Il Webdocumentario - Pierpaolo Filomeno

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Università degli Studi di Perugia

Facoltà di Lettere e Filosofia CORSO DI LAUREA IN LINGUE E CULTURE STRANIERE & MEDIAZIONE LINGUISTICA Tesi di Laurea:

Il webdocumentario

Relatore Prof. Alessandro Tinterri

Laureando Pierpaolo Filomeno

Anno Accademico 2011-2012

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Indice INTRODUZIONE

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1. INTRODUZIONE AL CONCETTO DI WEBDOCUMENTARIO 1.1. Definizione del webdocumentario 1.2. Storia del webdocumentario 1.2.1 Gli “antenati”

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2. ANALISI DELLE CARATTERISTICHE FORMALI DEL WEBDOCUMENTARIO 2.1. Ipertestualità 19 2.2. Interattività 21 2.2.1. Pertinenza dell’interattività 24 2.2.2. Postura attiva e postura passiva del lettore: il processo cognitivo nella lettura interattiva 25 2.2.3. Il lettore al centro dell’azione: piccola rivoluzione copernicana della narrazione 28 2.3. Delinearizzazione 32 2.3.1. Multipath 33 2.3.2. Frammentazione 34 2.3.2.1. Uscita dal flow 35

3. ANALISI DELLE CARATTERISTICHE LATERALI DEL WEBDOCUMENTARIO 3.1. Gamification 37 3.2. Transmedialità 40

CONCLUSIONI

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SUMMARY

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BIBLIOGRAFIA, WEBGRAFIA

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INDICE DEI WEBDOCUMENTARI CITATI

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INTRODUZIONE « Internet, dopo la televisione e la radio a loro tempo, rilancia un immaginario, una ricerca di stili e di forme che esprimono la modernità. Queste tecniche sono sia veicoli di altre forme di cultura sia di luoghi di creazione della cultura contemporanea » Dominique Wolton Il webdocumentario è una creatura neonata, seppur – come scopriremo – dagli antenati e dalle radici molto più antiche di quello che si possa immaginare in un primo momento. Uno studio su questo oggetto misterioso, che è in costante evoluzione e muta le sue pratiche a vista d’occhio vale a dire di opera in opera, può inizialmente sembrarci un’operazione assai complicata, ma si rivela allo stesso tempo troppo interessante, negli spunti, nelle possibili evoluzioni e conseguenze narrative da considerare, per non essere intrapresa. Questa nuova declinazione del documentario si promette interessante per due aspetti: come suggerisce la sua denominazione, è sia un documentario che può sfruttare la rete come piattaforma distributiva più popolare (seppur ancora sprovvista di un vero e proprio modello economico), implementando in alcuni casi persino dinamiche ludiche o meccaniche prese in prestito dal videogioco, per coinvolgere il più ampio pubblico; ma è anche un documentario che fa di Internet uno strumento di scrittura, aprendo una stagione di dibattiti e sperimentazioni formali che ha già prodotto una sensibile mutazione narrativa circa il ruolo dell’autore, la fisionomia della progressione del racconto e la postura dello spettatore. È proprio l’aspetto formale del webdocumentario, con le sue innovazioni narrativopragmatiche, ad essere oggetto di questo studio, che cerca soprattutto di individuare i casi in cui queste innovazioni sono pertinenti e non in contraddizione con il racconto della realtà, scopo ontologico e deontologico del documentario. Lo studio è stato condotto principalmente sugli articoli che, da qualche anno a questa parte, hanno accesso la blogosfera (principalmente francese) degli addetti ai lavori. Sono stati vagliati pressoché tutti gli articoli online pubblicati intorno all’argomento, provenienti per lo più dai tre blog maggiormente attivi: Le Blog Documentaire, Webdocu.fr, La fabrique du Réel. Accanto agli articoli online, la ricerca si è avvalsa di: Webdocs. Guide de Survie di Mathieu Lietaert (2011), primo libro edito sul webdocumentario, che raccoglie analisi, dati e testimonianze degli addetti ai lavori; Il documentario. Scrivere, realizzare e vendere cinema della realtà nell’era dell’artificio di 3


Alessandro Bignami (2011), utilizzato come bussola per orientarsi nei limiti di ciò che è documentario e ciò che non è più definibile racconto della realtà, è stato prezioso anche per le testimonianze della nuova leva di documentaristi italiani, che esprimono necessità decisamente affini a quelle degli autori che hanno deciso di realizzare dei webdocumentari. Dato che il panorama documentaristico italiano si sta aprendo timidamente in questi anni al fenomeno del webdocumentario, è sembrato necessario dedicare il primo capitolo dell’elaborato ad un’introduzione al concetto di webdocumentario, anzitutto individuandone la definizione più esplicativa, per poi ripercorrere le tappe miliari della sua storia e infine riconoscere nella storia della letteratura, del cinema e del videogioco, una serie di precursori o, in un certo senso, di “antenati” nella ricerca di nuove forme di narrazione, che anche il webdocumentario sta portando avanti. Nel secondo capitolo si analizzano le principali caratteristiche formali del webdocumentario: l’ipertestualità, l’interattività e la non-linearità. Sarà in questo capitolo che verranno affrontate le palpitanti questioni della pertinenza dell’interattività, del processo cognitivo nella lettura interattiva e, soprattutto, di come l’interattività e questa nuova postura attiva del lettore possano conciliarsi con la narrazione e con l’autorialità. Infine, conclude l’elaborato un terzo capitolo in cui si osservano brevemente due caratteristiche che coinvolgono non tutti ma alcuni lati del campo del webdocumentario. Vale a dire il fenomeno della gamification, dell’influenza del mondo del videogioco nella produzione documentaristica, con i suoi limiti e le sue potenzialità; e la transmedialità, cioè come la molteplicità di supporti tecnologici su cui è possibile visionare un webdocumentario, quali computer ma anche smartphone, tablet o tv-connesse, non solo ne aumenta le occasioni di fruizione, ma apre prospettive interessanti tanto dal punto di vista narrativo che distributivo, grazie alla costante innovazione tecnologica.

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1. INTRODUZIONE AL CONCETTO DI WEBDOCUMENTARIO 1.1. DEFINIZIONE DI WEBDOCUMENTARIO Cercare di definire il webdocumentario, secondo uno dei pionieri del nostro oggetto di studio, Samuel Bollendorf, è impossibile, prima che si siano formate delle pratiche1. A detta di Samuel Gantier e Laure Bolka – due documentaristi autori di un interessante studio sull’esperienza immersiva

del

webdocumentario,

lo

stesso

“flou

terminologico”

che

circonda

il

webdocumentario, designato anche con termini quali “documentario interattivo” o “produzione interattiva”, sarebbe la traccia che questo formato non si sia ancora stabilizzato nella sua forma come nel suo modello economico2. Nonostante la presa di posizione di Bollendorf, che risale al 2009, crediamo che in questi tre anni l’esplosione delle produzioni interattive – con più di centocinquanta webdocumentari che hanno visto la luce; un dibattito quotidianamente ravvivato su blog specializzati ma anche sulle pagine dei giornali e nei palinsesti televisivi (tanto da far meritare al webdocumentario lo spazio conclusivo nel nuovo “Manifesto del documentario” redatto da France Télévision nel gennaio 20123); la creazione di dipartimenti dedicati alle produzioni interattive da parte di testate giornalistiche online e reti televisive; non ultima la crescente popolarità di questa nuova forma tra il pubblico anzitutto francese e tra gli autori di documentari, fanno sì che possiamo, se non ancora sostenere che le pratiche di creazione, diffusione e fruizione si siano chiaramente formate, quantomeno introdurre il webdocumentario a un pubblico a lui sostanzialmente ancora nuovo – come quello italiano, partendo anche da una sua definizione. All’interno del già citato “flou terminologico” eleggiamo “webdocumentario” come nostro denominatore, perché questo termine, che come ci fanno ancora notare Samuel Gantier e Laure Bolka ingloba etimologicamente sia un medium che un genere cinematografico4, ci indica il webdocumentario tanto come forma, che come piattaforma. La definizione più esaustiva in questo senso e quella che intendiamo fare nostra in questo studio, è quella che dà Annabel Roux sul suo blog La fabrique du réel: « il webdocumentario è un documentario sul web e per il web. Il web come piattaforma di diffusione e strumento di scrittura »5. Ma se come piattaforma di diffusione non ha impatto sul genere documentario (semmai sui modelli economici), come strumento di scrittura il web ha delle specifiche (ipertestualità, 1

http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/03/14/webdocumentaire-entretien-avec-samuel-bollendorff/ http://www.knowtex.com/nav/l-experience-immersive-du-web-documentaire-etudes-de-cas-et-pistes-dereflexion_30414 3 http://www.francetelevisions.fr/guide-de-la-creation/IMG/pdf/manifeste_pour_le_documentaire.pdf 4 http://www.knowtex.com/nav/l-experience-immersive-du-web-documentaire-etudes-de-cas-et-pistes-dereflexion_30414 5 http://lafabriquedureel.fr/humeurs/quelques-reflexions-sur-le-documentaire-interactif-et-le-web-documentaire/ 2

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interattività, multimedialità, tempo reale) che sono suscettibili di alterare la forma documentaristica6. Dal punto di vista della diffusione, a parere di Antoine Viviani, autore del webdocumentario InSitu, il web è interessante perché la vita di un documentario o film si prolunga oltre la sua diffusione in tv o nelle sale7. Ma oltre a risiedere in una prolungata speranza di vita per la propria opera, l’interesse del web come piattaforma diffusiva potrebbe essere quello di una valida alternativa proprio alla diffusione televisiva, che rischia di rendere il documentario non più forma d’arte ma di consumo, mutatosi in merce ed esasperato dallo spettacolo dell’oblio, come denuncia il documentarista italiano Pietro Marcello8. Un’alternativa da tenere in considerazione, a maggior ragione in un mercato come quello italiano in cui i finanziamenti pubblici e gli investimenti privati sono merce rarissima, secondo la fotografia dello stato attuale del documentario italiano, in cui si è cimentato Alessandro Bignami nel suo “Il documentario. Scrivere, realizzare e vendere cinema della realtà nell’era dell’artificio”, Editori Laterza, 2011. Un ulteriore valore aggiunto della diffusione web è intuibile da una lettura delle varie statistiche circa il posto che sta occupando in questi ultimi anni Internet nel mondo occidentale che, oltre a testimoniare un sensibile aumento di “web-spettatori”9 (5,2 milioni in Italia, nel mese di Agosto 201210), rivelano come tra gli europei compresi fra i 16 e i 24 anni, l’82% consulta Internet, mentre il 77% consulta la televisione11: Internet è quindi, secondo la conclusione che Cécilia Di Quinzio trae da questi dati, il luogo ideale per raggiungere il più alto numero di persone, è anche il luogo ideale per i documentaristi per rinnovarsi al fine di raggiungere le giovani generazioni che leggono poco e che si staccano dalla televisione, giudicata poco credibile12. Bisogna d’altra parte tenere in conto che il webdocumentario e in generale la diffusione web di contenuti video non ha ancora trovato un suo modello economico. I webdocumentari sono al giorno d’oggi accessibili gratuitamente – coerentemente con lo spirito di condivisione della cultura internettiana – e le entrate economiche dipendono principalmente dal finanziamento pubblico e dall’eventuale vendita dell’opera a una piattaforma di diffusione web, quale quella di una testata giornalistica o di una web-tv. Si può notare come quindi persista una certa dipendenza (economica) dai tradizionali grandi colossi della distribuzione (che stanno semplicemente estendendosi adesso anche al web). È anche per questo che comincia a farsi strada l’ipotesi di vendere direttamente l’accesso pubblico al

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http://lafabriquedureel.fr/humeurs/quelques-reflexions-sur-le-documentaire-interactif-et-le-web-documentaire/ http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/03/28/webdoc-focus-3-linteractivite-en-question/ 8 Alessandro Bignami, Il documentario. Scrivere, realizzare e vendere cinema della realtà nell’era dell’artificio, Bari, Editori Laterza, 2011, pag.140 9 Intesi come fruitori di video online 10 Dati raccolti da Audiweb.it http://www.audiweb.it/cms/view.php?cms_pk=266&id=4 11 Il dato proviene da un’inchiesta condotta nel 2007 dall’EIAA (European Interactive Advertising Association) 12 http://www.journalismes.info/Marelle-l-ancetre-du-webdocumentaire_a3699.html 7

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webdocumentario a un prezzo abbastanza basso da poter mantenere sia una platea di vasta scala, sia una minima autonomia economica. Il punto di vista di Internet come strumento di scrittura è l’aspetto che più ha premuto nella scelta del soggetto di questa tesi, la seconda parte della quale è interamente consacrata ad una più approfondita analisi formale delle peculiarità di questa nuova scrittura documentaristica. Pertanto, per ora ci basti accennare all’interattività che connota Internet e di conseguenza arricchisce la tavolozza del webdocumentarista, alla straordinaria possibilità del webdocumentario di reagire all’azione del suo lettore13. La natura interattiva di questa nuova forma documentaristica introduce nuove dimensioni narrative, che comportano degli stravolgimenti sulla tradizionale fisiologia della progressione narrativa; sul ruolo dell’autore e sulla sua responsabilità riguardo il discorso narrativo; sulla postura del lettore, non più solo passiva; infine, sul rapporto tra autore e lettore. Una piccola rivoluzione copernicana della maniera di narrare e fruire le storie – che verrà più approfonditamente analizzata nelle sue potenzialità e nei suoi limiti in un capitolo dedicato, vero cuore della tesi – spiegata con queste parole da una delle più importanti voci del dibattito sviluppatosi in questi anni sui blog francesi, Florent Maurin, che ci introduce anche il concetto di “discontinuità della lettura”, di “delinearizzazione”: « Una differenza fondamentale separa il webdocumentario dai suoi cugini audiovisivi e radiofonici: il pubblico non è più spettatore. Egli è qui libero di scegliere ciò che vuole vedere. Nel documentario classico l’autore espone un punto di vista, racconta una storia, e conduce lo spettatore da un punto A a un punto B. Il webdocumentario funziona diversamente: è per essenza interattivo e talvolta delinearizza la trama, che non segue più una progressione diritta, ma piuttosto la volontà di colui che la consulta, che può fare delle deviazioni, può attardarsi su un aspetto, saltarne un altro. Ma questa libertà non è esente da critiche. Alcuni ritengono che la coerenza del lavoro documentaristico è così in pericolo, se non è permesso all’autore di attirare, obbligatoriamente e senza altre opzioni, l’attenzione su tutti i punti che a lui sembrano i più cruciali. Il regard dell’autore, uno degli elementi che differenziano un documentario da un reportage puramente giornalistico, è allora alterato »14. Proponendoci dei regimi di percezione diversi, come fa notare Nicolas Bole – redattore dell’autorevole Blog Documentaire, il webdocumentario cambia la nostra pratica di spettatore15 e, come ritiene Stephane Peres, aggiunge profondità al documentario16, al racconto della realtà. Una

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http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/09/10/webdocumentaire-interactif-et-participatifl%E2%80%99internaute-lecteur-et-acteur-de-l%E2%80%99information/ 14 http://florentmaurin.com/?p=69 15 http://www.atlantico.fr/decryptage/web-documentaires-spectateur-veut-donneras-pas-nicolas-bole433599.html 16 http://www.crossmedias.fr/fr/2010/02/le-web-documentaire-raconter-la-realite-version-multimedia/

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prospettiva condivisa entusiasticamente anche da France Télévision – equivalente francese della Rai, che nel suo “Manifesto per il documentario” scrive « il webdocumentario racconta la realtà in una maniera che non sarebbe stata possibile altrimenti, utilizzando la frammentazione e una nuova strutturazione del discorso »17. Come già detto, avremo modo di riflettere sulle mutazioni narrativo-pragmatiche del webdocumentario e sulla loro pertinenza con il racconto della realtà, scopo ontologico e deontologico del documentario, nella seconda parte della tesi. Prendiamoci allora qualche pagina ancora per ripercorrere la storia di questa nuova forma documentaristica, e per scoprire come il tentativo di trovare un’alternativa alla tradizionale, lineare, univoca e monadica maniera di narrare non sia sconosciuto alla storia della letteratura, e persino del cinema. Non prima però di aver concluso questo capitolo dedicato alla definizione del webdocumentario, con una necessaria, ulteriore e più precisa definizione (nel suo senso più letterale, di determinazione dei confini) del nostro oggetto di studio. Alla luce del fatto che sotto la denominazione di “webdocumentario” vengono ogni giorno fatte passare opere di svariata natura, quali reportage televisivi o persino semplici banche dati, vogliamo specificare che questo studio prenderà in considerazione solo opere da considerarsi veri e propri documentari. Opere cioè caratterizzate da un regard, da punto di vista, e non dal grado zero di autorialità richiesto dalla teoria della neutralità giornalistica, tipica del reportage. Opere in cui l’urgenza narrativa è in massima parte interna all’autore, come ci aiuta a spiegare Alessandro Bignami18.

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http://www.francetelevisions.fr/guide-de-la-creation/IMG/pdf/manifeste_pour_le_documentaire.pdf Alessandro Bignami, Il documentario. Scrivere, realizzare e vendere cinema della realtà nell’era dell’artificio, Bari, Editori Laterza, 2011, pag. 20 18

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1.2. STORIA DEL WEBDOCUMENTARIO Come hanno scoperto e riportato nel loro studio L’experience immersive du webdocumentaire Samuel Gantier e Laure Bolka, la prima apparizione del termine “webdocumentario” risale al 2002: già un festival svoltosi al Centre Georges Pompidou, intitolato Les cinémas de demain: le webdocumentaire, indaga questo tipo di produzione all’epoca definito come « un genere ancora poco sfruttato. Un documentario lavorato con gli strumenti multimediali, testi, immagini, video. Una maniera di mettere le nuove tecnologie al servizio della conoscenza e del punto di vista »19. Come invece ricostruisce nella sua tesi Le webdocumentaire: une nouvelle forme d’écriture documentaire? la attuale web project manager della rivista francese L’EXPRESS, Morgane Mollé, i primi tentativi di produzione di documentari che integrassero differenti supporti e diffusi su internet consistevano in diaporama o audioslideshow. Sicuramente il più celebre resta One in 8 million del New York Times. Si tratta di ritratti di newyorkesi attraverso la loro stessa testimonianza, mentre scorrono foto della loro giornata e alcune registrazioni audio di sottofondo. Poi qualcuno ha cominciato a lavorare sull’interfaccia grafica, a esplorare gli strumenti del web, dando a poco a poco nascita a quello che chiamiamo comunemente webdocumentario20. Punto di vista condiviso anche dal documentarista e autore dei primi webdocumentari italiani Matteo Scanni, che, durante un dibattito sul webdocumentario all’interno del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia del 2012, ha indicato, oltre a One in 8 million, le produzioni di Mediastorm.com come imminente precursore dei webdocumentari. Ma già prima delle diaporama di MediaStorm.com e del New York Times il primo webdocumentario era stato prodotto. È opinione diffusa all’interno degli addetti ai lavori che si tratti di Ciudad Juarez: la cité des mortes21

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, mentre per il webdesigner Stephane Peres il primo

webdocumentario risale addirittura al 2001 ed è 360degrées24. Ma forse si tratta per entrambi ancora di una protoforma di webdocumentario. Ciudad Juarez: la cité des mortes è l’adattamento web, prodotto da Upian, di un libro-inchiesta di Jean-Christophe Rampal e Marc Fernandez sui femminicidi nella città messicana e ripresenta i materiali originali raccolti durante l’indagine sotto nuova forma: gli audio consultabili girando le manopole di un apparecchio radio, i video facendo zapping in un televisore, i documenti sfogliando delle agende, le infografiche su una mappa. Ma nonostante l’esperienza del libro sia quindi aumentata grazie all’atmosfera ricreata dal sottofondo sonoro e dalla veste grafica e interattiva simile a quella di un videogioco, sempre per Morgan 19

http://www.cahiersdujournalisme.net/cdj/pdf/22_23/08_BOLKA_GANTIER.pdf http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 21 Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, Bruxelles, NotSoCrazy!, 2011, pag. 28 22 http://www.6mois.fr/Le-webdocumentaire-laboratoire?lang=fr 23 http://simonduflo.com/these_pro_duflo_2012_janv_20_PUBLIC.pdf 24 http://www.crossmedias.fr/fr/2010/02/le-web-documentaire-raconter-la-realite-version-multimedia/ 20

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Mollé manca un filo conduttore che guidi il lettore. Con i contenuti multimediali che non sembrano creare una connessione logica tra loro, il webdocumentario assomiglia più a un gadget sofisticato che a una vera narrazione25. Bisogna quindi aspettare il 2007, dopo la determinante diffusione di Internet a banda larga sul territorio francese che permetteva di fatto la visione di lunghi audiovisivi online, per trovare quello che senza ombra di dubbio è un webdocumentario26: Thanatorama, di Julien Guintard e Ana Maria De Jésus. L’originale avventura-in-cui-sei-tu-l’eroe(-morto), che esordisce con « Sei morto questa mattina. Il seguito ti interessa? », inaugura il filone dei webdocumentari in soggettiva, in cui si è il protagonista della narrazione, la cui costruzione dipende dalle nostre scelte di lettore. Il cronometro in basso a destra è in negativo e scandisce il tempo che passa dall’ora della nostra morte. La voce narrante ci aiuta a percorrere tutte le fasi della procedura burocratica postmortem, in una onirica e imbiancata atmosfera: dipenderà dalle nostre (ultime) volontà se verremo tumulati o cremati; potremo fare un giro nella fabbrica delle bare, se lo vorremo; osserveremo nostro malgrado le pratiche funebri che si stanno applicando al nostro corpo, o, se troppo deboli di stomaco, potremo direttamente saltare al capitolo successivo, grazie alla mappa interattiva dei capitoli. Quello che secondo la reporter Léa Baron fu invece il primo webdocumentario ad essere particolarmente mediatizzato27, Voyage au bout du charbon di Samuel Bollendorf, coprodotto dal quotidiano LeMonde.fr, apre a un sottogenere del webdocumentario in soggettiva che ha avuto molta fortuna in questi anni: quello in cui il lettore è un giornalista freelance che sta conducendo un’inchiesta, e dovrà scegliere come muoversi sul campo, quali personaggi intervistare, quali domande porre. In questo caso l’inchiesta è sullo sfruttamento dei minatori di carbone in Cina, e prendendo in prestito le dinamiche tipiche del videogioco, quando il lettore farà la domanda sbagliata al direttore della miniera, lascerà scoprire i suoi intenti indagatori e l’intervista terminerà immediatamente; quando di notte proverà ad intrufolarsi nella miniera e cercherà di parlare con un uomo che incontra, scoprendo invece che si tratta di un poliziotto, verrà arrestato; se non è capace di approcciare con le domande giuste i minatori, non otterrà nessuna testimonianza da loro. Se proponeva un format rivoluzionario, Voyage au bout du charbon presentava comunque dei limiti nel fatto che era costituito essenzialmente da foto e non da riprese video (Bollendorf è infatti un fotoreporter), che gli audio e le testimonianze originali erano state in larga parte trascritte e riadattate per l’esigenza del format28.

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http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 26 http://www.cahiersdujournalisme.net/cdj/pdf/22_23/08_BOLKA_GANTIER.pdf 27 http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/06/05/tentative-de-definition-du-webdocumentaire/ 28 http://www.cahiersdujournalisme.net/cdj/pdf/22_23/08_BOLKA_GANTIER.pdf

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Il 2008 è un anno molto importante nella storia del webdocumentario, perché oltre a Voyage au bout du charbon viene realizzato anche Gaza/Sderot, che sancisce l’entrata in scena della rete francotedesca Arte come massima produttrice di webdocumentari in Europa. Dopo questo primo webdocumentario che racconta in parallelo (mediante l’espediente dello schermo diviso da un “confine” in due parti, attivabili al passaggio del mouse) la vita quotidiana di due città separate dal confine militare, Arte ha contribuito fortemente all’esplosione dei webdocumentari producendone ad oggi 37 (su un numero totale di webdocumentari prodotti in tutto il mondo che supera i 150). Tra questi spicca Prison Valley di David Dufresne e Philippe Brault, un webdocumentario record per i costi di produzione europei (220.000 €), che ha mietuto premi nei festival di documentari e di produzioni crossmediali in Europa29

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, che intanto

cominciavano proprio in quegli anni a dedicare delle sezioni a questo tipo di opere. Si tratta di un documentario sull’universo carcerario americano, una vera e propria industria, in cui i detenuti sono le galline dalle uova d’oro. La particolarità del webdocumentario constava nell’interfaccia sempre più simile a quella di un videogioco Senza che la realtà ne risultasse banalizzata, o che il lettore assumesse la personalità del giornalista, si segue l’inchiesta come se si accompagnassero i due giornalisti. Difatti il lettore non ha alcun potere sull’intreccio narrativo, può semmai concedersi una pausa tra un capitolo e l’altro, attardarsi o meno in occasione di una parata miliare incontrata per caso per strada, ritornare nella stanza del motel e consultare i vari contenuti extra (approfondimenti, interviste, sessioni di chat con autori ed esperti). È tra il 2009 e il 2010 che vengono realizzati i primi webdocumentari di produzione italiana. The Iron Courtains Diaries 1989-2009 e The Empty House sono realizzati da Matteo Scanni e prodotti da PeaceReporter. From Zero, il webdocumentario sul terremoto de L’Aquila, di Stefano Strocchi, non ebbe molta fortuna nel reperimento di fondi (a ennesima riprova delle difficili condizioni del mercato documentaristico italiano) e dovette ricorrere agli sponsor e all’aiuto logistico della Croce Rossa per realizzare quello che si rivelò poi un discreto successo di pubblico (se si considera anche la poca pubblicità che poté permettersi)34. Un posto a parte per Giallo a Milano di Sergio Basso e diffuso dal Corriere.it, più che un webdocumentario, un’occasione per offrire al pubblico molto del materiale inedito raccolto durante la realizzazione del film documentario35.

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http://prisonvalley.arte.tv/blog/en/2010/06/11/prison-valley-wins-crossmedia-prize-at-bellaria-festival-italy/ http://prisonvalley.arte.tv/blog/en/2010/08/31/prison-valley-winner-of-the-2nd-france-24-rfi-webdocumentaryaward-in-perpignan/ 31 http://prisonvalley.arte.tv/blog/en/2010/09/24/prison-valley-winner-of-62nd-prix-italia/ 32 http://prisonvalley.arte.tv/blog/en/2010/11/05/jury-special-mention-at-sheffield-docfest-uk/ 33 http://prisonvalley.arte.tv/blog/en/2010/11/10/prison-valley-best-cross-mediaonline-production-aibs-2010london/ 34 Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, Bruxelles, NotSoCrazy!, 2011, pag. 161-162. 35 Alessandro Bignami, Il documentario. Scrivere, realizzare e vendere cinema della realtà nell’era dell’artificio, Bari, Editori Laterza, 2011, pag 135 30

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Allontanandosi dall’Europa troviamo nel Canada un’altra istituzione che, al pari di Arte, si distingue per gli investimenti e per l’interesse nelle potenzialità innovatrice di questo nuovo settore audiovisivo, e che ha da sempre coltivato una tradizione di innovazione nel documentario: l’ONF, l’Office National du Film (du Canada)36, già inventrice del “cinema diretto”, come rivendica orgogliosamente l’attuale responsabile delle produzioni interattive Hugues Sweeney. L’ONF considera le produzioni interattive – come sono da loro definiti i webdocumentari – una maniera di consolidare l’avvenire. Anche il ministero federale della cultura canadese, tramite il Patrimoine Canada, partecipa al finanziamento, consegnando all’ONF un «mandato di innovare e portare il settore dell’audiovisivo in un altro universo».37 Secondo Hugues Sweeney « il Canada sta rivivendo un po’ quello che è accaduto tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, con lo stravolgimento demografico, l’arrivo di nuove tecnologie e l’emergenza di una scena creativa che si è appropriata di queste tecnologie. Da sempre quindi l’ONF ha considerato le tecnologie non come fini a se stesse ma come uno strumento di detournement, di variazione di una certa maniera di raccontare le storie ».38 L’impegno dell’ONF comincia nel 2007 con il webdocumentario Montréal en 12 lieux, un’esplorazione della città canadese con una particolare navigazione a 360° all’interno dei video. Una tecnologia poi utilizzata anche per il più ambizioso progetto interattivo dell’ONF, Highrise, di Katerina Cizek. Una serie di (attualmente) 3 webdocumentari (The Thousandth Tower, Out My Window, One Millionth Tower) sulla vita nelle periferie verticali delle metropoli, sui grattacieli nel mondo e sul mondo nei grattacieli. Ad oggi è il progetto interattivo che ha ricevuto il maggiore investimento (quasi un milione di dollari). L’ONF e Arte hanno realizzato congiuntamente un webdocumentario nel 2011, Codebarre, coinvolgendo trenta videomaker francesi e canadesi. Prendendo come tema gli oggetti che ci circondano quotidianamente, il webdocumentario esce dagli schermi e si estende anche alla realtà: passando davanti alla webcam del pc o dello smartphone il codice a barre di un qualsiasi oggetto che ci si trova a portata di mano, il webdocumentario lo riconoscerà e lancerà il videoclip che racconta la storia di quell’oggetto (o quantomeno della sua categoria). Nel febbraio 2010 France Télévision lancia il progetto Portraits d’un nouveau monde, una serie di documentari raccolti intorno a sei temi (Cina, immigrazione, urbanizzazione, economia, ecologia, vivere insieme) che contengono dei dispositivi interattivi ciascuno a seconda della propria esigenza narrativa. Già nel 2008 France Télévision aveva co-prodotto e diffuso il webdocumentario di Olivier Lambert e Thomas Salva Brèves de trottoirs. Questo lavoro, che come tanti altri webdocumentari ha una duplice versione televisiva e web, propone dei ritratti (disposti 36

O, secondo la dicitura inglese, National Film Board (NFB) http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/08/01/webdocumentaire-hugues-sweeney-la-production-weba-lonf-2/ 38 http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2011/10/13/webdocu-4-questions-a-hugues-sweeney-onf/ 37

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su una mappa) di parigini normali e speciali a loro modo, nel loro “habitat”. È nel giugno 2011 però che France Télévision pubblica il suo webdocumentario più importante. È Manipulations, dello stesso autore di Prison Valley David Dufresne, un webdocumentario che permette al lettore di condurre l’indagine sull’affaire clearstream, uno scandalo che ha scosso politici e manager francesi. Ovviamente l’inchiesta è stata già realizzata da Dufresne e il lettore potrà utilizzare l’assunzione del ruolo di giornalista come metodo utile a districarsi meglio in un aggrovigliato scandalo come quello in questione. Sempre nel giugno 2011 Arte lancia InSitu, un webdocumentario lineare realizzato dal giovane Antoine Viviani, già « un’autorità nel nascente ambito del webdocumentario », come fa notare Nicolas Bole al diretto interessato durante un’intervista. Per Viviani InSitu è « un saggio sullo spazio urbano odierno […] visto attraverso differenti esperienze artistiche, confrontandosi anche con abitanti, filosofi, urbanisti, scrittori di fantascienza ». Quello che è nella struttura un classico film documentario lineare, prevede tre singoli, pertinenti momenti di interattività. Nel 2011 il collettivo parigino Raspouteam ha realizzato due webdocumentari che come Codebarre si estendono alla realtà, in questo caso però la realtà è usata come vero e proprio media: entrambe i lavori – uno dedicato all’esperienza comunarda di fine ottocento (La Commune de Paris), l’altro alle rivolte algerine a Parigi della notte del 17 ottobre 1961 (17.10.61) – si basano a grandi linee sull’affissione di gigantografie in luoghi significativi (per gli eventi trattati) della città, all’interno della gigantografia è presente un link a del materiale documentaristico pubblicato online che lo smartphone di un passante può attivare. Tra il 2011 e il 2012 menzioniamo un altro fenomeno miliare nella storia del webdocumentario, la creazione di software dedicati appositamente alla creazione di questo tipo di opere. Software di montaggio video che inglobano anche meccaniche di montaggio ipertestuale (Klynt), o Content Manager System che introducono la dimensione del tempo nella creazione di una pagina web (3WDOC, Djehouti). L’importanza di questi software risiede soprattutto nel fatto di ridurre i costi di produzione risparmiando per esempio sull’assunzione di un webmaster, dato che utilizzandoli ci si può occupare della parte informatica e web senza dover “mettere mano ai codici”. Il webdocumentario si apre anche alle produzioni low budget e diviene un’opera di creazione più accessibile. Infine, nel 2012 vedono la nascita due opere che incontreremo successivamente nel nostro studio: Dans les murs de la Casbah, ottimo esempio di webdocumentario “multipath”, cioè esplorabile secondo vari percorsi (in questo caso degli itinerari all’interno dei vicoli della Casbah di Algeri); Jour de vote, webdocumentario in soggettiva a metà tra la docu-fiction e il videogioco, in cui il lettore assume il ruolo di un deputato francese durante una giornata di votazione parlamentare. 13


Dopo questa panoramica sulla stria del webdocumentario, facciamo un salto indietro nel tempo per andare a ritrovare le origini del nostro oggetto di studio. Passeremo in rassegna alcuni casi nella storia della narrazione in cui è stata sperimentata o introdotta un’alternativa alla linearità e monodirezionalità della classica narrazione aristotelica. Ecco gli antenati del webdocumentario.

1.2.1. Gli “antenati” « Di recente invenzione, il genere webdocumentario posa però le sue origini in altri generi più antichi, in letteratura ma anche negli albori dell’informatica ». Così Cécilia Di Quinzio scrive nel suo articolo Marelle: l’ancêtre du webdocumentaire, in cui passa in rassegna alcune precedenti esperienze in cui si manifestava la necessità di una narrazione diversa da quella a cui siamo abituati. Spesso abbiamo assistito in letteratura a diversi tentativi di rottura con la Poetica aristotelica, ma anche a sperimentazioni semplicemente mosse dalla ricerca di un allargamento delle possibilità formali. Già nel XVIII secolo una rottura delle unità aristoteliche ma soprattutto della linearità della narrazione fu l’introduzione, da parte di Lawrence Sterne nel suo romanzo Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo, della digressione anche nella fabula39. La linea narrativa deviava dal suo tracciato retto, si arrestava per fare spazio a delle riflessioni, che potevano far vagare lettore e autore in altri luoghi e in altri tempi. Fu questo poi un procedimento narrativo ripreso da tanti altri autori ottocenteschi, da Tolstoj a Manzoni. Gli anni sessanta del novecento furono un periodo molto vivo dal punto di vista della sperimentazione letteraria. Un gruppo di autori raccolti nel collettivo Ou.li.po (Ouvroir de Literature Potentielle) si impegnarono in una ricerca delle potenzialità formali della letteratura ancora inesplorate. Un prodotto dell’Ou.li.po fu la cosiddetta Letteratura Combinatoria, che ha in Cento miliardi di poemi di Raymond Queneau e ne Il castello dei destini incrociati di Italo Calvino due tra le opere più rappresentative. Ma se la Letteratura combinatoria non rientra propriamente tra gli antenati del webdocumentario – non caratterizzandosi per interattività o delinearizzazione, i principi della Letteratura Potenziale si allacciano in qualche modo in una generale ricerca di una diversa maniera di narrazione. Non a caso l’Ou.li.po aveva cercato di coinvolgere nel proprio gruppo anche quello che secondo Cécilia Di Quinzio è l’autore del vero e proprio antenato del webdocumentario, Julio Cortázar, che tuttavia rifiutò l’invito. 40 L’opera in questione è Rayuela, in italiano Il gioco del mondo, che Cortázar scrisse nel 1963. La particolarità di questo romanzo è che può essere letto sia in maniera lineare, seguendo il 39

http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/09/10/webdocumentaire-interactif-et-participatifl%E2%80%99internaute-lecteur-et-acteur-de-l%E2%80%99information/ 40

http://www.journalismes.info/Marelle-l-ancetre-du-webdocumentaire_a3699.html

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susseguirsi dei capitoli numerati, sia saltando da un capitolo all’altro, come se si giocasse al “gioco della campana”, la “rayuela”, appunto, in spagnolo. Nelle note che ricamano il libro, Cortázar afferma di voler « “dinamitare” la letteratura così come la si conosce, per arrivare a delle forme nuove e più fedeli alla realtà ». Nello stesso modo, secondo la Di Quinzio, il webdocumentario tenta di farsi riflesso quanto più prossimo alla realtà della vita, degli avvenimenti, del percorso del pensiero umano.

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« È un libro che lo incita continuamente a spezzare le nozioni abituali di

tempo e di spazio » ha affermato lo stesso Cortázar42, che poi aggiunge che secondo lui « ciò che davvero è piaciuto è che io esigevo (è proprio questo il termine) la loro complicità [dei lettori, ndr]. Esigevo che non fossero passivi, che non si facessero possedere dal libro, che non si lasciassero ipnotizzare dal romanzo. […] Le due modalità di lettura sono già un attacco all’accettazione di leggere passivamente dalla pagina uno alla pagina cinquecento »43. Non solo la morfologia che Cortázar diede a Rayuela fu accettata dal pubblico44, ma come Omar Prego ricorda intervistando l’autore argentino, Cortázar riceveva varie lettere in cui veniva accusato da qualcuno di avergli rubato l’idea di scrivere un romanzo in quel modo. La cosa interessante al di là dell’episodio concreto, conclude Prego, « è che l’apparizione di Rayuela sembra aver risposto a una necessità di lettori che aspettavano (e chiedevano) un romanzo scritto così e non nel modo classico »45. Un’altra manifestazione di questa necessità la riscontriamo alla fine degli anni ’70, quando un fenomeno conobbe un grande successo: i “libri in cui il protagonista sei tu”. Si tratta di libri-gioco in cui il lettore non solo si immedesima nel protagonista, spesso un detective, ma è proprio lui che condurrà la ricerca dell’oggetto o della persona sottratta, o del colpevole del delitto. Secondo Cécilia di Quinzio, « più che costituire una vera trasmissione di sapere, si tratta di puri oggetti di intrattenimento. Ma che rivelano un certo desiderio dei lettori di poter intervenire nell’opera, di non essere più unicamente consumatori di una proposta ». Con i “libri in cui il protagonista sei tu”, che rivelano un filo rosso con i webdocumentari in soggettiva, si conclude la panoramica degli antenati del webdocumentario in letteratura. Vediamo ora come anche nel Cinema ci siano state delle sperimentazioni in chiave interattiva, fino a scoprire che l’interattività è in qualche modo legata alle origini stesse della settima arte. Un curioso artificio di cinema interattivo ce lo fa conoscere Alexis Blanchet nel suo articolo sul legame tra interattività e cinema46. Si tratta del Kinoautomat, presentato all’Esposizione Universale di Montréal del 1967 da Radúz Činčera, che invitava gli spettatori a intervenire nello svolgimento di un intrigo cinematografico. Il principio era semplice: in alcuni momenti decisivi il 41

http://www.journalismes.info/Marelle-l-ancetre-du-webdocumentaire_a3699.html Julio Cortàzar, Il gioco del mondo, Torino, Einaudi, 1969, pag .540 43 Julio Cortàzar, Il gioco del mondo, cit. pag. 541 44 Julio Cortàzar, Il gioco del mondo, cit. pag. 539 45 Julio Cortàzar, Il gioco del mondo, cit. pag. 540 46 http://www.davduf.net/Le-passif-du-cinema-interactif 42

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film si interrompeva e il pubblico era invitato a scegliere, tra due possibilità, come il film doveva continuare. Un sistema informatico conteggiava in diretta i voti della sala e lo spettacolo riprendeva secondo la scelta della maggioranza fino alla successiva biforcazione narrativa. Il film proiettato era One Man in His House, una commedia nera sulle strane disavventure degli inquilini di un palazzo cecoslovacco. La struttura del film era, più che un arborescenza, una doppia sinusoide che conduceva allo stesso evento finale. Činčera, infatti, vedeva il suo sistema cinematografico come una satira del voto democratico, che dona l’illusione di una scelta, quando questa è invece stata già pienamente determinata. Per di più, già durante la prima assoluta di questo dispositivo, all’Esposizione Universale, ci si poté accorgere del conformismo del pubblico che vi partecipò. Poi le statistiche delle sessioni successive dimostrarono come lo spettatore sceglieva quasi sempre lo stesso incastro narrativo. « Quando si apre la gabbia agli uccellini, siamo proprio sicuri che poi voleranno via? » commenta Blanchet. Un altro episodio in cui l’interattività sembrava doversi definitivamente imporre nella maniera di vedere i film fu l’invenzione del DVD. Blanchet ricorda come nella sua commercializzazione si insisteva sulle possibilità multimediali evolute, sulle scelta di visuali multiple, sull’attivazioni di elementi nell’immagine. Si sarebbe avuta la possibilità di circolare nel film, scegliere il proprio finale, fare una digressione informativa. Alla fine, constata l’autore dell’articolo, è rimasto un semplice supporto di stoccaggio digitale. E vorremmo aggiungere che chiunque si avvicini al mondo del webdocumentairo, non può non tenere in considerazione anche questo episodio47. Ma in realtà, ci fa notare poi Blanchet, il dispositivo di ricezione del cinema non è sempre stato come oggi, che ci vede da soli, al buio, di fronte allo spettacolo dello schermo. Originariamente, come si sa, le limitazioni tecniche della restituzione del suono e il suo sfruttamento come attrazione fieristica faceva sì che per lungo tempo alla proiezione del film fosse presente un imbonitore. Il suo ruolo, oltre a supplire all’assenza del sonoro, metteva in pratica, si potrebbe dire, un legame tra il pubblico e le immagini proiettate. Adattando i suoi discorsi alle reazioni della sala, giocando con il pubblico chiedendogli di - ad esempio - soffiare tutti insieme e forte affinché un personaggio del film sia portato via dal vento, l’imbonitore aveva la capacità di creare un sentimento di interazione tra la sala e il film. L’interattività era ovviamente una pura illusione, ma pienamente sentita. Poi, conclude nell’articolo, la standardizzazione tecnica e la volontà dell’industria del cinema di distribuire lo stesso spettacolo per tutti hanno ridato all’autore tutta (o quasi) la sua libertà creativa e poetica, e così anche il format dello spettacolo si è privato del fattore umano e di una protoforma (o pseudoforma) di interattività cinematografica.

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http://www.davduf.net/Le-passif-du-cinema-interactif

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L’interattività quindi come elemento originario – anche se superato – del cinema, e per tanto non sacrilega. Riuscirà questa riflessione a far riconsiderare il webdocumentario ai suoi critici, che vedono nell’interattività la morte dell’autore, la morte della narrazione? 48 L’interattività come mezzo per ritornare ad antiche maniere di narrazione è un’idea condivisa da più di qualche autore di webdocumentari, qualcosa di cui parleremo nella seconda parte dell’elaborato. Adesso non possiamo concludere questo paragrafo sugli antenati del webdocumentario senza menzionare i videogiochi. Anche per quanto riguarda l’influenza del videogioco sul webdocumentario avremo modo di parlarne in maniera più articolata nella seconda parte di questa tesi. Limitiamoci pertanto a indicare nel cosiddetto Serious Game l’anello di congiunzione tra il videogioco e il webdocumentario. I Serious Games, come li definisce Xavier De La Vega nell’articolo Des jeux vidéeo documentaire? apparso sul francese Blog-documentaire, sono « delle applicazioni che sfruttano il gameplay per raggiungere dei fini diversi dal semplice divertimento ». Il fine del meccanismo di learning-by-doing del Serious Game può essere molto specifico, ad esempio può trattarsi di formazione aziendale o militare, ma molte altre volte il suo fine può essere la semplice trasmissione di conoscenze, notizie o storie. Un esempio può essere Cutthroat Capitalism49, un Serious Game in cui ci si immedesima in un pirata somalo che conduce la sua ciurma al sequestro di navi che passano per lo stretto del Corno d’Africa, per poi negoziarne il rilascio. La situazione è sufficientemente simulata perché il giocatore apprenda così le dinamiche di un fenomeno di stretta attualità, forse più di quanto un articolo di giornale potrebbe fare. Citiamo anche Darfur is dying50, un Serious Game che ha sollevato molte polemiche e che incontreremo in seguito. Questo carattere didattico è comune anche ad un altro filone informatico la cui eredità è stata raccolta in parte dal webdocumentario. Parliamo delle visite guidate nei musei, della navigazione di foto a 360°, di enciclopedie multimediali e di tutti quei programmi per computer che offrivano all’internauta la libertà di scegliere un percorso informativo personalizzato. È un filone, questo, comunemente chiamato “dei CD-ROM”, che per certi tratti si è estinto (le enciclopedie virtuali, surclassate dalla gratuita e prettamente testuale Wikipidia.com) e per altri è stato assorbito sistemi più grandi (come il meccanismo della foto a 360° nella modalità Street View di Goolge Maps). Sarà anche il webdocumentario una moda passeggera come quella del CD-ROM? Rimarrà anche la sperimentazione formale del webdocumentario solo un momento della storia del Documentario, come Rayuela di Cortázar lo è stato per la storia della Letteratura, e il Kinoautomat di Činčera per quella del Cinema? È ancora troppo presto per poter rispondere a una domanda 48

http://www.davduf.net/Le-passif-du-cinema-interactif http://www.wired.com/special_multimedia/2009/cutthroatCapitalismTheGame 50 http://www.darfurisdying.com/ 49

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del genere. Ma se di moda passeggera non si trattasse, se il webdocumentario aprisse a una nuova maniera di narrare e fruire le storie, noi vogliamo individuare in Internet e nel suo attuale utilizzo massivo uno dei segreti di quell’eventuale successo. Cominciamo quindi la seconda parte di questa tesi analizzando proprio la caratteristica basilare del webdocumentario, che è al tempo stesso la natura di Internet: l’ipertestualità.

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2. ANALISI DELLE CARATTERISTICHE FORMALI DEL WEBDOCUMENTARIO 2.1. IPERTESTUALITÀ In questa seconda parte della tesi analizziamo quelle che abbiamo individuato come peculiarità formali del webdocumentario: l’interattività e la delinearizzazione. Queste due caratteristiche, però, si appoggiano su una fondamentale proprietà del webdocumentario, la sua (effettiva) ipertestualità. Illustreremo brevemente la natura ipertestuale del webdocumentario, come essa costituisca le fondamenta, il presupposto dell’esistenza delle peculiarità del webdocumentario. Il webdocumentario è quindi un documentario fondamentalmente ipertestuale, perché è collocato nel più grande ipertesto esistente, il World Wide Web, e di conseguenza gli spunti e gli approfondimenti a cui potrebbe rimandare non sarebbero semplicemente degli indirizzi per un approfondimento che avverrebbe in un altro luogo e in un altro momento – come accade per un film documentario trasmesso in televisione o proiettato al cinema, ma sarebbero dei veri e propri collegamenti a dei nuovi contenuti istantaneamente accessibili. Si pensi all’utilità di un simile espediente nella visione di un documentario dall’elevata mole informativa, come ad esempio un documentario del noto programma di RaiTre Report: quando ne ha bisogno, lo spettatore può interrompere momentaneamente il flusso informativo e accedere all’approfondimento di qualche aspetto a lui poco chiaro, attraverso una serie di link che lo stesso webdocumentario metterebbe a disposizione. Come nota Morgane Mollé, « è l’ipertestualità, vera rivoluzione in materia di organizzazione dei contenuti, che dà la possibilità di interrompere a un certo punto la narrazione e rimpiombarci dentro in un secondo momento ».51 L’ipertestualità è quindi la diretta matrice della delinearizzazione e dell’interattività. Ciò che permette la loro attuazione. In realtà sarebbe più corretto, nel caso del World Wide Web e del webdocumentario, parlare non più di ipertesto ma di ipermedia. L’ipermedia, un termine coniato dal pioniere dell’informatica Ted Nelson (lo stesso che d’altronde coniò il termine “ipertesto”), è, nella sintetica definizione della Mollé, « l’estensione multimediale dell’ipertesto». Quando cioè anche il il video, il film stesso, diventa un iperlink. « Abbiamo all’inizio scoperto l’ipertesto come un gadget senza capire immediatamente fino a che punto il suo utilizzo avrebbe modificato il nostro rapporto al testo e al suo contenuto ».52 Lasciamo la conclusione di questo capitolo a queste parole di Patric Jean, documentarista belga

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http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 52 Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, Bruxelles, NotSoCrazy!, 2011, pag. 10

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che ha recentemente realizzato il webdocumentario Lazarus Mirage. Analizziamo adesso la piÚ rilevante caratteristica del webdocumentario: l’interattività .

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2.2. INTERATTIVITÀ La principale apertura che apporta il web, secondo Morgane Mollé, è l’interattività, la libertà di navigazione e di personalizzazione del percorso all’interno del documentario.53 L’interattività è quindi la possibilità offerta al lettore di influire sul corso narrativo della storia direttamente o indirettamente.54 Più tecnicamente, spiega Gerald Holubowicz – fotogiornalista con collaborazioni con importanti giornali francesi (quali L’EXPRESS, Le Nouvel Observateur, Le Figaro) e ultimamente impegnato nel transmedia storytelling, « l’interattività è l’azione del lettore sul sistema e la risposta del sistema all’azione del lettore ».55 Di conseguenza possiamo definire una narrazione interattiva, ancora secondo le parole di Holubowicz, « una storia dinamica che autorizza un coinvolgimento personale e riduce lo spazio tra l’autore e il pubblico ».56 È proprio il rapporto tra autore e pubblico che cambia con l’interattività. Così come la “postura” del pubblico, non più solo passiva, ma ora attiva. I lettori dell’opera interattiva hanno così più spazio ma anche più “potere” sulla narrazione, che diviene in alcuni casi il risultato di alcune scelte del lettore. Come si può conciliare tutto questo con il concetto di autorialità? Fino a che punto viene ridimensionato il ruolo dell’autore? Non si rischia forse di abortire uno degli elementi fondanti del documentario, il regard, lo sguardo dell’autore? Sono questi quesiti che è doveroso porsi. Ma vogliamo rimandare questo discorso ai prossimi paragrafi di questo capitolo. Per avere più chiaro a mente ciò di cui stiamo parlando, osserviamo adesso alcuni concreti casi di interattività nel webdocumentario. Il più lampante esempio di interazione che si possa offrire è forse quello del webdocumentario Codebarre, in cui – come è stato già illustrato nel capitolo dedicato alla storia del webdocumentario – il lettore deve passare davanti la webcam del suo computer o smartphone il codice a barre di un qualsiasi oggetto, per poter visionare il videoclip che racconta la storia di quell’oggetto. L’interazione può anche collocarsi tra un capitolo e l’altro del webdocumentario, come nei casi di Amour 2.0 (di Auberi Edler e Cédric Delport, co-prodotto e diffuso da France Télévision) e di Mödern Cøuple (realizzato dall’atelier di architettura trasmediale, Once Upon, e co-prodotto e diffuso da Arte.tv). In Amour 2.0, il cui tema è la vita di coppia e le sue piccole crisi, si tratta di test e mini-giochi che introducono all’argomento del capitolo successivo e che hanno lo scopo di tracciare, alla fine del webdocumentario, il profilo di quale tipo di partner si rivela essere il lettore dell’opera. Anche in Mödern Cøuple, che racconta cosa significa attendere un bambino per le 53

http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 54 http://www.o2creation.org/2011/03/25/webdoc-la-narration-et-linteraction/ 55 http://lafabriquedureel.fr/i-docs/du-webdoc-au-i-doc/ 56 http://www.o2creation.org/2011/03/25/webdoc-la-narration-et-linteraction/

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coppie di oggi, tra un capitolo e l’altro il lettore potrà partecipare a dei test, che sono in questo caso volti a fornire un ulteriore approfondimento a quanto appena visto nel video. Si potrà trattare, ad esempio, di stilare la propria lista di oggetti indispensabili prima della nascita del bebè, scoprendo alla fine il reale costo comportato da questa esigenza. Ci sono poi i casi in cui l’interattività è totale e permanente: i webdocumentari in soggettiva (come Voyage au bout du charbon, Manipulations, Thanatorama), quelli in cui il lettore assume il ruolo di protagonista della narrazione – ad esempio del giornalista autore di un’inchiesta – e deve compiere delle scelte che influiranno sulla storia: l’avanzamento narrativo in questi webdocumentari dipende dall’interazione del lettore, attende la sua scelta. Maggior peso sulla costruzione della storia si avrà nei casi in cui il lettore è così libero da poter accedere liberamente, nella misura e nel momento che preferisce, a dei contenuti disposti in aree tematiche e non più su una linea narrativa, come nel caso di Les pionniers de Compostela (di Marianne Rigaux, diffuso dalla rivista online Pelerin.info), il cui motto, giocando con il tema trattato, è appunto “scegliere il proprio cammino”. Ci sono casi poi in cui l’interattività è permanente ma non influisce sullo sviluppo narrativo, che rimane inoltre lineare. Parliamo di 127, rue de la Garenne (di Laurent Maffre e Thomas Gabison, co-prodotto e diffuso da Arte.tv), un webdocumentario sulla bidonville di Nanterre, nella periferia ovest di Parigi (al 127 di rue de la Garenne, appunto), che dal 1950 al 1971 alloggiava migliaia di immigrati algerini e marocchini. La giornalista Monique Hervo fu presente in quei luoghi dal 1959 al 1971, registrando diverse testimonianze con un magnetofono. Il webdocumentario si costruisce proprio intorno a questi preziosi documenti audio e li dispone su una lunga striscia di fumetto, tratto dal libro Demain demain di Laurent Maffre e raffigurante le scene quotidiane della bidonville (come la lunga fila per la raccolta dell’acqua alla fontana, l’arrivo della polizia, gli allagamenti nelle baracche durante gli acquazzoni), che scorre come su un rullo, ricreando l’effetto di un lungo piano sequenza. Il lettore potrà scegliere di ascoltare o meno le 43 registrazioni audio, man mano che compariranno sullo schermo. Un’architettura interattiva simile è quella di Welcome to Pine Point, un webdocumentario multimediale che racconta le trasformazioni di una cittadina canadese attraverso le vite di alcuni abitanti. Qui via via che la voce narrante conduce la storia, anche in questo caso lineare, compaiono sullo schermo dei contenuti multimediali (quali ad esempio gallerie fotografiche, video, documenti originali, foto navigabili). Il lettore dell’opera può rimanere o meno a esplorarli per approfondire quanto raccontato dalla voce narrante, oppure procedere con il capitolo successivo. Il loop della musica o dell’audio ambientale che parte non appena il narratore termina di raccontare, rafforza la coerenza di questo momento di pausa tra un capitolo e l’altro. Un uso molto ponderato dell’interattività è quello di Antoine Viviani nel suo webdocumentario InSitu. Il punto di vista globale di Viviani sull’interattività è ben piantato con i 22


piedi per terra. Secondo il giovane regista, l’interattività ad oggi non ha ancora raggiunto i livelli di coinvolgimento e immersione a cui è stato già capace di arrivare il tradizionale montaggio cinematografico, che pertanto rimane per lui il dispositivo più enfatizzante. Spiega in un’intervista per il Blog Documentaire che con InSitu ha cercato di utilizzare il formato lungo su Internet (il film dura 90 minuti), laddove la maggior parte degli autori si esaltano per la delinearizzazione e l’interattività. Afferma, di aver quindi cercato di non usare l’interattività solo per il gusto di farlo, ma di essersi sforzato di usare le nuove tecnologie e la libertà che internet concede, per fare cinema sul web. Il risultato è stato un film documentario lineare (sullo spazio urbano nell’Europa di oggi, secondo il punto di vista di artisti, scrittori e urbanisti) che comprende tre sequenze interattive. Una prima, in metro, in cui si può cliccare sulla testa dei passeggeri per ascoltare la loro voce interiore (ad esempio una riflessione, un giudizio sul vicino di posto, una canzone canticchiata nella testa). Una seconda in cui, grazie allo split screen in tempo reale, si può giocare con campo e controcampo per vedere la sconvolgente performance dell’artista Johann Lorbeer, che sembra levitare fino al primo piano di una casa, e contemporaneamente le reazioni dei passanti. Infine una terza in cui si può ascoltare dai diversi punti della mappa il concerto della città di Marbella in cui risuonano, orchestrate dal compositore Llorenç Barber, le campane della chiesa, le sirene del porto, le voci del coro, le auto della polizia, i fuochi d’artificio. Secondo Viviani, in questi tre momenti l’interattività è davvero funzionale alla storia del film, e rende ancora più coinvolto lo spettatore. Un’interattività collaterale e per certi versi permanente è pure quella per cui si può anche accedere, durante la visione di InSitu, alle informazioni di approfondimento dei personaggi e contribuire all’indagine sullo spazio urbano inviando dei contenuti video che vengono poi visualizzati su una mappa. Ci sono infine altri webdocumentari in cui l’interattività non sembra avere un’esigenza così forte. Per esempio alcuni webdocumentari della serie Portraits d’un nouveau monde si limitano ad aggiungere alla timeline del documentario una serie di marcatori che delimitano i capitoli, a cui si può accedere quando si vuole. Sembra questo più un gadget che un espediente narrativo. Eppure non si possono non definire i documentari di Portraits d’un nouveau monde dei webdocumentari, già solo per il fatto di essere stati pensati per essere diffusi sul web. L’interattività, allora, è sempre necessaria in un webdocumentario? In cosa deve essere al servizio della visione artistica? Quali sono le sue funzioni narrative? Quali i suoi scopi? Informare? Divertire? Suscitare una presa di coscienza, un coinvolgimento? O serve semplicemente a conservare l’attenzione di un internauta (che non potrebbe restare più di 30 secondi davanti a un contenuto web) grazie ai codici di investigazione e del videogame, o semplicemente costringendolo al click per avanzare nella storia? 57 57

http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/03/28/webdoc-focus-3-linteractivite-en-question/

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Proveremo a rispondere a queste domande, che si pone anche Cybel Seylan, nel prossimo paragrafo.

2.2.1. Pertinenza dell’interattività Ci chiedevamo nel paragrafo precedente se l’interattività fosse indispensabile in un webdocumentario. Certo, il concetto stesso di webdocumentario è fortemente incentrato sulla dimensione interattiva, ma non si deve incappare nell’errore di considerare l’interattività come qualcosa di automatico nella progettazione di un webdocumentario. Per molti autori l’interattività a tutti i costi non ha alcun senso. Per esempio per il professore Yves Jeanneret, essa deve essere anche portatrice di senso e non solo un modo di navigazione ludica. Bisogna allora trovare il livello di interazione pertinente con ciò che è raccontato. In altre parole, il grado di interattività deve dipendere dal soggetto del documentario. E, secondo Andrew DeVigal – guru e pioniere della narrazione interattiva con trascorsi al New York Times, certi soggetti vanno naturalmente verso l’interazione, o addirittura la rendono necessaria per farsi comprendere al meglio. Altri invece richiedono proprio un’assenza di interattività. Nella progettazione di un webdocumentario bisogna quindi avere chiaro a mente che non tutti i soggetti sono destinati, adatti a diventare webdocumentari. Alcuni sono stati pensati per la diffusione televisiva o cinematografia e troverebbero nel web semplicemente un altro luogo di diffusione58. Bisogna invece riflettere sulle qualità intrinseche di Internet sin dall’inizio, dalla concezione del webdocumentario, piuttosto che cercare semplicemente di adattare al web un prodotto televisivo59: un buon webdocumentario va concepito specialmente per il web, in termine di stile e narrazione60. È per questo che gli ultimi anni hanno visto l’emergere di una nuova figura professionale, che si affianca al regista e allo sceneggiatore nella progettazione del webdocumentario. Questa figura, le cui competenze e mansioni sono abbastanza fluide e variano da webdocumentario a webdocumentario e da individuo a individuo, svolge grosso modo il ruolo di designer, di architetto dell’interattività. La progettazione dell’interattività di un webdocumentario, secondo Hugues Sweeney, è infatti un processo simile alla progettazione di uno spazio architettonico. Uno spazio che sarà utilizzato in qualche modo, dove la gente si muoverà e svolgerà differenti faccende, vivrà differenti esperienze. Bisogna quindi riflettere su ciò che andrà vissuto in quello spazio, sulle necessità che hanno portato alla sua creazione e sulla sua la natura.

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Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, Bruxelles, NotSoCrazy!, 2011, pag. 128 Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, pag. 55 60 Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, pag. 158 59

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Ciò che deve inoltre considerare il designer dell’interazione è che l’interattività è anche qualcosa su cui non tutti hanno per forza controllo61. Creare un dispositivo interattivo geniale, ma poco accessibile, sarebbe controproducente. Un altro rischio è quello di lasciare che l’eccessiva cura dell’estetica, dalla grafica, della navigazione, dell’ergonomia finisca per sovrastare il contenuto, il messaggio del documentario, con la realtà che viene travestita per il profitto dell’effetto prodotto62. Si arriverebbe così, secondo Aurelie Hamelin – designer di interazione per la casa di produzione Narrative, al paradosso per cui si sceglie un contenuto al servizio dell’interattività e non il contrario63. Infine, ciò che nessuno deve dimenticare nella progettazione di un webdocumentario ce lo ricorda Caspar Sonnen – responsabile della sezione New Media all’Idfa di Amsterdam: una buona narrazione richiede di saper controllare, sedurre e sorprendere il proprio pubblico. Quando invece il pubblico si accorge che deve essere lui a svolgere questo compito del narratore, abbandona lo spettacolo. Non bisogna mai aggiungere l’interattività laddove non è necessaria64. Ed eccoci di nuovo a confronto con il problema di un’interattività che sembra mortificare la narrazione, di fronte al paradosso di una narrazione in cui pare scomparire il narratore, e in cui sembra che il lettore debba farsi carico di tale latitanza. Perché ostinarsi a rendere “attivo” il lettore di un webdocumentario, quando egli si avvicinerebbe a tale opera presumibilmente per ricevere informazioni? Siamo però sicuri che la postura del lettore del webdocumentario sia attiva tout court? Samuel Gantier e Laure Bolka hanno condotto un interessante studio sulla cognitiva del webdocumentario, vediamo nel prossimo paragrafo le conclusioni a cui sono giunti.

2.2.2 Postura attiva e postura passiva del lettore: il processo cognitivo nella lettura interattiva « Se non ci si rende conto che il pubblico di un webdocumentario non è nella stessa postura di quando è davanti alla tv, non si è compresa la questione dell’interfaccia, del click. Una posizione non è meglio dell’altra: semplicemente, bisogna tenere presente che le aspettative sono differenti, e che i progetti devono essere adattati di conseguenza »65. Le parole di Samuel Bollendorf ci allacciano a quanto dedotto finora – che un webdocumentario non può essere il semplice adattamento web di un documentario televisivo – e soprattutto, preso atto di questa nuova 61

http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 62 ivi 63 ivi 64 Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, Bruxelles, NotSoCrazy!, 2011, pag. 50 65

http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/03/14/webdocumentaire-entretien-avec-samuel-bollendorff/

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postura inevitabilmente attiva (proprio perché lo spettatore del webdocumentario è prima di tutto un internauta), ci ricorda la questione posta sul finale del precedente paragrafo: può la postura attiva del ricevente essere compatibile con l’obiettivo pragmatico del documentario, quello cioè che il suo messaggio sia ricevuto e compreso da un lettore? Samuel Gantier e Laure Bolka hanno condotto uno studio dal titolo L’experience immersive du webdocumentaire proprio sulla pragmatica del webdocumentario, chiedendosi cosa realmente cambia o rimane nella ricezione di un webdocumentario rispetto a un documentario audiovisivo classico e soprattutto quali sono le difficoltà cognitive che si presentano al lettore nel corso della sua navigazione, quali gli aggiustamenti che dovrà intraprendere in questa co-creazione di senso. La prima conclusione a cui sono arrivati, dopo aver analizzato un campione di webdocumentari prodotti da Honkytonk, è che risulta necessario superare l’opposizione binaria e manichea

tra

spettatore-internauta

definito

come

“attivo”

e

spettatore-televisivo(o

cinematografico) considerato “passivo”. Durante la lettura di un webdocumentario, infatti, il lettore interattivo è in realtà in tensione permanente tra due posture spettatoriali che assume alternativamente: se è vero che si caratterizza per un postura attiva in cui è invitato a cliccare (per esempio per scegliere uno tra i differenti percorsi narrativi proposti dagli autori), a questa postura esterna ne alterna una in cui è immerso nella diegesi della storia, proprio come quando sta visionando un classico film documentario. Non solo il processo cognitivo prevede un’alternanza tra momenti di ricezione e momenti di interattività, ma questi momenti di interattività, che marcano generalmente una pausa nello sviluppo della storia, inducono a uno sguardo metanarrativo: per esempio nel momento di “pausa-interattiva” il lettore può navigare su una mappa che localizza le sequenze già visionate e sintetizza l’insieme del percorso effettuato nella storia. 66 Un altro procedimento pragmatico riscontrato da Gantier e Bolka in molti webdocumentari è quello per cui si costruisce una negoziazione tra elementi “rassicuranti” ed elementi “destabilizzanti” per il lettore. Gli elementi “rassicuranti” rendono il lettore recettivo, mentre gli elementi “destabilizzanti” contribuiscono a destare la sua curiosità e mantenere alta la sua attenzione, a condizione che la dose di “novità” (e quindi di destabilizzazione) non sia troppo importante, tanto da disorientare e scoraggiare il lettore. Fare ricorso all’interattività per incuriosire e mantenere alta l’attenzione del lettore è molto importante anche perché quando il pubblico si trova sul web è costantemente soggetto ad un bombardamento informativo multiplo, che facilmente potrebbe distrarlo dalla visione del documentario. La media di tempo concesso alla visione di un video su Internet è generalmente molto bassa, ma, per quanto riscontrato finora, questa risulta sensibilmente maggiore quando si tratta di webdocumentari, presumibilmente grazie all’espediente dell’interattività. 66

http://www.cahiersdujournalisme.net/cdj/pdf/22_23/08_BOLKA_GANTIER.pdf

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Il processo cognitivo del webdocumentario non è quindi affatto sconvolto o impedito dall’impiego di dispositivi interattivi: sono conservati i momenti di ricezione del messaggio, proprio come per un tradizionale documentario.67 Tuttavia non si può negare che alcune difficoltà cognitive continuano a presentarsi. Esse però, secondo Gantier e Bolka, non riguarderebbero quindi la postura attiva del lettore, ma più che altro certe sbagliate progettazioni dell’interfaccia – tanto quella di navigazione che quella informativa. La difficoltà cognitiva derivante da un’interfaccia di navigazione confusa è una difficoltà di tipo semiologico: l’insieme di pulsanti di orientamento o di azione potrebbe essere poco chiaro e confondere il lettore, a causa della loro tipologia di simboli di diversa natura, le cui funzioni non sono comprensibili se non per precedente esperienza o per tentativo. Questa difficoltà si presenterebbe ovviamente in maniera più sentita nei casi di lettori poco avvezzi alla navigazione su Internet. Un’errata interfaccia informativa, invece, potrebbe essere quella che dispone sullo schermo informazioni e contenuti di varia natura (fotografie, infografiche, mappe, documenti) nello stesso istante in cui si sta facendo ricorso alla linearità del discorso (cioè, mentre ad esempio si sta mostrando un video con voce narrante), mettendo così il lettore nelle condizioni di non sapere più su cosa concentrarsi. Il problema suscitato da questa multimedialità persisterebbe anche nei momenti in cui questa non sarebbe simultanea: al lettore sarebbe chiesto lo sforzo di aggiustamenti cognitivi continui a causa dal ricorrente passaggio da un media ad un altro68. La multimedialità, anche simultanea, non è però affatto nuova alla storia della narrazione. Il cinema – che sincronizza immagini, suono, talvolta testi – e le rappresentazioni sceniche in generale fanno anch’essi ricorso a questo genere di dispositivo, e nessuno oggi incontra difficoltà cognitive a causa di ciò. La conclusione di Gantier e Bolka è che il format del webdocumentario non è stato ancora acquisito, dominato, dal pubblico, e richiede ancora qualche sforzo cognitivo.69 Risolti i dubbi sulla temuta incompatibilità tra postura attiva e ricezione del messaggio, tra interattività e narrazione dal punto di vista pragmatico, rimane ora da esaminare la sospettata incompatibilità tra questi due elementi anche dal punto di vista prettamente narratologico. Perché questo nuovo “sistema solare della narrazione”, in cui il lettore non è più il “corpo fisso” che passivamente riceve la storia, ma viene invitato dall’autore a innescare un “moto interattivo”, costituisce forse una “piccola rivoluzione copernicana” della maniera di fruire e narrare le storie. Un fenomeno che potrebbe anche mettere in discussione o addirittura

67

http://www.cahiersdujournalisme.net/cdj/pdf/22_23/08_BOLKA_GANTIER.pdf ivi 69 ivi 68

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minacciare alcuni dei millenari sine-qua-non della narrazione così come l’abbiamo conosciuta: lo sguardo dell’autore, il suo controllo sul discorso narrativo, la sua responsabilità nella produzione di significato. Ma - chi lo sa? - anche aprire la strada a prima inimmaginabili esperienze che sarà corretto definire “narrazioni”. Non è certo nella nostra tesi che potremmo riscontrare l’effettivo compimento di questa “piccola rivoluzione copernicana”, o al contrario decretare l’impossibilità di altre forme narrative rispetto a quelle che conosciamo oggi, caratterizzate da un solo inizio, un solo svolgimento, una sola fine e un autore che impone il suo discorso narrativo, in un ordine logico bloccato, a un pubblico che passivamente lo riceve. Quello che possiamo offrire – e lo facciamo nel prossimo paragrafo – è una panoramica delle principali posizioni prese dalle personalità affacciatesi su questa nuova scena del webdocumentario, in particolare sull’opportunità e l’utilità di un tale sistema narrativo per lo scopo intrinseco del documentario: il racconto della realtà.

2.2.3. Il lettore al centro dell’azione: piccola rivoluzione copernicana della narrazione Gli stravolgimenti nel rapporto tra autore e lettore provocati da Internet non riguardano solo il webdocumentario. In questi ultimi anni, su Internet, secondo l’esperto di nuovi media Dino Amenduni, si è verificato un fenomeno dalla portata storica: la frequentazione massiva dei social network come Twitter e Facebook ha contribuito alla caduta del muro che separa chi scrive da chi legge. Una barriera tanto temporale quanto fisica che dopo 500 anni (dall’invenzione della stampa) viene annullata in favore della possibilità che ha ora il lettore di mettersi istantaneamente in contatto con l’autore di qualcosa (che sia un articolo di giornale, un film o una dichiarazione politica), per congratularsi, oppure per contestarlo, o ancora per chiedere consigli.70 Molti di coloro che si sono avvicinati ai webdocumentari, per realizzarne o per studiarli, ritengono che con l’invenzione di questa nuova tecnologia che è Internet, una nuova scrittura deve essere trovata.71 La loro convinzione è rafforzata dal massmediologo francese Dominique Wolton, che nel suo saggio del 1999 Internet et après? affermò: « Internet, dopo la televisione e la radio a loro tempo, rilancia un immaginario, una ricerca di stili e di forme che esprimono la modernità. Queste tecniche sono sia veicoli di altre forme di cultura sia di luoghi di creazione della cultura contemporanea ».72

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http://dinoamenduni.com/2012/04/18/fotografia-del-18-aprile-2012-dieci-minuti-tutti-per-me/ http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 72 Dominique Wolton, Internet et après? une théorie critique des nouveaux médias, Flammarion, 1999, pag. 90 71

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Dopo quindi la stampa, la radio, il cinema, la televisione, con Internet è, anche per David Dufresne, tempo di rinnovarsi. Si potranno sempre raccontare le storie come lo si fa oggi, secondo l’autore francese, ma è interessante trovare altre forme di narrazione. Alcuni pensano che, grazie alla possibilità che Internet come strumento di scrittura dà al lettore nel navigare liberamente tra i contenuti proposti, si possa sconvolgere la secolare narrazione lineare, teorizzata 2500 anni fa da Aristotele nella sua Poetica73. In particolare si cerca nel webdocumentario un’alternativa alla narrazione classica, considerata qualcosa da subire perché “imposta” da un autore74. Si insiste nel contrapporre a questa narrazione, il cui unico controllo sta nella possibilità di interrompere la lettura75, una maggiore libertà nella scelta di contenuti e nella tempistica di fruizione, implementando quella che è la pratica propria del web, la navigazione, anche all’interno della stessa narrazione documentaristica. Avendo così controllo della navigazione – e quindi dell’ordine del discorso narrativo, constata Arnau Gifreu (studioso, docente e realizzatore di webdocumentari), il lettore diventa in un certo senso il creatore del proprio documentario. Ma allora, fa notare poi Gifreu, concedendo al lettore di controllare la narrazione della storia, si minaccia il ruolo dell’autore del documentario e la sua capacità e responsabilità nel produrre significato dalla realtà76. La dinamica della perdita di controllo sul discorso narrativo è, secondo lui, diametralmente opposta agli obiettivi di un autore. In sintesi, aggiungere l’interattività, in alcuni casi ma non sempre, può significare perdere il controllo sul significato dell’opera, che, per molti autori, semplicemente non è lo scopo di un documentario77. Secondo Roger T. Pédauque (pseudonimo di un collettivo francese di esperti delle scienze sociali e umane), in questi tipi di documentario non solo l’autore perde controllo sul discorso narrativo e sul percorso di lettura, ma anche il suo sguardo perde quell’armatura retorica che gli permette di condurre il lettore lungo il racconto78. Se l’autore non conduce più il lettore durante la storia che vuole raccontare, come si possono allora conciliare “narratività” (cioè prendere il lettore per mano) e “interattività” (cioè dare la mano al lettore) – si chiedono gli studiosi di letteratura interattiva Serge Bouchardon e Franck Ghitalla? 79

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http://simonduflo.com/these_pro_duflo_2012_janv_20_PUBLIC.pdf http://www.crossmedias.fr/fr/2010/02/le-web-documentaire-raconter-la-realite-version-multimedia/ 75 ivi 76 http://i-docs.org/2012/01/08/on-the-loss-of-control-over-the-narrative-new-roles-on-the-interactivedocumentary-i/ 77 ivi 78 Roger T. Pédauque, La Redocumentarisation du monde, éditions Cépaduès, 2007 p. 193. 79 http://www.utc.fr/~bouchard/articles/Bouchardon_article-colloque-H2PTM'03.pdf 74

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E se lo sguardo dell’autore perde quindi “l’armatura retorica”, se ogni lettore può creare il proprio documentario, il proprio punto di vista sulla realtà, cosa resta del documentario e del suo autore? Alla prima domanda prova a rispondere Léa Baron, rivelando che il lettore interattivo di fatto non crea né produce contenuti ma attiva dei link, intraprende dei percorsi diversi e delle biforcazioni80. In alcuni webdocumentari – quelli che abbiamo denominato in questo studio “multipath” e che incontreremo nel prossimo paragrafo – ogni biforcazione e ogni percorso è stato precedentemente calcolato dall’autore, che per evitare appunto di perdere il controllo sul discorso narrativo, farà in modo che il lettore passi inevitabilmente attraverso gli snodi drammaturgici principali. Si tratta quindi di un’illusione di libertà, di personalizzazione narrativa: il lettore si muove comunque in un sistema chiuso, in cui le possibilità sono limitate e prestabilite in anticipo dall’autore81. Che la drammaturgia possa sopravvivere anche nella narrazione interattiva e delinearizzata lo conferma anche Holubowicz, che riscontra come anche i webdocumentari presentino, da buona Poetica aristotelica, un inizio che contestualizza la storia, stabilisce una tematica ed espone il punto di vista difeso; un atto centrale il cui sviluppo può non essere univoco, ma che conserva una forma di coerenza, un ritmo, delle informazioni e un senso di progressione; un climax in cui si accumula tutta la tensione drammatica dell’arco narrativo; un finale, che dilegua la tensione drammatica, e che può essere aperto o chiuso82. Se quindi secondo alcuni la drammaturgia e la narratività non sono in discussione neanche nel webdocumentario, non si può dire altrettanto per l’elemento chiave di ogni opera documentaristica: lo sguardo dell’autore. Perché, posto che – come abbiamo appena visto – l’autore conserva un certo controllo “pilotando” il percorso di lettura e che già nella scelta dei contenuti, tra i quali il lettore interattivo può navigare, egli sta già dando forma a un suo punto di vista, il webdocumentario si caratterizza comunque per un lettore che aggiunge del suo alla concatenazione narrativa, che si costruisce in un certo senso il suo proprio documentario, che finisce per aggiungere il suo punto di vista a quello dell’autore. In sintesi, se il film documentario generalmente mostra una prospettiva (quella dell’autore), il webdocumentario ha la potenzialità di offrirne parecchie. E in questa marea di regard, quello dell’autore rischia di dissolversi. Non per tutti gli autori, però, questo è visto come una contraddizione del lavoro e dello scopo del documentarista.

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http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/09/10/webdocumentaire-interactif-et-participatifl%E2%80%99internaute-lecteur-et-acteur-de-l%E2%80%99information/ 81 http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 82 http://www.o2creation.org/2011/03/25/webdoc-la-narration-et-linteraction/

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Da una parte c’è chi, come David Dufresne, vede nell’interattività del webdocumentario il mezzo per creare un “regard collettivo”, o addirittura, è il caso di Michel Reilhac, per « ritornare all’epoca in cui la narrazione era portata avanti, vissuta dalla comunità intera e nella quale non era ancora “presa in ostaggio” dai professionisti », controbattendo agli scettici di questa nuova narrazione che, lungi dall’essere un’assurdità fuori dal mondo, sarebbe già esistita ai tempi della narrazione orale e popolare. C’è infine chi, come per esempio i due documentaristi Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, sente al contrario l’esigenza, affatto assurda per i documentaristi “tradizionali”, di consentire a chi guarda di costruire un proprio film, una personalissima visione del mondo, che non necessariamente coincide con la propria.83 O chi come Florian Thalhofer, un poliedrico documentarista tedesco, non vuole condividere una morale della storia, o dire al proprio pubblico quali pensieri dovrebbero avere nelle loro teste. La loro è l’esigenza di restituire una realtà, certo mediata e filtrata dalle loro scelte, ma quanto più vicina alla sua originale complessità. L’esigenza “veristica” di offrire al lettore nient’altro che i puri fatti, dai quali trarre le proprie conclusioni. Deduciamo allora che questi diversi atteggiamenti verso l’interattività e le conseguenze che comporta sulla narrazione, sul ruolo dell’autore, sui rapporti tra questi e il suo pubblico, sono specchio di due diverse concezioni di autorialità. Florian Thalhofer prova a spiegare queste due concezioni in un articolo sul suo blog. Secondo la sua teoria, ci sono due ruoli che un autore può avere: il “padrone della storia” o il “medium della storia”. Quando l’autore è il “padrone della storia”, predefinisce l’esperienza dello spettatore e nulla accade che l’autore non abbia già previsto. Quando l’autore è invece “medium della storia”, prepara il materiale, definisce delle regole, ma non prevede né predispone l’esperienza dello spettatore. Thalhofer è anche creatore del software di “storytelling dinamico” chiamato Korsakow, che mette in pratica la sua filosofia narrativa. Korsakow permette di realizzare film in cui non esiste nessun percorso narrativo già prefissato, ma l’ordine di visualizzazione delle scene si autogenera via via in base a regole sulla relazione semantica che intercorre tra i contenuti. Ciò che si limita a fare l’autore, oltre alla produzione dei contenuti, è decidere queste regole. La teoria di Thalhofer ci introduce a un argomento che abbiamo già sfiorato in questo capitolo, ma che affrontiamo nel prossimo: la delinearizzazione della narrazione.

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Alessandro Bignami, Il documentario. Scrivere, realizzare e vendere cinema della realtà nell’era dell’artificio, Bari, Editori Laterza, 2011, pag.128

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2.3. DELINEARIZZAZIONE Delinearizzare non significa decostruire, ma in un certo senso cercare forme di linearità diverse da quella temporale84. Spesso la delinearizzazione può essere il semplice divaricamento delle assi narrative spaziale e temporale, costrette altrimenti a schiacciarsi nell’unica dimensione della tradizionale narrazione lineare. Nel webdocumentario Gaza Sderot, per esempio, i contenuti possono essere letti secondo due assi: quello verticale, dello stesso luogo (le città di Gaza o quella di Sderot) ma in giorni diversi; e quello orizzontale, dei due diversi luoghi, nello stesso giorno. Questa delinearizzazione è messa in atto tramite l’espediente dello split screen. Questa interfaccia può essere considerata come parte integrante della storia: la divisione dello split-screen simboleggia una frontiera, un muro, il muro che divide le due città. La delinearizzazione può anche essere considerata come una soluzione per raccontare quelle storie che non sembrano rientrare nel volume dei format di film documentario classici, i 52 o 90 minuti, sia perché troppo brevi, che troppo voluminose. Per esempio, il documentarista italiano Sergio Basso racconta che durante la realizzazione del suo Giallo a Milano aveva così tanti filoni da seguire nella Chinatown milanese, da sentire l’esigenza di un secondo documentario. Non un altro documentario per le sale, ma un documentario che rendesse giustizia alla pletora di notizie sulla realtà cinese in Italia che aveva raccolto sul campo e che non trovavano altra voce nell’informazione italiana. Nacque così il webdocumentario di Giallo a Milano, diffuso dal sito internet del Corriere del Sera. Un webdocumentario, secondo le parole dello stesso autore, che è diverso rispetto al film uscito in sala, perché offre materiale inedito rispetto al film, la storia della comunità cinese in Italia, un “diario di bordo” delle riprese, animazioni, filmati d’archivio, la possibilità di seguire i personaggi per tematiche, per luoghi di ripresa o per archetipi narrativi.85 Un altro esempio di delinearizzazione è Prison Valley, qui la delinearizzazione è intesa come possibilità di interrompere o meno il lineare flusso del film documentario, per fermarsi a visionare alcuni approfondimenti. Mentre scorre il film documentario sul business delle carceri statunitesi, in un angolo dello schermo viene segnalato che sono disponibili alcuni approfondimenti circa ciò di cui si parla in quel momento, e se il lettore dell’opera lo vorrà, potrà rientrare nella camera del motel a visionarli. La camera del motel è la base operativa del lettore, qui lui potrà non solo visionare i contenuti extra e gli approfondimenti, ma anche partecipare alle sessioni di chat con gli autori dell’opera o con alcuni esperti, oppure ancora consultare la mappa per prendere coscienza del percorso del film documentario già coperto e in caso rivedere alcuni capitoli. 84

Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, Bruxelles, NotSoCrazy!, 2011, pag. 11 Alessandro Bignami, Il documentario. Scrivere, realizzare e vendere cinema della realtà nell’era dell’artificio, Bari, Editori Laterza, 2011, pag. 134-135

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La camera del motel è quindi il menù di navigazione del webdocumentario, vero è proprio fulcro della delinearizzazione. Una narrazione non-lineare, spiega Holubowicz, è una struttura narrativa flessibile, nella quale il lettore può navigare attraverso gli elementi della storia e talvolta entrare da differenti punti d’accesso indipendenti gli uni dagli altri86. E grazie all’espediente della navigazione, ognuno può avere l’impressione di ricevere un’informazione individualizzata87. Il lettore si costruisce così il suo cammino personale e dunque unico, che gli permette di fare emergere del senso secondo le sue scelte di strutturazione del documentario.88 Una narrazione non-lineare, riassume Holubowicz, si caratterizza perché: ha diversi punti di inizio e una fine che può essere aperta, chiusa, semi-aperta; diverse concatenazioni ed estensioni della narrazione; un menu come punto nodale della navigazione89. I tipi di narrazione conseguenti alla delinearizzazione possono essere distinti in vari modi. Olivier Crou distingue narrazioni ad arborescenza (a livelli), indeterminate (un punto di partenza e un punto di arrivo certi, ma numerosi percorsi possibili per arrivarci) ed evoluzioniste (un punto di partenza certo, ma non uno d’arrivo)90. In questo studio decidiamo di utilizzare un altro criterio di classificazione. Distingueremo tra: una delinearizzazione che ha per effetto quello di presentare contenuti ancora collegati tra loro da segmenti percorribili – assi temporali, percorsi geografici, ordini logici – a loro volta arborsescenti, opzionali e che creano quindi una mappa di molteplici percorsi narrativi praticabili (da cui la denominazione inglese con cui li identificheremo, “multipath”); una delinearizzazione che ha per effetto quello di offrire contenuti totalmente sciolti tra loro, assoluti da ogni segmento o lettura lineare (seppur raggruppabili in aree tematiche), in una parola “frammentati”. Approfondiremo di seguito proprio quest’ultimo fenomeno di delinearizzazione, con i relativi rischi che comporta una tale libertà di navigazione narrativa se totalmente priva di linee guida. Infine ci soffermeremo sull’altro fenomeno di delinearizzazione, quello dei webdocumentari multipath.

2.3.1. Multipath Abbiamo definito multipath quei webdocumentari che, seppur delinearizzati, conservano dei segmenti percorribili dal lettore in maniera lineare. I contenuti documentaristici sono organizzati in itinerari esplorativi che il lettore intraprende, scegliendo durante il suo cammino tra le varie 86

http://www.o2creation.org/2011/03/25/webdoc-la-narration-et-linteraction/ http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/09/06/le-webdocumentaire-instruire-et-plaire-pour-informer/ 88 http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 89 http://www.o2creation.org/2011/03/25/webdoc-la-narration-et-linteraction/ 90 http://webdocu.fr/web-documentaire/2011/03/07/qu%E2%80%99est-ce-que-le-webdocumentaire/ 87

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opzioni e biforcazioni praticabili. La struttura tipica è quella ad arborescenza, ma è bene sottolineare che le opzioni a disposizione del lettore non sono mai infinite. Tutto è stato già previsto e programmato: l’internauta si accontenta di intraprendere uno degli itinerari già elaborati in anticipo dall’autore, il discorso narrativo rimane pertanto intatto. Un utile esempio è il webdocumentario Dans le murs de la Casbah, che permette al lettore dell’opera di esplorare la Casbah di Algeri secondo tre itinerari tematici: nei caffè ricordando gli eventi della guerra di liberazione; seguendo le donne nei loro luoghi; nelle scuole con i bambini e le maestre. Si tratta di una vera e propria esplorazione alla maniera di Google Street View, in cui il lettore avanza e si muove per i vicoli a colpi di click e può scegliere se entrare in un caffè, oppure proseguire la sua passeggiata fino a un altro luogo che lo attira di più. La Casbah di Algeri viene ricostruita e il lettore può perdersi al suo interno, lasciandosi attirare da ciò che incontra, come in flaneur. Oltre a questo tipo di navigazione, esiste anche la possibilità di consultare una mappa del quartiere dove sono disposti tutti i contenuti video, fruibili nella maniera più libera.

2.3.2. Frammentazione Come anche per la delinearizzazione, una certa forma di frammentazione era stata già sperimentata nel corso della storia dell’arte. Il montaggio faceva sì che: una scena poteva essere raccontata, mostrata, in diversi luoghi, l’esterno e l’interno di un’abitazione, cosa che in teatro non era possibile (parliamo quindi di frammentazione dello spazio); due scene contemporanee e diverse nello spazio potevano essere mostrate negli stessi istanti, col montaggio alternato e talvolta con lo split screen (parliamo quindi di frammentazione del tempo). Nel webdocumentario, la frammentazione è un tipo di narrazione a “cammino libero”. L’internauta è onnipotente, può andare ovunque, in qualsiasi momento. Spetta a lui l’incarico di elaborare ed organizzare la sua visione/lettura del documentario. Ciò gli permette di formare un documentario unico, secondo i suoi desideri91. Per esempio, invece di montare un film lineare, un autore potrebbe decidere di creare una database di video clip e interviste, attraverso il quale il lettore può navigare grazie all’interfaccia e andare ad approfondire le questioni di maggior interesse per lui, creando così una personale esperienza documentaristica.92 Solitamente il database di contenuti viene organizzato secondo una struttura cartesiana a due assi (tematiche, geografiche, cronologiche, ecc). Ci potrà servire da esempio il webdocumentario Les Pionniers de Compostela di Marianne Rigaux. In questo webdocumentario il girato è suddiviso in 91

http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 92 http://i-docs.org/2012/01/08/on-the-loss-of-control-over-the-narrative-new-roles-on-the-interactivedocumentary-i/

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aree tematiche: le parole degli esperti, le testimonianze dirette, gli oggetti tipici del pellegrinaggio, gli album fotografici. Il lettore dell’opera può quindi scegliere liberamente quali contenuti visionare e in che ordine. Il fatto che sia delegata al lettore la preoccupazione di far emergere da solo del senso da questa massa di contenuti di cui dispone, di ricostruirsi nella sua testa una storia, può, secondo Morgane Mollé, intaccare la tenuta narrativa.93 Questa libertà (di navigazione per il lettore, di offerta contenuti per l’autore) si espone al rischio di mettere a disposizione del lettore un numero esagerato di informazioni, magari anche senza coerenza narrativa o pertinenza con il soggetto94. Pertanto Bruno Masi ritiene che bisogna essere ancora più vigilanti quando si realizza un webdocumentario di questo tipo: se si mette a disposizione tutto il materiale prodotto, si crea una forte contraddizione con quello che è il lavoro di un documentarista, la selezione e redazione dei contenuti95. In conclusione, la libertà che si concede allo spettatore delinearizzando il documentario è a doppio taglio: se il numero delle possibilità che lui ha a disposizione è troppo alto, si potrebbe presto sentire perduto. Concepire un webdocumentario delinearizzato non vuol dire abbandonare lo spettatore nella sua consultazione, perché egli sarà poi portato spesso a chiedersi quello che "deve" fare, e se l'interfaccia non gli fornisce risposte, si verifica un fenomeno osservato nel mondo del videogioco, ma applicabile anche a quello del webdocumentario: l'uscita dal flow96. Una sorta di perdita dell’armonia e dell’equilibrio di fruizione, di cui ha parlato Florent Maurin sul suo blog The Pixel Hunt e che affronteremo nel prossimo paragrafo.

2.3.2.1. Uscita dal flow Il concetto di cognitiva flow è stato teorizzato da Mihály Csíkszentmihályi nel 1970. Lo stato di flow è una disposizione emozionale che, durante la pratica di una qualche attività, quando raggiunto, rende la persona totalmente immersa e coinvolta nell’attività, molto concentrata e quindi molto sensibile all’apprendimento. Lo stato di flow dona inoltre al lettore un’impressione di controllo sull’attività praticata, e si stabilisce a condizione che ci sia un equilibrio tra la difficoltà dell’attività e il livello di qualificazione della persona che la pratica: se il livello di difficoltà

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http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 94 ivi 95 http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/04/29/les-webdocumentaires-revolution-ou-effet-de-mode/ 96 http://florentmaurin.com/?p=69

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dell’attività è troppo semplice, la persona che la pratica sarà preda della noia; se l’attività è troppo complicata, la persona sarà invece preda dell’ansia97. Come ha osservato Florin Maurin, l'uscita dal flow è un fenomeno che accomuna un po' tutti i tipi di webdocumentario: se il webdocumentario presenta un grande numero di informazioni non ordinate, le capacità cognitive dello spettatore non riescono a fronteggiarle. Sopraggiunge la frustrazione, l'imbarazzo della scelta, l'uscita dallo stato di flow e l'inevitabile abbandono del webdocumentario. Il rischio di uscita dal flow nei webdocumentari è piuttosto quello per ansia di non saper fronteggiare il dispositivo. Ciò è probabilmente dovuto alla relativa novità di questa forma, alla quale il pubblico non si è ancora abituato. Passare da una forma lineare, quella del documentario classico, ad una forma non-lineare, richiede un grosso sforzo cognitivo al quale non siamo ancora capaci. Un modo per non abbandonare a se stesso lo spettatore è quello di usare dei codici tradizionali - ad esempio dei presentatori televisivi - per guidarlo, accoglierlo e rassicurarlo all'interno della navigazione, come nel webdocumentario Gol!Ukraine#201298. Sembra, infine, che l’interattività e la delinearizzazione funzionino meglio, senza inceppi, quando c’è un obiettivo finale da raggiungere, una soluzione da trovare, un mordente che spinge lo spettatore fino al finale, evitando che si perda nella navigazione e divagazione del webdocumentario. Queste meccaniche sono studiate ed utilizzate da una trentina d’anni dai game designer, autori ed architetti di videogiochi, che si sono sempre chiesti come dare all’utilizzatore un sentimento di libertà, ma continuando a farlo avanzare nella storia99. Nel prossimo capitolo avremo modo di dare uno sguardo a queste meccaniche, esplorando le influenze che i videogame stanno esercitando sul nascente genere studiato, fino a domandarci, in alcuni casi, fino a che punto possiamo ancora chiamarli documentari.

97

http://florentmaurin.com/?p=272 ivi 99 ivi 98

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3. ANALISI DELLE CARATTERISTICHE LATERALI DEL WEBDOCUMENTARIO 3.1. GAMIFICATION Sicuramente il solo accostamento delle parole video-gioco-documentario farebbe storcere il naso a molti. Com’è possibile fare di un gioco un documentario o, viceversa, ricavare da un documentario un gioco? Come sono conciliabili, ancora una volta, due mondi così distanti? Vediamo all’interno di questo capitolo come non solo il videogioco stia apportando delle fruttifere innovazioni nel campo del webdocumentario, ma come la sua influenza possa anche non intaccare il processo di restituzione della realtà. Afferma Arnau Gifreu che il video-gioco-documentario, che già alcuni chiamano docu-game, potrebbe essere classificato nel dominio del documentario nella misura in cui il suo obiettivo è di far comprendere la realtà100. È da questo punto di vista che analizziamo il fenomeno della gamification nel campo documentaristico, facendo nostre anche le parole di Xavier De la Vega quando scrive che se il docu-game è in grado di far confrontare il giocatore con la realtà, allora si appoggia su delle competenze che gli sono proprie101. Nel paragrafo dedicato agli “antenati” del webdocumentario abbiamo avuto modo di soffermarci sui Serious Games, sottolineando il loro carattere di anello di congiunzione tra il mondo del videogioco e quello del webdocumentario. Occupiamoci ora di alcuni esempi di impiego di meccaniche da videogioco all’interno di webdocumentari e dei limiti e delle potenzialità che questa pratica fa riscontrare. Il cosidetto gameplay, l’essenza del videogioco, vale a dire la fluidità della sua interazione, è diventata secondo Morgane Mollé una vera e propria tecnica narrativa, che favorisce l’interazione con la storia, l’appropriazione di questa da parte del lettore/giocatore e la sua proiezione nella trama stessa del racconto102. Questo tipo di tecnica narrativa fa passare il messaggio attraverso le emozioni103, che si provano giocando-simulando, attraverso l’immedesimazione, e non attraverso un imput frontale, quale può essere una spiegazione o la lettura di un testo. Detto in altre parole, è perché il gioco si frappone all’azione del lettore dell’opera documentaristica e gli erige degli ostacoli, che egli apprende qualcosa circa la realtà riportata. D’altronde, la realtà, diceva il filosofo francese Jacques Lacan in un suo intervento pubblico nel

100

http://lafabriquedureel.fr/i-docs/docu-games-limmersion-ses-limites/ http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/05/28/des-jeux-video-documentaires/ 102 http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-une-nouvelle-formedcriture-documentaire-quot-6117518 103 Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, Bruxelles, NotSoCrazy!, 2011, pag. 65 101

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1972, « è ciò contro cui ci scontriamo »104. È specialmente in questo senso che si può parlare di realtà in un webdocumentario che impiega meccaniche da videogioco105. Qualche esempio può tornare utile. Manipulations, un webdocumentario su un complicato scandalo che ha scosso potentati economico-politici in Francia, permette al lettore di immedesimarsi nel ruolo dell’investigatoregiornalista. Sarà lui il protagonista dell’indagine, scegliendo quali personaggi intervistare, consultando il materiale fino al momento a disposizione, mettendosi alla ricerca di nuovi documenti, sempre assistito nelle sue operazione da un dispositivo di aiuto del webdocumentario. Quello del gioco dell’inchiesta giornalistica risulta quindi un efficace modo per non rimanere subissati dalla complessità dell’affaire o di non perdersi all’interno della storia. Allo stesso tempo, un webdocumentario strutturato in questa maniera è un comodo stratagemma per gli autori altrimenti costretti a barcamenarsi con un’ingente quantità di contenuti e una storia troppo complessa da restituire nei formati classici. Jour de vote presenta anch’esso il meccanismo dell’immedesimazione del lettore nel protagonista della storia, ma non ha un carattere investigativo bensì simulativo. Viene simulata la prima giornata di un neoeletto parlamentare francese, il giorno di un’importante votazione su una legge circa i diritti d’autore sul web. La giornata comincia dalla sveglia alle 6 in albergo, e grazie ad una tecnica di ripresa in soggettiva, il lettore potrà vivere e decidere passo passo ciò che farà lui, neoparlamentare, fino al momento fatidico del voto. Il webdocumentario è girato realmente nel Parlamento francese, l’Assemblée Nationale, e ne rivela angoli e personaggi nascosti alle telecamere della quotidiana informazione politica. Ogni ora il neoparlamentare avrà in agenda più di un incontro con dei politici o personale del Parlamento che vorranno chi introdurlo alla nuova carica; chi svelare i luoghi di ritrovo nell’Assemblée Nationale; chi istruirlo sui rapporti con la stampa; e chi ovviamente provare a conquistare il suo voto per l’imminente votazione. Il lettore potrà liberamente scegliere quali incontri avere e quali no; altri incontri invece saranno inevitabili, come quello con dei cittadini in protesta fuori dal Parlamento o l’intervento traverso di qualche lobby. Prima della votazione, avrà già formato una minima opinione, dopo aver ascoltato più voci, per poter votare autonomamente. L’elemento documentaristico in Jour de Vote non risiede tanto nel processo che porta alla formazione di un’opinione personale circa il tema dei diritti d’autore sul web, ma in come il gameplay abbia fatto emergere, e vivere sulla propria pelle, certe dinamiche della vita parlamentare in una maniera unica, perché offre una serie di esperienze immersive che, permettendo la mise en situation, facilitano la comprensione e acquisizione delle informazioni106. 104

https://vimeo.com/21031617 http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/05/28/des-jeux-video-documentaires/ 106 http://lafabriquedureel.fr/i-docs/docu-games-limmersion-ses-limites/ 105

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Si potrebbe aggiungere che questo tipo di webdocumentario, nella sua immersione non differisce di molto dal cinema: si tratta sempre dell’assunzione del punto di vista di un personaggio. Il surplus del docu-game nell’attecchimento delle informazioni sta nel divertimento e nelle manovre.

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3.2. TRANSMEDIALITÀ Un’ultima caratteristica di cui vogliamo occuparci in questa analisi del webdocumentario, è la sua transmedialità, vale a dire la molteplicità dei supporti tecnologici in cui uno stesso webdocumentario può essere declinato. Certi webdocumentari hanno sia una classica versione per pc, che una versione per tablet o per smartphone; ma alcuni altri sono ideati specificatamente per un supporto tecnologico particolare. È il caso di Codebarre, un webdocumentario sulla storia degli oggetti quotidiani che ci circondano. Si tratta di una vera e propria applicazione per smartphone, tramite cui il lettore dell’opera può scannerizzare i codici a barre di oggetti che trova intorno a lui. Come risposta, il webdocumentario trasmetterà uno dei contenuti presenti nel suo database, corrispondente alla tipologia di oggetto scannerizzato. C’è un altro caso, molto emblematico, in cui in un certo senso è la realtà stessa, oltre ai vari tablet, smartphone e pc, ad essere divenuta un medium del webdocumentario. Si tratta del webdocumentario La commune de Paris, 1871 del collettivo parigino Raspouteam. Per celebrare i 130 anni dell’esperienza comunarda parigina, gli autori hanno realizzato un webdocumentario sotto forma di finto giornale dell’epoca. Evento per evento, un numero del finto giornale d’epoca veniva pubblicato online per tutta la durata dei circa 3 mesi della Comune, raccontando la cronaca diretta di quei giorni tumultuosi. Ciò che interessa la trasmedialità è che, contemporaneamente a ciò, in città venivano affisse di volta in volta delle gigantografie fotografiche dell’epoca, raffiguranti i vari eventi, proprio nei luoghi interessati da tali eventi (in un angolo di Place de la Concorde, i cannoni prussiani che sfilano; le cannonate su Montmartre). All’interno delle gigantografie era ben in evidenza un QR-code, un link attivabile dalla fotocamera di uno smartphone o tablet, attraverso cui i passanti incuriositi potevano accedere istantaneamente alla cronaca del giornale dell’epoca. L’avanzamento tecnologico che porta verso la cosiddetta realtà aumentata, potrebbe ampliare maggiormente la diffusione di webdocumentari di questo genere. Intanto l’innovazione tecnologica sta fornendo in questi mesi i mercati europei dei primi modelli di tv-connessa: “un televisore connesso a internet”, o anche “il web con il telecomando”. La tv-connessa sarà l’occasione per il webdocumentario di avere un nuovo rilancio, di essere diffuso in alta definizione in televisione e di essere visto da un maggior numero di spettatori, come pensa Olivier Crou?107

107

http://webdocu.fr/web-documentaire/2011/07/08/avec-la-hbbtv-les-webdocs-pleine-def-sur-votre-tele/

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CONCLUSIONI La personale ricerca nel campo del webdocumentario – intesa come quotidiana lettura di articoli e visione di opere pubblicate – era in corso da tre anni. Anni in cui una certa fetta della blogosfera francese – la principale fonte consultata – si dimostrava molto vivace, tanto per via del crescente numero di produzioni che vedevano la luce oltralpe, tanto per via dei dibattiti che coinvolgevano gli addetti ai lavori, nonché dell’interesse suscitato anche nei principali quotidiani online francesi, che si stavano lanciando già come produttori e distributori di webdocumentari. L’idea di dedicarsi a uno studio organico sull’argomento, come questa Tesi di Laurea, si è formata in seguito ed è stata percepita come un’urgenza, una necessità: si notava la mancanza di una manualistica o quantomeno di una definizione e analisi del webdocumentario in termini formali, che fosse sistematica ed esauriente. Questa definizione e la stessa analisi esistevano già e serpeggiavano online tra articoli, dibattiti, pubblicazioni e tesi di laurea, ma si ritrovavano frammentate e separate in tante diverse definizioni e in tanti diversi tentativi di analisi. Non si era ancora pervenuti a una definizione unica ed accettata e a tracciare un profilo, una griglia formale del webdocumentario, a causa delle evidenti limitazioni che si incontrano quando si ha a che fare con un oggetto ancora in evoluzione e le cui pratiche non si sono ancora del tutto formate. Il merito di questa Tesi è forse quello di aver raccolto dalla rete e riunito i vari tasselli che costituiscono la definizione e l’analisi delle caratteristiche formali e “laterali” proposte in questo elaborato. Sicuramente si tratta di un’ulteriore maniera di analizzare il webdocumentario, né più né meno delle altre proposte in questi anni da chi si è cimentato in questo lavoro, ma di certo è la prima che affronta il webdocumentario in questi termini sistematici. Resta il rammarico di non aver potuto approfondire, per ragioni di tempo, alcuni lati interessanti che meritavano più spazio (dalla gamification all’impatto delle nuove tecnologie, passando per la non sufficientemente citata situazione di “immersione” e coinvolgimento in cui il lettore dell’opera si troverebbe in alcuni webdocumentari); di non aver preparato delle schederecensioni dei webdocumentari citati; di non aver intervistato, sulle conseguenze apportate dall’interattività sulla narratività e sul ruolo dell’autore, alcune personalità del mondo del documentario, quali Erik Gandini, o della letteratura, come ad esempio Nicola Lagioia che si dimostra molto sensibile verso i temi dell’innovazione e delle “invasioni barbariche”. Resterà anche l’emozione di aver potuto osservare un fenomeno molto raro, questo processo di attribuzione di funzioni narrative ad una nuova tecnologia. Un lungo tipo di processo che proprio un secolo fa portò alla nascita di un nuovo linguaggio, quello cinematografico

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SUMMARY «A new webdocumentary!»; «An i-doc by…»; «Interactive storytelling»; «Plunge you into this interactive experience!»; «A new declination of the classic documentary film»; «A revolution in the documentary distribution and in the storytelling»… From the French blogosphere to the web newspapers (especially French and Canadian ones, but sometimes Corriere.it and Repubblica.it, too), for a few years we have been able to read this kind of slogans on the web. But what about this so-called new revolutionizing declination of the classic documentary film? So what exactly is a webdocumentary? And what are its main formal features? These are the main questions this work wants to answer. It’s hard to define an object which is still in development and whose habits are not yet fullformed, as the webdocumentary is. Nevertheless, the potentialities for documentary makers and the narrative consequences implied by this new declination of the classic documentary film are too interesting for give up on this project. The French “web architect” Annabel Roux is the author of the probably most exhaustive definition of the webdocumentary: «the webdocumentary is a documentary on the web and for the web. A documentary that exploits the web as a distribution platform and as a writing item». However, if as a distribution platform the web – although it gives documentary makers the possibility to reach an audience more easily – has not yet a business model to offer, as a writing item it has some features (interactivity, hypertextuality, multimedia, real time, etc.) that are susceptible to transform the documentary’s structure and format. While hypertextuality implements the practice of browsing into the documentary itself (that is, at the base of interactivity and non-linear reading), interactivity introduces new narrative dimensions that imply some variations about the traditional physiology of the narrative development, about the role of the author and his responsibility and control over the narrative, and eventually about the posture of the lector108, no longer just passive. As Florent Maurin109 explains, if in a classic documentary film the author explains his point of view, tells a story, and leads the lector from a point A to a point B, in a webdocumentary, interactivity allows the author to design a documentary that can be read not necessarily in a linear way, that is not locked in a unique development, but that lets the lector free to have his own narrative path and so probably that gives back a reality which is closer to its original complexity. Finally, interactivity makes the lector no longer just “audience” but something like a player. Someone says a “co-author”.

108 109

Whit the meaning of “lector of the work” A French blogger who writes on “The Pixel Hunt” (florentmaurin.com)

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This freedom allowed by interactivity raises both the enthusiasm of who wishes for a revolution in the secular (and current) way of the storytelling and the criticisms of those who are worried that interactivity would just annihilate the role of the author and inevitably damage the coherence of the documentary work. Actually, there are some questions that we should not evade: if the author does no longer lead the lector during the story he wants to tell, what will become of his authorship, of his responsibility, and control over the production of meaning? If the lector is free to watch the medias of the documentary in his own order and, as a consequence, almost create his own documentary, will the cornerstone of the documentary, the regard, the author’s point of view be voided? In the end, how is it possible to match narrative and interactivity? Of course, this work could not solve these questions, but can report the different points of view of the insiders who have participated in the debate in the last few years. By analyzing their speeches about interactivity and narrative it becomes evident that there are two different approaches towards authorship, two different concepts of it. On the one hand, there are people who claim that interactivity could represent – albeit not always – the loss of control over the meaning of the documentary, that for many authors it is not simply their goal; and that in a webdocumentary (that offers many perspectives, unlike classic documentary films) the regard of the author – the soul of a documentary – risks to be dissolved. On the other hand, there are those who see in the webdocumentary a way to go beyond the traditional storytelling and to reach a “collective regard”, a way to come back to collective storytelling, like in the ancient oral and popular narrative. Moreover, other documentary makers have found in the webdocumentary a way to respond to their need of giving back a reality, of course filtered by their choices, but as close as possible to its original complexity, to the need of giving the lector nothing else but the bare facts, from which one’s own conclusions can be drawn. Florian Thalhofer, an eclectic German documentary maker, summarizes these two concepts of authorship in a theory published on his blog Korsakow.org. According to Thalhofer, there are two roles the author can have: the master of the story or the medium of the story. When he is the master of the story, the author predefines and pre-thinks the experience of the lector and nothing that the author did not pre-think occurs. When he is the medium of the story, the author just prepares the material, creates the rules of the film, but he does not pre-think the experience of the lector, nor predefines the film. And, as Thalhofer put it, that allows him to tell stories that are usually very difficult to tell in films, stories that are inspirational, but that don’t have a message or an opinion to be “imposed”. Stories that, indeed, can let the lector draw his own conclusions.

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Therefore, in order to end the issue about a possible match between narrative and interactivity (that is the very ground of a webdocumentary), the speech of LĂŠa Baron110 should be listened to. The French journalist reveals what actually happens in most webdocumentaries: the interactive lector as a matter of fact does not produce any content, any material, but, by making his own choices, he just takes some different narrative paths which are all predefined by the author, who, in order to prevent a loss of control over his narrative, makes the interactive lector inevitably pass through the main dramaturgical turning points. Here is an example of the master of the story. So, ultimately, is there no clash between narrative and interactivity? Is this webdocumentary really a new declination of the classic documentary film? Is it even a way to revolutionize the linear and locked storytelling we have been used to for centuries? This work cannot truly answer to the last question. However, the current massive frequentation of the web, the increasing number of authors and producers who are launching into the webdocumentary field and of webdocumentaries published day by day, the increasing amount of investments in this field and the continuous technological innovation (both in the website development and in the features of the devices111) that enlarges the boundaries of creativity in designing webdocumentary formats are all factors that presume that the webdocumentary can become not only a new documentary genre, but also another way of storytelling, another way of represent reality. What is certain is that a very rare process of assignment of narrative functions to a new technology may be taking place. A long process that just a century ago gave birth to a new language, the cinematographic one.

110 111

A French journalist who published on the blog Webdocu.fr an eight articles study on the webdocumentary For example, the augmented reality technologies available on smartphones and tablets.

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BIBLIOGRAFIA Alessandro Bignami, Il documentario. Scrivere, realizzare e vendere cinema della realtà nell’era dell’artificio, Bari, Editori Laterza, 2011 Julio Cortázar, Il gioco del mondo, Torino, Einaudi, 1969 Mathieu Lietaert, Webdocs. Guide de Survie, Bruxelles, NotSoCrazy!, 2011. Roger T. Pédauque, La Redocumentarisation du monde, éditions Cépaduès, 2007 Dominique Wolton, Internet et après? une théorie critique des nouveaux médias, Flammarion, 1999

WEBGRAFIA Fotografia del 18 aprile 2012 – Dieci minuti tutti per me, Dino Amenduni http://dinoamenduni.com/2012/04/18/fotografia-del-18-aprile-2012-dieci-minuti-tutti-per-me/

Tentative de définition du webdocumentaire, Léa Baron http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/06/05/tentative-de-definition-duwebdocumentaire/

Le webdocumentaire : instruire et plaire pour informer, Léa Baron http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/09/06/le-webdocumentaire-instruire-et-plairepour-informer/

Webdocumentaire interactif et participatif : l’internaute lecteur et acteur de l’information, Léa Baron http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/09/10/webdocumentaire-interactif-et-participatifl%E2%80%99internaute-lecteur-et-acteur-de-l%E2%80%99information/

Le passif du cinéma interactif, Alexis Blanchet http://www.davduf.net/Le-passif-du-cinema-interactif

Entretien avec Samuel Bollendorff, Nicolas Bole http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/03/14/webdocumentaire-entretien-avecsamuel-bollendorff/

Hugues Sweeney – La production web à l’ONF #2, Nicolas Bole http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/08/01/webdocumentaire-hugues-sweeney-laproduction-web-a-lonf-2/

Web-documentaires : ce que spectateur veut… (tu ne lui donneras pas), Nicolas Bole http://www.atlantico.fr/decryptage/web-documentaires-spectateur-veut-donneras-pas-nicolasbole-433599.html

L’expérience immersive du web documentaire : études de cas et pistes de réflexion, Laure Bolka e Samuel Gantier 45


http://www.cahiersdujournalisme.net/cdj/pdf/22_23/08_BOLKA_GANTIER.pdf

Récit interactif, sens et réflexivité, Serge Bouchardon e Franck Ghitalla http://www.utc.fr/~bouchard/articles/Bouchardon_article-colloque-H2PTM'03.pdf

L’interactivité en question, Sibel Ceylan http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/03/28/webdoc-focus-3-linteractivite-enquestion/

Qu’est-ce que le webdocumentaire?, Olivier Crou http://webdocu.fr/web-documentaire/2011/03/07/qu%E2%80%99est-ce-que-lewebdocumentaire/

Avec la HbbTV, les webdocs pleine déf. sur votre télé, Olivier Crou http://webdocu.fr/web-documentaire/2011/07/08/avec-la-hbbtv-les-webdocs-pleine-def-survotre-tele/

Des jeux vidéo documentaires?, Xavier de la Vega http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2012/05/28/des-jeux-video-documentaires/

Marelle : l'ancêtre du webdocumentaire, Cécilia Di Quinzio http://www.journalismes.info/Marelle-l-ancetre-du-webdocumentaire_a3699.html L’émergence d’outils SaaS (Software As A Service) de Storytelling interactif et Rich Media en 2011, Simon Duflo http://simonduflo.com/these_pro_duflo_2012_janv_20_PUBLIC.pdf

Manifeste pour le documentaire, France Télévisions http://www.francetelevisions.fr/guide-de-lacreation/IMG/pdf/manifeste_pour_le_documentaire.pdf

On the loss of control over the narrative. New roles on the interactive documentary, Arnau Gifreu Castells http://i-docs.org/2012/01/08/on-the-loss-of-control-over-the-narrative-new-roles-on-theinteractive-documentary-i/

Webdocs: la narration et l’interaction, Gerald Holubowicz http://www.o2creation.org/2011/03/25/webdoc-la-narration-et-linteraction/

Le webdocumentaire, laboratoire sous perfusion, Léna Mauger http://www.6mois.fr/Le-webdocumentaire-laboratoire?lang=fr

Les mécaniques de jeu dans les webdocumentaires, Florent Maurin http://florentmaurin.com/?p=69

Théorie du flow et webdocumentaires, Florent Maurin http://florentmaurin.com/?p=272

Le web documentaire: une nouvelle forme d’écriture documentaire?, Morgan Mollé http://www.slideshare.net/morgane87/mmoire-professionnel-quotle-web-documentaire-unenouvelle-forme-dcriture-documentaire-quot-6117518 46


Le web-documentaire, Stéphane Peres http://www.crossmedias.fr/fr/2010/02/le-web-documentaire-raconter-la-realite-versionmultimedia/

Quelques réflexions sur le documentaire interactif et le web documentaire, Annabel Roux http://lafabriquedureel.fr/humeurs/quelques-reflexions-sur-le-documentaire-interactif-et-leweb-documentaire/

Du webdoc au I-doc, Annabel Roux http://lafabriquedureel.fr/i-docs/du-webdoc-au-i-doc/

Docu-games: l’immersion, ses limites, Annabel Roux http://lafabriquedureel.fr/i-docs/docu-games-limmersion-ses-limites/

30 minutes pour comprendre le webdocumentaire, Louis Villers http://webdocu.fr/web-documentaire/2010/04/29/les-webdocumentaires-revolution-ou-effetde-mode/

4 questions à Hugues Sweeney, WebTelevision Observer http://cinemadocumentaire.wordpress.com/2011/10/13/webdocu-4-questions-a-huguessweeney-onf/ Dati Audiweb audience online del mese di agosto 2012 http://www.audiweb.it/cms/view.php?cms_pk=266&id=4

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INDICE DEI WEBDOCUMENTARI CITATI 360degrées (2001) http://www.360degrees.org/

Ciudad Juarez: la cité des mortes (2005) http://www.lacitedesmortes.net/

Thanatorama (2007) http://www.thanatorama.com/

Montréal en 12 lieux (2007) http://www.mtl12.com/ Voyage au bout du charbon (2008) http://www.lemonde.fr/asie-pacifique/visuel/2008/11/17/voyage-au-bout-ducharbon_1118477_3216.html

Gaza/Sderot (2008) http://gaza-sderot.arte.tv/

One in 8 million (2009) http://www.nytimes.com/packages/html/nyregion/1-in-8-million/index.html

The Iron Courtain Diaries, 1989-2009 (2009) http://www.theironcurtaindiaries.org/

The Empty House (2010) http://www.theemptyhousewebdoc.com/

Giallo a Milano (2010) http://www.corriere.it/spettacoli/speciali/2010/giallo-a-milano/

From Zero (2010) http://www.fromzero.tv/

Portraits d’un nouveau monde (2010) http://www.france5.fr/portraits-d-un-nouveau-monde/ Prison Valley (2010) http://prisonvalley.arte.tv/

Brèves de trottoirs (2010) http://paris-ile-de-france.france3.fr/brevesdetrottoirs/

The Thousandth Tower (2010) http://highrise.nfb.ca/thousandthtower/

Out My Window (2010) http://interactive.nfb.ca/#/outmywindow

One Millionth Tower (2011) 48


http://highrise.nfb.ca/onemillionthtower/1mt_webgl.php

Welcome to Pine Point (2011) http://pinepoint.nfb.ca/#/pinepoint

Codebarre (2011) http://codebarre.tv/en/#/en

Manipulations (2011) http://www.francetv.fr/manipulations/

InSitu (2011) http://insitu.arte.tv/fr/#/home

La Commune de Paris, 1871 (2011) http://www.raspouteam.org/1871/

17.10.1961 (2011) http://www.raspouteam.org/1961/

Lazarus Mirages (2012) http://www.lazarus-mirages.net/

Amour 2.0 (2012) http://www.francetv.fr/amour/#/fr/home

127, rue de la Garenne (2012) http://bidonville-nanterre.arte.tv/

MÜdern Cøuple (2012) http://moderncouple.arte.tv/fr/

Les pionniers de Compostelle (2012) http://www.pelerin.info/Chemins-de-pelerinage/Choisir-son-chemin/Saint-Jacques-deCompostelle/Les-pionniers-de-Compostelle

Dans les murs de la Casbah (2012) http://casbah.france24.com/

Jour de vote (2012) http://assemblee-nationale.curiosphere.tv/jourdevote.html#/bienvenue

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RINGRAZIAMENTI Vorrei dedicare questo spazio a dei ringraziamenti particolari e precisi. Vorrei ringraziare tre persone che sono state decisive in qualcosa che va oltre il lavoro per questa Tesi di Laurea: il mio interesse per il campo del webdocumentario. Anzitutto Daniele Conlamusicabuona, che un lontano giorno del 2010 mi suggerì la pagina web di Portraits d’un nouveau monde. Fu il mio primo contatto con il webdocumentario, la genesi del mio crescente appassionamento. Ma sarei dovuto ritornarci tempo dopo, con calma, su quella pagina web, per capire bene con cosa stavo avendo a che fare. (Daniele probabilmente non è mai stato consapevole di aver avuto questo merito, fino al momento in cui leggerà queste righe). Poi ringrazio Lou, che, prima che partissi nell’estate 2010 per l’Erasmus a Parigi, mi consigliò di chiedere il contatto Facebook – cosa che per pigrizia non ho mai fatto – a un suo collega giornalista parigino, che solo in seguito avrei scoperto essere il co-fondatore di uno dei più autorevoli blog sul webdocumentario – Webdocu.fr. Soprattutto ringrazio Lou per avermi dato l’occasione, partendo da un suo reportage fotografico-testuale, di realizzare insieme a una piccola équipe “il mio primo webdocumentario”, di prossima pubblicazione. (Mi rendo conto che per tutti questi motivi, una volta online il nostro lavoro, Lou sarà a tutti gli effetti la madrina del mio battesimo webdocumentaristico) Infine ringrazio il sempre disponibile e fraterno Michele, che ha curato la progettazione grafica della copertina di questo elaborato e la progettazione grafico-interattiva del sopracitato webdocumentario a cui lavoriamo insieme. (Michele, lui sì, lo sa, che è il migliore)

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