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Novembre Dicembre 2014 anno III n.06
ESTRATTO
FOTO
IMAGING
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FINE ART
STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA
Steve
McCurry
Buon Natale e felice anno nuovo I colori di Steve McCurry chiudono un anno di grandi copertine. Il fotografo americano, acclamato come una star e universalmente riconosciuto, ci lascia due grandi insegnamenti: il bello è in ogni dove e c’è sempre un ultimo momento da inseguire. Lui ha cercato per anni la sua ragazza afgana, trovandola peraltro; e ha voluto usare l’ultimo rullino di quella pellicola che l’ha accompagnato per tutta la vita.
Come dire: ci sono momenti più importanti di altri, da non dimenticare. Le prossime festività rappresenteranno per tutti una grande opportunità. S’incontreranno parenti, amici,
persone: ancora una volta, una volta di più. Uno scatto fotografico, responsabile e consapevole, prenderà spazio al tempo, nella dimensione del ricordo: quello che non si può lasciare indietro. L’augurio che desideriamo rivolgere è che tutti possano far propri gli istanti che passano: ricchezza rara dell’esistenza che scorre. La fotografia? Può essere d’aiuto, qui come altrove. Buone feste, quindi, a tutti i lettori: per un messaggio che diventa corale. Non è solo chi scrive a recitarlo, ma anche l’intero comitato di redazione (grazie per l’aiuto in questo anno di Image Mag). Siamo poi sicuri che si aggiungeranno i punti vendita PHOTOP e le persone che operano al loro interno. La vera fotografia abita là, e questo magazine ne è una testimonianza.
Mosè Franchi Arrivederci René L’annuncio della sua dipartita è stato semplice. Una e-mail inviata ai membri dell’agenzia ha recitato: “È con grande tristezza che annunciamo la morte del fotografo di Magnum René Burri”. Con René Burri il mondo della fotografia perde uno dei suoi più potenti artisti, un vero umanista, che ha abilmente documentato la sofferenza e la gioia del genere umano. Un augurio anche a lui, l’ultimo.
Dove trovare Image Mag 2 EMME FOTO Via Sorio, 19 A - PADOVA (PD) www.2emmefoto.com
FOTO ESSE Via dei Mille, 14 - GROSSETO (GR) www.fotoesse.it
ALLA ROTONDA Via San Vigilio, 7 - TRENTO (TN) www.allarotonda.com
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ALLA ROTONDA Via S. Bernardino, 2 - ARCO (TN) www.allarotonda.com
FOTO PANDINI Via Garibaldi, 121 - FERRARA (FE) www.fotopandini.it
ANDREELLA PHOTO FOTOCENTER Piazza XXV Aprile, 11/B BUSTO ARSIZIO (VA) - www.andreella.it Corso Italia, 250 C - SORRENTO (NA) www.photop.it ATTUALFOTO Via dell’Istria, 8 - TRIESTE (TS) GRANDE MARVIN www.attualfoto.it Via Lagrange, 45 - TORINO (TO) www.europhoto.it BONGI Via Por S.Maria, 82-84 - FIRENZE (FI) HIFI FOTO CINE www.otticabongi.com AUCHAN Via Bergamo, 19 - MERATE (LC) CENTRO FOTO CINE www.hififotocine.it Piazza Argentina, 4 - MILANO (MI) HIFI FOTO CINE www.centrofotocine.it BENNET Via Casati, 28 - CASATENOVO (LC) DE CAROLIS MATTEO www.hififotocine.it TABACCHERIA RIV. 27 IMAGE ACADEMY LE VILLE Via Puglie, 8 FALCONARA M. (AN) Corso Garibaldi, 16 - BRESCIA (BS) www.imageacademy.it EDICOLA SORBI Piazza della Signoria - FIRENZE (FI) LA RIVISTERIA Via S. Vigilio, 23 - TRENTO (TN) ELMA Via E. De Nicola, 25 - CALTANISSETTA (CL) LIBRERIA FOGOLA EUROPHOTO Corso Siracusa, 196 C - TORINO (TO) www.europhoto.it
EUROPHOTO Piazza Carlo Felice, 29 - TORINO (TO) www.europhoto.it
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LIBRERIA GULLIVER Corso G. Mazzini, 31 - ANCONA (AN) www.inmondadori.it
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LIBRERIA LA FENICE Via Solferino, 10 - BRESCIA (BS) www.librerialafenice.it
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4. OLTRE LO SGUARDO Nel 2010, l’ultimo rullino di Kodachrome prodotto è stato affidato a lui, con quanto rimaneva delle opportunità di un’era. Si tratta di Steve McCurry, uno dei fotografi maggiormente riconoscibili della nostra epoca. Dalle sue immagini abbiamo tratto un grande insegnamento, per anni: la bellezza è ovunque.
L’ ALTRA COVER STORY
67. SAMSUNG NX1
La qualità alla portata di tutti.
www.imagemag.it Direttore responsabile Mosè Franchi Comitato editoriale Mosè Franchi, Roberto Mazzonzelli, Stefano Messina, Massimo Reggia, Lido Andreella
pagina due
Realizzazione grafica Gino Durso Davide Lanzino Ilaria Nigro Stampa Cortona Moduli Cherubini S.r.l. Image Mag è una pubblicazione Consorzio Gruppo Immagine
ZEFRAM E IL REALISMO ONIRICO
42. DANIELE FABIANI EVASIONI
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Dove, come e quando della fotografia naturalistica.
La musica e il ritratto Musica e ritratto: la forza di Harari è tutta qui, tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarla, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel creare del nostro, un movimento continuo.
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Steve McCurry
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Redazione Consorzio Gruppo Immagine Viale Andrea Doria, 35 20124 Milano Tel. 02/23167863 e-mail: info@imagemag.it
Dacia Maraini è figlia d’arte. Grande viaggiatrice, lei è una di noi ed è riuscita a dare all’immagine la forza della dimensione letteraria.
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STEVE McCURRY OLTRE LO SGUARDO
pagina quattro
Š foto di Steve McCurry
paginacinque
COVER STORY I GRANDI PROTAGONISTI DEL PALCOSCENICO FOTOGRAFICO
“O
ltre lo sguardo” è il titolo della mostra di Steve McCurry, quella esposta a Villa Reale di Monza e che là rimarrà sino al 6 aprile. L’abbiamo visitata al suo debutto, in una cornice architettonica sontuosa, meravigliati da un allestimento e una cura ragguardevoli. Qui di seguito vi è un po’ la cronaca di una sera: quella in compagnia delle immagini di uno dei fotografi più famosi del momento. Nel 2010, l’ultimo rullino di Kodachrome prodotto è stato affidato a lui, con quanto rimaneva delle opportunità di un’era. Si tratta di Steve McCurry,
pagina sei
per molti una pop star, per altri un mito; per tutti uno dei fotografi maggiormente riconoscibili della nostra epoca. La sua ragazza dagli occhi verdi, Sharbat Gula (storica copertina del National Geographic), è entrata nel cuore di tanti, anche di coloro che non s’interessano di fotografia. Del resto, dalle immagini di Steve abbiamo tratto un grande insegnamento, per anni: la bellezza è ovunque. Non c’è nulla al mondo che possa essere immune alla meraviglia: basta solo essere umili, aspettare, accarezzare l’idea estetica per coglierne il significato profondo. È vero. Steve di recente ha detto: “Ho imparato a essere
paziente”. E poi: “Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te”. Non è solo una questione di estetica, quindi; ma anche di sentimenti, passioni, persino amore: come quello che Steve ha corrisposto per l’Asia, sin dalla prima volta che si è recato in quei luoghi. Era il 1978, e là ha incontrato culture diverse, terre dai colori abbaglianti, storie e genti, persino un intreccio di religioni: dall’Induismo all’Islamismo, dal Cristianesimo al Sikhismo, fino al Buddismo; posizioni diverse, eppure attigue, disposte a coabitare.
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STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA
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L’ALTRA COVER STORY NUOVE TENDENZE ALLA RIBALTA DELLA FOTOGRAFIA
GUIDO HARARI, LA MUSICA E IL RITRATTO Guido Harari nel 2011 ha fondato ad Alba, dove risiede, la Wall Of Sound Gallery, la prima galleria fotografica in Italia interamente dedicata alla musica. Noi non ci siamo stati, ma da essa prendiamo spunto per parlare del fotografo di questa Altra Cover, convinti come siamo che solo lui poteva organizzare un’esposizione di immagini a carattere musicale. Una domanda sorge comunque spontanea: esiste un dualismo tra musica e fotografia? Se sì, quali sono i punti di contatto? Sta di fatto che la realtà, quella di Guido, non è bivalente. Musica e fotografia vivono nello stesso spazio, mescolandosi. La galleria di Alba ne è una testimonianza diretta: divulga non l’immagine della musica, ma l’essenza che racchiude e la realtà della quale è stata espressione. C’è dell’altro, comunque; e su più ambiti. Molte volte sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se quel sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso nato da uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima. Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto col soggetto, dall’incontro con lui. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarla, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel creare del nostro, un movimento continuo. Saltiamoci sopra, anche solo per capire.
pagina sedici
© foto di Guido Harari
Guido, quando hai iniziato a fotografare? E perché? Iniziamo dal perché. Mio padre nutriva la passione per la fotografia e aveva una fotocamera a soffietto. Già l’oggetto mi affascinava, ma anche le immagini che il genitore riusciva a tirar fuori finivano per stupirmi: piene di buon gusto e ricche dell’attimo colto. Una passione partita da lontano, quindi... Quel tempo che poteva fermarsi deve aver lasciato un germoglio “latente” nei miei desideri, perché crescendo i miei interessi si spostavano nella direzione del rock e della musica in genere: Little Richard, Elvis; e poi, i Beatles e il primo Gaber. Verso i diciotto anni, eccomi in giro per l’Italia a seguire i concerti: però, come avvicinare gli artisti? Avevo negli occhi le copertine degli LP e i libri musicali, così pensai alla fotografia come metodo d’approccio per un mondo che volevo più mio. Questi sono gli inizi, quindi. Tutta colpa della musica, dico male? Diciamo che quello della musica era un ambito abbastanza sgombro. Di certo ho iniziato per la ragione che ti ho detto, apprendendo il mestiere sul campo. Al tempo non esistevano scuole, tantomeno avrei potuto fare l’assistente: solo la moda prevedeva quella figura. Hai curato da solo la tua formazione? Esattamente. Imparavo sul campo e dalle riviste con le quali mi “nutrivo”. Nel frattempo avevo intrapreso la strada del ritratto. La fotografia mi aveva restituito altri interessi, volti a interpretare attori, artisti, politici,
industriali, aggiungendo allo scatto un sapore musicale. Agnelli, per me, era una pop star come Bob Dylan. In fin dei conti, desideravo un ritratto diverso: pervaso da quella complicità che riconoscevo negli autori che preferivo. Generalmente i fotografi musicali erano amici dei musicisti, il che generava un pensiero unico che si estrinsecava anche nelle immagini. Io volevo la stessa cosa nei ritratti delle celebrità. Il ritratto è stata la tua vera passione, dico male? In effetti è così. Ho cercato di affermarmi in quella direzione, interagendo anche con i giornali, ai quali chiedevo di poter incontrare personaggi diversi. Dopo è cambiato il vento: sono spuntate le veline ed anche le stesse celebrità hanno modificato il loro comportamento. Credo che in Italia il ritratto fotografico non abbia mai raggiunto uno status proprio. Forse la responsabilità è dei giornali, degli editor; sta di fatto che non esiste, da noi, un gruppo consolidato di ritrattisti. E tu come hai reagito? Cosa ne è rimasto del tuo ritratto? Verso il 2000 mi ero stancato, anche per la disciplina in sé (quella del ritratto, appunto), perché alla lunga può essere frustante. Ho iniziato a pubblicare libri e sono nati quelli dedicati a Vasco, Mia Martini, Gaber. Volevo dare valore a un archivio che era aumentato nel tempo. Sappi che ogni volume è ufficiale, pubblicato cioè col consenso dei familiari. Adesso sto preparando un’altra pubblicazione, che comunque sancirà la fine del mio “periodo del libro”. Sto tornando alla fotografia: alla qualità, alla ricerca.
Foto o musica: quale passione prevale? Sono andate di pari passo; del resto entrambe vivono in simbiosi. Pensa, a tale proposito, alle foto Jazz degli anni ’50 o alle copertine dei dischi. I contenuti si rafforzano a vicenda. Parlami del ritratto, cosa ti spinge a scattare? L’entrare nel personaggio, il comprenderlo. Ho sempre provato un senso di sfida quando dovevo interpretare chi mi stava di fronte. Qual è la qualità più importante per un fotografo come te? Se mettiamo ancora insieme musica e ritratto (o fotografia) direi che una cultura specifica non guasta: anzi. Occorre che il fotografo possieda un senso musicale, che può essere coltivato scattando i “live”. Dopo si può passare al ritratto del musicista che ha suonato, perché si è raggiunta l’empatia necessaria. Un’altra dote essenziale coincide col desiderio di incontrare, per essere partecipi. Un musicista un giorno mi disse: le tue immagini “vanno incontro”. Il mio è sicuramente un approccio più istintivo che tecnico, ma mi piace essere riconosciuto così: per l’empatia che si sviluppa tra autore e soggetto. C’è, tra le tue, un’immagine alla quale sei particolarmente affezionato? Sì, alcune direi. Tom Waits che corre con il mantello è una di queste. Tu chiudi spesso l’inquadratura dei tuoi ritratti... È vero: c’è gente che nel volto racchiude un mondo. E poi, avvicinarsi vuol dire guardare
paginadiciassette
PORTFOLIO Stefano Molaschi
OPEN SPACE
MUSEUM OF MILAN Milano e Museo, due parole che caratterizzano il lavoro che ci presenta Stefano Molaschi: da un lato c’è la città, da un altro il richiamo a un luogo di culto, dove spesso le opere vengono catalogate e esposte con logica. Con queste premesse, il portfolio che vediamo diventa un’impresa titanica; laddove uno spazio “all’aperto”, come quello metropolitano, viene continuamente incorniciato da logiche compositive ed estetiche. Gli scatti sono legati tra loro da una “curazione” museale, così l’occhio di chi guarda può saltare da un’immagine all’altra senza elementi di discontinuità, come su una parete. Lo spazio si chiude, diciamolo; ma solo per permettere di osservare, con coerenza. Il resto è una lezione di gusto, per noi e i nostri occhi: troppo distratti, il più delle volte, di fronte ai musei delle nostre città.
pagina ventiquattro
Š foto di Stefano Molaschi
paginaventicinque
PORTFOLIO Andrea Delbò
pagina trenta
Il lavoro di fotografo rappresenta un privilegio, che spesso deve rispettare al meglio le richieste del committente. Col passare degli anni, si prova sempre più piacere quando si ha la possibilità di scattare in totale libertà. Nel suo viaggio in India Andrea Delbò ha vissuto questa situazione: desiderare di inquadrare e mettere a fuoco quanto catturava la sua attenzione, toccando le corde più sensibili dell’anima. Prima di partire, avrebbe voluto sviluppare un tema preciso. In realtà, una volta giunto sul posto ha sentito l’esigenza di scendere in strada e riprendere la meraviglia della vita: persone, luoghi, colori, scene di vita quotidiana; cose che ha avuto la fortuna di incontrare durante il proprio cammino. Il lavoro si è auto composto pian piano, man mano che le emozioni si susseguivano solo guardando in macchina. Libertà e fotografia spesso vivono assieme; e il lavoro di Andrea ne è una prova. © foto di Andrea Delbò
paginatrentuno
PORTFOLIO Enrico De Marinis
ZEFRAM E IL REALISMO ONIRICO Zefram (nome d’arte di Enrico De Marinis) ritiene che la fotografia si presti alla rappresentazione simbolica di stati onirici, emotivi e irreali, soprattutto perché trasporta l’irreale verso un più profondo e concreto livello di percezione, dando corpo tangibile e concreto al surreale e all’onirico: rendendo l’impossibile “vero”. Per realizzare ciò, l’autore opera nel modo più “reale” possibile: tipicamente pianificando l’immagine a tavolino, preparando bozzetti e scegliendo le “location” più adatte, acquistando poi i materiali necessari (specchi, palloni, bombole di elio, veli, etc.) ed organizzando la logistica (reclutare “aiutanti”, il trasporto, etc.), realizzando dei veri e propri set-up cinematografici. La post produzione passa in secondi piano. In questa ottica, le immagini di Zefram non ritraggono la realtà in modo più o meno creativo, ma, attraverso la creazione di sculture effimere, la modificano, la plasmano e quindi costruiscono ad-hoc una realtà fittizia, onirica e simbolica che è sempre una rappresentazione cifrata di inquietudini, tensioni interne, paure, velleità, ossessioni o rimpianti.
pagina trentasei
Š foto di Enrico De Marinis
paginatrentasette
pagina quarantadue
PORTFOLIO Daniele Fabiani
EVASIONI
“Evasioni”: questo è il lavoro che ci propone Daniele Fabiani. Il termine parla di una fuga da uno stato esistenziale che ci imprigiona un po’ tutti; e per definirlo, si può chiamare in causa la vita stessa, la sua ripetitività, persino quell’ingiustizia generica che siamo convinti di dover sopportare. In realtà, dalle immagini che vediamo, non traspare solo il gesto estremo o l’iniziativa da tentare; Daniele ci propone un’alternativa, forse una vita parallela sulla quale salire al momento giusto, quando se ne ha bisogno. L’evasione diventa quindi una scelta quasi consapevole, non dettata dall’isteria di un momento. Lo si evince dalle atmosfere, dalle scelte cromatiche, persino da quell’aura concettuale che traspare in ogni scatto. Non ci sono traumi, nelle fotografie di Daniele, e nemmeno conseguenze negative. L’opportunità è lì, percorribile: facente parte di una vita allargata, che spesso non sappiamo di possedere. © foto di Daniele Fabiani
paginaquarantatre
PORTFOLIO Lamberto Gerini
METAMORFOSI IN UNA CITTÀ REALE, STRANE ENTITÀ METAFISICHE SI MUOVONO E PRENDONO FORMA. SONO FIGURE ONIRICHE, A VOLTE USCITE DA UN INCUBO FANTASCIENTIFICO, PIÙ SPESSO CON LE SEMBIANZE DI DEE RASSICURANTI. SONO PERSONAGGI, CHE ESCONO DAL LORO BOX RASSICURANTE, COME ANIMATE DA UNA SCINTILLA VITALE, DA UN IMPULSO DI CONOSCENZA. SEMBRANO PERSINO SPOSTARSI NATURALMENTE, NELLA LORO INNATURALEZZA. AVANZANO, S’INTEGRANO, SI CONTESTUALIZZANO NELL’AMBIENTE CIRCOSTANTE, SINO A DIVENTARE LORO STESSI PIÙ REALI DELL’HABITAT URBANO IN CUI SI MUOVONO. ALLA FINE LA METAMORFOSI SI COMPIE, IL MANICHINO SI UMANIZZA E LA CITTÀ DIVENTA SCATOLA D’INGANNO E DI FINZIONE.
pagina quarantotto
Š foto di Lamberto Gerini
paginaquarantanove
PORTFOLIO Antonio Danieli
I COLORI DEL BUIO pagina cinquantaquattro
Š foto di Antonio Danieli
paginacinquantacinque
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