Progettare libera[def]

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Piero Rovigatti


Piero Rovigatti Progettare … Libera! Workshop internazionale di progettazione per il riuso ecologico e sociale di due immobili confiscati alla Mafia

SALA Editori

Ideazione, organizzazione e progetto grafico dell’autore.

Roberto Sala

Testi e fotografie, quando non espressamente attribuiti nel volume, sono a cura dell’autore.

Presidente onorario

Umberto Sala

Direttore artistico Direttore editoriale

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Responsabile Redazione e Distribuzione

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Via Caduta del Forte, 61 65121 Pescara | Italia www.salaeditori.eu

© Copyright 2014 SALa Editori, Pescara. Tutti i diritti sono riservati. ISBN 978-88-96338-58-2


Piero Rovigatti

Progettare ... Libera! Workshop internazionale di progettazione per il riuso ecologico e socialmente utile di due immobili sequestrati alle Mafie/ Taller internacional de dise帽o activo para la reutilizaci贸n ecol贸gica y socialmente 煤til de dos propiedades confiscadas a la Mafia International Workshop for eco-friendly and socially useful reuse of the two properties confiscated to the Mafia



Comitato scientifico e istituzionale: Giuseppe Barbieri,DdA, Università di Chieti-Pescara Maurizio Maria Cerrato, Sostituto Procuratore della Repubblica di Avezzano Don Luigi Ciotti, Associazione Libera Elettra Di Cristofano, Assessore ai Servizi Sociali, Scurcola Marsicana Elio Falcone, Assessore alla Cultura, Scurcola Marsicana Adriano Ghisetti, DdA, Università di Chieti-Pescara Liliana Giraldo, Preside della Falcultad Ciencias del Habitat, Universidad La Salle, Bogotà Alfredo Gomez, Preside della Falcultad de Arquitectura, Università CUC di Barranquilla Jurij Kobe, Facoltà di Architettura, Università di Lubjiana Vincenzo Nuccetelli, Sindaco, Scurcola Marsicana Rosario Pavia, DdA, Università di Chieti-Pescara Giancarlo Paris, avvocato Carlo Pozzi, Direttore del Dipartimento di Architettura, Università di Chieti-Pescara Sergio Rozzi, Parco Velino Sirente Ivan Stomeo, presidente Associazione Borghi Autentici d’Italia Docenti: Domenico Potenza, Università di Chieti-Pescara Piero Rovigatti, Università di Chieti-Pescara Mario Tancredi, Università La Salle di Bogotà Tutores: Marco Corsi, Gianni De Benedittis, Antonio Fini, Valeria Marzano Studenti partecipanti: Dipartimento di Architettura, Università di Chieti e Pescara Falcultad de Arquitectura, Università CUC di Barranquilla, Colombia Falcultad Ciencias del Habitat, Università La Salle di Bogotà, Colombia

Università in rete: Università di Chieti e Pescara Politecnico di Milano Università di Barranquilla, Colombia Università di Bogotà, Colombia Università di Lubijana, Slovenia Lectures: Pepe Barbieri, Università di Chieti-Pescara Chiara Berti, Università di Chieti-Pescara Mario Cerasoli, Università Roma Tre Maria Grazia Somma, Università di Chieti-Pescara Jurij Kobe, Università di Lubjiana Rosario Pavia, Università di Chieti-Pescara Sergio Rozzi, Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise Comunicazioni e collegamenti on line: Laura Sanabria, Università La Salle, Bogotà Elena Granata, Politecnico di Milano Lina Calandra, Università dell’Aquila Raul Pantaleo, TAM Associati Marco Casagrande, Ruin Academy Angelo Abbate, Società BioUrbanistica Pagina Facebook: Progettare …. libera Responsabile del campo Libera 2013: Cinzia Martorelli Ideazione e coordinamento scientifico: Piero Rovigatti, DA - Università di Chieti-Pescara, Contatti: E – mail: p.rovigatti@unich.it SKYPE: piero.rovigatti cell.: + 39 349 2313987


PRESENTAZIONI Vincenzo Nuccetelli, Sindaco di Scurcola Marsicana Elettra Di Cristofano, Assessore all’Ambiente e ai Servizi Sociali Carlo Pozzi, direttore Dipartimento di Architettura, Università di Chieti-Pescara Juri Kobe, Faculty of Architecture, Lubjiana, Slovenia Liliana Giraldo, Preside Falcultad Ciencias del Habitat, La Salle di Bogotà Introduzione. Progettare … Libera!, Piero Rovigatti

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I – PROGRAMMA E STRUTTURA DEL WORKSHOP Il programma didattico del workshop Punti di partenza, direzioni di ricerca, risultati attesi, Piero Rovigatti Organizzazione seminariale, materiali didattici, strutture operative

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II – ANALISI E MATERIALI DI BASE Relazioni e appartenenze territoriali Condizioni della trasformazione Il sito di interesse I beni sequestrati. Rilievi e Rassegna fotografica Relazioni di paesaggio Condizioni attuali. Azioni intraprese Programmi e condizioni al contorno Condizioni di tutela e trasformazione. Azioni in corso Punti di forza e di debolezza. Prime visioni di riferimento

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INDICE

III – ATTESE E DOMANDE DI PROGETTO 1. Le attese normative 2. Le attese della Pubblica Amministrazione 3. Le attese degli abitanti e dei portatori di interesse locale IV – ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE L’esperienza del corso di Urbanistica 2012- 2013, Piero Rovigatti Liberavventura! C. Santamaria, F. Troia Fattoria sociale, L. Mochi, V.Pollio, J. Rubini, R. Tortorelli Bike-in –Parco audiovisivo a cielo aperto dei Piani Palentini, M. Montebello, S. Orsini, S. Pantaleone Centro di onoterapia, Claudia Sannito Bike Park, V. Monaco V – CONTRIBUTI E SPUNTI DIDATTICI Da bene sequestrato a bene comune, Giuseppe Barbieri Noi siamo il paesaggio, Elena Granata Perché si rispettano le leggi, Chiara Berti VI – ATTIVITA’ – PORFOLIO E APPUNTI DI VIAGGIO 1. L’esame in piazza (domenica 30 giugno) 2. Esercizi di Land Survey. Visita sul campo (martedì 2 luglio)Centro storico, Santa Maria della Vittoria, Mausoleo di Perseo, via Tiburtina V., siti sequestrati 3. Escursione a piedi verso Alba Fucens .Visita serale agli scavi 4. Incontro di piazza.Condizioni e occasioni della legalità nella regione Abruzzo

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INDICE

VII – PRODOTTI La Carta dei Beni Comuni La Carta delle Condizioni della tutela e della trasformazione La Carta di indirizzo territoriale (Visione guida condivisa) Il Progetto territoriale direttore (Green way Tiburtina Valeria) PROGETTI DEL WORKSHOP Indignati, impegnati! Dalle Ande, per gli Appennini: Mario Tancredi Etica ed estetica del progetto, Domenico Potenza Scurcola, una sentinella per il futuro. Visioni per il riciclo, J. Vivas, M. Agudelo, A. Abres, J. Fontanilla, C. Fregazo La memoria del bene comune, P. M. Castro, J. S. Castro, G. I. Luna, R. A.Villegas Rinasce! Recuperando il nostro territorio, M. V. Pinella, K. T.Urrego, S. M. Perez, P. I. Hernandez, S. A. Vargas, J. V. Martinez Osservatorio del paesaggio e della legalità, M. Di Capua, A. Leone, F. Levante, N. Violano, E. Pisa Incubatore biofilico, Angelo Abbate

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VIII – PROPOSTE POST WORKSHOP E LINEE DI RICERCA Green way Tiburtina Valeria. Indicazioni di pronto intervento e di progetto futuro, Piero Rovigatti Tra Scurcola Marsicana ed Alba Fucens. Elementi per un itinerario storico - archeologico lungo la via Tiburtina Valeria, Marco Corsi 163 Riciclare frutti del dolore…. , Piero Rovigatti Cosa succede ai beni sottratti alle Mafie e affidati alla gestione pubblica Appunti per una ricerca locale di interesse globale

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APPENDICE

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La legislazione antimafia in Italia, racconto per immagini Roberta Fraticelli, Valentina Grippo

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Geografie e valore dei beni confiscati e sequestrati alle Mafie in Italia, Roberta Fraticelli, Valentina Grippo Una mail da/per Libera

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GIRAMONDI I VIAGGI DELLA MEMORIA E DELL’IMPEGNO & ATREVETE!MUNDO

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BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO NOTE SUGLI AUTORI

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“Le mafie hanno paura della libertà, della freschezza e fanno di tutto per tenercene lontani. Come pure provano a “dividerci” dalla verità, dai diritti, dal futuro. La migliore risposta è allora di “unire” e “unirci”. Di saldare le parole ai fatti, le aspirazioni ai progetti, la memoria all’impegno, la conoscenza alla responsabilità” Don Luigi Ciotti, 2013

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In basso: paesaggi agrari tra la SS. n.5 Tibutina Valeria e i rilievi che ornano i Piani Palentini, con a sinistra, il centro storico di Scurcola Marsicana.

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Presentazioni


Vincenzo Nuccetelli Sindaco di Scurcola Marsicana Da diversi anni l’Amministrazione comunale che mi onoro di rappresentare ha messo all’ordine del giorno il tema del recupero e della valorizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale e ambientale, di cui è ricco il nostro territorio. Rientra all’interno di tale programma, anzi ne è parte qualificante e distintiva, l’idea che tale azione debba in primo luogo mettere al centro la diffusione dei valori di cittadinanza e di legalità, messi oggi spesso in discussione dalla penetrazione di interessi criminali, anche all’interno di una Regione, l’Abruzzo, per troppo tempo considerata isola felice, immune da tali pericoli per la convivenza e la prosperità delle comunità locali. L’idea del bel paesaggio, è, in questo senso, tutt’uno con un’idea di paesaggio legale, come luogo di pratiche collettive che trovano nel rispetto dei codici comuni e delle leggi la base stessa della convivenza civile. È per questo che, come Amministrazione Locale, abbiamo ospitato con interesse ed entusiasmo crescente l’iniziativa del workshop “Progettare ... Libera!”, fino a condividerne le proposte finali, da cui intendiamo partire per dare soluzione alla gestione dei beni confiscati e assegnati in uso alla nostra amminisitrazione, dal 2010, e per continuare un’attività che ha valore in se, non soltanto per le fine finalità, nel suo significato di pedagogia applicata alla nostra comunità e in particolare ai membri più giovani di essa. In questo senso, è stato addirittura sorprendente ricevere, dai nostri giovani ospiti colombiani - provenienti da una terra, la Colombia, dove le organizzazioni criminali hanno prodotto morte e distruzione all’interno di una atroce, per molto

tempo interminabile, e forse finalmente conclusa, guerra civile - proposte concrete e ad alto valore etico e sociale per il riuso/recupero dei beni oggetto del workshop. È su queste proposte - a cominciare, ad esempio, da quella di un Osservatorio della legalità e del Paesaggio, condiviso con le amministrazioni a noi più vicine e della Marsica - che vogliamo continuare a lavorare, anche all’interno dell’occasione posta nella proposta di “legge regionale per i piccoli comuni caratteristici”, che stiamo portando al tavolo del Consiglio Regionale della Regione Abruzzo. Il progetto di legge avrà come obiettivo principale assicurare la cooperazione tra enti locali e governo regionale nell’assicurare misure ad hoc per la valorizzazione urbana, paesaggistica e turistica dei borghi caratteristici dell’Abruzzo. È una proposta che rappresenta un’occasione importante per mettere in valore il know-how dei Borghi Autentici - l’associazione nazionale a cui apparteniamo, e di cui sono responsabile regionale - nel campo della progettualità strategica finalizzata ad implementare azioni di sviluppo locale, di cruciale importanza in una regione come l’Abruzzo, i cui piccoli comuni necessitano di un orizzonte concreto di ripresa sociale ed economica, soprattutto per quanto riguarda i territori del “cratere”, colpiti duramente dal terremoto del 2009. Un Abruzzo sicuro, messo al sicuro dai rischi di ogni natura, ricostruito nella legalità attraverso la partecipazione delle sue comunità e dei suoi abitanti è la missione che ci aspetta nei prossimi anni, e nella quale, ne sono certo, ogni cittadino di Scurcola Marsicana non farà venire meno il suo apporto fattivo e concreto.

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Elettra Di Cristofano, Assessore ai Servizi Sociali e alla Tutela Ambientale, Scurcola Marsicana

A sinistra: Scurcola Marsicana, sede comunale, aula del Consiglio Comunale, sabato 1 luglio 2013, immagine d’insieme di tutti i partecipanti al Workshop.

Nel comune di Scurcola Marsicana, nel 2010 è stato confiscato un terreno di 6000 mq e due strutture in cemento armato di 300 mq ciascuna appartenenti alla Banda della Magliana. Il bene assegnato al comune di Scurcola Marsicana nel dicembre 2010 è inserito in una convenzione tra Libera e l’Agenzia dei beni Confiscati e il Corpo Forestale dello Stato. Per volontà dell’amministrazione comunale dal 2011 le associazioni locali organizzano i campi di E!state Liberi! In generale, tali campi di lavoro - di cui è in genere responsabile l’Associazione Nuova -Proloco - prevedono di realizzare sul bene attività di sistemazione- ripulitura e installazione di cartellonistica. I volontari contribuiscono in questo modo a bonificare alcune discariche abusive sorte sul terreno confiscato e realizzare altre opere, come ad esempio una cartellonistica descrittiva installata all’interno dello stesso. In genere accompagnano queste attività sul campo attività di approfondimento e formazione sui temi della legalità e giustizia, organizzate in maniera itinerante all’interno dei comuni del Coordinamento “I cento passi con Libera”, istituito dal Comune di Scurcola nel giugno 2010 e che prevede la realizzazione sul territorio della Marsica, di iniziative culturali e formative sulla lotta alle mafie e i temi della legalità e della giustizia. Le attività formative riguardano ancora eventi culturali, cineforum, incontri e testimonianze, nei comuni di: Scurcola Marsicana, Taglia-

cozzo, Sante Marie, Luco dei Marsi, Magliano dei Marsi e Massa d’Albe. Ogni anno una festa di apertura e di chiusura dei campi in collaborazione con i comuni, le associazioni e la società civile della Marsica caratterizza questo appuntamento, ormai ricorrente per il nostro comune, che perà quest’anno ha conosciuto una significativa innovazione. Quella di ospitare un nutrito gruppo di giovani studenti e neo laureati di architettura, provenienti da un paese lontano, la Colombia, e da alcune sedi universitarie a noi più vicine, come Pescara e Roma, assieme ai loro docenti, per lavorare assieme al progetto del ‘bene comune’ che attende da tempo un’attribuzione di uso e di senso complessivo. Come amministratore, ma anche come cittadina e come volontaria attivista di Libera! voglio sperare che questa esperienza possa ancora ripetersi, negli anni a venire. Nel nostro comune, e naturalmente, magari in partnership con i nostri Comuni vicini, nella convinzione che l’esperienza fin qui svolta, e che mi onoro di presentare con queste poche righe, abbia già lasciato traccia di se, e possa costituire già un significativo esempio di che cosa è possibile fare, sia pure in un’epoca di poche risorse finanziarie per i Comuni italiani, grazie alla collaborazione tra Amministrazioni, Università pubbliche, associazioni di volontariato e tanti nostria amici di mondi più o meno lontani. Perchè Progettare ... Libera!, e se lo si fa tutti insieme, libera ancora di più!

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In basso: il tracciato attuale della strada consolare romana Tiburtina Valeria verso il sito archeologico di Alba Fucens, dall’incrocio tra la SS n. 5 e la SP 62, giugno 2013.

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Presentazioni


Carlo Pozzi Direttore del Dipartimento di Architettura, Pescara Negli anni della nascita della facoltà di Architettura di Pescara, a cavallo della “rivoluzione sessantottina”, per evitare possibili confusioni tra tematiche politico-sociologiche e i contenuti della disciplina architettonica, l’insegnamento del progetto veniva praticato all’interno di un perimetro rigido, identificabile dalla cosiddetta “autonomia dell’architettura”. Oggi che di rivoluzionario non esiste forse che un comportamento corretto nel fare con passione il proprio mestiere, la politica si affaccia di nuovo negli ambiti disciplinari sotto forma di tutela dei paesaggi e buona gestione amministrativa dei territori e dei rischi collegati (sismico, idrogeologico). Non si può quindi evitare di venire intercettati da fenomeni quali l’abusivismo, tanto più se i “mandanti” fanno in qualche maniera parte della criminalità organizzata che ha finora tenuto in scacco lo Stato e le Amministrazioni locali in buona parte del Mezzogiorno d’Italia. Fino alla costituzione di associazioni come “Libera” e al varo della legge che prevede la confisca dei beni sequestrati alle mafie e la loro restituzione alla collettività. In questo quadro di rinnovamento e di speranza si è collocato il workshop di Scurcola Marsicana, che si colloca all’interno del programma nazionale triennale di ricerca ReCycle Italy con il titolo “Ri-Ciclare i frutti del dolore”, che ha proposto come tema di progetto la trasformazione di due manufatti sequestrati alla Banda della Magliana, connotati dall’essere scheletri di cemento armato, tristemente impattanti sull’immagine di un territorio la cui bellezza è indorata dalla presenza del sito archeologico di fondazione romana

di Alba Fucens, dal monumento a Perseo, dalla chiesa di Santa Maria della Vittoria. Il programma per i due “ruderi del presente” prevede la realizzazione di un osservatorio sul paesaggio dell’altopiano marsicano, con il completamento dei piani terra dei due edifici da utilizzare per attività commerciali private, attraverso i cui introiti riuscire a garantire l’uso pubblico dei due piani superiori. Il lavoro di indagine del territorio, con impegnativi attraversamenti a piedi, e poi di progetto ha visto la partecipazione di alcune scuole collegate da anni con quella di Pescara, in particolare la facoltà di Scienze dell’Habitat dell’Università La Salle di Bogotà, la facoltà di Architettura di Barranquilla e la facoltà di architettura di Lubiana, con studenti presenti sul campo o con i loro professori collegati su Skype. Dal punto di vista dell’architettura i progetti realizzati nel sempre breve tempo di un workshop hanno messo in campo materiali che alludono alle tradizioni costruttive locali coniugati con tecnologie energetiche contemporanee basate su fonti rinnovabili, oppure al tema di un rinverdimento dei manufatti ristrutturati, per moderarne l’impatto, o anche alla costruzione di “cannocchiali” che permettano uno sguardo sul “bel territorio” circostante. Il Dipartimento di Architettura di Pescara ha partecipato con suoi professori e studenti ai lavori del workshop non in maniera occasionale, ma all’interno di un programma di riapertura a temi sociali che sta vedendo esplorazioni che

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vanno dalla città informale che sta dilagando sul pianeta (workshop, ricerche e tesi di laurea sulle favelas di Florianòpolis, Brasile), al progetto di una scuola in un villaggio a 12 ore di jeep da Nairobi, Kenia, nell’ambito di una cooperazione con l’associazione di volontariato Missione Africa, all’incontro con altre realtà che operano nei territori della miseria, come il gruppo Tamassociati, progettisti per Emergency. Lavorare nella Marsica, in direzione di una liberazione progettuale di questi territori, non può che far riflettere su quanto scriveva Ignazio Silone, in “Fontamara”, come su un programma ancora da completare, resistendo a nuovi domini contemporanei, come la criminalità e il consumo del suolo: « In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe di Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito. »

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Presentazioni


Jurij Kobe Facoltà di Architettura Lubiana In un epoca di irriguardoso liberalismo globale, che si presenta molto peggio di quanto aveva già descritto, a suo tempo, Karl Marx ed i suoi colleghi, e abbandonate da tempo le illusioni - forse ancora peggiori, in termini di globalità – dei tentativi della Bauhaus e di Le Corbusier di realizzare una Architettura della Rivoluzione (vedi in Vers une Architecture), capace, nello spirito socialista e razionale, di risolvere i problemi e le difficoltà della classe operaia, sembra presentarsi oggi, con nuove forme di sensibilità, una rinnovata attenzione ai temi dell’Architettura Sociale. Oggi, e per fortuna, dovremmo dire, che la gran parte dell’attività architettonica non è più orientata al miglioramento della comunità universale, esiste tuttavia una parte della ricerca che si muove ad esplorare modalità alternative dell’offerta professionale più convenzionale. Si tratta molto spesso di tentativi e modalità molto diverse tra loro come: dare risposta alle condizioni dei senzatetto; riorganizzare gli spazi ed i servizi della città informale; dare un contributo fattivo alla riduzione della povertà africana e del terzo mondo.

marginale e trascurati”, ma anche (e questa mi sembra la cosa più importante) la sua missione didattica. Ritengo che proprio la ricerca etica oggi, in un momento di trionfo dell’immagine e della superficie delle cose, possieda una forza straordinaria (nel senso di non ordinaria) nel ricreare i processi di validazione dell’architettura contemporanea. Ricordo con piacere, solo pochi anni fa, alla Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia i temi della grande performance messa in scena da Massimiliano Fuksas “Meno estetica più etica”. Una concezione felice per lo sviluppo futuro delle trasformazioni urbane, che include al suo interno entrambi i termini del problema e li riporta dentro l’agire progettuale. Personalmente sono convinto che nel progetto di architettura non possa esistere una estetica degli esiti senza la necessità di un’etica del processo che li genera.

Il workshop “Progettare Libera”, fa senz’altro parte di queste attività. Un lavoro insolito, che tocca la sensibilità e le coscienze di tutti proprio per la sua “causa originale”, ed in un certo senso crudele, che mostra tutta la verità imbarazzante della contemporaneità malata, ma nello stesso momento piena di etica umana e professionale. Nelle finalità di questo lavoro non riconosco soltanto l’importanza ed il valore dell’azione, nell’operare in “territori

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(1) http://www.lasalle.edu.co/wps/portal/utopia/Home/QueesUtopia “Utopía es un laboratorio de paz Utopía es una experiencia joven, que solo lleva dos años y medio operando, ya tiene logros tangibles que aportan a la ruta de la paz. Convivencia permanente, pacífica, armoniosa y fraterna: Se ha logrado la convivencia permanente, pacífica, armoniosa y fraterna de jóvenes que vienen de diferentes zonas del país que han sido influenciados por guerrilleros, paramilitares y otras fuerzas del conflicto con un alto contenido ideológico. Una nueva actitud: Los jóvenes han tenido un gran cambio de actitud frente al conflicto, la vida y la violencia. Han comprendido que es más rentable mirar hacia el futuro con esperanza que hacia el pasado con odio. Un cambio dentro de la institucionalidad: Hemos logrado sentir que es posible lograr un cambio dentro de la institucionalidad. Por eso es vital unir a este proyecto al gobierno, la empresa privada y la comunidad internacional. Se necesita el apoyo de todos. Una vida con valores: Un punto importante que diferencia al ingeniero agrónomo de Utopía con respecto a profesionales de igual o similar formación son los valores y el decálogo que los inspiran.

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Presentazioni


Liliana Giraldo Preside della Facultad Ciencias del Habitat, Università La Salle di Bogotà L’ormai tradizionale workshop che realizziamo ogni anno con la facoltà di Ciencias del Habitat dell’Universidad de La Salle di Bogotà, che mi onoro di dirigere, si realizza in forme e metodologie diversi, dalla forte connotazione sperimentale e nell’intento di intercettare le questioni rilevanti del territorio. Sono ormai molti anni che questa nostra attività di ricerca e di esperienza formativa incontra anche i temi e le occasioni di collaborazione e cooperazione offerti dalla facoltà di Architettura di Pescara, orientati in genere a quel campo di interesse - l’habitat urbano - su cui da anni stiamo indirizzzando i nostri sforzi maggiori, e che ha dato anche il nome alla nostra nuova facoltà. Così è stato, negli anni passati, per l’esperienza di Giulianova, nel 2012, organizzata da Mario Tancredi, nel Workshop/Seminario Internazionale “Elaborare territorio”, e nelle tante altre occasioni di scambio e cooperazione attiva realizzate assieme agli amici di Pescara e ad altre Università italiane e straniere. Così è stato, anche nel 2013, nell’esperienza svolta a Scurcola Marsicana, attorno al bene confiscato ad un’organizzazione criminale italiana, per praticare, anche attraverso il progetto di territorio e di architettura, nuovi sentieri di educazione alla legalità e alla cittadinanza. Si è trattato di una esperienza ha cui ho voluto partecipare di persona, e che ha raccolto l’entusiasmo dei nostri studenti e docenti, anche per le ricadute che tale esperienza ha prodotto. Significativa, è stato, tra i follow up di questa esperienza, la visita che Libera Internazional ha voluto svolgere in Colombia nell’anno successivo al workshop, dal 26 maggio al 4 giugno 2014, nell’ambito del programma “Giramondi. Viaggi della memoria e dell’impegno”, esperien-

za giunta al terzo anno, che, dopo Messico e Argentina, ha assunto l’obiettivo di far conoscere la Colombia dal punto di vista sociale e politico, caratterizzata attraverso incontri, visite di campo, iniziative pubbliche e incontri di scambio di buone pratiche e di conoscenza con le realtà sociali, accademiche e istituzionali. È stato per noi un onore la richiesta ricevuta da Libera di utilizzare la rete di relazioni della nostra Università per avviare uno scambio di esperienze tra Università, mondo del volontariato e organizzazione non profit che operano nel sociale in Colombia, nel difficile quadro politico post guerrra civile. È stata credo per Libera e per i nostri parner italiani di Pescara motivo di interesse scientifico e politico la scoperta del nostro campus Utopia (1), realizzato dalla nostra Università per dare ospitalità e formazione ai giovani che provengono da diverse parti del paese e cresciuti nel conflitto paramilitare che ha sconvolto il nostro paese negli ultimi quarant’anni, per favorire nuove fome di convivenza permanente e nuove pratiche sociali e di sviluppo economico. La cooperazione tra società locali e Università è ormai un cammino avviato, che anche attraverso esperienze come quella di Scurcola Marsicana sta a tutti noi di continuare, indirizzando sempre meglio la nostra missione culturale, scientifica e civile, andando incontro ai comuni desideri di pace, sicurezza e concordia sociale, che le Mafie di tutto il mondo mettono in discussione, e che compete a tutte le donne e gli uomini di buona volontà rincorrere con tutte le nostre energie e buona volontà.

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In basso: gli immobili confiscati alla Banda della Magliana, Scurcola Marsicana, marzo 2013.

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Piero Rovigatti, Introduzione


Introduzione. Progettare … Libera!, Piero Rovigatti Nel comune di Scurcola Marsica, nel cuore dell’Abruzzo apparentemente libero dalla penetrazione delle organizzazioni criminali italiane, esiste un luogo dove sono localizzate due costruzioni – due scheletri in cemento armato destinati, inizialmente, ad attività zootecniche - confiscati alla Banda della Magliana, organizzazione criminale particolarmente attiva in Italia negli anni ’80 (1), e assegnati dal 2010 alla gestione comunale.

(1) : Le vicende criminali della Banda della Magliana, organizzazione legata all’eversione nera hanno riempito le cronache nere e giudiziare di uno dei periodi più foschi della storia contemporanea italiana. Numerosi sono gli immobili confiscati a tale organizzazione, nell’area romana, ma anche fuori della regione Lazio, a testimonianza di una ramificazione vasta e diffusa in buona parte del territorio nazionale.

Da allora, ogni anno, presso questo sito, il comune di Scurcola Marsicana organizza un campo di lavoro, dove, assieme ad attività di lavoro agricolo o attività di pulizia e di risistemazione del bene, si tengono incontri e attività formative coerenti con l’obiettivo generale dell’associazione Libera!, fondata da Don Luigi Ciotti, di “diffondere una cultura fondata sulla legalità e giustizia sociale che possa efficacemente contrapporsi alla cultura della violenza, del privilegio e del ricatto”. Il problema principale dell’Amministrazione comunale, comune a quello di tanti Comuni assegnatari di beni illegali, è ora quello di trovare una destinazione e un progetto d’uso dell’intera proprietà sottratta alla mafia, che sia socialmente utile, in conformità alle norme che regolano la gestione dei beni confiscati (L. 109/1996), e coerente con la straordinaria qualità ambientale e paesaggistica del territorio in cui è contenuto. Il sito è collocato infatti sulle pendici collinari che portano al parco regionale del Velino Silente, a poca distanza dal centro storico di Scurcola Marsicana e dal suo castello, e si trova al

centro di un vasto elenco di siti archeologici e storici. Come Santa Maria della Vittoria, l’abbazia benedettina eretta da Carlo d’Angiò per celebrare la battaglia con- tro Corradino di Svevia del 1268; il monumento di Perseo, lungo il tracciato dell’antica strada consolare romana della Tiburtina Valeria, e, soprattutto, come Alba Fucens, forse il sito archeologico più importante e meglio conservato d’Abruzzo, assieme al borgo diruto medievale di Albe, e alle vestigia del suo castello Orsini, luogo di episodi storici importanti, anche della seconda guerra mondiale. Iniziative intraprese Da tempo, diverse proposte di riutilizzo e riuso di tali beni sono state sviluppate attraverso concorsi di idee e iniziative pubbliche, senza tuttavia pervenire ad una scelta definitiva da parte della pubblica amministrazione. Cosa fare, e come, anche in ragione della fattibilità economica e della sostenibilità ambientale e sociale delle proposte, è il tema del workshop “Progettare ... Libera!”, ideato e organizzato attraverso la collaborazione di alcune Università italiane e straniere, e condotto nella cittadina abruzzese di Scurcola Marsicana all’inizio dello scorso luglio (2013). Caratteristica specifica di questa iniziativa, è stata quella di accompagnare alle tradizionali attività di studio, analisi e ricerca progettuale di un workshop, svolte in forma seminariale e di laboratorio, anche momenti formativi sui temi generali tipici dei campi estivi di Libera, come occasione di educazione e formazione alla legalità e alla cittadinanza attiva.

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L’atto del progettare, sinonimo, per definizione, di libertà di pensiero e di forza creatrice, assume, allora, come evocato nel titolo dell’iniziativa, un significato particolare, proprio in ragione del tema e del contesto trattato. Soprattutto se, come nell’intenzione dei promotori, l’approccio proposto coniuga assieme responsabilità e rispetto dei beni comuni (patrimonio, ambiente, paesaggio, acqua, suolo agricolo), dando al contempo tentativo di risposta alle molte domande sociali che caratterizzano i territori locali, inserendo le proposte di progetto finale all’interno di più generali strategie di rivitalizzazione e progresso ecologico. L’iniziativa nasce dalla collaborazione interistituzionale tra l’Amministrazione comunale di Scurcola Marsicana, l’Associazione Libera! e il Dipartimento di Architettura, dell’Università di Chieti e Pescara, e beneficia delle relazioni internazionali già attive da tempo con alcune Università straniere (Facoltà di Scienze dell’Habitat di Bogotà, Facoltà di Architettura di Barranquilla, Colombia, Facoltà di Architettura di Lubjana, Slovenia). Il workshop beneficia anche della collaborazione con l’Associazione Borghi attivi d’Italia, e con numerose associazioni locali. Nel corso del workshop, alle attività manuali sul campo, per la pulizia e la manutenzione dell’area, tradizionali dei ‘campi di lavoro’ organizzati da Libera!, si sono associate attività di rilievo topografico e fotografico sullo stato dei luoghi, e di indagine territoriale, propedeutiche alle attività seminariali e di progettazione che costituiscono l’obiettivo principale del

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Piero Rovigatti, Introduzione

campo di lavoro. A queste si sono aggiunte lezioni, proiezioni di video e filmati, incontri partecipati con amministratori, esperti e studiosi locali, associazioni di base, imprenditori, agricoltori, allevatori e altri portatori di interesse locale) e attori rilevanti del sistema giudiziario, come nel caso del sostituto procuratore della Repubblica di Avezzano, Maurizio Cerrato, protagonista, assieme a Chiara Berti, docente dell’ateneo d’Annunzio, dell’incontro in piazza dedicato all’analisi della presenza delle organizzazioni criminali e della risposta dello Stato in Abruzzo. Singolari, per certi versi anche inaspettate, le proposte avanzate dai partecipanti al workshop; tutte adeguate al difficile tema di elaborare la memoria di un luogo, legata, suo malgrado, ad una storia criminale, che i diversi progetti propongono. E attraverso strategie di intervento sul luogo e sui manufatti di partenza che alternano strategie di distruzione creativa, riuso saprofita, riduzione progressiva a rudere. Ma sempre all’interno di una logica di progetto territoriale tesa ad attribuire usi consapevoli a luoghi densi di significato, lungo una green ways che ricalca, pressocchè per intero, l’antico, dissepolto tracciato dell’antica Tiburtina Valeria. Che diventa così via di riconquista e di riorganizzazione di un vasto sistema di beni comuni - ambientali, archeologici, paesaggistici - ancora in attesa di recupero e di valorizzazione. Tra i primi esiti concreti dell’intera iniziativa, proprio quella di proporre l’istituzione di un itinerario di luoghi da aprire al più presto alla fruizione pubblica, grazie alla sinergia tra le

(2) E. Olstrom, Governing the Commons: The Evolution of Institutions for Collective Action, Cambridge University Press, 1990. Traduzione italiana: Governare i beni collettivi, Marsilio, Venezia, 2006.


In basso: Immagine dei volontari partecipanti al campo di Lavoro di Libera, “Estate Liberi!”, luglio 2014

ammministrazioni interessate dal progetto. Tra gli esiti di carattere più generale, l’inserimento del tema del “riciclo” dei beni sottratti alle mafie all’interno del programma di ricerca nazionale “Recycling”, in collaborazione con numerose università italiane, consapevoli della rilevanza di tale questione ormai per l’intero territorio nazionale, come la stessa mappa degli immobili confiscati alle organizzazioni criminali italiane dimostra ormai in maniera inequivocabile. Questa piccola pubblicazione è stata ideata per mettere da subito in circolo i prodotti del workshop, assieme ai testi di docenti e amici che hanno arricchito, con la loro presenza, l’intera esperienza didattica. Integrano infatti la raccolta di idee e i primi risultati prodotti nelle attività didattiche iniziali, nel corso di Fondamenti di Urbanistica dell’a.a. 2012-2013, anche alcuni saggi, attorno al tema del bene comune (E. Granata, G. Barbieri) e al senso che la legalità acquista nelle pratiche di governo e nei comportamenti delle persone (C. Berti, M. Tancredi). Questo libro segna dunque l’inizio di un percorso, o meglio, sottolinea la continuazione di quello già avviato dai coraggiosi amministratori di Scurcola Marsicana, assieme ai tanti volontari delle associazioni locali e di Libera, tenuti assieme da un’idea condivisa di bene comune (2), che attende ora nuovo impegno e volontà di azione da parte di quanti, ancora, vorranno aggiungersi nelle direzione intrapresa.

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Per restituire, presto e bene, alla comunità e alle persone, luoghi e paesaggi compromessi, attraverso atti di libertà, legalità e passione civile. In questo senso, come evocato dal titolo, Progettare ... Libera!. Anche se c’è ancora molto da fare. Ma su questo c’è già l’impegno di tutti coloro hanno contributo alla realizzazione di questa esperienza, a cui va il mio personale ringraziamento, e la promessa di un impegno costante affinchè anche dall’Università pubblica non venga mai meno, anche su questi temi, il contributo di idee, ricerca e supporto alle comunità e alle istituzioni locali.

“Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” è nata il 25 marzo 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1600 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politicoculturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. La legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l’educazione alla legalità democratica, l’impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura sono solo alcuni dei suoi impegni concreti. Libera è riconosciuta come associazione di promozione sociale dal Ministero della Solidarietà Sociale. Nel 2008 è stata inserita dall’Eurispes tra le eccellenze italiane. Nel 2012 è stata inserita dalla rivista The Global Journal nella classifica delle cento migliori Ong del mondo: è l’unica organizzazione italiana di “community empowerment” che figuri in questa lista, la prima dedicata all’universo del noprofit.” Fonte: http://liberaterra.it/it/mondo-libera-terra/

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Piero Rovigatti, Introduzione


COSA SONO I BENI CONFISCATI Nel 1995, la prima grande campagna nazionale che Libera intraprese insieme a tutti gli altri soggetti della rete fu una raccolta di firme per introdurre il riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati. La gestione di questi beni diventa una sorta di moderno “contrappasso”, per contrastare le attività della criminalità organizzata e diffondere quella cultura della legalità che si pone come il principale anticorpo alle mafie. La legge n. 109 del 7 marzo 1996 venne approvata in sede deliberante dalla Commissione Giustizia, in tempi da record e a legislatura finita. Esistono tre diverse categorie di beni confiscati, ognuna con una precisa disciplina. * beni mobili: denaro contante e assegni, liquidità e titoli, crediti personali (cambiali, libretti al portatore, altre obbligazioni), oppure autoveicoli, natanti e beni mobili non facenti parte di patrimoni aziendali. Di norma, le somme di denaro confiscate o quelle ricavate dalla vendita di altri beni mobili sono finalizzate alla gestione attiva di altri beni confiscati. * beni immobili: appartamenti, ville, terreni edificabili o agricoli. Hanno un alto valore simbolico, perché rappresentano in modo concreto il potere che il boss può esercitare sul territorio che lo circonda, e sono spesso i luoghi prescelti per gli incontri tra le diverse famiglie mafiose. Lo Stato può decidere di utilizzarli per “finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile” come recita la normativa, ovvero trasferirli al patrimonio del comune nel quale insistono. L’ente locale potrà poi amministrarli direttamente o assegnarli a titolo gratuito ad associazioni, comunità e organizzazioni di volontariato. Un caso particolare è rappresentato da quei luoghi confiscati per il reato di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti: il bene sarà assegnato preferibilmente ad associazioni e centri di recupero per persone tossicodipendenti. * beni aziendali: fonti principali di riciclaggio del denaro proveniente da affari illeciti. I sequestri e le confische coprono una vasta gamma di settori di investimento: industrie attive nel settore edilizio; aziende agroalimentari (come l’immenso allevamento bufalino con annesso caseificio sequestrato e confiscato alla camorra nella zona di Castel Volturno); ristoranti e pizzerie praticamente ovunque, dalla Calabria fino a Lecco, e noti locali della vita notturna come lo storico Cafè de Paris, punto nevralgico della Dolce Vita romana, finito nelle mani di un prestanome della ‘ndrangheta calabrese; interi centri commerciali, sorti dal nulla come cattedrali nel deserto. Fonte: http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8825

Mappa dei Beni Confiscati alle organizzazioni criminali italiane Fonte: sito web Libera.org, su dati ANBC, 2012.

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In questa pagina: In26 cerca della Tiburtina Valeria, 8 luglio 2013


I - PROGRAMMA DEL WORKSHOP Domenica 30 giugno, Sede comunale di Scurcola Marsicana – Aula del Consiglio Comunale ore 10,00 – 10,30 Conferenza di presentazione del Workshop nell’ambito dell’iniziativa “Scurcola e i segni della storia”, promossa dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con l’Associazione “Borghi autentici” ore 15,00 Accoglienza agli studenti stranieri partecipanti al workshop Sede Palazzo del Suffragio, centro storico di Scurcola Marsicana ore 16,00 – 18,00 L’esame in piazza. Esercizi di indagine territoriale ed enzimi progettuali attorno ad un bene sottratto alle mafie. Gli studenti del corso di Fondamenti di Urbanistica del corso di laurea in Architettura, (docente: P. Rovigatti, con E. Ciccozzi) discutono in pubblico il risultato del loro lavoro d’anno, assieme ad cittadini, associazioni di difesa di interessi comuni, portatori di interesse, amministratori locali e singoli passanti …. ore 20,00 Cena conviviale

Lunedì 1 luglio Sede comunale – Aula del Consiglio Comunale Conferenza di apertura del Workshop internazionale ore 9,00 – 9,40 Saluto del sindaco Vincenzo Nuccetelli Il senso di questa iniziativa, Elettra Di Cristofano, ass. Servizi Sociali Cinzia Martorelli, responsabile del Campo Libera

Incontro corale. Organizzazione seminari. Suddivisione studenti partecipanti in gruppo. Mario Tancredi, Domenico Potenza, Giustino Vallese, Piero Rovigatti, assieme ai tutores del workshop Consegna e illustrazione materiali didattici e portfolio iniziale.

ore 9,40 – 10,20 Carlo Pozzi, direttore Dd’A Liliana Giraldo, preside Faculdad de Ciencias del Hàbitat

ore 21,00 -10,30 Incontri di piazza Perchè sono qui. Gli studenti colombiani incontrano i cittadini di Scurcola Marsicana e i partencipanti al workshop, presentando la propria esperienza personale e le loro attese riguardo al workshop appena iniziato.

ore 10,00 Il programma didattico del workshop. Punti di partenza, direzioni di ricerca, risultati attesi, Piero Rovigatti, DdA.

ore 20,00 Cena conviviale

ore 10,30 Organizzazione seminariale, materiali didattici, strutture operative Mario Tancredi Ore 11,0 Collegamento on line Domenco Potenza, Università di Chieti- Pescara Jurij Kobe, Università di Lubjiana13 ore 13,00 – 14,00 Pranzo conviviale ore 15,00 – 19,00

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Martedì 2 luglio Sede comunale – Aula del Consiglio Comunale ore 9,00 – 11,00 Incontro corale Gli studenti del corso di Fondamenti di Urbanistica della facoltà di Architettura di Pescara illustrano il loro lavoro d’anno: sito, il contesto di appartenenza, prime sollecitazioni progettuali ore 11,30 – 12,00 Discussione generale ore 12,00 – 13,00 Collegamenti on line. La storia del territorio Maria Carla Somma, archeologo, Dipartimento di Scienze Umanistiche, Psicologiche e del Territorio, Università di Chieti-Pescara ore 13,00 – 14,00 Pranzo conviviale ore 14,30 Introduzione alla visita dei siti del workshop Consegna materiali e istruzioni di ricerca Impostazione tavola 1 – Esercizi di indagine territoriale. Il sito e il suo contesto di appartenenza, Piero Rovigatti ore 16,30 Collegamenti on line. Marco Casagrande, Ruin Academy14 Angelo Abbate, Società Internazionale di Biourbanistica15 Laura Sanabria, Faculdad de Ciencias del Hàbitat ore 18,00 Primo esercizio di Land Survey. Visita sul campo.

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Programma del Workshop

Centro storico di Scurcola M., Santa Maria della Vittoria, Mausoleo di Perseo, antica via Tiburtina Valeria, siti sequestrati. Ore 18,30 – 19,00 Sosta e rilievi fotografici agli immobili sequestrati. Ore 19,00 – 20,30 Escursione a piedi verso Alba Fucens (distanza: km 1,5) Visita serale agli scavi e al borgo medievale di Albe ore 21,00 Cena conviviale nel borgo medievale di Albe Confronti e bilanci della seconda giornata

Mercoledì 3 luglio Sede comunale – Aula del Consiglio ore 9,00 – 11,00 Incontro corale Un’idea e un progetto di territorio. “La Via dei Marsi. Itinerario storico, culturale, ambientale e religioso” Sergio Rozzi, consulente del Parco del Velino Sirente ore 11,30 – 12,30 Un’idea e un progetto di territorio. Visioni e linee guida di indirizzo, Piero Rovigatti, Mario Tancredi ore 12,30 – 13,00 Discussione generale ore 13,00 – 14,00 Pranzo conviviale Ore 14,00 – 15,00 Collegamenti on line. Elena Granata16, Politecnico di Milano, a cura di Mario Tancredi ore 15,00 – 18,00 Lavoro seminariale Impostazione tavola 2 – Il progetto di territorio Ore 19,00 – 20,30 Incontro corale Comunicazione didattica. L’analisi dei contesti e delle identità locali. Enrico Ciccozzi, Marco Corsi. ore 21,00 Cena conviviale Confronti e bilanci della terza giornata


Giovedì 4 luglio Sede comunale – Aula del Consiglio ore 9,00 – 11,00 Incontro corale. Cosa succede ai beni sottratti alle Mafie e affidati alla gestione pubblica.Appunti da una ricerca in corso. Piero Rovigatti, Gianni De Benedittis Ore 11,30 – 12,30 Idee e occasioni per un progetto di sito. Lezione collettiva a cura dei docenti del workshop. Rassegna di esempi e di progetti

Ore 21,00 Incontri di piazza. Condizioni e occasioni della legalità nella regione Abruzzo e nell’area del Fucino Maurizio M. Cerrato, Sost. Procuratore della Repubblica, Avezzano Chiara Berti, Università di Chieti-Pescara Giuseppe Barbieri, Università di Chieti-Pescara Rosario Pavia, Università di Chieti-Pescara coordinano: Elettra Di Cristofano, Piero Rovigatti

Sabato 6 luglio Sede comunale d – Aula del Consiglio ore 9,00 – 11,00 Preparazione esposizione conclusiva

Venerdì 5 luglio Sede comunale – Aula del Consiglio ore 9,00 – 13,00 Lavoro seminariale di gruppo

ore 12,30 – 13,00 Discussione generale e Giury finale del Workshop partecipano tutti i docenti e i membri del Comitato Scientifico e istituzionale del Workshop, anche attraverso collegamenti on line.

Ore 12,30 – 13,00 Discussione generale

ore 13,00 – 14,00 Pranzo conviviale

Ore 13,00 – 14,00 Pranzo conviviale

ore 15,30 – 16,30 Riunione di coordinamento dei responsabili dei gruppi di lavoro. Prefigurazione della presentazione finale del Workshop

Ore 15,30 – 18,30 Lavoro seminariale Impostazione elaborato n. 3 – Il progetto di sito Mario Cerasoli, Università Roma Tre Pepe Barbieri, Rosario Pavia, Dd’A, UNICH Ore 19,00 – 20,00 Lectura Perché si rispettano le leggi. Le basi relazionali della legittimità istituzionale, Chiara Berti, professore associato di Psicologia Sociale, Università di ChietiPescara ore 20,00 Cena conviviale

ore 11,30 – 12,30 Presentazione dei materiali del workshop Piero Rovigatti, Mario Tancredi, Giustino Vallese, e tutti gli studenti del workshop

ore 13,00 – 14,00 Pranzo conviviale ore 14,30 – 15,30 Saluto di commiato ai partecipanti stranieri

Ore 15,30 – 20,30 Lavoro seminariale di gruppo Ore 21,00 Cena conviviale Ore 21,00 – in poi … Lavoro seminariale di gruppo

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Il programma didattico Punti di partenza, direzioni di ricerca, risultati attesi

(1) Angelo Venti, Le mani sull’Abruzzo interno. La colonizzazione discreta dell’Isola Felice, in SITE, n. 12 , dicembre 2007.

L’idea principale di questo workshop è quella di sviluppare attorno ad un esercizio partecipato di analisi territoriale, una proposta di progetto che si confronti con la dimensione territoriale e urbana del contesto, ma anche con la domanda che attende, da tempo, risposte operative riguardo all’uso e al significato di una ingombrante presenza. Ingombrante e per certi versi anche imbarazzante presenza, è infatti l’aggettivo che forse meglio qualifica il senso attuale dei due ruderi in cemento armato che ancora fanno bella mostra di se, sui primi pendii del rilievo su cui sorge Alba Fucens, uno dei monumenti archeologici più importanti di tutta la regione, accompagnato dello straordinaria presenza della chiesa e del convento di S. Pietro in Formis, e dal vicino castello Orsini, recentemente attribuito a Francesco di Giorgio Martini (A. Ghisetti). Tutto ciò ai piedi dello straordinario paesaggio montano del Monte Velino, nel cuore di uno dei territori, la Marsica, di maggior valore culturale, ambientale e paesaggistico d’Italia. Non è certo un caso che anche un’organizzazione criminale come la Banda della Magliana, abbia pensato, verso la fine degli anni ‘70, di provare ad investire i proventi delle proprie attività criminali all’interno di tale contesto, seguendo la logica di una colonizzazione fatta di seconde case e ville suburbane, che beneficia dell’immediata accessibilità all’area metropolitana romana, attraverso la cosidetta “autostrada dei Parchi”. Desta, semmai, ancora maggiore preoccupazione di come questo genere di investimenti abbia potuto realizzarsi in una parte di una regione che per molto tempo è stata considerata Abruzzo felix (1), confondendosi all’interno di processi più o meno legali, che

di fatto avevano cominciato a corrodere anche l’integrità paesaggistica di territori solo successivamente protetti dai tanto spesso rinnegati vincoli territoriali (L. 457/78), e alla cui tutela dobbiamo oggi in massima parte l’arginatura, introdotta forse anche troppo tardi, contro tali comportamenti. Il lavoro del Workshop parte da queste banali considerazioni, e muove poi, anche come direzione di una ricerca di riprendere e continuare anche al di là del workshop, verso domande che riguardano l’uso e il significato di un bene frutto di economie criminali, certo, ma anche, più in generale, riguardo a nuove modalità di gestione e d’uso di un patrimonio pubblico e collettivo oggi in palese condizioni di degrado e abbandono. Su questo, pesa l’attesa di risposte che debbono confrontarsi con l’urgenza, aggravata - per incuria e abbandono - dalla condizione attuale dei beni, assieme alla difficoltà che oggi incontrano pratiche sperimentate nell’adoperare partecipazione e volontariato (come è sempre stato, negli anni passati, e come viene documentato anche in questo studio) come risorsa per supplire all’incapacità finanziaria e di gestione dei soggetti pubblici. Mettere in gioco nuove occasioni di partecipazione, che alludano anche a forme di economia, non profit, ma comuque sostenibili, è forse la domanda di fondo a cui il workshop stesso è obbligato a confrontarsi, sia pure nelle forme ad esso consone, che attengono alla dimensione fisica, funzionale e organizzativa delle scelte.

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In questa pagina: Visita di studio all’area archeologica di Alba Fucens, 10 aprile 2014

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Il programma didattico. Punti di partenza, direzioni di ricerca, risultati attesi


Organizzazione seminariale, materiali didattici, strutture operative La complessità dei temi, solo brevemente accennata in queste note, ha portato a definire una organizzazione del worskshop mirata ad offrire ai partecipanti un panorama abbastanza vasto di analisi e di spunti progettuali, spaziando dalla dimensione più propriamente ambientale, territoriale e paesaggistica, fino a virare su alcune ipotesi operative che erano già state occasione di studio e di verifica progettuale all’interno di altre precedenti esperienze didattiche. Tra queste, in particolare, quella condotta all’interno del corso di Fondamenti di Urbanistica (prof. P. Rovigatti), nell’anno accademico 2012-2013, già indirizzata a produrre materiali di analisi territoriale e di prima proposta progettuale che sarebbero stati poi base - e così è stato - dell’attività seminariale successiva. Buona parte dei materiali didattici nascono da questa precedente attività. Il loro stesso trasferimento ai partecipanti al Workshop è coinciso con l’ “esame in piazza” di quegli studenti, realizzata nell’occasione gioiosa di una festa rituale, con ampia partecipazione della comunità locale, come vero e proprio “passaggio di testimone” nella corsa ideale al progetto del bene. Il Workshop ha avuto poi carattere stanziale, grazie all’ospitalità offerta a tutti i partecipanti da parte dell’Amministrazione locale, che ha messo a disposizione per l’attività didattica di studenti e docenti l’Aula Consiliare, nella bella sede del Palazzo Comunale, e come sede logistica i locali della vecchia scuola, in parte inagibile dopo il recente terremoto del 2009, e riaperta per l’occasione.

Occorre ancora ricordare il carattere itinerante dato a molte attività del workshop, che ha portato tutti i partecipanti, in diverse occasioni, a prendere contatto col sito dei beni confiscati, ma anche e soprattutto con il vasto sistema di beni archeologici, culturali, ambientali e paesaggistici divenuti parte integrante dell’analisi e delle proposte progettuali conclusive. Infine, vanno menzionati gli incontri di piazza che hanno pure caratterizzato l’esperienza dei partecipanti. Tra questi, quello realizzato nella piazza centrale della cittadina marsicana, dal titolo: Incontri di piazza. Condizioni e occasioni della legalità nella regione Abruzzo e nell’area del Fucino, incentrato sulla partecipazione di Maurizio M. Cerrato, Sostituto Procuratore della Repubblica di Avezzano, e di Chiara Berti, dell’Università di Chieti-Pescara. La tiepida risposta di pubblico offerta dalla cittadinanza locale a tale genere di iniziativa serva da una parte a meglio orientare l’offerta di attività di partecipazione, dimostrando ancora la condizione diffuso imbarazzo, se non proprio di vera e propria rimozione, che ampie parti della cittadinanza locale ancora riservano alla trattazione di questi problemi. Come dimostra, al contrario, l’evento successivo, dedicato alla conclusione del campo Libera E!state! 2013, dedicato anche alla presentazione dei risultati del workshop, caratterizzato da una migliore presenza di pubblico locale ed esterno.

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In questa pagina: Scurcola Marsicana, centro storico. Elaborazione in ambiente Qgis CTR 5k Fonte: Regione Abruzzo, Geoportale


II - ANALISI E MATERIALI DI BASE

Relazioni e appartenenze territoriali Condizioni della trasformazione Il sito di interesse I beni sequestrati. Rilievi e Rassegna fotografica Relazioni di paesaggio Condizioni attuali Azioni intraprese Programmi e condizioni al contorno Condizioni di tutela e trasformazione Azioni in corso Punti di forza e di debolezza Prime visioni di riferimento 35


In questa pagina: Ortofoto 2003, Fonte: Regione Abruzzo, Geoportale, visione d’insieme del territorio comunale di Scurcola Marsicana


Relazioni e appartenenze territoriali “Scurcola Marsicana è un comune italiano di 2.831 abitanti della provincia dell’Aquila in Abruzzo. Fa parte della Comunità montana Marsica 1. Importante centro commerciale e culturale della Marsica, è situato ai piedi del Monte S. Nicola, nel margine occidentale di quello che una volta era il Lago del Fucino, a 700 m s.l.m., e si estende su una superficie di 3.000 ettari. Dalla parte alta del Paese si dominano i Piani Palentini, teatro della Battaglia di Tagliacozzo. Il clima mite e l’aspetto paesaggistico fanno di questo paese un centro di fiorente villeggiatura, soprattutto d’estate.” (...) “Le prime tracce di un abitato nel territorio scurcolano risalgono all’età del bronzo e successiva età del ferro, come da ricerche degli anni ottanta[2], con la necropoli dell’età del ferro sita nei pressi del fiume Imele-Salto che scorre nei pressi dell’abitato; si tratta di tombe a tumulo in cui sono stati ritrovati una serie di oggetti in ferro e bronzo, quali fibule, spade e pettorali (oggi conservate presso il museo di Chieti). La presenza di questa grande necropoli testimonia l’esistenza di un villaggio posto alla sommità del Monte S. Nicola, che sovrasta il borgo attuale. Nel periodo preromano la zona era popolata da genti eque in perenne conflitto con i confinanti Marsi il cui territorio si estendeva intorno al lago del Fucino, poco distante da Scurcola. La scarsità delle risorse e la presenza di una fertile piana (Piani Palentini) erano alla base di questi contrasti. Nel momento in cui Roma emergeva tra le città-stato latine, per assurgere al ruolo di guida delle genti italiche,

si scontrò anche con gli Equi che assoggettò in diverse campagne militari; nel territorio equo, sul confine di quello marso, realizzò la colonia di Alba Fucens, mentre il territorio scurcolano venne inserito nell’Ager publicus aequicolanus, da cui trae il Cicolàno. Nell’occasione il territorio di Scurcola fu inserito nella Centuriazione albense realizzata a seguito della costituzione della colonia latina di Alba Fucens.[3] Durante la Guerra sociale, che Roma combatté con i suoi alleati italici (89-91 a.C.), le popolazioni assoggettate ormai da secoli non si ribellarono all’Urbe, subendo quindi le devastazioni ad opera delle truppe marse insorte (assedio e distruzione di Alba Fucens). Durante l’epoca imperiale, e soprattutto nel tardo impero, ci fu una proliferazione di ville di campagna, conseguentemente all’abbandono dell’Urbe da parte dei ceti privilegiati. Con la fine dell’Impero romano d’Occidente la zona fu dapprima soggetta alle lotte tra Goti e Bizantini e poi soggetta ai Longobardi all’interno del Ducato di Spoleto, passato poi al Sacro Romano Impero di Carlo Magno. A questo periodo risalgono le tracce certe di un borgo sul Monte S. Nicola; si trattava quasi probabilmente di un posto di guardia sopra la via Valeria, realizzata in epoca romana e tuttora percorribile. Questo primitivo agglomerato urbano prese il nome di “Sculcula”, dall’unione del longobardo skulk, “guardia”, e il diminutivo latino -ula. Nell’XI secolo l’area territoriale di Scurcola fu annessa al Regno di Sicilia sotto dominio normanno. A questo periodo risale il primo castello di Scurcola, una torre (forse di epo-

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In questa pagina: Ortofoto 2003, Fonte: Regione Abruzzo, Geoportale, ingramndimento sul sistema urbano Scurcola Marsicana - Cappelle.


Il contesto locale ca più antica) circondata da una cerchia di mura e successivamente inglobata in un castello di forma pentagonale. Quando il Meridione d’Italia divenne possedimento della casata sveva la regione conobbe un periodo di stabilità e di crescita economica; il borgo a ridosso del fortilizio si ingrandì e si svilupparono le attività agricole ed artigianali. Nel 1268 la zona divenne il teatro della Battaglia di Tagliacozzo, scontro finale tra Svevi ed Angioini per la conquista del Sud: proprio nei Piani Palentini sotto il villaggio di Scurcola si svolse l’atto finale che portò alla sconfitta della dinastia tedesca da parte di quella francese; qui infatti si affrontarono Corradino di Svevia e Carlo I d’Angiò, il quale, con un’abile mossa della sua cavalleria, sconfisse l’esercito avversario. In seguito alla vittoria Carlo I d’Angiò fece decapitare lo sconfitto Corradino di Svevia nella piazza del Mercato di Napoli. Nello stesso anno Carlo I d’Angiò trasferisce la capitale del Regno di Sicilia da Palermo a Napoli che, all’epoca, era la città principale della Terra di Lavoro. Da questo momento in poi il territorio scurcolano, come tutta l’Italia meridionale, passò sotto il dominio angioino. A questo periodo risale la grande abbazia cistercense di Santa Maria della Vittoria nei Piani Palentini, di cui restano i ruderi e la pregevole statua lignea di arte francese della Vergine Maria (oggi però è considerata quattrocentesca da alcuni studiosi).[4] La zona fu quindi controllata dai monaci francesi e dalla famiglia De Pontibus (emanazione dei Berardi, conti di Celano), che ricevette dal re una serie di privilegi. Lo stemma della famiglia, con la dicitura “Sculcule”, è ancora

il simbolo del Comune di Scurcola Marsicana. La storia di Scurcola restò legata alle sorti della Marsica fino al XVI secolo, quando nella regione iniziò ad inserirsi la famiglia romana degli Orsini, la quale aveva come obiettivo quello di estendere le proprietà dallo Stato Pontificio a quello del Regno di Napoli. Questo è il periodo in cui il vecchio castello fu inglobato nella nuova Rocca, realizzata secondo i nuovi canoni costruttivi, per resistere meglio agli assedi fatti anche con l’uso delle prime armi da fuoco. Con l’arrivo degli Orsini presto si ebbe anche la penetrazione dell’altra importante famiglia romana, i Colonna, la quale entrò ben presto in conflitto con quella. Più volte la Rocca passò da una famiglia all’altra per rimanere infine saldamente ai Colonna fino al XIX secolo. Nel frattempo la situazione dell’abbazia andava peggiorando: i contrasti tra i potenti del luogo, le carestie e le pestilenze determinarono la rovina di quello che era considerato da tutti il più grande esempio di gotico cistercense francese d’Italia. Alla fine del XVI secolo e gli inizi del XVII secolo nel paese furono realizzate una serie di grandi opere: la chiesa della SS. Trinità, in stile controriformista, riccamente decorata nel corso dei secoli e recentemente restaurata, con la sua splendida scalinata barocca, la chiesa di S. Antonio da Padova facente parte dell’ex convento dei terzisti, con interni barocchi e la nuova chiesa di Maria SS. della Vittoria, posta a ridosso della Rocca, sopra l’abitato. Tra il XVII e il XVIII secolo la vita della piccola comunità agropastorale scurcolana fu scandita solo dal duro lavoro e dalle carestie che spesso imperversarono nella regione

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In questa pagina: Identificazione del sito. Elaborazione in ambiente Qgis della CTR 5k, fonte: Regione Abruzzo.


Il sito di interesse anche a causa del passaggio dei numerosi eserciti. Gli ultimi fatti di rilievo che interessarono il borgo abruzzese avvennero nel XIX secolo, quando ci furono i moti legati all’Unità d’Italia. Ancora oggi è impressa nella memoria scurcolana il massacro perpetrato dai soldati dell’esercito piemontese che fucilarono soldati delle truppe borboniche. Ci furono infatti circa 130 morti dell’esercito delle Due Sicilie di cui circa 40 in battaglia e ben 89 fucilati nella notte tra il 22 e 23 gennaio 1861 presso la Chiesa delle “anime sante”. Ammirevole fu il coraggio mostrato dal medico Maùti di Luco dei Marsi durante la fucilazione[senza fonte]. Molti marsicani si aggregarono alle formazioni dei briganti. In particolare aderirono alla banda Mancini (un appartenente a questa banda fu Ciavarella Luigi di Scurcola Marsicana che fu fucilato in Luco dei Marsi il 6 aprile 1862) e alla banda Alonzi Luigi detto Chiavone”. Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Scurcola_Marsicana La ricchezza e la complessità della storia e dei paesaggi della Marsica, qui riecheggiati nell’ampio estratto sopra riportato, emergono a fatica dalle cartografie e dalla mappe satellitari - elaborate in ambiente GIS Open source come base conoscitiva iniziale - dell’area di studio. Fatta salva la parte di territorio comunale più a ridosso del centro storico, e la felice eccezione dei Piani Palentini, la straordinaria regione di paesaggio agricolo originale che ancora mantiene sostanziali caratteri di integrità, tanto da meritarsi nelle intenzione dell’amministrazione attuale il progetto per un costituendo quanto inedito “Parco Territoriale

Agricolo”, tutta l’area più a ridosso dell’attraversamento autostradale è oggi, di fatto, parte anonima di un sistema urbano mai concluso, slabbrato e senza struttura, che negli ultimi anni si è andato a costruire attorno al tracciato della statale n. 5 Tiburtina Valeria, e a quello ferroviario, trovando episodici gruppi di concentrazione nelle frazioni minori, come Cappelle, o nell’agglomerato commerciale, anch’esso incompiuto, che per tanti anni è sembrato essere la grande occasione di riscatto e sviluppo dell’intera area Marsicana. È in fondo l’intero paesaggio insediato di quest’area a presentarsi come un elenco, eterogeo e sconnesso di occasioni mancate, o, peggio, di attività parassite. È il caso, ad esempio, delle numerose cave, molte delle quali abbandonate, che caratterizzano le aree fluviali su entrambi i fianchi della colline di Alba Fucens, su cui si sono disposte, secondo la traccia di un percorso che dal casello autostradale conduce a una delle direttrici preferite per i campi invernali di Ovindoli, un numero consistente di ville e case di villeggiatura, oggi in parte sottoutilizzzate e già in parte degradate. Lo è, occasione mancata, la scommessa della più grande area commerciale d’Abruzzo, inseguita da tutti i PRG dei comuni dell’area, che appaiono, oggi, anche rispetto a tali previsioni, sovrastimati. Lo è ciò che rimane delle coltivazioni agricole che una volta caratterizzavano l’intera regione felice del Fucino. Felice, almeno fino alla bonifica del grande lago, che aveva garantito clima temperato e colture redditizie fino alla sua scomparsa e all’avvento delle monocolture agrarie. Ce n’è per farne materia, da sola, di un’indagine territoriale

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In questa pagina: Identificazione del sito. Elaborazione in ambiente Qgis della Ortofoto 2003, fonte: Regione Abruzzo.


specifica, per ognuno di questi temi, e per mettere presto in agenza la necessità di un Piano di indirizzo strategico territoriale che accomuni strategie di riassetto e rigenerazione almeno dei tre comuni tenuti assieme proprio dallo straordinario patrimonio di paesaggio - bene comune per eccellenza- già più volte ricordato: Scurcola Marsicana, assieme a Massa d’Albe e Magliano de’ Marsi, e che stanno provando a dare forma ad una inedita aggregazione comunale, in risposta ai nuovi obblighi normativi nazionali. Ce n’è quanto basta, invece, per orientare già le prime analisi interpretative del contesto, e per guardare al sito di interesse del workshop secondo una logica trascalare, che attraversi e usi le diverse scale del progetto senza perdere di vista l’obiettivo principale della ricerca e del progetto applicato. Allo stesso modo parlano gli elaborati di maggior dettaglio messi a presentazione del sito di interesse del laboratorio - le immagini fotosatellitari e gli estratti della Carta Tecnica Regionale, interrogata sulla consistenza edilizia e sugli usi del suolo attuali (2010) - che ancora presentano, alla scala dell’unità urbana, tessuti perurbani di incerta caratterizzazione formale e funzionale.

servizi e opere a rete, dove prevalgono anche spazi e terre perse, un tempo dedite ad attivà agricole, oggi consegnate all’incuria o a fenomeni di naturalità di ritorno. Ce n’è abbastanza per capire che il riscatto e il riuso sociale ed ecologicamente attivo di tali manufatti non può che essere parte di un’azione complessiva, che compia quello che l’attuale strumento urbanistico nno è stato in grado neanche di annunciare, limitandosi al puro riconoscimento di una sanatoria edilizia che ha in gran parte legalizzato edifici e funzioni prevalentemete residenziali, sorti in aree agricole e silvo pastorali.

È il caso dell’area appena aldilà del tracciato autostradale, ultima propaggine del comune di Scurcola verso Massa d’Albe, dove i due immobili della banda della Magliana oggi acquisiti alla proprietà e alla gestione pubblica comunale sembrano appartenere - senza esserlo - ad un sistema di ville ad uso abitativo e di case turistiche, senza

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I beni confiscati.


I beni confiscati. Rilievi e Rassegna fotografica Le tavole e le immagini riportate in queste pagine documentato il dato già in parte documentato in questo scritto, sulla consistenza materiale e sullo stato degli immobili oggetto del workshop. La fisionomia degli immobili, la loro posizione, lo stato di non finito che hanno sempre avuto, sembrano svelare senza alcun imbarazzo come la loro iniziale destinazione d’uso - furono oggetto di regolare licenza edilizia, per uso zootecnico, sembra per allevamento di conigli - coprisse in realtà altri destini, certamente più redditizi, in ragione della collocazione territoriale di tali opere. L’abbandono susseguente al sequestro, nel 2010, e la successiva confisca e assegnazione dei beni, immediatamente dopo, nel dicembre 2010, non hanno però impedito la progressiva degradazione, tanto del sito che delle strutture edilizie, su cui si pone oggi, con eloquenza, l’interrogativo della loro concreta recuperabilità.

la popolazione, certo non la maggioranza, esprimesse con tali comportamenti una repulsione nei confronti del luogo che forse parla anche di una rimozione della sua storia, certo imbarazzante e infelice, che forse grava anche suii valori fondiari e immobiliari delle proprietaà confinanti e vicine. Senza approdare ad una facile sociologia, è noto che il degrado è anche segnale selettivo, e che degrado va ad aggiungersi a degrado, spesso distruggendo quel tanto di buono, e con molta fatica, viene ogni anno realizzato dai volontari dei campi estivi di Libera Estate, organizzati dal Comune, grazie all’adesione di tanti volontari italiani. Anche questo è forse un segnale, di come esista un problema di comunicazione attorno al bene a alla sua gestione, assieme alla necessità di una più adeguata pedagogia sociale che dovrebbe accompagnare le peraltro meritorie iniziative estive, puntando sempre di più sul coinvolgimento attivo degli attuali residenti dell’area e dell’intera comunità locale che vive attorno ad essa.

Sorte curiosa è poi quella riservata al sito nel suo complesso, divenuto ormai ricorrente deposito di macerie e residui delle opere di manutenzione dei giardini e delle proprietà edilizie dell’area, secondo logiche che dimostrano l’assoluta indifferenza allo stato attuale del bene come “bene comune”, e la propensione, probabilmente anche ad opera di poco coscienti operatori locali, a comportamenti al di fuori delle regole di buon vicinato e decoro, se non proprio di igiene e salute pubblica. È come se una parte almeno del-

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II - ANALISI E MATERIALI DI BASE

In questa pagina: Immobili confiscati, 1 luglio 2013

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Relazioni di paesaggio


Relazioni di paesaggio Ancora in sede iniziale, è stata data grande attenzione alla qualità visiva del luogo, e in particolare alle relazioni di paesaggio che dal sito dei beni confiscati possono essere istituite nell’intorno territoriale. Questa attività, evidenziata nel repertorio fotografico qui riportato, è stata poi alla base di una campagna di osservazione critica e strutturata, condotta sul campo, nelle diverse visite compiute nella settimana del Workshop. Molte delle proposte finali, illustrate nelle pagine che seguono, sembrano aver fatto debito tesoro di questa esperienza, tanto da caratterizzare i progetti come veri e propri “itinerari progetto” del paesaggio e nel paesaggio.

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II - ANALISI E MATERIALI DI BASE

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Relazioni di paesaggio


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II - ANALISI E MATERIALI DI BASE


(1) Il progetto è stato recentemente insignito della Menzione speciale da parte del Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa, edizione 2012-2013. Nella motivazione si legge: “La Via dei Marsi: La Spina Verde Marsicana (Itinerario ambientale, storico, culturale, religioso e turistico), in quanto l’intervento assume il concetto di museo nel suo più ampio significato: Il fine dell’intervento ricade nell’ambito della valorizzazione di risorse d’interesse turistico, promuovendo un accessibilità ed un avvicinamento ai luoghi d’interesse culturale ed ambientale con percorsi alternativi. Attraverso la viabilità storica, viene pianificato uno sviluppo ecocompatibile basato sulle risorse ambientali e culturali, proponendo, quindi, al visitatore una diversa chiave di lettura del paesaggio. Fonte: http://www.erciteam.it (2): “Conservazione, gestione della biodiversità e promozione del ecoturismo tra le comunità contadine di Chiara e Vischongo (Ayacucho), Perù, Cfr.: sito web erciteam.it (3): http://www.riserveabruzzo. it/area-protetta-monte-salviano. html

Programmi e condizioni al contorno Sono poche, ma significate e foriere di interessanti sviluppi progettuali, le iniziative e i programmi che guardano al tema del paesaggio e del patrimonio come occasione di rigenerazione e valorizzazione dei territori marsicani. Sergio Rozzi, instancabile attivista e promotore di piani e di progetti, ha illustrato nel corso del Workshop con attenzione le strategie perseguite dal progetto “La Via dei Marsi: La Spina Verde Marsicana (Itinerario ambientale, storico, culturale, religioso e turistico)” (1), che ricalca in gran parte il celebre itinerario di Corradino di Svevia, oggetto di diverse iniziative, assieme all’esperienza condotta in America Latina per l’istituzione di aree e zone protette (2).

“La Riserva è frequentatissima dai residenti che vi portano i bambini o la utilizzano per fare sport o passeggiate a piedi e in bicicletta. Sono poi da menzionare il vicino Santuario della Madonna di Pietraquaria, cui gli avezzanesi sono molto devoti, e gli antichi cunicoli di Claudio, nel Parco Archeologico di Angitia, interessante opera di ingegneria idraulica che permise l’iniziale prosciugamento del Lago del Fucino intorno al 50 d.C.”

Ma è alla Riserva del Salviano, l’area protetta che caratterizza una delle emergenze morfologiche più importanti dell’area Marsicana e che divide i Piani Palentini e il territorio di Scurcola Marsicana dalla piana di Avezzano che occorre guardare, per trovare materia di interesse riguardo a tale genere di programmi.

Interessante è allora provare a considerare questo disegno come parte di una strategia più complessiva, che inserisce le aree protette all’interno di una modalità di uso del territorio che mette a rete tanto i serbatoi di naturalità esistenti, quanto le possibili mete privilegiate dal turismo naturalistico e culturale, attraverso una rete di percorsi che dia accesso anche al sistema delle attrezzature pubbliche e collettive.

Come documentato nella selezione di immagini allegata, la Riserva, “Istituita con Legge Regionale nel 1999, la Riserva naturale si estende per 722 ettari tra la Valle Roveto ed il Parco Sirente-Velino: interamente compresa nel territorio di Avezzano, nasce per collegare con un parco urbano tutte le parti della città abbandonate e da recuperare” (3).

La Riserva si è data recentemente un Piano di Gestione, che contempla al suo interno alcune interessanti misure di progetto, tese a ricostituire una trama di relazioni con la città, e i suoi sistemi di accesso e di mobilità.

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II - ANALISI E MATERIALI DI BASE

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Programmi e condizioni al controrno


Azioni in corso

Nonostante il degrado e l’abbandono dell’area molte sono state le proposte avanzate da vari soggetti per la riqualificazione e il riutilizzo dei beni sequestrati. Gli studenti del liceo “Gonzaga” di Chieti hanno proposto di costruire un “Parco della Musica” dotato di tutti gli spazi necessari per lo sviluppo di questa disciplina. L’amministrazione comunale ha avanzato la proposta di costruire una fattoria sociale con allevamento di asini per onoterapia dove persone con disagi potrebbero recarsi per scopi terapeutici. Questo progetto è in fase di ultimazione e verrà poi proposto al corpo Forestale e all’associazione Libera.

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II - ANALISI E MATERIALI DI BASE


Prime visioni di riferimento Costruire attorno alle azioni in corso, ai piani e ai progetti di interesse locale e territoriale una strategia più complessiva, che inserisca le aree protette all’interno di una modalità di uso del territorio che mette a rete tanto i serbatoi di naturalità esistenti, quanto le possibili mete privilegiate dal turismo naturalistico e culturale, attraverso una rete di percorsi che dia accesso anche al sistema delle attrezzature pubbliche e collettive, è ciò che prova a fare la visione guida costruita già a conclusione delle prime attività didattiche svolte come anticipazione del laboratorio workshop di inizio luglio 2013. Il disegno a fianco, volutamente realizzato attraverso la strumentazione GIS elementare di un programma di facile accesso come Google earth - che permette, come è noto, di condividere su una piattaforma di libero accesso informazioni e dati territoriali - dà forma a questo genere di visione. In attesa che trovino attuazione i programmi di estensione a Parco Agricolo delle tutele ambientali sull’area dei Piani Palentini, già più volte espresse come intenzione da parte dell’Amministrazione Locale, e in attesa che si trovino risorse per realizzare le interessanti azioni di progetto contenute nel Progetto Salviano, menzionato nelle note precedenti, e si avvii, ancora, la revisione di un Piano Regolatore Generale vigente, oggi del tutto inattuale e inefficace nel governare le trasformazioni e i rischi territoriali, è possibile avanzare come base condivisa di partenza una

visione territoriale che guarda all’area intercomunale in forma nuova, giocando sulle relazioni da istituire e rafforzare, in termini di percorsi dedicati e protetti, tra tre grandi aree a prevalente valore ambientale e paesaggistico: l’area del Monte Salviano (l’unica, al momento attuale, già oggetto di specifiche misure di protezione, nella forma di Riserva), l’area dei rilievi orientali, su cui poggia il centro storico di Scurcola e l’insediamento maggiore; il rilievo di Alba Fucens e di Albe, di cui si attende da tempo il riconoscimento a Parco Archeologico Territoriale. È facile intuire come l’asse strutturale principale di tale visione - assieme alla valorizzazione dell’accesibilità ferroviaria dell’intero sistema, facilmente raggiungibile sia dall’area metropolitana romana, sia dall’area costiera abruzzese - sia costituito dal tracciato, interamente dissepolto, dell’antica Tiburtina Valeria, rappresentata in giallo nello schema, per la capacità che ha sempre avuto, tale infrastruttura, di attraversare e dare servizio all’intera area dei Piani Palentini, rappresentata in giallo chiaro, cui spetta una nuova disciplina territoriale, in grado di avvalorarne al meglio il costitutivo, e prezioso, carattere di paesaggio agrario. È all’interno di tale visione territoriale d’insieme che vanno ancora cercati e verificati i destini funzionali e simbolici dei singoli luoghi, e tra questi, anche quelli che competono ai beni oggetto del presente esercizio progettuale.

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In questa pagina: Scurcola Marsicana, veduta di paesaggio dal Castello Orsini, 10 aprile 2014


III - ATTESE E DOMANDE DI PROGETTO

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III - ATTESE E DOMANDE DI PROGETT0


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A sinistra: Scurcola Marsicana, “esame in piazza�, 30 giugno 2013.

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IV - ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE AL WORKSHOP L’attività didattica del corso di Fondamenti di Urbanistica, a.a. 2012-2013 Come coniugare tutela e nuove pratiche di uso del patrimonio archeologico, culturale e ambientale, nella scarsità delle risorse pubbliche e nell’inefficacia delle politiche amministrative di settore, venendo incontro alla ritrovata ed emergente domanda di senso e di nuovo uso collettivo del patrimonio comune. In un contesto a discreta pressione antropica, sull’asse autostradale principale della regione, dove ancora prevale la propensione dei portatori di interesse locale a intravedere nello sviluppo edilizio e nel conseguente consumo di suolo agrario l’unica, reale, prospettiva di rendita economica, nonostante i vincoli esistenti e l’appartenenza di gran parte del territorio a Parchi e ad aree protette, di cui solo da poco tempo si cominciano ad apprezzare gli effetti anche come induttori di nuove economie. Sono questi i temi su cui si confrontano gli studenti del corso di Fondamenti di Urbanistica 1 d di questo anno accademico, - all’interno di uno dei quattro seminari del corso, dedicato ai territori dei Piani Palentini, attorno al comune di Scurcola Marsicana - attraverso l’analisi delle relazioni e delle appartenenze territoriali; l’indagine sul valore del patrimonio locale e il suo grado di consapevolezza tra le comunità locali; la verifica delle condizioni di tutela e di trasformazione. Per approdare ad alcune proposte di progetto urbanistico ben temperato, fatto di semplici azioni, a basso impegno finanziario pubblico, aperte alla sperimentazione e alla mobilitazione critica collettiva, vere e proprie occasioni di “cospirazione civica”, tese al recupero e alla valorizzazione dei beni comuni - patrimonio, paesaggio, accessibilità, sicurezza - e all’integrazione di antichi e nuovi percorsi tra vecchi e nuovi luoghi dell’abitare. Che aprano il territorio a nuove pratiche collettive, infrangendo la regola e i processi in

corso, tesi a ridurre l’accessibilità dei centri storici, delle campagne, dei paesaggi naturali, e a specializzarne e a segregarne gli usi, rompendo pratiche e consuetudini secolari. Ci provano, i nostri studenti, con singole azioni di progetto a basso impatto ambientale - percorsi pedonali attrezzati, piste ciclabili, modeste estensioni di aree pubbliche e di parchi, riduzione degli spazi veicolari a vantaggio di quelli pedonali e per i bambini, e altro ancora - aperte alla condivisione degli abitanti e i portatori di interesse critici, per la realizzazione di parchi archeologici diffusi, percorsi di storia e natura con cui riannodare vecchi luoghi e nuove mete di turismo cultuale e naturalistico. Nell’idea che le buone idee siano anche idee semplici, e che la loro realizzazione incontri presto il buon senso e il favore degli abitanti, assieme a quello degli amministratori. È agli abitanti, del centro storico, in particolare, e a tutti gli abitanti di questi territori che sono infatti indirizzate queste proposte. Proprio per questo, in contemporanea all’esame in aula, tutti i materiali prodotti dagli studenti vengono messi a disposizione del web, e in particolare di quanti abitano, vivono o hanno a cuore le vicende di questo territorio, pubblicandoli sulla pagina Facebook “Idee e progetti per Scurcola Marsicana, in attesa di essere pubblicati sulla pagina WEB ufficiale del corso di Fondamenti di Urbanistica, in corso di costruzione. Oggi questi lavori vengono mostrati in piazza, nei luoghi stessi di progetto, per poterli discutere e condividere, e migliorarli, con chi ne avrà cura e interesse. (Scurcola Marsicana, 30 giugno 2013)

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IV - ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE

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Attività propedeutiche


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LE PROPOSTE DI PROGETTO/1: LIBERAVVENTURA Circuito ludico, storico, archeologico, naturalistico Scurcola M. - Alba Fucens Chiara Santamaria, Felicia Troia

Caratteri dell’area di studio Il progetto nasce con l’obiettivo di recuperare due immobili situati nel territorio del comune di Scurcola Marsicana, nella zona di Colle Morese, appartenuti al cassiere della famigerata Banda della Magliana, Enrico Nicoletti. Attualmente i due beni versano in condizioni di assoluto degrado. L’associazione “Libera” ha affidato la loro gestione al Comune di Scurcola Marsicana che però, in mancanza di fondi, non ha le possibilità di recuperarli. Il solo abbattimento di essi richiederebbe una spesa grandissima (che si aggira attorno ai 70.000 euro, come ci è stato riferito dai tecnici comunali) per questo il progetto non prevede il loro abbattimento ma la conservazione allo stato attuale. L’idea è quella di mantenerli nel loro stato di “scheletri architettonici” e di costruirvi tutt’attorno un Parco Avventura che possa offrire un’occasione di svago a una popolazione di una larga fascia di età. Divertirsi in un Parco Avventura non è prerogativa solo dei più piccoli, anche gli adulti potranno avventurarsi in una nuova esperienza di svago immersa nella natura. Altro elemento da non sottovalutare è la posizione in cui sorgono i due immobili. La collina che li ospita è rimasta priva di qualsiasi insediamento abitativo, se non per rari casi, perciò si vuole cercare di mantenere tale situazione. in quanto punto di collegamento tra il Borgo storico di Scurcola Marsicana e l’importantissimo centro di Alba Fucens. Essendo un Parco Avventura, quindi un luogo di svago e attività fisica, si prevede la creazione di percorsi pedonali e ciclabili (per mezzo di mountain bike) che possano collegare i beni confiscati ad Alba Fucens. Un parco avventura è un insieme di percorsi sospesi a diverse quote da terra, generalmente installati su alberi ad alto fusto o, in loro mancanza, anche su pali di legno o pareti di roccia. I vari percorsi compongono il Parco nel quale gli utenti possono muoversi liberamente, precedentemente istruiti ed equipaggiati con un dispositivo di sicurezza analogo a quello usato in arrampicata (imbragatura, moschettoni, carrucola).

Interessi e attese del progetto La realizzazione di questo progetto potrebbe coinvolgere soggetti privati interessati a investire nella gestione di uno o più impianti, oppure enti pubblici che vogliono valorizzare il proprio patrimonio con attività nuove a basso impatto ambientale, a chi ha interessi socio-formativi e eco-compatibili. La gestione del parco offre una reale opportunità di incrementare il flusso turistico annuo. Notevole è anche la redditività indotta per strutture alberghiere e agrituristiche, ristoranti e trattorie, una proposta innovativa per un potenziamento dell’offerta turistica locale

Obiettivi generali L’obiettivo principale del progetto è quello di rivalutare l’area in cui i due beni sorgono, troppo spesso trasformata in discarica a cielo aperto. L’idea del Parco Avventura nasce come occasione di rivalorizzazione del Patrimonio Culturale e Ambientale, per la vicinanza di importantissimi siti archeologici come quello di Alba Fucens e grandi Riserve come quella del Monte Salviano. È da considerare anche che la gestione del parco offre una reale opportunità di incrementare il flusso turistico annuo. Notevole è anche la redditività indotta per strutture alberghiere e agrituristiche, ristoranti e trattorie. Uno dei motivi del successo che hanno avuto negli ultimi anni i Parchi avventura è senza dubbio la caratteristica di essere un’attività a contatto con la natura e a basso impatto ambientale: nessun mezzo motorizzato, nessun rumore, nessuna emissione di gas, un modo diverso e intelligente per divertirsi nel rispetto del territorio. Un Parco Avventura è spesso occasione di riqualificazione per aree boschive abbandonate. Il Parco permette alle piante di continuare a crescere negli anni senza accorgersi della struttura montata su di essi. Infatti gli alberi non sono assolutamente a contatto con parti metalliche o con i cavi d’acciaio ma solamente con parti in legno impregnato per esterni a lunga durata.

Proposta progettuale L’idea è di mantenere i due immobili nel loro stato di “scheletri architettonici” e di costruirvi tutt’attorno un Parco Avventura che possa offrire un’occasione di svago a una popolazione di una larga fascia di età. Essendo un Parco Avventura, quindi un luogo di svago e attività fisica, si prevede la creazione di percorsi pedonali e ciclabili (per mezzo di mountain bike) che possano collegare i beni confiscati ad Alba Fucens, partendo dalle stazioni ferroviarie di Scurcola marsicana e Cappelle dei Marsi e dal centro storico della stessa Scurcola Marsicana. Un parco avventura è un insieme di percorsi sospesi a diverse quote da terra, generalmente installati su alberi ad alto fusto o, in loro mancanza, anche su pali di legno o pareti di roccia. Il nostro intento è quello di fodere gli immobili con la vegetazione proprio attraverso i percorsi, naturalmente dopo aver infoltito la vegetazione con nuovi alberi. I vari percorsi compongono il Parco nel quale gli utenti possono muoversi liberamente, precedentemente istruiti ed equipaggiati con un dispositivo di sicurezza analogo a quello usato in arrampicata (imbragatura, moschettoni, carrucola).

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Attività propedeutiche

Verifiche da realizzare Per l’apertura di un parco avventura bisogna effettuare delle verifiche relative al territorio circostante e non. L’area in questione deve avere poco declivio, non è necessario un bosco così grande, l’importante è disporre di un buon numero di piante idonee (alberi al altro fusto, minimo 40, con un diametro di 30 cm) in una zona circoscritta, più facile poi da gestire con gli Istruttori, in mancanza di piante idonee è possibile installare un impianto “in artificiale” posizionando pali in legno nel terreno. Si deve disporre inoltre di un ampia area per il parcheggio delle auto e di uno spazio per il posizionamento di uno Chalet (Reception) e toilette. La “conformità alla norma” UNI EN15567-1:2008 di un impianto acrobatico dipende sostanzialmente da 3 fattori: 1) se la realizzazione, dal progetto alla costruzione, è stata effettuata da persone con competenze specifiche che già mettono in pratica in modo accurato i dettami della norma stessa 2) se la manutenzione periodica e la documentazione gestionale rispondono ai requisiti richiesti 3) se il tutto viene certificato di anno in anno da un Ente indipendente che sia abilitato in modo specifico a effettuare questo tipo di indagini.


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LE PROPOSTE DI PROGETTO/2: FATTORIA SOCIALE Cultural-Greenway dei Piani Palentini e del fiume Imele

Ludovica Mochi, Valeria Pollio, Jenny Rubini, Rossana Tortorella

Caratteri dell’area di studio. L’area studiata risulta essere abbastanza vasta: riguarda non solo il centro di Scurcola Marsicana e l’annessa frazione Cappelle dei Marsi, ma anche il sito archeologico di Alba Fucens e un lotto molto particolare della zona. Quest’ultimo, infatti, riguarda un bene confiscato alla banda della Magliana e presenta due strutture in cemento armato di 300 mq l’una, collocate su terreno di 6000 mq prevalentemente argilloso e arido. Obiettivi generali • Riqualificazione del lotto confiscato • valorizzazione del patrimonio monumentale e ambientale • Migliore utilizzo delle infrastrutture già presenti (in particolare le stazione ferroviarie di Scurcola Marsicana e Cappelle dei Marsi) • Inserimento di nuove attività turistiche nel centro storico di Scurcola Condizioni urbanistiche da considerare. I terreni confinanti con l’area di progetto risultano essere seminativi abbandonati. Abbiamo preso in considerazione anche il Piano di recupero del centro storico di Scurcola Marsicana, attualmente adottato ma non attuato. Interessi e attese del progetto Le nostre attese riguardano: la realizzazione di un punto di svago con fini anche educativi non solo per gli abitanti della zona.. In particolare i soggetti interessati sarebbero ragazzi socialmente deboli che verrebbero reinseriti nella società mediante il loro lavoro nella struttura e nelle altre sedi ad essa collegate; la realizzazione di un sentiero pedonale e di due piste ciclabili che colleghino vari punti di interesse storico-archeologico-architettonico. Inoltre è previsto la realizzazione di un Info Point Turistico volto a rappresentare un punto di riferimento per tutti coloro che sono interessati a conoscere questo splendido territorio; rivalutazione del centro storico di Scurcola Marsicana, praticamente privo di attività artigianalicommerciali. Azioni in corso. La zona attualmente è abbandonata e non sono previsti progetti di recupero. L’unica attività registrata è la realizzazione, a cadenza annuale, del campo estivo organizzato dal comune di Scurcola in collaborazione con l’associazione Libera. Verifiche da realizzare Le verifiche, eventualmente, da realizzare sono: • Constatare se, effettivamente, il percorso pedonale da noi ipotizzato è praticabile • Accertarsi se i campi coltivati da noi scelti sono di proprietà privata o di proprietà pubblica • riscontrare se gli stabili scelti per le varie attività succursali sono in realtà già occupati in altra maniera. Proposta progettuale La nostra proposta di progetto consiste: • Identificazione di un asse principale che colleghi, mediante piste ciclabili e sentieri (che prendano come riferimento anche la ferrovia), i principali centri analizzati: Scurcola M., Cappelle dei Marsi e Alba Fucens.

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Attività propedeutiche

• Inserimento di due attività commerciali-artigianali nel centro storico di Scurcola Marsicana: una improntata sull’oggettistica e l’artigianato, che si troverebbe nei pressi di Santa Maria della Vittoria; l’altra, invece, destinata alla vendita di prodotti agricoli a Km 0 (provenienti dal lotto) tipici del luogo. Nel centro di Cappelle dei Marsi, invece, abbiamo pensato di inserire un Info Point turistico, con l’obiettivo di indirizzare i turisti (e non solo) verso quelle che abbiamo definito “mete degne di nota” quali l’Abbazia di Santa Maria della Vittoria, il Monumento di Perseo, Alba Fucens (con la vicina chiesa di S.Pietro) eil castello di Albe. La scelta della localizzazione è stata dettata dalla necessità di collocarla nei pressi di un punto strategico quale l’incrocio che collega Cappelle al sito archeologico: ecco la decisione di inserirlo in un edificio ad unico piano che attualmente ospita la sede locale degli Alpini. • Riqualificazione e valorizzazione del lotto confiscato alla banda della Magliana mediante la realizzazione di un progetto basato su quattro idee: 1. Ruin Academy: la nostra idea si è agganciata a questo tipo di architettura poiché avevamo a disposizione due edifici in rovina e anche perchè vogliamo concentrarci sulla compatibilità e l’unione tra il verde e il costruito. 2. Giardino officinale: avendo a disposizione, all’interno del lotto, una discreta porzione di terra, abbiamo valutato l’idea della coltivazione di erbe aromatiche e piante officinali tipiche della zona per la produzione di tisane, infusi, etc. e prodotti naturali per la tavola. 3. Ecobar: abbiamo preso spunto dall’ecobar “L’Alligatore” a Macerata poiché vengono utilizzati materiali e tecnologie completamente ecosotenibili e prodotti a km 0. Inoltre saranno organizzati percorsi all’interno del giardino delle erbe, improntati sulla sensibilizzazione e il rispetto ambientali per i ragazzi. 4. Fattoria sociale: il nostro progetto si basa sul recupero di persone disagiate e quindi sul reinserimento di esse all’interno della società che va di pari passo con il contatto con la natura, elemento simbolo di Green Way; infatti è proprio l’inserimento lavorativo nei campi e nel giardino delle erbe, nel ristorante e nei punti vendita a Scurcola Marsicana che sarà di ausilio per questi soggetti. All’interno di questo complesso dobbiamo registrare, quindi, la presenza di: un’area destinata all’apicoltura, la galleria dei profumi, orto per verdure e ortaggi, zona relax con piscina biologica ecosostenibile. In dettaglio i due edifici ospiterebbero rispettivamente un ristorante, pizzeria, tisaneria, caffetteria, l’altro un magazzino generale e degli alloggi per i ragazzi che vi lavorano. All’interno del primo edificio, inoltre, sarebbe inserito un impianto di idroponica, mentre entrambi gli stabili sarebbero coperti con pannelli fotovoltaici sufficienti per coprire il fabbisogno energetico di tutto il complesso. Elementi di costo e di fattibilità Condizione per cui questo impegnativo progetto possa essere realizzato è la possibilità di renderlo graduale, a seconda delle esigenze economiche del comune e di eventuali privati che volessero finanziare l’idea.


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LE PROPOSTE DI PROGETTO/3: BIKE-IN Parco audioviso a cielo aperto nel Parco Archeologico diffuso Marsicano Marco Montebello, Alessandro Orsini, Stefano Pantaleone Caratteri dell’area di studio L’Area di studio è collocata nella frazione di Cappelle nel comune di Scurcola Marsicana. L’esigua presenza di nuclei abitativi e il lieve declivio da cui godere di un’ottima vista panoramica sono le peculiarità che meglio connotano la zona. I due immobili in questione sorgono proprio lungo il pendio della collina. Il calcestruzzo dello scheletro architettonico è deteriorato a causa della prolungata esposizione a sole e intemperie, con la conseguente compromissione delle prestazioni strutturali. Un completo riutilizzo degli immobili troverebbe soluzione solo nella totale demolizione e ricostruzione degli stessi, che a sua volta comporterebbe un costo troppo elevato per le casse del comune di Scurcola. Obiettivi generali: (rif. Analisi SWOT) Riqualificazione degli immobili sequestrati alla malavita con la creazione di un parco dotato di un piccolo teatro all’aperto, in cui allestire attività culturali come cineforum, spettacoli di danza e assistere a proiezioni e spettacoli teatrali. Definizione di un Itinerario Ciclistico che colleghi l’area degli immobili sequestrati con il centro storico di Scurcola Marsicana e con il Sito Archeologico di Alba Fucens. Ripulitura, Studio e Valorizzazione dei siti della Necropoli e dell’abbazia cistercense di Santa Maria della Vittoria a Scurcola Marsicana e del Monumento funebre di Perseo a Magliano de’ Marsi, come stazioni attrezzate di un parco archeologico diffuso nel territorio. Condizioni urbanistiche da considerare (PRG, Vincoli sopraordinati, fonte: Inventario territoriale) L’area non è soggetta a particolari vincoli Interessi e attese del progetto Soggetti: I cittadini del Comune di Scurcola Marsicana e dei comuni limitrofi, turisti e appassionati di ciclismo e archeologia. Interessi: Cultura, sport, informazione Attese: Partecipazione delle comunità locali alle attività di natura culturale promosse dal comune e dalle associazioni locali

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Attività propedeutiche

Desideri: rendere l’area in questione un centro culturale di riferimento non solo per Scurcola ma anche per i comuni vicini. Azioni in corso Non si registrano particolari azioni in corso coerenti con l’idea di progetto. Verifiche da realizzare Percorribilità dei sentieri dell’itinerario ciclistico.

Proposta progettuale Creazione di un itinerario ciclistico Sistemazione e valorizzazione dei siti archeologici lungo l’itinerario. Cineforum all’aperto Elementi di costo e di fattibilità -Budget di circa 100.000 euro


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LE PROPOSTE DI PROGETTO/4: CENTRO ONOTERAPIA

Claudia Sannito

Caratteri dell’area di studio L’immobile studiato durante il corso fu sequestrato alla Banda della Magliana e fu poi affidato al Comune di Scurcola Marsicana. L’area, di circa 6500 m^2, è costituita da due edifici in cemento armato, che però non furono mai completati. Ora ne resta solo lo scheletro, in pessime condizioni poiché il Comune di Scurcola Marsicana non dispone di fondi per iniziare un nuovo progetto. Obiettivi generali: (rif. Analisi SWOT) Il principale obiettivo che ci poniamo è la rivalutazione di un posto magnifico, immerso nella natura e non ancora contaminato da “grandi colate di cemento”. È infatti circondato da pochissime abitazioni e grandi distese di terreni incolti. Condizioni urbanistiche da considerare Carta dei Vincoli Carta del Degrado

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Attività propedeutiche

Greenway tra i Piani Palentini e il Parco del Salviano

Azioni in corso Attualmente il bene è in condizioni di degrado e non sono previsti progetti, ma il progetto Libera si occupa di ripulire ogni anno la zona tramite l’aiuto di volontari, che vengono ospitati dal Comune stesso.

Proposta progettuale La mia proposta è quella di realizzare nel lotto sequestrato un centro di Onoterapia, grazie alla favorevole posizione del lotto. L’idea di progetto consiste in un centro dove sia possibile ospitare un numero limitato di persone affette da particolari problemi o malattie che vogliono usufruire della “Pet therapy”. È utile per persone sole, cardiopatiche ed ipertese; bambini ed anziani, malati psichiatrici e tossicodipendenti, detenuti, audiolesi e non vedenti; persone con problemi di ansia, stress ed accettazione, anoressici e bulimici, bambini con Sindrome di Down. Possono essere organizzate visite guidate anche a scuole primarie ed a liberi visitatori. È prevista una struttura dove gli ospiti possano trovare un alloggio e abbiano la possibilità di ristorarsi, una scuderia fornita di asini, un campo coperto dove si può praticare la nuova terapia durante i mesi invernali e dei percorsi sul colle Morese di varie lunghezze appositamente studiati per le passeggiate all’aperto. In Abruzzo è già funzionante da molti anni un centro simile, in prossimità di Introdacqua, in Provincia dell’Aquila. https://chart.googleapis.com/chart?cht=qr&chl=http%3A// www.asinomania.com/main.asp&chs=150x150&choe=UTF8&chld=L|0


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LE PROPOSTE DI PROGETTO/5: BIKE PARK Circuiti ciclabili storia natura Vincenzo Monaco

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AttivitĂ propedeutiche


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V - CONTRIBUTI DIDATTICI



Da bene confiscato a bene comune Giuseppe Barbieri È questo il percorso che in numerosi territori d’Italia – in modo impressionante, molto più di quelli di cui siamo consapevoli – stanno, con fatica, affrontando numerose amministrazioni locali, spesso con l’appassionato coinvolgimento delle popolazioni, di associazioni e cooperative, con l’obiettivo di trovare i modi di un uso socialmente utile, “eticamente accettabile e coerente con la qualità ambientale e paesaggistica del territorio in cui è contenuto”, di beni sequestrati alla criminalità organizzata. Con queste parole Rovigatti ha illustrato in sintesi la sua proposta di un laboratorio tematico - all’interno del programma nazionale triennale di ricerca Re-Cycle Italy - dal titolo “RiCiclare i frutti del dolore. Strategie di riuso ecologico ed eticamente responsabile degli immobili a gestione pubblica sequestrati alle organizzazioni criminali italiane.” condotto con G. De Benedittis e P. Branciaroli. È una iniziativa importante e condivisibile che ha il pregio di far affiorare e rendere percepibile un tema/problema che richiede una revisione ed innovazione dei nostri tradizionali strumenti di analisi e progettazione, ponendo al centro dell’attenzione di una comunità – non solo scientifica – e allargata a diverse competenze disciplinari, spesso abitualmente divise in modo settoriale, alcune domande che comportano l’apertura di un dialogo a più voci, da cui è lecito attendersi significativi contributi per nuovi cicli di vita nel rapporto tra società e organizzazione e forma dello spazio nel nostro paese. È quanto è cominciato ad avvenire in questo wor-

kshop internazionale di Scurcola Marsicana dove ci si è interrogati sulla sorte di due costruzioni – due banali e sgradevoli scheletri incompleti – sequestrati alla Banda della Magliana. Sono collocati sul limitare di un paesaggio ancora intatto, e disposti in modo da individuare, in modo incerto, un possibile luogo “comune”, un mal definito spazio centrale aperto su una porzione di panorama d’Abruzzo. Il problema di trovare il loro futuro destino non è solo una questione di architettura e urbanistica. È un interrogativo fondamentale, quanto mai attuale, sui significati da dare alle modalità con cui si costituisce e si può gestire un bene comune. È vero che, come ha notato Stefano Rodotà, è questa un espressione che rischia, attraverso il suo uso inflattivo, di essere depotenziata, impedendo di fatto di “individuare proprio le situazioni nelle quali la qualità “comune” di un bene può sprigionare tutta la sua forza”. Ma, afferma ancora Rodotà, “è una questione alla quale è affidato un passaggio d’epoca. ..ciò di cui si parla, infatti, è un nuovo rapporto tra mondo delle persone e mondo dei beni, da tempo sostanzialmente affidato alla logica del mercato, dunque alla mediazione della proprietà, pubblica o privata che fosse. Ora l’accento non è più posto sul soggetto proprietario, ma sulla funzione che un bene deve svolgere nella società.”( Da La Repubblica del 05/01/2012) Infatti bisogna considerare come l’espressione “bene comune” si differenzi da “bene pubblico” e ne possa costitui-

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V - CONTRIBUTI DIDATTICI re una interessante declinazione: il bene comune è proprio della società, non solo dello Stato ( cui si riferiscono i beni pubblici) ed esso “ liberamente prodotto deve ridistribuirsi sulle persone e sulle libere formazioni sociali intermedie tra cittadino e Stato” ( V.Possenti, 1991). È evidente come il moltiplicarsi dell’interesse intorno alle questioni del “bene comune” rappresenti, anche se a volte in modo scomposto e semplicistico, la risposta di parti della società al dileguare dell’idea di comunità, all’assenza della percezione di un orizzonte di valori condivisi verso cui dirigere l’azione. Una condizione in cui, in modo anche inconsapevole, la dinamica sociale è interpretata come un fenomeno spontaneo, che si autoregola in quella che C.Lindblon aveva definito “società automatica”. Una società dove è il libero gioco degli interessi e degli egoismi a determinare il bene collettivo in una sorta, appunto, di automatismo naturale in base al quale si verificano risultati buoni senza che gli individui siano costretti a volerli. È la “mano invisibile” nelle teorie di Smith in cui “ l’imprenditore che mira al proprio guadagno è guidato da una mano invisibile .. perseguendo il proprio interesse egli frequentemente promuove quello della società più efficacemente di quando intende realmente promuoverlo” È vero che, secondo Guido Rossi, Smith aveva usato la metafora in senso ironico, ispirato dal terzo atto di Macbeth, dove Macbeth parla della notte e della sua mano sanguinolenta e invisibile che gli deve togliere il pallore del rimorso prima dell’assassinio. Tuttavia in nome del laissez- faire molti delitti si sono perpetuati fino al conclamato deflagrare del-

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Pepe Barbieri, Da Bene confiscato a bene comune

la crisi attuale cui la ricerca di una alternativa eticamente fondata sembra volersi opporre. Secondo A. Sen (1988) “l’importanza dell’approccio etico si è andata indebolendo in modo alquanto sostanziale via via che l’economia moderna si evolveva. Se si esamina l’equilibrio delle varie accentuazioni nelle pubblicazioni sull’economia moderna è difficile non accorgersi di quanto venga elusa l’analisi normativa a livello profondo, e di quanto sia trascurata l’influenza delle considerazioni di natura etica nella caratterizzazione del comportamento umano effettivo.” Non è forse casuale che sia stata una donna, la prima donna Nobel in economia nel 2009, Elinor Ostrom, a riflettere con prospettive diverse sul significato di bene comune rompendo la alternativa secca tra un affidamento a privati o allo stato e aprendo invece, caso per caso, alle varie possibili tipologie di gestione delle varie forme di comunità. “ La scoperta della Ostrom è che le comunità possono consolidare rapporti di fiducia reciproca e autoregolarsi grazie ad interessi comuni a pratiche comuni, alla comunicazione costante, a sperimentazioni per prova ed errori, e possono sviluppare competenze elevate. Il vantaggio rispetto ai privati e allo stato è che le comunità hanno più interesse a conservare e sviluppare i beni comuni perché i loro commons possono costituire risorse essenziali, e perché ne hanno esperienza diretta, e quindi in generale ( anche se non sempre) le comunità hanno migliore competenza per gestire i “loro” commons in maniera sostenibile.” (E.Grazzini 28.5.2012 DKM0)


C’è, quindi, credo, da considerare una sorta di inversione dei termini del tema che stiano affrontando: il problema non è in sé la acquisizione e gestione del bene, ma come proprio la condivisione di questo obiettivo faccia crescere “appartenenza” e “comunità”: il viaggio più che la meta. Considerare perciò primario l’intento di attivare e mobilitare i contesti che debbono essere i principali agenti delle trasformazioni territoriali. Vorrei riferirmi a questa mia interpretazione del termine contesto, che mi appare utile riprendere nel quadro di queste considerazioni: “Participio passato. Con-testo: tessuto insieme. Il deposito, operato dal tempo, di innumerevoli materiali, tracce, vite che si presenta a noi, oggi, come un insieme, anche se frammentato e contradditorio. Un deposito che, come in uno scavo archeologico, costantemente ci propone un interrogativo sul suo stesso senso. La sua irruzione inquietante nel presente. Il suo ruolo domani. Il contesto tessuto-insieme - si deve, allora, anche declinare al futuro. Corrisponde ad un impegno, una attesa: una speranza da tessere-insieme. Nel doppio significato del saper “unire” e dare significato al sommarsi di diversi strati, oggetti e materiali – da mettere insieme -; ma anche del compito di produrre insieme, nel dialogo tra più soggetti, concertando a più voci.” È in questa accezione che può avvenire una produzione consapevole di uno spazio da abitare in grado di ospitare nuove domande, nuovi modi di insediarsi; senza ignorare, ma anzi, attivando i contesti ereditati in una loro evoluzione che corrisponda a diversi modi di organizzazione – non

supposta, utopicamente, per coesa e unitaria, ma articolata e anzi conflittuale - di una società di individui metropolitani. È attraverso l’ottenimento di una “visione condivisa” che diviene possibile superare i limiti delle tradizionali strumentazioni impositive dell’urbanistica aprendo ad un processo dialogico in cui viene data voce proprio ai contesti, in quanto complessa rete di relazioni fisiche e immateriali: stratificazioni diverse di immaginari; memorie; attese. C’è una analogia con quanto avviene nel progetto in condizioni di rischio. Il “sentire condiviso” del pericolo è la molla che può produrre una più consapevole motivazione nell’intraprendere azioni di trasformazione degli insediamenti, in forma preventiva, anche in assenza di situazioni di emergenza. Azioni che richiedono un complesso insieme di conoscenze e di scelte in numerosi intrecciati campi disciplinari, ma che, soprattutto, comportano revisioni di procedure, paradigmi, consuetudini: solo con una decisa capacità di innovare a diversi livelli e in molti aspetti nei diversi ambiti disciplinari, la risposta preventiva al rischio può rappresentare realmente una possibile occasione di sviluppo. È una capacità che si lega all’esercizio, nei percorsi del progetto, di un pensiero abduttivo, piuttosto che deduttivo o induttivo”. L’abduzione è l’elaborazione di ipotesi in grado di “vedere attraverso il dato fenomenico, fino a trovare prima di cercare.” L’abduzione è l’inferenza che apre lo spazio all’invenzione. Quanto più vero se gli itinerari delle progettazioni richiedono, da un lato, l’interpretazione di un “testo/contesto”

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A sinstra: S. Giuseppe Jato, paesaggi agrari dell’azieda agricola Centopassi, federata al Consorzio Libera Terra. (Fonte: http:// candyforchance.net/wpcontent/gallery/libera-terra/ Libera-Terra_CentopassiSicilia.JPG )

offerto all’osservazione dell’intera comunità e, nello stesso tempo, i procedimenti successivi delle scelte debbano prevedere il massimo coinvolgimento e partecipazione a tutte le diverse fasi del processo. “Sempre più il progetto contemporaneo deve misurarsi con la condizione di costituire la modificazione di un testo. Sempre più si percepisce che il suo strumento elettivo non può più essere riassunto nell’icasticità di un disegno, ma probabilmente in un complesso intreccio di scritture e notazioni capaci di dar conto del carattere eminentemente mentale e relazionale di uno spazio che anche nei piccoli centri è abitato da figure “metropolitane”. Sono notazioni e scritture portatrici di innovazioni per instaurare quelle “trattative discorsive” necessarie per attuare le trasformazioni desiderate delle città. Trattative che, per non essere racchiuse in un autoreferente circuito di affari, debbono coinvolgere una rinnovata coscienza critica collettiva sul rapporto tra la città e l’architettura, rifiutando la marginalizzazione dell’architettura nella costruzione della città contemporanea. È infatti questa la verità del gesto critico: la rottura di un ordine dato, della sua supposta ineluttabile continuità, per stabilire un nuovo nesso tra le cose. Per questo deve intervenire il soffio vitale di una visione diversa: ipotesi che anticipano la necessaria dimostrazione. Questo è il compito del pensiero abduttivo: una mossa laterale. Anche inaspettata. Capace di mostrare, con la fresca e visibile presenza di un’alternativa “ trovata”, un’altra strada possibile.”(Barbieri 2013)

L’intervento sulla città esistente obbliga – più di quanto non debba essere considerato indispensabile in ogni trasformazione territoriale - al coinvolgimento dei diversi soggetti che necessariamente dovranno prendere parte ad un processo complesso e articolato nel tempo, il cui esito e la cui qualità è determinata dalla possibilità di svilupparne l’iter come un pieno esercizio di democrazia urbana. Al centro dei “materiali” della trasformazione – offerti al percorso delle scelte - non può che esserci il disegno e la ridefinizione dello spazio pubblico, ma anche dei commons dei beni comuni, nelle loro diverse articolazioni e declinazioni. Spazi pubblici o comuni che richiedono, in qualche modo, anche un tempo pubblico: quello nel quale si deve sviluppare in modo democratico e aperto il processo di costruzione del territorio urbano. La partecipazione è una condizione indispensabile per la realizzazione di un insieme di processi che richiede, in tutte le sue fasi, la collaborazione attiva della popolazione insediata. Per gli architetti questo significa mettere a disposizione degli attori sociali, civili ed economici - e quindi, saper comunicare - più che un univoco disegno di intervento, un sistema aperto di dispositivi e azioni all’interno di un quadro di coerenza che delinei una generale ipotesi di visione della trasformazione urbana, in grado di modificarsi – in un meccanismo dialogico – nel processo partecipativo. Così è possibile intercettare e valorizzare le reti degli attori privati di terzo settore o del tessuto economico e produttivo, come dei proprietari di abitazioni e dei fruitori dello spazio pubblico, mettendo in campo competenze a

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servizio dei territori e della loro capacità di diventare attori della trasformazione urbana. In questa direzione le proposte per la trasformazione del bene sequestrato di Scurcola in bene comune devono trovare soluzione in progetti che possano prevedere una grande capacità di continua riaffermazione nel tempo del significato anche etico e politico della loro stessa inquietante presenza. Non è giusto forse acquietarne il significato in una tranquillizzante utilizzazione pubblica. Né appare credibile, ed economicamente sostenibile, la trasformazione in una sorta di museo o luogo espositivo. Il suggerimento di Rosario Pavia di una rituale – ed artistica - distruzione (1) è forte e affascinante. Ma ha il limite di proporsi come un unicum. Penso che si potrebbe combinare una utilizzazione legata alle percorrenze e al paesaggio ( ostello, ristorazione) con un appuntamento annuale in cui architetti e artisti siano chiamati ad operare sugli spazi ( sia edificati che aperti) modificandone anno dopo anno alcuni aspetti ed usi: ogni volta tutto viene ridipinto o decorato; diverse istallazioni negli spazi aperti etc. Come per molti anni, attirando sempre numerosi visitatori, è avvenuto con artisti e paesaggisti nella Certosa di Padula. (1) La proposta è stata avanzata nel corso della discussione in una giornata del workshop.

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Pepe Barbieri, Da Bene confiscato a bene comune

Bibliografia P. Barbieri, Lo spazio del rischio, in: M. Angrilli (a cura di), L’urbanistica che cambia. Rischi e valori, XV Conferenza nazionale della SIU, F. Angeli, Milano, 2013. Vittorio Possenti, Le società liberali al bivio, Marietti, 1991 Amartia K. Sen, Etica ed economia, Laterza, Bari, (1988) 2003. E. Olstrom, Governing the Commons:The Evolution of Institutions for Collective Action, Cambridge University Press, 1990. Traduzione italiana: Governare i beni collettivi, Marsilio, Venezia, 2006.


In basso: Certosa di Padula (Fonte: https://ilpicchioparlante.files.wordpress.com/2013/10/cam00991.jpg)

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In questa pagina: Carta archeologica della Marsicva. In orsso tracciati e e segni di permanenza d’età romana


Noi siamo il paesaggio. Riflessioni sulla necessità di una bellezza civile Elena Granata, Politecnico di Milano Le tracce dell’uomo sulla terra Noi siamo il paesaggio. Non è solo un poetico modo di dire. Il paesaggio che ci circonda - sintesi straordinaria di natura, storia e cultura - è l’esito di una storia umana e culturale che si è generata attraverso le “opere e i giorni”, la fatica di generazioni, la cura e cultura che vi hanno dedicato. Il paesaggio è, infatti, sempre legato ai valori che una comunità riesce a esprimere: una terra di mezzo tra la sfera dell’individuo e la sfera collettiva e dunque rappresenta un banco di prova per comprendere come il cittadino viva se stesso in relazione all’ambiente che lo circonda e alla comunità in cui vive.

(1) 1 Settis S., Paesaggio. Costituzione. Cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile, Einaudi, Torino, 2010, p. 52. (2) Ivi, p.53. (3) Granata E., Pacchi C., La macchina del tempo. Leggere la città europea contemporanea, Marinotti, Milano, 2011.

Il paesaggio incorpora i segni che l’uomo lascia di se stesso a se stesso. Il rapporto che l’uomo ha con il paesaggio implica una doppia responsabilità, individuale e collettiva, che si esprime in forme inedite e non replicabili altrove, come carattere iscritto nella terra, come codice condiviso. Un codice che per lungo tempo in Italia ha saputo dare forma ai paesaggi agrari, alle città con il loro contado, alle comunità politiche, che si esprimeva in un linguaggio comprensibile a tutti, all’uomo delle campagne e delle città, alle autorità, agli artisti. Lo spiega bene Salvatore Settis quando ricorda che «l’Italia fra Medioevo e Rinascimento fu il luogo massimo in cui questo codice fu costituito e affinato: esso orientò al tempo stesso la produzione (collettiva) dello spazio sociale e la capacità (individuale) di ‘leggerlo’,

anche inconsapevolmente. Lo spazio ordinato secondo un codice riconoscibile e condiviso era carico di senso: perciò offrì per secoli a ciascuno non solo le coordinate fisiche del proprio vissuto, ma una viva immagine della propria appartenenza, l’identità collettiva in cui rispecchiarsi, da cui trarre forza e alimento»(1). Così i filari di cipressi che collegano i poderi alla casa padronale o alla villa in Toscana, o il campanile della chiesa che si deve vedere da lontano, avevano un significato civico che ha resistito intatto fino al primo Novecento. Fu quello, “un codice condiviso dal contadino e dal principe, dall’impresario e dal notaio, dal cardinale e dal prete di campagna: perciò, fino a tutto l’Ottocento, (quasi) nessuno che costruisse qualcosa sbagliava (quasi) mai, e una stessa idea di dignità e appropriatezza si incarnava nella casa e nel palazzo, nella cattedrale e nella cappella sperduta nel bosco” (2). In tanti secoli in Italia un campanile, una cascina, una strada su per le colline, un palazzotto o una villa, una residenza contadina o operaia non hanno mai svilito un paesaggio, ma si sono inseriti con la morbidezza con cui una mano calza un guanto (3). Una bellezza civile condivisa L’esito di quel codice condiviso è una tipica bellezza civile che non viene trattenuta solo negli interni ma investe gli spazi pubblici e gli ambienti di vita. Non è difficile rintrac-

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Nella pagina a fianco: Area archeologica e borgo di Alba Fucens, ortofoto 2003, fonte: Regione Abruzzo, Geoportale

ciare nel panorama italiano esempi straordinari di questa bellezza civile. Se pensiamo alle vie strette di San Giminiano, a piazza del Campo a Siena, ai campi di Venezia, alle piazze barocche della Roma di Piazza di Spagna o di piazza Navona, così come a quegli infiniti scorci e paesaggi dell’Italia minore, delle province dimenticate, non possiamo che riconoscere la bellezza come elemento di comunanza forte. È una bellezza misurata e composta, che fa intuire la possibilità di coniugare individualità diverse con una certa idea di collettivo, dove si sperimenta l’integrazione tra interni ed esterni e anzi, le stesse piazze, paiono stanze a cielo aperto. Una bellezza che è un’attitudine dello spazio ad accogliere i corpi e i gesti, la misura dei passi, il piacere della visione, la sonorità degli ambienti. Rinvia dunque a un’esperienza sempre possibile nel tempo, nella quale i valori di misura, di proporzione, di ospitalità, di decoro civile sembrano essere rimasti scolpiti nella pietra. Se arrivando in piazza del Campo a Siena ci viene voglia di sederci per terra, in quell’invaso leggermente convesso che è la famosa piazza del Palio, allora il nostro corpo prima ancora che la nostra mente comprende cosa sia l’intimità di uno spazio pubblico che ci fa sentire a casa. Una dimensione che ritroviamo nelle celebri parole del filosofo Walter Benjamin su San Giminiano, quando racconto che «a chi viene da lontano subito

il borgo sembra scivolato, di soppiatto come da una porta, nella campagna. Esso non dà l’impressione che sia possibile raggiungerlo. Ma se si fa tanto di riuscirvi, allora il suo grembo ci accoglie e ci si perde nel concerto dei grilli e nel vociare dei bambini» (4). La bellezza civile è bellezza condivisa, che si offre alla vista dei molti, non si ritrae entro recinti e protezioni, non si compiace di un lusso accessibile a pochi, ma si espone in regalo per tutti, alla vista dei poveri come dei ricchi. Questa bellezza è terapeutica, consente alle persone di coltivare la dignità delle loro vite, di risvegliare senso di appartenenza a un luogo e a una comunità. Le ferite del nostro paesaggio Oggi quel codice spaziale e civile sembra essere in parte scomparso o forse talvolta non appare più leggibile e riconoscibile. Richiede attenzione, richiede occhi che sappiano leggere in profondità senza lasciarsi spiazzare dal cambiamento, dall’illeggibilità dei luoghi in cui abitiamo. É proprio sul paesaggio agrario che sono riconoscibili le ferite più profonde inferte dai processi di urbanizzazione e di industrializzazione dell’agricoltura. Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una progressiva distruzione del paesaggio italiano, distruzione che non ha avuto a che fare solo con un’intensa urbanizzazione, con il consumo di suolo, con l’abbandono dei suoli agricoli e la conseguente perdita di cibo, ma più in generale con l’annientamento dei

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V - CONTRIBUTI DIDATTICI valori culturali e umani che nel paesaggio sono stati, nel tempo, incorporati (5). La distruzione del paesaggio è sempre una violenza inferta alla memoria e all’identità dell’intero Paese. L’erosione del paesaggio italiano è avvenuta nella disattenzione e nel silenzio, interrotta solo qua e là dalle parole di poche e inascoltate voci, scomposta in migliaia di azioni, politiche e strutture che feriscono irresponsabilmente la società e la natura. Oggi è necessario recuperare e diffondere una cultura del paesaggio e del suolo come beni comuni, da difendere nella consapevolezza che sono beni che ci riguardano da vicino, sono lo specchio di noi stessi, e non hanno solo valenza estetica e contemplativa ma anche discorsiva ed etica: ci ricorda chi siamo e chi siamo stati, ci invita a riflettere su chi vogliamo essere. Lo scarto tra le parole e le cose Esiste uno scarto profondo fra le parole e le cose, tra le asserzioni di principio e le prassi. A parole tutti difendono la terra, l’agricoltura; tutti apprezzano le bellezze del nostro paesaggio, la nostra cultura e il nostro cibo. Ma non sempre alla consapevolezza della ricchezza del nostro patrimonio artistico e naturale, corrisponde un altrettanto spiccata cultura civile, capace di esprimere con gesti concreti accudimento, presa in carico, difesa. Quella stessa misurata e misteriosa bellezza delle nostre città e dei nostri paesaggi, se coltivata come qualcosa di inanimato e

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di eternamente uguale a se stesso, come il corredo della nonna o l’argenteria di famiglia, può trasformarsi in una cornice priva di senso, che non è più in grado di suscitare senso di appartenenza, né economie e lavoro. E anzi, si riduce a patrimonio di cui disfarsi alla prima occasione utile. Siamo afflitti da una carenza di cultura civile che possiamo leggere nella duplice forma di un venire meno dei legami di reciprocità e dell’attitudine alla collaborazione tra le persone e di una progressiva disaffezione ed estraniamento dai luoghi. Relazioni interpersonali e interazioni con il proprio ambiente di vita vivono di riflessi e di ricadute reciproche: il peggioramento dei rapporti di fiducia e di scambio, il venire meno della felicità pubblica, il ritirarsi entro un orizzonte privato e borghese, si intreccia con il venire meno per l’attenzione all’ambiente e al paesaggio, con l’incapacità di riconoscere il valore e il senso di quei beni. Guardare con amore, per prendersi cura Dobbiamo ripartire da noi, dalle nostre agenzie educative, dai luoghi dove si fa cultura e politica, dalle chiese che spesso gestiscono patrimoni artistici di inestimabile valore, per far sì che la difesa e la cura dei nostri ambienti diventi qualcosa di vivo, di vicino alla vita delle persone, fonte di arricchimento civile. Riflettere sulle inerzie culturali che impediscono di rigenerare i luoghi della formazione e dell’agire politico. Provare a immaginare azioni che inneschino mutamenti culturali. La rinascita di una cultura civile deve partire da una rinnovata e responsabile simpatia con i luoghi e da una nuova responsabilità per le comunità che

Elena Granata, Noi siamo il paesaggio. RIflessioni sulla necessità di una bellezza civile

(4) Benjamin W., Immagini di città, Einaudi Torino, 2007, p. 80. (5) Cfr. Pileri P., Granata E., Amor loci. Suolo ambiente e cultura civile, Milano, Cortina, 2012.


A destra: Alba Fucens, anfiteatro romano; Chiesa di S. Pietro in Albe, vista della navata.

li abitano. Un’attitudine del pensiero e insieme una qualità della prassi che possiamo chiamare amor loci. Sentimento che è insieme di comprensione, di prossimità e di cura. Come ricordava lo scrittore Carlo Levi, “se gli occhi guardano con amore (se amore guarda), essi vedono. I nostri […] vi hanno visto, vi vedono, in questa piccola aiuola, e non soltanto perché questa è la nostra terra, la prima e più profonda delle apparenze, e la più complessa: vedono la madre”.6 Visione, comprensione dei codici e cura sono strettamente legati tra loro. Noi siamo il paesaggio. Nella misura in cui riusciremo a capirlo e a tradurre questa consapevolezza in azioni, in politiche, in progetti, sapremo riconoscerci e regalare qualcosa di noi alle generazioni che verranno dopo di noi. Bibliografia essenziale Granata E., Pacchi C., La macchina del tempo. Leggere la città europea contemporanea, Marinotti, Milano, 2011. Pileri P., Granata E., Amor loci. Suolo ambiente e cultura civile, Milano, Cortina, 2012. Settis S., Paesaggio. Costituzione. Cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile, Einaudi, Torino, 2010. Settis S., Azione popolare. Cittadini per il bene comune, Einaudi Torino, 2012. Levi C. (1960), Un volto che ci somiglia. L’Italia com’era, Einaudi, Torino.

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V - CONTRIBUTI DIDATTICI

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Chiara Berti, Perchè si rispettano le leggi. Le basi relazionali della legittimità istituzionale


Perché si rispettano le leggi. Le basi relazionali della legittimità istituzionale Chiara Berti, Università di Chieti e Pescara Perché si rispettano le leggi: le basi relazionali della legittimità istituzionale Aspetti psicosociali della legittimità istituzionale Secondo il Vocabolario della Lingua Italiana (Zingarelli, 2004) la legittimità (termine comparso nel 1657) è una caratteristica, una condizione di ciò che è legittimo; legittimo (dal latino lex = legge), indica «ciò che è quasi identico alla legge o che è conforme alla legge o da essa consentito, che risulta conforme alle consuetudini, alle regole prestabilite». Alla voce «legittimità» del «Dizionario di Politica» curato da Bobbio e Matteucci (1976), si afferma che si parla di legittimità in una situazione di «consenso liberamente espresso da una comunità di uomini autonomi e coscienti, senza manipolazioni. Non tutti i tipi di consenso sono uguali e sarà più legittimo lo Stato nel quale il consenso potrà essere espresso più liberamente, nel quale cioè minore sarà la manipolazione e minore il grado di deformazione della realtà sociale nella mente degli individui [...]. Su questa base, si può formulare una nuova definizione di legittimità [...]. Si potrà pertanto dire che [...] uno Stato sarà più o meno legittimo a seconda che realizzi il valore di un A destra: consenso liberamente espresso da parte di una comunità di Veduta del Monte Velino, con uomini autonomi e coscienti» (pp. 520-523). in primo piano le rovine in abbandono della Chiesa di S. In che modo le persone percepiscono e rispondono alle Maria della Vittoria, XIII - XVI istituzioni e ai sistemi in cui vivono? In che modo le persec. sone interagiscono con le autorità che rappresentano tali

sistemi? Nonostante la rilevanza della questione della legittimità e dei processi psicologici ad essa sottesi, finora è stata scarsa la riflessione da parte degli psicologi su questi temi. I primi contributi psicosociali hanno trattato la legittimità come un aspetto tipico dell’interazione o della relazione tra individui o tra un individuo e un gruppo (un’organizzazione, un sistema sociale), in cui una parte dichiara o fa qualcosa che può essere accettato/rifiutato dall’interlocutore in funzione del fatto che sia considerato giusto ed adatto, al di là della morale personale. In tal senso, la legittimità è considerata una caratteristica che può essere valutata in relazione all’attore o all’azione (ad esempio, una decisione). Diverse linee di ricerca hanno evidenziato che la legittimità percepita di un’autorità (e delle istituzioni) induce sostegno e cooperazione volontaria, risultando essenziale per la stabilità non solo delle istituzioni ma anche della vita collettiva. In psicologia, la legittimità è considerata una qualità che, quando è presente nei pensieri e nei giudizi delle persone, induce un sentimento di deferenza verso le autorità, le istituzioni e, in generale, verso le intese che caratterizzano tali sistemi (Feygina e Tyler, 2009). La legittimità è dunque la qualità posseduta da un’autorità che produce negli altri un sentimento di obbligo ad accettare le sue direttive. Nel lessico italiano prevale, etimologicamente, il significato normativo; al contrario in psicologia,

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V - CONTRIBUTI DIDATTICI

in continuità con le altre discipline sociali, pur essendo implicito il riferimento alle norme, si attribuisce al concetto un carattere relazionale, in quanto la legittimità media i rapporti tra individui, tra individui e organizzazioni, tra individui e istituzioni. French e Raven (1959) avevano definito la legittimità come una forma di influenza sociale. In una prospettiva di influenza sociale, una autorità legittima è quella di una persona o di un gruppo che riesce ad ottenere da altre persone aderenza, accettazione e rispetto alle sue regole, e che ha la capacità di condizionare le azioni degli altri. French e Raven considerano cinque forme di potere: potere di informazione, potere di riferimento, potere legittimo, potere dell’esperto, potere di ricompensa e coercitivo. 1) potere di informazione. Dal momento che gli individui reagiscono in conformità con le proprie convinzioni e inclinazioni circa le cose del mondo – e queste dipendono in gran parte dalle informazioni di cui dispongono – l’informazione è una fonte di potere. Chi dispone del potere di informazione è in grado di modificare le opinioni e le inclinazioni degli altri secondo una linea prestabilita, senza esercitare un pressione esplicita e altre forme di controllo. Per questo, un vantaggio del potere di informazione è che esso non suscita risentimento o ostilità; 2) potere di riferimento. Chi è fatto oggetto di identificazione viene chiamato referente dell’identificazione. Per identificazione si intende

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il desiderio o il tentativo di far proprie le caratteristiche di un’altra o più persone e si accompagna sempre a sentimenti positivi nei confronti dell’altro. Essere referente di identificazione procura al gruppo o all’individuo una certa quantità di potere, e questo potere può essere rafforzato mediante l’accentuazione delle caratteristiche comuni; 3) potere legittimo. Si regge sul consenso che accompagna la delega ad alcuni del diritto di stabilire i comportamenti idonei alle diverse circostanze. Il potere legittimo condivide con il potere di informazione e il potere di riferimento la caratteristica di non necessitare vigilanza; tuttavia, a differenza dal potere di informazione, il potere legittimo dipende dal contesto sociale: la sua validità è in relazione al consenso attorno alla legittimità delle sue istanze e disposizioni; 4) potere dell’esperto. E’ fondato sul possesso di conoscenze, competenze, abilità; 5) potere di ricompensa e potere coercitivo. Consistono nel controllo del sistema delle sanzioni. Se il potere di distribuire ricompense può produrre un comportamento acquiescente, il potere coercitivo produce comportamento conforme e per questo richiede gradi diversi di controllo sociale. Anche Milgram (1961) ha tentato di rispondere alla domanda: fino a che punto le persone sono disposte ad obbedire a un’autorità? Partendo dall’assunto che l’obbedienza derivi dall’azione congiunta di due forze - la disponibilità all’obbedienza e le specifiche influenze esercitate

Chiara Berti, Perchè si rispettano le leggi. Le basi relazionali della legittimità istituzionale


dal sistema sociale - Milgram ritiene che l’obbedienza sia l’esito di un processo che si innesca quando l’individuo agisce all’interno di un sistema gerarchico, non si sente libero e responsabile di intraprendere condotte autonome ma si considera uno strumento per eseguire gli ordini specifici imposti dall’autorità. L’obbedienza ad un’autorità è dunque «un sistema di potere che implica una struttura di comando e di azione in risposta al comando» a cui non tutti sono in grado di contrapporre le proprie convinzioni. La legittimazione è strettamente legata al sistema di credenze e valori che costituiscono il riferimento in base al quale le persone rispondono all’autorità. Secondo i modelli dello scambio sociale, la percezione di legittimità dei sistemi sociali potrebbe essere riferita alle risorse che le persone ottengono dal sistema. Le teorie dello scambio sociale sottolineano dunque che le persone scelgono di obbedire perché questa è la migliore strategia per ottenere ricompense ed evitare punizioni. Il mito del self-interest, tuttavia, sovrastima il grado con cui un comportamento può essere guidato da aspetti materiali. Diversi autori hanno mostrato che le persone sono più propense a sottomettersi a decisioni svantaggiose (sanzioni, restrizioni) quando percepiscono che queste decisioni prese dall’autorità abbiano seguito criteri di giustizia. La ricerca condotta negli ultimi trenta anni ha messo in luce gli effetti della percezione di giustizia su atteggiamenti

e comportamenti rilevanti per le organizzazioni quali, ad esempio, la soddisfazione per il lavoro, i comportamenti di cittadinanza organizzativa, il commitment verso l’organizzazione, la fiducia nei confronti dei responsabili, il rispetto delle decisioni e delle norme. Le autorità non vengono valutate solo nei termini dei benefici e risorse ricevuti ma anche per la fairness delle decisioni prese e il trattamento riservato ai membri del gruppo. La percezione di giustizia procedurale più di quella distributiva ha un peso nella formazione dei giudizi sulla legittimità perché le procedure funzionano come euristica in condizioni di incertezza per guidare le idee sulle autorità, sul loro modo di lavorare, nel presente e nel futuro. Tyler e Lind (1992), in alternativa ad un “modello strumentale di giustizia procedurale” (che considera la correttezza procedurale come un mezzo per ottenere i risultati desiderati), propongono un “modello relazionale di giustizia procedurale” che si riallaccia alla teoria dell’identità sociale di Tajfel (1981), per l’importanza che questa attribuisce all’appartenenza sociale e alla valorizzazione del proprio gruppo nella definizione dell’identità personale. Per Tajfel, l’identità sociale si definisce attraverso un confronto tra il gruppo al quale si appartiene e altri gruppi presenti nel contesto sociale: i confronti sociali tra i gruppi sono volti a stabilire distinzioni e a sottolineare la specificità positiva del gruppo di appartenenza. Mentre Tajfel dà conto, attra-

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verso la nozione di identità sociale, dei fenomeni di favoritismo per l’ingroup e di discriminazione verso l’outgroup che caratterizzano le relazioni intergruppi, Tyler sposta il suo interesse verso i processi intragruppo. Secondo il modello del valore del gruppo, per definire la propria identità gli individui hanno bisogno di conoscere quale sia la posizione personale all’interno del gruppo al quale appartengono; i modi con i quali si è trattati all’interno del proprio gruppo – le procedure – sono indizi della considerazione nella quale si è tenuti e, in definitiva, del valore assegnato. Secondo il “modello relazionale dell’autorità” (Tyler e Lind, 1992), attraverso la relazione con l’autorità, l’individuo acquisisce e costruisce informazioni sulla propria identità. Questo tipo di approccio allo studio della relazione di autorità, si contrappone quindi alle teorie che spiegano la relazione con l’autorità dal punto di vista dei costi/benefici che essa comporta. Tyler e Lind identificano tre fattori che rivestono una particolare importanza per il giudizio sulla giustizia procedurale: standing, neutrality e trust. Si tratta di fattori inerenti la relazione tra l’individuo e l’autorità che adotta le procedure. Le persone sono interessate al proprio status nei gruppi ai quali attribuiscono valore perché ne traggono una validazione della propria identità. Le informazioni sulla propria posizione nel gruppo – in altre parole, il riconoscimento del proprio status – sono ricavate dal trattamento ricevuto da coloro che rivestono una posizione di autorità. La neutralità – intesa come impar-

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zialità, obiettività, assenza di pregiudizi - è un altro fattore critico della qualità della relazione con l’autorità. Ha un valore in sé e non in vista del risultato che permette di raggiungere. Il terzo fattore relazionale è costituito dalle convinzioni sull’affidabilità dell’autorità, sul suo essere degna di meritare fiducia. Maggiore è la possibilità di scelte discrezionali, tanto più è necessaria una base di fiducia nella relazione con l’autorità. Come nel caso degli altri due fattori, l’elemento chiave non è costituito dagli effetti delle decisioni ma dalla qualità della relazione tra individuo e autorità. Quando le persone vengono trattate giustamente dall’autorità, questo trattamento comunica loro e agli altri membri del gruppo che sono importanti e che sono parte di quel gruppo. Al contrario, un trattamento iniquo può segnalare la marginalità o l’esclusione dal gruppo. Secondo questo approccio, la qualità del trattamento che l’individuo riceve dall’autorità è più importante della valutazione di costi e benefici. I risultati delle ricerche di Tyler evidenziano che i processi di attribuzione di legittimità ad un’autorità sono radicati all’interno delle dinamiche di gruppo. Più il gruppo è saliente per i suoi membri, maggiore sarà l’importanza che la relazione individuo/autorità assume per l’individuo. Le modalità con cui l’autorità tratta l’individuo fornisce, infatti, a quest’ultimo delle informazioni su se stesso, che avranno un’importanza diversa a seconda che la sua ap-

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partenenza al gruppo sia più o meno saliente e rilevante. Un’alta identificazione con il gruppo incide sul rapporto tra il modo in cui l’autorità tratta l’individuo e la legittimità che questi attribuisce all’autorità. Chi si identifica fortemente in un gruppo presta maggiore attenzione e assegna maggiore importanza a come viene trattato dall’autorità; tale trattamento positivo aumenta, a sua volta, la legittimità attribuita all’autorità. Senza legittimità, l’autorità deve esercitare un potere coercitivo per poter raggiungere i medesimi obiettivi e, come nota Tyler, ciò comporta un dispendio di energie, un aumento delle difficoltà e spesso un’inefficacia operativa. Invece, quando è riconosciuta la legittimità di un’autorità, la vita di gruppo beneficia indubbiamente di una fluidità di funzionamento e di equilibrio maggiori. Legittimità, obbedienza e moralità Il termine obbedienza deriva dal latino “oboedire” (composto da ob, rafforzativo, e audire, ascoltare) e significa principalmente “prestare ascolto”. L’obbedienza all’autorità è un aspetto fondamentale della vita sociale. Tutti noi obbediamo nella vita quotidiana, spesso senza neanche accorgercene: quando guidiamo l’automobile o svolgiamo il nostro lavoro, rispettiamo dei codici e delle regole. Questi esempi fanno riferimento all’obbedienza costruttiva, che garantisce l’armonia della vita sociale. Esiste però anche l’obbedienza distruttiva o acritica: la persona obbedisce all’autorità senza mettere in discussione la legit-

timità o la moralità delle sue richieste e senza tener conto delle conseguenze delle proprie azioni. In questo caso, l’obbedienza può sfociare in atti eticamente riprovevoli, come accadde ad esempio durante il nazismo (Passini e Morselli, 2010). L’attribuzione della legittimità è l’elemento fondamentale su cui si fonda l’obbedienza verso l’autorità; soltanto nel momento in cui un’autorità viene riconosciuta come legittima dai membri di una società, le viene conferito il diritto di esercitare il potere. Kelman (1969) afferma che un funzionamento efficace di una nazione è quello fondato sulla cooperazione volontaria dei suoi cittadini che obbediscono alle richieste perfino quando queste necessitano di un sacrificio personale. Questo permette di evitare un rigido sistema di controlli (come previsto da un modello fondato sulla deterrenza), di evitare sprechi di risorse nell’uso di premi e sanzioni e garantisce un comportamento realmente cooperativo e sentito, anche a lungo termine, al di fuori del controllo ravvicinato di una autorità. Il modello della deterrenza presuppone che un’autorità scoraggi la disobbedienza attraverso la minaccia e la punizione e che le persone facciano scelte economiche e razionali basate sulla valutazione di rischi e vantaggi connessi alle proprie condotte. Questo implica però che le autorità debbono essere in grado di adottare sistemi di

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punizione e sanzione. A volte ciò è possibile, altre meno. Questi sistemi strumentali, che intendono promuovere la compliance e limitare la disobbedienza, sono dipendenti, ad esempio, dalle risorse disponibili (in termini di denaro, di possibilità di esercitare un controllo efficace). Inoltre, se le persone obbediscono alle regole grazie a un potere coercitivo, non è detto che lo facciano in assenza di una pressione esterna; infine, un sistema fondato sul controllo ha effetti deleteri sul clima sociale perché porta un decremento della fiducia, della motivazione e, in generale, a sentimenti negativi delle persone verso il sistema sociale, verso se stesse e il gruppo e a una percezione di ingiustizia e di intrusione nella propria vita. Se le persone sono invece motivate internamente, da ragioni intrinseche, la loro cooperazione diventa più stabile e meno dipendente dal contesto. Il dibattito in ambito psicologico sulla psicologia della giustizia e della legittimità ha visto negli ultimi anni l’emergere dell’interesse nei confronti del tema della moralità. In un articolo del 2009, “Limits on legitimacy: Moral and religious convictions as constraints on deference to authority” Skitkta (2009) confuta la tesi secondo la quale il riconoscimento della legittimità di un potere assicura un’adesione incondizionata alle norme e un’accettazione delle decisioni prese da un’autorità, anche nei casi in cui queste non siano compatibili con il proprio sistema di valori. Esi-

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stono dei contesti nei quali il riconoscimento della legittimità come attributo di un potere non comporta la sospensione delle considerazioni morali: 1) quando sono in gioco convinzioni morali, la valutazione delle decisioni di una autorità istituzionale e la volontà di sottostare a queste decisioni sono indipendenti dalla percezione della legittimità istituzionale (the authority independence hypothesis); 2) inoltre, le persone usano le proprie convinzioni morali per valutare la legittimità delle autorità istituzionali (the litmus test hypothesis). Secondo l’ipotesi dell’indipendenza dall’autorità (Skitka, Bauman, e Mullen, 2008), quando sono in gioco le convinzioni morali, le persone credono che i diritti e i doveri siano maggiormente legati alle questioni morali e non tanto alle regole, alle procedure, o alle autorità. Inoltre, quando le persone hanno forti convinzioni morali in merito alle questioni sulle quali un’autorità è chiamata ad esprimersi e a decidere, la percezione di fairness avrà minore effetto (o nessun effetto) sulla compiacenza e l’accettazione della decisione. Secondo la Litmus Test Hypothesis (l’ipotesi del test della cartina di tornasole), le convinzioni morali delle persone influenzano non solo la loro compliance e l’accettazione delle decisioni, ma la stessa percezione di legittimità. Spesso infatti le persone non sono sicure di quale sia la “risposta giusta” nel caso di decisioni che un’autorità deve prendere: per questo spesso si basano sulla percezione di fairness e legittimità per reagire alle decisioni. Quando invece le persone han-

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no convinzioni e certezze morali precise sulle questioni oggetto delle decisioni che le autorità devono prendere, allora non hanno bisogno di affidarsi alle procedure o alla percezione di legittimità per decidere se la decisione sia giusta o sbagliata. Il senso della morale viene quindi usato per valutare la legittimità della autorità. Se la decisione viene giudicata in modo negativo, le persone contestano non solo la decisione presa, ma anche la legittimità stessa delle autorità che hanno preso tale decisione. Al contrario, quando le decisioni sono in linea con le proprie convinzioni morali, la legittimità non viene messa in discussione. Held (1995) colloca lungo un continuum le motivazioni per le quali una persona obbedisce all’autorità; queste possono essere sintetizzate in sette diversi condizioni, che vanno dalla coercizione all’attribuzione di legittimità: a) la prima condizione è quella in cui, mancando le alternative e non esistendo la libertà di scelta, le persone sono costrette all’obbedienza (stadio di coercizione). La psicologia sociale, a partire dagli esperimenti di Milgram, ha tuttavia ridotto la portata di questa condizione, mostrando come altri fattori possano entrare in gioco oltre alla coercizione; b) oltre alla coercizione, può esserci un senso di tradizione in virtù del quale le persone obbediscono perché si è sempre fatto così: l’obbedienza è una virtù socialmente accettabile mentre la disobbedienza è una forma di devianza; c) per alcuni versi simile a questa condizione, è l’apatia: le

persone obbediscono per inerzia e perché farlo richiede meno sforzo che non farlo. Questi primi tre tipi di obbedienza (coercizione, tradizione, apatia) hanno in comune l’assenza di critica verso lo status quo; al contrario, d) nella condizione di acquiescenza pragmatica, le persone hanno una visione critica della situazione, ma vi si adeguano non riuscendo a concepire uno diverso stato delle cose diverso; e) diverso, in questo senso, è l’approccio strumentale: una persona, sebbene critica verso l’autorità e distante dal punto di vista ideologico, rispetta le sue disposizioni per trarne vantaggi personali. Questo tipo di motivazione è anche definito come accordo condizionale, nel senso che l’accordo perdura a condizione che i vantaggi sperati siano poi guadagnati; se il fine non è invece conseguito, la relazione con l’autorità non sarà più gradita, anzi con molta probabilità lo sarà ancor meno di prima. Dunque, il fatto che i cittadini obbediscano alle leggi non significa che il sistema politico e le sue istituzioni siano legittimate: si può avere sottomissione o conformità alla norme senza che l’autorità sia considerata effettivamente legittima; f) un’altra condizione è invece quella nella quale i membri di una comunità osservano le regole e obbediscono all’autorità perché pensano che questa sia degna di rispetto. Si tratta quindi di un accordo normativo: una persona, nelle circostanze in cui si trova e con le informazioni di cui dispone, percepisce che per lei, come individuo e membro della propria comunità, le disposizioni dell’autorità sono

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giuste, corrette e appropriate. Questo tipo di obbedienza si fonda sulla percezione della legittimità dell’autorità; g) uno stadio ulteriore è quello dell’accordo normativo ideale: l’individuo obbedisce all’autorità non soltanto perché, sulla base delle informazioni di cui dispone, le sue disposizioni sono valutate come giuste e legittime, ma perché in circostanze ideali è ciò che avrebbe egli stesso considerato giusto fare. In questa condizione, le persone verificano l’operato e le richieste dell’autorità alla luce dei propri valori di riferimento. Se l’esito di questa valutazione è positivo, la persona conferisce legittimità all’autorità e alle sue richieste, accettando di obbedire; se, invece, è negativo, l’obbedienza non sarà automatica e potrebbe essere sostituita dalla disobbedienza o dall’obbedienza condizionale. Quindi, anche quando i valori individuali portano all’obbedienza all’autorità perché l’obbedienza stessa è vista come un valore, si tratta sempre di un’obbedienza attiva poiché è il risultato di una valutazione critica e non di una semplice accettazione. Per questo, chi ha un approccio all’autorità fondato sui valori assumerà un atteggiamento più responsabile nei rapporti con l’autorità. Il cittadino orientato a valori e che stabilisce una accordo normativo con l’autorità non si limita infatti a osservarne le disposizioni, ma prende parte alla formulazione e alla valutazione delle politiche che guidano una comunità, più di quanto non facciano i cittadini che stabiliscono una relazione con l’autorità improntata alla passività o finalizzata al raggiungimento di

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vantaggi personali. Le ultime due condizioni indicate da Held prevedono un processo di valutazione alla base del giudizio sulla legittimità e della volontà di rispettare le sue disposizioni. Perché non si rispettano le leggi: la scelta della devianza Accanto agli schemi interpretativi che considerano la devianza una condizione determinata da carenze individuate sul piano biologico, psicologico o sociale, negli ultimi decenni si sono affermate interpretazioni della violazioni delle norme che pongono maggiormente l’accento sulle capacità di autodeterminazione e autorganizzazione individuali. Un’espressione di questa tendenza è costituita da teorie il cui tratto distintivo è costituito da una concezione razionale dell’individuo. a) Teorie della scelta razionale e attività abituali La teoria della scelta razionale, utilizzata dagli economisti e successivamente anche dagli psicologi per dare conto di vari aspetti della vita sociale, è stata applicata anche alla devianza e alla delinquenza. Queste sono viste come gli esiti di un processo intenzionale di confronto tra i costi e i benefici della violazione delle norme. Non esisterebbero pertanto crimini gratuiti o insensati; al contrario, l’individuo valuta, di volta in volta, la convenienza dell’azione delin-

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quenziale. Questa valutazione non segue tuttavia dei percorsi ottimali di analisi delle informazioni e di previsione dell’esito delle scelte, ma percorsi contraddistinti da razionalità limitata: può allora accadere che gli effetti negativi (un arresto e una condanna) superino i vantaggi auspicati e previsti (ad esempio, il possesso di un bene). Alla teoria della scelta razionale si collega la teoria delle attività abituali che muove dalla critica verso quelle teorie secondo le quali la devianza origina in un contesto di povertà, disorganizzazione sociale e disuguaglianze. Alla base di quella che i due autori indicano come pestilence fallacy, è l’osservazione di una “anomalia etiologica”, costituita da alti tassi di delinquenza laddove questa, stando a tali spiegazioni, non avrebbe dovuto essere presente vista l’assenza delle condizioni considerate in relazione causale con la delinquenza e la devianza. Perché si verifichi un reato è necessaria la convergenza di tre fattori: un potenziale autore di reato, un obiettivo (o un bersaglio interessante) e l’assenza di un guardiano. L’interesse di un bersaglio è legato alla sua visibilità, inerzia, valore e accessibilità. Dipende, in altre parole, da quanto una vittima potenziale sia individuabile, raggiungibile e in grado di difendersi. Il suo valore può essere sia simbolico sia materiale. Per guardiano si intende qualsiasi persona la cui presenza è in grado di dissuadere dalla commissione di un reato.

Secondo la teoria delle attività abituali, la decisione di commettere un reato è il risultato di una valutazione razionale di tutti questi elementi: se l’obiettivo ha valore, è accessibile e manca un guardiano, il reato è probabile. Queste teorie sono state formulate a partire da quegli studi che hanno analizzato le occasioni per il crimine offerte dalla geografia sociale, dall’ambiente fisico, dalle condizioni di vita e più in generale dai cambiamenti sociali ed economici. Ad esse si ispira la cosiddetta “prevenzione situazionale”, volta a ridurre le occasioni per il crimine e a renderlo meno conveniente e più rischioso. a) La devianza come progetto reputazionale L’idea della scelta è centrale anche nella teoria sulla devianza di Emler e Reicher (2000), formulata con particolare riferimento alla delinquenza adolescenziale. I due studiosi concepiscono la delinquenza adolescenziale nei termini di un comportamento giuridico che origina dagli atteggiamenti individuali nei confronti dell’autorità che si consolidano e si esprimono nel contesto del gruppo di appartenenza. I modi in cui gli atti normativi influenzano il comportamento sono analizzati dai due autori alla luce delle dinamiche dello sviluppo adolescenziale e, in particolare, delle esigenze di riconoscimento sociale e di valorizzazione del proprio sé, di identificazione e di differenziazione, dei processi di socializzazione e del rapporto tra adolescenti e istituzioni.

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Per Emler e Reicher, sia le teorie psicologiche sia quelle sociologiche descrivono la devianza come il riflesso di forze che sono al di là delle sua capacità di controllo e alle quali non è in grado di resistere. Critici nei confronti di questa visione dell’adolescente deviante come “burattino o marionetta”, ritengono al contrario che l’azione, tanto deviante che conforme, sia espressione di una scelta guidata dalla preoccupazione di costruire e mantenere una reputazione. Prendendo spunto dal concetto di selfpresentation di Goffman, secondo il quale si tende a dare di se stessi l’immagine più convincente mediante una gestione consapevole dell’interazione, Emler e Reicher considerano la delinquenza un mezzo con il quale gli individui comunicano qualcosa di sé a persone che conoscono e dalle quali sono conosciuti. La prospettiva dalla quale osservano il fenomeno devianza è quella di una società reale dove le persone si conoscono tra loro e gli adolescenti, in particolare, appartengono a piccoli gruppi nei quali ognuno sa che cosa gli altri fanno e i gruppi stessi sono in relazione tra loro. La preoccupazione per la propria reputazione opera in termini di controllo sociale. Si chiedono perciò Emler e Reicher perché alcuni individui si espongano al rischio di incorrere in sanzioni e di compromettere la considerazione di cui godono. Per rispondere a questa domanda, propongono una interpretazione della delinquenza adole-

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scenziale in termini motivazionali che si discosta dalla teoria del controllo sociale. L’antisocialità non deriva – come sostiene la teoria del controllo sociale – da una mancanza di forti ragioni a guadagnare e a conservare una buona reputazione. È una scelta in positivo e non l’esito di un fallimento. È errato concepire la devianza come un prodotto accidentale e non intenzionale del comportamento; esistono, per Emler e Reicher, progetti alternativi di costruzione e gestione della propria reputazione e la scelta delinquenziale è uno di questi. Emler e Reicher partono dalla constatazione che il comportamento antisociale è raramente nascosto e segreto: le trasgressioni sono commesse perché c’è un pubblico e non perché questo non ci sia. La maggior parte delle azioni delinquenziali degli adolescenti è infatti di gruppo; nonostante i dubbi espressi da chi ritiene che i reati di gruppo siano sovrarappresentati nelle casistiche perché sarebbero quelli più spesso sanzionati, le ricerche confermano che il coinvolgimento del gruppo costituisce la regola piuttosto che l’eccezione. Una prova del fatto che i devianti non tendono a nascondersi è fornita dalla dimostrata attendibilità dei resoconti personali sulle trasgressioni commesse e dalla scarsa correlazione tra la tendenza a mentire e l’ammissione di reati. I resoconti stessi svolgono una funzione di presentazione di sé.

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Riprendendo quanto sostenuto da Matza (1969), Emler e Reicher ritengono che la scelta deviante amplifichi la comunicazione: quando altre possibilità di esprimere significati appaiono inadeguate, non fruibili, si ricorre al gesto deviante per rendere i significati meno ambigui e più decifrabili, più evidenti e incisivi gli effetti. La violazione delle norme ha un’efficacia comunicativa maggiore di quella garantita dall’osservanza delle leggi; dal momento che i comportamenti conformi sono incoraggiati socialmente e le violazioni sanzionate, l’atto deviante sembra essere l’esito di una scelta piuttosto che il frutto di una coercizione e perciò diventa più significativo dell’identità di chi lo compie. Inoltre, chi commette reati gravi per la maggior parte della sua vita quotidiana si dedica ad attività legali; per questa ragione, il rispetto della legge non consente di distinguere nettamente il gruppo dei devianti da quelli delle persone conformi. L’asimmetria tra il potenziale «diagnostico» dei comportamenti conformi e quello dei comportamenti devianti spiega perché sia più difficile conquistare una fama di persone «virtuose» che una cattiva reputazione e perché quest’ultima, una volta consolidata, sia difficilmente modificabile. Inoltre, la scelta deviante permette al suo autore di definire con chiarezza la propria appartenenza al gruppo tanto più è improbabile che venga attuata da un membro di un gruppo non deviante. Per queste ragioni, la delinquenza è un comportamento chiaro e inequivocabile che fornisce informazioni sull’orientamento dell’adole-

scente nei confronti dell’autorità istituzionale. L’adolescenza costituisce un momento significativo per la definizione del rapporto con l’ordine istituzionale, vale a dire dello spazio che l’adolescente concederà allo stato perché medi e definisca i termini delle proprie relazioni con gli altri. L’orientamento nei confronti dell’autorità formale trae origine dagli incontri con le istituzioni – con quella scolastica in particolare – e si consolida se non è in contraddizione con altri orientamenti personali e può coesistere in modo non conflittuale con scelte di segno opposto. Il gruppo amplifica l’orientamento individuale nei confronti dell’autorità istituzionale e ne consente l’espressione attraverso un sostegno concreto che permette il passaggio da un orientamento normativo all’azione vera e propria. Emler e Reicher affermano che la legge può essere vista dagli adolescenti come vincolo, fonte di restrizioni, ma anche come una risorsa, come garanzia di tutela dei diritti, come fonte di giustizia al di sopra delle parti. La relazione che si stabilisce con l’autorità legale è segnata dalle percezioni e dalle aspettative che riguardano il potere e il modo in cui esso è esercitato. L’immagine che un adolescente ha del potere influenza i suoi atteggiamenti e comportamenti verso le autorità istituzionali. In questo modo, se queste sono ritenute ingiuste, fonti di discriminazione e di pregiudizio, la relazione che si stabilisce sarà segna-

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ta da sfiducia e diffidenza. Questi atteggiamenti, secondo gli autori, possono contribuire a spiegare la devianza in due modi: come desiderio di rivalsa e di sfida nei confronti dell’autorità istituzionale e del sistema normativo e come necessità di assicurarsi giustizia e protezione. Attraverso il gesto delinquenziale l’adolescente comunica che è in grado di farsi giustizia da sé e dimostra pubblicamente di essere in grado di difendersi da solo. In certi contesti, i rapporti tra individui possono tradursi in pericolo, in rischio di subire ingiustizie, soprusi, violenze. Questa consapevolezza può associarsi alla percezione di un’autorità debole o ingiusta, dalla quale non ci si sente né rappresentati né tutelati e dalla quale possono provenire gli stessi rischi di vittimizzazione. Più forte è la minaccia di un danno, più insicura e imprevedibile è l’esistenza, tanto più probabile sarà il ricorso a forme e ambiti «informali» di tutela della propria sicurezza. In questi termini, la delinquenza costituisce un’uscita dal sistema formale legale che si attua quando questo non è ritenuto in grado di difendere i propri diritti, quando disattende la richiesta di giustizia e, in generale, quando il fondamento di legittimità sul quale si fonda viene a mancare. La violazione delle norme può costituire, dal punto di vista di chi si riconosce all’interno di un sistema di norme e riconosce la legittimità di coloro che ne controllano il rispetto, uno scadimento del prestigio personale nell’ambito della

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società. Dal punto di vista di chi invece non si riconosce in tale sistema, la devianza può esprimere il tentativo di conservare la propria posizione e la propria reputazione all’interno del gruppo di appartenenza. Esiste perciò un doppio vincolo: il desiderio di conservare la propria reputazione e quello di garantirsi condizioni di vita più sicure. Questo secondo vincolo, spiegabile in base al fatto che l’appartenenza alla società non garantisce a tutti ed allo stesso modo pari sicurezze, spiegherebbe perché alcuni adolescenti si espongano al rischio di sanzioni penali e di riprovazione sociale. Per Emler e Reicher, la preferenza data a soluzioni informali di tutela del prestigio e della sicurezza personale si consolida a livello collettivo: l’accettazione e il rifiuto dell’autorità formale non costituiscono soltanto orientamenti individuali ma sono espressione di orientamenti collettivi. La tutela della reputazione e la ricerca del prestigio come momenti del processo di costruzione dell’identità individuale sono inscindibili dalla identificazione con gli altri, dall’adesione ad un gruppo e a un sistema normativo. In materia di delinquenza, i gruppi hanno proprie norme e il comportamento delinquenziale è uno dei criteri che regolano l’appartenenza al gruppo. Per chi riconosce la legittimità del sistema istituzionale, la trasgressione delle regole sociali è in contraddizione con la propria identità. Per chi, al contrario, è in posizione antagonista, l’azione delinquenziale è consonante con il con-

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cetto di sé; esprime l’atteggiamento verso le convenzioni e le norme sociali e mette in luce le qualità di forza e di coraggio che consolidano la propria reputazione e garantiscono l’appartenenza al gruppo. L’appartenenza ad un gruppo antagonista verso il sistema istituzionale richiede infatti una solida reputazione di persona in opposizione. L’azione delinquenziale non va quindi vista come semplice espressione di una identità preesistente bensì come forma di comunicazione agli altri di quello che si è, alla quale si ricorre quando quest’identità rischia di essere messa in discussione o di non essere percepita chiaramente. Parlare di opposizione, precisano Emler e Reicher, non significa attribuire spessore politico ed intenzionalità sovversiva agli autori dell’azione deviante; lo sguardo dei due autori non è rivolto a quelle forme di devianza che investono il fondamento della norma e che contengono spinte innovative; i devianti di cui essi parlano sono interessati alle istituzioni solo se queste interagiscono con la loro vita quotidiana, attraverso un sistema di norme regolative dei comportamenti individuali. Funzioni espressive e funzioni reputazionali della definizione di sé come deviante sono interdipendenti: violare la legge è allo stesso tempo una definizione di dove un individuo si colloca nei confronti del sistema sociale e una dichiarazione rivolta ad altri. Emler e Reicher rifiutano la dicotomia tra finalità espressive e finalità strumentali della devianza: esse sono legate le une alle altre ed è soltanto attraverso la comunicazione della

propria opposizione che si può ottenere il sostegno collettivo per affrontare istituzioni e gruppi antagonisti. La costruzione della fiducia I sociologi distinguono tra la fiducia di tipo personale, che si fonda sulla conoscenza diretta di una persona, e la fiducia impersonale, nei confronti di gruppi, categorie sociali, istituzioni. In entrambe le accezioni, la fiducia è considerata una forma di “capitale sociale”, una risorsa incorporata nelle relazioni tra individui che rende possibili forme di collaborazione tra società civile e istituzioni che non si potrebbero altrimenti realizzare. La letteratura ha mostrato una diminuzione di questa risorsa negli ultimi decenni, in diversi paesi. Gli studi con maggiore continuità nel tempo sono quelli statunitensi che hanno rilevato una tendenza alla diminuzione della fiducia verso le istituzioni nella società americana sin dalla metà degli anni ’60. In Europa, i risultati dell’indagine Eurobarometro1 mostrano che l’Italia è una delle nazioni europee dove è più alto il livello di sfiducia verso le istituzioni. In Italia, anche le ultime indagini IARD hanno indicato un calo della fiducia nei confronti delle istituzioni – e non solo quelle della politica – confermando in questo modo la stabilità della crisi di fiducia che interessa non soltanto i giovani e non soltanto l’Italia. Tale fenomeno, che interessa i giovani delle maggiori democrazie europee, raggiunge i livelli più elevati proprio in Italia.

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Su che cosa si fonda la fiducia sociale? Dove trae origine l’atteggiamento verso le istituzioni? Uno dei più importanti fattori di legittimazione dell’ordinamento istituzionale è costituito dal sentimento di giustizia. La giustizia è ciò che garantisce i diritti individuali e fonda l’ordine sociale. Il sentimento di giustizia, vale a dire la percezione di essere trattati in maniera giusta, e cioè rispettosa dei propri diritti, si fonda sulla valutazione da parte di un individuo delle condizioni oggettive nelle quali si trova e sui criteri soggettivi che utilizza per effettuare questa valutazione. Le persone possono valutare ciò di cui dispongono secondo un criterio di equità: una distribuzione di beni è giusta se è proporzionale al contributo fornito da ciascuno. L’elemento centrale del giudizio, secondo la teoria dell’equità, è il merito: con questo il criterio le persone giudicano la distribuzione delle risorse (o si aspettano che questa si attui). Altri criteri di giustizia sociale sono l’uguaglianza tutti debbono godere di una uguale base di partenza di accesso alle risorse – e il bisogno, criterio secondo il quale si dovrebbe ricevere in proporzione alle proprie necessità. Secondo le teorie della giustizia distributiva, il senso di ingiustizia deriva dalla valutazione dell’esito della distribuzione dei beni, sia materiali sia immateriali, e nasce dalla percezione di una discrepanza tra ciò che si è ottenuto e ciò che si attendeva legittimamente di ottenere, secondo criteri di contribuzione /equità, di uguaglianza e di bisogno. Le teorie sulla giustizia distributiva hanno in comune

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la centralità dei risultati nel giudizio sulle esperienze sociali. Alcune teorie della giustizia hanno riconosciuto che le persone si interessano non solo a ciò che ottengono ma anche ai modi nei quali sono ottenuti i risultati. Il giudizio sulla correttezza di questi modi investe la cosiddetta giustizia procedurale. Su che cosa si fondano il rapporto tra cittadini e istituzioni, la fiducia verso l’autorità istituzionale, la sensibilità ai doveri, la cultura civica? Sulla base di una visione tradizionale dei processi di socializzazione, si ritiene che cultura e valori civili siano una sorta di eredità, di patrimonio tradizionale che viene trasmesso da una generazione all’altra. Ciascun individuo, alla fine del processo, è dotato di un programma costituito da norme, valori, inclinazioni eseguibile in maniera più o meno conforme a seconda del grado di successo della socializzazione. Devianza e delinquenza, come abbiamo visto, sono considerate espressioni del fallimento di questo processo di apprendimento e assimilazione di norme e valori. Tuttavia, il modello di socializzazione secondo il quale l’individuo diviene membro di una società attraverso un processo di apprendimento e di assimilazione di un insieme di norme e di valori condivisi e coerenti è ritenuto oggi inadeguato a cogliere i cambiamenti che hanno trasformato le società complesse e gli stessi processi di socializzazione. E’ mutato il rapporto con le norme sociali. Sono cambiati infatti i modi nei quali

Chiara Berti, Perchè si rispettano le leggi. Le basi relazionali della legittimità istituzionale


le norme sociali vengono prodotte e validate. Il rapporto con le norme diventa individualizzato, non più fondato su credenze dogmatiche o nell’ambito della tradizione. Gli orientamenti all’azione vengono visti come il risultato di scelte soggettive e individuali. L’erosione delle strutture gerarchiche della scuola e della famiglia si accompagna a una crescente importanza, per i processi di apprendimento e percezione delle norme sociali, dei luoghi non istituzionali, di tipo associativo, e del ruolo dei media della comunicazione (Sciolla, 2000). Tale erosione si riflette nei modi di gestione dei conflitti e negli stili educativi, fondati entrambi sulla negoziazione, sulla ricerca di compromessi su regole e norme attraverso il dialogo. La diffusione e il successo delle pratiche di mediazione sembrano essere un indicatore di questo mutato rapporto con le figure d’autorità e con le norme. La validità delle norme non si fonda più su criteri assoluti. Queste, per essere giustificate, debbono essere continuamente sottoposte alla riflessione e all’argomentazione, in un processo continuo di ricerca delle buone ragioni delle diverse posizioni.

stizia procedurale, come abbiamo visto, spiega perché le persone diano importanza alle procedure e perché la percezione di giustizia, in relazione alle norme, costituisca il fondamento della fiducia verso le istituzioni e la base dei comportamenti di cittadinanza. L’apprendimento dei valori civili e la formazione dell’atteggiamento verso le istituzioni avvengono attraverso l’esperienza quotidiana con tutte le istituzioni politiche e amministrative. Il circolo virtuoso dello spirito civico tra fiducia e cooperazione si instaura sulla base di una esperienza positiva con le autorità istituzionali efficienti e capaci di assolvere ai loro compiti. Quando invece queste agiscono in contrasto con i fini ufficialmente dichiarati, non applicano la legge o lo fanno in modo relativo, o tollerando l’illegalità, si creano effetti perversi nel contesto sociale. Il singolo apprende, attraverso esperienze personali e nelle situazioni locali, in che modo si conciliano interessi personali e interessi generali. Queste esperienze possono favorire quel circolo virtuoso che alimenta lo spirito civico o, al contrario, fornire quel terreno di coltura della mancanza di spirito civico (Sciolla, 1999).

Le ragioni delle convinzioni etiche si formano all’interno dei diversi contesti di esperienza. Le interazioni all’interno delle istituzioni hanno un ruolo centrale nel favorire o, viceversa, ostacolare, la formazione del giudizio morale, il senso di responsabilità sociale e la fiducia negli altri e nelle istituzioni. La letteratura sull’importanza della giu-

Bibliografia Emler N. e Reicher S. (1995) Adolescence and delinquency, Blackwell, Oxford; trad. it. Adolescenti e devianza, Bologna: Il Mulino, 2000 Feygina I. e Tyler T. (2009) Procedural justice and system justifying motivations. In Jost, J. T., Kay A. C. e Thorisdottir

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V - CONTRIBUTI DIDATTICI

H.(a cura di) Social and Psychological Bases of Ideology and System Justification, Oxford: Oxford University Press French J. R. P. e Raven B. (1959) The bases of social power. In D. Cartwright e A. Zander Group dynamics. New York: Harper & Row Held D. (1995) Democracy and the Global Order: From the Modern State to Cosmopolitan Governance, Stanford: Stanford University Press Kelman H.C. (1969) Patterns of personal involvement in the national system: A social-psychological analysis of political legitimacy. In J.N. Rosenau (a cura di) International politics and foreign policy, The Free Press Levi L. (1976), Legittimità. In N. Bobbio e N. Matteucci (a cura di) Dizionario di politica, Torino: UTET Matza D. (1969) Becoming deviant, Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall; trad.it. Come si diventa devianti, Bologna: Il Mulino, 1976 Milgram, S. (1963) Behavioral Study of obedience. The Journal of Abnormal and Social Psychology, 67(4), 371378. Passini S. e Morselli D. (2010) Psicologia dell’obbedienza e della disobbedienza, Roma: Carrocci Sciolla L. (1999) Come si può costruire un cittadino, il Mulino, 4, 601-609 Sciolla L. (2000) Coesione sociale, cultura civica, società complesse, il Mulino, 1, 5-14 Skitka L. J., Bauman C. W. e Lytle B. L. (2009) Limits on

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legitimacy: Moral and religious convictions as constraints on deference to authority, Journal of Personality and Social Psychology, 97, 567-578 Skitka L. J., Bauman C. W. e Mullen E. (2008) Morality and justice: An expanded theoretical perspective and review. In K. A. Hedgvedt e J. Clay-Warner (a cura di) Advances in group processes (vol. 25, pp.1-27), Bingley, U.K.: Emerald Group Publishing Limited Tajfel (1981), Human Groups and Social Categories: Studies in Social Psychology, Cambridge: Cambridge University Press Tyler T. R. e Lind E. A. (1992) A relational model of authority in groups, in M. P. Zanna (a cura di) Advances in experimental social psychology, 25, 115-191, New York: Academic Press

Chiara Berti, Perchè si rispettano le leggi. Le basi relazionali della legittimità istituzionale


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PORTOFOLIO


Domenica 30 giugno Ante Workshop: Esame in piazza Piero Rovigatti, Dd’A UNICH Mario Tancredi, U. La Salle Sergio Rozzi, Parco d’A,L&M Vincenzo Nuccetelli, Elettra Di Cristofano, Comune di Scurcola Marsicana gli studenti del corso di Fondamenti di Urbanistica, Cdl Architettura, Pescara gli studenti colombiani appena arrivati a Scurcola Marsicana

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V - CONTRIBUTI DIDATTICI

Lunedì 1 Luglio Apertura del Workshop Carlo Pozzi, direttore Dd’A UNICH Liliana Giraldo, dean U. La Salle, Bogotà Jurij Kobe, University of Lubjiana, Slovenia

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PORTOFOLIO


MartedĂŹ 2 luglio Conferenze SKYPE Elena Granata Politecnico di Milano Angelo Abbate SocietĂ Italiana di Biourbanistica Marco Casagrande,Helsinky Ruin Academy

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V - CONTRIBUTI DIDATTICI

Martedì 2 Luglio Visite sul campo/Alba Fucens Maria Carla Somma, Dipartimento di Scienze Psicologiche, Umanistiche e del Territorio, UNICH Enrico Ciccozzi, Dd’A UNICH

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PORTOFOLIO


MercoledÏ 3 Luglio Seminario in aula Sergio Rozzi, ERCI Team Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise Marco Corsi, architetto

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Giovedì 4 Luglio

INCONTRO IN PIAZZA. Condizioni e occasioni della legalità nella regione Abruzzo e nell’area del Fucino Maurizio Maria Cerrato, Sostituto Procuratore della Repubblica di Avezzano Chiara Berti, Dipartimento di Scienze Psicologiche, Umanistiche e del Territorio, UNICH Mario Tancredi, Universidad de La Salle, Bogotà Coordinano: Elettra Di Cristofano, Piero Rovigatti

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PORTOFOLIO


Giovedì 4 Luglio SEMINARIO IN AULA Mario Cerasoli, Dipartimento di Studi Urbani,Università degli Studi “Roma Tre” Rosario Pavia, Dipartimento di Architettura, UNICH Pepe Barbieri, Dipartimento di Architettura UNICH Antonio Fini, architetto

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Venerdì 5 Luglio ATTIVITA’ IN AULA Mario Tancredi, Universidad de La Salle, Bogotà Gianni De Benedittis, Piero Rovigatti Dd’A, UNICH

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PORTOFOLIO


VI - PRODOTTI DEL WORKSHOP

La Carta dei Beni Comuni La Carta delle Condizioni della tutela e della trasformazione La Carta di indirizzo territoriale (Visione guida condivisa) Il Progetto territoriale direttore (Green way Tiburtina Valeria) 119



È la carta che raccoglie e rinomina come Bene Comune il vasto insieme di elementi del patrimonio culturale, ambientale, simbolico e delle risorse essenziali che appartengono al territorio e a tutti i suoi abitanti, aperto alla fruizione e all’uso sostenibile di tutti. La costruzione dell’elaborato simula una procedura partecipata, che andrebbe sviluppata all’interno di un programma strutturato di incontri con le comunità locali, i portatori di interessi localizzati, gli amministratori e ogni singolo abitante. È la mappa di base di ogni successiva azione conoscitiva e progettuale del Workshop.

ATTIVITA’ E PRODOTTI DEL WORKSHOP/1 La Carta dei Beni Comuni

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È la carta che raccoglie e classifica tutti gli apparati e i sistemi di tutella che proteggono (o dovrebbero proteggere) il sistema dei Beni Comuni individuato nella tavola precedente. È la carta del “si può e non si può fare”, come hanno inteso con grande sintesi i giovani studenti colombiani. La sovrapposizione e il confrontro con l’elaborato precedente, assieme alla conoscenza dello stato dei luoghi svela più di ogni altro discorso la distanza tra intenzioni della tutela e sua reale efficacia, introducento il tema del “che fare” per tradurre la, pur sempre necessaria azione di “controllo dello Stato” sui patrimoni pubblici, in trasmissione di interesse e cura partecipe del “bene comune”.

ATTIVITA’ E PRODOTTI DEL WORKSHOP/2 La Carta delle Condizioni di Tutela e di Trasformazione

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È la carta che prova a sviluppare una analisi sintetica dei punti di forza e di debolezza (SWOT analysis) del sistema dei beni comuni precedentemente individuato, facendo tesoro della sovrapposizione e confronto con la carta delle condizioni della trasformazione. È da questo esercizio che dovrebbero provenire strategie e azioni di intervento, all’interno di una metodica collaudata che rischia di diventare puro esercizio retorico, se non svolta con onestà intellettuale, e, meglio, all’interno di esercizi di partecipazione attiva e informata, magari per gruppi tematici o di interesse (focus group).

ATTIVITA’ E PRODOTTI DEL WORKSHOP/3 La Carta dei Criticità territoriali

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PRODOTTI DEL WORKSHOP


Costitusce uno dei punti di arrivo più qualificanti dell’intera attività di laboratorio/workshop. Prova a dare significato, nome e disegno alla visione preliminare di assetto, definita in precedenza. È il territorio dei tre parchi menzionato in partenza, la Terra dei Piani Palentini, l’orizzonte territoriale comune a cui tendono i tre comuni - Scurcola Marsicana, Massa d’Albe, Magliano de’ Marsi - cui compete oggi lo sforzo di trovare un denominazione comune, e un comune programma di riassetto e rigenerazione territoriale, messe da parte anacronistiche divisioni e campanilismi amministrativi, e altrettando anacronistiche e non più sostenibili idee di sviluppo e crescita insediativa. È il territorio della Green Way Tiburtiva Valeria, il progetto strategico su cui forse giocare un’ipotesi nuova di rinascita economica e sociale, fatta di legalità e sicurezza.

ATTIVITA’ E PRODOTTI DEL WORKSHOP/4 L’idea di territorio di riferimento

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ATTIVITA’ E PRODOTTI DEL WORKSHOP/5 Il Progetto Direttore Green Way/Tiburtina Valeria

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Indignati, impegnati! Dalle Ande, per gli Appennini: il contributo degli studenti e architetti colombiani al Workshop come proposta di “ri-generazione” culturale Mario Tancredi, Universidad de La Salle Indignatevi, impegnatevi. Le parole di Stéphan Hessel, scomparso a 95 anni, dopo una vita da partigiano e diplomatico, nel febbraio del 2013 nella sua Francia, sono una buona introduzione ad un processo che ha coinvolto due mondi: quello degli studenti di architettura colombiani e quello della suggestiva Scurcola, in un laboratorio di idee che ha generato le proposte qui pubblicate. D’indignazione, c’è ne sarebbe tanta, davanti a quello che questi due mondi culturali incrociati tra le contrade marsicane, portano con sé. Quello proveniente dalle andine montagne della Colombia, per una guerra civile mai dichiarata e che conta ormai milioni di vittime. Violenza, corruzione, droga: fino a pochi anni fa l’immagine del martoriato paese latinoamericano si confondeva con tali stereotipi che ne annullavano qualsiasi altra possibile lettura e, con essa, una redenzione. Gli studenti e architetti arrivati a Scurcola da questo mondo, sono ormai affrancati da tali esperienze ma portano con se, talvolta in modo inconsapevole, una sofferenza difficile da cancellare nel passo di una generazione. Sono l’epidermide di un popolo abituato a vivere quotidianamente con notizie di massacri, violenze, ingiustizie; seppure oggi con ampi margini di speranza e fiducia in un possibile, anche se faticoso, esito positivo con l’attuale processo di pace in corso, tra governo e FARC. Arrivato dall’altro mondo, questo gruppetto di studenti sbarca con un immaginario dell’Italia abbastanza stereotipato, anche questo. Il Bel Paese ben rappresentato nel territorio appenninico del Fucino, in cui la bellezza naturale si fonde con inaspettati e incisivi segni dell’azione antropica, dalla romana Alba Fucens alle medievali chiese e castelli.

Da questo immaginario patinato, li portiamo nel cuore delle nostre ferite sociali e culturali, che affiorano fisicamente nel territorio negli scheletri inquietanti di due edifici, testimoni dei capitoli più tristi della nostra italica misteriosa storia recente, fatta di crimini, mazzette e di riciclaggio. Succede allora che due mondi lontani si trovano, indignati, davanti a queste parvenze d’edificio, che tutto avevano d’essere tranne che Architettura; nati com’erano per riciclare e per funzioni improprie e improbabili. Ai piedi di queste caricature di edifici, si ritrovano di questi mondi culturali, chi di essi ne rappresenta anche due modi d’intendere l’impegno; anche professionale. Se “potere e soldi si sono saldati in maniera così massiccia e pervasiva da assumere iperbolici sensi metafisici” , il progetto architettonico si fa - deve farsi - culturale. L’impegno non può ridursi alla resistenza, rifugiandosi nel rifiuto della presenza; tanto meno nella sua trasformazione estetica. Il progetto deve introdurre al pensiero riflessivo; capace di trasformare il presente, gettando idee e visioni per il futuro: l’architettura come sentinella civile. Come riscatto, come capacità creativa di ri-generare dalla memoria, anche tragica, il territorio. Tale impegno certo non risolve immediatamente le stringenti problematiche di Scurcola e della sua lungimirante amministrazione, alle prese con la gestione di questo mostro caduto tra le sue contrade, dalle vicende criminali della banda della Magliana. Le ipotesi progettuali sono un investimento sul futuro oltre che di Scurcola, di territori altri, quelli immateriali e meno palpabili della generazione di cultura; fermentata dall’educazione e che raggiunge con l’impegno, l’etica civile.

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Sono questi i territori che intercettano e fanno incrociare due mondi, che poi alla fin fine sono due tipologie di persone, mosse dalle stesse corde sensibili, nate da dolore. Dalle Ande, ai nostrani Appennini. L’associazione Libera nasce da questo rigurgito spirituale, nel senso più amplio e laico della parola; e muove da questa indignazione etica sull’inaccettabilità di tali sfregi nel tessuto fisico e sociale dei nostri paesaggi, e che si fanno impegno e progettualità nei comuni investiti dall’onda lunga dei beni confiscati, intercettando esperienze come quella di Scurcola, sensibile ad un investimento culturale sul suo territorio di tale impegno. Dagli altopiani andini abbiamo L’università della Salle di Bogotá e dalle coste caraibiche la CUC di Barranquilla, insieme ai professionisti dell’ufficio di Pianificazione della stessa città. Da anni, con le stesse sensibili corde dell’impegno civile e del senso etico della professione, tali istituzioni educano i futuri architetti a “guardare” e investire le energie progettuali nelle piaghe delle povertà materiali e sociali delle sterminate periferie urbane. Il workshop ha messo insomma insieme le incongruenze e le energie di due fette d’umanità; distanti eppure così simili, in questo nostro pianeta ormai ridotto nelle relazioni, e le cui dimensioni si materializzano per l’occasione, in quest’angolo marsicano. Certo, non era facile. La comunanza delle sensibilità e dell’impegno, lasciava ampi margini d’iniziativa agli studenti e architetti colombiani, generalmente più pragmatici, seppure “incantati” davanti alla consistenza delle maglie ambientali e storiche che incrociano i due scheletri; attenti

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Indignati, impegnati!, Mario Tancredi

a intercettare e riverberare nel progetto quanto registrato con i sensi acuiti della loro cultura tropicale che amplifica qualsiasi emozione, sia essa proveniente da un gesto umano, sia da quanto è depositato sul territorio. Parole, racconti, immagini e suggestioni: tutto è stereofonico, acuto. La sensibilità andina e tropicale è abituata a usare tatto, gusto, vista e ascolto, come veicolo relazionale. Alle nostre latitudini, che pure danno l’appellativo di latino a questo modo di vedere il mondo e le cose, ragioniamo un po’ di più. Il rapporto con le cose e la storia soprattutto, con i suoi strati e le sue tracce, diviene complesso e complicato rispetto a chi, come in Colombia, vede continuamente distruggere e ricostruire a ondate cicliche memorie e segni. Allora, all’incrocio tra questi due mondi, diviene elettrico, fertile. Fragilità e finitezza delle risorse e ambiguità rispetto alle fattibilità delle proposte si fanno da parte, lasciando spazio a fermenti, stimoli, suggestioni. Si esce dalle ideologie, intendendo con queste tutte anche quelle dei dogmi progettuali, e si torna, per dirla con Augè, ai principi , nel senso che gli esiti progettuali dei tre gruppi di studenti e architetti della Colombia propongono, in una variegata e vivace matrice di soluzioni molto diverse l’una dall’altra, delle questioni fondamentali, che travalicano forme ed esiti formali, e pongono all’attenzione alcuni punti chiave, questioni. Il primo gruppo presentato nella pubblicazione (Scurcola, Sentinella per il futuro. Visione per il riciclo), affronta il tema da una prospettiva ambientale. I due blocchi tornano a essere divorati dalla natura. Se nascono da un’operazione di riciclo di “danaro sporco”, ecco che allora la sua evoluzione fisica e culturale trova nel suo riuso il processo proget-


tuale, per mezzo del quale l’amministrazione di Scurcola e dei comuni contermini della Marsica è già attiva: il riciclo dei rifiuti. Ecco allora, che tale attività ricicla gli scheletri, in modo invasivo e ostentato, lo “perfora” con una nuova struttura che, come la vegetazione, lo invade e da cui trae linfa per una nuovo esito, una nuova configurazione plastica, trasformando la vecchia struttura che diviene cosa altra. Oltre il progetto, è il processo di gestione che diviene educativo. II secondo gruppo si concentra invece sul tema del “bene comune” (con il titolo: La memoria del bene comune). L’ascolto sensibile del territorio, la percezione di una presenza della struttura confiscata assurda e incoerente, matura e declina la sua trasformazione in chiave culturale. Dalla ferita inflitta al delicato territorio, nasce la sua funzione, la sua ragion d’essere. La ferita rimane, e come le piaghe di una resurrezione sono segno da mostrare, perché tras-figurate. Divengono centro di conoscenza attiva del territorio, incubatrice della cultura attiva e creativa che mette in rete, ponendo gli scheletri a funzione di perno tra emergenze storiche e ambientali, rinforzate dalla sua peraltro eccentrica posizione. Si fanno rovine, a testimonianza della supremazia di un bene comune cui sono destinate, che per tale ragione, ne divelta le strutture originarie, costituendone di nuove evidentemente più coerenti con la funzione che in tal modo è chiamata ad assolvere.

di Scurcola e libera, intraprendono quello stesso percorso formativo che ha portato gli studenti d’oltreoceano in questo angolo di mondo. I beni sequestrati, ormai “comuni”, divengono centro di formazione delle attività educative e culturali promosse da Libera. Ne trasmettono materialmente il significato, divenendo manifesto fisico, bandiera, sentinella. Coraggio, parola inconsueta. Eppure realistica, se reinnestata nell’azione umana e progettuale, svuotata di una dimensione epica e reinvestita magari di una suggestiva matrice di principi. Chissà forse è stata proprio questa, al di là degli esisti progettuali la soluzione, o la suggestione progettuale lasciata come bene pubblico da questa esperienza. “Ripensare il coraggio in tempi difficili vuol dire proprio questo: dire no e iniziare qualcosa di nuovo. È questo coraggio la prima mossa per rigenerare la nostra etica civile”. Assumere tale categoria come matrice per le soluzioni progettuali che devono “rigenerare” ferite lasciate dai segni inquietanti come quelli degli scheletri scurcolani, può essere un interessante punto di partenza. D’altronde ci vuole coraggio, per rimanere attivi, come sentinelle, in mezzo alle oscurità e alle notti di culture e di civiltà.

Il terzo gruppo infine, manifesta con un imperativo il suo programma volto al recupero del territorio: Rinasce! (…Recuperando il nostro territorio). Ambizioso nella sua forma, articolato nella sua funzione; coerente con l’altrettanto imperativo coraggio, con cui l’amministrazione

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Etica ed estetica del progetto. L’esperienza di Scurcola Marsicana Domenico Potenza A partire dalle considerazioni di Jurij Kobe, credo che i temi messi in campo dal workshop “Progettare ... Libera!” organizzato a Scurcola Marsicana, affrontino due problemi fondamentali che, proprio per le ragioni esposte da Kobe, non possono non investire la dimensione etica del progetto contemporaneo e quella più propriamente estetica dell’esito che questa produce. Lavorare sui beni e sui manufatti confiscati alla mafia significa, innanzi tutto, restituire la disponibilità di un patrimonio sottratto (principalmente attraverso attività illecite) al territorio ed ai cittadini che lo abitano. Una sorta di risarcimento sociale che ristori la comunità di quelle opportunità di cui, in qualche modo, sono state private. Il problema fondamentale è che l’assegnazione di gran parte di questo patrimonio induce le comunità che lo ricevono ad attivare forme di recupero dei beni che, molto spesso, sono al margine (se non estranee) alla propria programmazione di sviluppo, per cui alla problematica di inventarsi soluzioni per il riuso si sommano le difficoltà di trovare le risorse necessarie per innescare meccanismi di messa a reddito degli stessi beni. Tutto questo in un momento in cui la sola gestione dell’ordinario e del quotidiano si presentano talvolta in modo artificioso e complesso. È in questa condizione che il progetto di architettura può esprimere la propria capacità di dare soluzione al problema, quella capacità che assegna alla creatività della proposta un valore aggiunto capace di dare risposta alla dimensione etica del problema e, nello stesso momento, alla sua messa a reddito. Nella maggior parte dei casi, come per Scurcola Marsicana, si tratta di manufatti e di beni costruiti originariamente per una dimensione privata che devono essere trasformati in un beneficio pubblico.

Il progetto pertanto, si deve misurare con proposte che garantiscano, contemporaneamente, un alto valore sociale al minor costo possibile. Un grande beneficio collettivo senza incidere sulla disponibilità di risorse pubbliche, ovvero esattamente il contrario di quanto ha prodotto la costruzione di quegli stessi beni, realizzati con lo sperpero esagerato di risorse pubbliche per il soddisfacimento esclusivo di un interesse privato. In questo senso, il progetto per i due “scheletri” di Scurcola, prevede la realizzazione di un piccolo “osservatorio sul paesaggio” dell’altopiano marsicano, con il completamento dei piani terra dei due edifici da utilizzare per attività commerciali (private) attraverso le quali riuscire a garantire l’uso dei due piani sopraelevati per il godimento collettivo (del pubblico). Un progetto che unisca alla messa a reddito del bene, il suo parziale beneficio collettivo. Un progetto che risolve, all’interno della sua proposta, sia la riabilitazione concreta del bene che la sua disponibilità “sociale”, restituendo alla comunità non solo un beneficio economico ma anche, e soprattutto, una sua “soddisfazione etica”.

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Scurcola, una sentinella per il futuro. Visioni per il riciclo. Centro di approvvigionamento e trasformazione integrale Jason Vivas, Maria Agudelo, Andrei Abres, Jhonatan Fontanilla, Clare Fregazo

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I progetti del Workshop


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La memoria del bene comune Paula Maria Castro, Juan Sebastian Castro, German Ignacio Luna, Rafael Antonio Villegas

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Rinasce! Recuperando il nostro territorio, Maiger Vitola Pinella, KĂ therin Triana Urrego, Sebastian Martinez Perez, Paola Ivama Hernandez, Saul Arcon Vargas, Jorge Valverde Martinez

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Osservatorio del paesaggio e della legalità, Mariangela Di Capua, Andrea Leone, Fabio Levante, Nicola Violano, Erika Pisa L’operazione di progetto si colloca sull’asse Roma-Pescara, in corrispondenza del Passo del Velino, prendendo atto (Carta dei Beni Comuni), dei numerosi elementi di pregio presenti nel paesaggio, all’interno di un territorio denso di permanenze storiche, come il sito archeologico di Alba Fucens, il monumento a Perseo, i ruderi di Santa Maria della Vittoria. La lettura diventa scrittura quando selezionando alcuni punti fissi (di carattere naturale, storico, artistici), alla vasta scala, viene specificato uno schema direttore che introduce gerarchie a partire dall’infrastruttura. Il progetto territoriale (schema direttore) si fonda sull’idea di immettere i beni comuni riconosciuti in precedenza in un sistema infrastrutturale già esistente, a partire dalla riscoperta della risorsa, poco sfruttata, del tracciato ferroviario Roma - Pescara, costruito sull’asse fondamentale dell’autostrada dei Parchi, e sulla valorizzazione di una via consolare romana, la Tiburtina Valeria, importante via di comunicazione rileaborata come asse di accesso lento e di conoscenza dell’intero sistema. La sezione ideale e consona a questa operazione vede distribuite lungo il profilo delle pendici collinari l’infrastruttura, la città e le tracce che convivono tra sistemi di diverso genere, mostrando un ordine possibile, e in parte inedito, a differenti modalità di approccio ai singoli luoghi di inte-

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resse. Ciò che è fondamentale studiare dunque in una circostanza come questa è l’ancoraggio, le giunture, tra gli oggetti ed il terreno. Capire i rapporti. I fabbricati da riprogettare sono due scheletri in cemento armato che dormono in questo contesto, non più veri e propri edifici, ma ruderi della contemporaneità. Il tema si lega ai trascorsi di questi due oggetti, memorie di economie e attività criminali, e alla loro reale vocazione funzionale, probabilmente legata a disegni speculativi diversi dalle funzioni iniziali. L’area in cui sorge non è pianeggiante ed ha subìto modificazioni in base al progetto previsto inizialmente (azienda zootecnica). Perciò si è pensato di sfruttare la morfologia già esistente, gli spazi tra le due strutture per le funzioni pubbliche e il tracciato che le circonda per lo smistamento dei flussi, come quello per arrivare ai parcheggi. Gli interventi sono disposti secondo intervalli cronologici successivi, per consentire di ammortizzare i costi impiegati per la costruzione assecondando un cronoprogramma delle fasi che rispetti le disponibilità di risorse. Il primo passo dell’iter si affida ad un rinforzo strutturale


degli edifici esistenti, senza cancellare ciò che è presente, costruendo nell’esistente e con l’esistente; un’imbiancatura iniziale renderà visibile l’artificio nella natura e cancellerà il degrado delle superfici che si è avuto fino ad ora. In una fase successiva si prevede l’inserimento di alcuni ‘cannocchiali’ visivi diretti verso l’esterno, verso il paesaggio, definendo così l’atto principale tramite il quale i due fabbricati acquistano nuova ragione d’esistere, proprio in quel luogo: l’osservare. Con ciò le presenze virtuose del paesaggio locale, individuate nella fase di lettura, entrano nel progetto, attraverso coni ottici selettivi penetrano all’interno delle strutture rendendole osservatorio del paesaggio, luogo di scambio tra uomo e natura. Sarà possibile guidare lo sguardo, attraverso di essi, verso i monumenti archeologici e storici, verso i monti e le vaste aree boschive che qualificano gli spazi aperti del contesto. I coni ottici sono costituiti da assi di legno con una finitura non pregiata, in coerenza con l’ambiente, e sono affiancati da dispositivi conoscitivi - pannelli e attrezzature didattiche - a complemento del processo conoscitivo che accompagna il visitatore già dai primi tratti del percorso di accesso alla struttura. Un collegamento sopraelevato permette poi il passaggio da una struttura all’altra evitando di uscire all’esterno. Per la necessità di provvedere alla sua sostenibilità economica, il complesso viene attrezzato anche con funzioni ricettive (un bar, un piccolo ristorante), da affidare a operatori locali (cooperative di giovani, attive anche nella

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promozione turistica, attraverso visite guidate e attività sportive complementari), con l’ulteriore possibilità di affittare parte della struttura recuperata, nei locali sottostanti, per condurre altre attività, lasciando disponibili le zone ai livelli superiori che ospitano i cannocchiali, intese ora come spazi pubblici e accessibili in ogni momento dell’anno. Nella sua versatilità d’uso e di aspetto funzionale e fisico, si può parlare di un organismo vivo, che risente in forma attiva dei cambiamenti e delle opportunità di un paesaggio costantemente rinnovato dal succedersi delle stagioni,nell’evoluzione perenne dei colori e delle forme del paesaggio circostante. L’idea è di investire sul territorio, non sul singolo edificio presente o su altri futuri, giocando sulla capacità di un rudere contemporaneo di ribaltare le sorti dei processi degradanti che l’hanno inizialmente coinvolto, osservatorio nuovo, e partecipe, del paesaggio e della sua ritrovata legalità.

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PIANTA LIVELLO 0

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Incubatore biofilico Angelo Abbate

Restituire alla collettività i beni sottratti alle mafie è un atto dovuto ma solo quando questi stessi beni riacquistano la dignità di spazio a servizio di tutti il ciclo è realmente compiuto. Il progetto vuole immaginare come, anche in un periodo di ristrettezze economiche e di fondi per la cultura ridotti a zero, la “nervatura” in cemento di un immobile espropriato alla mafia può diventare simbolo di rinascita di un territorio, luogo di incontro e di gioco, spazio per eventi ed attività culturali. Una semplice “finestra di dialogo” organica che genera reazioni spontanee di comunicazione con l’ambiente naturale, un incubatore di biofilia.

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VIII – PROPOSTE POST WORKSHOP E LINEE DI RICERCA

Green way Tiburtina Valeria. Indicazioni di pronto intervento e di progetto futuro, Piero Rovigatti, Sergio Rozzi Progettare … Libera due volte! Dal workshop al Concorso internazionale per giovani architetti Domenico Potenza, Piero Rovigatti Cosa succede ai beni sottratti alle Mafie e affidati alla gestione pubblica. Appunti per una ricerca locale di interesse globale, Piero Rovigatti, Mario Tancredi Riciclare frutti del dolore…. Un programma di ricerca nel progetto PRIN Recycle Strategie di riuso ecologico ed eticamente coerente degli immobili a gestione pubblica sequestrati alle organizzazioni criminali italiane Piero Rovigatti, con E. Ciccozzi, G. De Benedittis

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PROPOSTE POST WORKSHOP


Green way Tiburtina Valeria. Indicazioni di pronto intervento e di progetto futuro Piero Rovigatti Una dele prime idee in programma, lanciate subito dopo la conclusione del workshop, è stata quella di sperimentare l’idea della Greenway Tiburtina Valeria (uno dei “prodotti” del workshop) all’interno di una iniziativa ludico/sportiva che abbiamo provato ad organizzare assieme ad Elettra Di Cristofano, Vincenzo Nuccetelli, Sergio Rozzi, e altri amici di Scurcola, e la Nuova Pro-Loco Scurcola Marsicana, più un po’ di associazioni di Mountain bike locali e regionali. L’iniziativa è stata poi rimandata alla bella stagione, contando su un prossimo invito collettivo, magari con bici al seguito, arrivando a Scurcola Marsicana, preferenzialmente in treno, e non, dall’area romana e da quella costiera abruzzese.

in molte regioni italiane ed europee, del treno + bici. Si tratta, in buona sostanza, di un programma che potrebbe facilmente essere realizzato attraverso misure inizialmente di sola regolazione stradale - ad esempio, limitando la velocità o la modalità di marcia del traffico veicolare a motore - nei pochi tratti interessati dal percorso in sede mista. Successivamente il programma potrebbe essere sviluppato attraverso piccoli interventi pubblci di supporto - aree di sosta attrezzata, parcheggi di scambio, strutture di comunicazione e cartellonistica stradale di servizio - e la collaborazione di associazioni locali per la manutenzione e la gestione dei tracciati nei tratti più naturali, aprendo anche alla collaborazione e all’interesse di piccoli imprenditori agricoli e commerciali, interessati dal tracciato turistico.

Tutto rimandato dunque, a quando sarà buona stagione, e quindi anche di gioco, sport e sane attività all’aria aperta. Magari proprio qui, tra centri storici, antiche abbazie dirute, siti sottratti alle mafie, incredibili siti archeologici al piede delle più belle montagne d’Abruzzo (e dunque d’Europa).

La sperimentazione a scopo dimostrativo del tracciato proposto potrebbe costituire il bando di prova di tale ipotesi, a partire dalla già accertata disponibilità di alcune aziende del settore agrituristico e della ristorazione locale, già interessate al progetto, ad essere volano e attori dell’iniziativa.

L’idea si fonda infatti, principalmente sulla straordinaria, ed inedita, facilità di accesso al sistema dei beni archeologici, storici e paesaggisti dell’area rappresentata dalla linea ferroviaria Roma - Pescara, e dunque alla concreta possibilità di costruire una accessibilità di tale sistema attraverso il binomio, spesso sperimentato con successo

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PROPOSTE POST WORKSHOP


Tra Scurcola Marsicana ed Alba Fucens Elementi per un itinerario storico - archeologico lungo la via Tiburtina Valeria Marco Corsi Parlare dei Marsi, il cui nome deriva probabilmente dalla radice italica che designa anche il dio Marte, porta inevitabilmente a rievocare una lunga serie di episodi bellici che videro contrapposti costoro - qui insediati intorno al centro principale di Caput Marsorum (l’odierna Celano) - ed il popolo Romano, che lungamente negò la cittadinanza a questa e ad altre tribù dell’Abruzzo. Eppure proprio alla dominazione romana va ascritta la paternità della prima traccia visibile ed attraversabile sul territorio marsicano. La via Tiburtina Valeria fu fatta costruire dal console Marco Valerio Potito intorno al 286 a. C. La strada, che in origine aveva inizio dall’area di Piazza Vittorio in Roma, venne dotata in seguito di un vero e proprio accesso monumentale (la Porta Tiburtina) nel circuito delle Mura Aureliane. Da Tibur, meta dei pellegrini diretti al grandioso santuario repubblicano di Ercole vincitore, la via, ben presto usata anche a scopo commerciale, attraversava gli Appennini facendo ingresso nel territorio degli Equi presso Alba Fucens, per poi proseguire verso Corfinium e l’Adriatico, approdando finalmente ad Ostia Aterni, l’attuale Pescara. In età imperiale, Claudio, oltre a restaurare il tratto tra Collarmele e Pescara (48 - 49 d. C.) volle portare a termine l’impresa tentata da Cesare del prosciugamento del Lago del Fucino. L’emissario, costruito con lo scopo di convogliare le acque nel fiume Liri, è tuttora una delle più imponenti realizzazioni dell’ingegneria del mondo antico, ed arricchisce ad oggi il patrimonio storico e naturalistico della Riserva Naturale del Monte Salviano. Il luogo, d’altronde, era stato motivo d’interesse per i Marsi stessi, che sul

Salviano veneravano la dea Angizia, alla quale - riferisce Virgilio nell’Eneide - era stato consacrato un lucus. Più di mille anni sarebbero dovuti trascorrere perché un altro poeta citasse nei suoi versi il territorio marsicano: “e là da Tagliacozzo,/ dove sanz’arme vinse il vecchio Alardo” recita il XXVIII canto dell’Inferno dantesco, in riferimento all’inganno messo in atto da Alardo di Valéry che, fingendo la morte di Carlo I d’Angiò, sconfisse Corradino di Svevia nella celebre battaglia dei Piani Palentini. In memoria dello scontro, avvenuto il 23 agosto del 1268, e che mise fine all’egemonia degli Hohenstaufen sull’Italia centro - meridionale, Carlo d’Angiò, coadiuvato dall’abate di Casanova d’Abruzzo, identificò il sito (attualmente nel territorio comunale di Scurcola Marsicana) ove vennero costruiti la chiesa e l’abbazia cistercense di Santa Maria della Vittoria, che fu luogo fondamentale per la diffusione del linguaggio gotico in terra abruzzese. Chi oggi volesse avvicinarsi a questo territorio, potrebbe iniziare proprio da Scurcola e dai resti del complesso abaziale, seguendo il tracciato della SS. 5, che in parte ricalca quello della romana Tiburtina Valeria. Su questo asse, è infatti possibile improntare diversi tipi di percorso: - itinerario archeologico: le prime tracce di un abitato scurcolano risalgono ad un periodo compreso tra le età del bronzo e del ferro, al quale va ascritta la necropoli situata nelle vicinanze del fiume Imele - Salto, che conserva tombe a tumulo in cui sono stati rinvenuti numerosi componenti di corredi funerari. A Magliano de’ Marsi, il mausoleo di Perseo, sul tratto più antico della via da Tivoli ad Albe, costituisce il luogo di sepoltura dell’omonimo sovrano

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della Macedonia nel II sec. a.C. Figlio di Filippo V, pur rinnovando il trattato di alleanza con Roma, Perseo non seppe evitare la terza guerra macedonica (171-168). Sconfitto, morì dopo due anni di prigionia, ospitato ad Alba Fucens, città che alla morte gli tributò solenni funerali. Proprio quest’ultima costituisce il sito più interessante dell’area: fondato nel 304 a.C. da coloni della latina Albalonga, l’insediamento crebbe progressivamente, trasformandosi, da luogo di esilio per personaggi illustri, in fiorente centro imperiale. Gli scavi condotti dal 1949 hanno infatti riportato alla luce il nucleo cittadino, dotato di un foro, di un macellum e di un impianto termale, oltre che testimonianze di strutture religiose legate ai culti di Ercole e di Apollo. - itinerario naturalistico: il territorio della Marsica comprende a merione il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, a sudovest la Riserva naturale guidata Zompo lo Schioppo; ad est si apre il Parco regionale naturale del Sirente - Velino, mentre ad ovest la Riserva naturale guidata Monte Salviano costituisce l’area protetta di maggiore rilievo. Altrettanto interessanti sono gli aspetti legati alla natura antropizzata, di cui la bonifica della Piana del Fucino è certamente l’esempio più consistente: dopo i ripetuti tentativi di età imperiale (Claudio, Traiano, Adriano) e nel medioevo, fu soltanto nel XIX secolo che si ebbe un intervento risolutivo di drenaggio delle acque, attuato da una società capeggiata dal banchiere romano Alessandro Torlonia. Quella che ne è risultata è una delle maggiori aree agricole italiane, caratterizzata da una inconfondibile e serrata lottizzazione, che costituisce il suo più evidente carattere di riconoscibilità nel paesaggio circostante.

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PROPOSTE POST WORKSHOP

- itinerario tra le architetture fortificate: nel 1340 Napoleone Orsini prese in moglie Maria dei Conti di Palearia, la quale portò in dote vasti territori abruzzesi. Il potente nobile romano divenne quindi anche signore di Manoppello, San Valentino e Palearia, dando inizio alla dominazione della propria famiglia in Abruzzo. Da questo momento in poi si rileva il tentativo di creazione di una sorta di nazione orsina, esperienza non dissimile da quella farnesiana nel Lazio settentrionale. La Tiburtina Valeria si qualifica quindi come l’asse portante - di collegamento effettivo e ideale - di una serie di rocche instaurate o ampliate dagli Orsini. A Tagliacozzo il palazzo ducale mostra la sua seconda fase costruttiva (metà del ‘400) su committenza del condottiero Roberto Orsini, il quale volle innalzare di un piano la fabbrica e contemporaneamente rinforzare le murature di sostegno del livello inferiore. A lui si deve anche l’ampliamento planimetrico, che portò ad una struttura articolata attorno a due corti, di cui la principale fu parzialmente rimaneggiata dai Colonna. Ad Alba Fucens, invece, il castello sorge su una delle tre alture ai piedi del monte Velino. La veste attuale risale al XIV secolo, sebbene si possa ravvisare la presenza di un substrato dei secoli IX e X. La struttura, a pianta rettangolare con torrioni circolari a scarpa e mastio quadrangolare, era di certo in collegamento semaforico con la rocca pentagonale di Scurcola. Conclude il regesto locale delle fortificazioni “orsine” il complesso fortificato di Avezzano, anch’esso sorto su preesistenze medievali, ma ricostruito nel 1490 per volere di Virgilio Orsini e gradualmente convertito in una struttura prevalentemente residenziale.


Sebbene la diversificazione delle proposte di visita sia utile alla fruizione anch’essa differenziata - del territorio, la valenza di quest’ultimo risiede, a parere di chi scrive, nella sua spiccata caratteristica di continuità: che è innanzitutto di tipo visuale, resa possibile dalla permanenza nel paesaggio naturale ed antropizzato del tessuto connettivo romano e tratturale; ma anche strutturale, laddove la logica del mondo antico ha imposto un processo edilizio legato al costante “riciclo” dei sostrati precedenti, che è appunto segno continuo della sussistenza delle tecniche costruttive tradizionali locali.

Nota: Le schede seguenti, poste a corredo di questo breve saggio, riguardano le principali emergenze architettoniche dell’area. Esse sono una sintesi di quanto è possibile rintracciare nel portale “Cultura” della Regione Abruzzo: http://www.regione.abruzzo.it/xCultura/index.asp

Ruderi della chiesa di Santa Maria della Vittoria (Scurcola Marsicana) In memoria della battaglia del 23 agosto 1268, in cui le truppe di Corradino di Svevia furono sconfitte da quelle di Carlo d’Angiò, quest’ultimo commissionò l’edificazione della chiesa intitolata a S. Maria, detta appunto della Vittoria, e dell’annesso monastero cistercense, fondamentali per la diffusione del linguaggio gotico in Abruzzo. Nel 1277 arrivarono i primi monaci cistercensi e l’anno seguente la chiesa, ultimata solo nel 1282, fu solennemente consacrata alla presenza di Carlo d’Angiò, giunto appositamente da Capua. Agli inizi del Novecento, dall’analisi delle rovine, era ancora possibile ipotizzare l’impianto originario, a croce latina con transetto poco sporgente e coro rettilineo, fiancheggiato da cappelle quadrate voltate a crociera su pilastri cruciformi. Il corpo longitudinale a tre navate era scandito in sei campate da pilastri rettangolari; la copertura era con ogni probabilità a volta. L’abbazia poté contare da subito su una vasta dotazione di terre e crebbe in potere, fino al graduale abbandono intervenuto già nel corso del XVI secolo.

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Chiesa di San Pietro in Albe (Massa d’Albe) La chiesa si trova all’interno dell’area archeologica di Alba Fucens ed è stata edificata nelle forme attuali nel XII secolo dai Benedettini, sul perimetro dell’antico tempio italico dedicato ad Apollo (III secolo a.C.). Nel corso dei secoli la chiesa ha subito varie modifiche ed adattamenti sopraggiunti a seguito di passaggi di proprietà e di rovinosi terremoti (1465 e 1703), l’ultimo dei quali, il terribile sisma del 1915, ha fortemente danneggiato le strutture ed il bellissimo arredo presbiteriale. Il restauro effettuato negli anni Cinquanta del Novecento dalla Soprintendenza ha provveduto alla ricostruzione delle parti distrutte e alla rimozione degli adattamenti, restituendo alla chiesa le forme romaniche della costruzione benedettina. Le strutture confermano una datazione del complesso al XII secolo; tuttavia, la presenza di frammenti di lastre decorate con motivi cristiani e di graffiti parietali altomedievali, induce ad ipotizzare un utilizzo cristiano del tempio già nel VI secolo d.C. (anche se l’ipotesi non è totalmente accettata dalla storiografia).

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PROPOSTE POST WORKSHOP

Castello Orsini - Colonna (Avezzano) Sebbene abbia una probabile fondazione medievale, di cui non restano però che sporadici elementi, fu certamente ricostruito nel 1490 per volere di Virgilio Orsini, come ricorda l’iscrizione incisa sopra il portale archiacuto del prospetto principale. Nel 1565 fu ampliato dai Colonna e trasformato in palazzo fortificato da Marcantonio, vincitore della battaglia di Lepanto. La struttura ha pianta quadrangolare e il suo carattere difensivo è ancora ben leggibile nell’alto basamento scarpato, negli angoli rinforzati da quattro torrioni circolari muniti di bocche da fuoco, nell’ampio fossato. Il castello oggi ospita anche una Pinacoteca d’Arte Moderna.


Castello Orsini (Massa d’Albe) Sorge su una delle tre sommità poste ai piedi del monte Velino, il cd. Pettorino. Da tale posizione, esso dominava la via Valeria e l’antica città di Alba Fucens. Il castello presenta una pianta rettangolare e sono ancora visibili tre lati della cinta muraria, due torrioni circolari a scarpa, agli angoli settentrionale e meridionale, i resti di una torre quadrangolare, all’angolo occidentale, e un particolare apparato a sporgere con beccatelli. Una quarta torre era probabilmente posizionata nel restante angolo orientale. Sebbene possa ipotizzarsi un primo impianto trecentesco, l’ aggiunta della scarpa esterna riconduce comunque ad un successivo globale rafforzamento riferibile XV secolo.

Rocca Orsini (Scurcola Marsicana) Si trova nella parte più alta dell’abitato e domina su due versanti gli ingressi della Valle del Salto e dell’Imele nei campi Palentini, posti ai margini settentrionali del Fucino. Il castello rappresenta un originale esempio di architettura fortificata e rispecchia nelle sue fasi edificatorie le mutevoli vicende storiche che lo hanno interessato. Secondo le più recenti indagini, esso consta di un nucleo duecentesco di epoca sveva (una torre pentagonale con recinto) innalzato dai feudatari del luogo, i nobili De Pontibus. La forma attuale si deve tuttavia agli Orsini ed in parte ai Colonna, che permisero il raggiungimento dell’odierna pianta pseudotriangolare, con due torrioni cilindrici ed un puntone semiellittico.

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Riciclare frutti del dolore….

Un programma di ricerca nel progetto PRIN Recycle Strategie di riuso ecologico ed eticamente coerente degli immobili a gestione pubblica confiscati alle organizzazioni criminali italiane Piero Rovigatti RE-¬CYCLE ITALY Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture di città e paesaggio Progetto di ricerca dell’unità locale n.4, Dipartimento di Architettura di Pescara: Territori e legalità Strategie di difesa e risposta civile alle Mafie attraverso il riuso sostenibile ed eticamente responsabile degli immobili a gestione pubblica confiscati alle organizzazioni criminali italiane, per la legalità e la giustizia sociale. Piero Rovigatti , Dd’A, UNICH Keywords: Territorio e legalità, territorio e organizzazioni criminali italiane e straniere, beni e aziende sequestrate e confiscate alle Mafie, sicurezza del territorio, riuso e recupero urbano. Abstract: Nel comune di Scurcola Marsica, nel cuore dell’Abruzzo, esistono due beni confiscati alla Banda della Magliana, organizzazione criminale attiva in Italia negli anni ’70 , e assegnati dal 2010 alla gestione comunale. Il problema, è ora di trovare una destinazione e un progetto d’uso di tali

beni sottratti alla malavita organizzata che sia socialmente utile, eticamente accettabile e sostenibile. Tale problema, è comune a molte amministrazioni, coinvolte dall’Agenzia Nazionale dei Beni sequestrati alla Criminalità Organizzata (ANSBC) nel compito di assegnare una funzione sociale a questo genere di prodotti dell’attività criminale, e assume dunque, da tempo, rilevanza nazionale, vista la distribuzione di tali beni in quasi ogni regione italiana, e interesse peculiare nella regione Abruzzo, dove sono oggi identificati 54 siti. Indagare sulla distribuzione territoriale e l’uso, attuale e potenziale, di tali beni, è, peraltro, anche un modo per riflettere sulle trasformazioni territoriali più recenti, all’interno delle quali il disegno e la strategia territoriale delle organizzazioni criminali italiane (spesso legate alle “zone d’ombra” del sommerso italiano) giocano, da tempo, un ruolo rilevante, quasi mai indagato nelle ricerche sulla città e i territori. Le mosse iniziali della ricerca sono dunque indirizzate all’indagine sulla distribuzione territoriale dei beni confiscati o sequestrati alla criminalità organizzata, sia a livello nazionale – attraverso i dati e il monitoraggio dell’ANSBC, sia all’interno di regioni - come è il caso dell’Abruzzo - apparentemente estranee alle strategie di conquista territoriali delle organizzazioni mafiose.

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Obiettivi generali della ricerca Recycle Italy Il programma triennale di ricerca Recycle, Italy: Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della città e del paesaggio - da poco finanziato dal MIUR per l’area 08 (ingegneria civile e architettura), e che coinvolge oltre un centinaio di studiosi dell’architettura, dell’urbanistica e del paesaggio, in ben 11 università italiane – ha l’ambizione di operare su questa linea di integrazione fra le istanze di “cultura intrinseca” provenienti dalla riflessione sui fondamenti e sul ruolo delle discipline “umanistiche” del progetto architettonico urbano e del paesaggio, e l’urgente domanda proveniente dalla società contemporanea di trovare modi e metodi per arrestare i fenomeni di consumo di suolo e di spreco delle risorse e per affermare, anche nel campo delle trasformazioni edilizie urbane e del paesaggio, una “eco-logica” ispirata ai concetti della triade Reduce-Reuse- Recycle, ormai largamente affermata nel campo della cosiddetta Green Economy. Nelle strategie della rigenerazione urbana e del paesaggio, alle tre R del cosiddetto “riciclo eco- efficiente” appena richiamate sembrano così potersi utilmente accostare le tre E delle più illuminate posizioni etico-politiche, che riecheggiano in questi giorni di campagna elettorale: Economy, Equity, Environment, ovverossia, in altre parole, crescita economica congiunta a equità sociale e a rispetto e tutela dell’ambiente. In nome del grande mito dei nostri giorni: la sostenibilità dei processi trasformativi, ovvero – come suonava l’appello dell’americana Bruntland Commission già nel 1987: “riuscire a soddisfare i bisogni del presente senza compromettere quelli delle generazioni future” (…) “La ricerca vuole soprattutto trovare strumenti per dare un nuovo senso e un nuovo uso a quanto già esiste nel nostro territorio, nel nostro paesaggio, nelle nostre città, dare nuova vita a ciò che è scartato o abbandonato, ri-naturalizzare piuttosto che ri-urbanizzare, annullando il più possibile i processi di waste.” (Renato Bocchi) Unità locali coinvolte: Università Iuav di VENEZIA [capofila], Prof. Renato Bocchi Università degli Studi di TRENTO, Prof. Giorgio Cacciaguerra Università degli Studi di PALERMO, Prof. Maurizio Carta Università degli Studi "Mediterranea" di REGGIO CALABRIA, Prof. Gianni Celestini / Dott. Vincenzo Gioffrè Università degli Studi di CAMERINO, Prof. Pippo Ciorra Politecnico di TORINO, Prof. Antonio De Rossi Università degli Studi "G. d'Annunzio" CHIETI-PESCARA, Prof. Francesco Garofalo Università degli Studi di NAPOLI "Federico II”, Prof. Carlo Gasparrini Università degli Studi di GENOVA, Prof. Mosé Ricci Università degli Studi di ROMA "La Sapienza”, Prof. Piero Ostilio Rossi Politecnico di MILANO, Prof.ssa Ilaria Valente Coordinatore nazionale: Prof. Renato Bocchi, IUAV Venezia Coordinatore locale UNICH: Prof. Francesco Garofalo Responsabile Unità di ricerca locale n. 4: Prof. Piero Rovigatti

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Componenti unità di ricerca: Arch. Paola Branciaroli, Arch. Giovanni De Benedittis Altre collaborazioni e partenariati a livello nazionale AUDIS (ASSOCIAZIONE DELLE AREE URBANE DISMESSE) Gis QVQC (Gruppo Interdisciplinare di Studi “Quali Velocità Quale Città) CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE - Istituto di Tecnologie Avanzate per l'Energia "Nicola Giordano" (CNR-ITAE) CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE - Istituto sull'Inquinamento Atmosferico (CNR-IIA) WWF ITALIA

L’obiettivo è di costruire, a beneficio soprattutto dei sindaci e delle amministrazioni coinvolte, assieme a mappe e a quadri cognitivi dei processi in corso, un “atlante delle buone pratiche di riuso”, utile ad incoraggiare e a favorire l’uso sociale, sostenibile ed eticamente coerente di tali patrimoni. Su questo è richiesta la collaborazione delle unità di ricerca nazionali, delle associazioni e di quanti operano nei territori italiani per “diffondere una cultura fondata sulla legalità e giustizia sociale che possa efficacemente contrapporsi alla cultura della violenza, del privilegio e del ricatto”. Obiettivi della ricerca ed esiti attesi Fornire indirizzi, suggerire strategie di intervento sulla base dell’analisi comparata di casi esemplari, a supporto delle amministrazioni locali e dello Stato attive nella gestione di beni confiscati alle organizzazioni criminali Contribuire alla raccolta delle conoscenze attuali e alla crescita di consapevolezza sul “rischio criminalità organizzata” nei territori italiani, e in particolare nelle regioni a iniziale colonizzazione mafiosa, anche attraverso l’organizzazione e la produzione di archivi di dati, di rappresentazioni territoriali e di modelli interpretativi delle strategie territoriali e urbane delle organizzazioni criminali, anche in relazione alle cosiddette “aree grigie” di connivenza con settori economici e politici locali.

goria e di portatori di interessi legittimi, le pubbliche amministrazioni, gli apparati per la sicurezza dello Stato. Orientare gli strumenti di pianificazione e di progettazione urbana alla considerazione dei rischi territoriali connessi alle geografie del crimine, secondo una logica intersettoriale e aperta a processi partecipativi volti alla legalità e alla giustizia sociale Partner della ricerca e possibili soggetti beneficiari o di interesse ANSBC (Agenzia Nazionale dei Beni sequestrati alla Criminalità Organizzata) Comune di Scurcola Marsicana, Comuni della Marsica e della regione Abruzzo, interessati al riuso di beni assegnati in gestione dall’ANSBC ANCI (Associazione Nazionale comuni italiani) Confcommercio Confindustria Associazioni di portatori di interesse locali Organizzazioni sindacali Libera, Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie WWF Legambiente ItaliaNostra Cittadinanza Attiva Associazioni di difesa di diritti e beni comuni

Favorire la creazione di “osservatori locali” sulla legalità e il paesaggio, anche attraverso un ruolo attivo delle Università, in collaborazione e sinergia con le associazioni di difesa di interessi e diritti comuni, le associazioni di cate-

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Cosa succede ai beni sottratti alle Mafie e affidati alla gestione pubblica Appunti per una ricerca locale di interesse globale Unità di ricerca n. 4 – Riciclare (?) frutti del dolore Strategie di riuso sostenibile ed eticamente responsabile dei beni confiscati alla criminalità organizzata Gruppo di ricerca: Piero Rovigatti, Paola Branciaroli, Gianni De Benedittis, Michele D’Amico, Valentina Grippo, Roberta Fraticelli Resoconto delle attività e dei risultati del workshop del 9 ottobre 2013, Pescara, Dipartimento di Architettura 1. Programma iniziale La proposta di ricerca sottoposta al vaglio del laboratorio tematico N.4 e dei suoi partecipanti verte attorno al significato e al ruolo funzionale e simbolico da assegnare al vasto patrimonio di beni – immobili ed imprese – confiscati alle organizzazioni criminali italiane, presenti ormai in tutte le regioni italiane, con una distribuzione e una concentrazione che appare oggi sempre più inedita e inattesa, rispetto alle tradizionali geografie della presenza criminale nel nostro paese. Sono infatti oltre 12.000 i beni confiscati in Italia (1) – vera e propria punta dell’iceberg di una presenza criminale ramificata ormai in ogni settore economico e produttivo - con significative concentrazioni anche nelle regioni Settentrionali e centrali, a testimonianza di un valore rilevante anche dal punto di vista economico, stimato attorno a diversi milioni di euro. Degli stessi beni, è evidente e signi-

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PROPOSTE POST WORKSHOP

ficativamente anche maggiore il valore simbolico, soprattutto nelle regioni a forte rischio criminale, se il corretto riuso di tali beni viene guadagnato e percepito dalle comunità locali come strategia di risposta dello Stato a questo genere di presenza e di occupazione territoriale. In altri termini, se la confisca e il riuso socialmente utile di tali beni accompagna l’azione dello Stato sul piano repressivo e di difesa dell’ordine pubblico, corrodendo in potere mafioso anche a livello economico, e colpendo la criminalità organizzata nella sua base economica e imprenditoriale, spesso sorretta da complicità e connivenze con i cosiddetti settori grigi dell’economia e del potere politico locale e nazionale. L’indagine sulla distribuzione e la consistenza dei patrimoni conquistati alle Mafie acquista dunque una rilevanza territoriale sia a livello nazionale, sia, in particolare, per quelle regioni – è il caso dell’Abruzzo - dove la presenza di tali organizzazioni è fenomeno probabilmente in crescita, e risente dell’endemica fragilità tanto del contesto fisico che sociale, anche rispetto a questo genere di processi degenerativi. Da questo punto di vista, una proposta di ricerca sul “che fare, e come” del patrimonio sottratto alle mafie si qualifica da subito per il suo esito operativo, teso a fornire alle amministrazioni locali impegnate della gestione di tale patrimonio, e alle associazioni del terzo settore – Libera, in primo luogo, ma anche le altra impegnate in programmi di gestione sociale di tali beni, in attuazione della legge nazionale Rognoni La Torre del 1996, e successive – indirizzi, strategie, esempi di buone

(1) Fonte: ANBSC, sito web, accesso ottobre 2013: http://www. benisequestraticonfiscati.it/Joomla/index.php?option=com_co ntent&view=article&id=198&Item id=2 (dati aggiornati al 7 gennaio 2013).


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pratiche riguardo al “riciclo” di beni frutto di economie criminali e del dolore, secondo la caratterizzazione enfatizzata nel titolo del laboratorio, in considerazione della storia e della dimensione etica e simbolica assunta da tali beni, delle opportunità di sviluppo economico e del complessivo significato simbolico e politico legato a tali forme di riuso. Come è stato indicato nel documento iniziale del laboratorio, la ricerca proposta porta con se anche altri aspetti peculiari di interesse: “Indagare sulla distribuzione, la consistenza, la genìa e lo stato di gestione attuale dei beni sottratti alle mafie, è anche un modo per indagare sulle trasformazioni territoriali più recenti, sui fenomeni degenerativi tanto del paesaggio che delle società locali, e più in generale sull’insieme dei mutamenti dei territori italiani, all’interno dei quali il disegno e le strategie delle organizzazioni criminali italiane e internazionali (molto spesso legate alle zone d’ombra del cosiddetto sommerso nazionale) giocano, ormai da tempo, un ruolo rilevante, quasi mai indagato nelle ricerche disciplinari sulle città e i territori. 2. Soggetti invitati In ragione delle finalità iniziali delle ricerche, e di alcune attività che presiedono al progetto di ricerca stesso - svolte in collaborazione con alcune amministrazioni locali e associazioni del terzo settore attive sul tema – sono stati invitati al laboratorio rappresentanti di istituzioni locali, associazioni, rappresentanti della magistratura, singoli esperti e alcuni ricercatori interni al programma di ricerca Recycle, che avevano dimostrato interesse alla partecipazione ai lavori del laboratorio. 3. Soggetti intervenuti All’incontro di Pescara hanno partecipato: Germana Ace-

to, Libera, Presidio di Pescara; Piero Rovigatti, Paola Branciaroli, Enrico Ciccozzi, Gianni De Benedittis, gruppo di lavoro DdA; Consuelo Nava (Università di Reggio Calabria); Daniele Ronsivalle, (Università di Palermo); Fabio Giuliani, Ufficio Nazionale Beni Confiscati di Libera; Vincenzo Nuccetelli, Elettra Di Cristofano, Amministrazione comunale di Scurcola Marsicana; Maurizio Maria Cerrato, Sostituto Procuratore della Repubblica di Avezzano; Renato Di Nicola, Abruzzo Social Forum 4. Casi di studio illustrati In preparazione del workshop, l’unità di ricerca ha costruito un primo repertorio di mappe “cognitive”, tese ad inquadrare il tema di discussione almeno nelle sue coordinate geografiche e temporali iniziali. È stata così redatta una prima mappa a livello nazionale, relativa alla presenza nelle diverse regioni italiane di beni confiscati, e una seconda mappa concernente il territorio regionale abruzzese. Tale lavoro istruttorio, realizzato in funzione dei dati disponibili presso il sito web dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati alla Criminalità Organizzata (ANSBC), prelude a un lavoro di maggior definizione, da svolgere in collaborazione con le sedi universitarie coinvolte nella ricerca Recycle, e che verrà in particolare sviluppato per il caso di studio abruzzese, a cura dell’unità di ricerca pescarese. Assieme a queste prima immagini, sono state prodotte ulteriori rappresentazioni relative alla localizzazione dei “presìdi” della società civile attivi in azioni di prevenzione, educazione alla legalità e alla convivenza civile, in rapporto invece alla distribuzione dei presìdi delle dell’organizzazione statale in materia di ordine pubblico e di controllo del territorio. Una successiva mappatura ha infine affrontato l’identificazione della fragili-

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tà del territorio regionale abruzzese, come prima anticipazione di una ricerca che intende definire i caratteri strutturali di tale fragilità anche in relazione agli aspetti economici, sociali, demografici, amministrativi, culturali del territorio regionale in esame. Un ultimo elaborato di base ha provato infine a elencare i possibili settori d’interesse – settori a rischio – delle organizzazioni criminali, a partire da quelli cosiddetti tradizionali (come usura, ricettazione, riciclaggio, prostituzione e gioco d’azzardo) fino a quelli ritenuti dalla letteratura di settore come “settori di interesse potenziale, o “aree grigie”: fonti energetiche rinnovabili, gestione e trattamento RSU, cave e discariche, autodemolitori, mercati ortofrutticoli e centri della grande distribuzione, centri turistici e ricreativi sportivi, fino ad un dato peculiare dell’Abruzzo post terremoto: i cantieri della ricostruzione e i comuni del “cratere” del sisma del 2009. È anche questo appena il programma, o l’anticipazione di un’indagine da condurre sull’intero territorio regionale, e con più dettaglio, e maggiori fonti di informazione, secondo una logica anche partecipativa e di coinvolgimento diretto di amministrazioni e associazioni locali, riguardo a questi contesti locali abruzzesi – come la Marsica, l’Alto Sangro, l’area del Pescarese_Vastese, il Teramano, dove la stessa presenza di immobili sequestrati, piuttosto che la rinvenienza di reati di tipo tradizionale, attesta già da tempo un processo evidente di presenza/occupazione da parte delle organizzazioni criminali. Sulla base di tale studio preparatorio, nel corso del laboratorio sono state illustrate dai ricercatori delle tre sedi universitarie coinvolte alcune esperienze di recupero in corso o programmato di beni confiscati. L’unità di Pescara, anche attraverso un poster riassuntivo, ha presentato il caso degli immobili sequestrati alla Banda

della Magliana e ora in gestione da parte dell’Amministrazione comunale di Scurcola Marsicana, oggetto di un recente workshop internazionale di progettazione realizzato in collaborazione con una Università colombiana. L’unità di Reggio Calabria, rappresentata da Consuelo Nava, ha illustrato alcune esperienze svolte in collaborazione con l’associazione Libera a Reggio Calabria. L’unità di Palermo, rappresentata da Daniele Ronsisvalle, ha illustrato il caso palermitano, dove l’Università è soggetto assegnatario di un bene mafioso da parte dell’ANBSC. Fabio Giuliani dell’Ufficio nazionale beni confiscati di Libera, ha illustrato l’azione che questa organizzazione svolge ormai da oltre 15 anni in molte regioni italiane, le attese e l’interesse del progetto di ricerca presentato, consegnato alla disponibilità dei ricercatori Recycle alcune recenti pubblicazioni redatte da Libera in merito alle esperienze realizzate. Renato Di Nicola, in rappresentanza dell’associazione Abruzzo Social Forum, e Germana Aceto, di Libera, coordinamento di Pescara, hanno sottolineato il forte interesse del mondo dell’associazionismo abruzzese a una ricerca che squarci il velo di omertà e di disinteresse sui processi in corso di penetrazione delle organizzazioni criminali italiane nella regione Abruzzo e in particolare sul destino degli oltre 54 beni confiscati presenti sul territorio regionale. Vincenzo Nucciatelli, sindaco di Scurcola Marsicana, ed Elettra Di Cristofano, assessore ai servizi sociali dello stesso comune, hanno confermato l’interesse della loro amministrazione a seguire lo sviluppo della ricerca anche nei suoi annunciati sviluppi operativi, mettendo a disposizione anche l’interesse dell’associazione tra comuni Borghi autentici d’Italia, di cui è membro il comune di Scurcola M. Da parte della dott.ssa Debora Fortin, responsabile comu-

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nicazione dell’ANBCS, non presente al laboratorio, è stato espresso interesse e disponibilità a fornire dati e supporto alla ricerca in corso di progettazione. Nel corso della presentazione del tema del laboratorio nel corso dell’assemblea plenaria della mattinata, alcuni ricercatori delle sedi di Roma, Bari, Napoli, hanno dimostrato interesse al progetto di ricerca presentato. 5. Proposte di ricerca presentate In allegato si riporta il programma di ricerca definito in preparazione del laboratorio del 9 ottobre, e che è ora sottoposto all’osservazione e all’integrazione dei ricercatori che hanno partecipato al laboratorio e agli altri che hanno dimostrato interesse a seguire la crescita e lo sviluppo del progetto di ricerca. Le proposte di ricerca presentate, in particolare da Consuelo Nava, Università di Reggio Calabria, riguardano l’ipotesi di avviare a breve un programma di workshop progettuali da svolgere in diverse sedi attorno al tema del riuso di singoli beni confiscati, venendo incontro anche ad una specifica richiesta dell’associazione Libera. Tale programma – di cui è stato proposto, assieme al titolo, “SostSocial RECYCLE. LIBERA e Sostieni i Beni Comuni” Attività a sostegno del riscatto dei beni confiscati e sequestrati e del progetto sostenibile del loro nuovo uso”, un articolato scadenzario di obiettivi e date di riferimento, per un periodo che va da novembre all’estate 2014 - è rivolto in primo luogo alle amministrazioni comunali di interesse, alle associazioni, e potrebbe svolgersi per riconoscimento formale all’interno delle attività della ricerca Recycle, o come naturale follow up del laboratorio di Pescara. Da parte dell’unità di ricerca pescarese, in accordo con l’amministrazione comunale di Scurcola Marsicana, è sta-

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ta presentata la proposta di redigere uno studio di fattibilità riguardo alle ipotesi di riuso degli immobili sequestrati presenti nel comune all’interno del programma di ricerca Recycle. In accordo con l’organizzazione Libera di Pescara e Abruzzo Social Forum, è stata anche avanzata la proposta di una ricerca operativa sulla localizzazione, consistenza, condizioni d’uso e proposte del patrimonio regionale dei beni confiscati, da condividere assieme ai comuni e all’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), dal titolo: “Territori e legalità. Strategie di difesa e risposta civile alla presenza delle organizzazioni criminali nella regione Abruzzo attraverso il riuso sostenibile ed eticamente responsabile degli immobili sequestrati alle Mafie”. Tale titolo, senza la declinazione regionale, potrebbe essere assunto come titolo della riceca nazionale, da sviluppare secondo una metodologia condivisa comune, nelle regioni di interesse dei ricercatori della rete Recycle che hanno aderito o intendo aderire al progetto. 6. Valutazioni complessive sull’esito del laboratorio L’esito del laboratorio, a fronte del carattere palesemente “di frontiera” del tema presentato, e dell’oggettiva difficoltà e “delicatezza” dell’argomento, è stato nel complesso positivo. Valutazioni di questo genere sono state espresse anche da diversi ricercatori presenti, anche rispetto alla originalità del tema e alla necessità di affrontare una tematica ritenuta da molti di grande interesse, se non addirittura inevitabile, per la ricerca affrontata a livello generale, e per l’interesse delle nostre discipline. 7. Prospettive di sviluppo della ricerca Da più parti è stata indicata come possibile esito della ricer-


ca, assieme a quelli già annunciati dal documenti iniziale, riguardo all’Atlante delle buone pratiche di riuso e di rivitalizzazione di beni e imprese confiscate, anche la valutazione e la proposta di innovazioni in senso normativo sul quadro delle norme che regolano oggi la gestione del patrimonio confiscato alle organizzazioni criminali. Tra gli obiettivi immediati del gruppo promotore della ricerca, è stata anche indicata la necessità di avviare la formazione di una banca dati comune, di una prima ricerca bibliografia di riferimento ( in allegato al progetto di ricerca), la costruzione di una pagina Facebook per lo scambio di esperienze e di idee in questa fase di avvio e di progettazione della ricerca. È infine in programma un seminario interno al caso abruzzese, in collaborazione con le amministrazioni locali che detengono beni, Libera e le altre associazioni del terzo settore sensibili al tema – tra cui WWF e Legambiente, Italia Nostra, e altre – e in prospettiva un incontro a livello nazionale tra le sedi che hanno dimostrato interesse al tema. È possibile infine ipotizzare una funzione di supporto dell’unità di ricerca nei confronti delle attività di ricerca presentate nel corso della “tappa” Recycle pescarese, dove il tema della criminalità organizzata riveste interesse – si pensi in particolare al tema del Riciclo dei rifiuti, presentato dall’unità coordinata da Rosario Pavia. Si sottolinea ancora come anche l’esplorazione della nozione di “fragilità territoriale” e dei “territori fragili”, opportunamente messa a titolo della tappa, meriti di essere affrontata anche rispetto ai temi del rischio criminalità e di tutti gli aspetti di natura economica, sociale, comportamentale e territoriale a questi connessi.

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La legislazione antimafia in Italia, racconto per immagini Roberta Fraticelli, Valentina Grippo

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In alto a sinistra: Pio La Torre (Palermo, 24 dicembre 1927 – Palermo, 30 aprile 1982) è stato un politico e sindacalista italiano. La Torre venne ucciso perchĂŠ aveva proposto il disegno di legge che prevedeva per la prima volta il reato di "associazione mafiosa" e la confisca dei patrimoni mafiosi

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Geografie e valore dei beni confiscati e sequestrati alle Mafie in Italia Roberta Fraticelli, Valentina Grippo Corso di laurea magistrale in Architettura a.a 2013-2014 Tesi di laurea in Urbanistica Strategie di riuso sostenibile ed eticamente responsabile degli immobili a gestione pubblica confiscati alle Mafie. Il caso di Scurcola Marsicana Laureande: Roberta Fraticelli, Valentina Grippo Relatore: Prof. Piero Rovigatti, con Michele D’Amico

Sono 11.238 i beni immobili confiscati in via definitiva in Italia registrati dall’Agenzia Nazionale, concentrati per il 90% in 5 regioni: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lombardia. La maggior parte del patrimonio dei beni immobili deriva da appartamenti in condominio: sono 3.808. I beni immobili hanno un alto valore simbolico, perchè rappresentano in modo concreto il potere che il boss esercita sul territorio che lo circonda. Secondo la normativa, lo Stato può decidere se utilizzarli per finalità di giustizia, ordine pubblico e di Protezione Civile. La categoria dei beni immobili e’ quella che incontra ostacoli maggiori durante il processo di assegnazione, per ipoteche bancarie, da occupazioni abusive o da confische di quote indivise che ne ritardano i tempi. Per le aziende, la maggior parte di esse pervengono nella disponibilità dello Stato prive di reali capacità operative e sono nella maggioranza dei casi destinate al fallimento, alla liquidazione ed alla cancellazione dai registri camerari e tributari. Solo in minima parte vengono destinate all’affitto a soggetti privati o a cooperative di lavoratori indipendenti della stessa azienda (solo 6 aziende sul totale) o destinate alla vendita (solo 44 sul totale). La categoria dei beni aziendali rappresenta una delle fonti principali di riciclaggio del denaro proveniente da affari illeciti. I ricavi annui delle attività gestite dalle organizzazioni criminali ammontano a 1,7 del PIL annuo. Il fatturato di Mafie s.p.a ammonta a 220 miliardi di euro ogni anno di cui 130 miliardi viene reinvestito in altri affari illeciti. Secondo una stima dell'ex direttore dell'Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati (ANBSC) il valore complessivo di tutti i beni confiscati è di 10 miliardi di euro.

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Una mail per Libera Gentile professor Rovigatti, sono Giulia Baruzzo e le scrivo come referente di Libera International ed E!state Liberi. Il suo contatto ci è stato fornito da Elettra De Cristofano del campo E!state Liberi di Scurcola Marsicana. Le scrivo per chiederle i contatti della facoltà di Architettura a Bogotà, con cui avete collaborato per il progetto sulla fattibilità per il riutilizzo sociale del bene affidato al Comune, a quanto comunicatoci da Elettra. Come Libera International stiamo organizzando il progetto Giramondi, un viaggio solidale, organizzato da Libera per chiunque voglia parteciparvi e che quest’anno ci porterà in Colombia dal 26 Maggio al 5 Giugno 2014, per conoscere le realtà locali ed appofondire l’interscambio di buone pratiche che stiamo portando avanti attraverso la nostra rete ALAS - America Latina Alternativa Social. Per questo, sarebbe per noi bello ed importante incontrare anche la realtà universitaria con cui voi siete in contatto, e che già conosce Libera e capire meglio qual è stato il progetto comune che vi ha coinvolti. In allegato, le invio una sintesi di presentazione del progetto Giramondi 2014 (in italiano). Ringraziandola fin da ora, aspetto un suo riscontro. Saluti, Giulia Giulia Baruzzo Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie Via IV Novembre, 98 - 00187 Roma

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ESPERIENZE PARALLELE

Cara Giulia, sono a tua completa disposizione riguardo alla tua gentile e gradita richiesta. La tua richiesta è tanto più gradita anche perché, proprio in questi giorni, stiamo completando la pubblicazione dei materiali prodotti nel nostro Workshop svolto a Scurcola Marsicana, nel mese di luglio scorso, e di cui ti allego un articolo riassuntivo, in uscita nella nostra rivista dipartimentale Piano Progetto Città, e l’indice iniziale. L’Università colombiana con cui siamo partner (Convenzione internazionale UNICH, di cui sono responsabile scientifico, vedi anche la pagina Facebook: https://www.facebook.com/pages/Convenzione-internazionale-Uda-U-LaSalle/588516097868843?fref=ts , dove trovi iscritti molti dei nostri parner universitari (professori e anche studenti), si chiama Universidad La Salle, ha sede a Bogotà, in particolare nel bellissimo centro storico della città - quartiere Candelaria - e ha altre sedi dislocate nelle periferie e anche nei quartieri più marginali della metropoli colombiana. Si tratta di una Università particolarmente attiva nel sociale, con posizioni molto avanzate sui temi della partecipazione, del diritto alla città e dell’inclusione sociale dei ceti urbani più emarginati, e della lotta alla criminalità organizzata, che come puoi immaginare in Colombia coinvolge realtà per noi ancora più complesse di quelle con cui siamo forse (!) abituati. Lo scorso mese di ottobre ho partecipato con alcuni giovani collaboratori all’annuale convegno Urbanismo y participation ( di cui trovi traccia nella pagina Facebook della nostra convenzione, o ancora meglio nella pagina dell’Osservatorio Urbano, nato per iniziativa dell’università: https://www.facebook.com/ pages/Observatorio-Urbano-Hábitat/580529061990331?fref=ts a cui era abbinato un workshop di progettazione dedicato ad un inquietante caso di espulsione sociale degli abitanti di un quartiere marginale storico


della città - il barrio de los Ulivos - che vede alleati gli interessi degli speculatori immobiliari ad agenti della malavita organizzata e del narco traffico. È un caso che sarebbe molto interessante documentare, anche attraverso la vostra rivista e i vostri media. Noi abbiamo rapporto soprattutto con la Faculdad de Ciencias del Habitat (Scienza dell’habitat, già facoltà di Architettura), di cui è preside Liliana Giraldo, e dove insegna un nostro amico e collega italiano, Mario Tancredi, che legge per conoscenza questa mail. Liliana è spesso in Italia, presso il Politecnico di Milano, e non sarebbe difficile contattarla, anche attraverso il web. Come forse sai. un vostro membro, Fabio Giuliani, ha partecipato nel mese di ottobre scorso ad un seminario nell’ambito di un convegno nazionale dedicato al tema del riciclo urbano, (ricerca PRIN Recycle, www.recycle.it, e in particolare la pagina Facebook https://www.facebook.com/groups/525801647508312/ ) ed è nostra intenzione, a breve di riorganizzare un nuovo seminario, tutto incentrato sulla nostra ricerca, che ha per titolo: “Territori e legalità. Strategie di difesa e risposta civile alle Mafie attraverso il riuso sostenibile ed eticamente responsabile degli immobili a gestione pubblica confiscati alle organizzazioni criminali italiane, per la legalità e la giustizia sociale”. Spero di sentirti presto, intanto invio questa mail anche ad Elettra Cristofano, assessore di Scurcola, con cui continuiamo anche quest’anno una attività didattica nel mio corso di Urbanistica di Pescara a supporto della gestione del bene confiscato, di cui al nostro workshop di luglio scorso. A presto, un caro saluto a tutti in elenco, Piero Rovigatti (17 febbraio 2014)

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GIRAMONDI I VIAGGI DELLA MEMORIA E DELL'IMPEGNO & ATREVETE!MUNDO Il viaggio GIRAMONDI si terrà dal 26 maggio al 5 giugno 2014 e si baserà come nelle scorse edizioni su incontri, visite sul campo, iniziative pubbliche e altre attività di scambio e conoscenza organizzate in collaborazione con le realtà locali partner ALAS – America Latina Alternativa Social, la rete latinoamericana promossa da Libera International. Tra queste vi è la rete MOVICE Movimiento de Victimas de Crimines de Estado, attraverso i si ascolteranno le testimonianza di desplazados, movimenti studenteschi, sindacalisti, campesinos,etc, il Collettivo di avvocati per i diritti umani José Alvaro Restrepo e la Comision Interclesial Justicia y Paz. Si avrà modo di incontrare giornalisti impegnati per la giustizia e la verità e tanti altri rappresentanti istituzionali e della società civile attivi in Colombia. Si lascerà anche spazio e tempo ad attività turistiche e culturali. Si farà base a Bogotà, includendo una visita sul campo di qualche giorno, al di fuori del contesto cittadino, presso comunità di base nelle zone rurali. Parallelamente, nelle stesse date e sempre a Bogotà, si svolgerà anche la seconda edizione di ATREVETE!MUNDO, l'esperienza di volontariato internazionale per giovani tra i 20 e i 30 anni interessati a svolgere un'esperienza sul campo con una o più organizzazioni di base legate a Libera International. Oltre al lavoro con le realtà di base impegnati nei quartieri più difficili di Bogotà, è prevista la possibilità di far conoscere ai volontari una Comunidad de Paz, le comunità indigene e di campesinos che nelle zone rurali contrastano la presenza di gruppi armati nei loro territori con le strategie della non-violenza e la politica del buen vivir. Pur realizzando due diversi percorsi, i due gruppi - GIRAMONDI e ATREVETE!MUNDO - avranno modo di incontrarsi in diverse occasioni nell'ottica della condivisione e dello scambio. Ciò consentirà di vivere direttamente l'uno l'esperienza dell'altro, arricchendo così l'offerta e promuovendo una conoscenza il più possibile approfondita e ampia della hermosa e complessa realtà che si incontrerà. L'obiettivo è quello di sensibilizzare i partecipanti su temi cari a Libera, come giustizia, diritti e memoria, aspetti per i quali come Libera ci battiamo in Italia ma anche in Europa, in America Latina e altrove... Perchè il contrasto alle mafie non può più essere circoscritto in un'area geografica per divenire realmente efficace, ma serve il coinvolgimento di reti internazionali e l'impegno congiunto delle tante cittadine e dei tanti cittadini del mondo già attivi nei loro rispettivi paesi. PER ISCRIZIONE E MAGGIORI INFORMAZIONI: international@libera.it - 0669770333 (Fonte: http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/9119 )

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ESPERIENZE PARALLELE


Un altro viaggio della memoria e dell'impegno. Questa volta in Colombia, paese devastato da una guerra civile lunga quasi cinquant'anni e associato, troppe volte, alla polvere bianca. Quasi due settimane, dal 26 maggio al 5 giugno, immersi nel traffico asfissiante bogotiano, tra colori vivaci, profumi inebrianti di arepas, frutta fresca venduta ad ogni angolo della strada e sguardi scaltri dei bambini che animano le strade sudicie. Le contraddizioni che emergono, palpabili alla vista, sono il segno di un paese alla mercé di interessi politici ed economici che ruotano attorno al narcotraffico, alle multinazionali e agli uomini di partito. Un conflitto armato interno silenzioso, ignorata dai principali mezzi di comunicazione occidentali che ha causato più di 6 milioni di vittime innocenti, tra desaparecidos, desplazados e falsos positivos, ancora oggi in corso. I falsos positivos sono l'ultimo esempio di una politica di Stato, eredità della dottrina anti-comunista degli anni cinquanta e sessanta, basata sulla lotta a tutti gli oppositori e sulla paura come deterrente, introdotta dal governo di Alvaro Uribe nell'ambito del conflitto armato ancora in corso contro le Farc - le Fuerzas Armadas Rivolucionarias de Colombia. Giovani civili brutalmente ammazzati e travestiti da finti guerrilleros dai militari dell'esercito colombiano, con l'obiettivo di presentare risultati. In base al numero di guerrilleros uccisi vi era infatti un compenso in denaro, in scatti di carriera, licenze premio e riconoscimenti vari. Il vaso di pandora è stato scoperchiato dalle madri di questi giovani incolpelvoli che si sono unite in un movimento chiamato Las Madres de Soacha. È in questo contesto che i gruppi ATREVETE e GIRAMONDI si sono immersi. Iniziative con le associazioni locali partner della rete ALAS - America Latina Alternativa Social, la rete latinoamericana promossa da Libera International; incontri pubblici nel centro culturale Gabriél Garcia Marquez, sede temporanea della mostra Ausencias del fotografo argentino Gustavo German proprio sui desaparecidos; dibattiti con il Collettivo di avvocati per i diritti umani José Alvaro Restrepo, con la Comissiòn Interclesial Justicia y Paz e con i giornalisti impegnati nella ricerca della verità e della giustizia; momenti di condivisione e testimonianza con le madri e con le vittime degli sfollamenti forzati, causati dalla violenza dei paramilitari - le AUC - e dai guerrilleros per il controllo dei terreni in cui viene coltivata la coca. Un viaggio pervaso da sentimenti contrastanti, commozione e amarezza ma anche gaiezza, allegria ed entusiasmo per le meravigliose realtà che nelle viscere più profonde di Bogotà stanno sperimentando nuove forme di resistenza, trasformando i quartieri più poveri in spazi di condivisione comunitari e partecipazione alternativa. Fra tutte, la Fundaciòn Tiempo de Juego che nel comune di Soacha, uno dei più poveri con il maggior numero di rifugiati della Colombia, insegna ai ragazzi ad avere sogni e passioni e ad impiegare il tempo libero attraverso attività ludiche - la danza, il teatro, la musica, i graffiti - allontanandoli così dalle pandillas - le bande - e dalla criminalità. Ma anche Casa B, spazio socioculturale che dal 2012 opera a Bèlen, un quartiere difficile di Bogotà, attraverso corsi di lingua straniera, laboratori di stencil, graffiti, sceneggiatura, fotografia, musica e la Cine-huerta, un orto comunitario biologico con cinema, coinvolgendo non solo i più giovani, ma soprattutto le persone che di quel quartiere ne rappresentano l'anima identitaria. Un viaggio, quello per i gruppi Atrevete e Giramondi, volto a sensibilizzare i partecipanti sui temi cari a Libera come giustizia, diritti e memoria ma soprattutto volto a tessere reti transnazionali che insieme possano essere più forti nel contrasto alle mafie e ai crimini di Stato. Perché, come Tonio dell'Olio insegna, il dolore non ha colore.” (http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10002)

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BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 1. TESTI DI INTERESSE GENERALE sui fenomeni criminali in Italia Enzo Ciconte, Francesco Forgione, Isaia Sales, Atlante delle Mafie, vol. I e II, Rubettino, 2012 e 2013 S. La Spina, La mafia spiegata ai miei figli (e anche ai figli degli altri), Bompiani, 2006 M. Zaninelli e M. Tonin, Mio padre è un uomo d’onore, Città aperta, 2006 L. Mattia, La scelta, Sinnos, 2005 R. Saviano, Gomorra, Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra. Mondadori, Milano, 2006 R, Saviano, Zero Zero Zero, Feltrinelli Editore, Milano, 2012 L. Garlando, Per questo mi chiamo Giovanni, Fabbri editori, 2004 2. RAPPORTI ANNUALI E INDAGINI Dipartimento per gli Affari di Giustizia, Direzione generale della Giustizia penale , Ufficio I - Reparto Dati Statistici e Monitoraggio Consistenza, destinazione ed utilizzo dei beni sequestrati o confiscati - Stato dei procedimenti di sequestro o confisca - Relazione al Parlamento ex L. 7 marzo 1996, n. 109 (settembre 2013) ISTAT, Rapporto annuale sulla criminalità organizzata, 2009 e seguenti Eurispes, Coldiretti, AGROMAFIE 1° Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, 2012 Eurispes, 24° Rapporto Italia Wikipedia, Voce: Criminalità in Italia, http://it.wikipedia.org/wiki/Criminalit%C3%A0_in_Italia Ministero dell’Interno, Rapporto sulla criminalità e la sicurezza in Italia, 2010, a cura di Marzio Barbagli e Asher Colombo, Fondazione ICSA, Gruppo 24ore. 2. Beni sequestrati e confiscati M. Braghero e A. Fisichella, La Mafia restituisce il maltolto: guida all’applicazione della Legge 109/96 sull’uso sociale dei beni confiscati ai mafiosi, EGA, Torino, 1998 O. Della Libera, Tredici casi per una gente speciale, Fabbri editori, 2004 L. Frigerio e D. Pati, L’uso sociale dei beni confiscati. Programma di formazione sull’utilizzazione e la gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, Roma, Libera, 2007 S. Lampertico, Tolte alla mafia: cose nostre!, in Scarp de’ tenis: il mensile della strada, n. 138, 2010 R. Lentini, Beni senza destino – Calabria ritardi nell’assegnazione degli immobili confiscati, in Narcomafie, XVII, n. 3, 2010 Tatiana Giannone, (introduzione di Don Luigi Ciotti) Dal bene confiscato al bene comune, Quaderni della Fondazione Tertio Millennio-Onlus, Ecra, 2012 Libera Formazione, Dal bene al meglio! Lo sviluppo sociale ed economico di un territorio attraverso il riutilizzo sociale dei beni confiscati, in: Sapere per saper essere. Appunti per

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percorsi educativi su mafie, diritti, cittadinanza, 2010 AA.VV., La mafia restituisce il maltolto, in E!state Liberi! kit del formatore, Libera, 2012 G. Ascione, G. Stramaccioni, Libera terra. La strada dell’eccellenza, Rubettino, 2014. 3. Educazione alla legalità P. Pastechi, S. Pieraccioni e L. Petreccia, Democrazia in erba: l’educazione alla legalità nella scuola di base, Edizioni del Cerro, 2001 4. ANBSC F. Brizzi e E. Ciccarello, Arriva l’Agenzia, ora c’è un patrimonio da gestire. Un nuovo futuro per i beni confiscati, in Narcomafie, XVII, n. 4, 2010 F. Menditto, L’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati: quale futuro per i beni sottratti alle mafie?, in Questione Giustizia: bimestrale promosso da Magistratura Democratica, n. 2, 2010 5. Mappe e studi di interesse territoriale /Il caso Abruzzo Alessio Magro, Dossier “Mafie e Monti”, Libera Informazioni, disponibile alla pagina: http://www.liberainformazione.org/news.php?newsid=6961 http://www.liberainformazione.org/dossier-abruzzo-mafie-monti/ 6. Il caso Marsica Angelo Venti, Le mani sull’Abruzzo interno. La colonizzazione discreta dell’Isola Felice, in SITE, n. 12 , dicembre 2007. Interrogazioni parlamentari sul caso Marsica, 2009 Reportage “Giuda si è fermato ad Avezzano”, in Left, n. 7. Sitografia benisequestraticonfiscati.it/Joomla/ libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8 liberaterra.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1 beniconfiscati.liberapiemonte.it/ ilgiustodiviaggiare.it/

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cosenostre.org/index.php? liberabg.it/index.php? fondazionepolis.regione.campania.it/pages.php?pgCode=G9I159&pageId=15 liberainformazione.org/news.php?newsid=14034 site.it site.it/le-mani-sullabruzzo-interno-la-colonizzazione-discreta-dellisola-felice/06/2008 cittadinanzattiva.it italianostra.org legambiente.it wwf.it 7. Filmografia Rosso malpelo, di P. Scimeca, 2007 Italia cosa nostra, di Luzzi, 2007 Onda Libera, di Nasi, Pasi, Venieri, 2009 Rosso Salento, di Lazzarini, Camassa, 2010 Oltregomorra. Il tesoro dei boss, di Zappalà, D’Ambrosio, Rago e Stefanini, 2012 8. Banche dati e altre fonti di interesse Commissione Nazionale Anti Mafia Commissione Europea Anti Mafia Minstero dell’Interno 9. Progettare ... Libera! P. Rovigatti, Progettare ... Libera! Workshop internazionale per il recupero sostenibile ed eticamente responsabile di due immobili sequestrati alle Mafie, Scurcola Marsicana, in PPC, Piano Progetto Città, 2014. Pagina facebook della ricerca: Territori e legalità https://www.facebook.com/groups/5 25801647508312/?fref=ts


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Comitato scientifico e istituzionale: Giuseppe Barbieri,DdA, Università di Chieti-Pescara Maurizio Maria Cerrato, Sostituto Procuratore della Repubblica di Avezzano Don Luigi Ciotti, Associazione Libera Elettra Di Cristofano, Assessore ai Servizi Sociali, Scurcola Marsicana Elio Falcone, Assessore alla Cultura, Scurcola Marsicana Adriano Ghisetti, DdA, Università di Chieti-Pescara Liliana Giraldo, Preside della Falcultad Ciencias del Habitat, Universidad La Salle, Bogotà Alfredo Gomez, Preside della Falcultad de Arquitectura, Università CUC di Barranquilla Jurij Kobe, Facoltà di Architettura, Università di Lubjiana Vincenzo Nuccetelli, Sindaco, Scurcola Marsicana Rosario Pavia, DdA, Università di Chieti-Pescara Giancarlo Paris, avvocato Carlo Pozzi, Direttore del Dipartimento di Architettura, Università di Chieti-Pescara Sergio Rozzi, Parco Velino Sirente Ivan Stomeo, presidente Associazione Borghi Autentici d’Italia Docenti: Domenico Potenza, Università di Chieti-Pescara Piero Rovigatti, Università di Chieti-Pescara Mario Tancredi, Università La Salle di Bogotà Tutores: Marco Corsi, Gianni De Benedittis, Antonio Fini, Valeria Marzano Studenti partecipanti: Dipartimento di Architettura, Università di Chieti e Pescara Falcultad de Arquitectura, Università CUC di Barranquilla, Colombia Falcultad Ciencias del Habitat, Università La Salle di Bogotà, Colombia

Università in rete: Università di Chieti e Pescara Politecnico di Milano Università di Barranquilla, Colombia Università di Bogotà, Colombia Università di Lubijana, Slovenia Lectures: Pepe Barbieri, Università di Chieti-Pescara Chiara Berti, Università di Chieti-Pescara Mario Cerasoli, Università Roma Tre Maria Grazia Somma, Università di Chieti-Pescara Jurij Kobe, Università di Lubjiana Rosario Pavia, Università di Chieti-Pescara Sergio Rozzi, Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise Comunicazioni e collegamenti on line: Laura Sanabria, Università La Salle, Bogotà Elena Granata, Politecnico di Milano Lina Calandra, Università dell’Aquila Raul Pantaleo, TAM Associati Marco Casagrande, Ruin Academy Angelo Abbate, Società BioUrbanistica Pagina Facebook: Progettare …. libera Responsabile del campo Libera 2013: Cinzia Martorelli Ideazione e coordinamento scientifico: Piero Rovigatti, DA - Università di Chieti-Pescara, Contatti: E – mail: p.rovigatti@unich.it SKYPE: piero.rovigatti cell.: + 39 349 2313987


Piero Rovigatti, ingegnere civile, dottore di ricerca in Pianificazione Territoriale ed Urbana, è professore aggregato di Urbanistica, ICAR 21, presso l'Università di Chieti-Pescara, dove svolge, dal 1996, attività di ricerca e didattica presso il Dipartimento di Architettura di Pescara, sezione Architettura e Urbanistica. Nel 2014 ha conseguito l’idoneità scientifica nazionale per la seconda fascia (professore associato) nel settore scientifico disciplinare 8F/1 – Pianificazione e progettazione urbanistica e territoriale. È autore di saggi e articoli pubblicati nelle principali riviste di settore e presso importanti editori nazionali. Ha pubblicato recentemente, per Aracne Editore, Un ecovillaggio per la Valle del Sagittario, 2014; Riabitare vecchie mura. Idee, programmi, progetti di recupero urbano prudente per il centro storico di Cocullo e l’Alta Valle del Sagittario dopo il terremoto del 6 aprile 2009, 2014; e per Libria, 2014; Italia Cile, esperienze a confronto. Ricostruzione e messa in sicurezza del patrimonio edilizio storico dopo sisma, 2014.


Finito di stampare nel mese di novembre 2014 presso

Factory srl Roma


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