Periodico italiano magazine n. 57

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primopiano

Le contestazioni alla realizzazione di infrastrutture come pon .......................................................................

Sviluppo locale

e conflitto sociale

Nel nostro Paese si continua a dire no a qualsiasi cosa, perché la politica del ‘non fare’ ha la meglio e prevale l’immobilismo: un problema di comunicazione al quale si aggiunge un certo tipo di antipolitica, che antepone la visibilità mediatica alle strategie di crescita

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ualcuno l’ha definito: «Il ‘boomerang del no». Ovvero, gli impatti economici del ‘non fare’. Perché per ogni opera bloccata dalle contestazioni e dai ricorsi, il nostro Paese subisce un arresto. E chi si prende la responsabilità per i rifiuti che continuano a finire in discarica, per il mancato recupero di risorse e materiali e per le mancate occasioni di sviluppo? Naturalmente, il fenomeno delle opposizioni locali non è tipico soltanto dell’Italia. Tant’è che l’acronimo Nimby (Not In My Back Yard) è stato coniato in Nord America. Un’etichetta malevola, che lascia intendere come le opposizioni siano mosse dal cieco egoismo di chi non vuole un certo impianto sotto casa propria, ma non muoverebbe un dito se esso fosse proposto nel territorio di altri. Il che corrisponde, in parte, alla verità. Come ha dichiarato, in un’intervista rilasciata al XIII Osservatorio Nimby Forum, Chicco Testa, presidente di Fise Assoambiente: «Siamo di fronte a un paradosso. In campo energetico tutti vogliono ridurre le emissioni, salvare il pianeta dai cambiamenti climatici e rispettare gli obiettivi di Parigi, ma poi nessuno in concreto vuole sul proprio territorio campi eolici, centrali geotermiche, impianti a biomassa o a rifiuti, campi solari fotovoltaici, dighe ‘mini-idro’. Eppure, gli obiettivi di Parigi si raggiungono con quegli impianti! Nel settore dei rifiuti, tutti vogliono l’energia circolare, il riciclaggio, i rifiuti zero. La nuova direttiva europea dice che dobbiamo riciclare il 65% dei rifiuti prodotti e mandare in discarica solo il 10%. Ma per fare questo occorrono impianti di riciclaggio, di digestione anaerobica, occorrono termovalorizzatori. E nessuno li vuole». La ‘sindrome del rifiuto locale’ – come ci ricordano i sociologi Renato Fontana e Francesca Colella nel libro ‘Conflitto, partecipazione e decisionismo nello sviluppo locale’, edito da Franco Angeli – è figlia diretta della democrazia e delle sue promesse di cittadinanza. Al tempo stesso, essa costituisce una sfida. Come abbiamo visto nel caso dell’alta velocità in Val di Susa, dove interesse locale e nazionale sono entrati in conflitto aperto. Nella fattispecie, come sappiamo, il secondo è talmente vasto da aver reso inevitabile una decisione a favore della realizzazione dell’opera, considerati anche i vantaggi economici che il completamento dei lavori promette di recare alla collettività nazionale. È indubbio, però, che la protesta sia stata sottovalutata, poiché ritenuta alimentata da pochi agitatori. Invece, il movimento, pur essendo concepito da varie

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