Catalogo Una via crucis per Tornareccio

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ASSOCIAZIONE A.M.A. UNA VIA CRUCIS PER TORNARECCIO - 2011

UNA VIA CRUCIS PER TORNARECCIO

Sede espositiva: Sala San Vito Via Pallano - 66046 Tornareccio (CH)

Associazione A.M.A. Via Porta Nuova, 1 - 66046 Tornareccio (CH) Tel. 347.3747900 info@unmosaicopertornareccio.it www.unmosaicopertornareccio.it

In copertina:

ALIGI SASSU EDIZIONI

A.M.A.

V Stazione. Il Cireneo (part.), 1968 litografia, cm 63x87


ASSOCIAZIONE A.M.A. UNA VIA CRUCIS PER TORNARECCIO - 2011

UNA VIA CRUCIS PER TORNARECCIO

Sede espositiva: Sala San Vito Via Pallano - 66046 Tornareccio (CH)

Associazione A.M.A. Via Porta Nuova, 1 - 66046 Tornareccio (CH) Tel. 347.3747900 info@unmosaicopertornareccio.it www.unmosaicopertornareccio.it

In copertina:

ALIGI SASSU EDIZIONI

A.M.A.

V Stazione. Il Cireneo (part.), 1968 litografia, cm 63x87




UNA VIA CRUCIS PER TORNARECCIO La città delle api e dei mosaici 30 luglio – 25 settembre 2011

Testi di Bruno Forte Giovanni Gazzaneo Davide Spinelli Schede critiche di Alessandro Beltrami

EDIZIONI

A.M.A.


UNA VIA CRUCIS PER TORNARECCIO La città delle api e dei mosaici Manifestazione annuale ideata da Alfredo Paglione a cura di Giovanni Gazzaneo e Alfredo Paglione Tornareccio, Sala Polifunzionale e Sala San Vito 30 luglio – 25 settembre 2011 Ente promotore:

Con il patrocinio e il contributo di: Regione Abruzzo

Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara

REGIONE ABRUZZO

Provincia di Chieti Comune di Tornareccio Sindaco: Nicola Pallante

Fondazione Carichieti Crocevia-Fondazione Alfredo e Teresita Paglione

Coordinamento editoriale: Elsa Betti Foto: Max Mandel, Piergiorgio Greco (pag. 2), Marco Santi (pag. 5) Grafica e Stampa: GEO s.r.l. Poligrafia, Fossacesia Ufficio Stampa: Piergiorgio Greco Mosaici realizzati da: Gruppo Mosaicisti Ravenna di Marco Santi Si ringraziano Gli artisti che, accogliendo con entusiasmo l’invito a partecipare, hanno contribuito alla buona riuscita della manifestazione Don Davide Spinelli, parroco di Tornareccio per la sua disponibilità e collaborazione I Padri Oblati di Maria Immacolata di Sant’Andrea di Pescara per il prestito delle 14 stazioni della Via Crucis di Sassu. La Comunità Neocatecumenale di Tornareccio per la concessione della loro Sala San Vito Copyright © Ass.ne A.M.A. Amici Mosaico Artistico, 2011

Nella pagina a fronte:

MAURIZIO BOTTONI Giovanni Paolo II: “L’adorazione della croce”, 2011 (a ricordo della sua Beatificazione, Roma 1° maggio 2011) acrilico su carta, cm 70x50

La Via Crucis per Tornareccio è dedicata al grande Papa del nostro tempo affinché con il suo esempio e la sua immagine devota e sofferente esorti i fedeli a seguire la via della Croce.




La speranza della Croce di Bruno Forte Arcivescovo di Chieti-Vasto

I

n quanto memoria dell’amore di Cristo che si consegna alla morte per noi, l’esercizio della Via Crucis fa risuonare in modo semplice e profondo la buona novella del valore infinito di ogni dolore offerto con amore. Nell’ora della sofferenza e della prova esso ci dice che non siamo soli: un Altro ci precede e dà significato alla nostra solitudine e al nostro dolore. Quest’Altro è Gesù, il Cristo, il Crocifisso Risorto dai morti: è Lui il Vivente che continua ad accompagnarci, amandoci fino alla fine, anche quando le nostre vie ci appaiono segnate dal peso della solitudine, dell’abbandono e della prova che sembra schiacciarci. Non è però solo il dolore individuale che viene raggiunto e redento dalla Sua Croce: la memoria della passione del Signore tocca anche il dolore collettivo, il dolore del tempo. L’assenza di senso e di speranza, che sembra tante volte rendere oscuro l’orizzonte del nostro vivere in questa inquieta stagione post-moderna, la violenza e l’ingiustizia che riempiono ogni giorno la grande storia del mondo e la piccola storia di ognuno di noi, trovano nella passione del Figlio di Dio uno spiraglio di luce, una sorgente di forza e di vita nuova. La via della Croce sfocia nella buona novella che il Crocefisso, carico di tutte le sofferenze umane, è risorto alla vita. Il grido dell’Abbandonato non è rimasto inascoltato. Il Padre lo ha resuscitato dai morti nella potenza dello Spirito vivificante. A questa nostra epoca malata di mancanza di speranza, Gesù vincitore della morte si offre come la grande speranza, quella che non delude, la sola che schiude il cammino futuro all’insegna di una fiducia più grande di ogni delusione e sconfitta. Proprio per questo suo permanente valore la Via Crucis ha ispirato le forme più diverse della creatività umana: opere di arte, di poesia, di pensiero e di preghiera hanno voluto narrarla. Non stupisce perciò che un notevole Artista del nostro tempo, come Aligi Sassu, abbia sentito il bisogno di rappresentarla. Partendo dalla crisi di cui l’arte si è fatta più volte espressione, egli ha cercato nella storia del Figlio dell’Uomo la via verso il senso, le ragioni di una speranza ancora possibile. Quest’opera è perciò come il compendio di un’appassionata ricerca, che accomuna l’Autore a tanti nostri contemporanei. È la ricerca di ragioni di vita e di speranza, più forti di ogni abbandono. È il messaggio di una nostalgia del Totalmente Altro che si affaccia nel linguaggio 7


evocativo dell’arte, senza forzature e senza ostentazione. Proprio così, però, l’arte è una singolare via all’incontro con Dio, una porta verso l’invisibile. E proprio per questo la bellissima iniziativa di Alfredo Paglione di convocare diversi artisti a rappresentare la via della Croce per i “mosaici di Tornareccio” è una sfida e un appello per loro e per tutti ad aprirsi al Mistero. Lo ricordava Giovanni Paolo II nella Lettera agli artisti scritta in occasione del Giubileo del 2000: “Facendosi uomo, il Figlio di Dio ha introdotto nella storia dell’umanità tutta la ricchezza evangelica della verità e del bene, e con essa ha svelato anche una nuova dimensione della bellezza: il messaggio evangelico ne è colmo fino all’orlo” (n. 5). È la bellezza cui fa riferimento San Francesco nelle Lodi del Dio altissimo quando invoca l’Eterno dicendo: “Tu sei bellezza!”. È quanto ha ribadito Benedetto XVI inaugurando in Vaticano la mostra delle opere che sessanta artisti di tutto il mondo hanno voluto esporre in occasione del Suo sessantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale. “È proprio dalla perfetta armonia di verità e carità – afferma il Papa teologo –, che emana l’autentica bellezza, capace di suscitare ammirazione, meraviglia e gioia vera nel cuore degli uomini. Il mondo in cui viviamo ha bisogno che la verità risplenda e non sia offuscata dalla menzogna o dalla banalità; ha bisogno che la carità infiammi e non sia sopraffatta dall’orgoglio e dall’egoismo. Abbiamo bisogno che la bellezza della verità e della carità colpisca l’intimo del nostro cuore e lo renda più umano” (Discorso del 4 Luglio 2011). Possa questo catalogo – testimonianza di approcci molteplici alla bellezza dell’agape crocifissa, evocata nella via della Croce – accendere in tanti una rinnovata nostalgia della bellezza “che salverà il mondo” (Dostoevskji), la sola che non deluderà mai: la bellezza di Dio e dell’amore che ha spinto il Figlio eterno a consegnarsi all’abbandono della Croce e a risorgere alla vita per far partecipi quanti a Lui si apriranno nella fede della vittoria sul male e sulla morte e dell’eternità divina.

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Quindici artisti sui passi di Cristo di Giovanni Gazzaneo

Q

uindici artisti per una Via Crucis. Lontani tra loro per poetica, storie, estetica eppure tutti affascinati dal mistero del Dio che si fa uomo fino al Calvario della sofferenza e della morte. Quindici artisti hanno guardato all’iconografia tradizionale e insieme hanno saputo esprimere con un linguaggio a noi contemporaneo gli ultimi momenti della vita di Gesù. Ci hanno raccontato nel segno e nel colore il suo cammino verso la morte, un lento incedere fatto di dolore lacerante che non gli impedisce di incontrare l’umanità che lo circonda: i soldati che l’hanno flagellato e gli hanno posto sul capo la corona di spine; gli scribi e i farisei che hanno voluto la sua condanna; il popolo che lo deride e invoca il sacrificio dell’innocente; il Cireneo che lo abbraccia e condivide il suo cammino; le donne che lo piangono; la Madre che silenziosa l’accompagna e custodisce nel suo cuore il mistero del figlio di Dio. Quindici artisti ci hanno raccontato quel che avviene nella salita verso il Golgota: Cristo incontra il mondo e con il suo amore dona tutto se stesso e nel perdono sconfigge la violenza; il mondo incontra Cristo, ma ignora il dono di Dio, quella possibilità di vita nuova che nasce dalla croce, quell’essere riscattati dal peccato di Adamo che ci ha precluso il cielo perché il primo uomo si è creduto signore del Creato e della Vita, del bene e del male. La verità del cristianesimo è anche la verità espressa dalla sua arte, che nel Novecento si è declinata soprattutto nel segno della Croce: una croce che ha abbracciato il genocidio armeno, due guerre mondiali, gli stermini nei lager nazisti e comunisti… Un secolo in cui l’arte cristiana, a differenza dei precedenti, non ha saputo abbracciare il paradosso del Cristo che è insieme il «più bello fra i figli dell’uomo» e l’Ecce homo senza «bellezza né apparenza». «Chi crede in Dio – diceva nel 2002 l’allora cardinal Joseph Ratzinger –, nel Dio che si è manifestato proprio nelle sembianze alterate di Cristo crocefisso come amore “sino alla fine” sa che la bellezza è verità e che la verità è bellezza, ma nel Cristo sofferente egli inoltre apprende che la bellezza della verità comprende offesa e dolore e, sì, anche l’oscuro mistero della morte, e che essa può essere trovata solo nell’accettazione del dolore e non nell’ignorarlo». Sono questi i due volti della bellezza cristiana: il volto della gloria e il volto del dolore. Se così non fosse la bellezza si ridurrebbe all’evanescente falsità di un abbagliante spot o perderebbe se 9


stessa riducendosi al grido senza speranza di dolore e d’orrore di tanta arte contemporanea. «Nella passione di Cristo l’estetica greca – continuava l’allora cardinal Ratzinger –, così degna di ammirazione per il suo presentito contatto con il divino, che pure le resta indicibile, non viene rimossa ma superata. L’esperienza del bello ha ricevuto una nuova profondità, un nuovo realismo. Colui che è la Bellezza stessa si è lasciato colpire in volto, sputare addosso, incoronare di spine – la Sacra Sindone… Ma proprio in questo Volto così sfigurato appare l’autentica, estrema bellezza: la bellezza dell’amore che arriva “sino alla fine” e che si rivela più forte della menzogna e della violenza. Chi ha percepito questa bellezza sa che proprio la verità, e non la menzogna, è l’ultima istanza del mondo… L’icona di Cristo crocifisso ci libera da questo inganno oggi dilagante.Tuttavia essa pone come condizione che noi ci lasciamo ferire insieme a Lui e crediamo all’Amore, che può rischiare di deporre la bellezza esteriore per annunciare, proprio in questo modo, la verità della bellezza».

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Un dono per Tornareccio di Davide Spinelli Parroco di Tornareccio

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a Via Crucis, espressione di devozione antichissima, è un pio esercizio, con il quale i cristiani fanno memoria del cammino di Gesù verso il Golgota portando la croce. Ognuna delle 14 stazioni rievoca un momento della Passione e fa rivivere ai fedeli la sofferenza e l’agonia di Gesù, fino alla sua Crocifissione, evento centrale per la fede cristiana. Riuscire a raffigurare questi momenti fondamentali con l’arte del mosaico è un’espressione alta della Grandezza di Dio. Il Signore infatti affida a tutti dei talenti, nessuno escluso e il compito di ciascuno è quello di scoprirli e farli fruttificare. L’arte, in tutte le sue forme è certamente un grande Dono, ma in particolare, mi piace paragonare la lavorazione del mosaico a come Dio opera miracoli nella vita delle persone. Ciascun artista prende dei pezzi rotti, singoli o anche scartati e li trasforma creando qualcosa di nuovo e di bello, così il Signore, riprende i persi e gli abbandonati ed attraverso la Sua Grazia fà di loro creature nuove. Immaginando che ogni pezzo del mosaico venga pensato come una preghiera, ciascuna creazione sarà un atto d’amore, impreziosito dall’estro personale dell’artista, capace così, di trasmettere a chiunque le ammirerà, il senso dell’esistenza terrena di Gesù e la memoria del Suo Amore per l’umanità. Il mio ringraziamento e la mia benedizione a coloro che, attraverso la propria preziosa opera, compiono capolavori graditi a Dio, con l’augurio di perseverare nel loro cammino con gioia e fede.

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Agostino Arrivabene Trento Longaretti Luca (Vernizzi) Claudio Bonichi Safet Zec Massimo Lippi Ugo Riva Omar Galliani Paolo Borghi Piero Vignozzi Enrico Robusti Piero Guccione Gigino Falconi Renato Balsamo Valentino Vago


UNA VIA CRUCIS PER TORNARECCIO Opere

testi di Alessandro Beltrami e Giovanni Gazzaneo


Una Via Crucis per Tornareccio – Opere

Prima Stazione GESÙ È CONDANNATO A MORTE Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita.

(Lc 23,24)

Dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

(Mt 27,26)

Cristo è raffigurato barcollante con le mani legate dietro di sé, dipinto in pochi colori monocromatici. Un solo colore acceso diventa timbro esplicativo dell’opera di Agostino Arrivabene: il cuore esce dal suo corpo in un rosso scarlatto fatto in velature successive di lacca di cocciniglia, quasi un fuoco che spegne la monotonia di grigi e neri che danno colore al silenzio di Cristo che accetta il martirio e la croce. Nel momento della condanna, che è anche il momento della solitudine, Cristo dona tutto se stesso, la sua vita e il suo amore. Arrivabene riprende l’icona secolare del sacro cuore di Gesù e la ripropone nella sua attualità, riscattandola dalla dimensione puramente devozionale e offrendola in tutta la forza dell’amore vero che abbraccia gioia e sofferenza e dà luce al cammino degli uomini.

AGOSTINO ARRIVABENE Gesù è condannato a morte, 2011 olio su tavola, cm 36x27

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Una Via Crucis per Tornareccio – Opere


Una Via Crucis per Tornareccio – Opere

Seconda Stazione GESÙ È CARICATO DELLA CROCE Egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio.

(Gv 19,17)

Dopo averlo schernito lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

(Mc 15,20; Mt 27,31)

La stazione di Trento Longaretti, uno degli artisti più attivi nel campo dell’arte sacra e legato alla persona di Paolo VI, costituisce in questa Via Crucis un collegamento importante con la tradizione. La tunica rossa di Cristo, la figura che carica la croce sulle spalle, l’espressività dolente ma controllata dei volti. Tutto suona come un omaggio alle tabelle che da secoli ornano le pareti delle chiese. Il linguaggio, poi, è quello che da sempre contraddistingue il maestro lombardo, lame di colore vivo che sembrano intagliare le figure. Un elemento però stacca con decisione quest’immagine dall’iconografia consueta: la presenza di Maria, avvolta in un manto blu elettrico, che assiste alla scena a piedi scalzi. A sottolineare quel legame tra Cristo e sua madre fin dai primi passi della via verso il Calvario.

TRENTO LONGARETTI Gesù è caricato della Croce, 2011 olio su tavola, cm 48x34

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Una Via Crucis per Tornareccio – Opere

Terza Stazione GESÙ CADE LA PRIMA VOLTA Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

(Mt 16,24)

Il Golgota di Luca Vernizzi è in realtà una grigia landa desolata, di cui non si intuiscono i limiti. Uno spazio di infinita desolazione. Non ci sono uomini: né gendarmi, né folla di curiosi, né pie donne. La solitudine di Cristo è pari soltanto alla sua croce: immane, plumbea. Nel cielo nubi cupe si accalcano e stridono. La tempesta si avvicina. La lunga notte del Getsemani non sembra essere terminata. Ma in questo spazio privo di speranza, colpisce la tunica di Gesù: gialla, il colore della luce e della regalità, quasi un anticipo di resurrezione. È un colore, vedremo, che ritorna in questo cammino della croce. Come se gli artisti, in modo inconsapevole, senza che ci fosse una sorta di “regia”, si siano sintonizzati sulle stesse frequenze dell’iride.

LUCA (VERNIZZI) Gesù cade per la prima volta, 2011 tempera su carta, cm 48x36

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Quarta Stazione GESÙ INCONTRA SUA MADRE Anche a te una spada trafiggerà l’anima.

(Lc 2,35)

Donna, ecco tuo figlio.

(Gv 19,26)

Claudio Bonichi è raffinato pittore di nudi e nature morte, a metà tra l’onirico e il metafisico. Egli risolve in modo insolito l’incontro di Cristo con la madre lungo la via del Calvario, di cui i Vangeli tacciono ma che la tradizione ci ha consegnato: è come se ci trovassimo tra la folla che segue (e perseguita) Gesù nella sua salita al Golgota. Siamo sorpresi e ammutoliti, fermando il passo all’istante, nell’incrociare Maria. Forse anche noi, come Gesù, alziamo il capo. La donna, avvolta nell’ampio panneggio mediorientale che le lascia scoperto solo il volto, è lì immobile, unico sguardo di misericordia. Una domanda sembra risuonare, come la vibrazione di una campana, nell’aria.

CLAUDIO BONICHI Gesù incontra sua Madre, 2011 olio su tavola, cm 48x36

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Quinta Stazione IL CIRENEO AIUTA GESÙ A PORTARE LA CROCE

Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di Gesù.

(Mt 27,32)

Due schiene nude. Due nuche, due corpi. Due uomini comuni, tra loro identici. Quello di sinistra solleva l’altro, cercando di far girare il braccio dietro le spalle. È il Cireneo nell’interpretazione di Safet Zec. Che non porta la croce, ma Cristo stesso. Il mistero della sofferenza e l’afflato di fratellanza, riversati dal pittore bosniaco in quest’opera, hanno un senso di urgenza e di necessità che pare difficile non legare al suo vissuto personale e a quello del suo martoriato popolo. La forte riduzione cromatica ai bruni e ai colori terragni ha la sola eccezione nel rivolo di sangue che cola dal polso di Gesù e che proseguendo sulla schiena del Cireneo perde il contatto con l’anatomia per diventare stimmate della pittura stessa.

SAFET ZEC Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la Croce, 2011 olio su tela, cm 40x30

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Sesta Stazione LA VERONICA ASCIUGA IL VOLTO DI GESÙ

Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto». Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto.

(Sal 27,8-9)

Chi ha visto me, ha visto il Padre.

(Gv 14,9)

Lo scultore senese Massimo Lippi ha scelto per la sua stazione, anziché una chiave più narrativa, direttamente l’iconografia del Mandilion. Una tipologia di immagine che ha una lunga tradizione nella storia dall’alto medievo fino ai giorni nostri. Due sono forse gli esempi più celebri: quello seicentesco di Zurbarán e quello, assai più recente, di Rouault. Il lavoro di Lippi si colloca in una sorta di via intermedia tra i due. Del pittore spagnolo adotta la scelta del monocromo, o meglio della bicromia: il fondo chiaro (in realtà il velo qui diventa il fondo oro di un’icona bizantina) e il rosso del volto insanguinato. Di Rouault coglie invece l’approccio espressivo, prima ancora che espressionistico (con qualche non velato riferimento a certi volti di Manzù). E soprattutto, in quei fiotti di sangue che diventano raggi di una corona luminosa, la capacità di trasformare la sofferenza del debole nella gloria più autentica della regalità di Cristo.

MASSIMO LIPPI Il velo della Veronica, 2011 acrilico su carta, cm 48x36

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Settima Stazione GESÙ CADE LA SECONDA VOLTA Colui che vorrà diventare grande tra di voi, si farà vostro servo… si farà vostro schiavo.

(Mt 20,26-27)

L’interpretazione di Ugo Riva della seconda caduta di Gesù è una delle poche scene di gruppo della Via Crucis per Tornareccio. Cristo, come in un quadro di Tintoretto, è in secondo piano, ridotto a un grumo rosso. Difficile dire se sia il colore della veste o del sangue, che cola rapido verso il basso dove due uomini (i dadi sono già pronti accanto a loro per giocarsi la tunica) sono del tutto noncuranti di quanto accade alle loro spalle. Un gruppo di persone si accalca attorno a Gesù mentre a sinistra si erge una figura enigmatica, una sorta di faraone. Scena concitata, violenta, dove il dramma si fa corale.

UGO RIVA Gesù cade per la seconda volta, 2011 tecnica mista su carta, cm 48x36

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Ottava Stazione GESÙ INCONTRA

LE DONNE DI GERUSALEMME Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me ma piangete su voi stesse e sui vostri figli… Se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?

(Lc 23,28.31)

Maestro del disegno, Omar Galliani per l’incontro di Cristo con le donne di Gerusalemme ha scelto la versione più scarna. La linea e il colore determinano i profili e i lineamenti essenziali. Le donne, solitamente trattate nell’iconografia tradizionale come figure anziane, avvolte in manti neri quasi come vedove, sono qui madri nel pieno della loro giovinezza e bellezza. Un vento scompiglia le loro chiome. Eppure i capelli e la barba di Cristo sono immobili. È la voce di Gesù, la potenza della sua parola, a scuoterle. Il pianto devoto, quasi da beghina, si muta in sconvolgimento interiore. L’incontro più autentico con Gesù, quello del Golgota, diventa presa di coscienza dell’Uomo-Dio che muore per quelle donne, per i loro figli, per gli uomini di ogni tempo. E le tre croci sullo sfondo, quasi piantate nei crani più che nella roccia, sono memoria viva di un evento che ci segna nel profondo.

OMAR GALLIANI Gesù incontra le donne di Gerusalemme (part.), 2011 inchiostri su carta, cm 24x32

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Nona Stazione GESÙ CADE LA TERZA VOLTA Era come un agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.

(Is 53,7)

Il pannello di Borghi è un vertiginoso riassunto della storia della salvezza. La terza caduta di Gesù, l’ultima prima di raggiungere la cima del Calvario, ha come sfondo l’albero del Bene e del Male e la cacciata dei Progenitori dal Paradiso Terrestre. Una scena notturna, i cui toni blu sono contrappuntati dal rosso dei frutti dell’albero e della spada dell’Arcangelo. Alla radice dell’albero, come se ne condividesse il legno, la croce, come eco della rara iconografia del “torchio mistico”, sembra una pressa sul corpo di Cristo. Ma sotto di lui, la terra si apre. Un gruppo di mani si allungano come fiori. Cercano Gesù e Gesù, che sembra quasi essere caduto per godere del loro conforto, cerca loro. L’ora della salvezza è vicina. Tra poco tutto sarà compiuto.

PAOLO BORGHI Gesù cade per la terza volta, 2011 tecnica mista su carta, cm 48x36

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Decima Stazione GESÙ È SPOGLIATO DELLE VESTI I soldati presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture… Perciò dissero: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca».

(Gv 19,23-24)

Il 6 settembre 1521 Sebastiano del Piombo comunicò a Michelangelo di voler dipingere a olio il muro della cappella Borgherini di San Pietro in Montorio, a Roma, con la Flagellazione. Il dipinto fu portato a compimento solo nel 1524. È il capolavoro del grande pittore, tra i più difficili del Rinascimento. Ed è l’immagine presa a modello da Piero Vignozzi per il suo Gesù spogliato delle vesti. Dell’originale l’artista fiorentino ha mantenuto la struttura e persino la patina consunta dal tempo, prossima a svanire. Sua invenzione straordinaria è invece il fiume rosso sangue in cui si tramuta la tunica, retta dal soldato di destra. Un fiotto di estrema violenza, che sbilancia drammaticamente la composizione e la rende pienamente contemporanea.

PIERO VIGNOZZI Gesù è spogliato delle vesti (da Sebastiano del Piombo), 2011 matita, pastello e olio, cm 56x43

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Undicesima Stazione

GESÙ È INCHIODATO ALLA CROCE Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero Gesù e i due malfattori.

(Lc 23,33)

C’è la violenza della Brücke e l’attualità della street art nella stazione dipinta da Enrico Robusti. Cristo, la croce, la terra stessa sono curvate dallo strazio dei chiodi infissi nelle carni. Un vortice sembra travolgere le figure. In alto un sole nero risucchia la luce dal cielo. Non c’è tentativo di addolcire il dolore. Gesù non sopporta serafico il martirio. La natura divina non cancella quella umana. La sua pelle, i suoi tendini, i suoi nervi soffrono come quelli di ogni uomo. Come i suoi aguzzini, nonostante la violenza bestiale sembri aver cancellato in loro ogni brandello di umanità.

ENRICO ROBUSTI Gesù è inchiodato in Croce, 2011 olio su tela, cm 50x35

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Dodicesima Stazione GESÙ MUORE IN CROCE Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.

(Lc 23,44-46)

Secondo il Vangelo di Luca, quando Cristo, emesso un alto grido, spira sulla croce, il cielo sopra Gerusalemme precipita nelle tenebre. Piero Guccione ha invece voluto letteralmente immergere (si osservi il fianco sinistro) la figura di Gesù crocifisso, che è un omaggio a Velazquez, in un bagliore accecante. L’artista ha superato in un certo senso il fondo oro, rappresentazione simbolica della luce, per dipingere, con i suoi pastelli, la luce stessa. Che è qui come una cascata di miele dolcissimo, insieme omaggio a Tornareccio e alto riferimento biblico. Come poche altre crocifissioni nella storia recente, quasi sempre fisse sulla tragedia, in questa il corpo mortale di Cristo è già trasfigurato in quello glorioso della Resurrezione.

PIERO GUCCIONE Gesù muore in Croce, 2011 pastelli su carta, cm 24x18

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Tredicesima Stazione GESÙ È DEPOSTO DALLA CROCE Uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua.

(Gv 19,34)

Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

(Gv 19,37)

Consummatum est. Cristo è stato deposto dalla croce. Nell’interpretazione di Gigino Falconi il rosso del sangue che ha macchiato il cammino della salita al Golgota è lavato via da una glaciale luce lunare. Stazione algida, sospesa, enigmatica. Come il ragazzo imberbe, apollineo, più simile a un attore che ha appena impersonato la figura di Gesù in una sacra rappresentazione – anche se le ferite color ruggine sembrano davvero profonde. E come è misteriosa la bellissima donna alle spalle (la Vergine? La Maddalena?) che ci guarda piangendo con in mano una calla. Personalissima interpretazione della Pietà.

GIGINO FALCONI Gesù è deposto dalla Croce e consegnato a sua Madre, 2011 acrilico su cartone, cm 50x36

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Quattordicesima Stazione GESÙ È POSTO NEL SEPOLCRO Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova…; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.

(Mt 27,59-60)

La Via Crucis per Tornareccio appare come una sorta di laboratorio iconografico. Gli artisti hanno sondato il Mistero che si cela dietro ogni singola stazione, cercandone un’interpretazione nuova, rispettando l’iconografia tradizionale ma anche trovando una via autonoma. L’ultima tappa è forse il caso più estremo. Renato Balsamo dipinge il corpo di Cristo, modellato su quello della Pietà michelangiolesca, come già deposto. Alle sue spalle però ecco comparire Pietro e Giovanni, accorsi alla tomba la mattina di Pasqua dopo l’annuncio del sepolcro vuoto fatto dalle donne. Il tema classico viene ribaltato in avanti. L’artista corre, come gli apostoli, alla mattina della Resurrezione. È l’impazienza della gioia, che non può aspettare che trascorra il silenzio del Sabato.

RENATO BALSAMO Gesù è deposto nel sepolcro (“in un sepolcro nuovo”), 2011 tecnica mista su tavola, cm 48x36

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L’ottavo giorno GESÙ È RISORTO Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.

(Gv 20,17)

Et resurrexit. L’esplosione di luce dipinta da Valentino Vago è la stessa che risuona nel passaggio del Credo della Messa in si minore di Johann Sebastian Bach. Le trombe d’oro della solarità raggiungono il calor bianco. Linee tracciano voli verso il cielo, zigzagano come rondini impazzite a primavera. Forse solo il linguaggio astratto e la musica possono davvero tentare di penetrare il mistero della Pasqua. I colori di Vago sembrano la traduzione visiva delle parole intonate dal diacono nella notte madre di tutte le notti: Exultet iam angelica turba caelorum, exultent divina mysteria, et pro tanti Regis victoria tuba insonet salutaris.

VALENTINO VAGO La Resurrezione, 2011 tempera alla caseina su carta, cm 48x36

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Agostino Arrivabene Renato Balsamo Claudio Bonichi Paolo Borghi Gigino Falconi Omar Galliani Piero Guccione Massimo Lippi Trento Longaretti Luca (Vernizzi) Ugo Riva Enrico Robusti Valentino Vago Piero Vignozzi Safet Zec


UNA VIA CRUCIS PER TORNARECCIO Biografie


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AGOSTINO ARRIVABENE

RENATO BALSAMO

Nasce a Rivolta d’Adda (CR) nel 1967. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera e dopo il diploma (1991) parte alla volta delle maggiori città d’arte per avere conoscenza diretta dei grandi capolavori del passato, dando inizio a un percorso di recupero delle tecniche artistiche appartenenti alla tradizione. Le sue creazioni sono ottenute facendo ricorso a procedimenti di sapore rinascimentale e medievale, si serve infatti di pigmenti ricavati artigianalmente. Arrivabene, ispirandosi a maestri di epoche lontane, quali van Eyck, Leonardo e Dürer, crea visioni dal sapore antico e ricche di simbologie, declinate secondo diversi tipi di soggetti che mostrano mondi immaginari, definiti dall’artista "moderne e virtuali Wunderkammern". La prima personale, Esplorazioni, è ospitata presso la Chiesa di Santa Maria alla Fonte di Rivolta d’Adda nel 1992, anno in cui partecipa al XXXII Premio Suzzara, cui prenderà parte anche nel 1993. Esplorazioni è la prima di una lunga serie, dalle giovanili Memoria e desiderio (1994) e L’arte segreta di Agostino Arrivabene (1998), fino a Mirabilia Naturae (2005) e Il sole morente nella stanza azzurra (2007). Gli anni Novanta rappresentano per Arrivabene l’inizio di un periodo di intensa attività: tra le innumerevoli rassegne collettive, spiccano le presenze ad Arte Fiera Bologna, Arte Padova, ArtVerona e MiArt. Vincitore nel 1998 della I edizione del Premio Internazionale Leonardo Sciascia Amateur d’Estampes,Arrivabene è altresì conosciuto per i suoi disegni e le sue incisioni proposte al pubblico in occasione di numerose esposizioni, (Biblioteca Comunale di Palazzo Sormani, Milano – 1995). Di recente Arrivabene avvia una stretta collaborazione con Vittorio Sgarbi, che lo invita a partecipare alle mostre, Surrealismo Padano. Da De Chirico a Foppiani (Palazzo Gotico, Piacenza - 2002); Il Male. Esercizi di pittura crudele (Palazzina di Caccia, Stupinigi 2005); Il ritratto interiore. Da Lotto a Pirandello (Museo Archeologico, Aosta 2005); L’Inquietudine del volto. Da Tiziano a De Chirico, (Banca Popolare, Lodi 2006). E ancora Vade Retro. Arte e Omosessualità. Da von Gloeden a Pierre et Gilles (Palazzo della Ragione, Milano - 2007) e Arte italiana 1968-2007. Pittura (Palazzo Reale, Milano – 2007). Insieme a Flavio Arensi, Sgarbi redige i testi critici di Metamorfosi, personale del 2009 presso la Galleria Forni di Bologna. Degna di nota è anche la realizzazione delle scenografie dell’Hans Heiling di H. Marschner, riproposto con la regia di P. Pizzi al Teatro Lirico di Cagliari. Nell’aprile 2010 Arrivabene vince, per la Categoria "Invitati", il Premio d’Arte Contemporanea Arciere, promosso dal Comune di Sant’Antioco (Sardegna), a pari merito con Peter Demetz e Nicola Samorì. È presente al Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2011.

Nasce a Napoli nel 1937. Frequenta prima l’Istituto Statale d’Arte di Sorrento, poi quello di Napoli, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Torino. Torna a Napoli nel 1959 e si dedica allo studio della pittura e dell’incisione. Contemporaneamente partecipa a importanti mostre di pittura, si diploma nel 1961. Si trasferisce a Cortina dove insegna presso il locale Istituto Statale d’Arte del quale diventerà direttore nel 1971. Incontra Mario Rimoldi, collezionista d’Arte del Novecento che lo sostiene e lo presenta alla Galleria Santo Stefano di Venezia e con il quale, nel 1964 visita lo studio di Giorgio de Chirico a Roma, dove il giovane pittore che riceve dal maestro la ricetta, della tempera all’uovo. Numerose si susseguono mostre personali in importanti sedi espositive, nel 1963 al Circolo Artistico di Cortina, nel 1965 alla Galleria del Cerchio di Roma e alla Galleria Hausammann di Cortina, nel 1968 alla Galleria Medea di Cortina e Arte oggi di Pescara, nel 1971 alla Medea di Milano, Davico di Torino, Cesarea di Genova presentato da M. Carrà, D. Buzzati, L. Carluccio, F. Passoni, C. Munari. Nel 1973 realizza il Museo d’Arte Moderna e contemporanea “Mario Rimoldi” del quale è direttore. Espone nella Galleria dello Scudo di Verona nel 1981 e 1993, nel 1983 inizia un’attiva collaborazione con la Galleria Forni di Bologna che lo sosterrà con numerose personali, collettive e fiere d’arte in tutto il mondo, nel 1985 espone alla Trentadue di Milano. Nel 1990 è presente nei musei di Tokio, di Innsbruck e di Bolzano. Nel 1991 Sgarbi lo invita al Castello Estense di Ferrara e al Castello Svevo di Bari per una mostra sul ritratto. Nel 1994 realizza una pala d’altare per il Beato Fra Claudio Granzotto nella Chiesa dei frati minori di Chiampo, Vicenza. Seguono una serie di mostre alla Galleria Marieschi di Milano. È presente a Palazzo Sarcinelli di Conegliano per Roberto Tassi e i pittori, Ottocento e Novecento a cura di M. Goldin, al Museo dello Splendore di Giulianova per Nel segno dell’immagine e nel 1990 in Omaggio a Segantini, l’opera interpretata. Invitato da G. Mattera porta a Castello Aragonese di Ischia l’antologica opere dal 1980 al 2000; la mostra, ampliata, viene poi ospitata a Villa Fiorentino di Sorrento. Più volte le sue opere sono presenti nella Galleria Marescalchi di Bologna e di Cortina. Nel 2000 espone a Montecarlo alla Galleria Maison d’Art, e a Bolzano con una personale alla Galleria Goethe. Nel 2005 è presente alla II Fiera dell’Arte Moderna e Contemporanea di Bolzano. Nel 2006 è invitato per una personale al Centro Culturale “Gustav Mahler” di Dobbiaco sul tema “Mountain Time – sfiorando l’anima”, per l’occasione il compositore Heinrich Unterhofer realizza un video musicale traendo spunto dall’opera pittorica di Balsamo. Attualmente vive e lavora tra Cortina e Sorrento.

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CLAUDIO BONICHI

PAOLO BORGHI

Nasce nel 1943 a Novi Ligure, vive e lavora a Roma. Nel 1964 inaugura la sua prima personale presentata in catalogo da Fortunato Bellonzi. Claudio Bonichi è considerato uno degli esponenti più interessanti della Nuova Metafisica: oltre che in Italia, ha esposto in importanti sedi pubbliche e private in Olanda, Danimarca, Germania, Giappone, Canada, Francia, Belgio e Spagna dove è considerato un caposcuola. Fondamentale è per Bonichi l’incontro avvenuto a Milano nel 1980 con Alfredo Paglione, con il quale nasce una collaborazione durata oltre vent’anni.Tra le mostre si ricordano: La vita è sogno (Galleria Appiani Arte, Milano, 1999); El Teatro de la Memoria (Galeria Juan Gris, Madrid, 2002); Natures Mortes (Galeria Artur Ramon, Barcelona, 2002). Dal 2003 al 2004 espone in Gallerie e Musei a Sao Paulo, Belo Horizonte, Santo André e Fortaleza. Sono del 2005 la mostra ed il libro Renata e lo Specchio, (Galleria Tricromia, Roma) e L’Araba Fenice, (Galleria Lo Spazio, Brescia). Nel 2006, per i cento anni dalla nascita di Luchino Visconti, realizza la mostra La Casa dei Giochi (Fondazione la Colombaia, Ischia) e Renata ante el Mirall, (Galleria Toc D’Art, Barcelona). Sempre nel 2006, per il Ministero degli Esteri partecipa alla mostra MYTHOS, itinerante nei musei di Atene, Cipro, Tirana, Montecarlo. Tra le esposizioni più recenti si ricordano: Oltre l’oggetto (Museo Michetti, 2007); Bellissima. Visconti (e) il Contemporaneo (Maschio Angioino, Napoli, 2008); L’essenza invisibile, (Museo Nazionale di Palazzo Lanfranchi, Matera, 2008); Viaggio Metafisico (Complesso Monumentale Santa Maria del Rifugio, Cava de’ Tirreni, 2010). Tra gli altri hanno scritto di lui: F. Bellonzi, M. Vescovo, V. Fantuzzi, M. Berardi, A. Dragone, L. Carluccio, R. Guasco, Pier Carlo Santini, A. Sala, M. G. Chiesa, G. Soavi, P. Levi, C. Ferrari, H. Redeker, G. Mascherpa, B. Tadema Sporry, M. Visser, E. Petri,A.Trombadori, D. Guzzi, R. Carrieri, G. Gangi, M. De Micheli, M. Pinotini, G. Cavallo, R. Perroud, R. Civello, T. Paloscia, J. Perez-Guerra, C. Garçia-Osuna, F. De Santi, A. Mistrangelo, G. Bonini, C. Malberti, E. Pontiggia, G. Dillon, N. Orengo, Ma. Fagiolo Dell’Arco, S. Riolfo Marengo, V. Sgarbi, A. Fiz, B. Porcel, G. Selvaggi, P. Jimenez, A. Del Guercio, F. Piccinini, E. Fabiani, R. Bossaglia, G. Seveso, G. Quatriglio, G. Giordano, M. Pettinau Vescina, E. Siciliano, S. Grasso, E. Bilardello, M. Di Capua, M. T. Benedetti, A. Masoero, M. Corgnati, D. Montalto, M. Pasquali, M. Vicens, F. Miralles, E. Di Martino, M. Vallora, F.Arensi, G. Calcagni,V. Panyella,A. Matarò, G. Bruno, M. Pancera, G. Arpino, A. Gatto, J. Ceresoli, C. Giobbi, R. Savi, J. Klintowitz, M. A. Milliet, W. Sebastiao, M. Da Motta, G. Faccenda, I. Valente, E. Beluffi.

Nasce a Como nel 1942, segue i corsi di pittura, disegno e architettura al Castello Sforzesco e all’Accademia di Brera. Nella bottega del padre Stanislao, cesellatore di fama, impara tutte le tecniche del trattamento dei metalli. Arricchito da questa esperienza, scopre la necessità di dedicarsi alla scultura. Acquista familiarità con la grande dimensione che lo porta ad eseguire in bronzo lavori di grande impegno per committenti italiani e stranieri; negli anni 1965-70 realizza opere per la cattedrale di Esmeraldas in Ecuador, per la parrocchia di Rovellasca, oltre al Monumento ai Caduti di Fino Mornasco. Seguirà la scultura in legno, marmo e terracotta. Nel 1972 tiene una mostra personale presentato da Mario De Micheli. Nel 1980 gli viene dedicata una ampia mostra al Museo di Milano a cura di Franco Solmi. Nel 1984, i Musei Civici di Varese, presentano una sua antologica. Nel 1986 è invitato alla Biennale internazionale di Venezia; nel 1989 e nel 1993 alla Biennale Nazionale d’arte città di Milano. Espone a l’Aja nel 1987. Nel 1990 è presente a Dallas, Wolfsburg, Amburgo. Nel 1991 espone a Tokyo e Wuppertal. Partecipa a rassegne a Parigi nel 1996, 1997, 2000. Sue opere pubbliche sono collocate a Malnate, Agrigento, Los Angeles, Roma, Poggioreale, Trieste, Alcamo, Gorla Maggiore. Ha realizzato monete per il Vaticano e la medaglia ufficiale per il Giubileo 2000. Ottiene altre importanti commissioni nell’ambito ecclesiastico, tra cui il portale della cattedrale di San Francesco di Paola e il nuovo presbiterio di Duomo di Terni. Da tempo collabora con importanti architetti tra cui Paolo Portoghesi. Nel 2005 ha realizzato la tomba del vescovo martire Oscar Romero nella cattedrale di San Salvador.

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GIGINO FALCONI

OMAR GALLIANI

Nasce a Giulianova (TE), si diploma in ragioneria nel 1952, e nel ’54 ottiene la maturità anche presso il Liceo Artistico di Pescara. Nel 1955 vince il concorso per la cattedra di Disegno in una scuola media di Giulianova, dove rimane fino al 1975 quando decide di dedicarsi esclusivamente alla pittura. La sua prima personale è del 1961 alla Galleria il Polittico di Teramo, a questa ne seguono numerosissime in Italia e all’estero presso accreditate gallerie e prestigiose sedi pubbliche. Le opere sono conservate in autorevoli collezioni museali pubbliche e private. Il suo metodo di lavoro si sviluppa, nel corso degli anni, per cicli pittorici. Tra il 1954 e il 1956 esordisce con un universo figurativo legato ai temi della sua terra, avvicinandosi all’informale; gli anni che vanno dal 1957 al 1962 sono dedicati alla realizzazione di paesaggi che risentono di una rivisitazione del barocco; in seguito (1963–1965) realizza “Documenti”, primo ciclo di opere di grande dimensione. Contemporaneamente l’artista porta avanti una surrealtà dello spazio costellato da fantasmi, spesso con elementi suggeriti da letture di E. A. Poe. Tra il 1966 e il 1968 esegue il ciclo “I Mostri” supportato da uno studio che va dal Rinascimento al Barocco con particolare attenzione a Piero della Francesca, Caravaggio, Rivera e Rembrandt. Dal 1969 fino alla metà degli anni ’70, elabora una serie di lavori incentrati sulla surrealtà del presente e della cronaca fotografica, con una figurazione più circostanziata ed evidenza di straniamento. Nel periodo che va dal 1976 fino al 1979, Falconi recupera la pittura per immagini con soggetti ispirati all’angoscia dell’esistenza. Durante il primo quinquennio degli anni ’80 lavora a opere incentrate sulla poetica del mistero degli spazi interni e sulle suggestioni spaesanti degli specchi. Tra il 1986 e il 1988 realizza “alcyone”, ciclo di dipinti su Gabriele d’Annunzio, eseguite in occasione del cinquantesimo anniversario della morte del Poeta a cui segue (1989 – 1994) una serie di “nudi” e “concerti silenziosi”, ambientati in paesaggi lacustri. Negli anni successivi (1995 – 1999) sviluppa un ciclo di pitture di carattere sacro. Il primo dipinto Annunciazione, del 1995, è realizzato per il VII centenario della Santa Casa di Loreto nel cui museo l’opera viene esposta. Successivamente per la chiesa di Sant’Andrea di Pescara, Falconi, lavora a un trittico di grandi dimensioni (270x660 cm), commissionatagli dagli Oblati di Maria Immacolata in occasione della santificazione del loro fondatore. Successivamente (2000-2002) realizza il ciclo “Le Ossessioni” dedicato all’universo femminile, a cui segue (2002-2005) il ciclo “Il mito della Fenice”. Tra il 2006 e il 2009 Falconi si interessa sempre di più alla natura e, attratto dal suo misterioso fascino e dalla sua mistica luce, dipinge un gruppo di quadri rappresentanti paesaggi lacustri e marini.

Nato nel 1954 a Montecchio Emilia, studia all’Accademia di Belle Arti di Bologna e insegna pittura all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Agli inizi degli anni Ottanta è esponente di spicco del gruppo degli Anacronisti e del Magico Primario. Partecipa a tre edizioni della Biennale di Venezia, in quella del 1984 con una sala personale. Sempre negli anni Ottanta partecipa alla Biennale di San Paolo del Brasile e alla XII Biennale di Parigi. Espone nei Musei d’Arte Moderna di Tokyo, Kyoto, Nagasaki, Hiroshima, alla Hayward Gallery di Londra, a due edizioni della Quadriennale di Roma, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, in quelle di Francoforte e Berlino. Negli anni Novanta il suo lavoro è esposto allo Scottsdale Center for the Arts dell’Arizona, alla Marian Locks di Philadelphia e alla Arnold Herstand Gallery di New York. L’artista presenta Feminine Countenances alla New York University e nel 2000 Aurea al Museum of the Central Academy of Fine Arts di Pechino. Espone presso il Palazzo delle Stelline a Milano, alla Galleria Civica di Modena, al Museo d’Arte Moderna di Budapest, al Palacio Foz di Lisbona, al PAC di Milano. Nel 2003 è invitato alla Biennale di Praga e alla prima edizione di quella di Pechino, dove vince il primo premio con tre grandi opere del ciclo Nuove anatomie. Nel 2005, all’Archivio di Stato di Torino il Grande Disegno Italiano, un suo disegno di 5x6,3 metri in grafite su pioppo, è messo a confronto con il volto dell’angelo di Leonardo, preparatorio della Vergine delle rocce. L’opera è poi presentata al Palazzo della Permanente di Milano nel 2006, quindi a Verona, Palazzo della Ragione, all’interno dell’esposizione Il settimo splendore. Dal 2006 al 2008 una sua personale dal titolo Disegno Italiano gira in Cina i più importanti Musei d’Arte Moderna e Contemporanea. Nello stesso anno l’Università e il Museo di Caracas ospitano una sua personale dal titolo Disegnarsi, che nell’aprile 2007 è al Museo Hassan di Rabat. Nel giugno 2007 la mostra Tra Oriente e Occidente. Omar Galliani e il Grande Disegno Italiano in Cina presso la sede della Fondazione Querini Stampalia è inserita tra gli eventi collaterali della 52ª Biennale di Venezia. Nel 2009 il Museo Michetti di Francavilla al Mare gli dedica una grande retrospettiva. A maggio a Vienna l’istituto Italiano di Cultura ospita una sua personale; a Lucca a Villa Bottini e nel Museo Archeologico di Palazzo Guinigi presenta Dalle Stanze dei Miei Disegni. Nel 2009 è a Venezia nella collettiva Dètournement nell’antico Ospizio di San Lorenzo – evento collaterale alla 53ª Biennale – e Andy Warhol-Omar Galliani, ospitata nel Chiostro di Santa Apollonia. All’Istituto italiano di Cultura di Bogotà (Colombia) si tiene una sua personale dal titolo 21 Dibujos por una noche in Bogota. Nel 2010 espone al Museo Borges di Buenos Aires.

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PIERO GUCCIONE

MASSIMO LIPPI

Nasce a Scicli (RG) nel 1935. Dopo il diploma all’Istituto d’Arte di Catania, si trasferisce a Roma. Dal 1958 al 1969 prende parte alle missioni paleoetnologiche nel Sahara libico con l’équipe dell’archeologo F. Mori, per il rilevamento di pitture rupestri. Nel 1961, su richiesta dell’American Federation of Art, organizza una mostra di tali pitture alla Columbia University of New York, successivamente ospitata nelle maggiori università americane. Dal 1966 al 1969 partecipa alla Biennale di Parigi ed è assistente di Renato Guttuso all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove sarà anche titolare di cattedra. La prima partecipazione alla Biennale di Venezia è del 1966 (vi tornerà nel 1978, ’82 e ’88). Negli anni settanta, le personali di Parigi e New York, sono supportate da testi critici di D. Fernández e A. Moravia. Dopo il ritorno in Sicilia, seguono mostre antologiche alla Galleria d’Arte Moderna di Paternò (CT), una personale a Parigi alla Galleria Claude Bernard, un invito alla rassegna internazionale “Drawings” a Washington e una partecipazione alla IV Biennale di Grafica di Baden-Baden. Nel 1985 espone al Metropolitan Museum di New York un’antologica di grafica. La quarta partecipazione alla Biennale di Venezia è del 1988, con una sala nel padiglione italiano. È finalista del premio Artista dell’anno a Napoli con Burri, Vedova e Schifano. Nel 1989 esce nella collana "Grandi Monografie d’arte” di Fabbri Ed. il volume Piero Guccione a cura di E. Siciliano e Susan Sontag (curatori delle antologiche dell’artista al Palazzo dei Diamanti di Ferrara e al Palazzo Dugnani di Milano). Nel 1992 prende parte alla collettiva Cristoforo Colombo e l’apertura degli spazi a Palazzo Ducale di Genova. Nel 1995 è nominato Accademico di San Luca; declina l’invito alla Biennale di Venezia del centenario ed esegue nove pastelli ispirati alla Cavalleria Rusticana di Verga, presentati al Museo della Scala di Milano. Nel 1997 esce la monografia di Electa con testi di F. Caroli, F. D’Amico, G. Giuffrè, M. Goldin e M.Vallora. Nel 1999 si tiene una antologica di Opere recenti a Palazzo Reale di Milano, nello stesso anno riceve dalla presidenza del Consiglio dei Ministri il Premio Speciale per la Cultura con Riccardo Muti e Rita Levi Montalcini. Nel 2001 la riedizione dell’opera di Galileo Galilei “Discorsi intorno alle nuove scienze” con prefazione di Papa Giovanni Paolo II è illustrata da dieci incisioni di Piero Guccione. Dello stesso anno è la personale a cura di M. Calvesi Piero Guccione opere 1962-2000 organizzata a Palazzo Ziino dal Comune di Palermo. Nel 2008 V. Sgarbi cura un’antologica a Palazzo Reale di Milano e nello stesso anno M. Calvesi presenta la mostra alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Nel 2004, da Carlo Azeglio Ciampi, riceve la Medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica Italiana come benemerito dell’arte e della cultura.

Massimo Lippi, poeta e scultore, e nato il 14 gennaio 1951 a Ponte a Tressa, alle porte di Siena, dove vive e lavora. Sono essenziali alla sua formazione l’apprendistato presso lo zio Olinto, figura di ingegnoso artigiano, e l’insegnamento di Zita Pepi, che gli fa incontrare la poesia. Frequenta l’istituto d’Arte di Siena avendo per maestro Virgilio Carmignani. Inizia a frequentare il maestro Albert Lassueur. Si laurea in Storia dell’Arte con Giuliano Briganti con una tesi sullo scultore Alberto Sani. Enzo Carli accompagna con un importante scritto di presentazione la sua prima personale a Empoli (1987). Si sposa con Elisabetta da cui ha quattro figli. Insegna per dieci anni scultura all’Istituto d’Arte di Siena, e quindi all’Accademia di Carrara e di Macerata. Lascia l’insegnamento per dedicarsi interamente all’attivita artistica che lo vede presente in Italia e in Europa e recentemente anche negli Stati Uniti con opere monumentali.Viaggia per motivi di studio e di lavoro negli Stati Uniti, in Russia e in Cina. Escono frattanto presso Scheiwiller i suoi primi libri di poesia, Non popolo mio (1991) e Passi il mondo e venga la Grazia (1999, finalista al Premio Viareggio) autorevolmente prefati da Franco Fortini e da Giovanni Raboni, che lo segnalano tra i poeti piu originali della sua generazione. Seguono altri due volumi di poesia, Nuziale (2003) e Dell’invincibile sogno (2004). Nel mese di marzo 2004 e Visiting Professor all’Universita S.M.U. di Dallas, Texas. Debutta come autore di teatro e regista con l’allestimento di una sacra rappresentazione, Trasfigurazione, per la chiesa di Abbadia Isola di Monteriggioni (5 agosto 2006). E presente con la scultura in pietra di grandi dimensioni La barca della Beata Speranza al IV Convegno Ecclesiale di Verona (ottobre 2006). Tra le sue ultime importanti opere realizzate per la citta di Siena, il Gavinone di Piazza del Campo (25 marzo 2006) e il portale bronzeo della basilica di San Domenico dedicato a Santa Caterina (19 novembre 2006). Nel 2009 scolpisce la monumentale statua di San Bernardo Tolomei a Monte Oliveto Maggiore, Asciano, Siena. Nel 2010 realizza le porte in bronzo per la Chiesa di San Domenico Savio a Vittoria Diocesi di Ragusa. Nel medesimo anno e invitato al concorso per il nuovo Ambone della Cattedrale di Firenze.

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TRENTO LONGARETTI

Una vita per la pittura antologica presso la Società Promotrice delle Belle Arti, a Monza gli è dedicata un’importante antologica alla Villa Reale. Nel 2003 sue mostre sono allestite a Palazzo Veneziano di Malborghetto (UD) in occasione delle Universiadi; presso il Museo Civico di Treviglio e presso i Magazzini del Sale a Venezia in contemporanea alla Biennale. Il 2004 lo vede impegnato nuovamente in varie mostre: un’antologica a Palermo, una a Palazzo della Ragione di Bergamo dal titolo Opere storiche e nuovi percorsi. Nel dicembre 2004 espone a Praga e nel 2005 a Cracovia presso l’Istituto Italiano di Cultura. Nel 2006 con la mostra a Villa Manzoni di Lecco, inizia una serie di esposizioni dedicate ai suoi novant’anni che prosegue poi a Roma con In cammino. Per i 90 anni di Trento Longaretti (Museo di Castel Sant’Angelo) a Treviglio e a Solothurn per concludersi a dicembre con una antologica di disegni al Chiostro di San Francesco a Bergamo. L’incessante attività prosegue nel 2007 con un’interessante mostra di inediti presso il Museo Parisi – Valle di Maccagno, una personale a Catania e a Ficarra (ME) intitolata Magnificat. L’anno si conclude con le mostre a Follonica e a Torino presso la Promotrice delle Belle Arti. Nel 2008 la Fondazione del Credito Bergamasco espone una serie di acquerelli. L’attività espositiva prosegue con un’importante mostra presso la Fondazione Mazzotta di Milano. Nel 2009 è inaugurata una personale presso l’Istituto Italiano di Cultura a New York, la Fondazione Credito Bergamasco gli dedica l’antologica Longaretti. La metafisica delle cose; l’anno si conclude con una personale presso la Galleria Bonelli Arte a Canneto sull’Oglio (MN). Il 2010 inizia con un’importante collettiva a Venezia e poi a Bergamo, dal titolo L’altra memoria. L’anno seguente presenta un’antologica presso l’Esedra di Levante di Villa Manin a Passariano di Codroipo e una personale dedicata alle sue opere a tema sacro presso lo Spazio Crocevia di Milano. Suoi lavori sono conservati tra l’altro, in Vaticano, a Milano in Duomo, nella Basilica di Sant’Ambrogio e nella Galleria d’Arte sacra dei Contemporanei di Villa Clerici, nel Duomo di Novara, nella Pinacoteca Carrara di Bergamo, nel Museo d’Arte Moderna di Basilea e nella Galleria d’Arte Moderna di Hamilton in Canada.

Nasce nel 1916 a Treviglio, si diploma aIl’Accademia di Brera. La sua lunga carriera espositiva inizia nel 1936 con la partecipazione ai Littoriali dell’Arte. Nel 1939 si aggiudica a Brera il Premio Mylius e il Premio Stanga. Partecipa al I° Premio Bergamo. Negli stessi anni nell’ambito Corrente conosce Guttuso, Treccani, Birolli, Sassu, Vedova. Subito dopo il diploma la guerra lo porta in Slovenia, Sicilia e Albania. Nel 1943, presentata da R. Giolli si tiene la sua prima personale presso la Galleria La Rotonda di Bergamo. Negli anni 40 e 50 partecipa al II Premio Bergamo, alla Mostra degli artisti in armi a Palazzo delle Esposizioni a Roma, è invitato alla XXIV, XXV e XXVIII Biennale Internazionale d’Arte di Venezia e alla Quadriennale Nazionale di Roma, espone a Roma presso la Galleria del Camino e a Bergamo, presso la Galleria La Rotonda. Nel 1953 vince il concorso nazionale per la Direzione e per la cattedra di pittura dell’Accademia Carrara di Bergamo (dove rimane fino al 1978), succedendo ad Achille Funi. Tra gli anni ’60 e ’70 prosegue incessante la sua attività espositiva: espone a Zurigo, Londra, Ottawa, New York, Buenos Aires, Parigi, Stoccolma, Basilea, Monaco, Goteborg (Svezia), a Zurigo e in Canada ad Hamilton e Toronto. L’amico C. Pirovano gli dedica un’importante monografia edita da Electa. Negli anni 80 espone a Milano alla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente con la personale Antologica 1936–1980; a Rotterdam presso la Volsk Universiteit, a Berna, a New York, ad Amsterdam, a Zurigo e in molte città italiane. Negli anni ’90 espone a Bergamo presso il Centro Culturale San Bartolomeo (1990) e presso il Palazzo della Ragione con la personale Paesaggi e Nature morte (1992). Nel 1993 espone a Milano presso il Museo del Duomo Il Sacro nella vita di un artista, e presso la Fondazione Corrente con Trento Longaretti. Disegni degli anni di Corrente, poi a Emmerich (Germania) e a St. Gallen (Svizzera). Proseguono manifestazioni presso importanti città d’Italia e nel 1996 espone a Vienna presso la Galerie Prisma e presenta a Bergamo Excursus – Longaretti da Brera alla Carrara presso la Galleria Lorenzelli. Nel 1999 a Mantova la Casa del Mantegna gli dedica una grande Antologica. Lo stesso anno ha l’onore di esporre a Ginevra nel Palazzo delle Nazioni Unite La pauvreté dans le monde. Nel 2000 altre importanti personali tra cui ricordiamo quelle realizzate a Roma presso il Centro Ebraico Italiano a Palazzo Pitigliani, a Milano presso la Fondazione Stelline e a Lippstadt alla Galerie Trost. Nel 2001 sono state realizzate importanti mostre nella Repubblica di San Marino nell’Antico Monastero di Santa Chiara, a Venezia al Museo Ebraico, a Solothurn, in Svizzera presso la Galerie Schaer und Wildbolz. Nel 2002 a Torino realizza

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LUCA (VERNIZZI)

UGO RIVA

Nasce a Santa Margherita Ligure il 2 settembre del 1941. Figlio d’arte (il padre Renato faceva parte dello storico gruppo dei Chiaristi), compie studi classici e artistici. Dal 1963 al 1967 collabora con Leonardo Borgese per le colonne di critica d’arte del “Corriere della Sera”. In quegli anni continua a dipingere con impegno e assiduità, ma non presenta alcuna mostra personale. L’occasione arriva nel 1968 nelle sale della Galleria Pagani, in via Brera a Milano. A seguito di questo suo esordio, sarà definito “il pittore dei giovani”: nei dipinti, disegni e incisioni che produce in questo periodo, ricorrono gruppi di ragazzi e di ragazze uniti nell’affrontare gli entusiasmi e i problemi della loro età. Successivamente, dagli incontri con le personalità più rilevanti della cultura e dell’attualità, nasce una serie di ritratti che porterà non solo ad una evoluzione della sua stessa pittura, ma altresì ad una visione rinnovata della ritrattistica in generale. Fra i tanti effigiati si vogliono ricordare Eugenio Montale, Riccardo Bacchelli, Giulietta Masina, Enzo Biagi, Alberto Lattuada, Luciana Savignano, Giorgio Armani, Umberto Veronesi. A questo momento affianca un’indagine, che si potrebbe definire di impronta metafisica, sugli oggetti comuni della nostra vita, dove il “quotidiano”, lavato dalla contingenza, emerge in una sfera platonicamente astratta; come avverrà per i ritratti. Oltre alle tante esposizioni in Gallerie pubbliche e private in Italia e all’estero (Svizzera, Francia,Austria, Germania, ex Jugoslavia, Stati Uniti, Turchia, Corea, Cina, Argentina), si ricordano, tra le manifestazioni più significative della sua attività, la mostra al Museo d’Arte Moderna di Saarbrucken nel 1975; quella nelle sale dell’Arengario con il patrocinio del Comune di Milano nel 1979; la mostra realizzata, con gli auspici del Ministero della Cultura della Repubblica Popolare Cinese, negli Archivi Imperiali della Città Proibita di Pechino nel 1996; quella patrocinata dal Comune e dalla Provincia di Como nel 2002 e, nel 2005, quella patrocinata dall’Ambasciata Italiana in Argentina, mostra che, dopo essere stata allestita al Centro Culturale Borges di Buenos Aires, è stata portata, sempre in Argentina, al Museo d’Arte Contemporanea di Salta e al Museo Genaro Pérez di Còrdoba. Dal 1988 espone regolarmente alla Compagnia del Disegno di Milano. Nel 1990 le Edizioni Argalia di Urbino pubblicano, nella collana di studi filosofici, il suo saggio di estetica Decorativismo e arte. Numerose le sue collaborazioni con case editrici per illustrazioni e copertine di libri. Dal 1975 è docente di Disegno all’Accademia di Brera. Sue opere si trovano in collezioni private e Musei d’Italia e del mondo. Vive e lavora a Milano.

Ugo Riva nasce a Bergamo nel 1951. Fin dalla gioventù si dedica al disegno e poi alla pittura; dal 1977 la scultura diventa la sua ricerca espressiva, focalizzandosi sulla riscoperta della policromia nella scultura prima in cotto e poi in bronzo. Le sue opere trattano da sempre i temi fondamentali della coscienza dell’essere “uomo” soffermandosi negli ultimi anni su quello della “fragilità” della contemporaneità. Il suo linguaggio è trasversale alle stereotipate “classificazioni” della storia dell’arte occidentale che è rivendicata al contrario come un “unicum” dove non c’è un prima e non c’è un dopo ma c’è solo L’Uomo e L’Arte. Possiamo così affermare che l’opera di Riva ricuce i segni e le forme delle Mater Matute con l’eleganza di Giovanni Pisano passando attraverso la scarnificazione della Rondanini del Buonarroti su, su, sino alle profonde ferite di Fontana ai grumi di Burri alle forme viscerali di Scanavino scultore alle sintesi dei ferri di Ettore Colla. Potremmo chiudere affermando che la scultura di Riva è quella di un contemporaneo che cerca di testimoniare il suo tempo decidendo di stare sulla lama del coltello del mai appagato e risolto quesito di: chi siamo e dove andiamo? Le esposizioni personali più significative dell’ultimo decennio lo vedono nel 2000 al Palazzo dei Notai di Bologna; 2002 Park Ryu Sook Gallery di Seoul; 2004 Capricorno Gallery di Washington DC; 2005 Galerie Vallois di Parigi; 2006 Realizza la Via Christi per il Tempio Votivo della Pace di Bergamo. 2008 Antologica ordinata dalla Provincia di Bergamo allo Spazio Viterbi. Nello stesso anno personale alla Twee Pauwen Gallery di Den Haag. 2009 realizza per la Cappella dell’Ospedale civile di Legnano il “Trittico dell’abbraccio” in terracotta policroma e ferro. 2010 “Un museo all’aperto” grandi opere nel parco delle Four Seasons di Firenze. 2011 “Anima Mundi” mostra ordinata dalla Fondazione del Credito Bergamasco per il 120° anniversario della banca con la collocazione dell’opera omonima, raffigurante un angelo in bronzo di 350 cm nella centrale Piazza di Porta Nuova in Bergamo. In corso a Venezia la mostra “Un’idea di Mare” con la partecipazione di ISMAR-CNR nazionale presso la Caserma Cornolti sul Lido degli Schiavoni.

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ENRICO ROBUSTI

VALENTINO VAGO

Nasce a Parma nel 1956. Dopo gli studi classici e una laurea in Giurisprudenza, si dedica allo studio della tecnica pittorica, con particolare riferimento alle scuola seicentesca di Van Dyck e Rubens. Nel 1986 esordisce con la mostra De rerum natura alla Consigli Arte di Parma, dove nel ’91 F. Zeri presenta una sua mostra di ritratti. Nel 2004 la mostra Bar Italia alla galleria Annovi di Modena è presentata in catalogo da A. Riva e G. Gnocchi, nello stesso anno a Torino la galleria Pinxit presenta la mostra E. R. Nel 2005 è tra gli artisti de Il Male. Esercizi di pittura crudele a cura di V. Sgarbi presso la Palazzina Reale di Caccia di Stupinigi, successivamente presso la galleria Pinxit si tiene una personale dal titolo Il calcinculo che tutto move. Partecipa alla mostra Il ritratto interiore al Museo Archeologico di Aosta. Sempre del 2005 sono: la personale Roma Robusta presso lo studio Merlini Storti di Roma, le collettive Apollo e Dioniso a Cortona a cura di M. Caggiano e L’Inquietudine del volto a cura di V. Sgarbi a Lodi. Nel 2006 espone per la prima volta alla Galleria Pittura Italiana con la complicità di E. Camurri, con una raccolta di tele dal titolo Bum! Nello stesso anno presenta L’ironia della vita a cura di C. Mezzana Macher all’Istituto Italiano di Cultura a Vienna. Il 2006 si conclude con una personale alla Galleria Davico di Torino, dove tornerà nel 2007 per una mostra collettiva. Nella primavera 2007 partecipa all’esposizione Antologia della figurazione contemporanea. Italia: le ultime generazioni 3 a cura di G. Algranti alla galleria Figurae di Milano. Partecipa al MiArt 2007. Nel maggio dello stesso anno partecipa alla collettiva per il cinquecentenario del Casato Antinori a Firenze e inaugura la personale Mani in alto nel nome della legge! alla Galleria del Teatro a Piacenza, presentato in catalogo da V. Sgarbi. In giugno è presente alla mostra Arte Italiana 1968-2007. Pittura al Palazzo Reale di Milano. In ottobre è presente al BIT di Milano con una serie di illustrazioni a corredo dell’annuario NEOS Giornalisti di viaggio associati, mentre nei mesi di aprile e maggio tiene due mostre personali, alla Galleria Chiari di Roma e alla Morelli Gallery di Londra. Nello stesso periodo partecipa alle collettive Figurae presso la galleria Arteutopia di Milano e a Villa Genovese Zerbi di Reggio Calabria. Segue l’esposizione 7 vizi capitali al Centro Culturale le Muse di Andria. Nel novembre dello stesso anno espone in contemporanea con Artissima, nella collettiva Rumors a cura di Italian Factory e galleria Next Art all’Expo di Reggio Emilia.A seguire una mostra alla Ca’ d’Oro di Venezia per la retrospettiva L’anima dell’acqua Contemporary Art a cura di E. Fontanella, C. Damiano Fonseca e A. Crespi.

È nato a Barlassina (MI) nel 1931, vive e lavora a Milano. Appena terminati gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera, nel 1955 espone alla VI Quadriennale d’Arte di Roma. Nel 1960 tiene la sua prima personale al Salone dell’Annunciata a Milano, presentato da Guido Ballo. Nel testo della prima importante personale di Valentino Vago, proprio al Salone Annunciata, nel 1960, Guido Ballo scrive: «Valentino Vago […] è avviato a un discorso pittorico largo, senza compiacimenti, si potrebbe dire da grande pittura murale: ma la luce ha risonanze e inquietudini di sensibilità emotiva, in vaste superfici che si richiamano e si muovono nella dinamica degli spazi.» Guido Ballo aveva già intuito che il lavoro di Vago, la sua pittura fatta di luce, avrebbe avuto bisogno di spazi sempre maggiori. Da quel momento il suo lavoro si andrà affermando come uno dei più significativi della pittura italiana di questi ultimi decenni. Inconfondibile per la qualità della luce e la liricità del segno. Nel suo lungo percorso artistico ha partecipato a numerosissime mostre personali e importanti collettive in Italia e all’estero. I suoi lavori sono presenti in importanti collezioni private e pubbliche italiane e straniere. Si ricordano, tra le altre, le partecipazioni a rassegne realizzate dalla Biennale di San Paolo, al Kunstmuseum di Colonia, alla Hayward Gallery di Londra, al Grand Palais di Parigi e, ancora, nei musei di Francoforte, Berlino, Hannover, Vienna. Milano gli ha dedicato importanti mostre, tra cui ricordiamo quelle del 1980 a Palazzo Reale e del 1983 al PAC – Padiglione di Arte Contemporanea. Dal 1979 ad oggi Valentino Vago si è dedicato, con continuità, alla pittura murale, affrescando ambienti pubblici e privati sia in Italia che all’estero. Oltre una decina di questi interventi sono all’interno di chiese. La prima, quella di San Giulio a Barlassina, è del 1982, l’ultima, dedicata alla Nostra Signora del Rosario, è stata consacrata il 15 marzo 2008 a Doha in Qatar. Per rimanere nel campo religioso sono da ricordare anche le opere commissionate per libri religiosi e liturgici. Tra i primi il Catechismo degli adulti della Conferenza Episcopale Italiana, (La verità vi farà liberi, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1995), edizione per la quale fu richesta un’opera di Vago. Tra i secondi, i Lezionari della Conferenza Episcopale Italiana e quello Ambrosiano. In entrambi i casi occorre rilevare che si trattava di iniziative del tutto innovative, dal momento che segnavano l’apertura della Chiesa italiana verso l’arte contemporanea in ambiti interni alle sue azioni fondamentali come la catechesi e la liturgia.

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Una Via Crucis per Tornareccio - Biografie

PIERO VIGNOZZI

SAFET ZEC

Nasce a Firenze, vive e lavora nel primo Valdarno fiorentino. Si diploma presso l’Istituto d’Arte di Porta Romana. Inizia a esporre in collettiva nel 1957. Del 1961 è la sua prima personale, tenuta alla Galleria Il Fiore di Firenze.Assistente di Dino Caponi al Liceo Artistico e ha insegnato poi all’Accademia di Belle Arti della stessa città. Nel 1977 gli viene conferito il XXIII Premio del Fiorino. Sue personali sono state presentate nelle principali gallerie italiane e straniere. Nel 1974 al Gabinetto Vieusseux in Palazzo Strozzi a Firenze. Partecipa a importanti rassegne nazionali e internazionali, quali Quadriennale di Roma, Premio Michetti,Taccuino delle Arti, Arco di Madrid, FIAC di Parigi, ART di Basilea, International Contemporary Art Fair di Los Angeles. Nel 1987, con patrocino del Comune di Firenze, tiene nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio la sua prima antologica, ripetuta nel 1991 al Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Nel 1995 a Palazzo Sarcinelli di Conegliano Veneto è esposta l’antologica Vignozzi, opere 1970 1994. Nel 1977 un suo gruppo di disegni e pastelli viene acquisito dal Gabinetto di Disegni e Stampe degli Uffizi. Per il Teatro Comunale di Firenze dipinge le scene del Lago dei Cigni di Tchaikovsky; è invitato alla XIII Quadriennale d’Arte di Roma Proiezioni 2000 e anche a far parte dell’Accademia delle Arti del Disegno. Nel 2001 la Casa dei Carraresi di Treviso espone la mostra Vignozzi. Il muschio della sera a cura di M. Goldin; nel 2004 è invitato a Capolavori dell’arte del Novecento, al Museo Civico di Arezzo, e ad Arte per immagini: da De Chirico a Lopez Garcia al Museo d’Arte di Chieti. Illustra il De Monarchia di Dante Alighieri a cura di C. Gizzi (Edilgrafital, Pescara). Nel 2006 partecipa alla mostra Percorsi della pittura figurativa del Novecento fra la Toscana e Firenze, a Palazzo Strozzi di Firenze, a cura di R. Monti e tiene la personale, Vignozzi di qua dalla siepe, al Museo Marini di Firenze, a cura di A. Natali. Nel 2007, per le Edizioni della Fondazione Cassa di Risparmio di Chieti, dipinge dodici pastelli per I promessi sposi di Alessandro Manzoni presentati nel Museo Casa del Manzoni di Milano. È presente anche a Art First a New York, e ad Arte italiana 1968/2000: Pittura, a cura di V. Sgarbi tenutasi al Palazzo Reale di Milano. Nel 2008 tiene una personale alla Galleria Bambaia di Busto Arsizio e nel 2009 alle Fabbriche Chiaramontone di Agrigento. Ancora nel 2009 tiene una personale a Milano da Antonia Jannone. È presente inoltre al 53° Festival dei Due Mondi di Spoleto. Sempre nel 2009 espone a Rimini Pittura d’Italia al Castel Sismondo. Nel 2010 la Cattedrale di San Gerardo di Potenza presenta 12 studi sul Compianto del Cristo morto con catalogo a cura di V. Telesca. Nel 2011 è invitato alla 54ª Biennale di Venezia Padiglione Italia.

È nato in Bosnia nel 1943, ultimo di otto figli di un calzolaio. La sua formazione avviene alla Scuola superiore di arti applicate di Sarajevo e, quando giunge all’Accademia di Belgrado, è considerato quasi un prodigio.Tuttavia, in quegli anni Zec si sente isolato nel proprio percorso artistico, tanto da arrivare a distruggere quasi tutti i suoi primi lavori. A Belgrado incontra la moglie artista Ivana ed è in quel periodo che restaura una vecchia casa nel quartiere ottomano dell’antica città di Pocitelj, vicino a Mostar. Nel 1987, torna a vivere a Sarajevo, mantenendo la casa e il lavoro a Pocitelj; già allora pittore affermato non solo nel suo Paese ma anche a livello internazionale, viene invitato ad esporre in molti paesi dall’America al Giappone. Con lo scoppio della guerra, il mondo in cui Zec è cresciuto è sconvolto. Pocitelj viene distrutta e, con essa, tutte le opere incisorie dell’artista. Morte e distruzione a Sarajevo lo costringono a fuggire con la famiglia. Nel 1992 è a Udine dove ricomincia a lavorare grazie all’aiuto generoso dello stampatore Corrado Albicocco, per poi giungere a Venezia nel 1998. Dalla fine del conflitto l’artista ha ripreso un’assidua frequentazione con la sua terra. Nel cuore di Sarajevo lo Studio-collezione Zec è stato riaperto ed è ora un centro di iniziative culturali, oltre che sede espositiva delle sue opere, mentre in futuro la sua casa-studio di Pocitelj, ora restaurata, ospiterà una scuola di grafica. Tra i più recenti e significativi riconoscimenti a Zec si segnala: nel 2001, Martine Aubry, dopo aver visto le sue opere a Venezia, ha invitato l’artista a Lille per una mostra antologica presso la chiesa abbandonata di Sainte-Marie-Madeleine; un autoritratto di Zec è stato esposto tra quello di Picasso e di Duchamp alla mostra Moi!, realizzata nel 2004 dal Musée du Luxembourg di Parigi; nel 2005 l’International League of Humanists gli ha conferito il premio umanistico Linus Pauling. Nel 2007 il Ministero della cultura della Repubblica Francese gli ha conferito il titolo di “Chevalier de l’ordre des Arts et des Lettres”. Nel 2008 ha esposto al Museo Kampa di Praga, nel 2010 ha tenuto una personale al Museo Correr di Venezia.

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UNA VIA CRUCIS DI ALIGI SASSU


Una Via Crucis di Aligi Sassu

Aligi Sassu (nella foto con il cognato Alfredo Paglione), dona la sua Via Crucis a Papa Paolo VI. Città del Vaticano, 1974

Aligi Sassu si è cimentato spesso con temi sacri e religiosi nel corso della sua lunga carriera. Note sono le sue Crocifissioni, le Deposizioni, famosi i suoi Concilii; numerose le sue opere murali in Italia, in particolar modo in Sardegna, come innumerevoli sono le sue illustrazioni per l’Apocalisse, i Vangeli, la Divina Commedia; tante e in tecniche diverse le sue Via Crucis. Nell’imminenza del suo Centenario che sarà nel 2012, quando molte saranno le manifestazioni in suo onore, si è pensato di rendergli un primo omaggio qui a Tornareccio, esponendo una delle sue più significative Via Crucis. Questa qui riprodotta fu realizzata dal Maestro nel 1968. Si tratta di una cartella contenente 14 litografie originali di grande formato (cm 59x83 parte disegnata e cm 63x87 il foglio), preceduta da un testo del Cardinale Giovanni Colombo, allora Arcivescovo di Milano, qui di seguito riproposto. La tiratura delle litografie, tutte in color bruno e carminio, è stata inizialmente di 99 esemplari in numeri arabi e 10 esemplari in numeri romani. In realtà poi Sassu ha preferito distruggere buona parte della tiratura lasciando solo 19 esemplari in cifre arabe e qualche prova d’artista. Stampatore ed editore della cartella fu Sandro Maria Rosso di Biella. Ogni esemplare reca in basso a sinistra il timbro a secco dello stampatore. Per qualcuno dei soggetti delle 14 stazioni sussiste qualche similitudine con gli analoghi temi trattati da Sassu in altre Via Crucis di cui una, in ceramica, del 1955 (cm 81,5x115) è conservata nella Cappella dell’importante Istituto Leone XIII di Milano e l’altra, del 1955 (sanguigna su carta, cm 76x112) è stata donata dal Maestro nel 1974 a Papa Paolo VI, per essere destinata ai Musei Vaticani. (A.P.) 56


Una Via Crucis di Aligi Sassu

Golgota, un cammino per ogni uomo di Giovanni Card. Colombo Arcivescovo di Milano

L’

itinerario percorso dal Condannato divino prima si snoda in Gerusalemme, poi esce dalla porta occidentale della città, infine sale sopra una vicina altura, tondeggiante e spoglia come una testa calva, detta appunto Calvario. I discepoli della prima comunità cristiana, di certo, devono aver cominciato presto a rifare con memore pietà quella strada, ricercando sul selciato le macchie di sangue, soffermandosi a crocicchi e alle svolte per ricostruire nella loro immaginazione le diverse scene di quel venerdì, riprovandone in cuore un rinnovato struggimento ineffabile. Col trascorrere del tempo, gli estremi passi del Martire, invece di perdere, accrescono la loro potente attrazione, e molti, movendo da ogni regione della cristianità, affrontano enormi disagi e rischi mortali, pur di recarsi a Gerusalemme e ricalcare le orme di Cristo, che per loro va a morire sulla croce. Ma per troppi il viaggio d’oltre mare in terra santa era un desiderio impossibile. Per rispondere a tale ineffettuabile aspirazione, nacque e si diffuse nel secolo XV, per opera specialmente di religiosi francesi, la devozione della Via Crucis, che rappresentando sulle pareti di ogni chiesa, e talora anche all’aperto sugli spazi erbosi o sui colli, il cammino di Cristo nel giorno doloroso, metteva a disposizione di tutti un pellegrinaggio spirituale che faceva ripercorrere la via della croce, passo passo dietro a Lui, meditando, pregando, compatendo. E perché ciascuno fosse aiutato a penetrare il senso della passione del Signore, a condividerne i sentimenti, a trasferirsi con un moto dell’anima a ritroso nei secoli in quel lontano venerdì per farsi contemporaneo spettatore e attore dei fatti accaduti lungo la strada che va dal pretorio di Pilato al luogo del cranio, vennero stabilite quattordici soste o stazioni raffiguranti gli episodi più significativi.Taluni di questi non hanno riscontro nel Vangelo, ma sono intuizioni commosse dalla pietà cristiana: le tre cadute, l’incontro con la Madre, il gesto tenero e gentile della donna che gli detergeil volto grondante di sudore, lacrime e sangue. La Via Crucis è, dunque, la rievocazione dell’immenso amore doloroso con cui Cristo percorse la strada del suo volontario olocausto. Chi la ripercorra anche una volta sola con fede devota, non potrà più dire:“Non c’è nessuno che mi vuole bene”, perché Qualcuno, nonostante tutto, gli ha voluto bene fino al sangue, fino alla morte di croce. Non potrà più dire:“Sono troppo cattivo, per poter essere ancora perdonato”, perché non c’è colpa per grande che sia, che non possa venir lavata in quel sangue. Il peccato imperdonabile non è vendere Cristo in un momento di folle orgasmo per la miseranda somma di trenta denari, ma disperare ostinatamente, fino alla fine, della sua misericordia senza limiti e senza riserve. La Via Crucis non solo è stata la via di Cristo, ma è anche la strada di ogni uomo: la strada 57


Una Via Crucis di Aligi Sassu

delle nostre dolorose esperienze, dei nostri smarrimenti, dei nostri orgogli feriti, dei nostri patimenti nella carne e nello spirito, delle nostre speranze deluse, dei nostri affetti delusi, delle nostre solitudini, dei nostri dubbi angosciosi, delle nostre infermità, della nostra morte. Il cristiano che si ferma in raccoglimento a pregare davanti alle quattordici stazioni non tarderà a scorgere nell’una ora nell’altra un lembo della sua storia personale inserito nella storia di Cristo. L’improvvisa scoperta gli farà dire in cuor suo: “Egli, l’innocente, è passato di qui, per questa medesima umiliazione e sofferenza, prima di me, pensando a me: perché non accetterò di passare anch’io, peccatore, dopo di Lui, pensando a Lui?”. Da questo persuasivo raffronto si sprigionerà quella mite luce che toglie al dolore la sua assurdità, che rialza da ogni abbattimento e ridona all’anima il proposito e la forza di continuare in pace e di operare con amore. La Via Crucis è, inoltre un cammino oscuro verso un paese luminoso e libero, dove ci aspetta “ciò che occhio non ha visto mai, ciò che orecchio non ha udito mai, ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano” (I Cor. 2). A questo proposito mi vengono in mente le ingenue e incantevoli espressioni che Teresa Martin, la santa fanciulla carmelitana di Lisieux, confidò al suo diario nel tempo delle sue sofferenze:“La certezza di andare, un giorno, lontano da questo paese triste e tenebroso, mi era stata donata fin dalla prima infanzia: io non lo credevo soltanto per quello che ne udivo da persone più istruite di me, ma perché sentivo anche in fondo al cuore delle aspirazioni verso una regione più bella. Nello stesso modo che il genio di Cristoforo Colombo gli aveva fatto intuire che esisteva un nuovo mondo, mentre nessuno vi aveva pensato, così io sentivo che un giorno un’altra terra mi servirebbe di stabile dimora” (Manoscritti Autobiografici, Milano 1958, p. 262). Il presentimento sempre più radicato e avvincente di una terra ignota diede al navigatore genovese quell’ardimento odisseico per cui dei remi fece ali (cfr. Inferno, 26, 125) e sostenne lungo la pericolosa via dell’oceano, travagli, digiuni, tempeste, rischi mortali da parte degli elementi e degli uomini: alla fine navigando sempre dietro il sole (on ne se tromp pas quand on suite le soleil, commenta Claudel) la sua speranza divenne realtà e arrivò al nuovo mondo. Similmente la certezza di “nuovi cieli e terra nuova” (Ap. 21, 1) sostiene oggi il cristiano che cammina dietro a Cristo, il vero sole che illumina ogni uomo, portando di stazione in stazione la sua croce quotidiana con spirito di accettazione e di offerta. Egli è certo che la quattordicesima stazione, la sepoltura, non è l’ultima della Via Crucis, ma solo la penultima. Di là da questa, l’attende la quindicesima, la resurrezione, vale a dire l’approdo in un mondo nuovo di libertà, d’amore, di gioia senza confini. E quando vi sarà giunto, voltandosi indietro a considerare le tracce del suo pianto e, forse, del suo sangue sul cammino percorso, dirà: “Ne valeva la pena…”. Dopo i famosi esempi del Tiepolo, del Previati e di molti altri, anche Aligi Sassu pone il suo rinomato pennello a celebrare il mistero del più grande amore e del più grande dolore. La sua opera, espressa con ispirazione nuova e linguaggio moderno, inviterà gli uomini d’oggi a trovare nella Via Crucis, con la risposta ai loro più intimi problemi, il conforto per vivere, la gioia per amare e operare, la serenità per morire. A lui il nostro plauso, la nostra ammirazione e, anche, la nostra riconoscenza. Milano, 1968 (dalla cartella Via Crucis, quattordici litografie di Aligi Sassu. Ed. Sandro Maria Rosso, Biella - VC, 1968)

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Una Via Crucis di Aligi Sassu

Aligi Sassu presenta la sua Via Crucis al Card. Giovanni Colombo. Milano, 1968

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Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU I Stazione. Cristo deriso, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU II Stazione. Cristo porta la Croce, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU III Stazione. La prima caduta, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU IV Stazione. L’incontro con la Vergine, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU V Stazione. Il Cireneo, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU VI Stazione. La Veronica, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU VII Stazione. Seconda caduta di Cristo, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU VIII Stazione. Cristo e le pie donne, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU IX Stazione. Terza caduta di Cristo, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU X Stazione. Cristo spogliato delle sue vesti, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU XI Stazione. Cristo inchiodato alla Croce, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU XII Stazione. Crocifissione, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU XIII Stazione. Deposizione, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU XIV Stazione. Sepoltura di Cristo, 1968 litografia, cm 63x87


Una Via Crucis di Aligi Sassu

ALIGI SASSU (Milano 1912 - Majorca/Spagna 2000)

1928 Sottoscrive, ancora con Munari e con l’intestazione Gruppo Giovani Futuristi Milanesi, il manifesto della pittura Dinamismo e riforma muscolare nel quale, dopo un doveroso omaggio al “meraviglioso genio del Grandissimo Boccioni”, si legge: “Con le nostre ricerche noi siamo giunti a questa conclusione: che un uomo, un cavallo, una bicicletta, non possono raggiungere la velocità che li trasporta fino quasi all’annullamento. Perciò nel dinamismo un corpo conserva la formapiù o meno delineata e trasformata del corpo stesso moltiplicato per le linee dinamiche. […] Il dinamismo prende le forme dell’essere cui dà vita... Abbiamo così creato la ‘riforma muscolare’ con cui una nuova muscolatura applicata alla forma del soggetto trattato e una nuova composizione prospettica otteniamo degli esseri che conservano ancora qualche forma umana, ma hanno una nuova muscolatura più potente e più dinamica, ottenendo forme dinamiche nuove e meccanizzandole anche in una visione sintetica antiprospettica, abolendo quindi la prospettiva naturale. Naturalmente queste figurazioni fantastiche devono pure avere tinte fantastiche, antinaturali, adatte all’ambiente in cui vivono secondo lo spirito creatore”. A soli sedici anni è invitato a esporre due dipinti (Nudo plastico e Uomo che si abbevera alla sorgente) allaBiennale di Venezia nella sala dei futuristi.

Milano, 27 novembre 1990. Alla Galleria Appiani Arte 32 mostra “Aligi Sassu illustratore”. Il Maestro con Alfredo Paglione.

1912-1927 Aligi Sassu nasce a Milano il 17 luglio da padre sardo e madre emiliana. Trascorre alcuni anni dell’infanzia in Sardegna dove la famiglia è costretta a trasferirsi per difficoltà economiche. Ritornato a Milano agli inizi degli anni venti, il giovane Aligi inizia a visitare col padre diverse esposizioni d’arte, frequenta musei e biblioteche e resta colpito da una mostra futurista allestita al Cova. Intanto lavora come apprendista litografo e si iscrive ai corsi serali dell’Accademia di Brera.Trova su di una bancarella e acquista il libro di Boccioni, Pittura e scultura futuriste (dinamismo plastico), appassionandosi alla lettura di riviste e testi futuristi. Questo interesse, in particolare per il dinamismo boccioniano, viene perfezionato con la visione diretta delle opere di Boccioni avvenuta nell’inverno del 1927 nello studio milanese di Fedele Azari, segretario del movimento futurista. Con Bruno Munari, conosciuto ai giardini di Porta Venezia, si reca da Filippo Tommaso Marinetti che presenta entrambi nel corso di una serata tenutasi a Milano e recensita sulle pagine del quotidiano “L’Ambrosiano” del 23 novembre 1927. Nello stesso anno espone per la prima volta alcuni dipinti alla Galleria Pesaro, in una mostra futurista che si sposterà poi in Germania, Cecoslovacchia e Svizzera. Così, molte opere di questa stagione vanno disperse. In uno scritto di alcuni anni fa lo stesso Sassu ricordava il significato di questa sua iniziale adesione al futurismo:“L’interesse al contenuto che l’ideologia futurista aveva, era l’elemento che più ha contribuito ad avvicinarmi ad esso, unitamente a quel naturale sentimento che hanno tutti i giovani per un radicale rinnovamento del linguaggio delle forme”.

1929-1933 Superata l’esperienza futurista e in antitesi al Novecento Italiano di Margherita Sarfatti, realizza il ciclo degli Uomini rossi (circa 500 opere fra oli, tempere e disegni) e lavora al tema dei Ciclisti: il più noto è l’encausto I Ciclisti del 1931. Segue per un certo periodo i corsi dell’Accademia di Brera che poi è costretto ad abbandonare per ragioni economiche e passa a frequentare l’Accademia libera creata da Barbaroux, allora direttore della Galleria Milano, il quale in cambio di un quadro al mese metteva a disposizione un grande locale con cavalletti e modelle. Qui incontra Birolli, Spilimbergo,Tomea e Manzù. È con quest’ultimo che Sassu affitta il suo primo studio, un abbaino in piazzale Susa. 1930 Partecipa a una collettiva alla Galleria Milano presentata da Raffaello Giolli e recensita sull’“Ambrosiano” da Carrà, che sottolinea come Sassu si manifesti “sotto l’influenza di Picasso”, mentre due anni dopo espone con Birolli, Cortese, Grosso, Manzù e Tomea alla Galleria del Milione. II giovane critico Sandro Bini dedica a Sassu una pubblicazione (Aligi Sassu, fisime e nostalgie della critica) che riassume il dibattito critico suscitato dal suo lavoro fin da questa fase iniziale. 1933-1936 Espone alla Galleria delle Tre Arti con Manzù e Grosso. Nell’autunno compie il suo primo viaggio a Parigi dove soggiorna in rue Elisée de Beaux-Arts per alcuni mesi, ospite di

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Una Via Crucis di Aligi Sassu

un amico, e conosce Magnelli, De Pisis, Campigli, Leonor Fini, Léger e Lionello Venturi.Visita i grandi musei, frequenta la biblioteca Sainte-Geneviève, ammira Delacroix, studia Géricault, Renoir e gli impressionisti, resta colpito dall’uso del colore di Matisse. Espone alla Galleria Quatre Chemins con Gruber e Tomea. Dipinge i primi Caffè, un tema suggeritogli dall’apertura della catena di ritrovi Chez Dupont e su cui spesso tornerà arricchendolo di nuovi motivi. Torna in Italia e affronta da socialista la dura realtà del fascismo. Vi si oppone con tutti i mezzi e complotta con altri giovani, tra cui De Grada e Guttuso. Dipinge Fucilazione nelle Asturie (1935), uno dei primi dipinti di tutta la Resistenza europea.

la sua prima produzione di ceramiche allaGalleria dell’Illustrazione Italiana di Milano nel 1948, anno in cui espone alla Biennale di Venezia il grandedipinto Cristo davanti al Sinedrio. 1950-1962 Già aveva iniziato ad applicarsi alla scultura sul finire degli anni quaranta.Ora si dedica anche all’affresco e al mosaico, realizzando vasti cicli di opere murali, principalmente in Sardegna, in Liguria, a Milano, Napoli e Pescara. Nel 1951 ordina una mostra antologica al Museo Caccia di Lugano e l’anno successivo allestisce una personale alla Galleria La Colonna di Milano, diretta da Renata Usiglio. Dalle frequentazioni liguri nasce la serie dei Porti di Savona che presenterà in diverse rassegne personali. Decora inoltre, utilizzando diversi pannelIi, l’intera parete del ristorante Pescetto con le Cronache d’Albisola, in cui sono rappresentati artisti, pittori, scrittori, critici e poeti che sono soliti ritrovarsi d’estate ad Albisola. Quest’opera verrà poi smembrata verso la fine degli anni sessanta. Sempre ad Albisola, realizza un mosaico sulla passeggiata amare, l’affresco I Liberatori (1956), e, nella vicina Savona, un pannello di ceramica sulla facciata della scuola Mameli. Nel 1956 va in Cina a capo di una delegazione di artisti italiani, visita Pechino e Shanghai (dove tra l’altro espone), Hangzhou, Deyang Cantone altri piccoli centri. Utilizza schizzi e appunti presi per una serie di incisioni e per un grande dipinto, La nuova Cina, che, con altri di medesimo soggetto, espone alla Galleria La Colonna. L’anno successivo espone alla Galleria San Fedele di Milano una Via Crucis e partecipa allaMostra Internazionale della Ceramica di Nizza. Nel 1961 è chiamato a eseguire scenografie per il teatro alla Scala di Milano (La Giara e Carmen) e per il Massimo di Palermo(El amor brujo di De Falla). Progressivamente si isola dal contesto del dibattito artistico italiano. Nel 1962 esegue a Thiesi l’affresco di tema storico I moti angioini. Compie un breve viaggio negli Stati Uniti e al ritorno realizza un ciclo di dipinti ispirati agli Spirituals.

1937-1938 Viene segnalato, arrestato e condannato dal Tribunale Speciale. Alla condanna, segue un periodo di detenzione di circa diciotto mesi passati nelle carceri di San Vittore, Regina Coeli e Fossano, in Piemonte, dove, non potendo dipingere, riempie numerosi quaderni di appunti e schizzi. Sono oltre 400 i disegni realizzati e, fra essi, oltre a immagini che testimoniano stati di angoscia e disperazione, si ritrovano tutti i soggetti preferiti dall’artista: battaglie, ciclisti, scene mitologiche, studi di figure. 1939-1945 Uscito dal carcere, pur se sorvegliato speciale non si dà per vinto; la lotta alla tirannia si traduce inevidenti metafore nei dipinti di questi anni: La Fucilazione in Spagna, La morte di Cesare e numerose Crocefissioni.Comincia con Lucio Fontana a frequentare Albisola, dove poi si recherà frequentemente contribuendo, con l’ausilio di Tullio Mazzotti, al rinnovamento della ceramica ligure. Intanto ritrova il vecchio gruppo di artisti e intellettuali amici (De Grada, Treccani, Migneco, Bo, Quasimodo, Vigorelli, Anceschi, Sereni, De Micheli, Marchiori) partecipando al movimento di “Corrente”. È un periodo di intenso lavoro creativo. Ne fanno fede le serie delle Battaglie, dei Concili, dei Caffè. Espone la grande tela Sortita di cavalieri veneti a Famagosta al premio Bergamo.Nel marzo del 1941 presenta alla Bottega di Corrente 41 opere accompagnate in catalogo da un testo di Luciano Anceschi. Tiene anche personali alla Galleria Genova di Genova, alla Galleria del Cavallino di Venezia e alla Galleria Barbaroux di Milano. Nel 1943 l’industriale Primo Minervino lo invita a realizzare un affresco nella sua villa di Zorzino, sul lago d’Iseo.Qui lavora ai 58 acquerelli per illustrare i Promessi sposi e si aggrega alle forze della Resistenza ai nazifascisti. L’anno seguente dipinge I martiri di piazzale Loreto, esposto poi alla Biennale di Venezia del 1952 e acquistato in quella occasione dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna dietro suggerimento di Giulio Carlo Argan. Il 4 ottobre del 1945 inaugura alla Galleria Santa Redegonda una personale con opere eseguite fra il 1929 e il 1945. Il testo del catalogo è di Enrico Emanuelli. Esegue le prime Maison Tellier, ispirate al noto racconto di Maupassant.

1963 È l’anno di una svolta nella vita e nella storia artistica di Sassu: apre un nuovo studio a Cala San Vicente, nell’isola di Maiorca ,dove comincia a trascorrere lunghi periodi e affida la gestione di tutta la sua opera alla Galleria Trentadue di Milano diretta da Alfredo Paglione, che pochi anni dopo diventerà suo cognato.Con l’editoreDe Tullio pubblica Opera grafica, una raccolta di 35 incisioni inedite eseguite fra il 1929 e iI 1962 con un’introduzione di Salvatore Quasimodo e un saggio critico di Giorgio Mascherpa. Segue un periodo di grande fervore creativo e di intensa attività espositiva. 1964 Realizza in mosaico l’abside del duomo di Lodi ed esegue a Pescara il grande dipinto Il Concilio Vaticano II per la chiesa di Sant’Andrea.

1946-1949 Nel dopoguerra, attiva e continua è la sua presenza nelle mostre più importanti in Italia e all’estero. Illustra numerosi testi classici: esegue varie cartelle di litografie. Presenta

1965 Curata da Mario De Micheli, tiene una importante mostra di disegni, grafica e scultura alla Galleria Civicadi Monza. Prima personale alla Galleria Trentadue, Tauromachia e Paesaggi

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di Spagna, presentata da Enzo Fabiani.Realizza aThiesi il murale in ceramica La vita e la natura.

Maria Callas e Giuseppe di Stefano. S’inaugura in Vaticano la Galleria d’Arte Moderna e nella sala a lui dedicata è esposto un significativo nucleo di lavori all’interno del quale si distinguono l’affresco Il mito del Mediterraneo e la grande Deposizione del 1943. Alla Galleria Trentadue mostra dei dipinti dal titolo I cavalli innamorati e della omonima suite di 20 opere grafiche con 10 poesie di Raffaele Carrieri.

1966 Il Governo rumeno lo invita ad allestire a Bucarest unamostra antologica di 100 dipinti. 1967 Nella primavera, seconda mostra delle Tauromachie alla GalIeria Trentadue presentata da Rafael Alberti. La rassegna poi verrà trasferita in altre città italiane (Verona, Udine, Venezia, Firenze, Roma, Genova, Sassari, Palermo). Nell’estate la Galleria Civica di Cagliari riapre Ie sue sale con una vasta rassegna antologica di 111 opere, curata da Alfredo Paglione; in catalogo testi di Franco Russoli, Corrado Maltese e Salvatore Naitza. Da Milano si trasferisce a MonticelIo Brianza.

1974 Si occupa intensamente di grafica e pubblica la cartella di 15 acqueforti dedicate all’Orlando furioso, con un testo di Vittorio Sereni.A Torino, alla Galleria Portici, vengono per la prima volta esposti i disegni eseguiti nel carcere di Fossano nel 1938. Dona a Papa Paolo VI una sua importanteVia Crucis per i Musei Vaticani. 1975 Partecipa con l’esploratore Walter Bonatti a una spedizione nella foresta amazzonica del Venezuela con l’intento di raggiungere il Salto Angel, la cascata più alta del mondo; ne ricava straordinarie impressioni per una serie di dipinti. A Milano, alla Galleria Trentadue, prima mostra dei paesaggi di Maiorca; per l’occasione esce il volume di Mario DeMicheli Aligi Sassu. Il paesaggio di natura. Insieme a Manzù riceve il premio Europa. Dipinge lo stendardo (il Cencio) per il Palio di Siena.

1968 Dipinge una serie di grandi opere fra cui un ritratto di CheGuevara che, dopo essere stato esposto a Milano alla Galleria Trentadue, viene donato, su suggerimento del poeta Rafael Alberti al Museo dell’Avana. Lavora ad una Via Crucis, 14 litografie con un testo del Card. Giovanni Colombo. 1969 La rivista “Civiltà delle macchine” gli dedica un numero in cui viene pubblicato un ampio saggio di Carlo Bo dal titolo Sassu e la presenza ignota.

1976 Realizza a Pescara due grandi mosaici per la chiesa di Sant’Andrea, dove in precedenza aveva dipinto,nel 1964, la cappella del Concilio Vaticano II. Pubblica la cartella di sei grandi acquetinte La via dell’aurora con poesie di Rafael Alberti.

1970 La GalIeria Trentadue ripropone il ciclo degli Uomini rossi 1929-1933 con unamostra curata da Riccardo Barletta, successivamente trasferita in altre città. Mostra alla Galleria delI’Orso di Milano sul tema Omaggio alla Sardegna e pubblicazione delI’omonima cartella contenente 5 litografie e altrettante poesie di Sebastiano Satta. La rivista “Il Poliedro” gli dedica uno speciale numero monografico. In occasione del suo viaggio in Sardegna, papa Paolo VI dona al Comune di Cagliari il dipinto di Sassu Il Concilio.

1977 II Centro Rizzoli di Milano raccoglie in una mostra le opere del periodo futurista. L’editore Vanni Scheiwiller pubblica, per l’occasione, il volume Sassu futurista, curato da Luciano De Maria. Sue opere sono esposte al Museo d’Arte Moderna di Rotterdam nella mostra dedicata alla bicicletta. Lavora a un ritratto di Antonio Gramsci. Ritorna in Sardegna, nel paese-museo di San Sperate e riceve la cittadinanza onoraria di Nuoro. In occasione di un suo viaggio a Toronto per una mostra personale alla Madison Gallery tiene una serie di conferenze sull’arte italiana. Dona la grande vetrata La Resurrezione alla parrocchia di Desio. Dipinge una Crocefissione nella chiesa di Monticello Brianza e dona al Museo di Ca’ Pesaro di Venezia il dipinto La strada gialla.

1971 Col titolo I maestri del gran fuoco, la Galleria Trentadue presenta una vasta rassegna di ceramiche di Fontana e Sassu realizzate ad Albisola. Partecipa alla Mostra Itinerante del Bronzetto promossa dalla Quadriennale di Roma che viene ospitata presso diversi paesi del Centro e del Sud America, oltre che in Giappone e in Ungheria. 1972 Esegue i bozzetti per le scene e i costumi della Cavalleria rusticana all’Arena diVerona. Alla Galleria TrentadueMario De Micheli presenta la mostra antologica itinerante I caffè, 1932-1972. Scolpisce un trofeo per il GranPremio di Merano. Sposa la soprano colombiana Helenita Olivares.

1978 Con un giornalista e un fotografo della Rizzoli compie un viaggio a Cuba e ne trae ispirazione per una serie di oli, disegni e pastelli. 1979 Pubblica e presenta in una mostra a Toronto la cartella di 15 incisioni There were no signs ispirate ad altrettante poesie del poeta canadese Irving Layton. Illustra i volumi A les illes dello scrittore spagnolo Baltasar Porcel e le Torxes de pau

1973 In occasione della riapertura del Teatro Regio di Torino cura le scene e i costumi dei Vespri siciliani, affidati alla regia di

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Una Via Crucis di Aligi Sassu

del poeta maiorchino Miguel Bota Toxto. Gli editori Vangelista, in Italia, e Guadalimar, in Spagna, pubblicano la monografia Aligi Sassu nell’isola ritrovata con uno scritto di Baltasar Porcel. In occasione dell’uscita del volume la Galleria Trentadue presenta i più recenti paesaggi spagnoli, insieme a quelli della spedizione con Walter Bonatti al Salto Angel in Venezuela. Grande antologica a La Lónja di Palma di Maiorca a cura di Alfredo Paglione. In catalogo un importante saggio di Cesareo Rodriguez Aguilera. Esce a Madrid il n. 12 dei Quaderni d’arte contemporanea di Guadalimar dedicato a Sassu.

Cavallo impennato che viene collocata nella piazzetta di fronte all’Accademia di Brera. Mostra personale in Germania nelle gallerie Stadthaus e Scheffel di Bad Homburg dove sono esposti sculture, opere grafiche e alcuni dipinti. 1985 Mostra itinerante dei Promessi Sposi in Canada, dove viene ospitata dall’Istituto Italiano di Cultura di Toronto, dal Museo d’Arte Contemporanea di Montreal e dalla Biblioteca Nazionale di Ottawa. Viene inaugurato dal presidente del Consiglio Craxi a Milano, in piazza Tricolore, il monumento alla Guardia di Finanza. Per il centenario della nascita di Matteotti viene allestita a Fratta Polesine un’ampia mostra dei disegni dal carcere e dei quadri di impegno politico. Mostra personale alla Galleria Juan Gris di Madrid. Due esemplari della scultura Cavallo impennato vengono collocati nel giardino del Palazzo della Confcommercio di Milano e in una piazza della Repubblica di San Marino.

1980 Realizza le scene e i costumi per la Carmen all’Arena di Verona. La Galleria Trentadue presenta un’ampia rassegna di opere sul tema dei Ciclisti e Gianni Brera introduce con uno scritto il volume I ciclisti di Aligi Sassu. 1981 Lascia Monticello Brianza e torna a vivere aMilano, nelquartiere di Brera. L’Accademia d’Arte “Scalabrino” di Montecatini gli conferisce il premio“Vita d’Artista” per il 1980, allestendogli un’antologica.

1986 Mostra personaIe alla galleria Pelaires di Palma di Maiorca.Viene invitato con tre dipinti alla XI Quadriennale di Roma; ugualmente con tre opere alla mostra Il luogo del lavoro organizzata dalla Triennale diMilano e con dieci dipinti degli anni trenta alla rassegna dedicata al Chiarismo lombardo allestita a Milano (Palazzo Bagatti Valsecchi) e a Mantova (Casa del Mantegna). Un nucleo di suoi disegni è esposto alla Mostra della Resistenza in Europa, realizzata a Brescia e curata da Mario De Micheli ed Elvira Cassi Salvi. Porta a compimento, dopo cinque anni, le 113 tavole dedicate alla Divina Commedia di Dante. Tre suoi dipinti vengono acquistati ed esposti al Museo Puškin di Mosca. Nello stesso anno è nominato appuntato d’onore della Guardia di Finanza, onorificenza attribuita a Giacomo Puccini e Gabriele d’Annunzio.

1982 Ottiene il riconoscimento “Gli uomini che hanno fatto grande Milano”. 1983 Viene collocata in una piazza di Palma di Maiorca la sua grande scultura in bronzo Cavallo impennato. Il 5 maggio alla Casa del Manzoni di Milano viene presentato il volume I promessi sposi illustrato da 58 acquerelli eseguiti da Sassu nel 1943-1944. Dona alla città di Sassari l’affresco Prometeo, che viene collocato nel Palazzo della Provincia dove, a cura di Alfredo Paglione, s’inaugura una sua mostra antologica successivamente trasferita presso la PinacotecaCivica di Jesi, dove riceve il premio “Rosa Papa Tamburi”.Dalla casa editrice Priuli Verlucca di Ivrea viene pubblicata l’edizione aggiornata e arricchita di una prefazione di Erich Steingräber del volume Il rosso è il suo barocco di Riccardo Barletta. Presenta allaGalleria Trentadue una serie di nuovi dipinti raccolti sotto il titolo Mitologia e la cartella Apocalisse,una suite di 7 opere grafiche presentate da Werner Spies. In catalogo uno scritto di Erich Steingräber.

1987 Con un vero e proprio plebiscito viene nominato cittadino onorario di Palma di Maiorca. Mostra antologica con opere dal 1927 al 1985 al Museo d’ArteContemporanea di Monaco di Baviera a cura di Alfredo Paglione. In contemporanea tiene, sempre a Monaco, personali nelle gallerie Ruf ed Eichinger. Viene pubblicato I Sepolcri di Foscolo illustrato da 33 acquerelli eseguiti da Sassu nel 1942. A Copenaghen mostra dei Promessi sposi. Nel decimo anniversario della strage di Piazza della Loggia espone a Brescia, a cura di Floriano De Santi, una selezione di opere di impegno civile sotto il titolo Dagli uomini rossi alle Fucilazioni. Al Museo del Paesaggio di Verbania e al Comune di Argenta viene allestita la mostra antologica Sassu. Il paesaggio. Al Castello Gizzi di Torre de’ Passeri (Pe) viene esposta per la prima volta la Divina Commedia. Festeggia i sessant’anni di pittura con una grande antologica di 100 dipinti al Castello di Rivoli (To), a cura di Alfredo Paglione, e dona alla Regione Piemonte 40 disegni realizzati nel carcere di Fossano.

1984 A Ferrara, al Palazzo dei Diamanti, si apre una antologica di 118 opere curata da Franco Solmi, Giuseppe Bonini e Marilena Pasquali. La stessa mostra viene poi trasferita a Roma al Museo di Castel Sant’Angelo a cura di Sandra Giannattasio.Viene pubblicato il Catalogo generale dell’opera incisa e litografica a cura di PaoloBellini. A Siviglia espone 135 opere durante la “Settimana della cultura italiana” organizzata dall’Università Internazionale Menendez Pelayo. Milano, nelle sale di Palazzo Reale, ospita, a cura di Alfredo Paglione, la più vasta rassegna antologica di Aligi Sassu, con 270 opere fra dipinti, sculture, ceramiche e opere murali. Per la circostanza l’artista dona alla città di Milano la scultura

1988 Mostra antologica di 90 opere di pittura e scultura nel pre-

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Una Via Crucis di Aligi Sassu

stigioso edificio trecentesco della Lónja di Palma di Maiorca, a cura di Alfredo Paglione.

in occasione della mostra itinerante I ponti di Leonardo che ha interessato le tre maggiori città della Svezia, dove vengono esposte per la prima volta opere grafiche di artisti contemporanei accanto a originali di Leonardo. Antologiche a cura di Alfredo Paglione al Palazzo Foscolo di Oderzo e alla Galleria Civica di Campione d’Italia ed esposizione di 40 acquerelli e libri illustrati al premio Bancarella di Pontremoli.

1989 Mostra antologica a cura di Alfredo Paglione al Palau Robert di Barcellona e personale alla Gallery Universe di Tokyo. Le 113 opere della Divina Commedia vengono presentate a Ravenna presso la tomba di Dante. La scultura Cavallo impennato, donata alla città di Milano, viene collocata davanti alla Pinacoteca di Brera. Lavora a una grande scultura in bronzo che viene collocata a Merano in occasione del 50° anniversario dell’Ippodromo Maia.

1995 Viene nominato cavaliere della Gran Croce dal presidente della Repubblica. Lavora a due importanti sculture Nouredduna e Il dio Pan, esposte a San Marino in una rassegna organizzata dalla locale Cassa di Risparmio. Personali alla Stamperia dell’Arancio di Grottammare, alla Galleria Biasutti di Torino e alla Galleria Ghelfi di Verona. Una vasta rassegna comprendente oltre 80 dipinti e gli acquerelli dei Promessi sposi viene inaugurata nel salone Portoghesi delle Terme di Montecatini e visitata dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. In dicembre, presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Vittorio Fagone e Alfredo Paglione organizzano la mostra Sassu. Dal 1930 a Corrente. Esce il secondo volume dedicato all’opera grafica di Sassu e la casa editrice Ilisso pubblica Aligi Sassu, un approfondito studio monografico sull’opera dell’artista a cura di Antonello Negri.

1990 Pubblicazione del volume di Mario De Micheli Aligi Sassu. Sculture e ceramiche 1939-1989 e in contemporanea mostra di scultura a Milano alla GalleriaTrentadue. Rassegna antologica di 50 dipinti, realizzati fra il 1931 e il 1990, della collezione Alfredo e Teresita Paglione, presso la chiesa di San Paolo di Macerata. Espone alcune opere alla mostra Milano. Espressionismo lirico 1929-1936 allestita presso la Galleria Philippe Daverio. Il bronzo Il ciclista viene collocato a Milano all’interno del “Percorso della scultura” organizzato per i Mondiali di calcio. Oli, sculture e grafiche sul tema del Mito del Mediterraneo sono esposti alla Shurini Gallery di Londra. I cicli di illustrazioni per l’Alcyone di d’Annunzio, La strega e il capitano di Sciascia, Gli inni di Omero e altri autori, sono esposti alla Galleria Appiani ArteTrentadue di Milano. In catalogo un testo di Enzo Fabiani. Riceve a Firenze, in Palazzo Vecchio, il premio “Lorenzo il Magnifico”.

1996 Presenta una serie degli Uomini rossi al Centro Saint-Bénin di Aosta e le tavole della Divina Commedia a Siena, presso Santa Maria della Scala. Nei chiostri di Santa Caterina, presso il Comune di Finale Ligure, viene allestita, a cura di Alfredo Paglione e Mario Valente, una antologica di 100 opere – dipinti, sculture, ceramiche – dal titolo Aligi Sassu, la Liguria, il Mediterraneo, presentata in catalogo da Mario De Micheli.

1991-1992 Tre importanti mostre antologiche:di dipinti, sculture, acquerelli e opere illustrate al Castello Aragonese di Ischia; un’antologica sul tema del cavallo a Montecatini Terme con dipinti datati 1930-1990; e infine un’antologica di sculture, acquerelli e disegni al Castello Doria di Portovenere. Successivamente escono presso il Gruppo Editoriale Fabbri i volumi di Marco Rosci Sassu. Disegni 1929-1990 e di Paolo Portoghesi Sassu. Sculture.

1997 Con la mostra Sassu. Il sacro, a cura di Alfredo Paglione, si inaugura il nuovo Museo d’Arte dello Splendore (M.A.S.) a Giulianova in Abruzzo.Viene costituita a Lugano la Fondazione Aligi Sassu ed Helenita Olivares con 362 opere realizzate tra il 1927 e il 1996. Porta a termine a Maiorca la grande scultura in ferro El cavall que mira el sol de Alcudia. Pubblica l’autobiografia Un grido di colore, in cui ripercorre le tappe più significative della sua vita e del suo percorso artistico.

1992 Nel 1992, in occasione dei suoi ottant’anni, 80 opere datate 1927-1990 vengono ospitate da alcuni musei sudamericani – San Paolo del Brasile, Buenos Aires e Bogotà – all’interno del progetto “Arte italiana nel mondo” organizzato dalla Torcular e patrocinato dalla Presidenza del Consiglio.

1998 Presenta al Centro Museale Klovicévi Dvori di Zagabria le tavole della sua Divina Commedia.A Ozieri, in Sardegna, viene inaugurato il mosaico Prometeo e in provincia di Firenze la scultura Poseidone dona il cavallo ad Atene.

1993 Dopo un biennio di lavoro, porta a termine il murale in ceramica I miti del Mediterraneo per la nuova sede del Parlamento Europeo di Bruxelles. Lo stesso anno la Galleria Trentadue apre la stagione del trentennale della sua attività con un Omaggio ad Aligi Sassu, dipinti dal 1930-1990, a cura di Elena Pontiggia. Viene esposto il famoso dipinto I Ciclisti, 1931, da tempo considerato disperso.

1999 Lavora alla grande scultura in bronzo Il ciclista per le Universiadi di Palma di Maiorca, dove viene poi collocata davanti al Museo es Baluard. In occasione del suo 87° compleanno, grande antologica, con opere dal 1927 al 1999, a Firenze a Palazzo Strozzi, a cura di Marina Pizziolo. In catalogo un testo di Antonio Paolucci.

1994 Nel 1994 esegue la cartella di incisioni Manuscriptum commissionata dall’Armand Hammer Foundation di Los Angeles

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Una Via Crucis di Aligi Sassu

2000 Nel mese di marzo nasce la Fondazione Aligi Sassu ed Helenita Olivares di Maiorca. Il 17 luglio, giorno del suo 88° compleanno, Sassu si spegne nella sua casa C’an Marimón di Pollensa, nelle Baleari. La Fondazione Sassu-Olivares di Lugano ordina la mostra Sassu primitivista. 1929-1931 a cura di Luciano Caramel, allestita nelle sale del Museo Civico di Belle Arti di Villa Ciani a Lugano. Al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza a cura di Gian Carlo Bojani viene allestita Aligi Sassu l’opera ceramica, prima mostra completa sulla produzione ceramica, trasferita l’anno successivo al Museo Civico di Albisola.

l’affresco Ciclisti in salita ad Arcumeggia. La Fondazione Sassu-Olivares di Lugano ricorda i dieci anni della donazione Sassu-Olivares con un’esposizione di opere scelte della collezione presentate da Antonello Negri, a cura di Alessia Giglio. 2007 La città di Legnano, con la rassegna Aligi Sassu. Grandi sculture, ospita nei suoi luoghi più significativi, quattro sculture di Sassu di grande formato. 2008 Il 17 giugno a Palazzo Reale di Milano si inaugura la mostra Sassu. Dal mito alla realtà. Dipinti degli Anni Trenta, a cura di Giuseppe Bonini e Vittorio Sgarbi, la più importante esposizione sugli anni trenta di Sassu. Il 17 luglio, presso il Museo delle Ceramiche di Castelli, si apre la mostra, curata da Gian Carlo Bojani, Il Gran fuoco di Aligi Sassu. Duecento ceramiche e sculture dal 1939 al 1994, frutto della donazione Alfredo e Teresita Paglione.A Lugano,Villa Ciani ospita la quinta rassegna della Fondazione Sassu-Olivares, con la mostra curata da Vittorio Fagone Sassu. Maison Tellier.

2001 La Fondazione Sassu-Olivares di Lugano inaugura la terza rassegna sull’opera del maestro, con la mostra Uomini rossi, curata da Renato Barilli presso Villa Ciani di Lugano. Mostra antologica di 100 opere dal 1930 al 1990 presso la Galleria d’Arte Orizi di Piediripa (Mc) e la Galleria d’Arte La Mimosa di Ascoli Piceno a cura di Floriano De Santi. A Villa Filippini di Besana Brianza viene presentata un’importante selezione dell’opera scultorea a cura di Carlo Pirovano.

2009 Per la prima volta il territorio lecchese ospita i 58 acquerelli che Aligi Sassu realizzò nel 1943 per illustrare i Promessi sposi di Alessandro Manzoni presso la Quadreria Bovara Reina di Malgrate (Lecco); la mostra è organizzata e promossa dal Comune di Malgrate, dalla Provincia di Lecco e dalla Fondazione della Provincia di Lecco, la quale, con l’occasione, celebra i dieci anni della sua costituzione. Sassu futurista è il titolo dell’esposizione di 72 opere di Sassu, a cura di Ada Masoero, per celebrare il centenario del movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti presso la sala Carino Gambacorta della Banca di Teramo e successivamente a Thiesi presso la Sala Sassu. Il Comune di Sarroch (Cagliari), allestisce, presso Villa Siotto, la mostra Giorgio de Chirico e Aligi Sassu. Mito del Mediterraneo, ideata e curata da Silvia Pegoraro.

2003 A Lugano viene allestita a Villa Ciani la quarta rassegna dell’opera del maestro con la mostra Sassu realista a cura di Raffaele De Grada. Viene inaugurata il 18 luglio a Chieti Scalo, presso la sede della Banca Carichieti, la sala permanente con i 58 acquerelli che illustrano I Promessi sposi, donati da Alfredo e Teresita Paglione. Per l’occasione viene nuovamente pubblicata l’edizione dell’opera manzoniana illustrata da Sassu. A Besana Brianza, Villa Filippini ospita l’esposizione Picasso, Fontana, Sassu. Arte ceramica da Albisola a Vallauris a cura di Flavio Arensi. 2004 A marzo il Museo d’Arte della Provincia di Nuoro ospita la mostra Aligi Sassu. Il mese successivo a Palma di Maiorca, alla presenza di Sua Maestà la Regina di Spagna, delle più importanti autorità dell’isola e della vedova dell’artista, viene inaugurata presso il Casal Solleric la mostra Sassu. Escultures.A Chieti, in Abruzzo, al Museo Barbella, il 21 luglio viene aperta al pubblico la mostra permanente della collezione Alfredo e Teresita Paglione, Arte per immagini. Da de Chirico a López García, con una sala di 11 opere storiche di Aligi Sassu.

2010 Al Museo di Villa Urania a Pescara, per celebrare il decimo anniversario della morte di Sassu, viene allestita a cura di Giancarlo Bojani e di Alfredo Paglione, la mostra di 100 ceramiche (1939-1969) 100 Cavalli di Aligi Sassu. A Tolmezzo (Ud), nelle sale di Palazzo Frisacco, il 30 aprile si inaugura la mostra Aligi Sassu. Omaggio al ciclismo. Lo sport nell’arte italiana, in catalogo testi di Flavio Arensi e Gianni Brera. Il 22 maggio a Malgrate (Lc), a cura di Emiliana Biondi e Magda Pirovano si apre la mostra Sassu. Un grido di colore. Il 23 maggio a Thiesi (Ss), a cura di Alfredo Paglione e Silvia Pegoraro si apre il Museo Aligi Sassu dove sono conservate opere murali e opere grafiche del maestro. Ancora nel maggio 2010 a Ome (Bs) presso la CasaMuseo di PietroMalossi Luigi Marsiglia cura Aligi Sassu. Sessant’anni di scultura; presso la Villa Filippini di Besana Brianza (Mb) si inaugura la mostra, curata da Giovanni Faccenda, Sassu inedito. Settant’anni di pittura su carta. Nell’agosto si inaugura il Museo Sassu ad Atessa (CH), a cura di Elena Pontiggia ed Alfredo Paglione con 210 opere su carta.

2005 Si inaugura presso la Casa del Manzoni di Milano l’esposizione di 58 acquerelli dei Promessi sposi a cura del Centro Nazionale Studi Manzoniani e della Fondazione Carichieti.Al Museo della Santa Casa di Loreto, il 16 luglio, viene inaugurata la mostra curata da Elena Pontiggia, La bellezza della Croce, opere donate dai coniugi Alfredo e Teresita Paglione tra le quali 11 di carattere sacro di Aligi Sassu. 2006 Aligi Sassu. Milano-Arcumeggia andata e ritorno. Omaggio in quattro tempi. È il titolo della mostra in quattro sedi distinte con la quale la Provincia di Varese rende omaggio al Maestro in occasione dei cinquant’anni dell’esecuzione del-

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Finito di stampare nel mese di luglio 2011 dalla GEO Poligrafia - Fossacesia


ASSOCIAZIONE A.M.A. UNA VIA CRUCIS PER TORNARECCIO - 2011

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Sede espositiva: Sala San Vito Via Pallano - 66046 Tornareccio (CH)

Associazione A.M.A. Via Porta Nuova, 1 - 66046 Tornareccio (CH) Tel. 347.3747900 info@unmosaicopertornareccio.it www.unmosaicopertornareccio.it

In copertina:

ALIGI SASSU EDIZIONI

A.M.A.

V Stazione. Il Cireneo (part.), 1968 litografia, cm 63x87


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