La luce naturale nello spazio museale

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LA LUCE NATURALE

NELLO SPAZIO MUSEALE

Politecnico di Milano

Scuola di Artchitettura, Urbanistica, Ingegneria delle Costruzioni

Corso di laurea in Progettazione dell’Architettura

INDICE

• OBIETTIVI

• INTRODUZIONE

storia dell’architettura.

2. La luce nelle architetture di Louis I. Kahn e Le Corbusier.

3. La luce come materiale funzionale al progetto di architettura.

• PARTE PRIMA - La luce nel museo

1. La concezione del museo e le trasformazioni della società.

1.1 La nascita dell’istituzione museale e la sua evoluzione.

1.2 Architettura museale: contenitore, contenuto e fruitori.

2. La luce naturale nel museo.

2.1. Il rapporto luce - opera d’arte.

2.2. Il rapporto luce – fruitore.

3. Le nuove tecnologie e i sistemi di controllo della luce naturale e l’apporto della luce arti

3.1. La luce zenitale come scelta ottimale.

Relatore: Andrea Campioli

Studente: Pietro Cipolletta

A.A 2017-2018 4

• PARTE SECONDA - Tre architetture

0. Introduzione ai casi studio

1. Kimbell Art Museum – Louis I. Kahn

1.1 Presentazione generale del progetto.

1.2 Il progetto della luce: i lucernari nella volta.

2.

arti islamiche del

2.1. Presentazione generale del progetto.

3.1 Presentazione generale del progetto.

3.2 Il progetto della luce: una cupola metallica come mitigazione dal clima desertico.

• CONCLUSIONE

• RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

• BIBLIOGRAFIA

• SITOGRAFIA

• FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Padiglione delle
Louvre di Parigi – Mario Bellini Architetti
3. Louvre Abu Dahbi – Ateliers Jean Nouvel

La tesi che ho elaborato con il titolo “La luce naturale nello spazio museale” si propone di delineare come la luce naturale risulti di primaria importanza nella concezione di alcuni spazi espositivi; in particolare, l’aspet-

luce naturale all’interno dello spazio architettonico.

pretano e gestiscono il controllo della luce naturale, che viene, però, sempre integrata con sistemi di luce

La luce naturale infatti, nei casi da me scelti svolge il ruolo di luce ambiente che illumina lo spazio, mentre la

I 3 casi studio sono il Kimbell Art Museum di Louis I. Kahn, il Padiglione delle arti islamiche del Louvre di Mario Bellini e il nuovo Louvre di Abu Dhabi di Jean Nouvel.

della storia dell’architettura come l’architettura bizantina o quella gotica.

In un secondo momento ho raccolto i punti chiave delle teorie sulla luce naturale di due dei principali architetti del Movimento Moderno (Louis I. Kahn e Le Corbusier) cercando una chiave di lettura che permetta un loro confronto.

tale per l’architettura; qui illustro l’importanza che ha la luce nella lettura e nella percezione dell’architettura.

L’elaborato è suddiviso in due parti, una prima che tratta un discorso generale, mentre la seconda va ad approfondire le caratteristiche dei casi studio.

La prima parte presenta l’istituzione del museo segnalando dei punti chiave nel corso della storia e dello sviluppo dei musei e avvia un primo discorso sulla componente della luce sfruttata dal museo andando a

La seconda parte invece si occupa di presentare e leggere in maniera critica i tre casi studio fornendo in-

luminosa di ciascuna architettura.

I casi studio vengono interpretati secondo una chiave di lettura legata alla dimensione dell’intervento e alla

INTRODUZIONE

1. IL TEMA DELLA LUCE NATURALE AFFRONTATO PRENDENDO IN ESAME ALCUNI MOMENTI DELLA STORIA DELL’ARCHITETTURA.

della direzione dell’asse; a Milano, nella basilica di Sant’Ambrogio, l’illuminazione proviene dalla facciata principale che va a creare un asse longitudinale che lascia le navate laterali leggermente in penombra.

Fin dalla comparsa dell’uomo sulla terra, la luce è stata elemento indispensabile alla vita, e possiamo notare come abbia acquistato nel corso del tempo e coll’evoluzione della civiltà, sempre più importanzama fondamentale.

Se si prende in considerazione l’architettura delle grandi civiltà tutta impregnata di simbolismo e misticismo, si può notare come quegli “elementi” combinati che hanno dato origine alla prima concezione di -

na e i volumi nello spazio), oltre ad essere associati simbolicamente ad una grande visione cosmica, essi trovavano nel linguaggio luminoso “quell’unicità vitale che univa il destino umano all’eterno”, come dice Giedion, e che “amalgamava nel gioco sapiente delle luci, il creato e le loro architetture”.

Si pensi, ad esempio, al Pantheon, fondato da Adriano tra il 120 e il 124 d.C. esso crea, attraverso la geometria pura, quella del cerchio e della sfera, uno spazio che si caratterizza proprio per la luce zenitale proveniente dal foro nella cupola a cassettoni. Il foro va a rappresentare un collegamento con l’esterno, ma in particolare determina la simbolica relazione col cosmo attraverso un asse verticale; la luce, penetrando da questo pozzo, viene incanalata

Lo sviluppo dell’architettura, in particolare con l’architettura romanica, ha portato a lavorare sulla predilezione per gli spazi più chiusi, determinati anche dalle spesse murature perimetrali e sul controllo

Con l’avvento, intorno al XII secolo, dello stile gotico, grazie all’opera dell’abate Suger, si va a riscochiesa viene illuminata. Lo stile gotico è promotore di verticalità e leggerezza, concetti che vengono declinati con lo smaterializzarsi delle mura e l’aggiunta di grandi vetrate.

La luce nelle Cattedrali gotiche diventa quindi sintomo della presenza trascendente di Dio che illumina i fedeli che entrano nelle chiese.

Anche nell’architettura bizantina, prima, intorno al V-VI secolo d.C., la luce ha assunto un ruolo centrale

non era quello di un sistema di ampie vetrate però, bensì quello di sfruttare la massa delle murature che costituivano le basiliche, i mausolei e i battisteri, rivestendoli di mosaici. Attraverso i colori sgargianti, e le piastrelle d’orate, le pareti erano come ricoperte da tappeti colorati che smaterializzavano il peso dei muri, andando, grazie anche alla sfaccettatura

anche il minimo apporto di luce che veniva garantito dalle piccole fenditure presenti nei muri veniva

facevano rimbalzare la luce da piastrella a piastrella. Sull’aspetto sacrale della luce in un ambiente religioso si è cimentato anche Le Corbusier, che contrappone alle grandi vetrate gotiche, simbolo di un’architettura ormai desueta, delle aperture pro-

in questo modo, sostiene lui, si evoca una sensazio-

Nella Cappella di “Notre Dame du Haut” di Ronchamp a Firminy, come sostiene Argan, Le Corbusier “si inserisce nell’ambiente circostante con l’aggressività di una massa plastica compatta e di forza compressa, che si esprime nei forti contrasti luministici”.

La luce in architettura ha da sempre avuto un valore che andava ben oltre alla mera illuminazione di uno spazio, dal momento che l’uomo le ha attribuito, di trascendenza che veniva collegato alle entità redei quali l’uomo non ha mai avuto spiegazioni concrete.

Nella storia, la luce ha assunto spesso un valore simbolico: essa è presente in svariati miti di creazione dei popoli primitivi, costituisce uno dei poli del dualismo luce-buio, interpretato come bene-male, si è strettamente legata alla dimensione religiosa diventando un riferimento vero e proprio nelle culture Egizia, in quella Greca e poi in quella Cristiana. (Lorenzo Cremonini, 1992)

Vista dell’oculo della cupola del Pantheon (120-124 d.C.)Interno della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano (379-1099 d.C)
Abside della Basilica di San Vitale a Ravenna (VI-VII sec d.C.)Interno della Basilica di Saint-Denis (1136-1270 d.C)

di

presso

Particolare delle aperture modulate secondo la regola del Modulor studiato da Le Corbusier

2. LA LUCE NELLE ARCHITETTURE DI LOUIS I. KAHN E LE CORBUSIER. -

rica e della sperimentazione progettuale di molti architetti.

“Silenzio e luce”. E’ con questi due termini che Louis Kahn, architetto statunitense di origine ebraica, intraprende il discorso durante una lezione davanti ai suoi studenti della Pennsylvania University.

Egli sostiene che i due termini sono separati sola-

che insieme rappresentano è racchiusa l’anima del luogo e il desiderio di espressione di questo.

Silenzio e luce sono due parole che non hanno si-

nella natura che attendono di manifestarsi.

Il silenzio rappresenta il desiderio di essere.

Se oggi guardiamo le Piramidi che ci appaiono nella loro pienezza, al loro cospetto si è indotti al silenzio.

Dal silenzio si percepisce come gli uomini aspirino ad esprimersi.

La luce secondo Kahn, invece, è la “Creatrice di tutte le presenze”, e, attraverso la volontà e le leggi, essa si manifesta.

La luce è ciò che determina un materiale, e un materiale è fatto per proiettare un ombra, e l’ombra non è altro che un’entità appartenente anch’essa alla luce.

Egli avverte la presenza di una soglia, che separa la luce dal silenzio, che porta dal silenzio alla luce, immersa in un’atmosfera ispirata, dove il desiderio di essere e di esprimere diventa possibile.

di tensione tra silenzio e luce come “una volontà di esistenza, un’immisurabile volontà di esistere e farsi materia”.

La grande volontà di determinazione coglie le leggi che dischiudono il possibile nell’aura di silenzio e luce.

L’ispirazione denota una comprensione di cose che già esistono, che da immisurabili quali sono devono essere solamente comprese.

L’ispirazione quindi è collegata alla luce quale simbolo di comprensione, ed è il sentimento di cominciare, alla soglia dove silenzio e luce si incontrano. Kahn sostiene che è volontà dell’uomo quella di esprimere l’immisurabile, e che la natura ci forni-

strumento come “tesoro delle ombre” ovvero la capacità dell’uomo di riuscire a declinare le due forze di silenzio e luce.

La nozione di luce, pertanto, porta alla problematica dell’espressione che è la realizzazione dell’uomo, la messa in opera di una vita.

un’architettura è “operare una distribuzione di alla dualità delle forze di luce e buio.

La luce è fondamentale nella creazione di una rende luminosi gli spazi interni.

In architettura luce e struttura sono due elementi inseparabili: quando si opera una scelta in fatto di struttura la si opera anche in fatto di luce.

Nella sua lezione, poi, Kahn precisa il concetto servendosi dell’esempio delle colonne degli antichi templi che non sono altro che una modulare alternanza di pieni e vuoti che determinano un’espressione della luce.

Interno della Basilica di (V-VI sec d.C)
Interno della Cappella
Notre-Dame du Haut
Ronchamp, (1950-1955)

“Luce, buio, luce, buio, luce”. Egli racconta anche, in maniera quasi favolistica, -

mente le mura erano spesse a protezione degli uomini. L’uomo, però, voleva libertà sul mondo esterno e così praticò delle aperture alle quali attribuiva valori con aggiunta di elementi come archi e pilastri.

Chiaramente all’inizio il pensiero era rivolto verso la percezione del mondo esterno, ovvero verso la possibilità che da uno spazio interno si potesse ammirare un paesaggio esterno; Kahn invece teorizza il fatto che praticare un’apertura in una parete implichi una scelta nella luce dello spazio racchiuso da quelle mura.

Si può dire che Kahn, attraverso lo studio delle architetture di Roma antica abbia colto come i vari elementi costitutivi rientrassero nella composizione attraverso gli svariati modi di creare luce e ombra.

Da qui, dunque, e dai suoi numerosi rilievi, Kahn ha elaborato il suo pensiero che la forma non deve seguire in maniera diretta la funzione, il muro non deve essere unicamente espressione di staticità e divisione, ma bisogna aprirsi e cogliere le reali necessità di uno spazio andando a trattare una parete secondo aperture che rispondano alle necessità di luce e ombra dello spazio che si sta ideando. Ogni forma che lo spirito coglie dalla natura e viene realizzata ha una propria luce naturale complementare che la va a completare; Kahn sostiene che ormai, purtroppo, si è abituati alla facilità con cui un dito tocca un interruttore e ci si accontenta del-

L’architettura di Kahn, sostanzialmente, apre la strada ad un’architettura dove l’espressione diventa di nuovo possibile come una variazione sui temi strutturali e formali.

Egli infatti avverte l’architettura come una creazione dello spirito che fa evolvere le forme dall’ordine universale. (Louis I. Kahn, 1969, Silence & light) Ciò che l’uomo crea deve rispondere alle leggi della natura ed è determinato da regole e scelte. Quando si tratta il tema della luce in architettura non si può fare a meno di citare, insieme a Louis Kahn, anche un altro dei maestri del Movimento Moderno: Le Corbusier.

Le Corbusier, nel suo saggio-manifesto “Verso un’architettura”, dichiara che l’architettura debba commuovere e suscitare l’emozione.

La grande innovazione che Le Corbusier porta con se negli scritti è quella legata all’utilizzo di forme primarie di facile lettura, che appagano gli occhi con la geometria, e lo spirito con la matematica. Egli prende d’esempio le opere degli ingegneri che si muovono guidati dalle leggi della natura e raggiungono, in questo modo, l’armonia.

“Le forme primarie sono portatrici di bellezza per-

dell’universo”. (Le Corbusier, 1921, Vers une Architecture)

L’architetto, organizzando le forme, realizza un ordine che è pura creazione della sua mente ma che, allo stesso tempo, è partecipe di un ordinamento universale dominato dalle leggi della natura.

La percezione delle forme è data dagli occhi che scorgono le forme primarie nella luce. È qui che entra in gioco il concetto di luce nella teoria architettonica di Le Corbusier, nell’aspetto della percezione.

La luce è un elemento imprescindibile in architettura in quanto svolge il compito di rivelare e far percepire l’architettura e le sue forme.

L’emozione in architettura viene avvertita quando gli occhi colgono le forme pervase dalla luce; la sublimazione di questo concetto la si ha nella celebre frase, emblema di una teoria, che si trova anch’essa nel manifesto “Verso una Architettura” e va a -

Da questa frase si può cogliere come Le Corbusier della costruzione che ha come obiettivo quello di dell’architettura: essa deve, infatti, commuovere. Nella teoria di Le Corbusier la luce non è materia di partenza nella concezione e nello sviluppo dell’architettura, ma è però inevitabilmente fondamentale per la sua percezione e rivelazione agli occhi degli uomini.

La luce dunque non rivela solamente l’architettura nei suoi volumi e nelle sue forme, essa è lo strumento per cogliere l’armonia delle leggi dell’universo che la creazione dello spirito dell’architetto sublimano nel pensiero del progetto.

La luce è uno strumento di lettura dell’architettuombre, ci è consentito di percepire il piano regolatore, dominato dalle leggi di armonia, ma soprattutto ciò che viene creato dalla spirito umano. Kahn vede la luce come materia intrinseca e generatrice del progetto, egli sostiene che tutta la materia sia luce, e che quando la luce termina di essere luce, appunto, diventa materia stessa. (Louis I. Kahn, Architettura è)

Le Corbusier, invece, si serve della luce come ma-

teria rivelatrice dell’architettura, uno strumento necessario alla percezione delle forme e della bellezza dell’architettura.

Come sostiene Siegfried Giedion, “è la luce che dà la sensazione dello spazio.

Luce e spazio sono inscindibili. Se si elimina la luce il contenuto emotivo dello spazio scompare e diventa impossibile coglierlo.”

La luce dunque non solo crea gli spazi, può fare ben calcolati.

come venga interpretato lo strumento della luce: da una parte è la materia prima del progetto, quella che contiene l’ispirazione per l’architetto, dall’altra, è uno strumento necessario e rivelatore per comprendere l’architettura e per creare emozioni.to che utilizzino il metodo di captazione della luce.

Le Corbusier, ad esempio, nella cappella del convento de La Tourette, utilizza i cannoni di luce che si protendono verso il cielo e danno illuminazione agli altari interni non facendo percepire da dove arrivi la luce esterna.

Louis Kahn invece, utilizza il pozzo di luce, light well, nell’Indian Institute of Management ad Ahmedabad, per far penetrare con forza all’interno la luce esterna.

Vista del Parlamento del Bangladesh a Dacca
Louis I. Kahn, 1962
Unitarian Church, Rochester, New York
Louis I. Kahn, 1959-74
Unitarian Church, Rochester, New York
Louis I. Kahn, 1959-74
Vista interna della Phillips Exeter Academy Library, Louis I. Kahn, 1971
Particolare del Parlamento di Dacca

3. LA LUCE COME MATERIALE FUNZIONALE AL PROGETTO DI ARCHITETTURA.

Si provi, per esempio, a prendere una sfera, una comune sfera, e si immagini di eliminare le ombre che si creano quando la luce la avvolge; il risultato che si ottiene sarebbe quello di avere un cerchio,

con se tutte le informazioni tridimensionali della propria forma.

Il gioco di luci e di ombre è rivelatore delle forme solide; colpito dalla luce ogni oggetto presenta un caratteristico disegno di luci e di ombre, ovvero un chiaroscuro, che ci facilita la sua lettura.

Un volume viene letto nella successione di zone chiare e zone scure in contrasto tra loro, ma che -

to che, priva di spessore, non produrrebbe ombra, se non per le sue uniche dimensioni di larghezza e lunghezza.

Proprio nell’alternanza dei chiari e degli scuri si evidenzia il volume di quei corpi attraverso quegli aspetti del rapporto luce-volume, che possono essere riassunti in:

-La fonte luminosa e l’intensità di questa.

-La sua collocazione rispetto all’oggetto (luce frontale, luce radente, controluce).

-La diversa natura delle ombre, quelle proprie,

La luce pertanto, non è solamente un’esperienza quotidiana, ma è la condizione stessa che ci permette di avere una chiara percezione visiva del mondo.

“La luce è dunque un fenomeno naturale e straordinario, di cui abbiamo esperienza ogni attimo, ma

La luce nel linguaggio visivo è responsabile del si-luce), ma per l’importanza che assume nell’angolatura, e quindi nella diversa intensità con cui col-

contrasti luminosi di zone chiare e scure che crea, individuando così il volume e la profondità dell’oggetto illuminato.

La natura e le cose trasformano i loro colori, inoggetti circostanti), che nei vari momenti della giornata assume colorazioni diverse: rosa al mattino, gialla nel primo pomeriggio, arancio al tramon-

Al giorno d’oggi la luce nell’architettura sembra dover assumere un’importanza basilare, infatti non la si può considerare un’aggiunta fortuita o ma va considerata come un elemento autonomo,te assieme alle altre nella progettazione.

Questo è dovuto al fatto che l’apparato estetico

nuove capacità sensoriali dell’organismo: il dato percettivo si è inserito tra l’estetica e la psicologia

Ci sono pertanto due nuovi aspetti nella cultura contemporanea: i nuovi elementi del comporre architettonico della luce, cioè un nuove senso dello spazio e del tempo, e la sollecitazione visiva come nuova dimensione.

sente una forte ridondanza nei progetti che por-

Vista del Complesso governativo (Chandigarh, India), Le Corbusier, 1952
VIsta della Cappella Notre-Damedu-Haut presso Ronchamp, Le Corbusier, 1950
Villa Savoye a Poissy, Le Corbusier, 1928
Particolare della bocche di luce sulla cappella del Convento di Sainte-Marie-de-la-Tourette, Le Corbusier, 1953

naturale e addirittura dell’ambiente circostante. Il progettare con la luce è un tema che si è sviluppato con l’evoluzione delle civiltà, dalle prime attività (caccia e coltivazione) alla necessità sociale di incrementare l’arco giornaliero con l’innesto di Lorenzo Cremonini, 1992)

1. LA CONCEZIONE DEL MUSEO E LE TRASFORMAZIONI DELLA SOCIETÀ

non si è praticamente mai interrotto a partire dal momento in cui il primo museo ha aperto i cancelli al pubblico nel XVIII secolo.

1.1. La nascita dell’istituzione museale e la sua evoluzione.

Il museo sta cambiando.

In passato, era luogo di certezze assolute, fonte di tutto campo; era il luogo in cui non ci si ponevano interrogativi ma si davano autorevoli risposte.

Oggi, il museo è al centro di un acceso dibattito che riguarda la sua natura e la sua metodologia.

È un dibattito che non approda mai ad una conclu-

zione che abbiamo dei musei e sul modo in cui essi sono gestiti.

L’idea di museo ha un ruolo centrale e di tale im-

e nel modo di concepirla, che si tende a dimenticare come questo concetto sia, non soltanto relativamente nuovo, ma anche complesso e fragile.

Il museo ha incontrato grandi e profonde crisi nel

le trasformazioni avvenute nella società postindustriale e post moderna. (Karsten Schubert, 2000, “Museo.Storia di un’idea”, Premessa)

Il museo è un’istituzione estremamente sensibile ad ogni cambiamento, e da sempre rappresenta lo specchio della società; ogni generazione ha conosciuto la “sua” particolare crisi del museo, prodotta dalle esigenze e aspettative, spesso contradditorie, che accompagnavano le trasformazioni politiche, sociali ed economiche.

I due assiomi che, nel corso dei secoli, si sono sempre rivelati essenziali nell’istituzione museale sono: il museo deve essere aperto e accessibile a tutti e le esposizioni devono rappresentare una lettura adeguata, onesta e “obiettiva” del suo contenuto.

Il museo, pertanto, data la sua estrema sensibilità a cogliere ogni cambiamento nella società è sempre stato in perenne trasformazione ed espansione, ed è sempre stato oggetto di critiche durissime e innumerevoli riforme.

mente riconsolidato la sua posizione ed il suo potere normativo nell’universo della cultura.

In periodi diversi, musei diversi in luoghi diversi hanno assunto il ruolo guida in questo processo di crescita e sviluppo, mostrando alle altre istituzioni la via da seguire.

Il museo da sempre si è modellato sula realtà sociale e politica.

La museologia, ossia lo studio sistematico della natura e dei metodi della nuova istituzione, ha preso a esistere molto più tardi, dopo che il museo stesso era diventato soggetto storico.

Durante i primi cento anni, le premesse fondamen-

Soltanto in anni recenti, l’autoanalisi e l’autocritica sono diventate parte integrande della pratica museale in continuo divenire seguendo i mutamenti che si generano intorno ad essa.

anni cinquanta del secolo scorso, quando l’Unesco e l’International Council of Museums (ICOM) la de-

Si erano acquistate opere d’arte per colmare le lacune nelle collezioni reali e si erano chiamati architetti

negli anni settanta quando, venne implementata la precedente: “Museologia è la scienza dei musei. Concerne lo studio della storia e delle origini dei mu-

ricerca, conservazione, educazione e organizzazione, i rapporti con l’ambiente circostante e la clas-

che si esplicano nei musei, in tutti i lori vari aspetti” (Georges Henri Rivière).

Da quel momento hanno, sostanzialmente, continuato a esistere due posizioni l’una che vede la museologia come una pratica per la buona organizzazione e gestione del museo; l’altra che sostiene la predominante teorica della disciplina e il suo appor-

sviluppo dell’istituzione museale ho individuato alcune tappe che a mio avviso possono rappresentare la grande sensibilità del museo accostato ai grandi avvenimenti storici, ovvero la sua capacità di legge-

propria struttura adeguandosi alla società. La prima tappa vede come protagonista il primo museo pubblico, ovvero il Louvre di Parigi. Il palazzo, costruito per il re di Francia, era diventato nei secoli il deposito in cui si conservavano le immense collezioni reali.

L’idea di trasformare il Louvre in museo pubblico

ne era già concretamente dibattuto negli anni precedenti.

27ne dei musei”.

Galerie per renderla più adatta all’ esposizione.

Fu la Rivoluzione, però, che scatenò il processo di realizzazione di quest’istituzione radicalmente nuova.

Il nuovo programma era quello di aprire pubblica-

condividere la proprietà del patrimonio culturale, ma, soprattutto, il museo non simboleggiava solamente il nuovo ordine ma era anche un importante strumento per porre in essere i nuovi obiettivi rivoluzionari: attraverso l’arte, il pubblico avrebbe compreso la storia della Rivoluzione, i suoi intenti e le

La frase che racchiude questo pensiero fu espressa da Jacques-Louis David: “Il museo non ha da essere una raccolta di frivoli oggetti di lusso, utili soltanto a soddisfare un’oziosa curiosità. Deve essere un’autorevole scuola”.

Il Louvre, con Denon, uno dei primi autorevoli curatori, tentò di evitare che l’istituzione si impregnas-

parte del XIX secolo, Inghilterra e Francia furono occupate in una gara che aveva di mira l’espansione imperialista e il dominio globale.

Il museo divenne simbolo culturale della competizione che portava lo Stato a reincarnare in chiave moderna i grandi imperi passati, sentendosi garante di rivendicar la cultura del proprio Paese a lungo raggio.

I musei presentavano i politici, loro patroni, quali custodi della cultura universale, attribuendo loro il merito di mettere in salvo ciò che per ignoranza era stato trascurato se non addirittura minacciato di di-

struzione, nei paesi d’origine.

Di fatto, come sostiene Schubert nel suo testo “Museo. Storia di un’idea”, il museo, il Louvre in particolare, si pose al servizio dell’imperialismo, strumenproprio Stato.

segno della mania ossessiva dei curatori per la cronologia, prevalente su ogni altra considerazione di livello artistico; la completezza delle collezioni era un punto chiave delle esposizioni, a tal punto da colmare le lacune con dei calchi in gesso.

marie che spesso erano carenti di informazioni se non addirittura mancanti del tutto.

Con l’arrestarsi delle forze imperialiste si arrestò anche la tendenza a spogliare i paesi del loro patrimonio culturale; i Paesi prendevano via via coscienza del loro patrimonio e della loro storia ed aumentavano le difese interne.

L’innumerevole quantità di oggetti che circolava verso i musei si ridusse drasticamente: acquisizione ed espansione cedettero il passo alla ricerca e all’allestimento di esposizioni.

Si inizia così a pensare ad allestimenti più attenti alle esigenze del visitatore e non solamente ad una messa in mostra di vari oggetti.

Il nuovo orientamento nelle modalità espositive si volta ha trasformato i musei in luoghi in cui si privilegia l’esperienza estetica e conoscitiva, e non più esclusivamente gli interessi dei ricercatori.

Sia i curatori dei musei sia i politici hanno riconosciuto la duplice valenza dell’istituzione in quanto luogo idoneo all’educazione di massa e simbolo della gloria nazionale.

sta dicotomia determina tuttora la struttura del museo.
Miniatura del castello medievale del Louvre del 1190.

Un’altra tappa fondamentale nello sviluppo dell’istituzione museale la si ha nel secondo dopoguerra, quando c’erano sostanzialmente due situazioni una all’opposto dell’altra.

Gli Stati Uniti, che dalla Guerra erano usciti vincitori, non avevano subito alcun danno nel loro territorio dal momento che non era caduta alcuna bomba sugli Stati Americani, ricevevano dall’Europa in pre-

musei ma soprattutto fossero al sicuro rispetto alle condizioni critiche che la Guerra aveva lasciato negli stati europei.

In Europa infatti quasi tutti i musei avevano subito danni e le condizioni di questi rimasero precarie per molti anni.

ca, e i direttori e curatori presero maggior coscienza di quanto erano stati disponibili a collaborare con il potere e rendere il museo uno strumento di quest’ultimo.

siderati dei baluardi delle aspirazioni e dei valori borghesi, accusati di opportunismo politico e di conservazione del passato; erano percepiti come simbolo di una concezione ottocentesca ormai fuo-

condizioni in cui gravavano, pieni di problemi, trascurati e disorganizzati. -

seo sta scomparendo. La conservazione del patrimonio culturale dell’uomo non si esaurisce nel

rile ricerca fatta da intellettuali. Il museo dunque è destinato a scomparire nel medesimo tempo in cui scompaiono il mondo, l’età, la classe sociale che l’ha

generato.” (Hugues de Varine-Bohan, 1969)

Per questi motivi i musei occupavano gli ultimi posti nell’elenco delle priorità nella ricostruzione del dopoguerra, andando a peggiorare ancor di più l’impressione negativa della gente.

Fino agli anni sessanta e settanta non si trovarono fondi da investire per ripristinare e risanare attrezzature e servizi.

Nei decenni del dopoguerra dunque si era andata a consolidare l’immaginazione pubblica che aveva strettamente associato il museo ad una torre d’avorio strettamente chiusa in se stessa e legata al passato.

Il museo era tenuto sempre di più ai margini del discorso culturale, tant’è che negli anni del fermento delle battaglie culturali, i punti di ritrovo principali furono le università; e le attività di richiamo che coinvolgevano i giovani furono il teatro, la letteratura, e la musica, ma non l’arte.

La terza e ultima tappa da me individuata è quella che va a sintetizzare le condizioni dell’istituzione di museo dopo la delusione della ricostruzione del dopoguerra e ne esce con una prospettiva futura decisamente inaspettata per la popolazione di quegli anni.

Chi, infatti, avesse immaginato che, di lì a vent’anni, la sorte del museo sarebbe radicalmente cambiata, avrebbe raccolto soltanto irrisione.

Le battaglie culturali degli anni cinquanta e sessanta non vedevano più come scenario principale il museo, bensì luoghi di impatto più immediato come le università.

Il teatro, la letteratura e la musica, dopo la guerra, esercitarono un grande richiamo sulla popolazione: il museo era tenuto sempre di più ai margini del discorso culturale.

Claude Perrault, Facciata orientale del palazzo del Louvre, 1667.
Resti delle fondazioni dell’antico Louvre.

Furono però tre fattori che permisero di determinare un enorme cambiamento nella visione dei musei di tutta Europa.

Il primo riguarda la ricostruzione e la ripresa economica che avevano ormai terminato il loro corso, e negli anni settanta potevano considerarsi concluse. Le prime necessità erano state colmate, ora rimanevano dei fondi da destinare all’istituzione del museo.

Il secondo fattore fu l’entrata in scena del fattore turismo, in particolare il turismo di massa e contemporaneamente, anche della cultura e del tempo libero.

Il destino del museo è stato però radicalmente motrasformazioni culturali degli anni sessanta, culminate con gli avvenimenti del 1968, che avevano inizialmente lasciato in disparte il museo.

fondere tutta l’energia del movimento anarchico in uno stampo istituzionale.

Il progetto sfociò, nel1977, in un centro interdisciplinare progettato da Renzo Piano e Richard Rogers che aveva l’intento di dare il massimo risalto allo spirito democratico e sperimentale del luogo.

Il Centre Pompidou diventò quindi simbolo di rinnovata trasparenza del museo e di un’accessibilità e fruibilità non più rinchiusa nella tanto criticata “torre d’avorio”, bensì nuovamente partecipe degli stimoli prodotti dalla società.

L’interdisciplinarietà del Centre Pompidou ha aperto la strada verso la compresenza di numeroserealizzate.

Da questa rampa di lancio il museo è stato poi nuovamente considerato e si è avviato verso un periodo

tichità o di altri oggetti che interessano lo studioso o l’uomo di scienza, analizzati ed esposti secondo

si arrivò al nodo centrale della questione museo, ovvero il problema dell’accessibilità e dell’obiettività.

A servizio di chi si poneva il museo? I curatori su che base predisponevano le loro scelte? Quali oggetti entravano in un museo? Erano questi gli interrogatismuovere l’autorevolezza del museo legata alla sua immagine infallibile verso una maggiore trasparen-

aristocratica e più democratica.

L’occasione per lanciare un nuovo progetto la si ebbe a Parigi, ancora una volta teatro di sviluppo di questa istituzione, quando Georges Pompidou volle

1.2. Architettura museale: contenitore, contenuto e fruitori.

Approcciando il tema del museo e studiandone la in un secondo momento, anche sugli spazi che rappresentavano, o tutt’ora rappresentano, e ospitavano i musei e le collezioni cercando di analizzarli in

Un primo livello è legato al contenitore, vale a diretettura diventa immagine del museo.

Il secondo livello è quello che si interessa del contenuto, ovvero, delle varie collezioni o allestimenti che vengono ospitati in relazione allo spazio a disposizione.

tire al visitatore la massima libertà nelle scelte di percorso, ma soprattutto nelle scelte di come vivere lo spazio.

centrale, il riferimento principale, a tutti noto, è il Pantheon.

Per costruire i primi musei infatti, il modello ritenuto più adatto fu il Pantheon, uno dei pochi monu-

integro, nella sua struttura originaria, anche grazie alla sua trasformazione in chiesa cristiana nell’alto medioevo.

A partire dalla metà del Settecento il modello si diffuse in tutto l’Occidente.

raria continua, garanzia di sicurezza e protezione, che dava il vantaggio di una struttura interna più ampia e libera, come fosse, appunto, un solido con-

Veduta aerea del Centre Pompidou, meglio conosciuto come Beaubourg, dal nome della piazza
Veduta aerea del Pantheon, ricostruito da Adriano tra

tenitore espositivo.

Inizialmente l’apertura dell’oculo risultava incompatibile con la funzione da ospitare, ma ben presto le soluzioni tecnologiche provvidero alla risoluzione di questa problematica.

Anzi, ci si accorse che la luce proveniente dall’alto

Gli allestitori, inoltre, si accorsero che la parete priva di aperture verso l’esterno illuminata per via

Il secondo modello preso in esame è quello che si interessa della relazione tra il contenitore ed il suo contenuto: il Palazzo del Louvre.

La fama del Louvre come uno dei maggiori musei esistenti a volte fa dimenticare che si tratta anche di uno dei più grandi palazzi al mondo, le cui tra-

vari momenti della storia della Francia.

Il Louvre nacque come fortezza (lowar) nel XII secolo e nel corso della storia ha avuto un susseguirsi

hanno portato ad avere l’aspetto attuale.

Da fortezza, arsenale e prigione è passato ad esse-

A partire dalle origini medievali che ebbe la fortez-

corso dei secoli plasmandosi sul volere del monarca che regnava in quel periodo.

gurazione del Louvre dal momento che avviò i lavo-

palazzi rinascimentali da lui osservati in Italia.

La strutturazione del palazzo prevedeva corridoi, gallerie, sale e saloni tutti di grande pregio artistico e architettonico ma soprattutto curate, sia in inter-

no che in esterno, nei minimi particolari, come adte.

I monarchi, già a partire dal 1528 con Francesco I cominciarono a raccogliere opere e ingrandire la collezione reale; il cardinale Richelieu fu un altro accentratore di numerose opere nella casa reale; ma fu a partire dalla Rivoluzione Francese che ci fu una svolta decisiva e si avviò una commissione per la scelta delle opere.

Il nuovo museo crebbe ancor di più grazie alla campagne di Napoleone che riuscì a ottenere numerosi capolavori da vari Paesi.

addizione di parti successive. -

tral des Arts, il Louvre dovette adeguarsi alla nuova funzione di spazio espositivo, mantenendo però la sua vecchia struttura.

Il Palazzo era un susseguirsi di grandi sale, servite da corridoi, atrii e gallerie, distribuito su vari livelli collegati da ampi scalinate.

Le immense collezioni, anch’esse, si adattarono alle particolari sale, andando a riempire tutti gli spazi

Il modello del Louvre quindi era quello di un percorso sequenziale che veniva guidato dalle successive

L’ultima analisi, invece, riguarda l’attenzione per

Pompidou di Renzo Piano e Richard Rogers; come già anticipato, il Centro Pompidou fu un esperimento degli anni Settanta volto a ricreare quella condizione di interesse e apprezzamento per l’istituzione museale che era stata persa dopo la Seconda

Guerra Mondiale e durante la ricostruzione post bellica.

Lo spirito di questo museo incarnava appieno le vecchie parole di Barr, il quale aveva presentato il museo come “laboratorio, ai cui esperimenti il pubblico è invitato a partecipare”.

L’obiettivo del progetto doveva essere quello di far rinascere un interesse da parte della popolazione per un ambiente culturale, ricreando un senso di appartenenza ad un luogo.

Uno dei requisiti principali era la facilità di accesso senza impedimenti: “il pedone a livello strada non deve essere costretto a dirigersi verso un particoogni lato”, “il visitatore deve provare l’ebrezza di andare dappertutto”.

Un altro tema cardine del nuovo progetto era quello legato alla libertà di percorso per il visitatore: “ogni cosa è basata sull’agio e la libertà con cui iltro, e sul modo in cui lo stesso visitatore è costantemente attratto dalle une o dalle altre”.

L’ultimo tema fondamentale di questo modello furo, il progetto doveva essere in grado di ospitare il maggior numero possibile di funzioni e, di conseguenza, anche di persone, l’obiettivo era quindi quello di “tenere in particolare considerazione il sorgere di nuove esigenze”.

Museo del Louvre, ala Denon, Salle Mollien, 1863
Vista interna del Pantheon e del pozzo di luce generto dall’oculo in copertura

2. LA LUCE NATURALE NEL MUSEO

2.1. Il rapporto luce e opera d’arte -

cialmente nelle versioni contemporanee, la luce assolve a una pluralità di funzioni, anche di ordine estetico.

Oggi prevale la tendenza a far dialogare l’architettra la composizione dello spazio costruito e la modellazione scultorea dei materiali.

E tuttavia, in questa varietà, l’illuminazione presenta dei caratteri costanti che sono individuabili lungo l’evoluzione storica dell’idea moderna di museo, e che sono riferibili al tipo e alle condizioni della fruizione visiva richiesta dai beni esposti.

È necessario conoscere le funzioni fondamentali, luce.

Nel corso del XVIII secolo, in Europa, diventa un’istituzione pubblica, ossia una struttura che rende un servizio alla collettività in forma organizzata e costante nel tempo.

Si pone, così, in modo nuovo, il problema dell’illuminazione di un luogo in cui i beni sono allo stesso tempo custoditi ed esposti per una fruizione che si vuole pubblica, non più privata o al servizio di un culto religioso, come per secoli era accaduto.

I primi musei moderni furono rischiarati dalla luce naturale, o meglio dalle interazioni tra la luce proveniente dal Sole e dal cielo e la struttura architettonica o il territorio di insediamento.

Nel Settecento, la luce naturale era certamente una scelta obbligata, essendo ancora molto rozzi gli ar-

alternativa a quelle naturali.

era prodotta con dispositivi rudimentali, prevalen-

luminose cosi pericolose per l’integrità e la conservazione dei beni era in netto contrasto con il ruolo istituzionale del museo. (Gianni Forcolini, 2012, “La luce del museo – Prefazione dell’autore”)

Come si poteva, infatti, garantire la tutela di opera uniche, di valore inestimabile, in presenza di un elemento così poco controllabile come il fuoco?

naturale, e la fruizione dei beni era limitata ai periodi del giorno in cui l’apporto di luce dall’esterno era garantito.

da quella naturale; si pensi al teatro, inizialmente l’arte scenica aveva i suoi luoghi deputati all’aperto, poi, a partire dal Rinascimento, gli spettacoli trovarono insediamento in luoghi chiusi. Nacque così l’architettura del teatro.

-

vento della luce elettrica, non solo per evitare i ri-

altre ragioni valide legate al godimento estetico dei beni e alla loro autenticità.

La presenza della luce naturale nell’interno architettonico era il modo per proiettare nello spazio

Il rapporto tra la luce esterna e lo spazio architet-sposizione fosse in sintonia con il contenuto delle

Centre Pompidou, particolare della scale mobili in facciata

Molte opere contenevano scene di esterni, la luce naturale rischiarava gli interessi messi in scena dai pittori, statue e simulacri erano immaginati, infatti, all’aria aperta; tutta la cultura artistica dichiarava un rapporto di dipendenza, se non di sudditanza, con la natura creata per volontà e atto divini. “Il bello naturale era assimilato al bello artistico”, come scriveva Kant ne “La critica del giudizio” (1790).

Ancora ai nostri giorni si ritiene, appunto, che la migliore fruizione delle opere pittoriche concepite “en plein air” richieda uno spazio espositivo inondato dalla luce del cielo.

divario tra il museo e il contesto originario del bene dal momento che la luce naturale funzionava come una sorta di ammortizzatore del senso di straniamento avvertito dal pubblico.

Il modello centrale del Pantheon, però, ha portato

rantiva l’apporto di luce dall’alto. Questa luce, appunto detta zenitale, permette lamità, a condizione che sia elevata la luminanza della porzione di volta celeste intercettata dal lucernario.

Il vantaggio dell’apertura zenitale è quello di non necessitare di aperture lungo le pareti che possono essere interamente sfruttate per l’esposizione, ma soprattutto, evita la presenza di aperture verticali

39 rappresentazioni.

2.2. Il rapporto luce e fruitore

Nel museo, così come in ogni spazio architettonico la presenza della luce naturale rappresenta la continuità con lo spazio esterno che penetra nell’architettura ed evita quel sentimento di alienazione e straniamento che potrebbe cogliere il visitatore che viene avvolto nelle mura del museo. Come sostiene Walter Gropius: “E’ mio convinci-

stre come fonti di luce rappresentino una soluzione legittima e corretta. Non solo permettono di gettare un’occhiata verso l’esterno, aiutando di quando in quando a riposare la mente e preparandola a ricevere nuove impressioni, ma la luce naturale di una -

zione che cambia secondo la modalità del tempo e il trascorrere delle ore”.

La luce zenitale contribuisce a sgravare quel peso orizzontale del tetto che fa avvertire la gravità incombente sull’uomo; ancor di più, la presenza di luce che proviene dall’esterno, se non addirittura

distanza, l’orizzonte rimane aperto e l’acquisizione di informazioni, quindi, si sviluppa su più registri. Dunque nello spazio dell’esposizione il vedere e il percepire si fondano sull’esperienza della fruizione visiva, il libero e pieno godimento a distanza delle opere.

Essendo la vista il medium privilegiato, il luogo espositivo tende ad espellere tutte le presenze che impegnano gli altri sensi.

Il museo vuole essere, per il visitatore, un luogo silenzioso e inodore, come sospeso in una dimensione eterea.

Ai suoi spazi interni è assegnato il ruolo della silente cornice che ricontestualizza i beni custoditi, in cui domina la funzione di puro contenitore, lindo e privo di decori: il sito dell’isolamento contemplativo.

siano le condizioni ambientali alla base della buona fruizione visiva del visitatore.

È bene premettere che, quando si studiano feno-

mente alle teorie e alle risultanze sperimentali della scienza della visione e della fotometria.

Il tema della luce legato alla fruizione del visitatore è un tema delicato dal momento che è l’occhio, nel museo, a prevalere sugli altri organi quali udito, tatto e olfatto; certamente non mancano le ibridazioni sinestetiche in cui il vedere si coniuga con l’ascoltare suoni.

Vista e udito sono da ritenersi “sensi nobili”, come sostiene infatti Immanuel Kant.

Il pregio della vista è dato da una sfera sensoriale che non si riduce alla pure ricezione sensibile, che lascia libero l’oggetto e non lo consuma. Con la vista si ha una “percezione mediata”, si mantiene la

40

La prima disciplina si occupa del soggetto vedente,ni luminosi tenendo conto della sensibilità media dell’occhio umano.

Nel museo, al vedere e al percepire si attribuiscono molteplici funzioni. -

che se deve essere considerato necessario. Le cer-

dove sussistono limiti e condizionamenti che non sempre trovano riscontro nella realtà”. (L. Rositani Rochi, “Processo visivo e fotometria ai limiti della

“Nozze di Cana”, Paolo Veronese, 1563
“L’incoronazione di Napoleone”, Jacques-Louis David, (1805-1807)
“Il giuramento degli Orazi”, Jacques-Louis David, 1785

metrologia”)

In una prospettiva di indagine orientata al progetto, serve per elaborare ipotesi che la realizzazione andrà a confermare o smentire.

Si lascia il laboratorio con le sue regole e ci si addentra nel mondo del progetto: “Nel mondo reale, dove operano i professionisti dell’illuminazione, ogni risposta ha componenti su molteplici assi; cioè, -

to dipende anche dalle risposte agli stimoli circostanti situati a varie distanze.”

Il fenomeno principalmente studiato dagli allestitori, in funzione di una buona riuscita di un’esposizione è quello dell’adattamento; l’occhio è strutturato per regolare l’ingresso della luce nella sua cavità, l’iride si comporta come un diaframma, cambia di conseguenza il valore di illuminamento sulla retina che riduce la sensibilità al crescere della potenza della luce.

L’occhio, pertanto, risponde, con il restringimento o l’allargamento della pupilla.

Il variare della luminanza, infatti, determina, per della risposta nervosa della retina, ossia l’output rispetto la stimolazione.

Questo fenomeno ha una diretta conseguenza sul progetto di illuminazione degli spazi espositivi in funzione della migliore riuscita nell’esposizione per il visitatore.

Il fattore principale nella valutazione dell’adattamento è il tempo, è infatti maggiore l’intervallo di tempo che trascorre quando si passa da valori di luminanza alti a quelli bassi, piuttosto che il contrario.

necessario riuscire a creare dei percorsi attraverso

la luce, dal momento che quando si nota un’area a luminanza superiore ci si pone l’attenzione, si vanno a creare delle gerarchie di importanza nell’esposizione.

so ininterrotto.

Lo stacco dato dalla zona in mezza luce, in ombra o in piena luce diventa il segno di un ritmo da assegnare all’esperienza della visita.

Fondazione Beyeler, Renzo Piano, 1997, particolare degli spazi interni ed esterni che si intersecano uno nell’altro
Museo del Louvre a Lens, Francia, 2012

3. LE NUOVE TECNOLOGIE E I SISTEMI DI CONTROLLO DELLA LUCE NATURALE E L’APPORTO DELLA LUCE ARTIFICIALE.

3.1. La luce zenitale come strategia.

Come descritto e analizzato in precedenza, il meto-sione della luce.

Partendo dal modello storico del Pantheon è stata universalmente riconosciuta la qualità della luce ze-

La luce solare è un complesso di energie luminose, caloriche, attiniche, elettriche e magnetiche, che, originandosi nella pila solare, giungono a noi in ra-

tazioni e trasformazioni subite nel percorso attraverso l’atmosfera cosmica e terrestre.

In base alle lunghezze d’onda delle radiazioni, i ragultravioletti. (“Architettura bioecologica”)casuali.

dirette, ovvero, quando non si ha un apporto diretto delle radiazioni solari.

Il sole, nel suo moto apparente, sorge nel punto car-

La posizione del sole sulla calotta terrestre può essere indicata mediante due angoli: l’angolo azimu-

tale e l’angolo zenitale.

Lo studio di questi movimenti permette una corretta scelta nelle aperture e nell’orientamento dell’edi-

luce solare.

I punti a nord, solitamente, sono quelli che risentono di meno, se non per nulla, delle radiazioni diretteca”)

Partendo dall’idea del Pantheon, analizzato in precedenza, molti architetti, avendolo come modello di riferimento per un’illuminazione ottimale, molti architetti hanno pensato architetture che sfruttassero aperture orizzontali.

Il tema dello spazio espositivo e del museo è diventato un campo di prova dove vari architetti si sono cimentati nel creare spazi illuminati con luce naturale servendosi di strumenti ed espedienti assai diversi.

minante in questo processo dal momento che la questione della luce è diventata sempre più oggetto di studio e, soprattutto, protagonista della scena progettuale.sico di architettura, che ha determinato una svolta nella costruzione di musei è stato il Guggenheim di New York progettato dal Frank Lloid Wright.on vista la sua pianta centrale e la presenza di uno spazio vuoto nel mezzo che, grazie all’apertura sul -

dere quel tema apertura verso l’alto e verso la volta celeste, già ricercato durante la costruzione del Pantheon e del suo “Occhio”.

Molti architetti per il controllo della luce sono intervenuti direttamente sulla struttura stessa dello

ferimento è quello che si lega a Louis Kahn appun-

funzione della qualità della luce richiesta. Il Kimbell Art Museum rappresenta l’esempio più cristallino di questa teoria, ma si può vedere come anche altri, successivamente, abbiano scelto di operare intervenendo sulla struttura dell’architettura.

James Stirling, per esempio, nel 1987, nella Clore Gallery, ampliamento della Tate Gallery, ha garantito l’apporto di luce naturale attraverso aperture che incanalavano la luce come in un pozzo e che,

la messinscena delle opere.

Altri approcci nella progettazione dell’architettura sul controllo dell’apporto solare si possono riscontrare nell’utilizzo di sistemi tecnologici.

Una tecnica appunto utilizzata per riparare dalle radiazioni solari dirette e favorire l’orientamento ver-

del sistema degli shed.

Lo shed è un tipo di copertura che si serve dell’inclinazione di pannelli per schermare la radiazione diretta da sud e favorire l’ingresso della luce da nord. -

anche un circolazione dell’aria, è stato ripreso e riletto in chiave moderna vista la sua funzionalità. Questo sistema, proprio per uno spazio espositivo è stato scelto e studiato in dettaglio da Renzo Piano nel progetto e nella costruzione della Fondazio-

ne Beyeler a Basilea.

Dapprima l’architetto ipotizzò l’uso di una volta a botte rifacendosi al Kimbell Art Museum di Louis I. Kahn, poi, attraverso studi e sperimentazioni su -

co che fosse sintesi di tecnologia e armonia volte a favorire l’esposizione della collezione Beyeler; queste le parole di Renzo Piano: “La collezione Beyeler si adatta molto bene alla quiete di un museo di arte

dotto dalla costruzione del tetto, che ha come scopo lo sfruttamento della luce naturale per favorire la fruizione degli oggetti artistici, è appena percepito dal visitatore”.

Renzo Piano, in precedenza, aveva anche brevettato un sistema analogo per poter schermare la luce

ovvero tramite l’utilizzo di “foglie” modulate, che

della loro forma sinuosa; si tratta della Menil Collection di Houston, progetto del 1987.

L’elemento essenziale del museo è costituito, infatti, dai pannelli prefabbricati in ferrocemento, ripetuti trecento volte e studiati per garantire il massimo apporto di luce possibile. Si tratta di pannelli montati su una struttura leggera di copertura, il cui

della luce su entrambe le facce. La luminosità è resa anche dalle pareti bianche e dal pavimento in legno

unico e di prestigio.

Un ulteriore sistema tecnologico utilizzato per favorire l’apporto della luce naturale è quello rappresentato dal Design Centre di Linz progettato da Thomas Herzog.

Herzog ha studiato appositamente questo sistema

Diagramma dello studio dell’ildi Londra
Particolare del sistema tecnologico degli shed nella fondazione Beyeler.
Interno della Fondazione Beyeler di Renzo Piano a Basilea, particolare della
Particolari dei sistemi utilizzati da Renzo Piano nel progetto della Menil Collection di Houston per modellare la luce naturale esterna.

cessivo apporto solare.

Si tratta di una particolare griglia di plastica integrata nei pannelli del tetto che grazie a particolari prestazioni e alla sua particolare forma permette l’ingresso della radiazione luminosa che giunge dal cielo rivolto verso nord e allo stesso tempo impedisce alla radiazione diretta di penetrare.

da alluminio, è stata inserita tra i due strati di vetro del tetto.

La particolare geometria per creare la griglia è stata calcolata attraverso programmi di calcolo che hanno dovuto tenere conto di particolari aspetti come l’angolo zenitale e azimutale del sole, l’espo-

del tetto.

Un altro esempio che può essere citato per la particolarità nell’approccio ad uno spazio espositivo illuminato da luce naturale è il Museum of Fine Arts di Houston progettato da Rafael Moneo tra il 1992 e il 2000.

La particolarità di questo progetto è quella di avere dei fanali sul tetto che variano in dimensione, le quattro pareti di questi fanali hanno montate delle persiane che garantiscono, per ogni otturatore, un apporto di luce controllabile in intensità e direzione, a seconda delle esigenze richieste all’interno della galleria.

Thomas Herzog, Design Center, Linz, 1993 Vista dello spazio interno Veduta aerea del padiglione Particolare della copertura

Interno della Menil Collection di Renzo Piano a Houston, (1981-1987).Diagramma di studio dell’illuminazione per la Menil Collection.

dei secoli, ha sempre cercato di prolungare le ore -

vità potesse essere portata avanti oltre gli orari determinanti dal moto solare.

esigenze delineate.

che si occupa dell’illuminazione di spazi ed ambienti, sia interni che esterni, e da quando, progressivamente è stata sviluppata attraverso studi e normative l’attenzione sulla componente luminosa nei progetti è stata sempre più curata e regolamentata. Il rapporto tra il progettista e il consulente illumino-

può dirsi molto articolato e ricco di strumenti che utilizzo.

so fatte in bronzo e terracotta, e poi di nuovo ai candelabri e alle varie lampade per gli scopi liturgici; un momento segnante lo si registra con il periodo barocco, dove le creazioni dei lampadari parevano rispecchiare proprio l’estetica di quel periodo e pertanto le fonti di luce erano degli autentici pezzi d’arte.

I vari studi che portarono all’utilizzo dell’energia

cretizzarono nel 1879 quando T. A. Edison costruì la prima lampadina con la durata di 100 ore.

Fu poi nel 1920 che nacque un primo approccio all’illuminotecnica, ovvero una nuova branca dell’ingegneria, che stabiliva, per le nuove sorgenti, i requisiti da realizzare negli ambienti con illuminazione impiego per realizzarli.

Si svilupparono, di conseguenza, diversi apparecsecondo particolari esigenze determinate da quel l’illuminotecnico e l’architetto, tesa a risolvere i vari

negli ultimi decenni, grazie allo sviluppo di numero-pre maggiore applicazione, e risultava eccessivo aspettarsi una conoscenza globale sulle possibilità di queste nuove tecniche solamente dall’architetto, pertanto diventa d’obbligo il consiglio di un espertominazione.

Per l’armonico ed estetico inserimento nella progettazione ambientale del “fattore luce” occorrono lampade adatte per tipo e caratteristiche, quali: la scelta del colore della luce, l’economia, la resa dei colori, le dimensioni, l’estetica e l’eventuale utilizzo di lampade con una determinata direzionalità del fascio luminoso.

Soprattutto negli spazi espositivi, per una corrette e salubre illuminazione è necessario che vengano seguiti dei parametri in funzione della scelta delle luci da utilizzare, questi parametri sono, ad esem-

tutta la durata di funzionamento e la resa ottimale dei colori.

Spesso l’uomo dimentica che la luce e l’esperienza visiva rappresentano l’esperienza fondamentale, è il frutto di un accumularsi continuo, spesso disordi-

nato, di sensazioni visive, dati conoscitivi e modi di rappresentare le cose; la luce, invece, viene, ormai troppo spesso, percepita come una questione di applicazioni tecniche o di styling.

ha preso piede proprio nell’ottica di prolungare le possibilità di visita all’interno delle sale, dal momento che, come è già stato detto in precedenza, gli

le lanterne erano state, da sempre, considerate un pericolo per la salvaguardia delle opere. Un altro aspetto per cui venivano ulteriormente evi-

metodo basato sull’illuminazione naturale; inoltre, così si può sempre esporre il singolo oggetto nella migliore condizione per essere osservato, una situazione che in condizione di illuminazione naturale si presenta solo come fatto transitorio. […] Il fatto transitorio dovuto al cambiamento di qualità della luce è proprio quello che più desideriamo”do della particolarità della luce naturale, egli però necessariamente da riprodurre attraverso la luce

poco funzionali alla corretta illuminazione dei pezzi esposti.

ha iniziato ad integrarsi negli allestimenti museali e negli spazi diventando matrice di lettura delle opere e dell’architettura del museo.

compiti, uno che andasse gradualmente ad accompagnare l’apporto di luce naturale e ne aiutasse la corretta presenza nell’ambiente museale; l’altro che diventasse uno strumento di illuminazione, regolabile sotto tutti i vari aspetti (posizione, dimensione, colore e intensità), per le singole opere.

stata caricata di due valenze, una luce ambiente che arricchisse, quando presente, l’apporto della luce naturale esterna, e una luce di dettaglio, che a seconda delle necessità di ogni opera, consentisse l’ottimale messinscena del quadro, della statua o di qualsiasi altro oggetto di pregio.

“Oggi ogni galleria espositiva può essere illumina-

importanti per una corretta illuminazione: “Il primo è la mutevolezza delle condizioni di luce per quanto riguarda, direzione, intensità e colore; questa variabilità deve stimolare le naturali capacitàto dovuto alla staticità di ogni “perfetta” luce arti-

concentrate solo sugli oggetti, evitando fenomeni di abbagliamento, l’osservatore, liberato da fattori perturbanti, sarà più attento e concentrato.”

sitatore.”

I”l bar delle Folies-Bergère”, Édouard Manet, (1881-1882).
“I nottambuli”, Edward Hopper, 1942.

0. Introduzione ai casi studio

Dopo aver delineato gli aspetti riguardanti l’istituzione museale, le peculiarità della luce nei progetti degli spazi espositivi, ma soprattutto, l’importanza che la luce ha nel rapporto con le opere e con il fruitore, in questa seconda parte vengono analizzati tre casi studio che, grazie alle capacità dei loro architetti, hanno saputo declinare in maniera assai spazio espositivo.

Tutti e tre i casi scelti sono la testimonianza di una ricerca e di un impegno da parte dell’architetto di avvalersi dell’apporto di luce naturale attraverso espedienti tecnici diversi.

I tre architetti studiando e progettando dei particolari sistemi di captazione della luce esterna sono andati a completare e avvalorare la loro architettura, arricchendola di un elemento fondamentale, sia per

I casi studio scelti sono pertanto, il Kimbell Art Museum di Louis Kahn, il Padiglione delle Arti Islamiche

Sables di Abu Dhabi di Ateliers Jean Nouvel. Questi tre casi permettono una lettura variegata sul tema della luce dal momento che ragionano su sca-

La luce naturale, in tutti e tre i casi, rappresenta un’illuminazione-ambiente, ovvero quell’illuminazione non tanto mirata alla messinscena delle opere quanto piuttosto alla creazione di un’atmosfera spaziale in cui il fruitore possa muoversi; pertanto, ogni progetto scelto è provvisto, poi, di un’aggiun-

rizzare le singole opere concentrandosi sui dettagli. I tre casi approfonditi hanno come tema che li accomuna quello della volontà di controllare l’apporto di luce naturale all’interno dello spazio espositivo determinando in maniera selettiva l’apporto luminoso dall’esterno.

ti nel percorso dell’architettura e si riesce a delineare come l’interesse, ma soprattutto, le competenze nella riuscita del controllo della luce abbiano prodotto risultati molto variegati e distanti tra loro. Tutti e tre gli architetti o gli studi di architettura hanno attuato una progettazione integrata con degli specialisti in particolare nel campo dell’illuminotecnica, e, analizzando i casi studio si nota come nel corso degli anni questa collaborazione con tecnici, ingegneri, o più generalmente, esperti si sia consolidata attraverso sinergie sempre meglio riuscite; lo sviluppo di nuovi strumenti di calcolo e di nuove normative sulla luce ha garantito che questo tema diventasse sempre di più un argomento di spicco nei progetti e che andasse trattato con il pari impegno di qualsiasi altra componente progettuale. Partendo quindi dall’aspetto comune di questa progressiva specializzazione, portata addirittura all’estremo, si riesce a delineare il percorso che lo studio illuminotecnico ha subito nel corso della storia grazie all’esperienza, alle capacità degli addetti ma, in particolare, grazie a una strumentazione più raf-

Ogni progetto mantiene, poi, una propria indipendenza nel particolare utilizzo del sistema di selezione della luce dal momento che sono determinati at-

Nel Kimbell Art Museum, primo riferimento, si interviene sulla luce attraverso la forma della struttura; Louis Kahn, padre di questo progetto, ha da sempre teorizzato lo stretto legame che la struttura architettonica abbia con la luce, pertanto, la forma dell’architettura è pensata in funzione della qualità della luce che si vuole ottenere.

Per quanto riguarda, invece, il secondo caso preso in esame, vale a dire il Padiglione delle Arti Islamiche del Louvre, la forma dell’architettura resta vincolata ad altri aspetti come il contesto di inserimento; la luce diventa elemento protagonista dello spazio attraverso un’accurata scelta dei materiali che com-

termina il buon esito del progetto illuminotecnico

In ultima analisi, il terzo caso studio, il Nuovo Louvre rappresenta un’ibridazione tra le due tendenze precedentemente illustrate, da una parte vi è una

lezione dei raggi luminosi, dall’altra però, vi è comunque il fatto, che l’elemento di ombreggiamento viene fortemente connotato attraverso un aspetto formale.

Il primo caso, quello del Kimbell Art Musem, ha suscitato il mio interesse dal momento che Kahn, su richiesta del curatore della collezione Kimbell, ha disegnato e progettato un dispositivo tecnico e archi-

semi-desertico, con un grado di illuminazione di alta intensità, venisse minimizzata e sfruttata all’interno delle gallerie del museo, entrando in diretto rapporto con le opere.

La luce naturale infatti anima lo spazio museale e crea un ambiente di fondo in cui tutte le opere vengono valorizzate, ovviamente coadiuvata dall’inte-

Il secondo caso, ovvero il Padiglione delle Arti Islamiche del Louvre si serve, invece, della componente di luce esterna per smaterializzare, attraverso un espediente tecnologico, il contesto circostante e creare un’atmosfera quasi asettica, o meglio, sospesa, in cui le opere acquistano un loro valore indipendente.

La complessità concettuale di questo caso studio fa leva appunto su un tema culturale, dove una collezione come quella dell’arte islamica deve fare i conti con il contesto fortemente consolidato del Palazzo del Louvre.

L’utilizzo della luce naturale mediata, non solo va come le mura di un palazzo reale, bensì, diventa an-

racchiusa tra le mura del palazzo e il valore della cultura islamica, invece, venga abbracciato da questo padiglione.

Il terzo e ultimo caso, il nuovo Louvre ad Abu Dhabi,te comparabile con i precedenti due casi; il progetto

infatti è riconducibile per le sue dimensioni quasi ad un quartiere della città.

L’architetto ha cercato di progettare un’icona che potesse “appartenere ad un paese, alla sua storia,tarla con un linguaggio nuovo e innovativo”. (Jean Nouvel, “…”, 20..)

Il progetto riguarda infatti una medina, il cuore delle città nordafricane, completamente ombreggiata e coperta da una cupola.

In questo progetto possono essere letti due diversi tipi di illuminazione, uno quello direttamente sotto la cupola, che è garante di un controllo climatico, e

dell’esposizione delle opere.

Mario Bellini Architects, Padiglione delle Arti Islamiche del Louvre, Parigi, (2005-2012)
Ateliers Jean Nouvel, Louvre des Sables, Abu Dhabi, (2006-2017)
Kimbell Art Museum - Forth Worth
1966 - 1972
Louis Isadore Kahn

1.1 Presentazione generale del progetto.

Il Kimbell Art Museum, rispetto all’altro rinomato progetto di Kahn, la Yale Art Gallery, rappresentava un’istituzione nuova, ed era, inoltre destinato a una

caratteristiche di un classico museo moderno. Brown nel suo programma passò in rassegna tutti gli elementi funzionali al progetto, in particolare, si

delle questioni che lo portò a designare Kahn come l’architetto adatto per il museo.

moglie Velma, nel 1936, si era rapidamente arricchita.

La collezione, prima della costruzione di un luogo adibito unicamente ad essa si appoggiava alla biblioteca di Forth Worth per esporre le prime opere.

Le prime richieste di poter costruire una sede apposita per la collezione Kimbell furono inizialmente respinte, fu solo dal 1964, dopo la morte del fondatore Kay Kimbell che si avviarono le pratiche per la costruzione di un museo.

Tra un elenco di nomi che poteva annoverare architetti come Mies van der Rohe, Marcel Breuer e ingegneri come Pierluigi Nervi, rimase unicamente Louis Kahn come papabile architetto per questa nuova costruzione.

Dal 1966 diventò direttore della fondazione Richard F. Brown, che era già stato direttore del County Museum di Los Angeles.

Secondo Brown conservare ed esporre opere d’ar-

l’impiego di spazi armoniosamente semplici e progettati secondo criteri ergonomici.

La percezione dell’oggetto esposto doveva armonizzarsi con la sede a esso destinata.

In questa prospettiva, Brown mirava a ottenere un Il progetto del Kimbell Art Museum, pertanto, è l’edel direttore della fondazione che stilò un program-

Il museo non doveva prevedere ampliamenti futurifetta funzionalità, la progettazione doveva essere chiara e logica con tutti gli spazi, e in particolari quelli espositivi, dotati della stessa importanza in fase di progetto.

L’impianto è costituito da una successione di stretfossero navate di un antico mercato, e coperti da volte nelle cui chiavi sono inseriti dei lucernari continui.

Il Kimbell è suddiviso in due livelli, il piano nobile della gallerie, e un livello inferiore di servizio che

Nel corpo centrale sono presenti anche, sempre per sfruttare la luce naturale esterna, dei cortili che interrompono la continuità del piano di copertura, e

tentativi presenta un corpo centrale che si sviluppa da nord a sud dal quale si dipartono due ali simmetra loro un piazzale.

Il museo, con il piazzale racchiuso, è collocato nel-

lari di alberi e altra vegetazione; nonostante l’idea di progetto preveda una chiusura verso l’interno, Kahn tiene in considerazione il parco circostante an-

mo livello delle gallerie davanti all’ingresso come un portico che richiama ad una stoà ellenistica. Con questo tipo di proposta l’architetto infatti riteneva che il museo riuscisse a estendere la propria

sto modo a rendere piacevole il primo approccio del visitatore.

“Il museo non ha modi maestosi, ma appropriati alla scala umana, evoca un senso di famigliarità e di sicurezza” questa sensazione descritte dalle parole dello stesso Kahn è dovuta, anche, ad un particolare impegno nella scelta dei materiali che accentuano una sorta di “domesticità” del museo.

Il parquet, infatti, viene scelto per gli spazi espositivi, mentre il materiale più nobile, il travertino, viene scelto per gli spazi di collegamento e per i paramenti collocati tra i pilastri di cemento.

1.2 Il progetto della luce: i lucernari nella volta.

riteneva che fosse necessario un impianto di illuminazione ad incandescenza, più simile a quella naturale, riducendo comunque al minimo l’impianto ge-

aperto di sera, nei pomeriggi d’inverno e nei giorni di cattivo tempo, era necessario un adeguato im-

neva sempre che fosse la luce naturale la componente migliore per valorizzare le opere d’arte.

no esenti dai difetti della luce troppo abbagliante

necessità di aprirsi sul panorama dal momento che non era di particolare rilievo quello circostante la località di Fort Worth.

Brown e Kahn erano a conoscenza del fatto che la luce potesse danneggiare le opere, ma non si ponevano limiti di intensità di illuminazione, dal momento che negli anni Sessanta gli studi sull’argomento non erano ancora all’avanguardia; erano sì consapevoli che la luce potesse costituire un problema,

dell’intenso soleggiamento locale sul piano pratico e percettivo.

Brown però, allo stesso tempo, vedeva la necessità di percepire il susseguirsi delle stagioni e i cambiamenti atmosferici che diventavano parte integrante del colloquio tra visitatore ed arte; un’illuminazioneto il museo e i capolavori in qualcosa di freddo. Questa posizione nel programma di Brown trovò un principio fondatore dell’architettura il fatto che la luce naturale determinasse uno spazio ancor prima che questo assumesse i suoi connotati architettonici.

stata opportunamente illuminata.

La presenza di luce naturale per Kahn rappresentacontemporanei.

La progettazione della struttura vide il lavoro in Marshall Meyers, l’architetto paesaggista George Patton, l’ingegnere August Komendant o il designer di luci Richard Kelly e il consulente per l’illuminazione Edison Price.

Insieme valutarono la tipologia della struttura per le volte del museo; Meyers propose l’impiego di una curva cicloide, ovvero quella descritta da un punto di un cerchio che rotola procedendo lungo una retta di determinata lunghezza.

ra a guscio che avrebbe creato una copertura leggera ma tuttavia robusta.

La copertura a conchiglia, che prevede l’alternarsi di volte e spazi di collegamento, pur complessa esente di ottenere negli interni esattamente il tipo di illuminazione che Kahn e Brown, nel suo programma, avevano immaginato.

La forma, comunque, non è strutturale nel senso storico che il termine “volta” suggerisce.

te del corpo che andava aggiunto al di sotto delle volte.

Kahn studiò questo elemento insieme a Kelly il qua-

le aveva analizzato la proposta strutturale del guscio della galleria e aveva preparato schemi sia della richiesta da Kahn; si optò per dei fogli di alluminio forati e non più per l’acrilico, in questo modo i costi diminuirono e riuscì, insieme ad un matematico, a

In alcune zone, addirittura, dove la luce zenitale diretta non creava problemi, si scelse un materiale che permettesse al visitatore di alzare lo sguardo e vedere il cielo.

trazione di raggi ultravioletti dai lucernari, sull’imagli intradossi degli elementi di giunzione tra volta e

Padiglione delle Arti Islamiche del Louvre - Parigi
2005 - 2012
Mario Bellini Architects

2.1 Presentazione generale del progetto.

Il nuovo dipartimento delle arti islamiche, inaugurato nel 2012 rappresenta il secondo ampliamento di architettura contemporanea dopo l’intervento di Pei con la Piramide di vetro che negli anni è diventato il simbolo del Louvre di Parigi.

Il progetto è stato voluto dall’allora presidente Jacques Chirac, non solo per dare una nuova casa alla preziosa collezione delle Arti Islamiche, ma anche per creare nel “museo dei musei” un luogo di diadiverse.

Il Dipartimento occupa 3500 metri quadri di superdestinati a diversi periodi dell’arte islamica; l’intervento ripropone la dialettica tra spazi interrati e -

de, dove i tagli nei solai lasciano intravedere anche il pavimento della Corte o addirittura i suoi lati.

e neppure una semplice copertura della corte. È piuttosto un enorme velo che ondeggia come sospeso nel vento sino quasi a toccare in un punto il pavimento della corte ma senza ingombrarla total-

Così Bellini quando parla del progetto: “Ho pensato a un enorme velo, come ondulato dal vento, un gesto delicato e poetico, che esaltasse questa nuova collezione, tenendola sospesa in un dialogo di semi-trasparenze e di luce –ma senza incongrue e antistoriche interferenze- con la settecentesca Corte Visconti”.

Alla geometria plastica e quasi tessile della copertura, composta da una struttura reticolare tridimensionale rivestita da scaglie triangolari ana-

proiezione, ripetute in perfetto incastro, rispondono gli spazi interni, caratterizzati da vetrine-teca, anch’essa progettate da Mario Bellini, liberamente disposte secondo le esigenze del percorso e dell’ordinamento storico.

È il vetro che viene ancora chiamato in causa per sigillare lateralmente l’intera copertura con il pavi-

quella di farlo in maniera totalmente invisibile con una serie di grandi lastre verticali a forte spessore, accostate senza strutture metalliche, ma sigillate con silicone trasparente.

Lo spazio al di sotto della grande mantello è stato mantenuto, volutamente, unitario, con un percorso che unisce in modo strategico le varie dimensioni dello spazio e delle teche, scandito dai volumi che sire un colpo d’occhio globale e dinamico su uno spa-

“magico tappeto volante” degno delle favole delle Mille e una notte, una “nuvola dorata” sostenuta e trattenuta da sole otto aste danzanti, è in realtà una macchina tecnologica perfetta costituita da

proprie proprietà.

Il risultato che ne è uscito è quello di una vela tecnologica di rara eleganza, dove la qualità del progetto, ma soprattutto della realizzazione, è altissima, per via dell’estrema cura dei dettagli, per la creazione degli spazi che essa raccoglie, ma in particolare, per intensità modulate.

Questi fattori tutti uniti creano una realtà progettuale perfettamente integrata dove si annovera la

partecipazione di numerosi esperti su ogni questio-zione a quelli per la struttura reticolare, dalle varie aziende di materiali, agli esperti illuminotecnici. La copertura, simbolo del progetto, ed elemento spessore variabile dai 20 centimetri alle estremità al metro e mezzo nelle parti centrali; il peso si attesta intorno alle 120 tonnellate, ed è per alleggerire questa sensazione di pesantezza che sono state pensate 8 aste metalliche con diverse inclinazioni, pilastro che accentua il peso della copertura sul visitatore.

una grande sinergia tra materiali che insieme lavo-lo ricercato dallo spazio del Dipartimento.

2.2 Il progetto della luce: una doppia pelle come

camente la vista della Corte.

I materiali chiamati in gioco sono, all’esterno pannelli triangolari composti da due strati di maglia in alluminio color oro e argento, con forature volutamente scelte dai progettisti per garantire una permeabilità della struttura alla luce naturale esterna. -

ri per non alterare il colore della luce naturale, tutti di forma e dimensione diversa, che coprono direttamente la struttura reticolare spaziale, a spessore variabile, costituita da tubi in acciaio di diametro costante ma spessore variabile, verniciata di un grigio chiaro per non farne avvertire la presenza.

Tra i tubi della reticolare viene alloggiata l’impiantistica leggera come i cavi elettrici, i rivelatori di fumo e gli elementi fonoassorbenti.

Il pacchetto termina all’interno con un controsofdi due maglie di alluminio intervallate, però da uno strato interno di nido d’ape di alluminio.

Nella copertura, quindi, la struttura portante rimacomplessità geometrica del rivestimento in maglia metallica, si trasforma in una leggera tessitura spaziale tridimensionale.

Questo particolare velo scherma la luce naturale, napoleonica, ma non impedisce di percepirne la spazialità con la sua porzione di cielo, sempre cangiante; è in questa ricerca che interviene la proprietà di rifrazione ottica del nido d’ape di alluminio, dal mo-

radiazione diretta della luce, ancor più della maglia stirata, e soprattutto, permette di sfuocare dinami-

della luce, vuole essere garante della smaterializzazione di un contesto consolidato che abbraccia in maniera imponente la nuova costruzione, quasi fosse una metafora dell’imperialismo francese che stringe tra le sue morse la civiltà araba.

turale dove, al di sotto della copertura, la collezione di Arte Islamica ritrova una propria identità in uno spazio totalmente dedicatole, ma che soprattutto non viene minacciato dall’imponenza della mura della Corte Visconti.

Tutta la copertura è portatrice di un valore di eleganza e leggerezza che nasconde però un grande

messi in mostra ma, piuttosto, celati. La struttura è l’esito delle nuove opportunità di modellazione tridimensionale che cominciavano a prendere piede e permettevano di liberarsi gradualmente della forzata modularità “old stile” che garantiva allo stesso tempo una maggiore economia in termini di costi e tempi.

Ogni studio è stato mirato alla creazione di uno spa-co innovativo rispetto alle ormai consolidate stanze del Louvre; il percorso di visita crea un circuito perfetto, non introducendo alcuna circolazione su-

dai tempi di percorrenza davanti agli oggetti e dai tempi di permanenza davanti agli oggetti, dalla meditazione e dal riposo voluti e favoriti dal progetto. L’illuminazione che favorisce e accompagna questo -

le con intensità mediata, dove interviene un appor-

to, anch’esso mediato, dalle pareti laterali che sono però ombreggiate dalle possenti mura della Corte. La luce naturale principale è, infatti, largamente diffusa dal “velo” di copertura, la cui pelle iridescente garantisce la regolazione dell’intensità onde evitare l’abbagliamento, in questo modo viene garanticorretta conservazione ed esposizione dei reperti esposti e per il comfort dei visitatori.

Anche il livello sottostante è illuminato da una componente di luce naturale grazie ai tagli nei solai che alleviano il senso di claustrofobia e aumentano la comunicazione con lo spazio esterno vista la possi-

tura.

collezioni.

ra molto discreta, vista la grande cura nella regolazione della componente naturale, è stata utilizzata, come luce direttamente funzionale all’esposizione.

dettaglio che accompagna le varie teche di cristallo

I faretti previsti vengono mitigati nella struttura

non ipotizzata in fase di progetto, ma, risultano perfettamente integrati nella spazialità del Padiglione. Essi sono infatti vincolati alla struttura portante, in modo tale che il sistema tecnologico di attacco nonca.

La parte in vista, quindi, è unicamente il corpo illuminante precisamente direzionato e regolato nell’intensità e nel colore richiesti dalle opere.

Louvre des Sables - Abu Dhabi
2006 - 2017
Ateliers Jean Nouvel

3.1 Presentazione generale del progetto. -

bi, come contestuale, non intendendolo però come integrazione in un luogo, bensì come radicamento nella sua storia; non è copiare le forme o l’intorno, dal momento che il contesto è prevalentemente un fattore umano.

Dovendo progettare per intero un luogo urbano il compito era quello di dare un senso e radicarlo nelle

cio che rappresentasse una capitale parlasse di universalità e fosse testimone della sua epoca e della volontà di essa.

Nouvel controbatte al paradosso di architettura at-

strati di vetro performanti che rispondono a un’esigenza tecnica ma non rispondono al senso di esi-

Egli sostiene che l’architettura debba piacere, e l’ornamento è l’occasione per aumentarne la com-

dell’architettura, ma in alcuni momenti è necessario

un elemento più complesso per aumentarne il piacere alla vista.

In un momento storico di decadenza come quello attuale si cerca il risultato più diretto, più semplice da costruire e più funzionale; secondo Nouvel

investigare elementi che non hanno una ragione di esistere nel senso cartesiano del termine, se non quello del raggiungimento del piacere.

Lo strumento di cui si serve Jean Nouvel è, dunque, quello di leggere l’aspetto culturale del contesto in cui lavora e rielaborarlo tramite un design contem-

poraneo e di lettura accattivante per i visitatori delle proprie architetture.

Il nuovo Louvre non è altro, appunto, che la rilettura in chiave moderna di quel nucleo consolidato di

vuole essere come una città-museo sul mare, com-zione che rimanda ad un villaggio, creando passaggi

L’elemento cardine è determinato da una cupola di 180 metri di diametro e 565 metri di circonferenza, cupola anch’essa che rimanda alle architetture tipiche dei paesi arabi.

La cupola rappresenta, inoltre, un oggetto che racun’identità come quella del museo, ma soprattutto la presenza di una nuova porzione di città.

Le varie griglie a pattern geometrici, anch’essi di chiaro rimando arabo, vogliono ricordare le coperture con le foglie delle palme tipiche dei vicoli della

Da considerare vi è anche la componente tecnologica e climatica legata a questa struttura dal momento che l’obiettivo primario è quello di schermare le radiazioni dirette del sole del deserto per migliorare il benessere del visitatore e ridurre il consumo ener-

Un altro aspetto fondamentale, determinato da l’A-

re anche per le opere d’arte degli standard di sicurezza e comfort estremamente elevati visto il loro valore inestimabile.

tro esterni rivesti di acciaio inossidabile e quattro interni ricoperti di alluminio separati dalla struttu-

ra portante spessa circa 5 metri prefabbricata in 85 macro elementi assemblati in loco. Essa dà l’impressione di essere sospesa dal momento che l’intero perimetro è aperto a livello del terreno e sospeso a circa 14 metri di altezza, essa è però vincolata a terra da 4 pilastri in cemento che sono accorpati ai volumi del museo andando a scomparire.

La complessità della copertura è la parte più sorprendente del progetto ed è stata ingegnerizzata dallo studio internazionale Buro Happold che ha cooperato insieme a Wagner Biro e allo studio Ateliers

Jean Nouvel a partire da workshop, modellazione

di ottenere la dematerializzazione della struttura del tetto e gestire la rimozione del traliccio rettilineo.

Ogni strato che compone la calotta è determinato da dei pattern geometrici con rimandi alla cultura araba che, sovrapposti uno all’altro, riescono a de-tetto come “pioggia di luce” dal momento che la

Nella cupola i pattern degli strati di acciaio e alluminio sono chiaramente uno strumento per creare una luce particolare, ma il loro motivo è anche simda un’astrazione di disegni tradizionali locali.

Ci sono due grandi novità nella progettazione di questa struttura, la prima è l’uso di innovativi strumenti di modellazione ed analisi per garantire che ogni layer, costituito dai pattern geometrici, potesseconda ovvero la combinazione di questi strumenti in modo che funzionino attraverso il concept design

modellazione integrato, facilitando un’integrazioneturale e parametri di progettazione ambientale. Il progetto ha utilizzato gli strumenti interni del team Smart Form uno strumento di mappatura e ottimizzazione geometrica e Smart Sizer che ottimizza le dimensioni dei membri strutturali, integrandoli con i pacchetti di analisi CAD e i software strutturali per valutare la macro struttura (struttura globale) e le micro strutture (singoli layer o singole componenti), hanno permesso un design in cui ognine, stress e contrazione.

3.2 Il progetto della luce: una cupola metallica come mitigazione dal clima desertico.

Il progetto illuminotecnico del Louvre di Abu Dhabi va considerato come un tappa del grande percor-

Nouvel ed il suo studio.

Secondo Jean Nouvel, infatti, la luce, insieme alla geometria, rappresenta uno dei principi fondamentali dell’architettura araba.

la di sfruttare la luce naturale, ormai mediata dalle griglie dei vari pattern, e di integrarla con elementiso.

Partendo da questo concept fortemente carico didosi creando sinergie tra numerose componenti fossero risolte.

Dalle questioni termiche della zona, ai problemi strutturali di un’imponente copertura come la grande cupola metallica, e ancora alle questioni legate alle forza del moto ondoso e all’innalzamento del-

tema dell’illuminazione, sono queste le voci principali delle tematiche che hanno occupato numeroLouvre potesse essere realizzato.

L’aspetto illuminotecnico è stato seguito dall’agenzia di designer e artisti visivi “8’18’’” di Parigi che ha accompagnato Jean Nouvel nel processo di concretizzazione dell’idea inziale della cupola e dei

ulteriormente fornito da ERCO, azienda specialista nella produzione di elementi di illuminazione e dai

loro tecnici.

L’obiettivo richiesto era l’illuminazione dell’intero cupola.

I nodi chiave su cui Nouvel e lo studio di artisti visuasono tre:

- L’illuminazione interna della cupola come una via lattea.

- I tappeti volanti delle gallerie del museo, con vetri luminescenti.

Il primo aspetto studiato è quello della cupola, l’icona del progetto architettonico di Jean Nouvel.rescenti nella cupola.

8’18’’:

“Sentiamo la sua massa e, attraverso, percepiamo luogo è chiuso al pubblico, la cupola si irradia per lamento degli spettatori. Pertanto, quando ci si muopunti luminosi, le linee luminescenti lunghe cinque metri sono collegate ai moduli strutturali della cupola. Creano una moltitudine di schizzi in bianco caldo e freddo dinamico”.

Il secondo aspetto si concretizza quando in un ambiente così prestigioso si pone la questione dalla luce laterale e della presenza dei downlight.

tuale, posizionata sul telaio costruito, prende il posto di un pannello di cemento, “come se dietro le pareti del museo si nascondesse un campo di luce”,

“Questa luce astratta, leggermente irreale, è pro-

Un fondo sotto forma di ciclo, senza spigoli o arresti.”

tare un’illuminazione verticale dell’atmosfera negli spazi sottola la cupola, nelle circolazioni, nell’area reception e più in generale in tutti gli spazi pubblici del progetto.

Il terzo aspetto va a riprendere quell’idea di Nouvelporanea siano unicamente un fatto tecnico.

La risposta a questa critica viene studiata e va a

Si parte infatti dai lucernari studiato di Buro Happold che sfruttano la luce naturale, ma, vista la ne-

ano un duplice gioco di luce diretta ed indiretta rivelando le particolarità dei vetri scelti dall’architetto.

delle “Mille e una notte”, ovvero di una smateriadegli ambienti.

del Pantheon a Roma

CONCLUSIONE

L’architettura si è sempre servita della luce naturale che determinava la ciclicità del giorno e di conseguenza le ore di attività per gli uomini, essa ha assunto anche valori simbolici diventando materiale

studio per le teorie architettoniche, dal momento che svariati architetti si sono messi in gioco per integrarla nei progetti o per sfruttarne le grandi potenzialità servendosene per arricchire o plasmare, addirittura, le architetture.

La luce ha sempre accompagnato il tema della percezione visiva dal momento che è strettamente legata al senso della vista, e, nel corso dei secoli la percezione è diventata oggetto di studio portando alla luce leggi e normative che ne garantissero il migliore utilizzo.

A riguardo della percezione si è dunque arrivati a parlare di esposizione e spazi espositivi che, ancora una volta, si sono progressivamente sviluppati tenendo conto di quella componente tanto eterea ed evanescente, quanto invece reale e pragmatica che è diventata materiale generatore di progetti assai variegati.

dei musei si è chiarito come la luce naturale sia stata sempre ampiamente considerata come strumento -

tura ad essere, dopo, un vero protagonista dei prostudio.

Il tema di sfruttamento della luce naturale esterna è stato poi preso a cuore e canalizzato nei progetti diventando il vero protagonista di questi ultimi. Nella progressione dei tre casi studio ad esempio si può notare come tutti e tre abbiano considerato l’apporto di luce naturale come fondamentale, a seconda dei vari obiettivi, e si può osservare come appunto questo tema, a seconda delle conoscenzementazione siano andata e declinare questo tema.

Il Nuovo Louvre, ad esempio, rappresenta la massima espressione delle tecniche di controllo dal mo-

chiamando in causa, prima una struttura enorme e complessa, poi un sistema estremamente dettagliato di lucernari e aperture.

La cupola di 180 metri di diametro è quindi, al momento, una delle dimostrazioni di quanto si possa spingere la collaborazione di tecnici ed esperti sul tema della luce e delle sue possibilità di sfruttamento, una struttura metallica, fuori dalla scala umana, che grazie a software parametrici è riuscita a declinare un semplice riferimento culturale in una complessa architettura ingegnerizzata.

L’impegno nel considerare la luce nei progetti, sia dal punto di vista funzionale, sia poi, in un’ottica più legata all’estetica dell’architettura, è andata a svilupparsi in parallelo con le capacità tecniche di gestione di questo materiale; si è passati dal dover accontentarsi del ciclo luminoso della giornata, al

a poter modellare la luce a piacimento e a poter ricreare le condizioni di luce naturale attraverso stru-

Partendo dal Louvre e dalle prime esposizione pubbliche, la luce naturale ha rappresentato, la valida,guardia delle opere.

Il progresso nell’illuminotecnica si è fatto strada negli anni, facendo acquisire, sempre di più, negli architetti e nei tecnici, coscienza delle potenzialità -

plice approccio di osservazione del fattore luminoso, poi sempre di più grazie all’applicazione di leggi di software e programmi di simulazione, in grado di programmare alla perfezione il risultato ricercato,tuale.

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69 - http://www.arte.it/opera/lampada-ad-arco-4628

71 – LOUVRE

72 - https://www.architectsjournal.co.uk/buildings/jean-nouvels-louvre-abu-dhabi-creates-rain-of-light/10025095.article

73 – https://www.timetoast.com/timelines/evolucion-arquitectonica-5-linea-de-tiempo

74 – https://www.behance.net/gallery/50479081/Kimball-Art-Museum

75 – http://artchist.blogspot.com/2017/03/

76 – https://dawntrimble.wordpress.com/2012/09/25/the-narrative/

78 – https://museum-design.ru/louis-kahn/

79 – http://drkatherine.info/museum-natural-lighting.html

80 - http://blogdephaco.blogspot.com/2013/04/louis-kahn-harmonie-formelle-et.html

82 – https://www.kviz.info/main/kimbell-art-museum-elevation.html

83 – http://www.didatticarte.it/Blog/?p=1707

84 – https://www.behance.net/gallery/50479081/Kimball-Art-Museum

85 – https://en.wikiarquitectura.com/building/kimbell-art-museum/

86 – http://www.thegildedowl.com/louis-kahn-kimbell-art-museum/

e470000fc-quien-ha-ganado-el-premio-pritzker-imagen 98 – http://www.jeannouvel.com/projets/louvre-abou-dhabi-3/

100 – http://www.jeannouvel.com/projets/louvre-abou-dhabi-3/

103 – http://megatruckcollection.com/image/louvre-abu-dhabi-bus-route/90/

107 – http://www.123paintcolor.download/louvre-abu-dhabi-opens-on-november-11-dubai-ofw.html 108 – http://www.jeannouvel.com/projets/louvre-abou-dhabi-3/

109 – http://www.jeannouvel.com/projets/louvre-abou-dhabi-3/

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