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2. Definizione di PDTA
A cura di Carlo Piccinni e Nello Martini
Se si dovesse immaginare un lemma in un dizionario per il termine PDTA, questo potrebbe riportare: “Acronimo usato come sostantivo maschile di P(ercorso) D(iagnostico) T(erapeutico) A(ssistenziale). Programma di cura rivolto a determinate categorie di pazienti, inteso anche come modello di gestione clinica usato da chi eroga prestazioni sanitarie per definire la migliore strategia di interventi all’interno delle linee guida di cui, spesso, è usato erroneamente come sinonimo”. 27 Si tratta di uno strumento organizzativo che delinea l’insieme dei processi e/o delle procedure mediante cui si applicano nella pratica clinica le raccomandazioni dettate dalle linee guida (LG), attraverso l’adattamento al contesto locale, con l’intento di coordinare e realizzare gli interventi nei confronti dei pazienti con particolare attenzione alle condizioni croniche che richiedono l’integrazione di diversi setting assistenziali e la collaborazione di diverse figure. Il PDTA, pertanto, costituisce l’asse portante del Chronic Care Model28 e dell’Integrated Care.29 30
Come ampiamente discusso nella guida Costruisci PDTA,
2 tra coloro che si occupano di organizzazione sanitaria e di medicina in generale inizialmente era presente grande confusione
circa la terminologia31 e la definizione32 stessa di questo strumento, dimostrata anche dalla molteplicità e dall’eterogeneità dei documenti approvati dalle Regioni.6 Ad oggi, al contrario, in Italia si è giunti a un consenso unanime in merito sia alla terminologia (PDTA: Percorso DiagnosticoTerapeutico Assistenziale), sia alla definizione riportata nel Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa 2019-2021 del Ministero della Salute.33 Tale definizione riporta che: “Il PDTA è una sequenza predefinita, articolata e coordinata di prestazioni erogate a livello ambulatoriale e/o di ricovero e/o territoriale, che prevede la partecipazione integrata di diversi specialisti e professionisti (oltre al paziente stesso), a livello ospedaliero e/o territoriale, al fine di realizzare la diagnosi e la terapia più adeguate per una specifica situazione patologica o anche l’assistenza sanitaria necessaria in particolari condizioni della vita”.
A questa definizione si può anche affiancare quanto riportato nel Piano Nazionale della Cronicità,34 secondo cui i PDTA sono da intendere quali “processi capaci di guidare la filiera delle offerte nel governo dei servizi per le patologie croniche”.
Dalla lettura attenta di questa definizione, appare chiaro che ci troviamo di fronte a strumenti di organizzazione sanitaria che hanno l’obiettivo di garantire, per le patologie croniche, la presa in carico, l’appropriatezza delle cure, la continuità assistenziale, nonché la standardizzazione e l’ottimizzazione del consumo di risorse.
I pilastri su cui poggia il PDTA possono essere riassunti nei seguenti aspetti chiave:35 n essere basato sulla multidisciplinarietà; n rappresentare la traslazione delle LG e delle evidenze a livello locale;
n riportare nel dettaglio i diversi passaggi spazio-temporali del piano di cura, mediante specifici algoritmi, protocolli o altri strumenti idonei allo scopo; n essere strutturato in accordo alla progressione temporale della condizione clinica; n consentire una standardizzazione del percorso di cura di un dato problema clinico.
Tralasciando l’esame dei singoli aspetti e degli elementi costitutivi del PDTA, il cui approfondimento è stato oggetto della guida Costruisci PDTA, 2 è importante sottolineare il fatto che PDTA e LG non possono essere considerati sinonimi. Il PDTA deve necessariamente partire dalle evidenze solide riportate nelle LG, ma deve attuare un passaggio ulteriore rappresentato dalla loro contestualizzazione nella specifica realtà organizzativa che presenta talune peculiarità (struttura, tecnologia, organizzazione, professionalità) ampiamente descritte nella guida Organizza PDTA. 3
Quindi il PDTA non deve essere una mera trascrizione della o delle LG e, di conseguenza, al suo interno si devono privilegiare rispetto agli aspetti clinici (cosa fare?), già oggetto delle stesse LG, gli aspetti organizzativi (chi? dove? quando fare?), oltre a quelli “esistenziali” inerenti alle corrette modalità con cui tenere conto dell’effettiva centralità della persona che, nel caso specifico, diventa anche paziente.
La contestualizzazione delle LG operata con il PDTA ha dunque la pretesa di passare da una sorta di sistema “ideale” a un sistema “reale”, in cui si riscontra un aumento della complessità e della variabilità. Infatti il PDTA nasce proprio con l’intento di governare tale complessità quando questa caratterizza il problema di salute che è opportuno gestire con questo strumento (figura 2.1).
Figura 2.1 Finalità del PDTA in base alla
caratteristica del problema di salute a cui è rivolto
Caratteristica del problema di salute Finalità del PDTA
Elevato impatto sulla salute del cittadino Governare l’elevata incidenza o prevalenza di una data patologia
Elevato impatto sulla salute della comunità e sulla rete familiare Migliorare i benefici per i pazienti in termini di condizioni di salute e di difficoltà evitate
Presenza di linee guida specifiche
Presenza di variabilità e disomogeneità delle prestazioni
Presenza di complessità clinico-assistenziali Migliorare l’applicazione delle linee guida a livello locale
Ridurre la variabilità dei processi in atto per aspetti sia clinici che organizzativi
Integrare le diverse strutture/ organizzazioni coinvolte
Elevato impatto economico Evitare sprechi e ottimizzare i tempi