Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

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Progettare

durante la terza

rivoluzione industriale

Techlab

eesperienze Ociajdi innovazione radicate nella

tradizione


La scelta di stampare la tesi su due differenti tipi di carta per distingure la prima parte, manuale di Norman Potter Cos’è un designer: Things, Places, Messages del 1969 che ci ha anche guidato nella scelta del mestiere di progettisti e autoproduttori.

e rilegata presso “Gli artigiani del Libro” Chieri (TO).




dipartimento di architetturA E design corso di laurea in design e comunicazione visiva

tesi di laurea a. a. 2014/2015

relatrice

Claudia de giorgi candidati

FILIPPO anzivino 174903 PIERLUIGI VONA 174581



"Progettare durante la terza rivoluzione industriale. Techlab e Ociaj, esperienze di innovazione radicate nella tradizione" è un lavoro scritto a quattro mani da Filippo Anzivino e Pierluigi Vona. Ha l’uomo uno spirito artigiano? La consapevolezza tecnologica e la democrazia della cultura del fare sono argomenti abbastanza sviluppati all'interno della nostra società? Nella prima parte di questo elaborato abbiamo provato a rispondere a questi interrogativi analizzando gli argomenti dal punto di vista critico, storico e culturale. Descrivendo le basi della cultura cristiana e greca, il Demiurgo ed Efesto e provando a paragonare l’artigiano ad un traduttore, che lavora con le idee e le traduce in materia e riportando successivamente la figura di Giovanni Sacchi, artigiano e modellista del design italiano. A partire dalla definizione di Artigiano e delle sue varie sfaccettature, abbiamo analizzato prima la sua nascita medievale e poi l’organizzazione delle arti e del commercio in Botteghe e Apoteche ricalcando anche l’analisi di Stefano Micelli nel suo “Futuro Artigiano” del 2011 e il saggio di Richard Sennett “L’Uomo Artigiano” del 2008. A questo segue una doppia analisi di Prima e Seconda Rivoluzione Industriale. In primo luogo definiamo e analizziamo le conseguenze che hanno avuto le innovazioni tecnologiche che hanno portato e i metodi e le teorie di produzione che ne sono derivati. In secondo, invece, paragoniamo le invenzioni tecnologiche che sono state causa e fautrici delle rivoluzioni, alle condizioni che hanno definito lo sviluppo degli ultimi anni, il calcolo digitale, la rete e oggi la fabbricazione digitale. Il capitolo sfocia infine nella nostra vera e propria Tesi. La progettazione partecipata e libera come perno dell’attuale Terza Rivoluzione Industriale. La seconda parte, corpo centrale del lavoro, descrive i progetti che stiamo attualmente portando avanti per mettere in pratica la nostra tesi.

Techlab, innanzi tutto, un laboratorio di prototipazione digitale, luogo in cui poter sviluppare le proprie idee e trovare i mezzi per concretizzarle, nato nel marzo 2012 grazie a dei fondi provinciali (PLG Piano Locale Giovani). Il progetto, portato avanti da giovani studenti, architetti, designers, ingegneri, sociologi ed educatori del territorio chierese (TO), si sviluppa secondo tre fasi. La prima, marzo-dicembre 2013, ha caratterizzato l’apertura del laboratorio e l’accessibilità gratuita da parte di qualunque cittadino a ogni servizio fornito (dal taglio laser alla stampa 3d e dalla falegnameria alla ciclofficina). La seconda, febbraio2014-settembre2014, in cui il Techlab, terminati i fondi provinciali, è rimasto aperto 4 pomeriggi a settimana sostenuto dal lavoro di “studio di progettazione” svolto durante le mattinate. E la terza, iniziata a gennaio 2015, che ha visto l’apertura dell’ Associazione Techlab, struttura amministrativa che permetterà al progetto di autosostenersi ed essere aperto alla città.

Ociaj, un progetto di autoproduzione basato anche sulla fabbricazione digitale. Montature di occhiali tagliate a laser su multistrato autoprodotto di ciliegio e successivamente lavorate e assemblate a mano. Il progetto nasce coniugando saperi artigianali della più tradizionale falegnameria e progettazione digitale e partecipata, raccolta e imparata al Techlab. Gli occhiali finiti sono infine proposti in filiera globale attraverso la vendita online, completi di lenti e involucro autoprodotti e spediti attualmente in tutto il mondo. La fase conclusiva del progetto prevede di documentare e spiegare tutto il progetto di produzione in ogni sua minima parte e di divulgarlo online, in modo da dare la possibilità a chiunque abbia accesso ad un laboratorio di fabbricazione digitale e voglia di apprendere le conoscenze artigianali necessarie, di produrre gli Ociaj e diventarne imprenditore.

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indice

CAPITOLO 1 uomo spirito artigiano 14

1.1 Artigiano: origini Mitologia e letteratura 1.1.1 cristianesimo 1.1.2 Grecia arcaica, Demiurgo ed Efesto

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1.2 Lo spirito Artigiano 1.2.1 PiĂš di un semplice mestiere 1.2.2 Artigiano Traduttore 1.2.3 Artigiano Maestria Anonima 1.2.4 Giovanni Sacchi 1.2.5 Storicamente

CAPITOLO 2 Democrazia della cultura del fare e coscienza tecnologica 2.1 Definizioni

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2.2 Cultura Giovine 2.3 Perdita della cultura del fare 2.3.1 Prima Rivoluzione Industriale 2.3.2 Seconda Rivoluzione Industriale 2.3.3 Taylorismo 2.3.4 Fordismo 2.4 Lavoro di Testa e Lavoro di mano 2.5 La nuova catena di montaggio 2.6 Tipi di conoscenza, Bricoleur e Ingegnere 2.7 Politica, Economia e Finanza, da Astrazione ad ArtigianalitĂ

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CAPITOLO 3 Progettazione partecipata vera terza rivoluzione industriale 3.1 Prima e Seconda e Terza Rivoluzione Industriale

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3.1.1 Il web non ha ancora rivoluzionato l’industria 3.1.2 Atomi e Bits 3.2 Spazi e Strumenti necessari alle nuove forme di lavoro

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3.2.1 Makers e Makerspace 3.2.2 Le Idee vincono la geografia? 62

3.3 Impiego delle tecnologie Open Source 3.3.1 Consapevolezza Tecnologica 3.4 Progettazione e Partecipazione

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CAPITOLO 4 techlab 4.1 Un Techlab, amico mio

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4.1.1 Mappatura dell’artigianato locale 4.1.2 Fablabs e Rete Nazionale 4.2 Studio di Progettazione Fuori di Techlab Agrilab Abelab Robe da grandi Thisordinato Montilab Light up the public space Casa nel bosco Astoria Origine

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4.3 Associazione di Promozione Sociale Scienza Design Società

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CAPITOLO 5 ociaj 5.1 Filosofia

92 5.1.1 Autuproduzione 5.1.2 Storia 5.1.3 Occhiali Tradizione Piemontese Persol & Turinyes

5.2 Tecnica

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5.2.1 Materiali locali ed autoprodotti Multistrato 5.2.2 Strumenti un Techlab Taglio laser Utensili Camera di vapore e Dima 5.2.3 Procedimenti Progettazione del modello Taglio Laser Bisellatura Curvatura Rifinitura Cerniere Verniciatura Lenti Personalizzazioni Impiallacciatura Forme Misure Disegni incisi 5.3 Comunicazione e Distribuzione

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Logo Distribuzione locale Social Network Distribuzione futura

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CrĂŹsi: dal lat. CrĂŹsis, dal gr. Krisis, Separo, Decido. Momento che separa una maniera di essere, o una serie di fenomeni, da altra differente.



capitolo

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Uomo spirito artigiano


1.1 Artigiano: origini mitologia letteratura Dal latino Artes, arti, mediante un supposto aggiettivo artensis, poi artesiànus, come cortigiano da cortese, come borghigiano da borghese. Colui che esercita un’arte (meccanica). 1 1.1.1 CRISTIANESIMO Nella cultura ebraico-cristiana Dio è creatore, artefice dell’universo.2 Si può proporre come prima manifestazione del rapporto tra progettazione e realizzazione, il primo caso di concretizzazione del rapporto tra software e hardware, tra il cosa e il come. 1.1.2 GRECIA ARCAICA, DEMIURGO ED EFESTO Nel mito dell’Iperuranio di Platone si fa riferimento al Demiurgo, figura semi mitologica e filosofica, colui che per primo costruì un ponte tra l’astratto e il concreto. Nella mitologia greca è lui che ha formato il mondo delle cose, il mondo materico che conosciamo, prendendo spunto dal mondo delle idee, il luogo dove le idee appunto sono immutabili e perfette, raggiungibili solo dall’intelletto, dove risiede l’archetipo, la forma originaria e prima, l’essenza sostanziale di qualsiasi oggetto. Demiurgo è quindi artefice, padre dell’universo, forza imitatrice e plasmatrice, che trasforma e forma, ma che non crea. In qualche misura vivifica la materia, dandole forma e ordine, rendendola anima del cosmo (anima universale che unisce tutti gli esseri viventi apparentemente separati). E’ l’intelligenza che progetta il mondo, avendo le idee come modello, e la materia (o chora) come strumento. 3 Il termine Demiurgo nella Grecia arcaica era anche usato per indicare la figura dell’artigiano (la parola è composta da demios: appartenente al popolo e ergon: opera, lavoro, ed ha quindi una connotazione legata alla produzione e nello stesso tempo un carattere di appartenenza alla collettività). L’artigiano rappresentava la classe media, posta tra gli aristocratici e gli schiavi. Era la figura in grado di affermare la propria autonomia, sia sociale che economica, attraverso il proprio mestiere. Interessante è notare come anche i medici, i magistrati gli aedi professionisti e gli araldi o banditori venivano classificati come demiourgoi (artigiani). Come a evocare una profondità d’animo nel mestiere, aspetto a noi quasi ormai quasi sconosciuto. 4


Copertina di Europe a Prophecy, di W. Blake


Luca Giordano, La Forgia di Vulcano


Nella Grecia arcaica appare una delle prime celebrazioni dell artigiano: Efesto, glorioso per la destrezza canta, o Musa dalla limpida voce; egli, insieme con Atena dagli occhi scintillanti, opere egregie insegnò sulla terra ai mortali, che fino allora vivevano negli antri, sulle montagne, come le fiere ma ora, grazie a Efesto glorioso per l’ingegno avendo appreso le arti facilmente, fino al compimento dell’anno, la vita conducono sereni nelle proprie case. 5 Efesto (il Dio protettore degli artigiani) è glorificato come portatore di pace e iniziatore di civiltà. Egli non è solo un tecnico, ma è un artigiano civilizzatore, colui che ha usato attrezzi e utensili per un bene collettivo, per porre fine a un’esistenza di cacciatori-raccoglitori e di nomadi guerrieri senza radici. 6 La manifattura aveva liberato gli individui dall’isolamento, personificato dai cavernicoli Ciclopi. Artigianato e comunità erano, per i greci arcaici, indissolubili. 7


1.2 lo spirito artigiano


1.2.1 PIU’ DI UN SEMPLICE MESTIERE Gli artigiani sono quelli dell’immaginario classico, nella bottega a produrre sedie con i loro apprendisti, ma anche la ricercatrice che sperimenta nel proprio laboratorio, come pure il direttore d’orchestra, che dirige la stessa. I tre hanno a cuore il lavoro ben fatto per se stesso. Mettono impegno personale e dedizione nelle loro attività. 8

La loro è una ricerca di qualcosa di più di una semplice definizione di un’attività pratica. Ricerca quello che accomuna questi tre individui, che nella fattispecie è un atteggiamento nel fare le cose, uno spirito colmo di passione e attenzione per la perfezione del dettaglio. E’ una maniera che va in contrasto con la logica della produzione a scadenze. Quel tipo di produzione che tiene d’occhio l’orologio. Gli artigiani invece rappresentano una specifica condizione umana: quella di mettere un impegno personale nelle cose che si fanno.


1.2.2 ARTIGIANO TRADUTTORE L’artigiano è un traduttore. Egli conduce la capacità dell’uomo di immaginare, progettare, comporre verso degli artefatti concreti. Rappresenta l’unione tra progettualità immateriale e matericità. Tim Brown, AD di IDEO (palmare PALM) afferma che per pensare in termini di design è necessario superare la postura convenzionale di chi immagina oggetti, bisogna imparare facendo (learn by making). Invece di pensare a cosa costruire, bisogna costruire per poter pensare meglio. I prototipi accelerano il processo di innovazione proprio perchè è solo quando portiamo le nostre idee nel mondo che davvero iniziamo a capire i loro punti di forza e le loro debolezze. 9


Il passaggio dalla progettazione alla realizzazione dell’oggetto è un’attività simile a quella della traduzione di un libro. I due processi, quello del pensare ad un oggetto e quello della sua realizzazione, fanno riferimento a coordinate culturali in esse incorporate che possono non avere corrispondenza. Tradurre richiede cultura, attenzione, passione, rispetto per l’autore. 10 Il sapere artigiano passa attraverso una continua sintesi tra pensiero e azione, che si nutrono a vicenda, che evolvono in parallelo. La continua scomposizione e ricomposizione tra conoscenza astratta ed esperienza è l’antidoto all’autoreferenzialità e all’inconcludenza. 11


1.2.3 ARTIGIANO MAESTRIA ANONIMA Demiourgoi era il modo con cui ci si rivolgeva in pubblico agli artigiani in età arcaica. Spesso venivano appellati con il nome della propria professione, dando luogo a uno degli aspetti caratterizzanti dell’individuo artigiano: egli è fautore di oggetti carichi di qualità progettuale e realizzativa, ma molto spesso questo per i fruitori non è riconducibile a una personalità in particolare. 12 In una recente pubblicità della nota azienda Nike, si propone una versione aggiornata del mito di Efesto, che inconsapevolmente ritrae questa “imperfezione”

dell’artigiano, incapace di soddisfare per se stesso il desiderio di gloria della modernità. 13 Nello spot i Calzolai Artigiani preparano con dedizione le calzature dei grandi campioni dello sport. Sono mostrate tutte le fasi produttive dalla costruizone al confezionamento alla consegna a chi le indosserà, grandi sportivi, moderni eroi. Si ammira la maestria artigiana, ma per quanto apprezzabile, non è in grado di infiammare la folla. Gli artigiani sono in secondo piano. L’artigiano è al servizio dell’eroe. 14


1.2.4 GIOVANNI SACCHI, LA TESTA E LA MANO “L’unico modo per capire veramente un materiale è farci delle cose (making things with it)”. 15 J. Ive, Senior Vice President of Design alla Apple, conosce bene le potenzialità e l’utilità del lavoro che prevede il contatto diretto con i materiali. Egli sostiene che la progettazione a CAD e la possibilità di associare un materiale virtuale all’oggetto consente solo un abbinamento banale, non permettendo di testare le potenzialità dell’incontro tra un materiale e una forma. Per progettare il noto Iphone 4, i designer Apple hanno fatto riferimento a un tipo di progettazione di matrice artigiana.

Bandiera di questo approccio è Giovanni Sacchi, modellista italiano, produttore di modelli e prototipi per cinquanta anni (morto nel 2005). Egli ha dato tridimensionalità alle idee del design italiano e si posizionava in quello spazio angusto, che è la traduzione del progetto astratto in oggetto materico. I committenti di Sacchi uscivano dalla sua bottega sempre con idee in più di quando erano entrati. Molti dei committenti di Sacchi hanno “scoperto” e quindi successivamente modificato i loro progetti nel momento in cui Sacchi gli consegnava il modello. 16


1.2.5 L’UOMO ARTIGIANO STORICAMENTE Con la nascita dei primi artigiani, emerge naturalmente la necessità di condividere con la comunità i propri artefatti. È nell’antico oriente che nasce la prima bottega, luogo utilizzato come magazzino e spazio di vendita. I Greci iniziarono a distinguerle in base al tipo di merce prodotta e trafficata. I Romani la chiamavano Apotheca (dal Greco “deposito”) e Taberna, che deriva da Tabula, la quale indicava il piano che si affacciava sulla strada, una finestra che permetteva l’incontro tra artigiano e comunità. La bottega così si apre e diventa un luogo che si propone per la vendita di oggetti, ma che ne racconta anche la storia. La Bottega è il primo Negozio. La prima esperienza di apertura al mondo con le proprie opere e artefatti. In Cina le botteghe iniziano a raccogliersi in luoghi in base alla professione (strada dei librai, dei falegnami, ecc…) Nel Medioevo nascono le prime insegne (i primi “marchi”) per distinguere le botteghe di stessa professione.17 Con la nascità dei liberi comuni si origina il ceto medio, che trova la sua massima espressione nel lavoro artigianale. Non essendo di origine nobile, tale ceto trae la propria prosperità dall’esercizio delle arti e dei mestieri, avendo nella

città il proprio ambiente naturale. Il mondo feudale, agricolo e militare, aveva struttura verticale, fondato su una rigida gerarchia. L’unione dei cittadini e il lavoro autonomo permettono la liberazione dai vincoli feudali e dall’autorità imperiale. Il mondo comunale è cittadino e mercantile. La società si orizzontalìzza. Nel mondo comunale nascono le corporazioni, un’ulteriore simbolo dell’affermazione del ceto medio che, grazie alla propria autonomia lavorativa, riesce a inserire rappresentanti dei propri interessi nei gruppi decisionali cittadini. Nascono le prime Lobbies, corporazioni e quindi gruppi di lavoratori uniti e rappresentati nel mondo politico. Hanno la capacità di avere potere decisionale, senza alcun titolo, diritto di nascita o religioso.18 La nuova società creatasi nelle città stato è stata un chiaro esempio di come il lavoro artigianale, manifesto di autoaffermazione e autonomia, possa elevare le persone e democratizzare la società. Come nell’antica Grecia è in un sistema di società orizzontale che la cultura del fare insita nell’essere umano emerge, si esprime e si concretizza, conservandosi e sviluppandosi.


capitolo

2

democrazia della cultura del fare e coscienza tecnologica


DEMOCRAZIA

La dottrina stessa, come concezione politico-sociale e come ideale etico, che si fonda sul principio della sovranità popolare, sulla garanzia della libertà e dell’uguaglianza di tutti i cittadini. 1

CULTURA

L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo. 2

2.1 definizioni

COSCIENZA

Coscienza dal latino Conscientia da Consciens p.pres Conscire, essere consapevole (composta da Con 0 “Cum” con particella intensiva e “Scire” sapere). Consapevolezza che il soggetto ha di se stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività interiori. 3

TECNOLOGIA

Il termine tecnologia è una parola composta che deriva dal greco “tékhne-loghìa”, cioè letteralmente “discorso (o ragionamento) sull’arte”, dove con arte si intendeva sino al secolo XVIII il saper fare, quello che oggi indichiamo con “tecnica”. Per “tecnica” si può intendere un qualunque metodo organizzato e codificato per raggiungere uno scopo definito. La parola tecnologia indica perciò la catalogazione e lo studio sistematico di tecniche, spesso riferite ad un certo ambito specifico (es. “tecnologia informatica”). 4

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2.2 cultura giovine Il biologo John Maynard Smith propone un esperimento mentale. Propone di visualizzare con la mente un film di due ore che ripercorra, a un ritmo fortemente accelerato, l’evoluzione della vita animale, dalla comparsa dei primi vertebrati, all’avvento dell’essere umano.

2 ore

1 min

Emergerà che l’uomo fabbricante di utensili fa la sua comparsa solo nell’ultimo minuto.

01 sec

Propone poi di immaginare un altro film di due ore, che ripercorra la storia dell’uomo fabbricante di utensili.

30 sec

2 ore

Ebbene, la domesticazione di animali e la coltivazione di piante avverrà solo nell’ultimo mezzo minuto di film, mentre la scoperta dell’energia atomica occuperà soltanto un secondo.

Dall’esperimento proposto emerge che il tempo della cultura, nella storia umana, è breve. 5 La cultura ha però cambiato il tempo percepito. Seppure il tempo lineare sia lo stesso, scandito da eventi naturali massivi, il tempo percepito dall’umanità cambia completamente. Di fatto seppure il tempo della cultura occupi uno spazio breve nella storia, la cultura stessa ha densificato il tempo, rendendolo percettivamente più lungo. Come si evince dal gafico, l’orizzontalità della linea temporale è la stessa, ma la verticalità e quindi l’area del tempo aumenta.

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2.3 Perdita della cultura del fare Storicamente, gli assetti della società hanno determinato e sono stati determinati dal lavoro artigiano. Come già visto (cap.1), dal mondo feudale alla città stato si è verificata un’orizzontalizzazione della società. L’artigianato e la cultura del fare si sono sviluppati ed espansi fino alla nascita delle accademie e la completa affermazione delle botteghe come luoghi di conservazione del sapere. Dal XVIII secolo le innovazioni tecnologiche hanno contribuito sia al miglioramento delle condizioni di vita, che ad una graduale perdita della coscienza comune legata al sapere tecnologico. L’uomo delega soggetti astratti a risolvere i propri problemi. 6 2.3.1 I RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Il sistema agricolo -artigianale- commerciale perdurato fino al XVIII secolo venne messo in discussione con la I Rivoluzione Industriale che aveva portato ad una trasformazione del sistema produttivo, ad un mutamento il sistema economico ed infine dell’intero sistema sociale. Apparve per la prima volta il concetto di fabbrica. Questa si propose come evoluzione della bottega con livelli produttivi esponenzialmente superiori. Nella fabbrica, come nelle botteghe, avvenne la trasformazione fisica dei materiali attraverso un processo manifatturiero. Questa prima rivoluzione fece riferimento al settore tessile (cotone), metallurgico (ferro), estrattivo (carbon fossile) e l’invenzione del motore a vapore, ad opera di J. Watt, produsse il primo macchinario meccanizzato capace di esprimere un’energia e un’efficienza mai viste prima, dal quale poi si arrivò alla locomotiva a vapore. L’applicazione del macchinario a vapore al processo produttivo ebbe l’effetto di aumentare enormemente la disponibilità di energia, grazie anzitutto a un imponente incremento dell’estrazione di carbone, e la sua utilizzazione nell’industria, nell’agricoltura, nei trasporti, e rese possibile la produzione e lo scambio di beni su una scala in precedenza impensabile. In questo contesto comparvero le prime esperienze di design. Nelle stesse macchine industriali, che nacquero proprio all’insegna di una grande funzionalità ed efficienza, si riscontrò la traccia di un progettista vero. La meccanizzazione investì massicciamente le aziende a conduzione capitalistica, capaci di convogliare grossi investimenti nell’acquisizione di macchinari utili al compimento della svolta alla produzione seriale di massa. Il sistema fabbrica determinò la nascita di due nuovi soggetti: da un lato i padroni-proprietari del capitale necessario agli investimenti in macchine e al pagamento dei salari degli addetti al loro funzionamento, e dall’altro gli operai che vendevano la loro forza lavoro. 7

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Il contesto gradualmente si riverticalizza: il capitale è ora protagonista delle produzioni. Con esso si ha accesso ai macchinari, lavoratori instancabili e senza diritti. La popolazione deve quindi rincorrere quel capitale centralizzato, per averne una piccola fetta. La figura dell’operaio nasce in questo modo. Ecco che il piano orizzontale della società perdurato fino ad allora inizia piano piano a riverticalizzarsi, con nuove figure agli estremi. Se prima il feudatario si trovava in alto e lo schiavo contadino in basso, ora il proprietario di capitale è in cima, con l’operaio al gradino più basso, un’involuzione dalla figura autonoma e autoaffermata dell’artigiano.

2.3.2 II RIVOLUZIONE INDUSTRIALE La seconda rivoluzione industriale si colloca come affermazione di certi principi già emersi con la prima: La fine del XIX secolo è un periodo che corona un secolo di prodigiosi sforzi scientifici ed economici, una nuova era di cui gli scienziati e i filosofi profetizzano la grandezza, nella quale la realtà supererà i nostri sogni e fantasie (Atti preparatori dell’Esposizione universale del 1900). Si afferma l’Europa capitalista (seguita dagli USA e dal Giappone) pioniera di scoperte scientifiche e tecnologiche, armata di materie prime e di risorse energetiche grazie alle conquiste coloniali. Parola chiave è “Industria”, che sta a significare la destrezza ingegnosa e diligente nell’operare. Si è arrivati a un punto di svolta, in cui le operazioni di costruzione sono omologate grazie ai macchinari. Si crea un’arte fabbrile, caratterizzata dalla riproducibilità degli artefatti, simili gli uni agli altri, se non identici. Si introduce l’acciaio, l’utilizzo dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Ma ben più importante, lo spazio e il tempo subiscono una completa svolta. Infatti avvenimenti di rilievo prima dilatati nello spazio e nel tempo ora si concentrano in uno spazio temporale ristretto che rende più veloce e concitata la vita dell’uomo. 8 L’elettricità e le nuove fonti di energia applicate alla meccanica porteranno ad avere un mondo sempre più connesso, sia in termini di comunicazione che in termini di spazio. La possibilità di viaggiare in modo sempre più veloce e la possibilità di comunicare a distanza non avvicinano le persone solo fisicamente, ma mentalmente è ciò che costituisce la vera rivoluzione. La geografia cambia, il mondo diventa accessibile e non più così sconfinato, il tempo e lo spazio si contraggono. Rampante, la globalizzazione avanza. Mercati, tecnologie e linguaggi si uniformano e in definitiva la storia dell’uomo accelera. Differentemente dalla Prima R.I. , nella quale fondamentale era stato il ruolo di quel tipo di bourgeois (borghese), […]cioè l’imprenditore indipendente e fortemente individualista, sorgono dai grandi enti anonimi, che sotto la moderna forma giuridica della società per azioni ebbero uno sviluppo fulmineo nell’industria, nel commercio e nell’organizzazione bancaria. 9

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Esposizione Universale di Parigi, 1889

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S

i verifica una centralizzazione del capitale, che da esteso e distribuito si concentra nelle mani di pochi, costringendo il resto della popolazione anch’essa ad accentrarsi per rincorrerlo. Come nella contemporaneità questa nuova forma di gestione della fabbrica comporta anche un mutamento nei rapporti tra il padrone e gli operai che ora si trovano a dover interloquire per le loro rivendicazioni con entità anonime spersonalizzate portatrici di responsabilità collettive, non più individuali e facilmente identificabili come prima, rappresentate dai consigli di amministrazione a loro volta espressioni della massa informe degli azionisti. Protagonisti a livello di progettazione durante seconda rivoluzione industriale sono proprio i macchinari, quasi totalmente immuni da preoccupazioni stilistico-decorative, i quali segnano il reale progresso, anche in fatto di gusto. Un secondo settore della produzione di tale periodo che ha un legame con il design è dato da tutti quei prodotti che, grazie all’impiego di nuovi materiali quali la ghisa, il ferro, l’acciaio subirono una notevole trasformazione e sostituirono molti manufatti prima realizzati in legno e pietra. Si può affermare che l’industrial design nasca simbolicamente con la costruzione del ponte sul fiume Severn a Coalbrookdale, the Iron Bridge. Esso si presenta come un arco a pieno centro della luce di 100 piedi, formato da due semiarchi d’un solo pezzo, costruiti in ferro e fusi nella vicina ferreria Madaley di Abraham Darby, in soli due anni (1777-1779); è diventato una sorta di monumento del periodo della rivoluzione industriale.10

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Charlie Chaplin, Tempi Moderni 2.3.3 TAYLORISMO Con la rivoluzione industriale si apre quindi un nuovo e inedito capitolo della produzione di artefatti. Cambia il sistema che coinvolge tutti gli aspetti di un lavoro, sia manuale che impiegatizio, evolvendo secondo criteri ripetitivi, parcellari e standardizzati, dove la mancanza di discrezionalità e di contenuti intelligenti viene vista come una condizione necessaria per ottenere una resa produttiva più intensa e uniforme. Le macchine polivalenti universali manovrate da operai di mestiere, che avevano trionfato per tutto il XIX secolo, lasciano sempre più spazio alle macchine specializzate e monovalenti: da macchine flessibili, che dovevano essere adattate a una vasta gamma di lavorazioni, si passava a macchine più veloci ma più rigide, destinate a produzioni di larga serie e assai più facili da manovrare. Questa evoluzione tecnica, come sottolinea Alain Touraine (v., 1955), pone le basi per un profondo cambiamento del lavoro operaio: gli operai di mestiere, capaci di “sentire” il ritmo e i bisogni delle vecchie macchine universali, lasciano il posto a operai “dequalificati”, che hanno il semplice compito di caricare e scaricare i pezzi dalle macchine, mentre la manutenzione di queste viene affidata a ristrette squadre di operai specializzati. Questa rivoluzione consentì di aumentare enormemente la produzione e di ridurre il costo del lavoro, data la minore qualificazione professionale degli addetti macchina. L’espansione produttiva va di pari passo con la crescita delle dimensioni quantitative delle fabbriche. Questo pone gravi problemi di controllo sociale e di organizzazione del lavoro, del tutto sconosciuti nell’Ottocento. Il sistema che regnava nelle fabbriche era il drive system (o sistema dello spintone), che S. Jacoby (v., 1984) definisce come “controllo stretto, abuso, irriverenza e minacce”. La nota dominante del drive system era di ispirare nell’operaio reverenza e paura del management, e quindi trarre vantaggio da quella paura per ottenere una maggiore produzione. Si passa quindi da un rapporto orizzontale di lavoro comune atto a un obiettivo comune, ad una verticalizzazione dei compiti. In alto il detentore di capitale, conscio degli obiettivi, in basso l’operaio, poco qualificato e quindi rimpiazzabile, estraneo ai progetti. La scomposizione del processo produttivo rende le varie mansioni isolate e ripetitive. L’operaio quindi sperimenta per la prima volta un senso di alienazione. All’individuo non è richiesta una specifica conoscenza né una competenza particolare, poiché era semplicemente chiamato ad interagire con una macchina che avrebbe svolto per lui le funzioni prestabilite. L’operaio così perde la sua dignità restringendo il suo campo decisionale e progettuale, diventando un mero macchinario destinato ad operazioni ripetitive. L’ingegnere e imprenditore Frederick Taylor fu uno dei ricercatori sui metodi per il miglioramento dell’efficienza produttiva. Il Taylorismo si pone quindi come prima vera opera di design del processo produttivo, un design complesso, che organizza l’enorme cambiamento in atto mettendo in relazione fattori produttivi, economici e sociali. Il Taylorismo si articola sinteticamente in quattro passaggi: - Studio scientifico dei migliori metodi di lavoro - Selezione e addestramento scientifico della manodopera - Sviluppo dei rapporti di stima e di collaborazione tra direzione e manodopera - Uniforme distribuzione di lavoro e di responsabilità tra amministrazione e manodopera. 11

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2.3.4 FORDISMO Henry Ford prese il modello teorico ideato da Taylor e lo applicò alla sua realtà aziendale. Egli mirava ad accrescere l’efficienza produttiva attraverso una rigorosa pianificazione delle singole operazioni e fasi di produzione, l’uso generalizzato della catena di montaggio, un complesso di incentivi alla manodopera. Da questa esperienza nasce il modello Fordista. In questo nuovo modello di produzione, si viene a creare un ennesimo ribaltamento, che porta gli artefici degli oggetti che ci circondano a distanziarsi in una scala verticale. Questo è dato dall’accentramento di enormi quantità di capitale, la nascita della fabbrica come nuovo luogo di produzione, gli investimenti in macchinari, che hanno solo costi fissi e non necessitano di alcuna retribuzione, e l’affermarsi di una nuova soggetto sociale, che si pone al di sotto dell’artigiano: l’operaio. Egli è il risultato di questo nuovo sistema produttivo. È il rappresentante dell’uomo che per seguire il capitale si trasferisce in città, dando vita alle periferie urbane, i luoghi che ancora oggi abitiamo. La classe operaia si espande in maniera esponenziale, e sostituisce l’artigiano autore di piccole serie di qualità. La classe operaia in aggiunta comprende una quantità ben superiore di persone lavoratrici. Sono infatti richieste minime competenze, necessarie a volte allo svolgimento di un solo e ripetitivo movimento, totalmente alienato dal resto della catena di produzione. 12

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I

modelli di produzione della prima e seconda Rivoluzione Industriale hanno portato ad un allontanamento tra chi produce le cose e chi le consuma. L’allontanamento oltre che essere fisico, è in gran parte concettuale, culturale. Il consumatore finale non comprende più le risposte alle domande di progettazione. Diventa un consumatore ignorante, incapace di stabilire quali sono i problemi di cui necessita risposta e incapace di scegliere soluzioni adeguate ed essi. Parallelamente nasce la figura del Designer Industriale, che si inserisce tra il possessore di capitale, e l’operaio, creando la scissione tra la “mano” e la “testa”, e che ha il compito di rispondere ai problemi delle persone, con progetti adeguati. Nel momento in cui però i consumatori, per eccessiva ignoranza, si pongono le domande sbagliate a problemi anche leciti, e non sanno scegliere risposte adeguate, che magari esistono, il sistema va in cortocircuito. La distanza di cultura tra consumatore e produttore cresce. Questo vuoto rende tutto il sistema inefficace. Le persone perdono la capacità di lettura degli oggetti che le circondano. Riconoscono l’hardware che compone un oggetto, ma il linguaggio software che configura i componenti in una precisa funzione resta oscuro, e la tecnica con la quale sono costruiti e costituiti è agli occhi del fruitore incomprensibile, e quindi usano l’oggetto spesso al di sotto delle proprie potenzialità, e non avendo alcuna capacità di ripararlo. Il Design ha quindi il compito di progettare oggetti sempre più complessi con interfacce sempre più semplici per persone sempre più ignoranti e tarde, ampliando sempre di più la loro distanza tra la “mano” e la “testa”, oppure c’è bisogno di un riavvicinamento dei due, senza mescolare i ruoli?


Donald A. Norman, La Caffettiera del Masochista



2.4 Lavoro di testa e lavoro di mano Matthew Crawford, un americano assunto come direttore esecutivo dell’istituto George C. Marshall, lascia il lavoro dopo pochi mesi di attività per aprire un’officina di riparazione di motociclette. Egli spiega la sua decisione come la differenza tra la matematica e la ripararazione di una motocicletta. Nella matematica ti trovi di fronte a un mondo che è frutto del processo di costruzione autonoma che tende a rendere la realtà interessante e intellegibile solo nella misura in cui possiamo riprodurla in forma ideale come proiezione del nostro stesso pensiero. Nel diagnosticare un guasto a una moto invece ci si confronta con un mondo costruito da altri. E’ necessario quindi aprirsi al dialogo, registrare indizi. Bisogna trovare la via per riconoscere un ordine immaginato da qualcuno che non possiamo né conoscere né interrogare. La competenza di chi ripara motociclette (e di qualsiasi artigiano) è un atteggiamento di apertura sia cognitiva che morale. 13 Molto spesso quei lavori che sembrano il futuro dei giovani, idealizzati come lavori intellettuali dalle suggestioni romantiche nei quali poter esprimere la propria creatività, non sono altro che attività poco distanti da ciò che Taylor teorizzò all’inizio del ‘900. Piccoli compiti parcellizzati in catene di montaggio, ripetitivi e privi di flessibilità. Crawford abbandona così il lavoro “intellettuale” per dedicarsi alle riparazioni di motociclette, trovando in quest’ultimo la flessibilità mentale e la creatività impossibili da esprimere in un lavoro oramai diventato piccolo compito in catena di montaggio.

Ci vuole l’attenzione che si presta a una conversazione più che l’assertività di chi è impegnato in una dimostrazione. Matthew Crawford


2.5 la nuova catena di montaggio “L’economia della conoscenza - cui abbiamo sempre guardato con pregiudizio favorevole, convinti che ci avrebbe liberato dai mali della produzione di massa - ripropone, spesso inalterate, le logiche della standardizzazione e dell’alienazione che hanno segnato il paradigma fordista. Il lavoro di concetto oggi tende ad assomigliare in maniera preoccupante al lavoro di fabbrica, e l’assenza di fatica fisica non significa di per sé liberazione dalla propria soggettività. Anzi” 14


Una situazione che sostiene questa tesi è il call center: la trasposizione del modello fordista di fabbrica su un lavoro prettamente astratto. Nel risolvere un problema un impiegato di call center non cerca di arrivare subito al nocciolo, ma è costretto a seguire una serie di procedure, una lista di diagnosi, in modo automatico, diventando un mezzo tra noi e il sistema di Knowledge management al quale lui fa riferimento. L’autonomia dell’individuo che lavora nel call center e vicina al nulla. Egli è inserito in una nuova catena di montaggio, deresponsabilizzato individualmente. Il lavoro diventa ripetitivo e demoralizzante.


2.6 tipi di conoscenza bricoleur e ingegnere Da circa un secolo la supremazia degli USA hanno ridefinito il concetto di intelligenza e di meritocrazia. Questa ha portato le arti e i mestieri manuali ad essere collocati su un livello più basso rispetto alle attività Knowledge oriented di cui parla Crawford. Levis’ Strauss, intorno agli anni ‘60 scrive il Bricoleur è in grado di eseguire un gran numero di compiti differenziati, ma diversamente dall’ingegnere, egli non li subordina al possesso di materie prime e di arnesi procurati o concepiti aspressamente per la realizzazione del suo progetto: il suo universo strumentale è chiuso, e la regola del gioco consiste nell’adattarsi sempre all’equipaggiamento di cui si dispone, [...] un insieme finito di arnesi e materiali eterocliti, [...] frutto di tutte le occasioni che si sono presentate di rinnovare o arricchire lo stock o di conservarlo con il residuo di costruzioni o distruzioni precedenti 20. I due tipi di conoscenza non sono uno sottoposto dell’altro, ma coesistono e si sviluppano

Alfredo Moser, progetto Solar Bottle Bulb


parallelamente. Nella moderna società la conoscenza orizzontale, quella dei test del quoziente intellettivo e a risposte multiple, è considerato l’unico metro per riconoscere il talento di un individuo. Questo tipo di intelligenza è orizzontale, capaci dei muoversi rapidamente tra problemi diversi. Si crea e sviluppa nella testa dell’individuo, senza confronti diversi con il mondo circostante. Porta ad avere maggiore flessibilità e alla creazione di una figura che è quella del consulente: formazione veloce e sapere superficiale, che si farà meno scrupoli a passare da un’azienda all’altra, o ad affrontare nuovi problemi lasciando irrisolti i precedenti. “E’ il trionfo della flessibilità rispetto alla competenza” (R. Sennett). L’artigiano invece esprime una conoscenza verticale, legata ad uno specifico dominio di applicazione. E’ un’itelligenza che tesse delle relazioni con lo spazio del lavoro e con il contesto in generale. Infatti un artigiano reinsediato necessita tempo per ritrovare la propria produttività.


2.7 POLITICA, ECONOMIA E FINANZA, DA ASTRAZIONE AD ARTIGIANALITA’ Il distretto industriale è un’agglomerazione di imprese, in generale di piccola e media dimensione, ubicate in un ambito territoriale circoscritto e storicamente determinato, specializzate in una o più fasi di un processo produttivo e integrate mediante una rete complessa di interrelazioni di carattere economico e sociale. Sebbene il modello di sviluppo industriale basato sui distretti non sia un’esclusiva italiana, esso ha trovato in Italia le condizioni ideali per la sua affermazione sin dagli anni settanta, contemporaneamente alle prime avvisaglie di crisi della grande impresa: essendo venute meno le condizioni di crescita espansiva della domanda di mercato, abbondanza di risorse e stabilità monetaria sulle quali si era basato lo sviluppo industriale degli anni sessanta, le grandi imprese riscontrarono notevoli difficoltà nel mantenere le proprie strategie di crescita espansiva. Molte di esse intrapresero una profonda riorganizzazione sia avviando azioni di decentramento produttivo sia sfruttando le potenzialità della specializzazione e della divisione del lavoro tra imprese di uno stesso settore. Contemporaneamente, si registrò un processo di crescita di un tessuto di piccole imprese di origine artigiana, fortemente radicate con la produzione tradizionale di aree geografiche ristrette, che raggiunse gradualmente rilevanti quote di mercato in produzioni di nicchia. I distretti industriali hanno quindi costituito un’alternativa al paradigma di produzione incentrato sull’impresa manageriale di matrice fordista. L’elemento più interessante è il rapporto tra assetto economico e cultura locale. È proprio la cultura del territorio a svolgere la funzione di integratore fra soggetti economici, spesso solo in parte consapevoli delle dinamiche di collaborazione che prendono forma all’interno del distretto. 19 Anche la politica è diventata una scienza puramente astratta. Essa è completamente distaccata dalla vita reale e tangibile di ogni cittadino. È autoreferenziale, vive di se stessa e si nutre di se stessa. La politica si separa dal cittadino, elevandosi a materia di pochi. Per una politica seria ed efficace si ha bisogno di un costante contatto tra causa ed effetto, tra pensiero e azione, in modo da coordinare le due in maniera che funzionino per il bene comune. L’artigianalità nella politica è genuinità, e la sua democratizzazione una necessità. Chi si occupa del bene comune deve viverci dentro, tastare con le proprie mani i frutti delle proprie scelte, sincronizzando così sulla propria pelle il pensiero e l’azione necessari.


Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato

La finanza è la parte di economia astratta, che come la politica è diventata autoreferenziale, elevata dall’economia tangibile. Quest’ultima è ormai costretta a seguire le enormi quantità di denaro virtuale che circolano nella finanza, rendendosi schiva di un mondo immaginario, che la fa stagnare. Sennett cognuga la contrapposizione tra l’analista simbolico e l’artigiano anche in politica. Il profondo legame che l’artigiano ha con il mondo materiale è una risorsa scarsa nel mondo contemporaneo. Egli ha il pragmatismo necessario ad essere il fondamento della cittadinanza orientata a svolgere bene il proprio lavoro. “L’esperienza diretta del mondo che ci circonda costituisce il principale rimedio (forse l’unico) alle distorsioni generate dai mezzi di comunicazione di massa. Se c’è una cura alla telecrazia e alla diffusione della politica su internet, è quella di una partecipazione che pone l’accento sulle virtù dell’esercizio, con le sue ripetizioni e le sue revisioni.” R. Sennett Dialogare con il mondo sensibile è necessario anche in campo economico. Infatti l’economia della finanza e delle consulenze si è costituita grazie al sovraffolamento nel campo economico di diplomati e laureati senza dimestichezza dei voncoli e delle opportunità del mondo materiale. L’atigiano comprende così in una definizione più espansa anche la capacità di mediare tra astratto e concreto, rendendo così completo il proprio lavoro. La parola artigiano assume la connotazione di aggettivo che qualifica in senso positivo una serie di attività che richiedono un dialogo serrato fra azione e riflessività. La politica, la finanza e quindi gli analisti simbolici devono riscoprire e reinventarsi artigiani. Nel mondo anglosassone essi hanno il dovere e la necessità di procedere a una discesa verso il lavoro artigiano. In Italia il lavoro artigiano è radicato da secoli (si stimano 5 milioni di artigiani), trovandosi però sempre nascosto, soffrendo quindi dell’atteggiamento di Efesto. Adesso c’è il bisogno che si scoprano per quello che sono, oltre che per quello che fanno, percorrendo un asse quindi verticale, elevandosi dal basso. Bisogna quindi investire sull’artigiano globale: la maestria del gesto e la sua valorizzazione a livello internazionale. “Un artigiano che decide di confrontarsi con una comunità internazionale per proporre la sua eccellenza all’interno di filiere globali è un artigiano che costringe l’intero paese a ripensare se stesso, la sua storia e il suo futuro.” S. Micelli


“Fare le cose - diventare makers - significa prima di tutto riappropriarsi di quella delega che più o meno un secolo fa abbiamo concesso senza troppi pensieri alle grandi aziende che stavano rapidamente imponendo sul mercato grazie alle tecniche di marketing e di comunicazione.” Ci hanno programmati per comprare e consumare, fidandoci dei loro consigli. la soluzione consiste nella deprogrammazione, processo liberatorio che consente alle persone di rimpossessarsi della cultura materiale, per non soccombere a un mercato che ci vede sempre più come consumatori passivi. “Per riappropriarci di ciò che ci circonda, dobbiamo per forza passare attraverso un’esperienza attiva di intervento su di esso. Fare le cose rende consapevoli. “ M. Frauenfelder



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capitolo

3

Progettazione partecipata vera rivoluzione industriale


3.1

Prima e seconda e terza rivoluzione industriale. "La rivoluzione industriale fu un processo di evoluzione economica o industrializzazione della società che da sistema agricolo-artigianale-commerciale divenne un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come ad esempio i combustibili fossili), il tutto favorito da una forte componente di innovazione tecnologica e accompagnato da fenomeni di crescita, sviluppo economico e profonde modificazioni socio-culturali e anche politiche. Spesso si distingue fra prima e seconda rivoluzione industriale. La prima interessò prevalentemente il settore tessile-metallurgico con l'introduzione della spoletta volante e della macchina a vapore nell'arco cronologico solitamente compreso tra il 1780 e il 1830. La seconda rivoluzione industriale viene fatta convenzionalmente partire dal 1870 con l'introduzione dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Talvolta ci si riferisce agli effetti dell'introduzione massiccia dell'elettronica, delle telecomunicazioni e dell'informatica nell'industria come alla terza rivoluzione industriale, che viene fatta partire dal 1970. La rivoluzione industriale comportò una profonda ed irreversibile trasformazione che parte dal sistema produttivo fino a coinvolgere il sistema economico nel suo insieme e l'intero sistema sociale. L'apparizione della fabbrica e della macchina modifica i rapporti fra gli attori produttivi. Nacque così la classe operaia che ricevette, in cambio del proprio lavoro e del tempo messo a disposizione per il lavoro in fabbrica, un salario. Sorse anche il capitalista industriale, imprenditore proprietario della fabbrica e dei mezzi di produzione, che mira a incrementare il profitto della propria attività."1


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L’espressione “rivoluzione industriale” fu coniata nel 1799 da Louis-Guillame Otto2, un diplomatico, in una lettera in cui riferiva che un fenomeno del genere stava accadendo in Francia (dove il tema rivoluzionario era ampiamente discusso). Nel suo nucleo essenziale, comunque, rivoluzione industriale si riferisce sempre ad un insieme di tecnologie che hanno enormemente aumentato la produttività delle persone, cambiando essenzialmente tutto: dalla durata alla qualità della vita, dai luoghi dove le persone vivono alla dimensione della popolazione.” La Prima Rivoluzione Industriale (individuiamola tra il 1780 e il 1830) è stata una "rivoluzione" perchè ha segnato il passaggio definitivo da un'economia di sussistenza ad un'economia di mercato, con cambiamenti irreversibili non solo in campo economico ma anche culturale e sociale. Tra il 1700 e il 1850, la popolazione della Gran Bretagna triplicò. E tra il 1800 e il 2000 il reddito medio procapite, aggiustato con l’inflazione, è decuplicato. Niente di simile è mai accaduto in tutta la storia registrata. L’innovazione nei trasporti, l'incremento demografico, l’utilizzo massivo del ferro e del carbone e il rinnovamento dell’azienda agraria che ha portato allo sfruttamento razionale ed intensivo della terra, e alla decrescita della manodopera agricola in seguito all'introduzione della macchina, sono tutti fattori determinanti all’avvenire di questa rivoluzione. Le principali conseguenze riguardarono invece perlopiù l’urbanizzazione e la differente modalità di vivere la città: la nascita delle prime periferie, l’improvviso aumento demografico, il maggior benessere e il miglioramento dell’accesso ai servizi di base. Attraverso un cambiamento rivoluzionario prettamente tecnico e di innovazione quindi, le comunità dell’epoca hanno ritrovato conseguenze sociali e politiche di grandissima importanza.

La Seconda Rivoluzione Industriale determinò, allo stesso modo, una nuova trasformazione nella vita e nelle prospettive dell'uomo. Il cinquantennio di sviluppo della seconda rivoluzione identificato è compreso tra il 1850 (anno di inizio di costruzione del ponte di Brooklyn a New York) e il 1900 e comprende sia il congresso di Parigi (1856) sia quello di Berlino (1878). La politica di potenza caratteristica di questo periodo storico ha favorito il grosso cambiamento dei settori industriali sia per l'abbondanza di materie prime sia per la facilità dei commerci sia per l'ingenza delle commesse statali, soprattutto nel settore degli armamenti. Inoltre con il protezionismo (anch’esso punto caratteristico dell’epoca) l'industria nazionale, soprattutto in settori come la siderurgia o l'agricoltura meccanizzata, cresce favorita dai dazi doganali. Molti stati, per tutelare gli industriali e gli agrari e le loro produzioni dalla concorrenza estera, applicarono tariffe doganali protezionistiche sui prodotti esteri concorrenziali. Assunsero un ruolo centrale in questo rinnovamento integrale sia le scoperte degli scienziati, sia il lavoro. Inoltre causa e conseguenza dello sviluppo industriale è il notevole sviluppo tecnologico: il vapore viene sostituito dal motore a scoppio, azionato dalla benzina, e da quello elettrico; l'elettricità garantisce l'illuminazione notturna stravolgendo i ritmi di vita nelle città; non di poca rilevanza è lo sviluppo dell'industria chimica, con le relative ripercussioni sull'industria tessile e sull'agricoltura. Notevoli miglioramenti avvengono anche nel campo dei trasporti (ferroviari e marittimi) che, ovviamente, favoriscono il commercio. All'inizio del nuovo secolo le grandi imprese si trasformarono in imprese multinazionali. L'americano Taylor (vedi pagina 34) osservando i processi industriali formulò il primo principio sulla razionalizzazione del lavoro di fabbrica e cioè il principio della catena di montaggio.

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3.1.1

Il web non ha ancora rivoluzionato l’industria Il parallelo che proponiamo e che usiamo come espediente per definire la “terza rivoluzione industriale” si basa proprio sulla molteplicità di fattori che hanno permesso che il cambiamento, da potenzialità evolvesse in azione. Non possiamo definire o indicare un solo fenomeno un piccolo cambiamento o un’unica innovazione per giustificare una “rivoluzione”, figuriamoci quando si ha a che fare con una “rivoluzione industriale”. Ci sono persone che sostengono che l’Era dell’informazione sia la Terza Rivoluzione Industriale. Il computing e le comunicazioni sono infatti “forze moltiplicatrici” che fanno per i servizi ciò che l’automazione ha fatto per la manifattura. Invece di moltiplicare la forza muscolare dell’uomo hanno moltiplicato quella intellettuale. Possono anche favorire incrementi di produttività in settori economici esistenti o crearne di nuovi e consentendo di svolgere i lavori attuali in modo più veloce, ci liberano per poterne svolgere altri. Tuttavia, allo stesso modo in cui le prime due rivoluzioni industriali richiesero l’unione di una serie di tecnologie per molti decenni prima di poter far sentire il loro impatto, l’invenzione del calcolo digitale non è stata sufficiente da sola. Come la macchina a vapore non ha, infatti, da sola definito la scorsa rivoluzione, anche negli anni ottanta non si è potuto parlare di rivoluzione industriale con l’avvento del calcolo digitale. Il calcolo digitale, da solo, non può definire una rivoluzione industriale, è infatti un potenziamento unicamente delle nostre menti, delle nostra capacità cognitive, di memoria e di archiviazione. Non è un potenziamento dei nostri muscoli. Con il web, la nostra produttività cresce, e non di poco, ma stiamo parlando di gestione, organizzazione e unione delle competenze, mai di tecniche e pratiche che migliorano la nostra applicazione meccanica in fabbrica.

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3.1.2

Atomi e bits E allora ai più tradizionali componenti della materia, gli atomi, proviamo ad aggiungere i bits. Essi sono esattamente materia da modellare e lavorare artigianalmente, quanto lo sono gli atomi.Cambiano i mezzi e gli utensili certo, ma le potenzialità possono estendersi forse di più. “Ecco la storia di vent’anni di innovazione in due frasi: negli ultimi dieci anni abbiamo scoperto nuovi modi per creare, inventare e lavorare insieme sul web. Nei prossimi dieci anni ciò che abbiamo imparato verrà applicato al mondo reale.”3 A dispetto del fascino che i monitor esercitano su di noi, infatti, viviamo ancora nel mondo reale. Il cibo che mangiamo, le nostre case, i vestiti che indossiamo, le macchine che guidiamo. Le nostre città e i nostri giardini, gli uffici e le vie del centro. Sono tutti atomi e non bit. Bisogna oggi affrontare al meglio questa distinzione, in primo luogo per progettare consapevoli che esistono nuove forze in gioco ma senza esser illusi dal fatto che la nostra identità digitale prevarrà su quella reale; ma in secondo luogo per utilizzare tutte le risorse disponibili per migliorare il modo in cui viviamo. Infine non si può tralasciare un piccolo inciso sul commercio. In un certo senso, tutte queste aziende che operano nel mercato opensource odierno regalano i bit e vendono gli atomi. Tutti i file di progettazione, i software e gli altri elementi che possono descrivere in forma digitale (i bit) vengono regalati su Internet, sotto la regolamentazione di una licenza che in genere autorizza un uso pressoché illimitato dello strumento, purchè continui a rimanere aperto e condiviso. Ma i prodotti fisici, l’hardware, insomma gli atomi si vendono, perché comportano dei costi reali che vanno recuperati e dai quali si può effettivamente guadagnare.

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3.2

spazi e strumenti necessari alle nuove forme di lavoro In poche parole, l’alba dell’Era dell’informazione, iniziata intorno agli anni Cinquanta e proseguita con il personal computer tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta e poi con Internet e il web negli anni Novanta, è stata sicuramente una rivoluzione; ma non è stata industriale sino che non ha avuto degli analoghi effetti di democratizzazione e amplificazione sulla manifattura, cosa che sta appena iniziando ora. Quindi la Terza Rivoluzione Industriale può essere meglio vista come la combinazione della manifattura digitale e di quella personale: l’industrializzazione del movimento dei MAKERS. La trasformazione digitale nel modo di produrre beni materiali sta infatti facendo ben più che semplicemente rendere l’attuale manifattura più efficiente; la sta anche estendendo a una popolazione di produttori che si è enormemente ampliata: “i produttori attuali più un sacco di gente normale che sta diventando imprenditore.”3 “Questo è esattamente quello che è successo con il web: prima fu colonizzato dalle società di tecnologia e media, che l’hanno usato per fare meglio quello di cui si occupavano già, mentre in seguito progressi dell’hardware e nel software ne hanno reso più facile l’utilizzo da parte delle persone comuni (fu democratizzato) e queste partirono alla carica con le loro idee, esperienze ed energia. Oggi la gran parte del web è costruita da appassionati, semiprofessionisti e persone che non lavorano per le grandi aziende della tecnologia o dei media. La diffusione di internet, il non-luogo dove chiunque in qualunque momento può consultare infiniti elenchi di prodotti, ha permesso di abbattere ad esempio i costi di distribuzione e magazzino, spezzando il legame che vincolava il successo alla visibilità. La possibilità di gestire un catalogo virtuale pressoché illimitato ha dunque rivoluzionato il modello economico dominante: semplicemente, vendere anche solo poche copie al mese di migliaia di titoli è più redditizio che vendere migliaia di copie di pochi titoli.”4

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alizzati in qualsiasi quantità, in modo altrettanto facile che fossero realizzati sulla propria scrivania. Questo metodo nello specifico permette di ridurre drasticamente il percorso dall’idea all’imprenditorialità, proprio come il web ha fatto in materia di software, informazione e contenuti.

3.2.1

makers e makerspace

“Non c’è bisogno del permesso di nessuno per fare grandi cose.” -Massimo Banzi

Il primo a intuire che i makers sarebbero stati i protagonisti di questa nuova rivoluzione industriale è stato il direttore del magazine Wired, Chris Anderson, che nel 2010 intitolò un suo saggio, "Gli atomi sono i nuovi bits": prendeva spunto dal nome di un laboratorio aperto al Mit di Boston qualche anno prima da Neil Gershenfeld, "Center for bits and atoms", luogo dove produrre quasi-qualsiasi-cosa. "La cultura digitale dopo aver rivoluzionato il mondo dei bit e quindi l'editoria, la musica e i video attraverso Internet, ora sta per trasformare il mondo degli atomi, quindi degli oggetti fisici", avvertì Anderson che è a sua volta un "maker", nel senso che ha avviato con molto successo la produzione di droni fatti in casa e la sua neonata azienda di 16 persone fattura tre milioni di dollari l'anno vendendo kit per aeromodellini con videocamera incorporata. Come nella prima rivoluzione industriale fu una macchina, la macchina a vapore, a innescare (sottolineo innescare) un cambiamento epocale, anche in questo caso c'è di mezzo una macchina: è la stampante 3D, in pratica è una macchina che "stampa" oggetti come stamperebbe un foglio. Non si tratta di una cosa nuova in assoluto, sono trent'anni che strumenti simili si usano in fabbrica. Ma tutto è cambiato quando nel 2009, in un ex birreria di Brooklyn, Bre Prettis, 38 anni, hacker con la passione dei robot, ne ha realizzata una da circa mille dollari. Invece di 100 e passa mila. La nascita della mitica Maker-Bot è stato come il passaggio, negli anni Settanta, dai computer che occupavano una intera stanza e costavano come un carrarmato, al pc da tavolo e per tutti: l'inizio di una rivoluzione, appunto. Quella della fabbracazione digitale. Quella della fabbricazione personale.

voluzionare oggetti e mercato, una rivoluzione che, come descritto potrebbe mandare in pensione le aziende dell'era industriale. Secondo Anderson, dal libro Makers, per una nuova rivoluzione industriale, i makers sono descritti da tre punti caratteristici. Sono persone che usano strumenti digitali desktop per creare progetti per nuovi prodotti e realizzare prototipi (fai-da-te-digitale) rispettano una norma culturale che prevede di condividere i progetti e collaborare con gli altri in community online. utilizzano file di progetto standard che consentono a chiunque, se lo desidera, di mandare i propri progetti ai service di produzione commerciale per essere re-

Negli ultimi tre anni con le stampanti 3D è stato stampato ogni cosa. C'è un architetto italiano, Enrico Dini, che a Pisa stampa addirittura case o barriere coralline artificiali per emiri arabi. E c'è chi ha stampato copie di presidenti. È accaduto, a Washington: lo Smithsonian, che è il più grande museo del mondo, ha annunciato di aver stampato una replica della famosa statua di Thomas Jefferson a Monticello. Lo scopo? Replicare velocemente l'intera collezione del museo (137 milioni di pezzi) per farne delle mostre itineranti. Ma l'oggetto che ha fatto più scalpore è stato un violino, prodotto da una società tedesca. The Economist gridò al miracolo mettendolo in copertina con il titolo "Stampami uno Stradivari": oltre lo stupore per l'oggetto in sé, c'era l'intuizione di un ribaltamento

Chi sono i Makers? Potrebbero forse essere definiti degli hobbisti tecnologici del 21esimo secolo. Si interessano di tecnologia, design, arte, sostenibilità, modelli di business alternativi. Vivono di comunità online, software e hardware open source, ma anche del sogno di inventare qualcosa da produrre autonomamente, per vivere delle proprie invenzioni. In una fase di crisi economi, possiamo dire, globale, si affidano alla creatività facendo della propria passione un lavoro. Il movimento Maker si basa sulla riutilizzazione e condivisione dei risultati, sulla creatività e sull’innovazione. Sul medio e lungo periodo potrebbe permettere di innescare importanti effetti virtuosi sull’economia, in cui comunità crescenti di makers sperimentano nuovi approcci alla produzione basati su tecnologie a basso costo. Dalla cultura digitale sta nascendo una nuova infatti questa generazione di creativi. Creativi capaci di ri-

Un generazione di “makers” che usano i modelli innovativi del Web aiuterà la prossima grande ondata di cambiamento nell’economia globale perché le nuove tecnologie del digital design e della prototipazione stanno dando a tutti il potere d’inventare e creare “la coda lunga delle cose” - Chris Anderson

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POSTER PER L’APERTURA DELLA “CALL FOR MAKERS”, TODO, TORINO, 2013

di prospettiva: "La rivoluzione industriale inventò la più infatti soltanto di stampare o tagliare oggetti, ma produzione di massa e l'economia di scala; ora invedi renderli intelligenti. E interconnessi. Per fargli fare ce le stampanti 3D consentono a chiunque di prodelle cose. A questo pensa Arduino; un microcomdurre un singolo oggetto a costi bassissimi". Cosa puter da 20 euro che ha conquistato il mondo (ce comporta questo per il futuro lo ha spiegato meglio ne sono in giro 400mila ufficiali, con il profilo dell'Idi tutti lo scrittore canadese Cory Doctorow5 in un talia stampato sul circuito elettronico, più almeno profetico romanzo del 2009, altrettanti clonati in Cina). Lo intitolato appunto Makers: ha creato nel 2005 un ingegnere, "I giorni di società chiamate Il futuro, secondo Doctorow, è Massimo Banzi, 42 anni, mentre General Electric, General Mills, quindi di società come Local Mofaceva un corso di interaction General Motors sono contati. Ci design agli studenti della scuola tors: nata a sud di Boston ha prosono miliardi di opportunità im- di Ivrea. A cosa serve Arduino? gettato e realizzato un auto da prenditoriali a disposizione delle Banalizzando, a far compiere corsa con il contributo creativo persone creative e brillanti". di migliaia di appassionati. "La un'azione ad un oggetto: per Rally Fighter è passata dal progetto al mercato in 18 mesi, il tempo che ai colossi dell'auto a Detroit serve per cambiare le decorazioni di una portiera", ironizza in proposito Anderson. Questa rivoluzione industriale ha molto della cultura fai-da-te degli americani ma con un cuore, anzi un cervello italiano. Non si tratta

esempio a farti ricevere un sms quando la tua pianta ha bisogno di acqua. E a moltissime altre cose più importanti. Tutte quelle che si possono immaginare. "Arduino è una piattaforma per il futuro", sintetizza Banzi che all'estero è una vera star, uno dei leader della rivoluzione in corso.

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E cosa sono i makerspace? Un makerspace è un luogo dove le persone si possono liberamente riunire per condividere risorse e conoscenze , sviluppare progetti, e nella maggior parte dei casi prototiparli. I makerspaces forniscono strumenti e sono perlopiù costituiti in spazi pubblici e della comunità: biblioteche e luoghi di interesse sociale, ma anche in organizzazioni private tipo musei o coworking. Spesso in luoghi del genere sono presenti consulenti esperti, ma l’esperienza dice che la base della condivisione delle conoscenze avviene peer to peer, tra gli utenti stessi. L’idea di makerspace - a volte indicato erroneamente come un hackerspace - è quasi sempre associata a campi come l'ingegneria , l’informatica, il concept e il graphic design . Il concetto emerge dalla cultura "Maker", in Italia promossa da molti fablab, blog di settore e dall’annuale maker faire. Questa idea di uno spazio collaborativo che mette in insieme molteplici tipologie di creativi ha un enorme ruolo formativo e di trasmissione delle conoscenze, perchè è riuscito a trovare la combinazione vincente tra l’informalità del laboratorio e la serietà di una sala conferenze.

kerspaces sono diventati veri e propri salotti per progettare, apprendere, sperimentare, cercare soluzioni e soprattutto venir criticati da parte di colleghi e professionisti con interessi simili. Chi li sta portando avanti? Il makerspace, pur essendo stato teorizzato al center for bits and atoms è emerso inizialmente come una potente forza di apprendimento nella comunità non accademiche. Gli utenti, vedendo la condivisione e l'apprendimento delle competenze come obiettivo fondamentale del loro makerspace, allo stesso tempo vivono e creano un ambiente di studio dinamico che costruisce principalmente progetti di gruppo, che spaziano dalla nuova elettronica open source, all’hacking di giocattoli, veicoli o quant’altro, fino a sbocciare nell’interazione nel campo artistico-visivo. Scuole e università sono state successivamente velocissime a riconoscere il valore del makerspace come un'opportunità di apprendimento; l’esempio più importante in Europa è sicuramente costituito dai Fablab nati su tutto il territorio della città di Barcellona grazie al contributo della Iaac6, mentre in Italia il massimo hipe è dato sicuramente da Officine Arduino e dal suo prodotto, la scheda Arduino7 progettata all’interno dell’ Interaction Design Institute Ivrea (conosciuto anche come Interaction Ivrea IDII).

Come funzionano? I Makerspaces sono per così dire in debito con la cultura hacker che li ha ispirati, mentre molti sono infatti ancora principalmente i luoghi di sperimentazione tecnologica, di sviluppo hardware, e prototipazione; molti altri non sono altro che spazi con la possibilità di utilizzare al meglio la rete web e infine sono sempre di più gli inventori e i team di creativi che utilizzano questi servizi gratuiti (o no) in settori diversi da quello ingegneristico e tecnologico. I Makerspaces sono spesso aperti e informali e senza attività in programma ma la prime circostanze che storicamente sono nate sono corsi e workshop tematici. Spesso anche organizzati da persone esterne dalla gestione stessa dello spazio. I questo tipo di spazi non mancano materiali come cartone , plastica , metallo , ingranaggi , legno e batterie (...) e anche gli strumenti disponibili possono includere qualsiasi cosa, da una saldatrice ad un taglio laser . Alcuni materiali e strumenti sono però fondamentali e caratteristici dei makerspaces , Arduino e stampanti 3d in primo luogo, proprio come centro del processo di prototipazione rapida. Infine, da quando quest'idea di fornire uno spazio per la progettazione e la costruzione ha preso piede in materia formazione specifica, questi luoghi si sono sviluppati anche con altri arredi e attrezzature, dalle vernici ai cavalletti per scenografie improvvisate ai piani di cottura per vivere a pieno gli spazi. Utilizzati da studenti , docenti e professionisti, i ma-

La scuola, nata come iniziativa congiunta di Olivetti e Telecom Italia, ha avuto come presidente Franco Debenedetti. La sua sede è stata la «Casa Blu», progettata dall'architetto Edoardo Vittoria per Adriano Olivetti che volle destinarla a ospitare lo storico Cen-

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I Makerspaces però sono luoghi di auto-apprendimento, dove tutti sono portati ad imparare meglio “facendo” grazie alla possibilità di lavorare con le proprie mani e alla presenza di materiali adatti ai macchinari per le lavorazioni. Inoltre, l’interazione che lega tutti gli utenti di un makerspace favorisce una dinamica di apprendimento altamente collaborativo che ovviamente favorisce il sostegno peer to peer e dona la giusta importanza al lavoro di gruppo. Infine, dove questi spazi sono aperti e frequentati da studenti, docenti, e personale dalla più vario numero di facoltà allora veramente è promosso il pensiero e l’apprendimento multidisciplinare grazie al quale i progetti escono arricchiti sotto ogni punto di vista. Il valore del makerspace come un luogo educativo è dunque proporzionale alla portata dei creativi, professionisti e amatori che lo compongono e partecipano attivamente alla progettazione. Quali sono gli aspetti negativi? Lo spazio, se ricercato in strutture pubbliche, all’interno di università o meno, è quasi sempre messo a bando; per questo motivo non è mai facile da ottenere, mentre invece sostenere costi di affitto privatamente non è d’aiuto nella creazione di un laboratorio aperto al pubblico che spesso offre servizi gratutitamente. In secondo luogo i macchinari, sono per la maggior parte del tempo utilizzati da utenti non esperti. Questo può essere pericoloso, sollevare questioni di responsabilità e soprattutto diminuire l’accessibilità alle varie tenologie.

Spazio di FAMO COSE, makerspace al centro del movimento makers romano

tro studi Olivetti da lui voluto. L'edificio è stato poi riprogettato allo scopo dallo studio di Ettore Sottsass e per l'occasione intitolato ad Adriano Olivetti. La missione aziendale della scuola era descritta sulla rivista di architettura Blueprint come segue: “Pur seguendo lo spirito dei corsi di CRD8, Ivrea, oltre al design e alla tecnologia, esplorerà il mondo degli affari. Crampton Smith crede che oggi vi sia "un'arte" nell'immaginare nuovi modelli di business, ed è anche consapevole che, in parte per l'ampiezza dei loro studi, i laureati in design spesso acquisiscono ruoli strategici in aziende e necessitano di essere formati a imparare da se stessi.”

Un altro dei caratteri chiave di un makerspace è che “esiste come un luogo fisico” in cui i partecipanti hanno accesso ad uno spazio e a opportunità di lavoro manuale, ma con l’evolversi di questi ambienti di lavoro, si avrà una partecipazione decisamente più virtuale. Sia nei rapporti lavorativi sul web, con i potenti mezzi di condivisione di cui oggi disponiamo, sia come controllo remoto delle tecnologie di cui disponiamo. Come i makerspaces stanno diventando molto comuni nei campus e hanno trovato il loro posto nelle biblioteche pubbliche e nei centri delle città, la loro influenza si è diffusa in altre discipline e un giorno sarà sicuramente parte fondamenteale per i curriculum di molte figure proefssionali, dai designers agli architetti, dai sociologhi agli educatori. Probabilmente in un futuro molto prossimo i makerspaces legheranno anche le diverse università tra di loro, incoraggiando la creazione di progetti congiunti. Gli studenti che fanno uso di questi studi per creare portfoli tangibili potranno trovare il loro campo di interesse o anche futuri datori di lavoro. Infine con l’evoluzione del sistema educativo, i progetti personali svolti in makerspaces un giorno potranno probabilmente essere accettati esaminati e valutati in crediti universitari a discapito di corsi più convenzionali.

La scuola ha operato dal 2001 al 2005, quando il suo insegnamento è stato incorporato all'interno della Domus Academy. Anche se l'istituto svolgeva dell'attività di consulenza esterna a ospitava ricercatori in visita, la sua attività principale consisteva nel suo Master in Interaction Design, che, durante la sua esistenza, ha laureato quattro classi di una ventina di studenti, che lavorano nell'ambito del design. Oltre ad Arduino, l'istituto è stato coinvolto in molti progetti che in seguito hanno guadagnato visibilità nel mondo del design: tra questi, la piattaforma di sviluppo Wiring9, l'ambiente grafico e linguaggio di programmazione Processing10 per il software prototyping (iniziato al MediaLab del Massachussetts Institute of Technology) e il manuale di design interattivo Interaction Design Primer.

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Il makerspace dà spazio e materiali per l’apprendimento più pratico. Poiché questi spazi possono facilmente diventare interdisciplinari, gli studenti di molti campi possono usarli e spesso trovare aiuto tecnico per il lavoro che stanno intraprendendo nelle loro aree. I makerspaces permettono agli studenti di tenere sotto controllo il proprio apprendimento perchè hanno la possibilità di seguire il lavoro fino a quando lo portano a termine e non solo nella fase progettuale, come capita troppo spesso nelle università. Allo stesso tempo, gli studenti spesso apprezzano l’utilizzo delle nuove tecnologie, magari non ancora del tutto sviluppate, coscienti finalmente della sperimentazione che porta un progetto completato.

Infine, per descrivere i fini di un makerspace come può essere il Techlab (ne parleremo approfonditamente nel prossimo capitolo), riportiamo dallo statuto costitutivo dell’associazione i punti che ne descrivono le finalità. - Sostenere e promuovere la progettazione partecipata e le nuove tecnologie, l’utilizzo consapevole dei beni comuni e la conseuente gestione dei progetti da parte ovviamente del progettista ma insieme ad utenti finali, lavoratori e tecnici. - Sostenere e promuovere l’intraprendenza e la creatività locale mettendo a disposizione competenze, strumenti e spazi per favorire la nascita e la crescita di nuove forme di lavoro. - Sostenere e promuovere attività di: formazione per l’impiego delle tecnologie, educazione ad una loro conoscenza consapevole, consulenza per la loro diffusione. -Progettare prodotti e servizi ad alto contenuto innovativo a partire dai bisogni e dalle necessità della comunità locale, attraverso la partecipazione degli utenti e la collaborazione dei progettisti, al fine di dare un significato condiviso a ciò che si immagina e si costruisce insieme.

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3.2.2

le idee vincono la geografia? Ecco la novità: il macchinario industriale dei più grandi imperi mediatici del XX secolo si è trasformato in un processo banalissimo che potete gestire dal vostro laptop. “Ieri le più grandi strutture informatiche del mondo lavoravano per il governo, per le grandi imprese e per i laboratori di ricerca. Oggi lavorano per voi.” Ed è tutto merito del “desktop”.11 Le idee, potenzialmente quindi, in questa realtà di terza rivoluzione industriale, vincono la geografia; lo stesso file lavorato da una cnc in Italia o a Boston produce lo stesso pezzo. D’altro canto devono essere moltissime le cose che non hanno mai visto la luce perché non avevano a loro disposizione né il luogo, né il momento giusti e ne deriva che sono i luoghi a produrre oggetti, ma non nel senso ovvio che tutti devono essere realizzati e distribuiti da qualche parte. La natura del luogo influenza l’aspetto di un prodotto, perché contiene quegli elementi culturali, anche molto sottili, che prendono parte alla realizzazione dell’oggetto stesso. E in quanto i luoghi si differenziano tra loro, si differenziano anche gli oggetti da essi prodotti. Nel 1985 Apple ad esempio ha lanciato la laser writer, la prima vera stampante da scrivania, che insieme al mac ha dato origine al fenomeno desktop publishing. In quel momento storico, chiunque ha avuto di colpo a disposizione (per qualche centinaio di euro diremmo oggi) i mezzi per scrivere in qualche decina di copie il proprio libro o la propria rivista. È stato quello il momento più florido nel mondo degli scrittori? Probabilmente no. È stato l’inizio di un tipo di scrittura che prescindeva dalla vita dell’autore e dal luogo in cui venivano prodotte le opere? Sicuramente no. È stato invece il momento in cui le aziende di stampa hanno dovuto per forza di cose affacciarsi realmente al mondo digitale e rinnovarsi? Sicuramente si. Quindi le idee non vincono la geografia? Non crediamo all’idea secondo cui là dove c’è volontà, ci debba necessariamente essere anche il luogo per metterla in pratica, e che quegli oggetti la cui ora è suonata, in un modo o nell’altro, finiscano sempre per imporsi. In primo luogo, parte della “volontà” (ovvero l’essenza del pensiero creativo) richiede, di per se stessa, la giusta “fertilità” locale. Inoltre, non c’è ispirazione, fatica o spirito di avventura che possa tradurre una buona idea in un prodotto, se si è nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Quando si perde l’attimo del lash-up, può non esserci nulla da fare. Riassumendo quindi la capacità creativa che deriva dall’ambiente sociale specifico finisce per entrare a far parte della natura dei prodotti.


3.3

impiego delle tecnologie opensource Quarant’anni fa la chitarra elettrica e il garage hanno indiscutibilmente rivoluzionato e democratizzato il modo di fare musica e (tanto che oggi il software build-in di Apple per registrare si chiama GarageBand). Negli anni ‘80 appunto, con il dilagare del fenomeno delle Zine (riviste con limitatissima tiratura) le band hanno iniziato a comunicare e farsi conoscere, con il conseguente bisogno di autoprodursi. Registrazione, produzione e marketing di un progetto musicale per la prima volta sono stati totalmente nelle mani dei singoli. “Era l’inizio della musica fatta in casa” era l’inizio dell’Indie. Ora finalmente tutta questa rivoluzione digitale di cui abbiamo parlato ha effettivamente raggiunto il mondo delle code, degli oggetti ed è entrata nei laboratori artigiani, ha fatto nascere i makerspace e dato vita alla prima generazione di makers. E la conseguenza di questo cambiamento è proprio che stiamo cominciando a trasformarci da consumatori passivi a produttori attivi. E lo stiamo facendo solo per “amore” (il termine AMATORE la dice lunga).

Ora, possiamo osservare qualunque cosa è provare a compiere questi tre passaggi. Innanzi tutto, l’osservazione: l’intrattenimento e il sano stupore. Come quando guardiamo un film o semplicemente un video di buona qualità sul web. Poi, sussegue la fase della “curiosità produttiva”, cioè il momento in cui ci chiediamo come sia stata prodotta quella cosa che tanto ci attira e stupisce, restando sull’esempio del video: con che tecniche è stato girato? come funziona quel tipo di luce? come è stato montato? E infine abbiamo o no l’accessibilità ai mezzi; e consegnuentemente ci sentiamo in potere o meno di produrre a nostra volta. La novità sta proprio qui. Oggi abbiamo i mezzi. Possiamo creare e fabbricare ogni tipo di macchina ci venga in mente. Ed è quando gli strumenti produttivi sono accessibili e chiari che iniziamo a produrre. È quando sono comprensibili che veniamo ispirati a creare. Quando la gente capisce come è stato creato un ottimo lavoro è molto probabile che voglia cimentarsi in prima persona. Tutto ciò è e continuerà ad essere possibile solo se le idee e i prodotti continueranno a moltiplicarsi con questa velocità e facilità. Il cambio di paradigma è stato proprio nel momento in cui i primi progetti sono stati rilasciati gatuitamente alla comunità e non sottoposti a brevetti o segreti industriali. Non c’è altro modo per far crescere così rapidamente comunità, idee e conseguenti novità.


Arduino è un progetto aperto, così come la MakerBot, i droni di Anderson, l'auto da corsa di Boston e come tutto quello che fanno i "maker". Vuol dire che sono stati progettati collettivamente, usando la rete, e non hanno copyright. Questo è un aspetto cruciale così attuale e cruciale che decine di venture capital si avvicinano a un settore dove intravedono possibilità di guadagno. Adafruit per esempio, è una startup nata in un loft del quartiere di Wall Street e diventata famosa con degli oggetti intelligenti realizzati riciclando le scatole metalliche per mentine Altoid: l'anno scorso ha venduto kit per 5 milioni di dollari. Ma come investire in un'azienda che non brevetta nulla e che anzi, si vanta di condividere tutto? Bre Pettis12, che per MakerBot impega 82 persone e ha venduto kit per stampanti 3D fai-da-te per 10 milioni di dollari, avverte: "Chi non condivide i propri progetti, sbaglia. Punto. È anche questa la cultura digitale a cui faceva riferimento Anderson nel suo saggio: la condivisione e la partecipazione applicata alla produzione di oggetti. E non è una cultura di nicchia, alle Maker Faire cinque anni fa andavano poche migliaia di persone: ora sono centinaia di migliaia, gli sponsor sono Microsoft, Pepsi Cola e Ford, e da cinque anni una edizione molto spettacolare si svolge in Africa. Mentre i FabLab, lanciati dal Mit per replicare laboratori dove produrre facilmente oggetti, sono arrivati in tutto il mondo, persino in Afghanistan e CostaRica. In Italia il primo nato è a Torino, si chiama Officine Arduino ed è nato dalle ceneri di un FabLab sperimentale varato in occasione degli eventi per celebrazioni dei 150 anni dell’unità alle OGR.”

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rio e-mail gestito da Richard Kowalsky, residente in Florida, e astronomo amatore. Tra i circa ottocento amatori presenti nell’indirizzario, c’è chi registra le proprie osservazioni per divertimento e chi spera di diventare immortale grazie a una scoperta che porti il suo nome. La cosa notevole è che nessuno lo fa per un ritorno economico. Nell’astronomia, la manodopera volontaria ha un suo posto naturale. Il problema del cielo infatti, è che devi guardare nel posto giusto al momento giusto per poter testimoniare nuovi, importanti fenomeni come gli asteroidi o l’evoluzione stellare. Gli appassionati dunque moltiplicano di parecchie volte la cosidetta “manodopera dell’astronomia”. Nel software open source, dove chiunque può dare il proprio contributo a un progetto, il mantra recita: “dato un sufficente numero di occhi, qualsiasi baco è una bazzeccola”. Lo stesso varrà quindi per l’astronomia: dato un suficiente numero di occhi, vedremo l’asteroide che porterà il nostro nome e in tempo per prendere eentuali contromisure. La vera novità di tutta questa faccenda non è il concetto in sé, ma il modo di attuazione. Infatti il primo profeta dell’economia basata sugli amatori non professionisti fu forse Karl Marx. Marx sostiene (1857) che il lavoro -coatto e salariato-non spontaneo- sarebbe stato soppiantato dall’autoattività. In questo senso i mezzi di analisi, condivisione e infine di produzione sono democratizzati al massimo perchè accessibili a tutti.

3.3.1

consapevolezza tecnlogica “Questo è il mondo della peer education” quello straordinario fenomeno, consentito da internet, di volontariato e hobbismo di massa. Stiamo assistendo all’alba di una nuova era, in cui la maggior parte dei produttori, qualsiasi sia il loro settore, non viene pagata, e la principale differenza tra loro e le loro controparti professioniste è soltanto il divario (decrescente) di risorse disponibili per ampliare le ambizioni del loro lavoro. Quando gli strumenti produttivi sono disponbili a tutti, allora tutti diventano produttori”.13 Negli ultimi vent’anni, se l’astronomia è diventata uno degli ambiti scientifici maggiormente democratizzati, è perché non v’è alcun dubbio sull’importanza del ruolo ricoperto dagli appassionati. La NASA spesso conta sugli amatori per osservare specifici asteroidi che rischiano di entrare in collisione con la Terra, un’opera d’osservazione coordinata ad esempio tramite la Minor Planet Mailing List, l’indirizzia-

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3.4

progettazione è partecipazione “Dove i costi di produzione e distribuzione sono bassi (grazie alla forza democratizzante delle tecnologie digitali), le motivazioni commerciali spesso sono secondarie. Piuttosto, la gente crea per i motivi più diversi - bisogno d’esprimersi, divertimento, sperimentazione e via dicendo. La ragione per cui forse si può parlare di “economia” è che c’è una moneta che può essere motivante esattamente quanto il denaro: la REPUTAZIONE. Misurata in quantità di attenzione che un prodotto attira a sé, la reputazione può essere convertita in altre cose preziose: contratti, un’occupazione, del pubblico e offerte lucrose d’ogni genere.”14

Uno degli aspetti che contraddistingue maggiormante la locale e partecipativa è l’alto tasso di attività relazionali: gran parte del lavoro viene svolto in una dimensione collettiva in cui responsabili del progetto, tecnici ed attori del territorio interagiscono. Va da sé dunque che la qualità del lavoro sarà fortemente influenzata dalla qualità di tali relazioni e interazioni. Esse si svolgono in situazioni molto diverse tra di loro, più o meno assembleari (incontri pubblici, workshop, dialoghi bilaterali, ecc.), più o meno formali (tavoli di lavoro, gruppi di discussione, ecc.), più o meno decisionali (assemblee, consigli, ecc.) e quindi, più o meno stimolanti la creatività e l’intelligenza collettiva. La capacità di organizzare questo tipo di lavoro rendendolo efficace, dosando in modo appropriato le diverse situazioni, facilitando le interazioni e stimolando la condivisione, è una delle principali abilità richieste a chi deve occuparsi della gestione del progetto.

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capitolo

4

techlab


Il giorno 21 marzo 2013 a Chieri (To), apre un laboratorio, semplicemente, si chiama Techlab. È un laboratorio di protipazione e consapevolezza tecnologica, così lo definiscono i giovani che l’hanno fondato, vincendo un bando europeo. Sono tutti ragazzi tra i 20 e 30 anni, che sulle basi del loro spirito collaborativo, lavorano e progettano insieme da anni. Provengono tutti dal mondo associativo chierese e per la maggior parte fanno parte dell’associazione Patchanka, un’associazione culturale che opera sul territorio da più di dieci anni. Sotto il nome Patchanka hanno infatti sperimentato molto organizzando concerti e eventi culturali. Nel marzo 2012 poi, decidono di fondare una Società Cooperativa Sociale, un’azienda per fare della loro passione un lavoro vero e proprio. Sono nove soci. Iniziano così a gestire un service audio e ad lavorare come responsabili tecnici di alcuni tra i più importanti locali torinesi. L’anno dopo, dalla necessità di uno spazio condiviso in cui ritrovarsi per portare avanti i propri progetti (principalmente legati all’openhardware e al making) e all’idea del Bando Provinciale “Piano Locale Giovani” di creare uno spazio di condivisione di conoscenze e abilità manuali che metta in relazione il mondo dell’artigianato e i giovani studenti nasce il progetto Techlab. È l’inizio del primo periodo di attività del laboratorio; che durerà fino a dicembre 2013, legato alla progettualità del PLG, offrendo un servizio gratuito, conoscendo persone e iniziando ad imparare cosa significa essere un makerspace.

4.1

Un techlab, amico mio A Pietroburgo, se voi state studiando un'invenzione, potete recarvi in un laboratorio speciale, dove vi si accorda un posto, un banco da falegname, un tornio da meccanico, tutti gli attrezzi necessarii, tutti gli strumenti di precisione, purchè voi sappiate adoperarli; e vi si lascia lavorare finchè vi piacerà. Eccovi gli attrezzi, interessate degli amici alla vostra idea, associatevi ad altri compagni di diversi mestieri se voi non preferite di lavorar solo, inventate la macchina per volare, o non inventate nulla – è affar vostro. Un'idea vi trascina, ciò basta. Pëtr Alekseevič Kropotkin, La conquista del pane, 1892

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4.1.1

mappatura dell’artigianato locale Il laboratorio diviene, sin dai primi giorni, un luogo di scambio di conoscenze e idee, attirando persone di ogni età e professione. Un luogo dove i giovani possono creare con le proprie mani e gli artigiani scoprire le nuove tecnologie digitali. Il primo grande passo che compie il Techlab è proprio mappare queste realtà cercando di metterle in comunicazione tra di loro.

Obiettivi del progetto di mappatura Giovani.

attenti e disponibili (non necessariamente interni alle istituzioni) è stato possibile ottenere informazioni utili e proposte lungimiranti attorno alla situazione lavorativa giovanile dei territori. I primi risultati del nostro lavoro si sono visti alla prima riunione del PLG, indetta dopo gli incontri fatti con i Comuni, fatta nella sala comunale di Chieri ove l’affluenza è stata maggiore e i riscontri positivi. La fase successiva è stata impostata attraverso l’incontro con i vari gruppi di giovani dei singoli comuni, dove si sono presentate le informazioni riguardanti il tavolo e la situazione dell’offerta di risorse rese disponibili alla popolazione giovanile, una dinamica che aveva sofferto di scarsa pubblicità, spronando in tal modo i ragazzi a prendere parte al gioco. La rete costruita attraverso questi incontri, alcuni dei quali documentati anche attraverso un supporto video nei quali alcuni ragazzi sono stati chiamati a condividere le proprie considerazioni sotto forma di intervista, richiederà un’alimentazione e una cura costante, nonché una risposta da parte dei giovani coinvolti. A tal fine è stato studiato l’utilizzo del sito www.scoprichieri.it, una piattaforma nel quale convogliare il potenziale flusso di informazioni riguardanti lavoro, formazione, eventi, comunicazioni di vario genere riguardante l’universo giovanile del Pian Alto.Il sito richiederà agli stessi giovani incontrati un coinvolgimento attivo per poter alimentare il flusso di informazioni che si è generato attraverso le mappature per evitare che il frutto di questo lavoro si possa perdere nel tempo. Affianco alla piattaforma fisica del Techlab, punto di incontro in cui conoscersi e conoscere le competenze, il lavoro, e l’organizzazione dei vecchi e dei nuovi mestieri, il sito rappresenterà una realtà fondamentale per la comunicazione tra le varie realtà giovanili locali per permettere un flusso rapido e reattivo di informazioni.

-Ripopolamento del tavolo del Piano Locale Giovani -Analisi dei luoghi e delle attività di aggregazione giovanile nei comuni partecipanti al progetto. -Creazione di una rete tra le associazioni giovanili del territorio in modo da facilitare la condivisione di informazioni relative alle opportunità lavorative giovanili.

Ripopolamento del tavolo del Piano Locale Giovani.

Il sub-tavolo del PLG del chierese è stato per anni popolato da pochi comuni e poche associazioni, si è sentito quindi il bisogno di portarvi maggiore confronto e partecipazione. Per far questo la parte iniziale del nostro progetto è stata contattare ogni singolo comune facente parte del Pian Alto e confrontarsi con i rappresentanti delegati su cosa rappresentasse per loro il PLG, quali le criticità, quali le risorse e le proposte. Nello stesso tempo si è cominciato anche a mappare i giovani sul territorio, individuando le associazioni più forti e presenti, il privato sociale e i luoghi d’incontro per poter cercare contatti da sviluppare gradualmente su tutto il territorio. In questa fase del mappaggio si è inoltre cercato un riscontro sugli antichi mestieri e sulla situazione dell’artigianato presente sul territorio. In alcuni casi i comuni incontrati sul nostro percorso si sono rivelati poco interessati, o difficili da reperire. In questi casi è stato perciò impossibile utilizzarli per poter stabilire un contatto con i giovani. Fortunatamente questi casi rappresentano una minoranza. Nella maggior parte dei comuni si sono sviluppate collaborazioni molto positive, attraverso le quali abbiamo potuto ottenere contatti utili ad entrambe le aree del nostro progetto. Grazie alla collaborazione di assessori, sindaci, vari personaggi particolarmente

Analisi dei luoghi e delle attività di aggregazio69


ne giovanile nei comuni partecipanti al progetto.

tare la dispersione di questi enti e dei loro utenti nel territorio al di fuori del proprio comune, con difficoltà si fa riferimento a realtà altre a quella di appartenenza (ancor più difficile è integrare i giovani che utilizzano la città esclusivamente come “dormitorio”). In questo contesto è richiesto di tentare modalità di comunicazione con i giovani che avvenga attraverso canali efficienti, naturalmente là dove si riesca a creare un legame di fiducia con essi, che si è cercato di sviluppare attraverso gli incontri faccia a faccia effettuati nei singoli comuni. Viene quindi osservata l’esigenza di creare una rete che possa andare al di la dell’associazione di appartenenza, oltre alle singole relazioni personali che collegano queste realtà, affinchè il giovane possa essere consapevole che il territorio ha qualcosa da offrirgli. La rete da noi costruita, sviluppata attraverso la piattaforma virtuale di ScopriChieri e da quella fisica del Techlab, fornisce un luogo che pretende di entrare, nei limiti del possibile, nei riferimenti abitudinari da cui i giovani contattati attingano e scambino informazioni. La rete diventa così un luogo attraverso il quale condividere le opportunità del Pian Alto.

Molti dei comuni mappati sono relativamente piccoli, alcuni mancano completamente di luoghi di aggregazione giovanile, altri vedono il bar del centro come principale sede d’incontro: è in effetti difficile che in queste condizioni i giovani possano trovare offerte costruttive che riguardino la progettazione del proprio futuro, né pare logico aspettarsi che in tali condizioni tali offerte si possano presentare o venga naturale cercarle. Alcuni comuni, parlando di giovani, definiscono sé stessi come “comuni-dormitorio”, poiché questo è l’uso principale che i ragazzi fanno della propria città di residenza. I comuni con una densità demografica maggiore invece hanno una più ampia gamma di servizi rivolti ai giovani, realtà aggregative più vive, dalle associazioni sportive alle realtà parrocchiali, associazioni di volontariato, o alcune pro-loco con una forte presenza giovanile. Abbiamo sentito comunque una forte e viva preoccupazione per la situazione giovanile nei territori da parte dei comuni, a cui spesso non corrispondono risorse adeguate per far fronte a tali esigenze. Osservare le modalità di partecipazione dei giovani nelle varie associazioni locali ci ha permesso di no-

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Obiettivi del progetto di mappatura Antichi mestieri.

cati e del tessuto produttivo degli ultimi decenni. Ad esempio, sapere cosa accada dentro il laboratorio di un marmista pare essere una conoscenza esclusiva per gli addetti ai lavori: “Una volta passava qualche ragazzo ogni tanto a vedere che cosa facevamo – spiega un marmista intervistato – oggi non sanno neanche che facciamo, al massimo passa qualche rumeno, loro sono gli unici che si interessano un minimo.” Sembra evidente che le nuove generazioni (compresi gli autori di questa ricerca) abbiano una sorta di vuoto conoscitivo attorno alle competenze e alle realtà artigiane, alla loro funzione nel sistema produttivo e sociale. Riempire almeno parzialmente questo vuoto, dato il peso che questi mestieri hanno avuto nel tessuto sociale degli ultimi anni, è intento esplicito del Techlab, che ha la funzione di presentare le realtà dei mestieri a quel pubblico che, come ci racconta il marmista, non è più interessato, non sa neanche di che si tratti. I workshop che saranno presentati al Techlab, di cui abbiamo avuto una buona disponibilità da parte degli artigiani incontrati, avranno anche questa funzione, oltre che “iniziare” i giovani alle abilità dei mestieri.

-Raccolta informazioni sullo stato dell’arte -Comprensione della relazione tra artigianato e giovani -Approfondimento delle possibilità di inserimento di giovani tramite borse lavoro nelle imprese artigiane del territorio -Relazione tra l’artigianato locale e le nuove tecnologie

Raccolta informazioni sullo stato dell’arte

La ricerca si è sviluppata in tre fasi: la ricerca dei contatti (attraverso l’utilizzo di internet e grazie al gentile contributo fornitoci da Cna), il contatto telefonico e l’incontro faccia a faccia. La selezione dei contatti è avvenuta in una prima parte in una maniera casuale, poi a seconda delle competenze che meno siamo riusciti a contattare, in funzione di una ricerca di specializzazioni di riferimento cui avremmo potuto attingere per auspicare il miglior funzionamento del Techlab, in chiave di competenze e di disponibilità per i futuri workshop. L’obiettivo di base era quello di individuare almeno un artigiano di riferimento per ogni tipologia di mestiere disponibile sul territorio che mostrasse interesse disponibilità alla collaborazione con il progetto del Techlab e in generale nei confronti dei giovani. Tutti gli artigiani, come ci si aspettava, hanno lamentato difficoltà più o meno gravi attorno al tema crisi economica. Si è riscontrato un interesse generale, molta curiosità, nei confronti del Techlab, nonché una sorta di appagamento dovuta al fatto, almeno così ci è sembrato, che il Comune si stesse occupando delle realtà artigiane, e che le istituzioni fossero interessate alla tutela e allo sviluppo delle loro competenze e del loro lavoro. La disponibilità e l’interesse per il progetto si sono rilevati dunque maggiori del previsto. Non sono stati riscontrati casi di attività in fase di chiusura che richiedono un imminente ricambio generazionale, come invece era stato sperato in fase di progettazione.

Approfondimento delle possibilità di inserimento di giovani tramite borse lavoro nelle imprese artigiane del territorio Tra i contatti artigiani è stata trovata una buona disponibilità, almeno dal punto di vista teorico, a effettuare collaborazioni genericamente identificate come “tirocini” o “stage”. Il problema individuato praticamente all’unanimità riguarda le questioni burocratiche e di sicurezza. Nessuno pare in grado di poter accettare un ragazzo con la consapevolezza di essere perfettamente a norma. Questo tipo di lamentela è stata praticamente universale, oltre alle problematiche riguardanti il tempo perso dietro alla burocrazia nei rari casi in cui il tirocinio si rivelava possibile. Spesso è interpretato come un’enorme perdita di tempo e di risorse. È evidente che si richiedano de1lle riforme in una direzione che semplifichino questo processo; è possibile che si richiedano standard che bloccano possibili processi di formazione per i giovani. La disponibilità da parte degli artigiani ci sarebbe, è bene trovare modalità che permettano tali sviluppi. La questione della popolazione immigrata non è poi da sottovalutare, è possibile che l’intraprendenza e la cultura del lavoro di tale popolazione sia più interessata, efficiente e disponibile di quella autoctona.

Comprensione della relazione tra artigianato e giovani Una buona quantità di artigiani ha lamentato lo scarso interesse dei giovani all’apprendimento del mestiere, perchè per apprendere il mestiere è necessario un minimo di vocazione oltre che di abilità manuali. Alcuni hanno espresso piuttosto chiaramente che i giovani non hanno idea di che cosa accada in una bottega artigiana, quali siano le competenze necessarie, e effettivamente questa sembrerebbe essere una problematica che è venuta a colpire l’intero immaginario collettivo con la trasformazione dei mer-

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Relazione tra l’artigianato locale e le nuove tecnologie Il progetto iniziale prevede il TechLab come punto di riferimento per i giovani verso: • la riscoperta della manualità • l’esperienza di nuovi processi tecnologici riguardanti la progettazione / prototipazione e produzione di beni di consumo • la conoscenza dell’artigianato locale Al momento della stesura di questa relazione l’allestimento del TechLab è quasi terminato. Il laboratorio è stato dotato di utensili per la prototipazione veloci negli ambiti della meccanica, dell’elettronica e dell’informatica. E’ prevista un’apertura settimanale di almeno 8 ore al giorno, tranne la domenica. Nei giorni lavorativi l’orario di apertura tiene conto della maggiore affluenza di pubblico in oriario post-lavorativo (dalle 14 alle 22) al sabato invece sarà aperto dalla mattina (dalle 9 alle 18). Durante la mappatura degli artigiani sul territorio locale è stato presentato il progetto del TechLab agli artigiani, molti dei quali si sono resi disponibili a presentare la loro attività negli spazi del TechLab. E’ in fase di definizione quindi un calendario con gli svolgimenti dei workshop degli artigiani, presumibilmente di sabato. Per la diffusione delle informazioni si utilizzerà la mailing list avente gli indirizzi dei giovani mappati durante gli incontri comunali e dei canali standard virtuali, oltre alla rete sociale di contatti presente nei database dell’associazione Patchanka. Un’ulteriore strada per avvicinare i giovani utenti del TechLab con il mondo dell’artigianato locale sarà una lista di fornitori di materie prime e di servizi di produzione all’interno del laboratorio: il giovane interessato al completamento della produzione della sua idea può quindi mettersi in contatto diretto con gli artigiani del territorio, per consulenza o per richiedere la produzione del manufatto necessario. Il TechLab rappresenta l’anello di congiuzione tra l’idea e lo sviluppo di una start-up. I giovani interessati alla commercializzazione della propria idea troveranno, oltre alla consulenza tecnica rivolta alla prototipazione dell’idea, le competenze necessarie per l’avvio di una vera e propria impresa. Questo grazie ad una rete di contatti tra incubatori e consulenti amministrativi.

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Nonostante il progetto abbia raggiunto il suo compimento con la realizzazione degli obiettivi proposti le attività non sono affatto concluse. Le informazioni e i contatti ottenuti e sviluppati attraverso le mappature permettono di attingere a una imponente quantità di competenze e possibilità di formazione e informazione molto consistente da gestire attraverso la rete istituita. Il Techlab rappresenta da subito il punto di riferimento tangibile delle dinamiche di sviluppo. Gli artigiani hanno riposto curiosità e disponibilità alla collaborazione per effettuare workshop per l’apertura ai giovani all’ingresso nel mondo dei mestieri, e in generale come punto formativo e informativo. Il sito ScopriChieri fornisce l’adeguato supporto virtuale per la gestione del flusso di informazioni. L’utilizzo attivo da parte dei gruppi di giovani individuati garantisce il conseguimento della funzione per cui è stato preposto. Il sito rappresenta effettivamente una vetrina dinamica per il mantenimento della rete. Il Techlab rappresenta invece la risposta locale agli stimoli di rinnovamento del tessuto produttivo, un processo che risponde ai progetti che a livello europeo entrano nel quadro dell’economia della conoscenza: esso richiede consapevolezza delle competenze disponibili sul territorio e dinamiche di rinnovamento della popolazione lavorativa, adeguate al rinnovamento delle modalità di produzione, più snello ed elastico, verso una produzione a kilometro zero che reca in sé anche la progettazione dei prodotti, e una partecipazione attiva dalla base, ovvero una riappropriazione culturale del prodotto. Sebbene non si possa paragonare dal punto di vista quantitativo alla produttività del modello di produzione industriale, il Techlab è innanzitutto un modello di come sia possibile effettuare un cambiamento delle modalità di produzione, un esempio di progettazione partecipata e condivisa di ciò che serve all’uomo e al cittadino. Esso fa buon uso delle competenze già sviluppate nel passato, combinandole con le nuove tecnologie, facendo perno sulla capacità sociale della popolazione, sfruttando le risorse messe a disposizione dalle istituzioni politiche locali. Gli incontri con i singoli artigiani (e l’individuazione della loro disponibilità alla partecipazione al progetto) e la costruzione della rete tra i giovani permettono uno sviluppo attivo e condiviso da parte di tutti coloro che mostrano interesse. Senza l’attivazione di rapporti fiduciari e la disponibilità che speravamo di incontrare, e che per nostra fortuna abbiamo incontrato, uno sviluppo virtuoso di processi di rinnovamento del tessuto sociale e produttivo sarebbero insperabili. Il Techlab mostra, per sua stessa natura, la capacità di integrare il vecchio e il nuovo. Il progetto è ambizioso, e in continua evoluzione, ed è proprio questo l’ingrediente che ha scatenato la curiosità sia degli artigiani e dei giovani, i quali possono prender parte ad un processo inclusivo di sviluppo di un nuovo approccio alla produzione di manufatti e di organizzazione del lavoro che possono dare un contributo, nei limiti del possibile delle realtà del Pian Alto, a sostenere il processo di rinnovamento di cui l’intero paese avrebbe bisogno, e di cui il Techlab e la rete che lo può popolare e sostenere rappresentano un monito di speranza e di innovazione.


VENERDÌ 24 MAGGIO

ATOMS, BITS & PEOPLE

DIRECTOR, NEIL GERSHENFELD CENTER FOR BITS AND ATOMS, MIT INCONTRA I MAKERS ITALIANI

con Massimo Banzi e Riccardo Luna

Enrico Bassi - FabLab Torino Francesco Bombardi - Fablab Reggio Emilia Amleto Picerno - Mediterranean FabLab Paolo Cavagnolo - Techlab Chieri Assia Hassanein - We Do FabLab Maria Stella Rasetti - YouLab Pistoia Tomàs Diez - FabLab Barcelona Massimo Menichinelli - FabLab Helsinki Alex Schaub - FabLab Amsterdam Eddie Kirkby - FabLab Manchester

H 18:00/20:00 — free entrance ACQUARIO ROMANO — PIAZZA MANFREDO FANTI, 47 — ROMA L’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, il Global Shapers Rome Hub

in collaborazione con: WORLD WIDE ROME e MAKE FAIRE

pubblico! Riccardo Luna è stato il primo direttore di WIRED Italia, adesso guida il movimento dei makers italiani. Massimo Banzi è il cofondatore della scheda “Arduino”, la prima e vera breccia nel mondo chiuso dell’elettronica, rendendola accessibile e comprensibile a tutti.

4.1.2

fablabs e rete nazionale

Il TechLab è la calamita dove i giovani vengono attratti per ritrovare un nuovo futuro. La generazione dei videogiochi esce a fare, creare, costruire. Questo è il futuro e il divenire delle cose concrete accessibili a tutti.

La “Maker Faire” è una fiera internazionale dell’innovazione tecnologica, delle invenzioni, del fai-da-te e di tutto quello che rientra nel termine americano “MAKE”: costruire / fare / concretizzare. Il movimento nasce in quest’ultimi anni dall’unione tra il mondo del fai-da-te, inteso come la voglia (sempre più presente nelle nuove generazioni) di fare, toccare, costruire, e il saper-fare messo in condivisione su internet. Se aggiungiamo all’impasto la continua innovazione tecnologica nel senso di accessibilità (sempre più tecnologia è disponibile a basso prezzo) ecco che si concretizza il movimento degli artigiani digitali (o MAKER). Fiere di questo tipo sono presenti in giro per il mondo da meno di una decina d’anni, qualche volta anche in Europa (UK per lo più), ma mai in Italia. Quest’anno Riccardo Luna e Massimo Banzi hanno deciso che il terreno italiano era più che fertile e l’hanno organizzata. I numeri non gli hanno dato torto: 35 000 visitatori circa nei 2 giorni di apertura al

Il 24 Maggio 2013, siamo stati invitati a presentare il progetto del TechLab, alla conferenza di presentazione della MakerFaire, in occasione del keynote del fondatore del movimento dei fablab Neil Gershenfeld. Alla manifestazione erano presenti tutti i coordinatori dei laboratori simili italiani ed europei, la camera di commercio di Roma, l’ambasciata americana ed il presidente dell’Asset Camera. Al TechLab, come agli altri fablab, sono stati concessi 5 minuti in cui parlare del progetto davanti alla colma platea. La presentazione, data la scarsità di tempo, è stata centrata sulla natura pubblica del progetto, dando visibilità alla Provincia di Torino e al Comune di Chieri. Questa linea scelta è stata molto apprezzata dal pubblico e sono stati molti gli interessati a capire come ripetere il progetto anche nel proprio comune.

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Le 43 officine censite da Wired Wired, nel numero uscito Il 23 Febbraio 2014, censice i laboratori, FabLab, makerspace o associazioni che siano, inserendo il Techlab come punto cardine della rete quanto meno piemontese.

“In Italia siamo passati da zero a 42 FabLab (FABrication LABoratory). Li abbiamo censiti e ve ne proponiamo la mappa. Sono officine e luoghi di conoscenza dove si realizzano prototipi con le stampanti a 3D, dove con le frese e con le macchine a controllo numerico si reinventa la tradizione artigiana, dove si trasferisce sapere da innervare sul tessuto manifatturiero. Qui, e negli spazi di co-working, oggi si insegna alle nostre piccole aziende che per vendere all’estero basta aprire un negozio su AliBaba o su Etsy, per poi magari finire citati dall’Economist, come qualche settimana fa è capitato a un’impresa di calzature di Civitanova Marche. Le catene del valore sono trasformate. L’economia di scala è sempre un fattore rilevante, ma ora è possibile produrre con modalità assai diverse da quelle che avevamo imparato a conoscere. Esiste un’alternativa alla fabbrica taylorista, alla catena di montaggio tradizionale, a una logica in cui vale solo il costo del lavoro, che spinge a delocalizzare. Un tempo li avremmo chiamati terzisti, ora sono maker che ragionano in rete e si attrezzano in tempo reale per rispondere alla domanda e individuare opportunità.”


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4.2

studio di progettazione

A Gennaio 2014, terminato il periodo di finanziamenti previsti dal bando del Piano Locale Giovani, la cooperativa Patchanka, con tre soci e u n lavoratore a progetto impegnati nel “cantiere” Techlab, si interroga su come evolvere per portare avanti il laboratorio e renderlo sostenibile dal punto di vista economico. Business plan alla mano, si decide di iniziare ad accettare commesse e a lavorare come un vero e proprio studio di progettazione, sempre mantenendo però quello spirito di incisività e partecipazione che aveva tanto caratterizzato il Techlab nel periodo di apertura gratuita al pubblico durato tutto l’anno precedente.

pomeridiana; potrà essere utilizzata da chiunque, sotto l’aiuto e controllo di un’esperto al costo di 20€/h. Nel corso di questo periodo i progetti realizzati che portano con se il logo “made in Techlab” sono molteplici e non solo nel territorio chierese. L’attività varia tantissimo e spazia attraverso le discipline di: -Studio dello scenario -Educativa territoriale -Ricerca -Interaction -Progettazione d’interni -Design del prodotto

Da questa scelta nasce quindi una forma differente che prende il laboratorio, la mattina è chiuso al pubblico e ci si ritrova a lavorare ai vari progetti in corso metre durante il pomeriggio si mantiene un’apertura giornaliera a chiunque voglia accedere al laboratorio e proporre un’idea, un corso o abbia bisogno di accedere ai macchinari/utensili di cui non dispone. La macchina taglio laser nello specifico finta così una delle fonti di danaro per rendere sostenibile l’offerta

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fuori di techlab con Marasma Design Arredo urbano Chieri (TO) Maggio-Giugno 2013 Per tre weekend Marasma è stato invitato a realizzare gli arredi per lo spazio esterno del Techlab, il nuovo laboratorio di prototipazione rapida della città di Chieri. Lo spazio da arredare è il portico di fronte al Techlab, a fianco della biblioteca nel complesso dell’ex cotonificio Tabasso. Questo intervento ha come obiettivo la valorizzazione dello spazio pubblico, offrendo un luogo di ritrovo, un punto di riferimento per i cittadini. Durante i tre weekend la realizzazione ha visto la preziosa collaborazione di una serie di ragazzi che, sotto la guida di Marasma, hanno dapprima imparato a smontare i celeberrimi pallet, per poi prendere confidenza con seghe, seghetti e levigatrici. Il workshop si è svolto sotto forma di performance, sotto gli sguardi incuriositi dei cittadini Chieresi. Tutti gli elementi d’arredo, tavolinetti, poltroncine e sgabelli, sono realizzati con metriale di recupero, principalmente pallet. Inoltre è stata la macchina per il taglio laser per incidere gli arredi, e, sui tavolinetti, sono stati incisi dei giochi da tavolo classici tra cui il Chieropoli: rivisitazione in chiave locale del celebre gioco Monopoli.


agrilab

Logotipo e immagine Chieri (TO) Novembre 2013

Agrilab è un progetto della Cooperativa e dell’Associazione Patchanka di Chieri, promosso dalla Provincia di Torino, nell'ambito del Piano Locale Giovani, che vede il Comune di Chieri capofila dei comuni del Pianalto.La struttura del progetto si basa su 2 momenti fondamentali: percorso formativo e incontro con le realtà economiche del pian alto.Gli obiettivi del percorso formativo sono molteplici: riscoprire metodi e specie tipiche del nostro territorio,sensibilizzare ed appassionare la popolazione all'agricoltura biologica e riportare alla vita uno spazio pubblico abbandonato e metterlo a disposizione della cittadinanza, riscoprendo un disegno urbanistico della città abbandonato con l'avvento dell'economia industriale del secondo dopo guerra.In definitiva offrire al territorio una possibilità e un luogo in cui vivere l'agricoltura come forma di riscatto ed emancipazione un periodo di radicali cambiamenti per l'economia italiana.


abelab

con Marasma Design Progetto Educativo e Furniture design Murisengo (AL) Dicembre 2013

ABELAB “ABELAB” è un progetto che nasce dall’incontro tra TechLab, Marasma Design e Cascina Abele. Il progetto, che unisce queste tre realtà, ognuna con la propria storia e le proprie competenze, è un occasione per arricchire le proposte e consolidare progetti, è un momento di scambio, di dialogo e di crescita, sia individuale che collettiva. L’obiettivo del progetto è l’attivazione di un laboratorio artigianale di falegnameria per la produzione di arredi realizzati con materiale di recupero. La scelta del materiale consente di realizzare e vendere degli arredi di buona qualità a costi contenuti e di contribuire ad uno stile di vita più sostenibile e attento. Ogni prodotto è un pezzo unico, che cambia al variare del materiale disponibile al momento della realizzazione. Il fine ultimo del progetto è il finanziamento di attività della cascina per i suoi ospiti. La produzione è un mezzo per sperimentare l’indipendenza attraverso percorsi alternativi di crescita sociale.


robe DA GRANDI Progetto Educativo e Crafts Scuola elementare Sant’Anna Chieri (TO) Novembre 2013-Marzo2014 Il laboratorio “robe da grandi” è un percorso formativo che si pone come obiettivo primario quello di concretizzare i concetti affrontati durante le lezioni, attraverso attività ludico espressive educative. Le componenti espressive educative del laboratorio rappresentano un lavoro necessario per il pieno svolgimento del laboratorio ludico di manualità e avranno come obiettivo quello di accrescere il gruppo della classe attraverso giochi indirizzati a: • conoscere l’altro • saper relazionarsi fra pari • riconoscere i ruoli nel gruppo • includere gli svantaggiati • immettere fiducia in se e negli altri


thisordinato

Design d’interni Chieri (TO) Marzo 2014

Moda street, skate, alternativa, presa bene... chiamala come ti pare! A Chieri apre uno store che segue le tendenze internazionali ed italiane che nascono dalla strada. Cerchiamo lo stile nei club, sulla tavola, nei festival e scegliamo marchi per creare una collezione adatta a chi ricerca il proprio look.


montilab

Progetto Educativo e Furniture design Liceo Monti, Chieri (TO) Marzo 2014

Il MontiLab nasce da un’intuizione di una professoressa interessata all’autoproduzione. È un progetto di autocostruzione di arredi scolastici che si svolge in una serie di incontri sulla progettazione partecipata, sul design e sulla falegnameria. Il gruppo di 20 studenti liceali si è organizzato quindi per immaginare e disegnare, tagliare ed assemblare e infine posare una libreria nell’atrio dell’istituto appositamente pensata per un punto della rete di book crossing. Hai mai pensato di progettare pezzi di design unici e autoprodurli nel tuo liceo? oggi, insieme al Techlab puoi farlo, amico mio.


light up the public space con Istallazione luminosa Borgo Vittoria, Torino Luglio 2014 Izmo runs the 4th edition of the International Summer School in Turin (Italy) from July 23 to August 1 2014. This year, the focus will be on light design in public spaces. The course aims at attracting students – both under and post graduates -, professionals and, in general, anyone who is interested in the subject of light design and creative re-use. The project is developed in collaboration with Associazione TeSSo, which works on urban renewal and social change precisely in the area where the courses will take place. The lectures will be held by experts and professors of Light design, Urban design and Interaction design, in order to develop a broad and multidisciplinary perspective on the subject. In addition, students will have the opportunity to experience methodologies and techniques that will enable them to work creatively with waste materials and to learn participatory design practices.


casa nel bosco Grafica e Segnaletica esterna Chieri (TO) Luglio 2014 Casa nel bosco è il progetto nato dall’incontro di persone piene di entusiasmo e con la comune passione per l’educazione. L’intensa collaborazione tra l’asilo nido la Coccinella e l’associazione l’Abbraccio, la visione innovativa del modello educativo e la splendida struttura immersa nel verde sono i punti di forza del nostro progetto. Siamo un polo materno-infantile, che ha come obiettivo l’accompagnare, con qualità e continuità (dai -9 mesi ai 5 anni di età), neo-genitori e famiglie lungo il proprio percorso di crescita e quello dei loro bambini, in un luogo unico nel suo genere. Siamo un centro di formazione, dove far convergere le idee e le esperienze di educatori e operatori del settore materno-infantile con le reali necessità di genitori presenti e partecipi all’educazione dei propri figli. All’interno di casa nel bosco convivono e collaborano l’asilo nido e la scuola materna la Coccinella, l’Abbraccio (associazione di supporto alla maternità) e il campus estivo.


astoria

Artigianato digitale San Salvario, Torino Settembre 2014

origine

Artigianato digitale San Salvario, Torino Aprile 2014


4.2

associazione di promozione sociale

Le associazioni rendono l'uomo piÚ forte e mettono in risalto le doti migliori delle singole persone, e danno la gioia che raramente s'ha restando per proprio conto, di vedere quanta gente c'è onesta e brava e capace e per cui vale la pena di volere cose buone (mentre vivendo per proprio conto capita piÚ spesso il contrario, di vedere l'altra faccia della gente, quella per cui bisogna tener sempre la mano alla guardia della spada). Italo Calvino


Il techlab rappresenta qualcosa di molto importante sia per la popolazione locale che per il movimento internazionale dei makers (non ha caso abbiamo ricevuto l’onirificienza di “maker of merit” durante la makerfaire 2014, per nessun progetto in particolare, ma bensì per il techlab in sé). Quindi dalle ceneri di quello che è stato un’esperimento di studio di progettazione si riparte per seguire la vena più associazionistica del progetto. Il 16 dicembre 2014 si costituisce così l’ APS Techlab. Il team dei quattro fondatori è formato da Paolo Cavagnolo (ingegnere), Pierluigi Vona (designer), Melissa Capello (educatrice) e Marco Giovannone (architetto). Il progetto riparte da tre prospettive da declinare:

SCIENZA Il Techlab è soprattutto appassionato di scienza e tecnologia, ma sa anche che la scienza e la tecnologia hanno cambiato e sono destinate a cambiare profondamente la nostra società. Il Techlab, senza credere che un app salverà il mondo, promuove uno studio ed un uso consapevoli delle scienza e della tecnologia e vuole essere un luogo dove sperimentare in piena libertà le potenzialità, ma anche i limiti e le conseguenze, delle nuove tecnologie digitali. Occuparsi di scienza e tecnologia vuole dire, quindi, occuparsi anche di politica, nel suo significato più alto, vale a dire quello di prendersi cura della comunità e della città in cui viviamo. Il Techlab vuole essere il luogo dove attivare processi di accrescimento di potere della comunità locale per quanto riguarda l’uso delle tecnologie digitali in modo da non farsi trovare impreparati, o peggio spaventati, di fronte al progresso della scienza e poter esercitare, quindi, pienamente i propri diritti di cittadini, parte di una comunità locale competente e coesa.

DESIGN Il design è progettare, e pro-gettare non significa altro che gettare in avanti, gettarsi in avanti per anticipare qualcosa o qualcuno, costantemente in bilico tra presente e futuro. Il Techlab vuole progettare relazioni e connessioni, organizzare l’intraprendenza, innescare processi di trasferimento di conoscenze e competenze per valorizzare l’intelligenza collettiva presente sul territorio. Il Techlab vuole fornire gli spazi, le regole ed i metodi per far nascere e crescere la l’innovazione, attraverso la collaborazione e la partecipazione di chiunque desideri far parte di una nuova storia da scrivere tutti insieme. Il Techlab vuole essere in primo luogo uno spazio, reale e virtuale, in cui mettere in rete il sapere ed il talento presente sul nostro territorio, il catalizzatore dell’incontro tra la cultura del saper fare e dell'artigianato locali e gli strumenti e le tecnologie della comunicazione e della fabbricazione digitale, con l'obiettivo di riuscire a creare l'opportunità per la nascita e la crescita di nuove forme di lavoro che permettano di liberare ed utilizzare al meglio il talento e l'ingegno presenti in ciascuno di noi.

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SOCIETà Il Techlab nasce a Chieri, cresce a Chieri e vive a Chieri, in un territorio ricco e denso di storie e di persone che hanno saputo creare opportunità ed innovazione generando non solo valore e benessere, ma anche senso di appartenenza e prospettive per il futuro. Tutto questo non è nato dal nulla ed in tempi brevi, ma è stato il frutto dei tempi lunghi della storia che hanno dato modo di svilupparsi e di crescere ai talenti ed ai saperi presenti sul nostro territorio. Noi crediamo che questo enorme patrimonio di conoscenze e persone non possa andare perso di fronte alle sfide poste dai mutamenti della società e dell’economia che ci troviamo ad affrontare in questi anni. Noi crediamo che la risposta a queste sfide, soprattutto in una nazione come l’Italia, si debba giocare, però, non sul piano esclusivamente economico, ma soprattutto sul piano culturale. Solo un profondo mutamento di quella cultura del saper fare, che è stata alla base del successo della nostra comunità, potrà permetterci di superare l'attuale fase di difficoltà e smarrimento, contribuendo alla ri-definizione non solo dell'identità del nostro territorio, ma anche di nuove forme vivere insieme ed essere comunità.

e con 4 finalità: - Sostenere e promuovere la progettazione partecipata e le nuove tecnologie, l’utilizzo consapevole dei beni comuni e la conseuentegestione dei progetti da parte ovviamente del progettista ma insieme ad utenti finali, lavoratori e tecnici. - Sostenere e promuovere l’intraprendenza e la creatività locale mettendo a disposizione competenze, strumenti e spazi per favorire la nascita e la crescita di nuove forme di lavoro. - Sostenere e promuovere attività di: formazione per l’impiego delle tecnologie, educazione ad una loro conoscenza consapevole, consulenza per la loro diffusione. -Progettare prodotti e servizi ad alto contenuto innovativo a partire dai bisogni e dalle necessità della comunità locale, attraverso la partecipazione degli utenti e la collaborazione dei progettisti, al fine di dare un significato condiviso a ciò che si immagina e si costruisce insieme.

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capitolo

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ociaj


Il progetto Ociaj nasce come esperienza di autoproduzione, che ingloba diversi ambiti, tra cui la falegnameria, l’ottica e il mondo dell’abbigliamento. Fa riferimento a esperienze storiche affermate e progetti innovativi e contemporanei.

Questo capitolo si svilupperà in tre passaggi: - Filosofia, quindi perchè montature di occhiale. - Tecnica, come sono realizzati. - Comunicazione e distribuzione.

5.1 FILOSOFIA

5.1.1 AUTOPRODUZIONE Autoproduttori sono coloro che, insoddisfatti del sistema di produzione a scala globale esistente, sperimentando un “metodo alternativo”. Si collocano a metà tra il classico artigiano e l’individuo designer. Questo nuova figura ibrida è pioniera di una nuova economia e di una nuova rivoluzione industriale. Autoproduzione: ideare, costruire, promuovere, vendere oggetti che stanno in quello spazio indefinito del ‘nè arte nè design.1 Essere autoproduttore carica di responsabilità l’individuo, ma allo stesso tempo consente un controllo di tutti gli aspetti del prodotto. Conoscere e avere sotto controllo tutte le fasi del processo, dall’idea alla commercializzazione del prodotto. Le affinità con l’artigiano sono tante, ma a differenza di quest’ultimo l’autoproduttore non è legato a una sola pratica o a un solo materiale, ma spazia in diversi ambiti. Quello che accomuna l’autoproduttore all’artigiano è la consapevolezza delle connessioni tra progetto, produzione, lavoro, ambiente, comunicazione, commercio, valore. Questa condizione rende più facile trovare soluzioni che armonizzino produzione e consumo, etica ed estetica. E sicuramente gli autoproduttori sono più vicini alla figura dell’artigiano, piuttosto che a quella del design classico. I nuovi creativi dell’autoproduzione e delle serie limitate sono figure ibride: Inventori, artigiani e bricoleur. [...] Più che eredi del Bauhaus, sembrano nipoti del gruppo inglese di Bloomsbury.2

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Enzo Mari, Sedia Artek


Tommaso da Modena, Ritratto di Ugone da Provenza


5.1.2 storia Sono stati ritrovati reperti egizi in cui figuravano studi sulle leggi dell’ingrandimento dell’immagine. Seneca usava delle sfere di vetro piene d’acqua per modificare le immagini. Nerone invece utilizzava un monocolo di cristallo come lente correttiva. Furono però i mercanti veneziani i primi a commercializzare le lenti da vista, e i loro clienti erano i monaci. Nel 1262 Roger Bacon compì importanti esperimenti descrivendo i principi della rifrazione, ma fu accusato di eresia e imprigionato. Le lenti diventano occhiali vent’anni più tardi: nel 1286 il veneziano Alessandro Spina unì due vetri molati con un ponticello e li pinzò al naso di un monaco. Nel 1456, con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, fu Gutenberg ad allargare la platea dei fruitori di occhiali, diffondendosi poi definitivamente nel ‘600. Nel 1784 Benjamin Franklin inventò le lenti bifocali, che evitava a chi era miope e presbite di dover passare continuamente da un tipo di occhiale all’altro. Le astine furono introdotte solo nel ‘800, trasformandoli negli occhiali moderni. I primi occhiali da sole furono invece un invenzione delle popolazioni Inuit per proteggersi dal forte sole in mezzo alla neve. Fu Giuseppe Ratti a realizzare a Torino nel 1917 gli occhiali da sole pensati per aviatori e piloti. Il vero boom di popolarità arrivò quando Sam Foster negli anni ’30 iniziò a vendere esemplari a basso costo sulle spiagge di Atlantic City. Nel 1936 Polaroid inventò le prime lenti polarizzate, che usate da molte star ne aumentarono la visibilità e il conseguente consumo di massa. Dagli anni ’60 gli occhiali diventano un accessorio di moda con cui esprimere la propria personalità. Artisti come Blues Brothers, Audrey Hepburn, Andy Warhol, Marilyn Monroe, Elton John e Gandhi sono personalità che sono state caratterizzate anche dall’uso di specifiche montature.


5.1.3 occhiali tradizione torinese

persol data dall’intuizione e dalla determinazione di voler realizzare un occhiale da sole davvero rivoluzionario per qualità e vestibilità, portò nel 1938 alla creazione del marchio Persol (ossia “per il sole” al fine di sottolineare la funzione protettiva dai raggi solari).

Nel 1917 a Torino, Giuseppe Ratti, già fotografo e proprietario dell’ottica Berry, inizia la sua avventura destinata a culminare in un successo internazionale: comincia infatti, in un piccolo cortile in via Caboto, a realizzare occhiali tecnicamente all’avanguardia, studiati per soddisfare le esigenze di comfort, protezione e visione ottimale per aviatori e piloti sportivi.

Caratteristiche straordinarie di questo innovativo prodotto saranno il design pulito, le lenti in cristallo, orgoglio di Persol, ed il Meflecto, ossia un sistema studiato per rendere le aste flessibili al fine di offrire il massimo comfort nella calzata. In questi anni viene creato anche Persol Victor Flex: un’applicazione del concetto del Meflecto. Vero concentrato di tecnologia, l’occhiale è dotato di un ponte flessibile (il ‘ponte 3 intagli’, ancora oggi utilizzato nel mod. 649), che permette una comoda curvatura aumentando l’aderenza al viso. Nei nuovi modelli un rinforzo metallico interno è, inoltre, applicato alle aste al fine di permetterne la regolazione sia in lunghezza che in curvatura.

Nascono così gli occhiali Protector, realizzati con lenti rotonde affumicate, contornate di gomma e fissate alla testa da fasce elastiche, che verranno presto adottati dalle Forze Armate e dai piloti dell’Aviazione Militare Italiana. Un battesimo davvero speciale quello riservato ai Protector dal maggiore Gabriele d’Annunzio (per il quale fu creato un modello su misura) e dal capitano Natale Palli il 9 agosto del 1918 nello storico volo su Vienna, nonchè da Francesco De Pinedo nella sua trasvolata atlantica durata 193 ore. Dalla penna di un grande disegnatore, Eugenio Colmo (in arte Golia) prende vita nel 1920, il ‘Cinesino’, personaggio che contraddistinguerà il negozio Berry di via Roma e accompagnerà per 50 anni, con le sue evoluzioni grafiche, le immagini pubblicitarie dei prodotti di Ratti, prima fra tutti la linea Persol che vedrà la luce in questi anni.

In questo periodo nasce anche la Freccia, l’inconfondibile simbolo di Persol: un attacco a cerniera che ha quale fregio decorativo una freccia sull’asta, ispirata dalla spada degli antichi guerrieri. L’innovazione, nata dall’intuizione di Ratti, viene immediatamente brevettata in vari paesi. Nel ‘57 nasce il modello 649, realizzato per i tranvieri di Torino che necessitavano di un occhiale ampio per proteggersi dall’aria e dalla polvere. L’originalità del suo design lo porta ad essere un occhiale di grande successo, imitato negli anni da numerosi concorrenti, fino ad essere consacrato a leggenda nel 1961 quando Marcello Mastroianni lo indossa nel film “Divorzio all’italiana”. Protetto da numerosi brevetti e marchi registrati, il mo-

Negli anni ‘20 nasce anche la famosa lente di colore giallo-bruno, realizzata in cristallo neutro prodotto con silice purissima, che sarà montata su tutti gli occhiali Persol. La sua particolarità è dovuta ad uno speciale processo di lavorazione ‘in massa’ che ne definisce la colorazione e garantisce un’altissima protezione dai raggi solari nocivi. L’evoluzione successiva del modello Protector, gui-

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dello 649 (ancor oggi estremamente attuale e presente in collezione) rappresenta il simbolo per eccellenza del design Persol. Per la sua particolarità è stato inserito, nel volume francese del 1994 dal titolo ‘Qualità: scene d’objets à l’italienne’, tra gli oggetti più rappresentativi del genio creativo italiano di ieri e di oggi.

Dal grande bagaglio di informazioni accumulate accanto agli sportivi, nel ‘90 nasce ‘Persol Sport’, una linea creata per proteggere gli occhi di chi pratica un’attività sportiva. In questi anni l’immagine di Persol si lega, tra l’altro, a personaggi del mondo dello sport come Jean Alesi (testimonial negli anni 1996-97).

Il 1962 è l’anno della conquista del mercato statunitense (tuttavia, prima di allora, Persol forniva la Nasa del modello “quattro vetri”).

L’immagine femminile Persol è affidata, nei primi anni ‘90, alla grande attrice Ornella Muti, per la quale Persol creò appositamente un occhiale di grandissimo successo (l’elegante modello 830), e successivamente, negli anni ‘93-’94, ad una modella d’eccezione, Carol Alt. Anche a lei fu dedicato un modello personalizzato: il modelllo Carol 853.

Gli anni ‘80 perpetuano la grande attenzione che da sempre Persol riserva all’innovazione tecnologica e alla cura dei propri prodotti. Partecipa infatti a diverse spedizioni per testare le lenti ad alta quota e nel deserto, verificandone così le performance in condizioni estreme, e per sperimentare l’utilizzo di materiali innovativi. In Siberia, a Vorkuta oltre il 75° parallelo, a 65° sotto zero, gli astronauti russi paracadutati per esercitazioni di sopravvivenza, erano equipaggiati con occhiali Persol dotati di lenti multistrato polarizzate.

Nel 1991 a Los Angeles, nella mitica e esclusivissima Rodeo Drive a Beverly Hills, nasce la prima boutique Persol, a dimostrazione della preferenza di un pubblico sempre più vasto. Nel 1994 Persol è diffuso in 40 paesi nel mondo, venduto in 3.500 punti vendita in Italia e in oltre 12.000 nel resto del mondo. Il suo successo è indiscutibile, per la raffinatezza dei modelli proposti, Persol viene scelto per le campagne pubblicitarie di grandi marchi del mondo della moda. Nell’aprile del 1995 il Gruppo Luxottica, leader mondiale del settore, acquisisce il marchio Persol e ne fa una grande realtà internazionale. Persol diventa così uno dei marchi più importanti del panorama dell’occhialeria mondiale, pur conservando le proprie radici e la fedeltà alla tradizione e alla qualità: Luxottica continuerà, infatti, a produrre i Persol nella storica fabbrica di Lauriano (Torino) ove sono a tutt’oggi realizzati con la stessa attenzione e cura di sempre. 3

La Persol esprime il meglio dell’industria e del design italiano, cogniugando le caratteristiche del distretto industriale, la qualità nella progettazione tipica del made in Italy, soluzioni sempre innovative, che l’hanno resa pioniera nel mondo, grazie anche all’apertura di boutique che presentassero la storia dell’occhiale.

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Turineyes “Voi avete immaginato, noi abbiamo creato. I vostri occhi hanno guidato le nostre mani...è stato questo a renderlo un pezzo unico.”4 Nel 2010 Ignazio e Francesca fondano Turineyes, un laboratorio artigianale di occhiali su misura a Torino. I due hanno alle spalle una tradizione famigliare nel campo dell’ottica. Ad oggi sono in quattro a partecipare al progetto. Il laboratorio-atelier di Torino, oggi diventato anche concept store, è il luogo in cui ricevono i clienti per progettare i modelli completamente personalizzati, sia esteticamente (sulle idee creative) dei clienti, sia a livello funzionale ed ergonomico a partire dalle linee del viso degli stessi. I ragazzi di Turineyes hanno avuto la capacità di intercettare la crescente domanda di oggetti con grande carica emozionale, che fossero capaci di raccontare un’esperienza. Gli l’occhiali costruiti sul viso dei clienti rendono ogni pezzo unico e di qualità.



5.2 TECNICA

5.2.1 materiale locale ed autoprodotto Il legno è il tessuto vegetale che costituisce il fusto delle piante, in particolare dagli alberi e di alcuni arbusti. Le piante perenni sono caratterizzate dalla presenza di fusto e rami che crescono concentricamente verso l’esterno di anno in anno e dall’avere i tessuti composti essenzialmente da cellulosa, emicellulosa e lignina.

Il legno scelto è il ciliegio. Esso è presente in buona quantità nel territorio piemontese. A livello tecnico esso è robusto, presenta buona resistenza a flessione ed urto, non si spacca facilmente, consente buona lavorabilità, non presenta problemi nell’applicazione di una finitura.

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multistrato Il legno viene tagliato, stagionato ed essiccato. Successivamente il massello viene tagliato ottenendo del lastronato. Si tratta di uno strato di legno in essenza normalmente pregiata posta sopra una superficie in massello, normalmente di essenza meno pregiata. In questo caso gli strati ricavati sono disposti a fibre perpendicolare e incollati tra loro, utilizzando una colla fenolica di tipo D3 e posti sotto una pressa. Per il progetto Ociaj sono stati usati 3 strati che sommati hanno composto un multistrato da 5 millimetri.

La disposizionea fibre perpendicolari garantisce una resistenza a compressione decisamente maggiore se comparata con un legno massello, e una flessibilitĂ adatta agli sforzi a cui sarò sottoposta la montatura. Disponendosi alternativamente orizzontalmente e verticalmente ogni strato compensa l’altro.

Il legno massello essiccato viene reperito da fonti locali che ne garantiscono la qualità e la provenienza. Il compensato ricavatone è completamente autoprodotto.


5.2.2 strumenti un taglio techlab laser utensili multiutensile elettrico Ogni laboratorio di fabbricazione digitale possiede molti degli strumenti necessari alla realizzazione della montatura. Sono sufficienti un macchinario di taglio laser, una piccola multiutensile elettrico e utensili classici.


taglio laser Il taglio laser è un processo termico in cui una sorgente di calore (fascio laser) fonde un materiale e un getto di gas (gas di assistenza) lo elimina rapidamente. Grazie alla elevata precisione del fascio laser e all’alta purezza dei gas di assistenza impiegati, si ottiene un taglio netto, privo di bavature, lucido, a bassissima rugositĂ e di alta precisione geometrica.

fascio laser

lente di messa a fuoco

materiale da lavorare fascio laser a fuoco

residui materiale

gas di taglio

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utensili Utensili classici per la lavorazione e la finitura del legno, quali carta abrasiva, pinze, cacciaviti ecc. nonchè una piccola trapano fisso sulla quale montare diverse punte.

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una camera di vapore, una dima Adatta a curvare la montatura, la dima deve avere una specifica forma, che emuli il viso della persona, e che sia in grado di contenere le lenti. Queste ultime sono costituite geometricamente da porzioni di sfera di sfera, rendendo necessaria la piega della montatura in piÚ di una direzione. Una pentola con doppio fondo, di cui uno dei due fondi forellato, può essere usata per creare una camera di vapore adatta alla umidificazione della montatura, che ne consentirà la deformazione.

lente

pentola a doppio fondo

doppia piega

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5.2.3 procedimenti progettazione del modello La progettazione tiene conto degli elementi ergonomici, che sono la posizione delle lenti rispetto agli occhi, il nasello in posizione centrale, le stanghette, che si ancorano alle estremitĂ del fronte e si appoggiano alle orecchie. Il resto è completamente personalizzabile e permette di esprimere un’infinita creativitĂ . Il modello viene disegnato in vettoriale utilizzando un software CAD.


taglio laser Il passaggio dal modello virtuale, disegnato con software vettoriali, avviene attraverso un macchinario che elabora i bits: il taglio laser. Questo è in grado di tagliare senza contatto con un fascio laser di luce coerente una moltitudine di materiale, dipendentemente dalla potenza in Watt (in questo caso il materiale è il compensato di ciliegio). L’idea astratta nella mente del progettista passa attraverso una trasformazione di essa in bits (modello virtuale) per poi essere tradotta in forma materiale dal macchinario di taglio laser. I passaggi sono strettamente collegati e interconnessi tra di loro. Le verifiche dimensionali e di ergonomia sono fatte durante ogni fase, e riverificate piĂš volte, in modo da creare un sistema di individuazione e correzione di errori efficace.



bisellatura Dal macchinario di taglio laser si ricava il modello tagliato e completo di eventuale decorazione e incisione per le cerniere. E’ possibile arrotondare gli spigoli del modello, e creare la scanalatura per l’incastro delle lenti. Si utilizza un multiutensile fissato ad un piano. Usualmente il bisello per la lente è praticata con una punta a forma triangolare.

bordi arrotondati

bisello



curvatura Praticate le varie bisellature, il passo successivo è curvare la montatura. Per questo passaggio si useranno la camera di vapore e una dima. La montatura viene posta all’interno della camera di vapore per alcuni minuti, la cui durata dipende della densitĂ del legno (per il multistrato di ciliegio autoprodutto sono sufficienti circa 2 minuti). In questa fase le fibre del legno si ammorbidiscono e consente un’agevole deformazione della montatura. Ultimato il processo di vaporizzazione si rimuove la montatura dalla camera di vapore e si posiziona nella dima di piega.

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rifinitura La procedura per la rifinitura è completamente manuale. Si adopera la carta abrasiva per togliere il piccolo strato bruciato dal laser e per dare la giusta levigatura, per avere un contatto confortevole con il viso.



cerniere Le cerniere sono fornite da aziende esterne al progetto, quali Centrostyle (Lombardia), e PuntoCentro (Lazio). Vengono utilizzate cerniere in metallo, che si applicano al legno senza colla, ma con l’utilizzo di viti minute. Si auspica, per coerenza del progetto nelle sue prerogative, di trovare dei fornitori a “chilometri zero�, oppure di riprogettare il sistema cerniera che ne consenta l’autoproduzione.

114




verniciatura Per la finitura si viene usata una vernice all’acqua, incolore e atossica, resistente ai raggi UV, inodore e resistente a graffi e urti. E’ stata personalmente testata la marca Ronseal, vernice Legno e sughero, specifica per oggetti di legno destinati ad uso ludico per bambini. L’applicazione può avvenire con l’uso di un pennello o con un’applicatore spray.


piano di sezione

lenti

da vista e da sole La lente si posiziona nel bisello precedentemente creato con il trapano fisso nella montatura, che ne consente l’incastro. Nel progetto Ociaj le lenti da vista, che presentano spessori differenti in funzione alla correzione ottica e sono di materiale vetroso, sono montate direttamente da un ottico specializzato, con un macchinario che legge attraverso un braccio meccanico la bisellatura nella montatura, e taglia la lente su misura attraverso a una fresa. Le lenti da sole possono essere autoapplicarte, perchè di uno spesore standard e di materiale sisntetico. La lente viene infatti tagliata con il macchinario a laser (lo stesso che taglia le montature), rifinite a mano e incastrate nella motatura.

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bisello


personalizzare impiallacciatura forma misure disegni incisi Il progetto è strutturato in modo da consentire la partecipazione dell’ utente finale ad alcune fasi del processo di progettazione.

impiallacciatura L’impiallacciatura è un’operazione che viene eseguita in falegnameria e consiste nel ricoprire un legname non pregiato od un pannello con un sottilissimo tranciato di legno pregiato detto piallaccio. Nel caso specifico, i piallacci sono stati forniti dalla Carteria Paudice Nereo, azienda locale.

forma Grazie all’impiego del macchinario a taglio laser si ha la possibilità di ottenere qualsiasi forma.


misure Come per la forma, grazie alla versatilità del macchinario a taglio laser, la misura dell’occhiale può essere adatta perfettamente al viso dell’utente.

disegni incisi Il laser lavora con una una precisione di incisione al decimo di millimetro, e la possibilità di modulare la potenza e la conseguente profondità dell’incisione, il che rende possibile imprimere qualsiasi disegno sulla montatura.


Fotografie a cura di TWTN



5.3 comunicazione e distribuzione attuale

distribuzionen e comunicazione locale social network depop etsy

logo Il logo, la cui funzione è di dare riconoscibilità al progetto, è stato progettando con lo scopo di interpretare le principali caratteristiche delprodotto. Una montatura stilizzata, un font originale per la scritta Ociaj (‘occhiali’ in dialetto piemontese), una piccola didascalia con un superlativo assoluto per definire inequivocabilmente il progetto come “italiano”. La forma lessicale si richiama alle tipologie espressive dello stile Futurista.

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distribuzione locale A livello locale si è scelto di utilizzare il laboratorio Techlab come vetrina espositiva. Questo spazio è infatti un luogo molto frequentato, posizionato vicino alla biblioteca e alla caffetteria letteraria. Inoltre l’utente ha la possibilità di conoscere la storia del progetto nel luogo in cui è concretizzato.

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social network Le reti sociali virtuali consentono un’espansione illimitata del progetto, riuscendo anche a creare un ambiente di dialogo tra il progetto e il pubblico. Inoltre il progetto riesce facilmente a superare i confini localistici, raggiungendo potenzialmente il mondo intero

facebook Facebook ha una potenzialitĂ di raggiungere circa 1.3 miliardi di persone (quelle che posseggono un profilo) virtuale. Consente la pubblicazione edl prodotto attraverso immagini, oltre a pensieri, attivitĂ e multimedia.


depop Depop è un applicazione per smartphone che permette la compravendita di oggetti in modo immediato, con la possibilità di pubblicazione di foto e piccole descrizioni. Conta su un sistema di followers e followed (di seguaci e seguiti) simile al famoso Instagram. E’ proprio la sua semplicità a renderlo popolare.

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etsy Etsy è un negozio virtuale in cui è possibile aprire una propria vetrina e vendere i propri manufatti. E’ un’azienda nata nel duemilacinque, con sede principale a New York, e altri uffici in Europa, Canada e Australia. Conta 655 dipendenti, 26 milioni di articoli in vendita e 1.3 milioni di venditori virtuali. Nel 2013 ha creato volume di affari di 1.3 miliardi di euro.

Il contatto e la comunicazione con il cliente è fondamentale nella gestione del proprio negozio. Il sito ospita per lo più manufatti artigianali o fa-da-te, i quali hanno solitamente una qualità elevata, da oggetto artigianale, e un’attenzione per il dettaglio elevata.

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Etsy offre inoltre un servizio che permette di tracciare i progressi del proprio progetto, dalle visualizzazioni ai preferiti, dagli ordini al fatturato.

Il progetto ha ricevuto un feedback molto positivo, contando su una preferenza ogni 4 visualizzazioni, 37 ordini. Il tutto in un periodo di circa sei mesi.

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Uno dei modelli in vendita ha raggiunto circa diecimila persone ottenendo quasi cinquemila preferiti. Un dato molto positivo.

Etsy è diffuso su scala globale. Ciò ha permesso al progetto Ociaj di espandersi non solo a livello locale, ma anche a livello internazionale, inserendosi in filiere globali.

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mappa etsy

visualizzazioni

1 - 10 11 - 100 101 - 100 1.001 - 10.000

vendite

Stati Uniti: 19 Italia: 5

Australia: 3 Russia: 2 Grecia: 2


ociaj nel mondo

Gli ordini hanno interessato tutto il mondo. Ecco una lista:

Francia: 1 Canada: 1 Regno Unito: 1

Ucraina: 1 Arabia Saudita: 1


distibuzione futura Per la distribuzione ci si ispira a un progetto completamente italiano: Arduino. La sua forza è stata quella di rendere completamente gratuite e aperte le componenti software del sistema, consentendo di innescare un processo di condivisione di idee e intuizioni. L’hardware Arduino invece, la scheda vera e propria, è in vendita e costituisce l’aspetto commerciale del prodotto.

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Allo stesso modo il progetto Ociaj potrebbe, grazie alle reti sociali virtuali e non, diventare una comunità di persone appassionate al progetto, che condividono conoscenze e progressi tecnici, fondando il lavoro sulle risorse e materie prime locali, e sulla comunità di scambio culturale e tecnologico globale. Il progetto ha la possibilità di svilupparsi in qualsiasi luogo in cui esista un laboratorio, simile al modello TechLab / FabLab, quindi sfruttando la rete consolidata di connesioni e collegamenti creatasi. Potrebbe essere un sistema creatore di piccole economie per giovini intraprendenti. Oltre alla grande potenzialità di evoluzione del progetto con i vari contributi di culture e tradizioni manufatturiere e sociali di località completamen-

te differenti, ma unite in un progetto comune, la rete renderebbe possibile una traslazione laterale del progetto verso altre direzioni e applicazioni. Il progetto Ociaj potrebbe svilupparsi diventando così mascherine di occhiale sportive, oppure oggetti che ereditano l’esperienza nella costruzione del legno multistrato, o l’applicazione delle cerniere minute. La progettazione partecipata è quindi anche motore economico.

mappa dei fablabs nel mondo



note CAPITOLO 1 uomo spirito artigiano 1

Dizionario Etimologico Online, alla voce Artigiano.

2

Genesi, La Bibbia, Giudea, VI-V secolo a.C.

3

Platone, Timeo 28c, Grecia, 360 a.C.

4

Enciclopedia Itinerari, L’occidente, p. 134.

5

Inni Omerici, a cura di FIlippo Càssola, Fondazione Lorenzo Valla, Milano 2006.

6

Richard Sennett, L’uomo Artigiano, Yale University Press, 2008, p. 29.

7

Indra Kagis McEwen, Socrates’ Ancestor: An Essay On Architectural Beginnings, MIT press, Cambridge,

p.119. 8

Sennett, op. cit. p. 27-28.

9

Tim Brown, Creating a post crysis economy, how to design a participatory system, FAST COMPANY (rivi-

sta), 1 Maggio 2009, reperibile all’indirizzo www.fastcompany.com/blog/tim-brown/designthinking/creating-post-crisis-economy-how-design-participatory-system . 10

Stefano Micelli, Futuro Artigiano, I Grilli, 2011, pp. 107-108.

11

Sennett, op. cit.

12

Sennett, op. cit. p. 34.

13

Sennett, op. cit. p. 277.

14

Micelli, op. cit. pp. 124-125.

15

R. Noe, Core77 Speaks with J. Ive on the Design of iPhone 4: Material Matters, in “Core77”, 25 Giugno

2010. 16

Micelli, op.cit. p. 106.

17

Enciclopedia Treccani Online, alla voce Bottega.

18

Enciclopedia Itinerari, L’occidente, p. 145.

137


CAPITOLO 2 Democrazia della cultura del fare e coscienza tecnologica 1

Dizionario Treccani Online, alla voce Democrazia.

2

Dizionario Treccani Online, alla voce Cultura.

3

Dizionario Etimologico Online, alla voce Coscienza.

4

Dizionario Treccani Online, alla voce Tecnologia.

5

John Maynard Smith, The Theory of Evolution, Cambridge University Press, 1993, p.311.

6

M. Frauenfelder, Made by Hand. Searching for Meaning in a Throwaway World, New York, 2010, pp. 218-219

7

Stefano Battilossi, Le rivoluzioni industriali, Carocci, Roma, 2002

8

G.Barraclough in Tommaso Detti, Giovanni Gozzini, Storia contemporanea, Vol.I L’Ottocento, Bruno Monda-

tori editore 2002, pag.4 9

W.J. Mommsen, L’età dell’imperialismo, Feltrinelli, Milano 1970

10

De Fusco Renato , Storia del Design.

11

Enciclopedia Treccani Online, alla voce Taylorismo.

12

Enciclopedia Treccani Online, alla voce Fordismo.

13

M. Crowford, Il lavoro manuale come medicina dell’anima.

14

Stefano Micelli, Futuro Artigiano, I Grilli, 2011, p. 19

15

R. Noe, Core77 Speaks with J. Ive on the Design of iPhone 4: Material Matters, in “Core77”, 25 Giugno

2010. 16

Micelli, op. cit. p. 106.

17

Enciclopedia Treccani Online, alla voce Bottega.

18

Enciclopedia Itinerari, L’occidente, p. 145.

19

Giacomo Beccatini, Distretti industriali e made in Italy, Firenze, Bollati Boringhieri, 1998.

20

C. Lévi-Strauss, Il Pensiero Selvaggio, 1962, p.30.

138


CAPITOLO 3 Progettazione partecipata vera terza rivoluzione industriale 1

Primo paragrafo introduttivo alla voce “rivoluzione industriale” tratto dall’enciclopedia wikipedia.

2

Louis-Guillaume Otto (1753-1817), fece parte dal 1805 del consiglio di stato sotto l’impero di Napoleone I

3

Chris Anderson; Makers, per una nuova rivoluzione industriale; editore Rizzoli 2012

5

Cory Efram Doctorow (Toronto, 17 luglio 1971) è un giornalista, scrittore e noto blogger (coeditore del famo-

so blog Boing Boing) canadese. 4

Chris Anderson; La cosa lunga, da un mercato di massa ad una massa di mercati; Codice edizioni; 2007

6

IAAC: Institute for Advanced Architecture of Catalonia, is a cutting edge education and research centre

dedicated to the development of an architecture capable of meeting the worldwide challenges in Barcelona. 7

ARDUINO: la prima board hardware diffusa in Open Source. È stata lanciata nel 2005 per semplificare il

processo di prototipazione elettronica e consente a chiunque, con poca o nessuna preparazione tecnica, di costruire progetti interattivi. 8

CRD si riferisce ai corsi di Computer Related Design in interaction design al Royal College of Art di Londra,

in seguito chiamato Design Interactions. 9

WIRING è una piattaforma di sviluppo open source composta da un linguaggio di programmazione, un

ambiente di sviluppo integrato (Integrated Development Environment o IDE) ed un circuito stampato basato su un microcontrollore. Il progetto Wiring è nato nel 2003 all’Interaction Design Institute Ivrea su iniziativa di Hernando Barragán. Attualmente è sviluppato presso la Scuola di Architettura e Design dell’ Università de Los Andes di Bogotá, in Colombia. PROCESSING è un linguaggio di programmazione che consente di sviluppare diverse applicazioni come

10

giochi, animazioni e contenuti interattivi. Eredita completamente la sintassi, i comandi e il paradigma di programmazione orientata agli oggetti dal linguaggio Java ma in più mette a disposizione numerose funzioni ad alto livello per gestire facilmente gli aspetti grafici e multimediali. 11

Anderson; op. cit. p.86

12

Bre Pettis (1973) è un imprenditore americano, videoblogger e artista. È noto per i suoi video-podcast su

MAKE e per un programma sull’Hacking trasmesso da History Channel. E ‘uno dei fondatori dell’ hakerspace di Brooklyn NYC Resistor. 13

Anderson; op.cit. p100

14

Anderson; op. cit. pag.67

139


CAPITOLO 4 // 5 Techlab // Ociaj C. Mantica, Manifesto dell’Autoproduzione, in XIX silicio, design di Alessandro Ciffo, catalogo della mostra, Biella 2005. 1

2

C. Morozzi, Una razza speciale, in “Interni” di Gen-Feb 2011.

3

http://www.persol.com/italy/storia

4

http://www.turineyes.it/

140


fonti bibliografiche Chris Anderson; La cosa lunga, da un mercato di massa ad una massa di mercati; Codice editore; Boston; 2007. Chris Anderson; Makers. Il ritorno dei produttori. Per una nuova rivoluzione industriale; Rizzoli; 2013. Richard Daniele Baroni; Il Manuale del design grafico; Longanesi; 1986. Stefano Battilossi; Le rivoluzioni industriali; Carocci; Roma; 2002. Renato De Fusco; Storia del Design; La Terza; 2002. Daniel Filipsson, In-Between Brands, Stockholm University, 2008. Mark Frauenfelder; Made by Hand. Searching for Meaning in a Throwaway World; New York; 2010. David Gauntlett; La società dei makers; Marsilio; 2013. Enzo Mari; Autoprogettazione?; Corraini; 1974. Sarah McCartney; 100 Great Branding Ideas; Marshall Cavendish Business; 2012. Stefano Micelli; Futuro Artigiano; I Grilli; 2011. Harvey Molotch; Fenomenologia Del Tostapane; Raffaello Cortina editore; 2005. Bruno Munari; Da Cosa Nasce Cosa; Laterza; Bari 1996. Norman Potter; What Is a Designer: Things, Places, Messages; Codice edizioni; 1969. Richard Sennett; L’uomo Artigiano; Yale University Press; 2008. Davide Vannoni; Gli Oggetti Nella Mente, La Mente Negli Oggetti; Utet; 2009

fonti sitografiche Contenuti

MakerSpace

arduino.cc

centrostyle.com

techlab.tl

fablabreggioemilia.org

arduino.org

carlzeiss.com

wemake.cc

faberlab.org

interactionivrea.org

officinaonoff.com

fablabgenova.it

wired.co.uk

makeinbo.it

frankensteingarage.it

makerfairerome.eu

theurbanreef.it

milanomakers.it

treccani.it

rinoteca.com

fablabpisa.org

wikipedia.org

fablabvda.org

spqwork.com

etimo.it

fablabfirenze.org

officine.romamakers.org

focus.it

unterwelt.it

fablabsettimo.org

etsy.com

fablabpalermo.com

fablabvarese.it

shwood.com

fablabcatania.eu

fablabbergamo.it

ronseal.coim

urbanfablab.it

fablab.muse.it

abete.com

fablabnapoli.it

fablabgenova.it

persol.com

fablabtorino.org

spazioyatta.it

turineyes.it

fablabmilano.it

miocugino.com


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“Progettare durante la terza rivoluzione industriale. Techlab e Ociaj, esperienze di innovazione radicate nella tradizione” è un lavoro scritto a quattro mani da Filippo Anzivino e Pierluigi Vona. Ha l’uomo uno spirito artigiano? La consapevolezza tecnologica e la democrazia della cultura del fare sono argomenti abbastanza sviluppati all’interno della nostra società? Abbiamo provato a rispondere a questi interrogativi analizzandoli dal punto di vista critico storico e culturale sfaccettature. A questo segue una doppia analisi delle Rivoluzioni Industriali. Prima sulle conseguenze che hanno portato e poi sulle cuse che le hanno rese possibili. Il capitolo zione partecipata e libera come perno dell’attuale Terza Rivoluzione Industriale. La seconda parte descrive i progetti che stiamo attualmente portando avanti.

Techlab, un laboratorio di prototipazione digitale, luogo in cui poter sviluppare le proprie idee e trovare i mezzi per concretizzarle. Il progetto, portato avanti da dei giovani studenti, architetti, designers, ingeneri, sociologi ed educatori del territorio chierese (TO).

Ociaj, un progetto di autoproduzione basato anche sulla fabbricazione digitale. Montature di occhiali tagliate a laser su multistrato autoprodotto di ciliegio e successivamente lavorate e assemblate a mano.


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