calcolo differenziale di Leibniz e il metodo delle flussioni di Newton finirono per essere considerati totalmente equivalenti. Eppure le differenze c’erano, non tanto per la notazione e il maggior rigore dell’approccio Leibniziano, quanto per la potenza strumentale dei metodi di calcolo di quest’ultimo. Il calcolo di Leibniz era pi` u comprensibile e pi` u efficace. Leibniz in questo testo riesce davvero ad affrontare tutti gli argomenti che mettevano in dubbio la sua buona fede. Innanzitutto affronta l’accusa imbarazzante che durante
9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
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i suoi viaggi a Londra avesse utilizzato i contenuti di alcune lettere di Newton59 conservate da Collins, per raggiungere i risultati sul calcolo infinitesimale negli anni seguenti. Non ho mai negato che nel mio secondo viaggio in Inghilterra60 abbia visto da Collins alcune lettere di Newton, ma non ho mai visto dove Newton abbia spiegato il suo metodo delle flussioni, e continuo a non trovarlo nel Commercium Epistolicum. Leibniz, primo tra i suoi contemporanei, poco dopo fa notare che Newton - nella prima edizione dei Principia - gli aveva riconosciuto alcuni meriti61 che poi scomparirono dalle edizioni successive. Newton vuole che io ammetta e accordi ci`o che ho ammesso o accordato quindici anni fa, altrimenti se ne dovr`a concludere la mia malafede. Altrettanto ci si dovrebbe attendere da parte sua: sono infatti trascorsi trenta anni da quanto, nella prima edizione dei Principia, pp.253-54, mi ha accordato la scoperta del calcolo differenziale indipendentemente da lui. In seguito per` o si `e deciso, non so per quale ragione, a far sostenere il contrario. Una delle differenze pi` u importanti tra le due filosofie del calcolo viene spiegata dallo stesso Leibniz, che descrive come `e giunto alla scoperta del calcolo differenziale. A tale calcolo62 sono infatti pervenuto non gi`a per le flussioni delle linee, ma per le differenze dei numeri, considerando che queste differenze, applicate alle grandezze continuamente crescenti, svaniscono in confronto alle grandezze differenti, mentre sussistono nelle serie di numeri. Credo 59
Confronta pagina 65. Nel 1676. 61 Cfr. pagina 91. 62 Questo passaggio giunge dopo un breve digressione di Leibniz riguardante i suoi studi matematici. Egli ovviamente qui si riferisce al calcolo differenziale. 60
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9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) che questa via sia pi` u analitica, e il calcolo geometrico delle differenze, che `e identico a quello delle flussioni, `e solo un caso particolare del calcolo analitico delle differenze in generale; caso che si mostra pi´ u comodo nella determinazione delle diminuzioni.
Un altro fatto che poteva mettere in imbarazzo Leibniz, erano le sue richieste ad Oldenburg riguardanti alcune dimostrazioni. Leibniz riesce a motivare queste richieste in un modo che sembra cos´ı sincero da risultare convincente. Credo che sia stato per pura distrazione, in un soggiorno come quello di Parigi in cui mi occupavo di ben altre cose, oltre la matematica, e per l’avversione che io avevo per i calcoli, di cui paventavo la lunghezza, che ho talvolta richiesto a Oldenburg la dimostrazione63 o il metodo per arrivare a certe cose cui avrei potuto pervenire facilmente anche da solo. Leibniz conclude difendendosi dall’accusa di plagio, lasciando uno spiraglio di possibilit` a alla buona fede di Newton. Ancora adesso egli non sembra credere che Newton possa davvero essergli nemico. Newton dice che l’ho accusato di plagio. Ma dove mai ho formulato una simile accusa? Sono stati piuttosto i suoi fautori a intentare contro di me questa accusa, e hanno avuto la sua connivenza. Non so se accetta in tutto e per tutto ci` o che hanno pubblicato, ma convengo con lui che la malizia di chi intenta una simile accusa senza provarla lo rende colpevole di calunnia. Ha terminato la lettera accusandomi di essere stato l’aggressore, e io all’inizio di questa mia risposta ho provato il contrario. Comunque sar` a ` stato un malinteso, ma facilissimo dirimere questo punto preliminare. E certamente non una mia colpa. 63
Cfr. pagina 52.
9.4. Lettera di Leibniz alla contessa di Kilmansegg (1716)
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Lettera di Leibniz alla contessa di Kilmansegg (1716)
Leibniz invi`o il 18 aprile 1716 una lettera alla contessa di Kilmansegg, moglie dell’ambasciatore di Hannover64 , che aveva tradotto in francese alcune lettere per Leibniz da parte dell’abate Conti. La lettera di Leibniz ripercorre i suoi studi matematici dall’arrivo a Parigi fino alla disputa con Newton. Non ha particolari motivi di interesse se non in due punti: un riferimento alla sua corrispondenza con Oldenburg negli anni Settanta e al Commercium Epistolicum. Leibniz racconta di una lettera di Newton, ricevuta tramite Oldenburg, nella quale l’inglese si diceva in possesso di un certo metodo. Arrivato finalmente ad Hannover, ricevetti nel 1677 da Oldenburg una lettera che Newton gli aveva scritto perch´e mi fosse comunicata. In essa si diceva capace di tracciare le tangenti di una figura data, senza essere costretto a eliminare le quantit`a irrazionali, e viceversa. Dichiarava inoltre di avere due metodi per trovare la figura di un determinato tipo di tangenti; ma nascose entrambi questi metodi trasponendone le lettere65 . Il 21 giugno 1677 risposi ad Oldenburg66 inviandogli il mio metodo, che secondo me forniva tutto quello che Newton prometteva nei suoi enigmi. Questo passaggio chiarisce che in quegli anni Leibniz, a sua detta, aveva un calcolo gi`a perfettamente in grado di competere con il metodo di Newton. Poco pi´ u avanti Leibniz descrive alla contessa la situazione creata dalla pubblicazione del Commercium Epistolicum: Leibniz non vuole credere che i membri della commissione abbiano agito in buona fede. E, adducendo come pretesto il rapporto di questa commissione, fu pubblicato nel 1711 contro di me un libro intitolato Commercium epistolicum, 64
Cfr. pagina 171. Si tratta dei famosi anagrammi di Newton, cfr. pagina 64. 66 Per la lettera, cfr. pagina 66. 65
182 9.5. Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716) dove si inserirono vecchie carte e vecchie lettere, per la maggior parte mutilate, sopprimendo quelle che potevano essere contrarie a Newton. E, peggio ancora, vi si aggiunsero osservazioni piene di maligne menzogne, per dare un cattivo senso a espressioni che non lo avevano assolutamente. Ma la Royal Society non ha voluto pronunciarsi su questa faccenda, come ho saputo da un estratto dei suoi registri; e molte persone di merito in Inghilterra (fra cui anche alcuni membri della Royal Society) non hanno voluto avere nessuna parte a ci`o che `e stato compiuto contro di me.
9.5
Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716)
Questa risposta di Newton alla lettera che Leibniz aveva inviato all’abate Conti `e l’ultima lettera della disputa sul calcolo. Fu pubblicata a Londra poco dopo la morte di Leibniz, sopravvenuta il 14 novembre 1716. L’abate Conti avvis` o pochi giorni dopo Newton dell’avvenuta morte del rivale, scrivendogli che la disputa era finalmente finita. Ma non lo era ancora per Newton, che prosegu´ı a scrivere saggi e trattati contro Leibniz, sebbene molti di questi rimasero nei cassetti e furono scoperti soltanto dopo la sua morte nel 1726. Questa lettera quindi `e l’ultimo documento ufficiale di Newton in risposta a Leibniz, che non ebbe pi´ u modo di replicare. Dopo un breve resoconto sui fatti che portarono alla pubblicazione del Commercium Epistolicum da parte della Royal Society, Newton passa puntigliosamente a rispondere a tutte le obiezioni di Leibniz.
Leibniz dice che la lettera da me definita diffamatoria67 , non `e affatto pi´ u mordace di ci` o che `e stato pubblicato contro di lui, e che perci` o non ho nessuna ragione di lagnarmene. Ma ci`o che vi `e di mordace in 67
La lettera di Leibniz ` a la Charta Volans, cfr. pagina 141.
9.5. Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716) 183 questa lettera consiste in accuse e in riflessioni ingiuriose, interamente destituite di prove, e questa `e sempre stata considerata una maniera di scrivere assolutamente indegna, e impiegata solo per sostenere le cattive cause. Se il Commercium `e mordace, lo `e solo in riferimento a fatti che `e lecito e giusto riportare. La difesa di Newton `e maggiormente efficace quando arriva a sostenere che la pubblicazione anonima della lettera di Leibniz ne evidenzia la natura diffamatoria. La lettera in questione `e stata pubblicata clandestinamente e in maniera insidiosa, come di solito lo sono gli scritti diffamatori, senza il nome dell’autore n´e del matematico, che ha scritto la lettera in essa contenuta68 , senza il nome dell’editore n´e del luogo di stampa [...] Il Commercium invece `e stato apertamente stampato a Londra per ordine della Royal Society. Newton non risparmia nemmeno Bernoulli, che intendeva pubblicare la lettera a sostegno di Leibniz anonimamente, ma fu invece rivelato da quest’ultimo come autore. Newton considera Bernoulli troppo parziale, cos´ı come Leibniz aveva considerato Keill tempo prima69 . Bernoulli deriva da Leibniz il metodo differenziale; `e il capo dei suoi discepoli e nel giornale di Lipsia ha preso le parti del suo maestro prima ancora di aver visto il Commercium Epistolicum; era dunque a quel tempo homo novus et rerum anteactarum parum peritus, cosa che Leibniz aveva rimproverato a Keill. Tutto ci`o che da allora ha scritto `e stato solo per difendersi, e tutto il suo sapere matematico non impedisce che sia divenuto parte in causa in questa disputa. Non lo si pu` o dunque giudicare disinteressato. 68 69
Si tratta della lettera di Bernoulli del 1713, cfr. pagina 141. Cfr. pagina 127.
184 9.5. Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716) Newton ribatte puntualmente all’obiezione di Leibniz secondo cui il Commercium si fosse concentrato troppo sulle serie e non sul calcolo: le serie occupano un posto centrale nel metodo di Newton e quindi il procedimento del comitato della Royal Society `e corretto. Leibniz si duole che il comitato si sia allontanato dal suo scopo, gettandosi a esaminare le serie infinite; ma deve considerare che i due metodi di cui mi servo sono le due branche di un unico e identico metodo generale di analisi: le ho unite insieme nel mio trattato sull’analisi inviato da Barrow a Collins nel 166970 , e nel trattato che scrissi nel 167171 [...] Nella mia lettera del 13 giugno 167672 ho detto che il mio metodo delle serie si estendeva a quasi tutti i problemi, ma che diveniva generale solo con l’aiuto di altri metodi, intendendo con ci`o, come spiegavo nella lettera seguente, il metodo delle flussioni e il metodo delle serie arbitrarie. Volermi ora carpire questi due altri metodi, `e come ridurmi al metodo delle serie, cio`e a un metodo che non `e generale. Uno dei passaggi pi´ u delicati di tutta la vicenda, cio`e il secondo viaggio di Leibniz a Londra presso Collins, `e ovviamente oggetto della risposta di Newton. Leibniz ammette di aver visto, durante il suo secondo viaggio a Londra, alcune delle mie lettere che erano in possesso di Collins, fra le altre quelle riguardanti le serie; e ne ricorda in particolar modo due, quella del 24 ottobre 1676 e quell’altra dove dice che io confesso la mia ignoraza sui secondi segmenti. Quindi nessun dubbio che egli desiderasse vedere soprattutto la lettera che conteneva le mie serie pi´ u importanti, in particolare le serie che riguardavano il modo di trovare l’arco mediante il seno e il seno mediante l’arco, e la loro dimostrazione [...] Tuttavia egli 70
Il De Analysi per aequationes numero terminorum infinitas, cfr. pagina 30. Il Methodus fluxionium et serierium infinitarum, cfr. pagina 30. 72 Cfr. pagina 52. 71
9.5. Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716) 185 dichiara di non sapere in che luogo io ho applicato il metodo delle flussioni [...] Immagino che non vi ha visto questo metodo perch´e non trova nessuna lettera sovrappuntata. Ma con questo ragionamento, tanto lui che Bernoulli possono concludere di non trovare tale metodo neppure nell’introduzione al mio libro De Quadraturis. In pratica Newton sostiene che Leibniz aveva avuto la possibilit`a di studiare da vicino le applicazioni pi´ u importanti del metodo delle flussioni. Lascia intendere che Leibniz o non le ha riconosciute - e questo non depone a favore della sua reputazione di matematico - oppure sta semplicemente mentendo. Secondo Newton anche la questione riguardante la prima edizione dei Principia deriva da una scorretta interpretazione di Leibniz. Pretende73 che a pp.253-54 dei miei Principia io gli ho riconosciuta la scoperta, indipendentemente dalla mia, del calcolo differenziale; per cui se ora ne attribuisco a me stesso la scoperta, ritiro il riconoscimento che gli ho fatto. Ma nel paragrafo da lui citato non trovo una sola parola in suo favore. Vi dichiaro invece di avere informato del mio metodo Leibniz, prima che egli mi informasse del suo, ponendolo nella necessit`a di provare di averlo ritrovato prima della data della mia lettera, cio`e almeno otto mesi prima della data della sua. Il merito dei Principia `e essenzialmente - secondo Newton - quello di aver affrontato problemi di geometria pi´ u alta. Nel 1684 Leibniz pubblic`o soltanto gli elementi del calcolo differenziale, che egli applic` o ad alcune questioni sulle tangenti, e ad alcune riguardanti il metodo dei massimi e dei minimi [...] Ma non pass`o ai problemi della pi´ u alta geometria. Il libro dei Principia Mathematica contiene i primi 73
Il soggetto `e ovviamente Leibniz.
186
9.6. La fase finale del conflitto esempi che siano mai stati pubblicati dell’applicazione di questo calcolo ai problemi pi´ u difficili [...]
9.6
La fase finale del conflitto
Nella fase finale della disputa, Leibniz non concesse nulla alle rivendicazioni di Newton sulla priorit`a di scoperta. Newton d’altra parte, continu` o con i suoi attacchi anche dopo la scomparsa dell’avversario. L’impegno di Newton, dopo il fallimento dell’Account nel chiudere la disputa, divenne quasi ossessivo e lo port` o a scrivere centinaia di pagine. Nel complesso, il tempo dedicato dall’inglese alla vicenda fu immensamente superiore a quello di Leibniz, sebbene la sua posizione rimase sempre la stessa: Leibniz non prov`o mai di essere il primo inventore del calcolo, per cui i meriti della scoperta dovevano essere attribuiti interamente a Newton. Storicamente la posizione di Newton fu per` o fallimentare: la priorit` a di scoperta e i meriti di Leibniz non erano visti come questioni correlate. In Europa, negli anni Venti del Diciottesimo secolo era ormai una credenza condivisa nella comunit` a intellettuale che Leibniz avesse ottenuto il suo calcolo in modo indipendente da Newton, a cui spettava comunque la priorit`a cronologica. I meriti matematici di Newton giovarono alla sua reputazione di fisico e scienziato, tuttavia la sua matematica infinitesimale continu` o ad esser vista soltanto come frutto di una giovane e geniale mente. Tale frutto non fu mai maturo e rimase per sempre incompleto e impreciso, soprattutto in relazione agli sviluppi che ebbe poi il calcolo differenziale leibniziano. Quando nel 1720 fu pubblicata la prima edizione in francese dell’Ottica di Newton, la sua fama crebbe moltissimo anche nel Continente, tanto che persino i suoi scritti matematici - seppur incompleti - trovarono editori al di fuori della Gran Bretagna. Furono allora accettate le rivendicazioni di Newton come “primo inventore”, e a Leibniz fu riconosciuto soltanto il diritto della ”seconda scoperta”.
9.7. Sulla priorit` a di invenzione
9.7
187
Sulla priorit` a di invenzione
In appendice all’ultimo lettera di Newton74 troviamo il testamento vero e proprio della difesa dell’inglese: Leibniz ha scoperto il suo calcolo dopo che Newton scopr´ı il suo metodo. Ma ai secondi inventori non spetta alcuna gloria. Riguardo allo scolio posto alla fine del secondo lemma del secondo libro dei miei Principia, tante volte citato a sproposito contro di me, esso non `e stato scritto con l’intenzione di rendere onore a Leibniz in questo lemma, bens´ı allo scopo di assicurarmene il possesso. Che Leibniz l’abbia scoperto dopo di me, o l’abbia ricavato da me, `e una questione di nessuna importanza perch´e i secondi inventori non hanno alcun diritto all’invenzione. Una conclusione, questa di Newton, che lascia alcuni dubbi. Che diritto ha il primo inventore di un metodo matematico di rivendicarlo a s´e, quando ha mantenuto per troppo tempo segreta la sua scoperta? Non ha invece ragione chi sostiene che il primo a pubblicare i risultati pu` o - e deve - essere riconosciuto come primo inventore? La questione, a distanza di tre secoli, `e molto chiara: Newton ha messo a punto i suoi metodi del calcolo infinitesimale prima di Leibniz, ma non ha comunicato quasi a nessuno i propri risultati. Leibniz invece ha la priorit`a di pubblicazione, ed il merito di aver condiviso con i matematici di tutta Europa le sue scoperte, permettendo importanti avanzamenti nella disciplina. A chi dovrebbe andare il merito maggiore? Allo scienziato geniale ma eccezionalmente riservato che ha tenuto gelosamente per s´e alcune delle teorie pi´ u importanti della storia matematica, o al talento multidisciplinare che ha avuto la meglio nel comunicare i propri risultati? Qualunque scelta, oltre che incredibilmente ardua, rischia di essere inutile alla nostra ricerca. La distanza degli approcci dei due protagonisti della disputa sul calcolo `e 74
Cfr. pagina 182.
188
9.7. Sulla priorit`a di invenzione
un simbolo stesso della differenza tra le due metafisiche di Leibniz e Newton, alla base della loro nuova matematica. La domanda da porsi non `e dunque a chi spetti la priorit`a di invenzione, ma piuttosto se le due matematiche possano essere considerate equivalenti. Ad opporsi non sono semplicemente due metodi matematici, ma due vere e proprie teorie del mondo fisico naturale. Nonch´e due teorie sulla conoscenza scientifica che hanno influenzato negli anni a venire le scuole di pensiero inglese e continentale. Da una parte c’`e una visione della matematica come strumento geometrico al servizio delle scienze fisiche. Una matematica del continuo delle flussioni. Dall’altra c’`e un approccio algebrico e sostanzialmente logico-formale, basato sulla discontinuit` a delle differenze tra variabili. Sono tutti questi, ed altri, i temi che affronteremo nel prossimo capitolo.
Capitolo 10
Le due filosofie del calcolo infinitesimale “Le questioni bibliche hanno sempre avuto un certo rilievo nella tua opera filosofica, e io non ero mai riuscito a capire perch´e, nelle nostre stanze, i repertori astronomici fossero sempre promiscuamente affiancati ai libri sacri dell’ebraismo e a occulti trattati sul Mercurio Filosofico, corredati di diagrammi che illustravano nuovi telescopi et cetera. Alla fine, per` o, ho capito che ero io che la facevo pi´ u complicata del necessario. Per te non c’`e alcuna promiscuit` a: per te l’Apocalisse di Giovanni, i deliri di Ermete Trismegisto e i Principia Mathematica sono pagine strappate da un unico immenso libro. ” Daniel a Newton da Confusione di Neal Stephenson
10.1
L’imperdonabile ritardo di Newton
L’intera disputa sul calcolo infinitesimale `e stata originata, almeno in parte, anche dall’imperdonabile reticenza di Newton nel pubblicare i suoi primi studi sul metodo 189
190
10.1. L’imperdonabile ritardo di Newton
delle flussioni. Non `e difficile individuare il principale motivo di tale scelta: Newton non aveva ancora - nei primi anni delle sue ricerche - una teoria strutturata pronta alla pubblicazione e i suoi interessi si spostarono in seguito nel campo della fisica e dell’analisi matematica “applicata”. La pubblicazione di testi sul calcolo infinitesimale non fu mai tra le sue priorit`a - dato anche il fatto che negli anni la sua posizione economica e la sua fama crebbero moltissimo, indipendentemente dalle sue pubblicazioni matematiche. Diventa interessante, per capire esattamente quale fosse la posizione filosofica di Newton, analizzare pi´ u esplicitamente i motivi che lo hanno spinto a mantenere per s´e - e per pochi amici inglesi - i risultati che avrebbero sconvolto lo scenario scientifico negli anni successivi. In una lettera inviata a Des Maizeaux, Newton spiega che la ragione per cui non aveva pubblicato il trattato sulle quadrature1 era la stessa per cui non aveva pubblicato prima il trattato sulla teoria dei colori2 . Newton si appella infatti - in entrambi i casi - alla quantit` a di problemi e preoccupazioni che la pubblicazione dei suoi trattati gli avrebbero creato. Nella lettera a Leibniz dell’ottobre 16763 , Newton aveva gi`a chiarito la questione: Mi avevano interrotto4 numerose lettere di persone che esponevano obiezioni ed altre questioni, il che mi fece cambiare opinione, e mi fece sentire imprudente perch´e, per inseguire un risultato oscuro, avevo sacrificato la mia serenit`a, una cosa davvero importante.
Per la verit` a le cose andarono in modo leggermente diverso. I primi tentativi di pubblicazione di Newton avevano incontrato la riluttanza degli editori nello scommettere su testi che - per la novit`a degli argomenti trattati - avrebbero avuto un mercato 1
Cfr. pagina 75. Cfr. pagina 63. 3 Cfr. pagina 61. 4 Dalla pubblicazione del trattato sui colori. 2
10.1. L’imperdonabile ritardo di Newton
191
molto ridotto. Del resto dopo il rogo di Londra del 1666 l’industria editoriale inglese precipit`o in un periodo di crisi.5 Ma furono essenzialmente due i motivi che impedirono a Newton di pubblicare le proprie ricerche. Un primo problema risiedeva nella natura stessa dei testi di Newton. Difficilmente Newton riusc´ı a scrivere dei trattati che avessero una forma tale da renderli pronti per essere pubblicati. Piuttosto, questi rimasero sempre manoscritti, ed egli non fu mai sufficientemente deciso a mandarli in stampa. I suoi testi erano in continua evoluzione e non assunsero praticamente mai una forma definitiva. Il suo perfezionismo lo portava continuamente a ritornare su ogni singola frase, su ogni singola formula. Finch´e fu in vita, nessun trattato matematico di una certa importanza fu pubblicato con la sua approvazione. In seconda battuta, sembra che egli fosse sufficientemente appagato dall’ammirazione suscitata dai suoi scritti nel ristretto gruppo di studiosi attorno a lui: Barrow, Collins e James Gregory solo per citare i pi´ u eminenti. Del resto negli anni settanta del Milleseicento avrebbe potuto facilmente pubblicare un centinaio di copie a proprie spese, senza dover richiedere il supporto di un editore. Fu soltanto pi´ u tardi che Newton cambi` o idea e cerc` o di rendere noti i suoi risultati ad un pubblico pi´ u ampio. Forse era ormai troppo tardi: tutta la disputa degli anni a venire fu inevitabilmente influenzata dalla colpevole inattivit`a iniziale di Newton. Come sostiene Whiteside6 , il ritardo di Newton fu imperdonabile:
Col senno del poi, possiamo vedere come un poco di determinazione in pi´ u nel presentare al mondo il suo metodo delle flussioni avrebbe potuto risparmiare a Newton gran parte della frustrazione di venticinque anni pi´ u tardi, quando combatt´e tenacemente per difendere la sua priorit`a di scoperta. 5 Andarono distrutti molti testi e soprattutto molte tipografie, il che rese pi´ u difficoltosa la pubblicazione di libri e trattati negli anni successivi. 6 Cfr. [22] pagina 36.
192
10.2. Il filosofo e lo scienziato
Newton, perfino negli anni successivi alla pubblicazione dei Principia, continu` o a non comprendere la situazione in cui si trovava. Egli era convinto che le sue lettere del 1676 fossero una prova sufficiente del livello raggiunto dal suo metodo in quegli anni. Ma per un lettore imparziale - come per lo stesso Leibniz - tali lettere non potevano assumere un significato tanto importante: nelle lettere non c’era nulla se non una semplice “enunciazione” dei concetti del calcolo flussionale. Non era presente nulla che testimoniasse che Newton fosse realmente in possesso di un nuovo sistema algoritmico di calcolo. Newton, essenzialmente, pecc`o di presunzione perch´e non avvert´ı di avere l’ultima possibilit`a di evitare la disputa degli anni successivi: avrebbe dovuto dare immediatamente alla luce i suoi testi non pubblicati.
10.2
Il filosofo e lo scienziato
Se Newton occupa un posto di primissimo piano nella storia della scienza, che lo porta a poter essere considerato tra le cinque o sei personalit`a pi´ u importanti degli ultimi duemila anni, lo stesso pu` o dirsi di Leibniz per quanto riguarda la storia della filosofia. Queste due eminenti figure della storia del pensiero umano hanno un importante punto in comune: entrambi erano uomini di transizione. Le loro scoperte li proiettarono nel futuro della scienza ma rimasero sempre condizionati dal passato, e dal presente. Leibniz appartiene alla tradizione razionalistica che si rif`a ad Aristotele, Tommaso D’Aquino e Descartes prima di lui. Vengono considerate verit` a fisiche le verit` a che l’intelletto umano pu` o considerare necessariamente evidenti. Tale approccio rende le stesse leggi fisiche pi´ u difficili da dimostrare - o confutare - di quanto non potesse esserlo ad esempio la prima legge del moto cos´ı come fu formulata da Newton nei Principia:
Corpus omne perseverare in statu suo quiescendi vel movendi uniformi-
10.2. Il filosofo e lo scienziato
193
ter in directum, nisi quatenus a viribus impressis cogitur statum illum mutare.7
Nonostante non sia chiara la definizione di “ciascun corpo”, tale legge rappresenta bene la differenza tra una formulazione “filosofica” e una “scientifica”. Il contrasto tra lo scienziato e il filosofo `e del resto ben rappresentato dagli stessi Newton e Leibniz: lo scienziato acquisisce i fatti e costruisce modelli matematici; il filosofo invece ricostruisce il mondo secondo i concetti del pensiero puro. Di fatto per Leibniz c’era una continuit` a tra i concetti della metafisica e quelli della scienza, mentre per Newton soltanto i secondi potevano essere oggetto d’indagine scientifica, essendo i primi meramente speculativi. Gli atteggiamenti “morali”8 dei due protagonisti furono distanti. Newton fu sempre contraddistinto da un arroganza intellettuale che lo port` o a valutare molto tutti i suoi risultati, sia nella matematica sia nella fisica sperimentale. Ci` o gli imped´ı sostanzialmente di ammettere i limiti del proprio metodo. Leibniz invece, mantenne fino a tarda et` a la modestia che gli aveva permesso di imparare rapidamente gli ultimi sviluppi della matematica teorica del suo tempo fino dal periodo del suo primo soggiorno Londra.9 Soltanto in tarda et`a si pot´e permettere di insistere sulle proprie posizioni e non indietreggiare sotto gli attacchi che venivano mossi contro di lui da Newton e dai suoi sostenitori. I due personaggi ebbero tuttavia molto pi´ u in comune di quanto non li differenziasse: `e molto pi´ u consistente la cesura tra il loro tipo di metafisica e quella dei pensatori moderni post-illuministi che non quella tra loro due. Leibniz e Newton avevano pi´ u o meno la stessa et` a ed erano davvero “uomini del loro tempo”: poterono dedicarsi ai campi pi´ u disparati del sapere e crearono sistemi filosofici onnicomprensivi. 7
Ciascun corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, a meno che sia costretto a mutare tale stato da forze impresse. 8` E vezzo di alcuni studiosi definire “morale” la posizione filosofica assunta nei confronti dei concetti matematici. 9 Cfr. pagina 44.
194
10.3. Alla ricerca di un sistema matematico universale
10.3
Alla ricerca di un sistema matematico universale
Una grande differenza tra Leibniz e Newton risiede nell’approccio dei due alla conoscenza umana. In una lettera ad Oldenburg, Leibniz sostiene la sua concezione unitaria della conoscenza ed espone la possibilit`a di risolvere i problemi pi´ u profondi della mente umana attraverso una scienza superiore, una sorta di metamatematica simbolica. ` una parte increQuest’algebra10 `e solo parte di un sistema generale. E dibile, nella quale non possiamo sbagliarci anche se volessimo, e nella quale la verit` a `e come se fosse stata disegnata per noi da una macchina da disegno. Ma intendo ammettere sinceramente che qualunque algebra ci possa dare questo, `e frutto di una scienza superiore che sono solito chiamare Combinatoria o Caratteristica, una scienza molto diversa da quelle che potrebbero venire alla mente a qualcuno nell’ascoltare queste parole. Spero ad un certo punto di riuscire a spiegare la meravigliosa forza e potenza di questa scienza tramite regole ed esempi, se avr`o tempo e salute per farlo. Non posso descriverne la natura in poche parole ma sono spinto a dire che non si pu` o immaginare nulla che pi´ u si addica alla perfezione della mente umana. E che una volta che sar` a accettato questo modo di condurre la filosofia, arriver` a il tempo in cui non avremo meno certezza in Dio e nella mente di quanta ne abbiamo su numeri e figure. Leibniz pone se stesso e il proprio lavoro nell’ambito della ricerca di un linguaggio universale, logico, algoritmico della natura e dei concetti. Un linguaggio non meno formale di quello puramente matematico.11 Newton non condivideva questa visione, perch´e aveva un’idea degli algoritmi matematici pi´ u utilitaristica. Per quest’ultimo, 10 11
Siamo intorno al 1675, quindi Leibniz si riferisce ai suoi primi studi sul calcolo differenziale. Il riferimento `e ovviamente all’Ars Characteristica, cfr. il testo di Couturat in bibliografia .
10.4. L’invenzione del calcolo
195
infatti, i metodi matematici non erano che un mezzo per raggiungere una conoscenza profonda della matematica, e quindi della natura dei fenomeni fisici. Per Leibniz invece il calcolo differenziale aveva un fine in s´e, perch´e costituiva parte dell’universo della mente umana, conoscibile in quanto tale. Eppure, nel corso del diciassettesimo e diciottesimo secolo, furono mosse molte obiezioni a Leibniz a causa della vaghezza dei concetti del suo calcolo differenziale. Leibniz si difese adottando - sorprendentemente - una posizione pragmatica: secondo lui non c’era bisogno di giustificare il calcolo perch´e esso era autogiustificato dai suoi risultati. Una posizione piuttosto curiosa, ma giustificata dall’esigenza di evitare i problemi legati all’infinitamente piccolo e all’infinitamente grande. In particolare considerava il differenziale una “nozione ideale”12 . Decise di non fornire alcuna giustificazione filosofica ma piuttosto di insistere sull’aspetto algoritmico del nuovo calcolo. Il calcolo doveva diventare uno strumento al servizio di una nuova filosofia quantitativa e numerica.
10.4
L’invenzione del calcolo
Tra il 1660 e il 1680 Leibniz e Newton crearono quello che fu poi in seguito defi` ora opportuno approfondire il rapporto tra le due nito “calcolo infinitesimale”. E posizioni filosofiche alla base dei due approcci, nonch´e il significato che `e corretto attribuire alle parole “invenzione del calcolo” in tale contesto storico-filosofico. Rispetto alla formulazione moderna, Leibniz e Newton utilizzano la nozione di quantit`a - e di differenze e velocit` a di cambiamento di tali quantit`a - piuttosto che la nozione di funzione. Inoltre hanno un’idea del continuum dei numeri reali molto pi´ u geometrica e fisica rispetto alla nostra, che `e invece basata su definizioni astratte13 . ` con tale idea in mente che Newton e Leibniz svilupparono le loro teorie. In parE 12 13
Una finzione, in termini moderni un “operatore”. Si pensi ad esempio alle “sezioni di Dedekind” o alle “successioni di Cauchy”.
196
10.4. L’invenzione del calcolo
ticolare Newton - come viene messo bene in evidenza da Jahnke in [15]
14
- intende
definire gli “oggetti” del calcolo (fluenti, flussioni e momenti15 ) attraverso la nostra intuizione di flusso continuo ed ininterrotto. La base `e chiaramente geometrica: le quantit` a matematiche sono descritte come un moto continuo, analogamente a quanto avviene nel mondo fisico con il moto dei corpi. Leibniz invece ottenne il suo calcolo partendo da interessi nel calcolo simbolico e combinatorio. Ci` o lo port` o alla generalizzazione dell’idea del triangolo caratteristico di Pascal: un triangolo con un lato di dimensione infinitesima che permettesse di risolvere problemi di calcolo di aree (quadrature)16 . Anche in questo caso la via allo sviluppo del calcolo infinitesimale `e geometrica: Leibniz utilizz` o la geometria del triangolo caratteristico per ottenere la definizione di differenziale e le formule di trasformazione per il calcolo degli integrali. Invece di trattare esplicitamente funzioni e derivate, il calcolo di Leibniz riguarda principalmente quantit` a variabili e relative differenze. Sebbene Leibniz e Newton adottino formulazioni tecnicamente diverse, ad esempio per Leibniz le curve sono costituite da infiniti lati infinitesimali di un poligono mentre per Newton esse sono perfettamente lisce, entrambi partono da considerazioni di tipo geometrico. Forti differenze tecniche possono essere individuate soltanto se non ne consideriamo lo sviluppo: nell’arco dei diversi periodi storici i due matematici hanno cambiato idea pi` u volte, avvicinandosi l’uno all’altro in un percorso tortuoso verso la formulazione definitiva delle loro teorie. Anche questo `e un altro fattore che i due hanno in comune: le loro teorie hanno subito diverse evoluzioni nel tempo. Filosoficamente invece le differenze fondamentali sono essenzialmente tre: il concetto di continuo, l’aspetto algoritmico e il ruolo della geometria. Per quanto riguarda il concetto di continuo, mentre Newton lo fonda sull’intuizione di flusso, Leibniz lo rinconduce a nozioni filosofiche pi´ u complesse17 . 14
Cfr. a partire dalla sezione 3.2.5. Cfr. pagina metodoflussioni. 16 Al triangolo era associato un punto su una circonferenza: una curva pu` o essere dunque immaginata come un poligono costituito da infiniti lati di dimensione infinitesima. 17 Ad esempio il principio di continuit` a. 15
10.4. L’invenzione del calcolo
197
Il metodo di Newton e il calcolo di Leibniz sono operativamente equivalenti, ma gli algoritmi di Leibniz sono pi´ u efficienti perch´e essenzialmente permettono di effettuare i calcoli in modo pi´ u meccanico. Newton invece si serviva pi´ u pesantemente dello sviluppo in serie, per sua natura pi´ u “complicato” e meno “meccanico”. Infine, la grande importanza che Newton diede al ruolo della geometria nel calcolo lo port` o a sottovalutare gli aspetti di notazione - relativamente ai quali Leibniz ebbe decisamente la meglio, anche considerando gli sviluppi dell’analisi fino ai giorni nostri. Leibniz, pur fornendo sempre un’interpretazione geometrica dei suoi algoritmi, non la considerava un valore irrinunciabile o un fatto necessario come fece Newton, ma piuttosto una reinterpretazione possibile del simbolismo geometrico. Questo ebbe conseguenze importantissime nella scuola di Leibniz. Fu infatti proprio a livello di scuole, quella britannica e quella continentale, che le differenze tra i due metodi si ampliarono notevolmente. In questo scenario, che senso ha parlare di “invenzione del calcolo”? I progressi di Leibniz e Newton si sono inseriti all’interno di un’evoluzione della conoscenza matematica gi` a in corso da secoli, apportando s´ı novit`a sostanziali, ma non riscrivendo certo la storia della matematica da zero. Ecco dunque giustificata la loro vicinanza: le teorie di Leibniz e Newton sono molto simili perch´e non potevano essere altrimenti. Il background storico-scientifico `e comune, pertanto le scoperte dei due matematici vanno sostanzialmente nella stessa direzione: quella di un approfondimento degli infinitesimali. Il calcolo del diciassettesimo secolo `e essenzialmente un accrescimento delle teorie gi` a presenti e una scoperta di propriet`a geometriche e metodi algoritmici gi` a sottointesi nel metodo di esaustione di Eudosso-Archimede e intuiti da predecessori quali almeno Cavalieri, Barrow e Wallis.18
18
A tal proposito si veda ad esempio il capitolo The Method of Indivisibles in [16], pagine 132-138.
198
10.5
10.5. Gli infinitesimali
Gli infinitesimali
Nell’articolo “Cauchy and the continuum”,19 Imre Lakatos ci fornisce un’acuta analisi dello sviluppo delle teorie matematiche sugli infinitesimali. In particolare difende l’interesse storico e filosofico delle teorie dell’analisi non-standard - cio`e diversa dall’analisi che usiamo attualmente. Se infatti non consideriamo storicamente lo sviluppo delle teorie matematiche, siamo condannati ad ignorare gli sviluppi pi´ u interessanti delle congetture e refutazioni della storia della matematica “20 . Ancor peggio, c’`e il rischio che alcune teorie - che nel momento in cui furono formulate erano inconsistenti (cio`e portavano ad assurdi) - vengano distorte per essere trasformate in teorie anticipatorie di quelle attuali. Il rischio ci potrebbe essere anche con il metodo di Newton ed il calcolo di Leibniz. L’interesse di tali teorie infatti risiede proprio nella loro storicit` a, ovvero nell’incompletezza, nell’imprecisione e nella sperimentalit` a della formulazione. La possibilit`a di comprenderne le relative sfumature filosofiche risiede nella capacit` a di storicizzare questi due approcci ed approfondirne i limiti. Uno dei pi´ u grandi limiti di Newton fu la sua incapacit` a di dare al proprio metodo delle flussioni una validit` a logica. Piuttosto egli si concentr` o sull’utilit`a operativa della nuova matematica. Ma se Newton fall´ı completamente su questo piano, neanche Leibniz riusc´ı ad ottenere dei risultati soddisfacenti. I problemi riguardanti i fondamenti dell’Analisi21 furono risolti soltanto nel Diciannovesimo secolo, ma lo sviluppo e il progresso della matematica non furono interrotti. L’insorgere di determinati problemi filosofici, riguardanti la manipolazione di quantit`a che talvolta erano finite e talvolta erano uguali a zero, non impedirono ai matematici di applicare il nuovo calcolo alla fisica e all’ingegneria. La nozione stessa di infinitesimale ha un ruolo cruciale nei procedimenti di base del 19
In bibliografia [17]. “the most exciting patterns of conjectures and refutations in the history of mathematical thoughts”in [17] 21 Ad esempio la definizione stessa di numero reale. 20
10.5. Gli infinitesimali
199
metodo delle flussioni di Newton. Tuttavia, `e una nozione che manca di una rigorosa definizione matematica; fu quindi attaccata da pi´ u parti, anche in Inghilterra. In Robinson [23], ritroviamo la definizione del vescovo Berkeley di questi infinitesimali come: ghosts of departed quantities tanto era impreciso e poco scientifico tale concetto. Ben al corrente delle critiche agli infinitesimali, Leibniz propose un sistema di numeri che avrebbe dovuto includere sia numeri infinitamente piccoli che numeri infinitamente grandi. Tecnicamente il procedimento per includere tali numeri avrebbe riguardato degli oggetti ideali per ampliare l’insieme IR dei numeri reali. Ancora in [23] ne troviamo una chiara descrizione: Il procedimento per arrivare ad un tale sistema di numeri era quello di aggiungere oggetti ideali alle quantit`a finite esistenti e definire regole aritmetiche per combinarli in modo tale che i nuovi numeri ideali, ed i loro reciproci, potessero essere infinitamente piccoli o infinitamente grandi. Il tutto, facendo in modo che l’intero sistema avesse, in qualche senso ben definito, le stesse propriet`a del sistema dei numeri reali. Un procedimento analogo a quello attraverso il quale i numeri immaginari erano stati introdotti per risolvere determinate equazioni algebriche22 . Se dal punto di vista pratico il calcolo di Leibniz poteva essere soddisfacente, il problema di darne una base rigorosa rimase invece aperto. Il concetto di infinitesimale fu gradualmente sostituito da quello di limite, che pot´e fornire una base ben pi´ u solida all’analisi. Storicamente, l’intento di Leibniz - quello di fornire una definizione rigorosa di infinitesimali - fu raggiunto negli anni Sessanta del Novecento, con una costruzione di campi ordinati di numeri reali, che sono modelli non-standard di IR 22
Il numero immaginario i `e tale che i2 = −1.
200
10.5. Gli infinitesimali
ed hanno elementi che si comportano esattamente come gli infinitesimali di Leibniz. Fu Robinsons ad ottenere tale risultato, pubblicato nel 1961 in Non-standard Analysis 23 , nei Proceedings of the Royal Academy of Sciences of Amsterdam. ` interessante l’analisi di Robinson dell’atteggiamento di Leibniz nei confronti degli E infinitesimali. Ancora in [23], egli ci riferisce che Leibniz li consider`o degli elementi ideali piuttosto che dei numeri immaginari. Essi venivano governati dalle stesse leggi di numeri (reali) ordinari ed avevano lo scopo di facilitare l’invenzione - o scoperta? - matematica. Utili finzioni che effettivamente nel diciottesimo secolo svolsero la loro funzione - anche se non avevano ancora una definizione rigorosa. Leibniz ne giustifica l’utilizzo soltanto per motivi di convenienza, sostenendo di poterne fare a meno. Ad essi avrebbe potuto sostituire espressioni del tipo “piccolo quanto occorre affinch´e l’errore sia pi` u piccolo di qualsiasi errore assegnato”. Inoltre, sembrerebbe non attribuirgli alcun tipo di realt` a: l’infinitesimo portava nella matematica l’idea di “infinito attuale”, ma ad esso era sostituibile l’infinito potenziale24 . Robinson ci fornisce un’interpretazione illuminante:
Leibniz non rifiut`o l’infinito attuale in generale ma, almeno negli ultimi anni, consider`o che non potesse trovare posto nel suo Calcolo. Inoltre, dal suo punto di vista, i termini di una serie infinita erano soltanto un infinito potenziale, i numeri infinitamente piccoli o infinitamente grandi appartenevano all’infinito attuale. Dunque consider`o questi ultimi soltanto ideali e fittizi, mentre pot´e accettare i primi come reali. L’opinione che i numeri infinitamente grandi o infinitamente piccoli erano parte dell’infinito attuale era comune a quel tempo e nei periodi immediatamente successivi. 23
25
In bibliografia [23]. Quell’infinito potenziale del metodo di esaustione di Eudosso ed Archimede. 25 Dall’inglese in [23]: “Leibniz did not reject the actual infinite in general, but, at least in his later years, he considereed that it has no place in the Calculus. Moreover, while in his mind the terms of an infinite series constituted only a potentially infinite assemblage, the infinitely large and small numbers were thought to belong to the actual infinite. He therefore regarded the latter as 24
10.5. Gli infinitesimali
201
Tra le cause dell’ostilit` a di Newton e dei suoi seguaci nei confronti del calcolo di Leibniz, c’`e sicuramente la riluttanza ad accettare l’esistenza di entit`a - quali gli infinitesimi - appartenenti all’infinito potenziale. Ecco anche spiegato perch´e Berkeley26 non poteva accettare gli infinitesimi: la sua filosofia fortemente incentrata sulla percezione era incompatibile con la realt` a di tali entit`a. Dal punto di vista di uno scienziato empirico gli infinitesimi ed i numeri irrazionali hanno lo stesso grado di realt` a: le misurazioni sono effettuate in termini di numeri interi o razionali, non intervengono n´e gli irrazionali n´e gli infinitesimi. Altrettanto si pu` o dire - ma per ragioni diverse - del punto di vista assiomatico moderno: sia gli infinitesimi sia gli irrazionali devono essere introdotti assiomaticamente. Tutto ci`o riguarda la discussione sull’ontologia delle nozioni di infinito e infinitesimo, di fondamentale importanza storica. In [16], Jesseph ci offre una panoramica della storia del calcolo infinitesimale, con particolare attenzione al dibattito sulle quantit`a infinitamente grandi e infinitamente piccole: anch’egli approfondisce - come Robinson - la nozione di infinitesimali. Brillantemente, egli fornisce una chiara spiegazione del perch´e la nozione stessa di infinitesimale sia di per s´e problematica. In particolare ci presenta il problema del calcolo dell’area del cerchio: il cerchio viene suddiviso in infiniti triangoli isosceli sn - con il vertice al centro - che hanno una base di dimensione infinitesima27 . Assumiamo che la circonferenza sia la somma delle lunghezze delle basi dei triangoli, e l’area del cerchio sia la somma delle aree dei triangoli. Non possiamo considerare la base di dimensione infinitesima uguale a zero, in quel caso infatti la circonferenza del cerchio sarebbe una somma infinita del tipo 0+0+0+0..., ma poich´e ovviamente
ideal or fictitious while accepting the former as real. The opinion that infinitely large or small numbers were forms of the actual infinite seems to have been common ground at that time and for some time after”. 26 Cfr. pagina 199. 27 Tale base poggia sulla circonferenza.
202
10.5. Gli infinitesimali
la circonferenza `e diversa da zero, avremmo l’assurdo
0 + 0 + 0 + 0 + . . . = c 6= 0. Analogamente non possiamo considerare le basi infinitesime come uguali ad un qualunque numero reale positivo r, perch´e in quel caso non potremmo mai ottenere l’area completa attraverso i nostri calcoli. In pratica la base del triangolo isoscele per quanto piccola - non potrebbe coincidere l’arco della circonferenza, quindi ogni settore sn avrebbe un errore. L’errore, per quanto piccolo, non `e eliminabile e viene replicato per ogni singolo settore. La figura 10.1 aiuta a chiarire la questione.
s2
s1
s3
s8
s4
s7 s5
s6
sn
r errore
Figura 10.1: Rappresentazione dell’errore per ogni settore triangolare.
Gli infinitesimali non hanno una misura esprimibile in forma numerica, ma possono essere confrontati e messi in relazione l’uno con l’altro. Sarebbe assurdo confrontare un infinitesimale con un numero reale p qualunque, ma invece un’espressione del tipo 1 n
>
1 n2
ha perfettamente senso. Tale espressione ha un significato intuitivamente
chiaro, ma rende la teoria degli infinitesimali pericolosamente incoerente: ai tempi di Leibniz e Newton non era ancora disponibile una chiara definizione di limite, dunque il confronto tra gli infinitesimali non poteva che essere intuitivo. Pi´ u precisamente, l’incoerenza sta nel considerare gli infinitesimali uguali a zero o diversi da zero in funzione del caso specifico. Come nell’esempio della circonferenza, un infinitesimale ǫ pu` o essere considerato uguale a zero quando aggiunto ad una quantit`a finita, per
10.5. Gli infinitesimali
203
cui per ogni numero reale q abbiamo q + ǫ = q e quindi ǫ = 0. Quando invece abbiamo una somma infinita ǫ + ǫ + ǫ + . . . 6= 0, lo stesso infinitesimale deve essere considerato tale che ǫ 6= 0. La teoria degli infinitesimali era abbastanza precisa da permettere operazioni tra infinitesimali di diverso ordine ma era ancora troppo indefinita e incoerente dal punto di vista logico. Vediamo dunque pi´ u nello specifico le differenze filosofiche tra i due approcci di Leibniz e Newton agli infinitesimali.
10.5.1
Gli infinitesimali di Leibniz: il calcolo differenziale
Il calcolo differenziale sviluppa i concetti del metodo degli indivisibili fino ad ottenere potenti procedure algoritmiche per la soluzione di problemi di analisi. Il concetto chiave `e quello di differenza infinitesima di una variabile x, denotata con dx. Tale simbolo indica appunto la differenza tra due valori assunti dalla variabile, tali che siano uno infinitamente vicino all’altro. Due differenze - quantit`a infinitesimali possono essere comparate nell’espressione
dx dy ,
che esprime la relazione tra di loro.
Il calcolo delle differenze ci permette di dare soluzioni approssimate ai problemi di tangenza di quadratura. Per ottenere i risultati esatti, Leibniz poteva diminuire l’errore delle differenze infinitesime delle variabili x e y, il cui valore pu` o essere preso piccolo a piacere. Tutto ci` o `e ammissibile se si accetta il seguente postulato.
` possibile scambiare indifferentemente due quantit` Postulato 10.5.1. E a che differiscono soltanto per una quantit` a infinitamente piccola, ovvero `e possibile considerare che rimane la stessa tale quantit` a alla quale aggiungiamo (o sottraiamo) una quantit` a infinitamente pi´ u piccola di essa.
Il grande merito di Leibniz `e dunque quello di aver reso gli infinitesimali manipolabili con un calcolo di tipo algoritmico, noto come differenziazione.
204
10.5. Gli infinitesimali
10.5.2
Gli infinitesimali di Newton: il metodo delle flussioni
Centrale nel metodo di Newton `e il concetto di quantit`a geometriche generate dal moto continuo. Nel mondo antico era usuale pensare le rette come prodotte dal moto continuo di un punto sul piano. Geometricamente ogni retta, superficie o solido pu` o essere concepito come prodotto da un qualche moto locale continuo. Newton adott` o tale visione per il suo metodo delle flussioni. Newton si oppone esplicitamente la concetto di “infinitamente piccolo”: nel Trattato sulle Quadrature specifica Io qui non considero le quantit`a matematiche come composte di parti estremamente piccole, ma come generate da un moto continuo. Le rette sono descritte, e quindi generate, non da apposizione di parti, ma dal moto continuo di punti. Nel linguaggio flussionale potremmo dire il moto continuo di un punto su un piano genera una curva, e la velocit`a istantanea del punto stesso `e la flussione della quantit` a fluente (la curva). Newton sviluppa due concetti per utilizzare tali nozioni al fine di effettuari calcoli sugli infinitesimali. Il primo concetto `e il momento di una fluente, ovvero il valore di cui la fluente `e aumentata in un intervallo di tempo indefinitamente piccolo. Il secondo concetto `e quello di ragioni prime ed ultime, che sono il rapporto tra due grandezze che vengono create dal moto: vi sono le ragioni nascenti all’inizio della generazione e ragioni evanescenti al termine quanto le grandezze svaniscono.28 Apparentemente questo metodo eliminerebbe l’esigenza di utilizzare quantit` a infinitesimali, riconducendo i problemi di analisi a questioni di tipo geometrico-flussionale. In realt` a l’utilizzo della nozione di “ragioni nascenti” e “ragioni evanescenti”, non fa altro che nascondere l’utilizzo degli infinitesimali. Anche del punto di vista pi´ u specificatamente algebrico-matematico, la differenza con il calcolo di Leibniz `e notevole: Newton si serve degli sviluppi in serie per rappresentare una curva in forma di polinomio. Il calcolo differenziale e il metodo delle 28
Cfr. pagina 31.
10.6. La metafisica del calcolo
205
flussioni sono in realt` a equivalenti, infatti anche le procedure di Newton possono essere trasformate in un algoritmo analogo al calcolo differenziale di Leibniz.
10.6
La metafisica del calcolo
Alcuni studiosi contemporanei di storia della matematica potrebbero considerare la disputa tra Leibniz e Newton soltanto come uno scontro tra due opposte posizioni relative a dettagli tecnici del calcolo infinitesimale. In realt` a la disputa `e originata e motivata da due diverse posizioni filosofiche. Come Robinson puntualmente rileva, nel suo intervento “The Metaphysics of the Calculus” in Problems in the Philosophy of Mathematics a cura di Imre Lakatos 29 , nel diciottesimo e diciannovesimo secolo gli studiosi consideravano i problemi sui fondamenti del Calcolo quasi interamente come questioni filosofiche. Ci` o dev’essere ragionevolmente vero se perfino d’Alembert diede ad una voce nell’Encyclop´edie in merito al concetto di limite, il titolo “La th´eorie des limites est la base de la vraie M´etaphysique du calcul diff´erentiel.” L’aspetto interessante su cui Robinson insiste `e la stretta correlazione tra questioni tecniche e filosofiche durante le diverse fasi dello sviluppo del Calcolo infinitesimale. Nel suo articolo ci sono diversi accenni alla sua “Analisi non-Standard”,30 ma ci`o che ci interessa maggiormente ` a la sua analisi degli atteggiamenti filosofici di Leibniz e Newton sulle questioni fondamentali della nuova matematica. Secondo Robinson la distinzione tra Newton e Leibniz `e netta. Newton ha una visione dei fondamenti del calcolo piuttosto ambigua: utilizza indifferentemente infinitesimali, momenti, limiti e talvolta perfino nozioni fisiche per descrivere i nuovi elementi del suo Metodo delle flussioni. Un suo merito `e quello di aver intuito che la nozione di limite sarebbe stata la pietra angolare dell’intera costruzione matematica 29 30
In bibliografia [18]. Cfr. pagina 200 e in bibliografia [17] e [23].
206
10.6. La metafisica del calcolo
negli anni a venire, ma ci` o non basta a scagionare la sua vaghezza nei confronti di concetti tanto fondamentali. Leibniz al contrario impost` o il Calcolo sulla base di una nozione molto precisa di quantit`a infinitamente piccole. Robinson giustamente menziona il libro “Analyse des infiniment petits pour l’intellingences des lignes courbes” del Marchese de l’Hˆopital come uno dei primi testi in assoluto a presentare in modo accademico e rigoroso la filosofia del calcolo di Leibniz. In particolare all’inizio del libro ci sono due interessanti definizioni di “variabile” e “differenza”31 :
Definizione I. Una quantit`a `e variabile se cresce o decresce in modo continuo; e, al contrario, una quantit`a `e costante se rimane la stessa mentre le altre quantit` a cambiano. Quindi, per una parabola, le ordinate e le ascisse sono quantit` a variabili mentre il parametro `e una quantit`a costante.
Definizione II. La porzione infinitamente piccola di cui una variabile cresce o decresce in modo continuo `e detta la sua differenza...
Queste ed altre definizioni del Marchese de l’Hˆopital implicano un’assunzione di realt` a delle quantit` a infinitamente piccole sopra menzionate. Tale posizione sembrerebbe condivisa in tutto il Continente nel corso del diciottesimo secolo. Ma Leibniz invece aveva un atteggiamento molto pi´ u prudente: pi´ u volte si dimostr`o critico nei confronti della posizione di de l’Hˆopital. Egli infatti pur considerando utile e necessaria l’introduzione degli infinitesimali, non li considerava reali ma piuttosto fittizi ` attribuita a lui o ideali, seppur governati dalle stesse leggi dei numeri ordinari. E la frase - sorprendentemente moderna - che `e contenuta in un libro di sue memorie pubblicato nel 170132 e che riportiamo qui di seguito: 31
Ovvero “differenziale” nel linguaggio moderno. M´emoire de M.G.G. Leibniz touchant son sentiment sur le calcul diff ’erentiel nel Journal de Tr´evoux - 1701. 32
10.6. La metafisica del calcolo
207
Si prendono quantit` a che siano tanto grandi o tanto piccole quanto basta affinch´e l’errore sia pi´ u piccolo di un errore dato. ` ben chiara insomma l’idea di approssimazione “al limite” implicita nel concetto E di infinitesimale. L’errore di Leibniz piuttosto - come del resto accadde anche a de l’Hˆopital - fu nel considerare semplicisticamente uguali due quantit`a che differiscono soltanto per una quantit` a che in relazione a loro `e infinitamente piccola. Al contempo assunse che le leggi aritmetiche valide per le quantit`a finite si applicassero anche agli infinitesimali. Fu evidente anche ai loro contemporanei che tali affermazioni erano pesantemente incompatibili. Ci` o diede a tutta la teoria un’inconsistenza semplicemente intollerabile per gli studiosi dei secoli successivi. Il problema della natura delle nozioni infinitarie `e ancora di grande importanza nella filosofia della matematica: la domanda centrale `e “Che posto ha la nozione di infinitesimale nella matematica moderna?” Leibniz consider`o gli elementi della matematica dell’infinito - gli infinitesimali e le quantit`a infinitamente grandi - come un utile ma ideale aggiunta alla matematica del finito. Analogamente Hilbert nel Novecento, alla ricerca di una fondazione formalistica della matematica separ`o infatti la matematica finitaria - le cui proposizioni possono essere dimostrate con procedimenti finiti - dalla matematica infinitaria. Nel secondo caso siamo di fronte a strumenti matematici di cui possiamo cogliere l’utilit` a, ma non possiamo provarne la verit` a.33 . Ovviamente l’analisi di Newton e Leibniz utilizza proprio i metodi che Hilbert inserisce nell’ambito della matematica infinitaria. L’attenzione nei confronti di questa distinzione tra matematica finitaria e infinitaria sembra insomma essere rimasta costante negli ultimi due secoli e mezzo. Ci` o testimonia l’importanza e la complessit`a delle questioni che Leibniz e Newton si trovarono ad affrontare: se dal punto di vista matematico le soluzioni tecniche sono ormai soddisfacenti e hanno dato all’analisi matematica una sua consistenza unanimemente riconosciuta, la filosofia del calcolo `e ancora aperta a considerazioni di tipo matematico-metafisico. 33
Per approfondimenti, si confronti [10] in bibliografia.
208
10.6. La metafisica del calcolo
A conclusione del testo di Robinson ci sono alcune osservazioni di importanti filosofi della matematica. Brillante l’osservazione di Heyting che sostiene: Uno dei punti pi´ u importanti della lezione34 `e che questioni inizialmente considerate metafisiche possano successivamente essere considerate meramente tecniche. Heyting sostiene inoltre che tra i due estremi di segni puramente tecnici - come quelli che scriviamo su una lavagna - e questioni puramente metafisiche c’`e una scala di valori intermedi all’interno della quale si posizionano la maggior parte delle questio` inoltre possibile, dal momento che le teorie matematiche sono ni matematiche. E considerate nel loro sviluppo storico, che questioni filosofiche diventino puramente tecniche quando si inizier` a a considerarle da un punto di vista formale. Analogamente, in alcuni casi saranno le implicazioni filosofiche di una teoria a diventare improvvisamente pi´ u rilevanti da un certo punto in poi. Come in Robinson [18], anche in The Logic of Expression di Simon Duffy 35 , troviamo un prezioso approfondimento sulle due differenti filosofie del calcolo infinitesimale di Leibniz e Newton, e sulle loro relazioni con la matematica contemporanea. Una prima osservazione che sembra ammorbidire la posizione di Leibniz riguardo al suo Calcolo differenziale riguarda alcuni scritti matematici del filosofo tedesco. Egli infatti affermerebbe all’inizio della sua carriera matematica che “il Calcolo differenziale potrebbe essere applicato attraverso diagrammi e figure in un modo incredibilmente pi´ u semplice che non con i numeri”. Nello specifico, egli mostra come le relazioni tra quantit` a potrebbero essere felicemente rappresentate anche con l’opportuno utilizzo di figure. La relazione pi´ u importante del Calcolo `e ovviamente quella tra gli infinitesimali dx e dy. Egli definisce tale relazione come il quoziente di differenziali di primo ordine, ovvero una relazione differenziale. Tale relazione `e ovviamente uno dei concetti del calcolo infinitesimale perch´e la relazione differenziale `e definita pro34 35
Il testo di Robinson. In bibliografia [12].
10.6. La metafisica del calcolo prio come
dx dy .
209
In tale scenario, Leibniz riconosce che l’integrazione, oltre ad essere
un processo di somma infinita, `e anche l’inverso della relazione differenziale. Tale visione testimonia la natura anticipatoria delle riflessioni filosofico-matematiche del tedesco: a partire dal diciannovesimo secolo `e stato questo l’approccio pi´ u diffuso al concetto di integrazione. In termini moderni l’obiettivo del processo di integrazione non `e pi´ u quello di stabilire la somma di infiniti termini36 ma piuttosto diventa quello di determinare - a partire dalla relazione tra dx e dy - la relazione originaria tra le quantit` a x ed y. Il calcolo della derivata quindi pu` o essere riconsiderato come il calcolo del valore della tangente della funzione in un punto come limite del coefficiente angolare di due punti infinitamente vicini. Da questo punto di vista geometrico, fu per` o Newton ad intuire per la prima volta l’importanza del concetto di limite. Fu infatti l’inglese a concettualizzare la tangente geometricamente, come limite di una sequenza di segmenti tra due punti su una curva (secante): man mano che la distanza dei due punti si avvicina allo zero, la secante si avvicina alla tangente senza mai realmente raggiungerla. La distanza tra secante e tangente pu` o essere resa piccola a piacere, finch´e diventa molto piccola e dunque pu` o essere ignorata per gli scopi pratici. La differenza cruciale tra Newton e Leibniz `e nel considerare tale distanza infinitesimale: per Newton gli intervalli rimanevano sempre reali, anche se molto piccoli, mentre per Leibniz c’era l’esigenza di ipotizzare numeri infinitamente piccoli - gli infinitesimali appunto. Ontologicamente i due sono su posizioni completamente opposte: Leibniz dovette ipotizzare l’esistenza di un nuovo tipo di numeri - gli infinitesimali - mentre Newton non ne ebbe bisogno perch´e la secante aveva sempre una lunghezza reale finita. Ci vollero circa duecento anni affinch´e venisse trovato un rigoroso fondamento aritmetico del calcolo. Fu Karl Weierstrass nel tardo Ottocento infatti a sviluppare un’aritmetizzazione non geometrica del calcolo,37 priva tra l’altro di ogni riferimento 36 37
Ci` o che `e sostanzialmente il calcolo dell’area sottesa alla curva. Si veda [14].
210
10.6. La metafisica del calcolo
agli infinitesimali. Infine soltanto negli anni sessanta del Novecento Robinson riusc´Ĺ, con la sua Analisi non-standard, a dare un fondamento rigoroso anche all’aritmetica degli infinitesimali.38
38
Si veda [23].
Capitolo 11
Conclusione
11.1
Nota storica
Prima di esprimere la mia opinione riguardo alla disputa tra Leibniz e Newton, `e opportuno fare due brevi considerazioni di carattere storico. La prima considerazione riguarda nello specifico gli anni tra il 1665 e il 1684, ovvero gli anni tra i primi studi di Newton sul metodo delle flussioni e la prima pubbli` ormai accertato che Newton entr` cazione di Leibniz sul calcolo differenziale. E o in possesso dei suoi procedimenti per calcolare tangenti e quadrature circa nove anni prima di Leibniz. Infatti, se Newton fa risalire i suoi studi sul metodo agli anni mirabiles 1665-1666, Leibniz non possiede ancora nessuna procedura di calcolo differenziale fino 1675. Cronologicamente, il primo “scopritore� `e senza dubbio Newton. Si potrebbe osservare che i metodi di Newton del 1666 erano meno evoluti di quelli di Leibniz, ma di fatto l’idea centrale del metodo delle flussioni era gi`a presente. Inoltre Newton aveva approfondito molto la teoria delle serie, laddove invece Leibniz si era piuttosto concentrato sul calcolo delle tangenti (derivazione di funzioni). Negli anni successivi Newton sembr` o disinteressarsi dell’analisi infinitesimale e si 211
212
Conclusione
concentr` o su esperimenti fisici di ottica. Durante il famoso scambio epistolare del 1676-16771 i due avevano attitudini molto diverse. Leibniz aveva appena raggiunto importanti risultati matematici ma ancora non possedeva una piena conoscenza della materia. Newton invece, che aveva una preparazione accademicamente pi´ u robusta, stava recuperando studi del decennio precedente perch´e interpellato da un amico (Oldenburg) a spiegare ad uno straniero (Leibniz) i suoi metodi. Nel giro di qualche anno lo svantaggio di Leibniz si azzer` o, tanto che fu lui - per primo - a pubblicare un testo sul calcolo differenziale, nel 1684. Un testo di sole sei pagine, piuttosto complicato e per di pi´ u senza troppi riferimenti al calcolo integrale, che fu oggetto di una pubblicazione di Leibniz due anni dopo. Ma il Nova Methodus fu la prima vera pubblicazione sistematica sui nuovi metodi di derivazione, quindi guadagn`o rapidamente l’attenzione dei matematici continentali. Nelle isole britanniche l’impatto fu pi´ u ridotto. Inoltre molti matematici gi`a conoscevano i metodi di Newton e non faticarono a ritrovare molte procedure simili nel nuovo testo del tedesco. La seconda considerazione riguarda il periodo successivo alla morte di Newton, fino ai giorni nostri. Il fatto importante `e che fino all’Ottocento il vincitore della disputa sembr` o essere Newton. Per qualche tempo le teorie Newtoniane - ignorate nel Continente per troppi anni e “riscoperte” da poco - ebbero la meglio sul calcolo ` come se i matematici - nell’economia di uno studio complessivo deldi Leibniz. E le teorie (matematiche) pi´ u all’avanguardia - si fossero sentiti di dover “scontare” la colpa di non aver tenuto in giusta considerazione un cos´ı grande matematico e scienziato. Dopo la morte di Leibniz, Newton continu` o ad attaccarlo - senza che nessuno lo difendesse - e questo fu di una certa importanza, seppure non decisivo. Probabilmente anche la fama di cui Newton godeva in campo fisico giov`o non poco a far pendere dalla parte degli inglesi gli equilibri della disputa sul calcolo. Essenzialmente dunque, la priorit`a di scoperta spetta a Newton, ma la prima pubblicazione `e di Leibniz. Inoltre se negli anni immediatamente successivi alla scomparsa 1
Cfr. da pagina 52.
Conclusione
213
dei due matematici, fu Newton a guadagnare pi´ u credito tra i matematici, a partire dall’Ottocento il rigore di Leibniz cominci` o a diventare sempre pi´ u interessante per chi stava indagando - nell’Europa continentale - i fondamenti dell’analisi.
11.2
Nota stilistica
L’intera struttura della tesi ha subito pesanti influenze soprattutto dai testi di Jason Bardi [2], Gianfranco Cantelli [8] e Alfred Rupert Hall [22], che hanno una forte impostazione cronachistica. I capitoli hanno dunque uno svolgimento che lascia ampio spazio ai fatti e poco alle riflessioni e osservazioni di carattere filosofico, come invece ci si aspetterebbe in una tesi di laurea specialistica in Filosofia. Dal capitolo primo al capitolo ottavo si `e deciso di entrare nello specifico della disputa, indugiando anche sugli aspetti psicologici e personali dei due protagonisti. Tale approccio ha ovviamente degli svantaggi. In prima battuta il lettore viene portato in mezzo agli eventi senza un’adeguata introduzione storica, il che non aiuta una comprensione immediata. In secondo luogo tale approccio non ha reso possibile integrare completamente la filosofia del calcolo infinitesimale all’intero del corpo principale della tesi. Tuttavia, tale approccio ha anche il merito di permettere al lettore di assimilare un background storico e matematico prima di addentrarsi in problemi di filosofia della matematica. La scelta di astenersi - per quanto possibile - dall’introdurre profonde questioni di metafisica del calcolo nella prima parte ha permesso di affrontare la questione della disputa con un inizio pi´ u obiettivo e meno di parte. L’obiettivo era essenzialmente quello di offrire la possibilit`a di formarsi autonomamente un’opinione sugli aspetti pi´ u importanti delle due visioni dell’analisi matematica. La comprensibilit` a ne ha certamente risentito, ma quantomeno `e stato garantito un livello di approfondimento costante in tutte le pagine della tesi.
214
Conclusione
In conclusione, sebbene coscienti del fatto che la “cronaca” iniziale non aggiunga molto alla letteratura sull’argomento, riteniamo che invece possa guidare in modo originale il percorso di un lettore interessato alla disputa - cos´ı come pochi altri testi possono fare, a causa del loro carattere “eccessivamente interpretativo”.
11.3
Considerazioni finali
La disputa tra Leibniz e Newton sul calcolo infinitesimale `e una delle dispute scientifiche pi´ u affascinanti, pi´ u famose e pi´ u complicate della storia del pensiero occidentale. Sono coinvolte le menti pi´ u geniali di un periodo storico di grande cambiamento, in un arco temporale di oltre quarant’anni. Ritroviamo, nelle testimonianze scritte, tracce di questioni filosofiche fondamentali per comprendere la metafisica del calcolo di ciascuno dei due protagonisti. Inoltre abbiamo numerose pubblicazioni, lettere e manoscritti di personaggi minori - riguardo alla nostra storia - che a loro volta vengono ricordati come grandi matematici. Basti pensare a Barrow, Gregory, i fratelli Bernoulli, il Marchese de L’Hˆ opital. Credo che chiunque si sia avvicinato a questo studio, cos´ı specifico e cos´ı affascinante, abbia cercato in qualche modo di darsi una risposta alla domanda: chi aveva ragione? Una domanda la cui risposta `e forse impossibile, perch´e nasconde molte insidie. La questione della scoperta del calcolo infinitesimale riguarda circa un secolo di storia ` stata una scoperta della matematica e un ampio numero di matematici europei. E in pi´ u tappe, con un’evoluzione continua degli strumenti logici e dell’approccio teorico degli studiosi. Non solo, `e stato un processo che si `e realmente chiuso soltanto nell’Ottocento, con la formulazione rigorosa del concetto di numero reale, alla base del calcolo infinitesimale. Per rispondere alla nostra domanda dunque, dobbiamo inserirla nel contesto storico in cui i nostri due protagonisti hanno vissuto, studiato e combattuto. Ecco dunque che la domanda pu` o essere divisa in tre sotto-domande, alle quali proveremo a rispondere.
Conclusione
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Tecnicamente, chi ` e stato il primo scopritore dei metodi che poi si sarebbero evoluti nella moderna analisi infinitesimale? Occorre premettere che la differenza tra la matematica di Newton e Leibniz, e la matematica moderna, `e enorme. Ma cercando di mettere su un secondo piano queste differenze, possiamo individuare la risposta in modo molto preciso. Di fatto su questo non esiste quasi alcun dubbio: Newton ottenne delle procedure di derivazione e integrazione almeno nove anni prima di Leibniz. Sappiamo per certo che Leibniz in quel periodo ignorava i metodi della matematica superiore, quindi non avrebbe potuto in alcun modo avvicinarsi ai risultati di Newton. Sebbene Leibniz stesso e i suoi sostenitori abbiano pi´ u volte messo in dubbio che Newton possedesse davvero tali metodi, un attento studio di tutte le testimonianze ci permette di sostenere inequivocabilmente la priorit`a di Newton. Tutti i moderni studiosi sono tra l’altro d’accordo con questa tesi.
Chi, tra Leibniz e Newton, ottenne i procedimenti pi´ u simili ai moderni metodi di derivazione ed integrazione? Newton non riusc´ı praticamente mai a formalizzare i propri metodi in un modo anche lontanamente paragonabile ai moderni trattati di analisi matematica. Leibniz invece, non solo fu il primo dei due a pubblicare un trattato sistematico sul calcolo infinitesimale, ma fu anche quello che meglio riusc´ı a presentare le proprie teorie negli anni successivi. Il successo pi´ u innegabile di Leibniz fu nella fortunata scelta R della notazione dx (derivata) e f (x) (integrale). Ancora oggi usiamo gli stessi
simboli per utilizzare concetti che - sebbene siano formulati in modo molto pi´ u rigoroso - sono sostanzialmente gli stessi del Seicento. Newton rimase vittima di una
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Conclusione
notazione scomoda e del fatto stesso di non esser riuscito a completare i suoi testi di matematica. In pratica non riusc´ı mai a fare in modo da renderli un riferimento per i matematici dei nostri giorni.
A distanza di oltre tre secoli, quale traccia resta delle teorie di Leibniz e Newton? Ovvero quale dei due approcci, i fondatori della moderna analisi infinitesimale hanno privilegiato? L’approccio logico-algoritmico di Leibniz, basato sulle differenze piuttosto che sulle ` stato in quel periodo che serie, ha trovato i favori dei matematici dell’Ottocento. E la teoria dell’analisi moderna ha ottenuto i maggiori risultati. Non meraviglia dunque che da quegli anni in poi sia stato Leibniz ad aver ottenuto maggiori citazioni e riconoscimenti. La sua imbarazzante avversione alla teoria della gravitazione di Newton - che non riusc´ı mai ad accettare - fu bilanciata dalla sua teoria del calcolo differenziale che fu invece un successo su tutti i fronti. Ad uno sguardo pi´ u attento tuttavia, i trattati di Leibniz sono ancora molto imprecisi: in particolare trattano con disinvoltura quantit` a infinitesimali come zero o come diverse da zero a seconda dell’utilit` a del momento. Imprecisioni clamorose corrette soltanto da una grande intuizione matematica. Ma di Newton, che pure ebbe problemi analoghi, non salviamo nemmeno l’approccio. Troppo geometrico e troppo intuitivo per essere ripreso dal formalismo ottocentesco. Considerato dunque che tra Seicento e Settecento nessuno poteva avere strumenti matematici realmente adeguati per trattare n´e le flussioni di Newton n´e il calcolo differenziale di Leibniz, la nostra preferenza, nel lungo periodo, va a Leibniz. Su quella base Cauchy, Dedekind, Cantor e Weierstrass - tutti matematici appartenenti alla scuola continentale - riuscirono a definire l’insieme dei numeri reali IR ed a rendere rigorosi tutti i concetti dell’analisi. Seppure con molti difetti, fu il tedesco a
Conclusione
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formulare la teoria del calcolo complessivamente pi´ u completa, precisa e strutturata della sua era.
Appendice A
I protagonisti In questo capitolo di appendice riportiamo in ordine alfabetico per cognome i ritratti di alcuni protagonisti delle nostre vicende. I ritratti provengono dalla Dibner Library di Storia della Scienza e della Tecnologia, dello Smithsonian Institute di Washington D.C. (USA). Per ulteriori informazioni si pu` o visitare http : //www.sil.si.edu/digitalcollections/hst/scientif ic − identity/CF/group by name.cf m. L’utilizzo di questo materiale `e permesso sotto la licenza “Fair Use” come riportato alla pagina web http : //www.si.edu/copyright/.
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I protagonisti
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Figura A.1: Isaac Barrow (1630-1677).
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Figura A.2: Jean Bernoulli (1704-1767).
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Figura A.3: James Gregory (1638 - 1675).
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Figura A.4: Christian Huygens (1629 - 1695).
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Figura A.5: Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716).
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Figura A.6: Sir Isaac Newton (1643 -1727).
I protagonisti
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Figura A.7: John Wallis (1616-1703).
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Pasquale Borriello - febbraio 2009 Sapienza Universit` a di Roma