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e 12,00
Maggio Giugno 2017
anno VI n.03
FOTO
IMAGING
VIDEO
FINE ART
STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA
ESTRATTO
IMAGE MAG MAGGIO n GIUGNO 2017
Maurizio
Galimberti
La stampa madre Il termine “madre” viene usato spesso per indicare qualcosa di primordiale, all’inizio del tutto. È così per il lievito, o l’aceto. Oggi addirittura è comparsa una bomba con dei figlioletti, e speriamo non vogliano andare per il mondo a crescere moltiplicandosi. Riferimenti biblici a parte, da appassionati di fotografia quali siamo, stavamo pensando ai vari archivi d’immagini che si stanno sviluppando in giro per il mondo. Quale sarà il loro destino? E poi: come validare una stampa autoriale quando fa riferimento a un file “liquido”? Comprare un’opera di un neorealista, ad esempio, significa fidarsi del fatto che da qualche parte esiste un negativo immodificabile. Come il RAW? Certo, ma quest’ultimo non è ancora
opera finita e il suo destino, cambiando estensione, può prendere varie direzioni. Si dice che Salgado abbia reso “analogici” (su negativo) molti dei suoi file. È la strada giusta? Forse, comunque una di quelle disponibili. Stavamo pensando che si potrebbe creare una “stampa madre”, da conservare in archivio. Questa racchiuderebbe tutte le caratteristiche volute dall’autore: volumi del soggetto, cromatismi, densità, e via dicendo; costituendo poi un timbro per validare (o autenticare) eventuali copie ritrovate. Fantasia? Chissà. Di certo il tema è aperto, e merita una riflessione.
COVER STORY
EDITORIALE
Mosè Franchi
1. LA STAMPA MADRE
Spunti di riflessione sugli archivi del futuro.
CAFÉ FOTOGRAFICO 14. PERSONE, FATTI, CURIOSITÀ Notizie da non perdere.
HI-END
62. SONY ALPHA 9
Maurizio Galimberti 4. LO SCATTO E L’ARTISTA
L’ALTRA COVER STORY
PER IL PRIMATO Sony Alpha 9, il nuovo riferimento tra le mirrorless full frame.
65. SONY G MASTER
LE OTTICHE Qualità da vedere e maneggiare. Lenti di grande classe.
COMUNITÀ FOTOGRAFICA
16. DI LINEE & LUCI
Progetto grafico Visiva S.r.l. - www.visiva-adv.it
www.imagemag.it Direttore responsabile Mosè Franchi Comitato editoriale Mosè Franchi, Roberto Mazzonzelli, Francesco Cito, Stefano Messina, Massimo Reggia, Lido Andreella
Realizzazione grafica Gino Durso Davide Lanzino, Ilaria Nigro Stampa Cortona Moduli Cherubini S.r.l. Image Mag è una pubblicazione Consorzio Gruppo Immagine
70. DA VEDERE & PER PARTECIPARE
Mostre, eventi, manifestazioni, fiere, workshop e seminari.
UNO DI NOI
72. DI FOTOGRAFIA E D’AMICIZIA Il cantante bolognese Lucio Dalla ha stretto una tenace amicizia con il fotografo Luigi Ghirri. Per una volta, “Uno di noi” può diventare “Due come noi”.
PORTFOLIO
24. ANDREA DUBBINI
MAMUTHONES DI MAMOIADA
30. GIANCARLO BALLO OMBRELLI
66. ALLA RICERCA DELL’IO NARRANTE
36. RUDI TOSELLI
68. CONTRASTO
42. BENEDETTO CIPRIANO
Formazione: secondo appuntamento.
Luca Campigotto
EVENTI&MOSTRE
IL PAESAGGIO CHE RIVIVE
PROGETTI PER LA FOTOGRAFIA Una realtà unica nel mondo dell’immagine.
#MINIMALITALY
QUESTIONE DI LIBRI
ATTIMI DANZANTI
69. LA BIBLIOTECA CHE VORREI
I testi che non dovrebbero mai mancare nei nostri scaffali.
Redazione Consorzio Gruppo Immagine Viale Andrea Doria, 35 - 20124 Milano Tel. 02/23167863 - e-mail: info@imagemag.it Distributore esclusivo per l’Italia Consorzio Gruppo Immagine Periodicità Bimestrale Prezzo copia 12,00 euro. Arretrati 20,00 euro.
48. MONICA MONTEFUSCO 54. LAURA PRATTA E FANCESCA SALICE SGUARDI SU MILANO
Abbonamento a 6 numeri: ritiro in negozio Photop 42,00 euro / spedizione postale 62,00 euro Image Mag è una testata registrata presso il Tribunale di Milano con autorizzazione n. 237 del 1 Giugno 2012 È proibita la riproduzione di tutto o parte del contenuto senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore è a disposizione per regolare i diritti delle immagini i cui titolari non siano stati reperiti.
pagina uno
Image Mag è la prestigiosa rivista bimestrale interamente dedicata alla fotografia e ai suoi interpreti. È l’espressione del desiderio di parlare ad appassionati di fotografia usando la lingua degli appassionati di fotografia. Una rivista che presenta immagini stupefacenti realizzate da celebri professionisti e lavori di appassionati che compongono gli epici portfolio, cuore e anima di questo straordinario magazine.
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LO SCATTO E L’ARTISTA
GALIMBERTI pagina quattro
Š La Vucciria di Palermo, 1992, Mosaic Polaroid Image - foto di Maurizio Galimberti
paginacinque
COVER STORY I GRANDI PROTAGONISTI DEL PALCOSCENICO FOTOGRAFICO
I
ncontriamo Maurizio Galimberti in casa sua, a Milano. Ci accoglie con ospitalità. Un lungo corridoio ci conduce in una sala piena di libri. Alle pareti fanno mostra di sé alcuni suoi mosaici. Una tenda bianca si gonfia di sole e di vento. Usciamo in terrazzo, prendiamo un caffè. Siamo imbarazzati nel parlare con lui, soprattutto perché non sappiamo da dove iniziare. Lui è il fotografo e l’artista, ma anche il pensatore che plasma le immagini con le mani, lo sperimentatore che compone e ricompone, l’interprete che fa suo il proprio tempo, allungandolo se serve. È perfino studente, quando vuole; perché è nell’applicazione che vive il suo pensiero fotografico. Tante cose, troppe: difficile trovare un pertugio. Siamo abituati a parlare con fotografi che diventano come noi quando poggiano la fotocamera sul tavolo. Lo strumento, nel loro caso, diventa elemento di coesione con il linguaggio fotografico, ma solo quando serve. Subito dopo, proprio scatola e obiettivo possono fungere da separatori: l’uomo da un lato e l’immagine da un altro. Forse stiamo esagerando, certo è che Maurizio è interprete e strumento. La fotografia vive in lui permeandosi delle sue stesse sensazioni, degli stati d’animo che lo accompagnano. Manipolazioni e mosaici rappresentano quasi un’esigenza fisica e mentale, per dare sfogo all’arte, assorbita nel pensiero fino a diventare idea. A questo punto sarebbe facile scoprire come Cubismo, Dadaismo e Futurismo abbiano lasciato tracce importanti nell’ispirazione di Galimberti, assieme ovviamente al surrealismo e all’arte concettuale di Marcel Duchamp. È lui stesso a dircelo, e soffermandoci sulle definizioni rischieremmo di rendere più impermeabile l’anima del fotografo – artista. Lui è interprete e strumento, dicevamo; così, forse (non ce ne voglia Maurizio), la sua personalità si divide proprio durante il Click. Tutto è già avvenuto, prima; e molto deve ancora accadere. “Spellicolerà”, per guardare, solo quando vorrà, dopo un tempo necessario. Le verifiche non occorrono, perché i significati sono dentro di lui già prima e subito dopo quel Click: quando l’idea si riposa. Tra lo scatto e l’artista, appunto. Maurizio, quando hai iniziato a fotografare? A sedici anni, per passione. Tra il ’78 e l’80 ho partecipato a numerosi concorsi, vincendo spesso. Ricordo che iscrivevo più fotografie, a nome anche di mia mamma, che poi andava a ritirare il premio. Capii così che ero un fotoamatore. Da lì in poi è iniziata la mia ricerca nell’ambito dell’arte. Non mi piaceva la Camera Oscura, non volevo il buio: forse per questo è entrata la Polaroid nella mia vita, saldamente dall’82, con dei lavori di sperimentazione poi confluiti nel Libro Metamorfosi (Electa).
pagina sei
© London, 2004, Polaroid Image - foto di Maurizio Galimberti
© Casorati House New York, 2006, Polaroid Image - foto di Maurizio Galimberti
FOTO
IMAGING
VIDEO
FINE ART
STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA
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L’ALTRA COVER STORY NUOVE TENDENZE ALLA RIBALTA DELLA FOTOGRAFIA
DI LINEE & LUCI pagina sedici
© foto di Luca Campigotto
Di Linee e Luci: non è poco. Luca Campigotto, studioso di letteratura di viaggio e appassionato di cinema, alimenta di continuo il proprio immaginario volgendo lo sguardo oltre l’orizzonte, costruendo poi una sceneggiatura plausibile. È lì che linee e luci si modellano tra loro, restituendo alla composizione una straordinaria tensione emotiva. I suoi paesaggi assumono una dimensione eroica, invincibile; dove la forza nasce sulle atmosfere, con l’impatto della luce. Siamo convinti che lui stesso rimanga meravigliato da quanto stia creando, perché ciò che cerca è proprio lo stupore, la confusione, il germe dell’immaginario privato e collettivo. Sia che si tratti di ambienti urbani o di natura selvaggia, il senso delle fotografie di Luca vive della scoperta: quasi che quel luogo sia appena stato raggiunto o si debba abbandonarlo a breve. Il resto è trama, divenire, idea che si muove; il tutto delegato a chi guarda. L’assenza di persone nelle sue opere rappresenta, a proposito, una sorta di privilegio. La sceneggiatura delle meraviglie è pronta, e l’elemento umano ne restituirebbe una direzione non voluta. Luca vuole suggerire, come fa a se stesso quando cerca altrove, fin dal desiderio di partire. Oltre lo sguardo ci sono atmosfere da capire e ricreare, a vantaggio di un impatto emotivo: come un colpo che ferisca a morte. Vive così la fotografia di Luca Campigotto, di Linee e Luci. Non è poco.
paginadiciassette
pagina ventiquattro
PORTFOLIO Andrea Dubbini
MAMUTHONES DI MAMOIADA Siamo a Mamoiada, paese del centro della Barbagia, situato a poca distanza dal massiccio del Gennargentu e dal Supramonte di Orgosolo. Lì il carnevale si fonde con la leggenda e prendono vita i Mamuthones, maschere sarde per eccellenza. I volti, di legno nero, sono sofferenti, spaventosi e spaventati. Un fazzoletto è legato sui capelli degli individui mascherati, che indossano un caratteristico gilet nero e peloso, sul quale sono legati, in particolare sulla schiena, dei campanacci di varie dimensioni che vengono fatti suonare tramite dei piccoli saltelli. Le immagini di Andrea Dubbini ci fanno rivivere tutto questo da vicino, come si addice al reportage maiuscolo. Campi larghi si alternano a visioni di dettagli, in un “andare e venire” che ci piace. È lì che aumenta la curiosità, la voglia di vedere. Compaiono nel lavoro anche i volti di sempre, svestiti della leggenda: quasi un ritorno al consueto. Insomma, le alternanze sono tante e la suggestione raddoppia, perché fatta emergere uno scatto dopo l’altro: tra ciò che si può vedere o solo intuire. La fotografia è anche questo: restituire al guardante la possibilità di costruire una propria storia, plausibile perché preformata e accompagnata dall’autore. Bene così.
© foto di Andrea Dubbini
paginaventicinque
PORTFOLIO Giancarlo Ballo
OMBRELLI pagina trenta
Š foto di Giancarlo Ballo
paginatrentuno
PORTFOLIO Rudi Toselli
Raccontano storie, i paesaggi di Rudi Toselli, pur nella totale assenza dell’uomo. In ogni inquadratura emerge una vita plausibile, ancora percepibile; dove lo stesso degrado è figlio dell’usura e non del tempo che passa. Le aie, i casolari, le stanze, potrebbero animarsi all’improvviso, come in una commedia; perché il palco ci viene offerto in continuazione, per gli attori che conosciamo. Contadini, bambini, donne, vecchi, fanno parte di un immaginario consueto e consolidato nella cultura. Quella civiltà “emiliana” è esistita e riappare nel lavoro di Rudi quasi come una proposta: si può tornare lì, c’è lo spazio, il tempo, il modo. Si ha quasi la sensazione che quei paesaggi racchiudano i valori di una regione. Gli abitanti ne sono usciti, magari con l’abito della festa; ma potrebbero tornare, all’imbrunire o a fine stagione, per attingere nuovamente dai costumi di un’era. C‘è la nebbia, in qualche immagine di Rudi, l’erba gelata; con anche delle ombre d’albero stagliate sui casolari. Non manca mai la terra, infinita, sconfinata, eterna; spesso resa prospettica da un palo, o un cancello nella foschia. La sua forza trabocca, invade, popola, aspetta. Quel contadino potrebbe tornare, al fianco dei bambini; dietro le donne, tante, forti, materne, ad aprire le imposte logore e riaffacciare lenzuola. È il paesaggio di Rudi a dircelo, quello che rivive.
pagina trentasei
IL PAESAGGIO CHE RIVIVE
Š foto di Rudi Toselli
paginatrentasette
PORTFOLIO Benedetto Cipriano
#MINI MAL ITALY Inquadratura, composizione, colore, texture e simmetria sono le voci che identificano il progetto fotografico di Benedetto Cipriano dal nome #minimalitaly. Nato da una commistione delle sue esperienze nel campo architettonico con la passione e professione fotografica, Benedetto ha dato vita a un progetto che prevede una nuova concezione dell’immagine, derivante dal linguaggio proprio dei Social Network, in particolare di Instagram, cercando, in maniera creativa, di carpire elementi e sfaccettature che contraddistinguono il territorio italiano. Attraverso l’utilizzo dello spazio negativo e di tinte quasi surreali, le sue fotografie dallo stile minimalista vogliono raccontare le città italiane e i loro soggetti architettonici, storici, industriali e paesaggistici, attraverso nuove prospettive. Luoghi familiari sembrano ora isolati e decontestualizzati, senza tempo, ancora riconoscibili ma con un significato diverso dalla loro quotidiana accezione. È un’interpretazione personale dell’esistente, messa in risalto da una luce diversa e diretta, che evidenzia e scolpisce le geometrie mettendo in risalto i dettagli. Benedetto aggiunge che #minimalitaly è oggi in continua espansione, per cambiare il modo di vedere e vivere il territorio che ci circonda.
pagina quarantadue
Š foto di Benedetto Cipriano
paginaquarantatre
PORTFOLIO Monica Montefusco
# ATTIMI #
Danzanti ( 66 pagina quarantotto
(
© foto di Monica Montefusco
G
uardando le immagini di Monica Montefusco, abbiamo pensato a tanti titoli, ripiegando poi sulla definizione che lei offre di se stessa: “Sono quella che ruba attimi danzanti”. In realtà è stato proprio il concetto di attimo a farci riflettere: quel “battibaleno” che passa mentre quasi non te ne accorgi. Beh, sì: Monica lo ruba, perché spesso scatta a occhi chiusi, senza vedere, obbedendo all’istinto musicale che dimora in lei; ma poi: cosa sarebbe l’attimo senza la possibilità di raccontarlo? Come fare per allungarlo, trasformandolo in tempo percepibile? Quando anche s’inciampa, prima di cadere tutto appare ovattato, rallentato; ma la “scheggia di secondo” resta la medesima: troppo corta per essere narrata. A questo punto Monica compie una scelta importante, a mo’ di ossimoro potremmo dire: lega attraverso dei dittici l’istante danzato con la fissità dei fiori. Movimento e staticità si fondono, lasciando trapelare la vera sostanza delle cose: quella grazia che è lì, vicina, pronta per essere colta. Insomma, ci è piaciuta l’idea. L’istinto, da solo, non avrebbe avuto la possibilità di essere descrittivo. Meglio chiedere aiuto altrove, e Monica l’ha fatto senza fatica. I fiori andavano benissimo: brava.
( paginaquarantanove
PORTFOLIO Laura Pratta e Francesca Salice
SGUARDI SU
MILANO “Milano tre milioni, il respiro di un polmone solo”. “Milano che come a un uccello gli spari, lo manchi, riprende il volo”. “Milano piovuta dal cielo, tra la vita e la morte continua il tuo mistero”.
La strofa qui sopra è tratta da una canzone di Lucio Dalla. Parla di un enigma, quasi che Milano proponga un volto metropolitano che muta nel tempo, qualcosa che non si possa afferrare. In effetti, spesso ti schiaccia sotto un panno livido e umido, altre volte ti risveglia allegra al comparire del primo sole. Non è mai la stessa. Milano è tanto di tutto, e molto di più. Città del mondo pronta all’Europa, ammalia, illude, spaventa, stimola, cambia e non si ferma. Nel tempo si è concessa ogni cosa, tranne il rimpianto di non aver fatto quanto occorreva. Laura e Francesca hanno ragione: “Milano significa industria”. “È città del lusso, passerella per la moda”. “Custodisce opere d’arte tradizione”. C’è però la gente comune, travolta spesso dalla frenesia; sempre in movimento per evitare la solitudine, quella di un treno che parta senza di te. E i sentimenti? Si esaltano, a Milano: tra inizio e fine; ma tutto è nascosto, immerso nei pensieri, travolto da quel metrò preso di corsa, col cuore in gola. Laura e Francesca sono riuscite a cogliere una realtà cittadina più “lenta”, quasi invisibile ai più. Camminando per la metropoli, si sono prese il lusso (e il merito) di osservare, facendo emergere
pagina cinquantaquattro
realtà spesso bizzarre, abitudini e usanze consolidate e rinnovabili. Dalle immagini forse traspare anche un “pensiero” milanese: quello di un sogno plausibile, di un’opportunità persa eppure ancora da aspettare, di una vita che potrebbe spezzarsi per risorgere in una forma nuova.
“Milano lontana dal cielo, tra la vita e la morte continua il tuo mistero” (L. Dalla).
A Laura e Francesca il merito di averne offerto una chiave di lettura. Le immagini di questo portfolio sono tratte dalla mostra “Sguardi su Milano”, proposta nel 2015 in Piazza San Fedele a Milano, presso i locali della BNL. La stessa, in chiave rivisitata, verrà riproposta in Galleria Vittorio Emanuele a Milano (presso i locali di Urban Center), con inaugurazione il 21 giugno 2017.
Š foto di Francesca Salice
paginacinquantacinque
COMUNITÀ FOTOGRAFICA L’IMMAGINE DIVENTA PROGETTO
ALLA RICERCA DELL’IO NARRANTE Premessa Non è la pima volta che ci occupiamo di formazione. Lo abbiamo fatto nel primo numero di quest’anno, in un articolo dal titolo “AAA, autore cercasi”. Lì si precisava come la missione del network PHOTOP, e dei suoi programmi formativi, fosse quella di aiutare gli appassionati fotografi a far emergere la propria autorialità. In un periodo storico come l’attuale, dove la quantità d’immagini prodotte supera la stessa capacità di lettura, diventa difficile imporre visioni e stili, se non addirittura progetti strutturati. A ciò si aggiunge la necessità di una formazione di base consistente, questo per via degli strumenti sofisticati a disposizione di tutti, senza balzelli all’ingresso. Proprio a inizio anno dicevamo come le scelte, un tempo, fossero condizionate dal tipo di approccio alla fotografia, dal tutore occasionale. Oggi lo scenario è differente: chi si avvicina all’immagine può fare molto, al di là di chi lo abbia influenzato (se esiste) alla disciplina dello scatto. Il linguaggio non risulta più una scoperta occasionale, in relazione a un percorso intrapreso, bensì una scelta personale consapevole, da maturare in base alla propria sensibilità. Tecnica e non solo Non occorre quindi affrontare solo un tema tecnico (o tecnologico, potremmo dire). In parallelo, e con il medesimo impegno, bisogna strutturare la propria sensibilità a raccontare quanto si vede, interpretando. Molto spesso, quando abbiamo cercato di dare una definizione alla fotografia, siamo ricorsi a quanto affermò E. Steichen in occasione del suo novantunesimo compleanno: “Missione della fotografia è raccontare l’uomo all’uomo e ogni uomo a se stesso”. C’è quindi, nello scatto fotografico, nel suo senso, una forte componente individuale. Occorre comprendere quale debba essere il ruolo personale, che ovviamente esuli dalla soddisfazione o dai riscontri della passione. Pensandoci bene, di fronte a un soggetto, si può fungere da semplici portavoce oppure vestire i panni di chi racconta, a fondo, delegando a una parte dell’io la funzione narrativa. L’io narrante Cosa non ci piace dei selfie? Certamente
paginasessantasei
© foto di Gianni Berengo Gardin
non demonizziamo l’abitudine, e nemmeno il comportamento: tutto bene da questo punto di vista. Il risultato, però? Troppo palese. Il senso è quello di un documento che testimonia, notificando, magari con gioia: nulla più. Chi scatta “parla” in prima persona, senza aver raccontato nulla, nemmeno e soprattutto a se stesso. Fotografare è un po’ come scrivere. In quell’ambito, un consiglio offerto di sovente agli autori è quello di non parlare in prima persona. Perché? Per non cadere nell’ovvio, nella semplicità della descrizione. In letteratura (ma anche in fotografia!) l’io narrante è un aiuto, quasi un artificio, sicuramente il modo migliore per raccontare episodi, sentimenti, emozioni. Permette al brano scritto (o all’immagine) di non esaurirsi in una semplice spiegazione fugace, ma di assumere i colori del contesto, della cornice, degli ingredienti necessari a far sì che la storia permetta al lettore (o al guardante) di immaginare una realtà tutta da interpretare. Dove abita l’altro io L’altro io, quello narrante appunto, abita in noi, ma è un luogo di confine: prima del soggetto e poi del guardante. Viene a configurarsi come un punto di vista esterno (o estremo) dove vive il nostro pensiero fotografico. Lì, e in anticipo, possiamo giocare con la scena, far muovere oggetti e personaggi nel modo che ci è più gradito, pianificando dettagli e inquadrature.
La narrazione acquisterà vigore, vivacità: a ogni singolo scatto. L’io narrante, soprattutto in fotografia, offre un altro vantaggio: quello di entrare delicatamente nei fatti, in quanto accade, su ciò che vogliamo interpretare. Non si correrà così il rischio di divenire troppo espliciti, togliendo a chi guarda la genesi di una propria idea su quanto vede. I rischi da evitare Se fotografiamo in prima persona, sia che si tratti di un piccolo evento quotidiano o di momenti più importanti, il rischio è quello di costruire un diario, uno sfogo, un urlo nel nulla. Occorre trovare un equilibrio tra se stessi, la realtà e i guardanti; il tutto affrontando ogni scenario possibile. Quell’io che abbiamo coltivato ci permetterà di ottenere un lavoro che galleggia nell’idea: facendo porre domande, generando continua curiosità. Non solo corsi Il network PHOTOP non propone solo corsi formativi, ma autentici percorsi culturali; momenti che vadano di pari passo con la crescita tecnica. Permettono di costruire progetti, mostre, portfoli, attraverso una verifica continua, anche delegata a professionisti dell’immagine. Fotografare non rappresenta un gesto compulsivo, ma l’atto terminale di una maturazione personale. La nostra passione offre ampi spazi in tal senso.
COMUNITÀ FOTOGRAFICA L’IMMAGINE DIVENTA PROGETTO
CONTRASTO
“Progetti per la fotografia” Premessa È la quinta volta che ci occupiamo della comunità fotografica allargata, intervistando quegli addetti ai lavori che vivono con la fotografia, non essendone però gli autori. Abbiamo già conosciuto un’agenzia, una struttura museale, uno stampatore, finendo con la Fashion Model Management. Continuiamo il nostro viaggio incontrando “Contrasto”, una realtà unica nel mondo dell’immagine. L’ Amministratore, Roberto Koch, da subito ci parla di un ruolo a tutto tondo: “La definizione agenzia fotografica calza sempre meno con la nostra realtà”. Ha poi aggiunto: “Contrasto cerca di affermarsi in un mercato che è cambiato moltissimo”. “Rappresentiamo fotografi esclusivi e internazionali, pubblichiamo libri, forniamo servizi per le aziende e ci rivolgiamo al mercato autoriale proponendo opere fotografiche”. Contrasto è presente nel mondo dell’immagine dal 1986. La sua ampia offerta è garantita anche dalle diverse strutture che rappresenta, tra le quali spicca, per prestigio e importanza, la Magnum Photos, la celebre agenzia fondata da Robert Capa e Henri Cartier-Bresson. Il Cambiamento Si parla spesso di cambiamento quando si affrontano temi fotografici. A Roberto Koch abbiamo chiesto cosa sia venuto a modificarsi, particolarmente per quanto attiene alla struttura che dirige. “Negli ultimi dieci anni si è assistito a una rivoluzione”, ha risposto. “Oggi la popolarità della fotografia è enorme, anche per via della diffusione degli strumenti (i telefonini, ad esempio), ma i fotografi sono meno in vista”. “Noi di Contrasto cerchiamo uno spazio maggiore per la visibilità degli autori, ci piacerebbe fossero maggiormente conosciuti”.
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La curiosità ci spinge a chiedere della popolarità dei grandi, di come la loro fama sia riuscita ad arrivare sino a oggi, consolidandosi peraltro. “È una questione di mercato”, ci viene risposto. “Berengo Gardin e Ferdinando Scianna lavoravano per i giornali, per il mercato editoriale”. “Quest’ultimo si è ridotto enormemente e i fotografi devono indirizzarsi altrove, dedicandosi a un’immagine artistica”. “Luca Campigotto e Mimmo Jodice ne sono un esempio: fanno ricognizione su un tema, approfondendolo”. Mostre & Libri Il dialogo con Roberto Koch continua. È indiscutibile come attorno alla fotografia viva un grande fermento. Le mostre, ad esempio, godono spesso di grandi riscontri. Ne abbiamo chiesto conferma al nostro interlocutore. “È vero”, è stata la risposta. “Anche l’esposizione dedicata a Vivian Maier si è rivelata un successo, in tutte le sedi presso le quali si è tenuta”. “Rappresentava un’occasione per conoscere la vita e l’opera della fotografa bambinaia”. “Si trattava comunque di un personaggio conosciuto e balzato alla ribalta per via dell’alone di mistero che la circondava”. “Questo per dire che la gente tende a privilegiare ciò che conosce, e quindi gli autori più noti”. “Per i libri, che pure vivono di un momento magico, vale la stessa regola”. La quantità pare essere la causa di tutto. Oggi si scattano numerose fotografie, il che fa sì che la genesi dell’icona diventi un fenomeno più raro, anche se non impossibile. Queste le opinioni del titolare di Contrasto. Il mercato Corporate “Contrasto ha sempre seguito il mercato Corporate”, ci dice Roberto, che ha aggiunto: “Non è semplice trovare delle aziende interessate a utilizzare dei fotografi per la loro comunicazione”. “Loro hanno
delle necessità precise”. “Continuano però a esserci dei casi, come Erwitt o Salgado, ad esempio”. “Quest’ultimo ha dedicato a Illy un progetto durato dodici anni”. “Quando il messaggio che si vuole divulgare coincide con il linguaggio del fotografo, il risultato che si ottiene è di grande forza”. Il futuro e i consigli “Il futuro sarà per lo più autoriale”, questo è quanto ha affermato Roberto Koch. L’attenzione del pubblico, e degli addetti ai lavori, sarà rivolta principalmente verso progetti approfonditi e di grande rilievo. I consigli che ci ha fornito, quelli rivolti alle nuove generazioni, sono stati una conseguenza delle considerazioni precedenti: “Il fotografo dovrà verificare con se stesso se il mestiere coincide con i suoi desideri; questo perché dovrà affrontare uno scenario molto competitivo”. “I fotografi che raggiungeranno il successo”, ha aggiunto, “Saranno coloro che si distingueranno per il modo di pensare”. Roberto Koch fotografo Roberto Koch ha lavorato quindici anni come fotografo. Ricordiamo due pubblicazioni che ci hanno colpito: la prima dedicata al Giro d’Italia; la seconda intitolata “In Treno”, portata a termine con Ferdinando Scianna e Gianni Berengo Gardin. Gli obblighi della Contrasto l’hanno costretto ad abbandonare la propria fotografia. “Per fotografare occorre essere liberi mentalmente, liberi all’ascolto”, ci ha detto. Di certo gli è rimasta una grande passione, che sicuramente alimenta la parte imprenditoriale del suo lavoro. La fotografia in Contrasto gode di una posizione di rilievo, che va al di là degli interessi a breve. Venticinque anni di storia ne sono la conferma.
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